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odici D N. 6 ANNO I // OTTOBRE 2012 1,20 VIETATO VIETARE MALE MESI MENSILE DI ATTUALITÀ • ECONOMIA • INCHIESTE • OPINIONI E CULTURA DA BERGAMO E DA L MONDO Furti in casa, cresce la paura Unesco, Lombardia da record IMMOBILI DI PRESTIGIO PARETE NORD BERGAMOSCIENZA INSIDE CALCIO DILETTANTISTICO È SUCCESSO Pensieri di Luciano Bonetti Roby Facchinetti Mino Favini Stefano Salvi Strade e quartieri Sant’Alessandro Hinterland Gorle Viaggio in Provincia Calusco d’Adda Carvico Solza Sotto il Monte Villa d’Adda

12Mesi - BERGAMO - Ottobre 2012

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odiciD

N. 6 ANNO I // ottobre 2012

€ 1,20

vietatovietare male

mesi

MENSILE DI ATTUALITÀ • ECONOMIA • INCHIESTE • OPINIONI E CULTURA DA bergAmo e DAL moNDo

Furti in casa, cresce la paura

Unesco, Lombardia da recordimmobili di prestigio • parete nord • bergamoscienza • inside • calcio dilettantistico • è successo

Pensieri di

Luciano BonettiRoby FacchinettiMino FaviniStefano Salvi

Strade e quartieri

Sant’Alessandro

Hinterland

Gorle

Viaggio in Provincia

Calusco d’AddaCarvicoSolzaSotto il MonteVilla d’Adda

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12MESIottobre 2012

DODICI MESI // ottobre 2012

3

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56

60

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2526

293135

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L’aperitivoLuciano Bonetti: Impariamo

a fare più gioco di squadraOpinioni

Mino Favini: Il cacciatore di talentiProdotto & mercato

Roby Facchinetti: È un mondo difficilema ho fiducia nei giovani

Strategia d’impresaStefano Salvi: “Mi considerano

fuori di testa, per questo sono fuori dai giochi” Bacheca

L’ultima chance per il parcheggio dei “sogni”Treviglio, quell’ex Upim

che divide ancora la città Inside

IN QUESTONUMero

Registrazione Tribunale di Bergamo n. 10/12 del 16/03/2012

Hanno collaboratoGiuseppe Amato, Silvio Bettini, Donatella Carè,

Laura Ceresoli, Alessandro Cheula, Mario Conserva, Sergio Cotti, Salvatore D’Erasmo, Laura Di Teodoro, Giovanna Dolci, Fulvio Facci, Bruno Forza, Lorenzo

Frizza, Roberto Giulietti, Immanuel, Laura Bernardi Locatelli, Sara Noris, Antonio Panigalli, Lelia Parisi, Massimo Rossi, Giuseppe Ruggieri, Rosanna Scardi,

Daniele Selini, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi, Alessandra Tonizzo.

FotografieSergio Agazzi, Umberto Favretto Agenzia Reporter,

Rolando Giambelli Il Fotogramma,Vincenzo Lombardi, Patrick Merighi Brescia in Vetrina, Cristina Minini,

Archivio Sale’s Solutions

PubblicitàSale’s Solutions Srl

Via Paglia, 26 - 24122 BergamoTel. 035.19903543

[email protected]: [email protected]

MESI

DODICI MESIMensile di attualità, economia, inchieste,

opinioni e cultura da Bergamo e dal mondo.

Ottobre 2012Anno I - Numero 6

Rivista mensile - € 1,20

EditoreEdizioni 12 Srl

RedazioneVia Paglia, 26 - 24122 Bergamo

Tel. [email protected]

Sede legale: Brescia Viale Duca degli Abruzzi, 163

Direttore Responsabile

Giorgio [email protected]

CoordinamentoDonatella Carè

Giuseppe Ruggieri

ImpaginazioneSale’s Solutions Srl

StampaTiber Spa - Brescia

Inchiesta: Furti in casa, cresce la pauraStrade e quartieri: Sant’AlessandroHinterland: GorleViaggio in provincia: Isola BergamascaCalusco d’Adda, Carvico, Sotto il Monte,Villa d’Adda, SolzaLa letteraLo spazio tiene banco a BergamoscienzaUnesco: Lombardia da recordParete NordSport: Calcio dilettantistico, la crisifa spazio ai giovaniÈ successoSoluzioni immobiliari di prestigio

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12MESIottobre 2012

13L’APERITIVO

VIETATO VIETARE mAlE

A lcuni anni fa dovetti pren-dere un treno che partiva alle sei di mattina; uscii con un po’ di anticipo in cerca

di uno dei pochi bar aperti a quell’ora per prendere un caffè. Alle cinque di mattina dei primi di novembre la città è buia e le insegne dei locali aperti sono facili da in-dividuare. Davanti ad uno di questi vidi alcune auto in sosta cariche di attrezzatu-re da caccia: cani sistemati nei lunotti po-steriori, teli mimetici, richiami, pali e altri aggeggi. All’interno del bar, una quindi-cina di cacciatori erano seduti in religioso silenzio ai tavolini ricolmi degli avanzi del-le colazioni; quasi tutti maneggiavano con nervosismo il cellulare. Incuriosito chiesi al barista il perché di quella strana situa-zione, sembravano in attesa di qualcosa prima di buttarsi nelle nebbie della bassa. Il giovane, ammiccando con complicità, mi spiegò che i seguaci di Diana stavano aspettando un sms dall’assessorato alla Caccia della Provincia per sapere quali e quante prede avrebbero potuto mettere in carniere quel giorno; senza quella co-municazione, tutti fermi ai box o il rischio era una denuncia penale per la cattura di un uccello, permessa fino al giorno prima. Qualche anno dopo, mi recai per lavoro da un albergatore, presidente di un’associazione di categoria. Mentre lo aspettavo, notai che stava parlando, imba-razzato, con un turista tedesco che indica-va un cartello, esposto in bella mostra, in un’aiuola. Quando il turista si allontanò, l’albergatore mi disse che il teutone non capiva cosa volesse dire “è severamente vietato calpestare il prato”: o è vietato o non lo è. Cosa vuol dire “severamente vietato”? Per il nostro tedesco di Germa-nia una regola c’è o non c’è, punto e basta. Nei giorni scorsi sono andato a Milano. Prendo la A4 e imposto la velocità a 136. Il limite è 130 ma c’è un 5 per cento di

tolleranza. Esco in tangenziale est e il limite passa a 90, rallento e guardo se il navigatore mi segnala telecamere. Il be-ep-beep mi mette in allarme e tengo i 93. Dietro di me le auto fanno lampeggiare i fari per farmi spostare: vanno tutti a 110. Mi sposto di corsia ma anche i camion tengono i 100. Poco dopo, cartello di li-mite a 60, entro nel flusso delle auto, stia-mo andando tutti a 100! Rientro in città. Tangenziale limite 80, tutti a 110. Ring cittadino limite 50, provo a rispettare il limite. Bestia! Mi sembra di andare a pie-di. Le auto mi sorpassano furiose, tutti a 70/75. I guidatori si voltano verso di me facendomi il classico gesto a quattro dita unite, “ma come cavolo guidi?”. Finisco il mio esperimento scientifico e ritorno a guidare normale. Peccato! Mi piace rispettare le regole, in questo sono un po’ tedesco. Ma le regole devono essere ragionevoli e realistiche. Perché mettere il limite a 50 se la velocità normale è 70? I burocrati ti dicono “eh no! Se metto i 70 poi andate a 90”. Eh no!, dico io, caro amico mio, metti i 70 e se poi vado a 71 mi sanzioni. E se i 70 sono troppi e non ragionevoli, lascia i 50 ma mi sanzioni a 51. Me e tutti gli altri, sempre e comun-que. Senza se e senza ma. La verità è che tu vuoi decidere chi deve essere sanzio-nato e quando. Oggi decidi di inasprire i controlli, e via bastonate, anzi neanche tutto il giorno, anzi a te sì e a te no. Il fatto è che noi italiani non siamo diversi dai tedeschi: quando i nostri concittadini europei passano il confine, come noi, non rispettano le regole italiane perché sanno come va di moda da noi. Ma la burocrazia italiana non vuole regole chiare, certe e ragionevoli perché così giustifica la sua esistenza e il potere di quando e a chi ap-plicarle.

Giorgio Costa

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12MESIottobre 201212MESI

ottobre 2012

1514 PENSIERI DI

ImparIamo a fare più gIoco dI squadra

parla Luciano Bonetti, presidente della Foppapedretti e della Volley Bergamo.

“In Italia siamo troppo individualisti, sempre pronti a volere aver ragione”. “che rammarico vedere i piccoli artigiani che non ce la fanno”.

P er la sua Bergamo pensa a un futuro “diverso”, realizzabi-le, sia a livello di infrastrut-ture ma soprattutto a livello

di valori, come l’onestà e l’umiltà che gli ricordano la sua infanzia, quel primo camioncino di legno con cui giocava da bambino o gli anni vissuti a fianco del suocero Ezio Foppa Pedretti, fondatore dell’azienda. Luciano Bonetti, presi-dente della storica azienda di Grumello del Monte (leader nella produzione di articoli e accessori per la casa e per l’in-fanzia) e della Volley Bergamo, è nato e cresciuto, anche professionalmente, vi-cino alla famiglia Foppa Pedretti. Ricorda uno dei primi disegni che ha eseguito quando è arrivato in Foppa-pedretti?“Certamente, il seggiolone per bambini che ha venduto un milione e mezzo di pezzi”.Che insegnamento ha tratto da suo suocero?“L’umiltà. Sebbene sia stato un uomo che ha raggiunto il successo, è sempre rimasto con i piedi per terra”.Qual è oggi il valore aggiunto che un imprenditore deve avere?“Fare reddito. Non è l’obiettivo finale,

ma è fondamentale per dare continuità all’azienda, farla crescere, restituendo in parte al territorio quello che il territo-rio dà. Il tutto nella piena legalità”.Si sente più mana-ger o imprendito-re?“Sicuramente im-prenditore, perché usiamo il capitale di rischio e su un’i-dea siamo disposti a metterci in gioco. Il manager invece guarda meno a lungo termine”. Non intravede il rischio che la crisi possa spegnere lo spirito imprendito-riale che ha fatto grande questo Paese?“Oggi è quasi impossibile pensare che l’imprenditore abbia gli strumenti per sconfiggere la crisi. Si trova a vivere in un mare in tempesta e naviga cercando di governare l’azienda spesso senza una meta, anche perché il Paese non ha una guida certa”. In questa crisi, qual è un suo grande rammarico?“Vedere i piccoli artigiani che non ce la fanno. Per esempio, i tanti artigiani che costruivano gli interni per le barche e che ora stanno chiudendo. Si tratta di persone con un ricco know how, risor-se indispensabili per il nostro paese che difficilmente riusciremo a ricostruire”. Di cosa dobbiamo e possiamo andare orgogliosi per guardare con ottimi-smo al futuro?“Del nostro passato e di alcune realtà im-portanti che se utilizzate bene possono essere una risorsa: penso all’enogastro-nomia, alla moda, all’auto sportiva. ecc.. Ma guarderei anche all’immensa ricchez-za artistica che spesso non valorizziamo. Se gli Stati Uniti avessero i nostri Uffizi, immagino ne farebbero un business in-credibile. In Italia non è così”. Foppapedretti è un’azienda familia-re. Cosa rappresenta questo per lei? “La famiglia ha le sue positività, ma an-che negatività. Magari ci si trova d’ac-cordo sulle grandi scelte, ma si scivola sulle piccole liti, che possono avere

un peso sulle decisioni future. Sicura-mente la famiglia è un valore aggiunto. Permette una maggior tranquillità nel

controllo, un miglior rapporto di fiducia, ma non va allargata troppo. Ecco perché abbiamo deciso di non fare entrare i figli nell’azienda”. Lei ha iniziato gio-vanissimo a lavo-

rare, con importanti responsabilità. Come vede le nuove generazioni?“I giovani sono meglio di quello che si pensa e mi rattrista la disoccupazione che li attanaglia, vederli costretti a vivere sulle spalle dei genitori. I giovani hanno perso la fiducia in se stessi, non hanno la capacità e la voglia di lottare perché per anni sono stati viziati e oggi, di fronte ai cambiamenti in corso, non hanno gli anticorpi per combattere. È una genera-zione che avrebbe bisogno di scendere in piazza. E io scenderei in campo con loro”. Ma cosa dovrebbe fare un giovane per mettersi in gioco?“Reagire e sperare che la classe politi-ca, insieme a quella imprenditoriale, si rigeneri”. Diplomato al classico, ingegnere, imprenditore e dirigente sportivo. Le piacerebbe fare altro?“Non credo. Ho incontrato la morte e il dolore fin da piccolo: mio fratello para-lizzato a causa di un incidente stradale, mia madre operata per un tumore al cervello: fin da gio-vane ho deciso che avrei dato una scala di valori alla mia vita”. Ce la rivela?“Al primo posto ho messo la famiglia, poi me stesso e in terza posizione il lavoro. L’impresa è importante, ma non è tutto. Se uno dei miei familiari mi dovesse chiamare per chiedermi aiuto, lascerei quello che sto facendo per andare da lui. Anche per

questo motivo ho declinato gli inviti ad entrare in politica”. Il nuovo Palazzetto dello Sport?“È stata un’occasione che s’è persa 10 anni fa. Oggi come oggi è un’operazio-ne non finanziabile”. Cosa vorrebbe per Bergamo?“Sogno una città diversa, con meno auto, la stazione ferroviaria sottoterra, un treno veloce che colleghi con Milano, più spazio per i giovani e via XX Settem-bre coperta”. Ai politici cosa chiederebbe?“Di dare un esempio e di governare al massimo per otto anni per poi mettersi da parte”. Economicamente parlando, come immagina la nostra provincia fra die-ci anni: ancora manifatturiera, più terziaria o orientata al turismo?“Manifatturiera, ma con molto terzia-rio”.La Foppapedretti non è quotata. Lei pensa che la Borsa sia ancora un’op-zione valida per le imprese che voglio-no finanziarsi?“No. Oggi come oggi è un’opportunità molto lontana”.Dallo sport che lezione ha tratto come imprenditore? “In Italia siamo ancora troppo indivi-dualisti. Nel mio ufficio ho voluto un tavolo esagonale con nessun “capo tavo-la” perché quando ci si siede a parlare, a discutere, si deve essere tutti uguali. Quando si analizza un problema tutti devono esprimere la propria idea e na-

turalmente alla fine ci deve essere un capo che decide. In Italia spesso si parla solo per dimostra-re di avere ragione, manca il gioco di squadra, valore che invece nella pallavo-

lo è indispensabile per vincere”. C’è uno sportivo che più di altri am-mira e apprezza?“Gustav Thoeni, sciatore, ex valanga az-zurra, un campione che ha sempre man-tenuto un profilo basso”.

di laUra di teodoro

prima dell’azienda metto la famiglia

Se gli americani avessero gli Uffizi...

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12MESIottobre 2012

17OPINIONI

di aNtoNio PaNiGalli HOMO FABER IPSIUS FORTUNAE…l’uOmO è ARTEfIcE dEllA PROPRIA sORTE

f orse è ora di riprendere il percorso di comprensione delle dinamiche che muo-vono i balzelli dell’odierno

malessere; la crisi economica altro non è che una crisi sociale e di sistema che prende spunto dalla avida fragilità uma-na (gli scandali dei pochi capri espiatori alla Bernard Madoff ne sono l’esempio) e si alimenta dalla insaziabile e poco sen-sata speculazione a 360°. Sarà quindi il caso di ricominciare a pensare che è meglio “investire” il proprio tempo (di-ciamo quello lavorativo, ma, non solo…) con le persone che “sanno fare” le cose (homo faber) e meno nell’ascolto dei di-scorsi dei teorici… Sarà quindi il tempo di riconsiderare Efesto, mitologico Dio lavoratore, come esempio per ridisegna-re la pratica artigiana del vivere e trovare soddisfazione sociale.

È ora di restituire valore al lavoro, fatto con la dignità delle mani o/e con il cer-vello ma sempre con perizia e maestria artigianale, e di guardare al passato, an-che come organizzazione sociale, per ricostruire il nuovo su basi solide, per svolgere bene il proprio mestiere, con un forte impegno personale e un conse-guente appagamento, intimo e sociale, per quello che si sa fare (anche coltivare la terra e costruire situazioni di autarchia sostenibile potrebbe essere una strada).

La regola, riportata anche sui testi di Richard Sennet (www.richardsennett.com), sociologo americano professore alla New York University e alla London School of Economics nonché consiglie-re di Barack Obama (fu tra i primi nel diagnosticare i danni della flessibilità spinta e del “cattivo lavoro” con il suo saggio “The corrosion of character”), è

che “l’artigiano sa fare, ma non sa dire bene che cosa sa fare” e quindi le pra-tiche della collaborazione, della coo-perazione e della riflessione condivisa, dovrebbero contribuire alla riqualifica-zione dei valori sociali e delle soddisfa-zioni che derivano dall’ambito lavora-tivo come pratica per una costruzione sociale diffusamente auto-sostenibile.

Può risultare affascinante l’esplorazione di alcuni spunti tratti dall’ultima opera di Sennet – “Insieme”, un libro sulla collaborazione come pratica artigiana –, che risponde all’esigenza contempora-nea di come vivere in un contesto socia-le, il quale, tramite le nuove tecnologie, si muove alla velocità della luce (da qui per esempio la nascita delle reti di im-presa e non solo), ma che poi nella sua organizzazione complessiva tende alla deresponsabilizzazione di massa delle azioni (tutto catalogato in regole, leggi e procedure: tutti responsabili, nessuno responsabile…).

Nelle interpretazioni di Sennet, la col-laborazione è conseguenza dei caratteri originari della specie umana, ma non

è né univoca né buonista (si collabora sia per fare un’azione illecita che per gestire un’impresa lecita, sia per la con-duzione della famiglia che per ammini-strare un bene comune). Le forme della collaborazione sono quindi infinite e va rimarcata la distinzione tra il principio della “simpatia”, che è in fondo la ca-pacità del soggetto di dichiararsi capace di soffrire e gioire con l’altro, assorben-dolo dunque in una forma di estensio-ne della sua soggettività, e il principio dell’“empatia”, che invece parte dall’a-scolto dell’altro in una forma di logica della reciprocità.

La collaborazione è primaria, la crescita dell’individuo si forma in funzione del contesto collaborativo, sarebbe forse bene pensare a un modello di auto soste-nibilità diffusa che privilegi la genuinità del lavoro (per esempio la riscoperta delle culture alimentari per l’auto so-stentamento) e utilizzi i nuovi strumenti tecnologici come compendio alla circo-lazione delle informazioni. E non il con-trario, come pare avvenga oggi: tutti sui social network e nessuno che sa come coltivare un pomodoro.

Richard Sennet

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12MESIottobre 201212MESI

ottobre 2012

1918 PENSIERI DI

FaVInI, il cacciatore di taLentI

f avini, è lavorando nel mon-do giovanile che ci si man-tiene così giovani?“Magari fosse così, mi capita

di guardarmi allo specchio e di vedermi invecchiato. Ormai gli anni sono 76”.Ma la passione quella non ha età…“Quando mi capita di fermarmi a casa per un giorno, mia moglie mi dice: vai a Zingonia, che qui rompi le scatole”.Senza il calcio cosa avrebbe fatto?“Nel cassetto ho un diploma da ragio-niere ma non sarei mai stato dietro una scrivania”.Un destino nel pallone...“Il calcio era il mio sogno da bambino. Sono figlio di panettieri e a 17 anni l’ho coronato approdando al Como, tra l’al-tro guadagnando dei bei soldini per quell’età e quell’e-poca. Studiavo ma fui bocciato all’ul-

“All’Atalanta, dove ho militato nella miglior stagione con un sesto posto in serie A, prendevo 80mila lire al mese, con un contratto biennale di 2 milioni. Con quei soldi ci si comprava metà ap-partamento”. Come la vedono i suoi pupilli?“Credo come un nonno, data la mia età. O un vice papà, visto che sono lontani dalla famiglia”.Ma come sono questi ragazzi che cre-scono con il mito del calciatore?“I ragazzi non cambiano. Sono sempre identici, quelli di oggi come quelli di un tempo; è il mondo che li circonda che è cambiato. Molti si lasciano coinvolgere e trascinare dai falsi miti”.

O dai troppi soldi?“Fatte le debite proporzioni gli ingaggi di oggi sono equiparabili

a quelli dei miei tempi, ma con una differenza sostanziale. Io che pure quei soldi me li gua-

dagnavo, anche per comprare un paio di calzini avrei do-vuto chiedere il permesso a mia mamma. È una que-

stione di educazione e in quest’ottica prima vengono i genitori,

poi la scuola e anche lo sport. Ma spesso anche i genitori ven-gono abbindolati dai

procuratori…”.La cosa più impor-

tante?“L’educazione, non mi

stancherò mai di ripeter-lo. È il punto di partenza

irrinunciabile, ma poi ci sono altre cose”.

Quali? “Il rispetto e l’intensità agoni-

stica: in due parole, il sudore e il sacrificio. Quello che chiede Colantuono ai suoi

giocatori”.Una cosa che le dà fastidio?

“La presunzione che, nel mondo nel calcio, è quando uno pensa di aver

capito tutto del ragazzo che ha di fronte

e che, magari, avrà bisogno di più tempo per maturare, per emergere. Non sono tutti come Pazzini e Montolivo, che a 18 anni erano già pronti e maturi”.

Qual è l’x factor che fa di un ragazzino un possibile campione?“Non ho mai creduto alla possanza fi-sica, piuttosto alla destrezza tecnica e a certe abilità che anche a dieci anni si intravedono. Come quando vidi per la prima volta Stefano Borgonovo, era solo un bambino ma fece un gesto tecnico strabiliante, stoppando una palla che gli rimase incollata al petto. Lo portai subi-to al Como”. Delusioni? “Doni, non ci volevo credere. Così come Carobbio, un ragazzo dolce, educato, caduto in un pasticcio più grande di lui”.La sua giornata tipo?“Mi sveglio presto, leggo i giornali e vengo a Zingonia”.A proposito di giornali, che ne pensa della stampa sportiva?“Ci sono buoni giornalisti, altri meno, ma in genere sono corretti”.Quello più “buono”?“Corbani lo conosco da quando gioca-vo, ormai siamo coetanei. Ha tutta la mia stima”.C’è stato un momento in cui aveva pensato di mollare tutto…“Quando ho capito che qualcuno voleva

decidere al mio posto su certe situazioni”.Per fortuna poi ha cambiato idea…“Sì, ed è merito di Percassi, ma devo dire che anche con Previtali e lo stesso Ruggeri ho avuto sempre un buonissi-mo rapporto. Quando fu inaugurato il centro di Zingonia, Ivan mi disse: gran parte di questa palazzina deve merito al settore giovanile. Sono frasi che non si dimenticano”.Il talento che avrebbe voluto scopri-re?“Due, Maldini e Pirlo”.Il calciatore modello?“Nell’Atalanta, nessun dubbio: Bellini buon calciatore e splendida persona. Così come lo è Padoin, che è finito alla Juve”.L’allenatore che le piace di più?“Pep Guardiola, anche per come ha sa-puto guardare e valorizzare il settore giovanile”.Il primo insegnamento tecnico?“Il primo controllo del pallone, che fat-to nella maniera giusta fa guadagnare tempo e spazio. Subito dopo i tempi di giocata, quelli che ti consentono di fare passare la palla tra due avversari”. Il suo motto?“Saper ascoltare. È più difficile che par-lare. Se uno ascolta con la testa, impara”.La chiamano maestro. Il suo miglior allievo?“Gianfranco Matteoli, mezzala dell’In-ter che oggi fa il mio stesso mestiere. È come un figlio, ed è bravissimo”. Il suo idolo quando era ragazzo?“Puskas, ma lei non può ricordarselo. Non era ancora nata”.

di doNatella tiraboschi

Intervista al responsabile del settore giovanile dell’atalanta. “I ragazzi non cambiano. sono sempre identici, ieri come oggi. È il mondo che li circonda che è cambiato. molti si lasciano coinvolgere e trascinare dai falsi miti”. “nel calcio odio i presuntosi”.

la scheda

Fermo Favini (detto Mino), nato a Meda nel 1936, è un dirigente spor-tivo, ex calciatore italiano. Cresciuto tra le file del Meda, ha giocato nel Como e nel Brescia, in Serie B, per poi debuttare nella massima serie con il passaggio all'Atalanta. Finita la carriera, comincia a lavorare nei settori giovanili. Prima a Como, poi, all'inizio degli anni Novanta, su proposta del presidente atalantino Antonio Percassi, si trasferisce a Bergamo, facendo del settore giovanile atalantino uno dei più floridi del panorama calcistico italiano e consacrandosi come uno dei migliori talent-scouts italiani.

irrinunciabilieducazione e istruzione

doni? Una delusione

timo anno, anche perché con le doppie trasferte le assenze erano tante. Avevo deciso di smettere, ma mia mamma fu irremovibile: non studi più? Bene allo-ra non giocherai più, mi disse. L’anno dopo presi il diploma”.Che le è servito a poco…“Non ho passato la vita a fare bilanci, ma l’istruzione serve. Lo dico sempre ai ragazzi. Seguo tutto il loro iter scola-stico”.Che mestiere è quello del calciatore?“Bello anche se è molto cambiato, nei rapporti e nei modi di gestire sia la gio-vane promessa che il campione. Cambia ogni dieci anni, basta pensare a come è mutato anche solo con l’avvento dei pro-curatori…”.Una volta non servivano…“I contratti si facevano con una stretta

di mano e una fir-ma su un pezzo di carta”.Il suo ingaggio di allora?

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12MESIottobre 2012

21RUBRICA

di silVio bettiNi

PRODOTTO & MERCATOl’EuROPA cHE VERRÀ

I l mese di agosto è stato per lunga parte caratterizzato dalla cronca sulle divergenze di vedute tra BCE e Bundesbank: da un lato

Mario Draghi ha affermato che l’Euro è un processo irreversibile a difesa del qua-le ogni intervento dell’istituto da lui Go-vernato è da ritenersi ammissibile; men-tre dall’altro Jens Weidmann presidente della banca centrale tedesca ha più volte sollecitato la BCE al rispetto del proprio mandato.

Tutto ciò è avvenuto all’interno di uno scenario complesso: il governo greco chiede proroghe agli interventi program-mati di risanamento facendo dubitare i più sulla possibilità di mantenere il paese all’interno dell’Eurozona e infittendo le fila degli euroscettici; la Spagna ha capi-tolato e si è resa disponibile all’interven-to del fondo salvastati, la Francia sembra vacillare e in Germania calano significati-vamente sia l’indice di fiducia sull’econo-mia che il livello delle esportazioni.

Per quanto ci riguarda, la disputa non è cosa da poco: come ormai sanno anche i sassi, ogni segnale di debolezza che si manifesti in Europa produce un imme-diato effetto sulla differenza nel tasso di interesse sui titoli di stato richiesto ai paesi ritenuti più deboli, quindi meno solvibili come il nostro, rispetto a quello offerto dai paesi ritenuti più seri e cre-dibili come la Germania: l’oramai famo-sissimo “spread”. Un calcolo, pur estre-mamente grossolano, ci permette di dire che uno “spread” pari a circa 450 punti base (più o meno il valore medio in agosto) costa per interessi allo stato italiano 90 miliardi di euro l’anno in più di quanto costi allo stato tedesco (ovve-ro zero perché i titoli di stato tedeschi semplicemente non danno rendimento),

cioè il 4,5% del debito che deve essere finanziato, ovvero 2.000 miliardi circa.

