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QUALCHE OSSERVAZIONE SULL’EPIGRAFE DI DOLABELLA DA NARONA GIANFRANCO PACI UDK: 930.271 (497.5 Vid) “00“ Università di Macerata Izvorni znanstveni članak I - Macerata, Istituto di Storia Antica Primljeno: 9. IV. 2010. La dedica di Dolabella al Divo Augusto, proveniente dall’Augusteo di Narona da una parte offre l’impressione del gusto rafnato, che scaturisce dall’accurata incisione dei singole lettere, ma soprattutto dalla loro forma raf- nata, dietro cui v’è indubbiamente l’inusso della migliore produzione epigra- ca del momento, dall’altra vi sono, ad un attento esame dell’epigrafe, i ripetuti difetti, più o meno vistosi, che mettono allo scoperto le reali capacità del lapi- cida ed evidenziano nel contempo il carattere ‘provinciale’ del prodotto stesso. L’epigrafe naronitana deve collocarsi proprio agli inizi del regno di Tibe- rio, forse non molto lontano, cronologicamente, dalla data del 17 settembre e comunque sicuramente entro lo stesso 14 d.C. La dedica di Narona ci restitu- isce, attraverso un particolare redazionale del testo, quel momento sospeso tra la morte di Augusto e il pieno consolidamento della gura di Tiberio come im- peratore, ci fa inoltre cogliere una ricaduta in ambito provinciale delle iniziali incertezze del regno di questi e costituisce inne il miglior contrappunto alle parole con cui lo storico Velleio tratteggia l’operato di Dolabella nell’Illirico. L’importanza del governo di Dolabella nella provincia dell’Illirico è sottolineata da due dati 1 : una signicativa notizia di Velleio che ne ricorda l’operato, soffermandosi in particolare sull’efcacia e la fedeltà (curam et dem) 2 , e le testimonianze epigrache della sua attività restituite dal terri- 1. In generale sul suo governatorato WILKES 1969, p. 82. La migliore sintesi delle conoscenze su di lui, con raccolta delle fonti - epigrache comprese - note no a quel mo- mento è quella di THOMASSON 1984, col. 89, n. 14 (ivi bibl. prec.). 2. V ELL. II, 125: cuius (sc. Q. Iumi Blesi, qui morientis Augusti imperatoris legatus in Pannonia fuit) curam ac dem Dolabella quoque … in maritima parte Illyrici per omnia imitatus est. 179

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Dolabela

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QUALCHE OSSERVAZIONE SULL’EPIGRAFEDI DOLABELLA DA NARONA

GIANFRANCO PACI UDK: 930.271 (497.5 Vid) “00“Università di Macerata Izvorni znanstveni članakI - Macerata, Istituto di Storia Antica Primljeno: 9. IV. 2010.

La dedica di Dolabella al Divo Augusto, proveniente dall’Augusteo di Narona da una parte offre l’impressione del gusto raffi nato, che scaturisce dall’accurata incisione dei singole lettere, ma soprattutto dalla loro forma raffi -nata, dietro cui v’è indubbiamente l’infl usso della migliore produzione epigra-fi ca del momento, dall’altra vi sono, ad un attento esame dell’epigrafe, i ripetuti difetti, più o meno vistosi, che mettono allo scoperto le reali capacità del lapi-cida ed evidenziano nel contempo il carattere ‘provinciale’ del prodotto stesso.

L’epigrafe naronitana deve collocarsi proprio agli inizi del regno di Tibe-rio, forse non molto lontano, cronologicamente, dalla data del 17 settembre e comunque sicuramente entro lo stesso 14 d.C. La dedica di Narona ci restitu-isce, attraverso un particolare redazionale del testo, quel momento sospeso tra la morte di Augusto e il pieno consolidamento della fi gura di Tiberio come im-peratore, ci fa inoltre cogliere una ricaduta in ambito provinciale delle iniziali incertezze del regno di questi e costituisce infi ne il miglior contrappunto alle parole con cui lo storico Velleio tratteggia l’operato di Dolabella nell’Illirico.

L’importanza del governo di Dolabella nella provincia dell’Illirico è sottolineata da due dati1: una signifi cativa notizia di Velleio che ne ricorda l’operato, soffermandosi in particolare sull’effi cacia e la fedeltà (curam et fi dem)2, e le testimonianze epigrafi che della sua attività restituite dal terri-

1. In generale sul suo governatorato WILKES 1969, p. 82. La migliore sintesi delle conoscenze su di lui, con raccolta delle fonti - epigrafi che comprese - note fi no a quel mo-mento è quella di THOMASSON 1984, col. 89, n. 14 (ivi bibl. prec.).

