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ASSOCI AZIOM: TI:RMC)IHCI\I(:A I lK I.I A N A X X V CONGRESSO NAZIONALE ATI TRIESTE - 21-25 settembre 1970 MEMORIE PRESTAMPE

XXV Congresso Nazionale ATI (Associazione Termotecnica Italiana)

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raccolte di varie ricerche fatte da membri dell' ATI

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ASSOCI A Z I O M : T I : R M C ) I H C I \ I ( : A I lK I.I A N A

XXV CONGRESSO NAZIONALE ATITRIESTE - 21-25 settembre 1970

MEMORIE

PRESTAMPE

A l l ' ASSOCIAZIONE TERMOTÈCNICA" ITALIANA

XXV CONGRESSO NAZIONALE ATITRIESTE - 21-25 settembre 1970

MEMORIE

PRESTAMPE

N.B. - Si prega di tener presente che.per mancanza di tempo, non tutti glierrori tipografici sono stati corretti.

i

SOMMARIO

A. Gregoretti: Situazione attuale dei grandi motori Diesel 3

S. Salvigni, E. Lorenzini: Influenza dello scambio termico sul regime fluidodina-mico: risultati sperimentali sulla transizione laminare-turbolenla in condotticircolari 12

• lì. Lurenzini, S. Salvigli!.- Sulla laminarizzazìone: alcuni risultali sperimentali 19

A. Sacelli : Velocità del suono nella miscela bifase acqua-vapore 25

C. Codegone: Contributo alla storia della fisica tecnica in Italia 31

G. Ciliborlo, C. Bossaglìa: Motori a due tempi di grandissimo diametro conpotenza ili 4000 CV per cilindro 38

P. Passetti, G. Tantussi: .«lafilogi'u elettrica per lo studio di pareti multiple in

regime variabile , 50

G. Ferrari: Sollecitazioni termiche nello stantuffo di un motore a CI 63

S. Sterni: Sollecitazioni termiche in un cilindro infinito lambito da un fluido intransitorio « pilotato * di temperatura 73

E. Latrata : Un metodo p-r determinare il coefficiente di trasmissione termica perconvezione di fluidi in condotti - Parie I 83

S. Iìotteri, G. Costantinitles: Correlazioni tra condizioni di esercizio e manil-le uzione dei motori Diesel ferroviari ed evoluzione di alcune caratteristiche deglioli nell'uso 88

1". Garzella: ìiejrigerazione di organi di forni industriali con ricupero del caloremediante evaporazione dell'acqua di raffreddamento e utilizzo del vaporeprodotto 100

A. K u n k l : Esperienze di lavaggio chimica dei generatori di vapore . . . . 104

C. Sandr i , A. P remol i : Uno studio sulla depressurizzazione conseguente a rotturedi un recipiente in pressione contenente acqua-vapore 112

A. Premoli, D. Di Francesco, A. Prina: Una rorrelazione adimensionale per ladeterminazione della densità di miscele bifasiche 120

L. Cedolin, A. Hassid, T. Rossini: Analisi sperimentale delle vibrazioni dielementi di combustibile a fascio di barre, refrigerati da flusso bifase (gas ++ liquido) 130

F. Cottino: Apparato motore misto Diesel - Turbine a gas (Codag) con riduttorea cambio di velocità 137

C. Codegone: Sull'inquinamento atmosferico nell'area urbana prodotta da im-pianti termici 144

N. Ferrucci, D. Pitimada: Experimental vibration characteristics of a B.W.B.juel assembly 149

L. Pagliani: Affidabilità ed economia di esercizio nelle centrali termiche per ri-scaldamento ad acqua calda, con funzionamento automalico ih sequenza . . 161

Situazione attuale dei grandi motori Diesel

Antonio Gregoretti {*)

Sommario - 11 grande motore Diesel è una macchinad'alto rendimento che trova impiego in molte appli-cazioni delle quali vengono descritte le più caratteri-stiche: propulsione navale, propulsione ferroviaria,produzione di energia elettrica, eco.

Per ciascuna applicazione vengono messe in evi-denza le caraiterirtiche più salienti ed i problemi diricerca e di sviluppo che ne derivano.

Summary - The large diesel engine is a highlyefficient machine which is used for manif applicationsof which the most characteristics are: inarine propul-sion, railway traction, production of electric energy,etc.

For each application the most salient characteristicsand the ensuing problem of research and developmentare mentioned.

Si tratta della GRANDI MOTORI TRIESTEnella quale verrà concentrata tutta l'attività diricerca, di progettazione, di costruzione, di vendita(in Italia e all'estero) e di assistenza post-venditadei grandi motori Diesel, fabbricati finora in Italia,dalla FIAT e dall'IRI.

Il tema è inoltre di attualità anche perché inquesti anni si è tornati a parlare della competizionetra il motore Diesel e la turbina a vapore sopra tuttoin relazione alle grandi navi cisterna verso le qualisi è indirizzato l'armamento con un imponentevolume di ordinazioni. Queste grosse cisterne ven-gono costruite in Italia proprio nel vicino Cantieredi Monfalcone e tre di esse da oltre 250.000 tonn.di portata lorda saranno azionate da motori Diesel(% 1)-

Come Lor Signori sanno, oltre che nella propul-

Fig. 1 - Apparato di propulsione della potenza di 40.000 CV, costituito da un motore a 2 tempi con 10 cilindri 0 1060 tnm ecorsa stantuffi di 1900 mm, di una grandissima nave cisterna (253.000 tons d.w.).

Il XXV Congresso nazionale dell1 AssociazioneTermotecnica Italiana, organizzato dalla SezioneGiuliana, ha quale tema principale il motore Diesel.Questo tema è di particolare attualità, perché pro-prio qui a Trieste, sta sorgendo una grande fabbri-ca che, per le sue dimensioni e per i mezzi di lavorodi cui sarà dotata, sarà, per quanto mi risulta, lapiù grande e moderna fabbrica di motori del mondo.

(*) Fiat Grandi Motori - Divisione Mare, Torino.

sione navale il motore Diesel trova largo impiegoanche in numerose altre applicazioni; per ragioni dichiarezza né considererò, separatamente, le princi-pali, cercando, per ciascuna di esse, di mettere inevidenza gli aspetti più earatteristici.

1) Inpiego asraleNell'impiego navale il motore Diesel ha sempre

mantenuto una notevole supremazia rispetto alleturbine a vapore tanto che, prima della chiusura,per le note ragioni, del Canale di Suez, le motonavi

erano fortemente preponderanti rispetto a quellecon altri mezzi di propulsione: precisamente lapotenza installala a bordo di navi con motori Dieselrappresentava l'85% circa della potenza totale.

La chiusura del Canale di Suez ha provocato la.messa in costruzione di molte grandissime cisterne(è recente la notizia che un noto cantiere giapponesecostruirà una cistsrna da 470.000 tdw) richiedentiapparati motori con potenza intorno ai 30-^40.000CV.

A quell'epoca i costruttori di motori Diesel ave-vano in fase di progetto gli attuali motori di gran-dissimo diametro e quindi gli imprevedibiìi avveni-rne .iti li trovarono impreparati ad offrire subito queimotori che erano soltanto in fase di più o menoavanzata progettazione.

Conseguenteinente, per le prime supercisternesono stati adottati apparati di propulsione conturbine a vapore per le quali, nel campo delle gran-dissime potenze, esisteva già una notevole espe-rienza fatta nelle centrali termoelettriche.

La percentuale delle turbine ha così preso respiroed è cosi salita fino al 36%. in termini di potenzaglobale.

Attualmente i principali costruttori di motoridel mondo, «: in Italia la FIAT, hanno . '.esso apunto dei motori con cilindri di grandissimo dia-metro, capaci di dare, in servizio continuativo, lapotenza di 4.000 CV per cilindro, per cui, con unitàa 12 cilindri, è possibile oggi ottenere apparati dipropulsione monomotori della potenza di 48.000 CV.

La comparsa di motori Diesel di grandissima po-tenza ha fatto riprendere quota alla propulsioneDiesel ed a! 31 marzo .1.970 vi erano in ordina--ione ben 2.038 motonavi contro soltanto 327 navia vapore, con una potenza installata di 21 milionidi CV Diesel contro 11,2 milioni di CV a turbina.

Tali cifre si riferiscono a navi di portata uguale osuperiore a 2.0CO tdw e sono ricavate dalla notarivista « The Motor Ship ».

Dalla stessa rivista anche nel campo delle grandinavi si può ricavare una interessante statistica:al marzo 1970 vi erano in ordinazione 109 motonavidi portata lorda fra 90.000 e 170.000 tonn. controsoltanto 31 turbonavi e cioè nella proporzione di78 e 22% rispettivamente.

Significativo del progresso del motore Diesel intermini di potenza è il fatto che la potenza mono-cilindrica in servizio che era circa 800 CV per cilin-dro nel 1950 è passata a circa 2.000 CV per cilindronel 1960 ed è oggi di 4.000 CV per cilindro. Si è cioèavuto, all'incirca, un raddoppio della potenza mono-cilindrica ogni dieci anni (fig. 2).

Lo sviluppo recente del motore Diesel per la pro-pulsione delle grandi navi è avvenuto secondo duedirezioni :— motori lenti, con potenza per cilindro fino a

circa 4.000 CV e velocità di rotazione da 110a 125 giri/min;

— motori di medio diametro, con potenza percilindro fino a ca. 900-H 1.000 CV e con velocitàdi rotazione da 400 a 500 giri/min.

Vediamo ora quali sono le caratteristiche di questitipi di motore.

Motori lenti. Sono ormai tutti del tipo a due tem-

1950 1970

Fig. 2 - Andamento de'la potenza per cilindro e della pres-sione media effettiva per i grane; motori a 2 tempi,semplice eit'etto (valori di esercizio per motori marini).

pi, semplice effetto con-sovralimentazione medianteturbosoffianti a gas di scarico. Tra i principali co-struttori di grandi motori hanno adottato la sovra-limentazione con turbine alimentate a pressione co-stante le Ditte FIAT, Sulzer, Man e Gotawerken,quella ad impulsi soltanto "la Ditta Burmeister &Wain.

Il lavaggio è di tipo trasversale nei motori FIAT,Sulzer e Man e del tipo longitudinale nei motoriBurmeister & Wain e Gotawerken.

I consumi specifici di combustibile nei diversitipi di motori sono equivalenti ; a grandi linee sipuò portare a vantaggio dei motori a lavaggio tra-sversale una migliore attitudine a bruciare combu-stibili di quaisiasi tipo, data l'assenza, in questimotori, di valvole sul percorso dei gas di scarico.

A. vantaggi./ del lavaggio longitudinale sta, inve-ce, un lieve maggior rendimento di lavaggio chepermette di sviluppare, a parità di cilindrata, pres-sioni medie effettive un po' più elevate.

Come già accennato, il rendimento complessivo èpraticamente lo stesso per tutti i motori e ad essocorrisponde un consumo specifico di combustibiledi 0,150-=-0,155 kg/CVh.

Con l'aumentare delle potenze richieste anche ledimensioni dei cilindri sono aumentate sino ad arri-vare al diametro di 1060 mm ; si sono dovuti risol-vere alcuni problemi piuttosto complessi di carat-

tere progettativo, riguardanti specialmente gli or-gani delimitanti la camera di combustione in conse-guenza del maggior carico termico cui questi sonosoggetti, nonché gli organi sollecitati meccanica-mente dalla pressione massima di combustione chepuò raggiurgerc gli 85 kg/cmz.

La necessità di mantenere entro limiti di sicu-rezza In temperatura degli organi delimitagli lacamera di combustione, ha portato a soluzioni parti-colari: ad esempio per la camicia cilindro va sem-pre più diffondendosi il tipo blindato costituito dauna parte interna di ghisa speciale avente particolaricaratteristiche di resistenza all'usura, e da unaparte esterna di acciaio che serve da blindaggio allaparte di guisa e funge anche da parete esterna dellacamera di circolazione dell'acqua di raffredda-mento (fig. 3).

quindi per il basso consumo di combustibile, il mo-tore Diesel viene preferito, nella propulsione navale,anche per la semplicità della sua configurazionecostruttiva, infatti il motore Diesel è una mrechinacomposta da clementi multipli ai quali si può fareuna manutenzione programmata, che non richiedesoste particolari della nave nei porti, mentre, per gliapparati a turbina, la manutenzione viene fattageneralmente in appositi periodi di sosta dellanave.

Naturalmente nella ricerca di elevate prestazionii progettisti ed i costruttori del Diesel hanno postoanche la massima attenzione alla durata dei suoiorgani ed alla facilità di accesso per manutenzionein modo da allungare al massimo l'intervallo trauna manutenzione e l'altra: è oggi pratica normale

Fig. 3 - Evoluzione del disegno dellecamicie nei motori a 2 tempi.A: camicia di pezzo in ghisaB: camicia in due pezzi con parte

superiore in acciaio e boccolainterna in ghisa e parte infe-riore i.< ghisa.

C: camicia composta con partesuperiore in ghisa e blinda-tura esterna in acciaio.

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-B--4-

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Fig. 4 - Evoluzione del disegno degli stantuffi nei mo-tori a 2 tempi.A: raffreddamento a sbattimento di olio.B: raffreddamento a laminazione di olio.C: raffreddamento a circolazione di olio (nella so-

luzione di sinistra le nervature sono ricavateall'interno delta testata, in quella di destra lenervature laterali sono invece ricavate sulsopporto).

Per gli stantufiì, con particolari accorgimenti co-struttivi è stato, fino ad oggi, possibile ad alcunicostruttori tra i quali la FIAT, di mantenere lasoluzione con raffreddamento ad olio che è indubbia-mente la più semplice, specialmente per quanto ri-guarda gli organi di adduzione del fluido refrige-rante allo stantuffo e da quindi la massima sicu-rezza contro eventuali inquinamenti dell'olio lubri-ficante. Si nota però una tendenza a passare al raf-freddamento ad acqua dello stantuffo, perché spe-cialmente con i grandi diametri di stantuffo oggiraggiunti, è difficile mantenere, con l'olio, la ternpe-tura dello stantuffo entro limiti accettabili (fig; 4).

Ciò è dovuto, com'è noto, al più basso" coefficientedi trasmissione del calore tra la parete e il fluidorefrigerante dell'olio rispetto all'acqua e al maggiorcalore specifico di quest'ultima.

Oltre che per il suo elevate rendimento termico e

estrarre uno stantuffo dal cilindro per manutenzionead intervalli di circa un anno.

L'usura delle camicie con le leghe di ghisa oggigeneralmente impiegate, aventi particolari caratte-ristiche di resistenza all'usura, e con l'uso di unbuon olio lubrificante anticorrosivo, raggiunge deivalori molto bassi, pari a pochi centesimi di mmper 1.000 ore di moto, pur impiegando della naftada caldaia del tipo più economico.

Motori di medio diametro. I motori di medio dia-metro e quindi con velocità di rotazione da 300 a500 giri, venivano impiegati in passato essenzial-mente per la propulsione di navi di piccolo ton-nellaggio, per battelli fluviali e in genere per potenzelimitate.

La sempre maggiore richiesta di navi trasportoautoveicoli e di navi crociera, che richiedono diavere nella parte alta della nave il massimo spazio

a disposizione del carico, o delle cabine per pas-seggeri, hanno portato alla richiesta di apparatimotori di altezza limitata.

Essi sono stati realizzati accoppiando due o piùmotori veloci e quindi di dimensioni relativamenteridotte ad un riduttore di giri destinalo a portare la

zione di elevato rendimento che permettono di arri-vare a rapporti di compressione dell'aria di ali-mentazione del motore fine a 3 circa.

I problemi principali che '. I sono dovuti affrontarenello sviluppo dei motori di medio diametro sonoderivati essenzialmente dalle esigenze inderogabili

Fig. 5 - Apparato di propulsione della potenza di 12.000 CV costituito da quattro motori a 4 tempi di media velocità (450giri/nà») con 6 cilindri di 420 mm. e corsa delio stantuffo di 500 mm di una nave traghetto per treni e autoveicoli(Ferrovie dello Stato).1 : Motori principali ; 2 : Giunti ; '•:'•: Riduttori.

velocità di rotazione dell'elica ad un valore il piùpossibile vicino a quello ottimo per le esigenze dellapropulsane (fig, 5).

I motori con media velocità di rotazione hannocosì ricevuto un notevole impulso ed un notevolelavoro di sviluppo e di ricerca è stato fatto in questadirezione da quasi tutti i principali costruttori.

Al progettista sono stati chiesti motori aventielevata potenze per cilindro, capaci di bruciarecombustibile residuo, cioè natta da caldaia e nellost.esso tempo richiedenti pocr. manutenzione.

Sono apparsi così sul mercato motori con diame-tro cilindro da 400-=-580 mm, con velocità di rota-zioni; di 400-r500 giri/min e con potenza di cilindroda 400 a 900 CV.

Motori ancora più potenti sono in avanzata fasedi messa a punto. I motori di medio diametro sono,per la maggior parte, motori a 4 tempi funzionanticon pressioni nudie effettive del ciclo da 15 a 18kg/cm*.

Valori alquanto pi»! elevati sono stati raggiuntiin sede di prova ed il futuro si presenta, in questosenso, motto promettente, anche per la disponibi-lità sul mercato di turbosoffìanti di sovralinunta-

di bruciare combustibile da caldaia come già damolti anni avviene nei motori lenti.

Particolarmente sensibili ai combustibili scadentisono i motori a 4 tempi, e quel]: a 2 tempi aventivalvole allo scarico.

Si sono adottate particolari leghe per rivestiresia le sedi delle valvole che le valvole stesse ondeproteggere queste parti dall'azione fortemente ag-gressiva dei prodotti della combustione.

Sono state anche studiate e realizzate soluzioniche permettono di raffreddare, mediante circola-zione di acqua, la sede della valvola e anche lavalvola stessa, in modo da portate la temperaturanella zona di tenuta al di sotto di quei limiti aldisopra dei quali le ceneri che si formano nellacombustione in presenza di certi elementi a questoeffetto nocivi, quali vanadio, zolfo, metalli alcalini,ecc, diventano liquid» e tendono ad aderire forte-mente alle parti calde.

Gli stantuffi devono resistere alle elevate tempe-rature dei gas nella camera di combustione; cosi,mentre per i diametri più piccoli venivano e ven-gono tuttora impiegati stantuffi integrali in legaleggera, si è passati per i diametri più grandi, a

stantuffi composti con metalli in lega leggera etesta in acciaio. In questo :;.cdo è stato possibilerealizzare un raffreddamento adeguato della zonaprospicente la camera di combutione e della zonaportante le fasce elastiche ed evitare così, nella pri-ma, il manifestarsi di fessurazioni dovute a shocktermico e, njlla seconda, la formazione di lacche chepossono bloccare le fasce elastiche e quindi produrregrippaggi dello stantuffo in seguito a surriscalda-mento dovuto a trafìlamenti di gas (fig. 6).

Fg. 6 - Evoluzione del sistema di raffreddamento deglistantuffi dei motori a 4 tempi..4: a semplice sbattimento di olio.B: a circolazione di olio in sepentina incorporata nella

fusione.C: con cava anulare-ricavata nella fusione.D: stantuffo composito con raffreddamento a circola-

zione di olio.

I consumi specifici di combustibile sono pratica-mente dello stesso valore di quelli che si hanno neimotori lenti e cioè 0,150-rO,155 kg/CVh.

II consumo di olio lubrificante,.che per i motoriveloci è generalmente più elevato di quello dei mo-tori lenti, è stato notevomente ridotto mediantel'adozione di accorgimenti costruttivi particolari,specialmente per quanto riguarda le fasce raschiaolio.

Il consumo di olio è così sceso a valori inferiori ad1 g/CVh, cioè è di poco superiore a quanto si hanei motori lenti complessivamente per l'olio cilindrie l'olio carter. --'-

Siccome, a parità i potenza, con i motori di mediòdiametro si ha un maggior numero di cilindri ri-spetto ai motori lenti, si è dovuto studiare accurata-mente l'accessibilità agli organi più soggetti amanutenzione come: valvole, sedi valvole e stani

tuffi per ridurre al mìnimo i tempi di ispezione esmontaggio.

Si può dire oggi che, a parità di potenza sull'elica,la spesa per manutenzione è praticamente la stessaper i due tipi di motore, richiedendo, grosso modo,quelli lenti un maggior costo per le parti soggettea ricambio e quelli veloci un maggior costo per lamano d'opera.

2) Impiego ferroviarioL'applicazione del motore Diesel alla trazione

ferroviaria data da molti anni, per il primo impiegoesteso si è avuto negli Stati Uniti d'America dove,a partire dalla fine della seconda guerra mondiale,il motore Diesel ha praticamente soppiantato lalocomotiva a vapore.

Attualmente il parco ferroviario degli Stati Uniti,comprende oltre 27.000 locomotive Diesel.

In Europa, negli ultimi dieci anni, le locomotivea vapore si sono ridotte praticamente dell'80%mentre è aumentato di circa 5 volte il parco delielocomotive Diesel. Nel 1968, il parco europeo dilocomotive comprendeva 7.400 locomotive a vapore,9.100 elettriche e ben 16.000 locomotive Diesel.

In Italia, data la configurazione geografica delnostro Paese, e la passa*--; notevole disponibilitàdi energia elettrica d'origine idraulica, la situazione èdi circa 240 locomotive Diesel di Jinca e circa 1.700tra automotrici, autotreni e mezzi Diesel di ma-novra.

Mentre la grande maggioranza dei motori Dieae!statunitensi ha velocità di rotazione da 800 a 1.100giri/min e potenza unitaria fino a 4.000 CV inEuropa, invece, hanno avuto una notevoJe diffu-sione motori più veloci a 1.500 giri/min.

In Italia la grande maggioranza delle locomotiveDiesel di linea è equipaggiata con motori a 1,000-=--f- 1.100 giri/min; in epoca più recente sono entratein servizio locomotive con motori a 1.500-r 1.600giri/min (fig. 7).

Si tratta in genere di motori con potenza di 190-e--j-230 CV per cilindro e con unità a 8 e a 12 cilindri.

La richiesta di maggiore potenza e la necessitàdi non superare certi pesi per asse imposti allecaratteristiche dell'armamento della linea, porta allatendenza verso una maggiore diffusione dei motoria 1.500 giri/min, che sono, ovviamente, più leggeri.

Come per le altre applicazioni, la potenza mono-cilindrica dei motori ferroviari ha avuto notevoleincremento. In questi ultimi anni, dai 6O-f-7O CVper cilindro dei motori delle prime locomotive chenon erano sovralimentati si è arrivati a circa 250CV per cilindro dei motori più recenti, provvisti disovralimentazione con interrefri gè razione dell'arie(fig- 8).

Le pressioni medie effettive del ciclo sono intornoai 18 kg/cm*. Attualmente sono in corso presto icostruttori, prove al banco molto severe che fa-sciano prevedere la disponibilità in un non lontanofuturo, di motori ferroviari da 300 CV per cilindro,funzionanti a pressioni medie effettive del ciclo di21-r22 kg/cm*.

È da notare che l'applicazione ferroviaria èl'unica per la quale siano" state fatte da un Enteinternazionale (Union Internationale des Cheminsde Fer) delle norme di omologazione, molto severe,

Fig. 7 - Locomotiva azionata da un motore a 4 tempi (8 cilindri a V, diametro 210 mm, corsa 230 mm: potenza 1500 CVa 1500 giri/min).

Anni

Fig. 8 - Andamento della potenza per cilindra, della prenionemedia effettiva e del peso per cavallo per i motori a4 tempi semiveloci (1000 - 1500 giri/min). Valori diesercizio per motori ferroviari.

basate su 850 ore di funzionamento continuativoal banco, oppure su 4.500 ore di funzionamento inesercizio.

Sono pochi i motori nel mondo che hanno supe-rato queste prove molto gravose e tra questi i mo-tori ferroviari di progetto e costruzione italiana.

Problemi riguardanti lo sviluppo dei motori ferroviariCarico termico. La domanda di potenze per ci-

lindro, sempre più elevate, e la necessità di restarecon il peso al disotto di certi limiti, ha richiesto aiprogettisti la risoluzione di parecchi problemi spe-cialmente per quanto riguarda il carico termico cuisono soggetti gli orfani delimitanti la camera dicombustione: testata cilindro, testata stantuffo,camicia.

Sono problemi simili a quelli relativi ai motori a2 tempi di grande diametro e ai motori di mediodiametro; le minori dimensioni di cilindro hannoperò permesso di ottenere, nella maggioranza deioasi, risultati soddisfacenti óenza modificare radical-mente la struttura dei suoi organi ma, più semplice-mente, perfezionando il disegno dei medesimi. Adesempio, per gli stantuffi, dalla soluzione originariadi costruzione integrale in lega leggera, si è passatia stantuffi con serpentina di raffreddamento incor-porata per arrivare, con successive varianti, allasoluzione composita con parte superiore in acciaioe parte inferiore in lega di alluminio.

Problemi di iniezione. La necessità di iniettarequantità di combustibile sempre maggiori in tempisempre più brevi, corrispondenti alla più eievatavelocità di rotazione, ha richiesto studi e speri-mentazioni notevoli per il complesso costituito da:pompa iniezione, -tubazione, iniettore e camera dicombustions.

I più ewatteristici fenomeni interessanti questi

organi possono essere così riassunti: risonanzefluido-dinamiche, cavitazione, turbolenza nella ca-mera di combustione e sua relazione con le caratte-ristiche dell'iniettore (numero fori, diametro, lun-ghezza, eco.).

Questi problemi sono stati studiati ricorrendo asistemi di calcolo sempre più perfezionati e basatisull'impiego -del calcolatore elettronico che,' anchein questo campo, si è rivelato un potente ausilio delprogettista. • ••

Problemi meccanici, Il motore ferroviario è in-stallato su di un complesso relativamente deforma-bile quale è il telaio della locomotiva: esso puòpertanto risentire degli sforzi anormali che possonooriginarsi negli urti cui vanno soggette le ruote delveicolo in corrispondenza delle giunzioni delle rotaieo per difettose condizioni del binaria.

Sta diventando pertanto caratteristica peculiaredel motore ferroviario la sospensione elastica altelaio generalmente su tre punti.

Ne consegue, nella trazione Diesel-elettrica, lanecessità di collegare ii generatore al motore conm attacco frontale molto robusto che conferiscauna notevole compattezza al gruppo.

3) Produzione di energia elettricaL'impiego del motore Diesel nel campo della

generazione di energia elettrica non è limitato, comepotrebbe ritenersi, alle piccole potenze quali sonorichieste, ad esempio, per le centrali elettriche dellenavi, o per fornire energia ad aziende in localitàisolate; esso trova anche applicazione in centralidi ragguardevole potenza sia di autoproduzioneche di alimentazione di reti di distribuzione ur-bana.

Tra le più significative e recenti applicazioni rea-lizzate con motori di concezione e fabbricazioneitaliana dello stesso tipo di quelli che saranno co-struiti nel nuovo Stabilimento di Trieste, ricorde-remo la centrale elettrica della Municipalità dellacittà di Freeport, nello Stato di New York.

In questa centrale sono stati installati, circa dueanni fa, 2 gruppi elettrogeni da 10.000 kW cia-scuno funzionanti a -nafta da caldaia e che sonoutilizzati per servizio di base (fig. 9).

Questa centrale riveste notevole importanza pernoi italiani in quanto si tratta dei primi motoriDiesel lenti — i cosidetti « motori europei », come lichiamano gli maericani — importati in quel conti-nente.

Si tratta di due motori FIAT a 6 cilindri di 900mm di diametro giranti alla velocità di circa 124giri/min accoppiati ad alternatori a 58 poli.

Per i gruppi elettrogeneratori di grande potenza iproblemi peculiari da risolvere riguardano general-mente un accurato studio delle, vibrazioni torsionaliper escludere da] campo di funzionamento eventualirisonanze pericolose.

Il calcolo ha raggiunto un tale grado di perfezioneche è possibile oggi calcolare con notevole preci-sione oltre che le frequenze proprie e le relativerisonanze, anche il valore effettivo delle sollecita-zioni che esse provocano negli organi interessati —albero a manovelle e albero dell'alternatore — eprevedere quindi, con sufficiente approssimazione,il funzionamento in esercizio.

Fig. 9 - Centrale elettrica «Iella potenza di circa 20.000 kWcon due motori a 2 tempi (l'reeport - U.S.A.).

Con i moderni regolatori di tipo idraulico odelettrico messi sul mercato da Ditte specializzate,anche il problema della regolazione viene risoltoin modo soddisfacente, sia per le esigenze di stabilitàdella frequenza che per quelle derivanti dai fe-nomeni transitori.

Anche i fenomeni di risonanza elettromeccanicasono oggi sufficientemente conosciuti nella lorointima essenza, cosicché non è diffìcile arrivare,generalmente, ad una proficua collaborazione tracostruttore del Diesel, costruttore dell'alternatore eutente, che porti, anche sotto questo aspetto, adun soddisfacente funzionamento del complesso.

4) AppKcazioai «tiveneÈ certamente Loro nota la grande varietà di

applicazioni che il motore Diesel può avere; essederivano soprattutto dall'ottimo rendimento diquesta macchina, rendimento che entro vasti limitiè indipendente dalla grandezza (potenza) del mo-tore. Per cui, anche con gruppi relativamente pic-coli, si hanno consumi di combustibile molto buoni,dell'ordine di l§0-=-180 g/CVh.

Mi limiterò a ricordare qui due tra i più caratte-ristici impieghi dei motore Diesel di questi ultimianni: gli impianti di perforazione per la ricercadel petrolio e gli impianti di emergenza delle cen-trali elettronucì'eari.

Impianti di perforazione pozzi di petrolioPer questa applicazione vengano impiegati ino- •

tori relativamente' veloci, con velocità di rotazionetra i 1.000 e 1.500 giri/min per azionare, in alcunicasi, anche con più unità in parallelo e trasmissionemeccanica od elettrica, le sonde di perforazione(fig. 10).

fredde, e vengono con una certa frequenza, spostatida una località.ad un'altra.

Pure molto gravoso in questa stessa applicazioneè il funzionamento dei motori che azionano le pom-pe del fango; essi .sono chiamati a fornire con conti-nuità, giorno e notte, prestazioni molto elevate,quasi al limite di sicurezza, onde ottenere dal com-plesso dell'impianto le massime prestazioni.

Impianti di emergenza per centrali nucleari-E nota la fondamentale importanza che riveste

per le centrali elettronucleari l'immediatezza dientrata in funzione e la fornitura della richiesta

t /

4

Fig. 10 - Impianto per ricerchepetrolìfere sottomarine. Seimotori a 4 tempi fornisco-no l'energia elettrica (com-plessivamente 4140 CV)per l'azionamento dellatavola Rotary, dell'arga-no, delle pompe tango eper tutti i servizi ili bordo.

0 2 * « • » M

L'esercizio è molto gravoso in quanto questi mo-tori vengono fatti funzionare a carichi elevati erapidamente variabili nonché in condizioni ambien-tali generalmente avverse. Infatti in molte di questeapplicazioni i motori funzionano completamenteesposti alle intemperie, sia ai Tropici che nelle zone

quantità di energìa dei gruppi di pronto interventoche devono alimentare i ventilatori di emergenzaed altri ausiliari minori in caso di avaria che provo-chi la mancanza totale di energia elettrica dellarete.

A questo scopo vengono generalmente installati

10

due o più gruppi elettrogeni di potenza adeguata,azionaci da motori Diesel che devono entrare infunzione e portarsi a pieno carico in pochi secondi.Caratteristica questa che è peculiare del motoreDiesel.

Ad esempio per una centrale nucleare di 700-e-800MW è chiesta una potenza elettrica installata perinterventi di emergenza dell'ordine di circa 10.000kW che deve essere sviluppata dai motori Dieselcon raggiungimento uel pieno carico in una decinadi secondi.

5) Possibilità di automazionePrima di chiudere questa mia breve rassegna

sulle possibilità attuali del motore Diesel, voglioricordare gli impianti di automazione dei motori chehanno raggiunto oggi un grado di perfezione taleda permettere il funzionamento degli apparati mo-tori navali senza la presenza di alcuna persona nellaSala Macchine.

Naturalmente anche l'automazione del Dieselnavale ha proceduto per gradi.

Le prime applicazioni consistevano essenzialmen-te in un comando a distanza e nell'indicazione, purea distanza, di alcuni dei parametri più caratteri-stici del funzionamento del motore.

Si è passati successivamente a impianti più per-fezionati nei quali l'automazione è stata spinta almassime), sia come completezza di interventi — infase di avviamento, nell'esercizio normale o in casodi anomalie — sia come estensione, poiché l'auto-

mazione è stata applicata anche a tutti gli ausiliaridel motore principale.

Credo sia interessante far notare che la prima na-ve italiana con automazione notevolmente estesa èstata costruita dal Cantiere Breda di Venezia perla Russia ed è provvista di un motore FIAT dellostesso tipo di quelli che verranno costruiti nellanuova fabbrica di Trieste.

Automazioni complete di questo tipo sono statesuccessivamente progettate e fornite dalla FIATper altre navi costruite in Germania, e provviste dimotori FIAT.

Questo tipo di automazione ha dimostrato, nel-l'esercizio, di avere malattie di infanzia trascurabilie di presentare, per contro, una affidabilità moltoelevata.

Chiudo questa mia esposizione esprìmendo laconvinzione che il motore Diesel è una macchinaancora di grandissima attualità che si presta ad unaestesissima gamma di impieghi per la sua possi-bilità di realizzazione con una molteplicità di tipie soluzioni diverse e per il suo elevato rendimentotermico — che lo pone tra le macchine di maggiorefficienza oggi esistenti.

Credo perciò che dobbiamo essere tutti particolar-mente lieti che sia stato deciso di potenziare l'indu-stria italiana in questo settore con la costruzione,qui a Trieste, della Grandi Motori Trieste che, perla sua modernità e per le sue dimensioni, dovràpoter contare su un vasto mercato internazionale;quindi potrà potenziare sempre più la ricerca e losviluppo, eaposaìdi fondamentali sulla via dd pro-gresso.

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Influenza dello scambio termico sul regime fluodinamico :risultati sperimentali sulla transizione laminare-turbolenta

in condotti circolari

• • ' • ' • Sandró Salvigni, Enrico Lorenzini

Sommario - Si riportano i risultati di una ricercasperimenale sull'influenza dello scambio termico sulregime di moto: con riferimento e pr e condotte in

' diverse condizioni di scambio termico per numeri di. Reynolds < 2100 si sono trovate sia le condizioni

per cui il moto cessa di essere puramente laminaredie quelle per cui si ha il passaggio ad un regime tipi-camente turbolento. Diversi sono apparsi i risultatiottenuti operando un riscaldamento, da quelli relativial raffreddamento.

Diversi sono pure apparsi, per i due casi, sia ilmeccanismo dell'insorgere delle prime alterazioni nelmoto laminare che quello dell'innesco della turbolenza.I risultati ottenuti sono stati a questo proposito discussie messi a. confronto anche con i risultati di una prece-dente ricerca relativa a condizioni di moto rigorosa-mente isotermiche.

Abstract - l'ì.rperi mental results about heat transferinfluence on fluid flow are given; with reference todifferent heat transfer conditions and Reynolds num-bers < 2100, data about laminar-turbulent transitionare given.

Heating and cooling results appear different anddifferent appears the mechanism of first turbulencegeneration.

From this point of vue results are discussed andcompared with others of previous isothermal experien-ces.

Premessa11 ruolo sempre più importante che stanno assu-

mendo, nel campo della produzione di energia, letecnologie relative alle apparecchiature termiche,ha portato alla necessità di una sempre più approfon-dita conoscenza dei fenomeni fisici fondamentali,che caratterizzano lo scambio termico nelle sue varieforme.

In conseguenza di precise richieste tecniche, inparticolare, si è jioi sviluppata tutta una serie distudi relativi ai fenomeni di scambio termico frafluidi in moto.

11 problema, considerato nel suo complesso, èsenz'altro estremamente arduo, per cui i vari stu-diosi hanno dovuto fare ricorso, nell'impostare unaricerca sistematica, a tutta una serie di semplifi-cazioni la cui validità non sempre è risultata accet-tabile ad un successivo esame critico, anche se ètuttavia innegabile il grandissimo sviluppo, chepur con questo imperfetto modo di procedere, hanno

{*) Istituto di Fisica Tecnica, Università di Bologna.

ricevuto le nostre conoscenze sullo scambio termico.Come già in altro luogo ricordato [1], i problemi

di convezione forzata vengono normalmente affron-tati appunto ricorrendo ad una ipotesi semplifi-cativa, che, per molti casi, si rivela inaccettabile eche consiste nell'assumere che il campo dinamicoinfluenzi quello termico senza che avvenga il con-trario.

Si risolve cioè il problema della determinazionedel regime fluodinamico del sistema, come se il si-stema, fosse in condizioni isotermiche e successiva-mente si studia lo scambio termico che ha luogo inqueste condizioni fluodinamiche.

Normalmente seguita è infatti la prassi di consi-derare, anche per quanto riguarda la progettazione,il numero di Reynolds come l'unico parametro indi-cativo dello stato di moto esistente nel condotto.

Questo modo di procedere, come è stato messo inevidenza da parecchie ricerche sia teoriche chesperimentali, è, senza dubbio, inesatto, per cuirecentemente si è assistito al fiorire di tutta una seriedi lavori intesi a pome in evidenza i limiti e contempo-Taneamente a fornire una immagine del fenomenofisico più aderente alla realtà. In particolare si ècercato di studiare più a fondo l'influenza che ladipendenza dei parametri fisici, densità e viscosità,dalla temperatura ha sullo stato di moto del sistemae quindi di riflesso anche sullo scambio termico stes-so.

Questi studi sono stati impostati con riferimentoa situazioni di moto caratterizzate sia da bassi cheda elevati numeri di Reynolds per diverse condi-zioni geometriche, reologiche e di scambio termico.

Di particolare interesse sono apparsi i risultatidegli studi e delle ricerche relative al campo deinumeri di Reynolds < 2000 -f- 21.00.

In queste condizioni, infatti, come risulta da va-rie ricerche [1 -=- 21], e come del resto è già statomesso in rilievo in [22], gii effetti delle variazionidelle proprietà fisiche, densità e viscosità, con latemperatura sono tali da poter determinare nelfluido uno stato di moto profondamente diverso daquello perfettamente laminare, teoricamente pre-visto in condizioni isotermiche.

Il problema è apparso agli autori di un certointeresse, per cui, allo scopo di studiarlo più a fondo,hanno costruito una apparecchiatura procedendopoi a tutta una serie di ricerche sull'influenza delloscambio termico sul regime fluodinamico, i cui risul-tati sono appunto oggetto della presente nota.

Risaltati spenneatariiRimandando a [22] per una dettagliata descrizio-

ne sia della tecnica di misura impiegata sia della

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•f " '

apparecchiatura utilizzata, si precisa qui che si ècondotta una serie di ricerche relative allo stato di'moto esistente in un tubo cilindrico, a sezione cir-colare, disposto verticalmente e circondato da unaopportuna camicia percorsa da un fluido vettore dicalore e capare di garantire la realizzazione di unacondizione di scambio termico, fra interno del tubodi prova e camicia., caratterizzabile come a tempe-ratura di parete costante.

Si ricorda poi che la tecnica di indagine impiegataper studiare lo stato di moto esistente nell'in'erno.del tubo di prova è basata sull'analisi dinamica dèisistema, attuata ricorrendo all'impiego di un oppor-tuno tracciatore elettrolitico e ad una serie di appa-recchiature atte a generare un disturbo a gradinonella corrente fluida all'ingresso del sistema e capacipoi di registrare la risposta del sistema secondo unatecnica, le cui caratteristiche sono state ampiamen-te discusse in una precedente nota [2.21. Tutta unaserie di prove condotte in regime isotermico hannopermesso di rendersi conto come la tecnica di analisidinamica impiegata è in grado di tradurre differentisituazioni di moto in registrazioni fra di loro sulli-cienti-mente differenziate, fornendo, nel contempo,quasi un'immagine della fluodinamica del sistemacapace di dare un'idea abbastanza precisa dellostato di moto esitente nel condotto.

Questo appariva chiaramente da un confrontofra i risultati di talune registrazioni e l'immaginevisiva del fenomeno ottenuta ricorrendo ad untracciante colorato.

Sono state condotte prove sia in regime isotermi-co, onde avere, nel campo dei numeri di Reynolds100 -r- 2100, per il quale era stata programmata laricerca, tutta una serie di registrazioni da usarecome parametro di confronto nel successivo esamedei risultati ottenuti in condizioni non isotermiche,sia riscaldando, sta infine raffreddando..

Una dettagliata descrizione dei risultati relativialle prove ottenute in regime isotermico è riportata,in [22] dove si è messo in evidenza, come, anchein regime isotermico, già per valori del numero diReynolds superiori a ~830, il moto cessi-di-essereperfettamente laminare, presentando una sortaquasi di moto ondoso o comunque con oscillazioni,la cui entità pur non essendo tale da alterare lalaminarità del moto ne modifica comunque le condi-zioni.

L'entità delle oscillazioni trovate appariva subireun incremento per valori del numero di Reynoldspari a ~1050 4- 1100 ed anzi, al di sopra di talevalore le oscillazioni non apparivano in alcun modoeliminabili. Tali risultati sono in ottimo accordocon quelli ottenuti da Prengle e Rothfus [23].

In questa nota si riportano, invece, i risultatirelativi ad esperienze condotte in regime non iso-termico nel campo dei numeri di Reynolds 100 •=--r 2100. In questo campo si sono fatte prove siascaldando che raffreddando, variando il salto ter-mico fra ingresso ed uscita dal tubo da 0 a 50°-7-6O°€ !facendo successive prove intervallate--its di" lorodi 2-3°C, onde poter cogliere con sufficiente preci-sione in corrispodenza a quali condizioni si aveval'insorgere di disturbi nel moto laminare e l'even-tuale formazione di fenomeni di turbolenza.

• Le prove sono state condòtte con il tubo in posi-zione verticale alimentando dal basso.

Nelle prove di riscaldamento la temperatura d'in-gresso dell'acqua nel tubo di misura era mantenutacostante a valori di 14-15°C, ciò -in considerazione •dì quanto osservato da Lawrence [13, 14], relativa-mente alla possibile influenza l i tale fattore sulle-condizioni di moto che si possono stabilire. Nelleprove di raffreddamento si è invece mantenuta co-stante la temperatura di uscita. 1 limiti ai saltitermici sono stati imposti da una parte dalla temiperatura di inversione del coeìliciente di dilatazione -dell'acqua e dall'altra dal pericolo di formazionedi bolle.

Rimandando ad un successivo lavoro per unaanalisi più approfondita e per una discussione deirisultati ottenuti in corrispondenza alle diverse pro-ve, anche in vista dì un confronto fra questi e irisultati di ricerche condotte per via analitica, siesamineranno ora i risultati stessi da un punto divista comparativo e cioè sia mettendo a confrontoi risultati delle prove effettuate riscaldando conquelli ottenuti viceversa raffreddando, sia operando •un confronto con i dati ottenuti in regime isotermi-co.

Esperienze in condizioni di riscaldamentoCon riferimento a prove condotte nel campo dei

numeri di Reynolds relativamente bassi, si pre-sentano i risultati di tuttta una serie di esperienzeeffettuate, per uno stesso numero di Reynolds,variando il salto fra temperatura media di uscitae di ingresso nel tubo onde mostrare come,' all'au-mentare di questo parametro,. indicativo dell'en-tità dello scambio termico, l'influenza del campo -termico sui parametri densità e viscosità diventi <tale da modificare lo stato di perfetta ki mi ilaritàesistente in condizioni isotermiche, fino a provo-care nel tubo addirittura condizioni di moto carat-terizzate da fenomeni di turbolenza.

Le figure l-r5 mostrano appunto i risultati diregistrazioni relative ad. una serie di esperienzecondotte tutte per uno stesso valore della portatae quindi del numero di Reynolds (valutato nelleprove di riscaldamento, con riferimento alle condi-zioni de] fluido nella sezione di entrata) ma carat- -terizzate da condizioni di scambio termico di-verse.

Le figure si riferiscono a prove effettuate per un •numero di Reynolds di ~25Q.

Per salti termici fra uscita ed ingresso di pochi,gradi praticamente il regime di moto è ancoracompletamente e perfettamente laminare (fig. 1) (*) :aumentando tuttavia il salto termico si è potuto •osservare che, in corrispondenza, ad un salto di1

28-=-29°C, il moto cessava di essere perfettamentelaminare ed appariva invece caratterizzato dalla

(') Per una corretta comprensione e -interpretaziune deHe -figure presentate in questa nota è indispensabile fare riferi-mento ad un precedente lavoro [22] nel quale, oltre alla de-scrizione della apparecchiatura e della tecnica sperimentaleimpiegata, si davano precise Indicazioni circa l'interpreta'zione dei risultati sperimentali ottenuti. Le figure riportate-in questo lavoro sono copie delle registration! rilevate sul-lUipparecchiatura.

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presenza di un tipo di disturbo a carattere oscilla-torio (fig. 2) di caratteristiche simili a quelle che siriscontralo in condizioni isotermiche per valori delnumera di Reynolds 830-f-850 (si confrontino, aquesto proposito, la fig. 2 del presente lavoro conJa fig. 5 presentata in [22] tenendo conto, ovvia-mente, che, per la diversa velocità del fluido neltubo di prova, le registrazioni sono state fatte con.velocità di registrazione diverse).

Aiimenando il' salto termico, il fenomeno oscilla-torio sembra divenire più marcato (fig. 3) mante-nendo successivamente praticamente quasi inva-riate le sue caratteristiche (fìg. 4) fino a che, incorrispondenza di un AT > 46°C si può osservare,all'interno del condotto, l'insorgere di fenomeni diturbolenza (fig. 5) del tutto simili a quelli rilevabili,in condizioni isoterme, per numeri di Reynolds> 2050-2100.

Le fig. l-r5, come si è più sopra precisato, sonorelative a prove condotte per un certo numero diReynolds di ~250, tuttavia, almeno da un puntodi vista qualitativo, sono rappresentative di tutteIn varie serie di prove condotte nel campo dei nu-meri di Reynolds 100 < Re < 850. Infatti, in que-sto campo, sistematicamente si poteva osservare che,operando un riscaldamento, si aveva dapprima l'in-sorgere di un piccolo disturbo di natura oscillanteche poi, aumentando il riscaldamento, diventavapiù marcato fino eventualmente a generare unostato di vera e propria turbolenza nella correntefluida. Ciò risulta ancora più evidente dal graficodi fìg. 6; in questo diagramma, costruito in base airisultati delle varie serie di ricerche effettuate, sivede appunto come, nel campo 100 < Re < 850,esista tutta una zona (che è tratteggiata nellafigura) corrispondente a condizioni di moto lami-nare caratterizzato da disturbi oscillatori più omeno ampi.

Al di sopra e al di sotto si hanno, invece, rispet-tivamente condizioni di marcata turbolenza e motolaminare esente da disturbi apprezzabili. Le lineeche delimitano la zona tratteggiata sono state co-struite per punti, come del resto risulta evidentedal diagramma frutto di precise misure sperimentali.

Assai diversi, viceversa, apparivano i risultatidelle prove condotte nel campo 850 < Re < 2000;infatti non si potevano apprezzare sostanziali dif-ferenze fra il regime di moto esistente in condizioniisotermiche e quello esistente operando un riscalda-mento avendosi, in ogni caso, un tipo di moto ca-ratterizzato da fenomeni oscil'iatori e dalla presenzadi onde anche molto marcate e dall'andamento irre-golare. Nelle prove condotte: riscaldando, le ondeerano solo più inarcate e con andamento più irre-golare, non era tuttavia possibile rilevare l'insorge-re di una turbolenza marcata o comunque del tipodi quella rilevata o per numeri di Reynolds < 850(fig. 5) in condizioni di riscaldamento o per numeridi Reynolds > 2000 anche in condizioni isoter-miche.

Una giustificazione al fatto che, aumentando ilnumero di Reynolds al di sopra di 850, non si riu-scisse, nelie condizioni sperimentali realizzate, agenerare un moto decisamente turbolento, ai con-trario dì quanto, viceversa, si aveva per numeri diReynolds più bassi, può essere trovata nella cemsi-

AT=7*

Fig. i

AT=30"

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 1-2-3 - Prove effettuate riscaldando il fluido in motoverso l'alto per diversi valori del «alto termico AT (va-lore assoluto della differenza fra temperatura media diuscita e di ingresso del condotto;; Re ~ 250.

derazione che, in questo tipo di prove, pur conelevati salti termici (60-=-70°C) fia camicia e fluidoall'ingresso del tubo, si aveva un riscaldamento equindi salti termici fra ingresso ed uscita dal tubopiù modesti.

Ciò è dovuto al valore relativamente basso delcoefficiente di scambio termico in regime laminare esoprattutto, al suo tipo di dipendenza dalla portatae dal numero di Reynolds (data l'alta velocità' deifluido nella camicia esterna il coefficiente globale di

14

AT=40*

Fig. 4

Fig. 5

Fig. 4-5 - Prove effettuate riscaldando il fluido in moto versol'alto per diversi valori del salto termico AT (valoreassoluto della differenza fra temperatura media di uscitae di ingresso del condotto); Re a 250.

X'' / / / ' ' / / /X ' 7 - • ' • / / / ,

1000 2000

Fig. 6 " Risultati ottenuti riscaldando il fluido in moto versol'alto (AT = valore assoluto della differenza fra tempe-ratura media di uscita e di ingresso nel condotto); lalinea tratteggiata fornisce le condizioni per cui il motopassa da laminare puro a laminare disturba .o e conoscillazioni mentre la linea continua fornisce le condizioniper cui il moto diventa turbolento, la zona tratteggiataessendo relativa a condizioni intermedie.

scambio dipende essenzialmente da quello di con-vezione dell'acqua in moto laminare all'internò deltubo di prova); infatti mentre il calore necessarioper provocare un certo AT fra ingresso ed uscitacresce in modo direttamente proporzionale alla

portata e quindi, per un dato tubo e fluido, al nu-mero di Reynolds, il coeflìciente di scambio termicoin regime laminare cresce solo in modo proporzio-nale alla sua radice cubica [24].

In tal modo, disponendo di un certo salto termicofra camicia e fluido, all'aumentare della portatadeve ovviamente diminuire il riscaldamento che ilfluido stesso subisce.

Ciò, come si è più sopra ricordato, è quanto sipoteva riscontrare anche sperimentalmente dallemisure di temperatura direttamente effettuate; inconseguenza di questo, avendosi all'interno delfluido minori gradienti termici, le deformazioni delprofilo di velocità dovute alle variazioni della visco-sità e soprattutto della densità con la temperatura,erano assai più ridotte e comunque tali da provocareunicamente un'accentuazione dei fenomeni oscilla-tori, ma non tali da provocare l'insorgere dellaturbolenza vera e proria.

Il non aver trovato, quindi, nel campo dei nu-meri di Reynolds più elevati l'insorgere di unaturbolenza marcata deve perciò imputarsi alla pra-tica impossibilità di realizzare, con l'apparecchia-tura sperimentale a disposizione, dei salti termicifra camicia e fluido sufficient emente elevati e co-munque dell'ordine di parecchie decine o centinaiadi gradi centigradi.

Esperienze in condizioni di raffreddamentoDiversi da quelli ottenuti in condizioni di riscal-

damento sono i risultati delle prove effettuate raf-freddando. Innanzi tutto si deve osservare che,nelle prove di raffreddamento, i primi fenomeni diinstabilità del moto si manifestavano* in manierapiù netta e più marcata di quanto non si avessenelle prove di riscaldamento e dimostravano abba-stanza chiaramente di corrispondere a situazionidi moto già relativamente turbolente: in altreparole, a parità di portata e quindi di numero diReynolds, era possibile constatare che, per condi-zioni di raffreddamento crescente, si aveva nelmoto uno stato di laminarità praticamente perfettafino ad un certo punto oltre il quale, spingendo ulte-riormente le condizioni di raffreddamento, si potevaconstatare l'insorgere quasi improvviso di condizio-ni di rimescolamento turbolento all'interno delfluido.

Un successivo aumento del raffreddamento au-mentava di poco lo stato di turbolenza del restogià abbastanza marcata.

Quanto detto appariva tanto più chiaramentequanto più alto era il numero di Reynolds (*)relativo alla prova e appare chiaramente dall'esamedelle fig. 7-8-9 relative a prove condotte da Rey-

(') Nelle prove di raffreddamento il numero di Reynold*veniva valutato con riferimento alle condizioni di uscita eciò per poter effettuare un confronto più valido con le proveanaloghe condotte in condizioni di riscaldamento; infattipoiché la quasi totalità delle prove di raffreddamento èstata realizzata in mode da avere all'uscita una temperaturadi 14 ~- 15°C pari alla temperatura d'ingresso relativa alleprove di riscaldamento, uguali numero dì Reynolds relativiai duo tipi di prove corrispondono effettivamente a tempe-rature mediamente uguali all'interno e quindi anche a portatecirca uguali.

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Fig. 7

Fig. 8

AT=41*

relativa ad una prova per un salto di poco supe-riore, rileva una turbolenza già evidente, come delresto si ha anche aum. ntando ulteriormente il raf-freddamento (fig. 9).

A Reynolds particolarmente bassi, < 250, tut-tavia era possibile osservare un certo intervallo fral'inizio di un moto non più perfettamente laminare e: l'insorgere di una vera e propria turbolenza.

Un esame più accurato delle prove condotte pro-prio in questo campo dei numeri di Reynolds moltobassi (esame condotto anche ricorrendo a prove

• colorimetriche possibili togliendo localmente il rive-stimento isolante del tubo e colorando l'acqua di unadelle «'uè bottiglie di Mariotte usate nell'alimenta-zione dell'apparecchiatura) ha permesso non solo diinterpretare più chiaramente i risultati relativi aquesto tipo di prove, ma di chiarire anche il mec-canismo dell'insorgere della turbolenza quando in: generale ci si trovi in condizioni di moto verticaleverso l'alto e di raffreddamento.

In questo caso infatti, la prima condizione diinstabilità si manifesta con il sorgere di fenomeni di

.asimmetria nel moto del fluido nel condotto; inaltre parole, l'instabilità corrisponde al passaggioda un profilo di velocità assialsimmetrico ad unprofilo di velocità non più simmetrico rispetto al-l'asse del condotto.

Queste condizioni di asimmetria potevano aversiin zone più o meno ampie del condotto e potevanoessere seguite o meno, a seconda dei valori delnumero di Reynolds e del salto termico AJT, dazone a profilo li velocità simmetrico. Questo, delresto, risulta anche dall'esame della fig. 10, rela-tiva ad una prova condotta per Re ~ 190; inquesto-caso la curva-di registrazione mostra appun-to un andamento quasi a spezzata corrispondenteproprio alla esistenza di profili di velocità asimme-trici nel condotto. Queste asimmetrie sono dovuteal fatto che, nelle-condizioni di moto e di raffredda-mento realizzate, la convezione naturale si trovaad agire in -direzione opposta al moto del fluido;quando le condizioni operative sono tali che l'entitàdei fenomeni convettivi non è più trascurabile,si determina una situazione di instabilità che poi simanifesta con il-crearsi di un moto preferenzialeverso l'alto in una parte del condotto a svantaggio

Fig. 9

IFig. 7-8-9 - Prove effettuate raffreddando il fluido in motoverso l'alto per diverti valori del «alto remico AT (va-lore assoluto della differenza Ira temperatura medi» diuscita e di ingreno Ufi condotto); He ~ 250.

nolds ~250 per diversi valori del salto AT (preso: in valore assoluto essendo, altrimenti, in condizioni• di raffreddamento, ovviamente negativo) fra tem-peratura inedia'di uscita e di ingresso nel tubo.La fig. 7 mostra che per un salto AT di 33°C il si-stema è ancora in moto laminare mentre ia fig. -8,

AT=40*

Fig. 10 - Prova effettuata raffreddando il fluido in motoverso l'alto ; AT valore assoluto ò.ella differenza fra tem*perdura media di uscita-e di ingresso del condotto;ft19»

1t$

dell'altra parte nella quale, viceversa, il moto versol'alto risulta sfavorito.

Mentre tuttavia per Reynolds bassi, < 250, que-ste condizioni di moto asimmetrico sembravanoesistere all'interno del tubo di prova senza produrrenecessariamente un rimescolamento turbolento nel-l'intera mafsa del fluido, nelle prove effettuate pernumeri di Reynolds > 250 il manifestarsi di condi-zioni di asimmetria coincideva praticamente conl'innesco di una apprezzabile turbolenza almeno inlarghe zone del condotte.

Praticamente quindi, per le prove di raffredda-mento, fine del moto laminare puro esente da di-sturbi e inizio del moto turbolento apparivano essereas?ai vicini; la fig. 11 illustra chiaramente quantodetto.

A differenza infatti della analoga fig. 6, relativaalle prove di riscaldamento, in questo diagramma ipunti sperimentali mettono in evidenza l'esistenzadi una zona intermedia fra moto laminare puro emoto turbolento, assai ristretta e tanto più ristrettaquanto più elevato è il numero di Reynolds; questotuttavia sempre a condizione di rimanere col nu-mero di Reynolds al di sotto di 850.

Oltre tale valore, infatti, il manifestarsi di unmoto laminare con oscillazioni si aveva in qualunquecondizione essendo, come si è messo in evidenza in[22] questa una caratteristica anche del moto incondizioni isoterme; si deve notare tuttavia che,mentre riscaldando, queste oscillazioni apparivanodiventare più ampie e più irregolari, in condizionidi raffreddamento questo non si verificava, Diversa-mente, poi, da quanto trovato per le prove di ri-scaldamento è stato possibile trovare anche pernumero di Reynolds compresi fra 850 e 2000,condizioni di moto completamente turbolento equesto per valori del salto termico non molto gran-di. Ciò starebbe ad indicare che l'innesco di un mototurbolento si ha con maggiore facilità in condi-zioni per cui moto del fluido e convezione naturaleagiscono in senso opposto. Sempre in fig. 11 sonoriportate, anche per il campo 850 < Re < 2000, lecondizioni per le quali il moto diventa turbolento;la zona al di sopra -delle linea continua del dia-gramma corrisponde infatti a condizioni di mototurbolento.

Fig. 11 - Risultati ottenuti raffreddando il fluido in motovergo l'alto {AT = valore assoluto della differenza fi»temperatura media di uscita e di ingresso nel condotto);la linea tratteggiata fornisce le condizioni per cui il motopasta da laminare puro a laminare disturbate, mentirela linea continua fornisce le condizioni per cui il motodiventa turbolento, la zona tratteggiata essendo relativaa condizioni intermedie.

CoKhisiociI risultati sperimentali ottenuti nel corso della

presente ricerca mostrano chiaramente l'influenzadello scambio termico sul regime di moto che sistabilisce in un condotto. Con particolare riferi-mento al problema della transizione « laniinare-turbnlento » sono state effettuate prove sia riscal-dando che raffreddando un fluido (acqua), che simuove verso > alto in un tubo cilindrico dispostoverticalmente.

Assai diversi sono apparsi i risultati relativi ai duetipi dì prove. Il riscaldamento infatti sembravaprovocare dapprima l'insorgere di oscillazioni piùo meno irregolari nella corrente fluida e questoanche per numeri di Reynolds bassi, < 850, per iquali viceversa in condizioni isoterme il moto ap-pare perfettamente laminare; aumentando poi ilriscaldamento si poteva osservare che le oscilla-zioni aumentavano di intensità e di irregolarità finoa provocare una accentuata turbolenza nel moto.In fìg. 6, in corrispondenza al campo 100 < Re < 850si possono rilevare le condizioni per cui si innescanodapprima i fenomeni oscillatori e poi la turbolenza.Si deve osservare che i risultati relativi a questo tipodi prove condotte in condizioni di riscaldamentomostrano che il meccanismo, sia delle oscillazioniche dell'insorgere della turbolenza, è del tutto similea quello che si ha anche in regime isotermo per inumeri di Reynolds tuttavia più elevati [22].

Per le prove effettuate per numeri di Reynolds> 850 non è stato possibile rilevare una marcataturbolenza ma solo una accentuazione dei fenomenidi moto ondoso ed oscillante che, del resto, si veri-licavano anche in condizioni isoterme, ma questoè apparso imputabile alla pratica impossibilità direalizzare, con l'apparecchiatura usata, salti termicifra camicia scaldante e fluido di prova sufficiente-mente elevati.

Operando viceversa, con raffreddamento si po-teva, ancora una volta, anche per numeri di Rey-nolds bassi, alterare la perfetta laminarità del moto,tuttavia, queste alterazioni apparivano provocatedal manifestarsi, all'interno del fluido, di condizionidi asimmetria nel moto e nel profilo di velocità.Mentre per numeri di Reybolds < 250 queste condi-zioni di moto asimmetrico apparivano esistere e man-tenersi all'interno della corrente fluida tanto cheera necessario aumentare il raffreddamento per pro-vocare fenomeni di turbolenza, per numeri di Rey-nolds più elevati sembravano provocare pratica-mente subito, all'atto del loro formarsi, un rimesco-lamento completo del fluido e quindi condizioni dimarcata turbolenza.

Diversamente poi da quanto avveniva nel ri-scaldamento, anche per numeri di Reyrolds com-presi fra 850 e 2000 era possibile rilevare condizionidi turbolenza senza che fossero necessari salti ter-mici particolarmente elevati. La fig. 11 mostrachiaramente un grafico dei risultati ottenuti neidiversi casi.

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transfer - Me Craw-Hill (1961).

18

Sulla laminarizzazioiie: alcuni risultati sperimentali

Enrico Lorenzini, Sandro Sah'i.gni (*)

i

Riassunto - Si da una descrizione sufficientementedettagliata dell'apparecchiatura i-ostruita per l'espe-rienza.

Si riportano quindi alcuni significativi dati trovv.ile si confrontano con altri sperimentali [9] e con quelliottenuti in base alla teorìa recentemente proposta daLaunder e Jones- nel primo caso l'accordo non è perniente buono, nel secondo è ottimo.

Abstract - First a specification of the apparali^for experimental work is given.

Then a comparison is made, between .some obtainedresults and some others [9], and also with thoseobtained by the Launder §• Jones' laniinarizationprediction. Agreement with the experiment [9] is notgood, instead with the new theory is reasonably good.

1. Si era già affrontato in un precedente articoloteorico [l] il fenomeno della Saminarizzazione, «-he

Lo scopo di questo studio sperimentale è di veri-iìcare se effettivamente questo passaggio da stratolimite turbolento a strato limite laminarizzato (*)avviene come indicato dalie ricerche di laboratorioin [9j o in modo pììi prossimo alla nuova teoria svi-luppata in [10] e ripresa in [12] (2).

2. Depi aver esaminato schemi di altre apparec-chiature, già messe a punto per esperimenti di que-sto genere, si è costruito il nostro apparato comple-tamente di nuovo e con alcuni accorgimenti origi-nali. Si è posta grande attenzione a far sì -;he essorisultasse di costruzione stabile e rigida, non fossesoggetto a vibrazioni e soprattutto fosse verificatala bidtrnensionaiitì) del flusso.

In fig. 1 si ha una visione schematica d'insiemedell'apparecchiatura costruita. La galleria a ventoè stata scelta del tipo a circuito aperto, che è di piùfacile realizzazione.

i1 ÌH

Fig. 1

alla luce delle conoscenze attuali, può essere defi-nita come un allontanamento dello strato limite tur-bolento dalla sua normale struttura, più che « l'op-posto della transizione naturale ».

Semplicisticamente si può dire che, quando unostrato limite turbolento è sottoposto ad una severaaccelerazione, a»o può regredire verso uno stratolimite laminare.

Vogliamo ora sottolineare l'importanza praticadella conoscenza di questo fenomeno, ad esempio,nei progetti di turbine a gas o di ugelli di missili.Infatti il coefficiente di trasporto di calore avrebbeun valore molto inferiore sopra le superfici in cuiesiste un flusso laminare (rispetto a quello sulle stessesuperfici con flusso turbolento), permettendo così,fra l'altro, una riduzione del quantitativo di gas peril raffreddamento necessario.

In molti e interessanti lavori si è indagato sullalaminarizzazione sia sperimentalmente che teorica-mente. Oltre agli articoli già citati in [1] vogliamoricordare i lavori sperimentali f2-r41 e i lavori teorici[5*8].

In -4 si ha un compressole d'aria, formato da treventilatori elicoidali coassiali, che possono funzio-nare anche indipendentemente fra loro; in B si hala camera di sedimentazione, inCla camera di prova.

Possiamo notare che B è un condotto rettangola-re di larghezza, altezza e lunghezza rispettivamente80 cm x 50 cm x 150 cm; in a e b, tra schermi fattidi rete metallica molto fitta, vi sono due raddrizza-tori a nido d'api, in d vi sono infine altri tre scherniisimili ai precedenti.

In C si possono notare:1) dei fo.'i laterali (di forma rettangolare con

i lati minori arrotondati) attraverso i quali, cioè in

(*) Istituto di Fisica Tecnica, Università di Bologna.

(*) Si preterisce in questa caso distinguere laminarizzatoda laminare, poiché, come sarà accora precitato in seguito,non si è per ora provato sperimentalmente che, con un datovalore del parametro di accelerazione, ei giungi veramente «<1un profilo di velocità di uno strato limite de! tutto laminerà.

/') Questo articolo, che è appena uscito, riprende la teoriagià sviluppala dagli stessi Autori nella precedente nota [10],e cita a ulteriore conferma della sua validità un report diBadri Narayanan Se Rarayee, di cui purtroppo non n'amoriusciti a venire in possesso.

18

ognuno successivamente, mentre gli altri sono chiusida opportuni tappi, entra il tubo di Pitot per fare lemisure;

2) il letto del condotto convergente, che è unalastra di acciaio con dei f r i , a cui si può far variarel'angolo di inclinazion .

Tutta l'apparecchiatura poggia sul pavimentoattraverso cuscinetti di gomma antivibrazione.

Si ritiene tuttavia opportuno presentare una de-scrizione più dettagliata della sezione in cui si fannole misure.

La velocità massima raggiungibile dal flusso indi-sturbato all'ingresso della camera di prova è circa25 m/s e la intensità di turbolenza è meno dello0,5%.

In fig. 2 si ha una vista laterale della sezione C.Vogliamo far notare che questa parte non è diret-

to contatto con la camera di sedimentazione, maad una distanza di circa mezzo centimetre. Questafessura è poi chiusa lateralmente e superiormente dauna striscia di nastro isolante. Inferiormente si haun piano F inclinabile a piacere, incernierato allastruttura B. Il condotto convergente è ottenutoinclinando come già detto, una lastra di acciaio,incernierata al tetto di C.

Nella nostra esperienza l'angolo è stato fissatouguale a circa 10°.

Per quanto concerne il « pavimento », ohe chiudeinferiormente il condotto, prima rettangolare e suc-cessivamente a cuneo, osservando le fig. 2 e 3, siptic vedere che esso è una lastra piana e come è fis-sata alle pareti laterali.

60Q

Kig. 2

sez.D-D

Fig. 3

Si comprende immediatamente come è semplicevariare la posizione relativa del condotto a cuneorispetto alla lastra piana e quindi automaticamenteregolare all'ingresso della contrazione, ad esempio,Rex e fìeSt (3).

Vogliamo d» ultimo dire (punto di vista pratico)che le quattro pareti del canale rettangolare sonoin perspex e hanno uno spessoie di 1,2 cm; la lun-ghezza della lastra piana è di 150 cm.

(») Nume/o dì Reynold» basato sullo spessore della quanti-tà di moto.