Permettetemi di dire che su un bilancio totale di 450 miliardi anno, che è più o meno il totale delle entrate finanziarie del nostro paese, il 20% è veramente tanto. Sono questi, infatti, denari che potrebbe-ro essere destinati ad altro, come il welfa-re, la sanità, le infrastrutture, l’istruzione e la ricerca o anche, meglio, a ridurre le tasse, invece finiscono nelle tasche dei detentori di Bot, Cct, Btp, ecc.. Investi-tori questi, che per la metà circa sono ita-liani, ma per la restante parte sono stra-nieri, come a dire che il 10% circa delle tasse che noi italiani paghiamo arricchi-sce qualche signore americano, inglese, cinese o tedesco.

Questo, in estrema sintesi, è uno dei si-gnificati della disputa tra Berlino e Bru-xelles: il tentativo estremo, propugnato dai paesi del sud Europa, fin dai tempi di Tremonti, di far passare il concetto di Eurobond, ovvero di titoli del debito pub-blico non più italiani, spagnoli, grechi o tedeschi, ma europei. Facciamo un esem-pio semplice: se in Europa ci fossero solo Germania e Italia, paesi che nel tempo hanno accumulato un debito pubblico si-mile – 1.998 il nostro, 2.082 quello tede-sco – e se questi due paesi emettessero gli eurobond, anziché pagare “zero” i tede-schi e il 4,5% medio in più noi, probabil-mente pagheremmo entrambi il 2,2%, ma questo significherebbe scaricare la metà della nostra “non credibilità” sui tede-schi, un conticino che nel nostro esempio vale 45 miliardi, mica noccioline.

E allora pare abbastanza comprensibile che Frau Merkel e i suoi compatrioti su questo tema siano irremovibili, ma se i tedeschi fossimo noi credo che la pense-

remo allo stesso modo… a meno che…

A meno che si vari definitivamente il cammino che porti a un’Europa più ma-tura e soprattutto più funzionante, più simile agli Stati Uniti insomma. Sembra infatti che la Cancelliera abbia in animo di lanciare a dicembre una costituente che si ispiri proprio alla Philadelphia Convention che nel 1747 ha sancito la nascita degli USA.

Il focus sarebbe incentrato sull’unione politica, cioè la trasformazione dell’U-nione europea in un vero Stato federale e la Germania non ha mai fatto mistero che questo è il suo unico obiettivo, so-stenendo con crescente enfasi negli ultimi mesi che solo quando sarà stato compiuto lo storico passo sarà possibi-le risolvere la crisi del debito. Tutti gli altri membri, pur essendo in linea di massima favorevoli a una maggior com-pattezza, temono che la Germania (e gli eventuali alleati) a quel punto dettereb-be legge in modo ancora più risoluto di oggi. L’unione come l’immagina Berli-no dovrebbe essere in grado di coordi-nare con maggior efficacia le politiche non solo economiche dei Paesi membri, ma tutte le varie articolazioni comunita-rie esistenti che troverebbero finalmen-te una nuova dignità: il Parlamento di Strasburgo approverebbe centralmente i vincoli di bilancio come accade oggi con la legge Finanziaria di ogni Paese, la Corte di Giustizia del Lussemburgo esaminerebbe i casi di inadempienza, la Bce diventerebbe la vera banca centrale di uno Stato che finora non esiste, con garanzie di indipendenza e autorità.

Non so voi, ma io dopo aver assistito per un’altra estate al mesto teatrino dei no-stri politicanti, ci credo e ci spero.

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ottobre 2012

2322 PENSIERI DI

di rosaNNa scardi

Intervista a roby Facchinetti, leader dei pooh.

I l 9 e 10 novembre prossimi, i Pooh arriveranno al Teatro Cre-berg di Bergamo accompagnati dall’Ensemble Symphony Or-

chestra. La nuova tournée segue l’uscita del loro ultimo progetto discografico, “Opera Seconda”. Roby Facchinetti, se non fossero esi-stiti i Pooh, cosa le sarebbe piaciuto fare nella vita?“Il mio è un destino che non mi lascia via di scampo, avrei comunque fatto il mu-sicista, ma magari sarei diventato diret-tore d’orchestra. Uno dei primi ricordi d’infanzia è legato alla festa patronale di Sant’Antonio a Longuelo. Quando il ma-estro della banda mi vedeva, smetteva per far dirigere me. E io impazzivo di gioia, perché la musica è il sogno che ho fin da quando ero piccolo. Decisivi il regalo di un’armonica a bocca, a tre anni, per San-

ta Lucia, e ascoltare l’organo alla messa delle 11 in parrocchia. Così a sei anni ho iniziato a suonare pianoforte”. È nota, oltre alla sua bravura musica-le, la sua abilità di cuoco. Qual è il suo piatto forte?“Polenta e guanciale di vitello, l’ho cuci-nato anche a “Vip ai fornelli”, in onda su Bergamo tv. Una robetta che si prepara in quattro-cinque ore, e che per la sua corposità è un piatto unico”.Le piacciono i piatti sostanziosi…“Amo la nostra cucina tipica. Come il casoncello di mia madre, fatto in casa e con trentatré ingredienti. Guai a dimen-ticarne uno”.I suoi genitori che esempio sono stati?

“Di un amore eterno. Si sono sposati che erano due creature di tredici e sedi-ci anni. Sono stati insieme settantadue anni, e se ne sono andati a distanza di quattro giorni”.Lei ha avuto due mogli e una convi-venza, da cui sono nati cinque figli. E poi c’è il legame quarantennale con i Pooh. Conta più l’amore o l’amicizia?“Sono entrambi importanti, rapporti forti. I Pooh sono l’esempio più alto della fratellanza. La nostra è una vita di progetti straordinari, tournée indimen-ticabili. Anche in mezzo alle difficoltà o durante le discussioni più accese non ab-biamo mai perso di vista l’obiettivo prin-cipe, il nostro gruppo. L’amore invece è

Giovanna. Un’altra alchimia perfetta che dura da ventisette anni”. Lei canta spesso l’amore. Come si fa a far durare una storia?“Dopo la fase iniziale dell’attrazione, dell’istinto e dell’irrazionalità, ti rendi conto se rimane il famoso amore. Se c’è, va coltivato e portato avanti, ma se si dà un po’ tutto per scontato è l’inizio della fine. A difesa dell’amore servono delle regole”.Qual è la prima regola?“Una volta a settimana regalarsi una cena insieme. Si parla, nasce quell’in-timità che alimenta il rapporto, e che troppo spesso, soprattutto quando ci sono i figli, si perde”. Lei ha detto di non aver ancora scritto la sua canzone migliore. Quale brano avrebbe voluto firmare?“Una sera d’estate passeggiando ho sen-tito Il cielo in una stanza cantata da Mina. La sua voce usciva da una casa dove c’era una finestra spalancata. Sono rimasto in-cantato per la straordinaria semplicità del testo. Tra i brani inglesi, Yesterday”. Dunque, preferisce i Beatles ai Rol-ling Stones…“Ho ascoltato e amato di più McCartney e Lennon, ma anche Stones, Queen, Deep Purple, Police. Ognuno di questi gruppi ha il merito di aver creato una matrice per chi ha fatto pop”. E tra lirica e rock?“Mia madre m’ha trasmesso l’amore per sinfonie e opere. Armonie senza tempo che ho riportato alla mia maniera nella musica che faccio”. Lei ha realizzato i suoi sogni, cosa che per i giovani oggi è molto più diffici-le. Cosa pensa del momento che stia-mo vivendo? “Il mondo si inventa ciclicamente una guerra per ricreare poi un nuovo assetto. È quello che stiamo vivendo noi ora. Un conflitto senza carri armati né eserciti,

dove le armi sono quelle economiche”.Cosa la preoccupa?“Il dramma è la mancanza di futuro per i giovani”. La disoccupazione fra loro è a livelli record. Quale consiglio darebbe a chi si affaccia al mondo del lavoro?

“Usare la fantasia. Bisogna capire cosa si vuole fare, puntare sulle idee, crederci fino in fondo e portarle avanti con tanta forza di volontà. Io ho fiducia nei ragazzi.”E l’Italia di cosa ha bisogno?“Di un mutamento radicale. Il mondo deve cambiare, così com’è è fallimenta-re. È necessario un ricambio politico”. Chi le ispira fiducia?“L’unica soluzione per ricominciare è l’azzeramento, un mutamento alle radici, altrimenti sarebbe come ristrutturare una casa vecchia mantenendo le fondamenta marce. Ci vogliono persone nuove che ra-gionino in modo diverso, e che aggiustino quello che noi vecchi abbiamo rotto”. Le fanno paura gli anni che passano?

“Invecchiare è una brutta bestia, mi pia-ce credere che il tempo non passi, ma arrivi”. Come si tiene in forma?“Con una buona alimentazione. E visto che non faccio il taglialegna, mi piace bruciare calorie pedalando e con lunghe camminate”. Qual è la più grande gioia per un uomo?“Assistere al primo respiro del proprio figlio”.E la sua massima gratificazione pro-fessionale?“La vittoria al Festival di Sanremo nel 1990 con Uomini soli”. Cosa le dice la gente quando la incon-tra per strada? “Beh, solitamente si spacciano per essere i miei più grandi fan. C’è chi mi dice, con compiacimento, che rappresento Berga-mo nel mondo, chi mi chiama semplice-mente “il Roby”, che non è il mio vero nome, perché mia mamma mi ha chia-mato Camillo. A undici anni però non mi piaceva e decisi di cambiarlo in Roberto”.Rimpianto?“Se oggi avessi undici anni, sarei rima-sto Camillo Facchinetti”. Il segreto per essere felici? “La felicità sta nell’imprevisto. Incontri un amico che non vedi da vent’anni e non puoi non essere contento”. E quello per star bene?“L’equilibrio con se stessi”.

la scheda Roby Facchinetti è nato a Bergamo il primo maggio 1944. Il suo primo grup-po, nel 1958, si chiama I Monelli. Nel 1964 gira l’I-talia con Pierfilippi e Les Copains e nel 1966 suo-nano insieme ai Pooh allo Sporting Club di Bologna. A Roby viene proposto di unirsi a loro per sostituire l’inglese Bob Gillot. È l’i-nizio del sodalizio più lon-gevo della storia musicale italiana. Con loro firma Pic-cola Katy, Tanta voglia di lei, Dammi solo un minuto e Uomini soli.

Mi preoccupa la mancanza di futuro per le nuove generazioni. a chi deve entrare nel mondo del lavoro dico di usare la fantasia, puntare sulle idee e crederci fino in fondo

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12MESIottobre 2012

di Mario coNserVa

STRATEGIA D’IMPRESA

25RUBRICA

lA dIsTORsIONE dEI cONcORdATI PREVENTIVIuNA mINA VAgANTE PER l’EsTRusIONE

T orna alla ribalta il fenome-no dei concordati preven-tivi, conseguenza della crisi economica, delle difficoltà

creditizie per le aziende e di una revi-sione del codice fallimentare che, allar-gando le maglie dell’accesso alle proce-dure concorsuali, consente di evitare la strada obbligata del fallimento, aprendo però la via a gravi distorsioni del mer-cato.

È noto che il concordato permette ad un’azienda in crisi di abbattere o eli-minare i debiti attraverso un piano di pagamento degli stessi in accordo con i creditori, e che la più recente riforma dell’istituto ha introdotto una diversa concezione della procedure, attenuan-do alcuni aspetti di rigidità. Tanto per chiarire, risulta ad esempio oggi elimi-nato ogni riferimento alla soddisfazione integrale dei creditori privilegiati e si favoriscono le decisioni della maggio-ranza di essi, spesso composta dagli istituti di credito che tendenzialmente sono più disponibili ad un concorda-to al ribasso. In periodi difficili come quelli che stiamo vivendo, l’approccio troppo indulgente è una cura peggiore del male e gli aspetti più critici riguar-dano la disinvoltura con cui può essere utilizzata la procedura per mortificare in sostanza la capacità di fare impresa andando a premiare proprio chi non è stato in grado nel passato, né lo sarebbe

in normali condizioni di mercato nel fu-turo, di assicurare una provvista adegua-ta di mezzi propri alla azienda. È infatti una grave distorsione poter chiudere la produzione di aziende decotte, chia-ramente giunte al capolinea per incon-sistente posizionamento sul mercato o per carenze imprenditoriali, abbatterne gli indebitamenti concordando percen-tuali di rimborso ai creditori ridicol-mente basse, spesso al di sotto del 10%, quindi ripartire con una nuova società, clone nei fatti e spesso anche nel nome, per fare la medesima attività produttiva, magari con lo stesso management, però con l’enorme vantaggio di una riduzione artificiosa dei costi, e quindi con la capa-cità di proporsi sul mercato con condi-zioni impraticabili dalle compagnie sane e serie.

Il fenomeno sta prendendo sempre più piede e va a colpire comparti partico-larmente critici sotto l’aspetto della competitività, all’interno di questi in-teressando le imprese meno capaci di innovarsi e meno attrezzate ad affron-tare le nuove situazioni concorrenziali. All’inizio della crisi nel 2009 fu il setto-re delle fonderie di metalli a lanciare un preoccupato grido di allarme, e le asso-ciazioni italiane di categoria Assofond e Amafond giustamente denunciarono i rischi di creare delle mine vaganti tenu-te artificialmente in vita. Oggi scoppia il problema degli impianti di estrusione

alluminio che interessa al momento cin-que o sei fabbriche, la maggior parte in Lombardia, da tempo chiacchierate ed ora giunte al punto di non ritorno, sal-vo appunto interventi straordinari. Con la ulteriore complicazione che si tratta di un comparto afflitto dal peccato ori-ginale, spesso denunciato da Assomet, di una eccessiva capacità produttiva, lasciata lievitare senza controllo anche attraverso sconsiderate politiche di fi-nanziamento pubblico degli ultimi venti anni, doppiamente dannose come sper-pero di risorse e come inquinamento del mercato.

Le maglie larghe delle possibilità con-cesse dal concordato stanno in realtà impedendo al sistema dell’estrusione italiana, in un periodo di crisi genera-lizzata, di fare il suo corso naturale. Le regole del mercato sono semplici, quel-lo che serve oggi è eliminare le forzature di ogni tipo e lasciar andare avanti il gra-duale aggiustamento dell’equilibrio at-traverso i consueti parametri della valen-za dell’impresa misurata su tecnologie produttive, tipologia, differenziazione e qualità dei prodotti, dinamismo com-merciale e attitudine all’export, capacità di assistenza tecnica e partnership con i clienti, quindi presenza attiva e di traino del mercato. Prerogative che purtroppo sono mancate a molte imprese in crisi conclamata, e che non possono essere attribuite d’ufficio dai tribunali.

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ottobre 2012

2726 PENSIERI DI

“Mi conSiderano fUori di teSta, per qUeSto sono FuorI daI gIochI”

di doNatella tiraboschi

s tefano Salvi è stato per anni inviato di Striscia la Notizia, ai più noto come vice-Ga-bibbo. Ora continua le sue

battaglie su stefanosalvi.it, una web tv d’inchiesta.Stefano, che cosa… salva di Bergamo?“La bellezza architettonica. Sul resto stenderei un velo, abbiamo un teatro cittadino che è fuori norma, la bibliote-ca Maj che cade a pezzi. Qualcuno non ha capito che fare cultura non significa predisporre il cartellone degli eventi; è amore del bello, professionalità del ser-vizio, accoglienza”.Tutte cose che vorrebbe insieme a…“Alla capacità di proiettarsi in una di-mensione europea. La nostra è la città delle banche”.Uno dei poteri forti di Bergamo…“E del mondo. Le banche stanno deter-minando i cambiamenti sociali e politici di questi ultimi anni. Le agenzie di ra-ting sono il verbo. Il mondo è governato da 250 persone che con il solo 4% delle loro ricchezze potrebbero provvedere e soddisfare i bisogni primari dell’umani-tà per i prossimi 50 anni”.

Quanto si sente bergamasco?“Molto. Mia mamma è bergamasca, tifo Atalanta e sotto molti punti di vista sono orgoglioso di questa città. In un certo senso rappresento l’Unità d’Italia, dal momento che mio papà era di Teano, un terrone che aveva la mentalità di uno svedese”.Tre qualità positive della sua perso-nalità?“Preferisco parlare delle qualità nega-tive, che paradossalmente sono il mio punto di forza. Il mio nome e cognome, ad esempio. Lo conoscono tutti ed è percepito come un elemento negativo”.Doti che apprezza?“L’onestà, la rettitudine senza essere noiosi. Ad esempio, io sono ligio a tutto ma non sono noioso. Non bevo e non mi drogo. Non ho bisogno di assumere stu-pefacenti, perché stupefacente lo sono già di mio. Diciamo che vengo conside-rato un po’ fuori di testa”.Adesso di cosa si occupa?“Ho la responsabilità di una web tv d’in-chiesta che ha 44mila newsletter la set-

timana e un milione e mezzo di contatti. L’ho creata quando nel 2006 nessuno sapeva cosa fosse Youtube”.Cosa sognava di fare da grande?“Per 7 anni ho fatto il bancario, al Cre-berg, e mi sono divertito come un matto. Poi nel ’79 sono andato in America, un anno di aspettativa. Al ritorno mi sono iscritto a un corso del Teatro Prova e sono diventato attore, giravo l’Italia con pieces brillanti. La tivù è arrivata dopo, e ho avuto fortuna, un gran seguito di pubblico. Fino a quando ho mandato affanculo Ricci”.Come è diventato giornalista?“Grazie a Mani Pulite. Mi incazzai non solo per quello che avevano fatto i poli-tici, ma per i giornalisti. Per troppi anni erano stati i cani da passeggio della po-litica. Fu quella la cosa che diede una svolta alla mia carriera”.E in tivù come ci finì?“Grazie a una canzoncina idiota che, inserita nella Fiki Fiki compilation, ven-dette migliaia di dischi. Un’occasione per crearmi contatti professionali che mi vennero buoni anni dopo”.In che modo?“Facevo tivù con Calderoli, un program-ma su Studio tv 1 nel quale avevo un mio

spazio. Allora la Lega era davvero quella dei duri e puri”.E adesso?“È peggio della Dc, l’ultimo partito al mondo che, nei fatti, rinnega quanto proclamato a parole”. Tornando alla trasmissione con Cal-deroli…“Avevo questo mio spazio con servizi giornalistici di rottura. Ne feci delle microcassette in cerca di qualcuno che potesse lanciarle come format. Tutti mi dicevo che ero in gamba. Le vide una persona che mi raccomandò a Ricci”.Per chi vota?“Non voto da 18 anni”.Un politico che le piace?“Uno che non mi dispiaceva è Marco Pannella”.Grillo?“Un populista”.Monti?“Ha preso il testimone di una situazio-ne drammatica che si trascinava da anni. Può fare solo quello che gli schieramenti politici gli consentono di fare”.Giorgio Gori?“È un cicciobello. Un bellissimo conte-nitore vuoto”.Mai pensato di scendere in politica?“Nel ’94 lo feci con Sgarbi per il Partito della Bellezza. Prendemmo anche un di-screto numero di voti ma non riuscimmo ad avere il seggio in Europa”.

La porcheria più grossa che le è capi-tato di raccontare?“Quella che mi portò a rompere con Ricci. Quello che facevo a Striscia era un giornalismo che andava a segno, tant’è che ne ho prese parecchie, da Marina Ripa di Meana a D’Alema che ha perso casa e causa. Di cause con le più alte cariche dello Stato ne ho avute 24, altrettanti processi. Le ho vinte tutte. Attaccavo il potere ed ero l’unico che lo faceva. Adesso Striscia ha 18 inviati che spesso raccontano ingiustizie banali”.

Poi con Ricci l’amore è finito…“Sì, ci furono un paio di questioni con ‘visioni’ completamente diverse. Gli dissi tutto quello che pensavo di lui e il nostro rapporto si chiuse. Era il 2001 e Striscia guadagnava più di tutta Rete Quattro”. Lei quanto guadagnava?”“35 milioni al mese. Gli sponsor face-vano a gara per piazzare gli spot subito dopo i miei servizi”.Che ne pensa della tivù di adesso?“Inguardabile”.Ma c’è un programma che vorrebbe fare, magari con qualcuno?“Sì, ho in mente un format con ragazzi

universitari che dicono la loro sui pro-blemi di attualità. Ho proposto la cosa a QN che sembra interessato a realizzarla. Sto cercando i fondi”.Perché è rimasto così fuori dai gio-chi?“Sono considerato pericoloso. Gli edi-tori sono politicizzati. Io non sono lega-to a nessuno e non voglio essere tirato per la giacchetta”.Qualcuno del mondo dello spettacolo che ammira?“Fiorello, un talento assoluto, e Beni-gni, ma a piccole dosi, solo quando re-cita Dante”.L’amore?“Importantissimo. I miei grandi amori sono state tre donne e ringrazio il cielo perché sono le creature più straordina-rie della terra”.L’amicizia?“Ho molte amiche donne e amici uomi-ni dai 70 ai 78 anni, tutti imprenditori. L’amicizia è la capacità di ascoltare le persone senza giudicare”.Cosa non sopporta?“Il moralismo, e Bergamo ne è infarcita. Per fortuna da qualche anno c’è un Ve-scovo che ha una visione diversa”.Le colpe che le ispirano più indulgen-za?“L’amore per più di una donna nello stesso tempo”.Che cosa le fa paura?“La malattia, per la sua imponderabilità”.La morte?“Conto di arrivarci a 95 anni e in salute. Ho un ottimo rapporto con Gesù, non con la Chiesa ma mi auguro di incon-trarlo il più tardi possibile”.L’ultimo lusso che si è concesso?“Ogni giorno mi concedo un lusso, che è quello di essere assolutamente libero. In banca ho solo 3.500 euro e non ho entrate. Da anni non faccio la dichiara-zione dei redditi perché non ho proprio niente da dichiarare”.E come campa?“Con i proventi di un tempo. Mi sono assicurato per tutta la vita un filetto al giorno e un po’ di pane. Mi basta questo per essere felice”.

a colloquio con stefano salvi, l’ex inviato di striscia la notizia ora in “trincea” con una web-tv d’inchiesta. “Il mio nome e cognome?

Lo conoscono tutti ed è percepito come un elemento negativo”.

la tv di oggi è inguardabile

la lega è peggio della dc

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BAcHEcA 29

Popolare di Bergamo, nel primo semestre utile netto in crescita Il Cda della Banca Popolare di Bergamo ha approvato la situa-zione patrimoniale ed economica al 30 giugno scorso, che espri-

me un utile netto di 85,8 milioni di euro, in crescita del 13,8% rispetto al medesimo periodo del 2011 (al netto dei componenti non ricorrenti, l’utile netto si conferma in crescita del 2,8%, attestandosi a 77,5 milioni di euro). Il risultato della gestione operativa segna un progresso del 19,5%, attestan-dosi a 191,8 milioni al quale hanno contribuito sia la positiva evoluzione dei proventi operativi a 427,2 milioni (+4,9%) sia la decisa contrazione degli oneri operativi (-4,5%). L’operatività nei primi sei mesi del 2012 ha confermato anche la sostanziale tenuta degli impieghi e della raccolta. Gli impieghi alla clientela si sono attestati a 19,3 miliardi di euro, registrando una variazione del -1,8%, da attribuire in particolare ai conti correnti e ai mutui, stante anche la persistente debole domanda di finanziamenti da parte della clientela. La raccolta totale da clientela privata (esclusi i prestiti obbligazionari sottoscritti dalla Capogruppo) si è invece attestata, a fine giugno, a 43 miliardi (-2,8% nel semestre).

All’Alt di Alzano il concorso “Emozioni dal mondo”Dal 18 al 20 ottobre prossimi si terrà l’ottava edizione del concorso enologico internazionale “Emozioni dal Mondo: Merlot e Cabernet

insieme”. L’evento è in programma allo spazio Alt di Alzano Lombardo e avrà una parentesi pubblica la domenica, in piazza Vecchia, con un banco d’assaggio dei vini in vincitori. Il concorso arriva dopo una settima edizione all’insegna della sempre maggior internazionalità e rappresentatività (201 i vini presentati da produttori di 15 paesi con 63 giudici provenienti da 18 nazioni riuniti a degustare), che ha segnato il primato assoluto del concorso per quanto riguarda il rapporto tra il numero di degu-statori e il numero di campioni de-gustati. Emozioni dal mondo sarà ancora una volta l’occasione per promuovere i vini di taglio bordo-lese (Merlot e Cabernet, appunto) e contestualmente rilanciare il ter-ritorio bergamasco e i suoi prodotti tipici, primo fra tutti il Valcalepio Doc, che gioca il ruolo del padrone di casa in occasione di questo ap-puntamento internazionale. Info: emozionidalmondo.it

12MESIottobre 2012

02/09

Orio al Serio, ad agosto nuovo record per l’aeroporto L’Aeroporto di Orio al Serio conferma il trend positivo del mo-vimento passeggeri che caratterizza il bilancio dell’attività

aeronautica da 12 anni a questa parte. L’analisi dei mesi estivi, quelli tra-dizionalmente legati ai viaggi vacanza (giugno, luglio e agosto), indica una crescita del 6,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno con 2,7 milioni di passeggeri in transito. Una variazione che ha riguardato essen-zialmente i voli di linea, mentre il settore charter ha tenuto bene soprat-tutto nei mesi di giugno e luglio con flussi superiori al 2011. Sulla base dei dati illustrati da Sacbo, nel mese di agosto si è registrato un movimento di 958mila passeg-geri, che rappresenta il record as-soluto per numero di passeggeri in un solo mese. Intanto, nel quadro del programma di riqualificazione degli spazi aeroportuali, Sacbo ha annunciato l’imminente avvio dei lavori di restyling dell’area pub-blica del lato partenze all’interno dell’aerostazione, che si conclude-ranno nel prossimo marzo.

04/09

Atm Mobilità e Brescia Trasporticomprano il 45% di Apam Mantova È stata formalizzata, nei giorni scorsi, l'operazione di acquisi-zione da parte di Atb Mobilità (50%) e Brescia Trasporti (50%)

delle quote di Atm Milano nella società Ntl (Nuovi trasporti lombardi srl).

10/09

Assunzioni, in sofferenza le piccole imprese Diminuiscono le imprese intenzionate ad assumere a Bergamo nel 2012, e quindi calano in misura consistente le assunzioni previste nel corso dell’anno, per la prima volta sotto quota

10mila. Le aziende che prevedono di assumere quest’anno scendono al 13,2% del totale (erano il 16,9% nel 2009, il 13,2% nel 2010 e il 20,3% nel 2011). I saldi occupazionali sono in prospettiva negativi in tutti i comparti, nell’edilizia soprattutto, ma anche nell’industria. È quanto emerge dalle previsioni sull’occupazione nel 2012 in provincia di Bergamo elaborate dall’Indagine Excelsior realizzata dal sistema camerale. La riduzione della domanda di lavoro è particolarmente accentuata tra le piccole imprese, mentre tra le imprese che esportano e che innovano la propensione ad assumere è quasi doppia rispetto alla media.

