La comunicazione non verbale L.Anolli “Psicologia della comunicazione” (cap.8)L.Anolli “Psicologia della comunicazione” (cap.8)
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La comunicazione non La comunicazione non verbaleverbale
L.Anolli “Psicologia della comunicazione” (cap.8)L.Anolli “Psicologia della comunicazione” (cap.8)
© Il Mulino, 2002
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La comunicazione non verbale
La comunicazione è un’attività complessa che fa riferimento a una molteplicità diversificata e contemporanea di differenti sistemi di significazione e di segnalazione
Entro l’ambito della comunicazione non verbale (CNV), è compreso un insieme di fenomeni e di processi comunicativi, quali: le qualità prosodiche e paralinguistiche della voce, la mimica facciale, i gesti, lo sguardo, la prossemica e l’aptica, la cronemica, per giungere fino alla postura, all’abbigliamento e al trucco.
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La comunicazione non verbale:La comunicazione non verbale:
dove la natura incontra la culturadove la natura incontra la cultura
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La comunicazione non verbale: dove la natura incontra la cultura
Origine della CNV
Secondo la psicologia ingenua
• È più spontanea e “naturale” della comunicazione verbale, meno soggetta a forme di controllo volontario
• Rappresenta una sorta di “linguaggio del corpo” e, in quanto tale, universale, esito dell’evoluzione filogenetica e regolato da precisi processi e meccanismi nervosi
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La concezione innatista
Riferimento alla prospettiva di Darwin: le espressioni facciali sono il risultato dell’evoluzione della specie umana e, di conseguenza, hanno un carattere di universalità
Prospettiva ripresa dalla teoria differenziale delle emozioni (Izard): le emozioni, attraverso l’esecuzione di programmi nervosi innati, producono la configurazione di determinate espressioni facciali e di movimenti corporei
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La teoria neuroculturale
Esiste un “programma nervoso” specifico per ogni emozione che
assicura l’invariabilità e l’universalità delle espressioni facciali
associate a ciascuna emozione (Ekman)
• Regole di esibizione (display rules): “interferenze” e modificazioni indotte dai processi cognitivi; sono culturalmente apprese; agiscono attraverso quattro modalità Intensificazione Attenuazione Inibizione Mascheramento
In ogni caso prevale la forza del “programma nervoso”, garantendo
una manifestazione e un riconoscimento automatico e
universale delle emozioni
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La concezione innatista (continua)
La prospettiva innatista è una prospettiva biologica che
enfatizza la rilevanza determinante del corredo
genetico e dei processi legati all’ereditarietà per
spiegare i diversi sistemi di CNV, in particolare delle
espressioni facciali
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La prospettiva culturalista
“ciò che è mostrato dal volto è scritto dalla cultura”
• La CNV è appresa nel corso dell’infanzia al pari della lingua
• Presenta variazioni sistematiche da cultura a cultura, dal sistema dei gesti alle espressioni facciali
• L’enfasi è posta sui processi di differenziazione, che conducono a forme non verbali uniche ed esclusive
• Limite: relativismo culturale
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La prospettiva dell’interdipendenza fra natura e cultura
Le strutture nervose e i processi neurofisiologici condivisi in modo
universale a livello di specie umana sono organizzati in configurazioni
differenti secondo le culture di appartenenza
La CNV prende avvio e si fonda su circuiti nervosi precisi e specifici, deputati all’attivazione, alla regolazione e al controllo dei movimenti sottesi alle diverse forme di CNV. Intervengono:
• Il sistema piramidale (area motoria e area premotoria)
• Il sistema extrapiramidale (situato nel corpo striato e nel tronco encefalico)
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La prospettiva dell’interdipendenza fra natura e cultura(continua)
Si integrano processi elementari automatici con processi
volontari e consapevoli
La variabilità della consapevolezza e del grado di controllo
procede lungo un continuum neurofisiologico, da manifestazioni
involontarie a manifestazioni pienamente consapevoli ed
esplicite
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La prospettiva dell’interdipendenza fra natura e cultura(continua)
• La flessibilità e plasticità della CNV pongono le condizioni per le possibilità di apprendimento di diverse modalità comunicative non verbali
• Vengono attivati importanti processi di condivisione convenzionale all’interno di ogni comunità di partecipanti; le predisposizioni genetiche sono declinate, di volta in volta, secondo linee e procedure distinte e differenziate che conducono a modelli diversi e, talvolta, assai distanti fra loro sul piano dei sistemi non verbali di interazione
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Rapporto fra comunicazioneRapporto fra comunicazione
verbale e comunicazione nonverbale e comunicazione non
verbaleverbale
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Rapporto fra comunicazione verbale e comunicazione non verbale
L’atto comunicativo è prodotto dal comunicatore e interpretato dal destinatario sulla base di una molteplicità di sistemi di significazione e di segnalazione
Sistemi non verbali di significazione e segnalazione, cui un parlante deve fare riferimento assieme al codice linguistico
Ciascuno produce una specifica porzione di significato che partecipa alla configurazione finale del significato medesimo
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DUE POSIZIONI ANTITETICHE
1. L’ipotesi della contrapposizione dicotomica fra linguistico ed extra-linguistico
Impostazione inizialmente meccanicistica e additiva: comunicazione = somma di componenti verbali e non verbali, autonome e non connesse fra loro. Due prospettive
• Contributo essenziale delle componenti non verbali nella comunicazione
• CNV = funzione di “ancella” rispetto al linguaggio (il verbale incide poco sul piano del significato)
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L’ipotesi della contrapposizione dicotomica fra linguistico
ed extra-linguistico (continua)
Differenze tra verbale e non verbale analizzate secondo tre assi:
A. Funzione denotativa vs. funzione evocativa
Verbale = denotazione
Funzione semantica: il linguaggio designa e veicola i contenuti (il “che cosa” viene
detto); informazione semantica
Non verbale = connotazione
Funzione espressiva: modalità con cui le informazioni e i contenuti sono veicolati (il
“come” viene detto); informazione affettiva
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Funzione denotativa vs. funzione evocativa (continua)
• Ipotesi attualmente poco sostenibile e giustificabile: significato = convergenza di una molteplicità di componenti (verbali e non verbali)
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L’ipotesi della contrapposizione dicotomica fra linguistico
ed extra-linguistico (continua)
B. Arbitrario vs. motivato
Segno linguistico = arbitrario
