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www.ipasvife.it Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016 La somministrazione endovenosa di liquidi pag. 22 Riflessioni sul dolore pag. 9 Sistema E.C.M., a che punto siamo! pag. 4 Prevenzione e trattamento delle lesioni da pressione pag. 26 All’interno il BOLLINO 2016 VERSO IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO 2017!

VERSO IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO 2017! · Il Certificato d’iscrizione, ... - “Revisione del Modello Organizzativo nella ... - Prima stesura Codice Deontologico dell'Infermiere

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www.ipasvife.it

Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

La rivista Infermiere-Collegio pubblica articoli originali dinatura scientifica, comunicazione di esperienze professio-nali, comunicazione di eventi congressuali e scientifici, let-tere e richieste aventi carattere di interesse generale incampo Infermieristico, Medico e Sociale e comunque atti-nenti la Professione Infermieristica.I lavori possono pervenire su supporto cartaceo ed even-tualmente elettronico e dovranno avere queste caratteristi-che:• lettere, lettere aperte: devono essere dattiloscritte in sin-gola copia e contenere generalità, titoli professionali eistituzione di appartenenza degli Autori, nonché recapitotelefonico e indirizzo completo dell’Autore referente.

• articoli scientifici, comunicazioni professionali: devonopervenire in copia dattiloscritta o su corrispondente di-schetto (in formato PDF o Word) etichettato con nomedegli Autori e titolo dell’opera; il testo degli articoli nondovrà superare le 15 cartelle dattiloscritte di 30 righe,ognuna con 60 battute spazio 2, più un massimo di 5 ta-

belle numerate o fotografie, entrambe in originale.Gli articoli dovranno essere corredati da un riassunto in ita-liano contenuto in 150 parole, nonché da: nome, cognomedell’autore, qualifica professionale, nome dell’ente di ap-partenenza, recapito postale e telefonico. La bibliografia deve essere limitata all’essenziale, i riferi-menti bibliografici vanno indicati con numeri progressiviposti tra parentesi ed inseriti nel corpo del testo.Illustrazioni, fotografie e tabelle devono essere allegate insingoli fogli o in formato elettronico nel dischetto, ordinatenumericamente (Tab. 1; Fig. 1) ed avere qualità elevata diriproduzione grafica.Gli Autori rimangono responsabili dell’autenticità e veridici-tà del contenuto dei lavori inviati, dei riferimenti esposti,dell’originalità delle illustrazioni e tabelle, ecc…Tutti i lavori devono essere inviati in busta chiusa con lette-ra di accompagnamento che autorizza la pubblicazione.I materiali inviati non verranno comunque restituiti salvoespliciti accordi.

NORME PER GLI AUTORI

La somministrazioneendovenosa di liquidi

pag. 22

Riflessioni sul dolore

pag. 9

Sistema E.C.M.,a che punto siamo!

pag. 4

Prevenzione e trattamentodelle lesioni da pressione

pag. 26

All’in

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o il

BOLLIN

O

2016

VERSO IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO 2017!

Per contattarciOrari di apertura al pubblico:Lunedì e Giovedì 15.30 - 18.00Martedì 09.00 - 12.00Venerdì 09.00 - 11.00

Tel. 0532-64302 Fax 0532-67140

E-mail: [email protected]@ipasvi.legalmail.it

Sito internet: www.ipasvife.it

Collegio Provinciale IPASVI di Ferraravia del Naviglio 33/a - 44123 Ferrara

Il Collegio è disponibile per iscrizioni, trasferimentiad altro Collegio, cancellazioni, rilascio diCertificati d’iscrizione e variazioni di residenza.

Sommario

L’ISCRIZIONE ALL’ALBO È “AUTOCERTIFICABILE”

Il Certificato d’iscrizione, viene rilasciato in temporeale dalla Segreteria del Collegio e quindi può es-sere ritirato immediatamente dal richiedente, pre-sentandosi presso la sede del Collegio; per ragioniburocratiche legate alla normativa sulla privacy, se ilrichiedente è impossibilitato al ritiro presso la sede,deve rilasciare delega al ritirante, oppure può richie-dere l'invio presso il proprio domicilio tramite racco-mandata con ricevuta di ritorno, rifondendo ilCollegio per il costo sostenuto.

È possibile inoltre, proporre al Collegio, quesitiinerenti la professione.

Chi desidera ricevere NEWS sugli eventi organiz-zati dal Collegio può inviare la propria mail all’in-dirizzo: [email protected]

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INFERMIERE COLLEGIOPeriodico del Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara - anno XX VII n. 3

Direzione, Redazione, Amministrazione:via del Naviglio 33/a - Ferrara

Tel. 0532 64302 - Fax 0532 67140 - E-mail: [email protected]

Direttore responsabile: Sandro Arnofi

Stampa: Cartografica Artigianavia Béla Bartòk 20/22 - 44124 Ferrara

Rivista chiusa in tipografia il 14 dicembre 2016Poste Italiane S.p.A. - spedizione in Abbonamento Postale - DL. 353/2003

(conv. in L. 27/02 /2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Ferrara

Redazione e progetto grafico: Commissione Comunicazione/Rivista Loredana Gamberoni, Gloria Gianesini, Cristiano Mainardi,

Andrea Menegatti, Barbara Sofritti, Simone Vincenzi

41IPASVI FERRARA anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

EDITORIALE DEL PRESIDENTE

ARTICOLI ORIGINALI- “Revisione del Modello Organizzativo nella emergenza/urgenza all’interno della struttura ospedaliera: studio di fattibilità”

APPROFONDIMENTI- Sistema ECM, a che punto siamo!

- Le riflessioni sul dolore, la sofferenza e la mortenell’era della tecnica e della tecnologia

- Riflessioni di una infermiera di Pronto Soccorso

- Riflessione di un infermiere di Oncoematologia

- La professione infermieristica nelle Regioni: occupazione, retribuzioni, rapporto con pazienti, cittadini, medici e gli effetti dei blocchi di turn overe retribuzioni

- Aggiornamento EB Virus Zika

EVIDENCE BASED PRACTICE- Linee guida per la somministrazione endovenosa diliquidi nei pazienti adulti ospedalizzati

- Linee guida per la prevenzione e trattamento dellelesioni da pressione nelle cure primanrie e in ospedale

NOVITÀ- Prima stesura Codice Deontologico dell'Infermiere novembre 2016.Presentazione Consiglio Nazionale Roma 26 novembre2016

IPASVI FERRARA- Donazione di un defibrillatore alla Società SportivaBenedetto Volley di Cento

NORME PER GLI AUTORI

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1EDITORIALE anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

È uscita la prima bozza del nuovocodice deontologico (CD) dell'infer-miere ed è un fatto molto impor-tante per tutta la comunità profes-sionale. Il codice deontologico è unriferimento per il comportamento el'autogoverno della professione chepur non essendo emanato dai clas-sici organismi di produzione legisla-tiva, ha valore di efficacia normati-va. Nei molti casi che ultimamentesono balzati agli onori della crona-ca, la deontologia e quindi le regoledel comportamento sono un argo-mento di grande interesse per i ma-gistrati e per l'opinione pubblica.Dopo soli 7 anni dall'ultima revisio-ne si è reso necessario un nuovointervento che arriverà a modificarela versione del 2009. L’obiettivo comune dei 40 articoliche compongono il nuovo testo è ilbene e il rispetto della persona as-sistita, della sua famiglia, della suavolontà, dei suoi diritti, privacy com-presa. Non si parla più del paziente, comedi colui che soffre, o del malato cheaspira a guarire ma della persona.Non può essere diversamente seconsideriamo che una parte consi-derevole della popolazione è affettada patologie croniche ma conduceuna vita piena e soddisfacente. L’infermiere dovrà orientare sempredi più il suo agire al benessere dellapersona, della famiglia e della col-lettività”. Ciò non significa che finoad ora sia stato fatto il contrario maquel che viene richiesto è una visio-ne più ampia, non ristretta al pro-prio ambito di servizio ma di valuta-re la propria attività nel contesto so-ciale dove viene esercitata. Non solo: “L’infermiere cura e siprende cura, nel rispetto della di-gnità, della libertà, dell’uguaglianzadella persona assistita, delle suescelte di vita e della sua concezionedi salute e di benessere”. Questo èun passo che riconosce grande li-bertà individuale, libertà di autode-terminazione della persona assistitae/o curata. Anche in questo caso,non può essere altrimenti. La nostrasocietà è all'inizio di profonde tra-sformazioni provocate da uno sfrut-tamento dei paesi poveri che ha in-nescato migrazioni di dimensionibibliche e che segneranno tutta lanostra cultura. Nel contempo cre-

scono le conoscenze individuali e lesensibilità a cui occorre risponderecon una maggiore personalizzazio-ne e rispetto dell'assistito. Tra le maggiori novità del CD si co-glie la volontà di orientare il com-portamento dell'infermiere oltre al-l'ambito clinico a quello manageria-le che in misura crescente si stadiffodendo.Inoltre, se l'azienda dove presta atti-vità l'infermiere chiedesse o pianifi-casse attività assistenziali, gestionalio formative in contrasto con i propriprincipi e valori e/o con le normedella professione, l’infermiere dopoaver proposto soluzioni alternativee se necessario, si avvarrà dellaclausola di coscienza.Il nuovo CD già inquadra la crescitaprofessionale in vista del nuovocontratto e prevede che l’infermiereagisca sulla base del proprio livellodi competenza e ricorre, se neces-sario, all’intervento e/o alla consu-lenza di infermieri esperti o specia-listi. L’infermiere è altresì garante che lapersona assistita non sia mai lascia-ta in abbandono, non vuol dire sta-re accanto ma accertarsi che ci siauna presa in carico. L'essere garantesignifica ad esempio che se vengo-no rilevati segni di privazioni o mal-trattamenti devono essere segnalatiall’autorità competente rapidamen-te. L'infermiere è garante anchequando denuncia e segnala assie-me al Collegio, l’abusivismo e le at-

Il Presidente del Collegio IPASVIdi Ferrara Sandro Arnofi

tività di cura e assistenza prive dibasi e riscontri scientifici. L'infermiere, sempre più spesso ge-stisce o dirige realtà complesse conmolti dipendenti e per questo gliviene riconosciuta una indiscutibilecompetenza manageriale. Questaresponsabilità si accompagna conl’obbligo di valutare il contesto or-ganizzativo, gestionale e logistico incui si trova la persona assistita ediffondere gli esiti delle sue valuta-zioni con l'obiettivo di offrire un ser-vizio sicuro e dignitoso.Il mio pensiero corre a quei colleghiche per quieto vivere non hannosegnalato le distorsioni organizzati-ve che in talune realtà le aziendesia pubbliche che private hannopredisposto a scapito dei ricoverati.Oggi più di ieri esiste l'obbligo disegnalazione dei problemi riscon-trati che non significa individuare ilCollegio o le autorità di controllocome se fossero un luogo di lamen-tazione ma nella giusta misura ècorretto dare notizia.Il codice deontologico dovrà essereuno strumento di impiego pratico,conosciuto e fatto rispettare. È unostrumento per tutti gli infermieri econ tutti, almeno con molti, mi pia-cerebbe discuterne prima della ap-provazione che avverrà tra divesrimesi. Per far questo ogni infermiere(ed anche gli studenti) potrà inviareun commento sulla sezione del sitoche verrà predisposta, oppure po-tremmo discuterne nei 3 convegniche saranno organizzati nei primi 3mesi del prossimo anno. La discus-sione ed il confronto con la comu-nità infermieristica hanno l'obiettivodi spiegare l'articolato del CD maanche di migliorarlo, raccogliendo leeventuali proposte di modifica. Suc-cessivamente ogni collegio provin-ciale le porterà alla discussione contutti gli altri collegi della FederazioneNazionale. Non so se questo lavoro produrràun evidente miglioramento della sa-lute delle persone, forse è un obiet-tivo troppo ambizioso, tuttavia setutti quanti rivedessimo il comporta-mento professionale per migliorarela relazione con l'assistito, otterem-mo sicuramente una crescita dellaprofessione ed anche qualche van-taggio per la salute pubblica.

Sandro Arnofi

Editoriale del Presidente

2ARTICOLI ORIGINALI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

“Revisione del Modello Organizzativo nellaemergenza/urgenza all’interno della

struttura ospedaliera: studio di fattibilità”Paola Evangelisti, infermiera addetta alla anestesia, Blocco Operatorio Polispecialistico, AOU Ferrara

La mortalità intra-ospedaliera èattualmente considerata un in-dicatore globale della qualitàdelle cure erogate ai pazienti ri-coverati (Joint Commission forHospital Accreditation).Una parte della mortalità intra-ospedaliera è potenzialmenteprevenibile poiché l’evento av-verso acuto che la determinanon è improvviso, ma annuncia-to da un progressivo deteriora-mento dei segni vitali registrabi-le da 6 a 24 ore prima nell’80%degli arresti cardiaci, nel 50%della mortalità non attesa e nel70% dei ricoveri non program-mati in Terapia Intensiva (Hod-getts, Resuscitation 2002).La possibilità di un’emergenzaimprevedibile e grave in ospe-dale è più frequente di quantosi possa credere: qui avvengonocirca il 30% degli arresti cardiacitotali, sia per la presenza di ma-lati con un quadro clinico com-promesso, sia per l’elevato nu-mero di persone che ogni gior-no vi trascorrono parte del lorotempo.La gestione corretta e tempesti-va dell’emergenza è quindi es-senziale per assicurare la più al-ta possibilità di sopravvivenzadei pazienti e garantire ancheuna miglior qualità di vita suc-cessiva. Parlando di gestione dell’eventourgente/emergente, è necessa-

INTRODUZIONE rio tenere in considerazionetempo di intervento e modalitàdi intervento; un percorso istitu-zionalizzato e condiviso garanti-rebbe un intervento più imme-diato, effettuato da professioni-sti formati e competenti, dedi-cati a tale servizio.Per questo motivo nella AziendaOspedaliera Universitaria S. An-na di Cona-Ferrara, mia realtà la-vorativa, è nata l’esigenza di ef-fettuare uno studio di fattibilitàper poter attuare una revisionedel “modello organizzativo nellaemergenza/urgenza all’internodella struttura ospedaliera”.

Materiali e metodi Per proporre l’istituzione di unpercorso all’interno dell’ Azien-da Ospedaliero-Universitaria S.Anna di Cona-Ferrara, si è partitidal monitoraggio delle chiama-te ricevute ed interventi effet-tuati dal medico anestesista –rianimatore per situazioni di ur-genza/emergenza nel periodo 1gennaio - 31 dicembre 2014;dati sono stati raccolti consul-tando le cartelle anestesiologi-che dei diversi servizi intra-ospedalieri. Inoltre si è tenutopresente di variabili quali: • struttura ospedaliera;• tempi di percorrenza in rela-zione ai tempi di risposta con-sigliati (il tempo consigliatodalle linee guida internaziona-li per l’intervento sul posto èdi massimo 3 minuti dallachiamata);

• verifica delle competenze delteam infermieristico coinvolto;

• numero di chiamate nell’arcodelle 24 ore del medico riani-matore;

• difficoltà incontrate dal medi-co anestesista nella gestionedi un evento urgente/emer-gente da solo, non coadiuvatoda un professionista sanitarioesperto e formato;

• numero elevato di servizi dacoprire.

RisultatiNel periodo preso in esame(01.01.2014/31.12.2014) il me-dico anestesista- rianimatore èstato chiamato 946 volte pergestire situazioni di urgenza-emergenza, per una media di2,60 interventi nelle 24 ore indiverse Unità Operative del pre-sidio ospedaliero. Le situazioni affrontate e gestitesono state le più disparate,quindi sono stati differenti le ti-pologie di approccio richieste.Il medico evidenzia come spes-so sia difficoltoso affrontare egestire una situazione urgente-emergente senza la collabora-zione di professionisti compe-tenti, infermieri che possiedanocompetenza clinica, tecnica eassistenziale specifica nel cam-po dell’anestesia e rianimazio-ne, in grado di operare a strettacollaborazione con il medicoanestesista-rianimatore.È stato inoltre evidenziato comeil tempo dedicato dal medico

3ARTICOLI ORIGINALI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

rianimatore alla gestione dellasituazione di urgenza/emergen-za sia molto variabile, data la va-riabilità delle situazioni stesse. Questo professionista non può,contemporaneamente, esseredisponibile per la gestione di si-tuazioni che richiedano, adesempio, la apertura di una salaoperatoria previa attivazionedella equipe infermieristica re-peribile. Questo attualmente comportaun allertamento e chiamata inservizio del medico rianimatorea casa in pronta disponibilità,quindi non un intervento imme-diato nella gestione della situa-zione urgente.

Conclusioni e proposteI dati raccolti dimostrano chesarebbe davvero auspicabile larealizzazione di un progetto e laformazione di una equipe dedi-cata, che costituisca il team ria-nimatorio intraospedaliero; taleteam sarà deputato alla rispostarapida delle richieste urgenti/emergenti all’interno dellastruttura ospedaliera, senza chedebbano intervenire professio-nisti assegnati ad altri servizi.Gli infermieri che comporrannoil team devono necessariamen-te avere competenze e cono-scenze di assistenza in area cri-tica (servizi di cure intensive,blocchi operatori, pronto soc-corso), con esperienza almenobiennale; tali professionisti de-

vono essere in grado di operarein stretta collaborazione con ilmedico anestesista-rianimatore.Le competenze saranno stateacquisite con formazione postbase attraverso corsi specifici,atti a fornire e consolidare tec-niche e metodiche comporta-mentali che permettano la pa-dronanza in regime di urgenzaed emergenza intra-ospedaliera:corsi di BLS, PBLSD, ACLS e co-noscenza ed abilità nella gestio-ne di tutte le tecnologie, stru-mentazioni e presidi assisten-ziali; tali competenze devonoessere certificate.Il pool sarà composto da alme-no 7 infermieri esperti (perchéoltre la copertura del turno sidovranno sostituire le assenzein caso di malattia e le ferie)che copriranno il servizio h 24con un turno in quinta e an-dranno ad aumentare l’organicodell’Unità Operativa di Rianima-zione Ospedaliera; il coordina-tore di tale servizio sarà quindiil professionista di riferimentoin grado di guidare e garantire ilbenessere del gruppo di lavoro.In caso di inattività del team, gliinfermieri supporteranno i col-leghi responsabile del box in-tensivo e potranno immediata-mente allontanarsi in caso diuna chiamata per urgenza/emer-genza Intraospedaliera.La chiamata di attivazione delteam sarà effettuata su una lineatelefonica interna dedicata, con

numero di facile memorizzazio-ne; in ogni reparto dell’ospedale,collocati in modo da poter esse-re raggiungibili in meno di unminuto, saranno presenti carrellidi emergenza (codice colore ros-so) con defibrillatore-monitor,farmaci e necessari alla gestioneimmediata del paziente. La responsabilità dei controlli e,conseguentemente, della fun-zionalità dei carrelli d’emergen-za e del loro contenuto in far-maci, presidi e dotazioni elettro-medicali è da attribuirsi al coor-dinatore infermieristico dell’U.O.ove il carrello è ubicato (utilizzodi check list).Materiali e strumenti verrannointegrati da presidi specialisticiche il team rianimatorio portacon sé per l’intervento di emer-genza (zaino sempre pronto); altermine dell’intervento il teamconcorda la destinazione mi-gliore per il paziente.Al fine di ottimizzare l’interventodel team, non appena effettuatala chiamata il personale del-l’U.O. dovrà immediatamenteportare il carrello dell’emergen-za nella camera del paziente, at-tivare una fonte di ossigeno emontare un aspiratore e, quan-do possibile, reperire almenoun accesso venoso. L’attuazione del modello orga-nizzativo proposto, quindi lacreazione di un Team Rianima-torio per la gestione delle ur-genze/emergenze interne all’o-spedale, porterebbe ad una ri-duzione delle ammissioni inat-tese nei reparti di terapia inten-siva, degli arresti cardiaci, deidecessi, in quanto il lavoro diequipe (medico-infermiere) ga-rantirebbe un risultato eccellen-te nella prognosi del paziente.Tutto ciò grazie ad un migliora-mento della qualità dell’assi-stenza e ad una riduzione deitempi di intervento da partedell’equipe.

