Relazione introduttiva al 1° congresso provinciale di SEL Il congresso costituente di SEL si svolge nel pieno della crisi politica del
centrodestra, e nel perdurare delle ricadute sociali della più grande crisi
economica che il mondo abbia conosciuto dal 1929 ad oggi.
Il berlusconismo è in crisi, conosce una fase di degrado anche morale senza
precedenti, e lo sbocco della sua crisi è quanto mai incerto, potenzialmente
foriero di grandi pericoli per il nostro Paese.
Questa situazione non induce a nessun ottimismo. Le nuove generazioni sono
espulse dalla costruzione del futuro, la precarietà diventa un tema che unifica
l’intero tempo di vita, a lunghi periodi di lavoro precario si alternano, nella vita di
tante persone, anche a Reggio Emilia, lunghi periodi di non lavoro.
L’Italia è il paese europeo che spende di meno per ogni studente, con una spesa
media per la scuola, università e ricerca molto al di sotto degli altri Paesi Ocse. In
questo contesto il ministro Gelmini mette in atto un vero e proprio progetto di
distruzione della scuola pubblica e dell’università, che risponde a una visione
reazionaria e classista della società: i figli dei ricchi all'università, i figli degli
operai e degli impiegati a lavorare in un'occupazione precaria, se riescono a
trovarla.
La crisi economica, politica e morale del paese, i giovani senza futuro e lo
smantellamento dei diritti del lavoro e la distruzione della scuola pubblica
rappresentano le ragioni di fondo che danno per intero il senso e il bisogno di
una sinistra nuova.
Un bisogno ancora più pressante, se si considera che in Italia, nello spazio che
un tempo era occupato dal Partito Comunista prima e dai Ds poi, si è aperto un
gigantesco vuoto, nel quale si barcamena il Pd.
In questi ultimi 20 anni, iniziati con le stragi di mafia e con l'avvento del
berlusconismo, il Paese e il suo senso comune sono cambiati profondamente.
Il Paese si è incattivito, si è avvitato nella ricerca di nuovi nemici in una cultura
della paura diffusa: dalla insicurezza, alla paura dell’altro all'evasione fiscale
come filosofie e pratiche di vita.
In questo processo un ruolo di primo piano lo ha giocato la Lega, la vera ruota di
scorta del berlusconismo. La Lega, nel crepuscolo di Berlusconi, nell'incrudirsi
della crisi economica, e nel dissesto delle finanze pubbliche, soprattutto di tanti
enti nel Sud Italia, torna a sventolare minacciosamente lo spettro della
secessione. E divulga messaggi di odio e di separazione, senza avere la minima
autorità morale per farlo, come dimostrano anche i recenti scandali nei quali
sono stati coinvolti i principali esponenti di quel partito in Emilia.
Anche noi dobbiamo rileggere ciò che è accaduto nel Paese, capire come
modificare il senso comune che è diventato cultura egemonica, offrendo diverse
prospettive e nuovi valori di riferimento.
La sinistra non può limitarsi a recitare a memoria il copione della propria
esistenza, il repertorio delle proprie antiche virtù.
La sinistra deve ritrovare la capacità di rappresentare il lavoro, che anche in
Italia non è più definito dalla sola dimensione salariale, ma anche e soprattutto
dalla precarietà e dalla perdita di diritti, nascoste spesso dietro l'apparente
modernità delle partite Iva, che in realtà sono lavoro sommerso e pseudo
aziende artigiane.
Il modello presentato dalla FIAT a Pomigliano è la fotografia più brutale di questa
crisi: sospensione dei più elementari diritti sindacali e costituzionali, come il diritto
di sciopero, o delocalizzazione della produzione in Serbia. Prendere o lasciare.
In questo scenario, per Marchionne e per il ministro Sacconi, al sindacato è
concesso un ruolo meramente corporativo. Ci auguriamo che gli industriali
reggiani prendano le distanze da questo modello, anche se l'esordio del nuovo
presidente di Confindustria Stefano Landi sembra avvenuto col piede sbagliato.