15/09

La società Ntl era nata nel 2008 dall'iniziativa di Atm insieme a Brescia Trasporti e Atb Mobilità. Viene quindi ufficializzata la cessione della parte-cipazione di Atm Milano in Ntl ai soci di Bergamo e Brescia, che ora deten-gono, in esclusiva, lo strumento societario che si è aggiudicato la quota del 45% di Apam Esercizio spa, società che gestisce il trasporto pubblico locale di Mantova e provincia. “Per Atb – dichiara il presidente del Consiglio di amministrazione di Atb Mobilità, Fabrizio Antonello – si tratta di un'ulte-riore, importante, tappa del percorso di aggregazione tra società lombarde di trasporto pubblico locale in vista delle prossime gare per la gestione dei bacini unici del Tpl in Lombardia”.

20/09

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12MESIottobre 2012

31LA cITTà

l’UltiMa chance per il parcheggIo deI “sognI”da decenni in stato di abbandono, più volte al centro trattative mai concluse tra Inps e comune, l’area dell’ex gasometro, in centro a Bergamo, potrebbe finalmente trovare la soluzione e diventare un posteggio per un migliaio di auto. Per fine anno sono attesi i risultati dei carotaggi per quantificare le spese di bonifica, ma resta aperta la trattativa con l’Istituto di previdenza, proprietario del terreno. Il vicesindaco, ceci: “L’accordo con l’ente si può trovare”.

di laUra berNardi locatelli

d a Venezia a Bari fino a Pavia, le destinazio-ni delle aree un tempo occupate da colossali

serbatoi di gas – e annoverate oggi tra i siti di archeologia industriale – rappre-sentano, da decenni, dei veri e propri grattacapi per le amministrazioni comu-nali. Non mancano certo svolte positive: nella vicina Verona sono partiti da poco i lavori per realizzare, dopo vent’anni sBAGNATICA (BG) Via Papa Giovanni XXIII, 63/E - tel. e fax 035.683.925

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L’area dell’ex gasometro di Bergamo (Foto Sergio Agazzi).

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12MESIottobre 201212MESI

ottobre 2012

33LA cITTà32

d’attesa, tra intoppi e bonifiche intermi-nabili, un parcheggio interrato per 439 posti auto, mentre Firenze ha pubbli-cato un bando per rilanciare l’area sul Lungarno Santa Rosa trasformando il sito in un centro culturale. Ora anche Bergamo sembra intravede-re una svolta per l’ex-gasometro, oltre 8.800 metri quadri, racchiusi tra via don Bosco e via Gavazzeni, destinati alla rea-lizzazione di un maxi-parcheggio a due passi dalla stazione, dal casello dell’au-tostrada e dal centro cittadino. L’opera, in cima alla lista dei desideri dei berga-maschi impegnati ogni giorno in una vera e propria caccia al posteggio – come rilevato dal sondaggio Ipsos condotto qualche mese fa dal Corriere della Sera a Bergamo – attende da oltre quarant’anni uno sviluppo. Una storia intricata, quan-to i rovi e le sterpaglie che occupano l’area, finita puntualmente nelle agende di amministrazioni ed enti pubblici, ma sempre rimasta su un binario morto. Da-gli anni Settanta agli anni Novanta il sito, di proprietà del Comune di Bergamo, è stato lasciato nel più completo abbando-no, al punto che PalaFrizzoni nel 1992, nell’era dell’amministrazione Galizzi, de-cise di fare cassetto e di disfarsi dell’area cedendola all’Istituto nazionale di previ-denza sociale per la cifra di 6 miliardi di lire, sborsati dall’ente per la realizzazione della nuova sede unificata Inps-Inail, un progetto rimasto tuttavia solo sulla carta. Così il Comune ha fatto di tutto per ri-portare a “casa” l’area; sono state avviate diverse trattative con l’Istituto e si sono avvicendate ben cinque amministrazioni con il risultato di un sostanziale nulla di fatto e di un mare di comunicazioni tra Bergamo e Roma. A partire dal 2010, il Comune è torna-to ad interessarsi all’area, cercando di fare il possibile per riportare indietro le lancette del tempo, manifestando apertamente la volontà di acquisire l’a-rea dell’ex gasometro per realizzare un parcheggio di attestamento. A dare ufficialità alla manifestazione d’interes-se, l’incontro a Roma due anni fa negli Uffici della Commissione Parlamentare

di controllo degli enti pensionistici, pre-sieduta dall’onorevole Giorgio Jannone, tra l’Inps, rappresentato dal presidente Antonio Mastropasqua e il Comune, con il sindaco Franco Tentorio e il vicesin-daco Gianfranco Ceci. Di qui un succe-dersi di trattative e quotazioni immobi-liari, il tutto con l’incognita degli oneri di bonifica da quantificare.“L’ultima parola sul destino dell’a-rea dell’ex gasometro è tutta affidata a carotaggi e piezometri”, dichiara il

vicesindaco e assessore alla viabilità, Gianfranco Ceci, che non smette di ri-cordare come l’opera, con quegli oltre mille posteggi, potrebbe contribuire a ridisegnare il traffico bergamasco. La risposta è chiusa nel dossier dello studio ambientale commissionato dal Comune (costo 100mila euro, ndr) i cui risultati frutto dell’analisi di 15 carotaggi – pun-tualizza Ceci – sono attesi a PalaFrizzo-ni entro la fine dell’anno”. I costi di bonifica del sito, dove una pre-

cedente indagine effettuata nel 2008 ha rilevato la presenza di cisterne e tracce di idrocarburi, rappresentano infatti il principale scoglio per la realizzazione dell’opera, che sarà comunque realizzata in project financing, con l’ipotesi di una concessione dell’area per cinquant’anni a fronte di un progetto di fattibilità da parte di società di interesse pronte a garantire solidità nel portare avanti ogni singola fase dell’opera, dalla progettazione all’e-secuzione fino alla gestione.

“La soglia critica per gli oneri di bo-nifica per il Comune – rivela Ceci – è fissata a un milione di euro; con molti pensieri e perplessità, l’Amministrazio-ne potrebbe valu-tare l’opportunità di sostenere costi fino a 2 milioni al massimo”. Una vol-ta scongiurati gli spauracchi legati a idrocarburi e ad al-tri agenti inquinan-ti, l’altro nodo da sciogliere è la valu-tazione dell’area di proprietà dell’Inps. “Una volta rag-giunto l’accordo con l’istituto – spiega Ceci –, il futuro dell’area è in mano ai privati. Non sono mancate manifestazioni d’interesse in questi anni per la realizzazione in project financing”. I tempi? “Quando avremo una stima dei costi di bonifica – continua il vicesindaco – intendiamo aprire un bando con dichiarazione di interesse all’opera da parte dei privati. L’idea è di qui a sei mesi di sciogliere le riserve: o il parcheggio si fa o, pur-troppo, si abbandona definitivamente il progetto”. Il prezzo per il sogno di tanti bergamaschi, pendolari in primis, in cerca di un posto auto per raggiungere la stazione ferroviaria, il centro e il mer-cato del lunedì ha un prezzo che oscilla dai 4,2 ai 6,6 milioni di euro, con quella piccola differenza di quasi un milione e 400 mila euro di mezzo”. L’Inps, che ha acquistato proprio da PalaFrizzoni l’area nel lontano 1992, chiede – sulla base di una valutazione effettuata dall’Agenzia del Territorio di Bergamo l’anno scorso – 6,6 milioni, ma ha dichiarato la sua disponibilità a scendere a 6. Il Comune per riporta-re a casa il terreno dell’ex gasometro e porre rimedio alla fatale cessione di vent’anni fa è disposto a sborsare tra i 4,2 e i 5,3 milioni di euro. “Non credo comunque che trovare un accordo sarà un problema, considerato il grande in-

teresse dell’opera per la città da un lato e la volontà di dismettere una proprietà non più strategica per l’Inps. Purché, sia chiaro, la valutazione sia corretta”

assicura Ceci, che smentisce in modo categorico che sia il ribollire delle quotazioni immo-biliari a far saltare il progetto. L’idea, planimetria alla mano, sulla r iqual i f icazione dell’area, il Co-mune l’ha bella e chiara: “Sono due le possibilità di re-alizzazione del par-

cheggio: una struttura multipiano i cui costi si aggirano sui 15 milioni di euro e un parcheggio interrato con un costo at-torno ai 30 milioni di euro”. Il parcheg-gio interrato – dal costo decisamente più oneroso e, sulla carta, quindi più improbabile – permetterebbe la realiz-zazione di un mercato coperto in perfet-to stile europeo con tanto di parcheggio sotterraneo da far invidia ai centri com-merciali: “Non è detta comunque l’ulti-ma parola, dipende dal project financing – dichiara con ottimismo il vicesindaco –. Purtroppo il parcheggio multipiano non consente per questioni di sicurez-za legate all’antincendio la presenza di un’area mercatale, abbiamo già verifi-cato questa seconda opzione”. La città aspetta da quarant’anni di veder riquali-ficata l’area tutta rovi e sterpaglie: il so-gno di scardinare la catena del cancello, dove si infrangono da anni le speranze di una rinascita per la Malpensata e Porta Sud, deve stare ancora un po’ nel casset-to, fino a Natale. A dicembre è possibile attendersi una svolta decisiva: “L’inten-zione, compatibilmente con gli oneri di bonifica, è di pubblicare al più presto un pre-bando per individuare l’interesse dei privati e di lì a poco sciogliere ogni riserva sulla realizzazione dell’opera e sulla riqualificazione di un’area della città in posizione strategica”.

Il vicesindaco di Bergamo, Gianfranco Ceci

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treviglio, qUell’ex upIm che dIVIde ancora La cIttàper anni e anni è stato l’emblema del degrado e della politica incapace di decidere. ora l’edificio sulla piazza centrale è stato abbattuto per far posto a un centro polifunzionale. ma i punti di vista sono ancora discordanti.

d a luogo di cultura a struttura commerciale per finire nell’abban-dono. A Treviglio, l’ex

Upim, in piazza Garibaldi, è po’ la sin-tesi di come un luogo storico possa in-nestare la retromarcia. Negli anni sono stati abbattuti due teatri, s’è fatto spa-zio al grande magazzino, chiuso il quale s’è lasciato l’immobile senza una pro-spettiva vera e propria per quasi due decenni. Il tutto in un luogo centralis-simo, cuore storico della vita cittadina. Solo nel 2013 l’edificio – acquisito dal Comune a metà degli anni Novanta – tornerà ad essere punto di attrazione, almeno così si spera. Ma ci sono voluti decenni di dibattiti, progetti, polemi-che, cambi di amministrazione per arri-vare a scrivere un nuovo futuro per l’ex Upim e ridare dignità alla piazza.

di rosaNNa scardi

Se non esistessero le foto d’epoca, po-chi trevigliesi ricorderebbero in modo chiaro che in piazza Garibaldi esisteva il Teatro Sociale, inaugurato nel 1870, teatro poi abbattuto in epoca fascista

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ottobre 2012

37LA PROVINcIA36

Per capire le vicissitudini dell’ex Upim bisogna ripartire ancora da lui, dal si-gnor Bacchetta, che oggi non c’è più. Chi era abituato a frequentare la piazza per piccoli acquisti, ma anche per ritro-vare gli amici al bar, se lo ricorda bene. Era un omone buono che negli Anni Cinquanta e Sessanta vendeva vino sfu-so e bottiglioni. La sua ditta aveva una storia centenaria. Prima trattava birra e gassosa, poi aceto, liquori, quindi solo vini. S’era allargato, nel tempo, acquistando parte dell’area vicina, per far posto alle sue strutture. Negli Anni Sessanta l’amministrazione consente la demolizione del palazzo all’angolo con via San Martino per ospitare, al pian terreno, il Credito Bergamasco. È solo l’inizio. Nel 1971 tutta l’area viene ven-duta: sessantacinque milioni di vecchie lire per cinquemila metri cubi. Cede anche Bacchetta. Inutile opporsi. Prima di lui era stata “sfrattata”, nel 1959, la statua dell’eroe dei due mondi, oggi nei giardinetti di via Marconi. A demolire e ricostruire è la Vittoria Assicurazioni, Gruppo Rinascente. Mentre le ruspe affondano nella vineria, vengono dan-

neggiate per “errore” le fondamenta del Teatro. E così giù anche quello. Allora a opporsi era stato il Circolo Artistico. “Quel teatro era motivo di vanto. Si facevano spettacoli, spesso in collabo-razione con il Grassi di Milano, e mo-stre nell’ingresso che dava sulla piazza. C’erano i veglioni del Circolo sportivo trevigliese con la banda. E poi come dimenticare quei palchi che, durante le proiezioni, diventavano caldi rifugi d’a-more”, racconta il giornalista treviglie-se, Roberto Fabbrucci, mentre mostra la foto che lo ritrae con gli altri artisti e l’occupazione pacifica con tanto di car-telli eloquenti “Teatro comunale ven-desi”. “Ci promettevano che avrebbero usato i soldi per realizzarne un altro”, si scalda ancora. Ma così non è. Arriviamo al 1968. La Giunta è quella di Ermanno Riganti. E sulle ceneri del teatro nasce il supermercato Upim-Sma che rimarrà aperto fino ai primi Anni Novanta. Uno smacco sentenzia il periodico satirico ’L Biligot attraverso le vignette di Car-melo Silva, in arte semplicemente Silva, l’umorista che inventò la moviola dise-gnata. Appare anche una lapide: “Qui esisteva il Teatro, regalato da generosi trevigliesi al Comune per la cittadinan-za. I donatori e i cittadini rimasti bugge-

Ma cambia la giunta. “A quel punto, poteva-mo rescindere e pagare una pe-nale sostanziosa o fare una rifles-sione” - afferma l’attuale asses-sore ai Lavori Pubblici, Basi-lio Mangano, confermando le modifiche apportate alle funzioni dell’e-dificio. Il nuovo progetto prevede un Centro da 2.191 metri quadri di spazio commerciale e un auditorium, al primo piano interrato, da 308 posti che scende in modo degradante al secondo, dove c’è il palcoscenico, con vano da cinquan-tadue posti. “Abbiamo adottato scelte tecnologiche e di acustica di altissimo livello - anticipa Mangano -. Sul palco, dotato di quinte e pedane mobili, si esi-biranno compagnie teatrali nazionali e dialettali per far tornare Treviglio il ca-poluogo culturale della Bassa. Accanto all’auditorium, per i giovani abbiamo pensato a un happy hour. Al pian terre-no ci sarà il supermercato”. Un ritorno al passato? “Per nulla. Sarà un alimen-

Le tappe

I progettiFinalmente viene indetto un concorso popolare e la gente sceglie l’architetto Silver Plachesi, forlivese, da quarant’an-ni trapiantato a Treviglio. Deve essere

lui a riprogettare la piazza. I politici dicono no. E così si procede con un altro concorso. È il ’99 e il bando met-te in competizione professionisti da tutt’Italia. Ad avere la meglio è Giorgio Grassi. L’intento è ambizioso; integrare l’edificio nella piazza con un richiamo all’architettura palladiana della Basi-lica di Vicenza. Nel 2001 diventa sin-daco, Giorgio Zordan (centrodestra), che commissiona l’incarico di studiare nell’interrato la possibilità di un teatro da cinquecento posti. Ma il costo si ri-vela elevato e nascono dissidi politici su come procedere. Tutto si arena fino a quando alla guida della giunta di cen-trosinistra arriva Ariella Borghi e, nel 2009, esce l’ennesimo bando. “Erano quindici anni che il palazzo era in ro-vina nel cuore della città. Noi abbiamo avuto il coraggio di fare un concorso di idee, con scelte orientate alla valorizza-zione del nostro patrimonio. E abbiamo pensato di creare un centro culturale” - spiega l’ex sindaco. Vince lo studio P.I.U di Roma (architetti Luca Pastorini, Stefano Benatti, Sonia Sammartino). Il progetto, presentato tra il gennaio-febbraio 2010, è meno one-roso, viene approvato e l’appalto affida-to poche settimane prima delle elezioni.

tari di primaria importanza, con obbligo di apertura fino alle 22 e con consegne a domicilio. Accanto ci saranno gelaterie-cioccolaterie, negozi di abbigliamento”. Prende le distanze l’ex sindaco Ariella Borghi: “Non è una variante, ma un pro-getto nuovo. Un tempio del consumi-smo, ideato per far cassa e che porterà solo traffico in centro”. Pronta la replica dell’attuale sindaco (Pdl-Lega), Giusep-pe Pezzoni: “Treviglio si fonda sugli scambi, vogliamo far rinascere il merca-to. Una mini ludoteca o mini emeroteca sarebbe stata inutile e onerosa. Meglio

un’operazione che si apra alla vita sera-le usando le risorse private”. Appunto, i finanziamenti: il co-sto di sei milioni di euro poteva essere coperto dalla vendi-ta delle tre farmacie in capo alla società comunale Ygea: 9 milioni il valore sti-mato, di cui 6 da de-stinare all’ex Upim. “Lo voleva la passa-ta maggioranza, ma c’è stata una spacca-tura al loro interno e hanno deciso di ri-mandare la decisio-

ne alla successiva Amministrazione. Nel frattempo però il prestito è stato defini-to”, spiega Pezzoni, pure lui contrario alla cessione delle farmacie. A guidare il Centro non sarà il Comune, che ne man-tiene la proprietà, ma un gestore unico con incarico per diciotto anni. “Attra-verso gli affitti ai privati incasseremo complessivamente 4,8 milioni di euro. I trevigliesi avranno la loro piazza entro l’autunno del 2013, noi abbiamo tenu-to le farmacie. Dopo diciassette anni di immobilismo, in un anno, abbiamo dato risposte”, afferma orgoglioso il primo cittadino. E chissà che, questa volta, la maledizione possa spezzarsi. E l’Araba Fenice trevigliese possa risorgere dalle proprie ceneri.

per lasciar posto, nel 1937, al Comuna-le, che doveva “educare alla cultura”: ac-canto vi era lo stabile della famiglia Bac-chetta che vendeva vini da generazioni, al centro l’antenna per l’alzabandiera nelle cerimonie pubbliche e i palazzi borghesi affacciati sui quattro lati. Oggi di quel passato resta poco o nulla. Sulla memoria ha preso il sopravvento un can-tiere, recintato con un invalicabile telo-ne verde. Si fa fatica a immaginare che lì, tra un anno, sorgeranno supermercato e negozi, auditorium per conferenze e spettacoli e un ristorante. Anche se si intravedono la platea e le coperture già montate, per i trevigliesi l’edificio è ancora una ferita aperta nel cuore della città. Tanto che c’è chi pensa che, vista la sua storia, la piazza sia come vittima di un sortilegio.

rati posero”. La fiamma della speranza si accende negli Anni Ottanta. Il socialista Luigi Minuti vince le elezioni, siamo nell’88, e resta in carica fino al 2001. Il nuovo sindaco, a metà degli anni No-vanta, acquista l’immobile, ma mancano ancora le condizioni per una soluzione. Nel frattempo la nuova isola pedonale svuota le vie, fa chiudere molti piccoli esercizi: prestinai, pollivendoli, modi-sterie, cartolerie, drogherie. Un trauma che dura per anni anche quando l’isola torna a essere solo mattutina. Nessuno rimedia, ci sono pochi parcheggi, nean-che l’ombra di un silos interrato. E men-tre i vigili sanzionano ogni minima in-frazione al codice della strada, resistono solo i commercianti di grande tradizione e prestigio. È in questo periodo che l’ex Upim acquista la fama di monumento all’inerzia. Rimane lì, utilizzato in modo parziale al pianterreno per esposizioni, mostre e convegni.

Il sindaco di Treviglio, Giuseppe Pezzoni

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12MESIottobre 201212MESI

ottobre 2012

INSIDE40 41

Bergamo, l’export cresce ma non “licenzia” la crisi

L’export non basta, purtroppo, a scac-ciare la crisi dal manifatturiero ber-gamasco. La situazione è differente da azienda ad azienda, ma nel com-

plesso non si può ancora dire, nonostante le apparenze, che i livelli di prima del crollo si-ano stati recuperati dal “Made in Bergamo”.A rendere più grave la situazione è il fatto che di fronte a un mercato interno più che depres-so, la logica e chiara indicazione di attaccarsi all’export, in tutti i modi, per riuscire a regge-re in concreto non è stata colta a pieno. L’I-stat non censisce le esportazioni indirette, lo sbarco di sponda nei mercati stranieri come fornitore di altri esportatori, che è anche for-se la formula più indicata per le tante piccole aziende bergamasche di vocazione “terzista”, spesso dal marchio poco appetibile o inesi-stente, e con una struttura inadeguata per affrontare da sole il “mare magnum” della globalizzazione. Ci sono invece dati ufficiali, seppure provvisori, sulle vendite dirette all’e-stero e in questo caso l’andamento del primo semestre 2012 risulta positivo, ma non ecce-zionale. Per esportazioni dirette, infatti, Ber-gamo, ha realizzato nel primo semestre una crescita del 6,3% rispetto allo stesso periodo del 2011, a quota 6,69 miliardi di euro: il ter-zo anno consecutivo il recupero ha permes-so di raggiungere una quota record, di una ventina di milioni sopra il massimo del 2008 (6,67 miliardi). Nominalmente è stato quindi cancellato il crollo di circa il 25% subito nel 2009, quando le esportazioni erano scese a

poco più di 5 miliardi, il livello del “Made in Bergamo” di quattro anni prima.Al di là del superamento di una soglia psico-logica, se però si considera anche la perdita di valore, vicina al 10%, provocata dall’in-flazione tra i due livelli “record”, quello del 2008 e quello di questo semestre, non è an-cora il momento di festeggiare: alle aziende bergamasche resta molta strada da fare per recuperare i livelli di prima della crisi per pro-duzione rivolta all’esportazione. Al reale recu-pero non aiuta una dinamica in rallentamento anche nell’espansione delle esportazioni: nel primo trimestre, la crescita su base annua era

stata del 7,4%, nel secondo non è andata ol-tre al 5,3%. È sempre un incremento, ma, se questa tendenza in frenata dovesse prosegui-re, nemmeno nel 2013 si potrà tornare in ter-mini reali ai livelli di prima della crisi. Si allun-ga quindi ancora quello che nel migliore dei casi si può giudicare come un “quadriennio perduto” ai fini della crescita (ma con ogni probabilità sarà almeno un “quinquennio perduto”), passato tutto in calo, con le con-seguenze del caso, soltanto per ritrovarsi al termine del ciclo negativo di nuovo al punto di partenza. Certamente la situazione econo-mica del manifatturiero bergamasco sarebbe decisamente peggiore senza l’export: la “non crescita” delle esportazioni non ha compen-sato la caduta del mercato interno, ma ha aiutato la tenuta. I numeri però ci dicono che l’export non si è rivelato (ancora?) la formu-la vincente, come invece si vorrebbe far cre-dere, ma ha soltanto aiutato a non arretrare ulteriormente. La crisi del manifatturiero re-sta in tutta la sua gravità, e soprattutto resta ancora fortemente dipendente da quella Eu-ropa a 27 che dovrebbe essere ormai consi-derata come un mercato domestico. Qualche sforzo, in realtà, si è fatto nella ricerca di nuo-vi mercati, tanto è vero che l’Europa a 27 non ha ancora neppure nominalmente recuperato i valori del 2008, considerato l’anno pre-crisi, e quindi il livello record dell’export è stato ottenuto grazie ai mercati extraeuropei. In compenso è cresciuta la dipendenza dalla lo-comotiva dell’Europa, quella Germania che è

sempre più il nostro primo partner. Nel 2008 le esportazioni verso il mercato tedesco vale-vano 1.134 milioni (il 17% del totale): adesso sono salite a 1.235 milioni e rappresentano il 18,5% del totale; un incremento che ovvia-mente, considerato che le vendite Ue sono rimaste praticamente invariate, è avvenuto a discapito degli altri Paesi comunitari.Sempre considerando che la modesta cresci-ta dell’export, almeno in valore nominali, si è registrata fuori dall’Unione europea, non è particolarmente positivo il fatto che tra i Pa-esi extra Ue i mercati che hanno registrato il maggiore incremento non sono quelli dei Paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina), consi-derati i mercati emergenti, se non già emersi. In queste zone siamo anzi in ritardo, o stiamo anche arretrando, come nel caso della Cina. E così alla fine il mercato extraeuropeo che ap-pare più interessante per volumi e incremen-to è quello statunitense (402 milioni nel primo semestre 2012, che valgono il terzo posto tra i Paesi di sbocco diretto dell’export bergama-sco, dopo la Germania e la Francia, davanti a una Gran Bretagna che ha scavalcato una Spagna ancora sotto gli effetti della crisi). Le esportazioni degli Usa rispetto al 2008 (311 milioni) hanno visto una crescita di quasi il 30% che vale da sola più dell’incremento dell’intero export bergamasco. Gli Stati Uni-ti non sono certo un mercato emergente, ma restano comunque un punto di riferimento tecnologico e questa forse è il dato più posi-tivo che risulta dall’indagine Istat..

di John Law

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43INcHIESTA

FurtI in caSa, creSce la paura

Bergamo si piazza al 29esimo posto in Italia per numero di colpi messi a segno, oltre 4.500 all’anno (oltre 12 al giorno), secondo l’ultimo rilevamento ad aprile. Il questore: “La crisi economica contribuisce all’accentuazione dei reati predatori”.

