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ARS INVENIENDI

ARS INVENIENDI 13 · La domanda sull’essere e l’ombra ... tiva storicità dell’esistenza è una tesi fondamentale della filosofia di Heidegger. ... dopo la sua tesi di abilitazione

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ARS INVENIENDI

Direttore

Fabrizio LUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Comitato scientifico

Louis BUniversità degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Giuseppe CUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Domenico CUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Antonello GUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Matthias KMartin Luther Universität Halle Wittenberg

Edoardo MUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Rocco PUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

José Manuel S FUniversidad de Sevilla

ARS INVENIENDI

Questa collana del Dipartimento di Filosofia “Antonio Aliotta” dell’A-teneo Fridericiano nasce come “porta” aperta al dialogo interculturalecon studiosi vicini e lontani dalla grande tradizione napoletana e italia-na. Lo scopo è di offrire un nuovo luogo di confronto senza pregiudizima con una sola prerogativa, quella della serietà scientifica degli studipraticati e proposti sui più aggiornati itinerari della filosofia e della sto-riografia, della filologia e della letteratura nell’età della globalizzazionee in un’università che cambia.

Antonia Pellegrino

Una logica per il tempo

Crisi della fondazione logica,idea di storicità ed esperienza religiosa

nel primo Heidegger

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via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

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I edizione: novembre

Che oltre al determinismo di causa ed effetto (che vorrei chiamare la logica dello spazio) esista nella vi-ta la necessità organica propria a un destino, la logica del tempo, che ha una certezza interna e pro-fonda, che compenetra tutto il pen-siero mitologico, religioso ed arti-stico e contrassegna la natura e l’essenza di tutto quanto, in oppo-sto alla natura, è storia, restando inaccessibile alle forme di cono-scenza di cui tratta la Critica della ragion pura – questa è una verità che ancora attende una formula-zione teoretica. Galilei in un fa-moso passo del Saggiatore disse che nel gran libro della natura la fi-losofia è «scritta in lingua mate-matica». Noi ancor oggi aspet-tiamo la risposta di un filosofo quanto alla lingua nella quale la storia è scritta e nella quale essa va letta.

Oswald Spengler, Il tramonto

dell’Occidente

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Indice

9 Introduzione 1. Il giovane Heidegger tra teologia, logica e filosofia della storia, 9 – 2. Una considerazione diacronica, 17 – 2.1. Dilthey e la fondazione psicologica delle scienze dello spirito, 23 – 2.1.1. Fondazione psicologica delle scienze dello spirito e rinuncia al senso della storia, 24 – 2.1.2. La conoscenza della realtà storico-sociale, 28 – 2.1.3. La struttura concettuale delle scienze dello spirito, 31 – 2.1.4. Il relativismo come problema del rapporto tra le epoche, 37 – 2.2. La “moderna filosofia della storia” di Heinrich Rickert, 44 – 2.2.1. La filosofia come scienza si-stematica dei valori e come dottrina scientifica delle Weltanschauungen, 58 – 2.2.2. Il senso storico e lo sviluppo, 62 – 3. La storia della filosofia e la temporalità dell’esistenza: articola-zione di questo lavoro, 63 73 Capitolo I

Il completamento metafisico della logica e la storia della filosofia 1. La posizione di partenza: Rickert, 73 – 2. Logica e storia nella fenomenologia husserliana, 87 – 2.1. La teoria husserliana del significato, 93 – 3. La dottrina delle categorie e del signifi-cato in Duns Scoto: ripresa dell’opposizione storia-sistema, 103 – 3.1. Il significato della sto-ria per la ricerca filosofica, 107 – 3.2. L’analisi fenomenologica del pensiero di Duns Scoto, 121 – 3.3. Il completamento metafisico della logica tramite l’analisi dei significati storici, 131 – 3.4. Heidegger e Lask, 143 – 3.5. Il problema della metafisica in Lask e in Heidegger, 156 – 3.6. Il confronto con Hegel e la critica della categoria di “precorrimento”, 158 – 4. Conclu-sione, 162 169 Capitolo II