2. VELL. II, 125: cuius (sc. Q. Iumi Blesi, qui morientis Augusti imperatoris legatus in Pannonia fuit) curam ac fi dem Dolabella quoque … in maritima parte Illyrici per omnia imitatus est.

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torio provinciale stesso. Lo storico Velleio Patercolo collega la sua osser-vazione alla presenza di Dolabella nell’Illirico nel momento in cui avviene la morte di Augusto, quasi a signifi care che essa costituiva, in quel delicato momento per lo stato - di transizione ad un governo nuovo, che oltretutto succedeva alla lunga epoca del principato augusteo -, un elemento di fi -ducia e di garanzia (fi dem) da possibili o eventuali rischi ed incertezze. Si può immaginare che le preoccupazioni fossero per la stabilità di quell’area, forse non ancora del tutto pacifi cata dopo gli sconvolgimenti del bellum Batonianum, che si era concluso appena pochi anni prima (nel 9 d.C.) la-sciando probabilmente dietro di sé strascichi di inquietudini: così che il momento delicato del passaggio dei poteri poteva offrire pretesto a facino-rosi per tentare azioni di rivolta. Ma non si possono escludere preoccupa-zioni di altro genere o più generali, come potrebbe far pensare la subitanea ribellione delle legioni nella contigua provincia della Pannonia3. In realtà, che la situazione in provincia non fosse allora del tutto tranquilla si evince proprio dal lungo governatorato di Dolabella, il cui mandato iniziò, appun-to, vivente ancora Augusto e si prolungò poi per diversi anni sotto Tiberio: al riguardo si ignorano le date precise della durata del suo mandato, che si tende comunque a far iniziare nello stesso 14 d.C., mentre il termine di esso dovrebbe cadere o nel 19 o forse più probabilmente nel 20 d.C.4.

Dell’azione di governo svolta da Dolabella nell’Illirico, volta a con-solidare il controllo della provincia, ci ragguagliano poi - come si diceva - le molteplici iscrizioni restituite dal suolo provinciale. Questi documenti mostrano l’attenzione del governatore nel mantenere stretti contatti con i centri cittadini locali5, la cura messa nel garantire la stabilità delle varie comunità fi ssandone stabilmente - ad es. - i confi ni territoriali6, nonché, soprattutto, il grande impegno posto nella sistemazione della rete stradale, specie quella di penetrazione verso l’interno del paese7.

3. Descritte in modo particolareggiato da TAC., Ann., I, 16-30.4. Per la cronologia della presenza in provincia di Dolabella e in particolare per la data

più avanzata vd. RENDIĆ MIOČEVIĆ 1964.5. Da ricordare in proposito la dedica postagli, dopo il 14 d.C., ad Epidauro dalle

civitaes superioris provinciae Hillyrici (CIL III, 1741 = ILS 938) e l’attribuzione della carica di quinquennale a Salona (CIL III 14712), mentre le iscrizioni di Issa e di Zara che lo riguardano - rispettivamente RENDIĆ MIOČEVIĆ 1964, p. 344, tav. XV, 3 = ILIug 1940-1960, n. 257 e CIL III 2908, del 18-19 d.C. - ne menzionano semplicemente il nome in formula datante. Accanto a queste, soprattutto alla prima, si colloca ora quella di Narona di cui si tratta in queste pagine.

6. Su queste operazioni che hanno interessato soprattutto l’area liburnica tra Tiberio e Nerone cfr. WILKES 1969, p. 211 s.

7. Su questo aspetto della sua attività cfr. BOJANOVSKI 1974.

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Alle già numerose testimonianze epigrafi che relative all’azione di go-verno in Illirico di questo personaggio è venuta ultimamente ad aggiun-gersi una dedica al Divo Augusto, proveniente dall’Augusteo di Narona, la cui scoperta - avvenuta sul fi nire del secolo scorso - e resa pubblica è tra i grandi meriti del Prof. Emilio Marin8.