Da fìg. 3, e meglio da fig. 4, si vede che sulla lineacentrale, lungo tutta la parte inferiore della cameradi prova, si hanno le prese per la pressione staticadistanziate fra loro di circa 5 cm.

O O o o

Fig. 4

Fig. 5

3. Ne diamo una breve descrizione, baiandocisu fig. 5.

Nella lastra di perspex si è fatto un foro sagomatoin modo opportuno [11] e nell'incavo si è posto uncondotto metallico della stessa forma. Mediante untubicino di plastica (parte tratteggiata) si va ad unmanometro inclinabile a molti tubi, ad un apparec-chio cioè che è formato da 36 manometri del tipo ainclinazione.

In fig. 6a, b, e, si vede come è fatto il tubo diPitot: sono tanti tubi di forma cilindrica, che vannoassottigliandosi verro la bocca finale, che è però,appiattita (ved, fig. 6d) [13],

Questo tuLo ai Pitot è poi montato su un piccolocongegno, sottostante la base del condotto rettan-golare, e ad essa fissato mediante viti.

Naturalmente lo si può spostare nei vari punti incui ci sono le madreviti, che si trovano poi in corri-spondenza dei foii laterali di ingresso della sezionedi misura, dei quali si è detto precedentemente.

In fig. la e Ib si vede questo meccanismo, che èformato da due aste di acciaio e tre barrette tra-sversali, di cui solo la G è mobile verticalmente me-diante un micrometro. In / / si ha l'incavo, in cui sipone il tubo di Pitot, che è tenuto fermo da unastriscietta di ferro che si avvita su / / stesso.

Vogliamo far notare tuttavia che la piastra qua-drata H non è rigidamente saldata a G, ma soltantoavvitata e con una vite a passo piccolissimo.

Inoltre in / / stesso vi sono due incavi «a croce»atti ad alloggiare il tubo di Pitot, cosicché il passoh della vite è ulteriormente diviso per quattro.

Questo è un accorgimento importante perchésolo cosi si riesce a porre la bocca del Pitot effetti-vamente sulla linea centrale della lastra piana,dove sono anche le pre?e per la pressione statica.Il tubo di Pitot è collegato mediante un condottodi plastica ad un manometro differenziale ad U(fig. 8) che è descritto in [14],

20

p,

Fig1, fi a

rJ

Fip.

r° oI'ijr. 76

Fig. 6c

m sFig. Fig. 8

Lo zero del micrometro veniva detcrminato inquesto modo: le letture sul manometro rimangonoquasi costanti, finché la bocca del Pstot tocca lalastra piana (pavimento del condotto), invece nonappena sì stacca, si nota un rapido aumento dellapressione

Estrapolando i punti ottenuti con e senza il con-tatto, si determina appunto con grande precisionelo zero del micrometro.

Si tenga presente che prima di riportare i risultatisperimentali sui diagrammi si è tenuto conto dellacorrezione di « spostamento » del centro della boccadel tubo di Pitot come indicato in [15].

Questa correzione è trascurabile ovunque, ec-cetto nella regione molto prossima alla parete ed èdovuta al fatto che:

1) il gradiente di pressione non è lineare attra-verso la bocca del Pitot;

21

0.410

Fig. 9

2) si lia una distorsione del flusso a causa dellavicinanza del tubo di Pitot alla lastra piana.

4. Ci si è proposto quindi di studiare sperimental-mente,con l'ausilio di questa apparecchiatura, lo stra-to limite che sorge quando il parametro di accelera-zione A" asuine i seguenti valori: 0,7 • i<M; 1,3 • IO"8;.'3 • 10-8: in aggiunta si è preso in considerazioneanche K = 2,1 • IO"8.

Si è scelto quest'ultimo valore, oltre a quelli con-siderati in [!)], poiché è cosa risaputa che, in vici-nanza di questo K, si possono già notare significa-tive anomalie rispetto al comportamento « normale »dello strato limite ttirbulento completamente svi-luppato.

A poco più di 1 cm dall'inizio della lastra pianaè slata incollata sulla stessa una striscia, larga0 cm, di carta vetrata grossa e questo per esseresicuri che all'ingresso del condotto convergente lostrato limite fosse turbolento e completamente svi-luppato. 1 valori di K scelti erano ottenuti variandola velocità dell'aria all'ingresso della camera diprova (quando si abbassa la velocità, K cresce).

C'è da far presente, però, il fatto che in pratica Knon raggiunge istantaneamente all'ingresso del con-dotto a cuneo un valore costante, ma continua adaumentare per parecchi tentimetri entro la sezionecontratta.

Tuttavia eliminando una quantità opportuna diaria attraverso i fori del tetto di acciaio, si riescead ottenere un valore di K costante (±5%) entrocirca 18 cm dall'inizio della sezione convergente.

Questa operazione è però lenta e laboriosa, infattiè per tentativi che si determina il rapporto tra lasuperficie del tetto « aperta » e quella « chiusia » alflusso d'aria del condotto.

La variazione di questo rapporto è resa possibilepoiché appoggiata sopra alla lastra di acciaio vi èun'altra lastra (anch'essa con dei fori), che serve

appunto per chiudere o aprire i fori della parete diacciaio sottostante. Assai laboriosa è anche l'opera-zione per riuscire ad avere uno « strato limite simi-le » alla minima distanza dall'inizio del condottoconvergente.

Si è proceduto in questo modo: poiché dalla teoriaper ogni fissato K si ha un valore unico di i?s2, ladistanza di partenza fra il bordo di attacco dellostrato limite e il condoto a cuneo è stata calcolata,in base alle formule, per avere appunto quel teoricolies,; si s°no quindi trovati i profili della velocitàdello strato limite in molte posizioni della lastra pia-na e si è anche calcolato Regltche deve essere pros-simo al valore corrispondente al fissato K.

Si è variata quindi la posizione della lastra pianarelativamente all'inizio della contrazione, finché siè ritenuto che era impossibile ottenere un ulterioremiglioramento della condizione ài similitudine.

Su carta di Clauser, fig. 9-10, si sono diagrammati(a modo di esempio) i profili di velocità per K = 1,3 •- IO6 e K = 2,1 • IO8 per differenti distanze xdall'inizio del condotto convergente.

Si può subito notare che i profili riportati mo-strano un eccellente grado di similitudine.

Si possono poi fare due- importanti osservazioniriguardo fig. 10 (anche se già in fig. 9 si possononotare gli inizi di simili anomalie):

1) nei profili di velocità è quasi del tutto as-sente la cosiddetta «regione logaritmica»;

2) non esiste una distinzione netta fra sotto-strato laminare e regione completamente turbolenta.

Dal primo punto si può dedurre immediatamenteche, in questi casi, non si può usare la carta diClauser per determinare il coefficiente di attritosuperficiale.

In fig. 11 si riportano i valori di Re§t'm funzionedi K e per confronto i risultati di [9], insieme coni valori predetti da ben conosciute teorie esistenti

22

10 5 7 1 Q 4

I per lo strato limite laminare e lo strato limites* ì turbolento (4).

j Si può notare immediatamente che i valori di'i fte^1 ottenuti dalle misure degli Autori sono più

, jj alti di quelli ottenuti in [9] di circa il 40%. Con•j ogni probabilità, si può dire che i dati ricavati dagli; Autori di [9] sono influenzati da una « mancanza di

„ f bidimensionalità ».| Infatti l'eventuale divergenza ne! condotto delf flusso d'aria (cioè l'esistenza di una componente! della velocità secondo l'asse z) tende a ridurre lo\ spessore dello strato liniite e peiciò anche il numero•j di Reynolds (5).| Se ora si confrontano i valori sperimentali di

•i -fttfSa con quelli predetti teoricamente da una solu-! zione dello strato limite turbolento [1], si vede che

, I l'accordo è assai scarào: i valori precetti d i /?eg, ,| j sono, almeno per i tre A" maggiori, molto più alti| degli sperimentali. Una anomalia del genere (na-

turalmente in senso opposto) succede poi ancheper il fattore di forma (6), dove ad esempio, controun valore predetto di 1,35, noi otteniamo un valoredi 1,52 per A' = 2,1 • IO-8.

Questo ci conduce a supporre che effettivamenteavviene un cambiamento nel comportamento delflusso fluido, cioè si va ria uno strato limite turbo-lento a uno strato limite laminare.

Nell'articolo [10], già citato, è sviluppata unateoria di predizione del fenomeno della laminarizaia-zione, che è a tutt'oggi la più interessante anche senon ancora del tut to completa.

('} La linea tratto-punto rappresenta la soluzione esattadello strato limite laminare ; la linea a tratteggio una solu-zione predetta per lo strato limite turbolento.

(*) Conferma dell'ipotesi di un errore nelle <nisure di [9],la si. può trovare anche in [10], in cui è riport ito un unicovalore sperimentale di Re§t p. - K = 2,2 • 10-*, e questo èmolto prossimo al nostro valore per K = 2,1 - 10-'.

('} Si intende il rapporto 8|/&lt cioè il rapporto tra spessoredì spostamento e spessore di quantità di moto.

Se ora confrontiamo i dati da noi otlciiiiti conquelli che si possono ricavare da questa teoria(fig. 11, linea continua) si può vedere che c'èunbuon accordo.

10*7

Re4

2

103

5

3

2

10*

^ j

1

\\

F[

l if

rk-.a '

O n». dati

Qdmti di [9]

^ \ ,

i \

5 ;

\

10

fig. 11

In iig. 12 in un diagramma M + , ;/+ sono riportatiancora i profili di velocità predetti teoricamente perlo strato limite turbolento (linea continua) e quellitrovati sperimentalmente. Esaminando attentamen-te il profilo che risulta dalla legge della parete equello sperimentale, è evidente che il sottostratolaminare di quest'ultimo si estende molto oltre lospessore predetto dalla soluzione « turbolenta ».

Questo viene a confermare ulteriormente quantogià detto in precedenza: vi è, cioè, un allontana-mento delio strato limite turbolento dalle condizioninormali per la sua struttura.

23

20

10 10c

Fig. 12

10

5. Per diversi valori di A si è esaminato uno stratolimite turbolento in condizioni di similitudine e sisono trovati dei profili di velocità simili con unandamento che, man mano che cresce li, tendead avere una forma laminare da una turbolenta,con conseguente sparizione della regione logaritmicae inspessimento dei sottostrato laminare. A questoproposito si è fatto vedere che la normale teorìavalida per lo strato limite turbolento da predizionisempre meno attendibili quando più li è grande.

Poiché però si sono fatti esperimenti con dei Ksolo fino al valore massimo di 3 • IO-8, non sonostate ancora raggiunte le soluzioni di vero e propriostrato limite laminare, ma si è in un regime per cosidire intermedio fra quest'ultimo e quello dello stratolimite turbolento.

L da tener presente che il passaggio avviene inmodo continuo (probabilmente), ma si vuole dinuovo riaffermare che non è ancora stato provatoche si giunge effettivamente a una struttura di(lusso laminare; potrebbe cioè verificarsi il fatto chesiano in presenza solo di una anomalia del mototurbolento e poi dopo aver superato questi valoricritici (campo critico) si via un ritorno al turbolento.

Torniamo a sottolineare che riteniamo quest'ulti-ma ipotesi del tutto improbabile, proprio alla lucedei risultati sperimentali da noi ottenuti e di altriche si conoscono, anche se a tutt'oggi non ne èstata ancora provata definitivamente 3'infondatezza.

In base poi allo studio sperimentale fatto, pensia-mo logicamente di poter dedurre che la teoria dipredizione, proposta in [10], sia senz'altro accetta-bile, anche se dovrà ancora essere completata e rifi-nita, cosa del resto riconosciuta anche dai suoi stessiAutori.

I calcoli numerici sono stati eseguiti con l'ausiliodel calcolatore elettronico IBM 7040/7094 del CentroCalcoli del CNEN di Bologna.

Gii Autori ringraziano il Prof. Arturo Giulianini,Direttore dell'Istituto di Fisica Tecnica della Fa-coltà di Ingegneria di Bologna, per i consigli el'interesse con cui ha seguito la presente ricerca.

SimbolictEl.-KRex

Reu =

= coefficiente di attrito superiicialc (locale)= costante eq. in iìg. 12= costante di Karman= parametro di accelerazione= ìtyXJMi numero di Reynolds basato sulla

distanza xut!fhi numero di Reynolds basato sulladistanza //

= «iS^Uj numero di Reynolds basato sullospessore della quantità di moto

= velocità media locale (parallela all'assedel condotto)

= velocità del flusso indisturbatoz = coordinate cartesiane ortagonali rispetti-

vamente secondo l'arse del condotto,che è orizzontale, secondo la verticale,normale ai precedenti

= spessore dello strato limite8

= spessore di spostamento | f i j di/

= spessore della quantità di&

moto

oj = viscosità cinematica.

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24

Velocità del suono nella miscela bifase acqua-vapore

Alfredo Sacelli (*)

Riassunto - Sono state calcolate, riportando i ri-sultati su appositi diagrammi, la velocità del suononella miscela bifase acqua-vapore. All'uopo si senoutilizzate recenti e complicate formulazioni interna-zionali sulle proprietà di tale sostanza, nelle varieipotesi con le quali si può immaginare si sviluppiil fenomeno della propagazione.

l'n confronto critico dei lavori teorici e sperimentalieffettuati in questo campo con la ricerca in oggetto,permette di confermare la validità dei risultati quiconseguiti anche nelle applicazioni tecniche, a pattoili tenere in giusto conto le modalità con l? quali latrasfoimozione avviene e le correzioni necessarie perintrodurre l'effetto dei fenomeni collaterali.

Ab?tract - The speeds of sound in two-phase mixtu-re water-vapour haie been calculated and the resultshave been plotted on suitable diagrams.

Modern and complicated international formulationsi,n the properties of this matter and theories whichdescribe the propagation phenomena have been used.

A critical comparison of theoretical and experi-mental research works in this field allows to confirmthe validity of the obtained results, also as far as thetechnical applications are concerned. This is possibleonly if the modes which are carachteristic of thetransformation are kept into account and the necessarycorrections due to side-phenomena are not neglected.

GeneralitàLa conoscenza della velocità del suono in un

fluido monofase presenta un notevole interesse inquanto essa permette la valutazione dalla celerilàcon cui si propagano, all'interno del fluido le per-turbazioni di pressione nonché della velocità critica,e quindi della portata, di condotti o di luci diefflusso.

Nel caso di miscele bifasi liquido-vapore la gran-dezza velocità del suono non risulta definita cosìprecisamente come nel caso di fluido monofase inquanto il meccanismo di propagazione ' coinvolgeuna successione di stati termodinamici i quali,data la rapidità di evoluzione del fenomeno, possononon essere di equilibrio.

Il problema è stato esaminato da vari Autorisia sotto il profilo teorico che sperimentale. Nelprimo caso si possono ricordare,- per il vapor acqueo,C. Codegone [1], che ha impostato il problema nel-l'ipotesi di fenomeno sviluppantesi come succes-sione di stati di equilibrio e A.L. Davies [2] cheinvece espose la trattazione nei casi estremi in cuile due fasi si trasformano in modo indipendente (incondizione di metastabilità) ovvero con scambio dicalore e massa fra le stesse.

Autori che hanno affrontato sperimentalmentequesto problema risultano:

a) per lo studio dell'efflusso ipersonico M. Ap-rì riano [3] ed E.S. Starkman e coli. [4] nel campodi bassi titoli o addirittura di liquidi; C. Code-gone [5], H.K. Fauske [18j e N.I. Semenov e coli. [6]nel campo di vapori;

b) per lo studio delia propagazione di onde dipressione R.E. Collingham e coli. [7], M.E. Deiche coli. [8] e U.K. Fauske [19].

Nel presente lavoro si è ripresa la valutazioneteorica della velocità del suono come proprietàtermodinamica facendo riferimento alle formula-zioni più recenti sulle proprietà del vapor d'aoqua [9],[10], [11] e ai risultati ottenuti per l'esponentedell'isentropica [12].

E evidente, in questi periodi nei quali l'uso deicalcolatori vuoi scientilici vuoi di processo si stasviluppando nella ricerca di soluzioni tecniche piùefiicienti, l'utilità di disporre di formulazioni anali-tiche che rappresentino con sulliciente precisione leproprietà termodinamiche dei vari fluidi in luogodelle tabelle di dati. !,e formulazioni in questionehanno interesse altresì nella misura in cui non solole variabili primarie siano sullicientemente precise,ma anche le variabili derivate presentino continuitàe precisione.

CalcolazioniLa velocità di propagazione di onde di pressione

di piccola ampiezza e di frequenza al limite nulla(velocità del suono) in un fluido omogeneo è defi-nita dalla relazione seguente e rappresenta unaproprietà termodinamica del fluido stesso:

essendo es la velocità del suono mjap la pressione del fluido N/m2

p la densità del fluido kg/m3

s la entropia i pecifica k.l/kg KLa relazione sussiste ne!le ipotesi indicate essendo

possibile in tal caso ammettere nulla l'influenza degliattriti con conseguente aumento di entropia.

Introducendo nella (l) il volume specifico v = J./p,si ottiene:

Ricordando ora la definizione dell'esponente del-l'isentropica:

* = - ZZT (3)

la 2) diventa:

(*) Istituto di risica Tecnica, Politecnico di Torino. e, = (4)

25

Questa espressione, valida per un fluido monofa-se, può essere estesa anche ad un fluido bifase apatto di effettuare corrette ipotesi sul meccanismoeoi quale la trasformazione termodinamica si svi-luppa. Si potrà così considerare che la trasformazio-ne sia sufficientemente lenta da poterla considerarecome successione di stati di equilibrio oppure siavia via più rapida fino a ammettere che le due fasievolvano in maniera indipendente l'ima dall'altra.Le relazioni che si ottengono sono le seguenti:

1) La trasformazione è sufficientemente lentapi-r cui il fenomeno può consideursi come succes-sone di stati di equilibrio: si ha scambio di caloree di massa fra le due fasi. L'esponente deil'isoen-tropicii Aa inserire nella (4) risulta [12]:

1

P

/ > = — — • (6)

essendo :

7".e-

nel caso ir, cui (l—.r)

Sp

— .r {Sss/Sp)sat

di', H—rì — *•— *'«—^jdp 'dp ss—a,-

dss

~dp~ + <l-> -7t(5)

•Jessendo: .r il titolo del vapore e gli indici i ed srappresentativi delle grandezze valutate sulle curvelimiti rispettivamente inferiore e superiore.

2) La trasformazione è tale per cui è presentesolo lo scambio di calore fra le due fasi. L'esponentedell'isoeniropica diventa allora:

•P, UTJP

A * = •

sP

Fig. 1 - Velocità del suono e», hifunzione del titolo x dei vapore,per diversi valori di temperatura,nell'ipotesi di scambio di caloree di massa fra le due fasi (ipotesi

g. 2 - Velocità de! suono cs, infunzione del titolo x del vapore,per diversi valori di temperatura,nell'ipotesi di nessuno scambio dicalore e di massa fra le due fasi(ipotesi 3).

500

400

300

r //// /

Q* Q5 05 0.7 OS

nel caso in cui (1—.T) f&Sj/Sp),,,, < x (f

dove Ta è la temperatura assoluta di saturazione,T una generica temperatura e cp il calore specificoa pressione costante del liquido saturo (cpi) e delvapore saturo secco (cpa).

3) La trasformazione è suflìcientemente veloceper cui non si hanno scambi di calore e di massafra le due fasi, ma esse permangono in una situazionedi metastabilità. L'esponente dell'isentropica ri-sulta [12]:

i xv, + a—x) »...k = —

• (£).+<•-»(-§-)4) La trasformazione avviene nel campo delle

frequenze acustiche o ultraacustiche. Tale condizio-ne corrisponde a considerare nulli gli scambi sia dimassa e di calore che di quantità di moto fra ledue fasi [19]. Nell'intorno della pressione atmosferi-ca si ha che [8]:

per x > 10"* e, = csa

per x < 10'* c s ='<ss,iper 10"f < x < 10"' cs varia con gradualità fra

essendo cg?8 e csi le velocità del suono nel vaporesaturo secco e nel liquido saturo valutate in baseall'ipotesi 3).

Si fa notare come le espressioni anzidette possanoessere raggruppate in una unica formulazione perla velocità dei suono:

(8)

con A, e kt opportuni valori dell'esponente delfisoen-tropica lungo le curve limiti.

L'espressione (8) è stata utilizzata per i calcolinumerici i cui risultati sono stati diagrammati nellefigg. 1-8 assumendo l'ipotesi 1) e 3). L'ipotesi 2) portaa risultati non molto dissimili dalla 3). I calcoli sonostati limitati al campo di temperature di saturazione0 -r 350°C, essendo le formulazioni adottate insuf-ficientemente precise nell'intorno delle eond'sionicritiche [13], e i risaltati sono stati espressi, oltreche in funzione del titolo x, anche della frazione divuoto a definita in assenza di velocità relativa frale due fasi:

(9)

27

Fig. 3 - Velocità del suono cs, in Eunzione della temperatura t,per diversi valori del titolo ,r, nell'ipotesi di scambio dicalore e di massa fra le due fasi (ipotesi 1).

Fig. 4 - Velocità del suono ca, in funzione della temperatura l,per diversi valori del titolo x, nell'ipotesi di nessunoscambio di calore e di massa fra le due fasi (ipotesi 3).

10*

io-1

Cs Qn/s]

350 *C

300 «C

200 *C

ISO'C

Fig. 5 - Come fig. 1 ma conscale logaritiniche.

100 "C

10«C

//

• /

io3

con t>, volume speciiico delia fase vapore e v volumespecifico della miscela.

Validità dei risultatiLa formulazione sulle proprietà termodinamiche

del vapor d'acqua, proposta con lo specifico intentodi permettere valutazioni analitiche a mezzo di cal-colatori ed eventuali diagrammi con precisioni dicarattere industriale, sembra soddisfare pienamente,anche per quanto riguarda ìa variabile qui presa in

28

Fig. 6 - Come fig. 2 ma con scalelogàritmiche.

V?

10 -

1 .

01

0

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f5°-3j-— _- —

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J-! i.I?i'SJ

150'Ct- —

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Fig. 7 - Velocità del suono e* in unità logaritmiche, in funzio-ne della frazione di vuoto a per diversi valori di tempe-ratura, nell'ipotesi di scambio di calore e di massa fra ledue fasi (ipotesi 1).

Fig. 8 • Velocità del suono e, in unità logarìtmiche, infunzione della frazione di vuoto a per diversi valori dellatemperatura, nell'ipotesi di nessuno «cambio di calore edi massa fra le due fasi (ipotesi 3).

esame ed entro il campo qui sondato, alle aspetta- dentemente calcolati [1], [14] [15] che con rilievitive ed agli intenti del compilatore. Ciò è verifica- sperimentali diretti nelle vicinanze delle linee dibile dal confronto sia con altri diagrammi prece- saturazione [8j. Nel campo del vapore umido gli

accordi con i risultati sperimentali vanno esaminatitenendo conto delle modalità e della rapidità con laquale il fenomeno si sviluppa.

Si è detto che la conoscenza della velocità e, delsuono interessa per il cacolo dei condotti di efflussoe per ia previsione della velocità di propagazione diperturbazioni di pressione. Esaminiamo separata-mente i due casi:

I) Condotti di efflussoL'efllusso dei vapori saturi secchi o comunque a

titoli molto elevati è stato il primo problema adessere esaminato ed approfondito, dato il suo inte-resse nelle turbine a vapore [5], tanto da poterloconsiderare un argomento ormai classico [16] [17].La velocità che si raggiunge in tal caso nella sezioneristretta del condotto di efflusso risulta, con piccolecorrezioni, equivalent a quella derivata con l'ipo-tesi 1) di successione di stati di equilibrio. Per titoliinferiori la fase liquida si presenta con gocce didimensioni maggiori e quindi, diminuendo le su-perfici di scambio fra le fasi, ci si avvicina allaipotesi 3) [18].

Opportuni modelli matematici sono stati pro-posti in questo caso per contemplare anche l'in-fluenza della velocità relativa che possono acquista-re o possedere le due fasi [18]. Per titoli comunquesuperiori al 10% l'assunzione 1) porta ad errori sullaportata massica entro il 10% sempre in difetto men-tre per titoli inferiori l'errore cresce molto rapida-mente. In questo campo E.S. Starkman e coli. [4]consigliano il calcolo con l'ipotesi 1) e successivacorrezione dei risultati a mezzo di loro diagrammisperimentali. Per gli stessi titoli M. Andriano [3]propone un metodo di calcolo fondamentalmenteriferentesi all'ipotesi 1) ma elaborato per tener contodella velocità relativa delle due fasi e dell'aumentodi entropia che consegue all'applicazione del teo-rema della quantità di moto.

2) Velocità delle perturbazioni di pressioneA questo riguardo R.E. Collingbam e coli. [7]

hanno riscontrato come le perturbazioni rapide didepressione si propagano nella miscela bifase seguen-do una legge molto prossima alla ipotesi 4}. Suc-cessivamente Deich e coli. [8] hanno completatoqueste conclusioni rilevando che la velocità delsuono, intesa come velocità di propagazione diperturbazioni di sovrappressione e depressione, al-ternantesi con frequenza acustica o superiore, ri-sulta compresa fra le due condizioni estreme rap-presentate dalle ipotesi 3)e 4). La localizzazioneeffettiva fra queste condizioni appare legata alparametro O>/TO essendo u la pulsazione della per-turbazione impressa e T0 il tempo di rilassamentosecondo Stokes; T0 risulta dato da:

_ l _18 M.

-Vi (10)

con d diametro delle gocce e fi, viscosità della fasevapore.

Gli stessi Autori propongono in questo caso unopportuno diagramma che permette di derivare dalvalore di O>/T0 quello di ctfljcs rapporto fra velocitàeffettiva e velocità calcolata secondo l'ipotesi 4). De-gno di nota per la semplicità e per un buon accordocon alcuni dati sperimentali è pure un modello mate-matico proposto da Fauske [19].

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[18] Fauske H.K. - Two phase, two and one component criticalflow - Symposium on two phase flow - Exeter - Giugno1965, pagg. SG 101 - SG 104.

[19] Fauske H.K. - Propagation on pressure disturbance intwo phase flow - Symposium on two phase flow dyna-mics - Eindhoven - Settembre 1967, pagg. 639-652.

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Contributo alla storia della fisica tecnica in Italia

Cesare Codegone (*)

Riassunto - Premesse alcune notizie storiche sul-l'insegnamento tecnico universitario si tratteggianole vicende e gli sviluppi della Fisica Tecnica, prima-mente istituita nel 1863 nell'Istituto Tecnico Supe-riore di Milano con il nome di Fisica Tecnologicae nel 1867 nel Museo Industriale di Torino col nomedi Fisica Industriale e, nelle due sedi, successiva-mente professata da Giovanni Codazzo, Direttoredello stesso Museo, che della disciplina stessa è daritenere in Italia il fondatore.

Il nome di Fisica Tecnica compare per la primavolta nel 1882. Fra coloro che la professarono, convaria armonia di indirizzi, nel secolo scorso, emergonoGalileo Ferraris a Torino e Rinaldo Ferrini a Mi-lano.

Summary - Hystorical informations are given onthe developments of « Technical Physics », foundedin Italy by Giovanni Codazzo and afterwards pro-fessed by Galileo Ferraris in Turin and RinaldoFerrini in Milan.

1. Nella commemorazione che Quintino Sella,Presidente dell'Accademia dei Lincei, tenne in taleAccademia nella seduta del 2 dicembre 1877 ricor-dando il Professore Giovanni Codazza e l'attivitàda lui svolta nelle Scuole per Ingegneri di Milanoe di Torino si leggono queste significative parole:« L'attività scientifica più importante del Codazzaappartiene all'epoca in cui egli insegnò la fisicaindustriale, scienza pochissimo coltivata allora inItalia, e nella quale egli ha veramente creato unascuola » (1).

Dire di che elevatezza fosse quella scuola, laprima del genere istituita in Italia, e ricordarne icultori che la illustrarono in Torino e Milano fral'Otto e il Novecento è per l'appunto lo scopo diquesta nota.

2. La prima Scuola per Ingegneri fu fondata qualeScuola Militare in Francia in varie sedi nel 1720 efu presto seguita, a Torino, nel 1739, dalla nostraAccademia Militare, ovviamente rivolta a studi sullefortificazioni e artiglierie [2].

La locuzione « Ingegnere Civile » fu usata percontrapposto alla precedente e si diffuse particolar-mente con la istituzione a Parigi, nel 1747, deltacelebre « Ècoìe des Ponts et Chaussées ».

Ma già a Torino, nel 1729, Vittorio Amedeo II,dopo aver dato degna sede all'Università, (l'attualedi Via Po) ne promulgava i nuovi Statuti, ordì-

(*) Istituto di Fisica Tecnica - Politecnico di Torino.

nando con essi anche le professioni degli Architetti,ingegneri. Misuratori e Mastri dei Conti [3j.

Questi Statuti stabilivano per gli Architetti e in-gegneri, con titoli ulteriormente specificati (civile,topografo, idraulico, meccanico, ecc.) l'obbligo disostenere un esame di approvazione presso uno deiProfessori di Matematica dell'Università. Non erarichiesto, né di seguire corsi regolari di studi, nédi svolgere determinati periodi di pratica profes-sionale [41.

L'esigenza di corsi regolari fu pelò presto sentita,e tali corsi, di Matematica e di Architettura, daseguire prima di essere ammessi, presso l'Università,ad un esame finale scritto e orale, furono istituitinel 1762 dal « Manifesto del Magistrato delft, Riformariguardante gli studi, esami ed esercizi rispettiva-menti degli Agrimensori, Misuratori, Architetti civilie idraulici ».

Nelle successive costituzioni del 1772 si stabilìinoltre che i corsi di matematica e di costruzionifossero ripartiti in 5 anni: nel 1° anno si dovevainsegnare l'analisi algebrica, nel 2° le sezioni co-niche, nel 3° l'analisi degli infinitesimi, nel 4°) lateoria dei moto dei solidi e nel 5° quella del motodei liquidi. 1 casi pratici riguardavano: la costru-zione di strade, di ponti, di canali; la misura e ladivisione di terreni, effettuate mediante aste gra-duate, stadie, squadri e livelle ad acqua: la misuradei cosiddetti * bocchelli » o luci tarato di deriva-zione delle acque per irrigazione.

Dal 1793 al 1800 l'Università rimase chiusa amotivo degli avvenimenti politici del tempo e furiaperta da Napoleone che vi chiamò a insegnare leMatematiche il Plana (ex allievo di Lagrangc al-TEcole Polytechnique di Parigi, fondata nel 1795) [5Je l'Architettura il Bonsignore [6].

Nel 1831 Carlo Alberto conferenti il Plana, di-venuto astronomo illustre, per le Matematiche pure,a professar quelle applicate chiamò Ignazio MariaMickelotti e Carlo Ignazio Giulio, e nominò poiCarlo Promts [71 alla cattedra di Architettura.

Gli studi per gli Ingegneri civili continuarono dun-que e continueranno fin oltre il '60 a fondarsi sulleMatematiche e sulle arti edilizie.

E pure mentre dal lato dottrinale Volta e Avoga-dra (quest'ultimo docente nella stessa Universitàdi Torino) [8; con altri illustri italiani e stranieriavevan posto le basi e sviluppavano le scienzefisiche [9], dal lato costruttivo, sull'esempio delWatt e dello Stephenson, sorgevan dovunque opificìe strade ferrate con l'ausilio potente delle macchinea vapore, di quelle macchine i cui fondamenti ter-modinamici eran stati felicemente posti nel 1324

31

da un celebre saggio del giovane ingegnere franceseSodi Carnot [10].

3. Istituendosi in Torino con la legge Casati del13 novembre 1859, n. 3725, la « Scuola di Applica-zione per gli Ingegneri », si diede finalmente allaformazione degli slessi un assetto autonomo.

Il modello era la già citata « Ècole des Ponts etChaussées » di Parigi e perciò l'accento era postosull'edilizia e sulle costruzioni idrauliche e di pontie strade.

La nuova Scuola, dipendente dal Ministero dellaPubblica Istruzione, ebbe illustri docenti: ProsperoRichelmy per primo la diresse insegnandovi Meccanicaapplicata e Idraulica, Quintino Sella vi professòla Geologia, Ascanio Scorerò la Chimica, BartolomeoGastaldi la Mineralogia, il già citato Carlo Promtsl'Architettura [11], Giovanni Curioni le Costruzionicivili [12].

Le esigenze di Corpi tecnici quali il Genio Civile,gli Uffici tecnici comunali, provinciali e di Entimorali vari, come pure quelle del Corpo Realedelle Miniere, dei Magistrati delle acque e di moltiprofessionisti erano soddisfatte, non così quelle dimolti Stabilimenti industriali.

Appunto per venir incontro a queste ultime, eprendendo a modello il « Conservatoire National desArts et Metiers » di Parigi, sorse in Torino nel 1862,ad iniziativa del senatore Giuseppe De Vincenzi,il R. Museo Industriale Italiano, dipendente dalMinistero dell'Agricoltura Industria e Commercio,con funzioni sia di esposizione permanente di pro-dotti e di macchine [13] sia di diffusione di notiziefi studi tecnici delle più varie tecnologie.

Tale diffusione assumeva fra il 1866 e il 1867il carattere più elevato di corsi universitari legal-mente riconosciuti per la formazione di IngegneriIndustriali. (Decreti 30 dicembre 1866 e 14 no-vembre 1867) [14].

Lo speciale carattere applicativo di tali corsi,evidente nei loro titoli, lo distingueva dai corsi delValentino, più particolarmente diretti alie artiedilizie.

Ecco l'elenco dei primi corsi professati al MuseoIndustriale con i nomi dei rispettivi insegnanti:

1) Fisica industriale: Prof. Giovanni Codazzo;2) Chimica Industriale e metallurgica: Prof.

Emilia Kopp;3) Tecnologia meccanica: Prof. Michele Elia;4).Economia rurale <j silvicultura: Prof. Gae-

tano Cantoni;5) Applicazioni della geometria descrittiva:

Prof. Domenico Tessari;6) Disegno ornamentale: Prof. Piero Giusti.

11 ruolo di « Fisica Industriale » appariva qui perla prima voUa ed aveva qualche analogia con quellodi « Fisica tecnologica », adottato qualche anno pri-ma, e precisamente nel 1863, nell'erigendo « IstitutoTecnico Superiore » di Milano [15], foggiato sul mo-dello delle « Technisclie Hocksckulen » tedesche. La« Fisica tecnologica » era ivi professata da quellostesso 1863 fino al 1«67, data del suo trasferimentoa Torino, dal già ricordato Prof. Giovanni Codazza,noto cultore di studi teorici e tecnici.

4. È ora apportuno dare qualche cenno sulla vitae sull'opera di colui che della Fisica industriale inItalia fu detto a ragione « capo-scuola » [16].

Giovanni Codazzo nacque a Milano il 15 maggio1816 e si laureò Ingegnere-Architetto nell'Universitàdi Pavia nel 1837. In questo siesso anno fu nominatoAssistente di Matematica e Fisica e collaboratoreper le esercitazioni di Idrometria e Geodesia. Treanni dopo fu professore di ruolo di Fisica e Storianaturale nel Liceo di Corno e in tale periodo pub-blicò due notevoli lavori, l'uno sulla teoria dellapropagazione della luce, l'altro sull'applicazione dellaprospettiva alle macchine. Quest'ultimo gli valsela chiamata a Pavia quale professore di Geometriadescrittiva. Tale cattedra occupò per ben vent'anni,con la sola interruzione dei burrascosi 1848 e 1849,nei quali Egli, eletto Rettore dell'Università, par-tecipò attivamente ai moti insurrezionali. A questoproposito scrisse di lui il Ferrini: « Nella notte dal22 al 23 marzo 1848 egli recavasi oltre il confine,eludendo la vigilanza nemica, per avvertire il gene-rale piemontese che gli Austriaci si preparavano asgomberare Pavia. Fu poi, in questa città, membrosolerte del Comitato di guerra e quando, dopo inostri rovesci, gli Austriaci già vi rientravano, ful'ultimo ad abbandonare la sede del Comitato » [17].Dovette riparare in Piemonte dove visse in queglianni professando un corso d'arte militare per gliufficiali della Scuola di Guerra a Pinerolo. Tornatoa Milano verso la fine del 1849 vi esercitò la profes-sione di ingegnere e l'insegnamento privato, finchéfu richiamato alla sua cattedra di Pavia. In questaUniversità oltre alla « Geometria descrittiva » in-segnò dal 1856 anche la « Costruzione delle mac-chine » e nell'anno accademico 1857-58 fu rielettoRettore.

Fondato a Milano nel 1863 dal Brioschi l'IstitutoTecnico Superiore, accettò l'invito a professarvi unanuova disciplina, detta « Fisica tecnologica » rima-nendo in tale Istituto fino al 1867.

A dare un'idea del livello concettuale che Eglidiede al nuovo insegnamento, inserendolo efficace-mente nel quadro della nascente istituzione, diamoin appendice il testo dei primo dei « Temi per gliesami generali » cioè del primo tema scritto dilaurea che sia stato assegnato nella Scuola milanese.Esso fu per l'appunto proposto dal Prof. Codazza,dettato e svolto il 14 agosto Ì865 [18], sul finirequindi dell'anno accademico 1864-65, secondo dallafondazione, riducendosi allora la Scuola per Inge-gneri ad un biennio, susseguente ai corsi universi-tari di Matematica.

Nel frattempo, come s'è detto, nel Museo Indu-striale di Torino era stato istituito un corso univer-sitario di laurea in Ingegneria Industriale e nel1867 il Senatore De Vincenzi invitò il Prof. Codazzaa coprirvi la carica di Vice-Direttore ed a professarviun nuovo insegnamento a carattere istituzionaleche ricevette il già ricordato titolo di « Fisicaindustriale ».

Due anni dopo. Bei 1869, il prof. Codazza succe-deva al De Vincenzi e assumeva la direzione delMuseo Industriale, mantenendola fino al 1877, annonel quale, per motivi di salute, era costretto a la-sciare la Scuola per ritirarsi in Comò, ove moriva•il 1° settembre di quello stesso anno.

32

1

Egli fu Socio dell'Accademia dei Lincei, dell'Ac-ademia delle Scienze e dell'Accademia di Agri-oltura di Torino, dell'Istituto Lombardo di Scien-c e Lettere nonché della Società degli Ingegneri• degli Industriali in Torino e negli Atti e nei perio-,iici di codeste istituzioni si trova inserita la mag-gior parte dei suoi lavori. Oltre che due volte Ret-tore dell'Università di Pavia, Egli fu pure Consi-gliere comunale e Sindaco di quella città negli anni1862 e 1863.

Sulla sua attività riportammo, agli inizi di questanota, l'autorevole conciso giudizio di QuintinoSella.

Che il Nostro avesse « veramente creata una scuo-la » emerge e dalla sua intensa attività didattica escientifica e dagli allievi e collaboratori che Egliformò, primo dei quali « coin'aquila vola » GalileoFerraris.

Quanto all'anzidetta attività, spaziante fra lafisica-matematica, (in cui seguì le orme del Mossotti)[18 bis] le costruzioni civili, le tecnologie del calore<• dell'elettricità e lo studio delle macchine, basteràriprodurre l'elenco citato dal Sella, delle sue mono-grafie e dei trattati:

1) Sulla teoria deila propagazione della luce,Milano, 1840:

2) Sulla prospettiva delle macchine, Conio,18 12;

3) Sul taglio delle pietre e sulle centine dellevolte, Pavia, 1844;

4) Sur la théorie de la chaleur (VII! Congrésdes savants italiens, L846);

5) Sull'equilibrio delle volte, Pavia, 1847:6) Teoria geometrica degli ingranaggi, Milano,

185 'i;7) Tecnologia del calore, Milano, 1865;8) Tecnologia del calore e dell'elettricità, To-

rino, 1865:9) Relazione sui Musei Industriali, Torino,

1869.Delle numerose note e memorie citiamo alcune

fra le più significative-elencandole secondo le fonti.Comparvero sui Rendiconti dell'Istituto Lombardodi Scienze e Lettere: nel 3856 « Sull'influenza dellediverse fasi di distribuzione del vapore sull'effettoutile delle macchine motrici e soprattutto dellelocomotive»; nel 1859 «Sulla teoria delle macchinea vapore »; nel 1861 «Sulla teoria dei generatori divapore»; nel 1864 «Sul principio della conserva-zione della forza» [19]; sulla Rivista «11 Politec-nico » : tutte nel 1866 « Sugli essiccatoi a correntid'aria »; « Di una applicazione dell'elettricità allostudio dell'elasticità e resistenza dei materiali edella stabilità delle costruzioni »; « L'elettricità ap-plicata all'accensione delle mine »; « Nuòvi elettro-motori fondati sul principio delle induzioni elettro-statiche ed elettromagnetiche »; sugli Annali delR. Museo Industriale Italiano: nel 1870 «Le unitàdi resistenza elettrica adoperate nelle applicazionitecniche, ridotte ad unità di misura assoluta »;« Essiccatoi ad inspirazione d'aria per lavoro mec-canico e loro applicazione alla essiccazione dellelane»; nel 1871 «Posta pneumatica»; negli Attidell'Accademia delle Scienze di Torino: nel 1869

« Sulle maccìiine dinamo-magneto-elettriche » ; « In-dicazioni a distanza per rottura di circuito, appli-cate agli indicatori di temperature», nel 1873 « Piro-metro ad aria con manometro ad aria compressa ».

5. Il miglior collaboratore del Prof. Codazza fu,come s'è detto, Galileo Ferraris e fu appunto questia succedere al Maestro nel 1879 sulla cattedra diFisica Industriale.

Del Ferraris tanto s'è scritto che apparirebbesuperfluo intrattenere qui i lettori sulla sua fi-gura [20].

Basterà accennare che nato il 30 ottobre 1847in quella cittadina di Livorno Piemonte che portaora il suo nome, compì in Torino alla Scuola delValentino gli studi di ingegneria laureandosi bril-lantemente nel 1869 con una tesi sulle trasmissionidi energia telodinamiche dell'I lini (attuale cioèa distanza mediante funi e pulegge) confrontandolecon quelle ad aria compressa.

Dopo pochi mesi venne accolto dal Prof. Codazzafra i suoi collaboratori e fra gli argomenti svilup-pati dal Maestro mostrò subito di prediligere quelliottici e gli elettrici, il cui intimo legame non potevanon colpirlo e doveva più tardi far sfolgorare il suogenio di mirabili intuizioni.

Per ventun'anni Egli svolse una esemplare attivi-tà di educatore, di scienziato e di cittadino.

Scrisse di Lui il Prof. Perucca, ricorrendo il cen-tenario della nascita: «Se il suo articolo del 1876« Sulle nuove macchine d'induzione » si può consi-derare la prima rivelazione del Ferraris elettrotec-nico, il suo ottimo \'olunie « Sulle proprietà cardinalidegli strumenti diottrici » pubblicato a Torino nel1877, e due anni dopo tradotto in tedesco dal Lip-picli, e altri due lavori di ottica che seguirono, euna nota di termotecnica f21j, ci provano che tuttii capitoli della fìsica tecnica erano da Lui curaticon pari amore e pari competenza » [22j.

I suoi capolavori, tutti inseriti negli Atti dell'Ac-cademia deile Scienze di Torino, rimangono tuttavia(fra P84 e l'87} le tre memorie sul trasformatore elet-trico, colla nozione di sfasamento delle correnti edelle tensioni applicate e con la conseguente defi-nizione di potenza elettrica, e la breve nota dell'88sul campo magnetico rotante, fondamento del mo-tore asincrono, suggeritagli da un'idea balenata im-provvisa nell'autunno del 1885 a motivo di unaanalogia con la composizione delle luci polarizzate.

Nel 1889 tenne un corso, di cui fu poi incaricato,su di una nuova disciplina, che Egli chiamò « Elet-trotecnica », corso che attirò molti allievi, affascinatidalla chiarezza del Maestri e dalla novità degliargomenti.

Molti pure gli onori e gli oneri che Gli attirò Jaconseguita fama: rappresentante dell'Italia in con-sessi e congressi e in memorabili Esposizioni inter-nazionali; acclamato primo Presidente, nel 1896,dell'Associazione Elettrotecnica Italiana, membrodi varie Accademie fra cui quella delle Scienze diTorino e dei Lincei; consigliere comunale e asses-sore del Comune di Torino; senatore del Regno.

Ma esausto dall'eccessivo lavoro, dopo aver in-vano tentato di terminare una lezione, soccombettefra il compianto generale il 7 settembre 1897, nonancora cinquantenne.

33

I due magistrali trattati postumi: «Teoria geo-metrica dei campi vettoriali » e « Principi scientificidell'elettr .«tecnica » costituiscono ancor oggi ottimefonti di consultazione.

6. A succedere a Galileo Ferraris sulla cattedradetta da alcuni anni di Fisica Tecnica fu chiamatonel 1897 Luigi Luniluirdi, suo distintissimo allievo,perfezionatosi da vari anni a Zurigo col Prof. Weber..Nel Museo Industriale il Prof. Lombardi arricchìle dotazioni del laboratorio installandovi in parti-colare una macchina di Linde per la liquefazionedell'aria e aprendo cosi nuovi orizzonti alla disci-plina, che, ridotta la parte di elettrologia, potevaora dare maggior respiro agli altri capitoli in rapidosviluppo. Di ciò è traccia nel p-egevole volumelitografico che rispecchia il eorso.

Ma già nel 190J. il Lombardi passava a Napoliin quella Scuola di Applicazione per gli Ingegneriquale ordinario prima di Fisica Tecnica e poi diElettrotecnica, iniziandovi una intensa e instanca-bile attività ohe continuò poi con ammirevole con-tinuità nella Scuola di Ingegneria di Roma dovefu chiamato nel 1921.

Rinviatilo per un'analisi della sua apprezzatiìsi-ma opera ili campo elettrotecnico alla commemo-razione che ne tenne il Prof. Rinaldo Sartori all'Ac-cademia delle Scienze di Torino '23j.

7. In seguilo al trasferimento del Prof. Lombardivenne chiamato a succedergli il Prof. Pietro PaoloMorrà.

Era questi nato a Carmagnola nel 18'»!) e di indolestudiosa si laureò dapprima, ne! 1870, in Matema-tica presso l'Università di Torino, poi, nel 1877, inIngegneria civile presso la Scuola dsl Valentinocon una tesi Mille tensioni di un prisma non omo-geneo sollecitato assialmente.

Chiamato nel 187!) da Galileo Ferraris ai posto diassistente alla cattedra di Fisica industriale nelMuseo, ne divenne apprezzato collaboratore.

Fu poi incaricato dell'insegnamento della Fisicagenerale nello stesso Museo e nel 1885 vinse perconcorso il posto di professore ordinano di Fisicanòli'Accademia Militare; inline, nel 1901, come s'èdetto, fu anche nominato professore straordinariodi Fisica tecnica presso il Musep..Industriale, postoche occupò fino alla morte, avvenuta il 17 aprile1900 [241.

Fu il Morrà uno specialista nel campo del riscal-damento e della ventilazione degli edifici e su questiargomenti lasciò una pregevole pubblicazione nellaquale propose pratici metodi di calcolo [25j.

Di lui si ricorda anche la commemorazione delsuo Maestro Galileo Ferraris, che egli lesse nellaseduta del 7 aprile 1897 presso la Società degliIngegneri e Architetti in Torino, nonché l'ampiaprolusione ai corsi dell'anno scolastico 1905/1906nel Museo Industriale, prolusione intitolata « Lericerche scientifiche e i problemi di Ingegneria» [26].8. Nel 1906, l'anno stesso della morte -de Prof.Morrà, si compiva un notevole avvenimento. Conla legge dcll'8 luglio, n. 321, mediante la fusionedella Scuola di Applicazione e del Museo Industriale,veniva costituito l'attuale Politecnico di Torino.Tale costituzione fu preparata da notevoli studi e in

modo particolare dalle ampie relazioni presentaterispettivamente al Senato da Valentino Cerruti edalla Camera da Paolo Boselli, già Presidente dellaGiunta Direttiva del Museo.

Essa fu facilitata da precedenti accordi fra le dueScuole riguardanti comuni discipline, frequentatein una sola delle due sedi, come avveniva appuntoper la Fisica tecnica, rimasta sempre in Via Ospe-dale.

Com'è noto, il Politecnico fu retto nel 1906 e perpochi mesi dal fisico matematico Vito Volterra, epoi, fino al 1922, dal matematico Enrico d'Ovidio.

9. Al Prof. Morrà, nell'appena costituito Politec-nico, succedette il Prof. Benedetto Luigi Montel [27].

Nato da nobile famiglia a Pisa nel 1872, compìgli studi superiori a Torino prima presso l'Univer-sità poi nel Museo Industriale, laureandovisi Inge-gnere nel 189ì e seguendovi poi il corso di specializ-zazione in elettrotecnica.

Narrava della meraviglia sua e dei suoi compagnidi corso, in visita di istruzione a stabilimenti indu-striali esteri, nel vedere di quali onori fosse oggettodovunque il loro Professore Galileo Ferraris.

Nel 189l> fu assunto dallo stabilimento Cruto(ora Philips) di Aìpignano ove si occupò della fab-bricazione di lampade elettriche (erano ancora afilamento di carbone e il Cruto fu un vero pionierein questo campo;, nonché della costruzione dellalinea elettrica a 2000 Volt (l'alta tensione di allora)fra Rivoli e Aìpignano. Nel 1898 divenne assistentepresso il Museo alle cattedra di Cinematica applica-ta e di .Macchine termiche. Come s'è detto, nellOOfi egli successe, quale incaricato, al Morrà peril corso di Fisica tecnica. Nel 1910 la disciplinaimitò nome e, dagli argomenti che vi prevalevano,fu chiamata ^ Termotecnica >> e il Montel vinse ap-punto in quell'anno il relativo concorso insegnan-dola lino al 1932, anno della sua morte. Lo fecerostimare i suoi volumi didattici, i lavori sulla misuradella velocità e della portata dell'aria nei condottidi ventilazione 28 , le esperienze sulla trasmissionedel calore in apparati frigorifici [29 .

Chi scrive apprese da Lui la paziente e difficilearte dello sperimentare.

10. Per la disciplina di cui si sta trattando unadata notevole fu segnata dal trasferimento al Poli-tecnico del Prof. Pietro Enrico Brunetti [30].

Di famiglia bolognese, nacque egli nel 1876 aChieti, residenza temporanea del padre, IngegnereCapo al Genio Civile. Si laureò a Roma n«*,l 1898ingegnere civile ed entrato subito nel Genio Navale,prosegui gli studi a Genova, laureandovisi inge-gnere navale e meccanico nel 1900.

Brillanti g!i inizi: già la tesi sostenuta a Roma,sulle cupole metalliche reticolari, fu pubblicatadal Giornale del Genio Civile nel 1899 e tradotta infrancese dal Mathieu fu stampata dal Dunod in unvolume che usci nel 1901.

L'attività di cantiere a La Spezia ed a Veneziafu accompagnata da uno studio assiduo e appassio-to i cui frutti apparvero su varie Riviste e segnata-mente sulla Rivista Marittima. Chiamato al Mini-stero della Marina a Roma, passò poi all'AccademiaNavale di Livorno a insegnarvi Termodinamica e

Macchine. Nel 1906 vinse il concorso alla cattedradi Costruzione di Macchine presso la Scuola perIngegneri di Napoli, iniziandovi quell'insegnamentouniversitario che per varie discipline tenne poi de-gnamente per oltre quarant'anni.

Per incarichi speciali continuò tuttavia a darealla Marina militare la sua collaborazione. Così nel1912 diresse il difficile ricupero dell'incrociatore« San Giorgio » arenatosi nel golfo di Napoli e du-rante la prima guerra mondiale diresse nei cantieridi Castellamare di Stabia la costruzione di una seriedi torpediniere.

Furono più volte tradotti e citati all'estero i suoiprediletti studi sulle velocità critiche degli alberi,sulla resistenza delle carene, sulle oscillazioni diaste mobili, sui condensatori di vapore. In partico-lare le magistrali ricerche sulle velocità critiche [31]posero fine, per i calcoli delle turbine marine, allasudditanza dell'Italia verso altra nazione.

Nel primo dopoguerra sottoscrisse l'appello allelibertà civili, passato alla storia come « ManifestoCroce » dal nome del filosofo che lo siese; ciò loespose a compagne denigratorie, da Lui sostenutecon animosa fermezza, e all'esclusione da carichepubbliche.

Nel 1932, per iniziativa del Prof. Vallauri, fuchiamato nel nostro Politecnico a coprire insiemele cattedre di Macchine a vapore e di Fisica tecnica.

Diede qui efficace impulso agli studi di Termo-dinamica, di Termocinetica, di Costruzione dei ge-neratori di vapore, ampliò il laboratorio di ricerche,iniziò a scrivere un trattato di Fisica tecnica in piùvolumi che fu aggiornato e completato da chi scriveparticolarmente negli argomenti di Acustica Archi-tettonica e di Illuminazione, adatti in special modoper gli allievi civili e architetti [32].

La seconda guerra mondiale colpì duramente ilnostro Politecnico e con essa il suo Istituto, sem-pre rimasto nella sede di Via Ospedale. La sera del-ì'8 dicembre 1942 un violento bombardamentoaereo semidistrusse con la sede medesima, di cuifu interrotta ogni attività, la sua stessa abitazionein Via Avogadro.

Nel 1943 le lezioni "ripresero, prima ad Acqui inlocali prowisori, poi al Castello de) Valentino,dove il poco materiale di laboratorio ricuperato futrasferito. Venuta nel 1945 la fine della guerraEgli fu nominato dapprima Vice Commissario poiDirettore della Scuola, risollevandone le sorti com-promesse da tante durissime prove. Non trascuròperaltro i prediletti studi (era Socio dell'AccademiaPontaniana di Napoli e di quella delle Scienze diTorino) né l'attività associativa. Come a Napoliera stato vicepresidente di quella Società di Inge-gneri e Architetti, così a Tomo- fu, nell'immediatodopoguerra, membro del Consiglio Direttivo diquella locale, appena ricostituita.

Nel 1946 presiedette il Congresso da cui sorsel'Associazione Termotecni'M Italiana, della qualefu il primo Presidente Nazionale [33].

Morendo il 29 marzo del 1947, lasciò ai suoi col-laboratori, e in particolare a chi scrive, un altoesempio di operosità scientifica e di dirittura mo-rale.

Da tale esempio abbiamo appreso che anche nellecrisi più gravi della Scuola non deve mai affievolirsi

nei Docenti la vocazione educativa, la passione perla ricerca, la devozione alla Patria.

Appendice« Tenia generale di laurea assegnato il 14 agosto

1865 nell'Istituto Tecnico Superiore di Milano dalProf. Giovanni Codazza* [34 J.

Quesito I proposto dal prof. Codazza (14 agosto 1865)« Sulla spiaggia d'un lago che ha per emissario

un fiume navigabile, trovasi un piano coperto dibosco. A non molta distanza da esso discende dalmonte un corso d'acqua continuo, n/a di portatavariabile.

Queste condizioni locali fecero sorgere l'idea dierigere su quel piano uno stabilimento manifattu-riero. Le informazioni ed i rilievi offersero i seguentidati:

1) chiuso il corso d'acqua al piede, /ormandouno stagno mediante traversa in cui era aperta unaluce senza battente, della larghezza di l"1, 60, sitrovò che lo spessore della lamina d'acqua stramaz-zante, preso ad un livello lontano dello sbocco, eradi 0m, 20 nello stato massimo d'acqua e di 0m, 10nel minimo;

2) esiste la possibilità di formare uno stagno inun ripiano superiore e di condurre l'acqua ad unserbatoio che la dispensi ad un turbine JonvalKoechlin, chiuso in tubo verticale, con caduta utiledi 16"";

3) si possono acquistare pert. 90 di terreno,di cui pert. 60 a bosco forte ceduo e pert. 30 a boscocastanile.

Come basi preventive della compilazione del pro-getto si domanda:

1) La portata del corso d'acqua nei suoi duestati estremi;

2) II lavoro assoluto del corso d'acqua ed illavoro utile sull'albero motore del turbine nei dettidue stati, espresso in cavalli vapore;

3) Le dimensioni principali del turbine calcola-te sulla portata massima ;

4) La forza nominale in numero di cavalli diuna motrice a vapore perché il suo lavoro utilesupplisca al turbine durante i minori stati d'acqua,ed in base a questo numero, l'estensione della su-perficie di riscaldamento e gli elementi del forno(griglia e sezione del camino ritenutane di 20"'l'altezza) ;

5) lì prezzo d'acquisto del terreno coperto dabosco, peritato sui seguenti dati: bosco forte ceduopert. 60 estimo se. 180; bosco castanile pert. 30estimo se. 120. Il bosco forte è diviso in quattroparti eguali fra loro di area, le quali sono rispettiva-mente a foglie 0, 1, 2, 3, ed ogni parte si taglia ogniquattro anni.

Il bosco castanile si taglia ogni nove anni ed èattualmente a foglie 7.

.Ognuna delle quattro porzioni del ceduo da inciascun taglio 110 quint, di legna verde che perde1/5 disseccando e si valuta ad 1/3 del prodotto dilegna, secca il cumulò delle spese per il raccogli-mento di essa.

36

Il lioseo castanile rende, nello di speso, cantili<Ì(IO, pillimi VHì, pali 1500, Maneggi»! 1200.

I prezzi locali sono di !.. '2,50 al quintale la legnaforti-: «' pi-i castani ceni. 80 ogni cantilo, cent. 40ogni paloni-, cent. IO ogni palo e cent. 3 ogni ma-

per ilcima

"W'H- . . . .Nel itoseli forti' trovatisi pianti' (la cima pe

valore di I . .100 e nel caslanile altre piante da ciper il valore ili I.. 150.

L'estimo si valuta a cent. 3(i per scudo, tutto com-preso };. rali, comunali, provinciali, addizionali.

Si pattuisce di capitalizzare la rendita in ragionedi L. 100 per L. 5.

Si terrà conto della tassa di registro ».Bibliografìa[t] Transunti Acr. Lìncei - Serii' 3» - II (1877-78), p. 22/2'..[2J Timoshciiko S.P. - History of strength of materials, New

York, 1953; Signorelli B. - Un documento inedito del"701) «/ Hi un main* '!" /:.„.;;•"•. • Piemonte - AttiItnss. Ter. Sor. hip. Ardi. Torino, n. 9, 19fi9 - a pag. 25del Doli. Uni. hip. Torino. L'esame in questione eraistituito per Ingegneri Militari.

|3J Uraida C. e coli. - Specializzazione e vita professionale nelSei e Settecento in Piemonte - Atti Rnss. Tee. Soc. lag.Ai-ch. Turino, 194Ì3, p. 73/173. Questi Autori mettonoin evidenza che nel Sei e nel Settecento non si faceva inPiemonti- netta distinzione fra i titoli di Ingegnere e diArchitetto spesso trascritti «nello stesso documentoper la stessa persona ». Le incertezze di locuzione eranoetimologicamente l>en giustificate. Intatti dal « gi-gnerc » Ialino viene appunto « ingenium » ed i modernivocaboli « genio » (militar", civile, navale, aeronautico,ccc.) e « ingegnere », quasi cioè « generatore » di macchinee di edifìci, e quindi necessariamente capo dei costrut-tori, ed (• questo appunto il significato letterale delgreco « nrchilektnn » che gli slessi greci, col loro senti-mento del bello, hanno reso anche sinonimo di artista.Cfr. C. Codegone « L'uomo e la mucchina » Atti XXICnngr. Nax. di Filosofia, Fisa, Apr. 1967, Vol. II,pag. 12.

[4] Come invece accadeva fra il Sei e il Settecento a Milano,ove lunghi e talorn gravosi erano i tirocini presso Inge-gneri « collegiali », vale a dire ufficialmente riconosciutimembri dell'omonimo « Collegio » Cfr. G. Bozza e coll.,Il cenlenarin del Politecnico di Milano (1863-1963),pag. 68 e segg. Si veda pure; Codegone C, Ingegneri eArchitetti a Novara fra il Sei e l'Ottocento - « Boll. Storicoper la Provincia di Novara » n. 2, 1969.

[5] Tricomi I". - Commemorazione di Giovanni Plana -Atti Acc. Se. Torino, V«h 9» (1964-65) p. 267-279.

[6] l'ugno G.M. - Storia del Politecnico Hi Torino - 1959,pag. 23 e segg.

[7] Cavallari Murai A. - Carlo Promts - Atti Rass. Tee.Soc. lng. Ardi. Torino, 1969, pag. 159.

[8] Del Volta, oltre alle mirabili scoperte in elettricità,e qui da ricordare l'enunciazione della legge della dilata-zione termica dell'aria, poi estesa dal Gay Lussac aglialtri gas. Dell'Avogadro è in particolare nota la famosalegge che chiari la composizione molecolare dei corpi.

[9J Degli italiani basterà citare l'Amici per gli studi ottici,il Nobili per i galvanometrici, il Melloni per quelli sulleradiazioni termiche, l'astronomo Mossotti, fondatorein Italia della fisico-matematica. Per quest'ultimo cfr.C. Codegone, Boll. Stor. Prov. Novara, 1963, pag. 82.

[10] Codegone C. - Breve saggio sui fondamenti della Termo-dinamica - Atti Has». Tccrj. Soc. Ing. Arch. Torino, n. 9,1948, pag. 163; «Nicolas Leonard Sadi Carnot», ibid,n. 4,1956. Cfr. pure Thuratcn R. - Hittoire de la machineà vapmr - Paris, 1882. - In Itali» il primo trattato diTermodinamica è quello di Paolo di Saint Bobert,Professore all'Accademia Militare'di Torino; è redattoin lingua francete ed è completato da una notevole ta-bella delle proprietà del vapor d'acqua ipeiiio citataanche all'estero. Il «(io titolo è: Principe» de Thermody-namiquf, Turin, lt>65.

[11] Gli Ingegneri - Architetti costituivano nella Scuola undistinto cura» di laurea, peraltro poco frequentato.Cfr. l'Annuario dell'Ass. Amichevole fra gli IngegneriEx Allievi delln Scuola di Torino, 1910.

[12] Per il Cimimi cfr. Codegone C. - ingegneri e Architettia Novara fra il Sei e l'Ottocento- Boll. St. Prov. Novara». 2, 19tì9,

[13] Chi scrive ricorda di aver veduto, nella vecchia sede diVia Ospedale, in cui appunto sorse il R. Museo Indu-striale, gli ultimi residui delle collezioni e fra questil'automobile a vapore del Generale Bordino (1836), oraal M-iseo dell'Automobile, la prima perforatrice usatadal Somineiller per' il traforo del l'rejus, ed un grandecrogiuolo in grafite che Ironeggiava in prossimità del-l'Istituto di Termotecnica.

[14] Cfr. la già citata «Storia del Politecnico di Torino»a pag. 32 e segg. che nella fig. 39 riporta un manoscrittodel Direttore Prof. Codazza. Si può notare qui che l'isti-tuzione di Ingegneri indiisi.tali veniva a restringere ilsignificato, inizialmente volto a tutte le applicazioni nonmilitari, del titolo di Ingegnere civile.La successione dei Direttori del R. Musco Industrialedi Torino, non fornita dagli Annuari del Politecnico,che si riferiscono invece alla Scuola di Applicazione, èla seguente:Sen. Giuseppe De Vincenzi 1867-1868Prof. Giovanni Codazza 1869-18/7lng. Giulio Axerio 1879-1881lng. Giacinto Berruli 1881-1897lng. Domenico Tessari 1898-1900lng. Enrico Camerana (reggenti) 1901lng. Giov. Battista Maffiotli 1902-1906L'Axerio nel 1880 resse anche la Scuola di Applicazionee cosi il Berruti negli anni 1881-1882. Nell'elenco deiPresidenti dello stesso Museo si notano i nomi illustridi Paolo Boselli, Domenico Berti e Secondo Frola;in quello dei Professori, oltre ai citati nel testo, spicca,per l'insegnamento dell'Kconomia e della LegislazioneIndustriale, il nome di Luigi Kinaudi. (V. Annuario1905-1906 del R. Museo Industriale Italiano).

[15] L'Istituto Tecnico Superiore di Milano, fondato nel1863, fu illustrato dall'insegna:nento di eminenti Inge-gneri. Oltre al sopranominato Prof. Codazza per la Fisicatecnologica, tono da ricordare il Brioschi e il Cremonaper le Matematiche, l'astronomo Schiapparelli per laGeodesia, il Colombo (autore del noto manuale) per laMeccanica Industriale, il Ferrini per la Fisica generalee poi anche, quale successore del Codazza, per la tecno-logica. Il Brioschi fondò l'Istituto di Milano e lo resse,con mano ferrea, fino alla sua morte, avvenuta nel 1897.Cfr. G. Bozza, Storia del Politecnico di Milano, 1963.

[16] II Prof. Rinaldo Ferrini (1831-1908) cosi si esprime nellacommemorazione del suo predecessore, letta nel Ì878all'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere: «Sebbeneio non abbia avuto, come molti dei miei compagni, ilvantaggio di ascoltarne le lezioni, tuttavia attinsi larga-mente alle sue pubblicazioni, e ben posso riguardarmicome suo discepolo nella scienza che venni chiamato aprofessare succedendogli all'Istituto Tecnico Superiore »(Rend. 1st. Lomb. II-XI-503). Del Ferrini sono daricordare i trattati « Tecnologia del calore » (Milano,1878) ed «Elettricità e Magnetismo» (Milano, 1879),entrambi tradotti in tedesco dal Prof. Schroeter delPolitecnico di Zurigo e il fprimo anche in francesedal'Ing. Archimard (Parigi,'1880). È anche noto cheEgli fu il Padre dell'insigne romanista Prof. Contardo,beatificato dalla Chiesa per le sue alte virtù morali.

[17] In altra occasione, nello stesso anno, il Codazza si prof-fersé come ostaggio per liberare uno studente arrestatodi notte tempo e tradotto in castello. Cosi il Ferrininella commemorazione citata nella nota precedente.Per altre notizie si veda pure la commemorazione tenutada Alfonso Cossa nell'Accademia delle Scienze di Torino(Ad. 18 Nov. 1877 - Atti XIII - pag. 25).

[18] Si noti la data! Gli esumi speciali e quelli generali dilaurea li svolgevano in quei tempi nel mese di agosto.Riguardo al tema, e pur ritoccando nomenclatura eunita di misura, a più di un secolo di distanza quantilaureandi «i sentirebbero oggi imbarazzati a svolgerloin poche .«re!

IS bis] cfr. Codegone C., Nel 1° centenario della morte diOltaviano Fabrizio Mossotti, Boll. st. Prov. Novara,19G3, pag. 82.

19] Nella nomenclatura del tempo derivata dall'Helmholtz(si pensi al classico saggio: « Ueber die Erhaltung derKraft », Berlino, 1847) il vocabolo « forza » comprendevagli attuali concetti di energia e di potenza. Si dicevaad esempio comunemente: « Un motore della forza didieci cavalli ».

(20] Dell'ampia bibliografìa sull'argomento ci limitiamo acitare qui il bel volume « Galileo Ferraris » edito aTorino nei 1903 in occasione dell'inaugurazione del

;' monumento a Lui dedicalo. Contiene ampie notiziejj biografiche dettate dall'Ing. G.B. Mafllotti, allora Di-• rettore del Museo (V. Annuario 1905-1906) un dotto

*f e completo quadro delle opere scientifiche redatto dal|| Prof. Guido Grassi, nonché giudizi stranieri e il testofi di discorsi inaugurali.