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I furti nelle abitazioni tornano nel mirino della microcrimina-lità. Secondo i dati pubblicati dal Sole24Ore, elaborati dal

Ministero dell’Interno per l’anno 2011, la provincia di Bergamo si piazza al ven-tinovesimo posto di questo triste palma-res, con 4.525 furti in abitazione e un incremento del 4% rispetto al 2010. A Lucca spetta il poco edificante record di provincia con più furti per numero di abitanti, mentre in Lombardia sono Pa-via, Milano e Varese che si aggiudicano le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo con un +14,8%, un +9,3% e un non in-vidiabile +33,90. Questo per il 2011, mentre sui primi mesi dell’anno in corso è il report sulla criminalità, presentato a Bergamo nel maggio scorso dalla Polizia di Stato, che ci dà qualche numero su cui riflettere. Secondo l’analisi che ha preso in esame il periodo tra l’aprile 2011 e l’aprile 2012, nel territorio i furti in casa sono passati da una media giornaliera di 11 a 12,4. In quasi tutti i casi è difficilis-simo risalire agli autori. Numeri e stati-stiche a parte, l’estate appena trascorsa ha lasciato nei cittadini la sensazione che l’impoverimento di alcuni strati del-la società, dovuto alla crisi economica,

abbia portato a una recrudescenza dei furti in abitazione. Nel mese di giugno una raffica di colpi ha interessato Osio Sopra, Osio Sotto, Dalmine e Levate, mettendo in allarme l’intera popolazio-ne. Tutti furti messi a segno smontan-do il blocchetto della serratura mentre, nottetempo, i malcapitati proprietari dormivano profondamente, forse stordi-ti da un gas. Sempre a giugno, ma questa volta in pieno pomeriggio, una villa di Mozzo è stata preda di alcuni malviven-ti che, per una volta tanto, nonostante fossero andati a colpo sicuro, se ne sono andati con le pive nel sacco trovando lo

scrigno dei gioielli completamente vuo-to. Ma se un colpo non va a segno per un caso fortuito, sono purtroppo innu-merevoli gli episodi contrari. È il caso di Villongo i cui cittadini, esasperati da una serie di furti nella zona, hanno addirittura sottoscritto a luglio una pe-tizione in municipio per chiedere più sicurezza all’amministrazione locale. Ad agosto è stata la cittadina di Sarnico a gridare all’allarme, dopo che una banda di malviventi ha compiuto 8 colpi, nella zona di San Giacomo, in appena 24 ore. Se ai colpi in abitazione si aggiungono quelli nei negozi e nelle aziende, con un

Il questore di Bergamo, Dino Finolli

aumento dei furti di computer e rame, non c’è da star tranquilli. Secondo Dino Finolli, il nuovo que-store insediatosi nel giugno scorso al posto di Vincenzo Ricciardi, “gli stan-dard della sicurezza nella Bergamasca sono complessivamente buoni. Stiamo lavorando affinché non diminuiscano”. Tuttavia Finolli, che ha smesso i panni di dirigente della polaria, a capo delle frontiere aeroportuali di Orio al Serio, Linate, Malpensa, Montichiari e quel-le terrestri di Ponte Chiasso, Luino e Tirano, per occuparsi della sicurezza del territorio bergamasco, ammette: “I

essendo un reato molto diffuso, e spesso poco remunerativo, nella maggior parte dei casi non si tratta di bande organizzate.diverse le tecniche di scasso

grossi problemi di natura economica stanno portando a un’accentuazione dei reati predatori che interessano la popolazione”. Per la provincia occor-rerà attendere ancora del tempo per capire se il senso di profonda insicu-rezza che parte della popolazione ha denunciato in questi mesi, risponda ad un allarme reale o solo percepito. “La questione è sempre molto delicata – prosegue Finolli – perché talvolta i dati statistici si scontrano con le sensazioni emotive dei cittadini i quali, con l’acu-irsi del fenomeno dei furti negli ultimi quindici anni, sono diventati molto più sensibili”. D’altra parte il furto in abitazione è tra i reati più variegati per modalità e tra quelli più parcellizzati per estensione. “Essendo un reato molto diffuso, nella maggior parte dei casi non si tratta di bande, ma di gruppi di persone, anche stranieri, che si organizzano per la vi-gilanza – spiega il questore –. Esistono delle organizzazioni, ma non sono così numerose come si possa immaginare perché, in genere, i furti in abitazione non sono così economicamente impor-tanti da creare una banda”.

la tecNica di scassoSi va dal cacciavite, infilato ad arte nell’interstizio della finestra per far scat-tare la sicura, alla forzatura del portone, sino all’utilizzo di speciali pinzette che permettono ai malviventi di girare, da fuori, la chiave nella serratura. Talvolta smontano i catenacci, talaltra bucano le

porte in legno all’altezza delle maniglie per farle scattare con un comune unci-no, spesso senza neanche prendersi la briga di manomettere l’illuminazione esterna. Quanto ai famosi codici della microcriminalità, per ora non vi è nes-sun riscontro attendibile. Sono chiamati i simboli degli zingari o codici dei ladri, un complicato quanto strano gruppo di scritte, accanto ai citofoni delle abita-zioni o delle aziende, che già da qualche anno sono balzati all’onore delle crona-che. Si tratterebbe di una serie di codici, secondo qualcuno riconducibile ai rom, secondo altri utilizzati da tutta la micro-criminalità, che indicherebbero le case più appetibili, gli orari in cui colpire o le abitazioni “intoccabili”. C’è chi giura che non si tratti di una leggenda metro-politana, avendoli notati accanto al pro-prio cancello o citofono, dopo aver subi-to la visita di alcuni lestofanti e chi, come le Forze dell’Ordine, afferma di non aver alcun dato oggettivo a riguardo.

la Merce rUbataC’è un sito dove cercare la merce ruba-ta. Da qualche anno la Polizia di Stato ha istituito una bacheca degli oggetti recuperati con tanto di descrizione e foto, visualizzabile sul sito http://que-sture.poliziadistato.it/bacheca. “Perio-dicamente effettuiamo il recupero della merce rubata, ma spesso a causa dello spostamento in altre città di questi indi-vidui, non siamo in grado di ricollegarla alle denunce pregresse – spiega Finolli –. Per questo consigliamo ai cittadini che hanno subito dei furti di andare sul nostro sito, periodicamente aggiornato dalle questure di tutto il territorio ita-liano, per verificare se i propri oggetti siano stati recuperati altrove”. Tra gli oggetti più difficilmente recuperabili ci sono i monili d’oro che, nel 90% dei casi, vengono fusi dopo poche ore dal furto. Eppure sul sito della Polizia sono riportati innumerevoli oggetti in metal-lo prezioso, da bracciali a orologi, da anelli a collier, che nessuno ha mai re-clamato, nonostante siano stati ritrovati già da molti anni”.

di GiordaNa talaMoNa

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Che ci siano dati oggettivi oppure no sull’utilizzo dei famosi codici della mi-crocriminalità, la cosa strana è che pe-riodicamente queste scritte tornano alla ribalta proprio dopo il “rastrellamento” di una zona. È il caso di alcune aziende depredate nel luglio scorso, accanto ai cui cancelli sono stati ritrovati dei codici simili a quelli più volte pubblicati dai me-dia. “Me ne sono accorto troppo tardi, purtroppo – commenta F. O., impren-ditore residente nella Bassa –. Dopo il secondo furto ho visto che su uno dei paletti dell’azienda, accanto al citofono, c’era un codice strano: ROO6, inscritto in un poligono”. Secondo l’imprendito-re che ha consultato i “codici dei ladri”, pubblicati più volte dai media, lo strano simbolo starebbe a indicare il materiale da rubare R (rame), l’interesse “OO” (il codice va da 1 a quattro) e il giorno in cui procedere il “6”. Coincidenza o no, fatto sta che nel giro di dieci giorni i la-dri sono entrati in quell’azienda per ben due volte, una delle quali proprio il 6 lu-glio, portando via il prezioso materiale. “Le telecamere a circuito chiuso hanno registrato tutto: il colpo è durato appena cinque minuti – spiega –, poi sono fug-giti su un minivan, con la targa coper-ta”. E nemmeno i sistemi di sicurezza più sofisticati sembrano fermare i ladri. “Un mio collega della provincia, che ha le telecamere collegate all’abitazione – aggiunge –ha visto i ladri mentre, in diretta, gli svuotavano l’azienda. In una manciata di secondi avevano realizzato il colpo, ben prima che arrivassero le forze di polizia”. La banda del buco ha inve-ce messo a segno decine di furti, anche nella zona di Boltiere. “Hanno visto che avevo le persiane aperte e hanno pratica-to un buco sulla portafinestra del balco-ne, proprio sotto la maniglia, che hanno sollevato con un uncino – spiega Cinzia M. –. Sono entrati intorno alle 7 del mat-

tino e hanno preso subito un coltello dal cassetto delle posate, poi hanno perlu-strato tutta la casa. Io e il mio compagno dormivamo ancora, quindi per fortuna non ci siamo accorti di niente”. I ladri, presumibilmente due, hanno rubato i portafogli, le giacche di pelle, le scarpe e qualche anello di bigiotteria. “Siamo stati avvisati per telefono dai Carabinieri – prosegue Cinzia – che avevano trovato il mio portafogli in strada, col numero del mio cellulare. Quando ci siamo alzati e abbiamo trovato tutto a soqquadro ci si è gelato il sangue nelle vene, soprattut-to quando ci siamo accorti che il nostro coltello era sul tavolo”.

Sara B. originaria di Canonica, si dice “preoccupata per questa ondata di furti che hanno colpito la provincia”. “Come si può vivere in tranquillità? si chiede. Franco O. di Curno, ammette di tenere una scacciacani nell’azienda di famiglia. “La zona è stata più volte presa di mira dai ladri, avere una pistola mi fa sentire un po’ più sicuro”. Linda S. di Bergamo, invece, ritiene che la città in cui vive sia pericolosa quanto Milano. “La sensazione – afferma – è che non si possa vivere più sereni. Ho già subito un furto in passato, e ora che mi sono trasferita altrove sto pensando di mettere inferriate alle finestre”.

LE TESTIMONIANzE DI IMPRENDITORI E CITTADINI

IL racconto dI chI ha suBIto La “VIsIta” deI LadrI

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I disturbi acuti da stress sono i sintomi che più spesso si possono presentare in chi abbia subito un furto nella propria abitazione. “Chi subisce un furto in casa si sente invaso in un ambiente in cui si sentiva al sicuro e protetto dall’esterno – spiega Tiziana Romano, psicotera-peuta di Bergamo –. Il furto rappresen-ta un’intrusione estranea e improvvisa nella propria intimità, lasciando la per-sona sorpresa e violata negli aspetti più personali. È un’esperienza traumatica che, se persiste nei suoi sintomi e va a intaccare l’incolumità personale, rientra

nei disturbi post-traumatici da stress, viceversa si parla di disturbo dell’adatta-mento o disturbo acuto da stress”.Le reazioni di sconcerto, smarrimento e paura si aggiungono alla percezione di danneggiamento e deprivazione, men-tre “ciò che è predittivo di un disturbo più grave – continua la psicoterapeu-ta – è la durata di questi sintomi che, normalmente, dovrebbero risolversi nell’arco di uno o due mesi. Nelle situa-zioni più traumatiche il soggetto arriva anche a cambiare le proprie abitudini di vita perché vittima di pensieri intrusivi e

negativi relativi al trauma”. In letteratura non si evidenziano sostan-ziali differenze di genere nell’affronta-re questo tipo di trauma, ma le donne sembrano avere maggiore propensione a esprimere le proprie emozioni con gli altri, tanto che condividendole riescono a metabolizzare gradualmente l’espe-rienza. “Gli uomini tendono purtrop-po a manifestare meno i propri vissuti emotivi – continua Romano – e i propri disagi psicologici. Questo rallenta, o nei casi peggiori, congela il processo di ela-borazione del trauma che si trasforma,

Il settore della vigilanza vive un’ambiva-lenza paradossale, con un’oscillazione tra il livello occupazionale da un lato, e l’incremento della domanda di sicurezza dall’altra. Se quindi, come evidenziato dal rapporto di Federsicurezza 2012, gli Istituti di vigilanza operanti in Italia sono passati nel 2010 da 933 a 966, il livello occupazionale delle guardie giu-rate è diminuito del 7%. “Di contro, in questi anni, è aumentata sia la richie-sta di vigilanza da parte degli operatori economici, banche ed enti istituzionali come gli ospedali, che la domanda da parte dei privati per abitazioni, uffici e negozi – spiega il responsabile di un Istituto di vigilanza, leader di mercato nella Bergamasca –. D’altra parte il fe-nomeno dei furti ha avuto una forte re-crudescenza, negli ultimi tre anni, una tendenza che si è fisiologicamente con-fermata anche in questo 2012. Non pos-siamo, tuttavia, dire che l’estate appena trascorsa abbia toccato dei picchi supe-

considero fortunata per non aver avuto successivi brutti contraccolpi emotivi”. Ma i genitori di Alessandra non hanno avuto la stessa fortuna. “Hanno subito già due furti, uno quando stavano dor-mendo e un altro in pieno giorno, che ha lasciato su di loro dei segni emotivi più profondi – pro-segue Alessandra –. Du-rante il secondo furto i ladri hanno trafugato persino la cassaforte dove tenevano i ri-cordi di una vita, le catenine, le fedi e gli orologi da collezione di mio padre. Oggi, nonostante tutti i siste-mi di sicurezza che hanno

fatto mettere, non si sentono affatto si-curi, tanto più da quando hanno saputo che dei loschi individui stavano armeg-giando, in pieno giorno, davanti al loro cancello”. Il tutto in soli sei anni. Negli anziani questo tipo di trauma può lasciare degli strascichi più lunghi, per-ché l’abitazione è il luogo in cui, avendo ristretto lo spazio di movimento, pas-sano la maggior parte del loro tempo. “Essere violati in casa propria viene vis-suto quindi emotivamente in modo più traumatico e destabilizzante: l’anziano, essendo più debole e vulnerabile, può attivare dei meccanismi psicologici che lo fanno regredire, richiedendo la pre-senza fisica di un parente che funga da catalizzatore e regolatore del suo stato d’ansia e di paura”.

coMe sUPerare il traUMaPassati i primi momenti, l’individuo deve cercare di raccogliere le idee, di farsi co-raggio e di prendere le distanze emoti-ve da quanto accaduto. “Inizialmente è importante la presenza di persone care ed è utile prendere la distanza da casa propria per alcuni giorni, dormendo da parenti e amici fidati – consiglia la psi-coterapeuta –. Successivamente vanno presi dei provvedimenti per abbassare lo stato di allerta e di allarme nella quale la persona si trova: va fatta una consulenza dal proprio medico per garantire il ripo-so e il sonno notturno, senza trasforma-re questo trauma in uno stato d’allerta cronico”. I sintomi dovrebbero durare al massimo uno o due mesi, ma se la si-

tuazione non migliorasse (la persona diventa più nervosa, irritabile

con disturbi del pensiero e del sonno, con una

ipervigilanza che è il segnale di livelli di arousal ancora troppo elevati), è utile una consu-lenza psicologica

per l’elaborazione del trauma.

LA PSICOLOGA

romano: “esperIenZa traumatIca, che LascIa un segno proFondo neLLa VIttIma”

spesso, in sintomi psicosomatici, facen-do parlare il corpo al posto delle emo-zioni”. La prognosi di questa esperien-za negativa può in genere essere molto differente, in base alla vulnerabilità per-sonale e alla resistenza dell’individuo di fronte agli eventi stressanti di vita. È il caso di Alessandra M. che è riuscita a superare bene il colpo di un furto nella sua villetta di Fara Gera D’Adda. “Sono entrati di notte, quando non eravamo in casa – racconta – forzando la portafi-nestra del retro e portandosi via poche cose, tra cui le scarpe da cerimonia di mio marito e fermandosi, nientemeno, per uno spuntino nella nostra cucina. Nonostante questo, e il fatto che siano entrati nella mia camera da letto met-tendola letteralmente a soqquadro, mi

I VIGILANTES

aumenta La domanda dI sIcureZZa da parte dI Imprese e cIttadInI

riori a quelli degli altri anni: il periodo in sé è semmai particolarmente delicato, a causa della chiusura prolungata delle attività e delle abitazioni”. Proprio nel giugno scorso, una guardia giurata ha ucciso un ladro romeno di 28 anni che stava tentando un furto, al Bennet di Albano Sant’Alessandro, con altri due complici. La dinamica non sarebbe an-cora stata chiarita, tanto che la guardia giurata di 57 anni, residente a Zanica, è attualmente indagata a piede libero. “Il dibattito circa la sicurezza è molto vivo, in questi anni – conclude il responsabi-le dell’Istituto –. In particolare ci si sta interrogando su quali siano i sistemi di sicurezza più efficaci. Noi crediamo che, in buona percentuale, siano an-cora molto buoni i livelli garantiti dalla videosorveglianza, dal pattugliamento, dai servizi antirapine e dalle ispezioni notturne, anche se il dibattito si sta spo-stando verso altri sistemi tecnicamente più integrati”.

INcHIESTAFurti in casa

Tiziana Romano

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sant’aLessandrocoMMercianti Uniti per rilanciare il BorgoIstituito da poco, il comitato formato dagli esercenti è sceso in campo per rivitalizzare la via centrale della città. In programma eventi ma anche iniziative per far emergere gli aspetti storici. Affitti alti e carenza di parcheggi i problemi più sentiti.

è la via del centro, dei negozi, la naturale continuazione del “salotto” dello shopping, via XX Settembre. Eppu-

re, via sant’Alessandro, chiusa dentro vecchie case d’epoca che si rincorrono in leggera salita da Largo Rezzara fino alla Basilica dedicata al santo, a detta dei suoi commercianti, fatica ad imporsi nel “triangolo” che fa di via XX Settembre, via sant’Orsola e, appunto, via sant’A-lessandro, l’area commerciale della cit-tà. “In realtà la via si ferma lì” dicono i suoi commercianti, indicando l’incrocio con via sant’Orsola. Perché, a detta loro, chi arriva da piazza Pontida spesso non prosegue ma gira a destra. Altra via, altri negozi. E così, un paio di anni fa, i commercianti hanno reagito. Si sono uniti, hanno fondato un Comitato e

hanno deciso che era arrivato il mo-mento di rivitalizzare un borgo che, pur essendo nel centro della città, sembrava tagliato fuori dallo shopping o sempli-cemente dalla passeggiata del sabato pomeriggio. Ed ecco, quindi, le Notti Bianche e varie iniziative, tra cui an-che quelle per bambini. Un’occasione per attirare gente e clienti, soprattutto nella parte che sale verso la Basilica. Il tutto mentre la via deve fare i conti con affitti alle stelle ed esercizi sempre più in difficoltà. Chi resiste o ha un negozio a conduzione familiare oppure si è cre-ato uno spazio tutto suo, una proposta di nicchia tra le tante offerte. Motivi in più per riportare “un po’ di vita” nella via, soprattutto in un periodo econo-micamente difficile come questo, dove anche ritrovare un’identità storica – com’è negli obiettivi del Comitato com-mercianti – può servire a vedere meno nero il futuro.

GioVaNNi aNGeli bUsi (FerraMeNta, Materiale elettrico)Come si trova in via sant’Alessandro?“Adesso, in questo periodo economica-mente difficile, piuttosto male. C’è poca gente in giro. Noi siamo qui dal 1949 e resistiamo perché il nostro negozio è a conduzione familiare, ma è davvero dura”. Quali sono i maggiori problemi?“Non posso dire che ci siano tanti nodi al pettine. L’unico neo sono i parcheg-gi: per il carico e lo scarico delle merci è davvero un problema per chi ha un’atti-vità. C’è spesso il rischio di beccarsi una multa”. È una via tranquilla?“Direi di sì. Non ci sono particolari pro-blemi. Anzi forse si potrebbe dire che è fin troppo tranquilla”.C’è collaborazione tra commercianti?“Sì. Da un paio d’anni abbiamo istituito un Comitato che raggruppa i commer-cianti della via e organizziamo eventi e iniziative durante l’anno”.

rosella ZaNNa(claUde, abbiGliaMeNto)Da quanto tempo lavora qui?“Ormai sono sette anni. Mi trovo bene in questo borgo, anche se ogni anno che passa è sempre più difficile”. Aprirebbe ancora qui il suo negozio?

CI RACCONTANOsaNt’alessaNdro

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Più cestini per l’immondizia e anche qualche fioriera qua e là abbellirebbero un borgo che, nonostante la vicinanza a via XX Settembre, della quale è la natura-le continuazione, sembra perdere fascino man mano che sale verso l’alto. Punto forte resta la conforma-zione della via, davvero caratteristica.

Rosella Zanna

di sara Noris

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Filippo Colombi

“Come collocazione certamente sì, per-ché questa via mi piace molto. Il proble-ma, semmai, è economico. Ora la situa-zione è sempre più complicata”. Cosa le piace di via sant’Alessandro?“È una via piccola, ci conosciamo tutti. È anche bella e ci si trova bene”. Cosa invece non sopporta?“La difficoltà di parcheggiare per sca-ricare la merce fuori dal negozio, ma soprattutto la raccolta dell’immondi-zia: viene lasciata lungo la via già dalle 17.30 ed è davvero indecoroso”.

PatriZia ZaMbiasi (baixa, accessori Moda)Un pregio di via sant’Alessandro?“Ci sono dei bei negozi e la pavimen-tazione è stata rifatta. Per il resto non si può parlare di pregi. Perché non è un percorso di shopping, come via XX Settembre, e una parte della via fa anche fatica a sopravvivere perché molti arri-vano all’incrocio con via sant’Orsola e proseguono di lì, non salgono fino alla Basilica”. Però organizzate eventi e iniziative…“Sì, attraverso il Comitato dei commer-cianti della via abbiamo realizzato diver-se Notti Bianche e feste”.Molti negozi intanto hanno chiuso?“Più che negozi vuoti c’è ricambio do-vuto anche alla non facile situazione economica, ma è da tempo che è così. Anche perché la via è divisa, la parte alta continua a soffrire. Gli affitti poi restano piuttosto alti”. C’è qualcosa che cambierebbe?“Vorrei che mettessero più cestini dell’immondizia. Quelli che ci sono non sono sufficienti”.

FiliPPo coloMbi(lo schiacciaNoci, eccelleNZe aliMeNtari) Cosa le piace della via?“È una via storica, con case antiche e tanti negozi. E anche il fatto che è nel centro della città”. Il borgo mantiene una varietà di ne-gozi?“Sì, ognuno si è ritagliato uno spazio

tutto suo, propone come me un’offerta di nicchia”. Se potesse, cosa cambierebbe?“Direi nulla. Va bene così. Anche per-ché la via è stretta ed è difficile mettere fioriere o altri arredi”.La ritiene una via sicura?“Sì, senz’altro. Forse per il fatto che siamo in centro, quindi più controlla-ti”.

Le nostre domande a…

ELEONORA SPALLINO, PRESIDENTE DEL COMITATO ASSOCIAZIONE SANT’ALESSANDRO“È un borgo comunque da rivitalizza-re. Anche se siamo in centro, in una via importante, tra l’altro dedicata al patrono cittadino. Abbiamo messo in campo il nostro impegno e anche i residenti ci ringraziano per aver ripor-tato un po’ di vita nella via”. A parlare è Eleonora Spallino, da due anni pre-sidente del Comitato Associazione Sant’Alessandro, che raggruppa ben 60 commercianti sugli 80 presenti nel-la via che da Largo Rezzara sale verso via Garibaldi. Da commerciante – è titolare della Taverna “Ciccio passami l’olio” –, ma anche da residente, Spal-lino osserva il borgo e parte da una certezza: “è nel mezzo dello shopping cittadino, ci sono tanti negozi e locali. Merita quindi una maggiore vivacità, vale la pena far conoscere più a fondo questo angolo di Bergamo, a partire dalla sua storia segnata dalla vita di Sant’Alessandro che proprio davanti alla chiesa fu decapitato”. Perché è così importante per voi ri-lanciare l’aspetto storico? “Perché è essenziale recuperare l’i-dentità di questa via. Siamo partiti dal modo più semplice ed efficace, che è la movida. Ora invece stiamo tentan-do di far conoscere via Sant’Alessan-dro anche attraverso la vita del pa-trono. Il tutto grazie all’aiuto di don Gianni Carzaniga. Abbiamo esposto i quadri che lo raffigurano e vogliamo continuare su questa strada, anche perché stanno incominciando a inte-ressarsi anche i giovani”.Ma serve tutto questo a una via che in definitiva è nel cuore cittadino?

Non bastano i tanti esercizi presen-ti e gli eventi?“In realtà i negozi non hanno vita lunga. Qui gli affitti sono esorbitanti. Resistono o vecchi artigiani, che nel tempo hanno comprato il negozio, o i monomarca che hanno maggiori possibilità. Altrimenti è difficile so-pravvivere, nonostante sia una bella realtà dove lavorare”.Cosa vorrebbero trovare domani i commercianti della via?“Sicuramente i parcheggi. Vorreb-bero che le auto potessero passare lungo la via e agevolare così clienti e imprenditori”.Quindi se ci fosse una grande isola pedonale i commercianti non sa-rebbero d’accordo…“No, non vedono bene una grande area pedonale. Secondo loro i clienti finirebbero per non arrivare più”. Avete in programma qualche even-to o iniziative per i prossimi mesi?“Certamente. In vista del Natale or-ganizzeremo diversi appuntamenti per i più piccoli con Santa Lucia e Babbo Natale”.

STRADE E QUARTIERISant’Alessandro

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è il paese della cosiddetta “Ber-gamo bene”, ergo il paese che, classifiche alla mano, risulta avere il reddito pro-capite più

alto della provincia. Stiamo parlando di Gorle, terra di confine tra Bergamo e la bassa Valle Seriana. Un paese in cui il ver-de resiste e si ritaglia ancora un suo ampio spazio. Basti pensare a tutta l’area a nord del paese inserita nel Parco del Serio Nord e ai parchi creati all’interno del territorio, una vera e propria boccata di ossigeno per i residenti e non solo. Negli ultimi trent’anni il territorio ha raddoppiato la propria popolazione, passando dai 3.700 abitanti degli anni Ottanta ai circa 6.400 di oggi, segno di un notevole incremento anche sul fron-te edilizio del paese che è andato di pari passo con una crescita dei servizi. Gorle

è da sempre territorio di passaggio per chi da Bergamo vuole raggiungere Pe-drengo, e questo nel corso degli anni ha creato non pochi problemi sul fron-te della viabilità. E proprio quest’ulti-mo aspetto rappresenta da tempo una voce critica per le amministrazioni che si sono avvicendate negli ultimi anni a causa del forte passaggio di auto e ca-mion che attraversa il paese soprattutto negli orari di punta. Dopo 40 anni di attesa potrebbe arrivare una soluzione al problema, grazie alla realizzazione della nuova strada di penetrazione da Est, la Pedrengo-Gorle-Bergamo, il cui progetto è stato approvato a livello pro-vinciale ma è ancora in attesa dei finan-ziamenti. Nel frattempo l’amministrazione si sta muovendo per rendere ancora più vivi-bile la piazza e le aree di accesso ai nego-zi e agli spazi pubblici e l’obiettivo, per il futuro, resta l’incremento degli spazi

verdi e delle zone dedicate soprattutto ai più giovani. Tra i progetti c’è anche il recupero e la riqualificazione dell’area

al confine della Celadina, soprattutto in vista di un ulteriore aumento demogra-fico.

iVaNo boNati(edicola) Via Marconi Gorle è proprio un’isola felice?“È un bel paese ma ha anche i suoi di-fetti. Parlo ad esempio della viabilità, del traffico e dei parcheggi che almeno in questa zona scarseggiano”.Come vanno gli affari?“Non benissimo. Da giugno ho registra-to un vistoso calo nelle vendite, manca-no i soldi e la gente ha smesso di spen-dere anche per le piccole cose, come riviste e giornali”.

Vive qui?“No, vengo da Pedrengo e per anni ho lavorato a Milano”. Perché ha scelto Gorle?“Mi si è presentata l’occasione di lavora-re qui e onestamente non tornerei indie-tro. Qui si sta bene, nonostante tutto”.

alessaNdra orellaNa(PaNetteria del borGo) Via MazziniDa quanti anni avete il negozio?“Da otto anni e devo dire che gli affari sono sempre andati bene”.La crisi quindi non si sente?“Per quanto ci riguarda poco. Abbiamo costruito un’offerta ampia e la gente ri-sponde bene”. Il negozio si trova davanti a una delle vie più trafficate. Per voi è un proble-ma?“Sinceramente no, perché il traffico ci porta passaggio e quindi clientela. Cer-to, nell’ora di punta la situazione non è delle migliori ma si può sopportare sen-za troppi problemi”. Come si trova a Gorle?“Noi non viviamo qui, ma posso dire che è un bel paese in cui si vive bene”.

sara bosatelli(Gelateria artiGiaNale)Via Don Mazza

A detta di molti la gelateria è il punto di ritrovo in paese…“È proprio così. Io lavoro qui dal 2007 ma la gelateria è presente da 20 anni e da sempre giovani e non ne hanno fatto un punto di incontro, a ogni ora del giorno”.Gorle è un paese di giovani?“Non molto. Per quello che vedo i ragaz-zi stanno qui fin dopo le superiori per poi trasferirsi altrove”. Lei abita qui?“No, vivo ad Albano ma mi piacerebbe trasferirmi qui. Purtroppo i prezzi del-le case sono troppo alti. Diciamo che Gorle è un bellissimo paese ma per me inaccessibile”. Nessun difetto?“Un difetto c’è ed è la viabilità. Periodi-camente si sperimentano novità sul fron-te di sensi unici o nuovi sensi di marcia, e questo a volte può disorientare”.

serGio Fossati(ottica FoPPa) Via Don MazzaDa quanti anni lavora a Gorle?“Lavoro qui dal 1996 (mentre il ne-

di laUra di teodoro

gorLe, il traffico reStail nodo da Sciogliere

Il paese alle porte di Bergamo è da sempre zona di forte

passaggio. ora si spera nella nuova strada di penetrazione, la pedrengo-Bergamo, ma il

progetto è ancora in attesa di finanziamenti. Il verde pubblico

tra i punti di forza.

