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Spirito Santo - Ottobre 2008 NUMERO 9 1 Spirito e parola Mensile della parrocchia dello Spirito Santo Siamo servi inutili Ovvero il dono di essere servi di Roberto Bonomo “Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!” Questo è quello che dice S.Paolo nella prima lettera ai Corinzi ed è quello su cui ci siamo confrontati nel fine settimana che abbiamo passato insieme con i giovani ad Albinea. Questo versetto contiene due insegnamenti importanti: il primo è che, per un cristiano, annunciare il vangelo non è un optional ma è una componente fondamentale della vita; il secondo è che del servizio non ce ne dobbiamo fare un vanto nei confronti degli altri. Questo secondo concetto è ancor più sottolineato da Gesù nel vangelo di Luca quando dice “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Tutti possiamo dare il nostro contributo all’interno della comunità cristiana, ciascuno con le proprie peculiarità e le proprie possibilità: c’è chi non si può nemmeno muovere di casa perché ammalato o anziano o perché deve assistere delle persone malate o anziane. Queste persone però possono pregare e questo è un servizio grandioso pur nella sua semplicità. Ma qualcuno potrebbe obiettare: “Cosa me ne viene in tasca? Qual è la mia ricompensa?” Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto nuovamente S.Paolo che parlando della ricompensa per la sua predicazione dice: “Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo”. La nostra ricompensa, ciò che ci dà gioia e che rallegra la nostra giornata è proprio il poter svolgere un servizio per il Signore. Un servizio vissuto così è certamente un servizio che porta gioia e serenità. (...) SEGUE A PAGINA 2 I fondamenti evangelici del servizio Ci sono parole importanti, ricche di significato, parole forti e orientatici che però nel modo comune di parlare diventano logore e vuote. Occorre invece mantenerle nella loro verità. Il rispetto delle parole è già un rispetto della verità. Una di queste parole è “servizio”: una parola seria, dai contorni evangelici precisi, da usare con sobrietà. E invece si è trasformata in una parola che non dice più nulla, che è sulla bocca di tutti e dappertutto: a servizio del Paese, dicono i politici; a servizio dei clienti, dicono i venditori; a servizio di Dio, dicono gli uomini religiosi. Ma è vero? PER COMPRENDERE la serietà di questa parola, e per ricordare con quanta sobrietà ed umiltà debba essere usata, prendiamo come riferimento la solenne dichiarazione di Gesù che si legge nel Vangelo di Marco “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita in riscatto per le moltitudini” (10,45). In queste lapidarie parole di Gesù sono racchiuse almeno quattro avvertenze che direttamente ci interessano. LA PRIMA è che servire è una dimensione dell’intera esistenza (questo è il senso di “sono venuto per”), non un frammento del nostro tempo o del nostro agire. E questo perché servire tocca la persona, non semplicemente le sue azioni e le sue cose. Servire è un modo di esistere, uno stile che nasce dal profondo di se stessi. E’ a questa profondità (cioè nel proprio modo di pensare e di ragionare, più che di fare) che ci si deve costantemente confrontare, se davvero si vuole imparare a servire. LA SECONDA avvertenza è che lo stile del servizio si oppone nettamente (nelle parole di Gesù c’è un “ma”) alla logica del farsi servire. Le due logiche non riescono a convivere, e tentare di farlo è pura illusione, l’una prevarrà sempre sull’altra. Per il vangelo, se una persona è egoista lo è dappertutto, nella vita privata come nella vita pubblica. Questo significa che non si possono vivere alcuni spazi come servizio e altri come ricerca di sé. Lo stile (che è sempre, ripetiamolo, un modo di essere prima che di fare) accompagna la persona ovunque. Se ciò non avviene significa che il servizio non è ancora diventato una qualità della vita: è qualcosa di posticcio, di fragile, non qualcosa che ha modificato il centro della persona. LA TERZA avvertenza è che servire significa in concreto vivere sentendosi responsabili degli altri. Così si deve vivere. Ciò che succede agli altri ci riguarda. Sentirsi responsabili non è solo questione di generosità, ma di sguardo attento e premuroso, capace di vedere e di capire, come lo sguardo del samaritano, che si è accorto del ferito. La generosità non è ancora il servizio, tanto meno lo slancio di un momento, anche se sincero. Il servizio non si improvvisa, ma si costruisce: richiede una giusta competenza e un’attrezzatura morale. E’ facile il rischio di una generosità immediata, confusa, irrispettosa, che inventa forme di servizio che piacciono a chi serve, ma del tutto inutili per chi si vuole servire. LA QUARTA avvertenza è che il vero servizio non raggiunge soltanto i bisogni, a accoglie le persone. Si può essere efficienti per quanto riguarda i bisogni, trascurando poi del tutto le persone. Per Gesù, le moltitudini, per le quali dona la vita, sono persone, volti, non masse anonime né semplicemente problemi da risolvere. Tra le opere buone che Gesù elenca nella grande parabola del giudizio (Matteo 25), non si parla soltanto di dare il pane all’affamato e il vestito a chi è nudo, ma anche di ospitare lo straniero e di visitare i malati e i carcerati. Ospitare significa fare spazio nella propria vita, nella propria casa, nelle proprie preoccupazioni. E visitare è un verbo che indica quel vedere cordiale che si accorge e si preoccupa, si sente responsabile e coinvolto. E’ lo stesso verbo usato nel vangelo per indicare la visita di Dio in mezzo al suo popolo. (da Bruno Maggioni “La pazienza del contadino”, note di cristianesimo per questo tempo, edizioni Vita e pensiero) In questo numero, inserto speciale a colori sul weekend ad Albinea.