È da notare che il Ferraris rimase poi fino al terminedella sua vita professore ordinario di Fisica tecnica(nome peraltro introdotto dopo il 1882). L'incarico diElettrotecnica divenne cattedra soltanto nel 1898 quan-do fu chiamato a coprirla il predetto Prof. Grassi, giàProfessore a Napoli di Fisica Tecnica. Quando ai tito-lari di altre sedi in Italia basterà citare Antonio Paci-notti (1841-1912), Professore di Fisica tecnologica egloria dell'Università di Pisa.

[21] Ferraris G. - Sopra un metodo per la misura del'acquatrascinata meccanicamente dal vapore - Atti Acc. ScienzeTorino, XVII (1881) pagg. 135/136.

[22] Cfr. « Alti Rass. Teen. Soc. Ing. Arch. Torino », NuovaSerie, Anno 1°, ott. 1947, pagg. 288/295.Agli argomenti citati, e pure coltivati da Galileo Ferrarisnel campo della Fisica tecnica sono da aggiungerel'illrminazione e l'acustica telefonica. Il Laboratorio diFisica tecnica all'epoca di Galileo Ferraris comprendeva,verso Via Ospedale, un'aula a gradinata molto ripidae al primo piano, nei locali più tardi occupati dallaBiblioteca centrale, vari studi (fra cui quello piccolo emodestissimo del Professore) e sale per esperienze.Chi scrive ricorda ancora quell'aula e quello studio econserva nell'attuale Istituto di Corso Duca degliAbruzzi, quali preziose reliquie, l'inventario del Labora-torio di Fisica Industriale, firmato il 30 giugno 1882da Galileo Feriaris e varie suppellettili e alcuni vecchistrumenti in tale inventario citati. In esso il totale am-montare per mobili, libri e macchine ascendeva a lire31.315,90.

[23] Cfr. Sartori R. - Commemorazione di Luigi Lombardi -

"44

Atti Acc. Scienze Torino, Voi. 93 (1959/uO), pap. til 5/630 (con bibl.). Citiamo del Lombardi: « Sulla liquefa-fazione dell'aria», «Rivista Tecnica », Torino, 1900;« Lezioni di Fisica Tecnica ». Litografìa Salussoliu,Torino, 1905. Il Prof. Lombardi nacque a Droncro(Cuneo) nel 1887, fu insignito del laticlovio, e mori piùche novantenne in Roma nel 1858, dopo una vitaoperosissima.

[24] Cfr. Montel B.L. - Commemorazione del Prof. PietroPaolo Morrà - « Rivista tecnica delle Scienze, delleArti applicate e dell'Insegnamento industriale» AnnoVI - 1906/1907.

[25] Cfr. Voce « Riscaldamento » nella Enciclopedia l'ombaTorino - 1888/99.

[26] Annuario per l'anno scolastico 1905/1906 del R. MuscoInd. It., Torino, 1906 — Prolusione letta dal Prof. Pie-tro Paolo Morrà - pag. 27/63.

[27] Cfr. Codegone C. - In memoria di Benedetto LiticiMontel - Nuovo Cimento, IX, n. 8, 1932.

[28] Metodo dinamico della spinta su un disco, (in coli,con E. Foà) « Atti Acc. Scienze Torino, Voi. 57, 1922,pag. 525/540; Metodo termico, « L'Elettricista » n. 2,1932. Il Prof. Emanuele Foà (1892-1949), assistentea Torino, vinse nel 1927 il concorso per la cattedra diFisica Tecnica presso la Facoltà di ingegneria di Bo-logna. Cfr. « La Termotecnica » n. 11, (1949) pag. 433).

[29] Riv. «Il Politecnico» n. 7, 1927; n. 9, 1928; «L'In-dustria», n. 11/12 - 1929.

[30] Cfr. M. Panetti - In memoria di Pietro Enrico Brunetti -«La Termotecnica» I - 1947, pag. 59/61. Questa com-memorazione riporta al termine il lungo elenco dellepubblicazioni del Prof. Brunelli. Si veda pure: C.Codegone in « Atti Rass. Teen. Soc. Ing. Arch. Torino »,marzo 1947, pag. 62.

[31] Questi studi sono stati raccolti nel volume: P.E. Bru-nelli - Le velocità critiche degli alberi (a cura e con pre-fazione di C. Codegone), Ed. Giorgio, Torino, 1949.

[32] Brunelli P.E., Codegone C. - Trattato di Fisica Tecnica -Ed. Giorgio. Torino (Termodinamica 7» ed. 1969 -Termocinetica I - 5* ed. 1964 - Termocinetica II - 3* ed.1967 - Generatori di vapore - 5" ed. 1961). Redattiinteramente da C. Codegone sono i volumi: AcusticaArchitettonica (3* ed. 1969) - Illuminazione (2» ed.1964).

[33] Cfr. Riv. « La Termotecnica » n. 1 (1947) pag. 5.[34] Bozza G. - II Centenario del Politecnico di Milano •

1963, pag. 145.

37

Motori a due tempi di grandissimo diametrocon potenza di 4000 CV per cilindro

G. Ciliberto, C. Bossaglia

Sommario - La memoria in questione ha lo scopodi descrivere nelle sue linee generali il nuovo motoreDiesel Fiat 1060.S, sia considerando l'architetturadelle strutture che i principali risultati delle proveeffettuate nel corso della sua messa a punto.

Particolare evidenza viene data al lavoro svolto aproposito della semplificazione delle strutture che,specie in motori di queste dimensioni, presentano pro-blemi di un certo rilievo sia agli effetti della costru-zione che del comportamento in esercizio.

Viene inoltre trattato del perfezionamento del la-vaggio dei cilindri motori e delle ricerche sul raffred-damento degli stantuffi motori.

Summary - This paper has the purpose to describe,in its general lines, the new FIAT 1060.S dieselengine, taking into account both the structures archi-tecture and the main results of the' tests carried outduring its setting-up.

Attention is particularly drawn to the work deve-loped to simplify the structures which, present pro-blems of a certain importance specially in so largeengines and this regarding both the construction andthu behaviour in operation.

Moreover, the paper deals with the improving of themain cylinders scavenging and with the researchesmade on the main pistons cooling.

1) IntroduzioneLa pratica di ottenere dai motori a combustione

interna delle grandi potenze unitarie non è natain questi ultimi anni, ma si può dire abbia avutoorigine quasi subito con la nascita del motore alter-nativo stesso.

Dei tre parametri che determinano la potenzaunitaria di un motore (cilindrata, pressione mediaeffettiva e velocità media stantuffo), quello che ap-parentemente ha meno limiti e che ha finora per-messo di aumentare le potenze unitarie di più diquanto sia stato possibile fare attraverso gli altridue parametri, è la cilindrata.

Non sono quindi di data recente i primi tentatividi realizzare motori di grandi dimensioni e si puòanzi dire che già nel periodo che va dal 1910 al1930 si costruiscono i primi prototipi aventi diametrocompreso fra 800 e 1000 mm di diametro.

Presso la stessa Fiat, a soli 4 anni dalla costru-zione del primo motore a due tempi (di 250 mm didiametro) sono stati costruiti motori da 630 mmdi diametro e, successivamente è stato realizzatoun prototipo di 840 mm di diametro a doppio ei-fetto. Ciò sta a significare come sia stato, in un primotempo, più facile aumentare le prestazioni unitarie

dei motori attraverso l'aumento delle loro dimen-sioni, piuttosto che attraverso quello delle pressionimedie effettive e delle velocità medie stantuffo.

Alla comparsa però di questi primi prototipi nonha fatto seguito una vera e propria produzione dimotori di così grandi dimensioni perché non ancoramaturi pe~ quell'epoca, per i numerosi problemi diprogettazione, fabbricazione, manutenzione, siste-maziune a bordo, ecc, che si sono presentati alcostruttore di allora. Si è così assistito per moltianni ad un arresto nella corsa verso cilindrate piùalte e verso diametri sensibilmente superiori a 750nini.

Non bisonga dimenticare però che a contenere ledimensioni dei motori a due tempi di grande dia-metro sono state, in verità, anche quelle sostanzialiinnovazioni rappresentate dai motori a doppio ef-fetto e dalla sovralimentazione con l.urbosofh'antia gas di scarico che hanno permesso in pratica:— di raddoppiare quasi la cilindrata:— di triplicare la pressione media effettiva dei

motori, senza aumentarne sensibilmente il pesoe l'ingombro.

11 considerevole aumento che ha avuto in questiultimi dieci anni il dislocamento delle cisterne, laspecializzazione di ceree navi da trasporto velocied il notevole progresso raggiunto dalla tecnica,hanno spinto i costruttori ad aumentare la potenzaunitaria dei motori agendo ancora una volta sullacilindrata, il che ha portato alla realizzazione, versoil 1960, dei motori da 2500 CV per cilindro condiametro intorno a 900 mm e poi recentemente aquelli da 4000 CV per cilindro con diametro supe-riore a un metro.

È nell'ordine di queste considerazioni che a par-tire dal 1966-=-1967 la Fiat ha disegnato il motore1060 che con la corsa di 1900 mm e conseguente-mente con la cilindrata di 1677 litri è geometrica-mente il più grande motore Diesel di questo tipofinora costruito.

Si tratta di un motore avente un rapporto corsa/diametro di 1,78, praticamente uguale a quello delmotore 900 di più piccolo diametro e un rapportolunghezza biella/raggio di manovella di 3,6, piùpiccolo dell'analogo rapporto dei motori 900, alloscopo di accorciare leggermnte il motore, ottenereuna migliore sezione-tempo di passaggio dell'ariadi lavaggio attraverso i cilindri motori e delle mi-gliori condizioni di lubrificazione dei cuscinetti ditesta croce.

Questo motore, alla velocità di rotazione di 106giri/min (velocita media stantuffo), è in gradodi sviluppare una potenza normale continuativa di

38

000 CV per cilindro e può quindi sviluppare,iella edizione a 12 cilindri, una potenza di 48.000:v. _ . . .• .

Come già scritto precedentemente l'impiego -dijuesto motore è previsto, in linea di massima, per-uper-eislerne, aventi dislocamento superiore n200.000 tonn., per grandi bulk-carrier aventi^qislo-, amento intorno a 150.000 tonn e per navi porta-containers aventi più bassi dislocamenti (intorno a.{(1.000 tonn), ma velocità di navigazione superioreu 20 nodi.

Tre motori di questo tipo, nella edizione a 10cilindri, sono già stati venduti dalla Fiat: il primoalla Soc. Italnavi e altri due alla SNAM per esseremontati su cisterne, costruite dalla Hoc. Italcantieri,aventi una portata lorda di 250.000 tonn.

2) Descrizione del motoreNella iig. l è rappresentata la sezione trasversale

<lel motore in base alla quale si può, da un primoesame, osservare che nelle sue linee generali ilmotore segue la linea, tradizionale, dei motori dipiù piccolo diametro, anche se si notano alcuneparticolarità nel dimensionamento di alcuni organie nella architettura di certe strutture che illustre-remo nel corso di questa memoria.

La struttura fissa si articola su tre parti fonda-mentali, cioè il basamento, i montanti ed i cilindri,

Fig. 1 - Motore FIAT 1060S - Sezione trasversale.

precompressi da appositi tiranti che eliminano ognipericolosa sollecitazione di trazione sia nei pezzifusi che saldati. È da notare che tra cilindri e ca-mera del manovellismo, cioè tra la parte calda equella fredda del motore, rimane sempre quella nettaseparazione, realizzata appendo completamente al-l'atmosfera la parte bassa*'dei cilindri motori, cherende caratteristici ed estremamente sicuri i grandimotori Diesel a 2 tempi FIAT.

A queste parti fondamentali si attaccano con piùstretti eriteri di semplicità, tutte le altre strutture(circuito di sovralimentazione, pompe di iniezionedel combustibile, tubazioni varie) che riguardanoessenzialmente l'alimentazione dell'aria, dell'olio edell'acqua di raffreddamento del "motore.

Anche la struttura mobile del motore (alberomotore, biella, testa croce, stantuffo) segue le lineedei motori di più piccolo diametro a parte alcunidiversi proporzionamenti (come quello del testacroce) di cui accenneremo nel cor^o di questamemoria.

Noi non ci soffermeremo quindi in questa me-moria sui dettagli costruttivi dei vari pezzi costi-tuenti il motore; metteremo soltanto in maggiorevidenza quella che è la evoluzione di alcune dellestrutture più caratteristiche del motore in argo-mento.

2.1. La struttura fissaUna prima considerazione che subito appare

evidente, anche all'occhio meno esperto, riguardal'evoluzione delle strutture esterne che circondanola parte alta dei motore, e cioè di quelle che IIFIloro insieme danno corpo al circuito dell'aria dialimentazione dei cilindri motori.

Quest'aria che serve in particolare per il lavaggioe la carica dei cilindri stessi viene, come nei motoridi minori dimensioni, aspirata dall'ambiente, com-pressa in due stadi con refrigerazione intermediae finale e inviata nel collettore di lavaggio e cioèdi alimento dei cilindri motori.

Il primo stadio di compressione dell'aria è rea-lizzato con turbocompressori azionati dai gas chescaricano dai cilindri motori a pressione costante.Il secondo stadio è realizzato con pompe aria astantuffo ricavate nello stesso corpo della guidapattino del manovellismo motore.

Sono proprio questi organi e macchinali, qualicollettori di lavaggio e scarico, pompe aria, tubidi mandata aria dai turbocompressori alle pompearia e relativi tronchetti di raccordo, ecc, che nel1060 hanno subito una sensibile evoluzione. Si ètrattato in particolare di ottenere che questestrutture fossero più semplici e attaccato alla strut-tura del motore in modo decisamente compatto(ved. fig. 1). Si è cercato cioè di evitare, come incerti casi capita di vedere, quelle sovrapposizionidi collettori, turbocompressori, refrigeranti e tuba-zioni che, se dal punto di vista teorico non presen-tano dei particolari problemi, dal punto di vistapratico possono dare luogo a noiosi inconvenientidovuti alla diversa deformabili'^ della strutturaprincipale del motore o a yibrazirtni isolate deisingoli organi in questione.

Come si può notare dalla fig. 2, il motore 1060presenta, specie per quanto conccrne il collettore di

39

Fig. 2 - Evoluzione dei collettori di lavaggio - A: Motori 900S - Costruzioni vecchie; B: Motori 900S - Costruzioni attuali;C: Motori 1060S.

Fig. 3 - Dilterinti tipi di pompe*aria. •

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avaggio, delle interessanti semplificazioni rispettoii precedenti motori tipo 900, anche se questi pre-entano attualmente un notevole progresso rispettoilla loro prima edizione.

L'abbandono di collettori di lavaggio che servononiche allo smistamento, mediante pareti piane diseparazione interna, dell'aria in arrivo dalle turbo-^iiilionti o dalle pompe aria, è stato, a nostro parere,un notevole progresso al quale ha notevolmentecontribuito anche la geometria delle pompe ariavoluinetriche, che funzionano da secondo stadio dicompressione dell'aria aspirata dal motore.

Mentre infatti nel passato le pompe aria ricavatenel blocco stesso della guida-pattino avevano unaforma che richiedeva la costruzione di appositicassoni per l'aria in arrivo e in partenza dalle pompestesse, quelle del motore 1060 sono concepite inmodo da formare con 1 loro stessi corpi, fusi in«jhisa, i cassoni dell'aria di aspirazione e mandata.

La fig. 3 mostra la differenza tra i due tipi dipompa mentre la fotografia di fig. 4 mette in rilievoun'altra particolarità delle pompe del 1C60 e cioèla loro forma scatolare. Questi blocchi parallelepi-pedi alliancati l'uno all'altro costituiscono, a metàaltezza dei montanti, un notevole irrigidimento dilutta la struttura del motore e ne semplificano ilmontaggio.

A parte queste novità che riguardano la parte«•sterna del motore e passando a commentare lasua struttura base, ricordiamo che essa si articola,per quanto concerne basamento e montanti, suparticolari in lamiera saldata, il cui disegno è statonotevolmente semplificato rispetto a quello deimotori di più antica costruzione, allo scopo difacilitare le operazioni di saldatura e conferire quindialle stesse una maggiore allidabilità.

È una tecnica questa che non è particolare delmotore 1060 ma che perfezionatasi man mano conl'esperienza, trova la sua massima espressione nellegrandi strutture di questo motore.

Per quanto riguarda la geometria del basamentoricordiamo che essa è, come nei motori di piùpiccolo diametro, sempre composta di una traversacentrale in acciaio fuso a forma di «II » che siattacca lateralmente a dei longheroni a struttureinscatolate, bene adatti a sopportare le forze diinerzia centrifughe che dalle manovelle vengono tra-smesse alle traverse del basamento.

Per quanto riguarda i montanti non abbiamoparticolari osservazioni da fare a parte il fatto cheper il momento essi sono costruiti in due pezzi permolivi di fabbricazione.

A proposito dei cilindri motori ricordiamo soltan-to l'aumento della sezione di entrata dell'aria dilavaggio dei cilindri stessi, e ciò è slato fatto nontanto per limitare le perdite, di carico dell'aria diquesti condotti, quanto per dare una più opportunaforma alle valvole automatiche di non ritorno del-l'aria di lavaggio dei cilindri motori.

A proposito delle testate cilindro ricordiamo in-vece la costruzione in un unico pezzo di acciaiofuso al CrNiMoV bloccato sul cilindro con 16 co-lonnette. Queste trasmettono il loro sforzo nondirettamente ma attraverso un apposito anelloseparato di acciaio, che non soltanto distribuisceuniformemente i carichi delle colonnette, ma evita

Vig. '» - .Motore FIAT 10G0S - Corpi pompe aria.

l'ig. 5 - Testala cilindro.

anche ogni sollecitazione di flessione indotta dallestesse nelle pareti della testata (ved. fig. 5).

In questa atmosfera di semplificazione anche lecamicie hanno subito modifiche, specie per quantoriguarda la parte superiore e cioè quella più soggettaall'azione meccanica e termica dei gas della combu-stione.

Si tratta sempre di quella costruzione compositagià scelta per i motori 900 e 780, che comporta unacamicia in ghisa di spessore relativamente sottile,blindata esternamente da un cilindretto di acciaio,A differenza però di quanto avviene nei motori 900,essa non richiede, come risulta dalla fig. 6, unelemento distanziale per appoggiarsi al cilindromotore, perché questa funzione è svolta diretta-mente dallo stesso cilindretto di blindaggio.

Sono stati effettuati molti studi e prove a pro-posito dei proporzionamento degli spessori da as-segnare alla parete della camicia blindata, che daun lato è a contatto con i gas caldi della combu-

41

1'ifj. 6 - Confronto dello camicie superiori dei motori FIAT900S e lUfiOS - A: Motori 900S - Costruzioni vecchie;B: Motori 900S - Costruzioni attuali; C: Motori 1060S.

slione e dall'altro lato è a conlatto con l'acqua diraffreddamento.

Con l'aumento delle dimensioni del motore nonè possibile aumentare oltre un certo limite glispessori delle pareti a contatto con i gas caldi per-ché ciò comporterebbe non soltanto un aumentodella temperatura delle supcrfici di scorrimento con10 stantuffo, il che comprometterebbe la lubrifica-zione delle parli in movimento, ma anche l'aumentodelle sollecitazioni termiche sia a carattere stazio-nario che a carattere transitorio.

Occorre anzi, con l'aumentare delle dimensioni delmotore, ridurre piuttosto che umentarc lo spessoredelle pareti a contatto con i gas caldi. Ciò si puòottenere senza complicati accorgimenti con il blin-daggio della camicia, il che comporta una opportunascelta degli spessori del cilindro di blindaggio eduna adeguata dosatura del blindaggio stesso inmodo che non si verificilino a caldo eccessivi forza-menti delle pareti in compressione.

Nel caso del 1060 è stato sufficiente adottarecamicie con pareti aventi uno spessore uguale aquello dei motori 900, per ottenere una situazionesia termica che meccanica di questo organo di tuttatranquillità.

2.2. La strattura mobile (manovellizmo motore)A proposito di questa struttura la maggiore at-

tenzione è stata principalmente posta sugli stantuffimotori, specie per quanto riguarda il loro raffredda-mento.

Sono stati studiali e provati a questo scopo prima11 sistema di raffreddamento ad olio, dimostratosivalido per prestazioni fino ai 4000 CV per cilindro,e poi il sistema di raffreddamento ad acqua dimo-stratosi pertanto consigliabile oltre i 4000 CV percilindro.

Per quanto concerne il raffreddamento ad olio,sistema dal quale non ci siamo finora allontanati,in coiisiderazioiHì dei suoi vantaggi che consistonoprincipalmente nell'evitare problemi di inquinamen-to, si è trattato di mettere a punto una soluzione

compatibile con le grandi dimensioni dello stantuffomotore.

Come già scritto a proposito delle camicie, anchenel caso degli stantuffi motori si è imposta la neces-sità di contenere gli spessori della parete a contattocon i gas della combustione entro ristretti limitiper evitare che le temperature raggiungessero valoritali da compromettere la vita dell'organo sia aglieffetti delle corrosioni che della resitenza meccanica.

Anche in questo caso, come nei motori di piùpiccole dimensioni, è stata studiata una costruzionecomposita, con testata a parete sottile raffreddatada olio in circolazione e sopportata da appositoblocco interno in ghisa sferoidale. Come già scrittoa proposito delle camicie, si è cercato di non su-perare gli spessori dello stantuffo dei motori 900conferendo al profilo interno della testata stantuffoe alle colonnette di fissaggio al suo supporto unaforma e disposizione che permettessero di conci-liare le contrastanti esigenze dovute alla riduzionedegli spessori ed alla resistenza meccanica deglistessi.

La fig. 7 rappresenta tre fasi di questa ricerca nelcorso della quale, partendo da una soluzione geome-tricamente simile a quella del motore 900 si èpassati, attraverso la riduzione degli spessori dellepareti e delle nervature interne alla testata e at-traverso lo spostamento delle zone a contatto fraqueste ed il loro supporto, verso una soluzione tec-nicamente valida per il motore 1060.

Per quanto concerne il raffreddamento ad acqua,sistema che approfitta del più elevato coefficiente ditrasmissione di questo fluido rispetto all'olio, si ètrattato di perfezionare quanto già a suo temporealizzato dalla Fiat in questo campo.

Non riportiamo in questa sede i dettagli costrut-tivi di questo sistema di raffreddamento, perchégli stessi saranno oggetto di una prossima comuni-cazione, non appena completate le esperienze inproposito, riteniamo comunque interessante ricor-dare che, come più sopra scritto, il raffreddamentoad acqua degli stantuffi motori fu già adottato nelpassato dalla Fiat sui motori a semplice effetto,anche quelli di grande diametro (L. 758 M/nclasse « Barbarigo », M. 758 M/n classe « Oceania »,ecc).

Ancora attualmente sono in circolazione navi conmotori Fiat aventi stantuffi raffreddati ad acqua(M. 526 M/n « Grimani », M. 604 M/n «Celio»,ecc.) con una buona carriera di lavoro.

L'abbandono nel 1937-38 del sistema di raffredda-mento ad acqua non fu determinato dalla funzionali-tà del sistema di introduzione e scarico dell'acquanegli stantuffi motori. Il passaggio al più comodofluido refrigerante, quale è l'olio, fu più che altrodeterminato da motivi ispirati a rndere meno fre-quente la manutenzione di quegli organi che 30anni fa non avevano ancora sentito di quell'enormeprogresso tecnologico sul quale possiamo contareattualmente.

L'adozione infatti di materiali di poca affidabilitàsia per quanto riguarda tubi tuffanti, tenute, ecc.,l'impiego di acqua salata quale fluido refrigerantee le tenute all'acqua poco sicure tra asta stantuffoe diaframmo di separazione dalla camera delmanovellismo, erano all'origine di un certo numero

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IT1° soluzione 2° soluzione 3° soluzione

Fig-. 7 - Motore FIAT 1060 S - Evoluzione della testata stantuffo raffreddata ad olio.

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di inconvenienti, per fare fronte ai quali occorrevauna continua ed accurata manutenzione, lavoroquesto che è andato però man mano diminuendonel tempo al punto tale che sui motori costruiti 30anni fa e tuttora in esercizio non si sentono piùle lamentele di un tempo.

E proprio seguendo il progressivo comportamentonel tempo di quei motori con stantuffi raffreddatiad acqua, tuttora in esercizio, che ci è sembratomaturo il momento per riconsiderare l'opportunitàdi impiegare, al di là di certe prestazioni del motore,lo stesso sistema di raffreddamento di tanti anni fa,con le sole modifiche che l'esperienza di esercizioci ha consigliato, specie per quanto concerne laforma ed il materiale della tenuta all'acqua.

Altri elementi di rilievo riguardanti la strutturamobile si riscontrano nella testa a croce che, rispetti'ai motori di meno recente costruzione risulta, sulmotore tipo 1060, più ampiamente dimensionata.

Tale diverso proporzionamento riguarda anzi-tutto il diametro del perno che raggiunge il valoredi 680 mm, pari al 64% del diametro del motore.La conseguente riduzione della pressione specificatra perno e cuscinetto, assieme alla maggiore velo-cità di scorrimento fra questi due pezzi (dato ilminor rapporto lunghezza biella/raggio di mano-vella) comportano una migliore lubrificazione diquesta che è la più importante coppia cinematicadel manovellismo motore.

L'adozione di perni di testa croce di notevolidimensioni limita anche la deformazione elasticadel perno stesso, il che concorre, a sua volta, adevitare delle distribuzioni di carico non uniformi.

A dar luogo però ad una distribuzione correttadel carico tra perno e cuscinetti è lo stesso dimensio-namento del cuscinetto la cui deformazione elasticadeve essere in armonia con la deformazione che su-

bisce il perno di testa croce sotto l'azione delleforze dei gas.

Per questo motivo i cuscinetti sono stati dimen-sionati in modo da ottenere una notevole rigiditàin corrispondenza della zona di attacco lei metalloantifrizione e una adeguata flessibilità nella partebassa.

Questa costruzione è rappresentata nella ftg. 8.Per quanto concerne l'albero a manovelle rile-

viamo che esso è, come nei motori di più piccolodiametro, del tipo semicomposto, con manovellein acciaio fuso calettate sui perni in acciaio fucinato.Si tratta di particolari di imponenti dimensioni dicui si prevede la costruzione in un unico pezzo peri motori a 6 e 7 cilindri e in due pezzi per i motoria 8, 9, 10, 11 e 12 cilindri.

La fotografia di fig. 9 mostra uno dei dui; tronchida 135 tonn per i motori a 10 cilindri attualmente incostruzione.

A proposito degli alberi a manovelle è da notarela particolare attenzione che viene posta nella sceltadei calettamenti delle varie manovelle, pratica que-sta che non è caratteristica dei motori 1060 ma cheè comune a tutti i motori di costruzione Fiat, spe-cie da quando è stato introdotto, a questo propo-sito, l'impiego di un calcolatore elettronico.

Ricordiamo qui, come già scritto in altra occa-sione, che per mezzo di tale calcolatore vengonoscelti tra \(N—1)/2Ì! tipi di calettamento possibilequello che meglio soddisfa alle varie esigenze, cheriguardano principalmente :— le azioni libere di inerzia di primo e secondo

ordine trasmesse dai motore alla propri fonda-zione

— i momenti interni che sollecitano la strutturadel motore

43

Vie. 8 - Motor.. KIAT 1OGOS - Biella.

— le vibrazioni trasversali della struttura fissa delmotore

— le vibrazioni torsionali ed assiali dell'albero amanovelle

— l'azione di inerzia del manovellismo motore suicuscinetti di banco e relative strutture di sup-porto, ecc.

Una selezione di questo genere è stata effettuatadurante lo studio dell'albero a manovelle dei tremotori 10610 attualmente in costruzione.

A proposito dei cuscinetti che supportano l'al-bero a manovelle, ricordiamo che essi consistonoin una ralla inferiore di acciaio ricoperto da metallobianco, sfilabile per le operazioni di manutenzionee di un cappello superiore ove arriva, direttamentedal collettore generale, l'olio di lubrificazione.

Come già fatto nel motore precedentemente pro-gettato, tipo 780, anche per il cappello di banco delmotore 1C60 è stato adottato il fissaggio, mediantedue puntoni che scaricano sui montanti le reazionidovute al carico di serraggio.

Si tratta di una costruzione già da noi adottatanel passato (1.938-^1940: motori di tipo 407) chepermette di ridurre la distanza tra le colonne diprecompressione della struttura fissa del motore,riducendo cosi gli sforzi dovuti ai gas trasmessidall'albero a manovelle al basamento del motore.

Il serraggio dei puntoni viene effettuato mediantemartinetti idraulici interni al dado di ciascun puntoneil che facilita le operazioni di montaggio e smontag-gio degli stessi, riducendo in particolare al minimoil peso ed il numero degli attrezzi usati a tale scopo.

È un Iato, questo della manutenzione, che è statoparticolarmente curato su questo motore ove nonesiste pezzo di una certa importanza o peso chenon abbia il suo attrezzo meccanico o idraulicoche riduca i tempi di lavoro e la fatica dell'uomoaddirittura al disotto d. quanto avveniva qualcheanno addietro su motori di più piccole dimensioni.

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l'ig. 9 - Motore l'IAT 10610S -Tronco di albero a mano-velle.

44

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;) Caratteristiche di funzionamento del motoreLe considerazioni riportate qui di seguito ri-

guardano i risultati delle prove e ricerche effettuale~ul motore-sperimentale prototipo a due cilindri al;>anco prova di Torino.

Con questo motore sono state condotte otre 5000.ire di prova di messa a punìo e di durata alla po-tenza di 4000 CV per cilindro a 106 giri/min eonuna pressione media effettiva pari a 10,13 kg/cm2,superando per breve tempo i 5000 CV per cilindroa 112 giri/min — p.m.e. = 12 kg/cm2e impiegandonafta pesante con viscosità di '500° Redwood a1500°F.

Le principali caratteristiche di funzionamento diquesto motore sono riportate nel grafico allegalofig. 10 e riguardano il funzionamento con una naftaavente potere calorifico inferiore di 10.100 kcal/kg.

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1000 2000Potsnza

3000(Cv/cil)

4000 5000

Fig. 10 - Motore FIAT 1060S - Caratteristiche generali difunzionamento secondo la legge cubica di assorbimentodell'elica - i : Consumo specifico combustibile; 2: Pres-sione aria uscita compressore; 3: Pressione aria lavaggio;4: Temperatura gas ingresso turbine; 5: Pressione diaccensione; 6: Pressione massima di combustione.

Noi riteniamo abbastanza interessanti questi dati,specie tenendo presente che gli stessi sono statiottenuti senza eccedere nei valori delle pressionimassime del ciclo indicato ed in particolare mante-nendo sotto 80 kg/cmz i valori di questa pres-sione alla potenza normale di 4000 CV per cilindroa 106 giri/min.

È questo un valore significativo della ottima qua-lità della combustione del motore la quale non

richiede di anticipare l'iniezione del combustibileoltre un certo limite, a scapito delle pressionimassime di combustione, dello scambio termico conle pareti e della resistenza degli organi delimitantila camera di combustione.

1 buoni risultati sopra riportati sono quindi anzi-tutto funzione di un corretto dimensionamentodella camera di combustone e dell'apparato di in-troduzione del combustibile, a mezzo dei quali èpossibile ottenere la completa ed uniforme miscela-zione tra aria comburente e combustibile iniettatoe quindi il più rapido e corretto svolgimento dellacombustione.

A questa forma di camera di combustione siamoarrivati attraverso numerose prove in seguilo allequali si è potuto constatare che, contrariamente aquanto si possa immaginare, anche questi motori,che approfittano di cosi grandi volumi per l'introdu-zione del combustibile, sono estremamente sensibilialla forma della camera di combustione.

Nella fig. Il sono rappresentati i risultali delleesperienze effettuate variando la camera di com-bustione di due tipi di motori di dimensioni piùp.ccole.

Naturalmente, a dare luogo ai risultali soprani.-ilinon è sufficiente soltanto un corretto svolgimentodella combustione, ma occorre anche che alla stessasegua un buon lavaggio del cilindro motore e cin-tale lavaggio venga realizzato attraverso un circuitodi sovralimentazione di ottimo rendimento.

Non ci soffermiamo a descrivere in dettaglio luttii tentativi e le ricerche condotte a proposito dellavaggio perché questo argomento è già stato ogget-to di una approfondita trattazione in altre prece-denti pubblicazioni [1].

Ricorderemo soltanto in questa memoria che dopoil lavoro di ricerca effettuato per la messa a puntodel motore di più piccolo diametro tipo 780, cheha rappresentato lo stadio più avanzato ove è ar-rivata la ricerca sul lavaggio presso la Fiat, illavaggio del 1060 ita subito ancora qualche lieveulteriore perfezionamento dando luogo ai risultatiriportati in fig. 12 e ottenuti con una camicia chepresenta 10 feritoie di lavaggio e 0 feritoie di sca-rico.

Come si nota dalla fig. 13 anche il 1060, come ilmotore 780.S, impiega un lavaggio trasversale acorrente di ritorno con feritoie di lavaggio e scaricosistemate sullo slesso piano. A differenza però delmotore 780, il motore I0G0 ha una distribuzioneed inclinazione delle feritoie di lavaggio più inaccordo con il più basso rapporto corsa/diametro(1,78 nel 1060, 2,05 nel 780).

È un tipo di lavaggio questo quindi che restavalido sia per dimensioni del motore piccole, siaper le più grandi finora realizzate.

Facendo una grande estrapolazione che, a primavista, può sembrare del tutto curiosa e paradossale,si può dire che, sia si tratti di un motore Diesel lentodi grande diametro, sia si tratti di motore piccolis-simi a due tempi da competizione [2], il tipo dilavaggio che meglio risponde alle esigenze di rendi-mento, semplicità di costruzione e di funzionamentodel motore è quasi sempre lo stesso, e cioè quelloche prevede un lavaggio trasversale con feritoieaffacciate e con corrente di ritorno (ved. fig. W).

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46

Motore 750 8Motore 600 S

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I"ig. 11 - Confronto camere di combustione di vecchio e di nuovo tipo dei motori FIAT 750S e 600S - A: Vecchio tipo - B:Nuovo tipo; - 1: Consumo specifico combustibile; 2: Pressione aria lavaggio; 3 : Temperatura gas ingTesso turbine;4: Pressione di accensione; 5: Pressione massima di combustione.

Pzr quanto riguarda le ricerche effettuate sullavaggio abbiamo condotto, approfittando delle di-mensioni di questo motore, esperienze aumentandoil numero delle feritoie da 10 a 12, allo scopo diaccompagnare meglio i filetti fluidi dell'aria di la-vaggio entrante nel cilindro motore.

l risultati di queste ricerche sono riportati nellafig. 16 e indicano come, al disopra di certe presta-zioni, conviene aumentare il numero delle feritoiele quali, date '?. loro dimensioni, non sono soggette,come potrebbe capitare nei motori di diametro piùpiccolo, a più facili sporcamenti, dovuti a funziona-«nenvo per lunga durata a basso carico.

Per quanto riguarda il sistema di sovralimenta-zione, non abbiamo molto da aggiungere a quantogià pubblicato da anni sulla bibliografia tecnica.

E nolo infatti che su questo punto la Fiat hasempre mantenute una posizione ferma da quandoha introdotto la sovralimentazione sui suoi motoria due tempi. Questa impostazione ha comportatodi effettuare la compressione dell'aria di sovrali-mentazione in due stadi con refrigerazione inter-

media e finale e l'espansione dei gas di scaricoin un solo stadio mediante alimentazione deiturbocompressori a gas di scarico a pressione co-stante.

È specialmente il sistema di alimentazione deiturbocompressori a pressione costante che caratte-rizza i motori Fiat perché esso comporta, specieper le elevate prestazioni, di poter sfruttare i gasdi scarico dai cilindri motori nella maniera piùsemplice, elastica ed economica possibile.

Dopo le prime ricerche effettuate nel 1953+54con i due già discussi sistemi di alimentazione delleturbine (pressione costante, impulsi di pressione),la Fiat ha infatti introdotto sui motori di produzione!a pressione costante data la possibilità:— di poter ottenere soprattutto, qualunque sia

il numero di cilindri di cui è composto il motore,le stesse prestazioni unitarie, fatto questo chenon si verifica nei motori che adottano il sistemaad impulsi di pressione e che raggiungono leprestazioni più elevate soltanto se formati con3, 6, ;9-l2 cilindri;

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0 0.5 1.0 1.5 2.0Rapporto di mandato L

• o Risultati ottenuti sul motore bicilindricospmimantalc (m cilindra 1 a cilindro 2 )Curva ottenuto con banco dinamicosu modello $ 200Lavaggio ideale

i 1

A-A

Fig. 12 - Rappresentazione geometrica lavaggio camicie a10 feritoie e risultati delle prove di lavaggio sul modelloe sul motore al vero.

— di semplificare la costruzione dei collettori discarico:

— di posizionare liberamente le turbosoffianti.Tenendo presente in particolare che un'alta per-

centuale dei motori finora costruiti è composta da7 oppure 8 cilindri, ciò ha evitato l'inconvenientedi non poter utilizzare questi motori al massimodelle loro possibilità.

È una linea questa dalla quale non ci si è rnaidiscostati ed alla quale si sono recentemente allineatianche altri costruttori, pur non utilizzando in pieno

il vanttiggio «he può dare il .sistema di sovrali-mentazione a pressione costante se l'anticipo alloscarico spontaneo dei gas dai cilindri motori nonsupera un certo limite.

Alle informazioni di cui sopra aggiungiamo an-cora, per dare il quadro completo delle caratteri-stiche di funzionamento del motore, che le misuredelle sollecitazioni meccaniche effettuale sui variorgani della struttura fissa e mobile del motore e lemisure di temperatura effettuate sugli organi deli-mitanti la camera di combustione non hanno messoin evidenza stati termici e tensionali di particolarerilievo.

Nel grafico di fig. 15 sono riportati i valori ditemperatura delle camicie, delle testate cilindro edegli stantufli rilevati alle prestazioni di 4000 CVper cilindro a 106 giri/min, con pressione mediaeffettiva pari a 10,2 kg/cni2.

Per quanto riguarda il raffreddamento stantuffiripetiamo quanto già è stato scritto nel paragrafoprecedente e cioè che esso è stato oggetto di ricer-che sia mediante raffreddamento ad olio che adacqua e che i valori di cui alla fig. 15 si riferisconoal raffreddamento ad olio, praticamente impiega-bile fino alla potenza di 4000 CY per cilindro.

A questi risultati si è pervenuti modificando,attraverso diversi tentativi che hanno comportatola modifica degli spessori e della disposizione dellenervature di supporto, la testata a pareti sottili,come riportato nella fig. 8 ove sono riportate ar>chele temperature dei punti più caldi dello stantuffo.

A proposito del raffreddamento stantuffi ad ac-qua sono tuttora in corso gli esperimenti che, giàpositivi dopo le prime ore di funzionamento, sonooggetto del normale perfezionamento conseguentealla sua messa a punto ed è por questo che ci riser-viamo di esporre fra non molto i risultati, nonappena avremo completato il nostro programma diprove.

In questa sede riteniamo opportuno anticipareche, sebbene non strettamente necessario, esso saràadottato già a partire dal 1° motore 10610 attual-mente in costruzione. Ciò sarà fatto per evitare diavere, nel futuro, quando cioè per l'inevitabile pro-gresso tecnico si potranno aumentare le prestazionidel motore oltre i 4000 CV per cilindro, motoricon due diverse soluzioni e diverso materiale dirispetto.

4) ConclusioniDopo questa esposizione panoramica delle princi-

pali caratteristiche del motore oggetto di questamemoria si può concludere che per queste grandimacchine, che nel passato hanno costituito oggettodi perplessità principalmente sotto l'aspetto dellaloro possibilità di realizzazione tecnica, non vi sonoattualmente problemi che ne possano condizionareil funzionamento e soprattutto non vi sono dei limitiad un ulteriore sviluppo delle attuali prestazioniche già toccano il massimo dei 50.000 CV perunità

La possibilità di costruire delle grandi strutture amezzo di precisissirne macchine utensili; l'impiegodi metodi di saldatura che approfittano delle piùaggiornate tecniche in materia.; gli accorgimentiideati allo scopo di contenere le temperature degli

47

Fig. 13 - Confronto in pianta del lavaggio trasversale del motore FIAT 1060S con quello di un piccolo motore a 2 tempi'la competizione.

05 1.0 15 20Rapporto di mondata L

. . . . . . Curo v*r cometa a 12 ftritoiCurva pv «micio a 10 feritoia

— lovoggro rdMlt

I I I

111*A VA

Fig. 14 - Rappresentazione geometrica lavaggio camicie a10 feritoie e a 12 feritoie e risultati delle pro\i. di lavaggioal banco dinamico.

Fig. 15 - Temperature delle testate, delle camicie e deglistantuffi del motore FIAT 1060S rilevate alla potenza di4000 CV per cilindro a 106 giri/min, con pressione mediaeffettiva aria pari a 10 kg/cm'.

48

l'gani più sollecitati dalia azione dei gai caldi dellamnbustione e quelli presi allo scopo di manovrarepezzi senza aumentare la fatica dell'uomo e senza

i (intentare i tempi di manutenzione, sono risultatihe permettono di impiegare con la stessa affìda-

nilità che si ha nei confronti dei motori di minoridimensioni, motori che fino a qualche anno fa sipensava non potessero trovare facile soluzione.

Si pone a questo punto la domanda circa leprospettive di affermazione di questi grandi motoriDiesel, specie considerando l'affacciarsi nel campoùelle potenze superiori ai 20.000 CV degli apparatiplurimotori, composti da motori Diesel a 4 tempidi medio diametro (4O0H-500 mm) che, a parità elipotenza e combustibile impiegato, comportano daun lato minor peso ed ingombro e dall'altro latoun numero notevomente superiore di cilindri motori.

Sebbene questa non sia la sede più adatta pertrattare di questa materia, ci sembra opportunorilevare ehe ci troviamo di fronte a due soluzioni,ambedue valide, ambedue sviluppate dalla Fiat, chepresentano al costruttore navale due diversi tipi<ii impiego.

In questa epoca di specializzazione dei servizinon si tratta più di mettere a punto un motoreDiesel che sia universale per tutte le applicazioninavali, ma di realizzare una stretta gamma dimotori che permetta di installare sulla nave piùadatta ad un dato servizio l'apparato motore piùadatto per tale tipo di nave.

Noi pensiamo quindi che in questa cornice trovinoadatta collocazione sia gli apparati plurimotori aquattro tempi, che all'elevato numero di cilindricontrappongono un peso ed ingombro ridotto, siagii apparati con grandi motori a due tempi, comequelli oggetto di questa memoria che, al più elevatopeso ed ingombro, contrappongo/io un minor nu-mero di cilindri ed un ridotto numero d' control ie manutenzioni.

Bibliografia[1] Ciliberto G. - Ricerche della FIAT sul lavaggio dei motori

ti 2 tempi di grande diametro - Bollettino Tecnico FIAT -Grandi Motori - n. 3 - 1968 - Voi. XXI.

[2] Bossaglia C. - II motore a due tempi di alte prestazioni -A.C.I. - Editrice dell'Automobile - 1968.

49

Analogia elettrica per lo studiodi pareti multiple in regime variabile

Piero Passetti, Giovanni Tardassi (*)

Siano fi e (' rispettivamente la resistenza e lacapacità complessive di un muro costituito da un»o più pareti: r e e la resistenza e la capacità a partiredall'inizio del muro fino ad una ascissa e generica.

Le caratteristiche termiche del muro sarannoindividuate quando, oltre le grandezze prima dette,si conosca la legge di variazione di r/R in funzionedi r/C.

Tale legge sarà lineare nel caso di una pareteomogenea (v. iig. 1) cioè sarà rappresentata da unaretta passante per il punto (0,0) e (1,1) Per paretedoppia sarà rappresentata da una spezzata (v.iìg. 2) avente il punto in connine ai due tratti incorrispondenza dell'ascissa //,/(/?1+/?2) dove ov-viamente //, e R2 sono le resistenze delle due paretie della ordinata (\l{(\+(\), essendo (\ e C2 ledue capacità.

per una variazione a gradino della temperatura amonte del muro stesso è influenzata oltre che daivalori di R e di (', dai valori delle resistenze agliestremi del muro e delle capacità degli ambienti.

Come è noto il comportamento della parete èsuscettibile di analogia elettrica nella quale le resi-stenze termiche sono resistenza elettriche, le capa-cità termiche sono capacità elettriche, le temperatu-re sono potenziali e le correnti termiche sono correntielettriche.

L'apparecchiatura di simulazione è composta daun complesso u'i resistenze /?, poste in serie e da uncomplesso di condensatori C\ aventi un capo a inastae l'altro nel relativo nodo tra due resistenze (v.fig. 3).

I valori delle resistenze e delle capacità elettrichevengono mantenuti costanti, polendosi simulare un

A H

I-'ip. 1 Fig. 2

Agli effetti della trasmissione termica in regimetransitorio, in riferimento anche a quanto scrittonel caso di oscillazioni sinoidali di temperatura [1],risulta facile vedere che, a parità di distribuzione,per pareti di resistenza e capacità totali qualsiasi,il comportamento coincide quando si consideri inluogo del tempo t il rapporto adimensionale tjRCe così per il salto di temperatura si consideri il rap-porto tra detto salto di temperatura ed una diffe-renza presa come riferinr-nto.

L'andamento della temperatura a valle del muro

(*) Istituto tli Fisica Tecnica, Università di Pisa.

ft n ftiWWrAAAArWWi

Fig. 3

50

[ s i a s i muro, provvedendo ad un semplice spo-Iamento dei punti di collegamento delle resistenze• dei condensatori.

Nella fotografia che segue, è visibile il sistema co-ne è stato realizzato presso l'Istituto di FisicaTecnica dell'Università di Pisp: la resistenza totalei> stata ottenuta con un complesso di 400 resistenze,montate in serie, con valore ciascuna di 220 ohm,mentre la capacità totale si è ottenuta per i.iezzo di30 condensatori, ciascuno da 0,47 nF.

La disposizione delle capacità rispetto alle resi-stenze è resa possibile mediante conduttori adattacchi mobili visibili in fotografia che permettonola connessione degli estremi dei condensatori inqualunque punto della catena di resistenze.

tnlo, giunge ad un valore assinlotico A'/1,, rrgimr(v. lìg. 5) dipendente da! valore delle resistenzetenniche del muro e dalli; condizioni ai limiti.

Come da convenzione adottata nei lavori fattidall'Istituto di Fisica Tecnica di Padova ed altri,il rapporto tra l'arca del diagramma delle tempera-ture di risposta ed il suo valore assintotico è chia-mato tempo di risposta.

Secondo quanto si è detto preeedenlemenle, aquesto tempo di risposta corrisponde un valoreadimensionale ottenibile semplicemente mediantedivisione per il prodotto lì ('.

In realtà invece del tempo di risposta, verràdato il valore tempo adiinenttionale di risposta, ecioè:

Kip. 1

Fig. 5

flit»

Fig. 6

II sistema viene poi completato da resistenze fìe,Jìu poste agli estremi del muro, in modo da simu-lare l'influenza della convezione e dell'irraggia-mento sulle superfìci esterne.

Nel caso in cui si volessero considerare anche lecapacità degli ambienti, il sistema in seguito espostoresta valido inserendo nel circuito capacità elettricheopportune.

Consideriamo un muro generico che separa dueambienti. Se in un ambiente avviene una variazio-ne istantanea di temperatura A ^ in generale latemperatura sulla faccia opposta del muro variacon andamento di tipo esponenziale, e dopo untempo teoricamente infinito ma praticamente limi-

tempo adimensionale di risposta = tempo di ri-sposta//?,0(. Ciot.

Il tempo adimensionale di risposta assume lostesso valore sia per il muro reale che per il muroelettrico analogico.

Nel seguito vengono :;sati simboli non soprasse-gnati per indicare le giandezze termiche e simbolisoprassegnati per le analoghe grandezze elettriche.

Il circuito elettrico, con il quale è stata com-piuta la misura dei tempi adimensionali di risposta,consta essenzialmente di tre parti (v. fig. 6).

1) II circuito che simula il muro vero e proprio,comprese R, e la Ru, che da in uscita una tensioneVa analoga a ATU.

51

'2) il circuito che simula il comporta merito delmuro a regime, e che quindi da una tensione Vu regimeanaloga a &TU ngimv

3} Vn integratore a cui viene applicata unatensione che è la differenza delle due tensioni~VHt,.,,„„. — V.,. L'uscita V è proporzionale all'area~A analoga all'arca .'1 di lig. 5.

Il valore V letto sul voltmelro elettronico dopo lachiusura dell'interruttore da:

1V =

Da cui si ottieni*:Hint- (• ini-

A

tempo di risposta analogico = Iiinl. ( i,u- V/Vu regimetempo adimensionale di risposta — tempo di ri-sposta analogico/(/?,,+ W+y?,,) C.

Caso di parete doppiaCome già visto in un precedente lavoro fi] nel

caso di una parete doppia il comportamento dellastessa può essere completamente individuato dadue parametri a is fi che sono rispettivamente lefrazioni della resistenza e della capacità totali relative alla prima delle due pareti.

Dette /?! e R2, T, e C\ le resistenze e le capacitàdelle due pareti si ha:

P C\+Ct

Analogamente le resistenze Re ed Ru di entrata edi uscita tra i fluidi esterni e le due pareti possonoessere rappresentati dai quozienti

r-FT— ed

In questo caso il tempo di risposta viene divisoper (R, + li, + R2 + lì,,) ((\ + C2).

Esempio numerico

Si abbia un muro formato da due pareti: la primasia costituita da mattoni pieni^'la seconda da legno,di cui riportiamo in tabella caratteristiche.

Nel muro analogico la prima parete vena simu-lata per mezzo di numero di resistenze NRt pari a

NR1 = a 400 = 289

e di un numero di condensatori NCX pari a

N(\ = p 50 = 44

La seconda parete verrà quindi simulata con

iV/? 2 =ll1 A r r 2 = 6Supponendo poi che a monte e a valle del muro

la somma dei coefficienti di convezione e di irrag-giamento siano:

A l = l f t / , 2 = 1 5

a cui corrispondono le resistenze termichel

«,= 10J_15"

= 0,1

= 0C67

Le resistenze elettriche corrispondenti sono

R „ . 88000o _ a _H_ — o 1 •l i e - K,. R - U,l 0 ) 5 5 , (

-= „ R 88000

= 15,9 kn

= 10,6 kO

L'integratore usato ha rispettivamente resistenzae capacità

Rin, = loo kn

Cim = 1 MF

In queste condizioni si ottiene

V =6 ,3 V AV,, = 1,13

tempo di risposta analogico = 0 1 • 6,3/1,13 = 0,56tempo adimensionale di risposta == 0,56/23,5 • 114,5 • 10 = 0,208.tempo effettivo di risposta del muro in esame == tempo adimensionale (Rr -\- R -f- Hu) C == 0,208 (0,1 + 0,55 + 0,067) • 88,2 = 13,2 ore.

Parete

!

2

Materiale

nini Ionipieni

legno

Spessore

0,24

0,02

Conducili.

0,6

0,13

Cai. Spec.

0,18

0,65

Peso Spec.

1800

800

Resist.

0,4

0,154

Capacità

77,8

10,4

Si ha: resistenza complessiva del muro/ ? = / ? , + R2 = 0,554

capacità complessiva del muroC =CX + C2 =88,2

/? ~ 0,554" ~^11Z

C\ 77,8P " C 88,2

= 0,88

Si è pensato di effettuare un certo numero diprove simulando un muro costituito da una o duepareti.

Nelle tabelle seguenti sono riportati i valori deitempi adimensionali in funzione di a e di p e perdiverse condizioni ai limiti.

Il caso di un muro formato da una sola parete èdato da « = p.

52

Tabella A

Rc = 3,3 kn = 0,0375 R Ru = 3 , 3 k n =0,0375

"^^^ a

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,178

0,1056

0,0650

0,0336

0,1

0,1920

0,1279

0,1015

0,07

0,25

0,1910

0,178

0,1599

0,1431

0,1220

0,5

0,178

0,178

0,178

0,75

0,1220

0,1431

0,1599

0,178

0,1919

0,9

0,07

0,1015

0,1279

0,1737

0,1910

1

0,0336

0,0630

0,1056

0,178

Tabella B

Re = 6,8 kn = 0,077 R Ru = 3,3 kn = 0,0375 R

"""- -- oc

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,185

0,1270

0,0930

0,0662

0,1

0,194

0,1807

0,1470

0,1221

0,0960

0,25

0,197

0,1850

0,1676

0,1601

0,142

0,5

0,177

0,1850

0,1873

0,75

0,116

0,1434

0,1850

0,198

0,9

0,068

0,1017

0,1322

0,1801

0,200

1

0,0337

0,0697

0,1069

0,185

TabeUa C

Rt =9,1 kil =0,1035 R Ra = 3:5 kn = 0,0375 R

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,1870

0,1356

0,1110

0,0822

0,1

0,199

0,180

0,1514

0,1360

0,1100

0,25

0,197

0,1870

0,1745

0,1640

0,1530

0,5

0,1766

0,1870

0,194

0,75

0,114

0,1377

0,1664

0,1870

0,2082

0,9

0,067

0,1001

0,1313

0,1800

0,2024

1

0,0297

0,0703

0,1085

0,1870

53

Tabella D

Hr = 13,5 kn =0,1535 R Ru =3,3 kn = 0,0375 R

~~- oc

P

0

0,25

0.5

0,75

1

0

0,1930

0,1540

0,1240

0,1121

0,1

0,2000

0,1835

0,1675

0,1541

0,1390

0,25

0,1970

0,lfl30

0,1878

0,1853

0,1730

0,5

0,1720

0,1930

0,2200

0,75

0,1120

0,1388

0,1687

0,1930

0,2190

0,9

0,0640

0,0987

0,1318

0,2040

1

0,0300

0,0718

0,1114

0,1930

Tabella E

R. = lOkQ = 0,205 R Ru = 3,3 kn = 0,375 R

a

P

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,1900

0,1647

0,1500

0,1375

0,1

0,2020

0,1895

0,1783

0,1721

0,1540

0,25

0,1910

0,1900

0,1897

0,1890

0,5

0,1600

0,1900

0,2200

0,75

0,1100

0,1397

0,1670

0,1900

0,2200

0,9

0,0620

0,0962

0,1352

0,1851

0,2100

l

0,0000

0,0000

0,0000

y,oooo

Tabella F

Re = 6,8 kn = 0,077 R Ru = 6,8 kn = 0,077 R

p " - \

0

0,25

0,5

0,75

l

0

0,1890

0,1271

0,0907

0,0608

0,1

0,2020

0,1878

0,1482

0,1223

0,0940

0,25

0,2060

0,1890

0,1725

0,1583

0,1380

0,5

0,1897

0,1890

0,1897

0,75

0,1380

0,1583

0,1725

0,1890

0,2060

0,9

0,0940

0,1223

0,1482

0,1878

0,2020

1

0,0608

0,0907

0,1270

0,1890

54

?e = 9,1 k

R, = 13,5

0

0,25

0

0,195C

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,19

0,l«

0,l<

0,1.

Tabella G

Re = 9,lkft = 0,1035 Ru = 6,8 kfl = 0,077 R

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,1890

0,1372

0,1049

0,080

0,1

0,2040

0.1908

0,1628

0,1339

0,1100

0,25

0,2040

0,1905

0,1778

0,1659

0,1500

0,5

0,1899

0,1905

0,1920

0.75

0,1360

0,1555

0,1770

0,1905

0,2080

0,9

0,0890

0,1198

0,1439

0,2040

1

0,0614

0,0942

0,1290

0,1905

Tabella H

Re = 13,5 kil = 0,1535 R Ru = 6,8 kfì = 0,077

~~---. oc

0

0,25

0,5

0,75

ì

0

0,1950

0,1513

0,1283

0,1081

0,1

0,2040

0,1927

0,1760

0,1570

0,1360

0,25

0,2020

0,1950

0,1870

0,1786

0,1700

0,5

0,1876

0,1950

0,2070

0,75

0,?3?0

0,1567

0,1779

0,1950

0,2140

0,9

0,0890

0,1179

0,1454

0,2070

1

0,0590

0,0944

0,1286

0,1950

Tabella I

Re = 18 k£l = 0,205 R Ru = 6,8 kil = 0,077 R

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,1970

0,1650

0,1499

0,1340

0,1

0,2100

0,2000

0,1870

0,1850

0,1570

0,25

0,2000

0,1920

0,1886

0,1885

0,5

0,1810

0,1970

0,2190

0,75

0,1280

0,1550

0,1800

0,1970

0,2220

0,9

0,0850

0,1157

0,1497

0,2150

1

0,0570

0,0943

0,1285

0,1970

SS

TabeUa L

Rc = 9,1 kfi = 0,1035 R Ru = 9,1 kfi = 0,1035

P ""^ -,

0

0,25

0,5

0,75

l

0

0,1970

0,1373

0,1067

0,0780

0,1

0,2080

0,1818

0,1517

0,1315

0,1070

0,25

0,2120

0,1970

0,1835

0,1625

0,1470

0,5

0,1970

0,1970

0,1970

0,75

0,1470

0,1625

0,1835

0,1970

0,2120

0,9

0,1070

0,1315

0,1517

0,1880

0,2080

1

0,078

0,1067

0,1373

0,1970

Tabella M

R, =13,5 kfi =0,1535/? /?„ =9,1 kfi =0,1035/?

a

P

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,1970

0,1524

0,1282

0,1080

0,1

0,2070

0,1924

0,1673

0,1501

0,1320

0,25

0,2070

0,1970

0,1961

0,1765

0,1680

0,5

0,1870

0,1970

0,2090

0,75

0,1450

0,1652

0,1789

0,1970

0,2150

0,9

0,1040

0,1288

0,1590

0,1949

0,2100

l

0,0760

0,1056

0,1377

0,1970

Tabella N

Re = 18 kfi = 0,205 R Ru = 9,1 kfi = 0,1035 R

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,1990

0,1645

0,1501

0,1324

0,1

0,2060

0.197S

0,1790

0,1660

"0,1530

0,25

0,2060

0,19S0

0,1867

0,1830

0,5

0,1850

0,1990

0,2130

0,75

0,1400

0,1637

0,1807

0,1990

0,2200

0,9

0,1000

0,1290

0,1571

0,1944

0,2140

l

0,0740

0,1062

0,1380

0,1990

66

Tabella O

R = 13,5 kfl = 0,1535 J? R,, = 1 3 , 5 k n =0,1535/?

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,2050

0,1571

0,1.285

0,1035

0.1

0,2140

0,1990

0,1735

0,1480

0,1300

0,25

0,2160

0,2050

0,1965

0,1799

0,1640

0,5

0,2050

0,2050

0,2050

0,75

0,1640

0,179»

0,1965

0,2050

0,2160

0,9

0,1300

O,L48O

0,1735

0,1990

0,2140

l

0,1035

0,1285

0,1571

0,2050

Tabella P

Rc = 18 kn = 0 , 2 0 5 7? Ru = 1 3 , 5 k O =0,1535/?

0

0,25

0,f

0,75

1

0

0,2070

0,1717

0,1450

0,1280

0,J

0,2140

0,2035

0,1831

O,L679

0,1490

0,25

0,2120

0,2070

0,2035

0,1920

0,1810

0,5

0,1980

0,2070

0,2150

0,75

0,1600

0,1780

0,1959

0,2070

0,2220

0,9

0,1240

0,1455

0,1704

0,2010

0,2170

1

0,1000

0,1234

0,1578

0,2070

Tabella Q

Re = 18 kn = 0,205 R _ = 18 kn = 0,205 li

0

0,25

0,5

0,75

1

0

0,2090

0,1716

0,144C

0,1262

0,1

0,2170

0,1821

0,1610

0,1450

0,25

0,2200

0,2090

0,1994

0,1889

0,1750

0,5

0,2090

0,2090 •

0,2090

0,75

0,1750

0,1889

0,1994

0,2090

0,1220

0,9

0,1450

0,1610

0,1821

0,2170

1

0,1262

0,1449

0,1716

0.2090

57

Tabella 1

R,IR

0,0375

0,0770

0,1035 .

0,1535

0,205

0,0375

0,077

0,1035

0,1535

0,205

0,0375

0,077

0,1035

0,1535.

0,205

0,0375

0,077

0,1035

0,1535

0,205

0,0375

0,077

0,1035

0,1535

0,205

0,0375

0.0375

0,0375

0,0375

0,0375

0,077

0,077

0,077

0,077

0,077

0,1035

0,1035

0,1035

0,1035

0,1035

0,1535

0,1535

0,1535

0,1535

0,1535

0,205

.0,205

0,205

0,205

0,205 .

« 0

0,178

0,186

0,191

0,19..

0,194

0,185

0,190

0,102

0,196

0,197

0'189

0,191

0,199

0,198

0,199

0,191

0,195

0,198

0,207

0,208

0,193

0,200

0,201

0,208

0,211

« i

0,141

0,106

0,080

0,072

0,039

0,133

0,123

0,113

0,083

0,075

0,139

0,119

0,096

0,077

0,070

0,164

0,136

0,122

0,091

0,066 «

0,162

0,140

0,115

0,114

0,072

« 2

—0,286

—0,261

—0,237

—0,?37

—0,203

—0,255

—0,253

—0,251

—0,222

—0,217

—0,248

—0,231

—0,214

—0,201

—0,196

—0,245

—0,22?

—0,215

—0,195

—0,176

—0,222

—0,206

—0,185

—0,194

—0,157

l>0

—0,145

—0,123

—0,110

—0,083

-0,064

—0,153

—0,130

—0,116

—0,091

—0,065

—0,157

• —0,134

—0,117

—0,092

—0,068

—0,164

—0,138

—0,124

—0,104

—0,076

—0,166

—0,144

,-0,128

—0,110

—0,087

Ai

0,290

0,276

0,266

0.246

0,230

0,276

0,260

0,250

0,229

0,210

0,266

0,250

0,235

0,216

0,196

0,246

0,229

0,216

0,207

0,186

0,230

0,210

0,196

0,186

0,173

58

Dall'esame dei dati riportati nelle varie tabelleimita che l'andamento dei tempi adimensionali è,ier oc costante, sensibilmente lineare in funzione di |3.

La cosa risulta maggiormente evidente nei gra-:ici A, B, C, D, E, F, G, H, I, L, M, N, 0, P, Q•he hanno in ordinate i tempi adimensionali ed inascisse i valori di p.

Ciascun grafico è dato per opportuni valori deirapporti fra le resistenze esterne e la resistenza pro-

pria del muro (resistenze esterne adimensionali).È da osservare che le tabelle ed i grafici non sono

riportati per tutti i valori delle combinazioni di[RejR) ed (./?„//?) in quanto, per ragioni di simme-tria il valore del tempo adimensionale non si alterase si scambia (R,jR) con (/?„//?), e contemporanea-mente i valori di a e di P con i loro complementi ad1 (uno).

Le rette riportate sui grafici passano, con un

Fig. A Fig. C

T.A

A.O *•<•<>&

e . D

It US I.S «IS ( J . I

Fig. li Fig. H

•I» Ofi

Jfr. fi Fig. L

T.A '

+ -O.4

-i-cjl

Fig. N

errore massimo del 5%, per i valori dei tempiadimensionali determinati sperimentalmente per acostante.

Dall'esame delle tabelle e dei grafici risulta inoltreche la legge di variazione dei tempi adimensonaliin funzione di a. per (3 costante è pressoché para-bolica.

In definitiva si possono esprimere tempi adimen-sionali per ogni condizione ai limiti con una leggedel tipo:

Tempo adimensionale = A + B • (ì (l)/ ( ) '

pcon A = /(a) =

B / ( )a — a* . a'

/ ( ) 0 i

, I coefficienti a0, alt at, b0, bu sono stati ricavaticon il metodo dei minimi quadrati e vengono ripor-

tati in funzione di tutte le combinazioni delle resi-stenze esterne adimensionali, nella tabella fi) se-guente :

Esempio numericoCi si riferisce allo stesso muro prima considerato.La resistenza adimensionale di entrata è (RJR) =

= 0,1/0,554 = 0,18 e quella di uscita è (ftu/ft) —= 0,067/0,554 =0,12.

Interpolando i valori della tabella 1 precedentesi ottiene:

a = 0,203 a, = 0,0715 at = — 0,188560 =—0,084 fc, =0,201

tempo adimensionale =0,203 + 0,0715 • 0,772 — 0,1885 • 0,772* + (0,084 ++ 0,201 • 0,772) • 0,88 = 0,2089.

61

Fig. Q

I grafici di fig. (S) e (T) riportano i valori deivari coefficienti in funzione di (Re/R) e per i diversivalori di [RJR).

Considerando le rette di compenso di detti grafici,sono state determinate le equazioni delle rette stesse.

Si ottiene:

^«„ = 0,1755 + 0 ,088-^- + 0,086

—liai = 0,1408 — 0,49

a2 = —0,2989 + 0,357

'- + 0,187i

ti+ 0,3156 4 rti

be = -0,1583 + 0,502 A - - 0,132 —"-ti ti

bi = 0,3163 — 0,37 0>37 ^ Tti

Il calcolo dei tempi adimensionali con l'impiegodi dette equazioni presentano un errore massimodel 5%.

Esempio numericoRiferendoci al caso precedente si calcolano con

le precedenti i valori dei coefficienti.Si ottiene:

a0 = 0,1755 + 0,088 • 0,18 + 0,086 • 0,12 = 0,2018

ax = 0,1408 — 0,49 • 0,18 + 0,187 • 0,12 = 0,0753at = — 0,2989 + 0,357 • 0,18 + 0,3156 -0,12 =

= —0,1972.

bQ = — 0,1583 + 0,502 • 0,18 — 0,132 • 0,12 == — 0,0837

bx = 0,3163 — 0,37 • 0,18 — 0,37 • 0,12 =? 0,2053Tempo adimenà. = 0,2018 + 0,0753 • 0,772 —

— 0,1972 • 0,772* + (— 0,0837 ++ 0,2053 • 0,772)0,88 =0,208.

Fig. S

Fig. T

"VWS5 C;%OE K^

Gli A.A. ringraziano il Prof. Lorenzo Poggi, Di-rettore dell'Istituto.

Bibliografìa[1] Passetti P. - Un metodo per lo studio della trasmittione

di calore in pareti multiple in regime sinoidale- * Ricerche »di Termotecnica n. 16.

62

Sollecitazioni termiche nello stantuffo di un motore a C. I.

Giancarlo Ferrari (*)

Riassunto - Recentemente è stato messo a punto,presso i laboratori del CNPM una nuova apparec-chiatura per la determinarAone della temperatura dellostantuffo di un motore alternativo a C.I., ila qualeattraverso l'accoppiamento di due campi magnetici,elimina gli inconvenienti presentati dai tradizionalicontatti, intermittenti o striscianti.

Mediante questa tecnica, è possibile rilevare consufficiente precisione la temperatura di alcuni puntidello stantuffo, prmettendo cosi di valutare con sicu-rezza l'influenza esercitata dai principali parametrimotoristici.

La determinazione però dell'effetto prodotto dallavariazione di una delle dimensioni geometriche dellostantuffo, utilizzando esclusivamente questa tecnicasperimentale, risulterebbe sensibilmente lunga e costosa,richiedendo Iti, realizzazione di diversi prototipi.

Con queHo lavoro si è perciò voluto presentare unprocedimento analitico che permetta di valutare, conrisparmio di costi e di tempo, le ripercussioni sulladistribuzione di temperatura, dovute alla variazionedi qualche grandezza geometrica.

Per poter ottenere, però, dei risultati sufficientemen-te precisi, il metodo proposto richiede l'utilizzazionedi alcuni dati ricavati sperimentalmente.

