L’Aminta Musicale
Favola cantata
dai versi
di
Torquato Tasso
di e con: Francesca Del Bianchi
Regia: Laura Tedesco
Chitarra: Danilo Nastasi
Flauto traverso: Alessandro Cilona
Violino: Claudio Scimia
Grafica e proiezioni: Giacomo Zilocchi
Assistente alla regia: Alessandra Notaro
Scenografia: Silvia Falcone, Vitalik Verceschi
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L’Aminta Musicale1
Raccontando l’Aminta di Torquato Tasso2, favola boschereccia in cinque atti, ho provato ad
intonare un testo classico della letteratura italiana del Cinquecento: ho scelto solo alcuni versi e
li ho cantati per raccontare la storia di Aminta e Silvia in otto canzoni ed un prologo. Il progetto
è ambizioso ma nasce dal desiderio di mettere in pratica i miei studi e rispondere, almeno in
parte, alla domanda: “Cosa vuol dire intonare un classico?”. Vuol dire leggere un testo che
rappresenti, nello stesso momento, un punto di arrivo e un punto di partenza per infinite
riletture3. La “mia” ha scoperto una favola profondamente attuale in molti aspetti: nel medesimo
bisogno di bellezza, nella dura critica del satiro al «secol d’oro ove sol vince l’oro e regna
l’oro»4, ma soprattutto nell’invocazione finale ad Amore con la speranza che «restringa», cioè
avvicini, ciò che la morte sembra aver allontanato5. L’approccio al testo può sembrare
madrigalistico ma il prodotto musicale si allontana molto dalla prassi cinquecentesca: non
elaborata polifonia vocale ma semplici canzoni nate abbracciando una chitarra per portare avanti
il testo di Tasso, riallacciandomi alla tradizione popolare dei cantastorie che collocano la lingua
al centro della narrazione6. Le immagini che accompagnano il racconto si ispirano alla prima
rappresentazione dell’Aminta che ebbe luogo a Ferrara nel 1573 sull’isola di Belvedere7.
Ringrazio in primis i professori Franco Piperno e Antonio Rostagno, anche se il ringraziamento
più caloroso è rivolto ai miei “compagni d’avventura”: Laura Tedesco, Giacomo Zilocchi,
Danilo Nastasi, Claudio Scimia, Alessandro Cilona, Alessandra Notaro, Silvia Falcone, Vitalik
Vecerschi, Naima Savioli, Gianluca Leonardi.
Francesca Del Bianchi
1 “L’Aminta musicale, il primo libro de’ madrigali a cinque voci, con un dialogo a otto” di Erasmo Marotta (Venezia, A.
Gardano, 1600) mi ha suggerito il titolo del progetto: in questo libro quasi tutti i versi intonati sono tratti dall’Aminta di Torquato
Tasso. Pochi anni prima Simone Balsamino inserisce nelle “Novellette a sei voci” (Venezia, Amadino,1594) molti versi tratti
dall’Aminta di Tasso. 2 Scritta e rappresentata a Ferrara nel 1573, la prima edizione a stampa per i tipi di Aldo Manuzio è del 1581. 3 Si veda la definizione di ‘testo nel tempo’di Maria Caraci Vela in La filologia musicale: istituzioni, storia, strumenti critici,
Lucca, LIM, 2009, I, p. 61. 4 Monologo del satiro (atto II, scena 1) in T. Tasso, Teatro, Aminta, a c. di M. Guglielminetti, Milano, Garzanti, 1983, p. 37. 5 Coro (atto IV, scena 2), Ivi, p. 91. 6 Si veda: Geraci M., Le ragioni dei cantastorie. Poesia e realtà nella cultura popolare del Sud, Roma, Il trovatore, 1996. 7 Le immagini provengono da un’edizione a stampa dell’Aminta del 1583 (T. Tasso, Aminta, Favola Boscareccia del Signor
Torquato Tasso di nuovo corretta et di vaghe figure adornata, Venezia, Aldo, 1583). Si veda: A. Cavicchi, La scenografia
dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del sec. XVI in Studi sul teatro veneto fra rinascimento ed età
barocca, a c. di M. T. Muraro, Firenze, Olschki, 1971, pp. 53-72.