CI RACCONTANOGorle

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Gorle ha l’aria di un'isola felice. Un paese all'appa-renza con tanti pregi e pochi difetti. Un paese in cui il verde ha resistito alla crescita urbanistica e riesce a regalare la giusta dose di benessere e tranquillità tra il “via vai” quotidiano. Ci sono zone residenziali, vedi il quartiere Baio, in cui è possibile assaporare il dolce suono del silenzio. Il che non è sempre facile vivendo a pochi chilometri dalla città.

Ivano Bonati Alessandra Orellana

Sara Bosatelli

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gozio è qui dal 1986) e vivo a Gorle da cinque anni”.Come mai ha deciso di trasferirsi?“Per comodità e devo dire che non mi sono pentito della scelta. Certo in questi anni il paese è cresciuto notevolmente: hanno costruito molto ma senza strafare e questo ha permesso di portare nuove famiglie soprattutto giovani”. Di cosa si può andare orgogliosi a Gorle?“Del verde, del quieto vivere e purtrop-po non del traffico. La viabilità è il pro-blema principale”.Dal punto di vista degli eventi, è un paese vivo?

“Per quanto riguarda l’estate appena passata devo dire che sono state orga-nizzate tante iniziative. Inoltre, grazie alla presenza dei parchi, dell’oratorio e della gelateria qui a fianco, la sera i gio-vani hanno dei punti di ritrovo”.

MaVer Melchisedech(ortoFrUtta MaVer) Via MazziniDopo 18 anni di attività qui a Gorle ha qualche rimpianto?“Nessuno. Sono contentissimo della scelta fatta, sono felice dei miei clienti, di come vanno gli affari e del paese in

cui mi trovo, nonostante io viva a Pe-drengo”.Non manca nulla, quindi?“Secondo me qui si vive bene, non ci sono grossi problemi e anche il traffico, di cui molti si lamentano, è sopportabile e si limita agli orari di punta. Gorle pos-siamo definirlo un’isola felice”. Nonostante la crisi?“Personalmente non ho risentito della crisi. La clientela gira, qualcuno viene da noi, altri preferiscono i centri com-merciali ma la possibilità di costruire un rapporto di fiducia con la gente che vie-ne da noi ci dà una marcia in più”.

58 HINTERLANDGorle

Le nostre domande a…

MARCO FILISETTI, SINDACO DI GORLELa viabilità resta il problema più sentito in paese. La nuova strada di penetrazione da Est risolverebbe il problema. A che punto è il progetto?“Dopo quarant'anni il progetto si è sbloccato. Il nuovo tracciato è stato approvato dalla Giunta provinciale in modo da dare prosecuzione all'iter. Il problema principale resta il reperi-mento delle risorse. La prima condi-zione necessaria comunque era la ri-definizione del progetto e così come è ora, una volta realizzato, porterà dei sicuri benefici al territorio. Sul fronte della viabilità ordinaria, per i prossimi giorni è in programma un in-tervento per collegare il parcheggio di via Verdi con la piazza attraverso una pista ciclopedonale. In questo modo si riuscirà ad accedere più semplicemente e rapidamente alle attività commerciali della zona. Inol-tre, all'altezza della piazza centrale

verrà modificato l'ingresso per i vei-coli che provengono da Bergamo per aumentare l'area pedonalizzata”. Commercio: c'è in previsione l'a-pertura di qualche nuova attività?“È in programma l'apertura di una nuova farmacia nella zona al confine con la Celadina. In questo modo da-remo linfa al progetto di recupero e riqualificazione delle aree industriali dismesse”. Sul fronte delle unità abitative sono previste nuove costruzioni?“Nel Piano di governo del territo-rio non è previsto alcun incremento bensì un recupero di situazioni di aree compromesse, soprattutto aree ex industriali, quali la zona della Ce-ladina. Qui è previsto un recupero con aree residenziali, direzionali e dedicate alla piccola distribuzione. Non è prevista la costruzione di al-cun centro commerciale”.

Di cosa si può andare orgogliosi a Gorle?“Soprattutto del verde. Così come è emerso da un sondaggio su come i cittadini vorrebbero Gorle, effettua-to in occasione della scorsa campa-gna elettorale: uno degli elementi più qualificanti è rappresentato ap-punto dalle aree verdi, che vogliamo incrementare soprattutto sul fronte pubblico e non solo privato”.Il suo sogno per Gorle? “Conservare tutto ciò che c'è, incre-mentare lo spazio verde e creare più spazi per i giovani”.

Sergio Fossati

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il Valore deGli UoMiNi, la ForZa di UN Modello

F ineco è il “miglior posto per investire” è il claim di una nostra campagna, ma in realtà è la sintesi più effica-

ce del nostro posizionamento. Un unico conto chiaro e trasparente, con tutti i servizi di banking e credit, le migliori opportunità per gestire i propri rispar-mi e una piattaforma professionale per il trading.Fineco ha una formula flessibile che si adatta a ogni esigenza, ad ogni profilo di cliente e ad ogni fase di mercato. Si può investire da soli o con la guida di uno dei 2.300 Personal Financial Adviser che offrono consulenza personalizzata e un’offerta di prodotti multimarca che minimizza i conflitti di interesse.FinecoBank crede fortemente nel valore della consulenza dei suoi professionisti.Il Promotore Finanziario è un professio-nista qualificato, sempre a stretto con-tatto con il cliente e in grado di rispon-dere puntualmente alle sue esigenze.I numeri confermano tale valore: negli ultimi quattro anni la rete Fineco è cre-sciuta in modo esponenziale, da un TFA a fine 2008 pari a poco più di 24 mld €, è passata a oltre 29 mld € al 30 giugno 2012 e la raccolta netta da inizio anno è stata di 1,3 miliardi di euro. Nel 2012

il reclutamento sarà un’attività predominante. La nostra strategia punta a inserire profili ad elevato potenziale, con esperienza e forte capacità di crescita e in grado interpretare al meglio il modello Fineco.“FinecoBank propone un modello peculiare, unico nel panorama finanziario. Un modello distintivo che ci differenzia dalla maggior parte dei nostri competitor. Una delle migliori reti di promotori finanziari, una piattaforma integrata che offre prodot-ti di banking, il meglio del trading online, un’ampia gamma di prodotti di risparmio gestito e i migliori servizi di advisory. Al centro di questo modello ci sono i Perso-nal Financial Adviser, professionisti che offrono al cliente una continua e qualificata attività di consulenza, garantendo trasparenza, qualità e soprattutto indipendenza” afferma Mauro Albanese, Direttore Commerciale Rete di FinecoBank. “Mettiamo loro a disposizione soluzioni di investimento efficienti e ben diversificate e strumen-ti di pianificazione finanziaria all’avanguardia. Diversificazione dell'offerta e qualità dei servizi sono stati i principali driver della crescita di Fineco”, continua Albanese. Molta attenzione anche agli eventi sul territorio, iniziative che la rete dei PFA or-ganizza per clienti e prospect. “Il nostro obiettivo è quello di formare e informare la clientela approfondendo i temi finanziari, le soluzioni di investimento e i servizi che possono soddisfare al meglio le loro esigenze. “Non dimentichiamo che Fineco ha raggiunto un livello di soddisfazione tra i più alti del mercato, il 98% di clienti soddisfatti! Un primato che ci rende orgogliosi, un supporto importante per i Per-sonal Financial Adviser, che testimoniano ancora una volta la libertà del promotore FinecoBank nel dialogare con la propria clientela”, conclude Albanese. FinecoBank ha inaugurato di recente un nuovo Fineco Center a Bergamo in Viale Vittorio Emanuele 4. La nuova sede ospita 30 Personal Financial Adviser di suppor-to ai clienti nella definizione di un portafoglio di investimenti personalizzato.

FinecoBank ha inaugurato di recente un nuovo Fineco Center a Bergamo in Viale Vittorio Emanuele 4.La nuova sede ospita 30 Personal Financial Adviser di supporto ai clienti nella defi-nizione di un portafoglio di investimenti personalizzato. Responsabile dell’Area è Filippo Viganò.

Mauro Albanese, direttore commerciale Rete di FinecoBank

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60 VIAGGIO IN PROVINcIA 61

“IsoLa”, L’occasIone mancata deL dIstretto deL commercIoa calusco, Villa d’adda, sotto il monte e carvico stenta a partire una politica condivisa in grado di rilanciare le attività. La paura nel mettersi in gioco con idee e investimenti nuovi frena il possibile sviluppo del territorio. solza intanto fa i conti con un’esigua presenza di esercizi.

s eppur nato sotto le migliori intenzioni, il Distretto Dif-fuso del Commercio dell’I-sola bergamasca, a cui hanno

aderito nel 2009 i territori di Calusco d’Adda, Villa d’Adda, Sotto il Monte e Carvico, sta ingranando a fatica per la mancanza di una politica condivisa ca-pace di guardare, con lungimiranza, allo sviluppo dei suoi territori. Se il com-mercio arranca, il settore edile dell’Isola è completamente fermo, lasciando in cassa integrazione un indotto di piccole e medie aziende che, da sempre, costi-tuiscono l’ossatura di tutta la zona. L’ef-fetto domino si ripercuote, in maniera circolare, sulle famiglie e sul loro potere d’acquisto, chiudendo il cerchio su tutti i territori dell’Isola. Calusco D’Adda, 8.340 abitanti, è ca-ratterizzato da un nucleo centrale dove si concentrano i principali negozi, dal-la piazza San Rocco lungo tutta la via Vittorio Emanuele. Come tutti i paesi della zona, Calusco risente della massic-cia presenza di supermercati che, se in passato hanno messo a dura prova il

di GiordaNa talaMoNa

s

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62 VIAGGIO IN PROVINcIAIsola Bergamasca

commercio locale, nell’ultimo anno, con l’acuirsi della crisi, ne stanno minando seriamente le fondamenta. Secondo l’amministrazione locale, il futuro del paese e di tutta la zona del Distretto non può che giocarsi cercando nuove oppor-tunità di crescita condivise. Come a dire che di fronte a una crisi mondiale di tale portata, non solo nessuno è più in grado di salvarsi da solo, ma il saper fare grup-po è sinonimo di sviluppo potenziale. Visitando Carvico, 4.650 abitanti, si ha l’impressione che in questi ultimi anni abbia pagato, più di altri, l’impatto dei centri commerciali e della recessione. Il centro storico del paese che fino a pochi anni fa serviva la parte alta di Villa D’Ad-da e il territorio di Sotto il Monte, si sta svuotando di negozi, al punto che chi vi abita ne ricorda con nostalgia l’estrema vitalità commerciale. Ma non si tratta, ahinoi, di un lontano e vetusto passato: la fisionomia del paese sta cambiando, giorno dopo giorno, sotto gli occhi in-creduli dei suoi abitanti, sempre meno abituati a trovare le serrande alzate delle attività commerciali. Sotto il Monte Giovanni XXIII, 4.300 abitanti, ha una politica borderline nel

Distretto del Commercio, a causa della sua vocazione turistica legata alla figura del Papa Buono che ebbe i natali nella frazione Brusicco. In bilico su questa li-nea di confine che permette di aderire a certe politiche promosse dalla Regione, senza spingere l’acceleratore sul poten-ziale inespresso del Distretto, Sotto il Monte si ritrova oggi con un fisiologico ridimensionamento del turismo reli-gioso, incapace di sostenere come un tempo la sua economia locale. La crisi non ha fatto altro che incunearsi laddove il mancato ricambio generazionale dei fedeli aveva già compromesso il setto-re, aggravandone ulteriormente il qua-dro generale. La politica della Diocesi di Bergamo che intende, già da questo mese di ottobre, rinverdire tra i fedeli la figura di Papa Giovanni, anche in previ-sione delle prossime celebrazioni per il cinquantenario della sua morte, lascia tuttavia per il 2013 una non flebile spe-ranza di ripresa. Villa d’Adda, 4.750 abitanti, rispolve-ra la propria vocazione turistica legata al Parco dell’Adda, collocando il noleggio di biciclette elettriche a pedalata assisti-ta e pensando, per il futuro, a percorsi

cicloturistici sino al suo centro stori-co. Paese dall’impianto urbanistico sui generis, suddiviso in una parte alta, centrale e bassa, Villa d’Adda ha un commercio che ha seguito la parabola discendente dei vicini territori, legata al moltiplicarsi in pochi anni dei grandi supermercati. Oggi i principali negozi sono concentrati nella parte bassa del paese, lasciando il centro storico e la parte alta completamente sguarnite di attività commerciali. Solza, meno di 2.000 abitanti, non fa parte del Distretto Diffuso del Com-mercio, ma rientra geograficamente tra i ventuno paesi dell’Isola bergamasca, un territorio a triangolo rovesciato, col-locato nella parte occidentale della pro-vincia. Di impianto medievale, con il bel castello che diede i natali a Bartolomeo Colleoni, Solza è rimasto sostanzial-mente immutato in questi ultimi anni, caratterizzato da un’esigua presenza di negozi incapaci di competere con i vici-ni centri commerciali.

Nelle pagine precedenti, Villa d'Adda.

In basso, la Casa Natale di Giovanni XXIII a Sotto il Monte.

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64 65VIAGGIO IN PROVINcIAIsola Bergamasca

CI RACCONTANOcalUsco d’adda

FaUsto airoldi (Gioielleria) Piazza San Rocco

C’è un’associazione dei commercianti? “No, è difficilissimo creare un’associa-zione dove non c’è collaborazione tra gli esercenti”. La mentalità? “La gente è chiusa e soffre di provincia-lismo. Quelli di Calusco vanno a Berga-mo, quelli di Bergamo vanno a Milano e quelli di Milano vanno a New York. La gente è così”. E i centri commerciali? “Chiaramente non fanno che incremen-tare questa tendenza. La gente segue il brand, che ormai sappiamo essere fatto in Cina e nel terzo mondo, senza guar-dare la qualità vera di un gioiello”. La sua clientela? “Il mio motto è che è difficile diventare miei clienti. Ragiono al contrario”.

isabella Gherardi (tecNocasa) Piazza San Rocco

Come si è ridimensionato il settore immobiliare? “Da marzo di quest’anno abbiamo re-gistrato un calo vertiginoso nella com-pravendita. Non manca l’interesse, sono molte le persone che si rivolgono al no-stro studio per acquistare, ma per una serie di variabili, in primis l’impossibili-tà di accendere un mutuo, sono costret-te a desistere”.Il deprezzamento delle case? “Sull’affare concluso sono scese del 15% dal 2009 al 2011, e di un altro 15% nell’ultimo anno”. La tipologia di casa più richiesta? “Senza dubbio il trilocale. Anche sulle ville c’è una buona richiesta, ma oggi chi può spendere di più ha paura, così pren-de tempo”. Proiezioni per il prossimo anno? “Visto che la compravendita a Berga-mo si sta risollevando, la nostra zona e la provincia in generale dovrebbero se-guirla col prossimo anno”.

MarGherita cattaNeo (alberGo ristoraNte barat) Piazza San RoccoCom’è Calusco? “È un bel paese a cui non manca niente”.

La crisi si sente? “Sì, anche nel mio esercizio. Molti han-no perso il lavoro nella zona, o sono in cassa integrazione… Insomma il mo-mento è difficile per tutti”.L’amministrazione pubblica? “È sempre molto attiva e presente. Cer-ca, per quel che può, di organizzare del-le manifestazioni che richiamino pubbli-co, come la Notte Bianca”.Servono? “Sì, certamente aiutano tantissimo, anche se il problema è la quotidianità che deve affrontare ogni attività commerciale”. Criminalità? “Personalmente non l’ho percepita, anche se si legge sul giornale che sono aumentati i furti nelle case”. Il futuro? “Mi auguro più roseo del presente. Co-nosco famiglie in cui marito e moglie sono in cassa integrazione perché la ditta in cui lavorano è andata in crisi…”

rosa rosaNNa(abbiGliaMeNto e Merceria) Via Vittorio EmanueleCosa manca in paese? “I parcheggi. La maggior parte sono liberi, regolati dal disco orario, ma ne

servirebbero di più”. Per la zona, è stata più impattante le crisi del 2009 o quella di oggi? “Quest’ultima, senza dubbio. Noto che la gente non ha proprio soldi in tasca,

manca di liquidità. Così non manca chi riutilizza i vestiti dell’anno prima”.L’amministrazione pubblica? “Da quel che vedo, e sento in giro, è molto vicina e disponibile”. Gli stranieri si sono integrati? “Mi sembra di sì, vivono il paese più dei nostri giovani”.

FraNcesca aMiGoNi(FerraMeNta casaliNGhi)Via Vittorio EmanueleDa quanto è aperto il negozio? “Quest’anno festeggeremo i 100 anni

di attività, passata da mio nonno a mia madre, sino a noi”. Com’è cambiato il paese? “Negli ultimi dieci anni, c’è stato un buon aumento demografico, tanto che le frazioni si sono molto ingrandite. Quelli originari di Calusco, ormai, sono proprio pochi”.Positivo? “Sì, perché con la popolazione sono au-mentati anche i servizi. Nel nostro paese non manca proprio niente”.E i parcheggi? “Noi abbiamo dato al Comune lo spa-zio davanti al nostro negozio per la realizzazione di alcuni posti auto. In questo modo si agevola il flusso dei clienti”.Un pregio del paese? “Che siamo grandi lavoratori, buoni e pronti a darsi una mano”.Come sta impattando la crisi sul ter-ritorio? “In maniera pesante. Per il futuro non mi aspetto niente di positivo e se con-tinuano ad aprire supermercati, saremo costretti a chiudere tutti”.

Fausto Airoldi

Le nostre domande a…

ROBERTO COLLEONI, SINDACO DI CALUSCO D’ADDA

Sono previsti dei lavori per aumen-tare i parcheggi nel centro storico? “Per il momento no. Con la riquali-ficazione del centro storico, 5 anni fa, abbiamo già aumentato dov’era possibile il numero dei posteggi. Sa-rebbero necessari ulteriori lavori di riqualificazione sulle vie laterali che permetterebbero l’aumento dei po-sti auto, ma sono investimenti che, al momento, non possiamo effettuare. Come tutte le amministrazioni comu-nali, dobbiamo confrontarci più con i tagli che con le opere in programma. Per dare buona accessibilità al centro, dunque, abbiamo puntato sulla rego-lamentazione dei parcheggi col disco orario a 45 minuti, coordinandone il controllo con la polizia locale”. Che bilancio fa del Distretto del commercio dell’Isola Bergamasca?

“Al momento rimane una bella occa-sione mancata, purtroppo. Già cinque anni fa ho cercato di far partire, assie-me agli altri sindaci, questo Distretto che rappresenta una chance impor-tante per il territorio. Purtroppo ho trovato grosse difficoltà a far capire fino in fondo, sia ai commercianti che ad alcuni sindaci, le potenzialità di questo progetto che chiaramente necessita di un investimento a medio-lungo tempo. Ho trovato grossa pau-ra nel volersi mettere in gioco con idee e investimenti nuovi, al punto che abbiamo dovuto insistere, con i commercianti, per poter utilizzare i fondi che la Regione aveva stanzia-to per il nostro territorio. È come se l’unica realtà ‘fruttifera’ non trovasse ancora la mentalità giusta per partire. Credo tuttavia che si dovrà insistere

su quella strada, perché fare fronte comune sembra essere l’unica con-creta possibilità per il futuro”. Se il commercio langue, come van-no gli altri settori? “Il fermo dell’edilizia sta condizio-nando tutto l’indotto, bloccando a catena un’ampia fascia di attività produttive, che rappresentano lo scheletro dell’economia del nostro territorio. Le piccole e medie impre-se legate ad altri settori produttivi, al momento, reggono, ma la loro mag-giore difficoltà è legata alla liquidità e all’accesso al credito. Quello che è sempre stato un territorio bene-stante sta vivendo un periodo molto difficile, caratterizzato da molta in-quietudine, soprattutto perché non si riesce a capire dove poter andare a parare per il futuro”.

Isabella Gherardi

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Un paese vitale, con una lunga via nella quale si concentrano le principali attività commerciali. Potrebbe anche venir voglia di fermarsi per un gelato. Grazioso.

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67VIAGGIO IN PROVINcIAIsola Bergamasca

CI RACCONTANOcarVico

adriaNo locatelli(edicola) Via Santa Maria

L’attività ha avuto un calo con la crisi? “Sì, leggero. Dall’inizio della crisi alme-no un 8 per cento di acquisti in meno, soprattutto quotidiani e riviste”.Attività che hanno chiuso? “Sì, uno shop per animali, una gastro-nomia e altre attività, mentre i negozi storici, per ora, reggono”. Com’è il paese? “È carino, molto tranquillo, con il solito tran tran. Con la crisi, però, si capisce che sta cambiando”.Su cosa si basa l’economia del territorio?

“Sull’industria meccanica e tessile. Fino a poco tempo fa, la maggior parte dei cittadini era impiegata nella Imec o nella Carvico, altri nell’Italcementi”.Cosa manca al paese? “Niente, mi pare abbia tutto”.

eMaNUele PersoNelli(bar “la FarMacia dei saNi”) Via VerdiCom’è cambiato il paese? “Con le ultime due crisi i commercianti sono diminuiti drasticamente”. E nella sua attività?

“Sono diminuiti i lunghi stazionamenti nel nostro bar, la nostra clientela è da toccata e fuga”. Riesce a tenere aperto sino a tardi? “Sì, fino a mezzanotte. In realtà sono due i locali che fungono da ritrovo serale per i giovani, nel centro del paese. Cre-do che sia importante avere dei punti di riferimento, pur nel rispetto dell’orario consentito”.Perché? “Molti non lo capiscono, ma finché dei locali rimangono aperti di sera, il paese non rischia di trasformarsi, come altre realtà della Bassa, in terra di nessuno dopo le 20”.Un’idea che potrebbe fare la differenza? “Il ritorno alle vecchie Pro Loco, uti-lizzate come ufficio cultura. Questo potrebbe muovere delle iniziative socio-culturali che consentirebbero alla citta-dinanza di vivere e apprezzare il proprio paese. A Calusco, per esempio, grazie alla Pro Loco il paese è più vivace”. Anche in risposta ai centri commer-ciali?

Adriano Locatelli

Da sinistra, Emanuele Personelli e Mattia Bonfanti

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Desolante sensazione di un paese in for-

te crisi. Le molte saracinesche abbassate

se la giocano, per numero, con quelle

aperte. Se Carvico facesse di secondo

nome Fenice, se la potrebbe cavare.

s

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12MESIottobre 2012

68 VIAGGIO IN PROVINcIAIsola Bergamasca

“Esattamente. Riappropriarsi del pro-prio paese, conoscere l’artigiano o il commerciante, potrebbe fare la diffe-renza, anche culturalmente parlando”.

silVia chiaPPa(tabaccheria) Piazza Giovanni XXIIIA cosa rinunciano i suoi clienti? “Al giornale, non alle sigarette. Rispetto alla crisi del 2009, questa si sta senten-do molto nel territorio”.Come definirebbe Carvico? “Un paese in declino. Se ne sono andati gli studi medici, la farmacia e molti ne-gozi. Per la popolazione e gli anziani è un problema serio”.Com’era fino a pochi anni fa? “Era un paese ricco di attività commer-ciali che, per la sua posizione, serviva sia Villa d’Adda che Sotto il Monte. Il lavo-ro si sta completamente decentrando e il cuore del paese ne sta risentendo”.Criminalità? “Ultimamente sono aumentati i furti in villa e qualcuno è stato scippato, casi che fino a pochi anni fa erano rarissimi nel nostro paese”.

beata straUss(babY biMbo) Piazza Giovanni XXIII

Che paese è questo? “È fermo, purtroppo molte attività han-no già chiuso”.Come va la sua attività? “Sto per chiudere, ma spero di riaprire altrove, in una città più grande. Quando ho aperto, quattro anni fa, si lavorava ab-bastanza bene”. Oggi? “La gente si sta orientando sul riutiliz-zo dell’abbigliamento per bambino: se lo passano tra fratelli e cuginetti, come si faceva quarant’anni fa. Inoltre, nella zona hanno aperto molti negozi di cinesi che vendono abbigliamento per bambi-

no, senza contare i centri commerciali”.Manca qualcosa al paese? “No, del paese non possiamo lamen-tarci: la viabilità è buona, i parcheggi ci sono, così come i servizi per gli abitanti. Abbiamo anche un parco grandissimo per i bambini e un oratorio molto atti-vo”.

aNtoNio Perico(elettrodoMestici) Via Verdi Da quanto è aperto? “Da circa trent’anni. Prima facevamo an-che l’assistenza, ma con l’avvento dell’e-lettronica è diventato piuttosto difficile poterla seguire”.Il paese le piace? “Sono nato qui, ma da qualche anno è un paese spento. Questa via, per esempio, era piena di attività, ma nell’arco di po-chi anni si è svuotata”.Cosa manca? “Al paese niente, è organizzato bene. Mancherebbe un incentivo al commercio, non è che sia stato fatto molto per quello”.Non avete mai pensato a un’associa-zione dei commercianti? “Che io sappia, no”.

Beata Strauss

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12MESIottobre 201212MESI

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70 VIAGGIO IN PROVINcIA 71Isola Bergamasca

CI RACCONTANOsotto il MoNte

aNGelo rota GraZiosi(edicola PaPiNi) Via Brusicco

Da quando siete aperti? “Da più di quarant’anni. Il territorio si è ingrandito molto nell’ultimo decennio, per l’arrivo di nuovi abitanti da fuori. I servizi non mancano, il paese ha più o meno tutto”.Cos’ha notato in questo periodo? “Che la gente sta attenta su tutto: acqui-sta meno quotidiani, guarda le offerte e sceglie le riviste scontate”.E il turismo religioso? “Da quando è iniziata la crisi, arrivano meno fedeli. Quelli che vengono non acquistano più i souvenir che, una volta, andavano tanto. Ma il turismo religioso, in realtà, era già in crisi...”.Perché? “Non c’è stato un cambio generazionale. Proprio per questo il Vescovo di Berga-mo ha previsto, dal prossimo ottobre, un anno di fede che riporterà le nuove gene-razioni in visita ai Santuari del territorio, compreso quello di Sotto il Monte”.

siMoNe GUsMiNi(ristoraNte doN lisaNder) Via zaverio RoncalliUn pregio del paese? “È un paese tranquillo, immerso nella natura”.Manca qualcosa? “Tutto è proporzionato al numero degli abitanti. Forse si potrebbe creare qualco-sa in più per i bambini, per portare le fa-

miglie a vivere maggiormente il centro”.E il turismo religioso? “È in netto calo, ma non credo che la prima motivazione sia la crisi economi-ca. Si registrava una netta diminuzione già da molti anni”.

attilio rota(sala Giochi) Via Brusicco Le piace Sotto il Monte? “Sì, è carino, non c’è traffico e ha dei buoni servizi per la popolazione”.Culturalmente? “Abbiamo la Pro Loco che tiene vivo il

paese con qualche iniziativa e organizza, in collaborazione con i commercianti, delle manifestazioni”.Un paradosso del paese? “Oggi che c’è più gente, se ne vede meno in giro. Vent’anni fa, al contrario, la po-polazione era la metà, ma la sera il paese di riempiva di giovani fino a mezzanotte”.Adesso? “Se qualche bar rimane aperto fino alle 22 è tanto”.La sua attività? “Ha risentito della crisi: quando girano meno soldi non può che essere così”. Il futuro? “Tutti i paesi della zona si stanno svuo-

beNiaMiNo barUta(cattolica assicUraZioNi)Piazza Caduti

C’è stata una contrazione nella stipu-la delle assicurazioni? “Altroché, c’è chi toglie l’assicurazione sulla casa dopo aver pagato il mutuo. Un vero paradosso, se ci pensa, perché adesso che la casa è loro, non l’assicu-rano più!”.Da quando si è sentita la crisi?