Combinazione di un significante e di un significato; rapporto di
semplice contiguità
CNV = motivato
Gli elementi della CNV trattengono degli aspetti della realtà che intendono evocare;
rapporto di similitudine fra l’unità non verbale e quanto
viene espresso
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Arbitrario vs. motivato (continua)
• Ipotesi messa in dubbio dallo studio sull’iconismo fonosimbolico: i suoni di una lingua, oltre al carattere di arbitrarietà, hanno anche una funzione evocativa (onomatopee, sinestesie)
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L’ipotesi della contrapposizione dicotomica fra linguistico
ed extra-linguistico (continua)
C. Digitale vs. analogico
Codice linguistico = digitale
I fonemi sono tratti diacritici distintivi e oppositivi
CNV = analogico
Gli aspetti non verbali presentano variazioni continue
e graduate in modo proporzionale a ciò che
intendono esprimere
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Digitale vs. analogico (continua)
• Non si tengono in debito conto i processi e le variazioni culturali e convenzionali sottese alla produzione e alla regolazione della CNV; anche i sistemi non verbali presentano aspetti di arbitrarietà e sono influenzati dagli standard culturali
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2. L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica
Concezione integrata fra gli aspetti verbali e quelli non verbali nella definizione del significato di un atto comunicativo
• Processo di sintonia semantica: governa e sintetizza in modo coerente e armonico le molteplici componenti che determinano la configurazione finale del significato
• Parimenti, ogni sistema è dotato di una relativa autonomia, in quanto concorre in modo specifico e distinto a generare il profilo finale del significato
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L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica (continua)
Autonomia funzionale
Modularità
(ogni sistema rimanda a un “modulo comunicativo” indipendente)
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L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica (continua)
• Modulo comunicativo = processo di segnalazione caratterizzato dalla specificità di dominio (“dominio” = classe di stimoli a cui un certo modulo risponde in fase di acquisizione dei dati e di risposta) e dalla dissociabilità funzionale ( = possibilità di avere delle dissociazioni funzionali all’interno del medesimo modulo)
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L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica (continua)
Sintonia semantica
Interdipendenza semantica
Garantisce per default l’unitarietà e la coerenza del significato; conduce alla definizione del significato modale
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L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica (continua)
• Grazie a tale interdipendenza l’individuo ha modo di procedere all’attribuzione di pesi diversi alle singole componenti dell’atto comunicativo
• Si pongono le condizioni per la focalizzazione di un determinato percorso comunicativo e per la definizione del fuoco comunicativo
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L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica (continua)
Sintonia semantica + interdipendenza semantica
Calibrazione situazionale
Messaggio che idealmente copre le opportunità a sua disposizione,
giungendo alla produzione del “messaggio giusto al momento giusto”
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L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica (continua)
Sintonia semantica + interdipendenza semantica +
focalizzazione comunicativa + calibrazione situazionale
Efficacia comunicativa
Indice di sintesi del valore comunicativo di un messaggio; capacità di
individuare un percorso comunicativo che massimizzi le opportunità e
che minimizzi i rischi contenuti all’interno di un’interazione
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L’autonomia dei sistemi non verbali e la loro interdipendenza semantica (continua)
Sintonia semantica + interdipendenza semantica +
focalizzazione comunicativa + calibrazione situazionale
Oscillazione del significato fra stabilità e instabilità; non vi è mai un
significato completamente stabile o uno completamente instabile, ma
un significato stabile che presenta aree di instabilità
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Il sistema vocaleIl sistema vocale
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Il sistema vocale
La voce manifesta e trasmette numerose componenti di significato oltre alle parole
• Nell’atto di pronunciare una parola, assieme agli elementi linguistici sono intrinsecamente associati gli aspetti prosodici dell’intonazione e quelli paralinguistici del tono, del ritmo e dell’intensità dell’eloquio
• La sintesi degli aspetti vocali verbali e non verbali costituisce l’atto fonopoietico [Anolli e Ciceri] Riferimento al canale vocale-uditivo: richiede una quantità
minima di energia fisica, consente la trasmissione e ricezione dei segnali a distanza, assicura un feedback completo ed ha una rapida evanescenza
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Le componenti della comunicazione vocale
La voce è una sostanza fonica, composta da una serie di fenomeni e processi vocali
1. I riflessi (lo starnuto, la tosse ecc.), i caratterizzatori vocali (il riso, il pianto ecc.) e le vocalizzazioni (le “pause piene”)
2. Le caratteristiche extra-linguistiche (caratteristiche anatomiche permanenti ed esclusive dell’individuo): organiche e fonetiche
3. Le caratteristiche paralinguistiche (insieme delle proprietà acustiche transitorie che accompagnano la pronuncia di un enunciato e che possono variare da situazione a situazione)
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Le caratteristiche paralinguistiche
Determinate da diversi parametri
i. Il tono: frequenza fondamentale (Fº) della voce; generato dalla tensione delle corde vocali; l’insieme delle variazioni di tono nel determina il profilo di intonazione
ii. L’intensità: volume della voce; varia da un volume debole a uno molto forte; è connessa con l’accento enfatico (sottolinea un segmento linguistico)
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Le caratteristiche paralinguistiche (continua)
i. Il tempo: determina la successione dell’eloquio e delle pause; comprende la durata (tempo necessario per pronunciare un enunciato, comprese le pause), la velocità di eloquio (numero di sillabe al secondo comprese le pause), la velocità di articolazione (numero di sillabe al secondo escluse le pause), la pausa (sospensione del parlato: pause piene = uso di vocalizzazioni tipo mhm, ehm ecc.; pause vuote = periodi di silenzio)
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Atto fonopoietico
Due componenti:
1. Componente vocale verbale (o linguistica):
a. La pronuncia di una parola o frase (fonologia)
b. Il vocabolario (lessico e semantica)
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La componente vocale verbale dell’atto fonopoietico(continua)
c. La grammatica (morfologia e sintassi)
d. Il profilo prosodico (tonìa conclusiva, interrogativa, sospensiva, esclamativa ecc.)