3
Note di regia
L’Aminta è una storia di amore e morte, e di riti di passaggio verso un’età adulta, dunque non
poteva non prendere l’attenzione di un gruppo di giovani artisti soprattutto in un tempo, come il
nostro, in cui affrontare le naturali e necessarie fasi della vita sta diventando sempre più
complicato e precario. La ricerca è partita da un’attenta lettura del testo da una prospettiva
consapevole del valore storico/letterario dell’opera e, allo stesso tempo, incline a rivisitarlo alla
luce di quello che è il nostro sentire contemporaneo: da un lato, dunque, visto come dramma
pastorale del 500 dall’altro, come un testo attraverso il quale l’autore esprime un suo disappunto
verso le regole che gestiscono la società (e questo dovrebbe ricordarci alcune tematiche attuali).
In quest’ottica la direzione intrapresa dal gruppo è quella di amalgamare e rielaborare più ambiti
artistici: alle parole alte del Tasso si associano musiche dagli influssi melodici più disparati, al
dramma amoroso si abbina un dialogo cantastorie-autore dove il gioco linguistico spazia dal
colloquiale all’aulico. Partendo da questo accostamento musica-narrazione, lo spettacolo risulta
composto su due livelli: un livello è espresso attraverso il racconto fiabesco sostenuto da
strumenti musicali che suonano le note sentimentali dei personaggi. L’altro livello fa agire i
musicisti in uno spazio ovale in cui ogni spettatore viene reso partecipe in prima persona della
narrazione. In questo modo la quarta parete risulta completamente abbattuta e chi guarda si
ritrova traghettato in uno spazio ambiguo al confine tra sogno e critica del nostro vivere.
Laura Tedesco
4
Il più sincero ringraziamento da parte di tutto il gruppo de L’Aminta Musicale è rivolto a chi ha
contribuito alla nascita di questa favola cantata con la campagna di raccolta fondi sul sito
Indiegogo.com: grazie ad Andrea Toschi, Alice Bondì, Andrea Ardissone, Anna Tedesco,
Barbara Filippi, Bianca Menghi, Blanche Lacoste, Claudia Carmina, Claudia Celi, Domenica
Perrone, Donatella La Monaca, Elena Fratini, Ester Perrone, Eugenia Chianese, Fabrizio
Cardinale, Fabrizio Tortorella, Federico Del Bianchi, Francesca Zacchia, Giovanni Gaetani,
Giuditta Viscardi, Giusy Di Gioia, Ivana Liberati, Leonardo Tortorella, Letizia Galioto, Maria Di
Venuta, Maria Teresa Forle, Marta Marchetti, Martina Piperno, Massimo Caccamo, Monica
Sorci, Piernunzio Pennisi, Sabina Perrone, Salvatore Perrone, Simonetta Ruju, Tommaso
Giuriati, Tonino Menghi, Veronica Veneri, Virginia Dos Santos e ai soci della Dante Alighieri
(comitato di Palermo).
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Indice
Prologo_______________________________________________________________pag. 6
1. Pazzarella ____________________________________________________________pag. 8
2. Aminta_______________________________________________________________pag. 11
3. Il bacio _______________________________________________________________pag. 13
4. Onor________________________________________________________________ pag. 15
5. Satiro blues___________________________________________________________pag.17
6. Verdincanto __________________________________________________________pag.19
7. Dolor _______________________________________________________________pag.21
8. A Dio, pastori! ________________________________________________________pag. 23
Bibliografia_______________________________________________________________ pag. 24
6
Prologo8
(Amore)
Chi crederia che sotto umane forme
e sotto queste pastorali spoglie
fosse nascosto un dio? Non mica un dio
selvaggio, o de la plebe degli dei,
ma tra’ grandi e celesti il più potente,
Venere madre me suo figlio, Amore.
Questo so certo almen: ch’i baci miei
saran sempre più cari a le fanciulle,
se io, che son l’Amor, d’amor m’intendo;
Io voglio oggi
far cupa e immedicabile ferita
nel duro sen de la più cruda ninfa
che mai seguisse Diana.
E aspetterò che la pietà mollisca
quel duro gelo d’intorno al core
ed in quel punto lancerogli il dardo.
8 T. Tasso, Aminta in T. Tasso, Teatro, a c. di M.
Guglielminetti, Milano, Garzanti, 1983, pp. 1-8; nel canto
ho imitato una melodia usata per intonare le ottave tassiane
della Gerusalemme Liberata nella campagna romana,
raccolta e trascritta da Giorgio Nataletti in Canti popolari
italiani, a c. di R. Leydi, Milano, Mondadori, 1973, pp.