Inizialmente quindi vengono esposti i fondamentiteorici del procedimento analitico, mentre successiva-mente vengono discussi i rilievi sperimentali, effettuatisu di un motore a ciclo Otto di media cilindrata eu-ropea (1600 cm3) che sono stati presi come base per ilcalcolo della distribuzione di temperatura nello stan-tuffo.

Summary - Recently a new device to measure thetemperature of the piston of an internal combustionengine has been gotten ready at CNPM Laboratories,which, by the interaction of two magnetic fields,eliminates the troubles of the traditional contacts,being they intermittent or sliding. By this tecnique,it is possible to know with sufficient precision thetemperature at some points of the piston, thus beingable to determine with certainty the influence of themain parameters of an engine.

However, the evalual'dit of the effects caused bythe variation of one of the geometrical dimension of thepiston, by the meaning of this experimental tecniquealone, would be quite long and expensive, needing forthat too many prototypes.

In this paper an analitical procedure is presentedto evaluate, with less costs and time, the repercussionson temperature distribution, due to the -variation ofsome geometrical dimension.

(*) Ricercatore del CNR presso il CNPM (Centro Nazionaledi ricerca sulla Propulsione e sull'energetica - Milano).

Anyway, to be able to get quite precise results, the.proposed method needs some data from experimentalwork.

Therefore, the theoretical ground of the analyticalprocedure is shown before, while the experimentalresults are discussed later, to be of basis for the calcu-lation of the temperature distribution of the piston.The internal combustion engine used the displacementof an average european car (1600 cm3).

IntroduzioneII problema della determinazione deile solleci-

tazioni termiche, che si presentano nello stantuffodi un motore alternativo a combustione interna hada tempo attirato l'attenzione dei ricercatori chelavorano in questo settore, a causa della sua fonda-mentale importanza per il buon funzionamento delmotore.

Infatti sono ormai state proposte le più svariatetecniche [1] -r [9], per la misura in laboratorio dellatemperatura raggiunta da questo organo e paralle-lamente, a causa della complessità di queste provee del sensibile margine di incertezza che lascianosussistere, si sono suggeriti diversi metodi di cal-colo teorico [10] -f- [13], basati su semplificazionipiù o meno drastiche, che spesso portano a risultatiabbastanza lontani da quelli previsti.

Recentemente sono stati messi a punto dei nuovisistemi di misura [14] -r- [18], con i quali è possibilerilevare con sufficiente precisione la temperaturadi alcuni punti dello stantuffo, permettendo così divalutare con sicurezza l'influenza esercitata daiprincipali parametri motoristici.

La determinazione, però, dell'effetto prodottodalle dimensioni geometriche dello stantuffo, uti-lizzando esclusivamente queste tecniche speri-mentali, risulterebbe sensibilmente lunga e costosa,richiedendo la realizzazione di diversi prototipi.È perciò sentita, da parte delle case costruttrici distantuffi, l'esigenza di un procedimento di calcolo,che permetta di valutare con risparmio di costi e ditempo, le ripercussioni sulla distribuzione di tem-peratura, dovute alla variazione di qualche di-mensione geometrica.

Con questo lavoro s'intende presentare un talemetodo di calcolo, il quale, per5!, per poter portare arisultati sufficientemente precisi, richiede l'utilizza-zione di alcuni dati ricavati sperimentalmente.Perciò, inizialmente verranno esposti i fondamentiteorici del procedimento di calcolo, sottolineandol'influenza delle principali dimensioni geometriche.Successivamente verrà discusso l'effetto dei parame-tri motoristici sui valori rilevati sperimentalmentee presi come base per il calcolo della distribuzionedi temperatura nello stantuffo.

63

Schematizzazione del problemaPoiché le equazioni differenziali di conduzione

termica possono essere integrate in maniera esattasolo quando si riferiscono a corpi geometricamentesemplici, occorre innanzitutto premettere una sem-plificazione della geometria dello stantuffo.

Con questo proposito prendiamo in esame lasezione dello stantuffo di' serie di un motore a cicloOtto per autotrazione, che è stata utilizzata per irilievi sperimentali e che viene riportata in fig. 1.

Fatta poi, l'ipotesi di simmetria di rotazione deicampi di temperatura, potremo limitare la nostraattenzione ad una metà del cielo, ottenendo cosìlo schema definitivo illustrato in fig. 2.

Fig. 1 - Sezione dello stantuffo di serie di un motore a cicloOtto.

In condizioni di funzionamento stazionario, i gaspresenti nella camera di combustione cedono allasuperficie superiore del cielo un flusso di calore Q,il quale si sposta lungo il corpo dello stantuffo eviene, in parte: Qr, smaltito dall'olio che arriva alambire la superficie inferiore del cielo, in parte:Qm viene ceduto alla parete del cilindro attraversole fascie elastiche ed il mantello. Ovviamente daun bilancio energetico scende la relazione:

Q = Qr + <?mUna prima semplificazione che effettueremo sarà

quella di separare il problema della conduzionetermica nel cielo, da quello relativo al mantello.L'influenza di quest'ultimo, cioè, sul flusso di caloreche attraversa il cielo, verrà messa in conto me-diante una opportuna conducibilità termica, agentesulla corona circolare di diametro esterno de ediametro interno dit tale da assicurare appunto losmaltimento del flusso Qm.

Inoltre, riferendoci ai flussi per unità di area,?> ?r> Imi 1' riterremo per semplicità, uniformenentedistribuiti sulle rispettive superfici. In particolaresi trascurerà la leggera bombatura del cielo assi-milandolo ad un disco cilindrico di spessore costan-te s, riferendo di conseguenza q alla sezione normaledello stantuffo:

• ni ***

s-ila - M i

A li I i 1 1 If

Sr*9l

y.•f

Fig. 2 - Rappresentazione schematica del flusso di coloreattraverso il cielo dello stantuffo.

Occorre, infine, osservare che i problemi di solle-citazione termica più gravosi si riscontrano proprionel cielo.

In prossimità della mezzana, infatti, si presentanole massime temperature e, di conseguenza, si hannoi maggiori pericoli di sfondamento in condizioni dicombustione anomala [19], Mentre la temperaturaraggiunta in corrispondenza della cave di allog-giamento della prima fascia elastica, costituendo ilmassimo valore cui è soggetto il lubrificante, forni-sce una misura del rischio di carbonizzazione del-l'olio, con conseguente bloccaggio dell'anello. Per-ciò, con il presente lavoro, ci si limiterà a ricercareuna espressione analitica della temperatura delgenerico punto del cielo, rinviando, per quei cheriguarda il mantello, di più difficile schematizza-zione, a metodi di calcolo approssimati [20],

Equazione di conduzioneIntrodotto allora un sistema di assi (r, z) in dire-

zione radiale ed assiale rspettivamente, la tempera-tura del generico punto T (r, z) dovrà soddisfareall'equazione di Fourier, la quale, con l'ipotesi, distazionarietà (1).

(STjSt = 0), assume la forma:

= 0Sr2 r Sr

(') In realtà durante il ciclo di funzionamento, sia latemperatura del gas nella camera di combustione che il coef-ficiente di trasmissione del calore, variano con l'angolo dirotazione della manovella. Perciò anche la temperatura delcielo dovrebbe subire delle oscillazioni periodiche durante ilciclo di lavoro. Secondo [18] però, un calcolo effettuato sudi un motore a duo tempi, ha messo in evidenza che taleOBcillazione era all'ordine di ± 1,25°C, ossia inferiore allo0,5%, il che giustifica la limitazione del problema al casostazionario.

64

Introdotte le coordinate adimensionali: p — 2r/d,• = s/s, e posto :

e = 2s/rf T = fg — T (2)

love con Tg si è indicato un opportuno valore me-lio della temperatura dei gas nel cilindro, tale cheaccoppiato ad un coefficiente liminare medio oc,valga la relazione q = a (Tg—T), la (1) diventa:

S*T 1 ST _ J _ S2T _"Sp^" "* p~~ 8p~ + ~P~ 1 ^ " ~~ *• '

con le seguenti condizioni al contorno:

a) (——J = 0 per 0 < i) <, 1: per ragioni di

b) ( j = 0 per 0 <, rj <, 1 : ossia si trascura il\ Sp / P = i f j u s s o dj calore attraverso l 'aletta

superiore del primo anello, dalmo nento che sussiste un gioco ra-diale tra stantuffo e cilindro, ri-pieno di gas di trafilamento.

ed ed _ _ .

ossia si ritiene uniformemente di-stribuito il flusso di calore versoil cielo dello stantuffo.

ed • n .gr per 0 •£, p .< p r: ossia si

e,. = 7 ' n —

" ( • £ • ) = „

ritiene uniformemente distribuitoil flusso di calore verso il lubrifican-te.

ed •= ~2X" ?mper Pi <. p ^ pc: ossia si

ritiene uniformemente distribuitoil flusso di calore verso il man-tello.

( —— J7 1 • ' • ' 1 = 1

= o per pc <, p <, 1 : ossia si trascura ilflusso di calore verso l'anello indirezione assiale, poiché sussisteun gioco assiale tra anello ed alettaripieno di gas di trafilamento.

In base a queste condizioni, con il procedimentoillustrato in appendice è possibile integrare la (3),giugendo all'espressione (a, 10):

ed d , , "1 ...

nella quale il fattore x (p> i) può essere calcolatoattraverso la (a, 9), una volta note le dimensionigeometriche dello stantuffo e le costanti r =grl9ed òè.

Indicata allora con 9 = To — T la differenza trala temperatura del punto centrale, sulla superfìcieaffacciata alla camera di combustione 0 = (0, 0)è quella del generico punto del cielo, per la (4)si ottiene:

6 = Ta — T = • ^i^r^+v-v (5)

Perciò, se viene determinata sperimentalmente,per una data condizione di funzionamento del mo-tore, oltre alla temperatura del punto 0, anche quelladi un secondo punto del cielo, per esempio A [(pj ++ pe)/2, 1], dalla relazione:

T|_T '' ~XoJ (6)Si può ricavare il valore del flusso di colore q

relativo a quella condizione di funzionamento delmotore. Risulta cosi individuata, attraverso la (5),la distribuzione di temperatura sul cielo dellostantuffo.

Influenza delle dimensioni geometriche e delle con-dizioni di raffreddamento

Come applicazione delle relazioni trovate, cer-chiamo di mettere in evidenza l'influenza esercitatadalla variazione di una dimensione geometrica dellostantuffo o delle condizioni di raffreddamento delcielo, sulla distribuzione della temperatura.

A questo proposito occorre osservare che, a pari-tà di condizioni di funzionamento del motore, alvariare di una delle dimensioni, cambia la resistenzatermica dello stantuffo e di conseguenza anche ilflusso di calore attraverso il cielo e la relativa ca-duta di temperatura. Perciò, per lo scopo che ci sipropone, si è pensato di esaminare innanzituttol'andamento della differenza T0 e T 4 tra la tempe-ratura media dei gas e quella dei punti 0 ed A,nonché della caduta di temperatura 6^ t ra il puntomedio del cielo (punto 0) ed il porta-fascie (puntoA), In pratica, per dare una maggiore generalitàalla trattazione e per il fatto che i suddetti valoripossono essere ricavati con le relazioni date alparagrafo precedente, una volta nato q, che si èritenuto di calcolare attraverso la (6), dopo avermisurato sperimentalmente i valori di To e TA, sisono calcolate le quanti tà adimensionali:

qd

Xproporzionali alle differenze di temperatura citate.

Queste grandezze sono state riportate nei graficidi fig. 3, in funzione della distanza relativa internadel porta-fascie dall'asse di simmetria p,- = dijd,per diversi valori dello spessore relativo del cieloe = 2s/d e del fattore di raffreddamento r = q,jq.

Successivamente, per avere una visione più pre-cisa della variazione della distribuzione di tempera-tura nel cielo, si è calcolato il rapporto 9/0.., t ra lacaduta di temperatura 9, che si ha nel genericopunto, rispetto al punto centrale 0 ed il valore di9,l( per le diverse condizioni illustrate nei graficidelle figg. 4, 5, e 6.

Dai diagrammi della iìg. 3 si può allora ricavareche, a parità di e ed r, un irrobustimento del porta-fascie, ottenuto diminuendo p;, comporta una ri-duzione del salto di temperatura 9^ ; accompagnatada un sensibile abbassamento della temperatura To

della mezzaria del cielo ed un leggero aumento diTA. I tre grafici della fig. 4 che forniscono il valoredella caduta relativa di temperatura 8/9^ peri ) = 0 ; i )=0 ,5 ; 7 j= l , in funzione della distanza pdel punto in esame dell'asse di simmetria, dannouna misura quantitativa della suddivisione dellacaduta totale 0A) attraverso il cielo.

Si vede quindi che, oltre ad una generale dimi-nuzione del livello di temperatura, l'irrobugtimentodel porta-fascie esercita una influenza sull'anda-mento delle isoterme, specialmente per i valori di

65

t.l -

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3.6

0.S 0.7 0.»

Fig. 3 - Influenza delle dimensioni geometriche e delle condi-zioni di raffreddamento su alcune quantità adimensionaliproporzionali alle cadute di temperatura.

p > 0,5, favorendo lo smaltimento del calore versoil mantello.

Analogamente, un aumento dello spessore relativoe del cielo, comporta una diminuzione di 8 ,, ac-compagnata da una riduzione sia del valore di Toche di TA. La sua influenza sulla distribuzione ditemperatura, come si può dedurre dai diagrammidi fig. 5, è limitata alla zona superiore del cielo(TJ 0,5), mentre in corrispondenza all'attacco delporta-fascie, l'effetto sull'andamento delle isotermeè trascurabile.

Infine, si è esaminata l'influenza del coefficiente diraffreddamento r, al crescere del quale si abbassain maniera sensibile sia la caduta globale di tem-peratura 8,i, che i valori di To e TA. La distribu-zione di temperatura attraverso il cielo, come mo-stra la fig. 6, varia in maniera poco sensibile, essen-dosi mantenuto inalterata l'estensione del campo diraffreddamento (pr = p,- =0,7) , però si assiste aduna generale diminuzione dei livelli di tempera-tura.

Per concludere possiamo osservare che, dei treprovvedimenti ora visti, che portano ad una dimi-nuzione dei valori di temperatura del cielo, l'aumen-to del coefficiente di raffreddamento si rivela senìz'al-tro il più conveniente.

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Fig. 4 - Influenza dello spessore del porta-fascie sulla Cadutarelativa di temperatura.

86

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o.o of o,t 0.6 o.a j io 0.0 0.1 0.6 Ofi 01 % 1.0

Fig. 5 - Influenza dello spessore relativo del ciclo sulla ca-duta di temperatura.

Fig. 6 - Influenza delle condizioni di raffreddamento sullacaduta di temperatura.

67

Infatti esso risulta molto efficace, non altera ilvalore delle masse in moto alterno ed inoltre puòessere realizzato in maniera abbastanza semplice,mandando attraverso la biella fino allo spinottouna quantità di olio in esuberanza, in modo chequesto, fuoriuscendo dal piede di biella, vada adinvestire il cielo. Supposta la temperatura dell'oliosui 75 -=- 80°C, per un campo di raffreddamentofr = 0,7, si calcola che si possono avere .valori dir = 0,2, pur di ottenere dei coefficienti liminaridi trasmissione tra olio e superficie del cielo pari a<x0 = 600 4- 800 kcaì/mah°C, valori realizzabilifacilmente [18] con un semplice spruzzo di lubri-ficante.

Rilievi sperimentali: influenza dei parametri moto-ristici

Precisati questi utili dati che si possono ricavaredalle relazioni analitiche trovate, occorre però quiricordare che la complessità della geometria dello

Nei diagrammi che seguono, ci si limiterà a ri-portare i valori della temperatura del punto piùsignificativo, ossia del punto centrale del cielo, alvariare dei principali parametri motoristici, conl'intento di mettere in evidenza e di giustificare,dove possibile, l'influenza esercitata da ognuno diessi.

In fig. 8 si mostrano i rilievi eseguiti, al variaredel regime di rotazione e del carico, quest'ultimoespresso come percentuale della potenza massimafornita dal motore a quel dato regime. Si può alloraconstatare che l'influenza del numero di giri, aparità di carico, sulla temperatura dello stantuffoè abbastanza sensibile. Si ha infatti, una variazionemedia di temperatura di 6 -H 20°C, per un incre-mento di 1000 giri al minuto nella velocità di rota-zione, a sconda della percentuale del carico.

Questa influenza si può spiegare facilmente, pen-sando che al crescere del numero di giri, a paritàdi carico, aumenta la quantità di calore che si svi-

'-••

ALIMENTATOLE

1

GENE*

|

j

ATORE

COMMUTATORE E

RESISTENZA 01 MIS.F=-----.

STRUMENTOINDICATORE

i!

Ij

FILTRO

iiRIVELATORE

Fig. 7 - Schema dell'apparec-chiatura per il rilievo dellatemperatura.

stantuffo è tale che per ottenere il valore del flussodi calore q e per poter valutare con sicurezza l'in-fluenza dei parametri motoristici sui valori ditemperatura, è necessario fare ricorso all'esperienza.

La fig. 7 mostra lo schema di funzionamento dellaapparecchiatura per il rilievo della temperatura inun punto qualunque dello stantuffo, che attual-mente permette di effettuare le misure più precise(± 1%). Per una descrizione dettagliata di tale si-stema di misura, si rinvia alla bibliografia [15],qui ci si limita a ricordare che esso utilizza comeorgano sensibile alla temperatura un termistore 1,collegato alla bobina mobile 2, la quale accoppian-dosi alla bobina fissa 3, al punto morto inferiore,trasmette il segnale di misura all'apparecchio in-dicatore. Servendoci di questo strumento si è rile-vata la temperatura raggiunta dai punti 0 ed A(si veda la fìg. 7) del cielo dello stantuffo di un mo-tore di media cilindrata europea (1600 cm3) valoriche, come si è visto, sono sufficienti ad individuareq attraverso la (6) e quindi l'intera distribuzionedi temperatura nel cielo, per mezzo delia (5).

CARICO • 25 V.

CARICO = SO •/.

9 CARICO - 75 V.

• CARICO = K0 V.

\N.O.*XMOTOfl-TEMPERAWRA DELfACaUA'ISX-ANriCIPO OTTIMO |ISO

VELOCITA1 DI ROTAZIONE l

Fig. 8 - Influenza del carico sulla temperatura dolio stantuffo.

68

luppa nell'interno del cilindro nell'unità del tempo.Di conseguenza, mantenendosi costante la tempera-tura del mezzo di raffreddamento del motore, dovràcrescere la temperatura dei vari organi ed in parti-colare dello stantuffo.

Analogamente, a parità di numero di giri, alcrescere del carico aumenta la quantità di miscelabruciata nell'unità di tempo e quindi, per la ragionevista in precedenza, anche la temperatura dellostantuffo. Per il motore in prova si è costatato chetale aumento si manteneva, (a seconda del regimedi rotazione), sui 9° -f- 15°C per una variazione delcarico del 10%.

Successivamente si è analizzata l'influenza dellatemperatura dell'acqua di raffreddamento, la qualeè stata fatta variare, a regime di rotazione e po-tenza costante, sull'intero campo pratico di inte-resse per un motore di autovettura: da 50°C a100°C.

Si è così potuto rilevare un'influenza, pressochélineare, della temperatura dell'acqua di raffredda-mento su quella del cielo dello stantuffo, come mo-strato dal diagramma j.i fig. 9, in cui si riassumono

\NO-S0MOTOIi-PICN0 CARICO-ANTICIPO OTTIUO\| , | r- ,

O It = .000 fi/t]9 i) * tcco• n * 3000

1

JCUPCDAÌURA DELL'ACauA [•[]

Fig. 9 - Influenza della temperatura del mezzo refrigerantesulla temperatura dello stantuffo.

i rilievi effettuati. La variazione media della tem-peratura dello stantuffo oscilla tra i 5,5 -f- 8,5°Cper un cambiamento di 10°C nella temperatura dellaacqua di raffreddamento. Naturalmente i valoripiù elevati sono relativi ai più bassi numeri di giri,in quanto, in questo caso, essendo più ridotto ilflusso di calore verso l'esterno, inferiore è la diffe-renza tra la temperatura dello stantuffo e quelladel mezzo refrigerante.

In fig. 10 si riporta, poi, l'andamento della tem-peratura delio stantuffo in funzione dell'angolo dianticipo all'accensione, per un numero di giri man-tenuto costante, a pieno carico.

La temperatura dell'acqua di raffreddamento èstata tenuta sugli 85°C. Sulla parte superiore deldiagramma si sono tracciate anche le curve dellapotenza in funzione dell'angolo di anticipo, in mododa poter individuare il valore di anticipo ottimoper ogni numero di giri. Dai rilievi effettuati risulti*;

NO'SOMOTOR-TEUPERATURA OELCACaUA'IS'C-PIEHO CARICO

ANTICIPO ALL'ACCENSIONE £ £

Fig. 10 - Influenza dell'anticipo all'accensione sulla tempe-ratura dello stantuffo.

subito l'estrema sensibilità del motore in prova ri-spetto al valore dell'anticipo.

Si ha, infatti, una variazione media della tem-peratura dello stantuffo di circa 2°C per ogni grado,all'incirca sull'intero campo del numero di giri.Finché l'anticipo è al di sotto del valore di massimapotenza, l'aumento della temperatura al cresceredell'anticipo stesso, può essere giustificato dal fattoche si ottiene il risultato di accrescere la quantitàdi calore liberato dalla miscela fresca, prima chequesta venga scaricata dal cilindro.

Quando si supera il valore di massima potenza,si ha un continuo aumento deila temperatura, conuna rapidità leggermente superiore. Si verifica cioèla circostanza che una porzione sempre maggioredi carica fresca, al crescere ulteriore dell'anticipo,risulta completamente combusta prima che lo stan-tuffo concluda la sua corsa di compressione. Questigas, già caldi, vengono compressi in condizionipressoché adiabatiche e, di conseguenza, sono por-tati ad una temperatura sensibilmente superiorea quella che si raggiunge durante una combu-stione normale. Se si tiene presente poi, il fatto cheil cielo dello stantuffo costituisce una gran partedell'intera superficie della camera di combustione,in prossimità del punto morto superore, si compren-dono facilmente gli elevati valori di temperaturamisurati.

Infine, si è valutata l'influenza del rapporto aria/combustibile sulla temperatura dello stantuffo. Irisultati ottenuti, a numeri di giri costante ed apieno carico (temperatura acqua di raffreddamen-to 85°), sono ripetati nel diagramma di fig. 11,nel quale si mostra anche l'andamento della potenzafornita dal motore in funzione del rapporto aria/com-bustibile. I divergi valori di ricchezza sono statiottenuti variando il diametro del getto principeìedel carburatore. Si può così osservare come la tem-

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Fig. 11 - Influenza della ricchezza sulla temperatura dellostantuffo.

peratura dello stantuffo presenti un massimo incorrispondenza di una miscela ricca (ricchezza rela-tiva Rr = 1,2 4- 1,3), per la quale il motore fornisceanche la massima potenza. Smagrendo la miscela,ovviamente il calore che si sviluppa nel cilindronell'unità di tempo risulta diminuito, di conseguenzaanche il cielo della stantuffo si porta ad una tempe-ratura inferiore. Questo, nonostante il fatto che lacombustione della carica continui durante la fasedi scarico, poiché sia la velocità di propagazionedel fronte di fiamma che quella di reazione si ridu-cono progressivamente, impoverendo la miscela,con la conseguenza che i gas scaricati risultano piùcaldi. Il diminuire della temperatura dello stan-tuffo al crescere della ricchezza, oltre al valoreRr —• 1,3, sì spiega tenendo presente che la quantitàdi combustibile che riesce effettivamente a bru-ciare si mantiene costante, a causa della mancanzadi ossigeno, mentre il carburante introdotto ineccesso, vaporizzando, contribuisce ad assorbirecalore e quindi a raffreddare, in particolare, il cielodello stantuffo.

ConclusioniNel concludere il presente lavoro, si intende sotto-

lineare che è stato chiarito il fatto che, accoppiandouna tecnica sperimentale progredita ad un proce-dimento di calcolo sufficientemente preciso, si èin grado di valutare con sicurezza l'influenza deivari parametri, motoristici e geometrici sui livelli esulla distribuzione della temperatura raggiuntadallo stantuffo.

Si pensa quindi che questa via possa essere pro-ficuamente seguita, non solo dai costruttori di stan-tuffi, che potranno risolvere con maggior sicurezzai problemi di resistenza di un tale organo, una

volta note con sufficiente precisione le sollecita-zioni tarmiche che si accompagnano a quelle mec-caniche; ma anche dai produttori di oli lubrificantiche potranno avere dati più sicuri circa il livello ditemperatura a cui l'olio è chiamato a funzionare,in prossimità della prima fascia di tenuta.

AppendiceUna soluzione particolare della (3) si ottiene fa-

cendo l'ipotesi che la t (p, i\) risulti dalla somma didue funzioni, di cui una dipenda dalla sola ij:

T = « (i) + v \P, i)Dovendo la u (ij) soddisfare alla (3), deve essere:

1 du3

~!*~ dr,2 ~~e perciò: u = C, + C2 •>].

Per quel che riguarda la componente v (p, ig), lasi può pensare come il prodotto di due funzioni,l'una della sola p e l'altra della sola t\\

v (P, n) = / (P) • g {iùche sostituita nella (3) da:

_L JtL 4. _L JL. - L d*8Poiché il primo membro di questa relazione di-pende solo da p ed il secondo solo da rj, entrambi imembri dovranno essere uguali alla stessa costante,che si indicherà con n2.

Si hanno perciò le due equazioni:

ap2 p rfp 'L'integrale generale della prima (equazione di

Bessel di ordine 0) è dato da:/(p) = C3 Jo (u,p) + CtY0 (\ip)

dove con J o e Yo si sono indicate le funzioni Besseldi prima e seconda specie di ordine 0; mentre quellodella seconda (equazione lineare a coefficienti co-stanti) è:

si ottiene perciò:

:«V'o(HP)] [C, e

le cui costanti, vengono fissate dalle condizioni alcontorno.

Dalle condizioni (a) :

(ir) «\ 5p / p » oessendo Jj(o) = 0 e lim Yx (#) = — «>, si ottiene

C, = 0 e perciò, conglobata Ch in C, e Ct, la (3)può scriversi:

CjJliJ

Per la condizione (e) deve essere:(a.2)

per 0 <. p -ii.l, quindi anche per {ip = p, dove con

70

si è indicata una radice dell'equazione ./0((ip) = 0;ne scende perciò:

La stessa condizione (e) impone anche per i\ = 0e 0 <. p <, 1:

ossia, per la (a.2) :

-^-i + A'Urìfr-

dalla quale si ricavano:

= ~ 7 [Cx

2X

B =-

2X- =«a Izi

Tx 77-T= tf-r-1da

(a.3)

avendo indicato con Bi = X/da il numero di Biot.La (a.3) permette di calcolare Bi, una volta noto |*,il cui valore si ottiene imponendo la condizione (b) :

n

Ossia:jx J^p) = 0 (a.4)

Se perciò si indica con pn una generica radice diquesta equazione trascendente, la (a.2) diventa:

1 . ed , An , , r efWì ,

(a.5)

(a.3)

dove la costante Bn vale, per la (a.3):

Bn = Bi1

Si + 1La (a.5) fornisce una soluzione particolare della

(3), che soddisfa ormai a tutte le condizioni impostetranne quelle (d), (e) ed (/) relative alla facciai) = 1. Ma poiché la (3) è un'equazione differenzialelineare, la somma di un certo numero di soluzionida ancora una soluzione, che nella sua forma piùgenerale risulta:

i . ed 1 * .

(a.6)dove la sommatoria va estesa a tutte le radici dellaequazione trascendente (a.4). Essendo:*

posto :

Qn = Un (eE|X" + Bn e €|i") (a.7)

le condizioni ai limiti (d), (e) ed (/) danno, molti-plicando entrambi ì membri per .'od^nP) • P • dp edintegrando, tenendo presente che il termine r dellasommatoria si annulla quando è r ^ n, perché

PP) • fdp = 0 se a e ? sono radici della

equazione (a.4) con a2

ad f1

«A '0

1 '

r1

Qn An\ ./0([i,,

la quale grazie alle proprietà delle funzioni di Bessel,ricordando che è (i,,./i.(|xn) = 0 , da:

qd_X

avendo posto:

Qn

9.*-**1—r

1Pr)

-f m = [pf -/i((in Pe) — Pi ^l((*n Pi)]

Introdotta perciò la funzione x(p, i) definita dellaseguente relazione:

X = •Pe'~9i* n=

r T m /

la (8) può scriversi:

RingraziamentoL'autore desidera ringraziare il Direttore del

CNPM, il prof. ing. Corrado Casci, per l'attenzionecon cui ha seguito il presente lavoro e per i sugge-rimenti e le discussioni che ha voluto dedicarvi.

SimbologiaLettere latine:A = punto medio della zona di attacco del

porta-fascie al cielo dello stantuffo.A', An = costanti d'integrazioneB, Bn = costanti d'integrazioneBi — numero di Biot ( = \jdt)Cv Ca = (tostanti d'integrazioned = diametro del cielo dello stantuffo (mm)/ = componente della temperatura, funzione

della sola pg = componente della temperatura, funzione

della sola IQJ = funzione di Bessel di 1 ' specie

n — numero di giri del motore (g/V)0 = punto centrale del ciclo dello stantuffoq = ilusso specifico di calori: (kcal/mah)Q = (lusso di calore (kcal/h)r = fattore di raffreddamento (=qT\q) e coor-

dinata radialeRr = ricchezza relativa della miscela.s = spessore del ciclo dello stantuffo (mm)S = superficie di passaggio del calore (ma)t = parametro tempoT = temperatura del generico puntoTg = temperatura media del gas nel cilindro,

tale che sia q = òt (Tg — T)u = componente della temperatura, funzione

della sola rjv = compónente della temperatura, funzione

di p ed ijV = funzione di Bessel di 2a speciez = coordinata assiale del cielo dello stan-

tuffo.

IndiciaAe

— formule relative all'appendice= grandezze relative al punto A= grandezze relative alla zona esterna del

porta-fascie= grandezze relative ai gas presenti nel

cilindro= grandezze relative alla zona interna del

porta-fascie= termine generale della sommatoria (a.6)= grandezze relative al punto 0= grandezze relative alla zona di raffredda-

mento del cielo.

Lettere grechea = coefficiente di convezione liminare (kcal/

mah°C)a = coefficiente di convezione liminare medio

tra gas e cielo dello stantuffo, definitodalla relazione q = ót (Tg — T)

a0 = coefficiente di convezione liminare mediotra olio e superficie inferiore del cielo

e = spessore relativo del cielo ( = 2s/d)y) = coordinata adimensionale assiale ( = z/s)X = conducibilità termica dello stantuffo

(kcal/mh°C)fi = costante d'integrazione|i,, = radice ennesima dell'equazione (a.4)

p = coordinato adimensionale radiale ( = 2rjd)T = differenza tra la temperatura del gas e

quella de) generico punto T = Tg — T8 = differenza tra la temperatura del punto 0

e quella del generico punto 0 = (To—T)X = fattore definito dalla (a.9).

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72

Sollecitazioni termiche in un cilindro infinitolambito da un fluido in transitorio

"pilotato" di temperatura (*)

Sergio Stecco (**)

Sommario - JVeZ quadro dei problemi relativi aiiransitori termici delle turbomacchine, in questa notaviene esaminata la possibilità di ridurre le sollecita-zioni nei rotori mediante una opportuna variazionepilotata della temperatura del vapore dimostrando pervia matematica ed analogica resistenza di un transi-torio ottimo.

Si studia successivamente l'influenza di uno scambiodi calore attraverso la superficie interna 'allo scopo dilimitare ulteriormente le sollecitazioni e si individuanel riscaldamento contemporaneo delle superfici inter-na ed esterna una possibile vìa per ottenere la citatariduzione.

Vengono presentati grafici ottenuti sul calcolatoreanalogico per mettere in maggiore evidenza le prece-denti conclusioni.

Abstract - With reference to the problems related tothermal transients in turbomachines, the purpose ofthis paper is to evaluate the possibility of reducingthe stresses in rotors.

By means of a suitable driven change of the inletsteam temperature, the existence of an optimum tran-sient in shown employing both mathematical consi-derations and analogical computing devices.

The influence of a heat transmission across theinside surface is then investigated to limit further thethermal stresses, and the benefits produced by thesimultaneons heating of both surfaces are shown anddiscussed.

Graphs obtained with the analog computer are thenpresented, to clearify and point out the main conclu-sions.

1) PremessaIn molti campi della meccanica tecnica e segna-

tamente nel settore delle macchine e fluido, staacquistando sempre maggiore interesse lo studio deiproblemi connessi con gli sforzi di natura termicache insorgono negli organi di moto.

Basta pensare, a titolo di esempio, al cimentotermico a cui sono soggette certe palettature diturbine a gas, ed a quello (non meno preoccupanteper via delle dimensioni, della vita richiesta, ecc,anche se le temperature sono un po' inferiori) a cuisono sottoposti gli attuali rotori di grossi turbomo-tori a vapore.

Gli sforzi termici di cui trattasi possono esserenotoriamente di due tipi:

(*) Ricerca finanziata dal CNR con contributo 115-114-5116.

(**) Dott. Ing. Sergio Stecco - Istituto di Macchine e Tec-nologie nell'Università di Roma.

il primo derivante da condizoni « a regime » e l'al-tro conseguente a variazioni di temperatura.

Per quanto riguarda gli sforzi del primo tipo, ilprogettista dispone oggi di criteri ormai largamentesperimentati, che permettono di contenerli entrolimiti accettabili, agendo sulle temperature e sulleloro distribuzioni, nonché ricorrendo a convenientisoluzioni di disegno degli organi, mentre la produ-zione di materiali di caratteristiche migliori consentedi elevare sempre più i carichi ammissibili.

Nel secondo caso, a parità di altre condizioni,l'entità delle sollecitazioni può essere limitata agen-do sul tempo entro il quale si esaurisce il transito-rio, oltre che — ed è questo un argomento non an-cora messo sufficientemente in luce — « pilotando »il transitorio con un'opportuna sequenza di manovre.

In questa nota ci si propone di esaminare ap-punto quest'ultimo problema, relativo alle solleci-tazioni nei transitori termici, facendo specifico rife-rimento ai rotori ad alta pressione dei grossi gruppiturbo-alternatori — per solito schematizzati comeun cilindro indefinito [3] [6] — per i quali il pro-blema risulta particolarmente attuale ed importante.

Verranno in tal senso esaminate le condizioniottime per il riscaldamento (o raffreddamento) diun cilindro cavo lambito esternamente da un fluidosotto diverse condizioni della variabile di « ingresso »(e cioè la temperatura del vapore), e con differentiipotesi di calcolo per quanto riguarda la superficieinterna, allo scopo di valutare gii effetti di unaeventuale refrigerazione.

Verranno a tale scopo illustrati alcuni tra i piùsignificativi risultati ottenuti dallo scrivente, ope-rando su calcolatore analogico (strumento partico-larmente indicato per l'analisi di siffatti problemi);parallelamente si è però voluto mantenere ancheevidente l'aspetto « matematico » della ricerca, alloscopo di dimostrare per questa via alcune conclu-sioni particolarmente significative (ad esempio l'esi-stenza di una condizione ottima nella variazionedella temperatura del vapore).

Per non appesaiitire eccessivamente il testo, si èpreferito riportare in appendice gran parte dellosviluppo matematico.

2) Impostazione del problemaSulla base di quanto esposto nella premessa, si

consideri un cilindro cavo lambito internamenteed esternamente da fluidi di differenti caratteri-stiche. Se si suppone il flusso puramente radiale,si può scrivere [5] nei termini adimensionali pre-cedentemente indicati:

73

80 820

con condizioni iniziali:re]T = o = F{9)

e condizioni al contorno (*):

T f '«(2)

(3)

= «». (e — ©«

11 campo di temperature è quindi perfettamentedefinito in base alle (1) (2) (3); il calcolo delle ten-sioni si può fare su'ìa base delle note espressioni,valide nel caso di variazione a gradino della tempe-ratura del vapore:

- j [K]x - [««Ipj (4)Gfr —

Po"

ove :

QpdpPo

(6)

(7)

ha il significato fisico di temperatura media nellospessore considerato.

La risoluzione del problema si può pertanto ot-tenere per via matematica, come si vedrà nel se-guito, ma anche con altri mezzi che talora consen-tono una più chiara visualizzazione del fenomeno.In particolare lo scrivente ha ricercato una solu-zione per vi? analogica, particolarmente adatta adindagini su fenomeni variabili nel tempo.

In questo capitolo si considera per semplicità ilcaso limite di variazione a gradino della temperatu-ra del vapore, e di superficie interna adiabatica.

Tali semplificazioni verranno eliminate nel se-guito esaminandone separatamente l'influenza.

a) Soluzione matematicaIn questo caso la soluzione, esprimibile in termini

di funzioni di fìessel di prima e seconda specie, sipuò scrivere (cfr. Appendice):

(8)

in cui (jtH rappresentano gli autovalori determinabiliin base alle condizioni al contorno, e la somma:

(0)

è conosciuta, note che siano le condizioni iniziali.Una volta determinate le temperature si può da

esse risalire alle tensioni ed in particolare alla ten-sione a. che risulta la più pericolosa [5].

Sembrerebbe a prima vista che il computo dellesollecitazioni risulti abbastanza agevole con l'im-piego delle espressioni precedenti. In realtà la de-

('} lì quanto il caso più generale: se si suppone il cilindroisolalo o pieno le equazioni al contorno che costituiscono le(3) sono riportate in Appendice.

terminazione dei diversi valori (*„, al variare dellecondizioni al contorno, richiede calcoli iterativi edinoltre per ottenere il valore istante per istante di[6m] è necessario conoscere la distribuzione lungoil raggio della temperatura e valutarne il valoremedio :

aPo

(10)

mentre dello stesso ordine risultano le difficoltàper il calcolo delle [6m]p.

E chiaro dunque, pur essendo possibile un cal-colo matematico delle sollecitazioni termiche nelcilindro, assai complessa ne appare la parametriz-zazione e comunque si perde in un certo sensol'aspetto fisico del fenomeno, anche a causa dellapresenza delle citate funzioni trascendenti.

b) Risoluzione analogicaEssendo il problema in esame di tipo bidimensio-

nale, in quanto oltre alla variabile •>• esiste la va-riabile p, è necessario fare ricorso, per la programma-zione sul calcolatore analogico, ad uno schema acelle.

Approssimando l'equazione alle differenze finitesi può scrivere, dividendo l'intervallo ra — rb inN parti uguali di ampiezza k:

o in altri termini:

(12)

Per quanto riguarda le condizioni al contorno,procedendo in modo analogo si possono otteneredalle:

" Ì V

K — e.) (14)h rb

le espressioni:

«.v = PK % + QN ® .V-I (15)9« = Po K + Qo »i (16)

Costruito lo schema che consente il calcolo delletemperature la valutazione delle sollecitazioni puòessere fatta richiedendo in termini di differenzefinite le espressioni (4) (5) (6), ed in particolarequella di [8m]p.

Dopo qualche passaggio si ottiene così:

[6m]p = 2 S,B, (17)

ove:

V _ Po (!—Po) Pft (1—Po)

in modo analogo si possono rappresentare le altregrandezze relative al calcolo delle tensioni e realiz-zare lo schema di circuito analogico rappresentatoin iìg. 1 in cui i simboli sono quelli della più diffusaletteratura tecnica sull'argomento (ved. ad es. [4]).

74

Fig. 1 - Schema del circuito impiegato.

ab

I

V.V.

'A

c

• —

1

I SUPERFICIE1 IMTEANA

IJ—

3

,

, • "

1

. . .

120/ /

/

/

VX-cc

M

°rS

COS

, •

I

>

2

——-

£

0A

da5

^ =

SUPERFICIE

ESTERNA

0

Fig. 2 • Sollecitazioni sulle superfici del cilindro conseguentiad una variazione brusca della temperatura del vapore.

Le sollecitazioni che così sì ottengono sulla su-perficie interna ed esterna del cilindro (come noto,le più pericolose per il materiale [1]) sono riportatein fig. 2 in cui positivi sono considerati gli sforzidi tensione e negativi quelli di compresssione (2).

Questi grafici — relativi sempre ad un transitorio

(2) Tutti i grafici riportati nella presente nota tono statiottenuti dallo scrivente con l'impiego del circuito analogicoriportato in fig. 1, sul calcolatore PACE 100 del ComitatoNazionale pur l'Energia Nucleare.

di temperatura di tipo a gradino e del resto piuttostonoti — consentono già di valutare la gronde in-fluenza del valore di X(> sulle sollecitazioni termichetransitorie e spiegano perché talora sia stato pro-posto di assumere un valore X,, = °° per agire infavore della sicurezza [5].

È evi-lente che una prima via per ridurre i valorimassimi delle tensioni consisterebbe nell'abbassareXi,, definito come:

lv=Wblk (18)e quindi nell'impiegare, a parità di dimensioni, ma-teriali a conducibilità più elevata (su at, ovviamentenon si potrebbe assolutamente agire, in quantolegato alle caratteristiche termofluidodinamiehe delvapore). Tuttavia, pur essendo possibile in sedeteorica, una siffatta impostazione contrasterebbecon evidenti incitivi economici.

3) Influenza della legge di variazione della tempe-ratura del vapore sulle sollecitazioni

Fino a questo punto si è esaminato soltanto ladistribuzione delle sollecitazioni conseguente ad unabrusca variazione della temperatura de! vapore.In realtà si eviterà sempre un siffatto tipo di ma-novra in quanto è noto ed intuitivo che, aumentandoil tempo entro il quale si raggiunge la temperaturavoluta del vapore (8,, = 1), gli sforzi termici siriducono (fig. 3).

Fissato pertanto un certo valore ammissibile di<J;, sarà possibile determinare la durata minima deltransitorio di % che consente di non superare tale

Fig. 3 * Sollecitazioni aulle superfici del cilindro conieguentiad una variazione «a rampa» del'- temperatura delvapore - a: Xv = oo; 6: \ v = 10.

. .

75

valore. In realtà si preferisce qui seguire il procedi-mento inverso: fissata cioè una certa durata T0del transitorio, si cercherà quale legge deve seguirela % perché si produca il valore minimo tra i massi-mi dei diagrammi nel tempo delle tensioni e si de-terminerà il valore minimo predetto.

Osservando l'andamento delle curve che rappre-sentano le sollecitazioni termiche conseguenti ad unavariazione lineare e ad una variazione brusca dellatemperatura del vapore (figg. 2 e 3) è lecito formularel'ipotesi che una opportuna combinazione dei dueprocessi di manovra possa condurre a sollecitazionipressoché costanti nel tempo e quindi ad una situa-zione ottimale di cimento termomeccanico.

Nella fig. 4 sono ripotati i risultati per diversivalori di Xi>, che confermano la esistenza della condi-zione ottima predetta, la cui determinazione appa-re tanto più suggestiva quanto più elevato è ilcoefficiente di Fourier kv.

in appendice, per via matematica, si dimostrache il punto comune a tutte le curve relative aglisforzi termici — a parità di Xv, beninteso — si hain corrispondenza al valore:

** = -o J L < * + Ì ! Ì L (i9)

e le condizioni ottime si hanno quando la tempera-tura del vapore varia bruscamente, nell'istante ini-ziale, di una frazione y del totale salto di tempera-tura fornita dalla

v/=-fTs27 (20)

L'espressione (20) consente alcune utili conside-razioni: ricordando che S2

1 = p.t1 (p0—l)2 T0, sinota subito che, per un certo rotore, quanto piùbreve è l'intervallo di tempo durante il quale sideve esaurire il transitorio, tanto maggiore deveessere la frazione di % da realizzare « a gradino ».

A parità di T0, y cresce al crescere di p0 (e cioèal diminuire dello spessore del cilindro) ed al dimi-nuire di AV (quest'ultima dipendenza non è imme-diatamente evidente, ma è verificabile osservandoche una variazione di }.„ comporta una variazionenello stesso senso di (Jtj).

Nota la (20) è agevole determinare il valore dellesollecitazioni (indipendenti da T per le ragioni pre-cedentemente chiarite) in quanto risulta:

in cui Au è calcolabile note che siano le caratteri-stiche del cilindro in esame (*). Conoscendo pertan-

(a) L'espressione di An(p) (la quale non è giustificata perbrevità), nelle ipotesi « a » risulta:

MP) = * J -j~ [*« (i, *) + i£- xlt (i, pò) -2 - | _

V{J) [V®ff V (J) — \VQV V U)]v") V* (J\ — V« (J) (21)

ove:Xlj (Pi, Pi) =< /J (pnPi) Yj ((irepi) — Jj (n»pi) Yj) ((inPi) (21")con V[J) ed V(J) sono definiti in Appendice, potrebbe esseretabellata senza eccessive difficoltà.

•o*

os.

«=;

a 1 _ OS 0<V

^ i

-l

1

• e

1 - % r c

> n-S.3

Fig. 4 - Determinazione di Yopt-a : Xv = «>; 6 : i t> = 10;e : l v = 1.

to le altre variabili, fissato il valore ammissibile dia/, si può determinare il corrispondente valore di TO.

A titolo di verifica del transitorio migliore si sonoeffettuate delle prove sul calcolatore analogico,considerando una legge di variazione di 8 indi-cata in fig. 5 ; i risultati, per m = 2, sono riportatinei grafici di fig. 6 dai quali si rileva che, per qual-siasi valore di Xv le tensioni, che così si provocano,sono superiori a quelle ottimali precedentementedeterminate. La dimostrazione che tale risultatoè valido per qualsiasi m è riportata in Appendice.Non si è ritenuto necessario effettuare indagini nel

campo NI < l, purché le curve corrispondenti sa-rebbero a derivata sempre crescente, per cui letensioni in corrispondenza all'istante T = T0 ri-sulterebbero più elevate di quelle relative alla sem-plice rampa, a loro volta superiori a quelle corri-spondenti a Y0Pf

Fig. 5 - Rappresentazione di / (T/T0) =

QA -e

-QB

4) Influenza della refrigerazione sulle sollecitazioninel transitorio

II calcolo delle sollecitazioni termiche è statoeffettuato, nelle pagine precedenti, imponendo unvalore del coefficiente di Fourier riferito alla su-perficie interna del cilindro.

Appare invece interessante — e del tutto nuovo,almeno per quanto è a conoscenza di chi scrive —valutare gli effetti di una possibile refrigerazione,in particolare esaminando l'influenza dei parame-tri XH, e di 8W.

Si potrebbe supporre, ad esempio, di far lambirela superficie interna del cilindro cavo da un fluidodi opportune caratteristiche e valutare gli effettiche così si ottengono dal punto di vista degli sforzitermici.

In fig. 7 (a e b) sono riportate le tensioni 3ulla su-perficie esterna, per un certo valore di coefficientidi Fourier \v e Xm al variare della temperatura delrefrigerante.

Come era prevedibile, il mantenere refrigerata laparete interna provoca delle tensioni maggiori

Fig. 6 - Confronto tra le t ohjcitazioni ottenute con diverteleggi di variazione della temperatura del vapore-a: \ v === oo; 6 : \ v = 10.

«t*

Fig. 7 - Influenza della temperatura del fluido interno tullesollecitazioni nel cilindro - a: y = 1; b: y = 0,5.

77

(rispetto alla assenza di refrigerazione), che natu-rahncntc aumentano — seppure in misura mode-sta — al diminuire della temperatura del refrige-rante.

Giova peraltro, osservare che lo svantaggio èlien maggiore di quanto può apparire a prima vista,in quanto, se la temperatura del refrigerante èdiversa da quella del vapore, anche a regime sussi-stono degli sforzi termici a causa della presenza diun flusso permanente di calore.

Analoghe considerazioni emergono — osservandoJe figg. 8a ed 8b — sull'influenza del valore di X,vsulle sollecitazioni relative alla superfìcie esterna,ancorché di lieve entità. Tale risultato non devetuttavia trarre in inganno: basta infatti osservareche, viceversa, in base alla fig. 9, molto sensibilisono le variazioni provocate da Xw. sugli sforzitermici relativi alla superfìcie interna, tanto daprovocare per ).„, elevati, tensioni a regime quasidoppie di quelle corrispondenti alla condizione disuperficie adiabatica.

on

O.2-

0 1 7/

IOr V

a».2. ft-c

>

—="

O

>,3 —

^ — '

— •

^.—»

— •

— — ^

20 _

s

• ^

0.1 aa. 0,3 Q4 t

Fig. 9 - Influenza di A v sulle sollecitazioni sulla superfìcieinterna del cilindro.

09

0 6

OS

-r1 SUPERFICIE

]_ csriinM

/7

7

c

I -

-H-

a

uÉÉ

3 C4

. •

— —•

1| t-oI x £-03

I

c

- - -—-—

s

— -

c

Q1 02 <C 0 3 OA OS £ _

Fig. 8 - Influenza di \w sulle eollecitazioni sulla superficieesterna del cilindro - a: y = 1; 6: y = 0,5.

Fig. 10 - Confronto tra le tensioni nei due casi: X»' = A e(0,v = ©v); Jlw = 0.

del rotore dallo stesso vapore vivo che evolve nellaparte ad alta pressione.

In fig. 10 sono riportati i grafici relativi al con-fronto tra le sollecitazioni calcolabili in queste ipotesie quelle corrispondenti a Xn, = 0 (4).

Si nota una sensibile riduzione contemporanea-mente degli sforzi termici e della durata degli stessi.Inoltre benefico risulterebbe anche l'effetto di unsiffatto procedimento sulle sollecitazioni relativealla superficie interna del rotore, in quanto (fi-gura 11) pur essendo tali sollecitazioni di entitàpiù rilevante che nel caso di superficie adiabatica,risultano — contrariamente al caso precedente —di segno opposto a quelle centrifughe e quindi di-minuirebbero gli sforzi complessivi.

Scartata pertanto la soluzione della refrigerazioneper tutti i motivi precedentemente esposti, si po-trebbe pensare di far lambire la superfìcie interna

(4) Sembra utile osservare che, nelle ipotesi comunementeassunte [5], non essendoci gradiente assiale di temperatura,

. non c'è distinzione tra vapore vivo all'ammissione e vaporeih espansione^..

78

ai m

Fie. 11 - Sollecitazioni sulla superficie interna con ©„. == 0v e X,, = X...

5) ConclusioniI risultati ai quali si è giunti, e di cui soltanto

i più significativi sono stati qui riportati, consen-tono — a parere di chi scrive — conclusioni gene-rali su un problema certamente importantissimo,quasi del tutto trascurato nella letteratura tecnica.

Anzitutto è stata dimostrata l'esistenza e laconvenienza di una variazione « ottima » della tem-peratura del vapore, ai fini di una riduzione dellesollecitazioni termiche: questo risultato, ad esem-pio, pur non essendo completamente nuovo [3],è stato ottenuto dallo scrivente con considerazioniin parte originali e di validità più generale e tali daconsentire una più immediata valutazione delfenomeno dell'esistenza di yop, e della influenza chesu tale valore hanno i diversi parametri Xv, p0 etc.

Inoltre si è voluto esaminare l'importanza e glieffetti di flusso termico in corrispondenza alla su-perficie interna: al riguardo particolarmente bene-fica appare l'eventuale possibilità di inviare vaporecaldo nel foro centrale per ridurre, non solo i tempiper i quali il transitorio si esaurisce, ma anche — edin notevole misura —• l'entità degli sforzi termici.

Va ricordato anche che i risultati si riferisconoal riscaldamento di un rotore: va da sé che analogheconsiderazioni si possono ripetere per il raffredda-mento (corrispondente ad es. ad una perdita dicarico nel caso di un turboalternatore). Non sonoperò state messe in evidenza le relative conclusioniperché di gran lunga minori sono, in questo caso,le possibilità di controllo da parte dell'operatore(che, in genere, può agire solo chiudendo la valvoladi ammissione del vapore).

Giova infine rilevare che i grafici riportati nellapresente memoria si riferiscono al cilindro indefinitoe sono quindi soggetti a subire modifiche che po-trebbero anche risultare di non trascurabile entitàquando, nel caso dell'analisi dei problemi connessicon il controllo delle sollecitazioni termiche neirotori dei grossi gruppi turboalternatori, verrà — inun prossimo lavoro — esaminata anche l'influenzadi un gradiente assiale di temperatura.

APPENDICEApplicazione del teorema di Duhamel nell'otti-

mazione delie tensioni termiche transitorie in un cilin-dro indefinito con flusso di calore esclusivamenteradiale.

Con l'impiego dei parametri adimensionali de-finiti nel testo, l'equazione cui deve soddisfare latemperatura nel cilindro durante il transitorio di-viene:

*e i se_*e___«L i seST ~ sp* + T"ap~ ( '

Le condizioni iniziali siano:

W*=0=FM (A.2)

Le condizioni al contorno variano invece secondola schematizzazione scelta: in particolare in questasede vengono esaminati i tre casi seguenti :

a) albero cavo raffreddato internamenteb) albero cavo isolato internamentee) albero pieno,

e le equazioni relative sono riportate nella tabellaseguente.

Tabella

cotnenao cauimo»* pm «LI >IHMMJ«I

.n

j

Or

(9) « M<oop.o

v( i ) _ v(y)UW UCY)

va> _ vcy)

VW-O

Se nell'istante T = 0 si fa variare bruscamentela temperatura del vapore, mantenendola succes-sivamente costante (8V = 1), la soluzione nel caso« a » diviene (s) :

, s c , 1 ( p ) r V 5 (A.3)

(A.4)

(A.5)

(A.6)(A.7)(A.8)

u{J)(«*•» + U) V\J) — ([*„*+ \\)V*{J)

8» = P» (Po—i) F C= Vn Jx (po (*„) + X«, •/<, (Po

V{J) = II» J , (ft.) — \Jo (ft.)

(*) Le loluzioni negli altri cali li ottengono molto »em-plicemente imponendo \w => 0(6) ed annullando il coeffi-ciente della funzione di Beasel di seconda specie (e).

79

Volendo esaminare casi più complessi di variazio-ne di temperatura del vapore, si può impiegare ilteorema di Duhamel [2] che può essere direttamen-te riferito alle tensioni.

In questo caso, se la temperatura del vapore,anziché essere costante nel tempo, fosse rappresen-tabile da una certa funzione /(T), indicando cona (p, T) la tensione precedentemente determinata,la nuova distribuzione di tensione risulterebbe:

o/(P»T)= — j , /(T)~87~ ° ( p ' T~"T> T • • '

da cui integrando per parti :o/ (p, T) = — a (p, 0) / (r) + a (p, T) /(0) +

+ \\(?^^)JMLd^ (A.10)J o .

Si può supporre di considerare lo stato inizialeuna condizione priva di tensioni [a (p, 0) = 0]per cui:a, (p, T) = o (P, T) /(0) + [ '« (P, ^ T ' ) y^X di'

(A.11)È noto d'altra parte che risulta:

00

a (p, T) = S ln(p) e ~^ni 5 (A.12)

per cui infine si ottiene:a, (p, T) = o (p, T) /(0) +

0U problema si è quindi ricondotto alla determi-

nazione del minimo dei massimi del secondo mem-bro della (A.13), al variare della funzione /(*').

Vcrrano qui considerate due famiglie di curve:a) spezzata lineare

= Y + i n i T' < T] "" ° (A.14)

parabola di ordine 1/ni (m==2 . . .M)

(A. 15)

7 . . . .In entrambi i casi risulta evidente che il massimo

della sollecitazione cadrà nell'intervallo (chiuso)0 — T0, dato che per T' > T0 il secondo termine delsecondo membro della (A8') si annulla, per cuil'andamento delle tensioni coincide con quello corri-spondente alla variazione a gradino di Tv, sempre di-scendente per T sufficientemente discosti dallo 0.

L'indagine per la determinazione delle condizioniottimali viene pertanto ristretta al suddetto inter-vallo.a) Spezzata lineare

Si consideri il singolo termine della sommatoria:

Gn = An(9) Bn{%) = AM

(A.16)

da cui facilmente, sviluppando l'integrale:

Gn = ( A.17)

È immediato constatare, in base alla (A.17) chetutte le singole curve Gn al variare di y passano peruno stesso punto, in corrispondenza al valore

5* = -

Tuttavia, per T > 0,1, la serie converge tantorapidamente da consentire di essere rappresentatadal solo primo termine, a meno di un errore diqualche unità per cento: si può quindi concludereche tutte le curve delle tensioni termiche transito-rie, conseguenti ad un transitorio della temperaturadel vapore esprimibile mediante la (A.14), passanoper uno stesso punto.

Per determinare pertanto il valore ottimo di ybasterà imporre che il massimo delle tensioni, omeglio del primo termine della sommatoria relativa,cada in corrispondenza al valore di ?* e quindi :

, . - 0 <*•">Dopo qualche passaggio la (A. 19) diviene

{»•« + 1) — 1 ( = 0

per cui, per qualsiasi 5:

II risultato espresso dalla (A.20) appare di no-tevole importanza perché dimostra che le tensioniin questo caso risultano costanti e pari al valore diYop<-

In realtà, per valori prossimi allo 0, la dimostra-zione cade in difetto perché le ipotesi assunte allabase dei calcoli non sono più accettabili. La curvadelle sollecitazioni differirà dalla retta in prossimi-tà dell'origine, ed in particolare avrà uno dei dueandamenti indicati in fig. A.l.

Il valore di y effettivamente migliore sarebbe dun-que leggermente inferiore a quello definito dalla A(A.20) ma la ricerca di questa ulteriore approssima-

Fig. A.I Andamento qualitativo delle sollecitazioni per pic-coli valori del tempo.

80

zione appare complessa (perché soluzioni preciseni di sotto del valore T = 0.02 sono possibili solo

patto di impiegare sviluppi asintotici dellefunzioni di Bessel) eiìcata.

in ultima analisi, ingiusti-

Parabola di ordine I/mApplicando analogamente al caso precedente la

A. 13 si ottiene:

G,,(P) = ,4n(P)To l/m J am TO l/

1—mini(A.21)

da cui, integrando per serie tramite la sostituzione:T" = -c'jm

il confronto tra Ja (A. 17) e la (A.22) non appareimmediato ed imporrebbe, per motivi di conver-genza, di calcolare molti termini nella sommatoria.

Per semplificare tale confronto conviene consi-derare la serie minorante:

+ + . . .+1) — l ]

(A.23)È facile verifìcare che la (A.23) è sempre minore

del termine Bn(5) definito dalla (A.22) (e quindi letensioni risultano minori di quelle reali) e maggioreper qualunque m(8) delle tensioni determinate incorrispondenza yop( (fig. A.2).

In conseguenza una siffatta variazione di %sarebbe più gravosa di quella precedentementecalcolata.

Simboli impiegatia = diffusi tà termica [ma/s]/ (f) = temperatura del vapore durante

il transitoriok = spessore del guscio generico co-

stituente una cella dello schemaanalogico [m]

k = coefficiente di conduzione tar-mica [kcal/m h°C]

m = ordine della parabolar = raggio [m]•v = sollecitazione [kp/cm*]t = tempo [s]•An{f) — coefficiente definito da l l a (A.12)fin(r) = coefficiente definito dalla (A. 16)Cn (p) = coefficiente definito dalla (A. 4)E = modulo di Young [kp/cm1]F(p) = distribuzione a regime della tem-

peratura

(') Si noti che il caso di m — oo corrisponde alla variazionea gradino.

Fig. A.2 Confronto tra transitorio ottimo e transitorio corri-spondente a (T/TO)1'"1.

(*n{9i T) = coefficiente definito dalla (A.16)J, Y = funzioni di BesseliV = numero di celle nel circuito ana-

logicoPj, Qj, Sj — coefficienti di potenziometriT = temperatura [°CjU(Y), V(Y) = funzioni definite dalle (A.7) e

(A.8)•Xii (pi, p2) = funzione definita dalla (21")a = coefficiente di trasmissione ter-

mica [kcal/mi!h0C]P = coefficiente di dilatazione termi-

ca [«C-1]Y = frazione della temperatura del

vapore che varia bruscamentenell'istante T = 0

Sn = parametro definito dalla (A.6)Q=T/TV = temperatura adimensionale\ =rbnjk = coefficiente di Fourier(*„ = autovalori5 = parametro definito dalla (A.5)P =rjri, = raggio ad imens iona le p0 = ra/r(,8—s(l-u)/EpTv = sollecitazione adimensionalet =ot/(r6*-ro') = tempo adimensionale?o = durata del transitorio della tem-

peratura del vapore.

pediciabt

/ =m

internoesternoriferimento ad un particolare transito-rio / (T)indice genericomedio

81

XA

r li = indico della sommatoria [2] Carslaw H.S. e Jaeger - Conduction of heat in solids -— ott - o Oxford Clarendon Press 1959.

rP0z = riferimento alle coordinate cilindrici» [3] EndreBW.-Contrainteaapparaissantaucours de Vèchaul-r> ' " iiit.iiiin.ui» <"". «- fement de cyhndres creux a paroi èpaisse - Revue Brown-t> = vapore Boveri - janvier 1958.w = refrigerante [4] Rogers A.E. e Connolly T.W. - Analog computation inp = in corrispondenza al raggio p engineering design - Me. Graw-Hill 1960.O =•• iniziale [5] Stecco S. - Problemi termici transitori nei rotori dei grossix _ ) in a] ( . turboalternatori - (di prossima pubblicazione sulla « Ri-

vista di Ingegneria »).[6] Strub R.A. - Regime transiioire dea temperatures et dea

Bibliografia tensions thermiquea dans un cylindre - Numero de Ré-fi] Huzzi li. - Tempi di avviamento dei grandi gruppi turbo- cherches Sulzer 1961.

alternatori - l.a Termotecnica n. 5. 1961. N.B. - Vedasi anche la bibliografia riportata in [5].

82

Un metodo per determinare il coefficiente di trasmissione termicaper convezione di fluidi in condotti

Parte I

Enrico Latroja (*)

Riassunto - La presente memoria descrive un dispo-sitivo sperimentale (consistente in un serpentino incui il calore viene fornito per induzione elettroma-gnetica), usato per determinare il coefficiente di tra-smissione termica per convezione di fluidi in condotti.

Dopo la descrizione dell'apparato sperimentale ven-gono riportati i risultati ottenuti con acqua a tempera-ture comprese fra 30° e 100°C e numeri di Reynoldsfra 4.000 °. 15.000.

Viene poi riportata l'analisi dimensionale dei ri-sultati comparandoli con quelli di altri ricercatoriottenuti con tubi rettilinei, mostrando come possonoessere ritenuti in buon accordo con i nostri.

Abstract - The connective heat transfer coefficientof fluids in ducts may be determined on a test apparatusthoroughly described in the following upper and basi-cally consisting in an induction-heated helical pipe.

Experimental results are reported, obtained withwater in the temperature range 30 to 100°C and Rey-nolds number varying between 4.000 abd 15.000.

A dimensional analysis of test results provides abasis for comparison with data collected from previousworks and relevant to straight pipes; these latterresults are shown to be consistent with our own.

PremessaIntendendo svolgere una serie di ricerche speri-

mentali sulla trasmissione de] calore per convezionein fluidi entro condotti, abbiamo pensato di realiz-zare un dispositivo sperimentale atto ad affrontarel'indagine con l'esecuzione di un numero relativa-mente limitato di prove.

Tale dispositivo consiste essenzialmente in untrasformatore il cui secondario (realizzato «on tuboin acciaio) in corto circuito è percorso dal fluidoa cui si cede calore. Regolando la portata del fluido*: la potenza fornita al primario de] trasformatore,il fluido da esaminare, dopo aver percorso il se-condario, esce dal condotto con le caratteristichevolute. Dal punto di vista operativo si disponequindi di un condotto in cui la quantità di calorefornita per unità di lunghezza è costante e le cuispire non sono sotto tensione. Inoltre la messa aregime del sistema è assai rapida essendo il volanod'acqua notevolmente piccolo.

All'inizio lo scopo del lavoro era soprattutto diindagare sulla trasmissione di calore in fluido eva-porante e intendiamo proseguire in questo senso.Per adesso, ci siamo però limitati ad esaurire ]e

misure di trasmissione di calore liquido-parete perquanto riguarda l'acqua distillata.

La seconda fase di esperienza riguarderà determi-nazioni con fluidi diatermici. Successivamente, conopportune modifiche al dispositivo sperimentale,contiamo di eseguire misure con fluidi evaporanti.

In definitiva si è determinato il coeiliciente ditrasmissione termica fra parete e condotto nel cam-po di temperature compreso fra 30° e i00°C e pervelocità fra 0,2 e 0,9 m/s, operando sempre in re-gime turbolento con numeri di Reynolds compresifra 4.000 e 15.000.

Descrizione dell'apparecchiatura sperimentaleL'apparecchiatura sperimentale è costituita, come

accennato nella premessa, da un trasformatore ilcui secondario è realizzato con tubo in acciaio av-volto in corto circuito. La foto di fig. l no mostra

(*) Ass. ord. 1st. Fisica Gei», ed Applicata, Universitàdi Pisa.

Fig. 1 - Vista complessiva deiln caldaia ad induzioni!.

una vista complessiva. Come si può notare, il ser-pentino (secondario del trasformatore) è chiuso elet-tricamente, nella parte superiore da un blocco a cui

83

fanno capo due condotti, idraulicamente separati,per la circolazione del fluido di cui si voglionoesaminare le caratteristiche. La fig. 2 rappresentalo schema dell'apparecchiatura sperimentale. Comepuò vedersi, l'alimentazione avviene tramite unapompa regolabile con by-pass. All'uscita del ser-pentino, il fluido percorre uno scambiatore S e ri-torna nelle condizioni iniziali al deposito di alimen-tazione della pompa. Le misure effettuate sono leseguenti. Viene letta la potenza assorbita dal pri-mario. In tensione ai suoi capi e l'intensità dellacorrente che lo percorre.

rispettivamente della parete e dell'acqua nel trattoconsiderato, mentre A7',- = Tpi — Tai è il saltomedio.

La conduttanza totale in ogni tratto è calcolatasecondo la relazione:

qi = AM AT, (1)Per valutare poi il coefliciente di trasmissione

per convezione fra acqua e parete occorrerà sot-trarre alla resistenza globale quella relativa al pas-saggio di calore per conduzione fra parete internaed esterna del condotto.

Bisognerà poi tener conto del fatte che nella

Fig. 2

Sul serpentino sono state saldate, a intervalliregolari, 10 termocoppie con riferimento in ghiaccioche forniscono le temperature di parete.

Due termocoppie poi, all'inizio e alla fine delserpentino, anch'esse con riferimento in ghiaccio,consentono il rilevamento della temperatura dellaacqua sull'asse del condotto. Queste ultime, unita-mente alla misura della portata d'acqua eseguitaper pesata, consentono di calcolare la potenza as-sorbita dal secondario e quindi di determinare ilrendimento di questa specie di caldaia ad induzione.Tutte le misure eseguite con termocoppie in ferro-costantana sono state registrate su uno strumentodi tipo potenziometrico.

Risultati

I risultati delle prove eseguite con acqua distil-lata sono riportati nei grafici di fig. 3, 4, 5, 6. Peressi in ascisse è riportata la lunghezza progressivadel condotto in cm e in ascisse le temperature in °C.

La retta inferiore rappresenta l'andamento dellat.cmperatua nell'acqua lungo l'asse del condotto(andamento che si suppone lineare data la cessionecostante di calore lungo il condotto) e la curva su-peiioTe I'a7»damento della temperatura di parete.Sul margine destro in alto sono riportati i valoricorrispondenti della velocità dell'acqua.

Le curve qui riportate consentono di determinareil coefficiente di trasmissione per convezione frafluido e parete.