Scienza della vita e logica del tempo. Il primo periodo friburghese (1919-1923)

1. Premesse, 169 – 2. La scienza originaria come ermeneutica dell’esperienza vissuta: Zur Be-stimmung der Philosophie (1919), 176 – 3. La vita come origine: Grundprobleme der Phä-nomenologie (1919-20), 194 – 3.1. La vita come origine e il relativismo storico: Dilthey e

Indice

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Spengler, 210 – 3.2. L’esperienza religiosa e la scienza originaria: Aristotele e Agostino, 219 – 4. L’indicazione formale e le categorie della vita, 221 – 5. L’esistenza tra logica e ontologia, 231 – 6. La domanda sull’essere e l’ombra della tradizione, 242 – 7. Sull’interpretazione hei-deggeriana di Aristotele, 246 253 Capitolo III

Crisi dell’idea di fondazione: Geworfenheit, storia dell’essere, problema del linguaggio

1. Ricapitolazione e passaggio all’ontologia, 253 – 1.1. Una nuova interpretazione della storia della filosofia: critica alla continuità temporale, 256 – 1.2. La connessione storica e l’antropologia, 261 – 2. Dalla problematica della vita alla domanda sull’essere, 265 – 2.1. Il concetto di “essere” come trait d’union tra esigenza di fondazione e distruzione fenomenolo-gia, 271 – 3. Ridefinizione delle strutture dell’esserci e messa in luce del loro carattere tempo-rale, 276 – 3.1. La comprensione come possibilità e come progetto: il fondamento interpretato come senso, 277 – 3.2. La temporalità autentica e la storia, 284 – 3.2.1. La distruzione dello storicismo in Essere e tempo, 287 – 4. Il “ritorno” della filosofia della storia: Dilthey e il con-te Yorck, 293 301 Conclusioni

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Introduzione

1. Il giovane Heidegger tra teologia, logica e filosofia della storia L’intento di questo lavoro è delineare in che modo e con quale ruo-

lo il dibattito su possibilità, metodi e senso dell’indagine storica entri nel percorso intellettuale di Heidegger .Il riconoscimento della costitu-tiva storicità dell’esistenza è una tesi fondamentale della filosofia di Heidegger. Proprio a partire da essa avrà luogo la riduzione della fe-nomenologia husserliana a semplice “concetto di metodo”: Heidegger infatti, pur designando come “fenomenologico” il suo metodo di inda-gine (almeno fino ad Essere e tempo), della fenomenologia rifiuta l’approdo ad un senso ideale e alla coscienza assoluta. Le conclusioni di Heidegger fecero sorgere nella stessa fenomenologia husserliana l’esigenza di un rinnovato confronto con il problema della temporalità, come dimostrano, ad esempio, gli studi di Landgrebe1. Sia l’analitica

1 Cfr. L. LANDGREBE, Fenomenologia e storia, trad. it. a cura di M. von Stein, Il Mulino,

Bologna 1972. Secondo Landgrebe, l’idea di una fondazione assoluta nella coscienza pura non implica il misconoscimento della storicità concreta della soggettività (p. 9): infatti, solo a partire da una struttura trascendentale si possono spiegare i modi della costituzione dei signi-ficati storico-sociali. E la fenomenologia husserliana, tramite gli studi sull’intersoggettività e la sintesi passiva, ha già elaborato gli strumenti appropriati all’interpretazione dei significati storici; questi ultimi sono infatti il contesto in cui la soggettività concreta si trova a vivere senza aver coscientemente partecipato alla sua elaborazione (ivi, pp. 28-29). Husserl ricono-sce inoltre l’importanza della “volontarietà” della coscienza, ovvero del suo intendersi come volontà libera che può realizzare delle possibilità o appropriarsi di esse; ma, secondo Lan-dgrebe, dal concetto di “volontarietà” Husserl, ostacolato dalla sua inclinazione alla teoresi e, in maniera specifica, dalla sua teoria della riflessione, non trae tutte le conseguenze (ivi, p. 213).