e. La prominenza (rilievo enfatico o accentuazione di un elemento)
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Atto fonopoietico (continua)
2. Componenti vocali non verbali: determinano la qualità della voce di un individuo; “impronta vocalica” generata dall’insieme delle caratteristiche extra-linguistiche e paralinguistiche sopra menzionate. Quattro ordini di fattori:
a. Fattori biologici (come il sesso e l’età)
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Componenti vocali non verbali dell’atto fonopoietico(continua)
b. Fattori sociali (connessi con la cultura e la regione di provenienza, con la professione esercitata ecc.)
c. Fattori di personalità (connessi con tratti psicologici relativamente permanenti come l’umore depressivo ecc.)
d. Fattori psicologici transitori (collegati con le esperienze emotive, con gli stati cognitivi di certezza o di dubbio o con fenomeni di discomunicazione)
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La voce delle emozioni
Importanza delle proprietà vocali per esprimere le emozioni
1. Fase di encoding
Analisi e misurazione dei correlati acustici dell’espressione vocale delle emozioni (Anolli e Ciceri)
Ogni emozione è caratterizzata da un preciso
e distintivo profilo vocale
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Fase di encoding (continua)
• La collera: incremento della media, della variabilità e della gamma della Fº; aumento dell’intensità della voce, presenza di pause molto brevi o loro assenza; ritmo elevato; il profilo di intonazione assume variazioni frequenti a forma angolare
• La paura: forte aumento della media, della variabilità e della gamma della Fº (incremento rilevante delle perturbazioni; profilo delle armoniche assai irregolare che indica la presenza di tremori); elevata velocità del ritmo di articolazione, intensità della voce molto forte; voce sottile, oltremodo tesa e stretta, segnala la condizione di impotenza di fronte a una minaccia
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Fase di encoding (continua)
• La tristezza: tono mediamente basso per il decremento della media e della gamma della Fº; volume modesto; presenza di lunghe pause; ritmo di articolazione rallentato; voce rilassata e stretta
• La gioia: aumento della media, della variabilità e della gamma della Fº; tonalità molto acuta e profilo d’intonazione progressivo; aumento dell’intensità; a volte, accelerazione del ritmo di articolazione
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Fase di encoding (continua)
• Il disprezzo: articolazione molto lenta delle sillabe e durata prolungata della frase; tono di voce profondo; intensità piena
• La tenerezza: ritmo regolare, tonalità grave e profilo di intonazione lineare; volume tendenzialmente basso; voce ampia e distesa
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Fase di encoding (continua)
Studi sull’encoding vocale delle emozioni
Capacità del canale vocale non verbale di trasmettere in modo
autonomo precise e distinte informazioni circa gli stati affettivi
dell’individuo, in maniera indipendente dagli aspetti linguistici
dell’enunciato
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2. Fase di decoding
Capacità del destinatario di riconoscere e di inferire lo stato affettivo ed emotivo del parlante prestando attenzione soltanto alle sue caratteristiche vocali
Accuratezza media di riconoscimento pari al 60%
Sono più facilmente identificabili le espressioni vocali delle emozioni negative rispetto a quelle delle emozioni positive: le prime sono più strettamente connesse con le condizioni della sopravvivenza degli individui
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Fase di decoding (continua)
• Analisi della matrice delle confusioni: gli errori non sono quasi mai apparsi casuali, ma sistematici e regolari attraverso confusioni simmetriche (per esempio, fra la collera e il disprezzo, fra la paura e la tristezza) o confusioni asimmetriche (per esempio, fra la tristezza e la compassione, fra il disprezzo e l’ironia, fra la gioia e l’esaltazione, e non viceversa)
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Fase di decoding (continua)
Gli indizi vocali nell’espressione delle emozioni sono una
conferma della ridondanza del segno linguistico; parimenti,
rendono ragione della grande variabilità che esiste nella
manifestazione delle proprie intenzioni comunicative da parte
dell’individuo
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Il silenzio
In quanto assenza di parola, costituisce un modo strategico di comunicare e il suo significato varia con le situazioni, con le relazioni e con la cultura di riferimento
In generale, il valore comunicativo del silenzio è da attribuire alla sua ambiguità può essere l’indizio di un ottimo rapporto e di una comunicazione intensa oppure il segnale di una pessima relazione e di una comunicazione deteriorata
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Il silenzio (continua)
I valori comunicativi positivi o negativi del silenzio riguardano molti aspetti
a) Legami affettivi (può unire due persone in una profonda condivisione di affetti o separarli attraverso ostilità e odio)
b) Funzione di valutazione (può indicare consenso e approvazione o segnalare dissenso e disapprovazione)
c) Processo di rivelazione (può rendere manifesto qualcosa a qualcun altro o può essere una barriera opaca rispetto a una data informazione)