La risposta della FIOM non poteva non essere ferma, e anche per questo sabato
saremo anche noi a Roma a manifestare insieme alla FIOM.
Con alle spalle due anni di forti perdite, l’economia nazionale ha annaspato e la crisi globale l’ha ulteriormente indebolita. Ci vorranno anni, almeno altri tre o quattro anni, per tornare ai livelli produttivi pre-crisi, e con livelli occupazionali comunque più bassi di quelli ante-crisi. La CGIL ha appena calcolato che nel decennio 2000-2010, per effetto dell’inflazione, dell’aumento delle tasse, le buste paghe di lavoratori e pensionati si sono alleggerite in media di 5.000 euro. Basta qualche dato per comprendere l’emergenza salariale. In Italia 15.000
milioni di lavoratori non superano i 1.300 euro al mese. Di questi, 7 milioni non
oltrepassano il tetto di mille euro. A ciò si aggiunga che dall’inizio della crisi ad
oggi sono andati perduti circa 800.000 posti di lavoro.
Il problema è lo sviluppo, che il governo Tremonti-Berlusconi non affronta perché
pensa a tutt’altro. Pensa agli scudi fiscali, e non alle politiche industriali.
L’idea di sviluppo implica cambiamento; innovazione, ricerca degli elementi che
consentono un aumento del reddito, come sta avvenendo in Germania. Adesso
anche Emma Marcegaglia esorta ad una politica di sviluppo, dichiarando
finalmente che, in sua assenza, saremo sempre più poveri. Meglio tardi che mai.
Ma c’è in campo la ricetta Marchionne che dice: investimenti a fronte di maggior
lavoro, con la negazione delle norme contrattuali e dei diritti costituzionali.
I partiti del centrosinistra perdono il consenso dei lavoratori, che in molti casi
votano Lega o votano Berlusconi, perchè dal centrosinistra non ricevono
proposte e risposte convincenti. E allora si fanno spazio le scorciatoie e le
soluzioni egoistiche, e si dà la colpa agli immigrati che “rubano il lavoro” e alle
regioni del sud “che portano via i nostri soldi”.
Anche il sistema produttivo reggiano è stato fortemente indebolito da questa
gravissima crisi. Ci sono almeno 40.000 persone in questo momento nella
nostra provincia che sono o disoccupate o in cassa integrazione.
Il tasso di disoccupazione sfiora il 6%, un dato quasi incredibile, se si pensa che
fino a tre anni fa la disoccupazione era solo al 2,5% e vedeva Reggio ai
primissimi posti in Italia.
A pagare la crisi sono stati prima di tutto gli immigrati e i lavoratori precari, ma la
disoccupazione si è estesa anche a miglia di lavoratori a tempo indeterminato,
operai e impiegati. La metalmeccanica, la ceramica e il tessile della nostra
provincia sono state investite da una specie di tsunami. Stanno per scadere molti
contratti di cassa integrazione, e il futuro per migliaia di lavoratori è incerto.
Purtroppo si è avverato quanto la CGIL di Reggio Emilia diceva già nella prima
metà di questo decennio. La crescita impetuosa dell'economia reggiana, in
buona parte drogata da un disordinato sviluppo edilizio di molti comuni della
provincia, è stata una crescita più quantitativa che qualitativa.
Sono andate in crisi anche le aziende più dinamiche della provincia, che ora
cercano di riagganciare i primi timidi segnali della ripresa mondiale. Le altre
aziende, quelle che per anni hanno fatto utili sfruttando manodopera a basso
costo, hanno chiuso i battenti e non li riapriranno più. Con la crisi industriale
arriva anche la crisi del terziario, e anche a Reggio sono sempre più numerosi i
negozi con le saracinesche abbassate e gli esercizi e gli edifici con la scritta
“vendesi”.