Introduzione

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esistenziale elaborata in Essere e tempo, sia l’idea di una storia epo-cale dell’essere quale emerge dagli scritti del “secondo” Heidegger, hanno avuto un ruolo importante nella discussione sul senso della sto-ria, e nella riflessione sui modi di una storiografia filosofica2. Tuttavia, sono pochissimi gli studi volti a chiarire in quali forme il problema della storia si presenti a Heidegger3, e a ricostruire il percorso intellet-tuale che, attraverso il confronto con la filosofia dei valori, la fenome-nologia, la riflessione diltheyana ed il problema della vita religiosa, lo condurrà ad Essere e tempo. Il motivo di questa lacuna è da rintrac-ciarsi soprattutto nella mancanza oggettiva del materiale di studio: è noto che, dopo la sua tesi di abilitazione su La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1915), Heidegger non pubblicò nulla fino a Essere e tempo (1927). I corsi universitari da lui tenuti nel pri-mo periodo friburghese (1919-1923), prima della chiamata a Marbur-go, sono stati pubblicati solo di recente. Solo alcuni corsi degli anni di Marburgo (1923-28) sono disponibili da più tempo. Comunque, il ma-teriale ora a disposizione consente di impostare uno studio storico-evolutivo sul problema della storicità nel “primo” Heidegger. Tramite un siffatto orientamento di ricerca diventa possibile ricostruire le i-

2 L’analitica esistenziale heideggeriana è stata considerata con interesse anche dalla teolo-

gia. Rudolf Bultmann, teologo protestante, è convinto che in base ad essa il problema del rap-porto tra la verità eterna della fede cristiana e le sue manifestazioni storiche possa essere im-postato in maniera adeguata: cfr. J.A. BARASH, Heidegger et son siècle: temps de l’être, temps de l’histoire, PUF, Paris, 1995, cap. IV (Les sciences de l’histoire et le problème de la théolo-gie), pp. 71-89. L’idea heideggeriana di una storia dell’essere, le cui epoche non siano legate l’una all’altra in un processo coerente ma rappresentino ciascuna la manifestazione, tempora-le, di un’alterità irriducibile (fondamento come mancanza di fondamento, Grund come A-bgrund) è stata determinante anche per l’opera di Michel Foucault (es. Les mots et les choses, 1966; L’archéologie du savoir, 1969).

3 Gli studi specifici su tale argomento sono: J.A. BARASH, Heidegger and the Problem of Historical Meaning, Nijhoff, Dordrecht 1988; R. BRANDNER, Heideggers Begriff der Ges-chichte und das neuzeitliche Geschichtsdenken, Passagen Verlag, Wien 1994. Il libro di Brandner, che pure vorrebbe fornire un’ampia contestualizzazione delle riflessioni di Heideg-ger sulla storia, presenta vistose lacune: forse il suo problema fondamentale è proprio quello di allargare troppo il contesto, utilizzando, di conseguenza, categorie interpretative generiche. Infatti, mentre si tenta di ricostruire la riflessione sulla storia dall’Illuminismo in poi (Kant, Fichte, Hegel, Schelling), proprio il contesto immediatamente prossimo a Heidegger (Dilthey e Rickert) viene affrontato in maniera superficiale. Presumibilmente questo avviene in nome del progetto di confrontare direttamente il pensiero heideggeriano con le proposte filosofiche “forti” sul problema della storicità, progetto che è senza dubbio legittimo, ma corre il rischio di stabilire i termini del confronto in maniera ingiustificata e aprioristica.