d) Funzione di attivazione (può indicare una forte concentrazione mentale o segnalare una dispersione mentale)
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Il silenzio (continua)
Regole del silenzio: insieme complesso di standard sociali che governano il silenzio
In generale, il silenzio è associato a
situazioni sociali in cui la relazione fra i partecipanti è incerta, poco conosciuta, vaga o ambigua
situazioni sociali in cui vi è una distribuzione nota e asimmetrica di potere sociale fra i partecipanti
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Il silenzio (continua)
Il silenzio presenta importanti variazioni culturali
• Culture occidentali (individualistiche): successione rapida dei turni di parola; i tempi di latenza delle pause sono assai ridotti; silenzio = minaccia, mancanza di cooperazione per la gestione della conversazione
• Culture orientali (collettivistiche): lunghe pause di silenzio fra un intervento e l’altro, in quanto segnale di riflessione e ponderatezza; silenzio = indicatore di fiducia, di confidenza, di armonia e di intesa
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Il sistema cinesicoIl sistema cinesico
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Il sistema cinesico
Comprende i movimenti del corpo, del volto e degli occhi
I nostri movimenti implicano la produzione
e la trasmissione di significati
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La mimica facciale
Movimenti del volto: sistema semiotico privilegiato; manifestazione di determinati stati mentali del soggetto, esperienze emotive, atteggiamenti interpersonali
1. Ipotesi globale delle espressioni facciali
Le configurazioni espressive del volto per manifestare i diversi stati
emotivi sono Gestalt unitarie e chiuse, universalmente condivise,
sostanzialmente fisse, di natura discreta, specifiche per ogni
emozione e controllate da definiti e distinti programmi neuromotori
innati
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Ipotesi globale delle espressioni facciali (continua)
Ekman, due livelli di analisi
Livello molecolare
Movimenti minimi e distinti dei numerosi muscoli che
consentono l’elevata mobilità ed espressività del volto; regola
l’azione del programma nervoso motorio
Livello molare
Configurazione finale risultante; si manifesta nell’assumere una
determinata espressione facciale come corrispondente a una data esperienza emotiva;
regole di esibizione e modificazione dell’espressione
emotiva
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Facial Action Coding System
(FACS, Ekman e Friesen):
Sistema di osservazione e di classificazione di tutti i movimenti facciali visibili in riferimento alle loro componenti anatomo-fisiologiche corrispondenti
Continuum indifferenziato dei movimenti facciali: 44 unità di azione (AU) analisi di oltre 7000 movimenti ed espressioni facciali in tutte le loro combinazioni
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Ipotesi globale + teoria neuroculturale
Corrispondenza isomorfa fra le espressioni facciali delle emozioni e i programmi neuromotori corrispondenti
Limiti:
• Non sono in grado di precisare i programmi neuromotori
• Le componenti molecolare e molare costituiscono due componenti distinte, non confondibili tra loro
• La teoria neuroculturale è una teoria bifattoriale (fattore genetico + fattore culturale), di natura meccanicistica e additiva, che si limita a “combinare” e ad accostare semplicemente insieme questi due fattori
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2. Ipotesi dinamica delle espressioni facciali
Processo sequenziale e cumulativo presente in ogni espressione
facciale; risultato della progressiva accumulazione e integrazione
dinamica degli esiti delle singole fasi della valutazione della
situazione interattiva ed emotiva
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Ipotesi dinamica delle espressioni facciali (continua)
Espressioni facciali = configurazioni motorie momentanee, dotate di una elevata flessibilità e variabilità, in grado di adattarsi attivamente e in continuazione alle condizioni contingenti della situazione
Tali configurazioni assumono un valore modale, essendo ricorsive e presentando una certa uniformità in riferimento alle interazioni comunicative
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3. Il valore emotivo vs. comunicativo delle espressioni
facciali
A. Prospettiva emotiva (Ekman e Izard)
Le espressioni facciali hanno prevalentemente un valore emotivo, in quanto sono l’emergenza immediata, spontanea e involontaria delle emozioni provate e sono governate dai programmi neuromotori specifici e definiti
Isomorfismo fra emozione ed espressione facciale
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Semantica delle espressioni facciali
(Wierzbicka)
• Le espressioni facciali manifestano un significato oggettivo e invariante, indipendente dal contesto e universalmente intelligibile
• Tale significato è di natura iconica, generato dalla combinazione componenziale di otto unità motorie minime, su base autoriferita
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Prospettiva emotiva + ipotesi dell’universalità
Ricerca a sostegno della prospettiva emotiva:
• Friesen: ripresi di nascosto, soggetti americani e giapponesi hanno prodotto espressioni facciali simili in risposta ai medesimi stimoli