239-240.
Perché, ovunque i’mi sia, io sono Amore,
i pastori e gli eroi,
come a me piace agguaglio; e questa è pure
suprema mia gloria e gran miracol mio.
7
Anonimo – Scena per il prologo dell’Aminta di T. Tasso (Venezia, 1583)9
9 A. Cavicchi, La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del
sec. XVI, cit., fig. 30.
8
Pazzarella10
(Dafne)
Vorrai dunque pur, Silvia,
dai piaceri di Venere lontana
menarne tu questa tua giovinezza?
Ah, cangia, cangia, consiglio,
pazzarella che sei. Cangia!
(Silvia)
Altri segua i diletti de l’amore,
se pur v’è ne l’amor alcun diletto:
a me questa vita giova,
la cura de l’arco e
seguir le fere fugaci.
(Dafne)
Insipidi diporti,
ed insipida vita; e, s’a te piace,
è sol perché non hai provata l’altra.
se tu gustassi
la millesima parte de le gioie
che gusta un cor amato riamando,
diresti, sospirando:
10 T. Tasso, Aminta, cit., pp. 9-13.
- Perduto è tutto il tempo,
che in amar non si spende.
Ah, cangia, cangia, consiglio,
pazzarella che sei. Cangia!
(Silvia)
Quando io dirò, pentita,
queste parole, torneranno i fiumi
a le lor fonti,
amerà l’orso il mare, e ‘l delfin l’alpi.
(Dafne)
Conosco la ritrosa fanciullezza:
qual tu sei, io fui;
così spero veder ch’anco il tuo Aminta
un giorno ammolisca
questo tuo cor di ferro:
ch’ei non è bello? o ch’ei non t’ama?
9
(Silvia)
Faccia Aminta di sé e de’ suoi amori
quel ch’a lui piace: a me nulla ne cale;
e, pur che non sia mio, sia di chi vuole;
(Dafne)
Dove nasce il tuo odio?
(Silvia)
Dal suo amore.
10
Anonimo – Scena per l’atto primo dell’Aminta di T. Tasso (Venezia, 1583)11
11 A. Cavicchi, La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del
sec. XVI, cit., fig. 32.
11
Aminta12
(Aminta)
Ho visto al pianto mio
risponder per pietà i sassi e l’onde,
e sospirar le fronde,
ho visto al pianto mio;
ma non ho visto mai,
compassion ne la crudele e bella,
ma niega d’esser donna,
poiché nega pietate
a chi non la negaro
le cose inanimate.
12 T. Tasso, , Aminta, cit., pp. 19-20.
12
Anonimo – Scena per l’atto primo dell’Aminta di T. Tasso (Venezia, 1583)13
13 A. Cavicchi, La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del
sec. XVI, cit., fig. 37.
13
Il bacio14
(Aminta)
A l’ombra d’un bel faggio Silvia e Filli
sedean un giorno, ed io con loro insieme,
quand’ape ingegnosa,
a le guancie di Fillide volando,
a le guancie vermiglie come rosa,
le morse e le rimorse avidamente.
Allora Filli
cominciò lamentarsi, impaziente
de l’acuta puntura;
ma Silvia disse: ”Taci,
non ti lagnar, Filli, perch’io
con parole d’incanti leverotti
il dolor de la picciola ferita”.
Così dicendo avvicinò le labbra
De la sua bella e dolcissima bocca
e con soave
sussurro mormorò non so che versi.
Oh mirabili effetti! Sentì tosto
cessar la doglia,
con que’ magici detti o, com’io credo,
14 T. Tasso, Aminta, cit., pp. 24-26.
la virtù de la bocca
che sana ciò che tocca.
(Guarda quanto Amore
aguzza l’intelletto!), mi sovvenne
d’un inganno gentile,
e finsi ch’un’ape avesse morso
il mio labro di sotto, incominciai
a lamentarmi di cotal maniera.
La semplicetta Silvia,
pietosa del mio male,
s’offrì di dar aita
a la finta ferita, ahi lasso, e fece
più cupa e più mortale
la mia piaga verace,
quando le labbra sue
giunse a le labra mie.