2008 Ottobre

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Spirito Santo - Ottobre 2008! NUMERO 9

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Spirito e parolaM e n s i l e d e l l a p a r r o c c h i a d e l l o S p i r i t o S a n t o

Siamo servi inutili Ovvero il dono di essere servi

di Roberto Bonomo

“Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!” Questo è quello che dice S.Paolo nella prima lettera ai Corinzi ed è quello su cui ci siamo confrontati nel fine settimana che abbiamo passato insieme con i giovani ad Albinea. Questo v e r s e t t o c o n t i e n e d u e insegnamenti importanti: il primo è che, per un cristiano, annunciare il vangelo non è un optional ma è una componente fondamentale della vita; il secondo è che del servizio non ce ne dobbiamo fare un vanto nei confronti degli altri. Questo secondo concetto è ancor più sottolineato da Gesù nel vangelo di Luca quando dice “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, d i te: S iamo serv i inut i l i . Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Tutti possiamo dare il nostro contributo all’interno de l l a comuni t à c r i s t i ana , c i a s c u n o c o n l e p r o p r i e p e c u l i a r i t à e l e p r o p r i e possibilità: c’è chi non si può nemmeno muovere di casa perché ammalato o anziano o perché deve assistere delle persone malate o anziane. Queste persone però possono pregare e questo è un servizio g r a n d i o s o p u r n e l l a s u a s e m p l i c i t à . M a q u a l c u n o potrebbe obiettare: “Cosa me ne viene in tasca? Qual è la mia ricompensa?” Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto n u o v a m e n t e S . P a o l o c h e parlando della ricompensa per la sua predicazione dice: “Quale è dunque la mia ricompensa? Q u e l l a d i p r e d i c a r e gratuitamente il vangelo”. La nostra ricompensa, ciò che ci dà gioia e che rallegra la nostra giornata è proprio il poter svolgere un servizio per il Signore. Un servizio vissuto così è certamente un servizio che porta gioia e serenità. (...)

SEGUE A PAGINA 2

I fondamenti evangelici del servizioCi sono parole importanti, ricche di significato, parole forti e orientatici che però nel modo comune di parlare diventano logore e vuote. Occorre invece mantenerle nella loro verità. Il rispetto delle parole è già un rispetto della verità. Una di queste parole è “servizio”: una parola seria, dai contorni evangelici precisi, da usare con sobrietà. E invece si è trasformata in una parola che non dice più nulla, che è sulla bocca di tutti e dappertutto: a servizio del Paese, dicono i politici; a servizio dei clienti, dicono i venditori; a servizio di Dio, dicono gli uomini religiosi. Ma è vero?PER COMPRENDERE la serietà di questa parola, e per ricordare con quanta sobrietà ed umiltà debba essere usata, prendiamo come riferimento la solenne dichiarazione di Gesù che si legge nel Vangelo di Marco “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la vita in riscatto per le moltitudini” (10,45). In queste lapidarie parole di Gesù sono racchiuse almeno quattro avvertenze che direttamente ci interessano.

LA PRIMA è che servire è una dimensione dell’intera esistenza (questo è il senso di “sono venuto per”), non un frammento del nostro tempo o del nostro agire. E questo perché servire tocca la persona, non semplicemente le sue azioni e le sue cose. Servire è un modo di esistere, uno stile che nasce dal profondo di se stessi. E’ a questa profondità (cioè nel proprio modo di pensare e di ragionare, più che di fare) che ci si deve costantemente confrontare, se davvero si vuole imparare a servire.LA SECONDA avvertenza è che lo stile del servizio si oppone nettamente (nelle parole di Gesù c’è un “ma”) alla logica del farsi servire. Le due logiche non riescono a convivere, e tentare di farlo è pura illusione, l’una prevarrà sempre sull’altra. Per il vangelo, se una persona è egoista lo è dappertutto, nella vita privata come nella vita pubblica. Questo significa che non si possono vivere alcuni spazi come servizio e altri come ricerca di sé. Lo stile (che è sempre, ripetiamolo, un modo di essere prima che di fare) accompagna la persona ovunque. Se ciò non avviene significa che il servizio non è ancora diventato una qualità della vita: è qualcosa di posticcio, di fragile, non qualcosa che ha modificato il centro della persona.

