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V al LIFE VIBRATA WWW.VALVIBRATALIFE.COM TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETÀ DICEMBRE GENNAIO 2015 MENSILE A DISTRIBUZIONE GRATUITA

Val Vibrata Life - dicembre /gennaio 2015

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Un consiglio: se potete, durante le feste, evitate di leggere o ascoltare alla televisione o alla radio dei mali dell’Italia, delle promesse farlocche dei politici e dei soloni dell’ultima ora. Non sono que-sti i Re Magi che portano in dono oro, incenso e mirra. Quella di cui c’è poco da fidarsi è proprio la casta disgrazia dell’Italia che non decolla. Se potete, evitate anche di ascoltare i vari tanti mes-saggi di fine anno che salomonici non sono. Tutti infarciti di belle speranze ed aspettative, niente di calato sulla realtà. E siccome siamo abituati a credere alle favole, poi ci restiamo male. Ecco al-lora, cambiate canale. Anzi spegnetela proprio la tv ed anche la radio. Fate, invece, buoni propositi in famiglia. Guardate negli occhi il coniuge ed i figli e fatevi reciproche promesse ed assumete impegni. Siate voi la forza per gli altri perché gli altri in famiglia lo saranno per voi. Scambiatevi un segno di affetto davanti al Presepe, simbolo di nascita e rinascita. Sarà davvero la carezza del cuore. Buon Natale e Felice Anno.

VAL VIBRATA LIFE Anno III Numero 27

DIRETTORE RESPONSABILEAlex De Palo

HANNO COLLABORATOAlfonso Aloisi, Marvin Angeloni, Virginia Ciminà, Cesarina Di Domenico,

Noemi Di Emidio, Alessandra Di Giuseppe, Francesco Galiffa, Giordana Galli, Virginia Maloni, Bruno Massucci, Stefania Mezzina,

Nando Perilli, Cinzia Rosati, Paride Travaglini

EDITOREDiamond Media Group s.r.l.

Via Carlo Levi, 1- Garrufo di Sant’Omero (TE)Tel. 0861 887405 - [email protected]

VAL VIBRATA LIFEReg. Trib. di Teramo n° 670\2013

GRAFICADiamond Media Group s.r.l.

STAMPAArti Grafiche Picene s.r.l.

PUBBLICITA’[email protected]

FACEBOOKVal Vibrata Life Free Press

TWITTER@VALVIBRATALIFE

RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Dlgs 196/03Alex De Palo

Riservato ogni diritto e uso. Vietata la riproduzione anche parziale

STACCATE LA TV ED ACCENDETE IL PRESEPE

ALEX DE PALO

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IL PRIMO REGISTRO NAVALE DELLA COSTA TERAMANA

SUL SET DEL FILMANANKE

GLI AUGURI DEI SINDACI

PAESE CHE VAI PRESEPE CHE TROVI

CHE FINE FA L’ABETE DOPO LE FESTE?

QUANDO IL POSTINOAUGURAVA BUONE FESTE IL TACCHINO DI NATALE

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SOMMARIODicembre - Gennaio 2015

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JONATA DI PIETRO COLLEZIONA CARTOLINE D’EPOCA

REPORTAGE SULLA TANZANIA

ADDOBBI NATALIZI FAI DA TE

LA VERA STORIA DI BABBO NATALE

CONSIGLI UTILI PER PELLE E LABBRA

EVENTI NATALIZI IN VAL VIBRATA

GIULIO BASE GIRA “MIO PAPÀ”TRA MARCHE E ABRUZZO

LA SATIRA DI PERILLI

LA STORIA INEDITA - IL SAPONE DELL’OTTOCENTO

VAL VIBRATA BABY

MODA

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Il giovane regista albense Claudio Romano ci invita ad una lunga passeggiata attraverso le sue esperienze, il suo pensiero e la sua poetica filmica, nel bel mezzo del montaggio del suo

film “Ananke”, prodotto da Gianluca Arcopinto e girato nei suggestivi boschi e villaggi abbandonati di Valle Castellana. Ad affiancarlo la sua coautrice e compagna Betty L’Innocente con cui condivi-de quel marchio che è la Minimal Cinema. Il film verrà distribuito da La Pablo Distribuzioni e verrà proiettato in molte delle sale italiane di genere e proposto ai festival di cinema nazionale ed inter-nazionale.

Come arrivi a fare il regista, quale è stata la scin-tilla?In casa ho sempre respirato arte grazie a mio pa-dre che faceva il pittore e che inoltre mi ha abitua-

to ad ascoltare ed apprezzare la musica classica. Ho sempre amato la pittura ma purtroppo mi sono accorto in breve tempo che ero completamente negato e che forse avrei dovuto trovare un altro mezzo per trasmettere ciò che volevo. Pian piano mi sono avvicinato alla fotografia e ho praticato per diverso tempo la musica suonando il violino. Poi però ho un po’ perso lo strumento per concen-trarmi su altro ed è una cosa che non smetterò mai di rimproverarmi. Comunque ho cercato di pren-dere il più seriamente possibile la fotografia tanto è vero che mi sono iscritto all’Accademia dell’im-magine dell’Aquila. Dopodiché ho sentito il biso-gno di fare un ulteriore salto verso il cinema non solo per il bisogno di trasmettere qualcosa agli altri ma proprio per me stesso. Per me il cinema è altamente terapeutico.

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LA MITOLOGIA GRECA PER RACCONTARE LA CRISI MODERNAIl film (Ananke), il set (Valle Castellana), la trama nelle parole del regista albense Claudio Romano MARVIN ANGELONI Foto di Vittoria Magnani

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Questa tua “terapia” è qualcosa che sta dentro le tue produzioni o è un qualcosa che deve restare solo tuo?Il mio modo di scrivere e girare film è strettamente connesso al significato che deve arrivare allo spet-tatore. Il cinema che cerco di fare è dedicato to-talmente ad annullare l’intrattenimento e ridurre al minimo la narrativa. Nel film “Ananke” non esi-ste una storia raccontata ma una storia suggerita dall’ambiente e dalle azioni dei due protagonisti. Un uomo ed una donna spogliati dal loro protago-nismo e dalla modernità e gettati in un ambiente dove hanno la stessa importanza della scenografia che li ospita. Io voglio che i miei film non diano risposte ma domande. Ho idee molto radicali su questo e sono totalmente opposte a quello che è il cinema di consumo e nostrano degli ultimi anni.

Hai usato la pellicola per girare il film. Un po’ strano visto il grande exploit del digitale. Anche per quanto riguarda i costiOvviamente l’utilizzo della pellicola richiede una grande responsabilità ma è una scelta mia deri-vata sia dal sapore genuino che volevo conferire al film, che per la qualità della produzione stessa. Quando giri in digitale sai che puoi rifare la scena mille volte e non succederà nulla, mentre quando usi una pellicola se sbagli hai perso molto denaro e dunque sei portato a studiare in maniera cer-tosina ogni inquadratura. Provando e riprovando mille volte ogni movimento di macchina ed ogni espressione degli attori fino a quando non si è sicuri di poter usare la pellicola. Abbiamo girato comunque con una pellicola che ha costi modesti ma sicuramente importanti.

Ananke è la dea del fato e della necessità nella mitologia greca orfica. A questo punto parliamo un po’ della trama anche se è un po’ fuoriluogo visto il film non narrativo.Una frase – Un uomo che fissa alberi ed una donna che ascolta la radio- risposta stupida (risata). Ov-viamente qualsiasi cosa io possa dire vista la natu-ra del film si tradurrebbe in un grandissimo spoiler.

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Però diciamo che il film è incentrato su due indivi-dui, un uomo ed una donna gettati in un ambien-te assolutamente primitivo e costretti a ritrovare la loro umanità con la sopravvivenza. Il sopravvivere ad un mondo che torna ad essere protagonista ed al cui cospetto sono perennemente nudi, spogliati da qualsiasi modernità. Si può raccontare la crisi anche così.

Autori e registi a cui ti ispiri e che senti vicini a te?Beh sicuramente prendo tantissimo spunto da quello che è stato il punto più alto della cinema-tografia italiana ovvero il neo-realismo del Do-poguerra. Parliamo quindi di Antonioni, Rossel-lini, Lizzani. Ma anche autori stranieri minimalisti come Robert Bresson o il più moderno Tsai. Potrei dirne molti altri ma tutti seguono uno stile ed un approccio alla cinematografia molto particolare dove l’individuo è centrale in quanto essere uma-no.

Esiste un nucleo di autori indipendenti che si spalleggiano o vengono serialmente inglobati nel sistema cinema italiano?Il mondo del cinema italiano è un mondo di m..a; so che è un’espressione dura ma non c’è altro modo per definirlo. Anche se andrebbe specifica-to che il cinema fatto a Roma è il peggiore perché porta ad appiattire qualsiasi idea e perde il suo si-gnificato di arte ed assume invece il significato di lavoro, di catena di montaggio. E’ vero che sono tutti lì i produttori ma quel tipo di cinema d’intrat-tenimento è tutto uguale, non porta alcuna novità o interesse al cinema contemporaneo nostrano. Difatti i migliori film vengono proprio da quei ter-ritori lontani dalla capitale, come la Sardegna, la Calabria, alcune regioni del nord e oltre. Ma, tor-nando a Roma, la cosa peggiore sono i gruppi so-ciali che si vengono a creare che ti impongono di sottostare a determinate regole. Se vuoi restare in quel microcosmo dove ci sono i grandi finanzia-menti devi frequentare le persone giuste e mante-nere i contatti . La passione svanisce.

Eppure nonostante le difficoltà e comunque la

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tua localizzazione ad Alba Adriatica sei riuscito lo stesso a trovare un produttore, ed anche dei più blasonati nel campo del cinema d’autore contemporaneo.Abbiamo avuto la fortuna di entrare in contatto con Gianluca Arcopinto e di proporgli il nostro progetto che aveva alle spalle comunque tre anni di scrittura e riscrittura da parte mia e di Betty.

Anche Betty dice la sua

Tengo a raccontare una cosa che poi è stato l’ini-zio di tutto. Una benedizione che è venuta da uno dei nostri registi più amati e che abbiamo avuto la fortuna di conoscere poco prima che ci lasciasse per sempre. Ho avuto infatti l’onore di incontrare Carlo Lizzani e nonostante l’emozione ho avuto il coraggio di parlare del nostro film dimostrandogli l’intenzione di proporre qualcosa che si era perso negli anni. Mi aspettavo i soliti auguri di rito e la retorica di cortesia, ma invece mi ha stupito visto che si è preso a cuore il nostro progetto e ci ha suggerito il nome di Arcopinto, consigliandocelo come uno di quei pochi produttori rimasti ad ave-

re ancora interesse per i film e gli autori. Lizzani ci ha dato una grande forza e, anche se abbiamo do-vuto insistere un po’, alla fine Gianluca Arcopinto si è accorto di noi.

Il produttore vi ha lasciato carta bianca?Ci ha sicuramente dato dei consigli ma non si è mai permesso di mettersi il mezzo durante la rea-lizzazione del film dandoci quella fiducia che tutti, in ogni campo, sperano di avere da parte chi ti dà la possibilità di fare qualcosa.

Veniamo al cast e nello specifico agli attori, o me-glio ai “non attori”.Mentre per il ruolo della donna avevamo già preso la decisione ed avevamo coinvolto Solidea Rug-giero (scrittrice e performer), per l’uomo invece non avevamo nessuno in lista che potesse accon-tentarci. Poi è arrivato Marco Casolino, un artista contemporaneo assolutamente originale e siamo partiti. A me non servivano protagonisti o attori. Io sono per l’antirecitazione. L’individuo deve essere parte integrante della scenografia, un burattino. La recitazione deve essere stilizzata e spiazzante, deve negare l’emotività. Insinuare quel disagio che porta lo spettatore a riflettere e non deve mai esserci la sensazione della finzione.

La scelta di un villaggio abbandonato come quello di Stivigliano in Valle Castellana è stato sicuramente adatto.Ed anche il nostro vivere in una situazione assolu-tamente precaria ci ha dato modo di entrare an-cora di più nel film e di realizzarlo al meglio. E poi gli abitanti locali sono stati davvero gentili ed ab-biamo respirato il vero Abruzzo. Abbiamo avuto spesso problemi ed abbiamo ricevuto tutto l’aiuto possibile da persone che fino a due giorni prima ci erano sconosciute. Un’esperienza completa che può solo rendere il film ciò che volevamo.

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Il Porto di Giulianova affonda le sue radici in età romana

Castrum Novum Piceni fu fondata dai romani nel III secolo a.c. a ridosso della foce del Tordino, a circa due chilometri

dall’attuale Giulianova. In quel punto, vicino alla chiesa di Santa Maria a Mare, c’era il porto di Castrum. La colonia

si trasformò, col tempo, in un attivo centro commerciale e in un nodo di comunicazioni di una certa importanza,

grazie all’attraversamento della Via Cecilia, un ramo della Via Salaria. Citata da Velleio Patercolo e da Strabone,

da Plinio e da Tolomeo, si dotò di bagni termali e forse raggiunse in età imperiale un perimetro di due chilometri. Nel VI

secolo, sotto l’influenza bizantina, Castrum Novum divenne Kastron Nobo e poi ancora Castrum Sancti Flaviani. Dopo vari

secoli, passando anche attraverso invasioni barbariche dalla terraferma e turche dal mare con relativi e pesanti saccheggi,

Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona, duca d’Atri e signore del luogo, provvide a ricostruire Castel San Flaviano sulla collina

a 70 metri sul livello del mare. Così disponeva Ferdinando I di Napoli il 31 maggio 1471 attraverso un diploma emesso ap-

positamente. La “Città ideale”, voluta da Giulio Antonio Acquaviva, fu interpretata magistralmente da Leon Battista Alberti

e da Francesco di Giorgio Martini, quest’ultimo progettista di Giulia. Il nuovo nucleo prese dal suo edificatore il nome di

Giulia o Giulia Nova e solo nell’ottocento Giulia diede origine al gentilizio della popolazione (giuliesi), mentre si impose an-

che a livello ufficiale il toponimo di Giulianova. Intanto il porto di Castrum era completamente scomparso, probabilmente

coperto dai sedimenti alluvionali portati a valle dal Tordino. E infatti, la vita marinara avveniva sull’arenile. Le barche da

pesca (solo quelle naturalmente visto che il diporto era davvero inesistente), dopo la dura giornata lavorativa, venivano

tirate a secco con la forza delle braccia e con il supporto di argani manovrati a mano e di assi di legno cosparse di grasso

posizionate sul percorso dell’imbarcazione. Gli stessi natanti erano quindi assicurati a dei grossi anelli saldamente ancorati

a terra. Una precauzione legittima che metteva al riparo il naviglio da danni derivanti da probabili mareggiate. Il mestiere

di marinaio era davvero pesante e con risultati di pesca spesso magri vista l’assenza di quella sofisticata attrezzatura che

oggi viene regolarmente utilizzata. Basti pensare che fino ai primi anni del XX secolo si andava in mare con le cosiddette

“paranze”, barche in legno sospinte dalla sola forza del vento. La provincia di Teramo a quel tempo era sprovvista di un

porto e così si fece largo l’idea di realizzarlo a Giulianova, cittadina emergente ed al centro della costa, che ai primi del

novecento vantava una popolazione di circa 8.000 anime tra centro storico, marina e frazioni diffuse.