14
Anonimo – Scena per il primo coro dell’Aminta di T. Tasso (Venezia, 1583)15
15 A. Cavicchi, La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del
sec. XVI, cit., fig. 33.
15
Onor16
(Coro)
O bella età de l’oro,
non già perché di latte
sen’ corse il fiume e stillò mele il bosco;
non perché i frutti loro
dier da l’aratro intatte
le terre, e gli angui errar senz’ira o tosco;
non perché nuvol fosco
non spiegò allor suo velo,
ma sol perché quel vano
nome senza soggetto,
quell’idolo d’errori, idol d’inganno,
quel che dal volgo insano
onor poscia fu detto,
non mischiava il suo affanno
fra le liete dolcezze
de l’amoroso gregge;
16 T. Tasso, Aminta, cit., pp. 33-36; nel canto ho imitato la
melodia del brano “Old Adam Brown” di Benjamin Britten,
tratto dalla raccolta per voci bianche e pianoforte Friday
Afternoon, op. 7 del 1936.
Tu prima, Onor, velasti
la fonte dei diletti,
negando l’onde a l’amorosa sete;
tu a’ begli occhi insegnasti
di starne in sé ristretti,
e tener lor bellezze altrui secrete;
tu raccogliesti in rete
le chiome a l’aura sparte;
tu i dolci atti lascivi
festi ritrosi e schivi;
opra è tua sola, o Onore,
che furto sia quel che fu don d’Amore.
Ma tu, d’Amore e di Natura donno,
tu domator de’ regi,
che fai tra questi chiostri,
che la grandezza tua capir non ponno?
Vattene, e turba il sonno
agl’illustri e potenti:
noi qui, negletta e bassa
turba, senza te lassa
viver ne l’uso de l’antiche genti.
16
Amiam, amiam, amiam, che non ha tregua
con gli anni umana vita, e si dilegua.
Amiam,amiam, amiam, che ‘l sol si muore e poi rinasce:
a noi sua breve luce
s’asconde, e ‘l sonno eterna notte adduce.
17
Satiro blues17
(Satiro)
Picciola è l’ape, e fa col picciol morso
Pur gravi e pur moleste le ferite;
ma qual cosa è più picciola d’Amore,
se in ogni breve spazio entra, e s’asconde
sotto l’ombra de le palpebre,
o d’un biondo crine, o dentro le pozzette
d’un dolce riso;
e pur fa tanto grandi e sì mortali
e immedicabili le piaghe.
Crudel Amor, Silvia crudele
Più che le selve!
Ohimè, se mia povertà non può donarti
qualcosa,
me medesmo ti dono. Perché iniqua
lo scherni?
17 T. Tasso, Aminta, cit., pp. 37-40.
E veramente il secol d’oro è questo,
poiché sol vince l’oro e regna l’oro.
Ma perché in van mi lagno? Usa ciascuno
l’armi che la natura gli ha dato.
Pianga, sospiri pure, usi ogni sforzo
Di pietà,
Crudel Amor, Silvia crudele
Più che le selve!
Ohimé, non partirà, s’io posso
Questa mano ravvoglierle nel crine,
non partirà, ch’io pria non tinga
l’armi mie per vendetta nel suo sangue.
18
Anonimo – Scena per l’atto secondo dell’Aminta di T. Tasso (Venezia, 1583)18
18 A. Cavicchi, La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del
sec. XVI, cit., fig. 34.
19
Verdincanto19
(Dafne)
È spacciato un amante rispettoso:
consiglial pur che faccia altro mestiero.
Se imparar vuol d’amare,
disimpari il rispetto: osi, domandi,
solleciti, importuni, al fine involi;
e se questo non basta, anco rapisca.
Or non sai tu com’è fatta la donna?
Fugge, e fuggendo vuol ch’altri la giunga;
niega, e negando vuol ch’altri si toglia;
pugna, e pugnando vuol ch’altri la vinca.
Ve’, Tirsi, io parlo teco in confidenza:
non ridir ch’io ciò dica. E sovra tutto
non porlo in rime. Tu lo sai s’io saprei
renderti poi per versi altro che versi.
19 T. Tasso, Aminta, cit., pp. 44-45.
20
Anonimo – Scena per l’atto terzo dell’Aminta di T. Tasso (Venezia, 1583)20
20 A. Cavicchi, La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del
sec. XVI, cit., fig. 36.
