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giac Volume 13 Numero 3 settembre-dicembre 2010 Articolo originale La terapia di resincronizzazione è una valida opzione nel tratta- mento dello scompenso cardiaco. Esiste ancora però una percentuale elevata di pazienti che non risponde in termini di rimodellamento ventricolare inverso. Con lo scopo di ridurre il numero di non responder, migliorando la sincronia di contrazione atrio-ventricolare e inter/intraventricolare, negli ultimi anni ha preso piede l’ottimizzazione della programmazione degli intervalli atrio-ventricolare e interventricolare. Facendo una revisione della letteratura si può notare che i contributi speri- mentali sull’ottimizzazione dei parametri AV e VV sono diversi, utilizzano svariate tecniche di ottimizzazione e i trial multicentrici condotti fino a oggi portano a conclusioni controverse soprattutto per quel che riguarda l’intervallo VV. Nella seconda parte del lavoro abbiamo confrontato tre metodiche ecocardiografiche per la valuta- zione dell’intervallo VV ottimale (VTI, Strain circonferenziale e velocità). In primis, abbiamo dimostrato che l’ottimizzazione dell’intervallo VV ha determinato un maggior beneficio dopo impianto di CRT, rispetto alla programmazione standard in termini di rimodellamento ventrico- lare inverso. Inoltre, c’è una buona correlazione tra le tre metodiche utilizzate per ottimizzare l’intervallo VV; metodiche che non solo valutano la funzione sistolica del ventricolo sinistro ma anche la dissincronia. PAROLE CHIAVE: terapia di resincronizzazione, ottimizzazione intervallo atrio-ventricolare e interventricolare. L’ottimizzazione degli intervalli AV e VV nei pazienti con device biventricolare: revisione della LETTERATURA e contributo SPERIMENTALE Introduzione La resincronizzazione cardiaca è una valida opzione terapeutica nel trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco. 1 La risposta in termini di rimodellamento ventricolare inverso si ottiene in circa il 60% dei pazienti. 2 La ricerca del paziente responder e della dissincronia sensibile alla resincronizzazione appare oggi una delle sfide più difficili in ambito aritmologico. Il motivo per cui una porzione ancora cospicua di pazienti non risponda alla CRT non è noto. La posizione del catetere ventricolare sinistro, la presenza di esiti cicatriziali e l’enorme eterogeneità di patologie che viene convogliata nel termine cardiomiopatia dilatativa “idiopatica” sono tutti fattori che hanno un ruolo nel processo di rimo- dellamento ventricolare inverso dopo impianto di stimolatore biventricolare, ma giustificano solo parzialmente una così alta percentuale di pazienti non responder. 3,4 Con lo scopo di ridurre il numero di non responder, migliorando la sincronia di contrazione atrio-ventricolare e inter/intraventricolare, negli ultimi anni è diventata frequente l’ottimizzazione, principal- mente ecoguidata, della programmazione degli intervalli atrio-ventricolare e interventricolare. I moderni device biventricolare presentano, infatti, la possibilità di programmare questi intervalli; l’ottimizzazione di questi parametri porta a una riduzione della dissincronia, a un miglioramento del riempimento ventricolare sinistro e all’aumento della gittata sistolica. 5-7 Gli studi eseguiti sull’ottimizzazione dei para- metri AV e VV sono ancora insufficienti, sono state proposte diverse tecniche per tale scopo e i trial multicentrici che sono stati fatti fino a oggi hanno portato a conclusioni controverse, Matteo Ziacchi, Matteo Bertini, Mauro Biffi, Cristian Martignani, Igor Diemberger, Elena Cervi, Cinzia Valzania, Andrea Mazzotti, Beatrice Gardini, Giulia Massaro, Carlotta Moschini, Valentina Mantovani, Alessandro Marziali, Giuseppe Boriani Istituto di Cardiologia, Università di Bologna, Azienda Ospedaliera S. Orsola-Malpighi, Bologna Riassunto

11° Recall,malfunzionamenti e sepsi

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Articolo originale PAROLE CHIAVE: terapia di resincronizzazione, ottimizzazione intervallo atrio-ventricolare e interventricolare. Matteo Ziacchi, Matteo Bertini, Mauro Biffi, Cristian Martignani, Igor Diemberger, Elena Cervi, Cinzia Valzania, Andrea Mazzotti, Beatrice Gardini, Giulia Massaro, Carlotta Moschini, Valentina Mantovani, Alessandro Marziali, Giuseppe Boriani Istituto di Cardiologia, Università di Bologna, Azienda Ospedaliera S. Orsola-Malpighi, Bologna

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giac • Volume 13 • Numero 3 • settembre-dicembre 2010

Articolo originale

La terapia di resincronizzazione è una valida opzione nel tratta-

mento dello scompenso cardiaco. Esiste ancora però una percentuale elevata di pazienti che non risponde in termini di rimodellamento ventricolare inverso. Con lo scopo di ridurre il numero di non responder, migliorando la sincronia di contrazione atrio-ventricolare e inter/intraventricolare, negli ultimi anni ha preso piede l’ottimizzazione della programmazione degli intervalli atrio-ventricolare e interventricolare. Facendo una revisione della letteratura si può notare che i contributi speri-mentali sull’ottimizzazione dei parametri AV e VV sono diversi, utilizzano svariate tecniche di ottimizzazione e i trial multicentrici condotti fino a oggi portano a conclusioni controverse soprattutto per quel che riguarda l’intervallo VV.Nella seconda parte del lavoro abbiamo confrontato tre metodiche ecocardiografiche per la valuta-zione dell’intervallo VV ottimale (VTI, Strain circonferenziale e velocità). In primis, abbiamo dimostrato che l’ottimizzazione dell’intervallo VV ha determinato un maggior beneficio dopo impianto di CRT, rispetto alla programmazione standard in termini di rimodellamento ventrico-lare inverso. Inoltre, c’è una buona correlazione tra le tre metodiche utilizzate per ottimizzare l’intervallo VV; metodiche che non solo valutano la funzione sistolica del ventricolo sinistro ma anche la dissincronia.

PAROLE CHIAVE: terapia di resincronizzazione, ottimizzazione intervallo atrio-ventricolare e interventricolare.

L’ottimizzazionedegli intervalli AV e VV

nei pazienti con device biventricolare:

revisione della LETTERATURA

e contributo SPERIMENTALE

IntroduzioneLa resincronizzazione cardiaca è una valida opzione terapeutica nel trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco.1 La risposta in termini di rimodellamento ventricolare inverso si ottiene in circa il 60% dei pazienti.2 La ricerca del paziente responder e della dissincronia sensibile alla resincronizzazione appare oggi una delle sfide più difficili in ambito aritmologico. Il motivo per cui una porzione ancora cospicua di pazienti non risponda alla CRT non è noto. La posizione del catetere ventricolare sinistro, la presenza di esiti cicatriziali e l’enorme eterogeneità di patologie che viene convogliata nel termine cardiomiopatia dilatativa “idiopatica” sono tutti fattori che hanno un ruolo nel processo di rimo-dellamento ventricolare inverso dopo impianto di stimolatore biventricolare, ma giustificano solo parzialmente una così alta percentuale di pazienti non responder.3,4 Con lo scopo di ridurre il numero di non responder, migliorando la sincronia di contrazione atrio-ventricolare e inter/intraventricolare, negli ultimi anni è diventata frequente l’ottimizzazione, principal-mente ecoguidata, della programmazione degli intervalli atrio-ventricolare e interventricolare. I moderni device biventricolare presentano, infatti, la possibilità di programmare questi intervalli; l’ottimizzazione di questi parametri porta a una riduzione della dissincronia, a un miglioramento del riempimento ventricolare sinistro e all’aumento della gittata sistolica.5-7 Gli studi eseguiti sull’ottimizzazione dei para-metri AV e VV sono ancora insufficienti, sono state proposte diverse tecniche per tale scopo e i trial multicentrici che sono stati fatti fino a oggi hanno portato a conclusioni controverse,

Matteo Ziacchi, Matteo Bertini, Mauro Biffi, Cristian Martignani, Igor Diemberger, Elena Cervi, Cinzia Valzania, Andrea Mazzotti, Beatrice Gardini, Giulia Massaro, Carlotta Moschini, Valentina Mantovani, Alessandro Marziali, Giuseppe Boriani

Istituto di Cardiologia, Università di Bologna, Azienda Ospedaliera S. Orsola-Malpighi, Bologna

Riassunto

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L’ottimizzazione degli intervalli AV e VV nei pazienti con device biventricolare: revisione della letteratura e contributo sperimentale

sarà quello dove in termini di meccanica ci sarà il completo contributo atriale al riempimento ventricolare.10 È infine oggetto di discussione su quale AV debba essere ottimizzato, se solo quello sentito o anche quello stimolato. Se c’è una stimolazione in auricola destra (AV stimolato) il tempo di conduzione interatriale si allunga e quindi anche l’AV ottimale varia, nella nostra esperienza ottimizziamo l’AV sentito e program-miamo 30 ms dopo l’AV stimolato.Diverse sono le metodiche utilizzate per l’ottimiz-zazione dell’intervallo AV, dal metodo di Ritter utilizzato nei primi trial multicentrici sulla CRT (MUSTIC, MIRACLE, InSync III) che rielabora in termini matematici informazioni derivate dal doppler pulsato e da indici elettromeccanici; al metodo iterattivo presente nel CARE HF, che utilizza il doppler pulsato all’ecocardiografia per valutare il riempimento diastolico per arrivare quindi a metodiche meno testate, come la misura dell’integrale velocità tempo con doppler del flusso trans mitralico.11-14 Infine, anche la misura-zione della gittata sistolica dal doppler continuo o pulsato al tratto di efflusso del ventricolo sinistro (LVOT) o la misurazione non invasiva del dP/dt max del ventricolo sinistro dal segnale del

soprattutto per quel che riguarda l’intervallo VV. I metodi per l’ottimizzazione dell’intervallo AV e VV sono riportati in Tabella 1.

L’ottimizzazione dell’intervallo AVL’importanza dell’intervallo AV ottimale è nota da tempo, in studi peraltro ormai datati, effet-tuati su pacemaker bicamerali, si sottolineava l’importanza emodinamica di questo parametro. Diversi lavori oggi ne hanno ribadito l’importanza nei pazienti con pacemaker bi ventricolare.8,9 La contrazione atriale contribuisce a generare circa il 20% della gittata sistolica. Quando l’in-tervallo AV è troppo corto vi è una contrazione ventricolare molto precoce, una chiusura anti-cipata della valvola mitrale e quindi un ridotto contributo atriale al riempimento ventricolare. Dall’altro lato un AV lungo è caratterizzato da una precoce contrazione atriale, con la fusione all’ecocardiogramma delle onde E e A, e con-seguente riduzione del tempo di riempimento ventricolare sinistro e un potenziale rigurgito mitralico diastolico. L’intervallo AV ottimale

TABELLA 1.Metodi più utilizzati per l’ottimizzazione dell’intervallo atrio-ventricolare e inter/intraventricolare.

INTERVALLO METODO VALORE OTTIMALE

AV Metodo Ritter AV opt = AV long – (QA short-QA long)

Metodo iterativo Maggior tempo di riempimento ventricolare sin; maggior EA

VTI mitralico Maggior VTI mitralico

VTI aortico Maggior VTI aortico

MPI Minor MPI

dp/dt max Maggior dp/dt max

VV VTI aortico Maggior VTI aortico

IVMD Minor IVMD

TDI Minor dissincronia intraventricolare

Strain Minor ritardo tra il più precoce e il più tardivo picco di strain

Eco 3D Minor systolic dyssynchrony index

ECG QRS più stretto

Algoritmi device Secondo algoritmo

AV = atrio-ventricolare; VV = interventricolare; IVMD = ritardo meccanico interventricolare; VTI = integrale velocità-tempo al doppler pulsato; MPI = indice di performance miocardica; TDI = Tissue Doppler.