“Da un paio d’anni, col fermo dell’edi-lizia nel territorio. Molti dei miei clienti oggi fanno i pendolari in Svizzera: van-no tutti i giorni in macchina, in quattro o cinque, e tornano la sera”.Ha perso molti clienti? “Almeno duecento clienti, tutti albane-si e romeni, impiegati nell’edilizia. La maggior parte degli albanesi sono ritor-nati in patria, mentre quelli che sono ri-masti, lo fanno perché hanno un mutuo da pagare. Molti mi dicono che se riu-scissero a vendere, tornerebbero subito in Albania, perché là adesso c’è lavoro”.E gli altri? “Ho dei clienti romeni che hanno aperto delle aziende edili che, recentemente, hanno ottenuto degli apparti a Milano. Ragazzi intelligenti, più scolarizzati dei nostri, che sanno come muoversi. Pecca-to per i nostri… non riesco a capire per-ché non ce la facciano come loro”.

Le nostre domande a…

EUGENIO BOLOGNINI, SINDACO DI SOTTO IL MONTEL’economia del paese si è basata per anni sul turismo religioso, set-tore oggi in netto calo. “Purtroppo è così. Ricordo il boom del turismo religioso nei primi anni del papato di Giovanni XXIII, erano decine i pullman che venivano tutti i giorni a Sotto il Monte. Questo trend è durato sino agli anni Ottanta, poi è andato via via calando. Oggi la crisi incide su una situazione che si era già fisiologicamente ridimensionata nell’ultimo ventennio”. Trova che ci siano state delle occa-sioni mancate? “In parte sì. L’errore è stato quello di non valorizzare in questi anni la figu-ra di Papa Giovanni XXIII. Si sarebbe-ro potute organizzare delle iniziative sul territorio, anche per facilitare il ri-cambio generazionale tra i fedeli. Di fatto, chi ha vissuto nel periodo del suo papato, oggi, è molto in là negli anni, mentre le nuove generazioni spesso non lo conoscono neppure”. L’anno prossimo cade il cinquante-simo anniversario della morte del Papa. Una nuova opportunità da non farsi sfuggire? “Senza dubbio, la parrocchia e la

Diocesi di Bergamo hanno intenzio-ne di dare nuova linfa alla figura di Papa Giovanni, cosa che, collateral-mente, aumenterà il numero dei fe-deli che visiteranno Sotto il Monte. In tal senso la Diocesi ha già annun-ciato degli interventi, come la riqua-lificazione della Casa del Pellegrino e la creazione di percorsi religiosi”.L’inserimento del paese nel Distret-to del commercio dell’Isola Ber-gamasca ha agevolato in qualche modo i commercianti? “Sono stati ottenuti dei finanzia-menti dalla Regione per dei lavori di ammodernamento e di ristruttura-zione delle attività commerciali, ma non tutti hanno potuto aderire per la compartecipazione economica prevista. Il nostro paese, tuttavia, si inquadra in maniera atipica nel Di-stretto del commercio, perché non solo non è percorso da importanti flussi di traffico, ma la sua vocazio-ne turistica lo spinge verso obiettivi diversi, come ad esempio l’apertura domenicale degli esercizi pubblici. Anche per questo risulta difficile fare fronte comune con gli altri paesi del Distretto”.

Angelo Rota Graziosi

Attilio Rota

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Un paesino immutato negli anni, semplice, tranquillo, come lo spirito di quel Papa che ne ha fatto la fortuna. Checché se ne dica, meglio così, che la trasformazione di quel-la immagine in apprezzato merchandising religioso. Ne abbiamo già fin troppi.

tando di attività commerciali, purtrop-po. Siamo circondati dai grandi centri, quindi non so davvero come si farà ad andare avanti”.

carlo doNadoNi(borse e borsette) Via zaverio Roncalli

Gli ultimi tre anni? “Una catastrofe totale per il commercio. La crisi sta dando il colpo di grazia a una situazione che non andava già bene”.Perché? “L’economia del nostro paese si è svi-luppata, negli anni, nel settore del turi-smo religioso, ma col passare del tempo i fedeli che venivano a Sotto il Monte sono diminuiti drasticamente”.Come mai? “Il Papa è morto già da tanti anni e, con lui, molti dei fedeli che lo conoscevano. Temo che il turismo di una volta, difficil-mente potrà tornare”.

Carlo Donadoni

Beniamino Baruta

s

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73VIAGGIO IN PROVINcIAIsola Bergamasca

CI RACCONTANOVilla d'adda

salVatore la Polla(JaPPY Moto) Via San Carlo

Lei ha appena aperto. Perché proprio qui? “Perché a Villa d’Adda non ci sono altre officine meccaniche per moto fuoristra-da. Inoltre, dalle mie ricerche ho potuto notare che non sono molte le attività che chiudono a Villa d’Adda”.Una peculiarità del paese? “La sua struttura. Villa d’Adda ha una parte alta, un centro e una parte bassa, dove sono concentrate le maggiori atti-vità commerciali”.Come incide sul commercio? “La svantaggia, persino l’organizzazio-ne delle feste, risulta problematica. Una notte bianca a Villa d’Adda risulterebbe impossibile”.Viabilità? “Con la nuova galleria che porta a Calu-sco, fatta per deviare il traffico pesante, ogni problema di viabilità è stato risolto”.

Le piace il paese? “Ha molto da offrire per chi ama la natu-ra e il verde…ma finisce lì”. Affacciandosi sull’Adda, col caratteri-stico traghetto, richiama del turismo? “Forse una volta… I milanesi si accon-tentavano, un tempo, di venire a Villa d’Adda: molte case della parte alta sono loro. Oggi la vedo dura…”.

aNdreiNo PaGGi(salUMeria) Via Frigerio Ci troviamo nel centro del paese, ma le attività commerciali scarseggiano. “Lo so, eravamo in sedici e, in trentasette anni, siamo rimasti in due. Purtroppo, in tutti questi anni, nessuno ha investito ca-pitali per migliorare questa zona del pae-se: tutto è rimasto come quarant’anni fa”.Le attività commerciali dove sono concentrate? “Le poche che ci sono, si trovano nella

zona bassa, dov’è stato costruito il nuo-vo centro commerciale. Io l’avrei voluto qui nel centro, almeno avrebbe richia-mato più pubblico”. Cosa manca nel centro? “Vicino alla posta, mancano i parcheggi, ce ne sono appena otto. C’è un terreno, là sotto, ma non l’hanno voluto utilizzare”.L’economia del paese? “Si basa sulle imprese artigiane e sulle grandi aziende del territorio, come la Biffi, l’Advil e la Frigerio”.Il futuro di Villa d’Adda? “Cupo!”

reNato taFUri(FarMacia albeN)Via San CarloCome definisce Villa d’Adda? “Per la sua conformazione è un paese molto strano, lungo e stretto. Pur essen-do di 4.700 abitanti, questa zona è con-siderata un’area rurale, perché il nucleo della cittadinanza che fa capo a questa farmacia non supera i 2.300 abitanti”.La struttura del paese come impatta sulla sua attività? “C’è una suddivisione degli utenti che gravitano nei negozi del territorio. Gli abitanti di Villa d’Adda alta, per esempio, sono più vicini a Carvico, di conseguenza vanno lì dove c’è un’altra farmacia”.Con la crisi, i suoi utenti hanno

Salvatore La Polla

Andreino Paggi

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Si attraversa il centro storico e si passa

via diretti. Poi si ritorna sui propri passi,

increduli. Non sarà mica questo? E invece

sì! Parte alta e bassa si shakerano, mentre

l’Adda, col traghetto leonardesco, è il ri-

scatto di tutto il paese. Meno male.

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12MESIottobre 2012

74 VIAGGIO IN PROVINcIAIsola Bergamasca

cambiato abitudini? “Sì, la gente acquista esclusivamente farmaci, mentre i parafarmaci sono a quota zero”.Cosa si augura? “Che le persone cambino mentalità. La paura della crisi sta frenando ulte-riormente l’economia, ma d’altra par-te come non capirli, questo terrore ce l’hanno inculcato dall’alto”.

doMeNico FUMaGalli(sisteMa UFFicio) Via zappelloA distanza di tre anni dall’apertura di questo centro commerciale, che valu-tazione ne dà? “Direi positiva, nonostante sia stato inaugurato proprio a ridosso della pri-ma crisi, cosa che probabilmente non ha permesso l’apertura di tutte le attività previste. In linea generale, tuttavia, vedo che la maggior parte dei negozi riesce ad andare avanti”.Ritiene che la struttura del paese ne abbia condizionato l’evoluzione? “Purtroppo sì, perché abbiamo un cen-tro storico attraversato da un provinciale in cui, di fatto, non c’è mai stata la pos-sibilità di edificare abitazioni per i citta-dini che, di conseguenza, sono migrati verso le parti periferiche del paese”.

La nuova galleria che ha smistato il traffico nella parte bassa? “È molto positiva, perché le attività commerciali possono godere di buon flusso viabilistico e di nuovi clienti”.Qualcosa da migliorare? “I collegamenti dei pullman con la fer-rovia: andrebbero integrati con nuove corse”.

carlo GaraVaGlia(FarMacia della dottores-sa PaNZeri) Via zappelloSiete aperti da gennaio, come mai proprio a Villa d’Adda? “Perché abitiamo qui vicino e questo cen-tro commerciale ha un buon passaggio”.Nel vostro settore merceologico avete molti concorrenti? “Purtroppo sì, ci troviamo a concorrere sia con le farmacie del territorio che con le grosse catene di parafarmacie situate nei grandi centri commerciali”.Dunque, quale strategia state utiliz-zando per chiamare pubblico? “Stiamo cercando di farci conoscere se-lezionando dei buoni prodotti, talvolta di nicchia, che la grande distribuzione non ha, con un occhio attento al rappor-to qualità-prezzo”.

Le nostre domande a…

ADELVALDA CARSANIGA, SINDACO DI VILLA D’ADDACome mai Villa d’Adda si è svuota-ta di esercizi commerciali, soprat-tutto nel centro? “Non credo che la struttura del pa-ese sia stata determinante nel crea-re questa situazione, semmai è più onesto dire che i negozi hanno co-minciato a chiudere con l’arrivo dei supermercati. La gente ha preferito andare fuori paese per fare la spesa, così, a poco a poco, i commercianti sono stati costretti ad abbassare le saracinesche. Prova di quel che dico è stata la mancata apertura, una quindicina di anni fa, di nuovi nego-zi nel centro storico, a fronte della realizzazione di nuove costruzioni in piazza Papa Giovanni. Allora, proprio per incentivare il commercio, furono realizzati dei locali al piano terra, che però nessuno ha mai richiesto, tanto che, dopo qualche anno, ne fu cam-biata la destinazione d’uso. Oggi su tutto il territorio sono presenti solo due negozi di alimentari, più una serie di altre attività commerciali prevalentemente concentrate nella zona bassa, oltre ad alcuni ristoranti nella parte alta del paese”. È possibile potenziare la vocazione turistica del paese?

“Direi di sì. Vicino al traghetto leo-nardesco è stato inaugurato l’an-no scorso un ostello e, quest’anno, proprio lì accanto, grazie al coordi-namento di Agenda 21, l’associazio-ne dell’Isola Bergamasca, abbiamo collocato il noleggio di biciclette elettriche a pedalata assistita. Tutto questo si inserisce in un programma più ampio che prevede la realizzazio-ne di un percorso cicloturistico che arriverà sino al cuore del paese, pas-sando per la Chiesa di Sant’Andrea”. Quali sono le prossime opere in programma? “Proprio nell’ottica di questo poten-ziamento turistico, abbiamo parte-cipato, assieme al Parco Adda, a un bando indetto dalla Regione Lom-bardia che ci permetterà di avere, sui 900mila euro previsti, il 40 per cento di finanziamento per il restauro del-la Torre del Borgo. Si tratta di lavori di mantenimento per questa Torre medievale che, una volta restaurata, sarà inserita nel percorso cicloturisti-co. La vista panoramica che si potrà godere dalla veranda delle Torre e l’organizzazione di mostre crediamo possano incrementare un buon flus-so turistico nel territorio”.

Renato Tafuri

Domenico Fumagalli

Carlo Garavaglia

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12MESIottobre 201212MESI

ottobre 2012

76 VIAGGIO IN PROVINcIA 77Isola Bergamasca

CI RACCONTANOsolZa

MohaMed libaK(ital Maroc) Via Roma

Lei ha aperto da cinque anni. Perché proprio a Solza? “Abito qui vicino e la zona mi piaceva, ma adesso, con la crisi, fatico ad andare avanti. Le mie entrate si sono ridotte del 65 per cento, lavoro per l’affitto, la luce e lo Stato”.Che clientela ha? “Pochissimi italiani, la maggior parte sono stranieri. Molti connazionali sono ritornati nei loro Paesi, mentre quei po-chi che sono rimasti cercano di rispar-miare su tutto”.Ha pensato anche lei di ritornare in Marocco? “Sì, se potessi ci tornerei molto volen-tieri, ma ho comprato casa qui, ho un mutuo da pagare, e andarsene vorrebbe dire perdere tutto”.

Da quanto tempo è nel nostro Paese? “Da quattordici anni. Ricordo che quando tornavo in Marocco per le va-canze, molti amici mi avvicinavano per chiedermi di trovare loro un lavoro in Italia… Adesso quando ci torno, non mi guardano neanche. In questo momento si sta meglio in Marocco, di tre o quattro volte…”.

lioNello cresPoliNi(siMPatY dUe PiZZeria)Piazza ColleoniCom’è cambiato il paese negli ultimi anni? “È arrivata più gente, mentre i servizi sono rimasti gli stessi”.Cosa manca?

“I negozi, sono sempre meno”.Le manifestazioni? “Pochissime. Quest’anno anche Isola Folk, una manifestazione che richiama-va musicisti da tutto il mondo, è saltata”. Il castello Colleoni porta turismo al paese? “Non mi sembra proprio”. Il futuro? “Qui si chiude tutti. Rimarranno il for-naio e la farmacia, se va bene”.

liNda sottocorNola(ParrUcchiere) Via Leonardo Da VinciIl suo negozio è aperto da 18 anni. Le piace il paese? “Abbastanza, nonostante abbia una

mentalità un po’ chiusa”.Un pregio? “È un paesino tranquillo. Non manca nulla”.Se potesse svegliarsi domani con qualcosa in meno nel paese? “C’è un passaggio pedonale che serve

a deviare i pedoni da una strettoia, ma se va bene durante il giorno e d’estate, trovo che di sera e l’inverno, sia troppo pericoloso”.E la crisi? “Nel mio caso, pensavo peggio. Trovo che, in generale, si sia fatto del terrori-smo mediatico che ha creato ulteriore ristagno economico”.Cosa ha causato? “Paura. La gente sta attenta ad investi-re.”

aNdrea boschiNi(PiZZeria d’asPorto)Via Leonardo Da VinciIn questi due anni, è riuscito a crearsi una buona clientela? “Sì, non solo di Solza, ma anche dei pae-si limitrofi. Il colpo della crisi l’abbiamo accusato da marzo di quest’anno”.Quanto in meno?

“Circa il 30 per cento. Inoltre abbiamo scoperto che non sono poche le persone che, nella zona, si sono trasferite altrove”. Cosa spera? “Che il Governo si decida ad agevolare chi ha una piccola attività e continua a fare sacrifici”.Le piace il paese? “Sì, mi pare carino. Da quel che vedo, per il numero degli abitanti non manca di niente, se non le attività commerciali”.

Le nostre domande a…

MARIA CARLA ROCCA, SINDACO DI SOLZACom’è lo stato di salute del com-mercio nel suo territorio? “Negli ultimi anni la realtà commercia-le di Solza è rimasta sostanzialmente immutata. Come amministrazione, ol-tre ad aver creato una farmacia comu-nale sul territorio, abbiamo cercato di incentivare l’apertura di altre attività, ma la concorrenza dei grandi centri commerciali ha purtroppo prevalso. Attualmente stiamo puntando su un mercato a km 0, in collaborazione con la Coldiretti, che possa essere una va-lida alternativa per i nostri cittadini. Si tratta tuttavia di un progetto piutto-sto difficile da realizzare, proprio per-ché è difficile vincere la concorrenza della grande distribuzione”.Perché Solza non è stato inserito nel Distretto del Commercio dell’I-sola Bergamasca?“Non mi sembra che ci siano le con-dizioni perché il paese possa entrare nel Distretto, perché per aderirvi oc-correrebbe un’importante compar-tecipazione economica del nostro Ente e dei commercianti. Nonostan-te questo, qualche anno fa, abbiamo partecipato a un bando indetto dalla

Regione Lombardia per dei finanzia-menti, previsti per i Comuni al di sot-to del 2.000 abitanti, per la ristrut-turazione delle attività commerciali”. Nel paese è stato creato un passag-gio pedonale necessario a mettere in sicurezza una strettoia. Come ri-sponde alla sensazione che possa essere poco sicuro, sia la sera, che l’inverno? “Mi sembra sinceramente una for-zatura, non è certo l’unica strada stretta nel paese, anzi il territorio di Solza è fatto per la maggior parte da passaggi molto simili. Nonostan-te questo abbiamo già provveduto a illuminare il passaggio pedonale e sono state effettuate delle prove, con delle telecamere, che verranno posizionate tra breve tempo”. Ci sono delle opere in programma? “Nell’immediato, data la scarsità di risorse, e finché non si chiarisce l’entità dei trasferimenti al nostro Comune, ci limiteremo a quelli che riteniamo essere gli interventi più urgenti, come la sistemazione dei marciapiedi e la manutenzione stra-ordinaria del cimitero”.

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Piccolissimo, Solza sembra lontano dal

chiasso della banalità, immerso in terri-

torio ancora a misura d’uomo.

Mohamed Libak

Linda Sottocornola

Andrea Boschini

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12MESIottobre 2012

79LA LETTERA

Predore non è un paese senza eventiEgregio direttore Costa, mi chiamo Alberto Rossetti e sono Presidente della Commissione Sport e Turismo sostenibile di Predore, paese che si affaccia sulla costa berga-masca del lago d’Iseo. Mi permetto di scriverLe perché qualche settimana fa ho letto il servizio che avete presentato sul Vostro mensile “12 mesi” riguar-dante il Basso Sebino; ho letto e riletto più volte l’articolo e posso affermare in piena tranquillità che ciò che è stato ri-portato non rispecchia la realtà e la veri-dicità dell’attuale situazione del paese di Predore.È vero, Lei mi potrà dire che ciò che avete scritto è stato affermato da alcuni esercenti del paese, ma come cittadino di Predore e soprattutto Presidente della Commissione mi sono sentito enorme-mente indignato di fronte a tale articolo; Le spiego anche il perché…Dal mese di Agosto del 2011 si è formata la nuova Commissione Sport e Turismo sostenibile di Predore, comprendente 10 membri; tale Commissione, nominata dal Comune, tra l’altro si occupa di pro-muovere il Turismo tramite la creazio-ne di eventi musicali e culturali per far conoscere il paese di Predore. Proprio quest’anno 2012, siamo riusciti con pa-zienza e buona volontà, ad organizzare un fitto calendario di eventi in collabora-zione con le Associazioni presenti nel pa-

ese (Alpini, Centro Turistico Giovanile, Marinai, Parrocchia, Oratorio, Associa-zione Ciclisti, Protezione Civile, Gruppo Arrampicatori, Centro Anziani, GruppoN’Gamà onlus,); per conoscenza Le in-vio una copia del libretto che abbiamo stampato. Come Commissione abbiamo aperto anche un profilo su Facebook, contando nel giro di qualche mese più di 800 amici, ai quali prima di ogni evento viene inviato un invito a partecipare.Inoltre il 21 Aprile 2012 sono state inaugurate le Terme Romane, prezioso reperto storico di importanza elevata e, grazie all’impegno del Comune, dal 20 Luglio fino alla fine di Settembre nei fine settimana sono aperte al pubblico (Venerdì dalle ore 20 alle 22 - Sabato e Domenica dalle 9 alle 12.30 e dalle 18 alle 22). Quindi la cosiddetta mancan-za di spazi di aggregazione e di eventi per attirare gente nel paese è totalmente priva di ogni fondamento; avrei inoltre piacere sapere come mai, per un artico-lo del genere, non sia stata contattata la Commissione. Anche perché general-mente quando si vuole sapere qualcosa del luogo dove ci si trova si cerca la Pro-Loco o ci si informa se ci sia qualche As-sociazione o Commissione preposta per il turismo locale. Ritengo opportuno af-fermare che qualche problema è presente anche a Predore, situazione comunque presente ovunque; però mi è dispiaciuto,

ed estendo tale sentimento anche negli altri membri della Commissione ed agli amici che ci aiutano in questa nostra ini-ziativa, ripeto ci è dispiaciuto constatare quel senso di svilimento nei confronti di un paese, seppur piccolo, ma comunque particolare con profonde radici stori-che (risalenti al periodo dei Romani), bagnato dal lago ed abbracciato dalla montagna (una menzione importante va fatta anche per la Falesia presente sul territorio, meta di molti arrampica-tori proveniente da tutta Europa), con la gente del luogo un po’ chiusa ma al tempo stesso orgogliosa del suo “pae-sello”, della gente “forestiera” che si é innamorata di Predore e che ha scelto di viverci e di tutti coloro che quotidia-namente si adoperano per organizzare eventi e manifestazioni per promuovere il paese. Penso che sia stato doveroso da parte mia replicare al Vostro articolo, sperando di non aver arrecato disagio a nessuno e mi auguro di aver fatto capire quanto il paese di Predore stia a cuore a tanta gente e, soprattutto, quanta voglia c’è di far conoscere il nostro paese.Cogliendo l’occasione Le porgo distinti saluti.

Alberto RossettiPresidente

Commissione e Sport sostenibile Predore

Egregio Rossetti sinceramente, non capiamo a quale articolo Lei si riferisca. In tutto il servizio dedicato a Predore nessuno ha mai parlato di scarsità di eventi. Semmai, sotto accusa è finita la carenza di servizi, in primis quello delle Poste, e il clima ge-nerale non certo euforico che riflette la profonda crisi in atto. Quanto ai centri di

aggregazione, l’istanza emersa durante la nostra inchiesta è stata quella di “un vero e proprio luogo di aggregazione giovani-le”, richiesta, ci pare di capire, che va ben oltre l’oratorio o un profilo su Facebook. Al di là di queste puntualizzazioni, ci spiace comunque che lei sia rimasto de-luso, ma come ci ha sottolineato con sin-cerità, abbiamo semplicemente riportato Giorgio Costa

quel che i commercianti ci hanno riferito. Più che convincere noi del suo lodevole eapprezzabile operato, bisognerebbe forse riflettere su quanto e come viene percepito in paese lo sforzo messo in atto dalla sua Commissione.

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12MESIottobre 2012

81APPUNTAmENTI

Lo spaZIo tiene Banco a BergamoscIenZa

d ieci anni dedicati alla scienza e alla sua di-vulgazione, con un’at-tenzione particolare

ai giovani. Si prepara a festeggiare un compleanno molto significativo Berga-moScienza, la manifestazione nata nel 2003 per volontà dell’Associazione Si-napsi, desiderosa di dare un contributo per far crescere il profilo culturale della città, grazie a un’attenzione tutta nuova al mondo della scienza e della tecnolo-gia. Una formula vincente, come con-fermano i numeri: 118 mila i visitatori dell’ultima edizione. Anche quest’anno il festival (dal 5 al 21 ottobre), conferma la completa gratuità di tutti gli eventi e il doppio canale di iscrizione, per i privati e per le scuole, quest’ultimo gestito da Confindustria Bergamo. Iniziative, con-ferenze (sono oltre 100 i relatori), spet-tacoli, mostre e laboratori animeranno la città e la provincia. Come nella scorsa edizione si è scelto di concentrare in una giornata alcuni importanti eventi dedicati ad un unico tema che quest’an-no sarà lo spazio: lo “Space day” avrà un’anteprima il 5 ottobre, alle 17, al Teatro Sociale, con la presentazione della manifestazione, alla presenza delle autorità e degli ospiti Marcello Coradini dell’ESA, European Space Agency ed

La decima edizione del festival in programma dal 5 al 21 ottobre.