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LA VIA AL MARE

LA CHIAMAVANO

CASTRUM ALFONSO ALOISI

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Dalla chiglia piatta per facilitarne l’approdo, le fiancate e la prua ben arrotondate per opporre valida resistenza

alle onde, le paranze venivano costruite da esperti maestri d’ascia e calafatai. Con il vento favorevole raggiun-

gevano una velocità di 12 miglia orarie ed era dotata di una sola rete da pesca del peso di circa 200 chilo-

grammi con una imboccatura conica di circa 7 metri. Dotata di un solo albero a vela latina, la paranza è stata

per oltre due secoli la regina delle barche da pesca del medio adriatico. Su questi battelli, oltre al normale equipaggio

formato da 6-9 marinai, venivano imbarcati anche bambini di 7-10 anni, chiamati “minirilli”, termine dialettale che stava

ad indicare la loro giovane età, destinati all’analfabetismo e soggetti al potere assoluto del “parò”, ovvero del coman-

dante. L’arenile di Giulianova, soprattutto quello più prossimo al lungomare centrale, era il “parcheggio obbligato” per

le paranze, almeno fino ai primi anni del 1900. Alla data del 30 marzo 1894, presso la Delegazione di Giulianova, nell’e-

lenco delle barche pescherecce erano annoverate diciotto paranze, quasi tutte di proprietà delle famiglie Flagnani,

Mosca e Marà. La svolta si ebbe nel 1913, a cinquanta anni di distanza dall’Unità d’Italia. Fu l’allora sindaco di Giulianova

Giuseppe de’ Bartolomei che nel 1913, grazie anche ai rapporti d’amicizia intercorrenti con l’onorevole Roberto de’ Vito,

furono realizzati i primi 180 metri del molo sud in direzione nord-est. La realizzazione del “pennello” a mare fu pensata

per riparare la spiaggia dalla invasione di ghiaia trasportata dal fiume Tordino, ma anche per offrire un sicuro ed agevole

ancoraggio alle imbarcazioni. Già la parte iniziale di quello che sarà il porto di Giulianova, a vocazione soprattutto pe-

schereccia, assume una qualche importanza per l’importazione del legname dall’opposta sponda dell’Adriatico, Croazia

e Dalmazia in particolare. La struttura iniziale venne potenziata con la costruzione di un secondo pennello di metri 170

che sarà il primo tratto dell’odierno molo nord. L’intervento fu realizzato lungo l’asse di via Nazario Sauro all’imbocca-

tura est di piazza Dalmazia. Ci saranno nel tempo diversi prolungamenti, sia del molo sud che di quello posto a nord,

fino a creare, tra i due grossi manufatti protesi verso il largo, una bocca di circa 130 metri di ampiezza con un fondale

variabile tra i 4 e i 5 metri. Poco tempo prima della nascita del porto di Giulianova, viene istituito in maniera ufficiale il

Registro delle barche, battelli ed altri galleggianti non muniti dell’atto di nazionalità. Era il dicembre del 1910 ed a quel

tempo la Delegazione di Giulianova era sotto il Compartimento Marittimo di Ancona. Pescara non era ancora nata ed il

capoluogo marchigiano aveva competenza fino al Molise. L’originale del registro è conservato presso l’Ufficio Circonda-

riale Marittimo di Giulianova. La prima imbarcazione ad essere iscritta era la barca da pesca San Vincenzo costruita nei

cantieri navali di Porto Civitanova. Con stazza lorda di 7,190. I proprietari erano Filippo e Gaetano Marà. Lo stesso giorno

fu iscritta la barca da pesca Sant’Alfonso, costruita sempre a Porto Civitanova, con stazza lorda di 7,680 e di proprietà

sempre degli stessi Filippo e Gaetano Marà.

Gli antichi documenti raccontano di barche e marinai e spunta un

antico registro dei natanti

L’ARENILE DI GIULIANOVA

PARCHEGGIO DI PARANZE

ALFONSO ALOISI

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Foto di Bruno Massucci

REPORTAGE TANZANIA

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Abruzzo e Marche sono state le regioni scelte dal regista Giulio Base per girare le riprese del suo nuovo film, che vede tra gli interpreti Giorgio Pasotti, Donatella

Finocchiaro, Fabio Troiano, Ninetto Davoli e il pic-colo Niccolò Calvagna. “Mio Papà. Due anime, una scelta” è il titolo del film, le cui riprese, per cinque settimane, da no-vembre a dicembre 2013, hanno coinvolto le due regioni confinanti. In particolare, San Benedetto del Tronto: il lungo-mare, la parte più antica della città, al paese alto, l’area portuale e le vie limitrofe, negozi e ristoranti del centro cittadino, gli ambienti di case private a quelli di strutture pubbliche, come il teatro comu-nale “Concordia”, Palazzo Piacentini al paese alto, la scuola “Marchegiani”, la sede sambenedettese dell’Università di Camerino, l’ospedale civile, la Ri-serva Sentina, il Palasport. Alcuni set, inoltre, sono stati allestiti anche a Grot-tammare, Monteprandone e Falconara Marittima, all’Aeroporto delle Marche, e il mare Adriatico an-tistante Pescara, in particolare una piattaforma privata. Prodotto da Movie And con Rai Cinema, e rico-nosciuto di interesse culturale, con il contributo economico del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale per il Cinema, il film realizzato con il contributo della Re-gione Marche e della Fondazione Marche Cinema Multimedia-Marche Film Commission è approda-to nelle sale cinematografiche il 27 novembre, in oltre 80 copie, e l’anteprima nazionale si è svolta proprio a San Benedetto del Tronto, al PalaRivie-ra, alla presenza del regista, di Giorgio Pasotti, di Niccolò Calvagna, dei produttori Massimiliano Le-one e Valentina Di Giuseppe, del Sindaco di San Benedetto del Tronto, Giovanni Gaspari, dell’as-sessore alla Cultura e Turismo Margherita Sorge, dell’assessore alla Pesca della Regione Marche, Sara Giannini e della presidente del Marche Film Commission, Stefania Benatti. La produzione ha investito 1 milione e 800 mila euro per la realizza-zione del film, Regione Marche e Film Commission hanno finanziato per 40 mila euro la pellicola, che ha visto l’impegno di 21 professionisti tra mae-stranze e attori, e di 250 comparse, tra cui molti sambenedettesi.

“Mio Papà”, racconta il rapporto affettivo che si crea tra Matteo, impersonato dal piccolo Niccolò Calvagna, e Lorenzo, ovvero Giorgio Pasotti, nuo-vo compagno di Claudia, madre di Niccolò, inter-pretata da Donatella Finocchiaro; attrice che tra gli altri ha lavorato con la regia di Pupi Avati, Woody

Allen e Marco Bellocchio. La storia è delle più semplici, e parte dall’incontro tra Lorenzo e Claudia; lui è un uomo a cui piace la libertà, che lavora come subacqueo su una piatta-forma petrolifera poco distante dalla costa adria-tica. E’ uno dei migliori nell’ambito della sua profes-sione, non vuole legami e quando scende sulla terraferma lo fa solo per divertirsi. La svolta arriva quando Lorenzo, una sera, in un locale, conosce Claudia. La giovane donna è bella e diversa dalle altre donne che sinora hanno interessato il subac-queo. Dapprima è solo passione, poi arriva l’amore per questa donna a dominare la quotidianità di Lorenzo: ma Claudia non è da sola, perché con lei vive il figlio Matteo di sei anni. Una presenza che

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UN SET PER DUEGiulio Base mitizza Marche e Abruzzo nella sua ultima pellicola girando sulla terraferma e off shore

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all’amico Giorgio Pasotti, protagonista acclamato in varie edizioni in Distretto di Polizia, e in film di Mario Monicelli, Carlo Vanzina, Paolo Sorrentino e Gabriele Muccino, attore e co-sceneggiatore è in parte biografica per entrambi. Racconta, infatti, anche un pezzo della vita di Base e di Pasotti, che non a caso sono anche tra gli au-tori del soggetto e della sceneggiatura, simile a quella di moltissimi padri adottivi, e cioè l’espe-rienza di amare figli che non sono sangue del pro-prio sangue.“E’ un’idea nata da una semplice chiacchierata in treno - ha spiegato Giulio Base alla presentazione dell’anteprima - che però tratta di una situazione comune a molti altri e cioè ritrovarsi ad amare i fi-gli della tua compagna. Spesso mi ritrovo a pensa-re che con la mia figlia non di sangue, il cimentarsi dell’affetto paterno sia ancora più grande, proprio perché non è dovuto, non è imprescindibile e im-mediatamente naturale. Ci si studia e in un secon-do momento si sceglie di amarsi. Penso che un film sta soprattutto in un’idea di mondo che pro-pone, e sebbene non sia certamente io il prototipo del regista ribelle, nell’idea di mondo che questo film suggerisce c’è un tipo di amore paterno che al momento è fuorilegge“. L’anteprima ha strappato applausi, sorrisi e lacri-me al pubblico presente al PalaRiviera, tra cui le comparse che hanno vissuto l’emozione di essere parte integranti di questo film dall’indiscutibile risvolto sociale, che è stato presentato al 9° Festi-val di Roma, nella sezione “Alice nella Città”. Giulio Base ha diretto diverse puntate della fortunata se-rie “Don Matteo” e film di successo come “Poliziot-ti” con Claudio Amendola e Kim Rossi Stuart e più recentemente ha curato regia, sceneggiatura e in-terpretato “Il pretore” basato sul romanzo “Il preto-re di Cuvio” di Piero Chiara. Come attore vanta par-tecipazioni a fiction come”, “Tutti pazzi per amore 2”, “Una grande famiglia” e “Valeria medico legale”.

dapprima rappresenta un ostacolo per Lorenzo, gli scontri tra i due non mancano, anche perché il piccolo vede un rivale nell’uomo e fa di tutto per creare problemi, e allontanare i due. Poi, finalmen-te, cede e nasce tra i due una sorta di complicità e di affetto, un rapporto tra padre e figlio, anche alla luce dell’assenza e dell’indifferenza del padre naturale del piccolo. Delusioni e speranze di una famiglia allargata, dunque, e un amore inaspettato e ricambiato tra un uomo e un bambino che non sono padre e fi-glio; tutto quasi nella norma, sino ad una conclu-sione inaspettata, che però ribadisce l’importanza del rapporto che si è creato.Base racconta questa storia dietro la macchina da presa, ma l’idea che ha preso corpo insieme

STEFANIA MEZZINA

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LA SATIRADI PERILLI

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E’ stata la passione per la storia a spingere Jonata Di Pietro, ora trentaseienne, verso il collezionismo ed in particolare a racco-gliere cartoline di Giulianova. L’avventura

inizia nei primi anni del Duemila con l’obiettivo di conoscere com’era un tempo la sua città. I luoghi della memoria e le sue mutazioni hanno sempre affascinato Jonata che, sulla scia del padre che raccoglieva però cartoline di tutto il mondo, ha avviato un’attività certosina davvero interessante. Sono circa 400 i pezzi custoditi da Jonata Di Pietro che vanno dai primi del secolo scorso fino alla fine del Novecento. Sottolinea il collezionista giuliese: “Ogni anno faccio rifornimento di nuove cartoline che nel giro di pochi anni diventano immancabil-mente ‘d’epoca’ ”. La cartolina più vecchia è datata 27 luglio 1902 e raffigura piazza della Libertà e la statua di Vittorio Emanuele II. Tre le mostre a tema organizzate di cui una nel 2012 al Kursaal Lido che segnò un notevole successo. Precisa Jonata Di Pie-tro: “Reperire nuovi pezzi è sempre più difficile. Frequento spesso i vari mercatini di San Benedet-to del Tronto, Ascoli Piceno, Nereto e Porta Portese a Roma, oltre alla consultazione di siti on-line de-dicati, ma la ricerca è sempre più ardua”. Attorno alla particolare collezione è nata anche la pagina Facebook “Giulianova Cartoline d’Epoca” che con-ta ormai oltre 5.000 contatti.

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IL COLLEZIONISTA…COLOR SEPPIA

ALFONSO ALOISI

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Non è facile per un giovane scrivere di un uomo le cui gesta le ha sentite raccon-tare. Peccato non averlo conosciuto per giudicarlo. Peccato non averlo visto all’o-

pera. Eppure l’Italia ha nostalgia di lui e lo evoca spesso. Strano che accada questo per un politico. Allora mi sono chiesta cosa abbia fatto Sandro Per-tini di così importante da essere ancora ricordato e rimpianto. Leggendo vari testi e i suoi messaggi di fine anno come Presidente della Repubblica, mi sono fatta un’idea di quest’uomo di StatoSandro Pertini iniziò la carriera politica da giova-nissimo, quando appena conseguita la laurea in giurisprudenza, entrò a far parte del Partito So-cialista Italiano guidato da Filippo Turati. Una vita

intensa, con due guerre mondiali e la dittatura fascista vissute sulla sua pelle fino a diventare un grande protagonista della democrazia repubblica-na.All’età di 29 anni fu condannato a otto mesi di car-cere per il suo impegno politico contro la dittatura di Mussolini e fu costretto all’esilio in Francia per evitare una seconda condanna. Un esilio che non gli impedì comunque di proseguire la sua crociata antifascista che gli costò, al rientro in Italia sotto falso nome, la reclusione prima e poi il confino fino al 1943, quando alla caduta del regime fasci-sta fu liberato. Si oppose all’occupazione tedesca combattendo nella battaglia di Porta Pia e insie-me a Pietro Nenni contribuì alla ricostruzione del

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SANDRO PERTINI L’UOMO CHE INCARNÒ LO STATORicorrono i 25 anni della sua scomparsaIl ricordo di ValVibrataLife

VIRGINIA CIMINÀ

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PSI fondando il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Nello stesso anno fu catturato dalle SS e condannato a morte. Fu salvato solo dall’interven-to dei partigiani delle brigate Matteotti.Nel 1945 organizzò l’insurrezione di Milano che porto alla liberazione dal nazifascismo imponen-dosi come personaggio di spicco della Resistenza Italiana.Nel 1968, negli anni della piena contestazione stu-dentesca, divenne presidente della camera e die-ci anni più tardi, quando l’Italia viveva gli anni di sangue del terrorismo e a pochi mesi dall’omicidio Moro e dalla strage di via Fani, fu eletto Presiden-te della Repubblica. Divenne il Presidente del po-polo, “il più amato dagli italiani”, un mandato che ribaltò la concezione della massima carica dello Stato. La politica vista come missione, una fede, orientata a rinsaldare i rapporti tra stato e popolo. Un idea politica che gli fece guadagnare l’etichetta di “cattivo politico”.Celebre fu il diverbio con l’ambasciatore sovietico al quale veniva rimproverato il modo di ristabilire l’ordine, più volte paragonato dal presidente Perti-ni al modus operandi dei fascisti, o le critiche alla frase di Nixon che auspicava “la pace nella sicurez-za”. Un Pertini che da buon padrone di casa non stava di certo al Quirinale a ricevere le credenziale di “questo e di quell’altro” come sua stessa ammis-sione.Indro Montanelli di lui diceva “che ogni cosa faces-se o dicesse odorava di pulizia, di lealtà e di since-

rità e che non era necessario essere socialista per amarlo”.Un uomo che con i suoi discorsi di fine anno era il presidente della Repubblica di tutti gli italiani. E proprio in questi giorni che il discorso di fine anno si sta avvicinando e il 2015 sarà l’anno in cui ricor-reranno i 30 anni dalla fine del suo mandato e 25 anni dalla sua scomparsa, ne approfitto per fare un ulteriore elogio a questo grande uomo e a tutto quello che ha fatto per l’Italia, nella speranza che quest’anno non assisteremo al solito discorso di fine anno soporifero e pieno di richieste di sacrifici che ci costringerà a prendere il telecomando e a spegnere il televisore.