Ricerca a sostegno dell’ipotesi dell’universalità:
• Ekman e Friesen: soggetti appartenenti a culture diverse hanno presentato valori simili e concordanti nella capacità di riconoscere le emozioni attraverso le corrispondenti espressioni facciali volontarie (o mimate)
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Prospettiva emotiva + ipotesi dell’universalità (continua)
Limiti di queste ricerche:
• Il materiale usato come stimolo accentua i movimenti facciali in modo stereotipato
• Si è fatto ricorso a un disegno sperimentale within-subject che favorisce l’addestramento e l’apprendimento
• I soggetti dovevano scegliere la loro risposta entro un elenco limitato di etichette emotive; una “scelta forzata” che aumenta di molto la percentuale delle risposte corrette rispetto alla tecnica della “scelta libera”
• È probabile che i soggetti preletterati siano stati influenzati dai feedback forniti dai mediatori culturali
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Ipotesi dell’universalità minima (Russel e Fernández-Dols)
Esiste un certo grado di somiglianza fra le culturenell’interpretazione delle espressioni facciali, senza tuttavia
prevedere un sistema innato di segnalazione degli statipsicologici, anche se si riconosce la probabilità che in certe
condizioni si possano compiere inferenze accurate
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B.La prospettiva comunicativa
Le espressioni facciali hanno un valore eminentemente comunicativo, poiché manifestano agli altri le intenzioni del soggetto in base al contesto
• Valore sociale intrinseco delle espressioni facciali: consentono di comunicare agli altri in maniera flessibile i propri obiettivi e interessi
• Socialità implicita: le persone producono espressioni sociali anche quando sono da sole, in quanto si è sempre in presenza di un uditorio implicito
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La prospettiva comunicativa (continua)
• Dissociabilità fra interno (esperienza soggettiva) ed esterno (manifestazione): grado di separazione fra le espressioni facciali e gli stati psicologici interni non tutto ciò che appare sul volto indica necessariamente un’esperienza emotiva interna, e viceversa; ciò genera importanti gradi di libertà nella comunicazione
• Scompare la distinzione fra espressione “autentica” (suscitata in modo automatico dal programma nervoso corrispondente) ed espressione “falsa” (generata dall’intervento delle regole di esibizione per motivi culturali) le espressioni facciali hanno un valore sociale, sono “messaggi” inviati agli altri e, in quanto tali, svolgono una funzione comunicativa
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La prospettiva comunicativa (continua)
Nella prospettiva comunicativa:
Importanza fondamentale del contesto
Le espressioni fuori contesto, considerate in modo isolato, sono
assai difficili da interpretare e si prestano a numerosi equivoci
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Il sorriso
Ekman: diciannove configurazioni diverse di sorriso, fra cui
• Sorriso spontaneo (o sorriso di Duchenne): riguarda il volto intero; gli angoli della bocca sono sollevati verso l’alto, si mostrano i denti e si contraggono i muscoli orbicolari degli occhi
• Sorriso simulato (o sorriso non-Duchenne): si attivano soltanto i muscoli zigomatici della parte inferiore del volto
• Sorriso miserabile: si prolunga l’espressione della zona inferiore del volto; accettazione di una condizione di necessità spiacevole
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Il sorriso (continua)
Secondo numerosi studiosi (Darwin; Ekman): sorriso = espressione universale di un’esperienza più o meno intensa di gioia
Secondo ricerche più recenti (Fernández-Dols): il sorriso non ha un legame né necessario né sufficiente con le emozioni, bensì è strettamente connesso con l’interazione sociale
• Sorriso = promotore dell’affinità relazionale (impiegato al fine di stabilire e mantenere una relazione amichevole con gli altri)
• Sorriso = regolatore dei rapporti sociali (la sua frequenza e intensità sono governate dal potere sociale e dal genere)
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Lo sguardo
Il contatto oculare (o sguardo reciproco) aumenta l’attivazione
nervosa in molte specie, compresa quella umana
Passo fondamentale per l’avvio di qualsiasi
rapporto interpersonale
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1. Sguardo e conversazione
Nelle culture occidentali, durante la conversazione quotidiana lo sguardo occupa la quota preponderante del tempo trascorso e serve per inviare e raccogliere informazioni, nonché per acquisire il feedback del partner
• Segnale efficace per gestire la regolazione dei turni (in apertura di conversazione, guardarsi = dichiarare la propria disponibilità all’impegno della conversazione)
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Sguardo e conversazione (continua)
• Funge da segnale di appello (due persone si mostrano disposte a iniziare un’interazione)
• Funzione di sincronizzazione (strumento per evitare le sovrapposizioni e per gestire l’avvicendamento dei turni)
• Funzione di monitoraggio (dispositivo per controllare l’interazione con il partner)
• Funzione di segnalazione (mezzo per manifestare le proprie intenzioni)
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2. Lo sguardo e la gestione dell’immagine personale
