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La mappa strategica: la creazione delle strategie di crescita e il loro monitoraggio

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Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare. Questa citazione attribuita a Seneca sintetizza il momento economico, manageriale e cognitivo in cui si trovano ad operare i manager oggi, sia pubblici che privati. La crisi mette a dura prova la capacità di cambiamento degli imprenditori anche per la difficoltà di intravedere percorsi nuovi, nuovi obiettivi, nuovi scenari, a fronte di un cambiamento esogeno, radicale e illeggibile come quello che stiamo vivendo. Lo strumento inventato da Kaplan e Norton nel 2001, per supportare la costruzione della Balanced Scorecard, può essere uno strumento potente per uscire da questo guado mentale. Per rimanere nella metafora di Seneca, il vento è scarso, a volte vi è bonaccia, ma qualora sia presente, finchè non c’è una meta verso la quale rivolgersi, rimane comunque un vento inutilizzabile ai nostri fini.

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Vite d’impresaI workshop 2013 di CentoCinquanta

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CentoCinquanta guida il management nella riorganizzazione aziendale e ne assicura il suo controllo. Crea valore per le imprese, condividendo le sfide d'imprenditori e manager e costruendo rapporti di partnership di lunga durata.

La nostra vision

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Le nostre mission

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La mappa strategica e la creazione degli indicatori di performance23/09/2013Relatore: Francesco Messina

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Gestire l’ordinaria amministrazione Gestire il cambiamento

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Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare.

Seneca

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Lo strumento inventato da Kaplan e Norton nel 2001, per supportare la costruzione della Balanced Scorecard, può essere uno strumento potente per uscire da questo guado mentale.

Per rimanere nella metafora di Seneca, il vento è scarso, a volte vi è bonaccia, ma qualora sia presente, finchè non c’è una meta verso la quale rivolgersi, rimane comunque un vento inutilizzabile ai nostri fini.

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I cinque passi della creazione della mappa strategica

• I step: assessment

• II step: Balanced Scorecard Team

• III step: strategie aziendali

• IV step: obiettivi

• V: mettere tutto insieme

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I step: assessment

1. stabilire la mission

2. la vision

3. gli obiettivi strategici

4. le prospettive e i fattori critici per il successo delle iniziative.

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Individuazione delle opportunità di business, dei competitor, la posizione finanziaria, gli obiettivi a breve e medio lungo termine, e la comprensione di ciò che soddisfa i clienti.

Molte organizzazioni hanno già un proprio assessment, almeno in bozza. In ogni caso è facilmente rintracciabile grazie al dialogo con i manager dell’azienda. Ciò che è importante è verificare che l’assessment – se già scritto – sia ritenuto ancora valido e adeguato.

I step: assessment

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Creare il Balanced Scorecard Team:stabilire un forte legame tra ciascun membro del team e l’obiettivo complessivo che vogliamo costruire, sviluppare una comunicazione adeguata (calendario condiviso, cartella online dove reperire i file, chi sostituisce i membri assenti, etc). Il piano di comunicazione deve includere i temi e la periodicità con la quale saranno condivise le informazioni all’interno del team e che verranno divulgate all’esterno del team tra gli impiegati.

II step: Balanced Scorecard Team

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In questa fase il focus è la comprensione della strategia, della cultura e delle capacità dell’organizzazione al fine di specificare gli obiettivi strategici, le prospettive e i fattori critici per il successo (ciò che l’organizzazione deve fare bene per raggiungere gli obiettivi strategici).

III step: strategie aziendali

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Questo primo schema avrà il compito di connettere le iniziative strategiche rispetto alle diverse prospettive.

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Alcuni temi abbastanza comuni, che aiutano a delineare le strategie sono: •“costruire il business”, •“aumentare l’efficienza operativa”, •“sviluppare nuovi prodotti”.

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Per il settore pubblico, le strategie tipiche sono: “costruire una comunità locale forte”, “migliorare la formazione scolastica”, “Aumentare la base imponibile”, “Incontrare le esigenze del cittadino”.

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IV step: obiettivi

Durante questa fase la strategia di business è scomposta in parti più piccole, dette obiettivi. Gli obiettivi sono i mattoni di base della strategia, i componenti o le attività che permettono alla strategia d’essere completata.