Questa iscrizione, che lo stesso Marin ha reso pubblica, presentandola in più di un’occasione al mondo degli studiosi9, facendone conoscere il testo ed utilizzandola in rapporto alla storia dell’edifi cio da cui proviene, si presta - come a me sembra - a qualche osservazione sotto l’aspetto più squisitamente epigrafi co, in ordine, precisamente, al modo in cui il testo è formulato, composto ed inciso. Queste brevi pagine vogliono essere, più ed oltre che un omaggio allo studioso ed amico, una attestazione, insieme alle tante altre espresse in questo volume, di vicinanza e riconoscenza nel ricordo della lunga e congiunta frequentazione del patrimonio epigrafi co delle città romane della costa dalmata: sentimenti che non potevano che esprimersi attraverso un ‘ritorno’ a Narona, la città che ci ha coinvolto ed unito per tanti anni in tanti discorsi e in progetti scientifi ci importanti.

La dedica naronitana è affi data ad una bella base in marmo, pervenu-ta spezzata in cinque frammenti, di cui quattro riattaccano perfettamente, mentre un quinto frammento, non interessato - per quello che si può vedere10 - dalla presenza di scrittura, è perduto (Fig. 1). Il testo, inciso sul lato frontale senza delimitazione del campo iscritto, è di questo tenore:

DIVO AVGVSTO SACRVM

P. DOLABELLA COS. CAESARIS AVGVST

LEG. PRO PR.L’iscrizione - che possiamo tra-

scrivere: Divo Augusto / sacrum. / P(ublius) Dolabella co(n)s(ul), / Caesaris August(i) / leg(atus) pro pr(aetore) - ci restituisce la dedica,

8. Cfr. MARIN 1966, pp. 1029-1040; MARIN 2001, pp. 80-112; MARIN - RODÀ 2004, con altra bibl.

9. MARIN 1999, pp. 265-266; MARIN - RODÀ 2004, pp. 67-69.10. Resta il dubbio se il nome Augusto, alla l. 4, fosse scritto per intero o abbreviato.

Fig. 1 – Vid (Croazia): la dedica di Dolabella al divo Augusto da Narona

nel Museo di Narona (in situ).

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posta mediante un verbo di dedica che è sottinteso, ad Augusto divinizzato, dedica che accompagnava un qualcosa, forse una statua, che stava al di sopra del blocco, come rivela la presenza di un incasso (Fig. 1)11; non si tratta - invece - della dedica dell’edifi cio, dal momento che i dati di scavo ci apprendono che la costruzione di esso risale ad una data più antica12.

L’avvio del testo (ll. 1-2) procede secondo un formulario che ritroviamo in altri documenti13. Il dedicante è ricordato con il solo prenome e cogno-me, una formula onomastica brachilogica che si ritrova in altri documenti dell’epoca. Seguono la menzione di due cariche: il consolato, ad indicare il raggiungimento - avvenuto nel 10 d.C. - della carica più prestigiosa dello stato, e la carica di governatore di provincia, in virtù della quale al momen-to egli si trova ad operare nell’Illirico. La menzione del consolato, di per sé superfl ua, ricorda un po’ la prassi epigrafi ca repubblicana di ricordare talvolta, per personaggi illustri, le cariche più signifi cative del cursus.

Fermiamoci ora sugli aspetti più squisitamente epigrafi ci, di tipo reda-zionale, di questo testo. La forma delle lettere, prese singolarmente, rivela un gusto ed una perseguita intenzione di calligrafi smo che ritroviamo nei migliori documenti dell’età augustea e tiberiana: si noti anche la cura della loro resa, la loro uniformità, la loro identica altezza nell’ambito della stes-sa linea, ottenuta evidentemente mediante l’uso di linee guida, le accurate apicature all’estremità dei tratti diritti, l’uso del chiaroscuro, la presenza di lettere sopraelevate alla l. 1, ecc.

Dal documento epigrafi co traspare, insomma, l’intenzione di met-tere in campo un prodotto di qualità, in linea con i migliori documenti di quest’epoca. Anche la scelta di riprodurre delle lettere ispirate alla capitale rustica, piuttosto che alla capitale quadrata classica, tradisce - a mio avviso - il desiderio di ripetere uno stile scrittorio diventato di moda. Peraltro la presenza a Narona di maestranze acculturate e capaci di eseguire documenti di alto livello non sorprende: sia perché l’offi ci-na epigrafi ca naronitana ha a monte iscrizioni impegnative e di ottimo livello come quelle delle mura, risalenti all’età cesariana, sia perché co-nosciamo proprio per l’età augustea altri documenti parimenti di ottima fattura14. In realtà la città diventa proprio in questo periodo - come si

11. Cfr. MARIN 1999, p. 267, con l’ipotesi di una possibile statua in metallo pregiato, di grandezza minore del normale.

12. MARIN 2004, p. 67.13. CICOTTI 1895, pp. 918-919.14. Si veda la bella dedica ad Augusto vivente, su breccia, pubblicata da MAROVIĆ

1952, pp. 164-166, una cui foto è riprodotta da WILKES 1969, fi g. 26. Per le iscrizioni delle mura vd. ora PACI 2007.