21
Dolor21
(Aminta)
Dolor, che sì mi crucii,
che non m’uccidi omai? tu sei pur lento!
Forse lasci l’officio a la mia mano.
Io son, io son contento
ch’ella prenda tal cura,
che tu ricusi, o che non puoi.
Ohimè, se nulla manca
a la certezza,
e nulla manca al colmo
de la miseria mia,
che bado, che più aspetto? O Dafne, o Dafne,
a questo amaro fin tu mi salvasti,
a questo fine amaro?
Or che fatt’ha l’estremo
de la sua crudeltate,
ben soffrirà ch’io moia,
e tu soffrir lo déi.
21 T. Tasso, Aminta, cit., pp. 71-72.
22
Anonimo – Scena per il quarto atto dell’Aminta di T. Tasso (Venezia, 1583)22
22 A. Cavicchi, La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del
sec. XVI, cit., fig. 38.
23
A Dio, pastori!23
(Silvia)
A Dio, pastori;
piagge, a Dio; a Dio, selve; e fiumi, a Dio!
Ciò che morte rallenta, Amor, restringi,
amico tu di pace, ella di guerra,
del suo trionfar trionfi e regni;
mentre due bell’alme annodi e cingi,
così rendi sembiante al ciel la terra,
che d’abitarla tu non fuggi o sdegni.
Non sono ire là su: gli umani ingegni
tu placidi ne rendi, e l’odio interno
sgombri, signor,
sgombri mille furori;
e quasi fai col tuo valor superno
de le cose mortali un giro eterno.
23 T. Tasso, Aminta, cit., pag. 91; il giro armonico della chitarra imita il brano “Can’t find my way home” del gruppo rock britannico
Blind Faith, tratto dall’omonimo album (Polydor, 1969).
24
Bibliografia
CAVICCHI A., La scenografia dell’Aminta nella tradizione scenografica pastorale ferrarese del sec.
XVI in Studi sul teatro veneto fra rinascimento ed età barocca a c. di M. T. Muraro, Firenze,
Olschki, 1971, pp.53-72.
CHEGAI A., Le Novellette a sei voci di Simone Balsamino: prime musiche su “Aminta” di Torquato
Tasso (1594), Firenze, Olschki, 1993.
CHEGAI A., Musicalità vs musicabilità: l’”Aminta” fra recezione madrigalistica e fortuna critica in
«Il saggiatore musicale», 1, n. 2 (1994), pp. 315-334.
DA POZZO G., L’ambigua armonia. Studio su l’”Aminta”, Firenze, Olschki, 1983.
GERACI M., Le ragioni dei cantastorie. Poesia e realtà nella cultura popolare del Sud, Roma, Il
trovatore, 1996.
LEYDI R., a c. di, Canti popolari italiani, Milano, Mondadori, 1973.
PIERI M., La scena boschereccia del Rinascimento Italiano, Padova, Liviana, 1983.
PIPERNO F., Solerti, Canigiani, i “nostri commedianti favoriti” e Stefano Bottarga: sulla prima di
“Aminta” a Ferrara in Corti rinascimentali a confronto: letteratura, musica, istruzioni, a c. di B.
Marx, T. Matarrese e P. Trovato, Firenze, F. Cesati, 2003, pp. 145-159.
QUONDAM A., Note su imitazione, furto e plagio nel Classicismo, scaricabile dal sito:
www.disp.let.uniroma1.it/fileservices/filesDISP/373-400_QUONDAM.pdf (consultato il
4/11/2014).
TASSO T., Teatro, a c. di M. Guglielminetti, Milano, Garzanti, 1983, pp. 1-98.
TEDESCO A., «Erasmo Marotta» in Dizionario Biografico degli italiani, Roma, Istituto della
enciclopedia italiana, vol. 70, 2008, ad vocem.
VELA M. C., La filologia musicale: istituzioni, storia, strumenti critici, Lucca, LIM, 2009.
Discografia:
BALSAMINO S., MONTEVERDI C., Novellette e madrigali, Diego Fasolis, Marco Beasley, Ensemble
Vanitas e i madrigalisti della radio svizzera, Dynamic, 1998.
BLIND FAITH, Blind Faith, Polydor, 1969.
BRITTEN B., A Ceremony Of Carols - Friday Afternoons –Three two part songs, New London
Children’s Choir, direttore R. Corp, Naxos, 1995.
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