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intraventricolare sinistra si misura con il TDI e le tecniche che derivano da esso misurando la differenza di tempo tra le velocità di picco sisto-lico dei diversi segmenti ventricolari. Esistono poi due nuove tecniche ecocardiografiche come lo “speckle-tracking” e la ricostruzione 3D, a nostro avviso estremamente promettenti, che però non sono ancora state considerate per l’ottimizzazione dell’intervallo VV.20-22 Per la misurazione dell’intervallo VV ottimale esistono anche metodiche non ecocardiografiche come una semplice valutazione elettrocardiografica, ma anche complesse misure invasive del dp/dt del ventricolo sinistro o algoritmi non sempre chiari e automatici proposti dalle principali ditte produttrici di dispositivi.23,24 L’ottimizzazione dell’intervallo VV mediante ECG, a nostro avviso, è una metodica semplice, rapida ed eseguibile in qualsiasi centro. In un lavoro pubblicato dal nostro istituto infatti abbiamo dimostrato come il VV ottimale alla valutazione ecocardiografica è quello dove all’ECG di superficie vi è un intervallo QRS più breve. L’interesse pratico del nostro studio risiede nella possibilità di utilizzare un approccio combinato per l’ottimizzazione dell’intervallo VV: con la registrazione ECG di 5 intervalli VV in passi di 40 ms, come nella nostra osservazione, l’intervallo QRS con la massima riduzione potrebbe essere identificati e scansio-nato accuratamente (10 ms di precisione) fino a trovare l’intervallo VV ottimale per il paziente. Tale approccio potrebbe ridurre notevolmente il tempo necessario per le ottimizzazioni dei dispositivi CRT. L’obiettivo principale del nostro studio non era trovare un metodo alternativo all’ecocardiografia, ma cercare un approccio più rapido per l’ottimizzazione della CRT: dopo la registrazione ECG il medico potrebbe effettuare l’ottimizzazione VV mediante eco testando non più di 2-3 intervalli VV.25

Anche per quanto concerne l’intervallo VV diversi studi monocentrici hanno evidenziato un miglioramento clinico dopo ottimizzazione di tale parametro. Esistono tre trial multicentrici (InSync III, RHYTHM II ICD e Decrease-HF) che hanno valutato gli effetti dell’ottimizzazione dell’intervallo VV.

doppler continuo del rigurgito mitralico sono metodi di ottimizzazione dell’intervallo AV.7

Diversi studi monocentrici hanno evidenziato come l’ottimizzazione dell’intervallo AV porti a un miglioramento dell’emodinamica in pazienti con CRT ma esiste solo un trial randomizzato in cieco fatto da Sawhney e collaboratori che ha esaminato l’impatto clinico dimostrando che vi era un miglioramento significativo della NYHA nei pazienti che avevano ottimizzato l’AV.15

L’ottimizzazione dell’intervallo VVL’intervallo VV rappresenta invece il ritardo di attivazione interventricolare. Nel soggetto nor-male è ormai assodato che non c’è un’attivazione perfettamente simulatanea dei ventricoli. Nel paziente con dilatazione ventricolare sinistra e blocco di branca sinistra all’ECG di superficie questa dissincronia è maggiore con un prolunga-mento del periodo di pre-eiezione del ventricolo sinistro a scapito dell’eiezione.16 La terapia di resincronizzazione cardiaca mira a ridurre tale ritardo attraverso l’ottimale sincronia di contra-zione ventricolare. La posizione del catetere in parete laterale/postero laterale del ventricolo sinistro (che in questi pazienti è l’ultima parete ad attivarsi) gioca un ruolo chiave sia nelle risposta sia nella capacità di resincronizzazione dell’intervallo VV.3,17 La possibilità di ottimizzare via software l’intervallo VV è abbastanza recente e i metodi più comuni utilizzati per ottimizzare tale parametro sono basati sulla valutazione dei surrogati di gittata sistolica o di gittata cardiaca come l’integrale velocità tempo all’efflusso aortico o sulla valutazione della dissincronia meccanica. La valutazione del VTI è del tutto simile a quanto viene fatto per l’intervallo AV. La dissincronia tra ventricolo destro e sinistro può essere valutata anche dalla differenza tra il periodo di pre-eiezione polmonare e aortico misurati con il doppler rispettivamente sull’ef-flusso destro e sinistro.18,19

Per quanto invece concerne la dissincronia

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L’ottimizzazione degli intervalli AV e VV nei pazienti con device biventricolare: revisione della letteratura e contributo sperimentale

mizzati prima della dimissione, quindi sarebbe auspicabile una rivalutazione ecocardiografica a 3-6 mesi. Infatti, da uno studio condotto da Valzania e collaboratori si evince che i parametri AV e VV varino nel tempo in considerazione del processo di rimodellamento ventricolare inverso. Infine, altre due domande a oggi non hanno ancora ricevuto risposta.9 Quale intervallo è giusto ottimizzare per primo? Nella pratica clinica solitamente si ottimizza prima l’AV ma senza una reale spiegazione, probabilmente invece sarebbe necessaria una metodica che permetta una simultanea e coordinata ottimizzazione di tali parametri. In ultimo, in che condizioni è giusto ottimizzare un paziente? È noto che la meccanica cardiaca varia a riposo rispetto a sotto sforzo e come tale anche i parametri dissincro-nia di contrazione atrio-ventricolare e inter/intraventricolare.28 Quindi potrebbe avere un ruolo cruciale anche l’ottimizzazione da sforzo e la possibilità di avere AV e VV dinamici da attivare via software.

Contributo sperimentaleMateriali e metodiAbbiamo confrontato tre metodiche ecocardio-grafiche per la valutazione dell’intervallo VV ottimale (VTI, Strain circonferenziale e velocità). 30 pazienti con indicazione all’impianto di device biventricolare secondo le attuali Linee Guida AHA sono stati impiantati con defibrillatori biventricolari delle maggiori ditte di elettrosti-molazione (Medtronic, Boston, St. Jude Medical). Ogni paziente prima della dimissione ha effet-tuato l’ottimizzazione dell’intervallo AV e VV mediante tecnica ecocardiografica. Il protocollo di studio è stato approvato dal comitato etico locale e ogni paziente ha firmato il consenso informato prima di essere arruolato. Il criterio di inclusione dello studio era semplicemente il riuscito impianto di un dispositivo biventricolare con programmabilità degli intervalli AV e VV nei 2 giorni prima dell’arruolamento. Non vi erano criteri di esclusioni. L’ecocardiografo utilizzato

Lo studio InSync mostrava come l’ottimizzazione del VV rispetto alla sola terapia medica miglio-rava lo stato funzionale (test del cammino dei 6 minuti) ma non la NYHA e la qualità della vita e che spesso nella programmazione definitiva ottimale vi era un’anticipazione del ventricolo sinistro rispetto al ventricolo destro.14

Nello studio RHYTHM II ICD 121 pazienti con CRT sono stati inclusi e assegnati in modo casuale in un rapporto 1:3 a ricevere la stimo-lazione biventricolare simultanea o sequenziale ottimizzata. Dopo ottimizzazione dell’intervallo AV, l’intervallo VV ottimale è stato fissato in base alla massima gittata sistolica derivata da LVOT VTI. Gli autori hanno valutato il miglioramento in end-point clinici, come la classe NYHA e il test dei 6 minuti, dopo 3 e 6 mesi di follow-up. Simile allo studio InSync III, nessun ulteriore beneficio clinico è stato dimostrato dalla CRT ottimizzata sequenziale per la stimolazione biventricolare simultanea.26 Lo studio DECREASE-HF, a differenza degli altri due studi, confrontava oltre che pazienti con CRT con programmazione simultanea e ottimizzata anche pazienti con sola stimolazione ventricolare sinistra. Tutte e tre le modalità di stimolazione portavano a un miglioramento della funzione ventricolare sinistra ma in minor misura nella stimolazione ventricolare sinistra isolata. Per quanto concerne la valutazione dell’intervallo VV, nessuna differenza significativa è stata riportata in termini di rimodellamento inverso tra la stimolazione biventricolare simultanea e quella ottimizzata sequenziale.27

Considerazioni conclusive e questioni aperteAlla luce di queste evidenze riteniamo che il ruolo dell’ottimizzazione degli intervalli AV e VV sia ancora dubbio e da destinarsi soprattutto a quei pazienti definiti come non responder come ulteriore tentativo per migliorarne la risposta. In uno scenario ideale tutti i pazienti che ricevono un device biventricolare dovrebbero essere otti-

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al VV (che veniva mantenuto simultaneo). Al doppler pulsato transmitralico l’AV ottimale era quello dove c’era un intervallo EA e un tempo di diastole più lungo senza però che l’onda A fosse troncata dal click di chiusura della valvola mitrale. Una volta ottimizzato l’intervallo AV si procedeva all’ottimizzazione del VV. L’intervallo VV era ottimizzato con tre metodiche: l’integrale velocità-tempo, i picchi di velocità e lo strain dei segmenti ventricolari. Ogni metodica era valutata in 7 differenti configurazioni: ventricolo destro e sinistro simultanei, il ventricolo sinistro anticipato e posticipato di 20, 40 e 60 ms rispetto al destro. Con il metodo VTI il VV ottimale era espresso dal VTI maggiore all’efflusso aortico; osservando le velocità, il VV ottimale era quello che minimizzava il massimo ritardo tra i picchi di velocità dei segmenti setto interventricolare-parete laterale in proiezione apicale 4 camere. Tale ritardo era calcolato automaticamente dal software dell’ecocardiografo. Infine con lo strain circonferenziale (ottenuto in parasternale asse corto a livello dei muscoli papillari) il VV ottimale era quello dove era ridotto al minimo il ritardo tra i picchi di strain dei segmenti cardiaci. Nello studio è stato utilizzato lo strain circonferenziale e non quello longitudinale e radiale perché maggiormente riproducibile e considerato più sensibile nella identificazione della dissincro-nia.29,30 I metodi utilizzati per l’ottimizzazione dell’intervallo VV sono riportati in Figura 1.

RisultatiInnanzitutto, è stata testata la riproducibilità dei 2 operatori nell’effettuare le misure ecocar-diografiche. Per il VTI la variabilità intra e inter osservatore era, rispettivamente, 4,1% e 6,3%, per le velocità 2,6% e 3,8%, e infine per lo strain 2,2% e 4,2%.Le caratteristiche della popolazione sono riportate nella Tabella 2.Successivamente all’impianto del device biven-tricolare si poteva subito osservare un aumento significativo della frazione d’eiezione, una ridu-zione del volume tele sistolico del ventricolo sinistro e un miglioramento del VTI, dello strain

era un MyLab 30CV, ESAOTE. Il protocollo di studio prevedeva un ecocardiogramma standard con valutazione dell’ottimizzazione dell’inter-vallo AV e VV e lo speckle-tracking (XStrain, Esaote spa, Firenze, Italia). All’ecocardiogramma standard venivano misurati volumi ventricolari sinistri e frazione d’eiezione, si valutava con il doppler pulsato transmitralico il riempimento ventricolare e a livello dell’efflusso ventricolare sinistro l’integrale velocità-tempo. Il metodo XStrain TM SW fornisce misure angolo-indipendenti di Velocity 2D, Strain e Strain Rate. I metodi di monitoraggio sono basati sullo speckle-tracking. Più specificamente XStrain si basa su un sistema di tracking con un algoritmo che ha il fine di migliorare i confini, combinando lo speckle-tracking della base con altre informazioni come per esempio il movi-mento dell’anello mitralico, la periodicità del ciclo cardiaco e il fatto che i confini cardiaci debbano mantenere la propria “totale coerenza spaziale” nel tempo. Tutte le informazioni sono elaborate con l’ausilio di tecniche di Fourier, che garantisce una precisione superiore, utilizzando la periodicità del moto del cuore.Il software chiede all’operatore di identificare la posizione iniziale di confine, individuando una sequenza di punti su una struttura arbitraria unica del ciclo acquisito. Poi il confine è automatica-mente seguito fotogramma per fotogramma, con la ricerca per ogni singolo punto della massima verosimiglianza nel modello in scala di grigi sul proprio “speckle” nel frame successivo.Una volta che il confine è monitorato, la velo-cità è stimata come il rapporto spostamento/intervallo di tempo tra i frame. Strain e Strain Rate sono ottenuti confrontando gli spostamenti delle macchie in relazione gli uni agli altri lungo il contorno endocardico o tra due contorni dif-ferenti epi- ed endocardio.Per quanto concerne l’ottimizzazione dell’inter-vallo AV è stata eseguita osservando il riempi-mento ventricolare sinistro all’ecocardiogramma. Il ritardo AV veniva valutato con step di 10 ms da un minimo di 60 a un massimo di 200 ms. Si valutava prima l’intervallo AV rispetto

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VV (p < 0,001); la dissincronia misurata con la velocità longitudinale e lo strain circonferenziale era significativamente ridotta da 190 ±91 ms a 67 ± 49 ms (p < 0,001) e da 147 ± 90 a 58 ± 34 ms (p < 0,001) rispettivamente dopo ottimizzazione dell’intervallo VV. È stata inoltre trovata una

circonferenziale e delle velocità. Inoltre si poteva osservare un miglioramento significativamente maggiore di questi parametri con l’ottimizzazione dell’intervallo VV. Nello specifico si osservava un aumento del VTI da 13,8 ± 4,9 cm al basale a 17,6 ± 5,5 cm dopo ottimizzazione dell’intervallo

Figura 1

Metodiche di confronto dell’intervallo inter/intraventricolare.

