12
anno III numero 02/2016 Spedizione in abbonamento postale per l’interno. Stampe periodiche - Aut. N. 1346 del 07.06.2013 - Poste San Marino spazio riservato all’indirizzo FACCE DI BRO -NZO!

C'era una Svolta n. 18 (n.2 del 2016)

Embed Size (px)

DESCRIPTION

In questo numero: – pag. 2 Polo del lusso – pag 3 Editoriale di Marianna Bucci – pag. 4 “Prescrizione dei reati: perché cambiarla” di Andrea Giani – pag. 5 “Quei s©emi di RETE” di Rosanna Sciutti – pagg. 6 e 7 Lavori consiliari – pag. 8 “Rappresentatività: a chi giova?” – pag 10 Flash dal mondo – pag 11 Spazio associazioni – dossier antimafia – pag 12 “Ascoltare con il cuore” di Roberto Ciavatta Questo è il n. 18 (n. 2 del 2016) Marianna Bucci – direttrice responsabile Andrea Bastianelli – progetto grafico Roberto Giardi e Adele Tonnini – impaginazione Quelli di RETE – collaboratori Si ringrazia Ranfo per la satira VAI ALL’ARCHIVIO C’era una Svolta è il periodico del Movimento RETE. Per riceverlo gratuitamente a casa tua, se vivi a San Marino, iscriviti alla newsletter o inviaci una e-mail con il tuo indirizzo. Telefono 0549.907777 – email [email protected] -

Citation preview

anno IIInumero 02/2016

Spedizione in abbonamento postale per l’interno.Stampe periodiche - Aut. N. 1346 del 07.06.2013 - Poste San Marino

spaz

io ri

serv

ato

all’i

ndiri

zzo

FACCE DI BRO-NZO!

EVENTI

EVENTIE INCONTRITutto quello che il governo non dice

Le critiche che si sono susseguite in aula come nel paese non hanno trattato, l’investimento in sé, quanto

le condizioni a cui il governo ha deciso di procedere nonostante da tempo si fossero preannunciate contrarietà rispetto alcuni aspetti, stranamente sottaciuti.

Per primo luogo la concessione agli investitori di un’area verde di circa 50.000 metri quadrati, destinata a zona parco, di proprietà di poche note famiglie sammarinesi, su cui costruire ex-novo il polo. Noi avevamo chiesto che a fronte dell’investimento, lo Stato dovesse pretendere che gli investitori costruissero il centro commerciale in una delle tante aree degradate o abbandonate, riqualificandola.

In secondo luogo non è accettabile che il governo, per il solo motivo di non esser riuscito a creare nessuna altra occasione di lavoro in 3 anni, decida di concedere a questo -e solo questo- investitore decine di deroghe alle nostre leggi già molto benevole nei confronti di chi viene ad investire in Repubblica.

Ci sono altre considerazioni da fare: in che modo è stato contattato l’investitore, che tipo di rapporti di forza siano presenti in questo investimento.

Durante le serate parleremo di questo, delle deroghe alle leggi a e dei costi per lo Stato, delle disparità per le imprese, le manovre...e tanto altro.

Promotori Movimento RETELiberamente San MarinoLuca Lazzari

Interverranno Alessandro RossiAgostino CorbelliSara Rossini La Nuova PrimaveraUnione sammarinese commerciantiMovimento 25 MarzoM5S San Marino

numero 02 2016 2

EDITORIALE

di Marianna Bucci

Una mattina San Marino si sveglia e

scopre di essere in black list. Ad agosto 2009, durante una conferenza stampa alla presenza degli allora Segretari di Stato Gabriele Gatti (Finanze) e

Antonella Mularoni (Esteri), il Ministro delle Finanze italiano Tremonti snocciola alcuni dati che danno l’idea del livello di ricchezza (e di evasione fiscale) della nostra piccola Repubblica: un miliardo di contanti serviti da Banca d’Italia contro gli ottanta miliardi di tutta Italia…un volume di contanti che supera di 20 volte la media italiana! E poi depositi bancari: in Italia il dato è di 13,599 mentre a San Marino è di 229,698. Una cosa abnorme. In seguito alla conferenza stampa e all’emanazione del decreto che sanciva l’inserimento della Repubblica tra i paradisi fiscali, Tremonti si avvolge in due anni di silenzio. Anni in cui fa di tutto per dimostrare che stavolta non si scherza: aumenta esponenzialmente la burocrazia per le aziende italiane che lavorano con San Marino, Guardia di Finanza alle calcagna e appostamenti sulla superstrada da Rimini per ispezionare camion e furgoni sospetti. In poco tempo chiudono centinaia di aziende (molte delle quali dei veri e propri “fatturifici”) e aumenta la disoccupazione.

Il governo - allora c’era il Patto per San Marino, una prima versione dell’odierno, altrettanto fallimentare, Bene Comune - si è visto costretto, con una sorta di pistola alla tempia, a correre ai ripari.