SERVIZIO NUMERO TOTALE CHIAMATE

OSTETRICIA taglio cesareo giorni feriali: 162taglio cesareo giorni festivi: 56taglio cesareo orario notturno: 109

ENDOSCOPIA DIGESTIVA supporto anestesiologico in procedure in regime di urgenza: 88

PRONTO SOCCORSO (SHOCK ROOM) consulenze: 460

RADIOLOGIA supporto anestesiologico duranteindagini radiologiche urgenti: 71

anno XXVII n. 3 - Dicembre 20164 APPROFONDIMENTI

Sistema ECM, a che punto siamo!A cura di Loredana Gamberoni, Consigliera Collegio IPASVI Ferrara

Si sta concludendo il secondotriennio certificativo ECM 2014-2016 ed in attesa della emanazio-ne degli obiettivi del triennio 2017-2019 da parte degli organismicompetenti ,si riportano i dati in-viati da Co.Ge.A.P.S relativi alla si-tuazione degli iscritti al Collegio diFerrara per il triennio 2011-13 eduna sintesi dei cambiamenti nor-mativi interventi nell’anno 2016.

Co.Ge.A.P.S. Dati ECM 2011-2013”Ordine provinciale degli in-fermieri di Ferrara

Nell’allegato 1 il Co.Ge.A.P.S (con-sorzio gestione anagrafica delleprofessioni sanitarie) presenta lasituazione di acquisizione creditiECM degli iscritti al Collegio di Fer-rara,che il consorzio chiama già Or-dine, chissà se questo è di buonauspicio! I dati sono aggregati e di-visi per anno.I dati presentano una situazionecreditizia che vede nel 2012 l’annopiù proficuo sia per numero asso-luto di professionisti che hannopartecipato ad eventi ECM, 1997,sia per la percentuale di professio-nisti che hanno partecipato adeventi ECM, 62%, sul totale di3121 professionisti registrati inbanca dati Co.Ge.A.P.S. Altro dato significativo sempre del2012 è l’ammontare di 70.759.1crediti ECM acquisiti dagli iscritti eregistrati in banca dati. Nella letteradi accompagnamento il Co.Ge.A.P.Sricorda che mancano i dati prove-nienti dai sistemi ECM regionali equelli legati alle esenzioni, esoneri,crediti acquisiti all’estero e attivitàdi tutorato.Una situazione certamente incom-pleta e ad oggi, 2016, quasi sicura-mente modificata per l’inserimentodei dati mancanti da parte dei pro-vider regionali. Ogni professionistapuò comunque interrogare la ban-ca dati per conoscere la sua posi-

PREMESSA

zione.I dati relativi al triennio che si staconcludendo verranno resi notiquando Co.Ge.A.P.S li fornirà.

• Sintesi dei cambiamenti nor-mativi del 2016

• Esenzione crediti o richiesta dicrediti ECM per attività di tuto-rato

La nota prevede che i professionistisanitari possono presentare richie-sta di esonero,esenzione o ricono-scimento di tutoraggio individua-

le,nei casi non previsti dalla deli-bera del 17/luglio 2013 (riportatanel box di sintesi).Per presentare la domanda occorrecompilare Il modulo di richiesta di-sponibile sul sito ECM di Agenasnella sezione “Moduli e documen-ti” relativa ai professionisti sanitari,Il modulo deve essere compilatodigitalmente e sottoscritto con fir-ma autografa, pena la non consi-derazione della richiesta.Il modulo e i relativi allegati devo-no essere inviati in formato PDF al-l’indirizzo [email protected] la CNFC (com-missione nazionale formazionecontinua) valuterà la richiesta e netrasmetterà l’esito al professionistasanitario.

Delibera 7/7/2016 della Commis-sione nazionale per la formazio-ne continua sulle modalità di ac-quisizione dei crediti necessariper adempiere agli obblighi del

BOX DI SINTESI

Delibera 17 luglio 2013EsoneriI professionisti sanitari che frequentano, in Italia o all’estero, corsi di formazione po-st-base propri della categoria di appartenenza e durante l’esercizio dell’attività pro-fessionale, sono esonerati dall’obbligo formativo ECM. L’esonero riguarda l’interoperiodo di formazione nella misura di 4 crediti per mese e solo se il corso di for-mazione abbia durata superiore a 15 giorni per ciascun mese . Sono altresì esonerati i professionisti sanitari domiciliati o che esercitano la propriaattività professionale presso le zone colpite da catastrofi naturali in virtù dell’Accor-do Stato – Regioni del 19 Aprile 2012 e della decisione della Commissione naziona-le per la formazione continua del 20 giugno 2012 e limitatamente al periodo defini-to con determina della stessa Commissione. Il professionista sanitario che frequenta corsi di formazione manageriale, ai sensidell’articolo 16-quinquies del D.lgs. n. 502/92, è esonerato dall’obbligo formativoECM nella stesa misura prevista al capoverso precedente.

EsenzioniSono esentati dall’obbligo formativo ECM, nella misura di 4 crediti per ogni mesenel quale il periodo di sospensione dell’attività professionale sia superiore a 15 gior-ni , i professionisti sanitari che sospendono l’esercizio della propria attività profes-sionale a seguito di:a. congedo maternità obbligatoria: D.lgs. n.151 del 26/03/2001 e successive mo-

difiche e integrazioni;b. congedo parentale: D.lgs. n.151 del 26/03/2001 e successive modifiche e inte-

grazioni;c. adozione e affidamento preadottivo: D.lgs. n. 151 del 26/03/2001 e successi-

ve modifiche e integrazioni;d. adozione internazionale aspettativa non retribuita durata espletamento prati-

che: D.lgs. n.151 del 26/03/2001 e successive modifiche e integrazioni;

5APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

triennio in scadenza 2014-2016(allegato 2)

Riguarda la modalità di acquisizio-ne dei crediti formativi necessariper adempiere agli obblighi deltriennio 2014-2016, in particolare,a tutti gli operatori verranno appli-cate le disposizioni previste per i li-beri professionisti, dando la possi-bilità di acquisire, per singolo anno,i crediti in maniera flessibile. Restainvariato l’obbligo formativo di 150crediti ECM nel triennio.

Triennio 2017-2019 Si riportano in sintesi alcune infor-mazioni importanti emerse nel

convegno “Le professioni sanitarieed il sistema Ecm tra presente e fu-turo”, organizzato dal Cogeaps aRoma il 23 novembre scorso relati-ve al triennio certificativo ECM2017-19.

Vincoli sulle tipologie di Forma-zione ECM:• Almeno il 40% dell’obbligo for-

mativo individuale triennale de-ve essere acquisito come parte-cipante a formazione erogata daprovider accreditati ECM(even-tualmente ridotto sulla base diesoneri, esenzioni ecc…);

• le attività di Autoformazione:sipossono svolgere per un massi-

mo del 10% dell’obbligo forma-tivo individuale;

• la Formazione reclutata:deve es-sere massimo 1/3 dell’obbligoformativo individuale.

Riduzione del dossier formativoRiduzione pari a 15 crediti neltriennio 2017-2019 per i professio-nisti che nel triennio 2014-2016hanno completato il proprio Dos-sier Formativo Individuale, almenoper il 70% e almeno per 18 mesi

Conclusioni Il “mondo della formazione ECM” èsicuramente complesso, e proprioper questo ancora incompleto,” im-para facendo”; da questa comples-sità derivano le varie circolari, ledetermine esplicative che cercanodi dare risposte man mano si pre-sentano i problemi “non prevedibi-li”.È un sistema che ha ancora alcuneombre o “incompletezze” come adesempio il sistema di valutazione,complessivamente inteso, sia chesi parli di valutazione degli appren-dimenti, sia che si tratti della valu-tazione dei professionisti che nonhanno acquisito i crediti ECM previ-sti, sia infine che ci si interroghisulla posizione della formazionenel sistema, futuro, molto futuro,della certificazione delle compe-tenze.La difficoltà di far chiarezza su que-sti tema sta rischiando di far fallireun potente strumento in mano aiprofessionisti per mantenersi taliche è la formazione continua, c’è ilrischio fondato di far diventare lestrutture formative aziendali dei“corsifici ECM”e di non qualificarela formazione come “potente levaorganizzativa” da utilizzarsi in co-stante rapporto con l’organizzazio-ne del lavoro.Nonostante queste incertezze chegenerano nei professionisti disillu-sioni è però importante ribadireche la scelta di attività formative vafatta basandosi su contenuti e sumetodologie che soddisfino i prin-cipi della: “congruenza di ruolo”,della “fattibilità organizzativa”,ma soprattutto dell’“innovazioneche serve per i pazienti”.

Allegato 1 nota cogeapsAllegato 2 nota conferenza educazionecontinua

e. congedo retribuito per assistenza ai figli portatori di handicap: D.lgs. n.151del 26/03/2001 e successive modifiche e integrazioni;

f. aspettativa senza assegni per gravi motivi familiari così come disciplinato daiCCNL delle categorie di appartenenza;

g. permesso retribuito per i professionisti affetti da gravi patologie così comedisciplinato dai CCNL delle categorie di appartenenza;

h. assenza per malattia così come disciplinato dai CCNL delle categorie di appar-tenenza;

i. richiamo alle armi o servizio volontariato alla C.R.I.: Art.14 R.D. Legge10/8/1928, n.2034 e artt.36 e 245 del R.D. n.484/1936 e successive modifichee integrazioni;

j. aspettativa per incarico direttore sanitario aziendale e direttore generale:Art.3 bis, comma 11 D.lgs. n. 502/92 e successive modifiche e integrazioni;

k. aspettativa per cariche pubbliche elettive: D.lgs. n. 29/93 e successive modifi-che e integrazioni; art. 2 L. 384/1979 e successive modifiche e integrazioni; art.16 bis comma 2 bis D.lgs. n. 502/92 e successive modifiche e integrazioni;

l. aspettativa per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo e distacchi permotivi sindacali così come disciplinato dai CCNL delle categorie di appartenen-za. I periodi di esonero e di esenzione sono cumulabili ma non sovrapponibilinell’ambito del triennio, ad eccezione degli esoneri definiti dalla CommissioneNazionale per le catastrofi naturali.

Tutoraggio individuale Ai tutor che svolgono formazione pre e post laurea prevista dalla legge e ai profes-sionisti sanitari che svolgono attività di tutoraggio all’interno di tirocini formativi eprofessionalizzanti pre e post laurea previsti dalla legge , sono riconosciuti creditiformativi ECM nella misura di 4 crediti per mese di tutoraggio . I crediti così acquisi-ti, calcolati unitamente ai crediti ottenuti per docenza/pubblicazioni scientifiche/ri-cerche, non possono eccedere il 60% del monte crediti triennale al netto degli eso-neri, delle esenzioni e delle riduzioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 7 della presente de-termina. Sono esclusi dal riconoscimento dei crediti per attività di tutoraggio individuale, gliassegnatari di uno specifico incarico istituzionale di insegnamento anche a titologratuito.I crediti, nella misura di cui sopra, sono riconosciuti anche a chi svolge attività di tu-toraggio nell’ambito di specifici PFA, solo se le attività svolte sono inquadrate nelprogramma formativo del professionista interessato.

Liberi professionisti: crediti individuali per autoapprendimento Ai liberi professionisti sono riconosciuti crediti ECM per: a) attività di autoapprendi-mento ossia l’utilizzazione individuale di materiali durevoli e sistemi di supporto perla formazione continua preparati e distribuiti da Provider accreditati10; b) autoap-prendimento derivante da attività di lettura di riviste scientifiche, di capitoli di libri edi monografie non preparati e distribuiti da provider accreditati ECM e privi di test divalutazione dell’apprendimento con il limite del 10% dell’obbligo formativo indivi-duale triennale (fino ad un massimo di 15 crediti nel triennio).

LE REGOLE FORMATIVE DEL NUOVO TRIENNIO

Crediti triennio Riduzione Obbligo formativo2014-2016 triennio 2017-201980-120 15 135121-150 30 120

anno XXVII n. 3 - Dicembre 20166 APPROFONDIMENTI

Si riportano di Seguito alcuni dati relativi ai percorsiformativi dei suoi iscritti, rimandando alla lettera di ac-compagnamento alcune specificazioni necessarie perla corretta interpretazione degli stessi.

Numero assoluto dei professionisti che hanno frequen-tato eventi Educazione Continua Medicina (ECM)

Percentuale dei professionisti che hanno frequentatoeventi Educazione Continua Medicina (ECM) su 3121professionisti registrati in banca dati Co,Ge.A.P,S. ediscritti a "Ordine Provinciale degli Infermieri di FERRA-RA"

Numero di partecipazioni in eventi per aggiornamentoEducazione Continua Medicina (ECM), acquisite daiscritti a "Ordine Provinciale degli Infermieri di FERRA-RA" registrati in banca dati CO.GeAP.S.

Numero eventi per aggiornamento Educazione Conti-nua Medicina (ECM) a cui hanno partecipato iscritti a"Ordine Provinciale degli Infermieri di FERRARA"registrati in banca dati CO.GeAP.S.

Ammontare dei crediti ECM acquisiti da iscritti al "Or-dine Provinciale degliInfermieri di FERRARA" registrati in banca datiCO.Ge.A.P.S.

Media dei crediti ECM acquisiti per ogni partecipazionead eventi per aggiornamento Educazione ContinuaMedicina (ECM) da iscritti a "Ordine Provinciale degliInfermieri di FERRARA" registrati in banca datiCO.Ge.A.P.S.

Dati E.C.M. triennio 2011/2013

“Ordine Provincialedegli Infermieri di Ferrara

Percentuale di professio-nisti presenti in bancadati Co.Ge.A.P.S. che so-no attualmente certifica-bili per il triennio2011/2013 (tale valorepotra' variare positiva-mente quando integratodei crediti mancanti edegli eventuali Esoneri,Esenzioni, Tutoraggi,Crediti Esteri e Autofor-mazione)

7APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

anno XXVII n. 3 - Dicembre 20168 APPROFONDIMENTI

9APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

Le riflessioni sul dolore, la sofferenza e la morte nell’era della tecnica e della tecnologia

a cura di Loredana Gamberoni Consigliera Collegio IPASVI Ferrara

Perché riflessioni?Lo spunto per queste riflessio-ni è nato dall’articolo di Salva-tore Natoli “L’esperienza deldolore nell’età della tecnica”in cui il filosofo tratta della na-tura dell’esperienza dolorosae dell’influenza della culturasul vissuto di dolore in un’eradefinita dall’autore “della tec-nica e della tecnologia “ erache sta proponendo una suavisione del mondo.

Riportiamo alcuni brani del-l’articolo:

“…L’esperienza del dolore sisviluppa nel soggetto umanocome circolarità tra danno esenso. Una delle cose più gra-vi, delle mutilazioni più gravia cui la tecnica – che puretanti vantaggi ha avuto – hacondotto, è stata separarel’oggettività del danno dalsenso. In fondo il gesto inizia-le della clinica moderna – co-

me dice Fou-cault – partedall’ape turadei cadaveri. E lì non c’è sen-so, c’è la con-statazione deldanno, la sim-metria tra la le-sione e la ma-lattia. L’uomo è

ricostruito a partire dal cada-vere, è dispiegato nella clini-ca… diverso è il vissuto di do-lore, sappiamo bene quantoun dolore possa essere mag-giore o minore in base a co-me il soggetto lo vive e nonper quel che la lesione in sestessa comporta. La dimen-sione del danno, la dimensio-ne che possiamo dire oggetti-va e universale del dolore, èpressoché equivalente, noncosì quella del senso. Allora non è vero che il doloreè universale, perché se è veroche il dolore è nella circolaritàtra danno e senso, esistonoesperienze del dolore intradu-cibili l’una nell’altra. Ecco perché molte volte il do-lore dell’altro èchiuso a noi, edè chiuso a noiperché noi nonriusciamo adentrare nellasua regione disenso; ci restala pura, neutraequivalenza del

danno. Definire “universale”la sofferenza è quindi una ba-nalità; il fatto di dire che tuttigli uomini soffrono, è una ba-nalità, perché il modo in cuisoffrono li rende radicalmenteeterogenei gli uni rispetto aglialtri…

Abbiamo chiesto quindi a duecolleghi alcune riflessioni sultema in relazione al loro vis-suto professionale, agli ambitiin cui lavorano che in un qual-che modo ne condizionano ene guidano il sentire e l’agire.Le abbiamo chiamate rifles-sioni perché esse sono “l’e-spressione del sentire ad al-ta voce” perché riflettere nelleprofessioni di aiuto significaanche dimostrare momenti diamarezza, perché l’amarezzaè un’emozione, è ancora vo-glia di provare emozioni, èagire e reagire, cioè agire ver-so… è il contrario dell’apatiadove “nessuno ascolta perchénon c’è più tempo…”; l’apatiatoglie alla persona assistita ildiritto al’attenzione.