In cioscun tratto compreso fra termoccoppie diparete successive possiamo calcolare il calore forn:toall'acqua. Siano Tvi e Tai le temperature medie

parete si genera calore per effetto Joule. Schematiz-zando il sistema come una parete piana di spessore« a » in cui si generi uniformemente una quantità

84

MO ZOO 300 400 300 800 «

Fig. 4

Fig. 5

di calore nell'unità di tempo e di superficie, si trovache la resistenza termica incontrata nella paretecon una produzione uniforme di calore è eguale allametà di quella corrispondente all'attraversamentodi una parete di uguale spessore.

Si ha quindi: j*t St — s— B io (2l)

«<<>/••fìP/2

Fig. 6

essendo 5,- le superfici laterali interne dei singolitratti.

Tale relazione ci consente quindi di ricavare ilcoefficiente di trasmissione a,- nei sìngoli tratti.

Le curve precedentemente riportate ci hannoquindi consentito di calcolare il coefficiente di tra-smissione a,-. Nella fig. 7 sono rappresentate le curveche forniscono a velocità costante l'andamento dia in funzione della temperatura del fluido.

Si è passati quindi all'analisi dimensionale deirisultati riportati nella figura precedente.

Indichiamo con Nu il numero di Nusselt, conRe il numero di Reynolds, con Pr il numero diPrandtl e con Pe li numero di Peclet. Si sono quinditabellati in funzione della temperatura i valori diNu, Re, Pr e Pe (tab. 8) relativi alle varie serie diesperienze riferendosi per le caratteristiche del-l'acqua ai valori riportati dal VDI - Warmatlas 1953.

Come può subito vedersi, ogni serie può ritenersieseguita a Pe all'incirca costante. Supposto che ilcoefficiente di trasmissione dipenda unicamentedalle grandezze fisiche interessanti le equazioni fon-damentali dell'idrodinamica e della trasmissionetermica, è noto che si può porre tramite l'analisidimensionale : . T , , _ _ .

Nu = / {Re, Pe)Un primo esame dimensionale è consistito nel

riportare in un diagramma logaritmico Nu in fun-zione di Re a Pr costante (fig. 9).

Da questa prima rappresentazione già si vedecome a Pr costante e cioè la temperatura costantela dipendenza di Nu da Re è dello stesso tipo fun-zionale essendo le varie rette parallele fra loro.

Si è poi trovato, esaminando il Nu in funzione diPr a Re costante, che si poteva ridursi a una formadel tipo: if

85

10 2U 30 5U faO 70 60 90

Fis- 7

°C fluido

Analisi dei risultatiI lavori sperimentali sulla trasmissione termica

in convezione forzata di acqua entro, condotti sonoassai numerosi e dopo i primi di Sonnoeken [1],Stender [2], Mac Adams [3] e Frost, Blake e Peters[4] di primo orientamento e conducenti a risultatiassai diversi fra loro (come è stato messo in evi-denza con cura dallo Schack [5]) si è giunti, dopoil lavoro fondamentale del Nusselt [6], ai lavori di

10

Hu

4 5 ( ! 8 !

Fig. 9

2 Re

w = 0,28 m/s w = 0,36 m/s w = 0,49 m/s w = 0,78 m/s

'/

30

40

50

60

70

80

90

Nu

48,08

5L53

55,02

59,75

65,74

73,27

83,60

Re

3809

4680

5539

6465

7428

8907

9395

Pe

2092

2037

1987

1948

1910

1872

1840

Nu

59,99

63,50

67,79

72,97

80,50

Re

4934

5995

7218

8291

9574

Pe

2587

2616

2555

2504

2455

Nu

79,58

82,49

86,84

Re

6721

8157

9753

Pe

3658

3564

3479

Nu

107,84

109,59

113,39

Re

10661

13043

15467

Pe

5830

5675

5537

Pr

5,43

4,34

3,56

2,99

2,56

2,23

1,96

Fig. 8

I valori, riportati in fig. 10 in cui si ha in ascissaHe e in ordinate JH = Nu Pr—1!3 possono ritenersihen addensati su una retta il cui coeflciente angolareè 0,85. Si è quindi pervenuti alla formula:

Nu Pr-1!3 = K i?e0-86

in cui per K può assumersi il valore medio 0,025.

Eagle e Ferguson [7], Jurgensen e Montillon [8],Sherwood e Petrie [9].

Naturalmente, in concomitanza con questi, datoche Pr è all'incirca costante con la temperatura peri gas (Pr circa 1) la ricerca si indirizzava anche versomisure di trasmissione termica per gas in condottiricercando una formula di validità generale. Analiz-

86

JH » Nu P

r - j

} 4 5 6 7 8 « 10*

Fig. 10

fie

zando i vari risultati ottenuti a Re costante puòtrovarsi la dipendenza funzionale di Nu da Pr.

Come può trovarsi messo in evidenza dal MacAdams [10], nella formula:

Nu=K Re" Pi*K e b variano al mutare del modo di calcolare laviscosità, cioè se questa è riferita alla temperaturadi parete (fis), del film (\if) o del nucleo centrale ([*).

Gli sperimentatori hanno trovato che b puòvariare fra 0,3 e 0,4 e K oscilla fra 0,023 e 0,028.In genere, per fluidi con viscosità non superiore aquella dell'acqua e Re maggiore di 2100, viene ac-cettata l'equazione

Nu = 0,023 Re^Pr0-*comparando fra loro fluidi studiati con Re = 10.000.

In alternativa a questa vengono usate anchel'equazione di Colburn [11]

Nu = 0,023 Ref.» Pr1!3

Queste equazioni avrebbero la pretesa di soddi-sfare per fluido qualsiasi, ma, in specie per l'acqua,danno valori non in accordo con quelli sperimentali,come ha messo bene in evidenza il Mac Adams [10]comparando i valori [7], [8], [9] con le tre formuleprima riportate.

Passiamo ora a confrontare le nostre misure conquelle, ad esempio, di Sherwood e Petrie in cuiRe e Pr sono valutati con viscosità riferita alla tem-peratura del nucleo centrale, come per i nostrivalori.

Si noti anzitutto che vari ricercatori hanno tro-vato che per tubi orizzontali in cui Ljd sia maggioredi 50 (L = lunghezza del condotto, d = diametrointerno) il coefficiente di scambio non è pratica-mente influenzato da questo rapporto.

Essendo Ljd molto maggiore di 50 nel nostrocaso, si vede subito (fig. 11) che le nostre misure(indicate con un punto), assai ben correlate'rispettoa quelle di Sherwood e Petrie (indicate con crocetta),sono, rispetto a queste, più elevate.

La ragione è da ricercarsi, evidentemente, nel fattoche i nostri rilievi sperimentali sono stati seguiti

su un tubo avvolto a eliva, mentre le misure ripor-tate in letteratura sono state eseguite su tubi retti-linei.

Si è pensato allora di correggere i valori trovaliservendosi della correzione consigliata da Jeschkc [13che suggerisce che fra il coefficiente di scambio pertubi in serpentino (as) e tubi rettilinei (ot/j) per-corsi da gas esiste il rapporto

3 , 5 ^U

essendo d/D il rapporto fra il diametro del condottoe il diametro di avvolgimento dell'elica.

Usando di questa correzione, si sono riportatinella stessa fig. 11 i valori (indicati con un puntosbarrato) che, come si nota, si addensano con accor-do sufficiente intorno ai valori di Sherwood e Petrie.

Ringrazio il Prof. Lorenzo Poggi, Direttore del-l'Istituto.

Bibliografia[1] Sonnoeken A. - Der Warmeubergang von Rohrtvànden

an stromendes Wasser. - Forsch.-Arb. Geb. Ingenicur-wes. H. 108-9 (Berlin: J. Springer 1911) pag. 32-78.

[2] Stender W. - Der Warmeubergang am sròmendes tvasserin verlikalen Hohren (Berlin, J. Springer 1924).

[3] Mac Adams W.H. e Frost Th. - Heal transfer - Journalof Ind. Engng. Chem. 14 (1922).

[4] Blake F.C. e Peters W.A. -Heat transfer «in small pipes» -Ind. Engng. Chem. 16 (1924).

[5] Schack A. - Der Industrielle Warmeubergang, Verlagslahlesen - Dùsseldorf (1929).

[6J NuBselt W. - Die Waermiìiiebertangung an wasser inRohr C.F. Mueller - Karlsruhe (1925).

[7] Eagle e Ferguson R.M. - Pro. Roy. Soc, A 127 (1930|.[8] Jurgcnsen D.F. e Montillon G.H. - Ind. Engng, Chem.

27 (1935).[9] Sherwood J.K. e Petrie J.M. - Ind. Rng. Chem. 24

(1932).[10] Mac Adams W. - Heat Transmission - M. Graw Hill

Company, Inc. New York.[11] Colburn A.P. e Hougen - Studies in heal transmission -

Ind. Engng. Chem. 222 (1930).[12] Sieder E.N. e Tate G.E. • Ind. Engng. Chem. 28,

1429-1436 (1936).[13] Jeochke D. - Z. Ver. deut. Ing. 69 (1925) - Z. Ver.

deut. Ing. Erganzungsheft, 24, 1 (1925).87

Correlazioni tra condizioni di esercizio e manutenzionedei motori Diesel ferroviari

ed evoluzione di alcune caratteristiche degli oli nell'uso

S. Rottevi, G. Costantinides {*)

T

88

Sommario - È di grande interesse per l'utilizzatoredi un parco di trazione con motori Diesel, disporredi una metodologia pratica che determini in manierasufficientemente sicura il comportamento dei motorinell'esercizio specifico riguardo le condizioni di fun-zionamento, alla cui copertura è chiamato a rispondereil lubrificante.

Tale interesse è tanto più rilevante quanto piùeterogeneo si presenta il quadro della situazione, siadal punto di vista dei tipi dei motori impiegati, siada quello delle condizioni particolari dei servizi diutilizzazione dei motori stessi.

Tale è il caso più ricorrente di un parco di mezzidi trazione Diesel in servizo ferroviario.

Nella memoria si puntualizza un metodo di appli-cazione e significatività generale la cui elaborazioneè stata basata sullo studio relativo ad osservazioni edesperienze su motori caratteristici dell'esercizio ferro-viario, sia di linea che di manovra.

Résumé - 11 est très intéressant pour l'usager d'unpare de traction avec moteurs Diesel, de disposer deméthodes pratiques convenables pour prévoir d'unefacon suffisamment sure le comportement des moteursdans les conditions particulières de fonctionnement,auscquelles Flutile doit répondre.

Ces interèt est d'aulant plus important que lesconditions de service sont plus varièes, en raison soitdes différents moteurs utilises soit des différentes con-ditions a"utilisation des moteurs.

Ceci est le cas qui se presente normalement ddns unpare de moyens de traction Diesel en service ferroviaire.

Dans ce memorie on décrit une méthode d'applica-tion et signification generale, dont Velaboration aite fondée sur l'étude des observations et experiencessur moteurs caraetéristiques du service ferroviarie,aussi bien de ligne que de manojeuvre.

Abstract - Jt is of great interest for the user of afleet of Diesel engine vehicles to have a practical methodwhereby it is possible to foresee, with a sufficient degreeof reliability, the behaviour of these engines, underthe particular working conditions to which the lubri-cating oil has to correspond.

The degree of importance grows as the range ofservice conditions increases, both according to thetypes of engines in use and the particular serviceconditions to which they are subjected.

Such a situation normali}/ arises with a fleet ofDiesel engine vehicles in railway service.

(*) TOTAL Società Italiana per Azioni.

This paper describes a si/stern of general significanceand application, the development of which is the resultof study based on experience and observation in rela-tion to typical railway service engines, both mainline and shunting.

1. Introduzione

1.1. Impostazione generale del problemaLa fornitura di un prodotto industriale viene ef-

fettuata normalmente sulla base di un capitolatotecnico, che fissa i limiti per talune caratteristichefisiche, chimiche e tecnologiche del prodotto, e,nel caso degli oli lubrificanti, anche il superamentodi determinate prove su motore al banco.

La varietà delle condizioni alle quali il lubrificantepuò essere sottoposto durante l'impiego è tuttaviatale, che la rispondenza al capitolato non rappre-senta una sicura garanzia di rispondenza alle pre-stazioni che al lubrificante si richiedono.

Nasce così il reciproco interesse sia per l'utilizza-tore che per il fornitore a seguire il lubrificante dopola sua messa in opera. Questi ne ricava un'utileesperienza, quello vede assicurata l'assistenza tec-nica da parte di chi possiede una specifica conoscen-za del prodotto.

Da tale stretta collaborazione fra produttore eutilizzatore sorgono spesso occasioni per studi ericerche applicative di settore, il cui interesse vatalvolta oltre i semplici rapporti fra le parti incausa per acquistare un valore più generale.

Questo è il caso del collegamento in atto ormai daanni tra la Società TOTAL e le Ferrovie delloStato, per quanto riguarda l'impiego degli oli lubri-ficanti nei motori ferroviari. Ed i risultati raggiuntiformano l'oggetto della presente memoria.

1.2. Cicli di revisione dei motoriUna amministrazione ferroviaria, con parco im-

portante di mezzi Diesel, deve necessariamente pro-grammare la manutenzione, le revisioni e la granderiparazione dei motori e delle altre parti in modo dagarantire nel miglior modo possibile:— un regolare comportamento dei mezzi in servizio

entro prestabiliti limiti di percorrenza (od oredi funzionamento), raggiunti i quali si procedecon sistematicità alla esecuzione delle revisioniparziali o generali;

— la disponibilità di mano d'opera e di parti diricambio sia negli impianti che hanno in dota-zione i mezzi e che normalmente eseguono lamanutenzione e le revisioni intermedie, sia nelleofficine specializzate, alle quali vengono affidatele riparazioni generali e speciali.

1

La cadenza delle revisioni e la durata della sostadei mezzi incidono sui costi d'esercizio ed è quindievidente l'interesse a dilazionare per quanto possibile]e revisioni, prevenendo nel contempo decadimentidelle condizioni del motore, o di qualche organo inparticolare, per evitare gravi avarie.

Per determinare in maniera suflicientemente si-cura il comportamento dei diversi tipi di motoriDiesel in opera sui mezzi ferroviari e conseguente-mente per stabilire per ciascuno di essi il ciclo otti-male di revisione, si adotta normalmente una pro-cedura pratica che tiene essenzialmente conto:—- della natura del mezzo e dei servizi prestati

(servizi di linea e di manovra) ;— della necessaria periodicità di intervento (visita,

controlli e revisioni) sugli acecssori del motoreper garantirne il regolare funzionamento (im-pianti di inieizione, di aspirazione o sovralimen-tazione aria, di refrigerazione e di scarico deicombusti);

— della periodicità dei ricambi d'olio. Tale opera-zione assume parricolare importanza e si diver-sifica per i vari tipi di motori in relazione siaalla natura dei servizi effettuati sia alle caratte-ristiche del motore ed alla sua effettiva taraturaa bordo del mezzo, rispetto alla potenza nomi-nale di omologazione che lo caratterizza (per imotori ferroviari valgono gli standard interna-zionali UIC);

— dei limiti di percorrenza (od ore di servizio)entro i quali è possibile garantire il regolarecomportamento dei complessi costituiti dalleteste, valvole e guarnizioni di tenuta fra testa ecilindro;

— della percorrenza (od ore di servizio) che garan-tisca per i! complesso-cilindro il regolare funzio-namento, senza oltrepassare i limiti massimi diusura tollerabili in servizio per i singoli compo-nenti (camicie, pistoni, spinotti, fasce elastichee cuscinetti di banco e biella).

Nei corso delle indagini intese a determinare ilimiti di cui sopra per ogni nuovo tipo di mezzoDiesel che entra in servizio, non è infrequente ilcaso che un particolare organo presenti deficienze oscarsa tenuta, tali da pregiudicare una soddisfa-cente ed economica ciclizzazione dei vari tipi direvisione.

Se ciò si verifica è necessario intervenire, previaadeguata sperimentazione, per migliorare il com-portamento di tale organo e nei casi più complessi,ove risultasse palese che interventi parziali nonpossono portare ai risultati auspicati, si dovràprocedere:

a) ad una « correzione » della potenza di tara-tura se nell'impiego pratico il motore viene a tro-varsi in condizioni obbiettivamente meno favore-voli di quelle previste (ad esempio, temperatura ealtitudine ambientali sensibilmente più elevate);

b) ad un « derating » o riduzione della potenzadi taratura (da distinguere dalla « correzione » dicui al punto a), come ac.p.ormmp.n.to in ultima ratioper assicurare al motore la durata economica diregolare funzionamento fra due successivi interventidi revisione, e ciò anche a scapito (nei limiti del

consentilo) delle prestazioni massime del mezzo ditrazione.

2. Detergenza e disperdenza

2.1. Ricambi iVoìioA mantenere l'equilibrio fra le esigenze di cui al

punto precedente concorre anche la scelta opportunadell'intervallo fra una sostituzione e l'altra dellacarica di olio. La riduzione di questo intervallo com-porta infatti uno spreco di prodotto e di lavoro,mentre il suo prolungamento può riflettersi in ma-niera negativa sul funzionamento del motore.

La qualità del lubrificante, le caratteristiche delmotore e le condizioni di impiego del motore inesercizio sono le variabili che determinano la perio-dicità del cambio dell'olio.

Questi i concetti. Tradurli in pratica non è altret-tanto semplice quanto lo è la loro enunciazione.

Per le ragioni esposte nella parte introduttivavenne concordato a suo tempo con le Ferrovie delloSlato un piano di controllo di motori appena revi-sionati e di motori da tempo in esercizio.

L'esame dei lubrificanti in uso veniva effettuatoinizialmente secondo gli schemi tradizionali, deter-minandone le caratteristiche usuali, quali la visco-sità, il residuo carbonioso, la quantità di insolubili,di gasolio e di acqua, sul cui significato non ci sisofferma, essendo stato l'argomento diffusamentetrattato da altri autori.

Questi dati costituiscono un utile elemento dia-gnostico per la ricerca delle anomalie nel funziona-mento di un motore, ma non offrono ancora uncriterio razionale di giudizio sull'ellicienza dell'olio.

2.2. Misura del potere disperdenteMancava all'upoca un metodo di misura della

qualità che contraddistingue un moderno olio permotori, ossia del potere detergente, il cui signifi-cato, pur essendo intuitivo, merita qualche paroladi chiarimento.

II motore m generale ed i pistoni in particolaretendono a sporcarsi nel corso dell'esercizio. Il feno-meno ha un carattere molto complesso, ma puòessere così brevemente riassunto.

Il velo di lubrificante che il movimento dei pi-stoni porta a contatto con i gas della combustionesi ossida per le alte temperature alle quali è sog-getto, alterandosi e formando una patina sulle su-perfici dei pistoni.

Contemporaneamente l'olio incorpora quella par-te dei prodotti della combustione incompleta delgasolio, che non viene espulsa attraverso lo scarico.

Tali incombusti, di consistenza fuligginosa, ac-compagnano l'olio nella sua circolazione attraversoil motore e tendono a depositarsi.

Le proprietà richieste ad un olio per contrastarequesti fenomeni sono due : detergente e disperdente,avendo Ja prima Jo scopo di mantenere pulite lesuperfici dei pistoni e la seconda lo scopo di mante-nere in sospensione finissima e stabile la fuliggine.

Nel linguaggio corrente il termine detergenza ac-comuna spesso per brevità i due concetti.

Esiste invero un metodo normalizzato che per-mette una misura indiretta ed approssimativa diqueste proprietà, tra loro collegale. Ed è il metodo

89

per la detenni nazione del numero di basicità totale,chiiiniiilo comunemente TBN dalle iniziali dellaespressione inglese Total Base Number, che mi-sura l'alcalinità dell'olio [II.

Tale alealinità è richiesta per la neutralizzazionedegli acidi clic si formano per ossidazione del lubri-ficante e dalla combustione dei composti solforati.Essa è spesso una caratteristica propria degli additi-vi detergenti e disperdenti, ma può essere conferitaall'olio lubrificante dall'aggiunta di additivi speci-fici a carattere alcalino.

Per questa coesistenza nell'olio dei caratterialcalino, detergente e disperdente il TBN è statoed è spesso usato come rivelatore del potere deter-gente e disperdente degli oli.

il TBN è però soltanto un indice della presenzadi additivi e non da informazioni sulle loro qualitàdisperdenti e detergenti.

Le Ferrovie dello Slato hanno già da tempo avver-tito il bisogno di tenere sotto controllo a livellodell'esercizio l'evoluzione di tali qualità nelle carichedegli oli nei motori, inlroducendo presso i propridepositi locomotive la « prova della macchia », ba-sala sul principio della cromatografìa su carta econsistente nel far cadere una goccia di olio usatosu un foglio di carta da filtro, osservando poil'estensione della macchia e l'intensità del suo co-lore [21.

La prima, dipendendo dalla finezza delle parti-celle di fuliggine, fornisce un'idea del loro grado didispersione, mentre l'intensità del colore permettedi valutare la quantità di fuliggine presente.

La prova della macchia, sebbene dia soltanto unarisposta qualitativa, ha il pregio della immediatezzadel giudizio e della estrema semplicità.

La ricerca di un metodo più rigoroso per unamisura diretta quantitativa delle proprietà disper-denti di un lubrificante in opera è quindi un pro-blema di indiscusso interesse per l'esercizio pratico.

3. Logica della metodologia

3.1. Precedenti impostazioni11 metodo, dal quale si è tratto lo spunto, era ba-

sato su di un principio piuttosto semplice e consi-steva nel determinare l'attitudine del lubrificantea mantenere in sospensione il nerofumo medianteuna misura di trasmissione della luce [3], [4].Esso permetteva però di misurare solamente leproprietà disperdenti attuali, le quali possono rag-giungere livelli elevati anche con quantità di addi-tivo relativamente basse. Questo accade perché ilpotere disperdente, legato ad un fenomeno di ad-sorbimento di molecole o micelle polari sui corpi datenere in sospensione, ha un andamento che seguela legge di Langmuir e raggiunge rapidamente unmassimo ad una certa concentrazione di additivo.Un'ulteriore aggiunta di additivo non conferisceall'olio la capacità di mantenere in sospensione unamaggiore quantità di nerofumo, ma prolunga ladurata di questa proprietà nel lubrificante in opera.

Per misurare le qualità disperdenti potenziali cosìdefinite, cioè la resistenza del lubrificante all'altera-zione, si pensò di far ricorso alla distruzione del-l'additivo, sottoponendo l'olio ad una prova di

ossidazione normalizzata, la I.P. 48 [5]. Di tantoin tanto nel corso dell'ossidazione si preleva uncampione e ne viene determinata la capacità ditenere in sospensione il nerofumo mediante unamisura di trasmissione della luce (maggiori dettaglisul metodo sono riportati in appendice).

Si costruisce poi un grafico, portando in ordinatela percentuale di trasmissione ed in ascisse il corri-spondente tempo di ossidazione in ore (fig. 1).

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10 12

TEMPO 01 OSSIDAZIONE (l.R48,0RE)

l'ig. \ - Esempio di calcolo dell'indice di disperdenza.

Le curve tracciate rappresentano l'andamento delpotere disperdente nel tempo ed indicano non solole qualità attuali del lubrificante, ma anche quellepotenziali, cioè la riserva di additivo.

Allo scopo di caratterizzare con un numero ilpotere disperdente, si è introdotto un indice, chia-mato appunto di disperdenza. Esso viene espressodalle ore di ossidazione necessarie a rendere ineffi-cace l'additivo disperdente, moltiplicate conven-zionalmente per dieci al solo scopo di evitare l'im-piego di numeri decimali.

L'applicazione del metodo agli oli usati discendedirettamente dai concetti esposti. Un olio lubrifi-cante usato è un olio, nel quale il processo di di-struzione dell'additivo è in corso.

Il tempo necessario a completarne in laboratoriola distruzione nelle condizioni fissate dal metodooffre una misura del potere disperdente che l'olioè in grado dj esplicare ancora.

Il metodo sviluppato si rivelò un utile mezzo diindagine per conoscere meglio il comportamentodegli oli nei motori.

Si seguirono durante l'esercizio numerosi motoriài Jpi diversi in opera su automotrici termiche elocomotive di manovra che facevano capo ai depo-siti di Pavia, di Bologna, di Palermo e di Milane.

3.2. Condizioni pratiche di esercizioI risultati raccolti mostrano quanto siano varia-

bili le prestazioni che vengono richieste ad un olioin relazione alle diverse condizioni alle quali è sotto-posto, e che dipendono non solo dal tipo di motore,

90

ma anche dal tipo di servizio e, per lo stesso servizio,dalle particolari condizioni del motore.

Giova in proposito ricordare che i motori Dieselimpiegati sui mezzi ferroviari presentano regimimedi di utilizzazione di potenza notevolmente bassiche vanno:— dal 10 al 20% della potenza di taratura per le

locomotive da manovra;•— dal 15 al 30% per le locomotive di linea;— dal 25 al 40% per le automotrici termiche.

Tale scarsa utilizzazione della potenza installataè principalmente dovuta:— per i mezzi di manovra ai lunghi e ineliminabili

periodi di funzionamento a minimo a vuoto negliscali, conseguenti alle particolari esigenze e ca-ratteristiche del servizio;

— per i mezzi in servizio di linea alla utilizzazioneprolungata del motore a . ari>:hi bassi nei ser-vizi a prestazioni limitate di carico e di velocità.

3.3. Cadenza dei ricambi della carica di lubrificanteDella effettiva evoluzione delle caratteristiche

del lubrificante durante l'uso, determinata dalledifferenti condizioni di impiego, deve essere tenutoconto nella scelta dell'intervallo più adatto per ilcambio dell'olio.

La ricerca di laboratorio, intesa a individuare ifenomeni che presiedono alla evoluzione del poteredisperdente di un olio, hanno permesso di consta-tare che questo poteva essere estinto in due modi:ossidando l'olio oppure allontanando l'additivo me-diante nerofumo.

Misurando poi per via analitica il metallo alcalinoterroso, il bario o il calcio, introdotto con l'additivo,

40

35

30

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% BARIO OISCIGLTO NELL'OLIO

Fig, 2 - Andamento dell'indice di disperderla in funzionedel bario rimasto in soluzione nell'olio. - Olio HeavyDuty Supplemento 1 (I.D. = 41); 1) Automotrici 772,Deposito di Pavia (Tabella II); 2) Automotrici 990,Deposito di Palermo (Tabella II).

0 20 0.30

% BARIO DISCIOLTO NELL'OLIO

040

Fig. 3 - Andamento dell'indice di dispcrdenza in funzionedel bario rimasto in soluzione nell'olio. - Olio HeavyDuty Supplemento 1 (l.D. = 41); 1) Automotrici 448,Deposito di Milano (Tabella II); 2) Locomotive di mano-vra, Deposito di Milano.

che era rimasto in soluzione, si è constatato, edera ovvio che cosi fosse, che esso rimaneva presentenella percentuale iniziale nel caso dell'ossidazionee che diminuiva nel secondo caso, assieme al poteredisperdente dell'olio, coll'aumentare della quantitàdi nerofumo impiegata.

Quanto detto può essere rappresentato in formadi diagramma, riportando in ascisse il metallo ri-masto in soluzione ed in ordinate l'indice di di-sperdenza (figg. 2, 3, 4).

Se ora si riportano sullo stesso diagramma i ri-sultati dei rilievi eseguiti su oli in opera, si puòconoscere per un determinato motore l'incidenzadei due fenomeni.

Si trova anche una conferma a quanto si eraconstatato mettendo a punto il metodo, cioè laragione per la quale debba essere incorporatanell'olio una riserva di additivo, destinata ad esseresacrificata per effetto della ossidazione o più gene-ricamente per cause chimiche, allineile ne restipresente una quantità sufficiente a mantenere insospensione la fuliggine che va ad inquinare l'olio,e sulla quale l'additivo esplica le sue proprietà ten-sioattive, impedendo alle particelle di agglomerarsi.

Si ricorda che le dimensioni di queste particellesono finissime, dell'ordine di qualche decimo dimicron, e che esse tendono ad agglomerarsi formandodei grappoli in cui ogni particella rimane distintadalle altre.

Tale agglomeramento non ha luogo, quando laparticella di fuliggine adsorbe un certo numero dimolecole di additivo.

91

100

004 008 0.12 0.16 0.20

% CALCIO «SCIOLTO NELL'OLIO

Fig. '» - Andamento dell'indice di disperdenza in funzione delcalcio rimasto in soluzione nell'olio. - Olio Heavy DutySupplemento 1 (I.D. = 100); 1) Motore M.2,automotrice551), 2231, Deposito di Merano (Tabella III). 2) MotoreAI. 1, automotrice 556.2231, Deposito di Merano (Ta-bella III). 3) Motore M. 2, automotrice 556.2264, Depo-sito di Merano (Tabella III). 4) Motore M. 1, automotrice").•>(;.22(i'i, Deposilo di Merano (Tabella III).

4. Utilizzazione pratica del metodo

4.1. Transizione criticaTrovato il modo di misurare la proprietà disper-

dente ed individuati i processi di esaurimento dellastessa nel lubrificante in opera, si pensò al modo diutilizzare ai fini pratici i risultati ottenuti.

Quando si cerca il limite di impiego di un oliolubrificante, e non solo di un olio per motori, oc-corre individuare nel sistema da lubrificare, lasituazione criiica intendendo come tale quella ditransizione fra una situazione normale ed una anor-male.

Si cercano poi le variabili dell'olio ed il valoredelle slesse che corrispondono a tale situazionecritica.

Nel caso dei motori si è supposto, in mancanza dinozioni più precise, che il punto critico di transi-zione fosse quello in cui la fuliggine, non più disper-sa nell'olio in forma colloidale, incominciava adagglomerarsi od a depositarsi nel circuito di lubri-ficazione.

Osservando i molti dati raccolti, si è constatato

in molti casi un calo notevole delle ceneri solfatate.Tali ceneri dovrebbero semmai aumentare per ef-fetto del pulviscolo atmosferico e dei prodotti diusura che si raccolgono nell'olio. La loro diminu-zione ha perciò significato inequivocabile.

Le ceneri sono costituite principalmente dallaparte metallica dell'additivo, che, esplicando la suaazione, rimane adsorbito dalle particelle di fuliggine.Quando l'additivo non è più efficace, le particellesi agglomerano e possono depositarsi, trascinandocon sé l'additivo adsorbito, nelle zone dove la velo-cità di circolazione dell'olio è minore, nei filtri cen-trifughi, nelle cavità dell'albero motore.

Andando a determinare le ceneri solfatate delcampione di olio, anche se reso omogeneo per ripor-tare in sospensione la fuliggine contenutavi, il ri-sultato non sarà più quello trovato sull'olio fresco.

Guardando la fig. 5, che riporta l'andamentodelle ceneri col variare dell'indice di disperdenza, sinota una repentina caduta quando il potere disper-dente si annulla, o più esattamente quando rag-giunge un valore prossimo a due [7j, [8].

Per verificare la validità del criterio, per alcuneautomotrici del deposito di Merano l'intervallo frauna sostituzione e l'altra dell'olio venne portato dai10.000 chilometri in atto a 20.000, poiché i datiraccolti dimostravano che l'indice di disperdenza,anche per effetto dei rabbocchi, non raggiungevail valore di due prima di quel momento (tabella III).

Le aspettative andarono deluse. L'olio mantenevaeffettivamente in sospensione tutta la carica di

100

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0.20

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INDICE DI DISPERDENZA

Fig. 5 - Limite dell'indice di disperdenza al quale incominciala flocculazione degli insolubili. - Ogni punto rappresentala media dì 6 campioni.

fuliggine, come era stato previsto, ma i motori rag-giunsero il momento della revisione intermedia(150.000 km) in condizioni che in certi casi vennerogiudicate al limite.

Se ne dedusse che la situazione critica non potevaessere considerata l'inizio della deposizione dellafuliggine, ma doveva essere un'altra.

92

L'esperienza aveva dimostrato clic questo mo-mento era preceduto da un grado di ìnsudiciamento«lei pistoni, che non era tollerabile per un buonfunzionamento del motore.

't.2. Prove su motoreSi pensò allora di dare l'avvio ad una serie di

prove su banco con motore Petter AV l, rendendoperò la prova più severa, rabboccando, anziché conolio fresco, con olio usato dello stesso tipo (la pro-cedura è spiegata dallo schema riportato nella ta-bella I).

Tabella I

MOTORE

A

3

3

A

1 BA

B

0 24 48

* *

" i i i il 0^—

DURATA

72 96

- ° — — « — •

(ORE)

120 144 166 192

Schema delle prove Petter. - o) aggiunta di olio della stessa«età»; .r) campionamento per l'analisi; *) valutazione dimeiitii del pistone.

Vennero saggiati oli di formulazione diversa, abase di calcio, a base di bario e senza ceneri, ondepervenire a conclusioni di carattere generale [9].

Un attento esame dei risultati ha dimostrato cheil punteggio di merito totale dei pistoni, valutati se-condo il metodo CEC AT/4 [10], dipendeva dalcontenuto di insolubili [11] e dall'indice di disper-denza.

Vi era una logica in questa constatazione. Lostato di pulizia del pistone dipendeva non soltantodal potere disperdente dell'olio, ma dall'equilibriofra due caratteristiche in contrasto fra di loro, cioèil potere disperdente ed il contenuto totale di so-stanze insolubili.

Si poneva per la prima volta la questione del rap-porto fra proprietà detergente e disperdente, sullaquale finora non ci si è soffermati.

Dalla misura diretta della proprietà che interes-sava, la proprietà disperdente, che permette all'oliodi mantenere in sospensione la fuliggine, si è cosìpassati alla valutazione della proprietà detergente,intesa come attitudine a mantenere puliti i pistoni,cercandone la correlazione con la proprietà disper-dente, che risulta dalla teoria essere diversa dallaprima, anche se ad essa legata.

Scelta questa via per la risoluzione del problema,si pensò di raccogliere altri preziosi dati, sottopo-nendo a valutazione secondo il metodo CEC AT/'ìanche i pistoni dei mezzi ferroviari, tenuti sottocontrollo, man mano che questi venivano tolti d'ope-ra per la revisione.

4.3, II merito dei pistoni, funzione della disperdenzae degli insolubili

Si trattava ora di utilizzare i dati disponibili percalcolare la funzione che legava l'aspetto dei pistoni

al contenuto di insolubili nell'olio e all'indice didisperdenza dello stesso.

Il ragionamento indusse ad attribuire alla funzio-ne la forma seguente:

. 10 . i + B ,,

,<n cui r

p rappresenta il punteggio di merito del pistonei rappresenta gli insolubili coagulati, secondo il me-

todo ASTM D 893d rappresenta l'indice di disperdenza( rappresenta il tempo trascorso dall'ultima revi-

sione del motore,poiché anche questo non poteva non influire sull'a-spetto finale del pistone, A, B, C e D sono costanti.

Con la formula scelta tutte le condizioni eranoportate in conto.

All'entrata in servizio del motore, per t = 0,p risultava eguale a 10, il massimo della scala divalutazione dei pistoni.

Il punteggio di merito doveva essere tanto mag-giore quanto più basso era il tasso di insolubili equanto più elevato l'indice di disperdenza e vice-versa, pur restando compreso nei limiti della scala,fra 0 e 10.

Le costanti B e D, aggiunte agli insolubili e al-l'indice di disperdenza, stavano invece a significareche si poteva avere un Ìnsudiciamento del pistoneanche in assenza di insolubili, come per esempioin un motore a gas, e che d'altronde l'impiego diun olio minerale puro (d = 0) non comportava neces-sariamente un punteggio di merito nullo dei pistoni.

Prima di calcolare il valore delle costanti A, B, C,D, che compaiono nella formula, occorreva rifletteresul valore che doveva essere attribuito alle varia-bili.

Mentre era chiaro il significato di t, il tempo, nonaltrettanto lo era quello di i e d. Queste due carat-teristiche infatti nel corso della vita utile di unmotore variano con un andamento, che è rappre-sentato nella fiff. 6.

40 co «o noPEflCOHSO EFFETTUATO

«0 W0(|im. ««OC)

Fig:. 6 - Andamento delle caratteristiche dell'olio fra duerevisioni del motore.

93

Nell'unità di tempo un motore ad un certo regimedi utilizzazione produce una quantità pressochécostante di insolubili, ma il loro accumulo nell'olionon ha un andamento lineare per effetto dei rab-bocchi ed essi scompaiono quasi totalmente al cam-bio dell'olio, per ricominciare daccapo con la nuovacarica.

Qual era il valore da introdurre nella formula?Non poteva essere che quello medio, ricavabilefacilmente col calcolo.

Un ragionamento simile poteva essere applicatoal caso dell'indice di disperdenza.

Fissato un tanto, si è ricorsi al calcolo statisticodei minimi quadrati ed all'ausilio di un elaboratoreelettronico, per ricavare le costanti da introdurrenella formula, che sono risultate le seguenti:

Tale formula si è però dimostrata di scarsautilità ai fini pratici per una ragione di caratteregenerale: è dillicile che entri nell'uso un sistema dicontrollo, indipendentemente dal suo campo d:applicazione, se non possiede il requisito della sein-licità.

4.4. Riforniidazione pratica del problema

La conoscenza del contenuto medio di insolubilie dell'indice di disperdenza medio richiede ripetuticampionamenti, mentre l'esperienza dimostra cheil problema dell'efficienza di un olio usato è pi^tquasi sempre, anche se impropriemente, sulla basedi un campione dell'olio scaricato dal motore.

Era perciò necessario, da un punto di vista pra-tico, riformnlare i termini della questione tenendoconto di questa realtà.

I simboli i e d perdevano così il significato uivalori medi per acquistare quello di valori finalicorrispondenti al momento in cui l'olio venivascaricato dal motore.

Era evidente che venivano introdotte così alcuneapprossimazioni. Non era infatti tenuto conto del-l'effetto dei rabbocchi, che influiscono sulla curva-tura dei tratti compresi fra una sostituzione el'altra dell'olio, (fig. 6) e soprattutto non era tenutoconto dell'indice di disperdenza iniziale dell'olio.

Ciò nonostante la formula ottenuta, che riportia-mo qui di seguito, presentava un coefficiente dicorrelazione multipla di 0,89, ciò che indica che laprobabilità che esista una correlazione di tale formaè superiore al 99,9%:

log £ = o,93p

Anche la significatività delle variabili è oltre-modo soddisfacente, essendo superiore al 99,9%per i e d e del 97% per t. Non vi è quindi alcundubbio che l'aspetto dei pistoni dipenda dagli inso-lubili e dall'indice di disperdenza, mentre vi è sol-tanto il 3 % di probabilità (la differenza fra 100 e97), c'ie la correlazione fra l'spetto dei pistoni edil tempo di servizio sia solo apparente.

Maggiori informazioni potrebbero essere ottenuteripetendo i calcoli dopo aver raccolto altri dati edutilizzando il programma per l'elaboratore elettro-nico, già predisposto.

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0.04 0J08 012 0.16

i, + 1.75<*. + 46

Fig. 7 - Correlazione fra condizioni generali dei pistoni ecaratteristiche dell'olio lubrificante. - log 10/p = 0,93i + 1,15/d + 46 <°.°s; p = merito totale M del pistone(CEC AT/4), media aritmetica dei meriti parziali;t = tempo, ore di esercizio complessive; i = insolubiliin benzolo coagulati (ASTM D 893), nell'olio lubrificantescaricato; d — indice di disperdenza, nell'olio lubrifi-cante scaricato.

Restava da fare l'ultimo passo, cercando il mododi utilizzare praticamente il risultato del calcolo.

Si è incominciato con lo sviluppare la funzionein forma grafica, mettendo in relazione in fig. 7il merito totale dei pistoni col rapporto (i + 1,75)/(d + 46), e ricavando tre curve per tre intervallidiversi, 5000, 10.000 e 15.000 ore di servizio frarevisione e revisione.

Restava da stabilire quale fosse il limite accetta-bile del punteggio di merito totale dei pistoni.

Riprendendo il concetto già sviluppato nel corsodella presente comunicazione, si può dire che occor-reva individuare la situazione critica, al di là dellaquale potevano sorgere difficoltà nel funzionamentodel motore.

La teoria e l'esperienza maturata dalle Ferroviedello Stato portarono a far coincidere tale situa-zione col momento in eui per l'accumulo dei depo-siti carboniosi si annulla il gioco fra il primo seg-mento di compressione e la relativa gola, quandocioè il punteggio di merito della stessa si riduce alvalore di 0.

94

10

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6 aMERITO TOTALE, M

Fig. 8 - Correlazione fra condizioni generali dei pistoni edepositi carboniosi nella gola del primo segmento.

Riportando tale caratteristica in funzione delinerito totale del pistone nella fig. 8 e ricavandocol calcolo l'andamento più probabile della stessa,si trova il inerito totale, che rappresenta la situa-zione critica, in corrispondenza del valore di 6,8.

Non può sfuggire a questo punto un'osservazione.Non essendo le relazioni calcolate rigorose, ma di

carattere empirico, si potrà in pratica verificarel'annullamento del gioco anche con rapporti piùbassi, cioè anche quando l'olio si trova in condizionimigliori di quelle che si ricavano dal grafico.

Occorreva perciò calcolare il limite di confidenzadella previsione che la formula permetteva di fare.

Tale limite di confidenza tiene conto di tutte !ealtre cause di variabilità, diverse dagli insolubili,dal potere disperdente e dal tempo di servizio delmotore, ed è rappresentato da una parallela all'assedelle ascisse tracciata in corrispondenza di un va-lore di p pari ad 8,2, che viene ad assumere in talmodo il valore di un limite di sicurezza.

4.5. Esempio applicativoSi chiarisce il concetto con un esempio. Si sup-

ponga di aver esaminato un campione di olio lubri-ficante, scaricato da un motore, e di aver trovato untenore di insolubili in benzolo coagulati pari al2,16% ed un indice di dkperdenza nullo.

Sostituendo ai simboli i numeri, si ottiene:

Qualora la scadenza delle revisioni per quel motoresia di 10.000 ore di servizio, o di un equivalentenumero di chilometri, il grafico dimostra che i pa-stoni si troveranno con molta probabilità in condi-zioni tali da meritare un punteggio di 6,8 secondo ilmetodo CEC ÀT/4, corrispondente ad un punteggiodi merito di 0,0 per i depositi carboniosi nella primagola.

Potrà accadere in un altro caso, per l'effetto sfa-vorevole di altre variabili che la formula non pren-de in considerazione, per esempio con un particolaretipo di motore, che i pistoni presentino al momentodella rrvisione un ncviiinuJo di depositi enrboniosinella prima gola tale da annullare il gioco del seg-mento (punteggio di merito di 0,0), pur essendo iecaratteristiche dell'olio migliori di quelle ipotizzatenell'esempio precedente.

Il limite di confidenza ricavato autorizza peròad affermare (col 95% di probabilità di essere nelvero) che il rapporto (i + l,75)/(<i + 46) in questosecondo caso non sarà inferiore a 0,042.

Presa conoscenza dei limiti di attendibilità delcalcolo, appare poco importante tener conto di (,sicché il grafico potrà essere ridotto per semplicitàad un'unica curva, scegliendo frale tre segnate quellamediana, che corrisponde alla revisione dopo 10.000ore di servizio.

Si potrà allora ricavare dal grafico delle normed'uso, così espresse: allineile il motore raggiunga lascadenza prevista per la revisione in condizionisicuramente buone, il rapporto (i -\- 1,75)/(rf + 46),basato sulle caratteristiche dell'olio scaricato delmotore, dovrà essere inferiore a 0,042. Per rapporticompresi fra 0,042 e 0,085 è probabile ma non certo,che le condizioni saranno buone. Per rapporti su-periori a 0,085 le condizioni saranno cattive.

Giunti a queste conclusioni, si è ripreso ancorauna volta in esame tutte le analisi fatte di campionidi olio prelevati da motori montati su mezzi ferro-viari, calcolando di ciascuno il « rapporto ».

Il quadro che si ottiene da questa rassegna retro-spettiva è lusinghiero.

L'ispezione dei motori, la descrizione dettagliatadelle condizioni in cui questi sono stati trovati,allorché sono stati smontati per la revisione, concor-dano molto bene con le previsioni che si traggonodalla analisi dei campioni di lubrificante.

Nelle tabelle II, III, IV e V, sono riportati i datie gli altri elementi sui quali sono basate questeconclusioni.

4.6. Diagnostica generale consentita dui metodoDalle tabelle stesse sono inoltre rilevabili altri

importanti aspetti diagnostici di carattere eminente-mente pratico, strettamente legati alle caratteri-stiche e condizioni dei motori, nonché alla loroutilizzazione.

Ad esempio:

Tabella IIMotori dello stesso tipo in opera sulle automotrici990 di Bologna e Palermo presentano un comporta-mento differenziato. Oltre alla possibile diversitàdei servizi espletati dai due gruppi di mezzi, quellidi Bologna, essendo dotati di trasmissione idraulicache evita o riduce al minimo la possibilità di utiliz-zazione dei motori in sovracoppia, si presentano incondizioni migliori di quelli di Palermo che invecehanno in opera trasmissioni meccaniche che non evi-tano, a meno di una occulata condotta da parte delpersonale di macchina, la permanenza del motore aregimi bassi con piena introduzione di combustibilee conseguente aumento della fumosità allo scaricoper effetto delle condizioni critiche di combustione.

95

Tabella II

Olio lubrificante

Deposito locomotive

Motore

precedente revisiono, al momenlcdel cambioolio. (Inktnx 1 000)

Percorrenzoeffelluata, dalcam-biodel l 'o l lc. (Inkm)

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

9C00

10000

11000

12000

i + 1. 75 r\d + 46 *-"

P a v

772.

M 1

20 35

00

00

<O, O42

3379

M 2

20 35

00

00

0 o,

HD Supplemento 1, a baso di bar

a

772.

M 1

25 37

00

0

0

3421

M

25

0

0

042-O.O85

2

37

0

0

B o 1

990.3020

M 1

34 56

0 0

0 0

3 g

990

lo, Indice di dfsperdonza 41

n a

.3024

M 1

72

00

# > O , O85

82

0

0

P a l e r m o

990.1008

M 1

0 9

• •

• •

990.1019

M 1

3 17

• 0

••

990.1020

M 1

o e

• •

• •

M 1 1

448. 202

M 1

o

0

0

0

a n o

448.206

M 1

o

o

00

Tabella III

Olio lubrificarne

Deposito locomotive

Automolrico

Motore

Percorrenza effettuata, dalla precedenterevisione, al momento del cambio olio,(in km x 1000)

Percorrenza effettuato, dal cambiodell'olio, (in km)

10002000.3000400050006000700D80009000

1000011000120001300014000150001600017000

• eooo190002000021000

una percorrenzeprecedente revl

di km x 1000 dallaslonc.

Segmento di compressione M.Segmento raschiaolio M,Mantello del pistone M3Cordoni M*Gole del segmenti;Depositi carbontosl nelloprima gola (M )a~lMedia tre gole (MpoLacche o vernici (Me)bMorho combinato (M^jd

Rigature sulla corona M,Interno del plofono M-

Merllo completo va M

d 4 4 ^

HD Supplemento 1, a base di calcio, Indice di e sperdenza 100

M e r a n o

556.2264

M 1

69 99

O 0

O0 00 •• 0

O < 0,042

M 2

89 99

O <ò

o°O 0O 00 •

556.2231

M t

11 22 73 93 113 133

o oo oo oO 0

O 00 0

0

00 0

@ 0,042 - 0/085

M 2

I I 22 73 93 113 133

O OO O

0 OO 0

0 0 ® •0 0 0

00 0

••

169

10,010,07,53,6

6,64,85,38,10,0

6 , 4

# > o.oesj

556.2222

M 1

20 40 143

ooO 0o0

o

M 2

20 40 143

• •

0• •

556. 2259

M 1

7 28 110 13

0 00 •0 •00

143

10,010,09,45 . 7

3,36,15,95,58,36,3

7 ,9

M 2

7 26 110 131

0 •

0 •

••

143

9,9 18,0 ,6,7 '6,1

0,63,18,73,17,6t,0

6, 1 ,

96

Tabella IV

Otto lubrificamo

Deposito locomotive

Locomotiva di manovro

Ore di servizio dallo procedenterevisiono, al momento del cambioolio

Ore di servizio dal cambio olio

50too1502002503003504004505005506006S0700750600

Va lutazione di merito del pistoni

dente revisione

Segmenti di compressione M]Segmento raschiaolio MgMantello del pistone M3Cordoni M4Gole del segmenti:Depositi carbonios! nellaprima gola (M^Ja-lMedia tre gole ( M^aLacche o vernici (M5)bMerito combinalo (M^ìd

Rigature sulla corona M

Merito complessivo M

HO Supplemento 1, a base di calcio, Indice di rilsperdenza 100

T r i e s t e

141. 1026

6900 9600 10250 10650 11400 M900 13350

o0 0 <d O O

0 o15000

10,010,07,29,3

9,79,95,0e, 6

10,09,0

8,6

1 41 . 1027

3800 4400 5200 7050 7850

o o o

o

o o o15000

10,010,08,68,8

9,79,93,18,29,86,0

0, 8

1041. 1.028

835D 8800 10600 11350 12100 13250

O

oO 0 0 0

0 O0 0 0

15O0O

10,010,05,65,0

3,86,84,05,3

10,05,2

' . 3

i + 1. 75d + 46

O<O,O42 0 0,042-0,085 % >O, O85

Tabella V

Olio lubrificante

Deposito locomotive

Automotrice

Motore

Percorrenza effettuala, dellaprecedente revisione, al mo-mento del cambio olio,(in km x 1000)

Percorrenza effettuata, dalcambio dell'olio, (in km)

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

6000

9000

ÌDOOO

11000

12000

13000

Valutazone di merito del pi -stoni dopo una percorrenza dikm x 1000 dalla precedenterevisione

Gole del segmentiDepositi cerbonlosl nellaprima gola (M_)a-1media gole (Mw)aLacche o vernici ÌM*)bMerfio combfnsto (M_)d

C a t a n i a

666.1509

M 1

157 169 160 191 214

o o

oo

o oo o

o

250

10,010,010,010,0

M 2

157 169 180 191 214

o o

oo

o oo o

o

668.1513

M 1

135 146 158 169

oo

o o

oo

o o

M 2

135 146 158 169 181

oo

o o

o0

o o o

< 0,042 I 0 0,042 - 0,085 li. > 0,095

97

Tabella IHComportamento disuniforme per motori impiegatinello stesso servizio.Trattasi di motori di vecchia concezione a combu-stione indiretta con trasmissione meccanica siapure con interposizione di accoppiatore idraulico,e pertanto soggetti agli stessi inconvenienti menzio-nati nel commento alla tabella II.Si accenna al fatto che per tali motori la sola in-troduzione del filtro centrifugo ha permesso dimigliorare sensibilmente il quadro della lubrifi-cazione.

Tabella IVUn motore ha avuto un comportamento miglioredegli altri due. Tale motore ha sicuramente bene-ficiato di una costante regolarità di funzionamentodell'impianto di iniezione.

Tabella VOttimo ed uniforme comportamento di tutti i mo-tori anche se i mezzi sono impiegati su linee a forteacclività.Determinante è peraltro il fatto che tale motore hauna taratura a bordo di 155 CV a L800 giri/1',contro i 185 CV a 1900 giri/I' di potenza nominaleL1C del motore stesso.È facile dedurre che la taratura di potenza adottataè .1 relazione alle prestazioni di esercizio richieste,giustamente distanziata dal valore della citata po-tenza nominale UIC di omologazione.

Conclusione

Sulla base di una ricerca di laboratorio e di rile-vazioni eseguite su mezzi in servizio ferroviario èstata ricavala una semplice correlazione fra le carat-teristiche di un olio usato e le condizioni dei pistonidi un motore Diesel, che offre un criterio razionale,sebbene approssimativo, per la scelta del momentopiù adatto per il cambio dell'olio lubrificante.

Ringraziamento

Gli autori desiderano esprimere il loro ringrazia-mento alle Ferrovie dello State, che hanno messo aloro disposizione i dati e le notizie che sono servitia questo studio, e ne hanno permesso la pubbli-cazione.

Ringraziano in particolare il Prof. Dott. Ing. P.Camposano, Direttore Centrale alla Direzione Gene-rale Servizio Materiale e Trazione, ed i suoi colla-boratori per il loro importante contributo alla pre-parazione della memoria.

APPENDICE

Riassunto del metodo per la determinazione del poteredisperdente degli oli lubrificanti nuovi ed usati

Definizione

Si definisce indice di disperderne, di un olio lubri-ficante il tempo, misurato in ore e decimi di ora emoltiplica!*» per 10, necessario perché l'olio sotto-

posto ad ossidazione in condizioni prescritte perdale sue proprietà disperdenti.

Alla luce di questa definizione si considera chel'olio incomincia a perdere le sue proprietà disper-denti quando — trattato con nerofumo — una suasoluzione opportunamente diluita da una trasmis-sione della luce del 10% a 650 mu.

Si può avere un indice di disperdenza iniziale oresiduo secondo che l'olio sia nuovo o usato.

Schema del procedimentoCampioni dell'olio in esame vengono sottoposti

ad ossidazione a 200°C con aria (secondo le modalitàdel metodo I.P. 48) per periodi crescenti di tempo.Vengono poi diluiti con petrolio, vi si aggiunge unaquantità costante di nerofumo, si centrifuga per 5'ad una forza centrifuga relativa fissata. Si diluiscequindi opportunamente la sospensione di nerofumorisultante e se ne misura la trasmissione della luceallo spettrofotometro, ad una lunghezza d'onda di650 mu, impiegando come soluzione di riferimentouna soluzione dell'olio ossidato, diluito con petrolionelle stesse proporzioni del campione trattato connerofumo.

Si riportano in diagramma i valori della T infunzione delle ore di ossidazione: si riuniscono ipunti così ottenuti con una linea continua. Dal tem-po di ossidazione necessario perché l'olio raggiungail valore della trasmissione arbitrariamente fissato,si risale all'indice di disperdenza (ved. esempio infig- I).

Il metodo è applicabile integralmente agli oliusati, previo allontanamento del nerofumo in so-spensione. Si riesce a far flocculare il nerofumo di-luendo l'olio con eguale volume di esano, aggiun-gendovi il 5% di etanolo e quindi centrifugandofino ad ottenere una soluzione limpida; questa vienefiltrata e liberata dal solvente per evaporazione;in questo modo si ottieite un olio usato privo di nero-fumo, senza alterarne Je proprietà.

Talvolta la flocculazione del nerofumo riesce piùfacilmente impiegando per un volume di olio trevolumi di una miscela in parti uguali di esano,etanolo, metiletilchetone.

Note

1) II valore limite del 10% della trasmissione è statoscelto considerando l'impiego di uno spettrofotometroBeckman DU e celle da 1 cm di spessore ottico, usandocolorìmetri a filtri con celle diverse è necessario introdurreuna correlazione.

2) t molto conveniente introdurre il nerofumo sottoforma di impasto, ottenuto mescolando opportunamente unparticolare tipo di nerofumo (RPC SPHERON 9 della dittaCARBOCROM) con un olio minerale puro, corrispondentead una gradazione di viscosità SAE 30, macinando quindinumerose volte con una macina da colorificio, fino ad otte-nere particelle, il cui diametro medio sia compreso per lamaggior parte tra 0,2 e 0,5 micron. La curva di distribuzioneinedia delle particelle può essere costruita eseguendo dellefotografìe al microscopio, a 1200 ingrandimenti, di unadispersione di una goccia dell'impasto di un olio adatto permicroscopia.

Il tenore di nerofumo nell'impasto si ottiene applicandoil metodo ASTM D 893 (insolubili in benzolo).

3) La ripetibilità del metodo è del 20%.

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Bibliografìa[1] Standard method of test for neutralization number

by potentiometric titration. ASTM Designation D 664.American Society for Testing and Materials.

[2] Schilling A., Bernelin B., e Fosso C. - Revue de, l'InatitutFmncais du Pétrole et Annales des Combustibles Li-quides - Vol. XIII, n. 7-8, luglio-agosto 1958.

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[11] Standard method of test for insoluble» in used lubri-cating oils, ASTM Designation D 893, Procedure Bfor Coagulated Benzene Insolubles. - American Societyfor Testing and Material».

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Refrigerazione di organi di forni industrialicon ricupero del calore mediante evaporazione dell'acqua

di raffreddamento e utilizzo del vapore prodotto

Fernando Garzello

Riassunto - Si descrive il processo di « raffredda-munto a caldo» consistente nel refrigerare parti diforni industriali mediante circolazione naturale oforzata di acqua a media pressione in ciclo chiuso,cosi da produrre capare saturo.

Si descrivono particolarmente le più tipiche appli-cazioni del processo, sui telai refrigerati (casseporte)dei forni fusori Martin-Siemens e sulle guide dì scor-rimento dei forni a spinta per riscaldo billette e bram-ine, confrontando fra loro i due possibili sistemi dicircolazione.

Si espongono i cari/aggi ottenuti riducendo gliinterventi di manutenzione sugli organi interessati ele esperienze acquisite durante l'esercizio degli impiantiunici del genere a tutt'oggi in Italia, funzionanti pres-so le Ferriere Fiat.

Si conclude con considerazioni di natura economica,esaminando i campi di possibile estensione del pro-cesso e i suoi limiti di applicabilità sui forni indu-striali in relazione alla struttura degli stabilimentisiderurgici.

Summary - Description of the «evaporative coo-ling » process, consisting in the cooling of furnaceparts by natural or forced circulation of closed circuitwater, so as to produce saturated steam.

Particular desc-'ption of the most typical applica-tions of the process to the door frames of open hearthfurnaces and to the skids of pusher-type billet andslab reheating furnaces, comparing the two Possiblecirculation systems.

Advantages obtained reducing maintenance inter-ventions of the involved parts and experiences ga-thered in working with the installations, unique ofthis land in Italy, operating al Ferriere piante ofFiat.

Concluding, economic considerations are expressed,considering the fields of possible extension of theprocess as well as its limits of application to furnaces,depending from the structure of the steel plants.

1) GeneralitàI grandi forni industriali, sia elettrici che a com-

bustione, comprendono strutture metalliche refri-gerate le cui funzioni sono fondamentalmente leseguenti :

«) delimitare in modo preciso ìe aperture delforno e sostenere la muratura in corrispondenza delleaperture stesse: è il caso delle casseporte dei forniMartin-Siemens e dei forni fusori all'arco elettrico(sia per le porte di carica che per le porte di lavoro)e delle casseporte all'infornamento e sfornamento deiforni a spinta e di riscaldo in genere.

Queste strutture comprendono di solito super-fici metalliche direttamente esposte alla radiazionediretta dell'ambiente del forno;

b) sostenere il materiale da riscaldare in forno :è il caso delle guide di scorrimento dei forni a spintae delle strutture ad esse collegate (traverse, pila-strini). Queste sono di massima rivestite con re-frattari più o meno isolanti, che però sono soggettia deteriorarsi nel corso della campagna del forno.Inoltre, in corrispondenza del pattino di usura,su cui scorre il materiale, una certa superficie devenecessariamente restare nuda;

e) sostenere parti della muratura particolar-mente soggette a sollecitazioni termiche e mecca-niche: porte dei forni fusori, anelli di volta deiforni fusori ad arco, travi di sostegno volta deiforni a spinta, serpentini di raffreddamento paretied alveoli dei bruciatori nei forni Martin-Siemens.

I circuiti refrigerati di cui alle voci a) e b) cau-sano ingenti sottrazioni di calore al forno: ad esem-pio le casseporte dei forni Martin scambiano da300.000 a 500.000 kcal/h ciascuna, mentre le guiderefrigerate di un forno a spinta a tre zone dellacapacità di 100 t/h sottraggono al forno da 2.000.000a 4.000.000 di kcal/h.

Per asportare così cospicue quantità di calore, conun circuito aperto dove si può calcolare un aumentodi temperatura dell'ordine di 10°C per l'acqua incircolazione, occorrono portate che superano i100 ms/h per i forni Martin e raggiungono parecchiecentinaia di m3/h per i forni a spinta.

Tali portate di acqua influiscono quindi sulledimensioni degli impiantì di ricircolo raffreddamen-to e trattamento dell'acqua, e quindi hanno no-tevole incidenza sui costi di impianto e di eserciziodella rete idrica.

Lo stésso effetto refrigerante si ottiene se tutti gliorgani vengono opportunamente dimensionati, inmodo da sopportare la pressione del vapore che siintende generare (di norma 15-^30 kg/cm2). Neglielementi, così alimentati con acqua sotto pressionee alla temperatura del vapore saturo (190°C-^230°C)avviene una continua vaporizzazione delle parti-celle di acqua a contatto con le pareti di scambio.Realizzando una opportuna velocità di circolazione,il vapore man inano che si forma viene asportatodalla corrente d'acqua, continuamente sostituita daaltra non contenente vapore. L'emulsione acqua/va-pore viene raccolta in un corpo cilindrico in cui sisepara il vapore saturo pronto per l'utilizzo (even-tualmente previo surriscaldamento).

Il primo evidente risultato è che il consumo diacqua è praticamente annullato : la modesta portata

100

di acqua che viene vaporizzata è infatti la stessache dovrebbe alimentare una caldaia di tipo tradi-zionale per produrre la stessa quantità di vapore.

Nel caso invece che il vapore non venga utilizzatocome tale, può venire condensato all'esterno del-l'impianto, scambiando calore in radiatori conl'atmosfera, e con il ricupero integrale delle con-dense realizzare un circuito completamente chiuso.

Il secondo vantaggio, assai più interessante nellaquasi generalità dei casi sotto l'aspetto economico,è il ricupero quasi totale, sotto forma di vapore,del calore sottratto al forno dal circuito di refri-gerazione.

Infine, ultimo ma non trascurabile vantaggio, stanel fatto che gli organi refrigerati, essendo costruiticon spessori adeguati alle pressioni di esercizio,ed alimentati con acqua debitamente demineraliz-zata, hanno durata sensibilmente superiore a quellitradizionali e, specialmente nel caso dei forniMartin, evitano onerose spese di manutenzione efermate del forno per interventi con perdita diproduzione [41, [5J.

2) Applicazioni praticheII sistema di raffreddamento per evaporazione è

particolarmente diffuso nell'Unione Sovietica, do-ve già nel 1964 era realizzato su 7 altiforni, 53 fornia spinta e 279 forni Martin [3].

La particolarità degli impianti sovietici è di esseretutti a circolazione naturale, ottenuta con il collo-care il corpo cilindrico di separazione vapore edaltezze di circa 20 m al disopra degli organi refri-gerati.

In Occidente, il sistema è stato sviluppato dadue ditte della Germania Federale, la Reining e laSteinmiiller. Quest'ultima, costruttrice di caldaieLa Mont, ha applicato il concetto delle caldaie stesse,costituite appunto da tubi in cui l'acqua circolaad alta velocità e con ripartizione regolare tra i varicircuiti in parallelo, grazie a caratteristici collettoridi regolazione.

Questo sistema, nel quale gli organi refrigeratisono costituiti da strutture tubolari, si appoggiaalla circolazione forzata.

Il sistema Reining consiste invece nel conservarela forma originaria degli organi da raffreddare e leloro dimensioni esterne, rendendoli però adatti asopportare le sollecitazioni dovute alle pressionie temperature di esercizio, e con opportuni accorgi-menti per la corretta circolazione dell'acqua nel-l'interno.

Dopo un periodo iniziale in cui si costruironoimpianti sulle casseporte dei forni Martin a circo-lazione forzata, la Reining si orientò sulla circola-zione naturale, che applica ormai sulla generalitàdegli impianti di questo tipo.

Dopo questa applicazione, che rimane la piùfrequente e più interessante dal punto di vista delricupero del calore, si estese il sistema sui fornia spinta: anche dui, dopo un periodo iniziale dicircolazione forzata, si sperimentò con successo lacircolazione naturale. Di quest'ultimo tipo sono irafunzione a tutt'oggi, in Occidente, tre impianti,rispettivamente in Svezia, in Messico e alle FerriereFiat di Torino.

L'esperienza favorevole dei due impianti inSvezia e Messico, oltre alla letteratura sull'argo-mento riguardante i forni dell'Unione Sovietica,hanno provocato la scelta da parte della Fiat delsistema a circolazione naturale, in particolare per gliargomenti che seguono.—• La spesa di primo impianto è bensì superiore

per il sistema a circolazione naturale, avendosiun corpo cilindrico a 20 m circa di altezza, vquindi opere di sostegno e un maggior sviluppodi tubazioni: si risparmia però il costo dellepompe di circolazione che devono essere al-meno due, una azionata da un motore elettricoe una azionata da turbina a vapore con inseri-mento automatico in caso di mancanza di cor-rente elettrica.

•— La potenza richiesta dalle pompe di circolazionecomporta un dispendio continuo di energia, taleda annullare a lungo termine il vantaggio di unminor costo di installazione. A questo propositoè utile osservare che le pompe di circolazionedevono essere dimensionate per una prevalenzamodesta ma per una portala ragguardevoli-: siè infatti calcolato che la portata di acqua incircolazione è da 10 a 40 volte la portata direintegro (cioè di acqua effettivamente vaporiz-zata) [2].Ciò spiega appunto come le particelle di vapore,che si forma continuamente a contatto con lesuperfici di scambio, vengano immediatamenteasportate e sostituite con acqua ad una tale velo-cità da impedire, sotto qualunque condizione, laformazione di tamponi di vapore che blocchino.la circolazione.

—• In definitiva, si è ritenuto che la circolazionenaturale offrisse una piena garanzia di buonfunzionamento in tutte le possibili condizioni diesercizio ed eliminasse un elemento (le pompedi circolazione) suscettibile di costituire unpunto vulnerabile dell'impianto. Un argomentodecisivo a favore della circolazione naturale èstata anche la nostra esperienza positiva di al-cuni anni di esercizio sui forni Martin.

3) Risultati di esercizioL'esperienza acquisita durante otto anni di eser-

cizio degli impianti di raffreddamento ad evapora-zione alle Ferriere Fiat ha permesso di verificarela superiorità economica del sistema rispetto alraffreddamento a scarico libero, mentre ha confer-mato la validità della scelta della circolazionenaturale.

Sotto quest'ultimo aspetto, infatti, non si sonomai rivelati sintomi diretti o indiretti di irregolarecircolazione, né sugli impianti dei forni Martin nésul più recente impianto, in funzione da circa ventimesi, su un forno a spinta da 120 t/h.

La superiorità economica rispetto al sistema tra-dizionale si documenta sommando il risparmio diacqua, il risparmio di combustibile per produzionedi vapore e le evitate spese per manutenzione efermata impianto, dovute ai minori interventi disostituzione degli organi refrigerati. L'insieme diqueste economie è tale da coprire, mediamente indue anni, la spesa di impianto.

1011

In particolare, sui nostri forni Martin da 130 t,l'impianto di raffreddamento sulle tre casseporterealizza i seguenti vantaggi.

l) Risparmio di acqua: con il precedente siste-ma n scarico libero si consumavano da 30 a 40 m3/hdi acqua per ciascuna cassaporta; era richiestal'alimentazione con acqua sottoposta a trattamentodi stabilizzazione, per diminuire le incrostazionidovute all'elevata temperatura di uscita (oltre40°C).

2) Produzione di vapore: ogni cassaporta pro-duce mediamente 800 kg/h di vapore saturo a 15kg/cin*. Il \aporc viene poi surriscaldato in unionecon quello prodotto nella caldaia che ricupera partedel calore sensibile dei fumi inviati dal forno alcamino.