I metodo: VTI aorticoMisurazione manuale del VTI aortico registrato al Doppler pulsato sul tratto di efflusso del ventricolo sinistro.

II metodo: velocitàCalcolo automatico della massima differenza tra i tempi al picco delle velocità tissutali di diversi segmenti del ventricolo sinistro.

III metodo: strain circonferenzialeCalcolo automatico della massima differenza tra i tempi al picco delle curve di strain di diversi segmenti del ventricolo sinistro in parasternale asse corto.

TABELLA 2.Popolazione dello studio.

Basale 6 mesi follow-up p

Numero pz 30 - -

Età (aa) 65 ± 10 - -

M/F 23/7 - -

NYHA 3 ± 0,3 - -

CAD/CMPD 12/18 - -

Vol TD Vsn (ml) 203 ± 77 196 ± 73 0,10

Vol TS Vsn (ml) 146 ± 66 134 ± 57 0,001

FE Vsn (%) 28 ± 9 32 ± 9 < 0,001

VTI (cm) 13,8 ± 4,9 17,6 ± 5,5 < 0,001

Ritardo parete laterale-setto (ms) 190 ± 91 67 ± 49 < 0,001

Strain circonferenziale (ms) 147 ± 90 58 ± 34 <0,001

Vol TD Vsn = volume tele diastolico ventricolo sinistro; Vol TS Vsn = volume tele sistolico ventricolo sinistro; FE Vsn = frazione d’eiezione ventricolo sinistro; VTI = integrale velocità-tempo al tratto di efflusso ventricolare sinistro.

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che, in presenza di una buona immagine eco-cardiografica, la riproducibilità osservata per queste due metodiche è buona.

ConclusioniL’ottimizzazione dell’intervallo VV ha dimostrato determinare un maggior beneficio dopo impianto di CRT. Inoltre, c’è una buona correlazione tra le metodiche utilizzate per ottimizzare l’intervallo VV; metodiche che analizzano non solo la fun-zione sistolica del ventricolo sinistro ma anche la dissincronia.

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concordanza tra i valori di VV ottimali ottenuti mediante ottimizzazione con VTI e le velocità (k = 0,68), tra VTI e strain (k = 0,63) e tra strain e velocità (k = 0,71). Il valore medio del VV ottimale ottenuto con le tre metodiche era il ventricolo sinistro anticipato di 20 ms rispetto al destro. I risultati dello studio sono riassunti nella Figura 2.

DiscussioneQuesto lavoro evidenzia l’importanza di effettuare l’ottimizzazione del VV nei pazienti portatori di CRT e confrontando tre metodi differenti ne ha sottolineato la concordanza nei risultati. Attualmente, mentre per l’ottimizzazione dell’in-tervallo AV c’è una sostanziale concordanza nel definirne l’importanza, perché ha un ruolo fondamentale nel riempimento ventricolare sinistro, per l’intervallo VV non vi sono ancora certezze. 8,14,26,27 Inoltre, non è ancora noto quale sia il metodo migliore per l’ottimizzazione del VV e quindi sono utilizzate diverse tecniche ecocardiografiche e non.20,23 In accordo con studi multicentrici precedenti si è visto che la maggior parte dei pazienti beneficia di una stimolazione simultanea dei ventricoli o di un’anticipazione del ventricolo sinistro rispetto al destro.14. Nel nostro studio si conferma il contributo in termini di incremento della gittata sistolica dopo impianto di un dispositivo bi ventricolare, ma si sottolinea anche il maggiore aumento dopo ottimizzazione dell’intervallo VV. Quindi, l’ottimizzazione dell’intervallo VV potrebbe portare a un’ulteriore riduzione dei non responder. Abbiamo inoltre dimostrato una buona concordanza tra i metodi testati. Questi tre metodi indagano differenti caratteristiche funzionali del ventricolo sinistro: la funzione sistolica con il VTI, la dissincronia del ventricolo sinistro con le velocità longitudinali e la deformazione circonferenziale con lo strain. Quindi il VV ottimale non era solo quello che aumentava lo stroke volume, ma anche quello che riduceva la dissincronia longitudinale e lo strain circonferenziale. Al contratrio del TDI, usato in precedenza, lo strain e le velocity sono “angle independent”. Questa caratteristica fa sì

Vdx + 40 ms –

Vdx + 20 ms –

Simultaneo –

Vsx + 20 ms –

Vsx + 40 ms –

Vsx + 60 ms –

Vsx solo –Metodo

VTIMetodovelocità

MetodoStrein

p = 0,63

p = 0,68 p = 0,71

Figura 2

Box plot di confronto tra i tre diversi metodi testati per la valutazione del’intervallo VV. Vdx = ventricolo destro; Vsx = ventricolo sinistro.

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INDIRIZZO PER LA CORRISPONDENZA

Matteo ZiacchiIstituto di CardiologiaUniversità di BolognaPoliclinico S. Orsola-MalpighiVia Massarenti, 940138 BolognaTel.: +39051349858Fax: +39051344859E-mail: [email protected]

magnetic resonance imaging. Am J Cardiol 2006; 97:1661-1666.

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Articolo originale Giuseppe M. Calvagna

Divisione di Cardiologia, Ospedale San Vincenzo di Taormina, ASP 5, Messina

giac • Volume 13 • Numero 3 • settembre-dicembre 2010

Recall,malfunzionamenti e

infezioni in portatori di PM/ICD.

Possono condizionare le scelte clinico-interventistiche e la qualità della vita?

Testo

PAROLE CHIAVE: complicanze PM/ICD, recall ICD, estrazione elettroateteri da PM/ICD.

Abstract?

#MANCA ABSTRACT IN ITALIANO E INGLESE#

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di conseguenza potrebbe avere un ruolo attivo nella genesi stessa delle aritmie, tanto da prendere seriamente in considerazione in questi pazienti un trattamento psicologico specifico.4

Carroll e collaboratori mette in risalto come l’ero-gazione di shock elettrici in portatori di ICD, sia appropriati sia in particolar modo inappropriati, tende a generare nei pazienti un forte stato di ansia legato alla preoccupazione per la propria vita che spesso può degenerare in vere e proprie crisi depressive.3-6 Maryniak e collaboratori in uno studio clinico su 16 pazienti di età compresa da 24 a 74 anni portatori di ICD che hanno subito l’erogazione di shock multipli evidenzia la presenza di ansia grave in 7 pazienti, e stato depressivo significa-tivo in 4 pazienti.13 Altri studi clinici confermano una riduzione della qualità della vita in pazienti che subiscono erogazione di shock elettrici inappropriati e nello stesso gruppo si evidenzia una significativa differenza in base al numero di shock erogati.6,12

Pedersen e collaboratori, in un interessantissimo lavoro (International Journal of Cardiology 2009 #inserire in bibliografia#), fa notare come più del 50% dei pazienti portatori di ICD con ansia significativa al momento dell’impianto rimane tale a distanza di 12 mesi, indicando così un alto livello di cronicità della malattia. Il diabete, lo scompenso cardiaco e la personalità di tipo D vengono considerati fattori indipendenti nel determinare ansietà cronica. I pazienti ansiosi con ICD all’impianto possono essere monitorati e trattati con interventi psicologici aggiuntivi se i sintomi non ritornano spontaneamente in tempo utile.Anche l’età e il sesso dei pazienti hanno una sua importanza nella tolleranza a breve e lungo termine al dispositivo impiantabile. Sue Ann Thomas e collaboratori hanno eviden-ziato, in pazienti portatori di ICD in giovane età, una maggiore incidenza di stress, ansietà grave con ridotta qualità della vita rispetto a un uguale gruppo di pazienti in età adulta.3 Lo stesso autore evidenziava, in pazienti con scompenso cardiaco portatori di ICD in prevenzione primaria, stato di

IntroduzioneL’impianto di pacemaker (PM) o ICD deve essere considerata una delle maggiori innovazioni del XX secolo per il trattamento di tutte le patologie del ritmo cardiaco, sia di tipo ipocinetico sia di tipo ipercinetico, e nella prevenzione primaria e secondaria della morte improvvisa e dello scompenso cardiaco.1,2

Proporzionalmente al numero di dispositivi, sono stati immessi nel mercato un numero con-siderevole di elettrocateteri; diversi per modello, materiali, funzione, fissazione nell’endocardio (barbe o vite), tipo di stimolazione, collegati prossimalmente alla cassa mediante spinotto e distalmente all’endocardio atriale o ventricolare.1,2

Tali dispositivi hanno l’importante ruolo di ridurre i rischi di morte improvvisa, ridurre i tempi di ospedalizzazione e la spesa sanitaria, avendo come obiettivo primario il miglioramento della qualità della vita dei pazienti.Numerosi studi clinici evidenziano come i dispo-sitivi cardiaci impiantabili, PM e/o ICD, pur essendo considerati “corpi estranei”, sono nella maggior parte dei casi ben tollerati e accettati dai pazienti, in quanto considerati dei dispositivi utili e migliorativi dello stato di salute e spesso salvavita.Eppure, un altrettanto significativo numero di studi clinici ha evidenziato nel paziente porta-tore del dispositivo la presenza di vari livelli di stress psicologico.3,4

Thomas e collaboratori evidenziano una ridotta qualità della vita in pazienti portatori di ICD. Gli stessi autori osservano che una buona assistenza medico-infermieristica riduce il livello di stress psicologico, migliora la qualità della vita e dello stato morboso contribuendo a una riduzione a lungo tempo della mortalità in questi pazienti.3,6

Van Den Broek e collaboratori evidenziano, in portatori di ICD, una percentuale variabile dal 13% al 38% di sintomi specifici quali ansia e depressione. In questi stessi pazienti la segna-lazione di eventuali malfunzionamenti da parte della azienda costruttrice mediante avviso di sicurezza (recall) incrementa i livelli di ansia e

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da sepsi locali o generali con o senza decubito della tasca, sono attualmente considerate le più comuni e rappresentate (70% circa) e la cui pericolosità, per l’imprevedibile e talora repentina evoluzione, ne fa un vero e proprio spauracchio per tutti gli operatori del settore. La degenerazione in endocardite infettiva, considerata a ragione da tutti gli autori la più grave delle complicanze infettive, presenta una mortalità elevatissima > 50%.1,11,14

2. I malfunzionamenti primari e secondari degli elettrocateteri da stimolazione cardiaca permanente, PM e ICD, sono notevolmente aumentati in questi ultimi anni.2,14 Pur essendo quantitativamente meno numerosi delle com-plicanze infettive, possono essere altrettanto pericolosi ponendo a grave rischio lo stato di salute del paziente.2 Studi clinici evidenziano un’ampia varietà di complicanze non infettive che vanno dalla dislocazione intracardiaca dell’estremità distale alla frattura parziale o completa dell’elettrocatetere con l’abbandono dei capi liberi nel lume vasale, dall’ostruzione completa del lume vasale interessato con gravi ripercussioni locali e generali alla rottura e alla perdita intravascolare di una parte o di tutto l’elettrocatetere o di porzioni intravascolari di introduttori venosi centrali, dalla presenza di microinfiltrazioni alle infiltrazioni complete di materiale ematico o ematopurulento.2

La maggior parte degli studi è concorde nel rite-nere che i pazienti portatori di PM o ICD hanno una buona tolleranza al dispositivo, consideran-dolo a ragione migliorativo del proprio stato di salute. Soltanto una modesta percentuale di essi considera questo una limitazione o una riduzione della qualità della propria vita. La presenza di eventuali complicanze altera notevolmente tale equilibrio.6,8-10

Tutti gli autori definiscono di fondamentale impor-tanza il ruolo del medico e il relativo rapporto sanitario-paziente per i seguenti aspetti: l’infor-mazione, la partecipazione, l’organizzazione e l’atteggiamento. (PUNTO???, ndg)1. l’informazione: rendere il paziente edotto delle

stress significativo a lungo tempo. In tale popo-lazione è stato notato il notevole miglioramento dello stato di ansia e depressione dopo specifica e qualificata assistenza medico-infermieristica.6

Spindler e collaboratori ha evidenziato maggiore incidenza di stato ansioso in pazienti di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile dopo erogazione di shock da parte dell’ICD.7