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V step: mettere tutto insieme

Questa permette di identificare i legami (le connessioni Se – Allora). Gli obiettivi, i componenti primi della strategia, sono connessi e collocati nelle prospettive. La relazione tra le componenti della strategia è utilizzata per identificare i “Key Performance” di ciascuna strategia che, presi insieme, creano il percorso di successo. Possiamo a questo punto inserire una matrice che contenga nelle prime due colonne le prospettive e le iniziative e nella colonna successiva i fattori critici per il successo delle iniziative e gli obiettivi per ogni fattore critico del successo.

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Si sviluppano adesso i sistemi di misurazione delle performance. Questo sistema giova a tracciare i progressi strategici ed operativi. Al fine di sviluppare un sistema di performance utile bisogna catturare i risultati desiderati dal management e i processi utilizzati per produrre questi risultati. I risultati desiderati sono misurati dalla prospettiva interna ed esterna al cliente e i processi sono misurati dalla prospettiva dei processi interni e delle attività necessarie per raggiungere le esigenze del cliente.

Sistemi di misurazione delle performance

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La mappa strategica vista al punto precedente può aiutare a costruire un sistema di misurazioni di performance per ciascun obiettivo. A quel punto guardiamo alle misure che riteniamo critiche per assicurare il successo generale (Key Performance Drivers).

Le relazioni tra i risultati che vogliamo ottenere e i processi necessari a ottenerli devono essere ben compresi prima di assegnare le misurazioni di performance.

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Errori tipici: 1

1. tendenza a identificare troppe misure, sperando che alcune siano buone per rappresentare la misura della performance. Una volta identificate molti indicatori bisognerà lanciarsi alla ricerca dei dati (spesso non facilmente rintracciabili) e il lavoro può diventare presto ingestibile.

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Errori tipici: 2

2. giungere subito a conclusioni affrettate circa gli indicatori giusti, senza porre l’attento giudizio che questa fase delicata merita. Ciò che può accadere, quindi, è l’ottenimento di numerosi indicatori, privi di significato o con scarso significato, che poco si adattano a rappresentare la vision, la mission e la strategia dell’azienda.

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Gli indicatori sono un mezzo, non un fine.

Devono essere un mezzo per migliorare il processo decisionale. Il criterio per togliere gli indicatori superflui deve quindi essere in risposta alla domanda: è importante per eseguire bene la strategia ed ottenere un processo che opera in modo efficace? Se la risposta è positiva, è un indicatore da tenere in considerazione, altrimenti non lo inseriremo nella Balanced Scorecard.

Presentiamo adesso una modalità per estrapolare Key Performance Indicators e le iniziative di performance durante i workshop con il team che dovrà elaborare la Balanced Scorecard, il c.d. modello logico.

Errori tipici: Come evitarli?

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Questo modello ci permette di esplorare la relazione tra quattro tipologie di misurazione delle performance: Input (ciò che usiamo per produrre valore), Processi (come trasformiamo gli input in prodotti e servizi), Output (cosa produciamo) e Outcome (cosa otteniamo).

Questo modello rafforza la logica della mappa strategica mostrando la relazione tra le attività che producono buoni risultati. Per le organizzazioni pubbliche, valido alcune volte per il settore privato, è il caso di aggiungere un’altra categoria: intermediate outcomes, per catturare le trasformazioni intermedie che sussistono tra ciò che produciamo e ciò che vogliamo ottenere.

Modello logico

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Ecco quindi come funziona la logica dei perché reiterati:

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Per risalire all’azione che è giusto compiere possiamo seguire lo stesso schema, sostituendo

“come” al “perché” e procedendo in senso inverso.

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A volte, questa fase si rivela più ostica del previsto. È possibile, infatti, che il team possieda delle credenze depotenzianti, sia cioè convinto che poco o nulla si possa fare in merito al miglioramento di un determinato processo. Così facendo, la semplice sequenza “perché” e “come” può rischiare di naufragare.

In tal caso è indispensabile la presenza di un coach, che guidi il gruppo dall’esterno alla ricerca di soluzioni nuove.

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Bisognerà utilizzare delle tecniche di comunicazione più complesse. Chiedere semplicemente “cosa bisogna fare” rischia, infatti, di condurre verso la costruzione di un libro dei sogni, come abbiamo visto nel paragrafo ad esso dedicato, il team all’inizio potrebbe mostrare ostilità al cambiamento e anche non dichiarare un reale intendimento, porterà al naufragio dell’iniziativa.