INTRODUZIONE

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201610 APPROFONDIMENTI

Riflessioni di una infermiera di Pronto Soccorsoa cura di Michela Lonardi, Pronto Soccorso - Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara

Riflettere sul dolore e sulle moda-lità per affrontarlo è per me infer-miera un’attività complessa perchésignifica analizzarlo non solo da unpunto di visto oggettivo, ma anchee soprattutto capire il senso chequesta esperienza ha per il pazien-te, come questa esperienza è in-fluenzata dalla sua cultura e comela persona riesce a far entrare l’e-sperienza dolorosa nel suo proget-to di vita.Mi ha accompagnato nelle riflessio-ni sul tema l’articolo del filosofoSalvatore Natoli “l’esperienza deldolore nell’era della tecnica”, nelquale l’autore sottolinea che l’e-sperienza del dolore ha due aspettie due facce che entrano in circolotra di loro, una faccia è l’oggettivitàdel danno (trauma/malattia cheprovoca dolore) l’altra è la dimen-sione del senso (il senso che l’uo-mo conferisce a questa sua soffe-renza) ed anche il professionistasanitario si muove tra queste dueaspetti, con la tecnica si approcciaall’aspetto oggettivo, con la suaumanità (essere uomo) dà sensoal dolore suo e dell’altro e sul pia-no professionale dice sempre Na-toli… si muove tra comprensione ecompassione. Chi ha quotidianamente un incon-tro con persone sofferenti sa chesono spesso insofferenti alla com-passione perché nella compassionec’è un vincitore che se ne va” pove-retto… ma io non sono là, in questaparola non è che non vi sia il di-spiacere ,ma come dire” la vitachiama, il lavoro chiama, altri mala-ti chiamano”; nella comprensionenon c’è solo la forza del saper fare,del sapere spesso dare risposte alproblema ma anche un saper esse-re fatto di consapevolezza e tolle-ranza dei sentimenti dell’altro mistoanche alla paura di un errore, di unaincomunicabilità che renderebbevano il lavoro di prendersi cura cheè “pertinente all’essere infermiere“in qualunque ambito egli lavori.Lavoro in un Pronto Soccorso daanni e come infermiera triagista va-luto decine di persone e la valuta-

zione si basa sulla verifica di segni esintomi relativi al problema di salu-te ed il dolore è il sintomo che sievidenzia in maggior misura e pri-ma di tutto mi pongo sul piano de-finito da Natoli di “oggettività deldanno” attraverso metodi e stru-menti che noi professionisti sanitariutilizziamo partendo dalla definizio-ne di dolore che l’Associazione In-ternazionale per lo Studio del Dolo-re (IASP) fornisce come base perl’operatività: “Una sgradevole espe-rienza sensoriale ed emotiva, asso-ciata ad un effettivo o potenzialedanno tissutale o comunque de-scritta come tale. È un esperienzaindividuale e soggettiva, a cui con-vergono componenti puramentesensoriali (nocicezione) relative altrasferimento dello stimolo doloro-so dalla periferia alle strutture cen-trali, e componenti esperenziali eaffettive, che modulano in manieraimportante quanto percepito”. L’esperienza del dolore in Emer-genza viene vissuta dal pazientecome la motivazione principale allasua presenza in quella sede, è l’ag-gravante che amplifica il suo statusdi disabilità, di debolezza e di disa-gio, spesse volte il dolore è l’urlodel disagio psichico e sociale. Il dolore è la possibilità legittima dichiedere aiuto giustificando qual-siasi gesto inconsulto o reazioneimpropria data da un bisogno alte-rato, è la forza primordiale chemette nelle condizioni l’uomo dievocare ed esternare la propria esi-stenza e debolezza, è il bisogno diaiuto, ma è anche la forza intima eil silenzio oscuro di ognuno di noi.La visione esterna della sofferenzaaltrui con il tempo ti porta a distin-guere il dolore fisico da quello psi-

chico, ma soprattutto capisci chel’esperienza del dolore è soggettivae viene vissuta sempre in modo di-verso, inoltre quando si utilizza lascala del dolore chiedendo da 1 a10 qual è il livello del dolore perce-pito, tutti identificano il proprio do-lore con un numero pari a 9 o a 10amplificando in questo modo la lo-ro gravità quasi urlando che lorostanno più male di altri.Questa è la mia percezione di in-fermiere triagista, ma penso che senon lo è ancora potrà essere uncampo di studi e di ricerca moltointeressante.L’esperienza del dolore di una frattu-ra, ad esempio, viene vissuta diver-samente in relazione all’età del pa-ziente, al suo stato sociale (vive soloo no), alla sua condizione professio-nale e, non meno importante, allasua capacità e forza psichica nell’af-frontare la situazione di disagio. Premesso che il dolore che si evi-denzia e si vive in un Pronto Soc-corso è un dolore acuto, le formedi dolore che si incontrano più fre-quentemente sono quello improv-viso e lancinante (traumi incidenti)oppure quello che pur nella suacronicità in quel dato momento èinsopportabile e penetrante (ma-lattie croniche e/o oncologiche). Il dolore acuto dato da un dannoimportante e grave per una lacera-zione di un organo o di un tessutosuccessivamente ad un traumaesterno (incidente) o interno(perforazione/lesione di un orga-no), è il dolore più riconosciuto edempaticamente più considerato daiprofessionisti sia infermieri chemedici, è un dolore riconoscibileda un danno fisico reale, visibile.Nell’era della tecnica è la condizio-

11APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

ne maggiormente affrontabile eprontamente risolvibile perché oggici sono gli strumenti per curare e/oridurre il danno fisico dopo averloriconosciuto. Salvatore Natoli nel-l’articolo citato scrive “…l’occhiodel clinico guarda l’uomo comeuna superficie immensa… allora lamedicina moderna nasce da que-sta dimensione: guardare all’uomodispiegandolo, cioè portando adevidenza l’oggettività del danno

1”,

ed io come infermiere affermo chedeve e può mettere in atto tutte letecniche, usare tutti i presidi sanita-ri necessari per risolvere il dannoevidenziato e nel nostro caso comeinsiste da tempo l’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS) ènecessario trattare il sintomo dolo-re ed ancora che “il consumo dimorfina in terapia è indicato comeparametro di avanzamento socialedi una nazione”2.Posso sostenere che dove lavoroquesto tipo di dolore viene consi-derato da parte del personale sani-tario come una situazione che bi-sogna subito ridurre o eliminare edè ormai superata la convinzioneche gli oppiacei possano destabiliz-zare l’emodinamicità del paziente;naturalmente esistono situazioniquali il dolore addominale impor-tante dove il trattamento è ancora,secondo me, collegato ad una va-riabile personale del medico e cioèalla sua, in quanto molto spesso sicrede che proprio il dolore sia la ri-sposta a quesiti clinici e l’attenuar-lo con i farmaci renderebbe più fa-ticosa la diagnosi. Per quanto riguarda il dolore croni-co, quello oncologico è quello cheviene empaticamente riconosciutoportando l’infermiere triagista adassegnare un codice alto di prioritàal paziente con tale sintomo; credoe sostengo che l’umanizzazione delnostro lavoro abbia il suo massimorisalto nella comprensione del do-lore, in pazienti oncologici. La colla-borazione tra professionisti e “l’al-leanza” tra l’infermiere di ambula-torio e l’infermiere triagista si evi-denzia anche e sopratutto in questicasi e tutti concorrono per lo stessoobiettivo e cioè dare la priorità diaccesso e cercare di ridurre il sinto-mo. Questa tipologia di pazienti,

nonostante le ultime notizie appar-se su giornali e televisioni di un pa-ziente oncologico morto in PS, rara-mente arriva alla nostra attenzionein quanto una rete di servizi idoneili prende in carico e li accompagnain questo percorso di vita.Vorrei parlare ora di una terza ti-pologia di dolore che arriva inPronto Soccorso, è il dolore cronicodell’anziano, è un dolore latentecontinuativo, mascherato dal dete-rioramento cognitivo, dalla solitudi-ne e dalla resa psichica ad una ve-rità velata che è l’abbandono. Queste persone si presentano conun fisico modificato e imbruttito,che ancora “ regge”, ma con unapsiche deteriorata e la sua dignitànon considerata o trattata con“compassione”. A queste personespesse volte vengono assegnati co-dici di priorità non elevati che com-portano prolungate ore di sosta insala d’attesa, del resto gli accessisono molti, forse troppi e le prioritàvengono definiti dalla stabilità omeno a livello emodinamico nonsolo dal dolore elevato, perciò que-sto tipo di dolore viene si ricono-sciuto, ma non evidenziato o valo-rizzato e a volte nemmeno consi-derato. Quando notiamo questecondizioni noi professionisti ci sen-tiamo impotenti non sempre il“maternage”risolve il disagio, an-che se lo solleva, e l’incapacità dicambiare le cose ti rassegna. Questo sono alcune considerazionidel mio lavoro sul trattamento deldolore sul piano dell’oggettività,ma affrontare il dolore vuol direanche comprendere il senso deldolore per me e per il paziente, hoimparato che occorre partire primadi tutto dal senso che io comeoperatore do all’esperienza doloro-sa e poi forse riesco a comprende-re il senso del dolore per l’altro: ilpaziente viene maggiormente com-preso e la relazione di aiuto trasfe-rita su un piano empatico quando

la comprensione del dolore è sulpiano esperienziale soggettivo. In questi casi laddove la compren-sione è sulla stessa lunghezzad’onda non servono molte doman-de e le parole sono ben definite esignificative in quando c’è questafrase velata o meno “…tranquillo lacapisco ci sono passata anch’io…”quando accade questo tipo di em-patia lo sguardo e l’approccio delmalato cambia, è maggiormentesollevato non perché il dolore o ilmalessere sia diminuito ma perchéla condivisione dell’esperienzarafforza la fiducia che il pazientepone all’operatore in quanto lapaura maggiormente evidenziatadal malato è di non essere capito,o creduto, l’essere uno dei tanti,l’essere abbandonato in sala d’at-tesa. Ho capito che l’esperienza deldolore rende irrilevante il linguag-gio quando esiste una comprensio-ne empatica data da una esperien-za condivisa. Anche se l’aspetto re-lazionale ed empatico è competen-za professionale del care infermie-ristico non è sempre facile eviden-ziarlo, perché il tempo a disposizio-ne è poco e le richieste molte econtinuative, troppe volte la valuta-zione e la condivisione del doloredura pochi minuti e successiva-mente in sala d’attesa il senso diabbandono da parte del paziente èdevastante. La perdita di fiducia èquasi immediata dopo la classicafrase “ho capito ora la metto in sa-la d’attesa e successivamenteverrà visitato dal medico” dopoquesta frase lo sguardo di delusio-ne del paziente è immediato, “macome, pensavo avesse capito quel-lo che sto passando, il dolore, ilmio malessere” e il senso di fru-strazione “cala addosso come unadivisa “al professionista, anche secon il tempo questo diventa quasinormalità fino a quando si arrivaad una linea di confine per la qualesuperarla vuol dire cambiare servi-zio. Il dolore è un sintomo difficileda capire ma ciò che è più difficilemantenere in un Pronto Soccorso èl’empatia relazionale, dove fiduciae comprensione si alleano per daresupporto e cura assistenziale al pa-ziente, purtroppo non è semprecosì.

1 S. Natoli, L’esperienza del dolore: le forme del patire nella cultura occidentale, Feltrinelli Editore, Milano, 2002.

12 APPROFONDIMENTIanno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

Lavorando quotidianamente a con-tatto con il dolore, la sofferenza etalvolta la morte, mi capita abba-stanza frequentemente di riflettererelativamente al rapporto tra que-ste tre condizioni e la tecnologia.La mia riflessione non vuole essereper forza esaustiva, toccando tuttele problematiche collegate, maspero possa stimolare noi comeprofessionisti a porci soprattuttodomande e nel contempo forse aricercare qualche risposta.Quando si vuole trattare le temati-che connesse al dolore e alla soffe-renza ci si richiama spesso al con-cetto di “dolore totale” usato spes-so dall’ambito palliativo, dove allecomponenti di natura fisica del do-lore si vanno a sommare tutta unaserie di elementi quali lo stato psi-cologico, la sofferenza spirituale ele influenze sociali (perdita del la-voro, invalidità fisica, difficoltà eco-nomiche) che vanno a comporreun quadro globale di dolore e sof-ferenza della persona.L’esperienza di dolore si sviluppasecondo la filosofia, nel soggettoumano in modo circolare, collegataa due elementi, il danno ed il sen-so, che interagiscono tra di loro. Sicapisce con una certa facilità che ildolore è provocato frequentemen-te da un danno organico, da unadimensione oggettiva che si generanell’organismo e questo funge dacampanello d’allarme e l’insulto èoggettivamente riscontrabile.Il dolore come sappiamo tutti peròè anche connesso a elementi sog-gettivi, infatti è maggiore o minorea seconda di chi lo vive e non di-pende solo da ciò che concreta-mente la lesione comporta; questolo si capisce bene in soggetti chehanno medesime problematiche,lo stesso danno, ma livelli di inten-sità del dolore manifestati o megliopercepiti differenti.

Nel complesso chi ha provato dolo-re capisce bene quanto sia un’e-sperienza che inchioda, paralizza etende a separare dagli altri, inter-rompe le relazioni e proprio perquesta ragione rende l’esistenzadelle persone che ne vengono col-pite senza senso, anche perchél’uomo è soprattutto un “animalesociale”, si afferma cioè in un con-testo di socialità ed aggregazione.Spesso semplicisticamente si vuoleaffrontare il dolore solo tramite laprescrizione di farmaci senza con-templare tanti altri numerosi aspet-ti importanti.Per le ragioni sopra descritte unapproccio di questo tipo è assolu-tamente insufficiente ma non dob-biamo nasconderci dietro un dito,infatti frequentemente non si è inpossesso nemmeno delle adegua-te conoscenze per affrontare il do-lore anche solo farmacologicamen-te; come è ben noto, una correttaterapia analgesica può raggiungereun controllo della sintomatologianell’ 80-90% dei pazienti.E cosa provoca la sofferenza negliamici, parenti, congiunti? I senti-menti più spesso manifestati sonocompassione e non sempre veracomprensione. La compassione è un sentimentoche per certi versi ha degli elemen-ti positivi ma ha anche degli aspetticontroversi, infatti si origina quan-do non ci si impegna a “mettersinei panni” dell’altro ma quando sirimane in posizione “superiore” e“di passaggio” rispetto a colui chesoffre. Per dare reale comprensione è ne-cessario “mettersi alla pari”, rima-nere accanto a chi soffre senza fug-gire perché come dicono alcuni an-tropologi già il fatto di rimanere ac-canto aiuta a riorganizzare il pen-siero e quindi a capire la nuova si-tuazione, infatti spesso il malato

non ha bisogno di un interlocutoreper ricevere delle risposte, ma ba-sta che capisca che c’è qualcunosul quale può contare.Non è quindi la compassione checonsola ma il fatto che il malatocapisce che “non può morire” per-ché c’è qualcuno al quale il suo de-stino interessa realmente.A questi concetti collegati al doloree alla sofferenza, alla vita e allamorte, da qualche decennio si rela-ziona la tecnologia che si ha a di-sposizione e l’idea sempre più dif-fusa che con essa tutto sia possibi-le.La tecnologia dà agli uomini lasensazione che il mondo sia illimi-tatamente manipolabile e quindi cisi convince che l’uomo sia capacedi prodursi la propria salute. Per noi operatori sanitari questanuova cornice fa nascere dellegrosse problematiche di naturaoperativa, relazionale, etica, colle-gate al fatto che spesso abbiamotante “armi” a disposizione e quin-di dobbiamo individuare quella piùappropriata per quel malato, maanche capire quando non utilizzarequesti strumenti perché il loro be-neficio sarebbe troppo limitato oaddirittura potrebbero essere con-troproducenti in quella determina-ta fattispecie. Le criticità maggiori per noi opera-tori nella relazione con i malati e iloro parenti le possiamo poi riscon-trare in quegli ambiti della medici-na, in quei luoghi, dove è presenteun deficit di tecnica, dove la tecni-ca e in particolare la tecnologia, in-tesa come sapere su cui si basa latecnica o le tecniche sono insuffi-ciente per far fronte alla malattia.In una civiltà come la nostra dovesi pensa di risolvere tutto con l’au-silio della tecnologia, pensandoche ci possa essere un rimedio aqualsiasi criticità, ci sono malati

Riflessione di un infermiere di Oncoematologia “…Il progresso scientifico ha allungato la vecchiaia

e sterilizzato l’idea della morte. Si tratta davvero di un’evoluzione…?”. Così si chiede il filosofo Salvatore Natoli nel suo libro “L’esperienza del dolore: le formedel patire nella cultura occidentale” Feltrinelli Editore, Milano, 2002 che mi ha portato a

fare come uomo e come infermiere alcune riflessioni che condivido con i colleghi…

Andrea Menegatti, Degenza Oncoematologia - Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara

13ARTICOLI ORIGINALI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

1 Salvatore Natoli: filosofo, già professore ordinario di Filosofia teoretica all’università Bicocca di Milano.

che non si riesce a guarire e addi-rittura muoiono di malattia (sighsembra incredibile!!!..). Tra coloro che seguono il malato, ilsofferente, il professionista mag-giormente esposto a queste frustra-zioni sicuramente è il medico che èstato sempre abituato a seguire l’e-lemento oggettivo, il malato vienevisto come un caso clinico e quindinon trova risposte plausibili in unasituazione di questo tipo. Gli ven-gono chiesti dei risultati che nonriuscirà mai ad ottenere e questospesso crea frustrazioni e la rispo-sta che viene data è quella di “sfo-derare” sempre nuove indagini dia-gnostiche o cure (più costose), mache in quella fattispecie avrannopoca utilità, percentuali risibili disuccesso o addirittura saranno con-troproducenti.Sicuramente meno esposto a que-sta logica dovrebbe essere l’infer-miere che anche storicamente si èoccupato del malato e dei suoi bi-sogni di base; negli ultimi anni peròl’infermiere frequentemente non siè occupato di assistenza ma di cura(come un piccolo medico) e non hafatto forza sulle sue peculiarità assi-stenziali anche in ambiti nei quali latecnica era insufficiente e questo loha reso più vulnerabile…Un altro elemento di riflessione ècollegato sicuramente al fatto chein passato la vera difficoltà era co-me sostenere il malato nell’incon-tro con la morte e questo avvenivanegli ultimissimi giorni di vita perun tempo piuttosto limitato. Lamorte sopraggiungeva spesso rapi-damente o addirittura improvvisa-mente. Negli ultimi anni la tecnologia hafatto progressi così evidenti da gua-rire molte persone che in passatoerano considerate incurabili oppureda rallentare il processo di morte;questo però fa si che colui che èstato salvato da una grave malattiacontinui poi a portarsi la mortedentro e a convivere con essa nelsenso che continua spesso a viverenell’incubo di ricadute e recidive equindi per l’infermiere la domanda:quali strumenti utilizziamo per farvivere la persona in questa incer-tezza?.Questo è ancor più evidente neimalati cronici incurabili.

Spesso le cure messe in atto croni-cizzano le patologie e non guari-scono e quindi attraverso le cureviene ritardata la progressione dellamalattia e in questo modo il mala-to si deve confrontare quotidiana-mente con l’idea della sua morteperché vive alcuni anni con l’ipote-ca di una morte possibile ma an-che di una vita possibile e quale ti-po di vita? Chi lo aiuta oltre alla suarete familiare, insostituibile?La risposta che è stata data in unasituazione così “al limite” di malat-tia cronica non è stata ricercata nelrapporto tra operatore e malato,ma la si è voluto ricercare nel tecni-cismo e nella tecnologia stessa?Per sanare in parte le ripercussionidi natura psicologica di una malattiacronica incurabile si è incentivatol’impiego di figure quali lo psichia-tra, lo psicologo che tendono a risol-vere la difficoltà collegata alla comu-nicazione tra malato e operatori coni vecchi schematismi della medicina,e quindi si è voluto “medicalizzare”anche questa situazione.Gli infermieri e le infermiere, i me-dici, gli operatori socio-assistenziali,gli psicologi che quotidianamenteincontrano malati sofferenti in faseavanzata di malattia, entrano incontatto con l’impossibilità di gua-rire la persona e il loro lavoro apreil confronto con i limiti delle azionipossibili.Il terreno calpestato da noi opera-tori è infido e notevolmente scon-nesso anche perché nella societàmoderna non si muore, ma si è uc-cisi da qualcosa. La morte quasiscompare, mentre ci si concentrasulle singole cause, malattie o inci-denti, queste si contingenti, evitabi-li e razionalmente aggredibili.Spesso, lo posso osservare anchenella mia esperienza quotidiana di

reparto, la morte diventa un ele-mento estremamente luttuoso percoloro che ruotano attorno al mala-to e non si sarebbe mai pronti adessa, perché viene focalizzata l’at-tenzione sulle singole cure se han-no successo o meno, rendendoledelle vere e proprio piccole batta-glie, ma viene persa di vista la glo-balità della situazione (il malato èaffetto da una malattia potenzial-mente mortale). E’ ancor più graveche tutto questo spesso venga ali-mentato dagli stessi operatori chefocalizzano l’attenzione sui singolitrattamenti.In un quadro di questo tipo si scin-de la morte, la si spezzetta in pic-cole parti e l’attenzione si concen-tra sulle singole battaglie in modotale da aiutare la razionalizzazionedella morte e viene attuata una ve-ra e propria “decostruzione dellamorte” al fine di non trovarsi difronte a ciò che non si riuscirebbead elaborare.Nella mia realtà quotidiana, a voltegli operatori arrivano a dire ai pa-renti che il malato sta migliorandooppure è libero da malattia perchéguardando la clinica, le cure hannoavuto un successo relativo (si sonovinte tante piccole battaglie), maquesto avviene talvolta poco primache il malato muoia…. Tale comportamento è un vero èproprio autogol, perché poi i fami-liari, gli amici della persona soffe-rente hanno necessità di capire leragioni reali del decesso e la rispo-sta più semplice che trovano den-tro se stessi è che è stato sbagliatoqualcosa nella cura….Un altro aspetto che a mio pareredovrebbe essere approfondito èquello collegato ad alcune terapiepalliative (chemioterapie, radiotera-pie) che vengono attualmente pra-ticate. Spesso alla luce dei ragionamentifatti in precedenza possono diven-tare palliative nei confronti di chi leprescrive oppure dei parenti; ma losono realmente per il malato?