Birnie e collaboratori in uno studio eseguito su 122 pazienti portatori di ICD, tipo Medtronic Marquis, tutti PM dipendenti, avvertiti della possibilità di dover rimuovere il dispositivo per una possibile scarica precoce della batteria, ha riscontrato un solo un caso con segni significativi di stato ansioso.8 Tutti i pazienti erano stati ben informati dal personale medico-infermieristico sui problemi del dispositivo e sull’iter da seguire.Undavia e collaboratori9, in uno studio compa-rativo tra paziente portatori di ICD che hanno ricevuto avviso di possibile malfunzionamento del dispositivo rispetto a un gruppo che non ha ricevuto nessun avviso, non ha evidenziato differenze significative in termini di casi di ansia e depressione. Tutti i pazienti che avevano rice-vuto l’avviso di malfunzionamento (recall) erano stati ben informati dell’iter da seguire attraverso una buona informazione medico-infermieristica.Gli aspetti psicologici di questi pazienti e/o le problematiche, quando presenti, vengono notevolmente ampliati in presenza di eventuali e possibili complicanze a cui tutti i dispositivi possono andare incontro nel tempo.La presenza di complicanze dei dispositivi car-diologici impiantabili rappresenta attualmente un grave problema per i suoi risvolti psicologici e sociali, per il paziente e i familiari, ed economici, per il Servizio Sanitario Nazionale.Tutti i dispositivi cardiaci impiantabili, PM e/o ICD, possono nel tempo presentare delle complicanze da malfunzionamento, infettive o ostruttive.1,2,7

Diversi autori ritengono che lo 0,5-5% circa degli impianti di pacemaker può presentare a distanza di tempo problemi di tipo infettivo o da malfunzionamento.1,2

1. Le complicanze di tipo infettivo, caratterizzate

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di attesa e portare a una più rapida risoluzione del problema, riducendo così sia lo stress dei pazienti sia la spesa sanitaria regionale.Nell’iter del trattamento di tutti i pazienti affetti da complicanze del dispositivo impiantabile, la componente psicologica non viene mai trascurata ma considerata fondamentale alla stregua di tutti gli altri trattamenti clinico-interventistici.Per i problemi psicologici, infettivi locali e per i danni estetici secondari a tali processi, specialmente nei pazienti giovani e/o di sesso femminile, ci si è avvalsi della collaborazione di medici specialisti in Psicologia e Dermatologia.11

Gli aspetti psicologici vengono trattati con molta attenzione dal momento della diagnosi clinica della malattia, e/o all’impianto dello stimo-latore cardiaco, al trattamento delle possibili complicanze.Il prendere coscienza, da parte del paziente, della possibile complicanza in corso, insieme alla consapevolezza della gravità della patologia, determina spesso un considerevole aumento dello stato di ansia e una proporzionale riduzione della qualità della vita.

ConclusioniI pazienti portatori di PM e/o ICD presentano spesso vari livelli di stress legati alla presenza dei dispositivi, talora considerati limitanti delle normali attività giornaliere e della normale vita di relazione.Circa un quarto dei portatori di dispositivi impiantabili riferiscono vari livelli di depres-sione e ansia al momento dell’impianto sino al primo anno, con riduzione di tali livelli negli anni successivi.15,16

L’erogazione degli shock a fine terapeutico viene ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti, diversamente dagli shock inappropriati che determinano spesso incremento dello stato di ansia con riduzione della qualità della vita.Se la presenza dei dispostivi cardiologici impian-tabili viene mal tollerata psicologicamente soltanto da una modesta percentuale di pazienti, lo stesso

motivazioni d’impianto, delle caratteristiche tecniche del dispositivo impiantato, delle sue funzioni, degli aspetti benefici e delle possi-bili complicanze a cui il dispositivo potrebbe andare incontro, non ultima la possibilità di poter ricevere l’erogazione di shock elettrici terapeutici.12

2. la partecipazione: il medico deve essere pre-sente e seguire il paziente, in modo costante, nel suo decorso clinico mediante controlli e follow-up programmati, divenendo un punto di riferimento nel quale il paziente deve sempre poter contare per consigli clinici, psicologici e in tutte le altre possibili circostanze (recall, malfunzionamenti ecc.).

3. l’organizzazione: consigliare il paziente sui trattamenti medico-chirurgici da eseguire per le possibili complicanze; indirizzare il paziente, quando serve, presso i centri specializzati nel trattamento di tali patologie, nel rispetto delle indicazioni delle linee guida nazionali.1,2,11,14

4. l’atteggiamento: tranquillizzare e informare il paziente riguardo all’esito dei trattamenti e dei relativi percorsi da seguire.

Materiali e metodiPresso la nostra divisione di Cardiologia, da circa nove anni, vengono trattate le complicanze degli stimolatori cardiaci permanenti, dal trattamento medicochirurgico all’intervento di rimozione transvenosa mediante tecnica manuale; questo ha fatto sì che la nostra divisione sia diventata un punto di riferimento regionale per tali pato-logie.1,2,11

Sono stati trattati a tutt’oggi circa cinquecento pazienti affetti da complicanze varie: malfunzio-namenti, sepsi locali e/o generali, endocarditi infettive, sindromi venose ostruttive gravi e recupero intravascolare percutaneo di corpi estranei.1,2,11

La presenza in loco di un Centro specializzato nel trattamento delle complicanze dei dispositivi impiantabili ha ridotto notevolmente i viaggi fuori regione, ciò ha permesso di ridurre i tempi

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non avviene in presenza di complicanze di tipo settico, ostruttivo o da malfunzionamento.Il trattamento delle complicanze dei disposi-tivi impiantabili deve essere il più tempestivo possibile, mediante l’utilizzo di presidi medico chirurgici specifici, dal trattamento antibiotico locale o generale all’intervento di rimozione transvenosa dell’intero sistema o di parte di esso.1,2,7,11

L’intervento di rimozione transvenosa dei dispo-sitivi impiantabili, pur essendo molto cruento e non esente da possibili gravi complicanze talora anche mortali, risulta spesso essere l’unico pre-sidio attualmente risolutivo.Tutte queste condizioni cliniche, talora estreme, determinano nel paziente grave instabilità psi-cologica con crisi ansioso-depressive talora di non facile risoluzione.Bisogna considerare che spesso il paziente giunge presso il nostro Centro dopo lunghi ed estenuanti trattamenti medico chirurgici, talora non risolutivi ma che generano forti dubbi sulla possibile guarigione in tempi brevi.Le lunghe terapie palliative mediche o chirurgiche con trattamenti antibiotici aspecifici e non mirati hanno il solo scopo di allungare sensibilmente il periodo di malattia accentuando lo stato di sofferenza del paziente con un conseguente forte impatto sulla vita sociale e di relazione.Il trattamento in tempi brevi presso Centri spe-cializzati con esperienza diretta del problema accorcia sensibilmente i tempi di guarigione evitando inutili attese e il prolungamento della patologia clinica con le inevitabili ripercussioni psicologiche.Una volta rimosso il problema radicalmente, intervenendo sulla complicanza specifica infettiva o da malfunzionamento, si assiste alla riduzione o alla totale scomparsa della sintomatologia psicologica con un netto miglioramento della qualità della vita.Il delicato ruolo dell’operatore e di tutto il per-sonale medico-infermieristico risulta essere di fondamentale importanza in queste fasi, dando a ognuna di esse la giusta importanza e tenendo in considerazione la persona nella sua completezza fisica e psicologica.

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INDIRIZZO PER LA CORRISPONDENZA

Giuseppe M. CalvagnaTel.: +390942579214, +390942620006Cell.: +393474800260E-mail: [email protected]

discharges. Int J Cardiol 2009;132(2):e80-81. 15. Bongiorni MG, Di Cori A, Soldati E, et al.: Il rischio

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Caso clinicoGianluca Manzo, Nicola Capuano

UO Cardiologia UTIC DEA III livello, Nocera Inferiore (SA)

SINCOPE in giovane donna:

esordio improvviso della sindrome

da QT lungo

IntroduzioneLa sindrome del QT lungo è una sindrome caratterizzata da anomalie elettrocardiografiche (allungamento del QTc > 450 msec) evidenziabili tramite analisi di ECG di superficie e da sintomi quali sincopi e non raramente morte improvvisa.L’ECG di superficie rappresenta il gold standard per la diagnosi di questa patologia maligna, ma proprio per tale motivo è difficilmente diagnosti-cabile in maniera preventiva nella popolazione giovane, che difficilmente esegue controlli medici che prescrivano un elettrocardiogramma. Il caso di seguito esposto è un classico esempio di come tale patologia sia misconosciuta fino all’esordio clinico che a volte presenta risvolti drammatici.

Caso clinicoLa signora MM di anni 35 giungeva alla nostra osservazione per sincope sopraggiunta a riposo mentre attendeva in macchina il marito. Tramite 118 la paziente veniva trasferita presso nostro presidio; il tracciato del Pronto Soccorso eviden-ziava bradicardia sinusale disturbata da battiti ectopici ventricolari isolati (BEVS). Ricoverata presso nostra UTIC, l’anamnesi non eviden-ziava nulla di patologico, assenza di terapia domiciliare; l’ECG di ingresso evidenziava ritmo sinusale disturbato da numerosi runs di tachicardie ventricolari non sostenute (Fig. 1), su QT lungo, resistenti a terapia eseguita da

RIASSUNTOLa sindrome del QT lungo è trasmessa gene-ticamente ed è caratterizzata da allunga-mento del QTc > 450 msec e sincope o morte improvvisa. Per tale motivo è fondamentale raggiungere una diagnosi precoce, ma spesso sfortunatamente il primo sintomo è la morte improvvisa. Descriviamo un caso in cui una sincope in giovane donna ci ha permesso successivamente di fare diagnosi di sindrome di QT lungo.Parole chiave: QT lungo, sincope, morte improvvisa.

SUMMARYSyncope in young female: first symptom in QT long SyndromeLong QT syndrome is a genetic syndrome characterized by long QTc intervall (> 450 msec) and syncope or sudden death. For this reason early diagnosis is very important but unfortunately, the sudden death is often the first symptom.We report a case in which a syncope in young female allowed us to define a QT long syndrome Key words: QT long syndrome, syncope, sudden death.

Figura 1

ECG ingresso con tv ns resistenti a terapia.

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Figura 2

ECG post-impianto pm temporaneo (assenza di aritmie).

Figura 3

ECG in assenza di aritmie con QT lungo 0,64 QTc 584 msec (tipo IV).

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Sincope in giovane donna: esordio improvviso della sindrome da QT lungo

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l’anamnesi e gli esami strumentali si decideva quindi di sottoporre la signora a impianto di defibrillatore bicamerale (St. Jude’s Medical EPIC DR). Successivamente la signora veniva dimessa aggiungendo terapia beta-bloccante (atenololo 100 mg die) e mantenendo la sti-molazione ventricolare a 80 battiti per minuto, dopo aver eseguito valutazione genetica (al momento della stesura dell’articolo siamo in attesa dei risultati dei prelievi ematochimici effettuati per evidenziare quale sia il genotipo della paziente) Follow-up, al momento della stesura di 3 mesi, negativo per lipotimie e/o interventi defibrillatore

DiscussioneLa sindrome del QT lungo (LQTS) è una sin-drome trasmessa geneticamente con incidenza

cardiologo di turno (xylocaina e beta-blocco); solo grazie a impianto pacemaker temporaneo e successiva stimolazione VVI in overdrive, venivano interrotte le aritmie (Fig. 2). L’esame obiettivo era nei limiti, così come l’esame eco-cardiografico che non evidenziava anomalie della cinesi né della morfologia. Non presenti disionie agli ematochimici eseguiti all’ingresso.Gli ECG seriati eseguiti durante la degenza evidenziavano ritmo sinusale con allungamento del QT (Qt 0,64”/QTc 584 msec) (Fig. 3) con morfologia della t ampia con porzione terminale non ben definita (complesso T-U) come IV tipo ecgrafico descritto in letteratura.1 Singolare era il monitoraggio holter continuo cui fu sottoposta la paziente, che evidenziava durante il sonno aumento ulteriore rispetto alla veglia del tratto QT (QT 0,72”/QTc 657 msec) (Fig. 4) con pre-senza di runs di tachicardie ventricolari non sostenute. La paziente praticava successivamente esame coronarografico risultato nei limiti. Vista

Figura 4

ECG durante sonno con allungamento ulteriore del QT (0,72/QTc 657 msec) e nuove tvns.

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Figure 5-7

ECG familiari.

5

6

7

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6. Goldenberg I, Moss AJ, Bradley J, et al.: Long QT syndrome after age 40. Circulation 2008;117:2192-2201.