Introduzione

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stanze da cui il pensiero heideggeriano si muoveva, il contesto cultu-rale con cui interagiva, e i problemi che si trovava di fronte. Per quan-to riguarda il problema della storicità, sarà possibile mostrare come proprio a partire dalla discussione sul senso della storia Heidegger viene condotto al progetto di rimettere in discussione l’idea di scienza, riaprendo quindi la domanda sui modi e sulla possibilità di un pensie-ro che si interroga sul fondamento. E a sua volta, la riconosciuta con-nessione tra temporalità costitutiva dell’esistenza e problema del fon-damento porta luce anche sulla dibattuta questione della “svolta” hei-deggeriana, ovvero consente di chiarire il carattere dell’aporia cui Heidegger si trova di fronte.

Nell’università di Friburgo, Heidegger si iscrive in un primo tempo alla facoltà di teologia; la abbandona dopo quattro semestri, dal mo-mento che, per motivi di salute (un lieve difetto cardiaco), l’ingresso nell’ordine dei Gesuiti gli sarebbe stato interdetto. Il suo cammino di studi continua nella facoltà di matematica e scienze naturali; prima di indirizzarsi definitivamente alla filosofia, Heidegger segue per qual-che tempo corsi di entrambe le facoltà. Suoi maestri, fino alla disser-tazione di laurea (Die Lehre vom Urteil im Psychologismus, 1913) fu-rono Arthur Schneider (cattedra di filosofia cristiana) ed Heinrich Ri-ckert (cattedra di filosofia). Queste annotazioni biografiche, per quan-to succinte, sono tuttavia sufficienti a evidenziare gli ambiti nei quali si sviluppano i primi interessi speculativi del giovane Heidegger: la teologia e la logica. La presente introduzione è perciò finalizzata a chiarire come si ponesse in tali ambiti il problema della storia come scienza positiva, e della storicità quale determinazione dell’esistenza4.

4 Ormai il numero dei riferimenti bibliografici per chi voglia ricostruire i primi interessi e

percorsi di Heidegger è considerevole; si veda almeno H. OTT, Martin Heidegger – Unterwegs zu seiner Biographie, Campus, Frankfurt 1988, trad. it. di F. Cassinari, Martin Heidegger: Sentieri biografici, SugarCo Edizioni, Milano 1990; T. SHEEHAN, Heidegger’s Early Years: Fragments for a Philosophical Biography, in Martin Heidegger. The Man and the Thinker, a cura di T. Sheehan, Precedent Publishing Inc., Chicago 1981, pp. 3-19; O. PÖGGELER, Der Denkweg Martin Heideggers, Neske, Pfullingen 19903 , trad. it. di G. Varnier, Il cammino di pensiero di Martin Heidegger, Guida, Napoli 1991 (il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1963; tuttavia, solo nell’Appendice alla seconda edizione, 1983, è possibile rinvenire notizie dettagliate sulla vita universitaria di Heidegger: forse nella prima edizione permane un’osservanza maggiore alle indicazioni dello stesso Heidegger che, notoriamente, non accettava l’idea di essere analizzato sulla base di “influenze” che potessero aver agito su

Introduzione

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L’orientamento dei primi studi logici heideggeriani è nettamente defi-nito: critica allo psicologismo e ricerca di una definizione adeguata per la dimensione del senso. Essi vanno inseriti in una direzione di ri-cerca sulla logica come scienza della scienza, e dottrina della scienza (Wissenschaftslehre), che aveva ricevuto nuovo impulso nella seconda metà del XIX secolo come reazione al positivismo ed al tentativo di fondare la logica su una psicologia il cui statuto scientifico continuava a rimanere indeciso5. La psicologia, come scienza positiva, era diretta all’analisi di un oggetto “reale”, avente cioè esistenza spazio-temporale, la psiche umana: ora, la controversia verteva sulla possibi-lità, e la liceità, di interpretare le strutture logiche come “fatti”, o co-munque a partire dal “fatto” della psiche. Rickert (Der Gegenstand der Erkenntnis, 18921 ) e Husserl (Logische Untersuchungen, I vol., 1900: nei Prolegomeni una particolareggiata analisi e confutazione dello psicologismo) sono entrambi impegnati nel tentativo di esplicita-re adeguatamente il carattere ideale (atemporale) delle realtà logiche e, parimenti, nella lotta contro una considerazione “tecnica” della logica, secondo la quale essa rappresenterebbe semplicemente uno strumento conoscitivo ed espositivo applicabile ai vari ambiti del sapere, un si-stema di norme volto a regolamentare la trasmissione della verità. L’interpretazione metodologico-strumentale della logica rendeva irri-levante il problema della sua fondazione, ed avanzava domande solo sui modi del suo funzionamento e della sua applicazione; ma in questo