3) Manutenzione organi refrigerati: le casse-porte alimentate con acqua, seppure stabilizzata,in circuito aperto, richiedevano mediamente 10sostituzioni l'anno. Dato che ne] corso dell'annosono programmate tre fermate per manutenzionemurarii), ne risulta che ogni cassaporta richiedevair) più sette fermate del forno con conseguenteperdila di produzione, oltre alle ingenti spese diintervento. Inoltre, il lavoro di ollicina per rimetterein ellicienza le casseporte smontate era alquantooneroso.Con i nuovi impianti, le fermate causate da manu-tenzione delle casseporte sono ridotte a casi rarissi-mi e del tutto occasionali, poiché in genere è sufli-ciente la sostituzione preventiva in occasione dellefermate programmate. In tal modo anche la revi-

.sione in odicina deìle casseporte smontate è assaimeno costosa.

I risultati di esercizio sopra esposti possono essereconsiderati tipici e generalizzabili per tutti gli ana-loghi impianti sui forni Martin, e concordano anchesostanzialmente con i valori riportati dalle variepubblicazioni sull'argomento.

Non si può dire lo stesso per i forni a spinta, incui sono molto variabili i parametri costruttivi delforno, la forma e lo sviluppo degli organi refrige-rati, con la conseguenza che il calore da questisottratto al forno può essere notevolmente varia-bile, per una stessa capacità produttiva, a secondadel disegno del forno stesso. Inoltre il calore aspor-tato varia nel tempo a seconda del grado di usuradel rivestimento refrattario-isolante che ricopre unanotevole parte delle superfici interessate.

Nel nostro forno a spinta a 120 t/h, a inizio cam-pagna (rivestimento nuovo), si scambiano a pienoregime circa 1.500.000 kcal/h (valore abbastanzamodesto se confrontato con altri forni meno recentidella stessa potenzialità) e dopo circa un anno,cioè a fine campagna, non raggiunge i 2 milioni dikcal/h, con un grado di usura dei rivestimenti valu-tato nell'ordine del 30%.

II valore limitato dell'assorbimento di calore daparte delle guide refrigerate è dovuto al loro di-segno: si tratta di travi costituite ognuna da duetubi a sezione quadrata sovrapposti, Questa strut-tura è particolarmente resistente alla flessione, cosida non richiedere pilastrini a tubi trasversali disostegno e riducendo quindi notevolmente le su-perfìci di scambio.

L'impianto è stato però logicamente dimensiona-to per l'eventualità del verificarsi delle condizionipiù sfavorevoli, cioè della totale distruzione delrivestimento. S'intende che anche l'impianto alter-nativo, ad acqua fredda in circuito aperto, avrebbedovuto essere dimensionato con gli stessi criteri.

Poiché lo scambio termico medio è dello stessoordine di grandezza di quello di ciascun forno Mar-tin, anche i dati relativi al risparmio di acqua ealla produzione di vapore di ricupero sono sensi-bilmente uguali a quelli prima esposti, appunto aproposito del forno Martin.

Non è invece facile fare confronti in termini dimanutenzione degli organi refrigerati, poiché an-che con gli impianti tradizionali è normale che lesostituzioni siano effettuate, a titolo di prevenzione,al termine delle campagne annuali, e non è raroil caso di guide di scorrimento che vengano conser-vate per alcuni anni, ripristinando ogni anno sol-tanto il pattino di usura.

Nel nostro caso, la più recente ispezione, dopoun anno e mezzo dell'avviamento del forno, hamostrato le ancora perfette condizioni delle guide discorrimento.

4) ConclusioniII costo dell'impianto di raffreddamento ad eva-

porazione sui forni Martin è compensato dalle eco-nomie di esercizio, anche quando esse si limitinoal risparmio di acqua, al minore onere per sosti-tuzione di casseporte e alle conseguenti perdite diproduzione: questo nel caso-limite in cui non abbiainteresse l'utilizzo del vapore prodotto.

Per l'esattezza, la convenienza è al limite qua-lora l'industria disponga di adeguate possibilitàdi estrazione di acqua dal sottosuolo, mentre di-viene notevole se per la mancanza di estrazionepropria l'acqua debba essere approvvigionata dareti esterne.

Nel caso di forni a spinta, invece, come già si èvisto, non ha molto peso la riduzione dei costi dimanutenzione: il solo risparmio sul costo dell'acquanon sempre è di per sé sufficiente a giustificarel'impianto, almeno in via generale. Non mancaper l'esempio dell'impianto realizzato in Messico,dove — certo a causa del costo elevato dell'acqua —si è scelto il raffreddamento ad evaporazione, an-che se del vapore prodotto non viene utilizzato ilcalore, ma soltanto si riciclano le condense otte-nute dopo scambio con l'atmosfera esterna.

In tutti i casi — e sono la maggioranza — in cuiinteressa l'utilizzo di vapore a bassa/media pres-sione, saturo o surriscaldato, le economie si esal-tano al punto da rendere indiscutibile la convenien-za globale dell'impianto. Infatti il risparmio dicombustibile realizzato è di gran lunga superiore atutte le altre voci di economia e condente di ricu-perare la spesa di impianto in soli due anni.

Nel nostro stabilimento questi impianti di ricu-pero sono risultati decisamente convenienti, purtenendo presente che l'economia di combustibile èeffettiva solo per 6+7 mesi all'anno, cioè nel seme-stre invernale: nel semestre estivo, infatti, il fabbi-sogno di vapore dello stabilimento è inferiore allacapacità produttiva dei generatori di vapore a ri-

102

cupero di calore. Tale margine di disponibilità divapore va però progressivamente riducendosi.

Si è sin qui trattato di due applicazioni dell'im-pianto, cioè rispettivamente sui forni Martin e suiforni a spinta: in primo luogo perché sono le piùinteressanti dal punto di vista delle economie diesercizio e pertanto le più diffuse, e infine perchésono le sole a tutt'oggi realizzate in Italia.

Riteniamo che in un prossimo futuro tali applica-zioni possano estendersi, anche da noi, in speciesugli altiforni, su cui sappiamo che già esistononumerosi impianti, particolarmente nell'UnioneSovietica: e non è escluso che si possano avere inte-ressanti applicazioni sui forni fusori all'arco elet-trico.

Questi contengono organi refrigerati (anelli divolta, casseporte, condotti di captazione fumi dadepolverare) che potrebbero prestarsi utilmente alraffreddamento ed evaporazione, almeno nelle piùmoderne installazioni di elevata capacità, dovecertamente sarà più favorevole il rapporto tral'economia di esercizio e il costo di impianto.

N'on si può negare che la progettazione di impian-ti del genere sui forni fusori elettrici presenti difìi-coltà notevoli, in particolare dato il sempre esiguospazio disponibile a bordo del forno e nelle vicinan-ze, alla presenza dei cavi di alimentazione, al fattoche le volte sono mobili e il forno stesso è inclina-bile. Ciò implica per lo meno la necessità di realiz-zare i collegamenti tra forno e corpo evaporatolecon tubazioni snodate o flessibili; problema delresto già risolto in Germania con l'applicazione del

raffredda mento ad evaporazione sulle porte di ca-rica disposte sopra la volta di un forno Marlin da250 t.

Si può concludere affermando che il raffredda-mento ad evaporazione può trovare in molti stabi-limenti, siderurgici italiani le condizioni favorevoliflì'a sua adozione: che l'economicità di tali impiantiè destinata ad accrescersi in futuro, date le crescentidillicoltà connesse con l'approvvigionamento, ladistribuzione e il raffreddamento delle acque indu-striali: e che la sicurezza di esercizio è garantita dairisultati della lunga esperienza ormai maturata.

BibliografiaV

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[7] Zur Max - Wirtschaftliche und tercnische Betriebsergebnissean Abhilze - und Heisskiihlunganlagen hinler Siemens-Martin-Ol'en.

103

Esperienze di lavaggio chimico dei generatori di vaporeStudi comparativi sul comportamento e le caratteristiche di diversi acidi e loro

miscele con particolare riferimento all'acido fluoridrico

Sommario - La memoria riassume i risultati dialcune ricerche condotte da alcuni sperimentatoritedeschi sull'uso dell'acido fluoridrico nel decapag-gio di tubi dei generatori di vapore.

A - Teoria dei trattamenti tradizionaliTiene esposta la teoria di Vogel sul meccanismo di

attacco degli acidi sugli ossidi metallici. 1 risultalidella teoria sono confortati dalla pratica per quantoriguarda gli acidi di uso più comune, mentre perquanto riguarda sia gli acidi organici che l'acidofluoridrico bisogna pensare ad azioni catalitiche daparti1 degli anioni per spiegare il loro anormalecomportamento.

lì - Esperimenti effettuatiVengono qui riassunte le esperienze di Spillner ed

altre [Schwenk, ecc.) condotte in laboratorio sulladissoluzione di campioni di magnetite polverosa permezzo di soluzioni acide equivalenti.

Acidi usati: sia gli inorganici (cloridrico e solfori-co) sia gli organici (acetico, citrico e formico). Vienecosi verificata la inadattabilità della teoria di Vogelnel caso degli acidi organici.

Risultati ancora più sorprendenti si ricavano daprove con gli stessi reattivi acidi attivati per mezzodi acido fluoridrico: la velocità di reazione divieneenormemente superiore a quella preventivabile con lateoria.

Ipotizzando un'azione dell'anione Fluoro si giungealla formulazione di una nuova teoria, modificatarispetto a quella di Vogel.

Tuttavia si dimostra che questa teoria ha una vali-dità limitata ad un determinato campo di pH, al difuori del quale alcune reazioni secondarie si oppongonoalla principale fino a prevalere.

Dopo un'analisi dei risultati ottenuti con soluzionidi acido fluoridrico a varie concentrazioni, viene pro-posto un confronto fra miscele:

1. Acido fluoridrico a diverse concentrazioni2. Acido citrico (con sostituzioni crescenti di

quantità equivalenti di acido fluoridrico)3. Acido cloridrico (con sostituzioni crescenti di

quantità equivalenti di acido fluoridrico).

Si giunge cosi alla conclusione, che tutte questemiscele presentano caratteristiche attraenti: solo unaconsiderazione di tipo economico dece portare, in casipratici, alla scella di una tecnologia opportuna.

1 dati raccolti da un test di corrosione (in confronto

(*) Heratlierm AG., Zurigo.

Antonio Kunld (*)

fra acido solforico e acido fluoridrico) allontananoanche i timori di eccessivi attaccki sul metallo base:viene anzi dimostrato come l'acido fluoridrico siada questo punto di vista, meno pericoloso di altri acididi uso più comune.

C - Un'esperienza pratica di Lavaggio Chimico me-diante Acido fluoridrico

Per mezzo di una tipica applicazione di questatecnologia vengono messi in evidenza i vantaggi tecnicied economici:

1. Maggiore economicità (minori tubazioni au-siliarie e minor mono d'opera)

2. Durata del trattamento mollo inferiore rispettoai trattamenti usuali

3. Maggiori garanzie di protezione contro l'attac-co acido del metallo base.

Summary - This report is summarizing the resultsof researches carried on by a group of German ex-perimentors on the use of the IIFI acid in the cleaningof steam generators.

A - Theory of usual treatmentsIt is explained the Vogel's theory of the acids attack

mechanism on the metallic oxides. The results of thistheory are confirmed by the practice of acids o/ commonuse, while regarding the organic acids and IIF acid,as to explain the unusual attitude, it is necessary totake note of the unions catalytic action.

B - Test carried outHere under there are summarized the Spillner and

others' experiences (such as Schwenk, etc.) carried outin laboratory on the dissolution of dusty magnetitesamples with equivalent acid solutions ; acids employed:either inorganics (hydrocloridric and sulphuric) ororganics (hydroxyacetic, citric and formic). The una-daptability of vogel's theory in case of organic acidsis so verified. More surprising results have been takenwith the same acid reactives activated through HFacid; the reaction velocity becaries very much greaterthan that estimated by the theory.

Assuming a fluorin anion action a new theory canbe reached modified in respect of Vogel's theory.

Anyway it is clear that this theory has a limitedvalidity to a determinated pH range, out of whichsome minor reactions are opposed to the principal upto overcoming the same.

After the results examination achieved with HFacid solution at different concentrations, it is proposeda comparison between mixtures:

1) HF acid at different concentrations

104

1

2) Citric acid (with increasing substitutions ofsame equivalent quantity of fluoridric acid)

3) Hydrocloridric acid {with increasing substitu-tions of same (luoridric acid quantity).

It conies therefore tothe conclusion that all thesemixtures show relevant features; only a considerationof economic nature may bring, in practical cases,to the choice of an appropriate technology.

The data gathered from a corrosion test (in compari-son between sulphuric acid and fluoridric acid) elimi-nate also the fears of having excessive attacks on thebasic metal: on the contrary it is demonstrated howthe HF acid is less dangerous, from this point ofview, than other acids of more common use.

C - A practical experience of chemical cleaningwith HF acid

Throungh the typical employement of this technologyare set in evidence those technical and economic advan-tages such as:

1) More economy (a minor amount of auxiliarypiping and less workmanship)

2) A time of treatment more inferior than theusual treatments

3) More guarantees of protection against theacid attack to the basic metal.

Con Ja presente comunicazione, lungi dal volerapportare qualcosa di nuovo, ci siamo imposti sola-mente il modesto compito di raccogliere e ricapito-lare ipotesi, risultati numerici ed esperienze pratichericavate in Germania nella disincrostazione di su-perfici metalliche per mezzo di soluzioni di acidofluoridrico.

Speriamo di essere riusciti nell'intento di fornireai tecnici italiani del settore, delle indicazioni utiliper comprendere approfonditamente il compor-tamento chimico di questo acido, che ha apportatoun così deciso passo in avanti nella tecnologia dellavaggio chimico delle caldaie.

A - Teoria dei trattamenti tradizionalia) Generalità

La disincrostazione chimica (cioè l'asportazionedi depositi e incrostazioni che si formano durante ilfunzionamento, sulle superfìci dei tubi delle caldaie)si effettua tradizionalmente mediante acido clori-drico o acidi organici (acido citrico, formico, idrossia-cetico, ecc.) e loro miscele.

Generalmente l'acido più usato, tranne casi parti-colari, è il cloridrico.

b) Azione chimica degli acidiL'azione principale dell'acido è quella di aggre-

dire gli ossidi del ferro che si formano sulla super-ficie del tubo.

Questa azione può essere riassunta nelle tre rea-zioni sotto riportate:

FeO + 2H+ = Fe++ + H2O (1)Fe30t + 8H+ = 2 Fe+ + + + Fe+ + + 4 HZO (2)FetO3 + 6H+ =2Fe++ +2 H2O (3)

e) Cinetica delle reazioniI due fattori che le influenzano sono il pH e la

temperatura :

l. Influenza del PIIVogel mostrò 20 anni fa come la velocità delle

reazioni descritte, dipendesse dalla quantità di ioniHA presenti in soluzione.

Possiamo quindi scrivere per una data tempera-tura : !(•

V =A'(// + ) = ^ 7 r (4)con K' costante sperimentale.

Perciò un abbassamento di una unità del piidella soluzione acida, provoca, a temperatura co-stante, una decuplicazione della velocità di reazione.

Per questa ragione gli acidi minerali (acidi forti etortissimi) sono generalmente preferiti nei lavaggichimici.

2. Influenza della temperaturaVogel nella sua opera descrisse anche l'influenza

della temperatura sulla velocità delle reazioni diattacco, proponendo la formula:

ILV" = K" • 2>° (5)

pii = costanteA" = costante speriment.valida per pH costante e nella quale °t rappresentala temperatura in gradi centigradi e K" è una co-stante sperimentale.

La velocità è quindi legata alla temperatura dauna funzione esponenziale in base 2.

Possiamo riassumere nella fig. 1 questo risultalo.Si ricava quindi che un aumento di IO°C della

temperatura della soluzione acida, comporta unraddoppio della velocità di reazione.

Dal diagramma semi-logaritmico possiamo anchevedere che la retta ha una inclinazione tale che unaumento di 33°C d«Ua temperatura comporta unadecuplicazione delle velocità.

3. Influenza combinata di pii e temperaturaDa quanto detto in precedenza, possiamo ricava-

re che effetti uguali sulla velocità di reazione sono

105

portati sia da un aumento di 33°C della temperatura,sia dalla diminuzione di 1 unità del pii.

Si ottiene cosi una formula della velocità chetiene conto dei due fattori, scrivendo die la velo-cità \" (4) viene decuplicata ogni 33°C di aumentodella temperatura:

»' = A- -4pr - (6)Possiamo quindi dedurre che gli acidi organici

deboli disciolgono una determinata quantità dijssido a pari tempi degli acidi minerali forti, soloa condizione di elevate temperature della soluzioneacida.

Da notare inoltre che una relazione dello stessotipo è ottenibile anche per il discioglimento del me-tallo base.

d) InibitoriA questo punto è necessario dare qualche notizia

sugli inibitori: sono sostanze organiche notoriamen-te in grado di ridurre al minimo l'attacco acido sulmetallo di base, in determinate condizioni fisicheambientali.

Infatti l'efficacia di queste sostanze è compro-messa a! di sopva di «erte temperature ed in condi-zioni di forte agitazione (come si verifica in valvolefortemente strozzate o nella cavità di pompe).

Solo inibitori con elevate capacità di protezioneed in elevate concentrazioni, e quindi molto costosi,sono in grado di resistere sufficientemente in questediflicili condizioni.

e) ConclusioniDa queste regole, che danno indicazioni abbastan-

za esatte sul comportamento dei principali acidi(soprattutto quelli minerali più usati) si possono ri-cavare notizie utili alla scelta del tipo di acido.

Ma la teoria classica non arriva a spiegare ilcomportamento anormale di alcuni acidi organici edell'acido fluoridrico.

Infatti si è notato come l'acido citrico, per esem-pio, da talvolta, anche a temperature non moltoelevate, velocità di corrosione degli ossidi superioria quelle dell'acido solforico e, comunque, moltosuperiori a quelle che sarebbe logico attendersi.

La spiegazione di questi fenomeni deve esserericercata al di fuori delle ipotesi di Vogei: le ricer-che in questo campo si sono concentrate sul com-portamento dell'anione dell'acido.

Si è cosi giunti, attraverso esperienze di labora-torio, alla ipotesi della formazione di legami com-plessi fra lo ione Fé in soluzione e l'anione acido,che, mantenendo la soluzione lontana dall'equilibrio,rende elevata la velocità media della reazione.

Scopo di questa pubblicazione sarà appunto laricapitolazione delle esperienze di laboratorio epratiche, condotte in questo campo.

B - Esperimenti effettuati

a) GeneralitàLa scaglia sui tubi di caldaia è formata in gene-

rale, da tre strati:— uno strato aderente, la wustite FeO, rapidamen-

te solubile in acido;— uno strato intermedio, la.magnetite Fe^)z • FeO;

— uno strato esterno rosso sottile, di sesquiossidoFe2O3.

Data la facilità dell'attacco della wustite, piùimportante per la nostra indagine è il comporta-mento della magnetite.

Questo strato di ossido può a volte rompersi perl'azione meccanica di spinta d<i parte del sottostantestrato di wustite ;""•• se si aggiunge la pressione,sempre dall'interno, di bolle di idrogeno gassosooccluso.

Lo strato più esterno {Fe^O^j sotto l'azione mec-canica degli strati sottostanti, durante le opera-zioni di disincrostazione, si trasforma in una finepolvere rossa.

In questa sede non analizzeremo le capacità disoluzione di questa polvere, da parte degli acidi.

In laboratorio sono state condotte prove di so-luzione di polvere molto fine di magnetite mediantesoluzioni 1,25 normali di cinque acidi diversi(solforico, cloridrico, formico, citrico, acetico) allatemperatura di 35°C.

Le prove hanno avuto la stessa durata (40') perle cinque soluzioni acide.

I risultati sono riportati nella fig. 2.

Fig. 2

Coinè si vede dalla figura, la curva dell'attacco,dopo un certo tempo, tende ad appiattirsi.

Ciò avviene perché diminuisce, sia la concentra-zione di acido nella soluzione, sia la superficie dell'os-sido da attaccare.

Un confronto corretto può essere fatto solamenteconfrontando i tempi necessari alle varie soluzioni,per disciogliere la stessa quantità di magnetite.

Dal diagramma risulta che soltanto gli acidi mi-nerali fort', a causa del loro basso pH, hanno di-sciolto, in quelle condizioni, quantità apprezzabilidi ossido, mentre gli acidi organici non hanno datocorrosioni apprezzabili.

Facendo quindi un confronto fra i tempi necessaria sciogliere 100 mg di Fé (contenuti in 138 mg dimagnetite) si ottiene sperimentalmente questa ta-

106

bellina di rapporto fra i tempi necessari all'attaccocompleto.

Acido lid II,SO. H Fa II Ac II «Ci

Tempopii

relativo 1

0,01,30,5

70

1,6

150

2,9

42

1,8

La tabella è diagrammata nella fìg. 3:

4000

HAc

Fig. 3

1 dati sperimentali veriflcano q-iasi esattamente irisultati teorici, discostandosi di poco dalla rettaespressa dalla formula (6), ad esclusione di alcuniacidi organici.

Si è ottenuto, applicando la formula (5) ai datisopra riportati, che se un decapaggio con H CIavviene in 20 ore a 40°C, lo stesso risultato puòessere raggiunto in pari tempo da\VH2SOi a 45°C,dall'acido citrico a 94°C, dall'acido formico a 101°C,dall'acido acetico a 130°C.

1)) Disincrostazione per mezzo di miscugli acidi, atti-vati con acido fluoridrico

Spesso nei lavaggi chimici di tubi di caldaia, si fauso dell'anione fluoro o sotto forma di acido fluori-drico, oppure dei suoi sali.

È infatti noto che soluzioni acquose estremamentediluite di questi reattivi disciolgono la silice con ilseguente meccanismo chimico:

SiO2 + 5 HF = Si ^ + 2 H2Oe successivaments, grazie all'eccesso di acqua:

3 Si F4 + 3 H2O = 2 H2SiF6 + H2 Si Oa

si formano prodotti di reazione solubili, che ven-gono facilmente asportati.

Tuttavia esperimenti sulla dissoluzione di magne-tite condotti con miscugli acidi additivati di HFo di fluoruri, hanno mostrato tali aumenti dellareazione di attacco, che bisogna ipotizzare un effettocatalitico da p^rte dell'anione fluoro, non potendosiattribuire ciò all'influenza del pH del miscuglio:questo ultimo può essere aumentato infatti daq'iesta aggiunta.

Le cinque soluzioni acide precedentemente defi-nite sono state sostituite da altrettanti soluzioni

contenenti ciascuna la stessa quantità di ///'' (1/5equivalente), in modo da presentare la stessa nor-malità complessiva (1,25).

Le curve sperimentali di corrosione sono riportatenella parte alta della fig. 2.

Come si vede la vel icità di corrosione è enorme-mente aumentata: sorprende soprattutto, il fattoche gli acidi organici, nella prima fase dell'attacco,sono più aggressivi degli acidi minerali.

E stato trovato sperimentalmente che soluzionicontenenti // Ci al 10%, additivate di quantitàequivalenti di HF fino ad 1/4 della quantità di/ / CI presente, sono accelerate fino a 40 volte (atemperatura costante).

Da ricordare inoltre che si può rinunciare ad au-menti di velocità in favore di diminuzioni di tem-peratura.

Ancora più evidente tutto ciò per gli acidi orga-nici, che possono avere aumenti da 10 a 1.000 volte,della velocità della corrispondente soluzione privadi acido fluoridrico, oppure grandi diminuzioni ditemperatura con aumenti pur sempre considerevolidella velocità.

Ciò è molto importante, perché oltre i IOO°Cdifficilmente gli inibitori in commercio danno prote-zioni efficaci.

e) Effetto degli anioniNella fig. 3 si erano notati alcuni scostamenti

dei risultati pratici dalla teoria di Vogel sull'effettodel pii sulla velocità di reazione.

Per alcuni acidi, come l'acido citrico, si notanoimportanti scostamenti da questa legge, con velo-cità molto maggiorate rispetto alla teoria, e si ri-tiene che ciò, come già si è detto, dipenda dall'ef-fetto dell'anione.

Per VIIF l'efficacia dell'anione è così spinta chenon è più l'attività del catione //d, e di conse-guenza il pii, a determinare l'effetto, bensì l'anione.

Il complesso ferro-fluoruro può essere espressodalla seguente formula:

Fé (FeFe) corrisponde a 2 (Fé F3)

Possiamo quindi addirittura esprimere la velocitàdi reazione con una nuova legge, sul tipo della (6) :

V = C (F-) • IO»'/33

dove C è naturalmente una nuova costante speri-mentale.

Per la legge dell'azione di massa si ha:

(HF) ~ W

ed essendo HF poco dissociato(H+). (F-) =K' _ (9)

dove viene messo in rilievo l'antagonismo dei dueioni.

d) Disincrostazione per mezzo del solo acido fluori-drico

Sono state condotte anche esperienze di labora-torio di soluzione della magnetite mediante il soloacido fluoridrico.

Le prove sono state effettuate con soluzioniacquose allo 0,5 - 0,25 e 0,125% rispettivamente,di HF a °t = 35°C.

Come si vede dal raffronto delle figg. 2 e 4 (rias-

107

suiitiva quest'ultima dei risultati raggiunti con HF)in queste soluzioni, con pH vicini a 4 (da 3,6 a 3,8),e quindi con una acidità c^ca 5.000 volte e piùinferiore a quella dìla soluzione di HCl prima consi-derata (4,6% di HCl; pii = 0,0), le velocità rag-giunte, almeno nella prima fase, sono maggiori.

In fig. 4 è stata inoltre riportata una curva trat-teggiata che fornisce i tempi necessari, alle varieconcentrazioni di HF, a disciogliere i 2/3 della ma-gnetite: la curva ottenuta è di tipo esponenziale.

•o

Fig. 4

Essa fornisce una relazione fra la velocità diattacco e la concentrazione dell'acido, a parità diquantità relativa di magnetite disciolta.

Infine è da dire che a quelle concentrazioni VHFnon presenta quelle caratteristiche, di perieolositànei confronti dell'uomo, degli acciai e del cemento,per le quali il suo uso è stato spesso sconsigliato.

e) Effetto dell'innalzamento del piiAvendo osservato come l'effetto decapante sia

dovuto all'anione F~, si è pensato di aumentarnel'attività con aggiunte di ammoniaca.

Infatti dalla formula (9) si deduce che aumentan-do il pii deve aumentare la concentrazione di F~~nella soluzione.

I risultati degli esperimenti condotti, sono ripor-tati nella fig. 5.

Da essa si vede che in realtà la velocità di rea-zione rimane pressoché costante, finché il pH nonsale a circa 5,5 e sperato questo valore la velocitàdecresce rapidamente.

Infatti al di sopra di questo pH l'equilibrio:Fé • (Fé FB) + 3 H2O ** 2 Fé (OH)3 + 6 HF

si sposta completamente verso destra; cioè, mentrel'aumento di concentrazione di anioni F~, dovutoai crescere del pii, favorisce la reazione principale,l'idrolisi del ferro fluoruro la ostacola.

S-

"c

Fig 5

A3 crescere del pii questo secondo effetto prevalesul primo fino ad annullarlo.

Da quanto precede ne deriva che l'uso esclusivodi fluoruri di ammonio quali decapanti dei tubi dicaldaia, non può essere adottato, perché il pH au-menta già con la formazione del complesso ferro-fluoruro e quindi, partendo con pH elevati, si do-vrebbe subito ricorrere ad aggiunte di acidi mine-rali, con una nuova spesa da aggiungersi a quellainiziale.

f) Confronto fra miscugli di acido fluoridrico conacidi diversi

Si sono condotte prove su tre tipi di soluzioniacide :— acqua con varie concentrazioni di HF— acqua con HCl, in quantità di 4,5 equivalenti

ogni grammo equivalente di Fe+ + +, con sostitu-zione di quantità equivalenti di HF

— idem con l'acido citrico.Si è ottenuto cosi il diagramma di fig. 6.Dal diagramma risulta che:

— per soluzioni acide, contenenti solamente acidofluoridrico, la corrosione in 2 ore di attacco,cresce proporzionamente alla percentuale diacido fluoridrico in soluzione (linea tratteggiata) ;

— per miscugli di HsCi e HF, all'aumentare dellapercentuale di HF, rispetto all'acido citrico, lacorrosione supera, anche notevolmente, quellache si era ottenuta nel caso precedente;

— per miscugli infine, di HF e HCl, la corrosione èsempre inferiore a quella del primo caso. Infattiil basso pH ostacola fortemente l'azione del-l'anione F~.

DH quanto sopra si può concludere che l'uso dellamiscela H3Ci -j- HF è particolarmente raccomanda-

108

bile: l'acido fluoridrico infatti nella fase iniziale,svolge con grande rapidità l'attacco per la forma-zione del complesso ferro-fluoruro, che si trasformasuccessivamente nel più stabile complesso ferro-anione dell'acido citrico, che non si idealizza nemme-no in campo alcalino.

L'acido fluoridrico svolge pertanto la sua azionedi catalizzatore.

g) Considerazioni economicheNella scelta di un miscuglio acido, per la disincro-

stazione di una caldaia, oltre alle considerazionitecniche finora discusse, si deve necessariamenteaffrontare un discorso economico.

Il problema è vasto, e preferiamo rimandarlo adaltra sede.

Basterà qui anticipare alcune considerazioni dicarattere generale:— l'uso di acidi organici è certamente più costoso,

in generale, di quello di acidi minerali, sia per ilcosto proprio del prodotto sia per la maggiorequantità necessarie a disciogliere un determi-nato peso di ossido;

— l'attivazione dovuta all'acido ìluoridrico, rendepossibili disincrostazioni in un solo passaggio,anziché a circolazione; questa tecnica è certa-mente più econòmica per il basso costo-deHetubazioni provvisorie.

Fig. 6

h) CorrosioneL'HF freddo e diluito è un ottimo solvente;

come si è visto della magnetite, ma difficilmenteattacca gli acciai al carbonio.

Per questa sua caratteristica, nel caso di deca-paggio di questi acciai, la soluzione può addiritturanon essere inibita, operando a temperatura am-biente.

Gli acciai legati sono invece corrosi in misuramaggiore.

Allo scopo di accertare queste corrosioni WilhelmSchwenk del Mannesmann Forschungsinstitut (Dui-sburg), ha condotto esperienze di laboratorio. .

In un recipiente rivestito di resine artificiali fu-rono decapati, per 24 ore, in 100 mi di soluzioneacida, due campioni uguali per ogni tipo di acciaioin prova.

La velocità di corrosione fu stabilita con la pesa-tura delle provette prima e dopo il decapaggio.

I campioni utilizzati, ritagliati da lamiera, aveva-no le misure: 40x10x2,4 mm.

Uno strato di ossido era stato creato su di essi,prima della prova, arroventandoli fino a tempera-ture stabilite.

I risultati sono riportati in tabella:

Cam- . . . Componenti in legapione A c c l a i ° o/_rv- o/_ Ni, <>/_ V- »/%Cr-

g%Mo-

n. 1n. 2n. 3n. 4n. 5n. 6

St 371.49221.40061.40161.43011.4510

—1213171817

0,5 0,3 1

0,5

CorrosioneTi gr/m2

0,67- 0,7815,00-15,2017,00-17,4016,70-17,401,23- 1,326,30- 6,80

Come si vede soprattutto gli acciai al cromo sonoparticolarmente sensibili all'attacco dell'acido fluo-ridrico, contrariamente a ciò che avviene con gliaeidi minerali comunemente usati.

Si sono poi effettuate prove sul sesto campionedi acciaio con soluzioni inibite di acido fluoridrico(soluzione all'I %) e sul campione n. 1 in soluzionedi acido solforico (soluzione al 20%) con quindicitipi di inibitori, in concentrazioni:— per l'acido fluoridrico:sia allo 0,2% che allo 0,5%— per l'acido solforico : allo 0,1 %.

I risultati, riassunti in tabella, permettono ilconfronto fra le diverse capacità protettive deglistessi inibitori, in soluzioni acide diverse:

Inibi-tore

Velocità di corrosioneCampione n. 6

Soluzione HF 1%Concentrazione inibitore

n.n.n.n.n.n.n.n.n.n.n.n.n.n.n.

3456789101112131415

0,2%0,079-0,0640,095-0,0830,119-0,1150,091-0,0790,147-0,1230,246-0,1840,198-0,1150,195-0,1250,139-0,1390,298-0,2150,158-0,1430,820-0,7501,530-1,4901,2504,0201,030-1,000

0,5%0,071-0,0400,088-0,0710,100-0,0750,095-0,0910,132-0,0710,115-0,0910,158-0,0880,132-0,1230,155-0,1030,175-0,1430,242-0,2460,680-0,6700,010-0,9000,990-0,8801,050-0,940

(gr/m2h)Campione n. 1

Soluz. //aSO4 20%conc. inibitore

0,1%3,402,602,301,60

non determinata13,506,703,80

18,0011,000,23

26,0030,0036,00

non determinata

Come si desume da queste prove, esistono ottimiinibitori dell'acido fluoridrico, con capacità protet-tive elevatissime rispetto a quelle mostrate in casodi attacco da acido solforico.

La protezione rimane elevata anche in caso diparticolari condizioni ambientali, come in valvole

13109

semiaperte <• velocità di passaggio della soluzione,notevoli.

C - Un'esperienza pratica di lavaggio chimico me-diante acido fluoridrico

in IntroduzioneNell'ottobre I!X>5 è stala messa in marcia a

Mannheim una caldaia ipercritica ad attraversa-mento forzato. lie caratteristiche sono le seguenti:

- potenzialità 710 t/hsurriscaldatore 260 at.e/530°C

- 1° risiirriscaldatore 90 ate/540°C2° risurriscaldatore 20 ate/530°C

- temperatura dell'acqua dialimento 310°C

li bollitore è costituito da due fasci lubieri, pa-ralleli, formati ciascuno da 30 tubi.

La caldaia prima della messa in marcia vennetotalmente decapata, mediante una soluzione diacido cilrico ed ammoniaca, con un pii iniziale di 5.

Durante il lavaggio vennero effettuate aggiuntedi altri acidi organici e billuoruri di ammonio perstabilizzare il \alore del pii e disciogliere la silice.

l! circuito utilizzato è rappresentato in fig. 7.

( TUftAJlONl

Venni1 fatto circolare un volume complessivo di450 ni3, che asportò:— 1800 kg di Fé (corrispondenti a 2480 kg di

magnetite)- - !>0 kg di SiO2.

Dal successivo taglio di tubi in caldaia si rilevòla non perfetta riuscita del decapaggio per i seguentimotivi:— insudiciente velocità di circolazione della solu-

zione acida, dovuta alla bassa portata dellepompe di circolazione;

— oscillazioni del pii della soluzione acida duranteil processo;

— insudiciente quantità dei reattivi acidi, dovutaad una insudiciente stima della quantità diossidi sui tubi.

Inoltre si rilevò che lo strato di magnetite com-patta formato sui tubi non era perfetto e se ne

imputò la causa alla bassa temperatura della solu-zione di idrazina (150°C) utilizzata allo scopo.

La caldaia venne poi messa in esercizio per 20mesi (11.500 ore di utilizzazione), periodo nel qualeavvennero ben 39 avviamenti.

Solamente per ì) mesi la caldaia funzionò ad uncarico di 610-630 t/h.

AL

}

L'ACIDO

Al termine del periodo si rilevò sui tubi uno stratodi magnetite porosa con picchi di 4-5|x con passi di200-250^.

Questa porosità aveva fatto salire di 17 ata laperdita di carico nel fascio tubiero, portandola a51 ata complessive.

Si decise pertanto di intervenire con un lavaggiochimico sui fasci tubieri, utilizzando il circuito rap-presentalo in fig. 8.

La soluzione acida era composta da bifloruro diammonio, acido cloridrico (2,5%) ed inibitore.

Vennero disciolti 600 kg di ferro (830 di magne-tite).

Se ne dedusse che in 11.500 ore di funzionamentosu di una superfìcie di 7250 m2 si erano formati 115g/m2 di magnetite porosa.

La durata complessiva di tutte le fasi del lavaggioammontò a 60 ore circa.

Il costo delle tubazioni provvisorie e del loromontaggio ammontò a 15.000 marchi.

La caldaia funzionò in seguito per 5100 ore, inin-terrottamente, a pieno carico.

Al termine dei 7 mesi la perdita di carico nelfascio tubiero era risalita di 14 ata (48 ata com-plessive).

Furono tagliati spezzoni di tubo dai quali furilevata la presenza di magnetite porosa, molto simi-le nella struttura a quella trovata prima.

Mediante una soluzione di HF diluito si determi-nò la quantità di magnetite presente sui tubi, cherisultò essere pari a 80 g/m2.

Si decise di effettuare il nuovo lavaggio conl'impiego dell'acido fluoridrico diluito, con il siste-ma « Open Circuit i> della Beratherm di Zurigo.

b) Lavaggio chimico in Open CircuitQuesta tecnica realizza il lavaggio senza ricirco-

lazione delle soluzioni reattive ed esclude l'uso dipompe esterne a! sistema, ad eccezione di una pom-pa di iniezione dei reattivi.

La pompa di alimento della caldaia crea il flusso

110

principale di acqua, nel quale si usa in fasi succes-sive, a valle della stessa, la soluzione reattiva.

In tale modo sono garantiti: velocità di attraver-mento del sistema e di distribuzione ottimali.

I fluidi vengono scaricati a valle del fascio tu-biero, prima dell'ingresso al surriscaldatore, comenello schema di fig. 9.

Fig. 9

La tecnica della disincrostazione in un passaggiosolo è resa possibile ed efficace, grazie alla elevatavelocità di reazione dell'acido fluoridrico.

Prima dell'inÌ2Ìo del trattamento acido si è pro-ceduto al riscaldamento delle superfici del sistema,mediante circolazione di acqua a 50°C.

Successivamente si dosò in tre fasi successive eintermittenti, una soluzione inibita di HF nellaportata principale (50 tjh) di condensato, in modoche si raggiungesse la concentrazione acida finaledell'I %.

•£ 14

« 41.

1 8t 6

* UÌ.

t i " <a 16 -H 4«" 2 b "

TempoFig. 10

L'operazione di disincrostazione fu rapidissima:la si prolungò per 2 ore e 20 minuti solo per pre-cauzione.

La rapidità del trattamento garanti un tasso dicorrosione complessivo molto più basso di quelloottenibile con i metodi tradizionali a ricircolazione,la cui durata è di gran lunga maggiore.

I due circuiti furono poi neutralizzati con unasoluzione di idrazina (200 p.p.m.l.

Siccome dopo 4 ore di flusso di questa soluzione, ilpii non aveva ancora superato il valore di 4, siraddoppiò la concentrazione di idrazina.

Dopo 6 ore e 1/4 si arrestò il processo (pH = 5,3 ;conduttività = 3 |xS/cin a 20°C).

Si iniziò quindi il processo di formazione dellostrato di magnetite compatta. A questo scopo sifecero passare 100 t/h di vapore in due fasi: dap-prima per 3 ore e poi per 4 e % (vapore a 340°Ce 150 ate).

Dopo il raffreddamento della caldaia, furono pre-levati spezzoni di tubo dai quali si rilevò:—• magnetite sui tubi, prima del lavaggio: 80 g/m2

— magnetite complessivamente disciolta duranteil lavaggio: 515 kg

— magnetite asportata per mq di superficie lavata(7250 mq): 71 g/ma

— magnetite compatta formata dopo il lavaggiochimico: 4,3 g/m2.

La durata complessiva del trattamento fu dipoco inferiore alle 20 ore. Il costo dei collegamentiprovvisori impiegati nel processo e della manod'opera relativa, ammontò complessivamente a nonpiù di 1500 DM, cioè circa un decimo dell'analogocosto del primo lavaggio.

ConclusioneDalle esperienze di laboratorio e dai tre casi pra-

tici descritti possiamo desumere quanto segue.a) La disincrostazione può effettuarsi sia per

mezzo di acidi minerali, che organici, che, infine,di acido fluoridrico. Quest'ultimo presenta, rispettoai processi tradizionali, notevoli vantaggi:

—• durata molto inferiore del processo, per la possi-bilità di una disincrostazione in un solo pas-saggio;

— minori spese nei collegamenti provvisori;—• temperature del processo molto più basse;— maggiore sicurezza nella protezione degli acciai.

b) È consigliabile il prelievo di spezzoni ditubo per una stima delle quantità di ossidi depo-sitati sui tubi,, al line di stabilire con esattezza laquantità dei reattivi acidi da impiegarsi.

e) Nella fase di neutralizzazione dell'aciditàresidua sui tubi, è preferibile l'uso di abbondantilavaggi con soluzioni acquose leggermente alcalinee Palcalinità deve essere ottenuta per mezzo diidrazina o ammoniaca.

d) Dopo la disincrostazione si consiglia di pas-sivare i tubi mediante la formazione di un sottilestrato di magnetite compatta con un flusso diacqua o vapore molto caldi, possibilmente sopra i300°C.

Bibliografia[1] Vogel O. - Handbuck der Metallbeizer - Verlag Chemie

(1951).[2] Spilline:- F. - Der Chemismus einer Kesslbeizung mit

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111

Uno studio sulla depressurizzazioneconseguente a rotture di un recipiente in pressione

contea jnte acqua-vapore

C. Sandri, A. Premoli (*)

Riassunto - Oggetto del presente lavoro è la formula-zione di uno schema di calcolo per determinare teori •contente le modalità secondo cui un recipiente, conte-nente acqua-vapore in pressione, si svuota attraversorotture su di esso variamente posizionate.

In questo studio vengono analizzati e discussi irisultati e i limiti di alcuni semplici criteri di calcoloche richiedono soltanto la soluzione di equazionianalitiche e\o l'uso di piccoli calcolatori da tavolo.Ovviamente non sono da attendersi risultati cosisoddisfacenti conni quelli che possono ottenersi fa-cendo ricorso a codici numerici sofisticati, che richie-dono Vimpiego di grossi calcolatori.

Questo lavoro teorico si basa su una precedenteindagine sperimentale effettuata su un serbatoio di3 m3 di volume, e viene eseguito quale contributo allasoluzione dei problemi di sicurezza concernenti ilriattare CIRENE.

In questo articolo viene presentala la prima partedel lavoro teorico concernente i transitori di pressionedel serbatoio.

Summary - This paper concerns theoretical criteriafor blowdown calculations relevant to a tank, filledwith saturated steam-water and voided through aper-tures located in different, positions.

The present work- is aimed at analysing and discus-siiig results and limits of some simple calculationcriteria, which require only solution of analyticalequations and/or use of small table computers. Ofcourse, the expected calculation accuracy will not beso satisfactory as in the case of complex and sophisti-cated numerical codes which require largo digitalcomputers.

The theoretical work is based on an experimentalinvestigation performed with a 3 m3 tank and it hasbeen performed in support of the CIRENE reactorsafety problems.

This paper presents the first part of the theoreticalwork concerning tank pressure transient evaluation.

1. IntroduzioneNel presente lavoro viene studiato il fenomeno di

« svuotamento >> che si verifica in un serbatoiocontenente acqua-vapore in pressione quando essosi scarica, depressurizzandosi, attraverso rotturesu di esso variamente posizionate.

Questo studio, pur rivestendo un interesse dicarattere generale, viene eseguito principalmentequale contributo alla soluzione dei problemi di si-curezza concernenti il reattore CIRENE [1],

(*) C.I.S.E. - Sodato, Milano.

In questo tipo di reattore i canali di potenza,refrigerati da acqua in cambiamento di fase, sonoconnessi, attraverso tubi di miscela, a un corpocilindrico nel quale avviene la separazione del va-pore dal liquido. Dal corpo cilindrico il vapore èpoi mandato in turbina.

Una rottura che si verificili ad esempio su unadelle tubazioni che si dipartono dal corpo cilindricoprovoca lo svuotamento di questo e, conseguente-mente, di tutti i canali di potenza connessi al corpocilindrico stesso.

Per quanto riguarda i problemi di sicurezza delreattore CIRENE il parametro più importantedurante lo svuotamento del corpo cilindrico è lapressione il cui transitorio influisce direttamente sul-la rapidità di svuotamento dei canali di potenza.Si ricorda a proposito che la diminuzione del con-tenuto di miscela acqua-vapore nei canali di po-tenza ha conseguenze negative sia perché riducela capacità refrigerante della miscela, sia perché lacaratteristica intrinseca del reattore CIREXE ètale che al diminuire della massa contenuta nei canalidi potenza, la potenza termica generata aumentafortemente [l].

Pertanto nel presente studio, particolare atten-zione viene rivolta all'andamento temporale dellapressione nel serbatoio.

Sulla base di risultati sperimentali [2 , ottenuticon un serbatoio di 3 m3, si ". sviluppalo un modelloteorico di calcolo, contenente peraltro notevoli sem-plificazioni, tale da poter essere direttamente e fa-cilmente utilizzato dai progettisti per una valuta-zione di massima d.ei transitori termoidraulici de-terminati da situs^'.jni anomale di impianto, qualirotture di recipienti a pressione. Il modello di cal-colo proposto viene criticamente discusso e analiz-zato sulla base dei corrispondenti transitori speri-mentali.

2. EsperienzeLe esperienze sono state condotte sull'impianto

Betulla che è un complesso di prova del C.C.R.EURATOM di Ispra costruito per ricerche concer-nenti problemi di sicurezza dei reattori.

I risultati sperimentali più importanti sono statigià presentati [2] e pertanto nel presente lavoroessi saranno solo brevemente richiamati.

L'impianto sperimentale consiste sostanzialmentedi un serbatoio in acciaio al carbonio con le seguenticaratteristiche (fig. 1):diametro : 89.8 cmaltezza : 5L9 cmvolume totale : 3 ni3

112

Fig. I - Schema dell'impianto sperimentale.

pressione di lavoro massima : 51 kg/cm2

temperatura di lavoro massima: 450 °C11 fluido contenuto nel serbatoio viene riscaldato

per mezzo di 10 resistenze corazzate immerse chesviluppano una potenza massima di 80 kW conun flusso termico di 1,65 W/cm2. L'altezza di taliriscaldatori è pari a circa il 70% di quella dellaporzione cilindrica del serbatoio.

Le prove di svuotamento sono state condottescaricando il fluido nella atmosfera attraverso cortetubazioni di efflusso variamente posizionate sulserbatoio, come indicato in fig. 1. Il diametro diqueste è di 8" nella posizione I e III e di 5" nellaposizione II; il diametro della bocca di efllussopuò, rispetto a questi valori, essere ridotto introdu-cendo delle oriliziature.

Le lunghezze dei tubi di efllusso sono diverse per!e tre posizioni, come mostrato in fig. 1.

La valvola a saracinesca sul condotto di scariconella posizione I è stata inserita per effettuare leprime esperienze di svuotamento, a causa dell'in-certezza iniziale esistente sul corretto dimensiona-mento del sistema di rottura.

Il sistema che simula la rottura del serbatoio ècostituito da due dischi di rame inseriti all'estremitàdel condotto di efflusso e delimitanti una camerapressurizzabile con gas. Mentre il serbatoio vieneportato alle condizioni di regime, la camera delimi-tata dai due dischi viene pressurizzata in manieratale che la differenza di pressione esistente tra l'in-terno e l'esterno del serbatoio si ripartisca sempreira modo uguale su ciascuno dei due dischi. Questisono dimensionati per resistere fino ad una pressione

differenziale eguale a circa la metà del valore «Iellapressione che si vuoi raggiungere nel serbatoio;una volta che il serbatoio ha raggiunto la pressionedi regime (l'esterno è a pressione atmosferica) èpossibile provocare la rottura dei dischi aumentandoo diminuendo la pressione del gas nella camera.

Per quanto riguarda la strumentazione, termo-coppie di piccolo ingombro sono inserite all'ingres-so del condotto di efflusso e nella sezione critica;all'interno del serbatoio, su di un sostegno verticale,sono inoltre posizionate 10 termocoppie allo scopodi ottenere indicazioni sulla distribuzione spazialedella temperatura. Trasduttori di pressione a ri-sposta rapida (de! tipo a trasformatore differenziale)sono inseriti alle estremità superiore ed inferiore delserbatoio e sulla sesione di uscita. I transitori dimassa vengono misurali per mezzo di un trasdutloredi pressione differenziale collegato alle estremitàsuperiore ed inferiore del serbatoio; è evidente cheun tale metodo di misura è significativo solo nelcaso in cui fenomeni accelerativi entro il serbatoionon alterino seusibilmente la misura del battenteidrostatico. Tutti i segnali vengono registrati su unregistratore galvanometrico multicanale. La tab. Ifornisce un quadro riassuntivo delle prove effettuate ;per tutte è stata usata acqua demineralizzata.

posizionedella bocca

efflusso

I

II

III

pressioneinizialekg/cm2

51

51

51.

rabella 1

contenutomassa ini-ziale kg

10401890

10401890

1040

diametro dellabocca di (-Musso

2" 4"2" 4"

2" 4"5"

2" 4"

6"6"

5"

6"

8"8"

8"

3. Analisi teorica

3.1. Schema generale di calcoloI transitori di pressione e di massa all'interno del

serbatoio vengono calcolati come una successionefinita di regimi stazionari in equilibrio termodina-mico e trascurando la variazione spaziale di pres-sione e di temperatura nel serbatoio stesso. Ladurata AT di ciascun stato stazionario viene assuntatanto più breve quanto più elevata è la velocitàdi depressurizzazione.

Al generico istante ? le condizioni all'interno delserbatoio vengono calcolate in funzione di quelloal tempo precedente T-AT mediante equazioni dibilancio di energia e di massa, e nell'ipotesi che levarie grandezze mantengano un valore costantsdurante AT:(£)T-AT — (J7<;)T-AT- A T = (Mh,)i + {Vv)tJ.)* —

- M / > ) T (i)(M)z = ( M ) T — AT — ( />— AT- AT

II calcolo corretto dell'entalpia specifica ft; dettamiscela all'ingresso del condotto di scarico richie-

113

derebhe la conoscenza delle modalità secondo cui sialtua l'espansione del sistema e la separazione dellefasi. Per semplicità si ammette che l'espansione siaisoentropica ed il calcolo viene eseguito nelle dueipotesi limite di separazione del vapore dal liquidototale ed immediata (ipotesi ,4) oppure di completainiscdnzionp delle due fasi durante l'espansione(ipotesi li).

Per quanto poi riguarda la portata di efflusso F,in tutti i casi esaminati il fluido contenuto nel ser-batoio scarica da questo in condizioni di efflussocritico per la quasi totalità del transitorio.

Si rende quindi necessaria una analisi critica deimodelli empirico-teorici esistenti in letteratura pertale complesso fenomeno ed una scelta, tra questi,compatibile con gii scopi che questo lavoro siprefigge.

IVI. fi/flusso critico bifase

Per i sistemi bifasici a un solo componente, qualeè quello in esame, tale fenomeno non e ben noto,a differenza di quanto accade per i sistemi mono-fasici e in particolare per i gas perfetti. Ciò perchéil trasporto di massa (evaporazione o condensazione)la differenza Ira le velocità medie del liquido e delvapore, il tipo di configurazione del moto (motoa bolle, a tappi, anulare, disperso, ecc.) e l'eventuali-tà di un disequilibrio termodinamico rendono ilfenomeno notevolmente complesso.

Che durante l'efflusso si abbia un cambiamento difase consegue dalla presenza della caduta di pres-sione che determina lo stato di moto del fluido.

Le modalità secondo cui un sistema bifase efflui-sce dipendono dal tipo di configurazione del motoche esso assume. Da ciò l'importanza di individuaretale configurazione anche nel trattare il fenomenodell'efflusso critico.

Per quanto infine riguarda il disequilibrio termo-dinamico, l'esistenza di questo e la sua rilevanteinfluenza sono stote riconosciute sperimentalmenteper i casi in cui l'efflusso critico avviene attraversoorifizi o brevi condotti.

Al crescere della lunghezza dei condotti di scaricosembra che i fenomeni di disequilibrio termodina-mico si attenuino, o ohe comunque diminuisca laloro influenza sulle modalità di svolgimento del-l'efflusso critico. Negli studi più recenti sull'argo-mento si riscontra tuttavia la tendenza a rivalutarel'importanza del disequilibrio termodinamico. Laquestione non è stata comunque ancora definitiva-m mte risolta.

II tener conto di tutti questi fenomeni porta allaformulazione d; modelli di efflusso critico di notevolecompie »itn tutt'altro che agevoli ad usarsi e inoltrenon del tutto soddisfacenti. Pertanto si è qui ri-corsi al più semplice tra i modelli reperibili inletteratura: quello omogeneo.

«Ì.3. « Modello omogeneo »

Tale modello presuppone l'equilibrio termodina-mico tra le fasi, l'eguaglianza delle loro velocitàmedie <> l'isoentropicità, dell'espansione nel condottodi scarico. Quest'ultima assunzione è giustificatadalla rapidità della trasformazione (per cui loscambio di calore con l'esterno è praticamente nullo)

e dalla trascurabilità delle perdite di carico e perattrito lungo il breve condotto di efllusso.

In tali ipotesi e supponendo nulla la velocitàdel fluido ad una certa distanza dall'ingresso deltubo di scarico, l'equazione di conservazione dellaenergia e quella di continuità applicate tra le se-zioni I e 2 (fig. 2) assumono la forma:

/(, = h

G = •

(3)

(4)

s a i » «Iti motn

Fìg. 2 - Condizioni termodinp.-aiche alte estremità del con-dotto di efflusso.

Risolvendo rispetto a G, dalle (3) e (4) si ottiene:

(5)

Poiché l'espansione è per ipotesi isoentropica,k e v risultano funzioni della sola pressione P;tale è quindi anche la portata specifica G. Il valoremassimo di quest'ultima e cioè la portata specificacritica Gc, si ottiene pertanto dalla (5) calcolataper P = Pc, essendo Pc —• la pressione critica —soluzione della:

e tioè, per la (5), della equazione:„ hi — h dV dh

= 0 (7)V dP ' dPDalle (5) e (7) e dal primo principio della termo-

dinamica, si deduce infine

3.4. Altri criteri per la determinazione della portatadi efflusso

II calcolo dì Gc mediante la (7) e la (8), pur nonpresentando difficoltà non è tuttavia particolar-mente agevole né rapido, soprattutto per il fattoche richiede una serie di tentativi per la determina-zione di Pc. Pertanto nel caso'di efflusso di miscelea titolo 1 o prossimo ad 1, per le quali una espan-sione adiabatica può ancora essere rappresentata,con una certa approssimazione, da una equazione

114

Tdui tipo Pv*- = cost, la portata di efflusso vienecalcolata anche mediante la relazione, valida per igas perfetti:

T, .= S•tl±l

PV,ove è però .v = 1,135 anziché 1,3.

Infine, por le prove con scarico dal lato acqua(condotto di efflusso in posizione /, fig. 1) il calcolodella portata viene eseguito anche nell'ipotesi diincomprimibilità del fluido scaricante dal serbatoio.Una simile assunzione ha evidentemente senso solose si ipotizza all'interno del serbatoio una separa-zione totale ed istantanea del vapore dal liquido enel breve condotto di scarico una totale mancanzadi evaporazione, cioè uno stato di completo disequi-librio termodinamico. In tali ipotesi la portata dieiliusso può essere calcolata con la relazione:

T=*S)/2p(P—Ptt) (10)ove a = 0.61 è il coelh'eiente di efflusso e p è ladensità del liquido saturo alla pressione P.

4. Calcoli dei transitori e confronto con i datisperimentali

4.1. Efflusso del lato vaporeLe modalità secondo cui il serbatoio si depressu-

rizza sono influenzate dal titolo che la miscelaellluente assume all'ingresso del condotto di scarico,sia attraverso l'entalpia specifica /(,- sia tramite la

tecniche di ripresa cinumatografija ad alii velo-cità [5].

La curva St si riferisce ad una depressurizzazionesufficientemente veloce, tale cioè che quando lamassa iniziale di vapore Mvu ha terminato di de-fluire, il vapore formatosi in seguito alla depressuriz-zazione si trova ancora inglobato nella massa li-quida.

La curva S2 corrisponde invece al caso di depres-surizzazione molto lenta, tale cioè da consentire laseparazione del vapore dal liquido via via che ilprimo si forma.

La fig. 4 mostra il confronto fra i transitori dipressione calcolati con i criteri precedentementeillustrati, e gli stessi quali risultano sperimental-mente.

Tale confronto pone in evidenza che l'ipotesi diseprazione immediata e totale del vapore dal liquidoporta a calcolare transitori di pressione in tantomigliore accordo con quelli sperimentali quantopiù lenta è la depressurizzazione (fig. 4«).

Viceversa al crescere del diametro della bocca dielllusso e cioè della velocità di depressurizzazione èl'ipotesi B a fornire risultati più soddifacenti, al-meno neila prima parte del transitorio, fintantocioè che, al diminuire della velocità con cui il si-stema depressurizza, non si sviluppa la separazioni:delle fasi (figg. 4ft, 4c).

Per quanto riguarda i primi istanti dello svuota-mento, dapprima la pressione decresce bruscamente,

a: ipotesi A

b ipotesi B

Sycaso rate-depressirizzazione 'veloce,

S2:caso reale -dtpmsunzzazr.it "tenti,.

Fig. 3 - Efflusso dal lato vapore:indamente del titolo Xi in fun-zione della pressione P. Preisione P

portata di elllusso F (equazioni 1, 2, 8, 9). Si èpertanto ritenuto opportuno istituire un confronto,seppure soltanto qualitativo, tra il presumibile an-damento reale di AT; in funzione della pressione Pe i corrispondenti andamenti teorici quali risultanodalle ipotesi, limite di separazione de) vapore dalliquido totale (ipotesi A) o nulla, (ipotesi B): curvea e b rispettivamente di fig. 3.

Nel caso reale la variazione di Xc con la pres-sione può essere rappresentata da curve del tipodi S-, e di S2 (fig. 3), in accordo con quanto risultada una analisi visiva del fenomeno condotta con

quindi aumenta per un breve trailo, riprendendopoi e diminuire (fig. 4).

La brusca caduta iniziale di P è probabilmente daattribuirsiafenomcnididisequilibrio termodinamico,quale, ad esempio, un «ritardo» alla evaporazione;si può cioè avanzare l'ipotesi che, all'interno dalserbatoio, durante i primi istanti di transitorio,la massa liquida, satura al tempo iniziale, none vii pori nonostante la diminuzione di P, ma divengasovrassatura ; viene così meno l'azione di sosteni-mento che la formazione di vapore esercita sullapressione P.

115

rPosizione d i l l i bocca di ìcarico.-B

li)

I 11»)1

so

«0

JO

2 0

10

0

) as

L

1

1.0

Mo«1O4O 0 - 2 " Mo«1O4O

IO

p

50'

(d)

— curva sperimentile

o teoria dei gas perfetti

t modello omogeneo;ipolesi A

a modello omogentojipctesi B

• disequilibrio termodinamico

Fig. 4 - Efflusso dal lato vapore: confronto dei transitori teorici di pressione con i corrispondenti sperimentali,

116

In tale ipotesi, considerando il vapore effluentecome un gas perfetto, la equazione f.i bilancio dellamassa per il serbatoio diviene:

dtconYv = cost . = V .o

P^.x = p^.ox (x = 1,135)L'equazione (11) viene integrata analiticamente.

I risultati numerici di questo calcolo sono dia-grammati nella fig. 4. Come si può constatare perMo = 1040 kg e 0 = 2", 4" essi concordano abba-stanza bene con gli andamenti sperimentali; unaccordo assai minore si riscontra invece per Mo —= 1040 kg e 0 5", mentre nel caso con MB = 1890kg e 0 ry" i risultati teorici sono fortemente discor-

caso si faccia l'ipotesi di fluido incomprimibile, me-diante la relazione F = a S ]/ 2p {P—Pa).

Nel primo caso il calcolo condotto nell'ipotesi Ao B fornisce, per P > PsA praticamente gli stessirisultati (flg. 6, 7). Ciò è dovuto al fatto che nell'nter-vallo di pressione P0-±P,A i valori di X( quali ri-sultano delle ipotesi A o B sono tra loro assai simi-li; tali risultano pertanto anche le portate di efflus-so e quindi i transitori di pressione.

Per P > P,,i i risultati teorici appaiono in di-screto accordo con i corrispondenti sperimentali(ftgg- 6, 7) ; il lieve scostamento riscontrato è pro-babilmente dovuto alla scelta del modello di efflussocritico: per bassi titoli, come sono quelli con cui siha a che fare nei casi di efflusso dal lato acqua, ilmodello omogeneo non è infatti in grade di offrirerisultati soddisfacenti [6].

'ipotesi A b ipotesi B s u s o reale

Fig. 5 - Efflusso dal lato acqua:andamento del titolo A', in fun-zione della Pressione P. Pressione P

danti da quelli sperimentali. La ragione di similecomportamento non è affatto chiara.

4.2. Efflusso dal lato acquaAll'istante iniziale T0, per tutte le prove eseguite,

il livello di liquido sì trova al di sopra dell'orlosuperiore della bocca di efflusso. Ne segue che nelcaso reale l'andamento di Xt in funzione della pres-sione è presumibilmente del tipo di quello rappre-sentato dalla curva S di fig. 5. In essa il rapido au-mento di Xi corrisponde allo scoprimento dellabocca di efflusso da parte del livello del liquido.

Nella stessa figura le curve a e b rappresentanoqualitativamene l'andamento del titolo À', nelleipotesi limite di separazione de] vapore dal liquidototale (ipotesi A) o nulla (ipotesi B), rispettiva-mente.

Il valore del.;, pressione a cui il livello dell'acquaraggiunge Torlo superiore della bocca dì scaricoviene indicato con Ps nel caso reale, con PsA nel-l'ipotesi A, con PaB nell'ipotesi B. Si può presu-mere che sia PsD < P, < PtA. Il calcolo dei tran-sitori di pressione viene condotto solo fino ad unvalore di P pari a P,A o V,B, a seconda che, rispet-tivamente ,si sia assunta l'ipotesi A o quella li.

La portata effluente viene calcolata mediante ilmodello omogeneo di efflusso critico oppure, nel

Per Pau < P < PSA i transitori di pi-essionc sonoovviamente calcolati solo nell'ipotesi B. In questazona di pressioni lo scostamento tra risultatiteorici e sperimentali aumenta. La causa di ciòva ricercata nel fatto che è presumibilmente \Ps>P,nil che significa che nel caso reale lo scoprimentodella bocca di efflusso da parte del livello di liquidoavviene prima di quanto previsto nell'ipotesi dicompleta miscelazione delle fasi. Pertanto il cal-colo teorico continuerebbe a supporre un efflussodi miscela a basso titolo quando invece, nel casoreale, dal serbatoio defluirebbe ormai vapore circasaturo (fig. 5).

Per quanto riguarda l'ipotesi di fluido incompri-mibile, essa non da luogo a risultati soddisfacenti(fìgg. 6, 7). La ragione fondamentale risiede nelfatto che nel caso reale la separazione del vaporedal liquido all'interno del serbatoio non è néistantanea né completa; il fluido che scarica dalserbatoio è pertanto bifasico e non può quindi esse-re considerato incomprimibile.

5. ConclusioniSulla base di questa prima parte dello studio,

che sarà completato con l'analisi di altri parametriquali il contenuto in massa del serbatoio, la tem-peratura in 'osso e la condizioni termodinamiche

11?

Posizione d*Ut bocca di scarico:!

f2"l«lMo'1040 kg <$•{

- curva sperimentale

i modello omogeneo; ipolesi A

• modello omogeneo; Ipolesi B

» fluido incomprimibile

Fig. <> - Edlusio dal lato acqua: confronto dei transitori(curici ili pressione con i corrispondenti sperimentali.

nella sezione critica [3], si possono porre in evi-denza i seguenti fatti:

iifflusxo dal Iato vaporea) Lo schema di calcolo descritto appare abba-

stanza soddisfacente, almeno nella prima parte deltransitorio, purché venga effettuata una scelta op-portuna tra le ipotesi limite di separazione totale onulla del vapore dal liquido per il calcolo del titoloA'j. Tale scelta deve basarsi sulla velocità con cuiil serbatoio si depressurizza; gli elementi a disposi-zione non sono per altro sufficienti a fornire un cri-terio del tutto generale per effettuarla. Tuttaviaper sistemi geometricamente simili a quello esa-minato, con contenuto iniziale di liquido pari in•volume a circa il 50% dal volume totale del ser-batoio e con pressione iniziale Po pari a 51 ata.

Posizione della bocca di scariec.n

!

2"(a)4" (b)6' IO

— curva sperimentale& modello omogeneo ; ipolesi Aa modello omogeneo ; ipotesi Bo fluido incomprimibile

(hg/crf

Fig. 7 - Efflusso dal lato acqua: confronto dei transitoriteorici di pressione con i corrispondenti sperimentali.

si può affermare che il ricorso alla ipotesi A è daeffettuarsi quando:

Po~tTT

<2

essendo T il tempo necessario al dimezzamento dellapressione. Per:

IT> 4,5

è invece l'ipotesi B a fornire i risultati più validi.

113

Indicazioni più precise e di carattere più generalepossono ottenersi solo da un'indagine più ampia-mente parametrizzata.

b) Nell'ipotesi A di separazione totale ed istan-tanea del vapore dal liquido l'applicazione, per ilcalcolo della portata critica di efflusso, del modelloomogeneo o della relazione (9) valida per i gasperfetti conduce praticamente agli stessi risultati.Ciò sembra indicare che l'approssimazione derivantedal ritener valida la legge PpX- = cost per l'espan-sione adiabatica di una miscela acqua vapore contitolo in massa, a monte del condotto di espansione,compreso tra 0,7 e 1, è accettabile per il fenomenoin esame.

Efflusso dal lato acquaa) I transitori di pressione calcolati ricorrendo,

per la determinazione di /*,-, al modello omogeneorisultano in discreto accordo con quelli sperimentalifin tanto che il livello del liquido si mantiene aldi sopra del condotto di scarico. L'assunzione del-l'ipotesi A o B non comporta sensibili differenzenell'andamento di P.

b) L'ipotesi di incomprimibilità del fluido sca-ricante dal serbatoio conduce a risultati del tut toinsoddisfacenti; come già accennato la causa è so-stanzialmente da ricercarsi nel fatto che l'ipotesi diseparazione completa ed istantanea del vapore dalliquido non corrisponde alla realtà del fenomeno.

SimbologiaP = pressionev = volume specificop = densitàX = calore specifico di evaporazionex = titoloh = entalpia specificaE — contenuto totale di energiaM = contenuto totale di massa

/ '

Ga0

sVT

w

= portata di massa= portata specifica di massa= coefficiente di efflusso= diametro della bocca di efflusso= area della bocca di efflusso= volume= tempo= velocità

INDICIABaciI.V0

t

= ipotesi A= ipotesi B= condizioni atmosferiche= condizioni critiche= condizioni all'ingresso del condotto di scarico= liquido saturo= vapore saturo secco= condizioni iniziali= serbatoio.

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119

I ,

Una correlazione adimensionale per la determinazione delladensità di miscele bifasiche

A. Premoli, D. Di Francesco, A. Prina (*)

Riassunto - Viene presentata la prima parte di unostudio teorico e sperimentale avente lo scopo di svi-luppare crìteri di calcolo in grado di determinare consufficiente precisione la densità la frazione volumetri-ca di gas od il rapporto di scorrimento di miscelebifasiche fluenti in condizioni termoidrauliche varia-bili in un campo molto esteso.

È stata sviluppata una correlazione relativa allecondizioni di miscele bifasiche in moto verticale ascen-dente entro condotti adiabatici.

Lo studio è basato su di una ricerca sperimentale,effettuata al CI SE, in condizioni molto varie per quantoriguarda sia le velocità e le proprietà fisiche delle mi-scele, sia le configurazioni dei condotti.