INDIRIZZO PER LA CORRISPONDENZA

Gianluca ManzoVia de filippis 107/a84013 Cava de Tirreni (SA)Tel.: +39089345550E-mail: [email protected]

1:5000-1:10000 tra le malattie geneticamente determinate, il cui fenotipo è un allungamento patologico del QTc (> 450 msec nell’uomo e >460 msec nelle donne) che può innescare un’aritmia ventricolare a tipo torsione di punta che deter-mina sincopi e in età infantile/giovanile anche morte improvvisa. A tutt’oggi si è arrivati alla determinazione di 7 geni responsabili.2-4

Sono descritti in letteratura 6 tipi ECGrafici diversi in base alla morfologia dell’ondaT e sono riconosciute, in base a tipo di insorgenza dell’aritmia, tre forme di LQTS:1. LQTS1 aritmia insorta dopo sforzo;2. LQTS2 aritmia insorta dopo stress emotivo;3. LQTS3 aritmia insorta durante sonno o a

riposo (il caso della nostra paziente).

ConclusioniA tutt’oggi l’associazione beta-blocco + defibril-latore è la più efficace nel ridurre il rischio di morte improvvisa in soggetti affetti da LQTS.3-6

La signora MM è probabilmente una paziente affetta da LQTS tipo 3 esordita con sincope che al momento della stesura dell’articolo (3 mesi da evento acuto) sta ben rispondendo all’as-sociazione beta-blocco e stimolazione fissa del pacemaker defibrillatore a 80 bpm con riduzione del QT rispetto a ECG eseguiti in reparto.Sono state eseguite visite + ECG su familiari diretti della signora (padre, madre e una sorella) (Figg. 5-7) senza evidenzia di storie sincopali o di alterazioni ECGrafiche da LQTS.

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Caso clinico

Una nuova era per i pazienti con fibrillazione artriale?

Il DABIGATRAN

RIASSUNTOLe attuali Linee Guida pubblicate dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) propongono il dabigatran etexilato quale valida alternativa agli antagonisti della vitamina K (AVK) per la prevenzione dello stroke e dell’embolia sistemica nei pazienti con Fibrillazione Atriale (FA). Il dabigatran potrebbe sostituire gli AVK? Le premesse sono incoraggianti ma vi sono ancora dei motivi di perplessità.Parole chiave: fibrillazione atriale, stroke, embolia sistemica, dabigatran, farmaci anticoagulanti.

SUMMARYThe current guidelines published from Europian Society of Cardiology (ESC) suggest dabigatran etexilate like a valid alternative of vitamin K antagonists (VKA) for prevention of stroke and tromboembolic events in patients with atrial fibrillation (AF). Can dabigatran replace VKA? The premises are encouraging but there are some perplexities.Key words: atrial fibrillation, stroke, tromboembolic events, dabigatran, anticoagulant drugs.

Valentina Maria Incardona, Enrichetta Dato, Achille G. Dato

Centro di Diagnostica Cardiovascolare del Dott. Dato Achille Giuseppe & C. s.a.s.

Fibrillazione atriale e terapia anticoagulanteLa Fibrillazione Atriale (FA) è l’aritmia di mag-giore riscontro nella pratica clinica,1 nell’Unione Europea ne sono affetti oltre 4 milioni di per-sone.2 Nelle ultime due decadi si è riscontrato un aumento del 66% delle ospedalizzazioni per FA, probabilmente a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei progressi nella gestione e nel trattamento delle sindromi coronariche acute (SCA), che hanno determinato un aumento della prevalenza delle patologie croniche.2-3 Nella popolazione generale la prevalenza della FA è stimata tra lo 0,4% e l’1% e aumenta con l’età, arrivando all’8% nei pazienti con più di 80 anni.4 L’incidenza della FA aumenta dello 0,1% l’anno fino ai 40 anni, del 2% l’anno nell’uomo sopra gli 80 anni e dell’1,5% l’anno nella donna sopra gli 80 anni.5 La FA può determinare la comparsa di un trombo

in atrio sinistro o in auricola sinistra che può, a sua volta, causare embolie arteriose (specie alle arterie cerebrali) in caso di ripristino del ritmo sinusale. Per ridurre il rischio trombo-embolico, i pazienti con FA fanno uso di una terapia anticoagulante.L’anticoagulante ideale dovrebbe possedere i seguenti requisiti: • alta efficacia nel prevenire fenomeni trom-

boembolici;• inibizione di piastrine e fattori della coagu-

lazione;• basso rischio di sanguinamento;• somministrazione orale con una buona cine-

tica; • minima interazione con altri farmaci;• assenza di necessità di monitorare la risposta

coagulativa e di aggiustare la dose in conse-guenza.

Le attuali linee guida raccomandano una tera-pia anticoagulante a lungo termine per tutti i pazienti affetti da FA che presentino un fattore di rischio maggiore (quali stroke precedente, attacco ischemico transitorio, embolia, stenosi mitralica, valvola protesica) o più di un fattore di rischio minore (quali età maggiore a 75 anni, ipertensione, insufficienza cardiaca, frazione di eiezione < 35%, diabete mellito). I pazienti senza alcun fattore di rischio dovrebbero comunque praticare una terapia antiaggregante, conside-rando il rapporto rischio/beneficio e stroke/emorragia.1

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Una nuova era per i pazienti con fibrillazione artriale? Il DABIGATRAN

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Agenti antiaggregantiTra loro annoveriamo aspirina e clopidogrel. Tuttavia nella prevenzione dello stroke gli anticoagulanti orali si sono mostrati di efficacia superiore.7

Dabigatran etexilatoDabigatran è un inibitore della trombina diretto, potente, competitivo e reversibile. Impedisce la formazione del trombo, bloccando la conversione del fibrinogeno in fibrina durante la cascata coagulativa. Inoltre, inibisce la trombina libera, l’aggregazione piastrinica indotta dalla trom-bina e la trombina legata alla fibrina. Prolunga l’aPTT che, pertanto, è opportuno monitorare per identificare un’eventuale eccessiva azione anticoagulante. Dabigatran viene somministrato per via orale, ha un profilo farmacocinetico che mostra un rapido incremento nel plasma, con una con-centrazione massima (Cmax) attesa tra 0,5 e 2,0 ore dalla somministrazione. Dopo la Cmax, la concentrazione plasmatica di dabigatran mostra un declino biesponenziale, con un emivita di 12-14 ore.8 Viene eliminato con le urine alla velocità di 100 ml/min. Gli studi in vivo e in vitro mostrano che non c’è alcuna interazione con i principali isoen-zimi del citocromo P450,9 difatti non è stata descritta alcuna interazione con farmaci, quali atorvastatina, digossina, diclofenac.

Dabigatran etexilato nella prevenzione dello stroke e nel trattamento della fibrillazione atrialeÈ stato messo appunto uno score (CHADS2 score) che permette di determinare la stratificazione del rischio di stroke cardioembolico.10 Tale score tiene in considerazione:• l’insufficienza cardiaca congestizia (1 punto);

Antagonisti della vitamina kGli antagonisti della vitamina K (AVK) sono utilizzati come anticoagulanti da oltre 50 anni. Warfarin e acenocumarolo sono gli AVK mag-giormente utilizzati nella pratica clinica. Questi farmaci mostrano una riduzione del rischio di stroke nei pazienti con FA, ma necessitano del monitoraggio della risposta coagulativa mediante la valutazione dell’international normalized ratio (INR) che deve essere mantenuto tra 2,0 e 3,0, con conseguente aggiustamento della dose di somministrazione. Gli AVK possono avere delle interazioni con alimenti ricchi di vitamina K e mostrano importanti effetti collaterali avversi di natura emorragica.6

EparinaL’eparina non frazionata (UFH) è utilizzata dagli anni Trenta per la prevenzione della trombosi. L’eparina a basso peso molecolare (EBPM) deriva dalla depolimerizzazione dell’eparina e ha gra-dualmente sostituito l’eparina non frazionata. L’UFH viene somministrata per via parenterale e richiede uno stretto monitoraggio del tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT). Il sanguinamento e la trombocitopenia sono i suoi maggiori effetti collaterali avversi. Ha un ottimo vantaggio rispetto all’eparina frazionata: la possibilità di essere antagonizzata, in condizioni di emergenza, con il solfato di protammina.Ogni tipo di EBPM ha un proprio peso molecolare che ne determina l’attività anticoagulante, la durata d’azione e la clearance renale. L’EBPM ha un minore rischio emorragico rispetto all’UFH, ma manca di un antidoto e deve essere dosata in base alla funzionalità renale.

Inibitori del fattore XaLa fondaparina è un inibitore indiretto del fattore Xa e, diversamente dall’eparina, non interagisce con la trombina. Il sanguinamento è, anche in questo caso, il maggiore effetto avverso.

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Non c’è nessun reale vantaggio in termini di mortalità, che è stata del 4,13% l’anno nei pazienti del gruppo warfarin, del 3,75% l’anno nei pazienti del gruppo dabigatran 110 mg (P = 0,13) e del 3,64% l’anno nei pazienti del gruppo dabigatran 150 mg (P = 0,051). Dabigatran 110 mg b.i.d. è associato a un rischio di stroke e di embolia sistemica simile a quello di warfarin, ma mostra minore effetto emorragico. Dabigatran 150 mg b.i.d. è associato a un minore rischio di stroke e di embolia sistemica rispetto a warfarin ma a un simile rischio emorragico. Tuttavia, è opportuno fare notare che il rischio annuale di infarto miocardico (IM) è stato dello 0,72% per il gruppo dabigatran 110 mg e 0,74% per il gruppo con dabigatran 150 mg rispetto allo 0,53% per il gruppo warfarin. Questo dimo-stra che warfarin ha un maggiore effetto nella riduzione dell’IM. La dispnea è stata inoltre più frequente nel gruppo di pazienti riceventi dabigatran (11,8% e 11,3% rispettivamente nel gruppo dabigatran 110 mg e nel gruppo dabi-gatran 150 mg) rispetto al warfarin (5.8%).12

ConclusioniWarfarin e acenocumarolo sono indubbiamente i farmaci più utilizzati nella prevenzione dell’FA. Ci domandiamo: dabigatran potrebbe sostituirli? Non ancora! Poiché sebbene si sia mostrato come un farmaco competitivo grazie al suo minore rischio emorragico e alla sua maggiore prevenzione di stroke ed eventi trombo embolici, tuttavia presenta costi elevati, assenza di un antidoto in caso di sovradosaggio e soprattutto maggiore rischio di sviluppo di IM.

Bibliografia

1. Fuster V, Ryd´en LE, Cannom DS, et al.: ACC/AHA/ESC 2006 Guidelines for the Management of Patients with Atrial Fibrillation: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines and the European Society of Cardiology Committee for Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2001 Guidelines for the Management of Patients With Atrial Fibrillation): Developed in

• l’ipertensione (1 punto);• l’età compresa tra 65 e 74 anni (1 punto);• l’età superiore ai 75 anni (2 punti);• il diabete (1 punto);• i precedenti attacchi ischemici transitori o

stroke (2 punti).

Pazienti con CHADS2 pari a 0 sono considerati a basso rischio di stroke, pazienti con CHADS2

di 1-2 sono considerati a rischio intermedio di stroke, pazienti con CHADS2 pari o superiore a 3 sono considerati ad alto rischio di stroke.10 Il recente studio RE-LY comparando dabigatran e warfarin ha mostrato come dabigatran 150 mg o 110 mg bis in die (b.i.d.) riesca a prevenire stroke, eventi tromboembolici e sanguinamenti in modo statisticamente significativo rispetto a farfari.11 Questo trial comprende 18.113 pazienti con FA e con concomitante rischio di stroke. I criteri di inclusione nello studio sono stati:• storia di precedente TIA, stroke, embolia

sistemica;• frazione di eiezione < 40 %;• età > 75 anni;• età > 65 anni in associazione a diabete mellito

o ipertensione o malattia coronarica.

L’incidenza di stroke ed eventi embolici è stata dell’1,69 % l’anno nei pazienti del gruppo warfarin, dell’1,53% l’anno nei pazienti del gruppo ricevente 110 mg di dabigatran e del 1,11% l’anno nel gruppo di pazienti riceventi 150 mg di dabigatran (P < 0,001). Il rischio emorragico è stato del 3,36% l’anno nel gruppo di pazienti riceventi warfarin, del 2,71% l’anno nel gruppo dei pazienti riceventi 110 mg di dabigatran (P = 0,003) e del 3,11% l’anno nel gruppo dei pazienti riceventi dabi-gatran 150 mg (P = 0,31). Il rischio di stroke emorragico è stato dello 0,38 % l’anno nel gruppo di pazienti con warfarin, dello 0,12% l’anno nel gruppo con dabigatran 110 mg (P < 0,001) e dello 0,10 % l’anno nel gruppo di pazienti ricevente dabigatran 150 mg (P < 0,001).