La popolazione residente a Reggio Emilia è passata in 15 anni da 135.000
abitanti a 170.000 (+24.000). A livello provinciale abbiamo superato il mezzo
milione di abitanti: erano poco più di 400.000 all’inizio degli anni '90. La
popolazione immigrata in città è passata nello stesso periodo da 7.500 unità a
25.000, a conferma delle profonde modificazioni in atto.
Questo fenomeno ha messo in crisi il nostro sistema di wellfare. I tagli di
Tremonti rischiano di dare il colpo di grazia a un modello, quello emiliano, che si
è sempre basato sull'inclusione e sulla solidarietà.
Crescono nuove domande sociali, in campo assistenziale ed educativo, dilagano
nuove povertà, aumentano le difficoltà economiche delle famiglie dei lavoratori,
dei pensionati. Gli enti locali non hanno le risorse per fare fronte a queste nuove
emergenze.
Perciò serve anche un nuovo ruolo per le amministrazioni pubbliche, che sono
chiamate
alla costruzione del consenso attraverso forme innovative di partecipazione, di
ascolto, di ricomposizione di interessi e di visioni divergenti. In una parola c'è
bisogno di più democrazia.
Abbiamo di fronte l’acutizzarsi dei problemi sociali, dovuti alla crisi verticale del
mercato edilizio e delle politiche urbanistiche praticate a Reggio negli anni
passati.
A tale proposito la sfida che lancia alla città e alle sue forze sociali la
riqualificazione dell'area nord è molto delicata. Questo è un banco di prova
formidabile per l'amministrazione locale e per le forze politiche del centro-
sinistra. In quell'area la più grande famiglia industriale della provincia, i
Maramotti, ha già avuto molto: una variante ad hoc per la costruzione del nuovo
stabilimento e le Vele di Calatrava. Perciò gli industriali non hanno il diritto di
porre veti sulle politiche di riqualificazione dell'area nord. L’area nord deve
servire a riqualificare quella fetta di città e di territorio. Non può essere
l'occasione di nuove speculazioni urbanistiche, ma il frutto di un meccanismo
trasparente e partecipato di scelte, che coinvolgano i cittadini non meno delle
associazioni imprenditoriali e degli amministratori locali.
E' una sfida anche per la cooperazione, che anche a Reggio deve recuperare
pienamente la sua vocazione sociale e solidale, e sull'area nord deve essere
trasparente, per progettare interventi che siano eco-compatibili e al servizio della
città.
Se poi la presidente della Provincia una volta tanto riuscirà a trovare un
approccio più collaborativo con l'Amministrazione comunale, forse ci sarà la
possibilità di ridisegnare al meglio il volto di Reggio.
Questi problemi pongono all’ordine del giorno a tutti gli attori istituzionali e sociali
la necessità di affrontare serie riconversioni produttive nel settore edile e del
manifatturiero più povero per valore aggiunto, aggiornando la visione del modello
di sviluppo.
Bisogna andare oltre il modello della piccola impresa sostenendo le aggregazioni
e i consorzi di imprese, investendo in ricerca e innovazione di processo e di
prodotto.
E' chiaro che rispetto a questi temi le associazioni imprenditoriali, le
organizzazioni sindacali, le istituzioni sono chiamate ad assumersi nuovi
impegni per recuperare la specificità positiva di un modello produttivo ad alta
coesione sociale come Reggio e l’ Emilia hanno saputo rappresentare.
Anche a Reggio e in Emilia R. ha prodotto danni enormi la troppa finanza,
l’illusione che i soldi potessero continuamente creare nuovi soldi senza legami
con il lavoro e con la produzione. Abbiamo assistito a casi clamorosi. Penso alla
Parmalat, al crac Bipop e anche all’incredibile crac di Mariella Burani, che è
maturato a Reggio in un clima di omertà generale. Uno dei più grandi gruppi
industriali della nostra provincia è andato in liquidazione, e i suoi proprietari sono
stati tratti in arresto, ma Confindustria a oggi non ha ancora formulato un solo
commento su una vicenda che costerà molti posti di lavoro.