BIBLIOGRAFIA - Salvatore Natoli, L'esperienza del dolore:le forme del patire nella cultura occidenta-le – Milano - Feltrinelli Editore, 2002;

- Annamaria Marzi Antonella Morlini, L’ho-spice al servizio del malato oncologicograve e della sua famiglia – Milano, McGraw-Hill Companies, 2004;

- Cesarina Prandi, Infermieristica in curepalliative, Edra, 2015.

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201614 APPROFONDIMENTI

Dal 2009 (ultimo contratto) al2014 (ultimo anno i cui dati uffi-ciali sono disponibili), in Italia iranghi degli infermieri dipendentidal Servizio sanitario nazionalehanno perso 7.463 infermieri nelleRegioni e altri 50 circa in strutturesovraregionali (Enti, Istituti a carat-tere nazionale ecc.), il -2,21% diforza lavoro.Una situazione già grave di per seche lo diventa ancora di più se sianalizzano le perdite nel dettaglio.Il calo maggiore in valori assolutisi ha in Campania con -2.102 in-fermieri, seguita dal Lazio con -1.893 e dalla Calabria a 1.444.Ma in percentuale il primato spet-

ta in realtà alla Calabria che rispet-to al calo del 2,21% a livello na-zionale perde il 16,31% dei suoiinfermieri in cinque anni. E sem-pre dal punto di vista percentualeil secondo posto delle perditespetta la Molise: in valori assolutiriduce gli organici infermieristici di-174 unità, ma queste rappresen-tano il 11,18% del totale nel 2014rispetto al 2009.Sul versante opposto c’è qualcheRegione dove il numero di infer-mieri, anche se di poco, aumenta;Si tratta – Regioni a statuto spe-ciale e Province autonome a parte– di Abruzzo, Lombardia, Marchee Sicilia. Il picco tra le Regioni a

statuto ordinario è del +2,84%,ma in media l’andamento si fermain realtà sullo 0,83 per cento. L’a-nalisi Regione per Regione dellacondizione 2014 della� forza� lavo-ro infermieristica nelle Regioni ita-liane è stata realizzata dalla Fede-razione Nazionale Ipasvi in base aidati presenti nel Conto annualedella Ragioneria generale delloStato.

L’effetto del part timeUn altro dato rilevante per la pro-fessione nel calcolo della forza la-voro è il part time. Tra gli infermie-ri dipendenti, infatti, questa mo-dalità di lavoro riguarda circa il10% degli organici e, anche se indiminuzione rispetto al 2009, si-gnifica che in realtà la forza lavoroa tempo pieno non è del tuttouguale al totale dei dipendenti,ma si dovrebbe considerare di cir-ca 260.014 unità totali, poco piùdi 9mila in meno quindi. Un feno-meno che balza subito agli occhiin questo caso è che l’utilizzo delpart time è praticamente azzeratoproprio nelle Regioni in piano dirientro, dove concederlo agli ope-ratori si tradurrebbe in una ridu-zione pressoché insostenibile del-la forza lavoro, che già così com’ènumericamente deve sopportareun sovraccarico di straordinario.

L’analisi delle retribuzioniDall’analisi, al di là della consi-stenza numerica degli infermieri

La professione infermieristica nelle Regioni:occupazione, retribuzioni, rapporto con pazienti, cittadini,medicie gli effetti dei blocchi di turn over e retribuzioni

Analisi dei dati 2014 e confronto con l’andamento in cinque anni

* Fonte: Ragioneria generale dello Stato - Conto annuale 2014 e 2009** Regione in Piano di rientro*** La Liguria è uscita dal Piano di rientro nel 2010(1) Ultimo anno senza blocco del turn oveS

15APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

che evidentemente calano di piùdove i piani di rientro e quindi iblocchi del turn over si sono fattimaggiormente sentire, emergonoaltri dati interessanti.Il primo riguarda le retribuzioni. Ildato subito evidente riguarda la ri-duzione dal 2011 al 2014 (il 2011è l’ultimo anno in cui si è esplicatol’effetto delle voci retributive delcontratto 2009, senza considerarequindi anche il peso degli arretratisubito percepiti come una tantumnello stesso anno della sottoscri-zione) di circa 70 euro medi procapite (senza contare la perdita dipotere di acquisto di circa il 25%fino al 2015) con stipendi che dauna Regione all’altra registranodifferenze complessive nel 2014rispetto alla media nazionale –sempre riferendosi alle Regioni astatuto ordinario – che vanno dai -664 euro pro capite annui della Li-guria ai +478 euro medi annui procapite della Campania.In realtà l’analisi assume un diver-so significato se si esaminano lediverse voci stipendiali, anche inrapporto con la situazione degliorganici.

Se lo stipendio base è pressochéuguale – come da contratto – intutte le Regioni, a fare la differen-za in funzione del tipo di lavoroche svolgono gli infermieri sonoad esempio gli straordinari.Nelle Regioni con piani di rientroe, in particolare, in quelle commis-sariate, questa voce rappresenta inmedia nel 2014, il 2,7% della retri-buzione ed è in aumento nel 2014rispetto al 2011 in quasi tutte leRegioni, mentre nelle Regioni conpiano di rientro senza commissa-rio la media è dell’1,8% e nelle al-tre Regioni a statuto ordinariodell’1,4 per cento.Le punte maggiori si hanno nelprimo gruppo in Campania e nelLazio, dove lo straordinario copreil 4,5% della retribuzione media ein Calabria (4%), nel secondogruppo in Puglia con il 2,7% e nelterzo gruppo nelle Marche conl’1,9 per cento.Dove è maggiore lo straordinario èevidentemente più alto il numerodi ore di lavoro richiesto al singoloprofessionista e dove le ore di la-voro aumentano è perché c’è ca-renza di organico, ma il servizio va

garantito e i turni coperti. E questorende ancora più evidente l’effettodel blocco del turn over e dei pia-ni di rientro dove la situazione ètanto più pesante quanto più que-sti sono severi.Un “placebo” possibile per alleg-gerire seppure momentaneamen-te e non in via definitiva la situa-zione estrema nelle Regioni in pia-no di rientro sarebbe la mobilitàvolontaria che la legge – il decretolegislativo 90/2014, cosiddettariforma della PA - concede, mache aziende e Regioni “bloccano”non rilasciando i necessari nullaosta. A richiederla sono soprattut-to le Regioni del Sud commissaria-te e ad aderire sarebbero gli infer-mieri di quelle stesse Regioni cheper esigenze lavorative sono ormaida anni anche a migliaia di chilo-metri da casa, ma in questo modonon riescono ad aprire la via del ri-torno.Nelle condizioni attuali del Servi-zio Sanitario Nazionale, le Regioniche ancora hanno un organico ailimiti dei requisiti organizzativi,fanno di tutto per mantenerlo talee, quindi, rifiutano o quantomenoignorano le domande di nulla ostaper la mobilità. Al contrario, ap-punto, le Regioni sotto organicoper i ripetuti blocchi di turn overtentano di incrementarlo, cercan-do soluzioni proprio con i bandi dimobilità extraregionali. Il nuovocontratto potrebbe dare soluzionidi qualche tipo alla questione del-la mobilità, anche se non imme-diate e comunque, a monte, reste-rebbero da risolvere tutti i proble-mi di organico nelle Regioni allequali resterebbe il potere di nullaosta.

Organizzazione del lavoro: il rapporto medici/infermieriControprova dell’insufficienza de-gli organici infermieristici in alcune

* Fonte: Ragioneria generale dello Stato - Conto annuale 2014 e 2009

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201616 APPROFONDIMENTI

Regioni deriva anche dall’analisidel rapporto numerico tra medici(calati anch’essi nei cinque anni dicirca 4.900 unità) e infermieri chedovrebbe essere in misura ottima-le di 1 a 3 per coprire le esigenzedi servizio h24 e che in media nel2014 era di 2,5 infermieri per me-dico.Sempre tra le Regioni a statuto or-dinario, è conforme a questo valo-re solo il Veneto (Regione bench-mark 2016, rapporto 3,1). Sonocompresi tra il 2,5 e i 3 infermieriper medico Emilia Romagna (trale cinque Regioni scelte per ilbenchmark 2016, rapporto 2,9), leMarche (benchmark 2016, rappor-to 2,8), il Lazio, la Liguria, la Lom-bardia (tra le cinque Regioni scel-te per il benchmark 2016, rappor-to 2,7), il Molise, il Piemonte, laPuglia, la Toscana, l’Umbria (ben-chmark 2016, rapporto 2,7). Sonoal di sotto della media nazionale

le altre Regioni con la punta piùbassa tra quelle a statuto ordina-rio in Sicilia (1,9) Calabria e Cam-pania (2).Se al numero di infermieri oggipresenti in servizio si aggiungesse-ro quelli che l’Ipasvi ha calcolatogià come indispensabili per copri-re il nuovo meccanismo dell’ora-rio di lavoro e dei turni di ripososecondo le direttive Ue (poco me-no di 18mila), la media nazionalesi alzerebbe a 2,7 infermieri permedico e pochissime Regioni sa-rebbero al di sotto. Se poi il nu-mero di infermieri fosse incre-mentato delle circa 47mila unitàche l’Ipasvi ha calcolato come nu-mero minimo necessario ottimaleper garantire subito anche l’effi-cienza del territorio, il rapportomedici-infermieri si assesterebbea livello nazionale sugli standardeuropei di 3:1 (2,9 per l’esattezza)e le Regioni sarebbero quasi tutte

con standard relativamente nellaregola.

Il rapporto pazienti/infermieri Secondo un recente studio pub-blicato sul British Medical Journal(2011), condotto presso alcuniospedali inglesi, il tasso di morta-lità risulta del 20% inferiore quan-do ogni infermiere ha in carico unnumero di pazienti pari a 6 o me-no, rispetto a quei contesti doveogni singolo infermiere ha in cari-co 10 o più pazienti. Un altro stu-dio precedente (2009) pubblicatosul New England Journal of Medi-cine ha sottolineato che il rischiodi morte aumenta con l’esposizio-ne a turni con ore di presenza in-fermieristica inferiori di almeno 8ore rispetto al monte-ore pro-grammato oppure con turni neiquali il turnover dei pazienti èmolto elevato. Lo studio dimostrache il rischio di morte aumentadel 2% per ogni turno con pre-senze al di sotto del monte oreprogrammato e del 4% per ogniturno con elevato turnover.Ma qual è la situazione italiana at-tuale?Dei turni sempre più lunghi si ègià detto parlando dello straordi-nario. Per quanto riguarda poi ilnumero di pazienti per infermiere,partendo dal presupposto chenelle 24 ore sono necessari alme-no tre turni (due diurni da setteore e uno notturno da dieci), ser-vono evidentemente almeno treinfermieri. Analizzando il numeroattuale di infermieri dipendenti(quindi senza contare il part timené le inidoneità calcolate in circal’11% del personale da un recentestudio del Cergas Bocconi) e divi-dendolo per il numero di pazientiregistrati con le Schede di dimis-sione ospedaliera (Sdo) 2014, lamedia nazionale di pazienti perinfermiere è di 12, con Regioni

* L'anno di riferimento per le retribuzioni è il 2011 per gli effetti complessivi delle voci senza arretrati delcontratto 2009

** Retribuzione individuale di anzianità: più la forza lavoro è giovane, maggiore è l'importo e viceversa*** Tra le indennità fisse c'è quella di vacanza contrattuale, l'indennità professionale specifica, le indennità

comuni**** Tra le indennità accessorie c'è quella notturna oraria, per turno festivo, per turno sulle 12 ore, di pron-

ta disponibilità, per le terapie intensive, le sale operatorie ecc-.Fonte: Ragioneria generale dello Stato - Conto annuale 2014 e 2009

* Considerando tre infermieri sulle 24 ore (due turni diurni da 7 ore e un turno notturno da dieci ore)

17APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

(quelle in piano di rientro) cheraggiungono anche i 18 e solocinque (di cui una a statuto spe-ciale) al di sotto dei dieci.E’ evidente quindi il livello di ri-schio maggiore, così come è evi-dente che incrementando gli or-ganici dei circa 47mila infermieriindicati dall’Ipasvi, si avrebbe uncalo medio di circa due pazientiper infermiere (la media naziona-le sarebbe di 10 pazienti per infer-miere), maggiore nelle Regioni inpiano di rientro in cui gli organicisono più ridotti dove il rapportocalerebbe fino a quattro infermieriper paziente. Significativo, anchese non ancora sufficiente all’equi-librio indicato negli studi interna-zionali. Si avrebbero infatti solonove Regioni superiori a 10 pa-zienti per infermiere (la più altacon 14 e non più 18 pazienti perinfermiere).C’è tuttavia una ulteriore conside-razione da fare: i turni infermieri-stici non solo una questione ora-ria, ma anche di impegno fisicopersonale. Secondo il recente stu-dio Cergas Bocconi, tra le princi-pali cause di inidoneità che colpi-scono circa il 15% degli infermieri,c’è la movimentazione dei carichi(quasi il 50%), poi le posture in-congrue, lo stress e il burn out, illavoro notturno e la reperibilità(queste voci rappresentano circa il30%). Situazioni queste che sifanno tanto più a rischio quantopiù è avanzata l’età dell’operatore.E tra gli infermieri dipendenti,sempre per colpa del blocco delturn over che non consente unadeguato ricambio generazionale,oltre il 38% ha più di 50 anni. Si-tuazione più grave dove i blocchidel turn over hanno praticamenteannullato quasi del tutto il ricam-bio generazionale: ad esempio gliover 50 in Calabria sono quasi il61%, sono più del 58% in Molise

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201618 APPROFONDIMENTI

e circa il 54% in Campania. Alcontrario, nelle Regioni bench-mark (Marche, Umbria e Veneto)sono sempre al di sotto della me-dia nazionale con il livello minimodel 28,7% nelle Marche, valorepiù basso tra le Regioni a statutoordinario.Anche nelle Regioni a statuto spe-ciale, che non seguono i vicoli deipiani di rientro e, quindi dei bloc-chi di turn over, la percentuale èsempre al di sotto della media na-zionale, tranne in Sardegna, cheperò è divenuta del tutto a statutospeciale solo nel 2010 ed era finoa quell’anno sottoposta a piano dirientro in analogia con la Sicilia,dove gli over 50 sono tuttora il53,4% dei dipendenti.

Il rapporto abitanti/infermieriUn ulteriore capitolo di analisi ri-guarda il numero di abitanti po-tenziali medi per ogni infermiereancora in grado di esercitare laprofessione. Identificando questiultimi tra i professionisti inferioriai 65 anni di età, il rapporto me-dio italiano è, a febbraio 2016, di144 abitanti per infermiere. Unnumero che si riduce a 40 se si

analizzano solo gli abitanti supe-riori a 60 anni: circa 17 milioni.Questo tipo di analisi aiuta a com-prendere meglio le esigenze delterritorio, dove non operano sologli infermieri dipendenti del Ssn,ma anche circa 40mila libero pro-fessionisti e altre tipologie di atti-vità.In questo l’Ipasvi ha già propostonell’ambito della Joint Action eu-ropea “Health Workforce Planningand Forecasting”, programma spe-rimentale durato 16 mesi al qualehanno partecipato i tecnici dellaSalute e Agenas, le Regioni, gli Or-dini e le Federazioni di medici, in-fermieri, dentisti, farmacisti e oste-triche, un modello per l’assistenzaterritoriale dove la figura dell’infer-miere è centrale per garantirecontinuità delle cure, diventandoparte attiva del passaggio dalla co-siddetta medicina d'attesa a quel-la di iniziativa.L’Ipasvi sottolinea, tra le nuovecompetenze degli infermieri, quel-la delle cure primarie e servizi ter-ritoriali/distrettuali, già attivata inmolte Regioni, anche con il nomedi ”infermiere di famiglia” e utiliz-zata soprattutto per non autosuffi-

cienti e malati cronici, che richie-dono al di là della diagnosi e dellaterapia, un’assistenza costante edi qualità professionalmente ga-rantita, per non lasciare spazio asoluzioni fai-da-te (parenti, amici,badanti ecc., che lo stesso infer-miere potrebbe educare a esegui-re interventi semplici, possibilisenza specifica preparazione e diroutine per agevolare il benesseredel malato) con il rischio di accre-scere il ricorso al pronto soccorsoper mettere riparo a ulteriori dan-ni arrecati alla salute. Gli italianiinteressati sono, secondo gli indicidi non autosufficienza e cronicità,circa 16 milioni e l’Ipasvi calcola lanecessità di almeno un infermiereogni 500 assistiti (assistenza con-tinua), circa 30mila in tutto perpoter erogare le prestazioni infer-mieristiche e di aiuto infermieristi-co previste a carico del Ssn anchenel recentissimo Dpcm sui nuoviLea, approvato il 7 luglio anchedalle Regioni. La competenza sa-rebbe assunta con un preciso per-corso universitario, oggi attivo giàin 9 atenei e che ha portato allaformazione di circa 5.400 profes-sionisti “specializzati”. Questo in-fermiere potrebbe intervenire nel-l’offerta di assistenza territorialenelle Case della salute, gli ospeda-li di comunità, dove può gestiredirettamente persone con proble-mi di fragilità, in collaborazionecon i medici di medicina generale.