di lui); B. CASPER, Martin Heidegger und die Theologische Fakultät Freiburg 1909-1923, «Freiburger Diözesan-Archiv», n. 100 (1980), pp. 534-541; W.-D. VON GUDOPP, Der junge Heidegger. Realität und Wahrheit in der Vorgeschichte von «Sein und Zeit», Verlag Marxistische Blätter, Berlin-Frankfurt am Main 1983; R. SAFRANSKI, Ein Meister aus Deutschland. Heidegger und seine Zeit, Carl Hanser Verlag, München-Wien 1994, trad. it. di N. Curcio, Heidegger e il suo tempo. Una biografia filosofica, Longanesi, Milano 1996.

5 Per le discussioni sui caratteri e il ruolo della psicologia si veda almeno A. ORSUCCI, Dalla biologia cellulare alle scienze dello spirito. Aspetti del dibattito sull’individualità nell’Ottocento tedesco, Il Mulino, Bologna 1992; va inoltre tenuto presente il progetto dilthe-yano di una psicologia “descrittiva e analitica”, nelle Ideen über eine beschreibende und zer-gliedernde Psychologie, trad. it. di A. Marini, Idee su una psicologia descrittiva e analitica, in W. DILTHEY, Per la fondazione delle scienze dello spirito. Scritti editi e inediti 1860-1896 , a cura di A. Marini, Franco Angeli, Milano 1985, pp. 351-446. Sul confronto di Dilthey con gli orientamenti della psicologia del tempo e le osservazioni polemiche di Ebbinghaus a proposi-to delle Idee, si veda M. FAILLA, Dilthey e la psicologia del suo tempo, Franco Angeli, Mila-no 1992.

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modo la rilevanza della logica per la problematica filosofica veniva semplicemente azzerata6. Al fine di evitare un tale esito, era necessario ribadire che per il pensiero scientifico la logica non rappresentava solo un mezzo di cui ci si potesse o ci si dovesse servire, ne costituiva in-vece la struttura: le articolazioni logiche sono, sia per Rickert che per Husserl, le oggettività fondamentali, di tipo ideale, che rendono possi-bile la costituzione di ogni altro conosciuto. Posto il comune pro-gramma di opposizione allo psicologismo e rivendicazione del valore filosofico della logica, le vie che Rickert ed Husserl seguirono per la sua realizzazione, nonché gli esiti che ne derivarono, sono il più delle volte in conflitto tra di loro, come si può facilmente mostrare sulla ba-