La correlazione è stata ricavata in forma adimen-sionale come rapporto di scorrimento in funzione dellegrandezze fisiche determinanti del fenomeno, eviden-ziate dall'analisi dei risultati sperimentali-, la corre-lazione è stata ottimata con il criterio di minimizzaregli scostamenti fra valori calcolati e misurati intermini di densità, che è il parametro di immediatoi'deresse nelle applicazioni nucleari delle miscelebifasiche.

L'accordo medio con i dati sperimentali è entro± 8% in termini di densità e entro ± 5 % in terminidi frazione di vuoto.

Inoltre questa correlazione limitatamente ad alcunecondizioni, può anche essere utilizzata per la determi-nazione della densità di miscele fluenti entro condotticon flusso di calore dalla parete.

Summary - This paper briefly presents the firstpart of a theoretical work devoted to the developmentof calculation criteria predicting density, void fractionor slip ratio of two-phase mixture in a wide range ofconditions.

For the time being a correlation has been developedwhich is relevant to two-phase mixtures flowing up-wards in vertical channels under adiabatic conditions.

The work is based on an experimental investigation,performed at CJSE, relevant to a large variety ofconditions as for mixture velocity and physical pro-perties, and channel configurations.

The correlation has been derived, in an adimensionalform, as slip ratio versus governing parameters, emer-ging from data analysis, and it has been optimizedwith the criterion of minimizing density calculationserrors ; density is a quantity directly affecting reactivity,when two-phase mixtures are used as cooling agentsin nuclear reactors.

The average agreement with experimental data is

(*) C.I.S.E. - Segrato, Milano.

within 8% in terms of density or liquid volume frac-tion, and within 5 % in terms of void fraction:moreover the present correlation, under some condi-tions, can be already used for density determinationof mixtures flowing in heated channels.

1. IntroduzioneL'impiego di miscele bifasiche come refrigeranti

nei reattori nucleari ha portato ad un crescenteinteresse per la fluidodinamica e la trasmissionedel calore con fluidi in cambiamento di fase; questiargomenti in precedenza venivano studiati limita-tamente ad aìouni problemi riguardanti caldaieconvenzionali ed impianti petroliferi.

Nel caso dei reattori nucleari sia l'effetto moderan-te che assorbente della miscela refrigerante dipen-dono direttamente dalla densità della miscela stessa.Pertanto fra i vari parametri termodinamici efluidodinamici caratteristici di una miscela bifasica,la densità ha una grande importanza in quantoinfluenza l'economia neutronica e la dinamica delreattore, e rappresenta un parametro, la cui cono-scenza può essere fondamentale per il progetto dicerti tipi di reattore nucleare.

In questo articolo viene presentata la prima partedi uno studio teorico e sperimentale avente lo scopodi sviluppare criteii di calcolo in grado di determi-nare con sufficiente precisione la densità, la frazionevolumetrica dì gas od il rapporto di scorrimento dimiscele bifasiche fluenti in condizioni termoidrau-liche variabili in un campo molto esteso.

È stata sviluppata una correlazione relativa allecondizioni di miscele bifasiche in moto verticaleascendente entro condotti adiabatici.

Lo studio è basato su di una ricerca sperimentale,effettuata al CISE in condizioni molto varie perquanto riguarda sia le velocità e le proprietà fisichedelle miscele, sia le configurazioni dei condotti.

La correlazione è stata ricavata in forma adimen-sionale come rapporto di scorrimento in funzionedelle grandezze fisiche determinanti del fenomeno,evidenziate dalla analisi dei risultati sperimentali;la correlazione è stata ottimata con il criterio diminimizzare gli scostamenti fra valori calcolati emisurati in termini di densità, che è il parametro diimmediato interesse nelle applicazioni nucleari dellemiscele bifasiche.

L'accordo medio con i dati sperimentali è entro± 8% in termini di densità e entro ± 5% in terminidi frazione volumetrica di gas o grado di vuoto.

Inoltre questa correlazione, limitatamente adalcune condizioni, può essere utilizzata anche per ladeterminazione della densità di miscele fluentientro condotti con flusso di calore dalla parete.

120

Lo studio verrà completato con lo sviluppo dicriteri di calcolo di validità generale in grado dipermettere la determinazione della densità in con-dizioni di miscela evaporante entro condotti ri-scaldati.

Tutta questa ricerca è effettuata in appoggio alprogetto del reattore CIRENE [1], il quale è forte-mente influenzato dalla densità della miscela bifa-sica refrigerante acqua-vapore, per quanto riguardasia la vita del combustibile sia gli aspetti di con-trollo e sicurezza del reattore.

2. Analisi dei dati sperimentali e scelta delle gran-dezze fisiche determinantiLa correlazione è stata sviluppata prevalentemen-

te sulla base dei dati sperimentali ottenuti al CISEcon l'impiego di miscele bifasiche monocomponenti(liquido in presenza del suo vapore) e bicomponenti(gas e liquido, chimicamente distinti, miscelatiinsieme) fluenti in moto ascendente in condotti ver-ticali adiabatici.

La grande varietà di condizioni sperimentali in-vestigate al CISE ha permesso di evidenziare legrandezze fisiche determinanti del fenomeno e di

dove gli apici si riferiscono ai valori locali, nellasezione trasversale, delle grandezze considerate.

Dalle equazioni (1) e (2) si può osservare in parti-colare ohe, per un assegnato valore di titolo, laconoscenza di una qualsiasi delle tre grandezze a,p e S determina univocamente anche i valori dellealtre due.

Sono state effettuate circa 17000 misure speri-mentali che rappresentano una delle più vaste ecomplete raccolte di dati disponibili in letteratura:1350 con miscele bicomponenti e 350 con miscelaacqua-vapore [21, [3], [4], [5], [6]._

Nel caso di miscele hi componenti è stata diret-tamente misurata la frazione volumetrica di liquido(1—a) per mezzo del metodo dilatometrico [9] odel metodo delle valvole a chiusura rapida [IO];con le miscele acqua-vapore è stata misurata ladensità per mezzo delie valvole a chiusura rapidaf 10|.I corrispondenti errori di misura sono 0,005^-0,01in termini di frazione volumetrica di vuoto o diliquido e 0,005—0,01 g/cm3 in termini di densità.

Le proprietà fisiche delle miscele bifasiche, uti-lizzate nelle esperienze, sono riassunte nella ta-bella n. 1.

Tabella n. 1

Miscela

Miscele monocomponente— acqua-vapore

Miscele bicomponenti (a 18°C)

— acqua-argon

— acqua-azoto

— acetone-argon

— alcool etilico-argon

Pressione(kg/cm2)

30-70

2-25

2-25

2-25

2-25

Densitàliquido(g/cm3)

0,74-0,83

1,0

1,0

0,793

0,790

Densitàgas

(g/cm3)

0,015-0,036

0,003-0,042

0,002-0,029

0,003-0,042

0,003-0,042

Tensionesuperne,

(dyne/cm)

18-30

73

73

24

22,5

Viscositàliquido(cpoise)

0,10-0,15

1,05

1,05

0,33

1,26

Pi

P = P/ ( 1 -

Tr - J

valutarne i corrispondenti effetti in termini di den-sità p, frazione di vuoto a o rapporto di scorri-mento S.

Si ricordano a questo proposito le principali rela-zioni [8] che intercorrono, fra i parametri p, <* e S,mediati sulla sezione trasversale del condotto, ed ititoli in massa X e in volume Xv, definiti in no-menclatura :

1— = s

(2)

(3)

(4)

(5)

(6)

-r

Jadtl- / u', (!-«') dau'- /(!-«') da

Le esperienze sono state effettuate con diversicondotti sventi le configurazioni di tabella n. 2.

Si sono effettuate misure nel campo di portatespecifiche di massa comprese fra 5 e 350 g/cm2se per titoli in volume variabili da 0 a 1.

L'impiego delle miscele bicomponenti nelle espe-rienze è particolarmente utile in quanto permettedi distinguere gli effetti, sulla densità o sulla fra-zione di vuoto, delle diverse proprietà fìsiche qualidensità della fase liquida J gassosa, tensione super-ficiale e viscosità: nel caso delle miscela acqua-vapore tutte queste grandezze cambiano contempo-raneamente al variare della pressione di satura-zione.

I dati sono stati analizzati senza alcuna distin-zione per quanto riguarda il tipo di configurazionedi moto bifasico (moto a bolle, moto a tappi,moto anulare, etc.); d'altronde i tipi di moto nonsono sempre chiaramente definiti specie nel caso dicondotti di geometria complessa-quali ad esempioquelli a fascio di barre.

121

Tabella n. 2

Miscela

Miscelaacqua-vapnrt

.MisceleScomponenti

geometria condotto

— tulio

— anulo (2,0/2/3 cm)

— amilo ( I / J / 2 / 3 cm)

— fasc'o 19 barre

— tubo

— tulio

— tubo

— anulo ( 1,5/2,5 cm)

— amilo (2,0/2,5 cm)

— fascio 7 barre

— fascio 7 barre

- fascio 7 barre

— fascio 19 barre

— fascio 19 barre con18 barre di riempi-mento

— fascio 19 barre

diametroequivalente

(cm)

0,91

0,30

0,90

0,75

1,50

. ?,50

5,00

1,00

0,50

1,20

0,50

O,<55

0,53

0,30

0,75

2.1. Effetto della velocitàLa portata specifica di massa o velocità di massa

G = r/il è stata scelta come grandezza mediacaratterizzante i campi di velocità della miscela inmoto.

L'effetto di G è presentato in termini di frazionevolumetrica di liquido (1—a) nelle fig. 1 e 2, che siriferiscono rispettivamente a miscele monocompo-nenti e bicòmponenti. Nella zona di bassi titolil'influenza di G è piccola e talvolta poco chiara:ai titoli più alti (*) (1—a) e S sono chiaramente in-fluenzati dal valore di G e crescono al diminuire di G.

2.2. Effetto delle proprietà fisiche

2.2.1. Densità della fase, gassosa e della fase liquidaLe misure sono state effettuate in un campo limi-

tato di densità della fase liquida p; (0,75 < p; < 1g/cm3); pertanto è difficile mettere in evidenza chia-ramente la dipendenza di (1—a), p e S dalla den-sità pi.

Per quanto riguarda l'effetto della densità dellafase gassosa, alcuni tipici andamenti sono presen-tati in fìg. 3: (l—«} e 5 aumentano al diminuire dipg specialmente agli alti titoli, a pari altre condi-zioni.

Si può menzionare a proposito che, da un puntodi vista logico l'effetto di p; dovrebbe essere insenso contrario: pertanto il rappporto p;/pg potrebberappresentare un parametro in grado di tenereconto cntemporanemnte degli effetti delle densitàp, e pR su F, (1—a) o .S.

ai

aoi

d-tt)

0.001 OJOQS aoi

• o t

Acqua-vsporeTubo IT-23 Dtfl=0.91 cm

P=S0 kij/cm'• O-JHI ) / c m ! iO C-I0I.1 g/cm'sX. 0-J1O 9/cm1»L COSQ.Ì 9/cn>* s

005Fig. I - Effetto della portata

specifica di massa.

Le grandezze» fisiche determinanti del fenomenosono state evidenziate analizzando i dati speri-mentali in termini di densità p in funzione deltitolo A', di fraziono volumetrica di liquido (1—«) infunzione di (1—Xv) e di rapporto di scorrimentoin funzione del titolo. Come specificato in pre-cedenza, p, (1—a) e !ì sono valori mediati sulla.sezione trasversale del condotto.

2.2.2. Viscosità e tensione superficiali della faseliquida

Non è sempre facile valutare separatamente gli

(*) Si ricorda ai (ini di una immediata comprensione dellefigure del testo, che gli altri titoli X o X» corrispondono abassi valori del parametro (1 — X,-) usato come ascissa deidiagrammi.

122

I

i I

effetti della viscosità (jt( e della tensione superficialey su p, (1—a.) e S.

Nella fìg. 4 viene presentato un confronto fradati sperimentali ottenuti rispettivamente conmiscele acqua-vapore e alcool etilico-argon, lequali sono caratterizzate di- valori di viscosità |i(assai differenti mentre le altre proprietà fisiche han-no valori abbastanza vicini.

L'evidenza sperimentale indica che (1—a) e Saumentano al crescere della tensione superlioiale y.

Per quanto riguarda la dipendenza dalla viscosi-tà [il della fase liquida, alcuni dati ottenuti conmiscele acetone-argon e alcool etilico-argon, sonoconfrontati in fig. 5: l'acetone e l'acool etilico hannole stesse densità e tensioni superficiali, mentre !aviscosità dell'alcool etilico è circa quattro voltemaggiore di quella dell'acetone. Dal confronto ap-pare che solo agli alti titoli l'effetto della viscositàè apprezzabile e (1—a) diminuisce al crescere dellaviscosità.

2.3. Effetto della geometria del condottoL'analisi dei dati sperimentali [3], [4], [5], [6],

ottenuti con condotti di diversa configurazione(tubolare, anulare e a fascio di barre), ha messo inevidenza che il diametro idraulico equivalente Dtqè una grandezza significativa e sullìciente per tenereconto della influenza della geometria del condottosulla densità, sulla frazione di vuoto o sul rapportodi scorrimento.

0.7

as

03

a2

01

0.07.

005

aoa

102

0X11

* / /* / /

/

//

/

* /

/ Acetone.argon

/ Fascio 19 barre

VS=1Ó'25.9 g/cm1

•• G=2 j /cm J s

• G=5 if en? sX G=10 g/cm2 s

O 6 = 20 g/cm2 3

n 6=50 | / c a ! i» 6=100 g/cmS s

Questo effetto è meno sensibile con miscele abassa viscosità e tensione superficiale quali le mi-scele acqua-vapore ad alta pressione (fig. 9).

È opportuno sottolineare che tutti questi effettisono rilevanti solo agli alti valori di titolo.

11 rapporto di scorrimento 5 generalmente cresce

(1-«)

Aceto

Tubo

G=100 g/ciT?5

3 46 g/cmJ

g/cm1

O t'g : 10*42 g/cm3

(1-Xv)

0.02 0.03 aos aav ai oa O.J o.s o.? i

Fig. 3 - Influenza delia densità della fase gassosa.

0.01 ao2 ao3 aos cui? o.i 0.2 0.3 as 0.7 1

Fig. 2 - Effetto della portata specifica di massa.

Tube Oeq= '-5 cm

i'-36 g/cmJ

GBIOD g/cm2 s+ Acqua-irgon

O Alcool-argon

(1-Xv)

002 O03 O05 O07 0.1

Fig. 4 - Influenza dalla tensione superficiale.

Alcuni confronti fra condotti di diversa configu-razione, aventi circa lo stesso diametro equiva-lente, sono presentati nelle ngg. 6 e 7: i risultatisono in accordo flntro l'errore di misura. Per quantoriguarda l'effetto di Deg su (1—a) o S, una dipen-denza significativa (fìg. 8) può essere osservata aglialtri titoli, specialmente nel caso di miscele bicom-ponenti caratterizzate da valori di (*/ > 0,3 cpoisee di y > 30 dyne/em: a parità di altre condizioni(1—-a) e S diminuiscono al crescere di Dt<l.

con il titolo (fig. 10) fino od un massimo e poi di-minuisce lentamente; il valore del titolo, corrispon-dente al massimo di S, dipende dalle proprietàfisiche e dalle velocità della miscela, e dal diametroidraulico del condotto.

In base all'analisi critica dei dati sperimentali, leseguenti grandezze fisiche sono state scelte comeparametri determinanti del fenomeno per quantoconcerne densità, frazione di vuoto o rapporto discorrimento di miscele bifasichc:

123

Tig.

DO? OGJ OOS 00? 0.1 02 0.3 05 0.7

5 - Influenza della viscosità della fase liquida.

volume Xv, ed il moto hi fasico può essere conside-rato macroscopicamente omogeneo [8].

A questo proposito è opportuno ricordare che lacondizione di moto bifasico localmente omogeneo —cioè valori locali di S' uguali a 1 in <>gni punto dellasezione trasversale del condotto — non è suffi-ciente per determinare un rapporto complessivo discorrimento mediato sulla sezione eguale 1 (ved.eq. (3), (4), (5), (6; ). Nel caso di valori locali uni-tari di S (da misure effettuate al CISE sembra unacondizione soddisfatta con buona approssimazionenel caso di moto anulare) il rapporto di scorrimentocomplessivo è unitario solo se anche i profili divelocità o i profili di fase sono uniformi su tutta lasezione trasversale del condotto [8].

3. Sviluppo della correlazione e confronto con i datisperimentaliLa correlazione è stata costruita sulla base del-

l'analisi critica, presentata in 2, e seguendo unsuggerimento di M. Silvestri [7] secondo cui il rap-porto di scorrimento 5 o l'incremento AS = S — 1rispetto al valore unitario del rapporto di scorri-

ve

Q5

005

noi

/

•X

X

yx • /

/

Acqua-vapore

P«50 toq/cn?• lubo IT-23

Deq=O.e cm 6=214 q/cm sX anulo ir-45

Deq«tt9 tm G=2I7 g/cm2s(1-Xv)

0.001 0005 001 0.5

Fig. 6 - Confronto ira dati ot-tenuti con diverse configu-razioni di condotti aventicirca lo stesso diametroidraulico.

— portata specifica di massa G = fjù— diametro idraulico Deq

— densità della fase liquida e della fase gassosaPi e Ps

— viscosità della fase liquida [A(

— tensione superficiale y.Altre grandezze quali, ad esempio, la viscosità

del gas, soiio state trascurate. Fra le diverse gran-dezze in alternative (densità p, frazione di vuoto a. erapporto di scorrimento 5), il rapporto di scorrimen-to S è stato scelto come parametro da correlare infunzione delle grandezze determinanti, menzionatein precedenza, e del titolo in volume Xv.

Quando il rapporto di scorrimento S, che è unvalore mediato sulla sezione del condotto, è ugualea 1, la frazione di vuoto coincide con il titolo in

mento, viene espresso come una funzione analiticadelle grandezze menzionate in precedenza:

AS = / (G, Del), pi, pg, Hj, Y, Xv)La scelta di AS, come proposto da M.Silvestri [7],

presenta alcuni vantaggi, tra i quali si può ricor-dare:— AS è un parametro adimensionale che rta una

indicazione media delle distribuzioni Ir? sversalidi fase e di velocità della miscela consideratarispetto alla situazione fisica limite dì flussobifasico omogeneo ( AS = 0) ;

— mentre a >Ì (1—a) possono variare fra i lorovalori limite, che sono 0 < a < XV<1 e 1 >(1—a) > (1—Xv) > 0, per una miscela in motoascendente entro un condotto adiabatico, ASvaria da 0 a co e conseguentemente i valori diAS sono sempre più sensibili, specie nella re-

124

Acqua-irgon

ltì'aB s/crr.1

i'100 s/crrft

O -r"lo AN 1 Diruto cm• fascia 7 barre D«q=l32 cm

(1-Xv)

002 003 OX» 007 01

1

a?

os

O.t

aov

oos

0.03

002

QOt

o

/

* / + f

• o /o /• /o /

/• /

/ Acqua-argon

/ ,.10 • J6 «/cm

/ 0=100 g/crr?»

// O anulo AN 1 0«q=1.Q em

/ + anulo AN 2 Ofq= 0.5 cm

(1-Xv)i i , l . i •

Fig. 7 - Confronto fra dati ottenuti con diverse configura-zioni di condotti aventi circa io stesso diametro idraulico.

002 0.03 005 007 Qt 0.2 0 3 06 07 t

Fig. 8 - Effetto del diametro idraulico.

Fig. 9 - Effetto del diametroidraulico.

1.0

05

0.1

0.05

•tm

X

111

1

1

*

X

1

\ /

/

//

-

X

/

j

1

Ì

//

A equa -vapore

P-50 kg/cm2

« anulo ir-37

0e()=a3 cm G=4!.2 g/cm sX anulo IT-45

D,q=0.9 cm G-40.1 9/cm s

(1-Xv)0001 coos nei

gione dei bassi titoli, agli effetti delle grandezzeche governano il fenomeno;

— è particolarmente immediata, in termini di AS,la scelta, su'la base di considerzioni fisiche,di alcune lo; che condizioni limite, che devonoessere rispettate dalla correlazione.

Si è imposto che la correlazione soddisfi le se-guenti condizioni limite:

AS -* 00AS-*0AS-^oo

AS-+0

perperperperperperper

GG

Queste condizioni limite sono state scelte in basead alcune considerazioni fisiche derivate dalle se-guenti assunzioni [8]/— rapporto di scorrimento locale S' =U'gjll't = 1 ;— la dipendenza dei profili trasversali di velocità

della corrente bifasica da] numero di ReynoldsHe — GDcqj\i.{ è simile a quella che si ha per lecorrenti fluide monofasiche;

— quando la tensione superficiale si annulla, non sihanno più nel condotto forme di separazionemacroscopica della fase gassosa (in forma dibolle, tappi, ecc.) dalla fase liquida (in forma digocce e film liquido sulla parete) e la correntebifasica risulta microscopicamente dispersa edomogenea a livello molecolare (US = 0).

[n particolare per quanto riguarda la dipendenza

125

da! numero di Reynolds, dalle assunzioni fatte siha che al crescere di Re i profili trasversali di velo-citi» si appiattiscono tendendo ad un andamento

A

30

20

.0

S

.

0

X

A

0

6

0

Acqua

IT-23

P. 50

O..I

.108.1

>2U3

=150.4

-vapore

Oeo, = 0.S!cm > _ _

kg/crrf

g/cm*»

5/cm')

9/em's

, / c r ? .

• O

~ - . — o — - —-

O ' X *

o , x • * i

X 1

11

.

. *

ft ""

oo

oo

t

. _ . _

* X Ì

4

a"

X0.0 5 0.1 0.S 1.0

Fig. 10 - Andamento del rapporto di scorrimento in funzionedel titolo per diverse portate specìfiche di massa.

-<0 -35 -30 -2$ -*0 -15 -10 -5 0 »5 »10 «15 +20 +25 +30 +35 +40

d-a)errore medics 8.2 '/,

Fig. 12 - Distribuzione degli errori della correlazione per :dati ottenuti con acqua-vapore.

-40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 »5 -IO «15 « 0 +25 +30 «35

Jc»fio quadratico medios 11 VI

Fig. 11 - Distribuzione degli errori della correlazione pertutti i dati.

r-40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 +5 +10 +15 »20 +25 +30 +05 +40

ò l l-al . .(l-a) '

errore media = 8.4'/.

scarto quadratico medio:ll.5M

Fig. 13 - Distribuzione degli errori della correlazione per idati ottenuti con miscele Ricomponenti.

uniforme a valore costante; in base alle considera-zioni precedenti (ved. 2.), 5 tende al valore unitario.Viceversa per Re -> 0, i profili di velocità si defor-mano presentando un massimo sempre più accen-tuato nella zona centrale del condotto dove, comeai osserva sperimentalmente, si addensa la fasegassosa: pertanto il rapporto di scorrimento S tendea raggiungere valori molto elevati.

La correlazione è stata inizialmente impostatanella seguente forma:

dove :

AS =K (/ y

i+CY

1—A'

7-—CY

126

A' = K (G, Deq, P /, pg , |x;, y)

C = C (G, D,q, pt, pg , y.t, y)

AS si annulla per V = 0 (A",. = 0) e per Y — ( I—C)fjC2; quando Y > (I—C)/C2 la correlazione darebbevalori dì AS nel campo dei numeri immaginali.In queste condizioni, cioè quando il radicando ènegativo, AS è assunto equale a 0 e conseguente-mente 5 = 1 .

In base agli andamenti sperimentali K e C sonostati derivati nelle seguenti forme adimensionali:

A" = .4 RtP (P,/PK)1 C = B Re* Wb' (P,/pe)u

A = A Re? (e,l?gyi C =B Res Wb* (P,/pB)u

doveRe = numero di Reynolds == G £),,,/[*<Wb = numero di Weber = G2 Deg/ye,A, B, $, i), 8, e, u sono valori numerici da ottimare inbase a dati sperimentali.

L'ottimazione dei coefficienti e degli esponenti èstata fatta con i dati sperimentali ottenuti al CISEin condizioni adiabatiche.

Nella ottimazione si è scelto il criterio di minimiz-zare gli errori o scarti relativi 8(1—a)/(l—a) fravalori calcolati (1—*)„„, e sperimentali (1—a)elp,essendo 8(1—a) = (1-H«)MP — (1—a)«,.

Peraltro, essendo 8(1—a) / (1—a) ~ 8p/p, questocriterio praticamente coincide con quello di minimiz-zare gli scarti in termini di densità.

L'ottimazione ha portato alle seguenti relazioniper A' e C:

K = 1,578 i?e-°." (p,/pg)0>22

C =0,0273 Wb i?e-o-81 (p,/pg)-0'08

Le distribuzioni degli errori 8(1—a) / (1—a) sonodate nelle figg. 11, 12 e 13 dalle quali si possonofare le seguenti valutazioni:— il 70% dei dati complessivi sono calcolati entro

il ± 10% e ]'84,5% entro il ± 15% (fig. 11);— il 67% dei dati ottenuti con miscele acqua-vapo-

re sono calcolati entro il ± 10% e l'88% entroil ± 1 5 % (fig. 12);

— il 70,5% dei dati ottenuti con miscele bicompo-nencti sono calcolati entro il ± 10% e 1*84% entroil ± 15% (fig. 13).

Per quanto riguarda gli errori e gli scarti qua-dratici medi possono essere dati i seguenti valori:

— dati complessivierrore medio:

8(1—)Ns1 (1-

Nscarto quadratico medio:

= 8,3%

— dati acqua-vaporeerrore medio: 8,2%scarto quadratico medio: 10,0%

— dati miscele bicomponentierrore medio: 8,4%scarto quadratico medio: 11,5%.

In termini di frazione di vuoto a, l'errore medioN Sa

relativo 2 / N risulta eguale al 5,2%.

Il campo di validità di questa correlazione corri-sponde alle condizioni sperimentali dei dati in baseai quali si è fatta l'ottimazione:— portata specifica di massa 5 < G < 350 g/cm2s— diametro idraulico— densità della fase liquida— densità della fase gassosa

0,3 < Deq < 50,75 < PI < 1 g/cm3

0,003 < pg < 0,042g/cm3

— viscosità della fase liquida 0,3 < i^ < 1,3cpoise

— tensione superficiale 18 < y < 73 dyne/cm

Queste condizioni fisiche corrispondono al campodi pressioni 5-=-90 kg/cm2 per le miscele sature ac-

l'ig. 14 - Confronto fra valoricalcolati e dati iperimen-tali ottenuti con miscelaacqua-vapore.

Anulo IT-45 Diq=0.9 cmAcqua-vipora

P-50 kg/cm*+ 3.40.1 »/enf •O 0.110 f/crrf »& G.349 |/crr? %

corninone CISE

, (1-Xv)O0O1 0005 001 005 ai . <X5 IO

127

OS

(1-a)

DO5

+ 0-50 g/cm'" sO G-100 9/ìn>? sA G=?00 j / c m " s

c o r r e l a z i o n e C I 5 E

(1-Xv)

Fig. 15 - Confronto fra valoricalcolati e dati sperimen-tali ottenuti con miscelaalcool etilico-argon.

0001 0005 0.01

1.C

05

ai

noi

*

/

/

^ /

Fascio 19 barr

barre 1 cm Dec

acqua-argon

«j=O.O259 g/crn3

= 0.53 cm

+ 0-5.0 9 /cm !s0 G.2M j /cm'sa CilOaO g/cm!>

(1-XvJ

Fig. 16 - Confronto fra valoricalcolati e dati sperimen-tali ottenuti con miscelaacqua-argon.

0001 0.005 001 Q05 0.1 0.5 1.0

qua-vapore. Alcuni tipici confronti fra valori cal-colati e misurati di (1—«) sono presentati nellefigg. 14, 15 e 16.

Un importante aspetto di questi confronti vasottolineato: i dati ottenuti con miscele rnonocom-poncnti e Ricomponenti rispettivamente possonoessere previsti con circa la stessa approssimazioneda questa correlazione. Questo fatto prova che leprincipali grandezze fisiche influenzanti a, p e Ssono state introdotte correttamente nella correla-zione e che il comportamento delle miscele mono-componenti e Scomponenti può essere valutato inmodo analogo per quanto concerne densità, fra-zione di vuoto e rapporto di scorrimento.

Pertanto, da un punto di vista sperimentale, sipuò concludere che le miscele acqua-vapore ad altapressione in condizioni adiabatiche possono esseresimulate con buona approssimazione, almeno perquanto riguarda la densità, mediante l'impiego di

una opportuna miscela bicomponente, a pressionee temperatura ridotte, avente gli stessi valori didensità della fase gassosa e di densità, viscosità etensione superficiale della fase liquida.

4. ConclusioniPer il momento la correlazione può essere usata

direttamente solo per il calcolo della densità dimiscele bifasiche in moto entro condotti adiabatici.

Tuttavia, se l'effetto del flusso termico è trascu-rabile, come si verifica quando il flusso termico èminore dì 100 W/cma ed il fluido entra nel condottosaturo o solo leggermente sottosaturo [5], [6], que-sta correlazione può già essere utilizzata per il cal-colo della densità locale o media di una miscelabifasica in moto entro un condotto riscaldato.

Un tipico confronto viene presentato nella fig. 17,dove densità medie misurate sperimentalmente, perassegnate condizioni di ingresso, sono diagrammate

128

,

l.Or

O.B|

3.4

0.2

P,n.5O kg / cm*

G=108 q/cm* s

X,n=-0.02

+ date tubo IT-23

Deq=0.9 cm Lw=400 cm

correlazione CISE

0.2 0.4 0.6 0.8

Fig. 17 - Confronto fra densità medie calcolate e misurate incondizioni di condotto riscaldato.

in funzione del titolo all'uscita insieme ai valori didensità media, ottenuti integrando il corrispondenteprofilo di densità dato dalla correlazione.

Anche se molti confronti, relativi al calcolo delladensità in canali riscaldati, mostrano accordi soddi-sfacenti come quello presentato, una ulteriore ri-cerca è necessaria per estendere la validità dellacorrelazione ad un campo più ampio di condizioniriguardanti le miscele bifasiche fluenti in condottiriscaldati.

Nomenclatura

DGLNPQsAS

u

= diametro= portata specifica di massa= lunghezza= .ìumero di dati sperimentali= pressione assoluta= portata volumetrica= rapporto di scorrimento= 5 — 1= velocità lineare

.YA',,<xy

r[Xp

aIndiciadcaieqexe.tp

gI«V

= rgjrB-\-J'i = titolo in massa= QdQg~i~Qi = titolo in volume= frazione di vuoto= tensione superficiale= portata in massa= viscosità= densità= sezione trasversale del condotto

sottoscritti= adiabatico= calcolato= equivalente= uscita= sperimentale= gas= liquido= riscaldato.

Indici soprascritti

— = valore medio.

Bibliografìa[1] Villani S. - Proceedings of the BNES conference on D,O

reactors. - Session D paper 15, London (GB) 1968.[2] Alia P. et al. - Liquid volume fraction in adiabalic two-

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[5] Agostini G., Era A., Premoli A. - Density measurementsof steam-water mixuteres flowing in a tubular channelsunder adiabatic and heated conditions • CISE R-291(1969).

[6] Agostini G., Premoli A., Prina A. -Density measurementsof steam-water mixtures flowing in adiabatic and heatedannular channels - CISÈ R-295 (1970).

[7] Silvestri M. - Comunicazione privata.[8] Agostini G. et al. - Conoscenze attuali sulla densità

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[10] Colombo A. et al. - Steam water mixture density measu-rements in heated channels at high pressure by means ofa quick closing valve method - Energia Nucleare Vol. 15,2, 1968.

129

Analisi sperimentale delle vibrazioni di elementi di combustibilea fascio di barre, refrigerati da flusso bifase (gas + liquido)

Riassunto - Per lo sviluppo degli elementi di combu-stibile del reattore nucleare CIRENE è stato intra-preso uno studio dettagliato delle caratteristiche vi-brazionali dell'intero canale di potenza.

il canale di potenza consiste in un tubo a pressioneverticale [di diametro interno 10,61 erri) contenenteotto elementi di combustibile costituiti da fasci di19 barrette (di diametro esterno di 2 cm), poco di-stanziale Cuna dall'altra. Ogni elemento ha lunghezza50 ci» ed è semplicemente appoggiato a quello sotto-stante. Le condizioni dell'acqua di refrigerazione(a ~50 bar di pressione) varia tra pochi gradi disottoraffreddamento all'entrata e titolo (in peso) dicirca il 25% ali uscita.

Finora lo studio è stato condotto principalmente conuna miscela bifasica a due componenti (che simulail comportamento delle miscele acqua-vapore) chefluisce in un cilindro adiabatico fuori pila. Gliscopi di questo studio sono:

a) sviluppo della strumentazione adatta a mi-surare le vibrazioni del tubo a pressione e degli ele-menti di combustibile;

1)) localizzazione ed eliminazione delle vibrazionidovute a disturbi provenienti dai componenti delcircuito;

e) misura sistematica delle vibrazioni ed effettodelle condizioni di flusso.

Questo urticelo riporta una descrizione della stru-mentazione ed alcuni dei dati sperimentali, finoraottenuti.

Abstract - For the fuel element development of the(IRENE nuclear reactor a detailed investigation hasbeen undertaken on all channel vibrational characteri-stics.

The power channel consists of a vertical pressurelube (10.61 an I.D.) containing eight 19-rod closelyspaced rod (2.0 cm. O.D.) bundles. Eeach bundle is50 cm long and simply rests over the lower one. Thecoolant conditions (~50 bar pressure) vary between afew °C subcooling at the entrance and ~25% (byweight) steam quality al the exit.

So far the investigation has been me inly carried outwith a two-phase two-component mixture (simulatingUw behaviour of steam-water mixture) flowing in anadialmtic out-of-pile circuit. The work mainly focusedthe following items:

a) development of the appropriate instrumenta-tion to detect vibrations fo pressure tube and fuelelement ;

L. CedoV.n, A. Hassid, T. Rossini (*)

b) localization and elimination of vibrations dueto disturbances coming from the circuit components;

c) systematic measurement of vibrations andeffect of flow conditions.

A detailed description of instrumentation is pre-sented in the paper, which gives also a mention of someexperimental data so fo,r obatined.

1. IntroduzionePer il primo nocciolo del reattore prototipo CIRE-

NE (a tubi a pressione, moderato ad acqua pesantee refrigerato ad acqua leggera bollente, della potenzadi 40 MW(«) f1]) sono stati previsti degli elementi dicombustibile costituiti da fasci di 19 barrette col-legate da piastrine terminali flessibili (fig. I). Inciascun canale sono impilati otto fasci (ciascunolungo 50 cm) che appoggiano l'uno sull'altro senzaalcun collegamento meccanico.

(*) C.I.S.B. - Segratc, Milano.

Fig. 1 - Elemento di combustibile CIRENE.

Le barrette sono costituite da guaine sottili diZircaloy di diametro esterno 2 om, riempite dipastiglie di ossido di uranio sulle quali alla pres-sione di funzionamento la guaina si appoggia,collossando. Le barrette sono distanziate tra di loroa metà lunghezza mediante spaziatori brasati sulleguaine (la distanza nominale tra le barre è di

130

0,14 CHI) e sono saldate a piastrine terminali diZircaloy. L'intero lascio è distanziato dalla paretedel tubo a pressione mediante pattini brasati su'.ìebarre periferiche (tre per ciascuna barra); il giocodiametrale nominale tra tubo a pressione e pattiniè dì 0,15 cm.

Gli elementi di combustibile sono refrigerati me-diante acqua leggera (alla pressione di circa 50bar) che entra dal basso nel canale di potenza e•vaporizza lambendo gli elementi stessi fino a rag-giungere all'uscita un titolo (in massa) dal 25-r30%.L'alta velocità del refrigerante (2H-3 m/s all'in-gresso, 20-T-30 m/s all'uscita), insieme al caratterenotevolmente turbolento del flusso della miscelabifase, possono dar luogo a contatti di tipo a stri-sciamento o martellamento tra i pattini e la paretedel tubo a pressione. Siccome entrambi sono costi-tuiti da Zircaloy, Ja cui reattività con acqua e va-pore alle condizioni di funzionamento del CIRENEè notevole, si può generare un fenomeno di usura ditipo meccanico-chimico, detto « fretting corrosion i),col pericolo di rottura del tubo a pressione.

Per questa ragione è stato intrapreso uno studiosperimentale delle vibrazioni che si verificano sulcanale di potenza, alle quali la <( fretting corro-sion » è direttamente collegata. Gli scopi di questostudio sono:

a) misurare ampiezza e frequenza delle vibra-zioni del tubo a pressione e del moto relativo tratubo a pressione e fasci;

b) misurare la forza d'urto tra pattini e tubo apressione;

e) determinare la causa delle vibrazioni indottedal flusso bifase;

d) analizzare l'influenza sul regime vibratoriodi alcuni paiuinetri termoidraulici, quali portata,titolo, pressione, flusso termico, etc.;

e) analizzare l'influenza sul regime vibratoriodei parametri connessi con la configurazione mec-canica, come il gioco radiale tra elementi di com-bustibile e tubo a pressione, spinta assiale esercitatada una molla sugli elementi di combustibile, even-tuale collegamento tra elementi adiacenti.

Fino ad ora lo studio sperimentale è stato con-dotto con una miscela bifase a due componentifluente adiabaticamente in una sezione di provache simula la parte attiva del canale del reattore.

Questa memoria riporta una descrizione dellastrumentazione e dei metodi di elaborazione svi-luppati per determinare le vibrazioni del tubo apressione e degli elementi di combustibile. Fa inol-tre menzione del lavoro svolto per eliminare i di-sturbi, generati dall'impianto sperimentale, cheraggiungono la sezione di prova e di alcuni dei datisperimentali finora ottenuti.

2. Apparato sperimentale

2.1. Descrizione dell'impiantoLe prove sono state condotte mediante il circuito

sperimentale IDRA [2], installato presso il CISE,per Io studio dell'idrodinamica delle miscele bi-fasiche (gas-f-'-iquido) a due componenti in flussoadiabatico. In questo circuito, con una opportunascelta dei fluidi componenti e della pressione del

sistema, è possibile riprodurre con buona approssi-mazione le principali proprietà fìsiche dell." misceledi acqua e vapore fino alla pressione di 90 bar.

La miscela viene formata in un miscelatore a Tcon gas entrante nel senso del flusso; il liquido vieneiniettato attraverso una finestra anulare di altezzaregolabile. Dopo essere passata attraverso una lun-ghezza di calma, la miscela entra nel basso dellasezione di prova montata vertioabnente ; da questaentra in un separatore dove te due fasi vengonoseparate e si immettono in due diversi circuiti. Nrlcircuito del liquido la circolazione è fornita da duepompe centrifughe in parallelo; in quello del gasla circolazione è fornita da una coppia di compressoricentrifughi in parallelo con un compressore alter-nativo.

2.2. Descrizione della sezione di provaII tubo a pressione, costruito in ottone in modo

da avere un modulo di elasticità vicino a quello delloZircaloy alla temperatura di funzionamento delreattore, ha le seguenti dimensioni:— spessore = 2,5 inni— diametro interno (miniino) = 104,5 mm— ovalizzazione = 0,7 mm

I fasci sono stati costruiti usando barrette costi-tuite da una guaina di ottone contenente pastigliedi piombo forate che simulano la densità lineari;delle pastiglie di ossido. Le dimensioni dei fasci sonosimili a quelle del progetto CIRENE.

I prolungamenti del tubo a pressione sono sem-plificati rispetto a quelli previsti per il reattore, masono fìssati alla struttura esterna di sostegno me-diante lo stesso tipo di vincolo, e cioè incastro al-l'estremità inferiore ed appoggio a quellp superiore.

3. Strumentazione ed elaborazione dati

3.1. Descrizione della strumentazionePer rilevare lo stato vibratorio della sezione di

prova è stata usata la seguente strumentazione."

a) Estensimetri elettrici.Coppie di estensimetri sono state applicate longi-

tudinalmente al tubo a pressione per misurare levibrazioni flessionali a bassa frequenza del canaleconsiderato come trave. In particolare, una coppiadi estensimetri è stata applicata in una posizionecorrispondente a momento flettente nnllo per ilprimo modo normale di vibrazione.

b) Trasduttori di spostamento a trasformatoredifferenziale.

Questo tipo di trasduttorc misura il movimentorelativo dei fasci rispetto alla parete del tubo apressione. E costituito essenzialmente da una asta(fig. 2) che penetra ne' tubo a pressione od è tenutaa contatto di un pattino del fascio prossimo allagriglia per mezzo di una molla; il nucleo mobile diun trasformatore differenziale è fissato a questaasta,e) Trasduttori di spostamento a riluttanza variabile.

Questo tipo di trasduttcre misura il movimentorelativo delle barrette rispetto al tubo a pres-sione. È costituito essenzialmente da una bobina(fig. 3), applicata esternamente ni tubo, la cui iiidnt-

131

l'ig. 2 - Trasduttori di sposlnmcnlo a trasformai ore diffe-renziale.

l'ig. 3 - Trasduttori di spostamento a riluttanza variabile.

tanza varia al variare della distanza di una pastigliadi ferro dolce alloggiata a metà lunghezza di unabarretta periferica, in posizione prospiciente labobina. La taratura viene eseguita per mezzo deitrasduttori a trasformatore differenziale che, misu-rando gli spostamenti delle estremità della barrettain cui 6 alloggiata la pastiglia diferro dolce, ne ind'-'i-duano lo spostamento a metà lunghezza, ogg' dimisura da parte del trasduttore a riluttanza \a-riahile.

l trasduttori illustrati ai punti a) b), e) costitui-scono lati di un ponte alimentato da una tensio/icalternata ad alta frequenza di ampiezza costante.11 segnale di uscita viene demodulato, filtrato perrimuovere ogni residuo della f.e.m. alternata dialimentazione, e quindi amplificato e registrato sunastro magnetico.d) Accelerometri piozoelettrici.

Degli accelcrometri piezoelettrici sono stati mon-tati sul tubo a pressione per individuare le vibrazioni

circonferenziali ad alta frequenza del tubo con-siderato come lastra cilindrica [3]. Il tipo di mon-taggio (mediante barretta incollata direttamente sultubo a pressione) è stato scelto dopo aver eseguitodelle prove per accertare eventuali risonanze in-dotte dai differenti sistemi di montaggio degli ac-celerometri. I segnali provenienti dai trasduttoripiezoelettrici vengono convcrtiti in segnali di ten-sione mediante amplificatori di carica, che eliminanol'effetto della lunghezza del cavo, e quindi ampli-ficati e registrati su nastro magnetico.

e) Trasduttori di forza d'urto.Questo tipo di trasduttore misura la forza d'urto

tra pattino esterno di un fascio e la parete del tuboa pressione. È costituito essenzialmente da un'astache penetra nel tubo a pressione e può raggiungeredifferenti distanze dalla parete; questa asta è fis-sata ad un trasduttore di pressione piezoelettrico eh,?mediante taratura, misura la forza d'urto. L'espe-rienza mostra che le fluttuazioni di pressione dovuteal flusso, che vengono risentite dal trasduttore, so-no trascurabili rispetto alla entità di forza d'urto.

I segnali d'urto sono confrontati con una tensionedi soglia, e quindi contati automaticamente. E pos-sibile in questo modo ottenere una distribuzionedella frequenza d'urto come funzione della forzad'urto. I segnali sono anche mandati ad un oscillo-scopio a memoria per rilevare la forma dell'urtoe misurarne l'impulso.

3.2. Elaborazione dei dati

Siccome i segnyli di vibrazione provenienti dacomponenti soggetti a flusso di fluido sono di natu-ra aleatoria, è necessario eseguire la loro analisispettrale.

I segnali vengono registrati in F.M. mediante unregistratore portatile da strumentazione, e quindimandati ad una unità di conversione analogica-digitale di un calcolatore di processo IBM 1800.Tra il registratore ed il calcolatore in alcuni casiviene inserito un filtro attivo, per restringere labanda di frequenza del segnale da analizzare o pereliminare le bassissime frequenze dovute alle derivedegli amplificatori.

II programma PAFFT [4], sviluppato presso ilCISE, esegue in tempo reale il calcolo della densitàspettrale di potenza del segnale. La procedura usataè la seguente:— introduzione nel calcolatore del limite superiore

di frequenza e della risoluzione dello spettro;— lettura ed elaborazione dì successivi campiona-

menti del segnale, ed arresto della misura quan-do la convergenza statistica del risultato, cheappare su un tubo a raggi catodici, viene giudi-cata soddisfacente;

— introduzione nel calcolatore di numero di codicedello spettro, guadagno della catena di misura,rapporto tra le velocità di registrazione e dianalisi;

— stampa dei risultati della misura;— registrazione su registratore grafico della curva

che da la densità spettrale di potenza.L anche possibile immagazzinare su disco io

spettro di potenza per eseguire mediante il calcola-

132

L

tore calcoli successivi, come ad esempio quello dellapotenza compresa fra frequenze prefissai-a. Questapossibilità risulta particolarmente utiie quando sidebba confrontare un numero rilevante (quale si haspesso in pratica) di spettri.

4. Risultati prelimisiairi

'i.l. Di ut urbi trasmessi alia sezione di prova.In un primo montaggio (fig. \) la sezione di prova

è stata fissala ad una colonna della struttura di so-stegno dell'IDRA. Ai fine di mettere in evidenza idistarla trasmessi alla sezione di prova attraverso ivincoli, le tubazioni ed il Illùdo stesso, sono staterealizzai»* )c seguenti condizioni di prova:

a) Musso bifasioo attraverso la sezione di provaottenuto usando separatamente 1 due compressoricentrifughi ed il compressore alternativo;

h) deviazione del flusso attraverso ain by-passlocali' della sezione di prova;

e) pompe e compressori funzionanti su by-passlocali, senza (lusso nella sezione di prova.

Le condizioni li) e e) sono state ottenute con letubazioni di ingresso e di \iscita della sezione diprova sia collegate sia scollegale.

Dal confronto dei segnali provenienti dagli esten-simetri nelle condizioni di prova sopra menzionatesi è trovato che i compressori centrifughi ed alter-nativo trasmettono alla sezione di prova, special-mente attraverso i vincoli, disturbi a bassa fre-quenza causati dagli organi animati da moto rota-torio od alternativo. Gli accelerometri sul tubo apressione invece non hanno rivelato la presenza didisturbi ad alta frequenza. rig. 4 - Primo montaggio della sezione ili prova.

Fig. 5 - Spettro potenza Segnaleproveniente da estensimetro. Con-dizioni di prova:/) = 21,8 kg/cm0;G = HO g/cm%; x = 0,17:p = 0,25 g/cm*. Scale: 0,25 - IO1

[Xss/Mz cm; 0,48 • IO"1 (xss/cms.

133

Fig. 6 - Spettro di potenza. Segnaleproveniente da trasduttore a ri-luttanza variabile.Condizioni di prova: p = 21,8kg/cm"; G = 110 g/cin's; x == 0,11; p = 0,32 g/cm3. Scale:0,14 • 10-» mm»/Hz cm; 0,27 •• IO"5 mm'/cm'.

Fig. 7 - Spettro di potenza. Segnaleproveniente da trasduttore a ri-luttanza variabile.Condizioni di prova: p = 21,8kg/cma; G = 110 g/cmss; x =0,17; p = 0,25 g/cm3. Scale:0,27 • IO-6 mm'/Hz cm; 0,11 •

Siccome i disturbi messi in evidenza potrebberoalterare considerevolmente il regime vibratorio,è spostata la sezione di prova ancorando i relativisupporti ad una parete in cemento armato noncollegala direttamente alla struttura metallica disostegno dell'IDRA, [n questo modo i disturbi abassa frequenza sono completamente scomparsi, edil nuovo montaggio si è rivelato completamentesoddisfacente.

4.2, Misure sistematiche

'5.2.1. Condizioni di provaLe misure sistematiche sono state ottenute nelle

seguenti condizioni di prova.•— Fluidi: acqua ed azoto;— Pressione: P = 21,8 e P = 13 kg/cma. Queste

pressioni simulano lo principali proprietà fi-

siche delle miscele acqua-vapore rispettivamentea 50 e 30 kg/cm2.

— Portata specifica di massa: G = 110 e 200g/cm2s

— Titolo in massa (rapporto fra la portata di gase la portata totale) : 0,02 <. X <, 0,24.

4.2.2. Esempi di curve di densità spettrale di potenzae di andameni tipici della forza d'urto.

La densità spettrale di potenza del segnale pro-veniente dagli estensimetri situati in prossimitàdell'estremità incastrata del tubo a pressione è deltipo illustrato in fig. 5. Questa curva indica che lamaggior parte della potenza del segnale si trovanell'intervallo tra 3 ed 8 Hz, ed è da attribuire almodo fondamentale di vibrazione flessionalc dellasezione di prova, la cui frequenza risulta dal calcoloessere di circa 5 Hz.

134

L

l"ig. 8 - Spettro di potenza. Segnaloproveniente da accelerometro ap-plicato a metà del tubo.Condizioni di prova: p = 21,8kg/cm»; G = HO g/cm's; x —= 0,11; p = 0,32 g/cm3. Scale:0,67 • 10-« g«/Hz cm; 0,13 • 10-»g/cm1.

La densità spettrale di potenza del segnale pro-veniente dal trasduttore a riluttanza variabi e si-tuato a metà lunghezza del tubo a pressione mostrala presenza di potenza in due campi di frequenza:uno da 0 a 15 Hz, che corrisponde al moto complessi-vo del fascio rispetto al tubo a pressione, ed unonell'interno dei 50 Hz, che corrisponde al movi-mento di uno barretta rispetto alle sue estremità.Due curve tipiche di densità spettrale di potenza,die mostrano questi due campi di frequenza, sonorappresentate nelle figg. 6 e 7.

La curva di densità spettrale di potenza dels gnale proveniente dall'ascelerometro situato ametà lunghezza del tubo a pressione è del tipoillustrato in fig. 8. FI campo di frequenza si estendefino a 5000 Hz; i picchi a circa 450 e 1.050 Hz corri-spondono approssimativamente alle frequenze cal-colate per il primo e secondo modo di vibrazione

Fig. 10 - Trasduttore a riluttanza variabile. Radice quadratadella potenza compresa tra 1 e 15 Hz. (G = 110 g/cm's;P = 21,8 kg/cm1 ass.; G = 200 g/cm's; P = 13,0 kg/cm*ass.j.

circonfcrenziale del tubo, considerato come lastracilindrica [3].

Infine un segnale tipico proveniente dal trasdut-tore di forza d'urto è rappresentato in fig. 9. Ladurata dell'urto è generalmente di circa 20-f30 ms,

135

Fig. 11 - Trasduttore a riluttanza variabile. Radice quadratadella potenza compresa tra 40 e 60 Hz. (G = 110 g/cmas;P = 21,8 kg/cms ass. ; C = 200 g/cm3s; P = 13,0 kg/cm*•iss.J.

la forza massima ha un'intensità che può raggiun-gere 2^-3 kg.

4.2.3. Effetto delle condizioni di /lussoCome esempio dell'effetto sulle vibrazioni delle

condizioni di flusso all'interno della sezione di pro-va, nelle figg. 10 e 11 si è riportato, in funzione deltitolo (in massa), l'andamento delle radice quadrata

della potenza compresa rispettivamente tra 1 e15 Hz e tra 40 e 60 Hz del segnale proveniente daltrasduttore a riluttanza variabile.

E interessante notare la differenza tra il movi-mento del fascio rispetto al tubo a pressione (fre-quenza 1-15 Hz} ed il movimento della barretta ri-spetto alle sue estremità (frequenza 40-60 Hz): ilprimo sembra non avere un massimo nelle condi-zioni di flusso realizzate, mentre tale massimo esi-ste nel secondo. Inoltre il movimento del fascio èmolto più ampio di quello della barretta : probabil-mente dipendono da cause differenti.

Ringraziamenti :Ringraziamenti sono dovuti a) Sig. R. Gariboldi

e al Sig. A. Rota per il loro contributo nel lavorosperimentale, e al Servizio Calcolo del CISE perl'assistenza nell'uso dei programmi del calcolatore.

Nomenclatura0 = portata specifica di massaP = pressioneA' = titolo in massa (rapporto tra la portata di

gas e la portata totale)p == densità.

Bibliografia[1] Villani S. - Proceedings of BNES conference on D,0

reactors - Session D, paper 15 London, (GB) 1968.2] Adorni N., Cravarolo L., Giorgini A., Hassid A., Pe-

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4] Fortunati S., Osanghi S. - Programmi per l'analisi inlinea degli spettri di potenza e delle funzioni di correlazionemediante elaboratore numerico - CISE R-126.

Apparato motore misto Diesel-Turbine a gas (Codag)con riduttore a cambio di velocità

Francesco Cattino (*)

Sommario - Si descrive un apparato motore mistoDiesel-Turbine a gas articolato su due linee d'assi-elica, ciascuna azionata da due motori Diesel e dauna turbina a gas.

La trasmissione della potenza dai motori primi allelinee a"assi avviene attraverso un riduttore con giuntiidraulici Vulcan avente tre entrate (una per ogni motoreed una per la turbina a gas) ed una uscita.

Il riduttore è caratterizzato dal fatto che per i mo-tori Diesel sono previsti due rapporti diversi di velo-cità di cui uno per la propulsione con i soli motorie Valtro per la propulsione con i motori e la turbinacontemporaneamente.

Viene fatto un breve cenno ai telecomandi ed alleapparecchiature di controllo e di sicurezza.

Summary - .4 combined Diesel engine-gas turbinepropulsion system operating on two propeller shaftseach driven by two Diesel engines and one gas turbine,is described in this aritele.

Transmission of power from the prime movers tothe propeller shafts is accomplished through a reductiongear, with Vulcan hydraulic couplings, where pro-vision is made for three inlets (one for each engine andone for the gas turbine), and one outlet.

A peculiar feature of the reduction gear is representedby two different speed ratios for the Diesel engines,one ratio for propulsion with the engines alone, theother for combined Diesel engine-gas turbine propul-sion.

A brief description is given of the remote controls,as well as of the control and safety devices.

PremessaSono entrate recentemente in servizio due Fre-

gate della Marina Militare dotate di un apparatomotore misto con motori Diesel e turbine a gas dellapotenza massima complessiva alle flange di 31.800CV distribuita su due linee d'assi eliche.

Tale tipo di apparato motore è stato presceltoin base ad un esame approfondito delle varie com-ponenti in gioco quali ad esempio: necessità ope-rative delle navi, peso e volume dell'apparato dipropulsione, esigenze di autonomia. Le Navi ssonoessenzialmente destinate alla Caccia-sommergibilie quindi svolgono la maggior parte della loro attivitàin un campo di velocità molto ridotte (caccia vera epropria) ma devono poter raggiungere con Ja massi-ma celerità possibile la zona ove è stato segnalatol'obbiettivo. Di qui la scelta dell'apparato motoremisto con i motori Diesel che possono soddisfaremolto bene alle condizioni di velocità ridotta e leturbine a gas che aggiungendosi ai motori Diesel

(•) Franco Tosi S.p.A. - Legnano.

praticamente raddoppiano la potenza disponibile.Si tenga presente che le turbine a gas possono essereavviate da freddo e prendere carico in pochi minuti.

I! loro maggior consumo specifico, dato che iltempo di impiego è relativamente ridotto, è com-pensato dal minor peso riferito alla potenza e quindida una maggiore disponibilità di combustibile aparità di dislocamento.

Apparato motore (fig. 1)L'apparato motore è suddiviso su due linee assi

eliche indipendenti ed esattamente uguali salvo unaleggera differenza nella lunghezza. Ogni linea d'assiè azionata da:

a) Due motori Diesel, a 4 tempi semplice ef-fetto, sovralimentati con turbosoflianti a gas discarico, direttamente reversibili con 12 cilindri aV. (fig. 5).Prestazioni di ciascun motore— Potenza di tu t ta forza 4200 CV— Velocità di rotazione corrispon-

dente 730 giri/L'— Pressione media effettiva 14,15 kg/cm2

— Potenza continuativa 3600 CV—- Velocità di rotazione corrispon-

dente 695 giri/1'— Pressione media effettiva 12,75 kg/cni2

b) Una turbina a gas Tosi-AEl tipo G(i/2 aciclo aperto con due assi separati.— Potenza di tut ta forza 7500 CV— Velocità di rotazione corrispon-

dente turbina di potenza 4900 giri/I'— Velocità di rotazione corrispon-

dente turbina del generatore 6850 giri/I'I due motori e la turbina trasmettono la potenza

alla linea d'assi per mezzo di un riduttore congiunti idraulici Vulcan.

Peso— n. 4 motori = 112 t pari a 6,65 kg/CV.— n. 2 turbine a gas = 38 t pari a 2,5 kg/CV.— n. 2 riduttori = 87 t.

Peso totale motori, turbine e riduttori = 237 tpari a 7,4 kg/CV.

Esigenze particolari dei riduttori-giuntiLa potenza massima complessiva di ogni linea

d'assi è di 2 x 4200 + 7500 == 15900 CV che vieneassorbita dall'elica quando la stessa ruota ad unavelocità di circa 370 giri/1' ed i motori e la turbinafunzionano alla massima velocità di progetto. Poi-ché, come accennato nella premessa, la maggiorparte dell'esercizio delle navi si svolge con i solimotori Diesel la potenza massima disponibile inquesto caso è di 2 x 4200 =8400 CV cui corrispon-de seguendo la legg? cubica una velocità dell'elica

137

diminuita del 20% circa e cioè circa 296 giri/1'.Dato che, come ovvio, la velocità dei motori si

riduce nello stesso rapporto di quella dell'elica, ci sitrova nella condizione che i motori da soli non po-trebbero mai sviluppare la loro massima potenzaperché dovrebbero erogarla ad una velocità del20% circa inferiore alla massima e quindi con unapressione media effettiva proporzionalmente supe-riore a quella limite di progetto.

L'ostacolo è stato superato costruendo un ridut-tore con cambio di velocità, in modo da avere unrapporto di riduzione maggiore quando sono infunzione i soli motori (andatura di crociera) e mi-nore quando è in funzione anche la turbina a gas(andatura di tutta forza).

Quanto detto risulta chiaramente dall'esame deldiagramma di propulsione (fig. 2) in cui sono ripor-talo ìz curva cubica dell'elica e le curve limiti dellaturbina a gas e dei motori nei vari casi, tutto infunzione della velocità di rotazione dell'elica. Sulleascisse sono riportate anche le velocità di rotazionedella turbina di potenza e dei motor:, queste ultimecalcolate tenendo conto dello scorrimento deigiunti Vulcan.

Riduttore giunti (fig. 3)

II complesso riduttore-giunti Vulcan è costituitoda:

a) due alberi collegati eia; "uno ad un motoreDiesel sui quali sono rigidamente collegate le coppeprimarie dei giunti Vulcan (Pos. 1 = giunti ditutta forza, Pos. 2 = giunti di crociera). Le relativecoppe secondarie sono collegate rigidamente aipignoni di tut ta forza (pos. 4) ed a quelli di cro-ciera (pos. 6) ;

b) un albero lento con calettate la ruota ditutta forza (pos. 3) e quella di crociera (pos. 5).Tale albero porta anche il cuscinetto di spinta dellalinea d'assi;

e) un albero collegato rigidamente all'alberodella turbina a gas con montato il pignone veloce(pos. 9) della prima riduzione;

d) un albero intermedio su cui è calettata laruota (pos. 8) della prima riduzione ed il primariodi un giunto autosincronizzante S.S.S. (pos. 10) ;

e) il pignone veloce (pos. 7) della seconda ridu-zione costruito di pezzo con un albero collegati) ilsecondario del giunto S.S.S. di cui sopra. Detlopignone ingrana con la ruota lenta (pos. 5) che èla stessa della riduzione di crociera dei motor1

Diesel.I rapporti geometrici di riduzione sono:

Motori DieselCon giunti di crociera 1 : 2,66Con giunti di tutta forza 1 : 1,92

Turbina a gasPrima riduzione 1 : 3,98Seconda riduzione 1 : 3,32

Nella valutKzione del rapporto effettivo di ridu-zione per i motori Diesel occorre tener conto anchedello scorrimento dei giunti Vulcan.

II giunto autosincronizzante S.S.S., montato sul-l'albero lento della prima riduzione ha Io scopo di

5012 GIRI TAG

730 GIRI 2 M.D. SU MARCIA T. F.

380 EIRI ELICA

intnia olio

OIIKCO Oliiti .

infralì olio

I-'ig. lì - Schema riduttore. Giunti vulcnn - 1 : Giunti di tutta forza; 2: Giunti di crociera; 3: Ruota di tutta forza; 4: Pignoniiii tutta forza; 5: Ruota di crociera; 6: Pignoni di crociera; 7: Pignone seconda riduzione turbina a gas; 8: Ruota primariduzione turbina a gas; 9: Pignone prima riduzione turbina a gas; 10: Giunto autosincronizzante S.S.5.

consentire il funzionamento eon i motori Dieselmantenendo la turbina ferina.

Come noto si traila di un giunto a denti, teleco-iiKindaliilc fluidodinamicamente, la cui caratteri-stica peculiare è che una volta predisposto in posi-zioni' di inserimento, l'innesto vero e proprio av-viene automaticamente solo quando la velocità dirotazione del primario raggiunge il sincronismo conqtielln del .secondario ed i denti si trovano affacciatinella giusta fase.

Ad accoppiamento avvenuto si comporta comeun normale giunto a denti e quindi il collegamentoè rigido. Ciò consente di avviare la turbina a vuotodato che inizia ad erogare potenza solo dopo averraggiunto la velocità di rotazione di sincronismocon i motori Diesel.

Giunti idraulici Vulcan (fig. 4)11 giunto idraulico Vulcan, a suo tempo brevettato

dalla Wflscr, è un trasmettitore di coppia costituitoessenzialmente da una coppa palettata che fungeda pompa (coppa primaria, pos. 1) e da una coppapalettata che funge da turbina (coppa secondaria,pos. 2). Fra le due coppe, che sono affacciate, nonesiste alcun collegamento meccanico.

Alla periferia è praticata una serie di fori radialiche possono essere tenuti chiusi oppure lasciatiaperti per mezzo di un anello di svuotamento(pos. 3) che ruota con le coppe e che può esserespostato in senso assiale appunto per chiudere odaprire i fori che servono per lo scarico. Il liquido,nel caso particolare l'olio, viene immesso nelle coppeattraverso il cassetto di ammissione (pos. 4).

Caratteristiche funzionali del giunto VulcanQuando il giunto è vuoto, non essendoci collega-

menti meccanici tra le due parti, il primario può

ruotare normalmente mentre il secondario rimanefermo. Introducendo l'olio nelle coppe ha iniziouna circuitazione dello stesso tra la coppa primariae la secondaria, circuitazione che genera trasmissio-ne di momento torcente e quindi provoca la rotazioneanche del secondario.

A seconda del grado di riempimento delle coppesi ha uno scorrimento più o meno elevato tra le dueparti.

A giunto pieno di olio si ha il minimo scorrimentoche è dell'ordine del 2-^-3% e rappresenta anche laperdita di potenza del giunto che quindi ha unrendimento del 98H-97%.

Lo scorrimento è necessario dato che la trasmis-sione di potenza avviene per effetto della circuita-zione del fluido e la circuitazione può esserci solo sec'è differenza tra le velocità di rotazione delle duecoppe.

La perdita si trasforma in calore ceduto al fluido;occorre perciò prevedere normalmente un impiantodi pompaggio dell'olio completo di sistema di raf-freddamento. L'esistenza di un anello di svuota-mento spostabile e del cassetto di alimento consen-te di effettuare la trasmissione di potenza anche conscorrimento forzato e cioè con lo scorrimento fissatodall'operatore. Infatti, come si è detto, lo scorri-mento può variare in funzione del grado di riempi-mento per cui disponendo l'anello di svuotamentoin una posizione intermedia tra chiuso ed aperto edagendo opportunamente sulla regolazione del cas-setto di alimento si può far sì che, pur essendociuna circolazione continua di fluido, la quantitàpresente nel giunto sia compresa tra il 25% ed il100% del volume totale ottenendosi così una corri-spondente variazione di scorrimento compresa trail 90% circa ed il 2%.

Naturalmente la potenza perduta è proporzionale

140

allo scorrimento e si trasforma in calore cedutr <ilfluido.

La formula generale relativa ai giunti Vulcan èla seguente:

N = m SD* (n/100)3

doveN = potenza in CVm = costante (funzione del tipo di giunto, saldato

o fuso, e del tipo di fluido, acqua od olio)5 = scorrimento espresso in percentoD = diametro primitivo del giunto in mn = velocità di rotazione del primario espressa

in giri/1'.Come si vede, a parità dì altre condizioni, la

potenza trasmessa dal giunto varia con il cubo dellavelocità di rotazione il che si addice perfettamente

ad una propulsione marina perché anche la potenzaassorbita dall'elica varia con il cubo della velocitàdi rotazione.

Da quanto sopra esposto risulta che i giuntiVulcan consentono le seguenti operazioni fonda-mentali:

1) avviare il motore con giunto vuoto e quindinon trascinare in avviamento la linea d'assi;

2) inviare l'olio gradualmente in modo da con-sentire una inserzione graduale della linea d'assi;

3) interrompere rapidamente la trasmissionemediante Io svuotamento rapido del giunto (nor-malmente occorre circa un secondo);

4) graduare opportunamente il riempimento de)giunto in modo da ottenere lo scorrimento desi-derato.

Inoltre il Vulcan riduce praticamente a zero la

141

variazione del momento torcente trasmesso e tagliala linea clastica in modo da eliminare l'influenzadi tutta la parte condotta sviile velocità critichetorsionali il che, con i motori Diesel, è un vantag-gio di notevole importanza.

Note sulle possibilità d'esercizio dell'apparato motoreL'apparato motore sopra descritto offre le se-

guenti possibilità di esercizio.

1) ManovreTenendo in moto per ogni linea d'assi un motore

in marcia avanti ed uno in marcia indietro ed in-serendo per mezzo dei Vulcan l'uno o l'altro deidue motori a seconda dei comandi provenienti dallaplancia, si avvia la rispettiva elica in marcia avantiod in marcia indietro. I motori vengono mantenutialla andatura costante di 400 giri/1", i giunti chesi inseriscono sono quelli di crociera. Ferma re-stando la velocità dei motori, agendo sullo scorri-mento dei giunti, si può far variare la velocità, dirotazione dell'elica fra 50 e 150 giri/1' circa.

2) Esercizio con motore per asse (giunti di crociera)Alle andature ridotte ì possibile navigare con

un solo motore per linea d'asse sino all'andaturain cui la curva limite di potenza del motore inter-seca la curva dell'elica (ved. fig. 2). Questo eserci-zio consente di utilizzare i motori con un migliorrendimento in quanto funzionano verso il limitesuperiore della pressione media effettiva.

3) Esercizio con due motori per asse (giunti di cro-ciera)

Raggiunto il limite di cui al punto 2), dovendoaumentare ulteriormente la velocità della nave siavvia e si inserisce anche l'altro motore il checonsente di raggiungere la massima velocità di ro-tazione di progetto dei motori senza sovraccaricarli.Infatti esiste un certo margine tra la potenza mas-sima dei motori a quella velocità e la potenza as-sorbita dall'elica alla velocità corrispondente.

L'operazione di avviamento ed inserimento delsecondo motore richiede pochi secondi.