Enrico Flamini, dell’Agenzia Spaziale Italiana. Seguirà alle 19, al Convento S. Francesco, l’inaugurazione della mo-stra interattiva “More Space to Space”, rivolta ai ragazzi, dedicata ai segreti dell’Universo e al mondo degli astro-nauti e delle missioni spaziali, organiz-zata dall’Associazione BergamoScienza in collaborazione con ASI (Agenzia

Spaziale Italiana), ESA (European Spa-ce Agency) e Nasa. Il giorno seguente, il 6 ottobre, adulti e bambini saranno coinvolti in conferenze, mostre, laboratori, spettacoli musicali e proiezioni di documentari sugli ignoti spazi profondi. Si comincerà alle 9,30, al Centro Congressi Giovanni XXIII con la conferenza “Il lato oscuro dell'U-

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12MESIottobre 2012

82 APPUNTAmENTI

niverso: riuscirà LHC a far luce?” con Antonio Masiero (astrofisico). Si pro-seguirà alle 11,30, sempre nella stessa sede, con “Tutti i volti di Marte” di cui parleranno Marcello Coradini, Enrico Flamini e Ilaria Zilioli, dell’ESA. Nel po-meriggio, alle 15, al Centro Congressi Giovanni XXIII, si parlerà di “La luna e le sue risorse: quali sono le aspettati-ve della scienza” con Erik M. Galimov, della Russian Academy of Sciences. Alle 17 seguirà “Breve storia della luna” con Linda Elkins-Tanton, direttore del Carnegie Institution for Science’s Department of Terrestrial Magnetism. Infine, alle 19, in Piazza Matteotti, sarà protagonista Paolo Nespoli: con i suoi 174 giorni di permanenza nello spazio, l’astronauta sorprenderà il pubblico rac-contando le ultime esperienze vissute durante la missione sulla Stazione Spa-ziale Internazionale .Alle 16, a Palazzo Frizzoni, si parlerà in-vece di “L'astrofisica in Italia: AGILE, astro-rivelatore gamma a immagini leg-gero” con Fabrizio Boffelli, dell’Univer-sità di Pavia e dell’INFN (Istituto Nazio-nale di Fisica Nucleare). Numerosi altri eventi, mostre e spettacoli completeran-no la proposta monotematica.Se lo spazio e la sua esplorazione saran-no i principali protagonisti di questa edizione, molti altri temi saranno via via affrontati, dalla matematica, alla fisica, alla chimica, all’informatica, alla medici-na, alla genetica.Accanto agli esperti di astrofisica, sa-ranno quindi presenti altri importanti protagonisti del panorama scientifico e culturale italiano e internazionale che approfondiranno i temi scientifici più attuali. Tra questi, tre Premi No-bel per la Medicina e Fisiologia: Bruce Beutler (Nobel 2011), scopritore dei meccanismi di attivazione del sistema immunitario nel corpo umano, che il 13 ottobre, alle 17, al Teatro Sociale sarà il protagonista della conferenza “Come ci difendiamo?”, durante la quale verranno illustrate le scoperte che hanno chiarito

il meccanismo di funzionamento del si-stema immunitario; Linda Buck (Nobel 2004), introdotta da Giuseppe Remuz-zi del “Mario Negri”, il 7 ottobre, alle 17 al Teatro Sociale, proporrà un ap-profondimento sui comportamenti del cervello in base alla percezione di odori e feromoni, e James D. Watson (Nobel 1962), uno tra i primi scienziati ad aver indagato la struttura della molecola di Dna, il 14 ottobre, alle 17 parlerà al Teatro Sociale su “Come la scoperta del Dna ha rivoluzionato la nostra vita”.Saranno inoltre presenti Guido Tonel-li, del Cern, che parlerà del Bosone di Higgs (il 20 ottobre, alle 11,30, al Tea-tro Sociale), si illustreranno gli orizzon-ti futuri dell’informatica con Federico Faggin, fisico e inventore del micropro-cessore (il 7 ottobre. alle 9,30, al Tea-tro Sociale), mentre nell’appuntamento con il neuroscienziato Semir Zeki (il 7 ottobre, alle 11,30, al Teatro Sociale) si definiranno i parametri scientifici della “bellezza”. Il biologo Stuart Firestein (il 7 ottobre, alle 15, al Teatro Sociale) metterà in scena una lezione-intervista allo scienziato Roger Brent sul provo-catorio tema “Come l’ignoranza guida la scienza” durante la quale si parlerà di come gli scienziati usano l’ignoranza

per programmare il loro lavoro. Il neurobiologo del Department of Zo-ology della Università di Cambridge Simon Laughlin avanzerà l’ipotesi che il cervello umano sia ormai giunto all’a-pice della sua evoluzione (il 13 ottobre, alle 11,30, al Teatro Sociale) durante l’incontro dal titolo “Cosa rende il cer-vello efficiente dal punto di vista energe-tico?”. Mamoru Kawaguchi, uno dei più autorevoli rappresentanti dell’ingegne-ria moderna, descriverà i suoi innovativi studi sulle strutture spaziali tridimen-sionali e pneumatiche (il 20 ottobre, alle 17, al Teatro Sociale). E ancora: si tratterà di neuroeconomia con Alan Sanfey (il 13 ottobre alle 9,30 al Teatro Sociale) che affronterà il tema “Così la bolla finanziaria nasce nel nostro cer-vello. Ecco i nuovi segreti della neuro economia”, mentre Ian Wilmut, “papà” della pecora Dolly, parlerà dei segreti della clonazione (il 13 ottobre, alle 15, al Teatro Sociale). La tavola rotonda sul tema “Vivere nello spazio: desiderio e realtà”, in programma il 21 ottobre, alle 17, al Teatro Sociale, affronterà in ter-mini pratici le prospettive della produ-zione di cibo in assenza di gravità.L’ingresso alle conferenze è libero. Info: www.bergamoscienza.it

Tutte le mode,Quelli che la fanno e quelli che la indossano.Ma quello che amiamo di più è quando essa èColorata, gioiosa, positiva e ottimista,Quando non si prende sul serioQuando semplicemente vi valorizzaQuando fa rima con piacereE soprattutto quando non è una questione di prezzo.Allora vi invitiamo tutti a passare alla moda KIABI.

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12MESIottobre 2012

85CULTURA

unescoloMBardia da recordLa regione, con i suoi nove siti, è la più premiata d’Italia. ma non tutti i suoi abitanti lo sanno. È necessario valorizzare il territorio attraverso una filiera che riesca a unire turismo, cultura e siti unesco.

di alessia MarsiGalia

d al punto di vista storico, artistico e archeologico la Lombardia ha tre pri-mati. È la Regione italia-

na con più siti Unesco (oggi sono 9, ma entro la fine dell’anno saranno 10, con l’arte liutaia di Cremona); abbraccia con le sue bellezze tutta la storia d’Italia; le incisioni rupestri della Valle Camonica sono il primo sito italiano inserito nelle liste Unesco, nel 1979.La maggior parte dei lombardi però, quando va bene, conosce solo i siti che si trovano in prossimità del luogo in cui vive. “Non c’è conoscenza del patrimo-nio Unesco italiano, perché manca una cultura dedicata al proprio Paese che dovrebbe iniziare sin dalle scuole… – afferma Monica Abbiati, responsabile Unità operativa valorizzazione aree e parchi archeologici e complessi monu-mentali della Regione Lombardia –. C’è la necessità di valorizzare il territorio attraverso una filiera che riesca a unire turismo, cultura e siti Unesco”. Del tema si è discusso anche nel con-vegno “Siti Unesco: un’opportunità per il turismo in Lombardia”, tenutosi nell’ambito della Borsa internazionale del turismo, da cui è emerso che l’azione

di valorizzazione deve essere accompa-gnata non solo da un’efficace promozio-ne turistica di questi beni e dei territori che li ospitano, ma anche da un’impre-scindibile azione di educazione al patri-monio, che permetta ai cittadini, a co-minciare dai più giovani, di acquisire la consapevolezza dell’alto valore culturale di questi beni. Tutto è nelle mani dei Comuni perché il compito dell’ente internazionale è “solo” quello di conservare e valorizzare luoghi dall’intrinseca fragilità. “L’Une-

sco riconosce il valore del sito, ma non dà soldi per mantenerlo o promuover-lo – spiega Abbiati –. In base alla legge 77/2006 i vari comuni possono par-tecipare ai 3 milioni di euro che l’ente stanzia annualmente, ma vi concorrono tutti i 47 siti italiani”. Quindi la certezza di vincere fondi non c’è. Il marchio Unesco può fare da traino o costituire una zavorra, dipende dal com-portamento del Comune. Gratificazione morale a parte, ci si domanda se ad essa ne corrisponda una economica: quan-

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NON RESTARE APPESO A UN FILO

PROVACI

La tua impresa non è più competitiva?

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12MESIottobre 201212MESI

ottobre 2012

87CULTURA86

to vale un sito se indossa la maglia Une-sco? Secondo i dati dell’Osservatorio centrale del turismo il riconoscimento Unesco fa aumentare i turisti del 20 per cento. Si tratta però di una stima media, bisogna valutare caso per caso.Per i siti palafitticoli, Marco Baioni, di-rettore dello scavo della palafitta del Lu-cone di Polpenazze, ci ha detto di aver riscontrato, limitatamente ai mesi in cui lo scavo è attivo e in riferimento all’anno 2011, un maggiore afflusso di visitato-

ri, sia singoli sia in gruppi, a cui viene offerta una visita guidata un giorno alla settimana. Questo grazie anche al fatto che, dal 2008, la pubblicità sul territo-rio relativa agli scavi estivi è aumentata attraverso numerosi canali.Riguardo al sito della Ferrovia Retica, Alessandro Fico, managing director del Club Magellano che promuove i viaggi sul Bernina Express, spiega che “la ra-tifica a patrimonio mondiale Unesco ha sicuramente giovato, a livello di presti-gio e di popolarità, e quindi di immagi-ne e di introiti. Ha attratto più i mercati lontani, addirittura di oltre oceano, per i quali un sito Unesco è di maggiore inte-resse rispetto ad altri e pertanto degno di nota per una possibile visita. Anche in Italia ha creato maggiore interesse soprattutto nelle regioni del sud, dove il Trenino Rosso del Bernina non era molto conosciuto, o non conosciuto in assoluto. Al Nord, dove per contro il trenino era già molto popolare, il fatto di essere stato inserito nella lista del patrimonio mondiale ha dato ulteriore prestigio (il che non guasta mai...), ma non ha influito in modo importante sulle vendite concrete”.Buone notizie da Brescia che, con il suo complesso Santa Giulia e il Capitolium, nel 2011 ha registrato un aumento di visite soprattutto da parte di forestieri, nonostante il Comune, secondo l’asses-

sore alla Cultura Andrea Arcai, abbia deciso di non spingere troppo sulla pro-mozione, finché il sito non sarà comple-tamente messo a punto. I Sacri Monti, in provincia di Como e a Varese, confermano un aumento del flusso turistico, così come i Comuni di Mantova e Sabbioneta che, grazie al marchio Unesco, sono riusciti a con-trastare la crisi legata al turismo che, a livello provinciale, aveva ridotto i flussi del 2 per cento dal 2006. “Allo scopo di accrescere le potenzialità turistiche del sito – dice Mariangela Busi dello staff Unesco del Comune di Mantova – i Co-muni hanno attivato alcuni progetti tra i quali un servizio di trasporto fisso, festi-vo e prefestivo, “vestito” con una grafica Unesco e con la presenza di una hostess o uno steward che forniscono informa-zioni sul sito e sulle motivazioni che ne hanno consentito il riconoscimento”.Dunque, in un modo o nell’altro, sul mercato culturale la medaglia Unesco premia. Essenziale è che questa meda-glia sia costantemente lucidata e mo-strata in pubblico, affinché gli abitanti ne siano fieri e diventino consapevoli del fatto che la Lombardia è una terra ricca di cultura, il cui patrimonio storico, arti-stico, architettonico e ambientale, se ben valorizzato, oltre ad arricchire le menti, può contribuire in modo significativo anche all’economia della regione.

Il marchIo UnescoL’Unesco (United Nations Educatio-nal, Scientific and Cultural Organiza-tion), fondato nel 1946 dalle Nazioni Unite, si occupa della cooperazione intellettuale tra Stati con lo scopo di incoraggiare la collaborazione nei campi dell’educazione, della scienza, della cultura e della comunicazione. Nel 1972 l’Unesco ha approvato la Convenzione sul patrimonio dell’u-manità, che rappresenta il più im-portante strumento internazionale voluto dai popoli per proteggere il loro patrimonio culturale e naturale. L’Unesco valuta una volta l’anno i siti che aspirano a essere ammessi nella “Lista dei patrimoni dell’umanità”. Se un sito ottiene il marchio Unesco, lo Stato coinvolto si obbliga ad assu-mere la responsabilità di salvaguar-dare il bene naturale o culturale di eccezionale valore universale. Una ricerca recente commissionata alla Iulm (Libera Università di Lingue e comunicazione) su che cos’è l’Une-sco, su un campione di 500 persone italiane tra i 18 e i 54 anni, ha mes-so in evidenza che l’organizzazione è conosciuta dal 98 per cento degli intervistati. Tra questi il 77 per cento sa indicare l’attività ed ha una repu-tazione altissima, il 69 per cento di-chiara un alto livello di fiducia, il 75 per cento ha una percezione di effi-cienza dell’Unesco e il 70 per cento lo considera un centro di eccellenza. La stessa percentuale di intervistati riconosce al marchio Unesco un’alta rilevanza e importanza nella promo-zione di iniziative e attività mentre il 60 per cento ritiene il marchio Une-sco un valore aggiunto in termini di prestigio e reputazione.

Nella pagina precedente, la Croce del re longobardo Desiderio, nel com-plesso San Salvatore - Santa Giulia a Brescia.Qui sopra, il trenino del Bernina.

1979: arte rupestre della Valle ca-monica (brescia)I graffiti di arte rupestre presenti in tutto il territorio della Valle Camoni-ca documentano un arco di tempo di 12.000 anni, scritto su oltre 2.000 roc-ce. I soggetti rappresentati spaziano dalle scene quotidiane a quelle di va-lore culturale. Il simbolo della regione Lombardia, la Rosa Camuna, è una ri-elaborazione grafica di un’antica inci-sione presente nel sito. È il primo sito italiano iscritto nella Lista Unesco.1980: santa Maria delle Grazie e ce-nacolo di leonardo da Vinci (Milano)Nel refettorio del Convento dome-nicano di Santa Maria delle Grazie, accanto all’omonima chiesa si trova uno dei dipinti più celebri al mondo: L’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci. L’invenzione sublime di Leonardo nasce dall’utilizzo della luce e dal-la nuova prospettiva alle spalle dei commensali, frutto di una rivoluzio-naria commistione tra la prospettiva spaziale fiorentina e quella ottenuta mediante il chiaroscuro. L’opera, da-tata alla fine del 1400, fu realizzata dall’artista “a secco”, anziché ad af-fresco. Questo rende fragile la sua conservazione.

1995: Villaggio operaio crespi d’adda (bergamo)Si tratta di un’opera di architettura industriale. Fabbrica e villaggio in stile Liberty furono realizzati tra ‘800 e ‘900 dalla famiglia di cotonieri Cre-spi, quando in Italia nasceva l’indu-stria moderna. L’insediamento indu-striale – rimasto inalterato nel corso del tempo – fu dotato di tutti i servizi

d’avanguardia, come l’ospedale, il centro sportivo e il teatro, meritan-do espressioni di compiacimento per il coerente programma di conserva-zione delle caratteristiche architetto-niche e sociali del sito. 2003: sacri Monti (Varese e como)Si tratta di un gruppo di Cappelle e altri manufatti architettonici eretti tra il XVI e il XVII secolo, dedicati a diffe-renti aspetti della fede cristiana. Ol-tre al loro significato simbolico, sono luoghi dotati di bellezza suggestiva perfettamente integrata con il pae-saggio naturalistico circostante. Due dei nove sacri monti (sette sono in Piemonte) sono in Lombardia e pre-cisamente a Ossuccio (sponda Occi-dentale del Lago di Como) e a Varese.

2008 Ferrovia retica (sondrio)La linea ferroviaria del Bernina (Saint Moritz - Tirano) e quella svizzera dell’Albula costituiscono il cuore dell’unico Sito Unesco transnaziona-le italiano. Entrambe le ferrovie col-legano l’Engadina al turismo interna-zionale e costituiscono esse stesse un’attrazione turistica. La linea del Bernina è la tratta della trasversale alpina più alta di tutta Europa ed una delle ferrovie ad aderenza naturale più ripide al mondo.2008 Mantova e sabbionetaLa progettazione urbanistica e archi-tettonica delle due città rappresenta in modo esemplare le due tipologie di fondazione urbana rinascimentale: quella evolutiva (la città gonzaghesca di Mantova si rinnova ed estende un abitato preesistente, mantenendo una

lombardIa: I 9 sItI Unesco

pianta irregolare con edifici di epoche diverse) e quella fondativa (Sabbione-ta è progettata unitariamente come declinazione di una “città ideale”).2010 Monte san Giorgio (Varese)I siti del Triassico lombardo (230-245 milioni di anni fa), scoperti nella pri-ma metà del secolo XIX, sono noti a livello mondiale. Essi costituiscono il più spettacolare complesso di verte-brati marini, fornendo una successio-ne di famiglie faunistiche che copre circa 12 milioni di anni. Pesci e rettili del Monte San Giorgio sono esempi perfetti di testimonianza.

2011 Palafitte dell’arco alpino (Va-rese - brescia - Mantova - cremona)Sono coinvolte, oltre l’Italia, la Francia, la Svizzera, l’Austria, la Germania e la Slovenia. Le palafitte rappresentano una testimonianza delle abitudini di vita dei primi contadini del centro Eu-ropa dall’Età del Rame alla prima metà del Ferro (dal 5000 all’800 a.C.) Il sito comprende 111 villaggi palafitticoli e la Lombardia vanta la più antica pala-fitta sinora riconosciuta, sul lago di Va-rese. Quelle nella zona del Garda sono invece le più numerose. 2011 centri di potere e di culto nell’e-tà longobarda (brescia - Varese)Il sito comprende le più importanti testimonianze monumentali longo-barde esistenti sul territorio italiano. In particolare, il complesso monasti-co di San Salvatore - Santa Giulia a Brescia e il Castrum di Castelseprio-Torba a Varese testimoniano un bene ricchissimo la cui datazione spazia dal VI al VIII secolo.

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L’INTERVISTA

“La cuLtura deVe essere consIderata una prIorItà per IL nostro paese”Il parere di Giovanni Puglisi, presidente Commissione Italiana Unesco ed Emerito Rettore dello Iulm, Libera Università di Lingue e comunicazioneQual è il valore del brand Unesco?“Il brand Unesco non si misura in termi-ni economici, ma di accrescimento della coscienza civile del valore culturale del nostro patrimonio che sia artistico, pa-esaggistico o immateriale, come la dieta mediterranea o l’arte liutaia di Cremona, prossima a diventare il decimo sito della Lombardia. Quando l’attività dell’uomo è sinergica e costruttiva produce effetti positivi. E questi valori diventano patri-moni dell’intera umanità”. Ma c’è un effetto sull’economia nei luoghi interessati?“Per avere un ritorno economico c’è la necessità che questi luoghi entrino nel dna delle popolazioni che li ospitano: sono le stesse comunità che, avendo or-goglio dei loro siti, devono operare per il loro sviluppo e la loro diffusione. La crescita del flusso turistico sarà la prima conseguenza perché, come dimostra la ricerca sul valore del brand Unesco, re-alizzata in collaborazione con Iulm, l’U-nesco ha un indice di reputazione – in particolare tra i giovani sotto i 35 anni – vicino all’eccellenza, tale da creare un vero e proprio bacino di fiducia intorno al marchio”. La Lombardia è una regione record…“E non solo per il numero. La sua pecu-liarità è quella di avere un patrimonio mi-sto, dalle arti rupestri della Valcamonica, all’ambito storico artistico di Mantova e Milano con Santa Maria delle Grazie, passando alla parte più ambientale della valorizzazione paesaggistica dei Sacri Monti o dei siti palafitticoli e all’archeo-logia industriale di Crespi d’Adda”. E quelli nel resto d’Italia?“Iscritti ce ne sono 47, ma l’Italia è tut-ta un patrimonio: unica non solo per natura e capacità dell’uomo, ma anche per motivi storici. Nel contesto dei pa-esi della vecchia Europa l’unità italiana

è arrivata tardi. Questo ha fatto sì che, mentre la Francia arricchiva Parigi ca-pitale, l’Italia dei Comuni e del Rinasci-mento arricchiva ogni ducato. Firenze, Modena, Parma e Piacenza, per citarne alcune, erano tutte in gara tra loro e si combattevano a suon di bellezze”. Qual è lo stato di questo patrimonio?“Non abbiamo nessun sito in pericolo e non abbiamo mai avuto nessun sito espulso dalle liste dell’Unesco. Cosa successa ad esempio in Germania: Dresda e il delta dell’Elba sono stati cancellati, perché la città necessitava di una super strada che era fondamentale per l’economia del Paese”.Quindi è vero che a volte il marchio Unesco può diventare un peso?“Assolutamente no. L’Unesco protegge un sito, sta al singolo Paese valorizzar-lo. L’Unesco fotografa il sito e la buffer zone circostante: in quel momento si stila un trattato internazionale. Se viene violato questo trattato, andando a mina-re il ‘territorio patrimonio’, il trattato viene cancellato”. La commissione controlla che i siti vengano salvaguardati?“Non ha questo compito, ma nel mo-mento in cui arrivano segnalazioni di usi impropri interviene, sollecitando le autorità competenti perché attivino quei

processi di tutela e vigilanza. Dico sem-pre che l’Unesco è come il papa, non ha eserciti. Le sue guardie sono le coscien-ze civili dei cittadini”. Eppure non c’è cultura dei siti italia-ni e nemmeno di quelli lombardi…“Oltre all’orgoglio indigeno che do-vrebbero possedere tutte le comunità che ospitano siti Unesco, serve una comunicazione di massa che li renda conosciuti. Questa si sviluppa innanzi-tutto con un’adeguata formazione sco-lastica. I governi nazionali, regionali, locali dovrebbero considerare la cultu-ra come una priorità per questo paese. Contro le crisi determinate dalla finan-za, è indispensabile tornare ad investire in un’economia reale, che poggi sulla conoscenza e sulla cultura. Basi solide, come è solido il numero di visitatori che ogni anno si reca ai Musei civici di Vene-zia, agli Uffizi, al Colosseo: persone che viaggiano sui nostri treni e sui nostri ae-rei, che mangiano nei nostri ristoranti, che acquistano i prodotti del nostro arti-gianato e della nostra industria manifat-turiera, sia qui che una volta tornati nei propri paesi. So che la fascia di povertà si è accresciuta nella nostra società, ma se questo Paese sapesse investire nella cultura anche l’agio economico della gente potrebbe crescere”. s

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ottobre 2012

91CULTURA90

Le nostre domande a…

un prImato conoscIuto?

La vox populi sui siti di Bergamo, Brescia e provincia

di alessaNdra toNiZZo

andrea, 30 anni, tabaccaio di Desenzano del Garda (Bs)“Non so bene cosa sia un sito Unesco, e fino ad oggi non sapevo ce ne fosse uno nel mio Comune. Vero è che qui di turisti ne passano, e nessuno mi ha mai chiesto niente: sicuramente non se ne parla ed è poco segnalato”.

ada, 36 anni, casalinga bresciana“Siti Unesco bresciani? Ho letto recen-temente che il monastero Santa Giulia lo è diventato: l’ultima volta che l’ho visi-tato era da ragazza, al liceo. Credo che ci sia molta pubblicità, oggi, attorno a questo riconoscimento, ed è un bene, non solo per il turismo, ma anche per la tutela del luogo”.

simone, 26 anni, benzinaio bresciano“Se mi chiede di sciogliere la sigla Une-sco non saprei cosa dirle! Ma di luoghi storici, beni culturali, insomma, nel no-stro territorio ce ne sono eccome. Bre-

scia richiama turisti per le Mille Miglia, o con le grandi mostre: in quei momenti capita che mi chiedano indicazioni verso il centro”.

laura, 30 anni, baby sitter di Crespi D’Adda (Bg)“Qui da noi c’è un sito Unesco, certo. Io ci sono stata, lo trovo affascinante. Per strada, è capitato che mi chiedessero in-dicazioni per il Villaggio Operaio, quin-di penso sia abbastanza conosciuto”.

Maria Grazia, 42 anni, tabaccaia di Capo di Ponte (Bs)“Chi non è a conoscenza delle incisioni rupestri della Valle Camonica? Capo di Ponte è noto proprio per questo, diverse persone ci raggiungono per vedere i siti archeologici. Peccato che, in paese, non ci siano segnalazioni adeguate”.

ario, 60 anni, pensionato di Desenzano del Garda (Bs)“Siti Unesco a Desenzano? So che ci sono le palafitte a Lonato, ma a riguar-do, in paese, io sono stato solo al museo

civico archeologico Rambotti. Attira molte persone, stranieri compresi”.

carla, 56 anni, impiegata di Capo di Ponte (Bs)“Capo di Ponte è un posto unico al mon-do per le incisioni rupestri: qui vengo-no interi pullman di giovani, dall’Italia e dall’estero. I siti sono ben segnalati e noi siamo fieri di questo primato”.

Paola, 35 anni, cameriera di Capriate San Gervasio (Bg)“Il Villaggio Operaio di Crespi lo cono-sco, perché abito in zona e ci sono stata. Penso che il paese intero sia conosciuto per questo luogo, patrimonio dell’Une-sco, anche se non si vedono molti turisti in giro”.

organizzate uscite con gli studenti nei siti Unesco di brescia e Provincia?“Sì, anche se, dall’anno in corso, la questione economica sta pesando sempre di più in quanto l’Istituto – non ricevendo più fondi per il funzio-namento dallo Stato né, per l’anno prossimo, i fondi per il diritto allo stu-dio che i Comuni sono tenuti ad ero-gare – non può venire incontro alle numerose famiglie che non possono permettersi di accollarsi le spese per il viaggio e la visita d’istruzione”.Quali siti avete visitato, che inte-resse hanno suscitato nei ragazzi?“L’interesse dei ragazzi è alto se ci sono insegnanti preparati ed entu-siasti che sanno accompagnare gli studenti nel loro percorso di crescita culturale e umana. I docenti dell’Isti-tuto sanno supportare al meglio la motivazione degli alunni ad appren-dere, e quindi anche ad interessarsi del patrimonio di questa splendida Italia (lasciato, purtroppo, spesso ‘marcire’ da adulti incompetenti o solo assetati di potere e di denaro). L’anno scorso, ad esempio, due clas-si terze della scuola primaria Muzio Calini hanno avuto l’opportunità di effettuare per tutto l’anno sco-lastico un percorso alla scoperta di siti archeologici, guidati da docenti universitari ed esperti, concluden-do il lavoro sul posto al Museo delle

Palafitte del Lago di Ledro, ed espo-nendo i lavori nella mostra didattica I luoghi della conoscenza che si è te-nuta nei primi giorni di giugno pres-so la sala SS. Filippo e Giacomo di via delle Battaglie”. Pensa che siano pubblicizzati, come beni culturali, questi luoghi storici? e a livello turistico?“Mi sembra che la pubblicità non manchi, anche se non è tutto, per-ché nelle scuole arrivano tantissime proposte, ed è cura dei dirigenti e dei docenti saper fare delle scelte che abbiano veramente uno spesso-re culturale. Certamente, la politica non aiuta i territori a fare delle scelte che sappiano coniugare salvaguardia dei beni archeologici ed artistici con una promozione turistica di qualità. Ci sono eccezioni lodevoli in varie parti d’Italia, dovute per lo più non solo alla competenza, ma anche a una spiccata sensibilità di persone con ruoli amministrativi diversi che tappano delle falle del sistema “pa-ese” adoperandosi, spesso motivati dalla sola passione, al di là del do-vuto. È questa l’Italia migliore, che pare però soggetta a un costante declino. Allora, scommettere sui giovani è urgente e importante, per-ché la memoria del passato torni a risplendere coniugandosi con un fu-turo più creativo”.

ANGELINA BATTAGLIOLA, DIRIGENTE SCOLASTICO Istituto Comprensivo Centro 3 Brescia, via dei Mille, 4B (che comprende anche la Scuola secondaria di primo grado ad indirizzo musicale “Giacinto Mompiani” in via Calatafimi n. 11 e la Scuola secondaria di primo grado “Ospedale dei Bambini” in P.le Spedali civili).

In queste pagine, da sinistra, Sabbioneta, le incisioni rupestri della Val Ca-monica, il villaggio operaio di Crespi d’Adda e Torba Nuova.

Le foto di questo servizio sono di Carlo Meazza e sono contenute nel libro Lombardia. Patrimonio dell’umanità. I luoghi dell’Unesco.