LA TERZA avvertenza è che servire significa in concreto vivere sentendosi responsabili degli altri. Così si deve vivere. Ciò che succede agli altri ci riguarda. Sentirsi responsabili non è solo questione di generosità, ma di sguardo attento e premuroso, capace di vedere e di capire, come lo sguardo del samaritano, che si è accorto del ferito. La generosità non è ancora il servizio, tanto meno lo slancio di un momento, anche se sincero. Il servizio non si improvvisa, ma si costruisce: richiede una giusta competenza e un’attrezzatura morale. E’ facile il rischio di una generosità immediata, confusa, irrispettosa, che inventa forme di servizio che piacciono a chi serve, ma del tutto inutili per chi si vuole servire.LA QUARTA avvertenza è che il vero servizio non raggiunge soltanto i bisogni, a accoglie le persone. Si può essere efficienti per quanto riguarda i bisogni, trascurando poi del tutto le persone. Per Gesù, le moltitudini, per le quali dona la vita, sono persone, volti, non masse anonime né semplicemente problemi da risolvere. Tra le opere buone che Gesù elenca nella grande parabola del giudizio (Matteo 25), non si parla soltanto di dare il pane all’affamato e il vestito a chi è nudo, ma anche di ospitare lo straniero e di visitare i malati e i carcerati. Ospitare significa fare spazio nella propria vita, nella propria casa, nelle proprie preoccupazioni. E visitare è un verbo che indica quel vedere cordiale che si accorge e si preoccupa, si sente responsabile e coinvolto. E’ lo stesso verbo usato nel vangelo per indicare la visita di Dio in mezzo al suo popolo.(da Bruno Maggioni “La pazienza del contadino”, note di cristianesimo per questo tempo, edizioni Vita e pensiero)

In questo numero, inserto speciale a colori sul weekend ad Albinea.

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Spirito Santo - Ottobre 2008! NUMERO 9

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Laura lascia l’incarico di coordinamento delle attività parrocchialiNon esce dallo Spirito Santo, ma si toglie dal ruolo organizzativo: la comunità deve responsabilizzarsi

di Elena Volpe

L’appuntamento consueto di settembre, prima di cominciare un altro anno insieme in parrocchia, è il consiglio pastorale di apertura. Come ogni anno, dopo il saluto del Don e l’introduzione della lettera Pastorale del Vescovo, ci si confronta un po’ e si lascia piena libertà di parola. Quest’anno, più di altre volte, si è sottolineato l’individualismo con cui in parrocchia si vivono le varie esperienze di volontariato (dai catechisti, a chi va al centro d’ascolto, alla Caritas, alle pulizie…): non c’è scambio di opinioni e condivisione dei lati positivi e negativi di ogni singola esperienza. Condivisione che risulterebbe, invece, molto importante per

arricchirci a vicenda, conoscere meglio le varie attività in cui sono impegnati tantissimi parrocchiani e cementare il senso di appartenenza alla stessa grande Famiglia. Non costa nulla fare un piccolo sforzo per interessarsi di più agli altri, dai piccoli ai grandi, senza mai dare nulla per scontato. Nasce anche da questo mancato interesse e collaborazione vicendevole, il disagio che ha portato Laura a prendere alcune importanti decisioni. E questo è stato il momento cruciale della serata. Laura, con una lettera schietta e molto sofferta, ha gettato fuori tutta la sua amarezza, togliendosi così dal ruolo di guida del Gruppo giovani e di organizzatrice delle attività parrocchiali. Sia ben chiaro, non esce dalla parrocchia, anzi rimane a disposizione, però senza avere responsabilità di coordinamento. Era da tempo che Laura meditava una decisione simile, ma, per amore della parrocchia, era andata avanti. Ora, però, è giunto il momento di cambiare. E’ giunto il momento che la comunità si responsabilizzi. Le motivazioni del gesto? Secondo il suo parere, nessuno la aiutava nell’organizzare le varie attività ed iniziative, nessuno si interessava di conoscere gli esiti delle uscite coi ragazzi e la comunità lasciava spesso allo sbaraglio il Gruppo giovani. Insomma, in una parola sola: mancanza di condivisione delle gioie e delle difficoltà del proprio agire. Nella nostra parrocchia, paradossalmente – sempre ascoltando il pensiero di Laura –, si vive insieme, ma isolati, senza una comunanza di intenti, senza che la nostra fede possa ulteriormente irrobustirsi.

Come membro del Consiglio pastorale, spero che gli incontri possano essere davvero degli stimoli per migliorare il nostro vivere da cristiani in parrocchia e non solamente l’occasione annuale per ripetere le stesse frasi… Se, come sembra, alcune cose ci stanno davvero a cuore e la maggioranza le ha condivise, allora non facciamole cadere nel vuoto, interiorizziamole e cerchiamo di produrre frutti concreti!

SEGUE DA PAGINA 1

(...) Com’è bello e quale pace interiore porta il servizio per il Signore; quale esperienza può far crescere l’amicizia tra le persone quanto il condividere un servizio, anche il più semplice, come lavare i piatti alla Casa della Carità o alla s a g r a d e l l a P a r r o c c h i a ! Voltandomi indietro vedo che le amicizie più vere della mia vita sono nate da esperienze di servizio perché è condividendo le gioie e le fatiche che ci si impara a conoscere e ad amare. A volte il servizio può essere anche difficile e faticoso, a volte sembra di lavorare per niente, a volte ci si può anche sentire soli, ma l’importante è seminare con gratuità e con gioia e, se il servizio è fatto per il Signore, c’è limpida la certezza di poter contare su di Lui che conosce i modi e i tempi del raccolto. E’ quindi fondamentale non contare sulle nostre forze ma stare vicino al Signore con la preghiera per essere da Lui illuminati e guidat i . Del resto senza preghiera noi predichiamo noi stessi e non Gesù Cristo.