Il margine è stato tenuto piuttosto alto per varieragioni di cui la principale è data dalle considera-zioni sull'aumento di potenza assorbita dall'elicaper effetto della carena sporca (con carena sporca,a parità di velocità di rotazione dell'elica, aumentala potenza assorbita e si riduce la velocità dellanave).

4) Esercizio con due motori per asse (giunti ii tuttaforza) e con turbine a gas

Raggiunto il limite consentito dalla massimavelocità ottenibile con due motori per asse suigiunti di crociera, dovendo ulteriormente aumenta-re la velocità della nave, occorre avviare la turbinaa gas, inserirla e passare con i motori sui giunti ditutta forza. In queste condizioni si può far svilup-pare ai motori la massima potenza di progettousufruendo dell'apporto di potenza dato dalleturbine. Si raggiunge così la massima velocità del-la nave.

5) Andature di emergenzaL'apparato motore ha una grande elasticità per-

ché consente, in casi di emergenza, altre combina-zioni come ad esempio: una turbina a gas su unalinea d'assi ed uno o due motori sull'altra oppurele sole turbine a gas (con le quali però non è possi-bile effettuare la marcia indietro).

Organi di comando

I motori Diesel, le turbine ed i giunti sono co-mandabili a distanza stando in un locale separatoda quello dell'apparato motore.

Esiste anche un comando di emergenza mecca-nico montato direttamente sui motori, sulle tur-bine e sui riduttori. I telecomandi sono del tipopneumatico con un circuito aria di comando apressione modulata ed uno di lavoro a pressionecostante.

Comando dei motoriOgni coppia di motori viene telecomandata per

mezzo dei seguenti organi:— n. 2 leve, una per ciascun motore, per l'avvia-

mento, l'inversione e la fermata— n. 1 leva per il comando dei due variagiri— n. 1 leva per la regolazione del combustibile

dei due motori.1 telecomandi per l'avviamento, l'inversione e

l'arresto sono separati e cioè ne esiste uno per ognimotore. Ogni leva di comando aziona una valvolaspeciale a cinque vie che invia l'aria ai dispositividi manovra applicati ai motori.

La posizione centrale della leva corrisponde alfermo, le due posizioni simmetriche •corrispondonoall'avviamento e marcia avanti e rispettivamenteavviamento e marcia indietro.

L'operazione di inversione di marcia viene ese-guita da un servomotore ad olio che per mezzo diuna cremagliera provoca la rotazione di una ruotadentata, la quale attraverso un sistema di levecompie le seguenti operazioni in ordine cronologico :

a) sollevamento dei rulli di comando dellevalvole di ammissione e scarico in modo da distac-carli dalle rispettive camme;

b) spostamento assiale degli assi a camme inmodo che le camme della marcia desiderata ven-gano a trovarsi in linea con i risp3ttivi rulli;

e) abbassamento dei rulli che vengono così atrovarsi di nuovo a contatto con le camme;

d) consenso al passaggio dell'aria di avviamen-to per la messa in moto.

Una segnalazione luminosa in sala comando dala posizione di marcia in cui si trovano i singolimotori.

I telecomandi dei variagiri sono uno solo per ognicoppia di motori. Ogni leva di comando azionauna valvola modulatrice di pressione che agisceper mezzo di due servomotori sulle leve di comandovariagiri dei due regolatori.

Come noto dette leve provocano attraverso gliorgani interni dei regolatori uno spostamento dellavelocità di rotazione dei motori mantenuta dairegolatori stessi.

142

i.

Il campo di velocità ottenibile con i variagiri ècompreso tra 400 e 800 giri/1' motori.

I telecomandi del combustibile sono uno solo perogni coppia di motori. Ogni leva di comando azionauna valvola modulatrice di pressione che, a diffe-renza di quelle del variagiri, agisce su un solo servo-motore che comanda un sistema di leve unico peri due motori, il che equivale in sostanza ad avere unaregolazione che agisce come se si trattassse di unsolo motore a 24 cilindri anziché due motori a 12cilindri.

Detto sistema è stato adottato pe avero la cer-tezza che il carico sia equamente ripartito tra i duemotori.

La regolazione del combustibile è fatta con ilseguente principio: spostamento della leva del va-riagiri in una posizione corrispondente ad una velo-cità di rotazione superiore a quella desiderata;limitazione della velocità al valore riehiesto agendosulla leva del combustibile.

Ogni turbina a gas viene telecomandata per mez-zo dei seguenti organi:— n. 1 manopola con commutatore per l'avvia-

mento e l'arresto ed il comando del giunto auto-sincronizzante

— n. 1 leva per il comando della valvola di acce-lerazione e quindi della velocità di rotazionedella turbina.

Le varie posizioni della manopola comandano lediverse operazioni necessarie per l'avwiamentoquali invio dell'olio per la prelubrificazione, inviodell'aria ai motori di lancio per l'avviamento, in-vio del combustibile di prima accensione e delcombustibile per l'autosostentamento, predisposi-zione del giunto autosincronizzate per il successivoinnesto.

La leva della valvola di accelerazione agisce per iltramite di una modulatrice di pressione sulla val-vola del combustibile ed ha una funzione in tuttosimile a quella dell'acceleratore delle automobili.

Ogni riduttore-giunti viene telecomdanto permezzo dei seguenti organi:— n. 2 leve, una per ciascuna coppia di giunti

disposti sullo stesso asse, per l'innesto ed il di-sinnesto dei giunti di crociera e di tutta forza eper la regolazione dello scorrimento forzato deigiunti di crociera.

Dette leve hanno una posizione centrale checorrisponde a giunti disinseriti e due posizioni sim-metriche corrispondenti all'inserimento dei giuntidi crociera e rispettivamente di tutta forza. Talesoluzione esclude a priori la possibilità di inserirecontemporaneamente sulla stessa linea il giunto dicrociera e quello di tutta forza.

La prima parte della corsa della leva nel senso diinserimento dei giunti di crociera corrisponde alfunzionamento a scorrimento forzato.

Le leve, sempre per mezzo di valvole modulataci,agiscono sui servomotori che comandano il cassettodi alimentazione e l'anello di svuotamento. Per igiunti di tutta forza esistono solo le posizioni diaperto o chiuso sia per il cassetto che per l'anello,per i giunti di crociera invece, essendo prevista lamarcia con scorrimento forzato, oltre alle posizionidi aperto e chiuso esistono anche una posizione di

semichiuso per l'anello di svuotamento e la possibi-lità di variare gradualmente da tutto aperto a tuttochiuso il cassetto di alimento.

A titolo di esempio riportiamo la successione delleoperazioni da eseguire per il passaggio in salita da2 motori per asse a 2 motori per asse più turbina.

1) Si aumenta la velocità di rotazione dei mo-tori inseriti sulla marcia di crociera sino a trovarsinella zona di cambio (fig. 2) compresa tra 230 e270 giri/1' dell'elica e si dispongono le leve di co-mando in modo che i motori si trovino sotto l'azionedei variagiri (ad esempio, 250 giri/1' dell'elica e 678giri/1' dei motori).

2) Si avvia la turbina a gas, la si porta in auto-sostentamento • e quindi, agendo sulla leva dellavalvola di accelerazione, se ne aumenta la velocitàsino a raggiungere il sincronismo e quindi il bloccoautomatico del giunto au'osincronizzante (3297giri/1' della turbina di potei.za). Aprendo ulterior-mente la valvola di accelerazione la velocità nonaumenta, mentre si ha un graduale passaggio delcarico dai motori alla turbina fino al funzionamentoa vuoto dei motori.

3) Si vuotano i giunti di crociera e si riduce lavelocità dei motori sino a portarli in sincronismocon la velocità dell'elica rispetto però al rapportodi tutta forza (490 giri/1' motori).

4) Si inseriscono i giunti di tutta forza e si dacarico in un primo tempo ai soli motori e successi-vamente a motori e turbina sino al raggiungimentodella velocità dell'elica richiesta dalla plancia.L'intera operazione richiede pochi minuti.

Controlli e sicurezzeL'aver realizzato l'apparato motore interamente

comandabile a distanza e quindi senza personale in sa-la macchine ha reso necessaria anche la ripetizionein sala comando dei controlli principali nonché l'a-dozione di allarmi e sicurezze.

Stando quindi in sala comando oltre ai comandiveri e propri si hanno sotto controllo tutte le indi-cazioni principali relative a velocità, temperature,pressioni; alcuni di tali elementi vengono ancheregistrati in modo da poter disporre anche di unacerta cronistoria dell'esercizio. Per i dati più signi-ficativi sono previsti allarmi acustici e luminosi perrichiamare l'attenzione nel caso che siano in attofenomeni preoccupanti. Esistono poi anche i blocchiautomatici per quelle anomalie che possono darluogo in brevissimo tempo a gravi conseguenze comead esempio ridotte pressioni dell'olio od eccessi divelocità. Sono previste pure altre sicurezze per evi-tare gli inconvenienti che possono derivare da erratemanovre come ad esempio l'impossibilità di inse-rire contemporaneamente i giunti di due motoridella stessa linea d'assi quando i motori ruotano avelocità contrarie e l'impossibilità di inserire con-temporaneamente il giunto di crociera ed il giuntodi tutta forza dello stesso motore.

Gli apparati motori sopra descritti hanno ormaisuperato il collaudo di circa 3 mila ore di eserciziocon piena soddisfazione da parte del personale dellaMarina.

Non è da escludere che ppssano essere ripetuti,presumibilmente con potenze aumentate.

143

Sull'inquinamento atmosferico nell'area urbana prodotta daimpianti termici

Cesare Codegone (*)

Sommario - L'inquinamento atmosferico prodottoda impianti termici urbani è esaminato e chiaritocon qualche applicazione della teoria matematica delladiffusione.

Summary. - The question of the contaminationof the air in great towns is examined and clariftiedthrough some applications of the mathematical theoryof diffusion.

l. La contaminazione dell'aria nelle grandi cittàmoderne costituisce un problema che può esserestudiato avendo riguardo alla sua origine, cioè allefonti di produzione dei contaminanti; alla sua dif-fusione nell'atmosfera dell'area urbana, soprattuttonelle condizioni più sfavorevoli; infine ai mezzi daadottare per la sua eliminazione, o almeno perl'attenuazione degli effetti nocivi che essa producesull'uomo, sulla vegetazione e sugli edifici ed operemonumentali.

2. I contaminanti dell'aria possono essere costi-tuiti da polveri e da particelle solide prodotte dacombustioni, o da sospensioni di minutissime goc-cioline o da sostanze gassose.

Una classificazione delle componenti solide puòessere fatta con riferimento alle dimensioni delleparlicellc che le compongono ed alle leggi della lorolibera caduta nell'atmosfera o della loro sospen-sione in essa.

I moti Browniani tengono in sospensione le parti-celle aventi dimensioni minori di 0,1 («n circa equesto mondo microscopico è molto più vario ecomplesso, come spettro di dimensioni e varietàdi forme e come costituzione (organica e inorgani-ca) di quanto si possa immaginare.

Per effetto di microturbolenaa nella libera atmo-sfera, anche se apparentemente calma, si trova so-speso in permanenza del pulviscolo con granulidi dimensioni fino a circa 1 |xm; in atmosfera unpoco agitata la dimensione delle particelle in so-spensione può salire fino a circa 10 |im, e in vicinan-za di macchine in rapido movimento anche fino a100 i*m [1].

Fra le particelle in permanente sospensione, resefacilmente visibili mediante l'effetto Tyndall, sidistinguono in meteorologia quelle costituenti lapolvere propriamente detta (sollevata per lo piliper effetto del traffico dal manto stradale o prodottada lavorazioni industriali ed avente pertanto le piùvarie origini) da quelle dei cosiddetti nuclei di con-densazione, spesso molto più numerosi e piccoli

(*) Istituto di Fisica Tecnica, Polii conico di Torino.

delle precedenti e provenienti principalmente daresidui di combustioni (fumo, specie se prodottoda combustibili leggeri quali tabacco, carta, ecc.) [2].

E opportuno a questo proposito ricordare che leparticelle con dimensioni superiori a circa 5 [*msono arrestate nelle cavità nas-<ii, mentre quelle condimensioni comprese fra 0,5 f- 5 nm circa, se inspi-rate non vengono più riemesse e rimangono quindinei tessuti polmonari.

II fumo del tabacco è invece espirato per no-tevoli; parte avente dimensioni inferiori a 0,3 (imcirca.

Lo studio delle fiamme prodotte da combustibilisolidi polverizzati o da liquidi nebulizzati ha mo-strato che la loro ossidazione procede in tre tempi:il periodo del preriscaldamento fino alla tempera-tura di infiammazione; quello della rapida ossida-zione dei prodotti più volatili; quello infine, piùlento dei precedenti, della combustione dei residuipiù pesanti e carboniosi, facilmente interrotto sela fiamma urta contro pareti fredde.

L'analisi teorica e sperimentale dei suddetti fe-nomeni, che hanno luogo anche negli impianti ter-mici urbani, ha chiarito le leggi seguite nella indi-cata successione [3] ed ha posto in evidenza l'im-portanza che per una completa combustione hannol'esiguità delle dimensioni delle particelle (inizial-mente comprese secondo i casi fra 10 e 100 firncirca) ; la permeabilità all'ossigeno delle sostanzedi cui sono composte, come pure la prevalentelunghezza dell'ultima delle tre fasi citate, ciò chedovrebbe impegnare a disporre di uno spazio suffi-ciente per lo sviluppo completo della fiamma, con-dizione questa purtroppo non sempre osservata ecausa della emissione ai incombusti.

Quanto alle leggi di libera caduta in atmosferatranquilla basterà ricordare che nell'ampio inter-vallo dei diametri medi compresi fra 1 e 200 (imcirca (che comprende le polveri fini, prodotte ancheda forni e procedimenti industriali, le goccioline dinebbia, eventualmente sature di contaminanti gas-sosi, ecc.) è ritenuta applicabile la legge di Stokesche afferma essere la velocità di libera caduta digranuli sferici proporzionale al quadrato del lorodiametro ed alla differenza fra la densità del granuloe quella dell'aria.

Per dimensioni superiori al limite citato e finoad alcuni millimetri (grosse polveri, gocce di piog-

. già) è ritenuta invece applicabile la legge di New-ton, secondo la quale la suddetta velocità, ovvia-mente molto più rapida della precedente, è propor-zionale alla radice quadrata sìa del diametro sia delrapporto della densità della particella alla densitàdell'aria.

144

3. Fra i contaminanti gassosi si possono distingue-re quelli provenienti da combustioni incomplete inimpianti termici e in motori a combustione inter-na, quali sono l'anidride solfoi^sa, quella solforica,l'ossido di carbonio, ossidi di azoto, residui di idro-carburi, da quelli, molto vari, provenienti da scari-chi di stabilimenti industriali, specie se chimici,rimasti compresi nel contesto urbano, alla sua peri-feria, dal rapido accrescimento delle città.

La loro distribuzione nell'atmosfera, suppostatranquilla, è retta dalle leggi della diffusione.

Tali leggi presentano, dal punto di vista analiti-co, delle notevoli analogie formali con quelle ri-gurdanti la propagazione termica per conduzione.

E infatti i] flusso di una sostanza gassosa inun'altra, riferito all'unità di arefi e di tempo, ri-sulta proporzionale al gradiente della concentrazionedella prima nella seconda, così come il flusso ter-mico, con gli stessi riferimenti, risulta proporziona-le al gradiente di temperatura [4].

II coefficiente del gradiente di concentrazione,detto coefficiente di diffusione, può in generalevariare, oltre che con la natura e lo stato dei gas,anche con la posizione del punto considerato e conla direzione del flusso.

Le condizioni più sfavorevoli si hanno con atmo-sfera tranquilla, cioè in assenza di vento e di altreperturbazioni a carattere macroscopico.

Una soluzione analitica abbastanza generale siottiene supponendo che in un dato istante, assuntocome origine dei tempi, la sorgente emetta unaquantità unitaria di inquinante in un mezzo omo-geneo e isotropo.

La concentrazione e di detto inquinante al tem-po T e alla distanza r dalia sorgente è allora pro-porzionale alla espressione (analoga a quella fornitadal Kelvin per il caso termico) [5]:

in cui a è una costante legata al coefficiente didiffusione ed n sta a qualificare come segue la di-mensione geometrica del sistema:n = 1; sorgente piana illimitata; superfici di ugual

concentrazione piane e parallele;n = 2; sorgente rettilinea illimitata; superfici a

uguale concentrazione cilindriche e coassialialla sorgente;

n = 3 ; sorgente puntiforme; superfici a ugual con-centrazione sferiche e concentriche allasorgente.

La quantità di inquinante emessa si intende rife-rita all'unità di area per n = 1 ed all'unità di lun-ghezza per n =2.

In ogni punto la funzione e ammette col tempo unmassimo e il rapporto c/cmax assume l'espressione:

= ra-

ni =

(2)

(3)

La costante m assume i valori 2,330; 2,718;2,439 rispettivamente per n = t, n = 2 ; n = 3 .

L'andamento del rapporto cjcmnx in funzione ili .rè rappresentato nella fig. I.

Fig. 1 - Sorgenti istantanee - n = 1 sorgente piana; 2 sor-gente rettilinea; 3 sorgnito puntiforme.

Da essa si deduce che i! fenomeno giunge rapida-mente al suo massimo e poi decade con rapiditàcrescente al crescere di n.

Tenendo conto che in città il funzionamento degliimpianti termici è per lo più intermittente si puòwcavare dal grafico una conseguenza pratica im-portante: essere cioè opportuno concentrare l'emis-sione in poche sorgenti periferiche situate a note-vole altezza piuttosto che lasciarla distribuita intante piccole sorgenti a breve altezza da! suolo.

Ed è ciò appunto che si intende fare anche peraltri motivi con le cosiddette <( centrali termichcurbane » poste a servizio, mediante reti di condottedistributrici termicamente isolate, di ampie zonecittadine e sempre più diffuse in Italia e all'estero.

In tali centrali, non di rado di notevole potenzae adibita talvolta anche alla produzione di ener-gia elettrica, è possibile conseguire una completacombustione con elevati rendimenti, assicurandocon personale specializzato un razionale funziona-mento degli impianti ed una loro tempestiva eaccurata manutenzione.

4. A conclusioni analoghe si giunge supponendoche l'emissione, anziché essere intermittente, siprolunghi in modo costante nel tempo, ciò che insostanza equivale dal punto di vista analitico ariferire la quantità emessa all'unità di tempo e adeseguire una integrazione rispetto a T della espres-sione prima indicata.

In un dato punto la concentratone cresce alloracol tempo tendendo assintoticarnente ad un mas-simo per T =oo.

Ad esempio nel caso della sorgente puntiforme,quindi per n = 3, il rapporto fra la concentra-zione e al tempo T e quella cmax d«l regime stazio-nario vale semplicemente:

(4)erfc - i 7 = -

in cui il simbolo « erfc » rappresenta il comple-mento a 1 della nota funzione di errore di Gauss.TJc r^i.Joiìc assume il valore 1 per T =oo [6].

Alcuni valori della funzione « erfc » sono dati dallaseguente tabella.

145

Tabella n. 1

Valori della funzione erfc

0,1

0,2

0.3

O/i

0,5

erfc x

1,00

0,888

0 777

0,1)71

0,572

0,480

0,«

0,7

0,8

0,9

1,0

2

erfc .r

0,396

0,322

0,258

0,203

0,157

0,047

Ponendo ,r = (rjì/at) risulta agevole rappre-st'iitarc (ved. fig. 2 e 3) l'andamento di cjcmax conla distanza r dalla sorgente e col tempo T.

Se la sorgente puntiforme è mobile con velocitàt> (come nel caso di un veicolo), nelle espressioniprecedenti si dovrà porre (r — e T) in luogo di r.

Anche negli altri due casi esaminati (sorgentirettilinee e piane) l'andamento del rapporto c(cx

e"di

OS-

o,s vr

stema (nel nostro caso la semibase Xu del ret-tangolo).

Anche i risultati sono espressi in forma adimen-sionale avendo moltipllcalo la concentrazione e diinquinante nel punto considerato di coordinate x,y, z per il rapporto 2nk/qX0, essendo k il coefficientedi diffusione del caso in esame, in cui si è suppostoil mezzo omogeneo e isotropo [9].

La soluzione della (5) è espressa da somme difunzioni trigonometriche iperboliche e circolari.Essa è rappresentata in iig. 4 per z = o (pianoorizzontale .r y) e per area emittente di formaquadrata.

Si noteranno le notevoli variazioni di concentra-zione (da 1 a 3,5 circa) nel passare dal perimetroalla zona centrale.

Dalla (5) è anche possibile dedurre il caso di unastriscia emittente di lunghezza illimitata.

Inoltre, procedendo per sovrapposizione di ef-fetti, dalle soluzioni accennate è possibile dedurreciò che avverrebbe in casi complessi quali quelli dipiù superfici emittenti rettangolari disposte a inter-valli con successione regolare, ovvero disposte ascacchiera e così quelli di lunghe strisce paralleleo incrociate o disposte a stella, in modo da imitare

• l -

eCHI

O.5-

o-

-

lry/ -

Tip. 2 - Sorgente puntiforme a regime. Variazione di c\cmaxcon la distanza della sorgente.

Q 1 2 3 4 1 5X

Fig. 3 - Sorgente puntiforme a regime. Variazione di c\cmaxcol tempo.

per t -> co tende ovviamente a 1, ma con accosta-mento più rapido all'assintoto col diminuire di n.In particolare per la sorgente rettilinea si utilizzaper il calcolo la funzione analitica /s, detta inte-grale esponenziale [7],

5. Le considerazioni precedenti riguardano, oltrealle sorgenti puntiformi, sorgenti rettilinee e pianeillimitate,

II caso, pure abbastanza generale, di sorgentipiane rettangolari, quindi limitate ad esempio nelledue direzioni ortogonali a; e y, può, per il regimepermanente, porsi analiticamente nel seguente mo-do [8]:

q Xo(5)

in cui, per semplicità di trattazione sia le coordina-te x, ;/, z misurate dal centro del rettangolo, sia lecoordinate % ed nj dell'elemento di area «SS • ài\,emettente l'inquinante con la costante produzione qper ogni unità di area e di tempo, sono state diviseper una dimensione lineare caratteristica del sii-

— N

Y=1 " "

i i i i

i i l ' i

. •

l i t i

O O.S X 1

I'ig. 4 - Andamento della concentrazione al suolo per un'areaeip;ttente di forma quadrata al variare delle coordinateadimensionali x e y del punto in esame.

146

In disposizione dei quartieri urbani e delle arteriecilladinc di maggior traffico.

lì per tal guisn possibile risolvere dei problemi«li miniino a parila di area totale inquinante ed aparila di emissività specifica e studiare l'influenzadella posizione e dell'ampiezza di aree verdi noninquinanti.

Risultano favorevoli, com'è del resto intuitivo,le disposizioni stellari e la presenza di grandi parchiin zone non troppo periferiche.

(i. La valutazione dei cofficienti di diffusione ètutt'altro che agevole.

Nel caso qui considerato di inquinamento pro-dotto da centrali lermiche è da tenere presente cheal disopra di queste l'atmosfera si riscalda per effettodella emissione di gas caldi e pertanto nell'atmosfe-ra stessa, anche se inizialmente tranquilla, hannoorigine correnti ascensionali che tendono ad accre-scere la turbolenza ed a modificare l'iniziale sup-posta isotropia del mezzo.

Non è da stupire che in tali condizioni i risultatisperimentali siano poco concordanti e non sia pos-sibile fornire altro che gli ordini di grandezza deicoeflicienti A- di diffusione.

Tali ordini di grandezza vanno da 0,10 a 10m2/sec e crescono al crescere della velocità dellecorrenti convettive e quindi anche dell'ampiezzadell'area emittente [10].

Il tempo necessario per il raggiungimento dellesfavorevoli condizioni di equilibrio stazionario èin genere fortunatamente molto lungo, dell'ordinedi settimane, quindi il più sovente maggiore delladurata delle condizioni atmosferiche avverse (ariaperfettamente tranquilla).

Ad esempio per un cubo di lato L con la facciainferiore emittente, il tempo necessario per l'emis-sione di quanto è contenuto a regime nel cuboc'csso vale semplicemente (in secondi):

0 , 2 3 ^ ( 6 )

e per L ••= 6000 m, A- = 10 m 2/sec, esso corrispondea una diecina di giorni, beninteso supposto che an-che a grande altezza la turbolenza non sia tale daaccrescere notevolmente la rapidità di diffusionedell'inquinante.

Le situazioni reali corrispondono per lo più ainquinamenti in periodi transitori e gli elevativalori di regime assumono piuttosto il significatodi indici di pericolosità per condizioni atmosfericheavverse di ampiezza (anche in quota) e di durataeccezionali.

7. Nel caso di impianti termici per riscaldamentodi edifici e con combustione a nafta contenente zolfol'inquinante considerato è l'anidride solforosa, lacui concentrazione nell'atmosfera al suolo è co-munemente assunta quale indice dell'inquinamento.

Le nafte bruciate in detti impianti contengonoin genere circa il 3 % di zolfo e poiché il consumodi combustibile nelle zone urbane può all'incircavariare, a seconda delle cubature riscaldate, da 3 a30 gr/mah, la produzione di SOt può crescere da0,2 a 2 gr/m2h circa, intendensosi i metri quadratiriferiti alla superficie orizzontalo globale della zonain esame.

Secondo alcuni Autori il limile massimo ammissi-bile della concentrazione di SO2 è di 1 ing/in3,ma si consiglia di non superare 0,3 mg/m3 nelle areeindustriali e 0,05 mg/m3 in quelle residenziali.

Gravi disagi e stali patologici si sono rilevati aLonilra nelle giornate di atmosfera nebbiosa ed ec-cezionalmente tranquilla del principio di dicembredel 1962, con segnalazioni medie giornaliere di ol-tre 5 mg/m3 di SO2 e, con minore gravita, nei giorni23 e 24 gennaio IDU'i a Milano, con rilevazionifino a \ mg/m3. A Torino l'influenza delle colline edei venti alpini rende la situazione meno allar-mante.

8. Arrivando ai rimedi per le circostanze più sfa-vorevoli, potrebbe bastare il rilievo riguardante l'a-dozione del gasolio in luogo delle comuni naftecombustibili, come richiesto da una recente leggein progressiva attuazione nei grandi centri urbani.Con tale adozione si riducono a meno di un terzo leindicate cifre di produzione dcH'A'W», ottenendosiinoltre il beneficio di una notevolissima riduzionenella emissione di particeli»* solide parzialmentecombuste.

Legge opportuna dunque quella citata, che haconsentito di intervenire alla radice del male atte-nuandolo grandemente, come rilievi effettuati neldecorso inverno hanno confermato.

Vantaggi ancora maggiori si otterrebbero dalpunto di vista igienico con l'impiego del gas me-tano che è privo di zolfo e di cui oggi si preconizzauna vasta adozione anche nel campo del riscalda-mento urbano.

9. Negli impianti di condizionamento dell'aria,sempre più diiFusi nei centri commerciali e resi-denziali, è in ogni caso disposta la filtrazione dell'ariadi ricambio aspirata dall'esterno.

1OO%

SO

"so

io

Fig. 5 - Efficienze e di filtri per aria condizionata [a, filtropulito, a, filtro da ricambiare) confrontate con quello(e) di un separatore meccanico ad azione centrifuga(ciclone).

La fìg. 5 mette in evidenza con le linee a (filtropulito) ed a (filtro da ricambiare) che l'ellicaciadei filtri adottati in tali impianti (per lo più a basedi intrecci di fibre), cioè la percentuale ponderale diparticellc da essi captata, dipende dallo spettro didimensioni delle particelle stesse, ha carattere selet-tivo o decade coll'uso richiedendo periodici ricambi.

T mezzi puramente meccanici (linea e relativaad un ciclone agente per forza centrifuga) sonopoco efficaci per diametri di particelle inferiori adalcuni micron [11].

L'impiego sempire più esteso di adatti combusti-bili, combinato con quello di un'adeguata filtra-zione dell'aria consentono di sperare in un crescente

-

147

rmiglioramento delle condizioni igiunichc (lolle gran-di arci' urltune.

Bibliografìa e note(1J Urunelli l'Ai., Codegone C. - Fisica Tecnica - Voi. II -

Tnniiociiictirn - Parte JI - lid. Giorgio, Torino, 1967,pag. 28fi.

[2] loc. c-it. nota (1) pag. 360.[3] loc. cil. nota (1), pag. 513.[4] Codegone C. - Problemi vecchi e nuovi di trasmissione del

calore - Rendiconti Seminario Matematico - Torino -Voi. 10 - 1950-51, pagg. 111/138 - Cfr. pure: Carslaw,H.S.. .ledger .I.C., Conduction of heat in solids, Oxford,

(5) Thomson \V. (Lord Kelvin) «Math. a. Phys. Papers»,Cambridge, vol. II, 1884. Cfr. pure: Jahnke, Kmde,:.iisch, Ta/eln holirrer Funhlionen, Stuttg»rt, 1960,pag. 295.

[C] La funzione erf x t- tabellata nel volume di Jalinke -Kmdc - Losch, loc. cit., pag. 31.

[7] loc. cit. nota (6), pag. 23.[8] Bozza G. - Inquinamento atmosferico provocato da sorgenti

estese - Ricerche di Termotecnica - n. 14 - 1964 - pagi-ne 3-21.

[9] Le variazioni in altezza del coefficiente di diffusioneturbolenta sono presumibilmente rilevanti, ma al ri-guardo i dati sperimentali sono pochi e poco coerentifra loro.

[10] loc. cit. nota (8).[11] loc. cit. nota (2). Si vedano pure 3u questi argomenti

i seguenti lavori sperimentali eseguiti nell'Istituto diFisica Tecnica del Politecnico di Torino:Anglesio P. - Esperienze su un depuratore a secco di gaspolverosi - « La Termotecnica » n. 1, 1969.Anglesio P., Socchi A. - Prove su filtri per impianti dicondizionamento - in corso di pubblicazione su « LaTermotecnica ».Anglesio P. - Prove su emissioni ponderali di impianti dicombustione - XXIV Congr. Naz. Ass. TermotecnicaItaliana, Bari, 1969.Boffa C. - Sui metodi per la generazione di aerosol mono-disperso - Atti Acc. Se. Torino, Voi. 104, 1969-70,pag. 397-412.Riguardo all'influenza del vento sugli alti camini e allaformula di Bosanquet e Pearson [del tipo: e — a ql(x' • e-bf-t)] che la esprime al suolo alla distanza x dalla ba-se, si veda il volume citato nella nota (lj a pag. 577.

148

Experimental vibration characteristics of a B. W. R.fuel assembly

.V. Ferrucci, D. Pitimada (*)

Riassunto - Si descrivono le prove condotte per ladeterminazione delle frequenze naturali e degli assettivibratori di singole barrette assemblate in un elementod< combustibile nucleare per reattori ad acqua bollente.

Le risonanze ottenute sperimentalmente sono stateconfrontale con le risonanze della barretta sopportataalle sole estremità, l valori della «end fixity» sonostati determinati per barrette di vario tipo usandometodi statici e dinamici.

1) IntroductionExperiments were carried out in order to develop

a qualitative understanding of lateral vibrationcharacteristics of rods assembled in a B.W.R. fuelassembly.

The investigated mock-up consists of 64 concreterods assembled in a square lattice.

The chief characteristics of structure are asfollows :— rod material 304 stainless steel— rod diameter ~ 15 mm— clearance between fuel

rods ~4 mm— element total length

(including lower nozzleand upper end plate) ~3 m

— number of intermediatespacers 5

The model, initially designed for hydraulic inve-stigations, is geometrically full scaled, while itsdynamic scale can be deduced from the well knownformula :

'n I'n —m

(1)

where the asterisk is referred to the rods of realelement.

The investigation of mode shapes correspondingto various resonant frequencies of the single rodis important because the vibration generates rela-tive motion between the rods and the spacers thatcan cause « fretting corrosion ».

It's to be pointed out that the investigation ofmode shapes of assembled rods is very hard if themock-up is tested in a water loop because of thedifficulty in inserting a great many pickup requiredto investigate higher mode shapes.

A preliminary understanding can be taken te-sting the bundle in air. In this case resonant fre-quencies of rods are lower than the correspondingfrequencies in water because of damping and

(*) C.N.E.N. - Comitato Nazionale Energia Nucleare -Laboratorio Tecnologìe Reattori, Casacca, Roma.

virtual mass, but the difference is not very great [5],W, [?)•

This work contains a description of experimentaltests which were performed in air.

The investigation was intended to determine:— « end fixity » of single rod supported at the end

plates— vibration mode shapes and corresponding « in

air» resonant frequencies of individual assem-bled rods excited at various points by a sinu-soidal force

—- difTerencies in the directional dynamic behaviourbecause of the lack of symmetry on spacers

— dynamic behaviour of individual assembled rodsexcited at various points by random forces.

Ail that information will be utilized to explainthe experimental results of tests that will be per-formed in a water loop simulating the reactor envi-ronments. In this case each rod is subjected torandom forces with possible superimposed periodiccomponents (e.g. due to pump pulsations), conse-quently spectral analysis can emphasize both na-tural frequencies and forced vibration frequencies.

Even though the two kinds of vibration can bedistinghuished using data analysis methods (e.g.cross correlation functions) a preliminary roughknowledge of natural frequencies is very helpful.

Furthermore if natural frequencies are dominantthe preliminary knowledge of corresponding modeshapes (deduced by in air tests) allows to deducethe movement of various interesting points of therod (e.g. rod-spacer contact points) from few re-corded signals.

It is important to note that the detected displa-cement values are larger than those that can beexpected testing the structure in a water loop withsignificative mass flow.

2) «End fixity» experimental determinationsIn these tests the bundle was partially assembled

as shown in fig. 1.The fig. 2 shows different designs of rod ends.

F type rods have threaded end shanks. These rodsform the carrying structure of the bundle. Theother rods have smooth end shanks; the //, J, Kend designs show little differences; therefore allthese rods have been indicated as « AT type rods ».

Q rod is especially designed to support the inter-mediate .spacers. Each rod has a spring insertedbetween the shoulder of the end plug and the faceof the upper plate.

The rough drawing in fig. 3 shows the set up ofthe tested model. The upper end plate and thelower nozzle wore rigidly clamped to the test stand.The parallelism between the plate and nozzle holed

14»

^ ^ ^ x ^ ^ ^ . - ^ ' ^ — ^ ^—-' " —-- -—" ^—^

3OOOOOOCooooGooeoooooo

5) F type rods varying upper cud momentsvalues.

Fig. l\ shows, for instance, the load deflection cur-ves obtained for rod K 03.

The tfmjW data obtained for K type rods wen;elaborated assuming equal end condii ions.

The elaborations were made in following se-quence:

«) if the upper end spring is inserted the i/m/Wvalues will have to be corrected by the effect ofaxial load (P) using the following formula:

Fig. 1 - « End lìxity » experimental determination-positionof rods.

5 ?umo = >im YfaT^q •'/m0 = •'/;" YJtfi^) (2)

where :ym is the experimental value!/mo is the corrected valueI = Lfl ]I~PJTEP is the axial load - 7 kg.these ymol\V corrected calues agree closely enoughwith ynJW experimental values obtained for therods without upper end spring, as shown, for instance,in table I.

A

1 1 1

Fig. 2 - Different designs of rod ends.

A

on aces as well as the allignment of the holes wereoften checked during the tests.

In the determination of load-deflection curveseither the load and the deflection were at midpointof the rod.

The load deflection curves were obtained for thefollowing different cases:

J) K type rods with upper end spring inserted2) A" type rods without upper end spring3) Rod F 13 with upper end spring ' inserted4) Rod F 13 at the same conditions but after

the upper end spring had been cut

b) the ym/\V (eventually corrected) values we-re used to compute a.L from the following equation:

192 EJym «L + 8 m

WL3 ~ aL + 2 w

c) then first mode natural frequencies can bedetermined by solving following equations:

^ + tgh I

(5)

Equation (5) is plotted in Jig. 5.

150

— the rod was struck with a rubber hammer andthe acceleration signal was recorded on anoscillograph in order to determine natural fre-quency. If ihe upper spring was inserted thefollowing formula could be used to take intoaccount the effect of axial load:

| _PL*

Fig. 3 - Set up of the tested model.

where /„„ is the corrected value of frequency.Computed frequencies and experimental frequenciesagreed very close.

e) It's also possible to determine the « end fi-xity » values from these experimental frequenciesusing equations (4), (5).

There is a good correlation between aL valuesobtained from both static and dynamic methods.

Conclusions— Both static and dynamic tests dernonstred that

the end fixity of K type rod was close to zero.That means the A' type rods behave like simplysupported beams.

— The axial load, due to the upper spring, affectseither deflection curve slope either experimer^alfrequency value. Consequently, if the effect ofaxial load is not considered, the computed endfixitv value can fall below zero.

9

300upper end spring inserted

upper end spring inserted-rod rotated 90°

without end spring

without end spring - rod rotated 90"

. 100 ISO 300

Fig. 4 - Rod K 6 3 - Deflection curves.

* ! 0 t/ioo mm

d) So computed frequencies were comparedagainst the experimental frequencies obtained asfollows;— a lightweight crystal-type accelerometer was

placed at the midpoint of tested rod-;

— Both static and dynamic tests showed that thealignement of end plugs and the parallelismbetween the plate and nozzle surfaces werevery critical in order tc maintain simply sup-ported end conditions.

161

Table I

END FIXITY DETERMINATIONS FOR K TYPE RODS

rod

K 63

K 63 (!WP)

K 63 (without spring)

11 8

hinghed rod

11.4

11.2

10.2

10.6

192 EJy,,,L3W

4.50

4.42

4.03

4.18

y mo

w10.2

10.0

10.2

9.47

192 E.ly,H0

LSW

4.03

3.95

4.03

3.74

4.00

«/.

-0.0

-0.0

-0.0

0.3

0.00

PL

-3.14

-3.14

-3.14

3.25

3.1416

f no

3.43

3.43

3.43

3.68

Table IIEND FIXITY DETERMINATION FOR F TYPE RODS

rod

FIOFIOFIO

F13F13F13

F13F13F13F13

upperend

moment(kg cm)

048

048

2

466

\ \(mm/kg)

5.854.503.38

5.754.553.55

5.704.C03.853.90

192 EJvmL3W

2.311,781.34

2.271.801.40

2.251.821.521.54

is—

«.L

2.35.6

15.0

2.7o.o

12.6

2.85.29.08.8

3.603.954.30

3.703.954.25

3.703.904.154.15

tn

4.515.436.43

4.785.436.28

4.765.29

e.oo6.00

7.6— «(1)

9.4— a

U)

10.3— a

(1)(2)

3.603.90(2)

3.653.90(2)

3.65-3.90

(2)12)

A

tn

4.515.29(2)

4.645.29(2)

4.645.29(2)(2)

"/Ar\#>

aL

(3)(2)4.1

(3)(2)3.5

(3)(2)1.81.6

fi/.

(2)(2)

4.40

(2)(2)

4.40

(2)(2)

4.254.25

VA

—iIn

(2)(2)

6.74

(2)(2)

6.74

(2)(?)

6.286.28

(1) non computable value (> a) — (2) non computable value — (3) non computable value (< 0|

The elaboration of data obtained for F type rodsis quite difficult because of the lake of symmetryon the end conditons.

On the other hand it's to be noted that an exactevaluation of the end conditons is not importantfor multisupported beams (see also following para-graphs).

Therefore the rough hypothesis of equal end re-straints has been assumed.

In the discussion, so obtained « end fixity » va-lues were comparated with « end fixity » valuesobtained for the upper end plug assuming:—• lower end plug fixed— lower end plug hinghed.

Reference [2] relates thp details of elaboration.Chief conclusions concerning the end fixity of...

/'' type rods were: . ., • ', ;:,'.' ,— the end fixity values vary according to the mo-

ment value of tightening torque of the upper

end nut (controlled by means of a torque wrench)and the tightening of the thread of lower endshank;

— static and dynamic tests agree well enough todetermine the end fixity values;

— the adjustment of the alignment of the endplugs as well as the adjustment of the paralle-lism between end plates is important to main-tain a given end restraint;

— experimental tests mentioned at points 3 and4 allow to conclude that the upper end springhave no effect on the load deflection curve for aF type rod. It was-possible to anticipate thisconclusion observing the detail of upper endof the F type rod (see fig. 2). Some results of

" • elaboration of static tests are given on table IIwhere computed natural frequencies are also

.'• comparated with experimental values deducedfrom the damped oscillations obtained strikingthe tested rod with a rubber hammer.

1S2

14

13

12

II

IO-

9-

7

6'

5-

4-

3'

Z-

1-

0

•1-

-2-

L

21

i 1

I1

/

I///

1416

n

J

i

11;

/

/

I6.2B3I •

s-jcn

i 1

/

/1» /I I

/

/1>

.996

1 1! i i

Fig. 5

3) Experimental determinations of resonant frequen-cies and mode shapes

3.1. Set up of the testsThe model was clamped to the test stand in verti-

cal position as shown in fig. 3. In a first series ofesperiments the bundle was assembled with allthe rods and the spacers taking their places. In asecond series of experiments some rods were takenaway from iheir places in order to vibrate therods located inside of the bundle. The position ofinserted rods is shown in fig. 6. All the intermediatespacers take their places.

In all cases the exciting force was applied to asingle rod. Two kinds of tests were performed with:— sinusoidal exciting force— random exciting force.

3.2. Tests performed with sinusoidal forceTwo different methods were used to apply the

sinusoidal force. In the first one (see fig. la) theforce was generated by the interaction of a fixedmagnetic field with a sinusoidal current flowingthrough thi tested rod; in the secondo one (seefig. 7b) the force was applied by means of an elec-trodynamic vibration exciter.

In the first method there is no contact betweenthe exciting system and the tested rod, while inthe second method the contact-pin of the vibratorpresses the tested rod with a preload of about 850 g.

It"s not to be excluded that this preload affects

Fig. 6 - Experimental determination of resonant frequencies-position of rods.

resonant conditions because a change in the inter-mediate constraints can he caused.

On the other hand the use of vibrator allows thechange easier the point of application fo the forceand to vibrate the rods located inside the bundle

153

tfi&rilcr mped

rs—sn—Power amplifier

Oo o

)sc.LUtor

a ) tXCITlNC SYSTEM USING ELCCTHODWAMICVlBRATtQ» CHCITEft

EXCITING SYSTEM USING PERMANENT MAGNET

pick up

pick-up

>>

PyCharge amplifier

O—-fco- oo o o

Digital trequenefmetef

c) MEtsunmc AURANCEMENT

Fig. 7 - Exciting and measuring systems.

(wlien this is assembled as shown in fig. 6). For thesereasons the second method has been used for themost of the tests.

The two vibrating systems were compared againsteach other exciting the same rod a the same condi-tions.

The results of the test are given in fig. 8. It canbe seen that there is no a great difference betweenthe resonant frequencies obtained using the twodescribed methods fig. 7e shows the measuring ar-rangemets used to detect amplitude and frequencyof vibration. The set up consists of:— lightweight (2g) crystall-type accelerometers— charge amplifiers— dual beam oscilloscope— digital frequencymeter (connected to the am-

plifier of one channel of oscilloscope).The testing procedure was as follows:

— the vibrating force was applied to the choisedpoint of individual rod. Two accelerometrs wereplaced on the tested rod and attached with spe-cial wax.

— the frequancy of vibrating force was manuallychanged by small increments using the oscillatorin the range 20^-700 Hz.

— The response curve (acceleration amplitude vs.frequency) was plotted. This curve evidencesprincipal bending mode frequencies.

— Individual resonance was then tuned to itsmaximum response (corresponding to a peakin the amplitude vs. frequency curve).

— In this condition one of accelerometers wasplaced on a significant position (in general neara vibration antinode). The amplitude of itsacceleration signal serves as a reference. The otherpick up was located subsequently at variouslevels along the tested rod in order to determinethe mode shape. Either peakto peak accelera-tion amplitude either phase of oscillation (0° or180° with respect to the signal of reference pickup) have been monitored.

— Single mode shape has been determined, an otherresonance was tested tuning the oscillator tothe subsequent resonant frequency.

— The tests were repeated, using the same explai-ned procedure, with other positions of vibra-ting force -and -atjceleroineters.

Examples of obtained results are presented infigures 9-rl2. Fig. 9 and 10 present accelerationamplitude vs. frequency diagrams of the rod A' 50.The sketches joint with each diagram give theposition of vibrating force and the position of thepick-up.

The ordinates give peak to peak monitored signal(mV) and corresponding peak to peak accelera-tion (g).

Fig. 11 presents acceleration amplitude vs. fre-quancy diagrams of the corner rod // 1. In this casethe vibration has been monitored in two orthogonaldirections. It should be noted that the direction of

O O

o o

o

o

oooo

o

oooo

oooooooo

oooooooET

oo

oo0\\

oo

o

o oo

oooo

o

oooo

oooooooo

ooooooo<

oo

1oo

p

a)Resonant frequencies

(Hz)132289

430500665

*)Resonant frequencies

(Hz)132286369429500663

Fig. 8 - Comparatimi of vibrating systems - tested rod F13.

vibrations is in general different from the directionof vibrating force.

Fig. 12 shows typicai bending mode shapes (te-sted rod: K 50).

Resonances have been emphasized with the posi-tion of vibrating force showed near the correspon-ding mode shapes.

In these figures each mode shape is normalizedto its maximum displacement value. Table HIpresents effective maximum values of peak to peakacceleration (gpp) and displacement (nPP) detectedduring the tests.

154

mV

50-

40-

30-

20-

10-

0

I vibrating force

• uccelerometer

SftttT &7W ^^V ftrft SffJJ ItT^ ff1^^

200 600 Hz

Fig. 9 - Acceleration amplitude V.S. frequency rod K 50.

300 *00 900

Fig. 10 - Acceleration amplitude V.S. frequency rod K .50.coo

155

300 400 S00

Fig. 11 - Acceleration amplitude V.S. frequency rod H 1.

ROD K50

124 Hr

235 Hz

357 Hz

430 Hz

492 Hz

5 80 Hi

669 Hz

GOO Hz

spacers

X vibrating Force

o pick up position

• reFerence pick up Fig. 12 - Typical bendingmode shapes.

156

Table III

resonantfrequency

(Hz) '

133

160

190

281

344

414

482

570

660

rod H 1

ft*""

1.0

0.6

0.6

0.8

1.0

1.3

1.3

0.7

1.8

14

6

4

2.5

2

21.5

0.5

1

8PPW

0.3

0.2

0.2

0.2

0.2

0.8

0.7

0.3

0.3

4.0

2.0

1.5

0.6

0.4

1.2

0.7

0.2

0.2

resonantfrequency

(Hz)

124

235

357

430

492580

669

rod

?pp

2

1.2

1.7

2

>5

4

>5

K 50

32

5.5

3.5

2.5

> 5

3

> 3

466 4B!> 435 485 485 510

Fig. 13 133 Hi

160 Hi

190 Ht

It is to be noted that these displacement valuesare larger than those detected testing similar struc-tures in water loops with significative mass flow [8].This is a very important condition because it's nopossible to extrapolate several conclusions (e.g.spacer behaviour) to displacements larger thanthose tested.

Discussions and conclusionsResults of tests are as follows:

1) no bending resonance has been emphasizedin the range 20-=-120 Hz;

2) a singular mode can be emphasized or notaccording to the positions of vibrating force andaccelerometer;

3) no considerable difference in resonant condi-tions has been noted varying the direction of exci-ting foTce;

4) whatever resonant condition may be, rod-end plate contact points behave like a node;

5) rod-spacer contact points are in generalno coincident with a node;

6) fig. 12 shows typical bending mode shapes.It's to be noted that these shapes are like same ofthose that can be expected testing a singular rodwithout intermediate spacers.This fact suggests that intermediate spacers have alittle effect on the mode shapes:

7) in addition to these «regular mode shapes»some rods, particularly corner rods, show othermode shapes that can be associated with the fun-damental bending mode. Some of these modes(emphasized testing the angular rod // 1) are shownin fig. 13.

For turther details see reference [2].Assuming that the intermediate spacers unaiTect

resonant conditions (as experimental results sug-gest) natural frequencies should be computed usingthe following formula:

where n is the mode number of end restrained rodwithout intermediate spacers.

$L = n re for K type rods

167

Table IV

RESONANT FREQUENCIES FOR F TYPE RODS

modenumber

6

7

8

9

10

11

12

13

14

computedfrequen-cies*(Hz)

124

168

220

278

343

416

495

581

074

111

127

282

351

424

500

578

C03

//28

128

233

277

375

447

498

5!)7

683

Experimental

./ 19

127

286

348

435

49 L

581

662

(Hi

.7 38

124

296

362

423

484

582

•571

frequencies

-)

A: 50

123

236

288

359

430

493

580

667

124

428

493

587

674

A: 58

124

233

420

493

583

674

K60

123

283

359

427

493

587

673

H2-fO O 1 O 0 /OOO (JO o'|

«so-OOO (\OOOOOO"57

o oooo oOOJ33

o o o- Direction of applid force.

(*) Frequencies have been computed for a hinghed rod without intermediate spacers.

Table V

RESONANT FREQUENCIES FOR F TYPE RODS

modenumber

6

7

8

9

10

11

12

13

14

computedfrequencies*

(Hz)

128

171

224

284

349

422

500

587

680

F6(b)

130

241

297

359

424

496

584

678

Ffì(c)

131

232

434

499

680

Experimental frequencies(Hz)

Fl0(c)

130

242

290

350

416

491

573

664

FlO(b)

131

290

350

424

490

578

667

F20(6)

129

359

421

498

583

662

F20(c)

128

— •

232

415

570

654

F2A(b)

131

— •

282

247

484

661

F24(c)

—.

364

433

496

586

657

-> Direction of ap-plied force.

(*} Frequencies have been computed (or a rod without intermediate spacers, assuming « end fixity » txL = 8. *""**

For F type rods and n > 6, pL can be deducedfrom the following semplified equations [2|:

«L =

+ 1

OLL =2 PL

ctg I(8)

«L = 8 has been assumed in accordance with « endfixity » esperimental results.

158

Table VI

RESONANT FREQUENCIES FOR A' TYPE RODS WITH VARIOUS DIRECTIONSOF APPLIED FORCE

modenumber

6

7

8

9

10

11

12

13

14

computedfrequen-cies *

(Hz)

124

168

220

278

343

416

495

581

674

// l(«)

123

281

412

482

574

063

Experimental(Hz)

H 1(6)

127

282

344

412

491

574

658

// l(c) K

124

277

347

478

575

663

frequencies

5t(a)

124

232

286

352

414

490

576

665

A 52(6)

123

238

290

354

421

492

580

669

A 52(e)

126

297

357

423

494

583

673

G

-* Directionplied force.

of ap-

(*) Frequencies have been computed for a hinghed rod without intermediate spacers.

Fig. 14 - Measuring arrangment andexciting system for random tests.

0 O1 J L_ o of-

Random noisegenerator

b.p. filter

Levelrecorder

Poweramplifier

TO-Imped,adapter

Vibrator

pick-up

LfOscilloscope Charge

amplifier

159

So computed resonant frequencies were compa-red against experimental frequencies. The resultsarc summarized by talbes IV-V-VI concerning Ktype and F type rods.

Conclusions are as follows:•— fundamental mode experimental frequencies

and computed frequencies agree very closely.This good accordance may be dependent onthe node positions of 6th mode of unspaced rods.In fact these nodes are overlapping the posi-tions of the spacers;

— no bending resonance corresponding to 7thmode of unspaced rod has been detected. It istherefore concluded that the spacers obstructsuch a vibration;

— the bending resonance corresponding to 8thmode of unspaced rod has been noted in fewcases. The average value of experimental fre-quencies is rather different (in excess) with re-spect to computed value. It is therefore conclu-ded llmt the spacers modify the frequancy ofsuch ;t vibration:

- the experimental frequencies corresponding tohigher resonances are close to correspondingcomputed frequencies. Bending resonances un-to fourteenth mode of unspaced rod have beendelected.It is therefore concluded that the spacers don'tcause any appreciable effect on these resonantconditions, at least when the displacementsdon't exceed tested displacement values;

— higher resonances of F type rods seem to benearer to frequencies computed using extremeends hinged beam formulas than to frequenciescomputed using extreme ends restained beamformulas.This may be attributed to the fact that theextreme ends bahave like a hinge for the verylow displacements relative to higher resonances[2];

— in practice F type rods differ from K type rodsin a little increase of frequencies of fundamentaland lower modes. This diminishes the importan-ce of an exact determination fo end fixityvalues.

Tests performed with random exciting forceThe testing procedure consists of exciting a sin-

gular rod with a random force. The measuringarrangement as well as the exciting system areshown in fig. l'i.

The vibrating signal was analysed by means ofa frequency analyser combined with a level re-corder.

SymbolsE = Young's modulus of elasticity/„ = natural frequency./ = area moment of inertiaL = total lenght of rodsm = mass per unit lenght of rodsP = axial loadi/ = deflectionym = deflection at midpoint of redsW = load applied at midpoint of rodsa = end fixity(3 = frequency parameter.

References[1] Ferrucci N., Pitimada D., Presaghi AI. - Studio speri-

mentale sulle vibrazioni in aria di un modello di elementodi combustibile per reattori ad acqua bollente. - CNEN-RTI/TR/7-ECRA 6 - 1969.

[2] Ferrucci N., Pitimada D. - Esperienze di vibrazioni inaria eseguite su un modello di elemento di combustibileB.W.R. - CNEN-RTI/TR/14 - ECRA 8 - 1969.

[3] Harris {§• Crede - Shock and vibration handbook - Vo-lume 1.

[4] Timoshenko - Vibration problems in enineering.[5] Sogreah - Study of vibrations and load losses in tubular

clusters Special Report n. 3 - EURAEC - 288 (1962).[6] Sogreah - Etude sur les vibrations et les pertes de charge

dans les faisceaux tubolarires - Rapport technique parti-culier n. 2 - R. 8107 (Janvier 1962).

[7] Burgreen D. - Vibration of rods in parallel flow - Nu-cleonics Data sheet n. 33 - August 1959.

[8] Quinn E.P. - Vibration of fuel rods ir parallel flow -GEAP 4059 (1962).

[9] Lin Y.K., Free vibrations of a continous beam on elasticsupports - Int. J. Mech. Sci. Pergamon Press, Ltd.Vol. 4 - pp. 409-423 - 1962.

[10] Shields CM., Savannah N.S. - Fuel design and deve-lopment program - Fuel rod vibration. (Final Report) -GEAP 3583.

[11] Ayre R.S., Jacobsen L.S. - Natural frequencies of conti-nous beams of uniform span leghi - J. Applied mechanics17 - n. 4 - December 1950.

160

Affidabilità ed economia di esercizio nelle centrali termicheper riscaldamento ad acqua calda, con funzionamento automatico

in sequenza

Lorenzo Pagliani (*)

Sommario - L'autore esamina il comportamento diuna centrale termica in diverse condizioni di carico:il rendimento globale si abbassa fortemente alle basseutilizzazioni.

Per una somma di esigenze si giunge sempre adun sovradimensionamento degli impianti ed ancorpiù delle centrali: ne consegue che una centrale conunica caldaia lavora praticamente sempre con pessimorendimento.

Come rimedio, la ripartizione delle potenze fra dueo più caldaie consente sensibili rispirmi: questovantaggio è illustrato dalla serie di grafici.

Altro vantaggio di questa suddivisione del caricoè una elevata sicurezza di esercizio.

La moderna tecnica della regolazione consente diautomatizzare l'inserzione in cascata delle caldaie.

Vi sono varie maniere di sentire le variazioni delcarico e quindi di realizzare questo automatismo.

Se ne indicano le più valide e frequenti, esempli-ficando i cnteri caratteristici fino a cinque gradinidi inserzione.

Si precisano quindi gli accorgimenti idraulici daadottare per una buona realizzazione della regolazione,in particolare il controllo della temperatura di ritorno.

Summary - The author examines the behairour ofa thermal center in different loading conditions: thetotal output decreases strougly in low utilisations.

A number of inrequirements cause a superdimen-siony of the installations and even more of the plants :the consequence in that one sole heater works conti-nously at a low output.

The remedy which would consent remarkable sa-ving is the distribution of the power among two ormore illustrated by a series of graphs.

Another advantage of such a distribution of theload is the high security in the operation.

Modern control techniques luable to operate auto-maticaller the insertion into fall of the heater.

There most important and most frequent have indi-cated by examples of the characteristics critery up tofive steps of insertion.

There are various ways of feeling the variations ofthe load and thus achieve such automation.

Hydraulic devices to be adopted for a good resultin the regulation are with pourled out, particularregard to the crecking of return temperatures.

proporzionamento le condizioni più gravose, in par-ticolare la temperatura media minima.

Per diversi motivi viene inoltre prevista, nel di-mensionamento della centrale termica, una riservadi potenza.

Comunemente non ci si sofferma ad analizzare ilfunzionamento dell'impianto nei diversi giorni delperiodo di riscaldamento, mentre sarebbe auspica-bile che da più parti si studiasse a fondo la questionein impianti diversi per caratteristiche, componentie prescrizioni di funzionamento.

Si tratta infatti, come cercheremo di dimostrare,di una questione di apprezzabile importanza eco-nomica per i singoli e per la collettività: gli sprechinon giovano infatti a nessuno.

Abbiamo trovato diflicoltà a trovare dati speri-mentali e ci basiamo su una curva (lìg. l) determi-nata in due distinti impianti dal Prof. W.A. llinton(Università di Georgia - U.S.A.).

d progettazione degli impianti di riscalda-mento vengono prese normalmente come base del

(*) Landis & Gyr S.p.A. - Milano.

Fig. 1 - Rendimento n di una centrale con caldaia unica ecorrispondente potenza Pi resa all'impianto in funzionedel carico Pc della centrale termica (% di Pc max).

Abbiamo fondato motivo di ritenere questa curvaapplicabile in generale ad impianti ad olio combu-stibile, a prescindere dal valore massimo di rendi-mento: questo dipende dal tipo di caldaia, dal tipo

161

di bruciatore e dalle condizioni effettive di combu-stione.

La curva indica il variare di rendimento in fun-zione del carico riferito alla potenza massima dellacentrale termica che si suppone costituita da unasola caldaia.

Preso come riferimento « 100 » la potenza massimadella centrale, abbiamo ricavato una seconda curvache indica esplicitamente la potenza resa all'im-pianto in funzione del carico della centrale: questoultimo corrisponde all'intermittenza del bruciatoreovvero al combustibile bruciato in media nell'unitàdi tempo.

Supponiamo che in questo impianto sia 60/100della potenza della centrale il valore in caldaiache corrisponde alla massima richiesta di calorenelle condizioni più rigide previste in progetto:come si deduce dal grafico ad esso corrisponde uncarico della centrale di circa il 67%; il rimanenteè riserva di potenza.

L'esperienza dimostra che raramente e per brevetempo l'impianto richiede più della metà del minimoprevisto in progetto: nel grafico in esempio equivalea 30/100 della potenza di centrale corrispondentia circa il 43% di carico della caldaia.

È evidente quindi che lo sfruttamento della cal-daia è pessimo perché la si impiega a valori più omeno inferiori al 43%.

Se noi immaginiamo di suddividere la potenzadella centrale in due o tre unità eguali, otteniamoun andamento del rendimento come quello indicatorispettivamente nelle figg. 2 e 3.

Nel caso di due caldaie, sarà quasi sempre suffi-ciente farne funzionare una sola a valori di rendi-mento notevolmente migliori.

Per esplicitare meglio questo risultato, abbiamo

rappresentato il carico (o consumo) della centralein % della sua potenza massima in funzione del %di richiesta dell'impianto riferito alla massimaprestazione prevista in progetto: quest'ultimo valo-re equivale al rapporto fra il salto fra temperaturaambiente e temperatura esterna in rapporto al saltomassimo previsto in progetto.

Indichiamo inoltre nella fig. 6 il guadagno direndimento con il diminuire del carico della centralequando la potenza viene ripartita fra due unitàeguali.

L'andamento della temperatura nella giornatapuò essere schematizzato come in fig. 7: confron-tando gli altri grafici è facile dedurre che ci si puòriferire, nelle successive considerazioni, alla tem-pepatu-ra-medragiorna'liera, cori utùapprossimazioneche lascia disponibile un piccolo margine.

Una valutazione globale del vantaggio otteni-bile nella stagione con la suddivisione in più unitànon è facile, dipendendo dall'andamento della tem-peratura, dalle condizioni di esercizio, dal grado disovradimensionamento della centrale.

Si può tuttavia stimare che si possa ottenere unminor consumo che può andare dal 10% ad oltreil 20%. A questo vantaggio diretto deve aggiungersiil prolungamento della durata della caldaia: un'uni-ca caldaia è sempre in funzione, mentre, con laripartizione in due o più unità, il tempo di funzio-namento di ciasuna caldaia è almeno dimezzato,quindi la durata almeno doppia.

Considerata l'entità dei vantaggi in ordine digrandezza è comprensibile come mai il VDI (Ger-mania) consigliasse già diversi anni fa di sdoppiareil carico a partire da 200.000 kCal/h e suddividerein almeno tre unità le centrali di oltre 1.106 kcal/h.

Ovviamente l'esame critico del diagramma di

10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Fig. 2 - Rendimento n di una centralo termica con due cal-daie uguali in funzione del carico della stesso (cfr.fig. 1).

90

30

20Ì

10

1f

1 -

issnr

-fir IE

10 20 30 50 60 70 SO 90 100

Fig. 3 - Rendimento n di una centrale termica con tre caldaieuguali in funzione del carico della stessa {cfr. fig. 1).

162

Fig. 5 - Carico della centrale Pc in funzione del carico Pidell'impianto. Confronto ira caldaia unica e tre caldaie.

fig. 1 e derivati porterebbe a molte e interessanticonsiderazioni sui criteri di progettazione e di pro-porzionamento degli impianti e delle centrali ter-miche, a seconda della destinazione degli edificiserviti e delle condizioni di esercizio.

Questo tuttavia esula dal tema che ci siamoproposti, mentre ci limitiamo a sviluppare la dedu-zione indiscutibile che conviene già da potenze rela-tivamente basse procedere ad una suddivisione dellapotenza in più unità.

Fig. 7 - Andamento giornaliero della temperatura esterna(stilizzato).

La pratica della ripartizione.in più unità genera-trici di calore non è una novità neppure per gliimpianti civili di riscaldamento.

Qualitativamente era dato per scontato che sisarebbéro'.dovuti ottenere rendimenti migliori.

Inoltre si otteneva, condizione in molti casiobbligatoria, una maggiore sicurezza di esercizio,in quanto una avaria ad una caldaia non avrebbemesso fuori servizio l'intero impianto.

Alla luce delle considerazioni svolte si concludeche il guadagno di rendimento è notevole, mentre,al tempo stesso, nella grande parte del periodi difunzionamento, pur con un modesto sovradimen-sionamento della centrale, ripartendo in due unitàsi ha in pratica una riserva del 100%.

183

Oggi la regolazione automatica degli impianti diriscaldamento sta diventando la norma: sarebbeun contro senso avere un'eccezione proprio nelfunzionamento della centrale con due o più caldaiein batteria.

La Società cui appartiene l'Autore, ha sviluppaloda tempo una gamma di soluzioni che si adattanoad esigenze mollo differenti fra loro: dalle presta-zioni che può richiedere una modesta centrale ter-.nica sotto le 5(10.00(1 kcal/h per servizio di riscal-damento di un condominio lino alle grandi centralidi quartiere ohe alimentano anche utilizzalori mistidi natura diversa e con carico piuttosto variabile.

Caratteristica di questi automatismi {previsti percaldaie a gas o ad olio combustibile) è di metterein servizio — o togliere — tempestivamente una opiù caldaie di soccorso a seconda (' -Ila richiesta,in modo che siano sfruttate almeno per metà dellaloro potenza, evitando pendola/ioni nocive al buonfunzionamento dell'ini pian to.

A seconda delle esigenze sono slate adottale solu-zioni leciucaiDi'iile valide ed economicamente com-pili ibili, idonee ;i rilevare il variare del carico ter-mico.

Fra di esso si prevede solitamente:— semplice comando a mezzo di particolari termo-

stati doppi Inseriti nella caldaia:- - programmatori statici ad azione proporzionale

in funzione della temperatura di mandata;— inseritori a gradini comandali da un regolatore

proporzionale integrale in funzione della tem-peratura di mandala.

Sono inoltre previste varianti, come per l'inter-vento con precedenza di termostati esterni, perprecedenza a servizi e carichi privilegiali (per esem-pio produzione di acqua calda) per l'inserzione ditulla la potenza per rispondere prontamente allarichiesta del riscaldamento forzato.

Per le centrali di quartiere sono previste parti-colari soluzioni adalle ai tipi di caldaie previstiper la produzione di acqua surriscaldata e al tipodi rete cif distriluizone.

Con caldaie di potenza diversa e opportunamen-te sci-Ita è possibile ottenere un numero di gradinimaggiore del numero delle caldaie, l casi più comunisono quelli di due caldaie una doppia dell'altra,con le quali si ottengono tre gradini, e quello di trecaldaie, due uguali e di potenza doppia della terza,con le quali si ottengono cinque gradini.

L'impiego di caldaie disuguali è solitamente pre-visto quando la centrale di riscaldamento provvedealla produzione di acqua calda per gli impiantisimilari.

1 dispositivi di inserzione automatica in cascatacomprendono anche tutti quei relè ausiliari, tempo-rizzatori, consensi e accorgimenti vari che occorronoper un corretto funzionamento dell'impianto.

In modo particolare si assicura che sia garantitala circolazione nelle caldaie in servizio e si poneparticolare attenzione al tipo di bruciatore usatobadando che il suo funzionamento si accordi conil resto del sistema di automatismi.

Le caldaie fuori servizio oltre ad avere il bruciato-re interdetto, devono anche essereintercettateidrau-licamente: la chiusura della valvola di intercetta-zione avverrà con un certo ritardo sullo spegnimen-to del bruciatore per evitare surriscaldamenti edutilizzare al tempo stesso il calore dell'acqua con-tenuta in caldaia.

In una centrale termica con inserzione automa-tica in cascata di due o più caldaie è da ritenersinecessario anche il controllo automatico della tem-

' peratura di ritorno nelle caldaie, per proteggerledalla corrosione e dai tormenti termici.

Anche per questo scopo sono stali sviluppatitermoregolatori e schemi appositi: apparecchiaturequeste le quali anzi cooperano al buon funziona-mento ed alla slabilità dell'automatismo di cascata,

(ìli schemi elettrici delle apparecchiature checostituiscono un automatismo di cascata sono menocomplicati di quanto solitamente si immagini.

E stalo inline elaborato un sistema a fogli com-binabili che rende mollo agevole l'interpretazionedella regolazione stessa e l'esecuzione dell'impiantoe dei quadri.

La tecnica moderna permette di ottenere un fun-zionamento automatico degli impianti di riscalda-mento civili, piccoli o grandi, realizzando al tempostesso il massimo risparmio e il miglior comfort.

Non soltanto possiamo mantenere costante latemperatura più confortevole per gli ambienti inqualsiasi situazione climatica, ma anche graduarela produzione di calore ripartita fra più unità, conil miglior rendimento e con la maggior sicurezzadi esercizio.

Le soluzioni accennate si prestano a risolvere icasi più semplici e i meno semplici. Nei primi siassicura il minimo di funzionalità badando a con-tenere il costo, mentre negli impianti « colosso »si possono usare regolazioni rallinate che permetto-no di raggiungere i massimi risultati quanto adeconomia e sicurezza.

Le diverse, utenze, radiatori, pannelli radianti,termoventilazione, condizionamento, produzione diacqua calda ed altre particolari, riceveranno nelmodo e nella misura richiesta l'energia termicaoccorrente.

164