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ritiene – colonia romana, accogliendo veterani delle guerre civili, una cui preziosa testimonianza, relativa allo stanziamento di un nucleo di essi nell’agro settentrionale, è costituita dalle due dediche dei veterani del pagus Scunasticus: due testi identici, apposti ad una lastra opistogra-fa, che si fanno apprezzare, anch’essi, per l’alto livello offi cinale e che richiamano da vicino questo di Dolabella, sia per la formulazione della parte iniziale del testo15, sia per la vicinanza cronologica, che è con ogni evidenza molto stretta.

Ma, tornando alla nostra epigrafe, se la resa delle singole lettere ri-sponde alle migliori aspettative, l’incisione del testo nel suo insieme pre-senta con tutta evidenza varie sfasature, soprattutto nella seconda parte (ll. 3-5): cosa che mal si concilia con l’importanza della dedica in sé ed è in contrasto con la pretesa di buon livello formale della stessa. Restando agli aspetti dell’incisione delle lettere, colpisce a prima vista la posizione della P, all’inizio della l. 3, visibilmente più alta, rispetto alle restanti let-tere della stessa linea. In realtà si tratta, piuttosto, di un effetto ottico, per-ché il piede di questa lettera è esattamente sulla stessa linea di base della O, della L e delle altre lettere che seguono del nome di Dolabella. Ad essere sbagliata è invece la D, che scende visibilmente al di sotto della linea di base. A parziale spiegazione dell’origine dell’inconveniente che si registra in questo punto del testo, si può ipotizzare che nel cominciare la l. 3 il lapicida volesse rendere la lettera iniziale più alta, come talvolta si trova nei testi epigrafi ci: e che questo fosse il suo intento sembrerebbe di poterlo dedurre dalla l. 5, dove la L iniziale è, seppure di poco, più alta delle altre che seguono. Ma nel procedere poi ad incidere il nome Dola-bella, lo stesso ha usato, per la D, una lettera dello stesso modulo della P del prenome (queste due lettere, infatti, hanno la stessa altezza, di cm 6,4, di contro ai 6,1 di quelle che seguono) e non volendo farla sporgere in alto, si è visto costretto a farla debordare in basso.

L’inconveniente potrebbe essere spiegato con l’uso di lettere model-lo, di formato diverso a seconda delle esigenze, che in questo caso sa-rebbero state scelte senza la dovuta attenzione; ma si tratta di una ipotesi puramente teorica, che presuppone oltretutto una modalità di operare non documentata. Conviene invece pensare ad un impegnativo lavoro di ordinatio perseguito dal lapicida: di predisposizione, cioè, del testo, con l’ausilio di linee guida e preventivo disegno delle singole lettere

15. Esso è infatti così concepito: Divo Augusto et Ti(berio) Caesari, Aug(usti) f., Aug(usto) sacrum. Veterani pagi Scunastici quibus colonia Naronit(ana) agros dedit. Per questi documenti vd. ABRAMIĆ 1950, p. 235 ss., fi g. 2; AEp 1950, 44.

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nella superfi cie scrittoria16, nella cui resa - in fase di incisione - il lapi-cida è incorso in un errore non facile da spiegare. Quello che si capisce, comunque, a guardare nel suo insieme il testo epigrafi co, è che esso ha avuto una unitarietà di composizione, ad opera della stessa mano: è la forma delle lettere - si guardi ad esempio la G, che è molto caratteristica - ad indirizzare a questa conclusione. Escluderei insomma l’esistenza di più fasi e che, in particolare, le ll. 4-5 siano seriori o di altra mano.