6 Dal punto di vista husserliano, presentavano dunque una grave lacuna tutte le ricerche

sulla logica formale che, scegliendo un impianto matematico, miravano a sottrarla a qualsiasi speculazione filosofica e metafisica; tra l’altro, su queste ricerche Husserl si teneva costante-mente informato, come testimonia anche il suo contatto epistolare con Frege. Se l’interpretazione delle entità logiche elaborata dalla fenomenologia era destinata alla sconfitta da parte del nuovo orientamento matematico, che rinunciava completamente alla problematica trascendentale, alcune direzioni di ricerca della fenomenologia (soprattutto l’idea di una logi-ca del significato) vennero riprese quando anche la logica matematica si pose il problema del rapporto col linguaggio concreto, e quello della possibilità di una concezione semantica della verità, volta ad indagare la relazione tra proposizioni e loro referente oggettuale (stato di co-se): cfr. E. PACI, Prefazione a E. HUSSERL, Logica formale e trascendentale, trad. it. di G.D. Neri, Laterza, Bari 1966, pp. V-VI: «Husserl [...] si interessa di tutti gli studi logici dell’epoca, anche sotto il profilo delle loro implicazioni matematiche, sempre in lui presenti da quando era stato assistente di Weierstrass a Berlino. Nonostante la critica allo psicologi-smo Husserl rimane sostanzialmente estraneo alla linea Frege-Peano-Russell che troverà poi uno sviluppo così fortunato in Rudolf Carnap e nel neopositivismo. Ma non gli è estraneo l’interesse per la logica pura e per la logica formale così come, d’altra parte, non saranno sen-za influenza su Carnap le prospettive fenomenologiche». A proposito della ripresa, da parte della moderna semantica, di intuizioni fenomenologiche, vorrei qui riportare un passo – in cui si descrive il concetto di verità utilizzato dalla fenomenologia di Husserl – dell’opera heideg-geriana Prolegomena zur Geschichte des Zeitbegriffs, Heideggers Gesamtausgabe (da ora GA), vol. 20, trad. it. di R. Cristin e A. Marini, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo, il Melangolo, Genova 1991, p. 68: «Il contesto strutturale fenomenale è quello per cui uno stato di cose vero, che nella sua struttura ha in sé questo “è”, questo “essere”, il correlato che è un correlato nello stato di cose stesso; cioè possiamo dire che lo stato di cose come sempli-cemente intenzionato è vero in quanto dimostrato nello stato di cose stesso. Esiste dunque il rapporto con il vero, esso è vero». Mi sembra che, leggendolo, non si possa fare a meno di as-sociarlo con l’impostazione del problema della semantica che, qualche anno dopo, sarebbe stata proposta da Tarski: cfr. A. TARSKI, La concezione semantica della verità e i fondamenti della semantica, in Semantica e filosofia del linguaggio, a cura di L. Linsky, trad. it. di A. Meotti, Il Saggiatore, Milano 1969, pp. 25-74 (il saggio fu pubblicato per la prima volta in «Philosophy and Phenomenological Research», 4, 1944).

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se delle loro risposte ai quesiti fondamentali che la logica, come scienza della scienza e dottrina della scienza, era tenuta a porsi: come si concilia l’unicità della struttura logica formale con la molteplicità delle sue applicazioni, vale a dire come deve essere concepito il rap-porto tra la logica generale e le “logiche concrete”, le strutture concet-tuali, dei vari ambiti di ricerca scientifica? la realtà logica, come strut-tura del pensiero, va considerata come norma di quest’ultimo, come suo dover-essere? la fondazione della logica richiede il ricorso alla ra-gion pratica?

Mentre la discussione sulla logica pare essere l’ambiente naturale del giovane Heidegger, quello con i cui princìpi è convinto di avere familiarità sufficiente a progettarne applicazioni e sviluppi concreti, specialmente nel campo dei concetti matematici e fisici7, il problema della storia gli si presenta solo in un secondo tempo. Nella filosofia del suo maestro Rickert la riflessione sulla storia è tema centrale, ma l’interesse di Heidegger viene attratto preliminarmente dalle teorie di logica generale, soprattutto dal problema del giudizio. Nel curriculum vitae afferma di aver seguito corsi di storia solo nell’ultimo semestre, e anche se la premessa alla sua dissertazione di laurea, La dottrina del giudizio nello psicologismo, esprime gratitudine a chi ha saputo risve-gliare in lui amore e comprensione per la storia8, di questa tematica