Mangiacavalli, presidente Ipasvi:“Il Ssn ha bisogno di nuovi in-fermieri”“Alla vigilia della nuova stagionecontrattuale – commenta BarbaraMangiacavalli, presidente della Fe-derazione Ipasvi – questi dati do-vrebbero far ragionare sia il legi-slatore che le Regioni. La carenzaè evidente, così come lo è la situa-zione difficile a livello generale,

19APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

ma sicuramente a rischio nelle Re-gioni in piano di rientro che rap-presentano ormai a livello di po-polazione oltre il 47% dei cittadiniitaliani. L’analisi dei dati rende evi-dente anche il gap sempre mag-giore che esiste, perfino tra questestesse Regioni, tra Nord e Sud edal nostro punto di vista scatta undoppio allarme.Il primo riguarda proprio i cittadi-ni: studi internazionali hanno di-mostrato che la mortalità aumen-ta con il diminuire degli organiciinfermieristici e in particolare unminor carico di pazienti per singo-lo infermiere permette la riduzio-ne della mortalità dei pazienti del- 20%, se si portano da 10 a 6 ipazienti totali affidati a un singoloinfermiere. E la situazione nel no-stro Paese non è ottimale, conuna media di 12 pazienti per in-fermiere, alcune Regioni (in pianodi rientro) dove si raggiungonoanche i 18 pazienti e solo cinquedove si hanno meno di 10 pazien-ti per infermiere dipendente. Il se-condo riguarda i professionisti, maanche, ancora, i pazienti: turnimassacranti si traducono in distur-bi del sonno, problemi digestivi,stress, aumento di peso, malattiedell’apparato gastroenterico, effet-ti sulla sfera psicoaffettiva e distur-bi cardiovascolari con un aumentodel 40% del rischio di malattie co-ronariche. Ma i danni più subdolisono quelli ai pazienti che del Ser-vizio sanitario hanno fiducia: la ri-dotta vigilanza può portare a erro-ri clinici che possono compromet-tere il benessere del paziente. Inuno studio relativo alle ore di la-voro degli infermieri per la sicu-rezza del paziente, i rischi di errorie gli errori sono aumentati quan-do gli infermieri hanno svolto tur-ni straordinari oltre le 12 ore, in-crementando 3 volte il rischio dicadere in errore e più del doppio

il rischio di incorrere in un quasi-errore.Appare evidente quindi che losblocco del turn e il reintegro de-gli organici non è più solo una ri-chiesta legata all’organizzazionedel lavoro, ma un’esigenza di salu-te sia per i cittadini che per glioperatori.In questo senso un primo passopotrebbe essere, ad esempio,quello di assumere almeno 10mi-la unità in part time al 50%: servi-rebbero a garantire l’effettiva co-pertura di organici rispetto agli at-tuali part time, consentirebbero dicominciare a formare nuove levedi professionisti riavviando il ri-cambio generazionale e avrebberosicuramente costi inferiori nell’im-mediato a unità di personale fulltime. Per quanto riguarda il pro-blema della mobilità volontaria –aggiunge - sento di poter garantireil nostro impegno a interpellare,coinvolgere e sollecitare dal puntodi vista politico i livelli di governoe programmazione da cui dipendeun eventuale e auspicabile cam-

bio di sistema, cercando di otte-nere una soluzione normativa chepossa tutelare tutte le istanze:quelle di chi lavora e quelle deicittadini che chiedono un’assisten-za dignitosa, impossibile senza iprofessionisti che la erogano. Poici sono altri passi importanti dacompiere all’interno dell’attualeforza lavoro, come la stabilizzazio-ne dei precari: per gli infermieri sitratta di almeno 11mila unità dicui poco più di 9mila sono gli in-fermieri a tempo determinato.Siamo certi – conclude Mangiaca-valli - che i sindacati terranno de-bito conto di tutto questo al mo-mento dell’apertura delle trattati-ve per il nuovo contratto. Ma nonbasta: le istituzioni devono farsicarico della responsabilità che de-riva da una mancata azione cheriequilibri situazioni al limite dellatolleranza. Non c’è più un’alternativa: il Servi-zio Sanitario Nazionale ha bisognodi nuovi infermieri e di maggioreappropriatezza organizzativa”.

* pesata per età con non autosufficienza, cronicità ecc.** secondo il rapporto ottimale 1/500

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201620 APPROFONDIMENTI

Aggiornamenti EB Virus ZikaDall’articolo: Outbreak of Zika virus disease in the Americas and the association with mi-

crocephaly, congenital malformations and Guillain–Barré syndromeLadhani SN, O’Connor C, Kirkbride H, et al.

Arch Dis Child 2016;101:600–602.

Fino al 2007 il virus ZIKA (ZIKV),patogeno appartenente alla fami-glia degli arbovirus, era un virus diinteresse limitato per i ricercatori inquanto in grado di provocare nel-l’uomo una sintomatologia di lieveentità, transitoria e circoscritta geo-graficamente all’Africa Tropicale eal sud-est Asiatico.Oggi stiamo assistendo ad una im-portante espansione del ZIKV, nel2015 a partenza dal Brasile conuna rapida e sistematica evoluzio-ne in tutta l’America. A questa epi-demia è stata associata un’associa-zione temporale con un significati-vo aumento di malformazioni di ti-po neurologico tra cui la microcefa-lia nel neonato e la sindrome diGuillain – Barrè (GBS). Anche in Europa negli ultimi mesisi è verificata una rapida diffusionedel ZIKV, secondo l’ECDC (Ente Eu-ropeo per la Prevenzione e Con-trollo delle Malattie) sono 1048 in18 paesi i casi di ZIKA documentatinell’Unione Europea nel 2016, nel-la maggioranza dei casi sono viag-giatori di ritorno da paesi endemi-ci. Il paese con il maggior numerodi infezione è la Francia (616), se-guita dall’Olanda (63) e dall’Italia(52). Nel 4% dei casi ad essere in-fetta era una donna incinta. Il99,2% ha contratto il virus viag-giando nei paesi colpiti e nel re-stante numero di casi la trasmissio-ne è avvenuta per via sessuale1.

ZIKA VIRUSZika fù isolato la prima volta nel1947 in una scimmia impiegata co-me animale test in uno studio sullafebbre gialla nella foresta di Zika inUganda. Questo agente patogeno èdella famiglia degli Arbovirus RNAappartenente alla famiglia delle Fla-viviridae che comprende anche il vi-rus Dengue, l’encefalite giapponesee il virus West Nile. ZIKV è trasmes-so dalle femmine della zanzara AE-DES AEGYPTI che rappresenta an-che un buon vettore del virus Den-gue e Chikungunya. In Europa tale

vettore non esiste ma la zanzaraAEDES ALBOPICTUS o zanzara tigreampiamente presente nel continen-te europeo potrebbe essere un vet-tore possibile anche se probabil-mente meno efficace1 del ZIKV. La maggioranza delle infezioni sisono verificate da trasmissione di-retta di un vettore ma il virus è sta-to isolato nel liquido seminale e nelsangue di donatori anche asinto-matici, quindi è reale la possibilitàdi trasmissione da uomo a uomo.

EPIDEMIOLOGIAFino all’80% degli individui infettatinon presenta sintomatologia e ilrestante sviluppa una sintomatolo-gia febbrile contenuta e limitatanel tempo, cefalea, rush cutaneo,congiuntivite e artralgia. Compli-canze e mortalità sono molto raree limitate alle persone che hannoimportanti comorbilità. Ad ogginon esiste vaccino per prevenirel’infezione e non ci sono tratta-menti antivirali specifici.Prima del 2007 le infezioni eranolimitate ai paesi africani e asiatici.Nel 2013 il virus si è diffuso cau-sando una significativa epidemianella Polinesia Francese, in NuovaCaledonia, nell’Isola di Pasqua enell’Isola di Cook. Ma è del 2015 lapiù grande e rapida diffusione av-venuta nelle Americhe, soprattuttoin Brasile, da Maggio 2016 più di20 paesi nel continente hanno ri-portato infezioni. Nelle ultime settimane il virus è at-terrato anche a Singapore dove èriuscito ad innescare un focolaioautoctono con almeno un centi-naio di casi sintomatici.In Europa sono circa 1300 i casi diinfezione documentata e sono tut-ti, però, da riferire a soggetti di ri-torno da Paesi a rischio. In Italiasono più di 60 i casi documentati,di cui 11 nella nostra regione e tut-ti con sintomatologia molto lieve erisoltasi in pochi giorni

ZIKA E MICROCEFALIANel mese di ottobre 2015 un inedi-to aumento dei casi di bambini na-

ti con microcefalia ha destatopreoccupazione in una regione delBrasile settentrionale (Pernambu-co), la concomitanza temporale euna prima analisi descrittiva dei da-ti in possesso ha reso plausibileun’associazione di questa anomaliacon l’infezione da ZIKV. Tale incre-mento di malformazioni congeniteè ancora in continua crescita, i casisegnalati nell’ultimo anno in Per-nambuco sono stati 4783 rispettoai 150/200 attesi. Se pur la mag-gior parte di questi casi siano an-cora in fase di studio, 404 sono giàstati confermati per diagnosi e diquesti 17 (4,2%) sono risultati po-sitivi al ZIKV. Le caratteristiche clini-che e gli esiti di questi pazienti so-no in corso di studio e i risultati de-finitivi ancora non sono pronti, male evidenze attuali indicano un for-te nesso di causalità. In letteratura esistono dei risultatidi uno studio analitico retrospettivoeffettuato nella Polinesia Francesecon l’obiettivo di individuare la cor-relazione tra il virus Zika, la micro-cefalia e l’identificazione del mag-gior livello di rischio per il feto inbase al periodo gestazionale. I ri-sultati mettono in evidenza chel’infezione contratta dalle madri nelprimo trimestre di gravidanzaespone a maggior rischio il nascitu-ro e che l’incidenza di microcefalianel neonato è di 2 (95% CI: 0, 8)per 10.000 neonati. Risultati co-munque da confermare con altristudi, possibilmente con disegni ditipo prospettico2.In una coorte di 35 bambini brasilia-ni nati con microcefalia tra agosto eottobre 2015 tutte la madri hannovissuto o hanno visitato zone colpiteda ZIKV nel periodo gestazionale, diquesti 25 avevano una microcefaliasevera diagnosticata secondo testvalidati e 17 avevano una malfor-mazione neurologica.Un aumento dei casi di microcefa-lia deve essere ancora registrato inaltri paesi, tuttavia l’autorità sanita-ria della Polinesia Francese ha ri-portato un aumento delle anoma-lie neurologiche congenite da 1 al-

INTRODUZIONE

21APPROFONDIMENTI anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

l’anno a 17, di cui 12 malformazio-ni cerebrali, 5 disfunzioni del tron-co encefalico e assenza della sti-molo alla deglutizione. In 9 casi lagravidanza è stata interrotta e nes-suna madre ha riferito sintomi diinfezione Zika durante la gravidan-za ma l’associazione temporale conl’epidemia di ZIKV è rispettata.

ZIKV E GBSOltre la microcefalia è stata segna-lata una possibile associazione travirus Zika e GBS in Brasile, El Salva-dor e Venezuela, dato confermatoanche dalla Polinesia Francese.

IMPLICAZIONI PER IL VIAGGIATOREPoiché non esistono allo stato at-tuale vaccini, la prevenzione delZIKV si esplica essenzialmente inmanovre di protezione individualiverso le punture di zanzare, allostesso modo come nelle zanzarevettori di Virus Dengue e Chikun-gunya. Le donne in gravidanza o ledonne che pensano di avviare unagravidanza dovrebbero astenersidal viaggiare in zone colpite, sequesto non è possibile dovrannocercare di proteggersi da eventualipunture in special modo nelle orediurne e durante il tramonto, fasceorarie in cui queste zanzare sonopiù attive. I viaggiatori che presen-tano sintomi compatibile con il vi-rus Dengue, Chikungunya o Zikadurante un viaggio o entro le pri-

me 3 settimane dal ritorno da unpaese colpito si devono rivolgeread un servizio medico. Le donne ingravidanza che hanno viaggiato inun paese con ZIKV attivo devonoinformare di questo viaggio il per-sonale sanitario nelle loro visitepre-natali in modo da venire ade-guatamente monitorate.

IMPLICAZIONI PER I PEDIA-TRI E NEONATOLOGI1. I pediatri devono conoscere il

ZIKV e l’epidemia americana;2. La maggior parte delle infezioni

sono asintomatiche (80%) o ri-solvibili in 4-7 giorni con febbre,rush cutaneo, artralgia, congiun-tivite e cefalea. Ma il ZIKV nellepersone non in buone condizio-ni di salute potrebbe esseremolto severo;

3. L’infezione ZIKV nelle donne ingravidanza è potenzialmente as-sociato a microcefalia e malfor-mazioni congenite del nascitu-ro. in particolare al sistema ner-voso centrale;

4. ZIKV è anche stato associatocon GBS;

5. ZIKV dovrebbe essere conside-rato nella diagnosi differenzialedi:

- Pazienti con febbre se hannoviaggiato in paesi con ZIKV atti-vo (NaTHNaC – National TravelHealth Network and Centre);

- Sindromi neurologiche autoim-muni (GBS) in pazienti che han-

no recentemente viaggiato inun paese colpito dall’epidemiaZika;

- Aborti, morti in utero o natimorti per infezioni, infezionicongenite, microcefalie, o qual-siasi altra anomalia congenita(specie se neurologica) in bam-bini di madri che hanno viaggia-to nei paesi con epidemie diZIKV in qualsiasi momento del-l’epoca gestazionale, anche sela madre è stata asintomaticadurante la gravidanza.

INDAGINI E GESTIONE DEICASI SOSPETTIInfezione ZIKV può essere confer-mata da rilevazione diretta di RNAZIKV o specifici antigeni virali incampioni clinici. Se si sospetta uncaso è necessario consultare un vi-rologo, microbiologo o un espertoin patologie infettive per informazio-ni circa la clinica e i test diagnostici.Riferimenti sanitari devono esserepresi in caso di viaggi nei paesi conepidemie soprattutto se si è donnain stato di gravidanza.

BIBLIOGRAFIA 1. http://ecdc.europa.eu/en/healthtopics/zika_virus_infection/Pages/index.aspx

2. Cauchemez S, Besnard M, Bompard P,Dub T, Guillemette-Artur P, Eyrolle-GuignotD, Salje H, Van Kerkhove MD, Abadie V,Garel C, Fontanet A, Mallet HP Associationbetween Zika virus and microcephaly inFrench Polynesia, 2013–2015: a retrospec-tive study Lancet. 2016 May 21;387(10033)

LA SORVEGLIANZA IN ITALIALA REGIONE

EMILIA ROMAGNA

In Italia sono più di 60 i casi docu-mentati, di cui 11 nella nostra regio-ne e tutti con sintomatologia moltolieve e risoltasi in pochi giorni.La Regione Emilia Romagna ha de-cretato un piano annuale per la sor-veglianza e il controllo dell’Arbovirusper l’anno 2016 con lo scopo di mo-nitorare e controllare il fenomenoper quanto riguarda i casi di Chikun-gunya, Dengue e Zika Virus.L’attenzione è particolarmente altanei periodi di massima presenza delvettore (giugno – ottobre), ma èprevista per tutto il periodo dell’an-no una sorveglianza delle personesintomatiche che rientrano da unpaese ove la malattia è endemica oepidemica o alle persone con sinto-mi compatibili con il virus (compli-canze comprese) che non hannoviaggiato in aree endemiche al finedi riconoscere eventuali casi autoc-toni.

Tutti i casi sospetti devono essere se-gnalati al Dipartimento di Sanità Pub-blica e i campioni biologici inviati alCentro Microbiologico di Riferimentodella Regione Emilia Romagna (Policli-nico S.Orsola Bologna).Contestualmente il piano prevede unprogramma strutturato e sistematico dilotta al vettore con lo scopo di ridurrela popolazione della zanzara tigre negliambienti pubblici e privati. In caso diaccertamento di un caso è prevista l’at-

tivazione entro 24 ore di un proto-collo straordinario di disinfestazionedurante il periodo a maggiore pre-senza del vettore (Giugno/Ottobre)e attivabile previa comunicazione al-la Regione negli altri periodi dell’an-no.

http://salute.regione.emilia-roma-gna.it/documentazione/piani-e-pro-grammi/piano-sorveglianza-arbovi-rosi-2016

Mappa Mondiale casi umani Zika Virus

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201622 EVIDENCE BASED PRACTICE

Molti professionisti che prescrivono liquidi per via endove-nosa nei pazienti ospedalizzati non hanno mai ricevutoun’adeguata formazione in materia, nonostante sia unadelle procedure più frequenti nelle strutture di ricovero eimplica decisioni complesse su volume, frequenza e tipolo-gie ottimali di liquidi da somministrare. Nonostante unainappropriata somministrazione endovenosa di liquidi(SEL) sia raramente indicata come causa di danni ai pa-zienti, nel 1999 un report del National Confidential Enquiryinto Perioperative Deaths (NCEPOD) ha suggerito che circail 20% dei pazienti sottoposti a SEL in ospedale ha riporta-to complicanze o morbidità conseguenti a somministrazio-ni inappropriate1. Nel 2011 un ulteriore report del NCEPODha sottolineato che nei 30 giorni successivi a un interventochirurgico il rischio di mortalità era maggiore nei pazientiche avevano ricevuto SEL inadeguata o eccessiva nel perio-do pre-operatorio2.Considerato che la carenza di linee guida (LG) sull’argo-mento e la scarsa rilevanza data alla formazione e al trai-ning dei professionisti sanitari determinano una grande va-riabilità nella pratica clinica, è indispensabile fornire LGstandardizzate per gestire la SEL nei pazienti ospedalizzati.Per la maggior parte dei quesiti affrontati in questa LG leevidenze erano limitate, per cui molte raccomandazioni sibasano sui principi fondamentali di fisiologia e fisiopatolo-gia dell’equilibrio di liquidi. Inoltre, considerato che dallarevisione sistematica della letteratura è emerso che l’assi-stenza basata su protocolli standardizzati migliora gli outco-me dei pazienti, la LG propone un algoritmo, basato sulleevidenze e sulla esperienza e sull’opinione del gruppo dilavoro, per supportare le decisioni dei professionisti sanitarie fornire un razionale per la prescrizione di SEL (figura).Trattandosi di una LG trasversale con ampio campo di ap-plicazione che include popolazioni e setting differenti, permolti argomenti le evidenze disponibili erano indirette e laloro analisi e interpretazione per la popolazione target è ri-sultata complessa da varie ragioni. Innanzitutto, la maggiorparte dei trial sull’utilizzo di SEL sono stati condotti in saleoperatorie e unità di terapia intensiva, mentre questa LG hal’obiettivo di migliorare la gestione della SEL nelle unitàoperative di degenza ordinaria. In secondo luogo, moltepratiche comunemente accettatenella prescrizione di SELnon sono affatto basate sulle evidenze perchè si sono con-solidate più per ragioni storiche che sulla base di trial clini-

ci. Infine, i trial finalizzati a valutare il trattamento di primascelta per la rianimazione con liquidi valutano in realtàscelte terapeutiche fatte dopo rianimazione iniziale o esa-minano situazioni di ipovolemia indotta dall’anestesia.Questo articolo sintetizza le più recenti raccomandazionedel National Institute for Health and Care Excellence (NI-CE)3. Le raccomandazioni del NICE sono basate su una revi-sione sistematica delle migliori evidenze disponibili e sull’e-splicita considerazione della costo-efficacia degli interventisanitari. Quando le evidenze sono limitate, le raccomanda-zioni si basano sull’esperienza e le opinioni del gruppo cheha prodotto la linea guida – Guidelines DevelopmentGroup (GDG) – e sulle norme di buona pratica clinica. I livelli di evidenza delle raccomandazioni cliniche sono in-dicati in corsivo tra parentesi quadre.

1. PRINCIPI E PROTOCOLLI PER LA SOMMINISTRAZIONEENDOVENOSA DI LIQUIDILa valutazione e la gestione del fabbisogno di liquidi edelettroliti sono fondamentali per una buona assistenza alpaziente.• Valutare e gestire il fabbisogno di liquidi ed elettroliti nelcorso della visita quotidiana di reparto. Prescrivere SELesclusivamente ai pazienti le cui necessità non possonoessere soddisfatte per via orale o enterale, interrompen-do la somministrazione il prima possibile. [Raccomanda-zione basata sull’esperienza e sull’opinione del GDG]

• La SEL dovrebbe essere prescritta e gestita da professio-nisti sanitari esperti e competenti, che dovrebbero valuta-re e monitorare i pazienti che la ricevono. [Raccomanda-zione basata sull’esperienza e sull’opinione del GDG]

• Quando si prescrive SEL ricordare la regola delle 5 R: Re-suscitation, Routine maintenance, Replacement, Redistri-bution, and Reassessment (rianimazione, mantenimentodelle funzioni fisiologiche, sostituzione, ridistribuzione erivalutazione). [Raccomandazione basata sull’esperienzae sull’opinione del GDG]

• Prescrivere SEL solo all’interno di un protocollo (figura):· Valutare le necessità di liquidi ed elettroliti del pazientesecondo l’algoritmo 1 (valutazione)

· Se il paziente necessita di SEL per essere rianimato, se-guire l’algoritmo 2 (rianimazione con liquidi)

· Se il paziente necessita di SEL per i normali fabbisogni,seguire l’algoritmo 3 (mantenimento delle funzioni fi-

Linee guida per la somministrazione endovenosadi liquidi nei pazienti adulti ospedalizzati

Antonino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBEDaniela Mosci, Programma Epidemiologia e Controllo del Rischio Infettivo Correlato alle Organizzazioni Sanitarie, Direzione

Sanitaria, Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola MalpighiGianni Rossi, 3Direttore U.O.C. Anestesia e Rianimazione, Dipartimento di

Emergenza e Accettazione, Azienda USL di Imola

Tratto dalla rivista “EVIDENCE” - giornale open-access pubblicato dalla Fondazione GIMBE, Aprile 2014

· Citazione. Cartabellotta A, Mosci D, Rossi G.Linee guida per la somministrazione endove-nosa di liquidi nei pazienti adulti ospedalizza-ti. Evidence 2014;6(4): e1000077.