Restando alla l. 3, il maggior spazio esistente tra DOLABELLA e COS, rispetto a quello posto tra P e DOLABELLA, tradisce la diffi coltà di conciliare le esigenze di una corretta impaginazione - pur evidentemente perseguita -, la quale esigeva che l’inizio e la fi ne di questa linea fossero allineati con quelli della l. 1, con un equilibrato posizionamento delle pa-role nell’ambito dello spazio a disposizione. Al requisito di un’ordinata impaginazione sembrano invece sottrarsi decisamente le due ultime linee: ma anche qui si tratta di una percezione almeno in parte sbagliata, perché - come si dirà subito appresso - all’inizio della l. 4 c’è un vacuum destinato all’incisione di una parola che poi non è stata messa, mentre il testo della l. 5 è effettivamente spostato un po’ troppo verso sinistra, ma secondo una tendenza scrittoria che trova infi niti esempi, specie nei documenti di natura privata. Più grave, in questa l. 5, è invece l’omissione sia del segno di interpunzione, sia dello spazio divisorio tra LEG e PRO, appartenenti a parole diverse. È indubbio, comunque, che nel caso della l. 5 siamo da-vanti ad una impaginazione maldestra, dovuta probabilmente proprio alla omissione dello spazio e dell’interpunzione tra le due prime parole. Infi ne, sempre per quanto riguarda l’impaginazione, non si può far a meno di os-servare che, mentre la l. 1 ha un andamento sostanzialmente orizzontale, le restanti line di scrittura salgono - procedendo da sinistra a destra - dal basso verso l’alto, con accentuazione del fenomeno a partire dalla l. 3.

A tirare le somme da queste osservazioni, si è indotti a trarre un duplice giudizio su questo prodotto epigrafi co. Da una parte vi è l’im-pressione del gusto raffi nato, di cui si diceva più sopra, che scaturisce dall’accurata incisione dei singole lettere, ma soprattutto dalla loro for-ma raffi nata, dietro cui v’è indubbiamente l’infl usso della migliore pro-duzione epigrafi ca del momento. Dall’altra vi sono, ad un attento esame dell’epigrafe, i ripetuti difetti appena descritti, più o meno vistosi, che mettono allo scoperto le reali capacità del lapicida ed evidenziano nel contempo il carattere ‘provinciale’ del prodotto stesso.

16. Per un bell’esempio, proprio di questo periodo, di preparazione offi cinale di testo da incidere cfr. PACI 2003.

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Non incide invece su questo giudizio il vacuum che si trova all’inizio della l. 4: esso infatti non è imputabile direttamente al lapicida, ma costi-tuisce un problema a sé ed è questo forse l’aspetto più interessante, sotto l’aspetto redazionale, dell’epigrafe naronitana. Questa parte del testo (ll. 4-5) contiene, come si vede, la menzione della carica di governatore, il cui titolo è quello di legatus Augusti pro pretore provinciae Illyrici (o, più tardi, provinciae Dalmatiae)17, spesso abbreviato in leg. pro pr., come lo stesso Dolabella è indicato in diverse iscrizioni18.

La nostra dedica presenta a questo proposito - come si vede - una spe-cie di variante, aggiungendovi anche il nome dell’imperatore regnante: un fatto, questo, che si spiega anche alla luce del momento in cui esso viene redatto. Siamo all’indomani della morte di Augusto (avvenuta il 19 agosto) e dopo che ne è avvenuta, ad opera del senato, la divinizzazione (il 17 settembre): in questo delicato momento del passaggio dal principa-to di Augusto a quello di Tiberio, Dolabella, che doveva trovarsi nell’Il-lirico meridionale, compie in quello che era il centro più importante della regione un gesto dall’evidente signifi cato politico, ma anche illustrativo delle procedure introdotte ormai dalla nuova realtà del principato: quello di elevare subito una dedica ad Augusto proclamato divo. Dolabella si muove ed opera cosciente del proprio ruolo e del valore dei gesti che compie. Il vecchio principe, dal quale egli ha ricevuto la nomina a gover-natore, è morto; ma egli come governatore resta al suo posto e prosegue nel suo mandato, che non subisce contraccolpi, sotto il suo successore. Ed il messaggio consegnato all’epigrafe di Narona è proprio questo: in questo momento, in cui il fondatore dell’impero è venuto meno e lo si venera ormai come divus, a Roma c’è Tiberio - il nuovo Augusto - e Dolabella mantiene il suo ruolo di governatore per conto del nuovo im-peratore, il cui nome, a sottolineare la cosa, è signifi cativamente antepo-sto (l. 4) alla stessa denominazione della sua carica (l. 5). In questo, il testo naronitano ci restituisce, dunque, preziosamente una testimonianza dell’operare attento dell’uomo di governo, elogiato da Velleio.