7 Heidegger scrive (17-03-1912) a Josef Sauer (teologo cattolico, curatore della rivista

«Literarische Rundschau für das katholische Deutschland» a cui aveva presentato le sue Neuere Forschungen über Logik): «Se posso parlare dei miei tentativi, allora posso annun-ciarle che il mio lavoro è quasi ultimato. In fondo è soltanto un lavoro preliminare che deve creare la base d’appoggio per intraprendere le complesse ricerche della logica matematica. Se il tutto non si risolve in un continuo infruttuoso sofisticare e in una pedante ricerca di con-traddizioni, allora si sarà almeno giunti vicino ad una soluzione provvisoria del problema del-lo spazio e del tempo, per come essi risultano nella prospettiva della fisica matematica. Que-sto lavoro viene ora reso più difficile dal fatto che, con la teoria della relatività, tutto in fisica è affondato nell’incertezza. Per altro verso, da qualche tempo a questa parte si tenta di fondere la logica con la teoria universale della materia, cosa che semplicemente stravolge, ancora una volta, la ricerca fin dai suoi presupposti» (da H. OTT, Martin Heidegger, cit., pp. 67-68).

8 Cfr. la premessa a Die Lehre vom Urteil im Psychologismus, GA I (Frühe Schriften), trad. it. di A. Babolin, La dottrina del giudizio nello psicologismo, La Garangola, Padova 1972: «Rimarrò parimenti debitore, con animo grato, al consigliere segreto, il prof. Rickert. A lui debbo se riesco a cogliere e comprendere i problemi logici moderni. Quello che io debba ai miei venerati maestri di matematica e di fisica, dovrebbero mostrarlo le mie ricerche succes-sive; nemmeno lascerò inaridire in me l’influenza del consigliere segreto, il prof. Finke, il quale, venendomi incontro nel modo più generoso, ha saputo suscitare in me, matematico a-

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non si avrà alcuno sviluppo fino a due anni dopo, quando l’argomento della lezione da tenere per il conseguimento della venia legendi sarà appunto Il concetto di tempo nella scienza storica (1915). All’imporsi dell’interesse per la storicità fu tutt’altro che estranea la rilevanza as-sunta negli ambienti teologici, sia cattolici che protestanti, dalla di-scussione su questo argomento9. In quella che si può definire la prima opera heideggeriana in cui la problematica storica venga impostata in maniera, almeno in parte, originale, La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (1915-16), l’influenza degli ambienti teolo-gici è facilmente rintracciabile proprio nel punto di partenza, la ripresa del controverso rapporto tra storia e sistema, e, in maniera specifica, tra filosofia e storia della filosofia. Questa tematica, nella sua prove-nienza hegeliana, era fortemente presente nella riflessione sulla storia da parte della teologia; potremmo dire che era “tradizionalmente” pre-sente, se pensiamo alle discussioni che contrapposero la destra e la si-nistra hegeliane proprio sul problema del rapporto tra il Cristianesimo come idea eterna e le sue configurazioni storiche10. Il rapporto storia-

lieno dalla storia, amore e comprensione per essa» (p. 9; traduzione modificata). A p. 155 è riportato il curriculum vitae: in realtà, l’auto-interpretazione di Heidegger va rivista nella mi-sura in cui il problema della storia, anche se attraverso la teologia, gli si doveva essere presen-tato ben prima del suo ultimo semestre.

9 Per una panoramica sul problema della storia che tenga in particolare conto la sua rece-zione in ambito teologico, cfr. J.A. BARASH, Heidegger and the Problem of Historical Mea-ning, Nijoff, Dordrecht 1988; P. HÜNERMANN, Der Durchbruch geschichtlichen Denkens im 19. Jahrhundert. Johann Gustav Droysen, Wilhelm Dilthey, Graf Paul Yorck von Wartenburg. Ihr Weg und ihre Weisung für die Theologie, Herder, Freiburg 1967; B. CASPER, Der Systemgedanke in der späten Tübinger Schule und in der deutschen Neuscholastik, «Philosophisches Jahrbuch», 72 (1964-65), pp. 161-179 (della scuola teologica di Tubinga Heidegger conobbe in Carl Braig l’ultimo rappresentante, e ne seguì i corsi); T.J. KISIEL, The Genesis of Heidegger’s «Being and Time», University of California Press, Berkeley 1993, pp. 149-220. A questi problemi sono inoltre dedicati i corsi universitari tenuti da Heidegger nel semestre invernale 1920-21 (Einleitung in die Phänomenologie der Religion) e nel semestre estivo 1921 (Augustinus und der Neuplatonismus), pubblicati nel volume 60 della Gesamtau-sgabe (Klostermann, Frankfurt am Main 1995).