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“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità;un ottimista vede l'opportunitàin ogni difficoltà.”Winston Churchill

Diamond Media Group s.r.l. comunicazione - concessione pubblicitaria - editoria

Via C.Levi, 1 64027 Sant’ Omero (TE) Tel 0861.887405 mail: [email protected]

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“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità;un ottimista vede l'opportunitàin ogni difficoltà.”Winston Churchill

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LA STORIA INEDITA

Ho visto da ragazzo le mie nonne e mia ma-dre, oggi ultranovantenne, fare il sapone in casa recuperando il grasso di scarto del maiale e ancora oggi conservo impressa

nella mente l’immagine di quando insaponavano i panni, maneggiando uno dei grossi pezzi ricavati con il taglio, effettuato con un filo d’acciaio, della massa solidificata, che galleggiava nel recipiente di cottura.Con l’arrivo del benessere la consuetudine si è per-sa quasi totalmente. Negli ultimi anni, però, sono tornati a interessarsi di questo prodotto consuma-tori e anche studiosi, tra i quali ci piace citare il prof. Giovanni Damiani, neretese per proprietà transiti-va, autore di «Un’indagine sul lavaggio dei panni, sull’igiene personale, sulla pulizia della casa, visti anche dal buco della serratura della storia e nella tradizione abruzzese. Idea di una detergenza so-stenibile in una società capace di futuro».(1)

Sull’argomento ho scritto qualcosa anch’io nel 2009, all’interno di un articolo su un’azienda agri-

cola di Villa Rosa di Martinsicuro(2). Ora ne torno a parlare per un caso fortuito; un paio di mesi fa, per un veniale disguido (scambio del numero delle buste), mi è stato consegnato dagli addetti dell’Ar-chivio di Stato di Teramo un pacco di documenti diverso da quello richiesto. Prima di farlo ricollo-care al proprio posto, ho voluto dare uno sguar-do alla documentazione in esso contenuta; tra le varie carte, mi ha incuriosito il carteggio relativo ad un’indagine sulle fabbriche di sapone all’uso di Genova e di Marsiglia operanti nel Regno delle Due Sicilie, promossa dal Real Istituto d’Incorag-giamento e riferita agli anni 1824-1825(3). Ho con-centrato l’attenzione sulle risposte fornite dai Sin-daci della Val Vibrata e, in particolare, di quello di Nereto (Matteo Ippoliti), di Colonnella (P. Cesarini), di Civitella del Tronto (E. Ferretti, di Controguerra (Pasquale Lelli), di Corropoli (Gaspare Flajani) e di Tortoreto (Nicola di Francesco). Solo i primi tre rispondono in maniera affermativa e i primi due indicando anche i nomi dei commercianti. A Ne-reto lo facevano Domenico Valeri, Susanna Cinelli, Luigi Felicioni, Vincenza de Isidorj, Domenico Sal-vi, Aldobrando Cipriani (Pizzicarolo in privativa) e Francesco Cimini; a Colonnella lo vendevano al minuto Anacleto Barnabej, Antonio Volpi, Gio: Berardini Crescenzj e Nicola Spinosi. Tutti gli altri Sindaci riferiscono che ogni famiglia provvedeva al bisogno facendosi il sapone in casa propria e confessano candidamente, come fa il Sindaco di Controguerra, che «se sia uniforme a quello di Ge-nova e di Marsiglia non posso contestarlo, giacchè è ignoto»; quello di Corropoli esclude, anzi, che vi siano individui «che fabbricano sapone di tale sor-ta» e per il collega di Tortoreto le famiglie realiz-zano «per proprio uso il sapone consueto». Quale fosse il “sapone consueto”, è probabilmente quel-lo descritto in una “memoria” inviata al Ministro dall’Intendente della Provincia di Abruzzo Ultra I il 25 febbraio 1825, redatta da Generoso Cornac-chia, vicepresidente della Società Economica di Teramo(4). Il documento, che non compare nem-meno nell’accuratissimo studio di Damiani, elenca in modo chiaro e dettagliato le materie prime e le attrezzature impiegate, le procedure, le fasi e i tempi di lavorazione del prodotto. Avendo poca dimestichezza con la chimica (al primo anno di Liceo Classico fui rimandato a set-tembre), mi è sembrato opportuno trascrivere e

Il sapone in provincia di Teramo nell’Ottocento

FRANCESCO GALIFFA

Fase di lavorazione del sapone.

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riportare il documento in maniera integrale per metterlo a disposizione degli studiosi della mate-ria.

Indicazione del processo che tiensi nella Provincia di Te-ramo per la fabbricazione del sapone duro.

Essendo il sapone un risultamento della combinazio-ne di un’alcali (5) con gli olj, o grassi, e mancando in questa Provincia l’alcali minerale, o soda, si adopra invece di questo l’alcali vegetale, detto anche potas-sa. Per ottenerla e formarne il liscivio detto comune-mente dei saponari, e combinarla coi detti ingredienti si comincia dal prendere della cenere, di cui ottima sarebbe quella che ottiensi dalla feccia, o deposizione di vino bruciata, perch’è la più abbondante del detto alcali vegetale, ma non vien’adoprata, poiché non vi sarebb’economia. Dopo questa reputasi migliore la cenere che si ricava dal bruciamento di giovani pian-te, e prescelgonsi sarmenti di viti, e ramoscelli di quer-ce non vecchie; e ciò con fondamento, mentre Th. de Saussurre (6) ha provato con esperienze, che quanto più giovani sono le piante, o le loro arti, tanto più dan-no di potassa e più contenersene nella scorza degli alberi, che nel loro legno, più nelle foglie che nella scorza. Tiensi all’opposto per la più cattiva quella che si ottiene dai legni bianchi, o molli, e che crescono rapidamente, come i pioppi, salci, ecc. Essa di staccia con crivelli, dei quali il cerchio è formato di paglia in-tessuta, col fondo guarnito di culmi di formento uniti tra loro a piccole distanze con fili di giunco, detti co-munemente cascaturi, affine di purgarla dai piccoli carboni, che vi potrebbero essere mischiati, o da altre materie eterogenee. Si gitta quindi su di un pavimen-to, e si dispone in forma circolare in quella guis’ap-punto che si fa della farina nella madia volendo porre il lievito, avendosi cura che la parte di mezzo sia vuo-ta. In questa si pone una data quantità di calce viva, la quale se di fresco si è cavata dalla fornace, e non ha riassorbito dall’atmosfera l’acido carbonico, ed è per-ciò molto più caustica, ve se ne pone alla ragione del settimo, sei cioè di cenere, ed una di calce. Se poi per qualche tempo è stata espot’all’aria, e non è tale, ve ne abbisogna quantità maggiore, il sesto circa. Fatto ciò si gitta una data quantità d’acqua calda in mezzo

del detto cerchio quanta ne basta a render polverosa la calce, che subito di ricuopre colla cenere posta d’in-torno, e dopo poco tempo proporzionato alla mag-giore, o minore quantità della massa si mischiano per bene tal’ingredienti con pala di ferro, o di legno. Il miscuglio della calce viva alla cenere è necessario per estrarre più facilmente potassa; mentre conte-nendo la cenere molto carbonato di potassa, posta essa in contatto della calce viva, ne risulta per leggi di affinità, che l’acido carbonico abbandona la prima so-stanza, e passa ad unirsi con la seconda, formando un carbonato di calce, e lascia in conseguenza in libertà la potassa, che vuolsi ottenere.Tal’ingredienti ben mischiati dimodoché formino una sola massa, si gittano in un tino, il di cui fondo dev’essere guarnito di uno strato di paglia piuttosto grossa di tre pollici di spessore (7), affinché la materia che vi si gitta, non si attacchi sul fondo, ed impedisca l’uscita del liscivio: e nel mezzo di detto fondo dev’es-serci un piccolo forame, essendo piccolo il vaso, due poi, ed anche tre, essendo grande, ed in ciascuno di essi si fa pendere un filo, che nella parte superiore è raccomandato a piccolo pezzetto di legno postovi trasversalmente, ed al di sopra vi si situa un pezzo di coppo da tetto, o embrice, acciò il detto liscivio più facilmente possa scolare. Detti materiali si vengono ponendo a strati nel tino, che debbono battersi con un pezzo di legno per far loro acquistare una discreta compattezza. Il tino deve situarsi un po’ in lato affino di potersi situare sotto un recipiente per ricevere il ranno (8), e non deve empirsi dell’indicato miscuglio sino alla sommità, ma lasciarsene piuttosto vuoto cir-ca mezzo palmo. Ciò eseguito vi si comincia a gittare acqua calda a varie riprese, che trapelando per la mas-sa discioglie la potassa, che vi è contenuta, e pel buco anzidetto và a colare nel vaso sottopostovi.Alcuni non battono sott’alcuna la cenere mischiata alla calce, che si gitta nel tino; ma tengono chiuso il foro fatto nel fondo, e non l’aprono se non dopo che l’acqua vi si è fatta stare per lo spazio di circa ore ven-tiquattro.Ad un miscuglio di tre tomoli di cenere, e mezzo to-molo (9) di calce viva posto nel tino si pratica versarvi circa barili tre d’acqua calda.Il primo liscivio che si ottiene, e che chiamasi forte, o acqua maestra deve avere il colore di un vino vecchio

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Pezzi di sapone fatto in casa. Lavaggio dei panni col sapone fatto in casa.

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ben cotto. L’altro poi detto mezzanello, essendo men saturo d’alcali, è anche men colorato.È risaputo tra i fabbricanti di sapone, che l’olio limpi-do, o lo strutto puro richieggono un ranno meno cari-co; il lardo poi, e sego lo vogliono più saturo. Un’uovo fresco fà per essi le veci dell’areometro, o pesa liquori: per eseguir ciò ve lo immergono legato a sottilissimo filo, ed osservano quanta parte ne galleggia fuori. Pongono dunque tanta quantità in miscela dei due anzidetti ranni, quanta ne basta per far sì, che l’uovo mostri scoverta fuori del liquore una circonferenza del suo guscio della larghezza di un carlino se vuolsi combinare coll’olio, o strutto; deve alzare poi dippiù, e mostrarsi quanto un grano (10), se si vuol combinare col lardo o sego.Misurata così la saturità del ranno si mischia all’olio, che adopransi più comunemente, alla ragione di tre parti del primo, ed una del secondo, come sarebbe carraffe tre di ranno, ed una d’olio; e si pongono a bol-lire a fuoco lento nel caldajo, affinché il liquido non si gonfii di troppo, e n’esca di fuori; il bollimento deve durare circa sei, in ott’ore, con avere l’avvertenza di ben mischiare la massa sin da principio, e principal-mente nel momento che comincia a bollire, acciò i componenti ben si uniscano. Quando essa sarà addi-venuta trasparente, e come gelatinosa, ed alzandosi con un bastone forma lungo il medesimo un velo, vi si gitta una data quantità di sale marino, muriato di soda, ad oggetto che il sal marino essendo un com-posto di acido muriatico, ed alcali minerale, post’in ebollizione con suddetta massa, si decomponga, e l’a-cido muriatico si porti alla potassa, e la soda divenuta libera si combini con l’olio, e dia la solidità al sapone. Questo muriato di potassa resta disciolto nell’acqua, il liquore che si distacca dal sapone, allorché cotto versato su di un panno lo contiene di unita anche a qualche dose di solfato di potassa.Il sale vi si pone alla ragione di libbre (11) venti per ogni metro d’olio, ch’equivale a libbre sessantaquattro cir-ca, e si fa bollire per due ore, o tre circa in proporzione della maggiore, o minore massa, mischiandola ben bene, finché levandosene un campione abbia l’aspet-to di polenta cotta, e se ne separi un liquore chiaro. In tale stato si toglie dal fuoco, e si versa su di un pavi-mento guarnito con tela grossolana bagnata con ac-qua, e rivolta nelle parti laterali sopra due quadrozze di legno distanti l’una dall’altra, essendo poca la mas-sa, quanto la larghezza di un mattone da mattonare, in ambidue l’estremità debbono essere chiuse con uqual mattone, affinché la materia saponacea, che vi si versa dentro, venga rattenuta. Se poi questa fosse in qualche quantità, allora al panno può darsi una di-mensione più larga. Vi si fa stare per ore dodeci, acciò ogni parte liquida se ne scorra fuori, e la massa dive-nuta già sapone acquisti consistenza.In questo stato si leva e con la corda da chitarra, o al-tro filo forte si fa in pezzi di libbre tre, o quattro circa, che dopo averli fatti ben’asciugare si conservano in magazzini per usi domestici, o in casse per porlo in commercio.Se invece dell’olio la potassa fassi combinare collo strutto, col lardo, o sego il processo è il medesimo, ed a due libbre di tal’ingredienti si uniscono garraffe tre di liscivio, che pesano libbre sei, ed once nove circa; ma richiedendo il lardo, il sego ranno più carico, le tre caraffe che vi si pongono, pesano un poco di più. Del sale poi se ne pongono sempre libbre dieci per ogni trenta libbre di grasso, sego.