Cosa significa allora il concetto di responsabilità sociale, se i profitti finiscono
nelle tasche degli imprenditori, che spesso poi li portano alle Cayman e in
Lussemburgo, e le perdite vengono socializzate?
Le imprese invece devono sostenere il processo di riforma del welfare, farsi
carico, almeno in parte, di bisogni primari, come quello della casa, ad esempio.
Da qui non si scappa, occorre che le associazioni imprenditoriali anche a Reggio
Emilia passino rapidamente dalle parole ai fatti.
I comuni devono fare la loro parte ma, con i tagli del Governo Berlusconi-
Tremonti, i Comuni non ce la possono fare da soli, se non c’è un risveglio del
senso civico, se non si attivano nuove forme di partecipazione.
Servono quindi, anche a Reggio, da parte delle amministrazioni locali un
controllo e un contenimento autentico delle previsioni urbanistiche in funzione di
una migliore e più marcata sostenibilità ambientale.
E serve una risposta forte, in termini di riordino e riorganizzazione dei servizi di
wellfare, ai bisogni sociali emergenti e all’intero sistema di protezione sociale,
perché, proprio mentre i Comuni sono costretti a pianificare tagli, servirebbe un
aumento significativo delle prestazioni ai cittadini.
C’è una gravissima questione di evasione fiscale: alcuni pagano tutto, troppi non
pagano niente. L’evasione fiscale è complice anche nel determinare uno stimolo
sempre più debole alla crescita economica.
Il federalismo fiscale dovrebbe costituire l’occasione per riformare organicamente
tutto il sistema della finanza pubblica e in particolare quella locale, che versa nel
disordine più assoluto a causa della sovrapposizioni di competenze e
dell’eccesso di norme dettate dalle varie Leggi finanziarie che hanno
ampiamente stravolto le basi dell’autonomia.
Ma, come previsto, il nuovo federalismo sarà finanziato attraverso l’Irpef e le
addizionali comunali e regionali, cioè si tradurrà in più tasse per chi le tasse le ha
sempre pagate.
Con il federalismo voluto dalla LEGA NORD, l’ingiustizia nazionale viene così
trasferita a livello regionale e comunale.
Tornando alle questioni di carattere locale, occorre inoltre tracciare un bilancio
ed esprimere un giudizio sulle varie amministrazioni che governano gli enti locali
reggiani e che, su diversi temi, sono andati in ordine sparso.
A Reggio succede che sulla proposta dell’assessore Matteo Sassi di riconoscere
un elementare diritto di cittadinanza ai Rom nell’accesso alle case popolari, nel
Pd c’è chi strizza l’occhio al peggior Sarkozy e scopre che i rom sono brutti,
sporchi e cattivi, e non cittadini con gli stessi diritti e gli stessi doveri di tutti gli
altri. Il modo peggiore, il più demagogico, per andare a caccia di qualche
consenso in più.
Penso ai ritardi e alle timidezze manifestate sull’ istituzione del registro del
testamento biologico, ora realizzato in sei comuni a partire dal comune
capoluogo, un risultato importante che ha visto l’impegno determinante di
Donatella Chiossi e del comitato Alta Voce.
Un esempio positivo di un agire in cooperazione tra movimenti e associazioni
con le forze politiche del centro sinistra per difendere e determinare la conquista
di diritti civili di uno stato laico, un agire politico che dovrà caratterizzare l’azione
futura di SEL per riaffermare anche a Reggio i contenuti di una sinistra nuova
di governo.
In questi mesi ci siamo impegnati, e seguiteremo a farlo, sul piano rifiuti.
Il fatto che i reggiani producano meno rifiuti, li gestiscano meglio e sprechino
meno acqua è un fatto positivo, che va nella direzione di quel modello di sviluppo
sostenibile che da tempo invochiamo. Per questo abbiamo chiesto alla giunta
comunale di discutere sul cambio di rotta sul piano di sviluppo di raccolta
domiciliare dei rifiuti annunciato dal sindaco l’estate scorsa.