Diacono Roberto

Laura, ripensaci! Dimostriamo insieme di essere una vera comunità Lettera aperta: “Svegliamoci tutti dal torpore che ci avvolge, non ci saranno più appelli”

Una mano sul cuore. Un’analisi di coscienza. Processo difficile e fastidioso, ma che tutti quanti, l’intera comunità, nessuno escluso, deve compiere su se stesso. L’incisiva e forte presa di posizione di Laura, al consiglio pastorale di settembre, deve far riflettere. Profondamente, non solo per una convenzione di facciata. Troppe volte, negli ultimi anni, il peso di molte attività della nostra parrocchia si è riversato sulle spalle di Laura, che, per amore di questa sua “seconda famiglia”, non si è mai tirata indietro. Come una mamma, che sprona il figlio nella crescita, prendendolo per mano e non lasciandolo mai solo. Però, arriva il momento in cui anche una madre dice basta. Con tanta sofferenza, ma sapendo di farlo per il suo bene, sbotta:”Ora devi camminare con le tue gambe”. Sì, perché quante volte abbiamo scansato le responsabilità: “Tanto c’è Laura…”, oppure, “Beh, ci pensa Laura...”. Quante volte? Ce lo ricordiamo? No. Per il semplice fatto che non eravamo lì a sostenerla. O perché non siamo riusciti a dare l’aiuto che una vera comunità avrebbe dovuto fornirle. Incontri di formazione e preghiera, appuntamenti per preparare le attività di Natale e Pasqua, feste di catechismo, uscite coi ragazzi, oratorio e tanto altro ancora: qual è stato il nostro supporto? Laura, come Gruppo giovani, siamo qui a chiederti di tornare sui tuoi passi e, di riprendere il tuo posto, dato che sei un punto di riferimento imprescindibile per l’intera comunità. Con una viva e accesa speranza: che il tuo gesto sia servito a smuoverci dal torpore che troppo spesso ci ha avvolto. D’ora in poi non dovrai più essere lasciata sola, ognuno di noi avrà un “dovere morale” per far fruttare i progetti comunitari. Ti chiediamo, insomma, un’ultima possibilità. Svegliamoci! Qualunque sarà la decisione di Laura, da oggi inizia un nuovo cammino, che mostrerà di che pasta è fatta la nostra comunità e quanto valiamo veramente. Una prova del nove per capire se c’è concretamente una voglia di fare comune. Perché, che ci piaccia o no, da adesso in poi, dovremo reggerci in piedi da soli.

Gruppo giovani

Foto 1: Elena Volpe

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A cura di Sara Fiorini- LA VOCE DEI GIOVANI -

Un nuovo volto alle nostre aule, per un nuovo capitolo della nostra fede!

Ehi parrocchiani, avete dato un’occhiata alle aule della nostra parrocchia?...sì, proprio le aule utilizzate per gli incontri con ragazzi e bambini...bé, sono state pitturate a nuovo, pulite e rese più frizzanti e vivaci, dal paziente lavoro di volontari di ogni età (genitori, ragazzi, ed anche bambini, sì!!) che con la voglia di stare insieme, rinnovare e rendersi utile, domenica 21 settembre si sono trovati nei locali della chiesa per completare l’arduo ma soddisfacente lavoro!!! Fiori e margherite, mani aperte che si rincorrono, un bel giallo sole per manifestare apertura e gioia... perché il catechismo non sia visto come scuola, come un dovere ed una perdita di tempo, ma un momento dove incontrare i propri amici in un contesto familiare, accogliente, ed ora come ora immersi in colori caldi e frizzanti che ci facciano sentire maggiormente vicino a chi ha creduto in questo progetto e a tutti coloro che hanno partecipato! Ed è anche in queste attività che ci si sente comunità, che l’apporto di CIASCUNO di noi, ma proprio tutti (chi partecipa di più, chi meno, chi è più titubante, chi più lanciato) è davvero importante per crescere e stare bene insieme. Forza, fatevi avanti tutti quanti per le prossime attività, non rimarrete delusi!

“Via i compartimenti stagni, bisogna conoscersi per accogliersi l’un l’altro” L’appello del don: “Non siete un numero, sentitevi corresponsabili del cammino della parrocchia”.

di Matteo Zanichelli

“Non bisogna sentirsi cristiani chiusi nel proprio mondo, ma parte della comunità e corresponsabili del cammino della parrocchia. Non dovete considerarvi un numero, ma una persona che vive i valori cristiani e che, attraverso la propria partecipazione, interagisce con i „fratelli‟ per mettere in comune i servizi e le attività che possono far crescer la comunità”. E‟ questo il forte messaggio che don Mario lancia alla propria collettività, ai giovani e agli adulti: sentirsi parte di una grande famiglia e contribuire al suo benessere. Il don si aggancia alle dure parole pronunciate dalla Laura nel consiglio pastorale di settembre. “Ho parlato con la Laura nei giorni successivi al suo sfogo. Personalmente ero all’oscuro del suo drastico intervento. Ha ammesso che queste reazioni, fanno parte del suo carattere abbastanza irruento. Gli ho risposto, sorridendo: „Eri in un momento di particolare ebollizione‟. Io, comunque, sono d‟accordo nella sostanza con quello che ha espresso, anche se non condivido il tono. E‟necessario che i parrocchiani siano più aperti. La Laura ha gettato un sasso in maniera solenne e provocatoria, per svegliare la comunità e per far sì che non si debba necessariamente delegare lei per ogni iniziativa”.