Dall’esame di diversi documenti che raccontano la

storia del sapone che si produceva a Marsiglia, si ha modo di riscontrare che nel processo di lavo-razione non era usata in alcun modo la calce, che, invece, era presente in un’interessantissima ricetta sul “Modo di fare sapone” con le cotiche del ma-iale, descritta dal bolognese Vincenzo Tanara nel più importante trattato di agricoltura del Seicento, “L’economia del Cittadino in villa” (12), edito per la prima volta nel 1644 e che contò ben undici edi-zioni. Questa presenta anche diverse affinità con il procedimento illustrato da Generoso Cornacchia. _______________________________________

NOTE

(1) DAMIANI, Giovanni, “La Sagra degli antichi saponi. La-vare e lavarsi ecologicamente”, Edizioni Tracce, Pescara, 2010.(2) GALIFFA, Francesco, “Punto verde”, in “Colonnella Frammenti”, n.° 1/2009, pp. 30-32.(3) A.S.TE., Intendenza Borbonica, B. 150/A, Fasc. 5 (Real Istituto d’Incoraggiamento. Richiesta di conoscenza se esistono in Provincia fabbriche di sapone), Anni 1824-1825. Il Real Istituto d’Incoraggiamento alle Scienze Naturali fu fondato a Napoli nel 1806, durante il Decennio Fran-cese, per volere di Giuseppe Bonaparte. L’istituzione aveva il compito di promuovere e indirizzare gli studi teorici verso innovazioni ritenute utili dalla società.(4) Generoso Cornacchia (Civitella 19.3.1746 – Teramo 8.9.1831) è stato uno degli esponenti di spicco della cul-tura Aprutina dell’Ottocento. Fu autore di diverse opere inerenti il mondo dell’agricoltura, tra le quali spicca “I ricordi di economia domestica”, un vero e proprio cate-chismo agrario pensato per migliorare le conoscenze e competenze dei coltivatori della provincia. Dal 1813 fu membro e poi presidente della Società Economica del Primo Abruzzo Ultra. (Cfr. PALMA, Nicola, “Storia della Città e Diocesi di Teramo”, Cassa di Risparmio della Pro-vincia di Teramo, Teramo, 1981, Vol. V, p. 245)(5) Alcali (dall’arabo al-qalī «potassa»). Con questo nome, nel passato, venivano indicati anche vari sali di sodio e di potassio dal comportamento basico.(6) Nicolas-Théodore de Saussure (Ginevra 1767 – 1845) è stato un naturalista e chimico svizzero, studioso di chi-mica e di fisiologia vegetale.(7) In Italia, prima dell’adozione del sistema metrico deci-male, il valore del pollice era di circa 2,9 centimetri.(8) Il ranno [voce di origine germanica] era una soluzione o miscuglio di cenere di legno e acqua bollente, usato, soprattutto nel passato, come detergente per lavare i panni.(9) Il tomolo per aridi equivaleva a litri 55,23 ca.; il barile per liquidi litri 43,62 ca.(10) Il carlino era la decima parte del ducato; il grano la decima parte del carlino. (11) Il valore della libbra variava notevolmente da una provincia all’altra, aggirandosi però, in media, sui 300-350 grammi; nel Regno di Napoli era di 320,75 grammi. L’oncia valeva intorno ai 30 grammi.(12) TANARA, Vincenzo, “L’economia del cittadino in villa”, Venezia, 1661, pp. 194-195.

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ILLUSTRAZIONI DI GIORDANA GALLI

poesia di Jolanda Restano

SONO UN BIMBO BUONO

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Non ho tirato le trecce a mia sorella

Niente dispetti, nessuna marachella.

Che guardavano tranquilli la tele sul sofà.

Non ho disturbato né il nonno né il papà

Ho aiutato la mamma e la nonnina

A sparecchiare e pulire la cucina.

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Ho fatto i compiti, recitato le preghiere

Non ho detto le bugie, ma solo cose vere!

Insomma, voglio dire, sono stato molto buono

Mi merito di certo qualche splendido dono;

non sono, vi assicuro, tra i bambini più monelli

e a Natale mi merito i regali più belli!

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RITAGLIA E COLORA

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Il futuroappartienea chi credealla bellezzadei propri sogni.

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UNIONE DEI COMUNI presidente Leandro Pollastrelli

Ripresa economica, lavoro, manutenzione del territorio e benessere dei cittadini al centro delle preoccupazioni e delle speranze dei sindaci della Val Vibrata, costretti, al

pari di migliaia di colleghi disseminati sull’italico stivale, a barcamenarsi tra tagli sempre più cospicui del Governo centrale e servizi essenziali e imprescindibili da garantire a livello locale.

Per i 12 Comuni della Città Territorio il 2015 costituirà un anno di novità e sfide da af-frontare. Con la riforma degli enti locali, i Comuni sono chiamati ad esercitare congiun-

tamente in forma associata, mediante l’Unione dei Comuni, le loro funzioni fondamentali.«La Città Territorio – ha affermato il presidente Leandro Pollastrelli - si sta strutturando per recepi-re la nuova legge che prevede un accorpamento delle funzioni attualmente svolte autonomamen-

te da ogni Comune. Si procederà inizialmente con una convenzione tra i Comuni più piccoli (Anca-rano, Colonnella, Controguerra e Torano Nuovo), per poi passare successivamente a quelli più grandi». Nella fase iniziale saranno gestite in forma associata la protezione civile, la riscossione della Tari e il catasto, che vanno ad aggiungersi ad altri servizi già a carico dell’Unione, come la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e i servizi sociali. Per assolvere ai nuovi compiti, l’Unione dei Comuni ne-cessiterà di una riorganizzazione del personale, sia dell’ente che dei municipi, già parzialmen-te in atto. Si provvederà inoltre, per i Comuni più piccoli, all’istituzione di una Centrale Unica di

Committenza e di una Stazione Unica Appaltante, e alla condivisione dei dirigenti di settore. «Secondo la tabella di marcia, dovremmo entrare a pieno regime entro ottobre. Avremo così una

semplificazione nella gestione amministrativa dei Comuni, che sarà più veloce e meno costosa». Ma tra le priorità del 2015 Pollastrelli inserisce anche la manutenzione del territorio e gli in-

terventi contro il dissesto idrogeologico: «Stiamo lavorando alla redazione del progetto per tre “contratti di fiume” che riguardano il Tronto, il Vibrata e il Salinello, attraverso

cui avviare la riqualificazione dei territori dei bacini». Salvaguardare l’ambiente, rilanciare il territorio e potenziare il turismo tra gli obiettivi del 2015 dell’U-

nione per riconsegnare alla vallata il ruolo di centro produttivo ed economico di eccellenza a livello provinciale e regionale.

ALBA ADRIATICA Tonia Piccioni

Si avvicina la fine di quest’anno come sempre è tempo di bilanci. Se rispondessi emotivamente lascerei nel vecchio anno le sterili polemiche

dell’opposizione, la perdita della Bandiera Blu, i problemi di balneazione che ho dovuto affrontare con personale rincrescimento per la comunità che rappre-

sento ma, nel rispetto della legalità e del bene primario della salute dei cittadini. Facendo, invece, prevalere non l’emotività ma la pacatezza della riflessio-

ne, non lascerei nulla nel vecchio anno né i momenti politicamente più diffici-li né le critiche ingiuste che mi sono state rivolte. Tutto ha contribuito a rafforza-

re la mia maggioranza e la mia ferma volontà a fare se, possibile, di più e meglio. Nel nuovo anno auspico che i progetti messi in cantiere si realizzino: pista ciclabile, vi-deosorveglianza, rifacimento delle strade, messa in sicurezza degli edifici scolastici. Lavorerò per il rilancio delle attività commerciali, proseguendo nel contrasto all’abu-sivismo e al rilancio del turismo, che nonostante la crisi, ha mostrato segni di ripresa.Rimarrà tra le mie priorità la tutela dell’ambiente anche grazie ad un’assidua attività di controllo messa in atto sul territorio. Inoltre l’auspicio, forse, più grande è che tutti i cittadini di Alba Adriatica riacquistino quell’orgoglio di far parte di una comuni-

tà coesa che ha le medesime radici. In qualità di consigliere provinciale con in carico lavoro-agricoltura per la Val Vibrata mi auguro che ci saranno sem-

pre più risorse economiche che mi permetteranno di attivare proget-ti per il territorio al fine di rilanciare l’occupazione ed un settore che

diventerà sicuramente nevralgico, quello dell’agroalimentare.Tantissimi auguri di Buon Natale e di Felice Anno Nuovo

a tutti i cittadini di Alba Adriatica e della Val Vibrata dal sindaco di Alba Adriatica Tonia Piccioni.

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CIVITELLA DEL TRONTO Cristina Di Pietro

Ci avviciniamo alla fine del 2014 che, per il Comune di Civi-tella del Tronto, è stato foriero di tanti eventi e situazioni positive.

Non desidero però in questo contesto elencare le iniziative intrapre-se e gli obiettivi raggiunti, ma vorrei invece ricordare come e perché vale la

pena di continuare a faticare, lottare e sperare a servizio dei cittadini civitellesi.Io direi che il primo motivo è che ci è stato affidato dai cittadini il compito di prenderci cura di

questo meraviglioso Comune e a questa fiducia va data una risposta, almeno in termini di im-pegno, di passione e di onestà per ciò che si decide e si porta avanti in nome di tutta la collettività.

Dell’anno 2014 mi lascerei alle spalle i risentimenti, le tensioni, le posizioni divergenti, a volte capar-biamente sostenute al solo fine di non volerla dare vinta all’altro e, al contrario, raccoglierei e farei te-

soro di tutto quanto di buono, di stimolante, di sanamente provocatorio è emerso da ciascuna persona che si è coinvolta - in varie forme e da diversi fronti- nelle più svariate iniziative della nostra realtà locale.Per il prossimo anno mi aspetto per Civitella una crescita e una responsabilità attiva da parte di ciascuno - dagli amministratori, di maggioranza e di opposizione, ai dipenden-ti comunali, al singolo cittadino - e un’attenzione alle peculiarità e specificità del nostro ter-ritorio che rischia di essere messo maggiormente in difficoltà da decreti e norme che non valutano adeguatamente le effettive prerogative ed esigenze di Comuni come il nostro. Ci aspettiamo che le Istituzioni sovraordinate ci governino meglio e con maggiore vigilan-za, che non facciano ricadere sui Comuni il peso ulteriore di una situazione già pesante

a livello statale e ci auguriamo di poter difendere e sostenere sempre una cultura del-la sussidiarietà che ad ogni livello mira a tutelare la libertà e l’integrità della persona.

Intanto, sempre vigilanti e infaticabili, continuiamo a lavora-re a servizio e per il bene nostro e di ciascuno…aspettando il 2015!

ANCARANO Angelo Panichi

Anche il Natale 2014 è alle porte, per un altro anno che volge al termine. Il momento particolare che viviamo, le

difficoltà economiche, sociali ed occupazionali potrebbero, in qualche modo, far sentire meno le sensazioni di una festa

attesa sempre con gioia, soprattutto dai bambini, come mo-mento per la condivisione, nel suo significato più vero di vita.Non è facile parlare di speranza, ma nemmeno è vietato, perché la speranza è il continuo punto di partenza verso il cammino del nuovo anno, affinché lasci dietro le spalle tutte le situazio-ni poco piacevoli. Alle concittadine ed ai concittadini di An-

carano e di tutta la Val Vibrata, auguro un sereno e buon Natale e felice 2015 , ricco di nuove prospettive, so-

prattutto per chi soffre e vive in solitudine, che riapra i cuori nella perseveranza e nella

ricerca di un futuro migliore.

COLONNELLA Leandro Pollastrelli

Il 2014 è stato l’anno postumo alle alluvioni, l’anno del dissesto idrogeologico, che con le piogge del mese

di maggio ha creato tanti smottamenti e grosse appren-sioni sia tra i cittadini di San Giovanni e Vallecupa, sia tra

quelli residenti lungo tutto il versante nord del territorio co-munale. Nel nuovo anno sarà necessario lavorare, anche in collaborazione con gli enti sovracomunali, per prevenire il dis-sesto idrogeologico e per la messa in sicurezza del territorio. Spero che il 2015 sia l’anno della ripresa economica e del lavo-ro per tanti giovani e padri di famiglia, che restituisca una vita

serena e dignitosa alle tante persone vittime della crisi che in questo momento si rivolgono a noi sindaci e a cui

purtroppo non riusciamo a dare aiuto a sufficienza. Auguro a tutti i concittadini e alla Val Vibrata

un sereno Natale e felice anno nuovo.

Auguri TricoloreI sindaci dell’Unione affidano a ValVibrataLife il messaggio di Natale

CINZIA ROSATI

Page 36: Val Vibrata Life - dicembre /gennaio 2015

CORROPOLI Umberto D’Annuntiis

Un anno si chiude ed un altro sta per iniziare. Il momento giusto, quindi, per provare a tracciare bilanci, per rafforzare propositi e fare il

punto sui problemi immaginando nuovi scenari.Formulare bilanci in questo momento in Italia è un’operazione disperata, perché

il saldo è sempre negativo. La crisi che stiamo vivendo è sotto gli occhi di tutti e non si dispongono elementi per poter formulare previsioni per la tanto decantata ripresa.

Quello che vedo sono imprese che hanno chiuso o si apprestano a chiudere, lasciando a casa migliaia di lavoratori privi della possibilità di reinserirsi nel circuito produttivo.

Quello che vedo sono le famiglie tradizionalmente e storicamente ricomprese nel ceto medio che improvvisamente si scoprono impoverite, confuse, disorientate e prive di qualsiasi certezza.

Il problema sta nel fatto che in tutti questi anni le speculazioni della finanza internazionale e le scelte “lacrime e sangue” imposte dai governi centrali sono ricadute sempre sui cittadini, so-prattutto coloro che hanno meno e quelli meno garantiti. In questi anni noi amministratori locali siamo stati sempre in prima linea nel disperato tentativo di offrire loro i servizi minimi essenziali, potendo contare su risorse economiche ridotte di anno in anno.Siamo noi Sindaci a vedere nei nostri Comuni la sofferenza nei volti delle persone che ogni gior-no ci chiedono aiuto perchè non riescono ad andare avanti.Ce la faremo a superare questa situazione? Non lo so. So però una cosa: solo la buona politica

può tirarci fuori dai guai. Una bella sinfonia non cessa di essere tale per il fatto di essere male interpretata dai musicisti: gli esecutori non sono all’altezza, ma la musica rimane

bellissima. E allora l’augurio che mi sento di rivolgere ai cittadini di Corropoli e della Val Vibrata è questo: avere il coraggio e l’apertura mentale di affrontare il mare

aperto, confidando sulla saldezza e coesione dell’equipaggio composto da tutti noi e sulla volontà di stare insieme e darsi aiuto reciproco in questi

momenti di difficoltà. Solo così riusciremo ad andare avanti.Buon Natale e Buon Anno a tutti Voi.