Sulla differenziata e sulla raccolta a domicilio si è sviluppata a Reggio una forte
mobilitazione che ha prodotto ottimi risultati anche nella coscienza dei reggiani.
E’ una mobilitazione che ha visto protagonisti anche nuovi movimenti, che oggi
hanno rappresentanza nei consigli comunale e nei consigli regionali e che, su
alcune giuste battaglie, dovrebbero cercare di sviluppare alleanze anche con le
altre forze della sinistra.
La comprensibili preoccupazioni relative agli aumenti dei costi della raccolta
domiciliare non possono portare al fermo di un modello che i cittadini in misura
sempre più grande rivendicano con orgoglio come impegno e disponibilità a fare
qualcosa in prima persona per migliorare l’ambiente nel quale viviamo.
Va da sé che i tempi e le scelte prima richiamate andranno aggiornate e ridefinite
sia attraverso una verifica di programma con tutte le forze economiche e sociali
che nel rapporto con la cittadinanza.
Reggio è una città con grandi tradizioni di sinistra, una realtà nella quale la
sinistra non si è mai accontentata di fare testimonianza, ma si è sempre posta la
sfida di governare la realtà e di governare il cambiamento, spesso riuscendoci e
fornendo idee e soluzioni innovative.
Bisogna tornare a investire nella cultura: qualcuno allora forse vorrà spiegarci
perché ha deciso di sbaraccare un centro di eccellenza della produzione artistica
e culturale del nostro territorio come Palazzo Magnani.
Tornando ai temi fondativi di SEL è di oggi il rapporto del WWF sullo stato di
salute del pianeta “se si continuano a consumare le risorse a ritmi attuali nel
2030 ci vorranno due pianeti” nella classifica di chi spreme di più l’Italia è
ventinovesima, mentre risultano più virtuosi il Regno Unito, il Giappone e la Cina.
Non è dunque più sostenibile questo sistema economico che sfrutta lavoro
umano e risorse naturali. Una nuova consapevolezza sui temi ecologici sta
maturando e ne abbiamo avuto la conferma nel risultato straordinario e inedito
realizzato con il milione e quattrocentomila firme per l’acqua pubblica che ora ci
offre una occasione di dibattito e di iniziativa, non solo con l’obiettivo di vincere il
prossimo referendum.
L’acqua, i beni comuni, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, la battaglia
per la loro difesa e la loro promozione, dovranno trovare un rinnovato impegno di
SEL nella raccolta di firme a sostegno della proposta di legge per il NO al
nucleare e per la conquista di un piano energetico nazionale, coerente con le
scelte dell’Unione Europea.
Dobbiamo anche combattere una difficile battaglia culturale – è nelle testa degli
Italiani che è dilagato il berlusconismo, veicolato dalle sue tv e dai suoi media.
Si fanno sparire le notizie vere, non si parla del lavoro che non c’è, del dissesto
delle finanze degli enti locali, non si parla delle donne inoccupate per oltre il 50%,
di un giovane su tre che non trova lavoro, così succede che per 240 posti
all’Ikea di Catania concorrono in 40.000.
Dalla crisi del centro-destra, la rottura di Fini con il Pdl , non traggono alcun
vantaggio, in termini di consenso, il Pd e le forze del centro-sinistra.
Il Pd che ha forse finalmente abbandonato la linea suicida dell’autosufficienza –
meglio tardi che mai – rimane un partito in piena crisi di identità.
E’ un partito a vocazione sostanzialmente centrista.
Ha investito politicamente sui Rutelli, le Binetti e i Calearo, con i risultati che
sappiamo. Su Pomigliano Enrico Letta non ha avuto troppe esitazioni a schierare
il partito con Marchionne.
Sull’Afghanistan un giorno è pronto a discutere delle bombe sugli aerei italiani
ma il giorno dopo si preoccupa anche dei rischi per i civili.
A Reggio il Pd è diviso: lo abbiamo visto ad esempio nella vicenda Manodori,
dove questa importante fondazione è saldamente nelle mani delle forze che
hanno tramato per fare cadere la giunta di centro-sinistra del comune capoluogo.