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Una nuova era per i pazienti con fibrillazione artriale? Il DABIGATRAN

231

8. Haas S. New oral Xa and IIa inhibitors: updates on clinical trial results. J Thromb Thrombolysis 2008;25:52-60.

9. Wienen W, Stassen JM, Priepke H, Ries UJ, Hauel N. In-vitro profile and ex-vivo anticoagulant activity of the direct thrombin inhibitor dabigatran and its orally active prodrug, dabigatran etexilate. Thromb Haemost 2007;98:155-162.

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11. Connolly SJ, Ezekowitz MD, Yusuf S, et al.: RE-LY Steering Committee and Investigators. Dabigatran versus Warfarin in Patients with Atrial Fibrillation. N Engl J Med 2009;361:1139-1151.

12. Gage BF. Can we rely on RE-LY? N Engl J Med 2009;361:1200-1202.

INDIRIZZO PER LA CORRISPONDENZA

Centro di Diagnostica Cardiovascolare del Dott. Dato Achille Giuseppe & C. s.a.s.Via Libertà, 9895047 Paternò (CT) Tel. e Fax: +39095841188

collaboration with the European Heart Rhythm Association and the Heart Rhythm Society. Circulation 2006;114:e257-e354.

2. Friberg J, Buch P, Scharling H, Gadsbphioll N, Jensen GB. Rising rates of hospital admissions for atrial fibrillation. Epidemiology 2003;14:666-672.

3. Wattigney WA, Mensah GA, Croft JB. Increasing trends in hospitalization for atrial fibrillation in the United States, 1985 through 1999: Implications for primary prevention. Circulation 2003;108:711-716.

4. Furberg CD, Psaty BM, Manolio TA, Gardin JM, Smith VE, Rautaharju PM. Prevalence of atrial fibrillation in elderly subjects (the Cardiovascular Health Study). Am J Cardiol 1994;74:236-241.

5. Krahn AD, Manfreda J, Tate RB, Mathewson FA, Cuddy TE. The natural history of atrial fibrilla-tion: Incidence, risk factors, and prognosis in the Manitoba follow-up study. Am J Med 1995;98:476-484.

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7. ACTIVE Writing Group of the ACTIVE Investigators, Connolly S, Pogue J, Hart R, Pfeffer M, Hohnloser S, Chrolavicius S, et al.: Clopidogrel plus aspirin versus oral anticoagulation for atrial fibrillation in the atrial fibrillation clopidogrel trial with Irbesartan for prevention of vascular events (ACTIVE W): A randomized controlled trial. Lancet 2006;367:1903-1912.

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Review

I costi sanitari della Fibrillazione Atriale. Follow-up a un anno dello studio EPICARDIA EPIdemiologia e Costi delle ARitmie atriali nei DIstretti di Alessandria e Novara

RIASSUNTORazionale. La Fibrillazione Atriale (FA) è una patologia con un forte impatto economico e sociale. In Italia esistono pochi dati economici al riguardo, soprattutto nella sua prima espressione clinica di FA parossistica. Questo studio si pone lo scopo di indagare l’impatto economico della FA, che rappresenta l’aritmia clinica di più comune riscontro e che determina con maggiore frequenza accessi al Pronto Soccorso (PS).Materiali e Metodi. Lo studio, di tipo osservazionale, retrospettivo e multicentrico, è stato disegnato con la finalità di valutare i costi sanitari diretti sostenuti in un anno per i pazienti con FA afferiti e dimessi dal Pronto Soccorso (PS) di due aziende ospedaliere piemontesi con grande bacino di utenza (Novara e Alessandria). Sono stati valutati e seguiti per un anno 86 pazienti (età media 69,2 anni ± 12,3; 50% di sesso maschile), che erano afferiti al Pronto Soccorso delle Aziende Ospedaliere di Novara e di Alessandria per un episodio documentato di FA parossistica. La prospettiva adottata per il calcolo dei costi è stata quella del Sistema Sanitario Regionale piemontese. Risultati. Il 51% dei pazienti valutati ha avuto una recidiva aritmica nell’anno successivo alla dimissione; circa un terzo (31,8%) ha subito almeno una successiva ospedalizzazione a causa di altri episodi di FA. Inoltre 54 pazienti (62,8%) hanno richiesto almeno una visita dal medico di Medicina generale e 30 (34,9%) una visita di tipo specialistico; 73 (84,9%) hanno fatto ricorso a una terapia farmacologica continuativa; 60 (69,8%) si sono sottoposti a test diagnostici e 25 (29,1%) hanno subito una procedura terapeutica cardiologica. La valutazione delle risorse sanitarie consumate successivamente alla dimissione (nuovi accessi al PS, ospedalizzazioni sia per recidive arit-miche sia per interventi/procedure, visite di Medicina generale o specialistiche, consumo di farmaci, esami strumentali) ha portato a un costo medio annuo per paziente a carico del Servizio Sanitario Regionale pari a € 2685,18. Di questi, € 2235,26/paziente (pari

Eraldo Occhetta(1), Paolo Diotallevi(2), Luca Venegoni(1), Miriam Bortnik(1), Laura Plebani(1), Vincenzo Martinelli(3), Gabriele Zaccone(4), Paolo Marino(1)

(1)Divisione clinicizzata di Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità, Novara(2)Divisione di Cardiologia, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio, Alessandria(3)Divisione di Cardiologia, Ospedale SS. Antonio e Margherita, Tortona(4)Divisione di Cardiologia, Ospedale S. Giacomo, Novi Ligure

all’83% del totale) erano riferibili a ospedalizzazioni più o meno prolungate (PS, day hospital o degen-za) per recidive aritmiche e/o interventi, € 167,37/paziente (pari al 6% del totale) alle visite generiche o specialistiche, € 159,49/paziente (6%) agli esami strumentali e € 123,06/paziente (5%) alle terapie farmacologiche. Conclusioni. Questo studio di economia sanitaria ha confermato gli elevati costi che il Servizio Sanitario Regionale deve sostenere per la cura dei pazienti con Fibrillazione Atriale, dato che conferma quanto riferito da altre esperienze europee riportate in letteratura.Parole chiave: Fibrillazione Atriale; Sistema Sanitario Regionale.

SUMMARYBackground. Atrial fibrillation (AF) is the most frequent cardiac arrhythmia determining a large number of all emergency room (ER) admission and a significant burden on the health care system. In Italy only few studies have been performed to evaluate the cost of care and health resource utilization for AF expecially on paroxysmal AF as its first clinical presentation.

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Costi sanitari della fibrillazione atriale

tra i 65 e i 74 anni, arrivando al 2,5% negli uomini e al 2,4% nelle donne. Prendendo come riferimento i dati demografici forniti dall’ISTAT per il 2007,4 si può stimare che in Italia circa 151.500 soggetti anziani nella fascia di età indicata siano affetti da tale patologia. Se, in modo conservativo, si considerano le stesse percentuali di prevalenza anche nella popolazione ultrasettantacinquenne, il numero totale di soggetti anziani con FA sale a circa 288.000. L’invecchiamento progressivo della popolazione e l’aumentato tasso di sopravvivenza in condizioni cardiovascolari considerate fattori di rischio, come ipertensione, coronaropatie e scompenso cardiaco, fanno sì che la FA possa essere considerata una vera e propria epidemia.5 Tenuto conto delle caratteristiche epidemiologiche dei soggetti che ne sono affetti e delle complicanze alle quali può portare, tale patologia richiede ai Sistemi Sanitari un notevole impiego di risorse economiche. Dall’interrogazione della Banca dati SDO del Ministero della Salute, risulta che le dimissioni con diagnosi principale di FA nel 2005 in Italia (ultimo aggiornamento disponibile) sono state 102.529, pari al 6,6% del totale delle dimissioni afferenti all’apparato cardiocircolatorio.6 In letteratura esistono diversi contributi relativi al profilo economico della FA, sia in Europa7-10 sia negli Stati Uniti.11,12 Con specifico riferimento al contesto italiano si riscontra una scarsità di dati economici pubblicati in merito.13

Il nostro lavoro, mediante un’analisi osservazionale retrospettiva, ha lo scopo di dare un contributo a questa tematica, cercando di fornire una stima dei costi sanitari diretti sostenuti in un anno dal Servizio Sanitario Regionale piemontese secondo il tariffario vigente nel 2004, per i pazienti dimessi dal Pronto Soccorso in seguito a una diagnosi di fibrillazione atriale.

Materiali e metodiLo studio ha preso in considerazione due realtà ospedaliere piemontesi: • l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore

della Carità di Novara;

The aim of this study was to evaluate the economic impact of AF on the health care system.Materials and methods. We performed a multicenter retrospective observational study to evaluate the direct public cost spent in one year for AF patients discharged from ER in two hospitals with a large catchment area (Novara and Alessandria, Piedmont, Italy). Eighty-six patients (age 69,2 ± 12,3 years; 50% male) admitted to the ER for paroxysmal AF were enrolled. Mean follow-up was 12 months. Economical calculation was made on the basis of regional health system standards. Results. Fifty-one % of our patients had an arrhyth-mic recurrence in the following year and about one third (31,8%) were hospitalized. 54 patients (62,8%) required at least a general practioner (GP) examination and 30 (34,9%) a specialistic examination; 73 (84.9%) needed a continuous pharmacological treatment; 60 (69,8%) underwent at least a non invasive diagnostic examination and 25 (29,1%) an invasive procedure. The mean annual cost per patients was estimated at € 2685,18, including € 2235,26 (83%) for hospitali-zation ((ER, day-hospital or ordinary hospitalization for arrhythmic recurrence or intervention), € 167,37 (6%) for GP or specialistic examination, € 154,49 (6%) for diagnostic examination and € 123,06 (5%) for drug therapy.Conclusions. This study demonstrates that AF repre-sents a significant burden on the regional health care system. These findings confirm previous study performed in other European areas. Key words: Atrial Fibrillation, Health Care System.

IntroduzioneLa Fibrillazione Atriale (FA) è l’aritmia più comune nella pratica clinica, responsabile da sola di circa un terzo delle ospedalizzazioni per disturbi del ritmo cardiaco.1

La prevalenza stimata della FA nella popolazione generale è compresa tra lo 0,4% e l’1%, e aumenta con l’invecchiamento, colpendo circa il 10% della popolazione oltre gli 80 anni di età; l’età media della popolazione affetta da FA è circa 75 anni.2

In Italia, la prevalenza stimata nella popolazione compresa nella fascia di età tra i 35 e i 64 anni è pari allo 0,8% negli uomini e allo 0,7 % nelle donne (Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare, dati 2008).3 Tali percentuali triplicano considerando la popolazione anziana compresa nella fascia di età

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2. Dati relativi al consumo di risorse sanitarie (definiti come costi diretti), in termini di:a. nuovi accessi al PS;b. nuove ospedalizzazioni per episodi di FA;

b1. ospedalizzazioni per qualsiasi procedura;b2. visite presso il medico di medicina gene-

rale;b3. visite specialistiche cardiologiche;b4. terapia farmacologica assunta;b5. procedure diagnostico-terapeutiche

ambulatoriali.

La valorizzazione delle risorse sanitarie è avve-nuta secondo la prospettiva del Sistema Sanitario Regionale e le differenti tipologie di prestazioni sanitarie rilevate sono state tradotte in termini monetari come segue:• accessi al PS: tariffe per gli esami di routine

(tariffario ambulatoriale Regione Piemonte, anno 2004);

• ospedalizzazioni: valori economici unitari dei DRG (versione 19 MDC);

• visite dal medico di Medicina generale: riferi-menti presenti in letteratura;16

• visite specialistiche: tariffe ambulatoriali (tarif-fario ambulatoriale della Regione Piemonte, anno 2004);

• esami diagnostico-terapeutici ambulatoriali: tariffe ambulatoriali (tariffario ambulatoriale della Regione Piemonte, anno 2004);

• terapia farmacologica (prontuario farmaceutico, anno 2004).

In base a queste tariffe sono stati valutati: • l’incidenza delle diverse voci di costo;• i costi diretti sanitari;• l’esistenza di una correlazione tra i costi e le

variabili demografiche e cliniche dei pazienti.