CONTROGUERRA Franco Carletta

Cari concittadini, l’anno che sta per finire è stato inten-so e impegnativo. Nonostante le difficoltà, le incertezze e

i cambiamenti tipici di questo momento storico, molte sono state le attività, i servizi e le problematiche risolti. Sono sicura-

mente cresciute tensioni e difficoltà per i cittadini e per le fasce più deboli, per il tessuto produttivo del nostro paese. Il nostro impegno

è stato sempre efficace e progressivo, mirato alla costruzione di una società equa ed attenta alle esigenze dei più deboli, e sempre al ser-vizio dei nostri concittadini. Tutto ciò lo dobbiamo al nostro paese, il cui nome “Controguerra” è un inno alla vita e speranza di un futu-ro da affrontare con laboriosità, passione e fantasia, propensione ti-

pica di noi controguerresi e dell’intero territorio della Val Vibrata. Il mio augurio a nome dell’amministrazione comunale, è dun-

que che il Natale, la festa più bella dell’anno, doni momen-ti di pace e serenità, un abbraccio affettuoso a tutti

coloro che affrontano situazioni di disagio per malattia, disoccupazione, emarginazione.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo.

MARTINSICURO Paolo Camaioni

Non è stato un anno facile il 2014: il perdurare della crisi eco-nomica con le diverse aziende della vallata che hanno attivato

procedure di mobilità, scelte normative del governo centrale non sempre attente alle esigenze del territorio, apprensioni dei cittadini per

la tenuta idro-geologica del territorio, un’estate incerta a livello turistico sia per la congiuntura in atto che a causa del tempo non sempre clemente.

Da parte nostra non è mai venuto meno l’impegno per mitigare gli effetti di queste situazioni e garantire alle nostre comunità un lavoro teso a mi-gliorarne la qualità della vita. Da questa energia e dal desiderio di portare avanti tutti i progetti avviati in questi mesi vogliamo ripartire, augurando ai Cittadini di Martinsicuro e della Val Vibrata un Natale colmo di serenità, concordia, prosperità, fiducia negli amministratori locali, ma anche e

soprattutto nella Provvidenza che in questo periodo manifesta il suo volto umano. Insieme a loro auspichiamo che il 2015 sia un anno

di svolta sia a livello economico che sociale con effetti bene-fici sulle nostre comunità, amministrate quotidianamente

con fatica e con la piena consapevolezza dei nostri limiti. Che sia davvero uno splendido Natale!

TORTORETO Alessandra Richi

Al di là dei dettagli del nostro singolo opera-to amministrativo, auspico che il 2015 condu-

ca ad un metodo condiviso per il raggiungimen-to di obiettivi, soprattutto nel campo del sociale e di nuova spinta economica, diversamente perseguibili in un’ ottica strettamente comu-nale. L’identità territoriale, le connotazioni

storico-culturali, le tradizioni che ci ap-partengono siano forza e stimolo per

una Unione di intenti e risultati.

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SANT’OMERO Andrea Luzii

In occasione delle prossime festività mi è particolar-mente gradito fare gli auguri a tutti i cittadini di Sant’O-

mero e dell’intera Val Vibrata. E’ stato un anno per me mol-to positivo. A maggio sono diventato Sindaco con grande

entusiasmo. Ma la parte più bella di questa avventura è stata quella di avere trovato tanti amici, giovani come me e anche meno

giovani, che mi hanno aiutato con grande generosità. Ecco l’inse-gnamento che ho avuto: l’amicizia disinteressata. Questa è la prima cosa che porto e che porterò per sempre con me. Se fossi un sem-plice cittadino non mi separerei da nulla del recente passato perché ogni forma di distacco è come togliere un anello di una catena.

Nel ruolo che rivesto, tuttavia, vorrei lasciare dietro le spalle tutte le incomprensioni, le ostilità e le diffidenze. Vorrei so-

prattutto lasciare al 2014 le problematiche economiche, specie per il Comune di Sant’Omero, nella speranza

di una crescita per tutta la nostra Vallata per un 2015 più sereno e ricco di soddisfazioni.

TORANO NUOVO Alessandro Di Giacinto

Carissimi concittadini e carissimi cittadini della Val Vibrata, Il mio mandato è appena iniziato ma non posso considerarmi un sindaco alle

prime armi avendo condiviso ben 10 anni con il mio predecessore Dino Pepe.L’agenda di un sindaco è piena di richieste e piena di aspettative ma, pur-

troppo, determinata da molti fattori economici e strutturali che riescono a li-mitare di molto la propria autonomia di scelta o di movimento, ciononostante, io

e tutto il mio consiglio comunale abbiamo messo in campo tutte le nostre forze, in questi sei mesi di amministrazione, per lavorare al meglio per il bene della comunità.

L’attuale crisi economica che da tempo sta attraversando l’Italia e di riflesso i Comuni, soprat-tutto i più piccoli come il nostro, ha, di fatto, cambiato se non addirittura stravolto i già esigui bilanci, appesantendoli, in maniera sempre più frequente, con inaspettati tagli e inaccettabili tasse, inique e gravose, vedi Tasi, Imu, quasi portando alla paralisi di fatto tutte le programma-zioni atte al miglioramento dei servizi, siano essi socio-assistenziali, per la scuola o per il lavoro.Il Comune, lo voglio sottolineare, è aperto ad ogni forma di collaborazione con sin-cera passione e generosità. Esso deve essere un posto capace di avvicinare tut-ti, un porto sicuro per chi ha bisogno, il Comune deve essere solidale verso le nu-

merose famiglie e cittadini in disagio a causa del presente periodo di crisi.Ringrazio tutti coloro, soprattutto le varie associazioni cittadine, che si

sono confrontate con noi con atteggiamento collaborativo e costrut-tivo, capendo il momento di difficoltà che l’Ente sta attraversando.

A tutti voi, a nome mio, dell’amministrazione comunale e del consi-glio comunale tutto, l’augurio di buon Natale e di un felice 2015.

NERETO Giuliano Di Flavio

Questa volta, per gli auguri di sereno Natale e buona fine ed inizio Anno provo a chiudere gli occhi per regalare ai miei

cittadini neretesi un vero sogno, di quelli che non ti lasciano per tutta la vita. Desidero che ognuno di loro viva non solo una

settimana di serenità e di prosperità economica ma tutto un anno. Vorrei che la magia del periodo natalizio, dimenticandosi del limite di tempo, continui fino al prossimo Natale in modo da vedere tutti con il sorriso per un intero anno. Vorrei che i giovani ritrovino fiducia e speranza; vorrei che i malati non siano più tali; vorrei che i diversa-mente abili siano più abili di tutti noi; vorrei che gli anziani tornino con lo spirito alla loro gioventù; vorrei che gli uomini soli si sen-tano abbracciati. Ho chiesto troppo? Non credo, era pur sempre

un sogno, per il quale lavorerò come sindaco per raggiungere tutti questi obiettivi. Ma non auguro questo solo ai nere-

tesi: vorrei che da questo sogno siano travolti anche i cittadini vibratiani in modo che si sentano tutti

in una unica e grande famiglia. Auguri.

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Con le feste di Natale e l’arrivo dell’anno nuovo Colonnella si prepara ad uno degli eventi più attesi: il presepe vivente. Un appuntamento ormai storico entrato a far

parte della tradizione locale che suscita grande coinvolgimento collettivo: ogni anno sono centi-naia i cittadini pronti a collaborare nell’allestimen-to delle scene o a partecipare come figuranti alla rappresentazione.Era il 1978 quando la Pro Loco decise di allestire il primo presepe vivente. Fu utilizzato un vecchio fondaco della casa parrocchiale in cui si realizzò la capanna con la Sacra Famiglia e i re Magi in ado-razione. Il primo neonato colonnellese scelto per rappresentare Gesù Bambino fu Antonello Rullo, e a prendersi cura di lui, nei panni di Maria, c’era Elena Cichetti, mentre il ruolo di San Giuseppe fu affidato a Doriano Fanì.Il primo presepe fu accolto con entusiasmo dai cit-tadini e fu motivo di soddisfazione per gli organiz-zatori che, però, mai avrebbero immaginato che l’evento si sarebbe trasformato negli anni in un ap-puntamento immancabile non solo per i colonnel-lesi, ma anche per le migliaia di visitatori presenti ogni anno alla rappresentazione del 6 gennaio.Il ruolo della Madonna fu interpretato l’anno suc-cessivo da Nadia Pecchini e poi da Patrizia Barto-lacci, affiancate sempre da Doriano Fanì nel ruolo di San Giuseppe. Ogni figurante poi, bambini com-presi, torneranno sulla scena più volte negli anni successivi in altre vesti e ruoli, segno del grande attaccamento e coinvolgimento che i colonnellesi hanno da sempre per la manifestazione.Nel 1979 il presepe vivente fu allestito a Palazzo Pardi, nei cui locali venne riprodotta la Natività con alcune ambientazioni a corredo. La location fu la stessa per qualche anno, poi la Pro Loco deci-se di compiere il salto di qualità e di coinvolgere nel progetto l’intero centro storico. A dare l’input, per un presepe all’aperto di più ampie dimensioni, una scena esterna di grande effetto rappresentata in piazza, con alcuni angeli e fuochi che rischiara-vano la notte.L’idea di coinvolgere il centro storico si rivelò vin-cente: l’allestimento di scene tra vie e piazze, fon-daci e cantine conferì un aspetto suggestivo al Presepe, attirando di anno in anno la curiosità dei tanti visitatori provenienti dalla provincia e dall’in-

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tera regione. Circa due euro il costo del biglietto che consente di coprire parte delle spese di rea-lizzazione dell’evento. Perché la macchina orga-nizzativa che ruota attorno al Presepe colonnelle-se è imponente, in quanto prevede l’allestimento di una quarantina di scene nel centro storico, la partecipazione di circa 150-180 figuranti, anche dei paesi limitrofi e l’impiego di decine di animali: pecore, buoi, cavalli, asini, cammelli, che rendono ancor più movimentata la rappresentazione che ruota attorno alla Natività.L’evento ha poi subito evoluzioni e modifiche nel corso dei decenni: per motivi logistici si è passati da due date in programma (il 26 dicembre e il 6 gennaio) ad un unico appuntamento nel giorno dell’Epifania. Sono cambiati inoltre i criteri di se-lezione della Sacra Famiglia: Gesù bambino viene scelto tra i nati negli ultimi mesi dell’anno e resi-denti a Colonnella, ma il piccolo partecipa insieme ai genitori, chiamati ad interpretare San Giuseppe e la Madonna. La Sacra Famiglia del presepe di Colonnella ha così assunto da molti anni la carat-teristica di essere costituita da un vero nucleo fa-miliare.Con la rappresentazione del prossimo 6 gennaio saranno 37 i bambini che in ogni edizione si sono susseguiti nella scena della Natività, tanto che il presidente della Pro Loco, Vincenzo Cichetti (che il presepe lo ha visto nascere e ne ha sempre se-guito l’organizzazione nei decenni) considerata la tradizione ormai quasi quarantennale della mani-festazione, sta pensando di organizzare nel 2015 una reunion di tutti i Gesù Bambino per un evento a tema. Il progetto si inserisce tra le iniziative volte a valorizzare e promuovere il presepe vivente di Colonnella, ormai assunto ad evento imprescin-dibile della tradizione locale e che può vantare, come pochi altri, di essere uno dei presepi storici d’Abruzzo.

COLONNELLA LA BETLEMME VIBRATIANA

DI PAESE IN PRESEPE

CINZIA ROSATI

Prima edizione del presepe 1978. Il bimbo è Antonello Rullo, la Madonna è Elena Cichetti, il San Giuseppe è Doriano Fanì

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All’ interno del bacino portuale di Giu-lianova torna, col fascino di sempre, il “Presepe Subacqueo”, giunto ormai alla sua XIV edizione. Unico nel suo genere

in Abruzzo, ma anche a livello nazionale. Protago-nisti dell’evento sono i soci dell’Associazione “Up and Down” che, nonostante la sferzante tempera-tura, si immergono nel freddo Adriatico per dare vita alla suggestiva scena della Natività. Appunta-mento per domenica 28 dicembre: alle ore 11 i sub provvederanno a deporre sul fondale la capanna del presepe. Alle 18:30 inizio della manifestazione con i Re Magi che, illuminati da fiaccole, si avvici-neranno alla capanna in emersione assieme alla stella cometa. Seguirà una processione guidata dal parroco don Ennio Lucantoni che terminerà nei pressi della Madonna del Portosalvo sul molo nord. Al termine la capanna verrà custodita nella sede della Lega Navale ed il giorno seguente, fino all’Epifania, ormeggiata e galleggiante nei pressi della banchina di riva. Nei giorni scorsi un’asso-ciazione subacquea di Marsala ha chiesto notizie su come poter organizzare in Sicilia un presepe subacqueo sulla falsariga di quello di Giulianova. Una bella soddisfazione per Giuseppe Di Filippo, presidente della “Up and Down”.

A Monsampolo da 5 anni, l’associazione culturale New Generation Msp in colla-borazione con il Comune e la Parrocchia, propone il presepe vivente che si diffe-

renzia dagli altri presepi per l’ambientazione.La rappresentazione sacra infatti è collocata ide-almente nel periodo a cavallo tra fine Ottocento e inizi Novecento, di cui viene riproposto un pit-toresco spaccato attraverso scene di vita quotidia-na. La scenografia è quella del vecchio incasato dell’antico borgo medievale, centro in passato della vita sociale e politica della città con le canti-ne trasformate in botteghe di artigiani e abitazioni di popolani. Oltre 200 i figuranti rigorosamente in abiti d’epo-ca, affiancati da artisti di strada e professionisti dello spettacolo e dell’animazione, che mettono in scena pieces teatrali che rievocano in un’atmo-sfera magica e carica della sacralità del Natale la vita quotidiana di un secolo fa.Il tempo sembra essersi fermato. É questa la sensa-zione che il visitatore percepisce nel percorrere le strette vie del paese. Nelle tre ore di rappresenta-zione, si abbandona completamente il caos della routine quotidiana e ci si riappropria del tempo che viene scandito dal battito di un martello o dal rumore di un telaio.L’intento è quello di recuperare soprattutto la me-moria storica, importante per le nuove generazio-ni sempre più schiave della tecnologia ed appiat-tite nelle coscienze. Il Natale diventa la chiave per accedere e riappropriarsi di luoghi, forse troppo visti, ma mai sentiti.Falegnami, scultori, calzolai, lavandaie, sarte, for-nai, e tanti altri antichi mestieri che animavano questi luoghi rivivono grazie al Presepe vivente di Monsampolo. Il borgo silenzioso durante l’anno come per incanto, riprende vita e si mostra al visi-tatore in tutta la sua dinamicità.Il cuore di ogni presepe è rappresentato dalla na-tività.La natività è senza tempo. Il presepe monsampo-lese, da secoli viene riproposto ogni Natale mante-nendo la propria sacralità.Nel corso delle varie edizioni, le si è dato il ruolo che merita, curandola ed arricchendola di anno in anno nei particolari per creare un punto d’incon-tro tra devozione e spettacolo per suscitare sem-pre nuove emozioni nell’osservatore. Questo è il Presepe vivente di Monsampolo che quest’anno sarà proposto il 26 dicembre ed il 4 gennaio dalle ore 17 alle ore 20 rinnovato nel per-corso e con importanti novità.