Sguardo = segnale comunicativo efficace per generare e gestire un determinato profilo della propria immagine personale
• Chi guarda il partner dimostra maggiore competenza generale in termini di intelligenza e di impatto sociale, di credibilità e di affidabilità, di fiducia e di sincerità
• Lo sguardo serve a regolare il rapporto di vicinanza o di distanza con le altre persone nella gestione dell’intimità
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Lo sguardo e la gestione dell’immagine personale(continua)
• Favorisce la cooperazione, facilitando la comunicazione di intenti positivi di condivisione
• È un segnale potente per chiedere ed ottenere il consenso al proprio punto di vista
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Lo sguardo e la gestione dell’immagine personale(continua)
• Anche le emozioni sono correlate con lo sguardo (emozioni positive = incremento del contatto oculare; emozioni negative = abbassamento e distorsione dello sguardo
• Differenze di genere nella gestione dello sguardo (“modalità femminile” dello sguardo = natura espressiva e relazionale; “modalità maschile” = natura informativa e strumentale)
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La fissazione oculare
Sguardo prolungato e duraturo fra due personeche non può essere ignorato
Concerne soprattutto condizioni particolari di allontanamento o di avvicinamento relazionale fra le persone
• In determinate situazioni, può avere valore di minaccia e di pericolo
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La fissazione oculare (continua)
• È caratteristico delle situazioni di seduzione e di innamoramento; la fissazione oculare reciproca conduce a condividere la cosiddetta “intimità oculare” in uno scambio senza parole; altri segnali di attrazione sessuale sono:
Lo “sguardo laterale”, soprattutto da parte delle donne, come gesto non verbale di interesse verso il partner
La dilatazione della pupilla
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La fissazione oculare (continua)
• Nelle conversazioni asimmetriche, chi è in una posizione di potere tende a guardare di più e più a lungo l’interlocutore che non viceversa
• Differenze culturali nel prolungamento dello sguardo
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I gesti
Azioni motorie coordinate e circoscritte, volte a generare un significato e indirizzate a un interlocutore, al fine di
raggiungere uno scopo
Il loro insieme è stato chiamato anche il “linguaggio del corpo”, anche se sono interessate soprattutto le mani
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1. Tipologia dei gesti
Si propone di integrare alcuni dei sistemi di classificazione più diffusi
a) Gesticolazione (o gesti iconici o lessicali): “illustratori” o “gesti ideativi”; accompagnano l’azione del parlare, variano per forma, estensione spaziale e durata, e sono in stretta relazione con quanto si dice con le parole; sono scarsamente convenzionalizzati (sono idiosincratici); a livello semiotico sono caratterizzati dalla globalità e dalla sinteticità;comprende i gesti regolatori (mantengono la sincronizzazione degli scambi comunicativi)
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Tipologia dei gesti (continua)
b) Pantomima: costituiscono la rappresentazione motoria e l’imitazione di azioni, di scene o di situazioni; possono essere semplici o complessi, di durata variabile, senza un riferimento a un codice preciso; di norma, non accompagnano il discorso, non sono convenzionalizzati e, a livello semiotico, sono caratterizzati dalla globalità e dall’analiticità
c) Emblemi (o gesti simbolici): “gesti semiotici”; sono notevolmente convenzionalizzati e codificati; di solito, sono compiuti a distanza, in assenza di linguaggio, in grado di esprimere concetti che possono essere detti anche con parole; sul piano semiotico, costituiscono unità segmentate
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Tipologia dei gesti (continua)
d) Gesti deittici: movimenti, di norma compiuti con l’indice, per indicare un certo oggetto, una direzione o un evento a distanza; notevolmente convenzionalizzati, segmentati e caratterizzati da sinteticità a livello semiotico
e) Gesti motori (o percussioni): movimenti semplici, ripetuti in successione e ritmici; possono accompagnare il discorso o essere prodotti da soli; scarsamente convenzionalizzati, ma abbastanza comuni e condivisi; sono caratterizzati da globalità e analiticità
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Tipologia dei gesti (continua)
f) Linguaggio dei segni: sistema dei segni impiegato dai sordomuti; ha le proprietà di un linguaggio vero e proprio in termini di arbitrarietà nella relazione fra segno e referente; pienamente convenzionalizzati all’interno della comunità dei partecipanti; caratterizzati dalla segmentazione e dall’analiticità sul piano semiotico; presentano una specifica rappresentazione corticale nell’emisfero sinistro
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2. Gesti e parole
Gesti = parte integrante del discorso
• Modo spaziale di rappresentazione simbolica
• Integrano il percorso proposizionale del significato attivato dal linguaggio
• I gesti iconici (o lessicali) contribuiscono a rendere più preciso e completo il significato di un enunciato forniscono importanti informazioni di natura spaziale per illustrare concetti, situazioni, stati d’animo ecc.