E come si costruiscono vincoli solidi e collaborazione tra i parrocchiani? “E‟ determinante conoscersi per accogliersi reciprocamente. L‟accoglienza è uno degli aspetti fondamentali della vita di comunità. La priorità è dare importanza all’incontro domenicale, che non deve esaurirsi nell’ambito della messa. Non devo allacciare rapporti solo con chi ha i miei stessi interessi. Utilizzando questo criterio, quando un giorno, non mi imbatterò più in quella persona, potrei ragionare in questi termini: „Non ho più motivi per venire a messa qui‟. Però, non è così che si radica un legame, una rete sociale. In questo modo non si costruisce una comunità, ma si vive nel proprio scafandro. Il „nuovo‟ non si sentirà mai accolto, perché fra le persone si costituiscono dei compartimenti stagni, come le cabine di un treno”.

Perché in pochi, al consiglio, sono intervenuti per far recedere la Laura dal proprio intento? “Sinceramente, quella della Laura è stata una mossa talmente scioccante, che ha fatto scendere un silenzio di tomba. Quel silenzio, però, era più significativo di mille parole. L’Ombretta, poi, ha fatto una proposta. Ovvero, che le persone impegnate nei vari settori (carità, catechismo, feste e gnocco, liturgia, ecc…, ndr) organizzino degli incontri di preghiera, per creare rapporti meno superficiali e più profondi, ponendo così Gesù Cristo al centro delle attività. E cominciando a frequentarsi, si arriverà poi a collaborare reciprocamente”.

In che modo, invece, il consiglio pastorale può agire per favorire lo sviluppo delle relazioni? “Il consiglio dovrebbe fare da collante fra i servizi parrocchiali e la comunità. Purtroppo, però, siamo nella impossibilità di dare al consiglio quella forma di realizzazione che sta nella sua missione. In parrocchia si dovrebbero „coprire‟ tanti posti: dalla liturgia, alla catechesi, alla carità, ai malati, all’oratorio, fino ad arrivare allo sport. Avremmo bisogno di un referente per ogni settore. E‟ necessario, altresì, accettare le nostre carenze e limiti. Manchiamo di elementi che, per problemi di tempo, di preparazione o per il loro tipo di carisma, possano portare avanti un discorso pastorale. Non è per condannare nessuno, anzi le singole persone sono bravissime. Qual è la soluzione? Effettuare delle scelte. La nostra comunità non può non prescindere dalla liturgia, dalla catechesi, dall’assistenza agli ammalati e dalla carità. Teniamo presente i punti deboli, ma impegniamoci per rafforzare le grandi risorse di cui disponiamo”.

Cos’altro ancora? “All’interno della nostra realtà, inoltre, non abbiamo un gruppo per ogni fascia d‟età, ma solo alcuni rappresentanti. E questo è un problema. Però, per le prossime elezioni del consiglio pastorale, mi piacerebbe inserire qualche faccia nuova, oltre a quelle già note. Anche questo è un modo per arrivare a conoscerci tutti, altrimenti non usciremo mai da una cerchia che parte già monca. Infine, ravviso un‟ultima carenza. Non viviamo la chiesa diocesana. Nel senso che restiamo troppo isolati nel nostro orticello. Eppure, gli strumenti per apprendere le iniziative della diocesi li abbiamo. Su La Libertà, sono elencati tutti gli appuntamenti”.

Foto 2: Don Mario

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- I LETTORI SCRIVONO -

Ad Albinea come sul monte con GesùI ragazzi del weekend come i discepoli sul Tabor: “È bello per noi stare qui”.

di Monica Denti

Sabato 6 e domenica 7 settembre, il gruppo giovani ha lasciato l’afoso caldo di Reggio e si è ritirato alla Chiesa Vecchia di Albinea, per trascorrere un weekend di riflessione, discussione e per fare nuove amicizie, ma soprattutto per conoscere meglio il motivo per cui ci definiamo credenti: Gesù. Il filo conduttore di questi due giorni è stato il tema del servizio, non solo in parrocchia, ma più in generale nella vita di tutti i giorni. Ci siamo posti molti interrogativi e le risposte sono state eterogenee, in quanto proposte da tanti punti di vista, quante erano le fasce d’età. Infatti, oltre ai soliti veterani del “gruppo giovani”, hanno partecipato a questa uscita ragazzi neo-cresimati e delle superiori. E’ stato molto interessante confrontarsi su un tema così importante e attuale come quello del servizio e spero che questa uscita sia stata molto costruttiva, perchè è grazie a questi momenti che possiamo liberarci momentaneamente delle preoccupazioni e pensare invece a ciò che durante l’anno ci passa per la mente o su cui non riflettiamo sufficientemente. Qualcuno al nostro ritorno a casa ha detto: “Albinea è stato come il monte Tabor: come i discepoli, neanche voi volevate più tornare giù!”. Ed è stato proprio quello che ho pensato: queste uscite, infatti, sono molto brevi, ma intense e piene di cose da fare e il tempo passa così in fretta , che non si riescono ad assaporare fino in fondo tutti i bei momenti che si trascorrono. Ho conosciuto nuovi ragazzi e ragazze con cui non avevo mai parlato prima, pur avendoli già incontrati in parrocchia, ed è stato bello mettere in pratica insieme a loro tutto ciò di cui abbiamo parlato e su cui abbiamo riflettuto nel weekend. Convivere per due giorni insieme, mi ha fatto capire quanto abbiamo da imparare ogni giorno dagli altri e mi ha insegnato ad apprezzare ogni persona pur con i suoi difetti o debolezze. Ovviamente per stare bene in 40 persone, bisognava rispettare gli orari, tenere pulite le camere e i bagni e soprattutto cucinare, apparecchiare e ripulire. Abbiamo quindi potuto sperimentare quanto sia difficile e spesso faticoso fare un “servizio” agli altri, ma anche quanto alla fine ci si senta appagati. Ognuno ha dato il suo contributo. Spero che tutto ciò di cui abbiamo parlato e che abbiamo fatto in questo weekend, non venga dimenticato troppo facilmente, ma lasci un segno e dia buon frutto, soprattutto in parrocchia, perché, penso, ci sia posto per tutti. Voglio dire, quindi, ai ragazzi più timidi di non avere paura a farsi avanti e a mettersi in gioco, perché comunque vada è tutta esperienza; a quelli più grandi, invece, dico che ci dobbiamo rimboccare le maniche proprio come ad Albinea e che, anche se all’inizio i nostri sacrifici non verranno appagati, prima o poi vedremo i risultati. Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato a questa uscita, perché ciascuno ha contribuito a renderla migliore, e un grazie particolare alla Laura e a Roberto che ci hanno guidato spiritualmente e hanno organizzato questi due giorni.