· Pubblicato 28 aprile 2014· Copyright. © 2014 Cartabellotta. Questo è un

articolo open-access, distribuito con licenzaCreative Commons Attribution, che ne con-sente l’utilizzo, la distribuzione e la riprodu-zione su qualsiasi supporto esclusivamenteper fini non commerciali, a condizione di ri-portare sempre autore e citazione originale.

· Fonti di finanziamento. Nessuna.· Conflitti d’interesse. Nessuno dichiarato.· Provenienza. Non commissionato, non sotto-

posto a peer-review.

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23EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

siologiche)· Se il paziente necessita di SEL per contrastare deficit oeccessi esistenti, perdite anomale in corso o anomaladistribuzione dei fluidi corporei, seguire l’algoritmo 4(sostituzione e ridistribuzione).

[Raccomandazione basata su evidenze di qualità moltobassa da trial clinici randomizzati sull’efficacia dell’assi-stenza basata su protocolli e sull’esperienza e sull’opinio-ne del GDG]• In tutte le prescrizioni di SEL includere:· Il tipo di liquidi da somministrare· La velocità e il volume dei liquidi da somministrare

[Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opinionedel GDG]• Il piano di gestione individuale della SEL dovrebbe inclu-dere dettagli su:· Prescrizione di liquidi ed elettroliti per le successive 24ore

· Criteri di valutazione e monitoraggio.Inizialmente, il piano di gestione della SEL dovrebbe essererivalutato quotidianamente da un esperto, mentre quelliper i pazienti sottoposti a SEL a lungo termine possono es-sere rivalutati meno frequentemente se le loro condizionisono stabili.[Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opinionedel GDG]• Nel prescrivere liquidi ed elettroliti, prendere in conside-razione tutte le altre fonti di assunzione di liquidi ed elet-troliti tra cui quelle per via orale ed enterale, le assunzio-ni di farmaci, la nutrizione endovenosa e le trasfusioni disangue ed emoderivati. [Raccomandazione basata sull’e-sperienza e sull’opinione del GDG]

• I pazienti contribuiscono in maniera rilevante al proprioequilibrio idroelettrolitico. Se un paziente necessita diSEL, spiegare la decisione e discutere segni e sintomi datenere sotto controllo per aggiustare il loro fabbisogno diliquidi. Se possibile o richiesto, fornire informazioni scrit-te (es. informazioni del NICE per i pazienti) e coinvolgerefamiliari e caregivers (se applicabile). [Raccomandazionebasata sull’esperienza e sull’opinione del GDG]

2. VALUTAZIONE E MONITORAGGIO2.1 Valutazione iniziale• Valutare se il paziente è ipovolemico: l’algoritmo 1 (figu-ra) evidenzia i criteri che permettodo di individuare i pa-zienti ipovolemici che necessitano di una rianimazioneurgente con liquidi. [Raccomandazione basata sull’evi-denze del National Early Warning Score (NEWS)4, sulleevidenze che supportano le LG NICE per i pazienti conpatologie acute in ospedale5 e sull’esperienza e sull’opi-nione del GDG]

• Valutare il fabbisogno di liquidi ed elettroliti del pazientesulla base della anamnesi, dell’esame clinico, dei tratta-menti farmacologici in corso, del monitoraggio clinico edelle indagini di laboratorio (algoritmo 1). [Raccomanda-zione basata sull’evidenze del National Early WarningScore (NEWS)4 e sull’esperienza e sull’opinione del GDG]

2.2. Rivalutazione• Se il paziente ha una SEL in corso per rianimazione, riva-lutarlo utilizzando l’approccio ABCDE: Airway, Breathing,Circulation, Disability, Exposure (vie aeree, respirazione,circolazione, disabilità, esposizione); monitorare con con-tinuità frequenza respiratoria e cardiaca, pressione arte-riosa e perfusione; misurare la concentrazione venosa dilattato o il pH arterioso con l’eccesso di basi secondo leraccomandazioni del Resuscitation Council sul supportoavanzato delle funzioni vitali6. [Raccomandazione basatasulle raccomandazioni del Resuscitation Council6 e sull’e-sperienza e sull’opinione del GDG]

• Tutti i pazienti che continuano a ricevere SEL necessitanodi regolare monitoraggio che inizialmente dovrebbe in-cludere almeno la valutazione giornaliera dello status cli-nico di liquidi, dei valori dei parametri di laboratorio

(azotemia, creatininemia ed elettroliti) e del bilancio idri-co, il tutto integrato con la misurazione del peso corpo-reo due volte a settimana. Occorre tenere conto che:· I pazienti che ricevono SEL per problemi di sostituzione· ridistribuzione dei liquidi possono richiedere un moni-toraggio più frequente

· Un monitoraggio aggiuntivo dei livelli di sodio nelleurine può essere utile nei pazienti con un elevato tassodi perdite gastrointestinali: una ridotta escrezione uri-naria di sodio (<30 mmol/L) può indicare una deple-zione totale del sodio corporeo anche se i livelli di natriemia sono normali

· La quantità di sodio urinario può indicare anche la cau-sa di una iponatriemia ed essere espressione di un bi-lancio negativo di sodio in pazienti con edema; tutta-via, i valori della natriuria possono esser fuorvianti inpresenza di insufficienza renale o di terapia diuretica

· I pazienti sottoposti a SEL a lungo termine le cui condi-zioni sono stabili possono essere monitorati con mino-re frequenza, anche se la decisione di ridurre il moni-toraggio dovrebbe essere dettagliata nel loro piano digestione della SEL.

[Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opinionedel GDG]• Se i pazienti sottoposti a SEL hanno ricevuto liquidi conconcentrazioni di cloruri >120 mmol/L (es. cloruro di so-dio 0.9%), monitorare quotidianamente la concentrazio-ne di cloruri nel sangue. Se i pazienti sviluppano iperclo-remia o acidemia, rivalutare la loro prescrizione di liquidie valutare il loro equilibrio acido-base. [Raccomandazio-ne basata su evidenze di qualità molto bassa da trialcontrollati randomizzati e da studi osservazionali e sul-l’esperienza e sull’opinione del GDG]

• Errori evidenti nella gestione dei liquidi (es. disidratazio-ne prolungata senza indicazione o involontario sovracca-rico di liquidi in seguito a SEL) dovrebbero essere ripor-tati attraverso schede standardizzate di incident reportingper migliorare la pratica clinica e la formazione dei pro-fessionisti. [Raccomandazione basata sull’esperienza esull’opinione del GDG]

• Se i pazienti vengono trasferiti, rivalutare il bilancio idricoe la loro prescrizione di liquidi all’arrivo nel nuovo set-ting. [Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’o-pinione del GDG]

3. RIANIMAZIONE CON LIQUIDI• Se i pazienti necessitano di SEL per esser rianimati, utiliz-zare cristalloidi che contengono sodio in un range com-preso tra 130-154 mmol/L, con un bolo di 500 mL in cir-ca 15 minuti (algoritmo 2). [Raccomandazione basata suevidenze di qualità moderata da trial clinici randomizza-ti e da evidenze di costo efficacia]

• Non utilizzare amido idrossietilico (Tetrastarch) per la ria-nimazione con liquidi. [Raccomandazione basata su evi-denze di qualità moderata da trial clinici randomizzati eda evidenze di costo efficacia]

• Considerare la soluzione di albumina umana al 4-5% perla rianimazione con liquidi solo nei pazienti con sepsi se-vera. [Raccomandazione basata su evidenze di qualitàelevata da trial clinici randomizzati su pazienti ospeda-lizzati]

4. MANTENIMENTO DELLE FUNZIONI FISIOLOGICHE• Se i pazienti necessitano di SEL esclusivamente per ilmantenimento delle funzioni fisiologiche, limitare la pre-scrizione iniziale (vedi algoritmo 3) a:· 25-30 mL/kg/die di acqua e· approssimativamente 1 mmol/Kg/die di potassio, so-dio e cloruri e circa 50-100 g/die di glucosio per limita-re la chetosi da digiuno, dosaggio che non soddisfa ilfabbisogno nutrizionale del paziente (vedi LG NICE sulsupporto alla nutrizione negli adulti7).

[Raccomandazione basata su evidenze di bassa qualità da

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201624 EVIDENCE BASED PRACTICE

trial clinici randomizzati e sull’esperienza e sull’opinionedel GDG]• Nei pazienti obesi programmare la SEL in relazione al lo-ro peso corporeo ideale. Utilizzare i range inferiori di vo-lume per chilo (i pazienti raramente necessitano di più di3 litri di liquidi/die) e richiedere un consulto specialisticose l’indice di massa corporea è superiore a 40. [Racco-mandazione basata sull’esperienza e sull’opinione delGDG]

• Considerare di prescrivere quantità inferiori di liquidi(20-25 mL/kg/die) ai pazienti:· Anziani o fragili· Affetti da insufficienza renale o scompenso cardiaco oDenutriti e a rischio di sindrome da rialimentazione (ve-di LG NICE sul supporto alla nutrizione negli adulti7).

[Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opinionedel GDG]• Quando la SEL viene prescritta esclusivamente per il nor-male fabbisogno, considerare di utilizzare 25-30 mL/kg/die di cloruro di sodio al 0.18% in glucosio al 4% con27 mmol/L di potassio al giorno 1 (esistono altri regimiper raggiungere questo obiettivo). Prescrivere più di2.5L/die accresce il rischio di iponatriemia. Queste sonoprescrizioni iniziali, ulteriori prescrizioni dovrebbero esse-re decise sulla base del monitoraggio. [Raccomandazio-ne basata su evidenze di qualità molto bassa da trial cli-nici randomizzati e sull’esperienza e sull’opinione delGDG]

• Per il mantenimento delle funzioni fisiologiche infonderei liquidi durante le ore diurne per favorire il sonno e mi-gliorare il benessere del paziente. [Raccomandazionebasata sull’esperienza e sull’opinione del GDG]

5. SOSTITUZIONE E RIDISTRIBUZIONE• Modificare la prescrizione di SEL (aggiungendo o sot-traendo liquidi dal calcolo del normale fabbisogno) te-nendo conto di eventuali deficit o eccessi di liquidi oelettroliti esistenti, perdite in corso o distribuzione ano-mala (algoritmo 4). [Raccomandazione basata sull’espe-rienza e sull’opinione del GDG]

• Richiedere un consulto specialistico se i pazienti presen-tano un quadro complesso di ridistribuzione o di squili-brio di liquidi o elettroliti, oppure significative comorbi-lità. [Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opi-nione del GDG]

6. FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO• Le strutture di ricovero dovrebbero garantire che tutti iprofessionisti sanitari coinvolti nella prescrizione e ge-stione di SEL siano formati sui contenuti di questa LG eche vengano poi formalmente valutati e rivalutati regolar-mente per documentare le loro conoscenze e competen-ze nel:· Comprendere la fisiologia del bilancio idroelettroliticoin condizioni fisiologiche e nei soggetti malati

· Valutare il fabbisogno di liquidi ed elettroliti· Valutare i rischi, i benefici e i potenziali effetti avversidella SEL

· Prescrivere e somministrare liquidi per via venosa· Monitorare la risposta del paziente· Valutare e documentare i cambiamenti· Intraprendere eventuali azioni se necessario

[Raccomandazione basata su una revisione narrativa dievidenze da ricerca qualitativa e sull’esperienza e sull’opi-nione del GDG]• I professionisti sanitari dovrebbero essere adeguatamen-te formati e addestrati per essere competenti nel ricono-scere, valutare e prevenire le conseguenze di una inade-guata gestione della SEL, tra cui:· Edema polmonare· Edema periferico· Ipovolemia e shock.

[Raccomandazione basata su una revisione narrativa dievidenze da ricerca qualitativa e sull’esperienza e sull’opi-

nione del GDG]• Le strutture di ricovero dovrebbero avere un referentedella SEL, responsabile per la formazione, la clinical go-vernance, l’audit e per la revisione dell’appriopriatezzadelle prescrizioni di SEL e degli outcome dei pazienti.[Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opinio-ne del GDG]

7. QUALI POTENZIALI OSTACOLI PER L’IMPLEMENTAZIONE?L’implementazione di questa LG richiederà ai professionistisanitari di accettare la SEL come trattamento fondamentaledell’assistenza ai pazienti e di garantire l’adesione alle rac-comandazioni cliniche. La difficoltà nell’identificare eventiavversi nelle strutture di ricovero conseguenti ad una ina-deguata gestione della SEL è complicata dalla difficoltà distabilire una relazione causale. Tuttavia, un attento monito-raggio dei pazienti in linea con le raccomandazioni e la re-gistrazione delle osservazioni rilevanti garantirà un’assi-stenza sicura ed efficace, eliminando l’attuale variabilitànella pratica clinica e negli outcome. Anche le percezionidei clinici in relazione all’uso del Tetrastarch per la rianima-zione con liquidi dovranno essere rivalutate alla luce delleevidenze riportate.

8. QUALI RACCOMANDAZIONI PER LA RICERCA FUTURA?Il GDG ha identificato le seguenti priorità per la ricerca fu-tura:• Qual è l’incidenza di complicanze durante e in seguito al-la SEL?

• Per la rianimazione dei pazienti con shock ipovolemicole soluzioni bilanciate sono più efficaci del cloruro d so-dio allo 0.9%?

• Per la rianimazione dei pazienti con shock ipovolemicoacuto i cristalloidi bilanciati sono più efficaci rispetto allacombinazione in una soluzione bilanciata di cristalloidi egelatina in sospensione?

• Per le necessità di mantenimento degli adulti ospedaliz-zati, un regime di liquidi a maggiore concentrazione disodio riduce il rischio di iponatriemia e ipovolemia senzaaumentare quello di sovraccarico volemico?

• Le complicanze legate ai liquidi e i relativi costi assisten-ziali sono ridotti dall’introduzione di sistemi ospedalieriin grado di garantire:· Ce tutti i professionisti ospedalieri coinvolti nella pre-scrizione e gestione di SEL siano adeguatamente for-mati sui principi della prescrizione di SEL?

· Che tutte le complicanze associate alla SEL vengano ri-portate?

BIBLIOGRAFIA1. National Confidential Enquiry into Perioperative Deaths. Extremes of age:

the 1999 report of the National Confidential Enquiry into PerioperativeDeaths. NCEPOD, 1999.Disponibile a: www.ncepod.org.uk/pdf/1999/99full.pdf. Ultimo accesso,28 aprile 2014.

2. National Confidential Enquiry into Perioperative Deaths. Knowing the ri-sk: a review of the peri-operative care of surgical patients. NCEPOD,2011. Disponibile a: www.ncepod.org.uk/2011report2/downloads/POC_fullre-port.pdf. Ultimo accesso: 28 aprile 2014.

3. National Institute for Health and Care Excellence. Intravenous fluid the-rapy for adults in hospital. (Clinical guideline 174.)December 2013. DIsponibile a: www.nice.org.uk/CG174. Ultimo accesso:28 aprile 2014.

4. Royal College of Physicians. National Early Warning Score (NEWS): stan-dardising the assessment of acute-illness severity in the NHS. London:Royal College of Physicians, 2012.

5. National Institute for Health and Care Excellence. Acutely ill patients inhospital: recognition of and response to acute illness in adults in hospi-tal. (Clinical guideline 50.) July 2007. Disponibile a: www.nice.org.uk/CG50. Ultimo accesso 28 aprile 2014.

6. Resuscitation Council (UK). Advanced life support . 6th ed. ResuscitationCouncil, 2011.

7. National Institute for Health and Care Excellence. Nutrition support inadults: oral nutrition support, enteral tube feeding and parenteral nutri-tion. (Clinical guideline 32.) February 2006.Disponibile a: www.nice.org.uk/CG32. Ultimo accesso 28 aprile 2014.

25EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201626 EVIDENCE BASED PRACTICE

Le lesioni da pressione (LDP) costituiscono una condi-zione severa e dolorosa che può colpire soggetti diogni età. Sono un esempio di danno evitabile che au-menta lamortalità e la durata della degenza, causandoun ingente consumo di risorse. I tassi di prevalenza va-riano dal 4.7% al 32.1% in ambito ospedaliero e si at-testano intorno al 22% nelle pe sone assistite nelle ca-se di riposo1. La prevenzione di questa condizione de-vastante deve rappresentare una priorità per qualun-que servizio sanitario sia perché le LDP di stadio 1(box) possono essere reversibili se individuate tempe-stivamente, sia perché la maggior parte di LDP di sta-dio 2 e 3 può essere guarita con cure appropriate. Inogni caso, tutte le LDP richiedono un approccio multi-disciplinare per una gestione efficace.Questo articolo sintetizza le più recenti linee guida3 delNational Institute for Health and Care Excellence (NI-CE) per i pazienti di tutte le età e sostituisce le prece-denti linee guida relative alla valutazione dei rischi e al-la prevenzione delle LDP del 20034 e quelle sul lorotrattamento del 20055. Le raccomandazioni del NICEsono basate su una revisione sistematica delle migliorievidenze disponibili e sull’esplicita considerazione dellacosto-efficacia degli interventi sanitari. Quando le evi-denze sono limitate, le raccomandazioni si basano sul-l’esperienza del gruppo che ha prodotto la linea guida– Guidelines Development Group (GDG) – e sulle nor-me di buona pratica clinica. I livelli di evidenza delleraccomandazioni cliniche sono indicati in corsivo traparentesi quadre.Anche se l’esperienza clinica e le buone pratiche esi-stenti sono focalizzate sulla prevenzione e sul tratta-mento delle LDP, l’assistenza oggi non viene universal-mente erogata secondo standard ottimali6. Questa li-nea guida basata sulle evidenze intende auspicabil-mente contribuire a ridurre l’incidenza delle LDP e amigliorare i processi assistenziali.La linea guida è divisa in due sezioni dedicate a pre-venzine e trattamento, distinguendo le raccomandazio-ni per adulti da quelle per neonati, lattanti, bambini eragazzi. La sezione dedicata al trattamento include lamisurazione delle LDP, la stadiazione, i dispositivi di ri-

distribuzione della pressione, la nutrizione e l’idratazio-ne, le terapie aggiuntive, lo sbrigliamento, gli antibioticisistemici e locali, gli antisettici e le medicazioni. La li-nea guida integrale include cinque algoritmi dettagliatirelativi a: identificazione dei soggetti a rischio, preven-zione delle LDP negli adulti a rischio e ad alto rischio,prevenzione delle lesioni da pressione nei neonati, lat-tanti, bambini e giovani, gestione delle lesioni da pres-sione negli adulti, gestione delle lesioni da pressionenei neonati, lattanti, bambini e giovani.La linea guida definisce “a rischio di LDP”, tutti i sogget-ti a rischio di sviluppare una LDP identificati attraversovalutazione clinica e/o uno strumento di valutazionedel rischio validato. Sono invece “ad alto rischio diLDP” tutti i soggetti che, attraverso valutazione clinicae/o uno strumento di valutazione del rischio, presenta-no più fattori di rischio (es. mobilità seriamente limita-ta, deficit nutrizionali, incapacità di riposizionarsi auto-nomamente, deficit cognitivo grave) e/o una LDP pre-gressa o in atto al momento della valutazione.