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Gesti e parole (continua)
• I gesti possono aggiungere importanti porzioni di significato alle parole
• Svolgono un’azione pragmatica nei confronti dell’enunciato: costituiscono dei marcatori dell’atteggiamento del parlante nei confronti di ciò che sta dicendo e, in parallelo, manifestano le sue aspettative sul modo con cui il destinatario deve intendere ciò che sta dicendo
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Gesti e parole (continua)
L’ipotesi del processore comunicativo centrale viene indirettamente confermata da alcune condizioni
• I gesti iconici accompagnano il discorso in modo sistematico e sincronizzato
• Aggiungono porzioni rilevanti di significato per la determinazione del percorso di senso dell’enunciato nella sua globalità
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Gesti e parole (continua)
• Se il parlante interrompe improvvisamente il discorso, interrompe anche il gesto che lo accompagna
• Gesto e discorso sono generati dalla medesima rappresentazione di ciò che si comunica, manifestano la medesima intenzione comunicativa, sono pianificati dal medesimo processo e sono realizzati in modo sincronico in riferimento a un dato contesto d’uso
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Gesti e culture
I gesti presentano rilevanti variazioni culturali, soprattutto inriferimento agli emblemi e al linguaggio dei segni
• Per esempio, il gesto della mano a borsa, pressoché sconosciuto in Inghilterra, ha un significato di interrogazione e perplessità nell’Italia meridionale, significa buono in Grecia, lentamente in Tunisia, paura nella Francia meridionale e molto bello presso alcune comunità arabe
• Per quel che riguarda i gesti iconici (o lessicali), gli italiani del sud, per esempio, fanno ampio uso di gesti fisiografici, mentre gli ebrei di lingua yiddish impiegano gesti ideografici
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Il sistema prossemico e apticoIl sistema prossemico e aptico
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88
Il sistema prossemico e aptico
Sistemi di contatto
prossemica
Percezione, organizzazione e uso dello spazio, della distanza e del territorio nei confronti degli
altri
aptica
Insieme di azioni di contatto corporeo con un altro
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Prossemica e territorialità
L’uso dello spazio e della distanza implica un equilibrioinstabile fra processi affiliativi (di avvicinamento) ed esigenze
di riservatezza (di distanziamento)
Gestione della propria territorialità
• Territorio: area geografica che assume risvolti e significati psicologici nel corso degli scambi di comunicazione
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Territorio
Territorio pubblico
Territorio dove gli individui hanno libertà d’accesso, ma è
regolato da norme e vincoli ufficiali e convenzionali; una certa porzione di spazio è
marcata a livello di CNV come propria attraverso segnali e
indicatori, e può essere rivendicata come appartenente
a sé in quella circostanza
Territorio domestico
Territorio in cui l’individuo sente di avere libertà di movimento in maniera regolare e abituale; in esso prova un senso di agio e
ne possiede il controllo; è distinto da quello pubblico da
precisi confini sia fisici che psicologici
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Prossemica e territorialità (continua)
Regolazione della distanza spaziale = buon indicatore della distanza comunicativa fra le persone. Diversi tipi di distanza
• Zona intima (fra 0 e 0,5 m circa): distanza delle relazioni intime
• Zona personale (fra 0,5 e 1 m circa): area invisibile che circonda in maniera costante il nostro corpo
• Zona sociale (fra 1 e 3,5/4 m): distanza per le interazioni meno personali
• Zona pubblica (oltre i 4 m): distanza tenuta in situazioni pubbliche ufficiali
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Prossemica e territorialità (continua)
Differenze culturali nella prossemica
Cultura della distanza
La distanza interpersonale è grande, angolazione obliqua e
ogni riduzione spaziale è percepita come invasione
Cultura della vicinanza
La distanza interpersonale è ridotta, angolazione diretta e la
distanza è valutata come freddezza e ostilità
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L’aptica e il contatto corporeo
Azioni di contatto corporeo nei confronti degli altri
• Nel corso del periodo neonatale e dell’infanzia, il tatto è uno dei canali più importanti di comunicazione; i bambini piccoli manifestano un bisogno innato di contatto corporeo per ragioni sia fisiologiche che psicologiche. Su questa base si crea il legame di attaccamento
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Aptica
Sequenze di contatto reciproco
Due o più azioni di contatto compiute in modo reciproco nel
corso della medesima interazione
Contatto individuale
Unidirezionale e rivolto da un soggetto a un altro
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L’aptica e il contatto corporeo (continua)
• Nei rapporti amorosi, il contatto corporeo invia messaggi di affetto, di coinvolgimento e di attrazione sessuale; in pubblico, assume il valore comunicativo di segno di legame che individua la coppia medesima in quanto coppia e che segnala il desiderio di essere lasciata sola
• Il contatto corporeo può comunicare una relazione di dominanza e di potere: di norma, le persone che occupano una posizione sociale dominante hanno la libertà di toccare coloro che sono in posizione di minor potere
• In numerose circostanze il contatto fisico è regolato attraverso rituali che vi attribuiscono uno specifico significato legato al contesto d’uso
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L’aptica e il contatto corporeo (continua)
• Il contatto corporeo ha una molteplicità di effetti, spesso fra loro contrapposti: la persona che tocca, in generale, può essere ritenuta cordiale, disponibile ed estroversa e, di norma, suscita simpatia; al contrario, può suscitare reazioni negative di fastidio e di irritazione fino a giungere a risposte di collera nel caso in cui il contatto sia percepito come una forma di invasione
• Esistono rilevanti differenze culturali (culture del contatto, come quella araba e latina vs. culture del non contatto, come le culture nordiche, quella giapponese e quella indiana)
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Il sistema cronemicoIl sistema cronemico
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Il sistema cronemico
Modo con cui gli individui percepiscono e usano il tempo perorganizzare le loro attività e per scandire la propria esperienza
La cronemica, che fa parte della cronobiologia, è influenzata dai ritmi circadiani (= cicli fisiologici e psicologici del soggetto nel periodo delle 24 ore
• Cicli infradiani (ciclo superiore a un giorno)
• Cicli ultradiani (diversi cicli al giorno)
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Il sistema cronemico (continua)