Foto 3: Monica Denti

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Come ad Albinea, anche in parrocchia impariamo a costruire la nostra “casa”La due giorni ci ha insegnato che, collaborando, la fatica si trasforma in armonia

Tanti ragazzi, tanta voglia di stare insieme e tanti momenti di riflessione: la due giorni in quella che ormai è diventato il nostro piccolo angolo di paradiso albinetano, a fianco della vecchia chiesa di Albinea, ci ha ospitato anche per quest’anno e ci ha fatto vivere altri bei momenti insieme! Oltre agli educatori più giovani la due giorni è stata coordinata dai nostri inossidabili Roberto (Bonomo) e Laura (Catellani) che con le loro proposte di giochi e momento di preghiera e riflessioni, hanno saputo tirare fuori il meglio dal bel clima di armonia che si era creato. La giornata di sabato pomeriggio ci ha visti impegnati in un momento di riflessione sulla tematica del servizio e su quelle che potevano esser le proposte operative per questo nuovo anno parrocchiale da affrontare insieme, e le belle idee e proposte non sono di certo mancate: anche i più piccoli si sono messi in gioco ed hanno potuto dare importanti spunti in grado di arricchire molto noi più grandi. La sera, dopo esserci divisi i compiti da svolgere all’interno della casa (pulizie, preparazione della cena e lavaggio dei piatti) è cominciato il grande gioco all’esterno della casa, momento di condivisione e risate, culminato poi dalla compieta detta insieme prima di andare a dormire. E dato che il mattino ha l’oro in bocca, rieccoci in piedi a condividere ciò che era emerso dai piccoli gruppi formatisi nel giorno precedente, ed è stato proprio in questo momento della giornata che ciò che è emerso con fervore un concetto che vorremmo fosse fatto proprio da ciascun parrocchiano: la fatica che spesso proviamo nello svolgere taluni servizi all’interno della comunità non è tanta se condita da fede alimentata e sostenuta, e soprattutto se CONDIVISA con nostri amici, conoscenti della parrocchia e non. Le cose da fare nella 2 giorni erano sicuramente molte e riguardanti molti ambiti, ma l’essersi suddivisi i compiti in modo equo ha fatto sì che ognuno li svolgesse con piacere e soprattutto con la gioia dello STARE INSIEME...e allora: perché non riproporre questo modello a tutte le nostre attività, anche qui in parrocchia, durante l’anno? Basterebbe poco, anche solo dal proporsi con un turno all’oratorio, ed ancora ad organizzarsi per partecipare alla casa di carità, nell’aiutare chi si occupa delle pulizie in parrocchia o semplicemente chi si diletta nella preparazione di manicaretti nel periodo natalizio. Le fondamenta ci sono e, un mattoncino dopo l’altro, tutti quanti possiamo contribuire alla costruzione di questa bella “casa”, intesa sia come parrocchia che come anima, che si salda nella fede tramite le belle esperienze condivise! E non ce ne pentiremo!