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PARETE NORD92

Bergamo e il turismo, piano di rilancio cercasi

Abbiamo tante potenzialità, ma anche numerose zavorre. Per uscirne bene, basterebbe

imitare i trentini e consorziarsi il più possibile

V a detto, a titolo di premessa, che noi bergamaschi siamo dei bei tipi. Non perché abbiamo un muc-chio di difetti, che quelli ce li han-

no tutti, ma perché siamo un po’ come quello che va a mangiare in trattoria, ci pensa su due ore, ordina; poi, quando vede passare il piatto del suo vicino di tavolo, si mette a mugugna-re: ho sbagliato tutto! Avrei dovuto ordinare quello, non il pollo con le patate! In definitiva, da una parte esercitiamo con una certa esube-ranza l’arte dell’autocritica e, dall’altra, stiamo sempre lì a guardare gli altri, convinti che pos-siedano la panacea. Così, se nelle nostre valli il turismo stenta a decollare, siamo tutti pronti a scatenarci nella caccia alle streghe. E certo che i turisti preferiscono andare altrove – dice quello che ha girato il mondo e la sa lunga – noi non gli offriamo nulla: al massimo, la personale del pittore di Valnegra o la festa della polenta taragna. Vuoi mettere in Trentino? Lì, al turista costruiscono un arco trionfale personalizzato, appena fuori dall’autostrada: benvenuto ragio-nier Frugotti! In albergo ci sono i lavandini con l’idromassaggio e, con una sola card, fai ben-zina, prendi la funivia e ordini i canederli al ri-storante. Poi, salta su l’immancabile “piovisna” ambientalista: la Cassandra orobica non man-cherà di rimarcare la cementificazione selvag-gia delle nostre valli, l’impatto degli impianti sciistici e il dissesto idrogeologico, dandone la colpa alla cecità ottusa delle autorità deputate. Vuoi mettere in Trentino? Fanno la raccolta dif-ferenziata a sedici categorie: i colori dell’iride,

per i bidoncini, non bastavano e hanno dovuto ricorrere all’infrarosso, all’ultravioletto e, infi-ne, ai quadretti e ai pois. L’acqua del Sarca la potresti bere e quella del Noce è meglio della Sangemini per i lattonzoli. Ci sono due milioni di chilometri di piste ciclabili e la gente che usa l’automobile è additata al pubblico ludibrio. Per non parlare dell’edilizia: solo chalet in le-gno e pietra verrucana, con almeno quindici et-tari di giardino. E così via: potrei andare avanti per dieci pagine ad elencare la razzumaglia di casa nostra, paragonandola con le meraviglie del magnifico ex principato vescovile, ma que-sto non ci avvicinerebbe di un centimetro alla soluzione delle nostre magagne. Intendiamoci, è tutto vero quel che si dice di male della nostra provincia: che si offra poco o niente al turista, in città come in montagna e che i condomini di Foppolo, come le villette di Selvino o di Dorga, facciano recere i cani sono verità manifeste. Del pari, è sotto gli occhi di tutti la pressapochistica miopia di chi ha governato la modernizzazione del nostro territorio negli ultimi cinquant’anni: una modernità pagata almeno tre volte il giusto prezzo, a colpi di abusi, di schifezze e di mani che si lavano l’una con l’altra. Ma siamo sicuri che l’erba del vicino sia davve-ro così verde? Il Trentino è una provincia auto-noma: si tiene le sue tasse, senza contare che le spese di carattere statale sono coperte, giu-stappunto, dallo Stato. Sarei capace anch’io di costruire ciclabili coi ponti stile Calatrava e di organizzare piazzole ecologiche che sembrano Base Luna, con tutti i soldi che ballano in tasca a

Dellai e alla sua giunta! Per questo, il paragone non è proponibile: rispetto alle possibilità offer-te dalla propria autonomia, il Trentino non è poi questo granché. Divisioni, favoritismi, incapacità di creare reti ed economie di scala sono all’ordi-ne del giorno anche all’ombra del Doss Trento: io non credo, in tutta franchezza, che, con tutti i loro difetti, i Bergamaschi, con le risorse econo-miche di una provincia autonoma, si comporte-rebbero tanto peggio dei nostri dirimpettai. E, vi prego, non tiratemi fuori la forma mentis asbur-gica dei trentini: quella sì che è una leggenda metropolitana. I trentini sono bravissima gente, nella stragrande maggioranza dei casi, ma nei loro paesi vedi delle cose che avrebbero fatto venire l’itterizia a qualunque sovrintendente Tuz-zi, di musiliana memoria. Ragazzini di dodici anni che scorrazzano col motorino, piani regolatori applicati con molta fantasia, muratori che lavo-rano sui tetti a torso nudo e con le sibre ai piedi rappresentano quanto di meno austroungarico sia dato di vedere. Lo ripeto, di brava gente, seria, rispettosa delle regole e con un’idea mo-rale della comunità civile, ce n’è anche qui da noi: il nostro non è un problema antropologico. O, perlomeno, non è solo un problema antro-pologico: va da sé che il valligiano bergamasco non sia sempre un mostro di socievolezza e non abbia il bernoccolo alberghiero, del tipo dei romagnoli o degli altoatesini. Però può impara-re. La questione è un’altra: per offrire al turista attrattive nuove, varietà di offerte, pacchetti a trecentosessanta gradi, ci vogliono due cose. In-vestimenti e progettualità. Dall’esperienza tren-

tina, mi verrebbe da dire che, quando ci sono gli investimenti, i progetti fioriscono: a nessuno piace lavorare per niente, sulla scorta delle labili promesse di qualche politicante che, dopo una settimana, nemmeno si ricorda quel che ti ha proposto, e si sta già occupando di un altro ghi-ribizzo. E ve lo dice uno che ci è passato. Perciò, o si chiede che Bergamo diventi provincia auto-noma, come aveva fatto Cappelluzzo ai tempi suoi, oppure si cerca di utilizzare al meglio quel che si ha in cascina: tertium non datur. Siccome la prima ipotesi mi pare un filo impraticabile e, anzi, sarebbe il caso di cancellare un’assurdità come le autonomie, che creano privilegi del tut-to ingiustificati, rimane la seconda. Ci si siede intorno ad un tavolo, si fa una bella mappatura delle identità turistiche e degli atout presenti sul territorio: si individuano criticità e priorità, si contano le svanziche che abbiamo in tasca e, infine, si programma, tutti insieme, un piano or-ganico di rilancio del turismo. Abbiamo ben tre istituti alberghieri, i cui studenti, dopo il diplo-ma, vanno a fare tutto tranne quello per cui han-no studiato. Abbiamo fiumi, laghi, monti, che ragionano ognuno per conto suo. Soprattutto, abbiamo una classe dirigente che dovrebbe dia-logare e coordinarsi meglio e di più. Insomma, abbiamo un sacco di potenzialità e un sacco di insensate zavorre. Per uscirne bene, basterebbe imitare in una sola cosa i trentini. Nel sano buon senso di consorziarsi il più possibile, per affron-tare con più forza quella simpatica guerra a tutto campo che si chiama futuro. Ma lo so che è una cosa un po’ difficile…

di Marco Cimmino

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caLcIo dilettantiStico, la criSi fa Spazio aI gIoVanINonostante le difficoltà economiche, a Bergamo tiene il numero delle società iscritte ai campionati “minori”. Baretti (Figc): “In passato si tendeva ad imitare i professionisti anche nelle spese, ora si privilegiano i giocatori cresciuti in casa”.

uattro squadre di serie D, dieci di Eccellenza, 20 di Promozione, 30 di Prima categoria, 60 di Seconda, 76 di Terza, 92 formazio-

ni Juniores, 97 Allievi, 99 Giovanissi-mi e poi le migliaia di piccoli calciatori impegnati nell’attività di base, quindi nelle categorie Pulcini ed Esordienti. Lo spaccato dell’attività calcistica di-lettantistica nella nostra provincia (per limitarsi al movimento Figc) è questo. Per le attività del settore giovanile, Ber-gamo è prima in Lombardia con 13.000 tesserati che si aggiungono ai 9.000 delle prime squadre. Si tratta di numeri pesanti, solo “sfiorati” dalla crisi eco-nomica che per la nuova stagione ha co-stretto su base regionale trenta squadre a rinunciare all’attività, per alcune pro-seguita solo nel settore giovanile. Dalla punta di 1.654 società di quattro anni or sono il Comitato Regionale Lombardo della Federazione Italiana Gioco Calcio ha perso complessivamente un centina-io di società.

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ottobre 2012

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Oltre alle cifre, Beppe Baretti, bergama-sco e vicepresidente vicario del Comita-to Regionale, individua però anche altri spunti di valutazione: “La crisi economi-ca ha contribuito e contribuirà a riportare le società dilettantistiche nel loro alveo naturale – dice – visto che in preceden-za tendevano ad imitare i professionisti anche nelle spese, fatte ovviamente le debite proporzioni. Adesso le politiche che privilegiano i settori giovanili stanno prendendo piede e si allarga il numero dei giocatori cresciuti in casa che trova-no posto in prima squadra. Come Fede-razione avevamo visto bene imponendo appunto una quota di giovani”.E se per la nuova stagione non sono all’orizzonte grandi novità in fatto di normative (“Siamo un Comitato in sca-denza al termine del quadriennio – ri-corda Baretti – e non abbiamo voluto lasciare eredità di impostazioni pesanti a chi subentrerà”), un problema che sta assumendo proporzioni notevoli e creando non pochi contrattempi è quello del tesseramento di giocatori ex-tracomunitari. Per un bimbo di origini straniere si chiedono una quindicina di documenti compresa una dichiarazione che attesti se sia mai stato tesserato pri-ma per federazioni straniere. Si tratta di un nodo che si rimpalla tra Figc, Fifa e Uefa e non è di certo marginale visto che la quota degli extracomunitari si aggira attorno al 7-8%, vale a dire, in Lombar-dia, 7.000-8.000 piccoli calciatori. Se il calcio è un momento di integrazione c’è evidentemente qualcosa da migliora-re nei regolamenti.

Nel gran parlare e scrivere di calcio – professionistico, dilettantistico o gio-vanile che sia – uno degli aspetti meno considerati è probabilmente quello dei primi passi e del proliferare delle scuole calcio. Quest’anno, con il via alla sta-gione agonistica, la cosiddetta attività di base sarà rivolta ai ragazzi nati negli anni che vanno dal 2000 al 2006, in pratica un percorso parallelo a quello delle scuole elementari.Difficile fare una stima, ma in Bergama-sca si dovrebbe essere vicini ai 10.000 allievi, visto che sono poche le società dilettantistiche della provincia, grandi o piccole, che non hanno la loro scuola calcio. “In questa fascia di età arrivano sicuramente ragazzini appassionati di calcio – racconta Eligio Nicolini, che dopo cinque anni con la maglia neroaz-zurra dell’Atalanta si occupa e organiz-za scuole calcio soprattutto estive – ma non tutti sono dotati e la selezione, an-che se non è l’agonismo a dominare, è

pressoché naturale, ci pensa la società a scegliere chi andrà avanti”. “C’è però anche la consapevolezza che si tratta di una fase della formazione molto delica-ta – aggiunge –. Il pallone c’è sempre, ma si fa molta attenzione all’aspetto psi-comotorio e per questo è importante la presenza di laureati, appunto in scienze motorie, e si lavora anche sull’aspetto psicologico in relazione soprattutto allo stare in gruppo”.Forse ora il miraggio di avere un fi-glio campione, e ben pagato, è meno ricorrente che in passato e la parteci-pazione dei bambini alle scuole calcio è caratterizzata dalla presenza di tutti i ceti sociali. Del resto i costi medi sono abbastanza abbordabili, con una spesa annua che si aggira sui duecento euro. In alcuni casi questa spesa comprende anche il “sogno” di vestire maglie im-portanti, visto che in provincia società di rilievo (Atalanta in primis, ma anche Mi-lan, l’Inter e Juventus) hanno realizzato

delle forme di affiliazione con squadre locali che si concretizzano soprattutto nella formazione degli istruttori oltre che nel richiamo dei colori sociali sulle tenute di gioco. In estate a Calcinate si è tenuto anche un campus del Barcello-na con la consegna delle mitiche maglie blaugrana.“Non voglio essere frainteso e non met-to in discussione il lavoro di tanti appas-sionati volontari – continua Nicolini –, va senz’altro bene anche così perché la scuola calcio deve essere accessibile a tutti, ma una maggior contribuzione, considerando che per altri sport le fami-

glie spendono cifre ben superiori, con-sentirebbe di certo una maggior presenza degli specialisti in scienze motorie, fon-damentali per queste fasce di età”.In ogni caso, i bambini sono entusiasti per questa forma di sport-divertimento organizzato nel quale la magica sfera non manca mai e che abbiano “fame” di calcio è dimostrato anche dalla grande partecipazione ai campi estivi: un con-densato di scuola calcio che si svolge in una o due settimane. “Quella dei campi estivi è ora una mia specialità – spiega l’ex nerazzurro -, che porto avanti, at-traverso la scuola calcio Eligio Nicolini,

con gli amici Marco Cecilli e Riccardo Bellotto. Quest’anno abbiamo organiz-zato i nostri appuntamenti a San Paolo d’Argon e a Seregno con la formula day camp, quindi i ragazzi alla sera tornava-no a casa, mentre a Toscolano Maderno la scuola era residenziale. Tanto calcio ma anche tante attività ludiche, tanta animazione: è una full immersion con il pallone sempre presente per piccoli o grandi a scandire il percorso tecnico attraverso il gioco ma con temi giorna-lieri specifici come la conduzione, la tra-smissione (della sfera ndr.), il dribbling, le conclusioni, i colpi di testa”.

Giuseppe Baretti

scuoLe caLcIo, È Boom dI InIZIatIVeL’ex atalantino Nicolini: “Attenti anche agli aspetti psicomotori e al divertimento”

IL PERSONAGGIO

“queI grandI derBy non torneranno pIù”Dal Leffe all’Atalanta, all’Albinese, passando per gli incarichi federali, Aldo Pezzoli è un dirigente storico del calcio bergamasco. Oggi, a 81 anni, segue le sue vigne a Scanzorosciate e il mondo del pallone lo vede così.

Aldo Pezzoli come Cincinnato: anche lui, come il politico-generale romano si è ritirato in campagna dopo le vittorie. E dal suo ritiro dorato della frazione Celi-nate di Scanzorosciate, dove con i figli guida una florida azienda vitivinicola, il cavalier Pezzoli – come era chiamato nell’ambiente – praticamente non è più uscito per frequentare il mondo del cal-cio bergamasco, quello dilettantistico in particolare, nel quale era stato protago-nista assoluto. Complice probabilmen-te anche la sua ritrosia alla pubblicità, questo mondo lo ha un po’ dimenti-cato. Ora, dall’alto dei suoi 81 anni portati in for-ma smagliante sia dal punto di vista fisico che mentale, Aldo Pezzoli (industriale del settore tessile della Val Gandino di grande successo quando la situazio-ne lo consentiva) può permettersi di fronte ad un tulip di Moscato di

Scanzo, di cui è il maggior produttore, di ripercorrere alcuni momenti di un’at-tività in campo calcistico veramente straordinaria.“Ho cominciato nel ’53 con il Leffe – rac-conta – e c’era anche Franco Previtali che si è spento da poco. C’era molto da fare, dalla squadra al campo, e abbiamo ottenu-to risultati prestigiosi. In particolare nel ’58 abbiamo vinto il campionato d’Eccel-lenza e abbiamo disputato le finali per il ti-tolo italiano, lo scudetto dei dilettanti, che poi non è stato più proposto. Siamo andati

a Roma, come fosse una gita, abbiamo visitato il Vaticano, Cinecittà

e tutto il resto. Sul campo è andata male, abbiamo

perso 1-0 contro il Ci-vitavecchia con quale polemica, ma sia in campionato che nel-la fase di qualifica-zione alle finali ave-

vamo dato un sacco di gol a tutti”.

Successivamente il Leffe ha disputato il campionato di serie D sino al ‘62 e poi, anche in conseguenza del passaggio di Franco Previtali all’Atalanta, la squadra andò un po’ in crisi retrocedendo. Ma la passione per il calcio era destinata a por-tare Aldo Pezzoli oltre i limiti del calcio di-lettantistico. Eccolo, quindi, nel ’66 all’A-talanta, prima in veste di responsabile del settore giovanile e poi di direttore. “Dal ’66 al ’68 sono stati anni di grandi cambia-menti, e nel mio ruolo di direttore sportivo ricordo sia la parsimonia, bisognava far quadrare i conti, sia la rapidità delle trat-tative – afferma –. Si parlava di altre cifre rispetto a quelle attuali: mezzo miliardo di lire era il monte stipendi dei giocatori. Con Masserini avevamo la maggioranza, ma nel ’68 decidemmo di passare la mano e iniziò l’era Bortolotti”.Pezzoli uomo di sport ma anche indu-striale scaltro. Il merchandising per le società di calcio non l’avrà forse inven-tato lui ma per il campionato ’67-’68 gli abbonati ricevettero in dono un plaid nerazzurro rigorosamente firmato Ma-peal, la ditta di Pezzoli appunto.Aldo Pezzoli

SPORTs

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C’è stato poi il ritorno al calcio dilettan-tistico, a Leffe, sino al ’73 e poi la gui-da dell’Albinese fino all’88, l’anno del buen retiro a Celinate.Stella d’oro al merito sportivo del Coni, Pezzoli ha ricoperto anche importanti incarichi federali. Nel ’72 ha portato in provincia le semifinali del trofeo Ba-rassi per regioni, manifestazione per la quale è stato anche selezionatore per la Lombardia vincendo l’unico titolo della “storia”. Sempre all’inizio degli anni Settanta ha promosso il Consiglio na-zionale della Figc a Bergamo e la finale della Coppa Italia dilettanti che si è di-sputata ad Albino. Dal ’78 al ‘79 ha par-tecipato alla riforma della serie C, men-tre per un decennio è stato presidente

del Fondo Nazionale di solidarietà tra le squadre dilettantistiche che aveva lo scopo di intervenire con rapidità ad in-tegrare i risarcimenti assicurativi dove sussisteva un reale bisogno. Di questo Fondo, ad adesione facoltativa ma al quale hanno partecipato 12.000 socie-tà, Pezzoli era stato promotore. La sua è una “carriera” che difficilmen-te ha eguali nella nostra provincia. Ora, oltre alle sue vigne, segue lo sport in tv, è tifoso della Juvetus, di Del Piero in particolare, non ha rimpianti per aver rinunciato alla sua parte attiva. “Quan-do sono venuto a Celinate è stata anche una scelta che posso definire d’amore, la terra necessita di attenzioni continue, ora che il tessile è finito posso dedicar-

mi ancor di più. Ci sarebbe stato poco spazio per lo sport portato avanti con la stessa passione e l’impegno con cui l’ho vissuto. E poi il calcio è cambiato molto, quello professionistico è diven-tato più un’industria che altro, prevale il lato economico. Quello dilettantistico invece dal mio punto di vista è miglio-rato, c’è più preparazione fisica, men-tale e organizzativa. Lo spettacolo mi sembra più interessante, c’è più ritmo, solo le spese mi sembra che in certi casi siano un po’ fuori controllo ed è que-sto l’aspetto che mi fa più paura. Cosa manca rispetto al passato? Sicuramen-te il ‘campanile’, quelle grandi rivalità, quei grandi derby che non torneranno più”.

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MONDOsuccesso...èLondra: iniziano i giochi olimpici con una cerimonia

da 42 milioni di dollari, celebrativa della storia dell’UK. Sarà ricordata come l’olimpiade di Usain Bolt, l’atleta giamai-cano entrato nella storia con l’oro nei 100, 200 e nella staffet-ta 4x100. Gli Usa si confermano la nazione più medagliata in assoluto (104 medaglie, 46 d’oro), secondo posto per la Cina

(87 medaglie di cui 38 d’oro).

Strage di turisti israeliani in Bulgaria. Una potente

esplosione, frutto di un attacco kamikaze, ha investito tre

autobus a Bulgas, una località balneare: 30 feriti, almeno

8 morti. Torna l’ombra degli uomini di Hezbollah.

2012 //11.agostoTerremoto in Iran. Due forti scosse di

magnitudo 6.2 e 6.0 sulla scala Richter con un epicentro a una profondità di

circa dieci chilometri hanno colpito il nord-ovest del Paese facendo “almeno

250 morti e oltre 1.800 feriti”. Sessan-ta villaggi quasi distrutti e altri quattro

completamente rasi al suolo.

//27.luglio

Denver: strage al cinema. Un ragazzo di 24 anni, mascherato, ha fatto irruzione intorno all’1 di notte in

un cinema multisala di Aurora, nei sobborghi di Denver in Colorado, e ha aperto il fuoco con pistola e fucile sul

pubblico che stava assistendo alla prima di The Dark Knight Rises, l’ultimo film della serie dedicata a Batman.

12 morti, una cinquantina di feriti. Il killer rischia la pena di morte, gli avvocati puntano sull’infermità mentale.

Muore Sally Ride, la prima astronauta donna

americana. A soli 32 anni era volata nello spazio,

facendo storia: salì a bordo della STS-7 il 18 giugno

1983 per poi tornare a casa il 24 giugno. Prima di lei

solo due sovietiche realiz-zarono l’impresa.

2012 //06.agostoSonda NASA atterra su Marte. Euforia al Jet Propulsion

Laboratory di Pasadena, in California, dove lo staff della Nasa ha seguito passo passo la missione della sonda Curiosity, sei

ruote e 900 chili di peso: il più grande e complesso rover-laboratorio mai inviato sul Pianeta rosso. Il programma di

esplorazione, che inizierà dall’interno del cratere di Gale, dove è avvenuto l’atterraggio, è della durata di due anni, con l’obiet-

tivo di scoprire tracce di eventuali fossili microscopici.

//06.agosto2012

Sentenza Fukushima, errore umano. La Tokyo

Electric Power Company ha ammesso che per la cata-

strofe della centrale nucle-are di Fukushima Daiichi la colpa non è tutta del terre-

moto/tsunami dell’11 marzo: i back-up cooling systems dei

reattori sono stati arrestati manualmente.

Siria, è in atto un genocidio. Queste le

parole del primo ministro siriano Riad Hijab, fuggito

in Giordania per «non essere più complice dei crimini del regime», dopo settimane di

feroci scontri che hanno rag-giunto anche Aleppo.

Crisi spagnola, scoppiano le rivolte popola-

ri per il piano di austerity, che prevede il taglio delle

tredicesime per gli statali, parlamentari compresi.

Tafferugli nelle piazze principali del paese.

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2012 //13.agosto

Boss arrestato in spiaggia. Roberto Matalone, 35 anni, un nome importante nella geografia criminale di

Rosarno. L’uomo ricercato dall’aprile 2010 perché coinvol-to nell’inchiesta “All Inside” è cognato di Ciccio Pesce, figlio del capo clan Antonino, detto “U testuni”. Matalone è stato arrestato dopo mesi d’indagini nella spiaggia di Ioppolo, un

centro del Vibonese, a pochi chilometri da Capo Vaticano, una delle mete turistiche più rinomate della Calabria.

Muore Carlo Rambaldi, genio della meccatronica. Il tre volte Premio Oscar per gli effetti speciali di King Kong, Alien ed Et

l’extraterrestre, si è spento a 86 anni a Lamezia Terme

(Catanzaro).

Addio a Sergio Pininfarina, ‘stilista’ dell’auto e padre dei più bei prodotti italiani, dalla Ferrari

Testarossa alla Maserati Quattroporte, ambasciatore del made in Italy nel mondo. Il premier Mario Monti:

“un uomo fornito di talento innato, capace di coniugare bellezza e qualità dello spirito italiano”.

Taranto, ILVA sotto sequestro. Dopo anni di polemiche e mesi di

indagini, il gip di Taranto Patrizia Todisco ha firmato il provvedimen-to di sequestro senza facoltà d’uso

dell’intera area a caldo dell’acciaie-ria. Sigilli previsti per sei zone dello stabilimento, arresti domiciliari per

gli otto indagati nell’inchiesta per disastro ambientale.

Milano: sì al registro delle unioni civili. La delibera istitu-isce un registro a cui le coppie,

sia etero che omosessuali, possono iscriversi contestual-mente alla registrazione della

famiglia anagrafica. Pisapia: “Abbiamo ridotto lo spread

sull’Europa dei diritti civili”.

Liberata Rossella Urru, la cooperante sarda

sequestrata in Africa per 9 mesi. Mentre la Procura

indaga sulla lunga prigionia, si accende la questione del

presunto riscatto pagato.

Supercoppa alla Juve, Napoli battuto 4-2. Gli azzurri restano

in nove e protestano contro l’arbitro Mazzoleni,

poi disertano la premiazione.

Muore Loris D’Ambrosio, il consigliere di Napolitano. 64 anni,

magistrato, è stato colto da un infarto, mentre la cronaca parlava di un

suo presunto coinvolgimento nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia.

Il Presidente della Repubblica ha espresso cordoglio e “atroce rammarico

per le ingiuriose insinuazioni”.

Il medagliere italiano delle Olimpiadi: il Belpaese chiude all’ottavo posto con 28 medaglie (8 d’oro), una in più rispetto a Pechino 2008, entrando nel G8 dello sport.

La più premiata la scherma, con il team di Valentina Vezzali, mentre per la prima volta arriva all’oro il taekwondo. Unica macchia il caso Alex Schwazer,

maratoneta altoatesino squalificato per doping.

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Trasporto pubblico locale: nasce un’agenzia per Berga-mo e per Brescia. L’obiettivo è integrare e razionalizzare i servizi del trasporto locale, ottimizzare reti e orari. La legge di gestione del Tpl prevede la nascita di 5 agenzie

che governeranno i corrispondenti bacini di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Sondrio e Varese, Cremona e Man-

tova, Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia.

I tagli alla Sanità stabiliti dalla spending review sono una realtà. Ma a Bergamo “non ci saranno tagli

ai posti letto”, assicura il direttore generale dell'Asl di Bergamo, Mara Azzi: “Considerando solo i posti letto

realmente attivati e accreditati in tutto il territorio bergamasco siamo sotto il tetto dei 3,7 per mille abitanti

fissato dal governo”.

Cinque uffici postali bergamaschi a rischio:

Colere, Crespi d’Adda, Liz-zola, Cavernago e Gorno.

La riorganizzazione di Poste Lombardia prevede

la chiusura definitiva di 82 uffici postali, l'apertura a singhiozzo di altri 600 e

1.000 esuberi nel recapito breve da qui a fine anno.

Le cascate del Serio – con i loro 300 metri d’altezza e un particolare sistema di illuminazione messo a punto

dai volontari della Croce Blu di Gromo – portano a Valbon-dione più di 5.000 persone a godersi lo spettacolare salto

delle acque sulle rocce sottostanti.

//21.luglio

Maxisequestro di marijuana a Zingonia.

Gli agenti della polizia di Bergamo nel corso di un

controllo antidroga hanno fermato un’auto: nel baule

c’erano 182 chili di marijua-na. Il valore commerciale è

di circa 364 mila euro.

//22.luglio

//09.agostoTorre Boldone, il sindaco

risponde alle chiamate dei cittadini. L’iniziativa “il Sinda-co a casa tua”, avviata a giugno 2011, ha permesso di risolvere in modo molto più rapido alcu-ne problematiche dei cittadini

e ha fatto calare del 50% le richieste di appuntamento.

//21.luglio

2012 //02.agostoBergamo, al via il

cantiere di via Angelo Mai. L’intervento andrà a risolve-re una questione non solo di viabilità, ma anche e soprat-

tutto di sicurezza. Erano stati gli studenti delle scuole della zona e i cittadini a sol-lecitare un provvedimento

per il rettilineo, teatro a fine anno di un tragico incidente, in cui due ragazzi di 19 e 17

anni persero la vita.

//11.agosto2012

A Bergamo sale la percentuale della

raccolta differenziata. A luglio è aumentata di un

punto, passando dal 53 al 54%, in seguito alla rac-

colta dell'umido sui colli. L’obiettivo è superare il

60% nel 2013, grazie alla raccolta della plastica. Poi toccherà all’olio vegetale.

Le stazioni sciistiche hanno chiuso in rosso in

tutta la Lombardia. Le perdite maggiori nelle più piccole stazioni delle Valli Seriana e di Scalve,

dove il calo è stato superiore al 20-30%.

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