Insomma, è evidente che sia a Reggio che a Roma l’incontro tra le due culture,
quella social-liberale del vertice dei Ds e quella cattolico-democratica dell’ex
sinistra Dc, non ha funzionato.
Ora c’è qualche novità a livello nazionale, dove l’accordo tra Vendola e Bersani
per un governo di scopo per cambiare la legge elettorale e le primarie di
coalizione, rappresenta un primo segnale positivo.
Per battere Berlusconi in un passaggio che si prospetta ormai imminente serve
un programma di alternativa in campo economico- sociale e una coalizione.
Questa coalizione, credo non esistano dubbi tra di noi, deve essere di centro-
sinistra, ovvero il PD, l’IdV, SEL con l’attuale sinistra extraparlamentare, e non
una coalizione di destra-centro-sinistra per il semplice fatto che la sconfitta di
Berlusconi è possibile solo se si spezza il bipolarismo e si forma il terzo polo.
E’ bene che Fini, Rutelli e Casini si coalizzino per conto loro.
Chi nel PD la pensa diversamente se ne deve fare una ragione. La coalizione di
centro-sinistra non vince se non mobilita il popolo di sinistra, con particolare
riguardo a quanti e sono tanti e decisivi che si sono ritirati nell’astensionismo.
E’ per tutte queste ragioni, per vincere il senso di smarrimento e di
scoraggiamento che ha conquistato molti elettori di sinistra, davanti
all’aggressività del governo Bossi-Berlusconi e ai tentennamenti del Pd, che è
nata Sinistra Ecologia e Libertà.
Un partito che non dovrà essere l’ennesimo piccolo partito, ma che è nato per
unificare la sinistra, per vincere la partita! La nostra idea come è richiamato nel
manifesto costituente è quella di un sinistra nuova, dell’eguaglianza, libera,
plurale e unitaria.
Arriviamo al congresso con quasi 50.000 iscritti, solo due mesi fa gli iscritti a
SEL erano poco più di 10.000, è una buona premessa per crescere ancora a
partire dalle regioni del Nord, compresa l’Emilia dove si conferma esserci una
questione settentrionale per SEL come per tutto il centro-sinistra.
In provincia siamo passati da 100 a oltre 200 iscritti, abbiamo adesioni nuove,
aderiscono giovani e operai – vorrei segnalare quelli dell’azienda
metalmeccanica Ognibene, una vera e propria fabbrica vendoliana, se mi è
consentita una battuta.
Vorrei chiudere l’intervento con una nota di carattere personale, che riguarda la
mia generazione, una generazione che ha dedicato gran parte della propria vita
all’impegno e alla militanza sindacale e politica.
Tre anni fa con la nascita del PD ho vissuto come credo buona parte di voi, la
separazione anche con sofferenza da una storia collettiva, per cominciare una
nuova avventura, un nuovo percorso politico consapevole di tutte le difficoltà e i
rischi che esso comportava ma anche carico di entusiasmo e di speranze.
Abbiamo vissuto delusioni e sconfitte dal fallimento dell’esperienza di Sinistra
Arcobaleno ai modesti risultati delle prove elettorali successive ma penso siano
state esperienze utili ad affossare le torsioni identitarie e massimaliste per uscire
dalla dimensione del partitino.
Ora possiamo guardare con più fiducia alla concreta possibilità di costruire il
partito di sinistra nuovo della sinistra Italiana capace di ricostruire, come indica
Nichi Vendola la connessione con bisogni e speranze del popolo.
Da qui la necessità vitale per un soggetto politico nuovo di sostenere i giovani ,
per una nuova generazione alla guida di SEL.
Per noi che non abbiamo posizioni di potere da difendere sarà naturale stare con
il nostro impegno a fianco di quei giovani che si ritrovano negli ideali che vedo
oggi così bene rappresentati da Nichi Vendola e in SEL
Franco Ferretti
Reggio Emilia, 14 ottobre 2010
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