Siamo pertanto proprio agli inizi del principato di Tiberio: il vacumm all’inizio della l. 4 tradisce un’esitazione del momento ed è, nel contempo, indizio della vicinanza di questa dedica all’evento. Sono infatti, quelli che seguono all’insediamento di Tiberio, giorni di incertezze, ben tratteggiate da Tacito19. Si attendono i primi atti del nuovo imperatore. In particolare

17. WILKES 1969, p. 80; elenco dei governatori, con i rispettivi titoli, in THOMAS-SON 1984, pp. 87-98.

18. Cfr. ad es. CIL III 2908, 3198, 9973 = ILS 2280, 5829, 5953, rispettivamente.19. Su queste incertezze cfr. anche GARZETTI 1960, pp. 13-15.

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non si sa come egli vorrà chiamarsi: se Ti. Caesar Augustus, come ha fi n qui fatto, oppure se vorrà assumere il prenome di Imperator per identifi car-si il più possibile con il padre adottivo, al cui esempio - come amerà ripe-tere - intende uniformarsi. Poi si apprenderà che vorrà chiamarsi soltanto Ti. Caesar Augustus, in segno di modestia. La dedica naronitana di Dola-bella tradisce e documenta l’iniziale incertezza su questo punto: il vacuum lasciato sulla pietra è adatto, infatti, all’inserimento sia di Ti., sia di Imp., inserimento che poi - passato il tempo - è stato tralasciato di fare.

La divinizzazione di Augusto avviene quando Tiberio è ormai al potere da circa un mese, ma sul problema del nome dell’imperatore evidentemen-te sussistono ancora alla metà di settembre, almeno in ambito provinciale, dubbi o incertezze, di cui l’epigrafe di Narona è rivelatrice20: per questo bisogna concludere che l’epigrafe naronitana deve collocarsi proprio agli inizi del regno di Tiberio, forse non molto lontano, cronologicamente, dal-la data del 17 settembre e comunque sicuramente entro lo stesso 14 d.C. Poco più tardi, quando le cose si sono ormai chiarite, Dalabella si presenta come leg. pro pr. divi Augusti et Ti. Caesaris Augusti:21 ancora una volta con una scelta terminologica atta a trasmettere un preciso e forte messaggio politico.

In conclusione la dedica di Narona ci restituisce, attraverso un partico-lare redazionale del testo, quel momento sospeso tra la morte di Augusto e il pieno consolidamento della fi gura di Tiberio come imperatore, ci fa inoltre cogliere una ricaduta in ambito provinciale delle iniziali incertezze del regno di questi e costituisce infi ne il miglior contrappunto alle parole con cui lo storico Velleio tratteggia l’operato di Dolabella nell’Illirico in quel delicato frangente.

20. Anche l’iscrizione leptitana IRT 329, che chiama Tiberio Imperator e pater pa-triae, conferma, ma in modo opposto, le incertezze di inizio regno in ambito provinciale, quando ancora non si conosceva il rifi uto opposto a più riprese dal nuovo principe ad assumere tale prenome e tale titolo.

21. Così nella citata dedica di Epidauro (supra nota 5).

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SAŽETAK - SUMMARIUM

OPAŽANJA O DOLABELINU NATPISU IZ NARONE

Dolabelin natpis u čast božanskog Augusta, iz Augusteuma u Naroni, s jedne strane, daje dojam o istančanom ukusu, koji se očituje u pomnjivu uklesavanju pojedinih slova, i osobito u njihovu rafi niranom obliku, po čemu se nedvojbe-no očituje utjecaj najbolje epigrafi čke produkcije tog vremena, s druge strane, pažljivo proučavanje natpisa pokazuje, da natpis ima opetovanih nedostataka, više ili manje vidljivih, koji otkrivaju stvarne sposobnosti klesara i zapravo ipak ‘provincijski’ rad.

Naronitanski natpis se smješta upravo u sam početak Tiberijeve vladavine, možda ne puno kasnije od 17. rujna u svakom slučaju 14. god. poslije Kr. Posvetni natpis iz Narone nam, posredstvom osobitog uređenja svog teksta, zorno dočarava onaj posebni trenutak između smrti Augusta i punog osamostaljenja Tiberijeve osobe kao cara, te pruža odjek početnih nedoumica nove vladavine u ambijentu provincije, pa predstavlja ponajbolji kontrapunkt onim riječima, kojima je povje-snik Velej opisao Dolabelino djelovanje u Iliriku.