1. RACCOMANDAZIONE GENERALE• Tutti i professionisti e gli operatori sanitari devono es-sere consapevoli del fatto che tutti i pazienti sonopotenzialmente a rischio di sviluppare LDP. [Racco-mandazione basata sull’esperienza e l’opinione delGDG]

2. PREVENZIONE NEGLI ADULTI2.1. Valutazione del rischioEseguire e documentare la valutazione del rischio disviluppare LDP negli adulti:• Ricoverati in ambiente ospedaliero, case di cura o diriposo, oppure

• Assistiti in altri setting (cure primarie, cure di comu-nità, dipartimenti di emergenza) e presentano fattoridi rischio quali:· significativa riduzione della mobilità (es. soggetticon lesioni del midollo spinale)

· incapacità di riposizionarsi autonomamente· perdita significativa di sensibilità· LDP pregressa o in atto

Linee guida per la prevenzione e trattamento delle lesionida pressione nelle cure primarie e in ospedale

Antonino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBEAngela Peghetti, Ufficio Governo Clinico, Qualità, Formazione.

Direzione Sanitaria Area Sicurezza delle Cure, Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola Malpighi

Tratto dalla rivista “EVIDENCE” - giornale open-access pubblicato dalla Fondazione GIMBE, Giugno 2014

· Citazione. Cartabellotta A. Linee guida per laprevenzione e trattamento delle lesioni dapressione nelle cure primarie e in ospedale.Evidence 2014;6(5): e1000080.

· Pubblicato 28 maggio 2014· Copyright. © 2014 Cartabellotta. Questo è un

articolo open-access, distribuito con licenzaCreative Commons Attribution, che ne con-sente l’utilizzo, la distribuzione e la riprodu-zione su qualsiasi supporto esclusivamenteper fini non commerciali, a condizione di ri-portare sempre autore e citazione originale.

· Fonti di finanziamento. Nessuna.· Conflitti d’interesse. Nessuno dichiarato.· Provenienza. Non commissionato, non sotto-

posto a peer-review.

* E-mail: [email protected]

27EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

Box. Stadiazione delle lesioni da pressione2

Stadio 1: Eritema non sbiancante su cute intattaCute intatta con eritema non sbiancante di un’area loca-lizzata, generalmente in corrispondenza di una promi-nenza ossea. L’area può essere di colore più chiaro, es-sere dolente, edematosa, dura, molle, più calda o piùfredda rispetto al tessuto adiacente. Nei soggetti di pellescura lo sbiancamento potrebbe non essere osservabilee, di conseguenza, lo stadio 1 essere difficile da indivi-duare. Lo stadio 1 può segnalare un soggetto “a rischio”.

Stadio 2: Lesioni a spessore parziale o vescichePerdita di spessore parziale del derma che si presentacome un’ulcera aperta superficiale con un letto di feritarosa, senza slough*. Può anche presentarsi come vesci-cola intatta o aperta contenente siero o siero e sangue.Si presenta come un’ulcera lucida o asciutta, priva dislough* o ematoma. Questa categoria non dovrebbe es-sere usata per descrivere skin tears (lacerazioni cutaneeda strappamento), ustioni da cerotto, dermatiti associa-te a incontinenza, macerazione o escoriazione.

Stadio 3: Perdita di cute a tutto spessorePerdita di cute a tutto spessore con tessuto adiposo sot-tocutaneo che può essere visibile, ma con osso, tendineo muscolo non esposti, nè direttamente palpabili. Puòessere presente slough*, ma senza nascondere laprofondità della perdita tessutale. La profondità delleLDP di stadio 3 varia con la sede anatomica: in sedi pri-ve di tessuto sottocutaneo adiposo (narici, orecchio, oc-cipite, malleolo) le LDP possono essere superficiali,mentre in aree con notevole presenza di tessuto adipo-so possono essere molto profonde.

Stadio 4: Perdita tissutale a tutto spessorePerdita di tessuto a tutto spessore con esposizione diosso, tendine, muscolo, che sono visibili o direttamentepalpabili.Potrebbero essere presenti slough* o escara. Spesso in-clude sottominatura e tunnelizzazione. La profondità diuna LDP di stadio 4 varia con la sede anatomica: in sediprive di tessuto sottocutaneo adiposo (narici, orecchio,occipite, malleolo) le lesioni possono essere superficiali.Le LDP di stadio 4 possono estendersi a muscoli e\ostrutture di supporto (es. fascia, tendine, capsula artico-lare) con possibili complicanze quali osteite e osteomie-lite. *Frequentemente inteso come tessuto necrotico molle misto aresidui cellulari e di essudato. È il prodotto dell’infiammazionecronica, si presenta come uno strato a volte compatto, altre voltefilamentoso, di diversa consistenza, di colore che va dal giallocrema al grigio o verdognolo.

· deficit nutrizionali· significativo deficit cognitivo.

[Raccomandazione basata su evidenze di qualità mol-to bassa e sull’esperienza e sull’opinione del GDG]• In sede di valutazione del rischio, considerare l’uso diuna scala validata per supportare il giudizio clinico(es. le scale di Braden, Waterlow, o Norton7/9). [Rac-comandazione basata su studi prognostici di qualitàmolto bassa, evidenze di qualità bassa o molto bas-sa da trial controllati randomizzati e sull’esperienza el’opinione del GDG]

2.2 Valutazione della cuteNei soggetti adulti ad alto rischio affidare la valutazionedella cute a un professionista sanitario esperto. Tale va-lutazione dovrebbe considerare la presenza di dolore o

fastidio segnalati dal paziente e l’ispezione della cuteper verificare:• L’integrità nelle zone di pressione• Le modifiche di colore o discromie: i professionistisanitari dovrebbero essere consapevoli che l’eritemanon reversibile può presentarsi, in particolare nellepersone con pelle scura, come modifica del colore ocome discromia

• Variazioni della temperatura locale, presenza di areemolli e umidità (es. a causa di incontinenza, edema ocute secca o infiammata). [Raccomandazione basatasu studi prognostici di qualità molto bassa, trial con-trollati randomizzati di bassa qualità e sull’esperien-za e l’opinione del GDG]

2.3. Riposizionamento• Incoraggiare gli adulti a rischio di LDP a cambiare po-sizione spesso o almeno ogni sei ore. Se non sono ingrado di riposizionarsi in autonomia, offrire aiuto uti-lizzando, se necessario, idonee attrezzature

• Documentare la frequenza del riposizionamento.[Raccomandazioni basate su trial controllati rando-mizzati di qualità molto bassa, su un modello di co-sto-efficacia e sull’esperienza e l’opinione del GDG]

2.4. Dispositivi per la prevenzione delle lesioni dapressione• Utilizzare un materasso in schiuma ad alta specificitàper gli adulti ospedalizzati ad alto rischio di LDP, se-condo la valutazione effettuata nell’ambito delle cureprimarie. [Raccomandazione basata su evidenze de-rivate da trial controllati randomizzati di qualità mol-to bassa sull’esperienza e parere del GDG]

3. PREVENZIONE NEI NEONATI, LATTANTI, BAMBINI EGIOVANI3.1. Valutazione del rischioEseguire e documentare la valutazione del rischio disviluppare LDP nei neonati, lattanti, bambini e giovani:• Ricoverati in ambiente ospedaliero, oppure• Assistiti in altri setting (cure primarie, cure di comu-nità, dipartimenti di emergenza) e presentano fattoridi rischio quali:· incapacità di riposizionarsi autonomamente· significativa perdita di sensibilità· LDP pregressa o in atto· deficit nutrizionali· significativo deficit cognitivo.

[Raccomandazione basata sull’esperienza e l’opinionedi un panel di consenso con il metodo Delphi]• Per questa popolazione utilizzare una scala validata(es. scala Braden Q per bambini10) a supporto delgiudizio clinico. [Raccomandazione basata su eviden-ze di qualità molto bassa derivate da studi di coortee sull’esperienza e l’opinione di un panel di consensocon il metodo Delphi]

3.2. Valutazione della cute• Nei soggetti ad alto rischio di LDP affidare la valuta-zione della cute a un professionista sanitario espertoche deve considerare:· alterazioni cutanee nella zona occipitale· temperatura della cute· presenza di eritema non reversibile o aree cutaneedi discromia.

[Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opinio-ne del GDG]

3.3. Riposizionamento• Per i neonati e i bambini ad alto rischio di LDP, consi-

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201628 EVIDENCE BASED PRACTICE

derare una frequenza di riposizionamento > 1 vol-ta/4 ore.

• Documentare la frequenza di riposizionamento ne-cessario [Raccomandazioni basate sull’esperienza esull’opinione di un panel di consenso con il metodoDelphi].

• Incoraggiare bambini e ragazzi ad alto rischio di LDPa cambiare posizione più spesso di una volta ogni 4ore. Se non sono in grado di riposizionarsi in autono-mia, offrire aiuto utilizzando, se necessario, idoneeattrezzature. Documentare la frequenza del riposizio-namento. [Raccomandazione basata sull’esperienzae sull’opinione di un panel di consenso con il meto-do Delphi]

4. PIANO ASSISTENZIALE PER I SOGGETTI DI TUTTELE ETÀ• Sviluppare e documentare un piano assistenziale in-dividualizzato per tutti i soggetti ad alto rischio di svi-luppare LDP, tenendo conto di:· esito della valutazione del rischio e della cute· necessità di uno scarico ulteriore della pressione inspecifiche aree a rischio

· mobilità dei pazienti e loro capacità di riposizionar-si autonomamente

· altre comorbidità· preferenze del paziente.

[Raccomandazione basata sull’esperienza e l’opinionedel GDG]

5. FORMAZIONE E TRAINING DEI PROFESSIONISTISANITARI• Offrire ai professionisti sanitari una formazione speci-fica sulla prevenzione delle LDP che comprenda:· l’identificazione dei soggetti più a rischio di svilup-pare LDP

· le modalità per identificare le LDP· le modalità per prevenire nuove o ulteriori LDP· chi contattare per ulteriori informazioni e azioni.

[Raccomandazione basata su ricerca qualitativa di ele-vata qualità e sull’esperienza e l’opinione del GDG]• Ai professionisti sanitari che assistono soggetti ad al-to rischio di sviluppare LDP fornire ulteriore formazio-ne su:· modalità per valutare il rischio di LDP· modalità di valutazione della cute· modalità per effettuare il riposizionamento· dispositivi che favoriscono una ridistribuzione dellapressione

· modalità per discutere con pazienti e caregiver laprevenzione delle LDP

· fonti di consiglio e supporto.[Raccomandazione basata su evidenze qualitative dielevata qualità e sull’esperienza e l’opinione del GDG]

6. TRATTAMENTO PER I PAZIENTI DI TUTTE LE ETÀ• Se possibile, documentare l’estensione di tutte leLDP utilizzando una tecnica di misura validata (es.tracciatura su pellicola trasparente o con una fotogra-fia) [Raccomandazione basata su evidenze di qualitàmolto bassa e sull’esperienza e l’opinione di un pa-nel di consenso con il metodo Delphi]

• Documentare la profondità stimata di tutte le LDP ela presenza di sottominature (cavità sottocutanee chenon possono essere osservate direttamente)

• Evitare di misurare di routine il volume delle LDP[Raccomandazioni basata su evidenze di qualità moltobassa e sull’esperienza e l’opinione di un panel di con-senso con il metodo Delphi]• Stadiare ogni LDP all’esordio utilizzando uno stru-

mento di classificazione validato (es. scala internazio-nale NPUAP-EPUAP 20092) al fine di guidare gli in-terventi di prevenzione e trattamento in corso.

• Ripetere la stadiazione e la documentazione ogni vol-ta che viene effettuata una valutazione della LDP[Raccomandazione basata su evidenze di qualità al-ta e bassa, su un modello di costo-efficacia e sull’e-sperienza e l’opinione del GDG]

• Non utilizzare di routine la terapia a pressione negati-va per il trattamento delle LDP [Raccomandazionebasata su evidenze di bassa qualità considerate con-giuntamente ad un’analisi dei costi e sull’esperienzae l’opinione di un panel di consenso con il metodoDelphi]

• Non utilizzare di routine antisettici o antibiotici topiciper il trattamento delle LDP. [Raccomandazione ba-sata su evidenze di bassa qualità e sull’esperienza el’opinione di un panel di consenso con il metodoDelphi]

6.1. Medicazioni• Considerare l’utilizzo di medicazioni che promuovanola guarigione in ambiente caldo umido per il tratta-mento delle LDP di grado 2, 3 e 4 [Raccomandazione basata su evidenze di bassa qua-lità e sull’esperienza dell’opinione di un panel di con-senso con il metodo Delphi]

• Non utilizzare medicazioni in garza per trattare leLDP. [Raccomandazione basata su evidenze di qua-lità bassa e molto bassa e sull’esperienza e l’opinio-ne di un panel di consenso con il metodo Delphi]

6.2. Ossigenoterapia iperbarica ed elettroterapia• Non utilizzare ossigenoterapia iperbarica o elettrote-rapia per trattare le LDP. [Raccomandazione basatasu evidenze di qualità bassa e molto bassa e sull’e-sperienza e l’opinione di un panel di consenso con ilmetodo Delphi]

7. TRATTAMENTO NEGLI ADULTI7.1. Nutrizione e idratazione• Prevedere gli integratori alimentari per gli adulti conLDP con deficit nutrizionali [Raccomandazione basa-ta su evidenze di bassa qualità e sull’esperienza esull’opinione del GDG]

• Non utilizzare integratori alimentari per trattare LDPdegli adulti con adeguato apporto nutrizionale [Rac-comandazione basata su evidenze di bassa qualità esull’esperienza e sull’opinione del GDG]

• Non somministrare fluidi per via sottocutanea o en-dovenosa per il trattamento delle LDP negli adulticon adeguato stato di idratazione. [Raccomandazio-ne basata sull’esperienza e l’opinione del GDG]

7.2. Dispositivi per la ridistribuzione della pressione• Utilizzare un materasso in schiuma ad alta specificitàper gli adulti con LDP. Se questo non è sufficiente aridistribuire la pressione, considerare l’utilizzo di unasuperficie di supporto dinamica [Raccomandazionebasata su evidenze di qualità bassa e molto bassa esull’esperienza e l’opinione del GDG]

• Non utilizzare materassi standard in gommapiumaper gli adulti con LDP. [Raccomandazione basata sul-l’esperienza e sull’opinione del GDG]

• Stabilire la necessità di sbrigliare una LDP prendendoin considerazione:· la quantità di tessuto necrotico· il grado, le dimensioni e l’ampiezza della LDP· la tolleranza del paziente

29EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

· tutte le comorbidità.[Raccomandazione basata su evidenze di qualità bas-sa e sull’esperienza e l’opinione del GDG]• Negli adulti con LDP non utilizzare di routine:· terapia con larve (maggot)· sbrigliamento enzimatico

• Considerare la terapia con larve se lo sbrigliamentochirurgico è controindicato o se è associata un’insuf-ficienza vascolare. [Raccomandazioni basate su evi-denze derivate da studi di coorte e trial controllatirandomizzati di qualità bassa e molto bassa e sull’e-sperienza e l’opinione del GDG].

7.4. Terapia antibiotica sistemica• Non utilizzare antibiotici per via sistemica esclusiva-mente con l’obiettivo di guarire una LDP negli adulti[Raccomandazione basata sull’esperienza e sull’opi-nione del GDG]

• Negli adulti non utilizzare antibiotici per via sistemicasolo sulla base di colture positive della lesione e inassenza di segni clinici di infezione. [Raccomandazio-ne basata sull’esperienza e l’opinione del GDG]

8. TRATTAMENTO NEI NEONATI, LATTANTI, BAMBINIE GIOVANI8.1. Medicazioni• Nei neonati non utilizzare medicazioni a base di io-dio per trattare la LDP [Raccomandazione basata sul-l’esperienza e l’opinione di un panel di consenso conil metodoDelphi]

• Dove clinicamente indicato (es. cellulite diffusa) con-siderare l’utilizzo di medicazioni antimicrobiche topi-che per trattare le LDP di neonati, lattanti, bambini egiovani. [Raccomandazione basata sull’esperienza el’opinione di un panel di consenso con il metodoDelphi]

8.2. Sbrigliamento• Considerare lo sbrigliamento autolitico dei tessuti ne-crotici con medicazioni appropriate

• Considerare lo sbrigliamento chirurgico eseguito da-personale qualificato in caso di insuccesso di quelloautolitico. [Raccomandazione basata sull’esperienzae l’opinione di un panel di consenso con il metodoDelphi]

8.3. Terapia antibiotica sistemica• Considerare la terapia antibiotica sistemica nei neo-nati, lattanti, bambini e ragazzi con LDP che presen-tano segni clinici locali o sistemici di infezione. [Rac-comandazione basata sull’esperienza e l’opinione diun panel di consenso con il metodo Delphi]

8.4. Nutrizione• Suggerire una dieta che fornisca un’adeguato appor-to nutrizionale per la crescita e la guarigione dei neo-nati, lattanti, bambini e ragazzi con LDP. [Raccoman-dazione basata sull’esperienza e l’opinione di un pa-nel di consenso con il metodo Delphi]

8.5. Dispositivi per la ridistribuzione della pressione• Utilizzare un materasso o sovramaterasso ad altaspecificità per la culla o il letto di neonati, lattanti,bambini e ragazzi con LDP. [Raccomandazione basa-ta sull’esperienza e l’opinione di un panel di consen-so con il metodo Delphi]

9. POTENZIALI OSTACOLI ALL’IMPLEMENTAZIONEConsiderato che in alcune circostanze tutte le personedi qualsiasi età possono sviluppare LDP, le strategie di

preve zione e trattamento devono essere applicate intutti i setting assistenziali. Questo richiede un approc-cio sistematico, la riorganizzazione a tutti i livelli, ilcambiamento individuale e un costante monitoraggio,perché se una LDP può svilupparsi anche in un brevelasso di tempo, potrebbe richiedere settimane o mesiper guarire.Ogni paziente ha il diritto di ricevere cure sicure, inclu-sa la prevenzione delle LDP evitabili. Molte organizza-zioni hanno notevolmente ridotto l’incidenza delle LDPimplementando interventi relativamente semplici, ba-sati su una maggiore consapevolezza e sul cambia-mento delle attitudini personali11. L’implementazione diquesta linea guida richiede a tutti i professionisti sani-tari di tutte le strutture di comprendere che la preven-zione delle LDP è un obiettivo raggiungibile e di impe-gnarsi per questa priorità.

10. QUALI RACCOMANDAZIONI PER LA RICERCA FU-TURA?Il GDG ha identificato le seguenti priorità per la ricercafutura:• Quali sono gli strumenti più accurati per valutare il ri-schio di LDP nei neonati, lattanti, bambini e ragazzi?

• I dispositivi di ridistribuzione della pressione riduco-no lo sviluppo di LDP nei soggetti a rischio?