Analisi statisticaLa correlazione tra i costi e le diverse classi di pazienti monitorate è stata calcolata applicando un test parametrico di confronto di medie per 2 o più campioni indipendenti (rispettivamente t-test di Student e ANOVA univariata).

• l’Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio di Alessandria.

Tra il 1° novembre 2004 e il 31 gennaio 2005 sono stati monitorati 212 pazienti che sono afferiti per episodi di “tachicardia atriale” al Pronto Soccorso (PS) di questi 2 ospedali (e di altri 2 ospedali più periferici: Novi Ligure e Tortona, che gravitavano comunque sul Centro di Alessandria). Il bacino di utenza tra Novara e Alessandria comprendeva tra gli 800.000 e i 900.000 abitanti; i 212 pazienti valutati nei 3 mesi per FA costituivano circa il 2% degli accessi al PS. È stato valutato l’assorbimento di risorse ospedaliere in questa fase: l’aderenza alle linee guida di trattamento acuto della FA è stata congrua nel 90% dei pazienti. Pur essendo tali tachiaritmie prognosticamente benigne e la maggior parte dei pazienti è stata dimessa direttamente dal PS, l’assorbimento di risorse economico-sanitarie è stato rilevante, secondo i dati pubblicati in pre-cedenti abstract:14,15 1029 procedure diagnostiche e terapeutiche (media di 4,8 procedure per paziente), 31 pazienti (15%) tenuti in osservazione per una media di 1,28 giorni e 22 pazienti (10%) ricoverati per ulteriori percorsi diagnostico-terapeutici (9 in cardiologia e 13 in altri reparti). In 86 dei 212 pazienti (41%) a cui era stata dia-gnosticata una FA parossistica o persistente, è stato possibile ottenere un adeguato e completo follow-up nel successivo anno (tutti pazienti afferiti al PS di Novara e Alessandria). Gli altri 126 pazienti (59%) non sono stati considerati in quanto: a) non reperibili per mancanza di recapito telefonico; b) si sono rifiutati di fornire i dati che venivano richiesti; c) rispondevano in modo molto confuso e non attendibile.La raccolta dei dati nel follow-up è avvenuta mediante un’apposita scheda proposta telefoni-camente a ogni paziente, in modo retrospettivo e con riferimento all’anno trascorso tra la data della dimissione dal PS e la data di proposta del questionario (tra 1 e 2 anni dopo). Le notizie richieste al paziente riguardavano: 1. dati Clinici:

a. patologia di base;b. sintomatologia;c. comorbidità;

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Costi sanitari della fibrillazione atriale

possibile osservare come il quadro clinico dei pazienti era piuttosto complesso, evidenza che dimostra come la FA sia caratterizzata da un elevato grado di comorbilità: solo 18 pazienti (21%) non avevano comorbilità associate, 42 pazienti (49%) almeno una comorbilità e 26 pazienti (30%) due o più comorbilità. Nelle Tabelle IVA e IVB vengono riportati il destino degli 86 pazienti dopo l’accesso al Pronto Soccorso e il risultato clinico nei termini di ripristino del ritmo sinusale dopo il trattamento acuto. Dai dati si osserva che 55 degli 86 pazienti (63,9%) era in ritmo sinusale dopo il trattamento acuto; a dimostrazione dell’efficacia delle cure erogate in Pronto Soccorso, si osserva che 37 degli 86 pazienti (43,0%) sono stati dimessi direttamente dal DEA, e che 22 degli 86 pazienti (25,5%) sono stati dimessi dal DEA con prenotazione ambulatoriale. Questi 59 pazienti (68,5%) richiedono un consumo di risorse evidentemente inferiore rispetto a quanto richiesto in regime di ricovero. La Figura 1 mostra l’iter diagnostico-terapeutico di questi pazienti nell’anno di follow-up dopo l’accesso al PS: in particolare si può notare come il 51% dei pazienti abbia avuto una recidiva di FA nell’anno successivo alla dimissione, e di questi circa un terzo (31,8%) ha subito almeno un ospe-dalizzazione a causa della FA.73 degli 86 pazienti (84,9%) hanno seguito una terapia farmacologia specifica per la FA nell’anno successivo al primo accesso al PS; 60 su 86 pazienti (68,8%) sono stati sottoposti a esami diagnostici e di laboratorio nello stesso periodo. Nella Tabelle V e VI si presentano i dettagli dei consumi di risorse rispettivamente per i farmaci e gli esami diagnostici e di laboratorio eseguiti nell’anno di follow-up.

RisultatiDegli 86 pazienti valutati, 44 (51,2%) erano afferiti al Centro di Alessandria e 42 (48,8%) al Centro di Novara. L’età media dei pazienti era 69,2 ± 12,31 anni, con distribuzione uguale tra i due sessi (50% maschi e 50% femmine).La Tabella I mostra la distribuzione dei pazienti osservati, relativamente al sesso e all’età.Le Tabelle II e III mostrano le caratteristiche clini-che degli 86 pazienti, con riferimento al momento dell’arruolamento nello studio. In particolare è

TABELLA I. Sesso e fasce di età.

N. pazienti (%)

Età/Sesso

Tot. (% sul tot.)

M (% di riga)

F (% di riga)

Età < = 65 26 (30,2%) 17 (65,4%) 9 (34,6%)

Età > 65 60 (69,8%) 26 (43,3%) 34 (56,7%)

Totale 86 (100%) 43 (50%) 43 (50%)

TABELLA II. Caratteristiche cliniche al momento dell’arruolamento (accesso al PS).

Arruolamento

N. pazienti %

Cardiopatia organica 24 27,9

cardiomiopatia 5 5,8

ischemica 15 17,4

valvolare 3 3,5

pericardite 1 1,2

Ipertensione arteriosa 44 51,2

Patologie neurologiche 4 4,7

Diabete 6 7,0

TABELLA III. Distribuzione di comorbilità al momento dell’arruolamento (accesso al PS).

CardiopatiaIpertensione arteriosa

Patologie neurologiche Diabete

Cardiopatia 24 14 2 3

Ipertensione arteriosa - 44 3 4

Patologie neurologiche - - 4 3

Diabete - - - 6

Non comorbilità: 18 pazienti (21%).

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Durante l’anno di osservazione retrospettiva dopo il primo accesso al PS, quasi il 19% dei pazienti si è sottoposto a procedure interventistiche specifiche per la FA, quali ablazione (5 pazienti), impianto di pacemaker (9 pazienti) e studio elettrofisiologico (2 pazienti). Inoltre, a causa di sintomi correlabili ad attacchi di tachiaritmia atriale, il 63% dei pazienti (54 su 86) si è recato dal medico di Medicina gene-

TABELLA IVA. Destino del paziente dopo l’accesso al PS.

Statistiche riferite ai ricoverati

Destino del pazienteN. pazienti % Media Dev. st. Min. Max

Dimesso dal PS con prenotazione in ambulatorio 22 25,6

Dimesso direttamente dal PS 37 43,1

Ricoverato in cardiologia 6 7,0 8,5 4,68 2 15

Ricoverato in medicina 1 1,1 6 6 6

Ricoverato in neurologia 1 1,1 11 11 11

Ricoverato in osservazione breve 19 22,1 0,26 0,56 0 2

Totale 86 100

TABELLA IVB.Ripristino del ritmo sinusale.

Alla dimissione, il paziente è in ritmo sinusale?

N. pazienti %

NO 31 41,1

Sì 55 63,9

Totale 86 100

Figura 1

Recidive di FA e iter dei pazienti nell’anno successivo al primo accesso al PS.

Pazienti arruolati con follow-up disponibile (86/212 pts: 40,5%

No recidive42/86 pts (49%)

Recidive44/86 pts (51%)

No accesso al PS11/44 pts (25%)

Almeno un accesso al PS33/44 pts (75%)

No ospedalizzazione6/11 pts (55%)

Ospedalizzazione5/11 pts (45%)

No ospedalizzazione24/33 pts (73%)

Ospedalizzazione9/33 pts (27%)

14 pazienti ospedalizzati per recidive

N. accessi al PS

Media per utente 2,26

Dev. standard ±1,53

Ricoveri N. ptsTot. ricoveri

1 9 9

2 3 6

3 2 6

Totale 14 21

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237

Costi sanitari della fibrillazione atriale

effettivamente ha usufruito di una data risorsa) e costo medio per paziente (relativo agli 86 pazienti osservati). La Tabella VII mostra in dettaglio come la valorizzazione delle risorse sanitarie consumate durante il follow-up (accessi al Pronto Soccorso, ospedalizzazioni – sia per recidive sia per inter-venti/procedure – visite, farmaci, esami strumen-tali), abbia portato a un costo medio annuo per paziente a carico del Servizio Sanitario Regionale

rale, e di questi il 35% (30 su 86) si è sottoposto anche a una visita di tipo specialistico. Non tutti questi pazienti però avevano avuto un riscontro di recidiva di FA, che è stata documentata solo in 44 su 86 pazienti (51%) (Fig. 1). Individuato il consumo di risorse totale, è stato possibile condurre l’analisi economica: il risultato è stato espresso per le principali voci di spesa in termini di costo medio per user (riferito solo a chi

TABELLA V. Dettaglio sulle terapie farmacologiche.

Classificazione farmaci N. pazienti % pazienti con farmaci

Antiaggregante 33 38,4

Antiaritmico 57 66,3

Anticoagulante 23 26,7

Controllo della frequenza 19 22,1

TABELLA VI.Dettaglio sugli esami diagnostici e di laboratorio eseguiti.

Tipo esame

N. pazienti con almeno 1 esame (%)

N. medio esami Dev. st.

Procedure/paziente

Test di laboratorio* 54 (63%) 1,52 0,97 da 1 a 6

ECG 13 (17%) 1,85 1,91 da 1 a 8

Holter/monitoraggio 8 (9%) 1 0 1

Radiografia toracica 6 (7%) 1,33 0,82 da 1 a 3

ECO tiroide 2 (2%) 1 0 1

Doppler TSA 1 (1%) 1 1

Controllo PM 1 (1%) 1 1

*Sono stati accorpati gli esami: colesterolo, INR, funzionalità tiroidea.

TABELLA VII. Analisi economica, sintesi.

Tipologia costiNumero user(%)

Costo medioper utente (Euro)

Costo medioper paziente (Euro)

Pronto Soccorso 33 (38,4%) 42,20 16,21

Ricoveri per recidive 14 (16,3%) 1774,50 288,88

Ricoveri per interventi/procedure 16 (18,6%) 7545,20 1930,17

Visite MMG 54 (62,8%) 219,60 137,87

Visite specialistiche 30 (34,9%) 84,60 29,50

Farmaci 73 (84,9%) 145 123,06

Esami strumentali 60 (69,8%) 228,60 159,49

Totale 2685,18

User (utente) = paziente che ha usufruito della prestazione indicata; MMG = medico di Medicina generale.

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pazienti; la Figura 4 la correlazione tra i costi e l’età; la Figura 5 infine la correlazione tra i costi e il ripristino del ritmo sinusale dalla dimissione dal primo accesso al PS.Tutte le analisi di correlazione condotte mostrano che da un punto di vista statistico non vi sono differenze significative tra le variabili considerate e che quindi i costi medi totali, calcolati tramite la valutazione economica condotta, non vengono influenzati dal sesso, dall’età e dalla variabile “ritmo sinusale alla dimissione”.

DiscussioneLa FA è l’aritmia più comune nella pratica cli-nica, responsabile da sola di circa un terzo delle

pari a € 2685,18. Di questi, € 2235,26 (pari all’83% del totale) erano dovuti alle ospedalizzazioni per recidive e interventi, € 167,37 (pari al 6% del totale) alle visite, € 159,49 (6%) agli esami strumentali e € 123,06 (5%) alle terapie farmacologiche. Nelle Figure 2, 3, 4 e 5 vengono riportate le analisi di correlazione tra i costi e le caratteristiche clinico-demografiche osservate nei diversi pazienti, e già riportate nella Tabella I. Attraverso l’analisi stati-stica effettuata con i test non parametrici specifici per campioni ridotti, è stato possibile valutare che la differenza tra le medie non era significativa in nessuno dei casi monitorati.La Figura 2 mostra un’assenza di correlazione tra il numero di patologie e i costi complessivi stimati, (R2 prossimo allo zero); la Figura 3 la correlazione tra i costi e il sesso (maschile o femminile) dei

essu7.000

6.000

5.000

4.000

3.000

2.000

1.000

0

Co

to m

ed

io

(Euro

)

N. patologie

1.654 1.615

2.863

1.615

Nessuna Una Due Tre

25.000

20.000

15.000

10.000

5.000

0

Co

ti t

ota

li (E

uro

????)