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Oggi ricomincia l’attività parrocchiale: divertiamoci con la festa di catechismoRicomincia l’attività parrocchiale. Oggi, domenica 5 ottobre, verrà inaugurato il nuovo anno catechistico con la festa per i bambini. Dopo la messa si pranzerà tutti insieme, poi dalle 14 alle 17, si darà il via ad un pomeriggio intenso di giochi. Il catechismo vero e proprio e l’oratorio cominceranno sabato 11 ottobre (dalle 14.30, sino alle 17.30). Tra l’altro, proprio per organizzare l’anno di oratorio, ci si incontrerà martedì 7 ottobre alle 18.30, in parrocchia. Col catechismo verranno inaugurati i nuovi banchi colorati, acquistati recentemente, che serviranno a dare quel tocco d’allegria in più ai ragazzi. Insieme ai banchi, c’è un'altra novità. E’ stato ristrutturato, infatti, il bagno al piano terra, vicino al salone. Un nuovo look, per un ambiente più confortevole. Proseguendo, poi, con il ripristino delle attività, si segnala anche la ripresa degli incontri con Roberto Bonomo. Il primo, lunedì 6 ottobre, alle 21. Nei primi tre appuntamenti si terminerà l’interessante analisi del “Credo”, iniziata lo scorso ottobre. In seguito, per l’anno in corso, si svolgeranno incontri di preghiera, incentrati su una delle lettere di San Paolo: sarà l’occasione per approfondire la conoscenza di questo personaggio così importante e, allo stesso tempo, “complicato” del Cristianesimo. Inoltre, sarà un’opportunità per tutti i parrocchiani di vivere un coinvolgente momento insieme. Sarebbe importante che la comunità partecipasse numerosa agli incontri con Roberto. Infine, lunedì 13 ottobre, alle 21, si riunirà di nuovo il consiglio pastorale, a cui si aggregheranno anche i catechisti.

Gesù caposaldo per arrivare al cuore confuso dell’uomoIl fascino di Cristo e il senso di comunità per comunicare la fede in una società pluralista

di Cristina Storchi Sabato 27 settembre 2008 si è tenuta in seminario la giornata per gli operatori pastorali, l’incontro aveva per tema “Le dinamiche del comunicare la fede in un contesto di pluralismo”. Questo incontro rappresenta l’ultima delle tre tappe della convocazione diocesana 2008-2009, il cui tema cardine è “Comunicare la fede oggi”. Il pomeriggio è stato suddiviso in due parti: prima c’è stato l’intervento di don Gianni Bedogni, poi i partecipanti si sono riuniti in un lavoro di gruppo, per elaborare qualche spunto da offrire al vescovo come suggerimento operativo. Il primo passo da compiere era cercare di capire che cosa si potesse intendere con “contesto plurale”. L’epoca in cui viviamo si definisce postmoderna e i caratteri costitutivi risultano essere principalmente due: l’esasperazione delle emozioni che diventano più vere quanto più esposte all’esterno e la logica del “qui e ora”, che implica una mancanza di progettualità e capacità di guardare oltre. Questo contesto nasce e si sviluppa come contrasto e rifiuto di una epoca passata caratterizzata dalla razionalità, dal senso dell’assoluto e dalla ricerca di una Verità. La conseguenza è la mancanza della costruzione di una identità che va oltre l’Io. Al centro di ogni cosa c’è l’individuo, l’individuo solo. Mancano memorie, pensieri, giudizi e visioni comuni: siamo di fronte alla frammentazione totale della società. Questa mancanza genera una moltitudine di opinioni, un affollamento dato dal fatto che ognuno crede di sentirsi libero di poter dare delle proprie priorità alle cose. Quello che conta e che influisce sulle scelte individuali diventa solo il “quello che io sento ora”. È questo il contesto plurale nel quale oggi siamo immersi. A rendere le cose ancora più difficili si somma l’effetto di una moda anticattolica, una campagna culturale mossa da pochi ma agguerriti intellettuali che portano verso la mistificazione di ogni cosa.La riflessione da compiere è ora questa: in questo nuovo contesto da che parte iniziamo a comunicare la Fede? La risposta è già pronta e ce l’ha consegnata Dio in persona: l’Incarnazione. Il metodo scelto da Dio dunque è l’umano: Cristo ieri, oggi e sempre. La contemporaneità di Cristo oggi è rappresentata dalla Chiesa e quindi dalla comunità di Cristiani ed in particolare da ogni piccolo cristiano. Il Cristiano, se è cristiano vero e convertito, acquisisce dalla presenza in se stesso di Cristo un fascino capace di testimoniare esternamente il cambiamento che è avvenuto nell’uomo. Gesù è stato definito più volte un grande comunicatore, la sua arma vincente non stava solo nel messaggio ma anche nel suo carisma e nella sua autorità.Ma come è possibile arrivare al cuore e alla mente confusa degli altri? Solo con una relazione amicale semplice, spontanea e sincera. Non c’è trasmissione di nulla se non c’è confidenza e stima reciproca. Se le persone ti conoscono, imparano a stimarti e a fidarsi, si aprono. Ma lo faranno solo se si sentiranno accolte e, prima ancora, perché avranno individuato che in te c’è qualcosa che li spinge a farlo. Dopo aver parlato al singolare c’è ora da compiere un passo verso l’auspicata “conversione pastorale”. Anche nei documenti episcopali si evince la volontà di porre la comunità e in particolare le relazioni tra i credenti e la loro comunione al centro della programmazione di ogni attività. Prima bisogna partire dal creare relazioni amicali e di comunioni tra le perone e poi partire insieme per organizzare quelle che sono definitie le tre “C”: culto, catechesi e carità. Direi che non resta altro che augurare a tutti, nessuno escluso, un buon lavoro!

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Spirito Santo - Ottobre 2008! NUMERO 9

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A.A.A.

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Come augurio di un buon anno catechistico...