La configurazione temporale dei ritmi circadiani è determinata da agenti sincronizzatori ambientali
• I ritmi circadiani sono influenzati dall’azione di un orologio biologico interno (orologio circadiano) che va più lentamente quando non è governato dai fattori ambientali
• Presentano rilevanti variazioni connesse con i fattori socioculturali (sincronizzatori)
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Culture veloci
Prospettiva temporale orientata al futuro, qualificata dalla
pianificazione di un traguardo a medio e a lungo termine (obiettivo distale); vincoli
temporali molto forti, favoriscono un’organizzazione
delle attività secondo una scansione temporale che
prevede di realizzare un’attività per volta (monocronia)
Culture lente
Prospettiva temporale orientata al passato (tradizione) e al
presente, senza l’esigenza di una programmazione anticipata che comprenda un esteso arco temporale (obiettivi prossimali);
la modesta suddivisione dei lavori e la limitata
specializzazione del tempo consentono la compresenza di
diverse attività svolte nel medesimo tempo (policronia)
Il sistema cronemico (continua)
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Ogni soggetto è portatore di uno specifico ritmo personale, chedà per scontato essere uguale a quello degli altri; in realtà, la
comunicazione con soggetti che hanno ritmi biologici epsicologici differenti può generare distonie, sfasamenti e
condizioni di disagio
Il sistema cronemico (continua)
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Le funzioni dellaLe funzioni dellacomunicazione non verbalecomunicazione non verbale
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La metafunzione relazionale della comunicazione nonverbale
La CNV partecipa in modo attivo e autonomo a produrre ilsignificato di qualsiasi atto comunicativo
La CNV fornisce una rappresentazione spaziale e motoriadella realtà, non una rappresentazione proposizionale
Risulta poco idonea a definire e a trasmettere conoscenze
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La metafunzione relazionale della comunicazione nonverbale (continua)
• Grado limitato di convenzionalizzazione: la CNV non viene insegnata in modo sistematico in nessuna cultura, ma viene lasciata a forme di apprendimento latente e implicito
• Alla CNV è affidata la componente relazionale della comunicazione: la comunicazione non riguarda soltanto le conoscenze, le informazioni e le notizie da partecipare con altri (“che cosa” è comunicato; componente proposizionale), ma anche le relazioni interpersonali (“come” è comunicato; componente relazionale)
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La metafunzione relazionale della comunicazione nonverbale (continua)
• I segnali non verbali servono a generare e a sviluppare una interazione con gli altri (metafunzione della CNV)
• Sono fondamentali per mantenere e rinnovare le relazioni nel corso del tempo
• Sono particolarmente efficaci nel cambiare una relazione in corso; il cambiamento psicologico delle relazioni passa in modo prevalente attraverso il cambiamento dei segnali non verbali che alimentano e regolano le relazioni stesse
• Sono utili per gestire e regolare l’estinzione di una relazione, intervenendo nel processo di mediazione per la separazione
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La metafunzione relazionale della comunicazione nonverbale (continua)
• I segnali non verbali incidono profondamente sulle relazioni anche in situazioni particolari come quelli di acquisizione e fusione organizzativa (merging)
L’efficacia relazionale della CNV dipende dalla strettaconnessione che esiste fra interazione e relazione
D’altra parte, i sistemi non verbali di comunicazione sono in parte appresi dalla cultura è possibile intervenire sulla CNV e procedere a una vera e propria educazione del non verbale
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Le principali funzioni psicologiche della comunicazionenon verbale
1. La manifestazione delle emozioni e dell’intimità
La CNV serve a esprimere le emozioni
I sistemi della CNV presentano
• un certo grado di universalità: i movimenti sottesi ai segni non verbali sono governati da strutture e meccanismi neurobiologici geneticamente definiti
• Un certo grado di variabilità: differenze di cultura, di personalità e di contesto
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La manifestazione delle emozioni e dell’intimità (continua)
• I sistemi non verbali possono variare da un grado assai ridotto di controllo ( = forma di esternalizzazione più o meno automatica di quanto il soggetto prova dentro di sé) dei processi comunicativi a un grado elevato di volontarietà (precisa regia comunicativa in funzione della propria intenzione e traguardo, per assicurare una certa immagine di sé
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La manifestazione delle emozioni e dell’intimità (continua)
• La CNV svolge una funzione fondamentale nelle relazioni di intimità, quando la distanza interpersonale diventa ridotta
aumenta la frequenza e l’intensità dei sorrisi, lo spazio prossemico si riduce, la voce diventa flessibile, modulata e calda, il ritmo degli scambi è più sincronizzato
• In una relazione deteriorata, tesa e conflittuale, si usano segnali non verbali stilizzati e stereotipati, spesso formalizzati, improntati alla distanza, rigidità, incomprensione ed evitamento
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2. Relazione di potere e persuasione
La CNV serve a definire e mantenere la relazione di dominanza
Più che alle parole, il potere è affidato alla CNV
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Relazione di potere e persuasione (continua)
• Apparenza fisica e postura (dominanza espansiva e rilassata, disposizione asimmetrica degli arti inferiori e superiori)
• Chi è dominante mantiene un’espressione più seria con il mento proteso in avanti; guarda più a lungo l’interlocutore, soprattutto mentre parla; tocca gli inferiori in modo più frequente come segnale di
controllo; articolazione chiara delle parole, ritmo veloce, volume
abbastanza elevato e tono basso; parla più spesso, tiene il turno di parola più a lungo,
interrompe più sovente gli altri e tende a far prevalere il suo ritmo di eloquio
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Relazione di potere e persuasione (continua)
• Territorialità: chi è dominante segnala la sua posizione con un uso attento dello spazio in termini di quantità e di qualità
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Relazione di potere e persuasione (continua)
Anche il processo di persuasione è influenzato dall’impiego diuna serie di segnali non verbali
Per avere maggiori probabilità di successo nella comunicazione persuasiva occorre
• Guardare spesso l’interlocutore• Toccarlo lievemente ogni tanto• Non tenersi distanti da lui• Vestire in modo convenzionale o elegante