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IL PRESEPE CON… PINNE E OCCHIALI

GESU’ “NASCE” A MONSAMPOLO

ALFONSO ALOISI

PARIDE TRAVAGLINI

foto di Paride Travaglini

Prima edizione del presepe 1978. Il bimbo è Antonello Rullo, la Madonna è Elena Cichetti, il San Giuseppe è Doriano Fanì

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Da anni il Corpo Forestale dello Stato indi-ce la campagna per un “Natale eco-com-patibile” offrendo la possibilità di una se-conda vita per l’abete utilizzato durante

le festività. Assieme al Presepe, l’albero di Natale, la cui tradizione plurisecolare affonda le radici nelle usanze dei popoli germanici, è divenuto il simbolo per eccellenza. Ma l’abete, fonte di alle-gria e calore, dopo aver svolto il proprio compito, passa purtroppo a rappresentare, dopo il periodo magico, un “peso” di cui disfarsi. E lo smaltimento dell’alberello in quanto rifiuto, come sottolinea il Corpo Forestale, rimane un grosso problema. Sono stimati in circa sei milioni gli esemplari di abeti e specie affini che vengono commercializzati nel periodo natalizio, con un giro di affari di circa 150 milioni di euro che, a feste concluse, contri-buiscono ad alimentare il volume dei rifiuti solidi urbani. Il Corpo Forestale ripropone sempre l’ini-ziativa “per una corretta scelta, manutenzione e riciclo”. Tutto avviene in gennaio. La campagna è finalizzata ad evitare l’abbandono degli alberi sul suolo pubblico o nei cassonetti, ma anche alla cor-retta scelta e alla manutenzione degli alberi. Quelli ritenuti in salute ritornano alla natura in zone compatibili. Anche quegli alberi che non sono riusciti a superare le feste trovano un riuso sotto forma di compost da utilizzare come conci-me e nei ripristini ambientali e come materiale per usi tecnici vari. Naturalmente, occorre la collabo-razione delle amministrazioni comunali. Ma sono pochi quei Comuni che effettivamente mettono in pratica tale filosofia. In provincia di Teramo questo tipo di recupero è quasi assente. Il Corpo Forestale lancia anche dei consigli su come scegliere l’albe-ro di Natale che andrebbe acquistato in vivaio per la certezza della provenienza. Altra raccomandazione riguarda come accudirlo: gli addobbi non devono essere eccessivi, evitare di disturbare le radici, necessaria la presenza di umidità attorno alla pianta che dovrà essere po-sizionata in piena luce e lontana da fonti di calore. Finite le Feste gli abeti con le radici dovranno ne-cessariamente tornare all’esterno (balcone o giar-dino) ricordando che si tratta sempre di specie che possono raggiungere anche i 20 metri di altezza. Val Vibrata Life lancia un appello ai sindaci del ter-ritorio. Adottate un abete, reperite spazi idonei in cui trapiantare le conifere che hanno concluso la funzione di addobbo.

SEMPREVERDE SEMPRE VIVO Continuiamo a far crescere in citta’ l’abete di Natale

ALFONSO ALOISI

Page 41: Val Vibrata Life - dicembre /gennaio 2015

La scure della crisi e dei relativi risvolti si ab-batte anche sul Natale. Rispettate le annun-ciate flessioni in termini di regali e di consu-mi. Sotto tali aspetti, con scelte praticate per

timore o per impossibilità di tasca, il Natale 2014 può essere annoverato tra i più magri del Dopo-guerra. Ma non finisce qui, visto che un’altra man-naia è stata utilizzata nella nicchia di mercato che riguarda l’abete utilizzato per allestire il tradizio-nale albero di Natale. La notizia giunge dall’Osser-vatorio Nazionale Federconsumatori che ha svolto la consueta indagine per testare i prezzi dei beni legati alle Festività. L’albero vero, come sottolinea l’organizzazione dei consumatori, costerà di più con un aumento medio del 3% dopo quelli corposi degli anni precedenti. Una enormità in un periodo

Il fenomeno del riciclaggio creativo, ormai con-solidato nei paesi del Nord Europa, è una ten-denza che si sta diffondendo anche in Italia. Sul web è possibile trovare di tutto, dagli utilizzi più

banali a creazioni di vere e proprie opere d’arte. Per il Natale la creatività ottiene grande espressio-ne ed in tempi di crisi materiali e culturali, l’arte del riciclo permette di fare di necessità virtù. Ma l’aspetto più interessante di questo fenomeno è proprio quello di stimolare a guardare la realtà da un altro punto di vista.Ghirlande natalizie realizzate con l’ assemblaggio di pop-corn o di tappi in sughero completate da vezzosi fiocchi a tema. Palle pon-pon ottenute dal-la plastica riciclata dei sacchetti dell’immondizia. Ma il decoro più originale è senz’altro quello a forma di cuore, ritagliato dalla buccia d’arancia, contornato da un pizzetto all’uncinetto e appeso a decine sull’albero: oltre che decorare, diffonde per settimane quel piacevole aroma che sa d’inverno e di Natale!

CARO NATAL

RICICL’ART A NATALE

Aumenta il prezzo di alberi, dolci della tradizione e addobbi come rileva Federconusmatori

ALFONSO ALOISI

CESARINA DI DOMENICO

come quello che stiamo attraversando. Stessa sor-te è toccata anche ai dolci classici che saranno pre-senti sulle tavole imbandite delle nostre famiglie. Secondo una particolare statistica predisposta dallo stesso Osservatorio, pandoro e panettone di marca costeranno il 2% in più. Balzo in avanti lo ha fatto registrare anche il prezzo medio del torrone con un aumento del 3%. Stabile lo zampone, non il cotechino che segna un rialzo del 3%. Aumenti dif-fusi anche per vino (4%), addobbi, palline e fili ar-gentati (+ 2%) e giocattoli (dal 3 al 6% di aumento). Anche le “povere” lenticchie sono date in salita. In lieve diminuzione gli articoli di ultima generazione e tecnologici. Dato inquietante è la contrazione di spesa globale calcolata attorno al 6,5%. Della serie “la crisi c’è e si sente”.

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Un Babbo Natale alto, magro e barbuto, con l’aspetto di un vescovo o di un vian-dante, avvolto in un mantello verde. La rappresentazione iconografica del per-

sonaggio natalizio per eccellenza ha assunto nei secoli diversi significati e subìto molte trasforma-zioni, ma si è imposta nella versione attuale a par-tire dagli anni ‘30 con una campagna pubblicitaria della Coca-Cola. La tradizione di fare i regali, prerogativa esclusiva del Natale, trova radici nella figura di San Nicola, vescovo di Myra (in Turchia), nella prima metà del IV secolo. La leggenda narra che avesse salvato tre ragazze, che il padre voleva far prostituire, rega-lando al genitore dell’oro. I sacchi con le monete furono lanciati in casa dell’uomo. Nelle prime due notti il prezioso metallo fu introdotto in casa at-traverso una finestra aperta, mentre nella terza notte, poiché la finestra era chiusa, San Nicola si arrampicò sul tetto e fece scendere le monete dal camino. L’uomo così riuscì a maritare le figlie che, grazie all’intervento del vescovo, si salvarono da un misero destino.Tutta la vita del santo fu protesa ad aiutare i biso-gnosi, soprattutto i bambini, tanto che era cono-sciuto come “l’uomo dei doni”. Morì il 6 dicembre 343, e la data fu celebrata in Oriente nei secoli successivi con la consegna di doni in suo nome. Nell’XI secolo le sue reliquie furono traslate a Bari, e la sua fama si diffuse anche in Occidente. Con la riforma protestante nel Nord Europa furo-no abolite le feste dei Santi, ma la figura di San

STAPPI UNA COCA COLA E PENSI A BABBO NATALE Come è cambiata nei secoli l’iconografia dell’ “uomo dei doni”: da vescovo della Turchia, agli albori del Cristianesimo, a personaggio pubblicitario nel XX secolo

Nicola, portatore di doni ai bambini, fu difficile da scardinare, e così continuò, seppure sotto altre ve-sti, ogni 6 dicembre a portare i regali ai piccoli. Il nome nei secoli cambiò in Santa Claus, e il perso-naggio acquisì la slitta e le renne, caratteristici dei paesi nordici, mentre l’usanza dei doni si spostò al 25 dicembre, giorno di Natale.Anche l’abbigliamento a poco a poco si trasformò: Santa Claus perse la mitra, il pastorale e l’abito da vescovo per indossare un semplice mantello ver-de con cappuccio. In alcune rappresentazioni era giallo, in altre blu, in altre ancora rosso. Non c’era dunque una iconografia univoca, ma sia in Europa che in America si attingeva a tradizioni diverse per raffigurare Babbo Natale. La versione attuale arrivò nel 1931, quando la Co-ca-Cola decise di lanciare una campagna pubbli-citaria destinata a bambini e adolescenti. Fu chia-mato il disegnatore Haddon Sundblom, che diede vita ad un Santa Claus vestito di bianco e rosso (a ricordare i colori della bibita) più grosso e grasso del normale, sempre allegro e rassicurante, che si premiava con una Coca-Cola al termine di una notte di lavoro trascorsa a consegnare i regali. E ad ogni Natale successivo l’azienda lanciò, per molti anni, una nuova pubblicità sullo stesso filone. La figura di Babbo Natale, quindi, nel tempo divenne così familiare che si staccò a poco a poco dal mar-chio Coca-Cola e cominciò a vivere di vita propria, fino ad imporsi nei decenni successivi come icona indiscussa ed universalmente riconosciuta del Na-tale moderno.

CINZIA ROSATI

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Val Vibrata Life - e-mail: [email protected] - Tel: 0861.887405 - Sito web: www.valvibratalife.com

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Quando nel novembre del 1988 l’Ammini-strazione delle Poste e Telecomunicazio-ni decise di raccogliere e catalogare le cartoline nel volume “100 anni di augu-

ri”, furono in tanti a precipitarsi agli sportelli peri-ferici per prenotare la pubblicazione. I collezionisti furono i primi a prenotarsi anche in considerazio-ne del fatto che l’opera avrebbe avuto una tiratura limitata a tremila esemplari per l’intera Penisola. Dunque, il volume non poteva mancare nell’ar-chivio dei maggiori collezionisti di francobolli e dintorni. In pratica la raccolta parte con il calen-dario postale del 1871 stampato dalla Tipografia Manganotti di Ancona a circa dieci anni dall’Unità d’Italia. Questa prima uscita riporta sul “fronte” un bersagliere piumato che dichiara i suoi sentimen-ti ad una giovane fanciulla sorpresa alla fontana

pubblica mentre riempie d’acqua una brocca in terracotta. Sul “retro” le “norme principali” che regolava-no all’epoca “il servizio postale”. Il tipografo-redattore che predispo-se quel calendario, nel momento di scegliere il soggetto, fu chiara-mente condizionato in maniera determinante dalla vittoriosa pre-sa di Roma ad opera dei bersaglie-ri (la famosa Breccia di Porta Pia). Così inizia la raccolta di esemplari più significativi della originale e simpatica collezione dei Calen-dari Postali. L’iniziativa ha voluto mettere in evidenza l’impegno professionale di una categoria che ha rappresentato e rappresenta il legame umano della comunica-zione tra le genti. Tra l’altro, l’ope-ra uscì dalle rotative a ridosso del 1989, ovvero in coincidenza con il centenario del Ministero delle Poste. E’ stata quella un’occasione probabilmente unica e rara per ricordare il portalettere ed il suo antico modo di porgere gli auguri per il nuovo anno. La consuetu-dine di dare alle stampe il Calen-dario Postale è rimasta in vita per tantissimi anni ed è nata ancor prima della costituzione del Mini-stero delle Poste. Beppe Ermenti-ni, da vero collezionista, è riuscito

a raccogliere e a mettere a disposizione, assem-blandolo, il piccolo tesoro inedito per divulgarlo ad appassionati e non. Va ricordato che, a onor del vero, già alla fine del ‘700 veniva stampato a Crema lo “Zibaldone, Taccuino Cremasco” dove venivano riportate, assieme al calendario, le date più significative, con festività e ricorrenze, oltre ai servizi postali dell’epoca informando i lettori sui giorni di partenza e di arrivo della diligenza posta-le in servizio tra Crema e Milano e tra Crema e Bre-scia. Nel 1881 una singolare iniziativa da parte dei portalettere di Roma fu l’occasione per stampare un calendario corredato da oltre sessanta pagine di informazione sul servizio postale. Va detto che il calendario stesso, in tutte le regioni d’Italia, ve-niva consegnato “brevi manu” dai portalettere agli utenti durante i normali giri di recapito. Un modo

SALUTI E BACIDAL PASSATO Calendari e cartoline raccontano la nostra storia

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simpatico e gentile per consolidare e riaffermare lo stretto contatto con il territorio ed i suoi abi-tanti. Nell’occasione, ovvero con la pubblicazione del volume dedicato tutto agli auguri attraverso il calendario postale, fu utilizzata gran parte della collezione di Beppe Ermentini. L’obiettivo era pro-prio quello di far rivivere un lungo e significativo arco di tempo del servizio postale riproponendo la figura del portalettere nel momento più umano del suo lavoro giornaliero. Enrico Veschi, all’epo-ca Direttore Centrale dei Servizi Postali, così sot-tolineava l’uscita del volume ‘100 anni di auguri’: “Sono certo che la tiratura non sarà sufficiente a soddisfare tutte le richieste, in particolare quel-le provenienti dal mondo del collezionismo”. E infatti, all’e-poca, il volume si è rivelato un vero successo partendo dal p r e s u p p o s t o che in ognu-no è nascosto, nell’angolo più recondito del cuore, un piz-zico di roman-ticismo ed un segreto impro-babile deside-rio di ritorno al passato. Tutto è nato alla fine degli anni ’60 quando Beppe Ermentini si im-battè in uno dei tanti cataloghi di vendita per corrisponden-za. Allora tutto viaggiava su carta e la rete internet non era nemmeno nei sogni delle persone. Tra le tante offerte, lo stesso Ermentini notò l’offerta di una piccola raccolta composta da “12 Calenda-ri Postali”. Il prezzo di vendita era di 18mila lire. L’affare andò in porto e da quel momento per il collezionista iniziò una nuova avventura visto che aveva già molta dimestichezza con i calen-dari lunari ed almanacchi vari, veri e propri punti di riferimento della saggezza e della conoscenza popolare. Indimenticabili il “Barbanera” o il “Frate Indovino”. Prodotti legati alla gente comune con testimonianze del gusto e dell’evoluzione sociale, soprattutto destinati al ceto più modesto dove l’e-stensore propone, senza tante pretese e per po-

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chissimi spiccioli, divertenti curiosità mescolate a consigli di umana saggezza. Obiettivo principale del calendario postale era quello di fornire, in for-mato velocemente consultabile, notizie sui servizi offerti dall’Amministrazione delle Poste. Una tradi-zione diffusasi negli anni precedenti al XX secolo e durata senza soluzione di continuità sino all’inizio del secondo conflitto mondiale. L’iniziativa era uti-le al portalettere per farsi ricordare in occasione delle festività ed era altresì utile agli utenti stessi in quanto, grazie al calendario, ricevevano notizie ed appunti che, soprattutto nei primi anni, non erano limitati al solo servizio postale, ma si estendeva-no anche al mondo circostante con informazioni

sulle eclissi, sulle effemeri-di, sugli astri e sull’attività lu-nare. A corredo del nostro scrit-to sono stati scelte le foto dei calendari postali del 1889 e del 1932. Nel primo, in co-pertina, spicca una leggiadra postina in ver-de che distri-buisce corri-spondenza da una sbuffante vaporiera tar-gata “Regie Po-ste”. Sullo sfon-do una nave in transito. Rap-presentavano i mezzi di tra-sporto utilizzati per il traffico postale. Nel se-condo è visibile come continui con meticolosi-tà il lavoro del p o r t a l e t t e r e intento a sod-

disfare le attese dei destinatari. Ultima edizione del calendario augurale postale fu quella del 1939 con utilizzo di immagini già edite. In copertina la raccomandazione di scrivere, per la corrispon-denza, l’indirizzo in basso a destra e di applicare i francobolli nell’angolo superiore destro. Una vera e propria richiesta di collaborazione all’utente. Il secondo conflitto mondiale scoppierà proprio nel corso di quell’anno con l’Italia coinvolta dal 1940. Non c’è spazio per elaborare calendari postali ed il portalettere da par suo non se la sente di portare auguri di buon anno in tante famiglie segnate dal-le vicende belliche.