• Nel riposizionamento dei soggetti a rischio di svilup-pare una LDP, quali sono la posizione più efficace ela frequenza ottimale di riposizionamento per preve-nire lo sviluppo della lesione?

• Nelle persone con LDP e adeguato stato nutrizionale,la somministrazione di integratori nutrizionali miglio-ra la guarigione delle lesioni?

• Negli adulti con LDP con tessuto necrotico, qual èl’efficacia dello sbrigliamento enzimatico rispetto aquello chirurgico sul tasso di guarigione delle lesionistesse?

• Negli adulti la pressione topica negativa (associata adappropriata medicazione) migliora la guarigione del-le LDP, rispetto alle sole medicazioni?

BIBLIOGRAFIA1. Vanderwee K, Clark M, Dealey C, Gunningberg L, Defloor T. Pressure

ulcer prevalence in Europe: a pilot study. J Eval Clin Pract2007;13:227-35.

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4. National Institute for Health and Care Excellence. Pressure ulcer pre-vention. (Clinical guideline 7). October 2003. Disponibile a: www.ni-ce.org.uk/guidance/CG7. Ultimo accesso 28 maggio 2014.

5. National Institute for Health and Care Excellence. Pressure ulcer pre-vention. (Clinical guideline 29). September 2005. Disponibile a:www.nice.org.uk/guidance/CG29. Ultimo accesso 28 maggio 2014.

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anno XXVII n. 3 - Dicembre 201630 NOVITÀ

Prima stesura Codice Deontologico dell'InfermiereNovembre 2016

Presentazione Consiglio NazionaleRoma 26 novembre 2016

Capo I - I principi e i valori1. L’infermiere è il professionistasanitario che nasce, si sviluppaed è sostenuto da una rete divalori e saperi scientifici. Per-segue l’ideale di servizio. È in-tegrato nel suo tempo e si po-ne come agente attivo nellasocietà a cui appartiene e incui esercita.

2. L’infermiere persegue l’idealedi servizio orientando il suoagire al bene della persona,della famiglia e della colletti-vità. Le sue azioni si realizzanoe si sviluppano nell’ ambitodell’assistenza, dell’organizza-zione, dell’educazione e dellaricerca.

3. L’infermiere cura e si prendecura, nel rispetto della dignità,della libertà, dell’uguaglianzadella persona assistita, dellesue scelte di vita e della suaconcezione di salute e di be-nessere.

4. L'infermiere nell'agire profes-sionale utilizza l'ascolto e ildialogo. Si fa garante che lapersona assistita non sia mailasciata in abbandono.

5. L'infermiere si attiva per l'ana-lisi dei dilemmi etici. Promuo-ve il ricorso alla consulenzaanche al fine di contribuire al-l'approfondimento e alla rifles-sione etica.

6. L’infermiere si impegna a so-stenere la relazione assisten-ziale anche qualora la personamanifesti concezioni etiche di-verse dalle proprie. Laddove lapersona assistita esprimesse epersistesse in una richiesta diattività in contrasto con i prin-cipi e i valori dell’infermieree/o con le norme deontologi-che della professione, si avva-le della clausola di coscienza

rendendosi garante della con-tinuità assistenziale.

Capo II - La funzione assisten-ziale7. L’infermiere tutela l’ambiente

e promuove stili di vita sanianche progettando, specificiinterventi educativi e infor-mativi a singoli, gruppi e col-lettività, organizzandoli e par-tecipando ad essi.

8. L’infermiere dà valore alla ri-cerca e alla sperimentazione.Progetta, svolge e partecipa apercorsi di ricerca in ambitoclinico, assistenziale e orga-nizzativo di cui cura e diffon-de i risultati.

9. L'infermiere fonda il propriooperato su conoscenze vali-date e aggiorna saperi ecompetenze attraverso ilpensiero critico, l'educazionecontinua, l'esperienza, lo stu-dio e la ricerca. Progetta,svolge e partecipa ad attivitàdi formazione.

10. L'infermiere adotta compor-tamenti leali e collaborativicon i colleghi e gli altri ope-ratori.Riconosce e valorizza il lorospecifico apporto nel proces-so di assistenza. Si forma e/ochiede supervisione per atti-vità nuove o sulle quali ha li-mitata casistica.

11. L'infermiere agisce sulla basedel proprio livello di compe-tenza e ricorre, se necessario,all'intervento e/o alla consu-lenza di infermieri esperti ospecialisti.

12. L’infermiere presta consulen-za ponendo le sue conoscen-ze e abilità a disposizionedella propria, delle altre co-munità professionali e delle

istituzioni.13. L'infermiere riconosce che

l'interazione e l'integrazioneintra e inter professionale so-no fondamentali per rispon-dere alle richieste della per-sona.

Capo III - La relazione e la co-municazione14. L'infermiere ascolta la perso-

na assistita, la informa e dia-loga con essa per valutare,definire, qualificare e attuarela risposta curativo assisten-ziale e facilitarla nell'esprime-re le proprie scelte.

15. L’infermiere rileva e facilital’espressione del dolore dellapersona assistita durante l’in-tero processo di cura. Si ado-pera affinché la persona assi-stita sia libera dal dolore.

16. L'infermiere favorisce i rap-porti della persona assistitacon chi le è di riferimento econ la sua comunità, tenen-do conto della dimensioneinterculturale.

17. L'infermiere conosce il pro-getto diagnostico e terapeuti-co. Dà valore all'informazioneintegrata multi professionaledi cui cura la relativa docu-mentazione. Si adopera affin-ché la persona assistita di-sponga delle informazioninecessarie ai suoi bisogni divita.

18. L'infermiere nell’esercizioprofessionale assicura e tute-la la riservatezza della perso-na assistita e dei dati ad essarelativi durante l’intero pro-cesso di cura. Nel trattare idati si limita a ciò che è atti-nente all'assistenza.

19. L'infermiere rispetta la espli-cita volontà della persona as-

31NOVITÀ anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

sistita di non essere informa-ta sul proprio stato di salute,purché tale mancata infor-mazione non sia di pericoloper la persona stessa o pergli altri.

20. L'infermiere sostiene la rela-zione con la persona assistitache si trova in condizioni chene limitano l'espressione o ladefinizione e lo sviluppo delsuo progetto di vita.

21. L'infermiere che rileva priva-zioni o maltrattamenti sullapersona assistita, segnala lecircostanze all'autorità com-petente e si attiva perché visia un rapido intervento.

22. L'infermiere si adopera affin-ché sia presa in considerazio-ne l'opinione del minore ri-spetto alle scelte curative, as-sistenziali e sperimentali, te-nuto conto della sua età edel suo grado di maturità.

23. L'infermiere, quando la perso-na assistita non è in grado dimanifestare la propria volontà,tiene conto di quanto da leidocumentato o chiaramenteespresso in precedenza.

24. L'infermiere rispetta il segre-to professionale non solo perobbligo giuridico, ma per inti-ma convinzione e comeespressione concreta del rap-porto di fiducia con la perso-na assistita.

25. L'infermiere nella comunica-zione, anche attraverso mezziinformatici, si comporta concorrettezza, rispetto, traspa-renza e veridicità.

Capo IV - Il fine vita26. L'infermiere presta assistenza

fino al termine della vita del-la persona assistita.Riconosce l'importanza delgesto assistenziale, della pal-liazione, del conforto am-bientale, fisico, psicologico,relazionale e spirituale.

27. L'infermiere tutela la volontàdella persona assistita di por-re dei limiti agli interventi cheritiene non siano proporzio-nati alla sua condizione clini-ca o coerenti con la concezio-ne di qualità della vita espres-sa dalla persona stessa.

28. L'infermiere sostiene i fami-liari e le persone di riferi-mento della persona assisti-ta, nell'evoluzione finale dellamalattia, nel momento dellaperdita e nella fase di elabo-razione del lutto.

Capo V - L'organizzazione e lafunzione assistenziale29. L'infermiere ai diversi livelli di

responsabilità assistenziale,gestionale e formativa, parte-cipa e contribuisce alle sceltedell'organizzazione, alla defi-nizione dei modelli assisten-ziali, formativi ed organizzati-vi, all'equa allocazione dellerisorse e alla valorizzazionedella funzione infermieristicae del ruolo professionale.

30. L'infermiere concorre alla va-lutazione del contesto orga-nizzativo, gestionale e logisti-co in cui si trova la personaassistita e formalizza e comu-nica il risultato delle sue va-lutazioni.

31. L'infermiere, dipendente o li-bero professionista, partecipaal governo clinico, promuovele migliori condizioni di sicu-rezza della persona assistita,fa propri i percorsi di preven-zione e gestione del rischio eaderisce fattivamente alleprocedure operative, alle me-todologie di analisi deglieventi accaduti e alle moda-lità di informazione alle per-sone coinvolte

32. L’infermiere pone in esserequanto necessario per pro-teggere la persona assistitada eventi accidentali e/odannosi, mantenendo inalte-rata la di lei libertà e dignità.

33. L'infermiere, qualora l'orga-nizzazione chiedesse o piani-ficasse attività assistenziali,gestionali o formative in con-trasto con i propri principi evalori e/o con le norme dellaprofessione, si attiva per pro-porre soluzioni alternative ese necessario si avvale dellaclausola di coscienza.

Capo VI - L'infermiere e il Colle-gio professionale34. L'infermiere e il Collegio pro-

fessionale si impegnano af-finché l'agire del professioni-sta sia libero da condiziona-menti, interessi, pressioni diassistiti, familiari, altri opera-tori, imprese, associazioni, or-ganismi.

35. L'infermiere e il Collegio pro-fessionale si adoperano persostenere la qualità e l'ap-propriatezza dell'esercizioprofessionale infermieristico.

36. L'infermiere e il Collegio pro-fessionale segnalano le atti-vità di cura e assistenza privedi basi e riscontri scientificie/o di risultati validati.

37. L'infermiere e il Collegio pro-fessionale denunciano l'eser-cizio abusivo della professio-ne infermieristica.

38. L'infermiere e il Collegio pro-fessionale promuovono il va-lore e sostengono il prestigiodella professione e della col-lettività infermieristica.

39. L’infermiere tutela il proprionome e il decoro personale.Osserva le indicazioni delCollegio professionale nellainformazione e comunicazio-ne pubblicitaria.

40. L’infermiere esercita la fun-zione di rappresentanza pro-fessionale con dignità, corret-tezza e trasparenza. Utilizzaespressioni e adotta compor-tamenti che sostengono epromuovono il decoro e l’im-magine della comunità pro-fessionale e dei suoi attoriistituzionali.

Disposizioni finaliLe norme deontologiche conte-nute nel presente Codice sonovincolanti; la loro inosservanza èsanzionata dal Collegio professio-nale.I Collegi professionali sono ga-ranti della qualificazione dei pro-fessionisti e delle competenze daloro acquisite e sv luppate.I Collegi professionali, recepisco-no e attuano le indicazioni legi-slative, regolamentari e giuridi-che, inerenti il loro essere entiausiliari dello Stato.

Prima stesura Codice Deontologico dell’In-fermiere novembre 2016

anno XXVII n. 3 - Dicembre 201632 IPASVI FERRARA

Il Collegio IP.AS.VI. di Ferrara,sensibile verso i bisogni di chiaiuta la collettività a crescere at-traverso una sana e sicura praticasportiva, ha donato un defibril-latore alla Società Sportiva Be-nedetto Volley di Cento.Ci ha colpito la mission della so-cietà Benedetto Volley che, ancor-ché di recente nascita nell’ambitodello sport ferrarese, si adoperain maniera particolare in questosettore non agonistico gestendoormai da un paio di anni scolasti-ci un Progetto di Avviamento allapallavolo rivolto ai bambini delleScuole. In questa seconda stagio-ne il Progetto ha coinvolto all’in-circa 1500 bambini appartenentialle classi 3°,4° e 5° delle ScuoleElementari degli Istituti Compren-sivi n.1,2,3 e 4 del Comune diCento e il Comprensivo di Pievedi Cento e Castello d’Argile attra-verso lo svolgimento di oltre 600ore di lezione tenute da tecniciabilitati alla presenza delle inse-gnanti di classe.L’importante evento si è svolto inoccasione del Settembre Cente-se 2016 nella serata del 9 set-tembre alle ore 21.00 dedicata

alla presentazione dell’universoBenedetto (Serie B, Settore giova-nile e Benedetto Volley Femmi-nile) alla presenza del Presiden-te del Collegio IP.AS.VI di Ferra-ra Sandro Arnofi e della Presi-dente della Società Sportiva Be-nedetto Volley di Cento ElenaVergnani.Le parole del Presidente Arnofi…“E un onore ed un piacere donareil Defibrillatore a questa giovaneSocietà Sportiva. Al Collegio Infermieri di Ferrarasono iscritte 3200 persone che la-vorano in tutta la nostra Provin-cia. Noi abbiamo interesse a salva-guardare la salute delle persone eparticolare interesse a salvaguar-

dare la salute di questi ragazziche, anche se sportivi devono es-sere assolutamente protetti…”.Un defibrillatore per garantire ilmassimo della sicurezza a favoredelle giovanissime atlete nei luo-ghi di allenamento e gioco.I defibrillatori sono divenuti obbli-gatori per le associazioni sportivedilettantistiche: questi dispositivisono in grado di individuare leanomalie nel battito cardiaco e diagire in maniera tempestiva sugliinfortunati.Grazie ai comandi vocali emessi,inoltre, si dimostrano efficaci nel-l’iter di pronto intervento in casodi arresto cardiaco. Ciò consente agli operatori che liutilizzano, debitamente formatiper il soccorso, di intervenire an-che nella primissima fase dellarianimazione, in attesa dell’arrivodell’ambulanza.I dispositivi permettono così direndere più efficaci gli interventidi emergenza, a beneficio dellepersone in difficoltà e delle co-munità locali.Dopo l’evento sono arrivati i rin-graziamenti al Collegio IP.AS.VI.da parte della Società SportivaBenedetto Volley.

Donazione di un defibrillatore alla Società Sportiva Benedetto Volley di Cento

www.ipasvife.it

Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

La rivista Infermiere-Collegio pubblica articoli originali dinatura scientifica, comunicazione di esperienze professio-nali, comunicazione di eventi congressuali e scientifici, let-tere e richieste aventi carattere di interesse generale incampo Infermieristico, Medico e Sociale e comunque atti-nenti la Professione Infermieristica.I lavori possono pervenire su supporto cartaceo ed even-tualmente elettronico e dovranno avere queste caratteristi-che:• lettere, lettere aperte: devono essere dattiloscritte in sin-gola copia e contenere generalità, titoli professionali eistituzione di appartenenza degli Autori, nonché recapitotelefonico e indirizzo completo dell’Autore referente.

• articoli scientifici, comunicazioni professionali: devonopervenire in copia dattiloscritta o su corrispondente di-schetto (in formato PDF o Word) etichettato con nomedegli Autori e titolo dell’opera; il testo degli articoli nondovrà superare le 15 cartelle dattiloscritte di 30 righe,ognuna con 60 battute spazio 2, più un massimo di 5 ta-

belle numerate o fotografie, entrambe in originale.Gli articoli dovranno essere corredati da un riassunto in ita-liano contenuto in 150 parole, nonché da: nome, cognomedell’autore, qualifica professionale, nome dell’ente di ap-partenenza, recapito postale e telefonico. La bibliografia deve essere limitata all’essenziale, i riferi-menti bibliografici vanno indicati con numeri progressiviposti tra parentesi ed inseriti nel corpo del testo.Illustrazioni, fotografie e tabelle devono essere allegate insingoli fogli o in formato elettronico nel dischetto, ordinatenumericamente (Tab. 1; Fig. 1) ed avere qualità elevata diriproduzione grafica.Gli Autori rimangono responsabili dell’autenticità e veridici-tà del contenuto dei lavori inviati, dei riferimenti esposti,dell’originalità delle illustrazioni e tabelle, ecc…Tutti i lavori devono essere inviati in busta chiusa con lette-ra di accompagnamento che autorizza la pubblicazione.I materiali inviati non verranno comunque restituiti salvoespliciti accordi.

NORME PER GLI AUTORI

La somministrazioneendovenosa di liquidi

pag. 22

Riflessioni sul dolore

pag. 9

Sistema E.C.M.,a che punto siamo!

pag. 4

Prevenzione e trattamentodelle lesioni da pressione

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BOLLIN

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VERSO IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO 2017!

Per contattarciOrari di apertura al pubblico:Lunedì e Giovedì 15.30 - 18.00Martedì 09.00 - 12.00Venerdì 09.00 - 11.00

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Collegio Provinciale IPASVI di Ferraravia del Naviglio 33/a - 44123 Ferrara

Il Collegio è disponibile per iscrizioni, trasferimentiad altro Collegio, cancellazioni, rilascio diCertificati d’iscrizione e variazioni di residenza.

Sommario

L’ISCRIZIONE ALL’ALBO È “AUTOCERTIFICABILE”

Il Certificato d’iscrizione, viene rilasciato in temporeale dalla Segreteria del Collegio e quindi può es-sere ritirato immediatamente dal richiedente, pre-sentandosi presso la sede del Collegio; per ragioniburocratiche legate alla normativa sulla privacy, se ilrichiedente è impossibilitato al ritiro presso la sede,deve rilasciare delega al ritirante, oppure può richie-dere l'invio presso il proprio domicilio tramite racco-mandata con ricevuta di ritorno, rifondendo ilCollegio per il costo sostenuto.

È possibile inoltre, proporre al Collegio, quesitiinerenti la professione.

Chi desidera ricevere NEWS sugli eventi organiz-zati dal Collegio può inviare la propria mail all’in-dirizzo: [email protected]

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INFERMIERE COLLEGIOPeriodico del Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara - anno XX VII n. 3

Direzione, Redazione, Amministrazione:via del Naviglio 33/a - Ferrara

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Direttore responsabile: Sandro Arnofi

Stampa: Cartografica Artigianavia Béla Bartòk 20/22 - 44124 Ferrara

Rivista chiusa in tipografia il 14 dicembre 2016Poste Italiane S.p.A. - spedizione in Abbonamento Postale - DL. 353/2003

(conv. in L. 27/02 /2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Ferrara

Redazione e progetto grafico: Commissione Comunicazione/Rivista Loredana Gamberoni, Gloria Gianesini, Cristiano Mainardi,

Andrea Menegatti, Barbara Sofritti, Simone Vincenzi

41IPASVI FERRARA anno XXVII n. 3 - Dicembre 2016

EDITORIALE DEL PRESIDENTE

ARTICOLI ORIGINALI- “Revisione del Modello Organizzativo nella emergenza/urgenza all’interno della struttura ospedaliera: studio di fattibilità”

APPROFONDIMENTI- Sistema ECM, a che punto siamo!

- Le riflessioni sul dolore, la sofferenza e la mortenell’era della tecnica e della tecnologia

- Riflessioni di una infermiera di Pronto Soccorso

- Riflessione di un infermiere di Oncoematologia

- La professione infermieristica nelle Regioni: occupazione, retribuzioni, rapporto con pazienti, cittadini, medici e gli effetti dei blocchi di turn overe retribuzioni

- Aggiornamento EB Virus Zika

EVIDENCE BASED PRACTICE- Linee guida per la somministrazione endovenosa diliquidi nei pazienti adulti ospedalizzati

- Linee guida per la prevenzione e trattamento dellelesioni da pressione nelle cure primanrie e in ospedale

NOVITÀ- Prima stesura Codice Deontologico dell'Infermiere novembre 2016.Presentazione Consiglio Nazionale Roma 26 novembre2016

IPASVI FERRARA- Donazione di un defibrillatore alla Società SportivaBenedetto Volley di Cento

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