Io amo i bambini!di Michel Quoist

Amo i bambini, dice Dio. Voglio che rassomigliate loro. Non amo i vecchi, dice Dio, a meno che siano ancora dei bambini.Così non voglio che i bambini nel Mio Regno, è stabilito dall’eternità.Bambini storpi, bambini gobbi, bambini rugosi, bambini dalla barba bianca, ogni specie di bimbi che credete, ma bambini , solo bambini.Non c’è da discutere, è decretato, non v’è posto per gli altri.Amo i bambini, dice Dio, perché la Mia immagine in essi non è ancora offuscata.Non hanno sabotato la Mia somiglianza, sono nuovo, puri, senza cancellatura, senza raschiatura.Così quando dolcemente Mi chino su loro, Mi ritrovo in essi.Amo i bambini perché stanno ancora crescendo, perché stanno ancora formandosi.Sono per strada, sulla strada.Dai grandi invece, dice Dio, non si può più cavar nulla.Non cresceranno più, non si formeranno più.Sono bloccati.

Sono un disastro i grandi, dice Dio, sono degli arrivati.Amo i bambini alti, dice Dio, perché stanno ancora lottando, perché commettono ancora peccati.Non perché li commettono, dice Dio, Mi capite, ma perché sanno di commetterli, e lo dicono, e si sforzano di non commetterli più.Ma i grandi, dice Dio, non li amo, non hanno mai fatto male ad alcuno, non hanno nulla da rimproverarsi.Non posso perdonare loro nulla, non hanno nulla da farsi perdonare.È penoso, dice Dio. Penoso perché non è vero.

Ma sovrattutto, dice Dio, oh! sovrattutto! amo i bambini per il loro sguardo. Lì leggo ogni età.Nel mio Cielo non vi saranno che occhi di cinque anni, perché nono conosco nulla di più bello dello sguardo puro di un bimbo.Non deve stupire, dice Dio. Io abito in essi ed Io mi affaccio alle finestre della loro anima.Quando vi trovate dinanzi ad uno sguardo puro, Io vi sorrido attraverso la materia.Invece, dice Dio, non conosco nulla di più triste di occhi spenti in una figura di bimbo.Le finestre sono aperte, ma la casa è vuota.Restano due fori neri, ma non più Luce; due occhi, ma non più sguardo.Ed Io sto triste alla porta, ed ho freddo, attendo e busso. Ho fretta di entrare.E l’altro è solo: il bimbo.Si ottunde, si irrigidisce, si dissecca, invecchia. Povero vecchio, dice Dio!

Alleluia, Alleluia, dice Dio, aprite tutti, piccoli vecchi.Il vostro Dio, l’Eterno risorto, viene a risuscitare in voi il bimbo!Affrettatevi, è tempo, sono pronto a rifarvi un bel viso di bimbo, un sereno sguardo di bimbo...Infatti Io amo i bambini, e voglio che rassomigliate loro.

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Spirito Santo - Ottobre 2008! NUMERO 9

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• XXVII Domenica Tempo Ordinario

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

• Letture: Is 5,1-7; Sal 79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43 - La vigna del Signore è il suo popolo

Domenica 5 Ottobre 2008

• XXX Domenica Tempo Ordinario

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

• Letture: Es 22,21-27; Sal 17; 1Ts 1,5c-10; Mt 22,34-40 - Ti amo, Signore, mia forza

Domenica 26 Ottobre 2008

Messa

• da Lunedi a Giovedì e Sabato Rosario ore 18.15, santa messa ore 18:30 [Chiesa Spirito Santo] - (Ottobre mese rosario)• il Venerdì la messa si terrà alle ore 16:30 [Casa delle Magnolie]

Altri Eventi

• Festa d’inizio catechismo: Domenica 5 ottobre• Catechismo: Sabato ore 14:30• Oratorio: Sabato dalle 16:00 alle 17:30• Incontro per preparare l’anno di oratorio: Martedi 7 ottobre ore 18.30• Mandato dei catechisti in Ghiara: Domenica 12 ottobre ore 16.00• Consiglio Pastorale: Lunedì 13 ottobre ore 21.00, aperto a catechisti ed educatori• Casa di carità: Giovedì 9 Ottobre e Venerdì 24 Ottobre• Giornata missionaria mondiale: Domenica 19 Ottobre• Incontro giovani coppie e bambini: Domenica 26 Ottobre• Incontro catechisti e adulti sul credo [diacono Bonomo]: Lunedì 6 ottobre• Matrimonio di Bartoli Ilaria e Veronesi Mirco - Domenica 12 ottobre

Buon Compleanno a...

• Pawan Callerghis- Mercoledì 8 Ottobre• Barbara Bonomo - Giovedi 9 Ottobre• Sara Fiorini - Domenica 19 Ottobre

Aspettiamo di ricevere eventuali date di compleanno per i mesi prossimi!!!

Altre Date

• XXVIII Domenica Tempo Ordinario

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

• Letture: Is 25,6-10a; Sal 22; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14 -Abiterò per sempre nella casa del Signore

Domenica 12 Ottobre 2008

• XXIX Domenica Tempo Ordinario • Giornata missionaria mondiale

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

• Letture: Ss. Giov. de Br. e Isacco J. e c.; S. Paolo d. Croce. Is 45,1.4-6; Sal 95; 1Ts 1,1-5b; Mt 22,15-21 - A te, Signore, la potenza e la gloria

Domenica 19 Ottobre 2008

• Tutti i Santi

• Ore 9.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]• Ore 11.00: Santa Messa [Chiesa Spirito Santo]

• Letture: Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12 - Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio

Sabato 1 Novembre 2008