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Dopo aver chiesto cosa bisogna fare, quindi, prima di fissare gli indicatori di performance, sarà bene chiedere: quali errori hanno impedito di farlo fino ad oggi. Questa richiesta costringe gli interlocutori a ripensare criticamente agli errori fatti, e a rivedere se il percorso di miglioramento è realistico oppure no. Inoltre, bisogna comprendere se gli errori derivano da credenze depotenzianti che fino ad oggi ci hanno impedito di agire correttamente.

Quali errori hanno impedito di farlo fino ad oggi?

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Bisognerà quindi chiedere quali credenze depotenzianti abbiano contribuito a costruire l’errore che non ci ha ancora permesso il miglioramento in esame. Finalmente, analizzato il fenomeno in maniera più critica e matura, si potrà chiedere quale nuova credenza (potenziante) dovrà essere posta alla base della nuova azione e solo successivamente quale azione porteremo avanti, e quindi come misurarla.

Quali credenze hanno determinato gli errori che hanno impedito di farlo fino ad oggi?

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Un esempio può essere il seguente: se chiedessimo semplicemente: “per diventare tonico, muscoloso e perdere 5 kg cosa dovresti fare?”, molti risponderebbero: “attività fisica e corretta alimentazione”. Se ci fermassimo a questo livello, registreremmo il processo, cercheremmo di creare dei modi per misurarlo (ad es. rapporto tra massa grassa e massa magra) e proveremmo a fissare un calendario di attività e una dieta.

Il pigro e le sue credenze.

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Eppure, questa lista delle buone intenzioni molto probabilmente naufragherà. Perché in realtà, le domande più importanti sono quelle che seguono: 1) fino a questo momento, quali errori ti hanno impedito di fare la dieta e una sana attività fisica? La persona potrà quindi rispondere: “ho scelto la palestra sbagliata”, oppure, “non sono mai andato dal dietologo”, oppure, “non ho mai comprato le scarpe da ginnastica”.

Quali errori ti hanno impedito di fare la dieta e una sana attività fisica?

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Dietro queste prime risposte, si nascondono diverse credenze depotenzianti, alcune bizzarre e molto individuali: ma se non approfondiamo e ci accontentiamo della risposta, ci sembrerà scontato che, rispettivamente, andare nella palestra giusta, andare dal dietologo, comprare le scarpe da ginnastica condurrà al risultato. Invece non è così, la persona non farà nessuna delle azioni necessarie a riparare agli errori che evidenzia fin quando non sarà chiara la credenza depotenziante sottesa.

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In particolare quindi, chiederemo “qual è la credenza che ha determinato questo errore?” Alcuni risponderanno: non credo nelle diete, altri non ho tempo di andare a correre, altri ancora, credo che in palestra non si trovino persone simpatiche, etc. Questa è già un’analisi più profonda. Se prima non rimuoviamo queste credenze, non potremo compiere azioni forti verso un cambiamento. Ecco quindi che lo sforzo deve essere quello di ricreare delle credenze potenzianti, prima di capire quali azioni compiere.

Qual è la credenza che ha determinato questo errore?

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Alcune credenze potenzianti, in merito, possono essere: “credo di dover organizzare il tempo in maniera diversa”; “non conosco sport divertenti”; etc. L’azione conseguente, nel breve periodo, quindi, non sarà quella di entrare in palestra, ma riorganizzare il proprio tempo e informarsi su quali sport possono esser ritenuti divertenti. Gli indicatori da monitorare saranno quindi, oltre al rapporto massa grassa su massa magra, indicatori della quantità di tempo libero che l’individuo è riuscito a sottrarre a precedenti attività. A questo punto possiamo sintetizzare nuovamente il problema da affrontare, possiamo analizzarlo e trovare soluzioni.

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Le informazioni prodotte saranno quindi riversate nella balanced scorecard e periodicamente riviste. Non vi è un’unica foggia nella quale mostrare la balanced scorecard all’azienda. Ciascun management vuole leggere le informazioni in maniera personalizzata. L’importante è che siano presenti tutti gli ingredienti visti sopra e che la balanced scorecard sia utilizzata come strumento di apprendimento costante.

Considerazioni finali