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Tra i tanti regali di beni alimentari che il Nuovo Mondo ha fatto all’Europa e agli altri Continenti, uno dei più preziosi è sta-to sicuramente il gallo d’India, il tacchino.

“Segnalato” in Spagna tra il 1511 e il 1512 e a Roma intorno al 1520, ben presto “invase” l’intera Europa, conquistandosi la “fiducia” di allevatori, cuochi e consumatori per l’abbondanza, la varietà e la bon-tà delle sue carni. La sua propagazione continuò anche sei secoli successivi e fu ospite “desiderato” anche nel Regno di Napoli, dove il suo allevamen-to, come è testimoniato dalle relazioni allegate alla cosiddetta Statistica Murattiana del 1811, era praticato a livello capillare dai contadini per uso famigliare, ma non solo. Nei suddetti documen-ti si legge, infatti, che in alcune provincie «Delle dindie, o tacchine, fansi qualche industria». Tra queste c’erano anche nelle provincie di Abruzzo Ultra I (Teramo) e Ultra II (L’Aquila), sul cui conto si riferisce che: «I polli minuti, le anatre domesti-che, le oche, e gli galli d’India sono gli animali da cortile, che si allevano in Apruzzo, e costituiscono l’economia domestica quasi de’ ceti bassi, che ne fanno oltre il consumo particolare anche un mi-nuto commercio, specialmente de’ galli d’India, i quali hanno nelle nostre montagne de’ mercanti, che ne radunano centinaja, e li portano a vendere sino a Roma, guidandoli con canne a piccoli bran-chi. Questo trasporto di galli d’India si fa in settem-bre.» Queste ultime informazioni sono confermate an-che da una fonte letteraria, importante forse più della precedente; con la vivacità dello stile giorna-

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listico usato dai grandi viaggia-tori stranieri, soprattutto inglesi e tedeschi, che giravano l’Abruz-zo per scoprirne la storia, le bel-lezze e le tradizioni, Edward Lear, nel “Viaggio attraverso l’Abruzzo pittoresco (26 Luglio 1843 – 14 Ottobre 1844)”, si soffermò di-verse volte sull’argomento, me-ravigliato dello spettacolo che si presentava ai suoi occhi. Alla fine di settembre del 1843, egli annotava nel suo diario: «Quan-ti tacchini! Ci sono tacchini in ogni parte quando si cammina in provincia di Teramo; con que-sti gallinacci vengono riforniti i mercati di Roma e di Napoli». E,

in un passo successivo racconta che, mentre era in cammino verso Città S. Angelo, attraversò colline di argilla e campi di stoppie, resi neri per i branchi di tacchini. Tornato di nuovo in Abruzzo, nell’otto-bre dell’anno successivo, mentre si trovava nel pa-raggi de L’Aquila, scriveva di nuovo: «Vaste schiere di tacchini nereggiavano nel piano, muovendosi lentamente verso Roma dai distretti di Lanciano, Chieti e Penne: essi riescono a percorrere in una giornata, otto, dieci o dodici miglia». Con questi tempi, giungevano nei mercati della Città Eterna all’approssimarsi del Natale. Se, tra gli animali da cortile, il tacchino è stato l’ul-timo arrivato sulle aie degli Europei, nel breve vol-gere di alcuni decenni conquistò il primato sulle tavole, anche su quelle apparecchiate per sovrani e signori del Rinascimento. Nel corso dei secoli successivi la storia della gastronomia gli attribu-isce un ruolo di primo piano nei banchetti che celebravano avvenimenti importanti e il suo con-sumo assume spesso un significato rituale. Per gli Americani, ad esempio, è inconcepibile celebrare il Thanksgiving (la Festa del Ringraziamento) isti-tuita dai Padri Pellegrini nel 1621 per festeggiare il primo anno di raccolto, senza il tacchino arrosto in tavola; così come per gli abitanti di Nereto e dell’intera Val Vibrata, a San Martino (per una ra-gione lunga da spiegare) è una liturgia consumare il “Tacchino alla neretese”, accompagnato da verze strascinate con peperoni fritti. La festa che però, almeno una volta, riuniva intor-no al tacchino l’intera Europa, anche in tempi di guerra (v. immagine), era il Natale, occasione in cui le sue carni erano lessate o arrostite. Dalle prime si otteneva il brodo. Ecco la ricetta

IL TACCHINO NEL MENÙ DEL NATALEFRANCESCO GALIFFA

Il Tacchino alla neretese (Atlante dei prodotti tradizionali d’Abruzzo, ARSSA, 2006).

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dettata dalle suore del Monastero di Santa Chiara di Atri, tratta dal libro di Sebastiana Papa “La nuo-va cucina dei monasteri” (Cles, 1993): «Si lessano due cardi non troppo grossi, scegliendo solo la parte tenera. Dopo cotti si tagliano a pezzetti gros-si quanto un ditale. Vi si aggiunge un uovo a testa, battuto con un cucchiaio di parmigiano, limone grattugiato e odore di noce moscata e si versa in un buon brodo di tacchino mentre bolle. Mescola-re e mandare subito a tavola.» La bontà del brodo di tacchino è elogiata anche dal grande Pellegrino Artusi, il quale osserva che «è molto saporito e si presta bene per le minestre di malfattini, riso con cavolo o rapa, gran farro e farinata di granturco aggraziate e rese più gustose e saporite con due salsicce sminuzzate dentro. La parte da preferirsi per il lesso è l’anteriore compresa l’ala, che è il pez-zo più delicato.»Oltre che lesso, il tacchino era gustato arrosto, con molte varianti, tra le quali abbiamo scelto “Il Tac-chino di Natale con prugne, castagne, mele e noci”, consegnata, ancora una volta, dalle suore a Silva-na Bevilacqua Calzolari, autrice del bel testo “La Cucina delle Monache” (Roma, 1988). Ingredienti necessari: Tacchino, prugne secche, castagne, sale, latte, mele, noci, pancetta, cognac, olio d’oliva, sal-via, rosmarino, amalgamati secondo questo pro-cedimento: «Pulite e fiammeggiate un bel tacchi-no. Intanto preparate il ripieno mettendo tre etti di prugne secche a bagno in un po’ di acqua tiepida, sbucciando tre etti di castagne e facendole bolli-re per circa dieci minuti in un po’ d’acqua salata, finendo poi di cuocerle con un po’ di latte finché lo avranno assorbito tutto. Unite poi prugne, ca-stagne e tre etti di mele sbucciate e tagliate a fet-tine, un etto di gherigli di noce tritati ed un etto di pancetta molto magra ben tritata. Bagnate questo impasto con un po’ di cognac e introducetelo nel tacchino. Cucite con il filo l’apertura, in modo che il ripieno non esca durante la cottura e ponete il

tacchino in forno in una teglia unta. Pennellate il tacchino con un po’ d’olio d’oliva, aromatizzato con qualche foglia di salvia, d’alloro e un rametto di rosmarino. Durante la cottura, che dovrà essere a fuoco dolce, bagnate ogni tanto il tacchino con il suo sugo di cottura. Dopo circa due ore il tacchino sarà pronto.»La frutta che le suore usavano per farcire il tacchi-no di Natale era, naturalmente, quella che racco-glievano durante i vari mesi dell’anno e che poi conservavano in vari modi per l’inverno, facendola seccare o sciroppare.

Cartolina viaggiata nel 1915 (Collezione F. Galiffa).

I MENÙ DI NATALE NELLA TRADIZIONE TERAMANA(Rino Faranda, La Gastronomia teramana, 1977)

La cena della vigilia di Natale: – Spaghetti con il tonno – Fritti di cavolfiore, finocchio, sedano, carciofi e cardone – Baccalà fritto – Capitone allo spiedo o alla graticola – “Caggionetti” e croccanti, sfogliatelle e pepatelli – Frutta fresca e secca.

Il pranzo di Natale: – Cardone in brodo (oggi sostituito generalmente dal tacchi-no lesso, con contorno di sottaceti – Maccheroni alla chitarra, ma solo in campagna – Tacchino arrosto, pollo e genovese – “Caggionetti, croccanti, pepatelli, sfogliatelle, pizza dolce, torroncini, libretti di fichi secchi.

I MENÙ DI NATALE NELLA TRADIZIONE NAPOLETANA(Ippolito Cavalcanti, Cucina teorico-pratica, 1847)

Vigilia dè lo S. Natale: – Vruoccoli – Vermicielli co la mollica – Anquille fritte – Bollito di ragosta – Cassuola de calamrielle – Pasticcio di pesce, e arruste di capitone – Struffoli.

Pe lo Juorno dè lo S. Natale: – Menesta di cecorie – Bollito , e Capuni a lo tiano– Puorco sarvateco nseviero – Bucchinotti de nteriora dè pulli – Costatelle è puorc ngrattinate – Nsalata cotta, e ammennole ncroccanna.

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Il Natale è senz’altro la festività più tradizionale dell’anno, occasione di riunioni famigliari e sun-tuosi pranzi conviviali. Ma a differenza di una volta, in cui le festività di fine anno erano anche

l’occasione di indossare l’abito buono, la contem-poraneità ha perso questi codici rituali: abitiamo una festività continua, rincorriamo appagamen-ti che mai si colmeranno. Ciò è ancor più vero nell’ambito della moda e del fashion. Ma si rileva una certa differenza di approccio. Cer-tamente per il Natale si acquista e si indossa l’abito elegante e di qualità lasciandoci sedurre dalle ten-denze di stile e colori proposti nelle vetrine sem-pre più anticipate, ma i giovani tendono ad indos-sare immediatamente ciò che acquistano, spesso sul web, avendo perso completamente il lento pia-cere di indossarlo in occasioni speciali. Inoltre non necessariamente si rispettano i colori tradizionali come il rosso, l’oro, l’argento. Per il Capodanno, invece, questi colori codificati vengono largamente rispettati e desiderati in-sieme al nero, in un tripudio di paillettes, lustrini, strass, pietre castonate, lurex, tessuti metallizzati, maglie metalliche, stampe iridescenti, trattamenti mayler, rasi, velluti, broccati. E’ molto trendy l’uso della pelle e del neoprene dove, quest’ultimo, per-mette una vestibilità, una pulizia del taglio sarto-riale che lo elegge a nuovo materiale ancora molto da sperimentare. L’altro ambito dove questi colori tradizionali ven-gono largamente preferiti, è quello del decoro del-la tavola conviviale. Non c’è colore più natalizio di un rosso,un argento, un dorato, benché ogni anno vengono proposti colori ed accostamenti-novità. In genere, anche questo settore è influenzato da una manciata di tonalità lanciati nella moda che fanno tendenza. Quest’anno, una novità è rap-presentata dal raffinato abbinamento dell’oro al bianco candido, probabilmente imposto dalla so-fisticatissima collezione di Chanel Haute Couture a/i2014-15, caratterizzata da una serie di abiti im-preziositi da delicati,raffinatissimi ricami oro. Re-alizzati su sartoriali, immacolati tessuti bianchi in neoprene. Spesso si trasgredisce anche nell’uso delle stovi-glie e della biancheria da tavola: non ricami e sfi-lati, non calici di cristallo ma set di carta o plastica, rigorosamente coordinati e decorati con grafiche ricercate ed accattivanti. In verità vi è una sostanziale democrazia del mer-cato: ci sono molte cose belle, per tutti i gusti e tutte le tasche.