0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 3

N. patologie

R2 = 0,0304

A

B

Figura 2 A,B

A. Correlazione tra i costi e il numero di comorbilità. B. Assenza di correlazione tra il numero di patologie e i costi complessivi stimati (l’indice di correlazione R = 0.03 è prossimo allo zero).

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239

Costi sanitari della fibrillazione atriale

ospedalizzazioni per disturbi del ritmo cardiaco.1

La prevalenza stimata della FA nella popolazione generale è compresa tra lo 0,4% e l’1%, e aumenta con l’invecchiamento, colpendo circa il 10% della popolazione oltre gli 80 anni di età. Le condizioni cardiovascolari di comorbilità, come l’ipertensione arteriosa, le coronaropatie e lo scompenso cardiaco, aumentano chiaramente il rischio di insorgenza di fibrillazione atriale.5 Anche nei nostri pazienti in effetti era alta la percentuale di ipertensione arteriosa (51% dei pazienti) e di cardiopatia organica (28% dei pazienti valutati); solo il 21% dei pazienti non aveva comorbilità associate, mentre il 79% dei pazienti avevano una o più comorbilità.La FA può essere considerata un predittore indi-pendente di mortalità: il tasso di mortalità dei pazienti affetti da FA è circa il doppio di quello dei pazienti aventi un normale ritmo sinusale ed è legato alla severità della patologia cardiaca di base.17-19 Tale patologia è un fattore indipendente di rischio per l’ictus di origine tromboembolica, aumentandone la probabilità di insorgenza di 4-5 volte; diversi studi concordano nell’attribuire il 15% degli ictus alla presenza di FA.20-22 Oltre che alle complicazioni di natura tromboembolica, la presenza di FA è stata anche associata allo scom-penso cardiaco.1 In particolare, i battiti cardiaci permanentemente accelerati osservati durante la FA possono indurre una tachicardiomiopatia dilatativa, la quale può portare all’insorgenza dello scompenso.23,24 I sintomi più comuni nei pazienti

Figura 3.

Correlazione tra costi e genere maschile e femminile: non differenza significativa tra maschi e femmine.

2600

2550

2500

2450

2400

2350

2300

2250

2200

2150

2100

Co

sti m

ed

i to

tali

(Euro

)

Sesso

2.262

2.531

Femmine Maschi

Figura 4.

Correlazione tra i costi e l’età: non differenze significative tra pazienti > 65 e <= 65 anni.

2480

2460

2440

2420

2400

2380

2360

2340

2320

2300

Co

sti m

ed

i to

tali

(Euro

)

Fasce di età

2.466

2.366

<= 65 >65

Figura 5.

Correlazione tra i costi e la rilevazione di ritmo sinusale alla dimissione dal primo accesso al PS: non differenze significative tra pazienti dimessi in ritmo sinusale e pazienti in FA.

3000

2500

2000

1500

1000

500

0

Co

sti m

ed

i to

tali

(Euro

)

Paziente in ritmo sinusale alla dimissione pre FU

2.032

2.602

No ritmo sinusale Sì ritmo sinusale

con FA sono dispnea, palpitazioni, dolore al petto, capogiri e affaticamento,25 anche se non tutti gli episodi sono sintomatici.26 La FA viene oggi trattata principalmente mediante la somministrazione di farmaci antiaritmici. Il tipo, la classe e il dosaggio degli agenti antiaritmici vengono stabiliti di volta in volta dal medico curante per limitare la progressione della malat-tia, ma tenendo anche conto dei possibili effetti collaterali. Alla terapia farmacologia è possibile associare terapie non farmacologiche, quali la terapia con dispositivo impiantabile e la terapia di ablazione transcatetere. Tenuto conto delle caratteristiche epidemiologiche dei soggetti che ne sono affetti e delle complicanze alle quali può portare, tale patologia richiede ai

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per ospedale (1,5% degli accessi al PS), simile alla nostra popolazione di 23 pazienti/mese per ospedale (circa il 2% degli accessi al PS). Anche l’età media dei pazienti dello studio FIRE (70 anni) era simile a quelli valutati nel nostro studio (69 anni), così come l’impatto delle comorbilità (31% di pazienti senza comorbilità nello studio FIRE e 21% nel nostro studio). Mentre lo studio FIRE ha valutato l’impatto dei costi in acuto, il nostro studio è stato finalizzato a valutare i costi sanitari diretti sostenuti in un anno per i pazienti dimessi dal PS in seguito a una diagnosi di FA. Anche nel nostro studio durante la fase di accesso al PS l’assorbimento di risorse economico-sanitarie era stato rilevante, secondo i dati pubblicati in precedenti abstract:13,14 1029 procedure diagno-stiche e terapeutiche (media di 4,8 procedure per paziente), 31 pazienti tenuti in osservazione per una media di 1,28 giorni e 22 pazienti ricoverati per ulteriori percorsi diagnostico-terapeutici (9 in cardiologia e 13 in altri reparti).L’osservazione del follow-up nell’anno successivo conferma gli elevati costi che il Servizio Sanitario Regionale deve sostenere per la cura dei pazienti con FA, soprattutto in termini di ricoveri per reci-dive e procedure. L’iter diagnostico-terapeutico risulta inoltre molto eterogeneo e i costi sostenuti variano anche conseguentemente al tipo di DRG che viene prodotto al termine del ricovero: DRG correlato alla FA (138 o 139) o economicamente più pesante, se vengono eseguite procedure interventistiche (DRG 116 se viene applicato un pacemaker o DRG 518 se viene eseguita ablazione transcatetere). Va considerato che, rispetto al momento di analisi dei dati dove ci si riferiva alle tariffe regionali del 2004, nel 2009: a) il peso dei DRG prodotti dalla diagnosi di FA si è ridotto del 12% (DRG 138: da 3238 € a 2838 €; DRG 139: da 1894 € a 1663 €); b) il peso dei DRG prodotti quando viene applicato un pacemaker o quando viene eseguita un’abla-zione transcatetere sono rimasti invariati (nuovo DRG 552 per pacemaker: € 8189; DRG 518 per ablazione: € 5100); c) le tariffe per accessi DEA e per prestazioni ed esami diagnostici ambulatoriali sono rimaste invariate.

sistemi sanitari un notevole impiego di risorse economiche.Secondo la Banca dati SDO del Ministero della Salute risulta che le dimissioni con diagnosi princi-pale di FA nel 2005 in Italia (ultimo aggiornamento disponibile) sono state 102.529, pari al 6,6% del totale delle dimissioni afferenti all’apparato car-diocircolatorio.6 La durata media della degenza in regime di ricovero ordinario è generalmente intorno ai 5 giorni. I ricoveri per FA danno generalmente origine ai DRG 138 (Aritmia e alterazioni della conduzione cardiaca con complicanze) e DRG 139 (Aritmia e alterazioni della conduzione cardiaca senza complicanze). In accordo con il tariffario nazionale delle prestazioni ospedaliere, a tali DRG corrisponde un valore economico unitario in regime ordinario pari a € 3232 per il DRG 138 e a € 1894 per il DRG 139. Quando poi la presenza di FA porta anche all’applicazione di un pacemaker, viene prodotto il DRG 116 (Impianto di pacemaker cardiaco permanente con altre malattie cardiova-scolari), a cui corrisponde un valore di € 8189. Quando invece durante il ricovero per FA veniva eseguita un’ablazione transcatetere (procedura 37.34: Asportazione mediante catetere di lesione o tessuto del cuore), il DRG prodotto era il 518 (Interventi sul sistema cardiovascolare per via per cutanea senza inserzione di stent nell’arteria coronaria senza IMA), remunerato con € 5100. Nel contesto del sistema sanitario statunitense, dall’analisi di 350.000 ricoveri e 5 milioni di visite ambulatoriali (anno 2001), è stato stimato un costo di gestione annuale dei pazienti affetti da FA pari a 6,65 miliardi di dollari (circa 22 dollari per abitante, stimabili attualmente in 16 euro per abitante).11 Per il Regno Unito è stato invece stimato un costo sanitario annuale per la FA pari a 459 milioni di sterline nel 2000 (circa 8 sterline per abitante, stimabili attualmente in 10 euro per abitante).8

Con specifico riferimento al contesto italiano si riscontra invece una scarsità di dati economici pubblicati in merito. Lo studio FIRE13 ha valutato l’impatto economico della FA al primo accesso al PS su 4570 pazienti afferiti a 207 ospedali italiani. La media dei pazienti è stata di 22 pazienti/mese

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241

Costi sanitari della fibrillazione atriale

più anziani, dove le comorbilità e l’impegno di spesa conseguente potrebbero essere attesi come maggiori;

• non è stato possibile chiarire più nel dettaglio alcuni dati clinici che avrebbero potuto essere interessanti: l’aderenza alla prescrizione della terapia anticoagulante o il ricorso a metodiche strumentali (per esempio ecocardiogramma) o terapeutiche (per esempio ablazione transcate-tere) che potrebbero apparire sottoutilizzate;

• infine un follow-up più prolungato avrebbe potuto chiarire se un iniziale aumento di costi correlato a procedure invasive di tipo terapeutico o preventivo (pacemaker, ablazione) potesse produrre un successivo minor consumo di risorse sanitarie.

È evidente quindi la necessità di condurre ulteriori valutazioni sulla gestione dei pazienti affetti da FA, per cercare di migliorare le attuali strategie cliniche e trovarne di nuove al fine di ridurre i costi e migliorare l’efficacia della gestione clinica del paziente. Eventuali nuovi studi dovrebbero però essere strutturati con una rigorosa e prospettica metodologia osservazionale, così da garantire agli organismi sanitari regionali dati più precisi e concreti su cui ragionare di programmazione ed economia sanitaria.

RingraziamentiSi ringraziano gli ingegneri Mara Corbo e Marina Grifi, esperte del gruppo di Economia Sanitaria di Medtronic Italia, Milano, per la preziosa e competente collaborazione fornita nell’analisi dei dati raccolti. Il loro operato è stato indipendente e limitato all’analisi e alle valutazioni di impatto economico dei dati clinici raccolti.

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Ovviamente i risultati ottenuti vanno letti nei limiti della ridotta dimensione del campione e della metodologia di raccolta dei dati di tipo telefonico, e quindi con un questionario relativa-mente semplice e con dati semplicemente riferiti dal paziente stesso. Come esemplificazione si può giudicare verosimilmente molto sottostimato il numero di elettrocardiogrammi eseguiti dichiarati dai pazienti; inoltre risulta poco citato il ricorso all’ecocardiogramma e ai controlli ematici dell’INR. È quindi molto probabile che l’impatto nel calcolo dei costi potrebbe essere sottostimato.L’analisi dei dati economici ha confermato quanto riferito dalle esperienze europee e statunitensi riportate in letteratura in termini dell’impatto economico che il Servizio Sanitario deve sostenere per la cura di tali patologie. Un limite dello studio può essere poi individuato nella percentuale ridotta di pazienti in cui è stata praticata l’analisi del follow-up, rispetto alla popo-lazione valutata nell’accesso acuto al DEA (86/212 pazienti: solo il 40%): tale fatto è imputabile alla oggettiva difficoltà a ricontattare i pazienti che hanno un accesso isolato al DEA e con la scarsità di dati anagrafici (compreso il numero telefonico) che viene registrato al momento dell’accesso DEA.Lo studio è stato di osservazione retrospettiva e con una metodologia di intervista telefonica che non garantisce l’uniformità del campione valu-tato. Restano quindi non chiariti alcuni punti di interesse clinico-epidemiologico:• non si può essere certi che il campione di 212

pazienti, inizialmente valutati con accesso al PS, sia effettivamente quanto ci si aspetti in correlazione al bacino di utenza degli ospedali dello studio;

• non sembra essere stata approfondita la pre-senza di complicanze più importanti su questa popolazione (tromboembolismi, scompenso cardiaco con ospedalizzazioni anche prolungate), così come la mortalità, proprio perché questi pazienti potrebbero non essere stati raggiunti dal follow-up telefonico;

• lo stesso problema potrebbe spiegare come non sia risultata evidente una differenza di costi tra pazienti più giovani rispetto a quelli

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INDIRIZZO PER CORRISPONDENZA

Eraldo OcchettaSSD Elettrofisiologia e CardiostimolazioneDipartimento CardiovascolareAzienda Ospedaliera-Universitaria Maggiore della Carità Corso Mazzini 1828100 NovaraTel.: +3903213733413 Fax: +3903213733142E-mail: [email protected]; [email protected]

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