10 Cfr. K. LÖWITH, Da Hegel a Nietzsche, trad. it. di G. Colli, Einaudi, Torino 1949. Sul distanziamento della religione dalla cosmologia e sullo stabilirsi del suo legame con la storia (principalmente tramite Hegel) pone l’accento anche E. TROELTSCH, La moderna filosofia del-la storia, ora in E. TROELTSCH, Etica, religione, filosofia della storia, a cura di G. Cantillo, Guida, Napoli 1974, pp. 338-339; l’articolo, comparso per la prima volta nella «Theologische Rundschau», 6, 1903, e motivato dall’uscita della prima edizione (1902) de Die Grenzen der

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sistema, e l’aspirazione a superare quel relativismo che sembrava es-sere il risultato finale della lotta allo hegelismo ed al positivismo, sono ancora temi centrali per Ernst Troeltsch (teologo, prima che teorico della storia e della storiografia)11. Per comprendere le prime prese di posizione heideggeriane sul tema della storia e della storicità, nonché il loro progressivo modificarsi, è opportuno distinguere almeno tre piani del dibattito. In primo luogo si presentava l’esigenza di definire i caratteri della storia come scienza legata ad un particolare ambito del-la realtà e fornita di un proprio apparato concettuale e metodo di pro-cedimento. La storia, come ogni altra scienza, aveva bisogno della sua “sistematica”; la sistematica di una scienza particolare, naturalmente, non ha una relazione intrinseca con il tema filosofico dell’opposizione tra storia e sistema: una scienza per essere tale non solo definisce i propri criteri ed il proprio oggetto (momento sistematico), ma presup-pone l’applicazione effettiva. Anzi, definizione e applicazione sono separate solo sul piano puramente logico, mentre è perfettamente ov-vio che, nel lavoro concreto, una scienza ridefinisca continuamente la propria sistematica facendo riferimento ai risultati ottenuti nelle appli-cazioni. Se potevano ormai darsi per definitivi la confutazione della possibilità di interpretare la storia a partire dalla concettualità delle scienze naturali e il conseguente riconoscimento del suo statuto di scienza autonoma, rimaneva ancora aperto il dibattito sul fondamento della sua differenziazione dalle scienze della natura. La questione an-dava al di là del problema specifico della scienza storica e delle scien-ze dello spirito, e rimandava all’esigenza di spiegare le modalità se-condo cui il pensiero scientifico si articola nelle sue concrete direzioni di ricerca: il fatto che esista una molteplicità di scienze positive è da ricondurre alla diversità del “materiale” da esse indagato o al metodo e al fine secondo cui lo indagano? si tratta di una differenza di tipo re-

naturwissenschaftlichen Begriffsbildung di Rickert, è stato ripubblicato nel vol. IV delle Ge-sammelte Schriften di Troeltsch.

11 Nell’articolo sopra menzionato di Troeltsch, possiamo leggere: «Se poi si chiede di altri mezzi di fondazione dei valori, non si ottiene altro che un’alzata di spalle. In un discorso in occasione del suo settantesimo compleanno Dilthey come contributo della grande scienza sto-rica, a partire da Grimm, Böchk e Ranke, ha indicato l’“anarchia dei valori”. Questo è il sen-timento latente che domina la nostra epoca»: E. TROELTSCH, La moderna filosofia della storia, in Etica, religione, filosofia della storia, cit., p. 340.