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NATALE IN TECHNICOLOR

Ecco il trendy più fashion da indossare e per imbandire la tavola

CESARINA DI DOMENICO

Collezione Alta Moda Chanel

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Con l’arrivo dell’inverno e del freddo, la pel-le è sottoposta ad aggressioni continue: vento, freddo, pioggia, neve, smog, sbalzi di temperatura causati dal riscaldamento

interno. Azioni dannose che portano alla secchezza e alla sensibilizzazione della pelle nonché all’irritazione delle labbra che tendono a screpolarsi, in quan-to rappresentano le zone più esposte ed a rischio del viso. Cattiva abitudine durante la stagione in-vernale è quella di bere poco. Quando il corpo è disidratato, infatti, il primo sintomo è la secchez-za delle labbra. La giusta idratazione può essere ottenuta attraverso l’assunzione di tisane a base di tè verde e frutti rossi ricchi di polifenoli (antios-sidanti naturali), vitamine e sali minerali che con-trastano l’invecchiamento cutaneo, proteggono e tonificano i capillari impedendo la formazione di rossori cutanei causati dal freddo e dagli sbalzi termici.In secondo luogo, è fondamentale detergere e struccare la pelle con prodotti delicati che non contengono agenti schiumogeni che aggredisco-no la barriera cutanea naturale; è consigliabile uti-lizzare latte detergente e tonici lenitivi senza alcol e l’applicazione di una crema ricca nutriente na-turale, contenente acido ialuronico, olio di jojoba, burro di karité. Nell’acquistare prodotti cosmetici occorre fare molta attenzione all’etichetta, soprat-tutto nel constatare che tra gli ingredienti non ci siano eccipienti come siliconi e parabeni, derivati del petrolio, sostanze di consistenza cerosa conte-nute in molte creme commerciali, rossetti, burro cacao per le labbra, detergenti, shampoo e altro

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che irritano e seccano ulteriormente l’epidermide in quanto formano un film occlusivo sulla pelle in-terferendo con la normale traspirazione cutanea.Bisogna, inoltre, evitare di mordere le labbra scre-polate irritandole ulteriormente. E’ preferibile uti-lizzare in alternativa al burro di cacao creme o balsami contorno labbra adatti sia alle donne che agli uomini nonché oli naturali come l’olio di oli-va, di mandorle, di jojoba e altri che aiutano a rico-struire ed a reintegrare il film lipidico di superficie.Per sinergizzare l’effetto idratante delle creme si può applicare , ogni qualvolta se ne sente la ne-cessità, una maschera ad azione nutriente a base di vitamine, collagene, elastina oli essenziali e via discorrendo. Infine è auspicabile effettuare un massaggio ma-nuale sul viso, che si può eseguire anche da soli con movimenti delicati e leggeri se la pelle è par-ticolarmente sensibile, con movimenti profondi ed energici se la pelle si mostra atrofica ed invec-chiata; in entrambi i casi il massaggio va effettua-to con movimenti circolari partendo dalla fronte, scaricando alla base del collo, per attivare la cir-colazione sanguigna periferica ed il metabolismo cutaneo locale facilitando l’assorbimento dei pro-dotti e l’ossigenazione dei tessuti.In conclusione, nella stagione invernale protegge-te la pelle del viso e delle mani dal freddo trascor-rendo gran parte della giornata all’aria aperta o in montagna indossando un abbigliamento adegua-to senza dimenticare cappello, sciarpa e guanti!

*(estetista)

GENERALE INVERNO NEMICO DELLANOSTRA PELLE

Ecco come difendere labbra, viso e mani

NOEMI DI EMIDIO*

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LA MAGICA ATMOSFERA CHE STIMOLA L’OSSITOCINA

Vero che a Natale siamo tutti più buoniE’ l’effetto sul Benessere Psicologico Istantaneo

VIRGINIA MALONI*

Quante volte avete sentito “Non vedo l’ora che arrivi il Natale?”, quasi come un’oasi della felicità istantanea da assaporare per ricaricare la mente ma soprattutto il

corpo, in attesa di mangiare tutti i cibi tradizionali della propria territorialità. Ma è vero che si tratta di benessere istantaneo o e solo una nostra sensazione? Da un sondaggio americano è emerso che le per-sone sono felici quando si innamorano (poiché vi è la produzione di uno specifico ormone dell’amo-re chiamato “ossitocina” che aumenta, per esem-pio, quando ci si scambiano effusioni, perché è collegata all’autostima e al buon umore) e durante le Feste Natalizie. Estrapolando alcuni dati empirici dalla National Academy of Sciences sulla felicità ed i momenti in cui è maggiormente sentita, possiamo descrivere quello che accadrebbe in noi, a livello psicofisico, durante il Natale: 1. Se acquisti in memoria, emotiva e cognitiva, un’esperienza o qualcosa che la riproduce (come una scatola di the londinese che ti ricorda dei bei momenti trascorsi nel Regno Unito), tale espe-rienza durerà nel tempo e sarà più emotivamente coinvolgente di qualsivoglia oggetto. Per questo il Natale è un’esperienza che condividiamo in mol-tissimi paesi ed è associata al sapore dei dolci, al profumo del cibo, alle telefonate con i parenti che stanno all’estero e che ci mandano le loro foto in posa attorno al fuoco o vicino al pupazzo di neve.2. Il modo migliore per creare bei momenti e bei ricordi è stare con i tuoi familiari e gli amici più cari. L’intensità di una emozione aumenta quando condividiamo le nostre esperienze più belle con qualcuno. A Natale tutti andiamo a comprare dei regali o facciamo piccoli pensierini insieme con qualcuno e, anche se lo facciamo da soli, abbiamo la percezione che mentre lo stiamo facendo noi, dall’altra parte del mondo c’è qualcun altro, con le sue tradizioni, che sta facendo la stessa cosa.3. E’ importante mettere a fuoco il percorso che si sta facendo per il raggiungimento di un obiettivo. Ad esempio, la preparazione per la cena di Natale deve essere bella quanto la cena stessa. Per questo il Natale è il venticinque, ma tutti lo attendiamo, facciamo addobbi, mettiamo luci, ordiniamo le delizie da mangiare quel giorno e decidiamo an-

che il vestito migliore da indossare.4. Imparare a beneficiare di tante piccole cose e di tante piccole esperienze, aiuta ad arricchire la nostra quotidianità di felicità, ed il Natale è fatto di tanti regali, amicizie ritrovate, parenti che si ve-dono, gioie condivise, emozioni bellissime che ci fanno dimenticare o alleviano i cattivi pensieri, le preoccupazioni e le energie negative.In un mondo che corre cosi veloce, e che spesso non lascia spazio ad emozioni e parole, se non facciamo attenzione, rischiamo di perderci il mo-mento e di dimenticarci qualcosa che conta vera-mente. Ma il giorno di Natale invece no, perché ci chiama tutti al raccoglimento attorno ad una vasta tavolata rossa, verde, blu, piena di colori ed è una data che ci tiene uniti tutti una volta l’anno in qua-si tutto il mondo.Infondo, ciò che ci rende felici o tristi sono le espe-rienze con gli altri, gli eventi sociali e l’appartenen-za ad un gruppo. Universalmente, specialmente il giorno di Natale, queste dimensioni si uniscono e donano un’emozione unica. Uno dei fattori che ci permettono di vivere meglio è la vicinanza emo-tiva, che raggiunge il picco massimo proprio nei momenti di intimità, durante una Festa particolare e durante il giorno di Natale. Il tutto viene accom-pagnato dall’effetto stroboscopico delle luci nei negozi, nelle case, negli studi, lungo le strade.Il benessere psicofisico che proviamo durante le Feste è quindi dato dalla vicinanza emotiva e dal sentirsi parte di un gruppo, che ci fa sentire meno soli e più vicini emotivamente. E cosa c’è di più bello mangiare a tavola e scambia-re parole con i propri cari?Buon Natale a tutti voi!

Psicoterapeuta *

Bibliografia

Kasser, T., Sheldon, K. M. (2002). What Makes for a Merry Christ-mas?, in Journal of Happiness Studies, vol. 3, n.4, pp. 313-329.

Spangenberg, E.R., Grohmann, B., Sprott, D. E. (2005). It’s begin-ning to smell (and sound) a lot like Christmas: the interactive effects of ambient scent and music in a retail setting, in Journal of Business Research, vol. 58, n. 11, pp. 1583-1589.

Werner, C.M., Peterson-Lewis, S., Brown, B.B. (1989). Inferences about houseowners’ sociability: impact of Christmas decorations and other cues, in Journal of Environmental Psychology, vol. 9, n. 4., pp. 279-296.

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UN NATALE STUPEFACENTEDATA USCITA: 18 dicembre 2014GENERE: CommediaANNO: 2014REGIA: Volfango De BiasiATTORI: Lillo, Greg, Paola Minaccioni, Paolo Calabresi, Ambra Angiolini, Francesco Montanari, Riccardo De Filippis, Niccolò Calvagna

Alla vigilia delle feste natalizie, zio Lillo e zio Greg sono improvvisamente costretti a prendersi cura del nipoti-no di 8 anni. I suoi genitori sono stati erroneamente arrestati per coltivazione di sostanze stupefacenti. I due zii sono molto diversi tra loro, e inadeguati a tale compito. Greg, single rockettaro, cercherà l’aiuto di Genny (Ambra Angiolini). Lillo, appena lasciato dalla moglie (Paola Minaccioni) e geloso del nuovo compagno di lei, un coatto tatuatore (Paolo Calabresi), approfitterà della situazione per riconquistarla. A complicare le cose, le visite a sorpresa di due zelanti ma bizzarri assistenti sociali (Francesco Montanari e Riccardo De Filippis) alla “strana famiglia”, per verificarne l’idoneità.

AMERICAN SNIPERDATA USCITA: 01 gennaio 2015GENERE: Azione, BiograficoANNO: 2014REGIA: Clint EastwoodSCENEGGIATURA: Jason HallATTORI: Bradley Cooper, Sienna Miller, Cory Hardrict, Jake McDorman, Navid Ne-gahban, Luke Grimes, Kyle Gallner, Owain Yeoman, Brian Hallisay, Sam Jaeger,Eric Close, Bill Miller, Max Charles, Tom Stern

Chris Kyle, un U.S. Navy SEAL che viene inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni. La sua massima precisione salva innumerevoli vite sul campo di battaglia e mentre si diffondono i racconti del suo grande coraggio, viene soprannominato “Leggenda”. Nel frattempo cresce la sua reputazione anche dietro le file nemiche, e viene messa una taglia sulla sua testa rendendolo il primario bersaglio per gli insorti. Allo stesso tempo, combatte un’altra battaglia in casa propria nel tentativo di essere sia un buon marito e padre nonostante si trovi dall’altra parte del mondo

COME AMMAZZARE IL CAPO 2DATA USCITA: 08 gennaio 2015GENERE: CommediaANNO: 2014REGIA: Sean AndersSCENEGGIATURA: John Francis Daley, Jonathan M. GoldsteinATTORI: Jennifer Aniston, Jason Sudeikis, Jason Bateman, Charlie Day, Kevin Spa-cey, Christoph Waltz, Chris Pine, Jamie Foxx

Stufi di render conto alle alte sfere Nick, Dale e Kurt decidono di mettersi in proprio e diventare manager di sé stessi, ma un investitore senza scrupoli li metterà in mezzo ad una strada estromettendoli dall’attività. Fuori dai giochi, disperati e senza alcun possibile ricorso legale, i tre aspiranti imprenditori mettono in atto un piano maldestro: rapire il figlio maggiore dell’investitore e chiedere come riscatto, di riprendersi il controllo della loro azienda.

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Eventi inCORROPOLI

Lunedì 22 Dicembre alle ore 18:30 si terrà il “Saggio della scuola musicale I Sinfonici” presso la Badia24-26-28 Dicembre e 6 Gennaio alle ore 17 “Cinema di Animazione per Bambini” presso Ex Cinema Italia 28-29-30 Dicembre dalle ore 19 “3° Sagra Invernale di fine anno” presso Piazza Piè di Corte28-29-30-31 Dicembre dalle ore 19 “ Mostra fotografica di Lido Giosia presso Piazza Piè di CorteMercoledì 31 Dicembre dalle ore 23 “Capodanno in Piazza con i Pupazzi” presso Piazza Piè di CorteDomenica 4 Gennaio alle ore 21 “Concerto di inizio anno I Sinfonici” presso la BadiaMartedì 6 Gennaio “Presepe Tradizionale” di M.Pellegrino presso Piazza Piè di CorteMartedì 6 Gennaio “ Presepe in Cartapesta” presso la Chiesa Santo Spirito

NERETO

Domenica 21 Dicembre Concerto di Fine Anno dell’Associazione culturale “MusicPlay”. Stru-menti e Coro di bambini e ragazzi diretti dal Maestro Ferdinando BacàLunedì 22 Dicembre Commemorazione del “Miracolo della Madonna della Consolazione”. Alle ore 18:00 Celebrazione, Chiesa Madre (Madonna della Consolazione). Alle ore 18:40 presso la Chiesa Madre si terrà la recita della Preghiera del Rev.do D.Savino Lalloni, composta nel 1898 in occasione del centenario della “..prodigiosa liberazione di Nereto dalle armi francesi..”Sabato 3 Gennaio “Concerto di Natale del “Piccolo Coro Amadeus” diretto dal Maestro Federi-co BranellaMartedì 6 Gennaio “HappyFania - sfilata ed elezione della Befana Neretese 2015”. Giochi a pre-mi e degustazione di dolciumi tradizionali. Dalle ore 14:30, Piazza Cavour e Centro storico, a cura della Pro Loco di Nereto

SANT’EGIDIO

19 Dicembre “Concerto Musicale” degli allievi della Scuola Media B. Croce presso il Centro Fiere dalle 17.00 alle 20.0024 Dicembre “Babbi Natale” in moto dalle 16.00 in piazza Umberto I28 Dicembre “Mostra Scambio Antiquariato - Artigianato – Hobbistica” presso il Centro Fiere dalle 8.00 alle 19.00Dal 1 Dicembre 2014 al 5 gennaio 2015 le attività commerciali santegidiesi effettueranno una promozione natalizia denominata “A NATALE SPENDI DA NOI” con estrazione di buoni spesa per tutti i clienti

Per tutto il periodo natalizio esposizione presepi presso le chiese parrocchiali.

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Val VibrataGIULIANOVA

Domenica 21 Dicembre alle ore 9 presso il Kursaal “Tombola di Beneficenza” a cura del Centro di accoglienza “Dono di Maria”. Alle ore 19 presso la Chiesa di Sant’Antonio Caleidoscopio: “L’or-gano in ensemble”Lunedì 22 Dicembre alle ore 14 presso il Kursaal si terrà lo Spettacolo natalizio a cura del CME-Nuovi Accordi; alle ore 21 presso la Chiesa Sant’Antonio “Jubilee Gospel Sisters”Martedì 23 Dicembre alle ore 21 presso il Centro Socio Culturale Annunziata, Stagione Teatrale 2014/15 “Fermarono i cieli” Spettacolo di Natale con Ambrogio Sparagna e Peppe ServilloVenerdì 26 Dicembre al Centro Storico a partire dalle ore 17 ci sarà il “Presepe Vivente” a cura dell’Ass. Unica Stella e Parrocchia San Flaviano (in caso di maltempo rinvio a Domenica 28 Di-cembre)Sabato 27 Dicembre alla ore 21 presso il Palacastrum: FABIO CONCATO IN CONCERTO con la partecipazione dell’Orchestra Pop Sinfonica diretta dal M° Quadrini ( a pagamento)Domenica 28 Dicembre alle ore 17 Concerto di Natale della scuola 2° Istituto Comprensivo con la partecipazione dell’Ass. Accademia Acquaviva; alle ore 19 sarà la volta del “Presepe Subac-queo” (Banchina di Riva Molo Sud); alle ore 21 presso la Chiesa di Colleranesco , in scena il Coro polifonico Schola Cantorum “A. Pacini” di Atri1 Gennaio 2015 alle ore 18.00 presso Palazzo Kursaal “CONCERTO DI CAPODANNO” I Sinfonici, Direttore M° Sergio Piccone Stella Musiche di Strauss e musiche da film di Rota, Williams, Man-cini

TORTORETO

Domenica 21 Dicembre “Concerto di Natale- Tosca con lo spettacolo Quando nascette Ninno” Canti e Discanti di Natale presso la Chiesa SS.MA Maria Assunta in cielo (Tortoreto Lido)

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