Diceva Claudio Felici (all’epoca capogruppo PSD all’opposizione, oggi tra gli indagati del Conto mazzini) ”O ricuciamo con Tremonti e firmiamo l’accordo con l’Italia o andiamo a rotoli. Non ci sono piani B”. E gli faceva eco il governo: “Siamo pronti a collaborare pienamente con la polizia italiana, a scambiare qualunque informazione”

Perché ho ritenuto necessaria questa breve e sicuramente non esaustiva ricostruzione? Per sottolineare come gli accordi stipulati da San Marino con l’Italia e i provvedimenti adottati per acquistare credibilità agli occhi degli organismi internazionali, non siano frutto di un’acquisizione di consapevolezza e volontà della classe politica di far uscire

EDITORIALEDEL MESE

il paese dal torbido. Al contrario sono la risposta disperata del condannato a morte sul patibolo, dopo anni di avvertimenti e ammonizioni a cui i nostri governanti hanno fatto orecchie da mercante. Molti di loro, dice anche la magistratura, sono stati funzionali al mantenimento di un benessere alimentato dalla corruzione e ora si ergono a paladini dell’uscita dalla black list.

Le leggi approvate sono certamente importantissime ed è bene che esistano, ma da sole non garantiscono che i reati che hanno caratterizzato il paradiso fiscale nostrano non vengano più commessi. E soprattutto non garantiscono che chi potrebbe averli commessi in passato venga adeguatamente processato.

Come ad esempio Ernesto Benedettini, ex Reggente, ex Consigliere ed ex tesoriere DC, oggi Presidente della Giochi del Titano. Stipendio cospicuo e gestione di un settore delicatissimo, uno dei preferiti dai riciclatori. Sarebbe utile sapere se Benedettini abbia avuto un ruolo o no all’interno della cricca del Conto Mazzini, ma non potremo mai saperlo perché il suo fascicolo è caduto in prescrizione.

Senza un allungamento dei tempi di prescrizione, quindi, la legge sul riciclaggio non trova piena applicazione. Basti pensare che nel solo gennaio 2015 il Tribunale ha disposto l’archiviazione di 9 procedimenti penali per reati di riciclaggio, truffa ai

danni dello Stato ed in materia bancaria e finanziaria per i quali è intervenuta la prescrizione processuale (cioè è decorso il termine delle indagini); altri 6 procedimenti penali per reati di riciclaggio e in materia bancaria e finanziaria sono stati archiviati sempre per intervenuta prescrizione (fonte: Relazione sullo stato della giustizia esaminata in Consiglio a gennaio 2016).

Che senso ha avere una legge sul riciclaggio se i tempi di prescrizione sono talmente brevi da rendere difficile giungere a sentenze definitive?

Senza contare poi tutti gli ambiti in cui la corruzione continua ad annidarsi: la discrezionalità di un Congresso di Stato che da tempo immemore rilascia e revoca licenze; le infornate mascherate da contratti a termine e consulenze; gli appalti regalati ai privati mentre i dipendenti pubblici vengono lasciati a guardare; gli investitori in pellegrinaggio da Segretari di Stato con i quali negoziano sgravi, incentivi e leggi su misura invece di fare la fila agli uffici pubblici e costituire un’impresa attraverso le leggi vigenti.

Di giorno si approvano le normative per recuperare credibilità agli occhi del mondo, di notte si lavora per rendere vuote quelle normative, per far sì che nulla cambi. San Marino continua ad avere due facce: una pubblica, da mostrare ai nostri vicini di casa e all’estero, e una privata. Ed entrambe sono di bronzo.

numero 02 2016 3

CITTADINANZACONSAPEVOLE

TRASPARENZA

Prescrizione dei reati: perché cambiarla

di Andrea Giani

Durante la seduta di febbraio del

Consiglio Grande e Generale il nostro movimento ha presentato cinque Ordini del giorno (odg) legati alle vicende giudiziarie che hanno

sconquassato il paese negli ultimi anni, una sorta di “pacchetto anti-corruzione”. Tra questi ordini del giorno ve ne è uno che, a nostro avviso, è di fondamentale importanza per le sorti, passate e future, del nostro paese. Una proposta che, se approvata, avrebbe potuto rappresentare un forte segnale nella lotta alla corruzione che ancora, nonostante la grande maggioranza della politica nostrana affermi il contrario, è ben presente e radicata nel nostro territorio.

Questo odg in particolare chiedeva di poter modificare i termini di prescrizione dei reati penali legati alla corruzione e ai delitti contro lo stato.

Ma prima di addentrarci nel merito della questione, sono doverose due parole riguardanti su cosa è l’istituto giuridico della prescrizione in materia penale, poiché in molti (soprattutto coloro che ne hanno beneficiato) tendono a confondere, spesso in maniera strumentale e capziosa, la prescrizione con l’assoluzione o il proscioglimento.

Cos’è la prescrizione: è una norma giuridica che fa sì che ci sia un termine entro il quale un reato può essere perseguito dalla legge. Trascorso tale termine (che varia a seconda della tipologia del reato) l’eventuale reato non può essere più perseguito.

Come funziona: oggi i termini di prescrizione partono dal momento in cui si è commesso il fatto. Ad esempio se ho commesso un illecito negli anni ‘90, come può essere il ricevimento di una tangente, e la magistratura lo scoprisse solo oggi, non posso esser perseguito dalla legge, anche se è probabile che gli effetti di quell’illecito la collettività li paghi oggi. Basti pensare ad alcuni degli attori del famigerato “conto

Mazzini” (tra cui Ernesto Benedettini e Cesare Gasperoni entrambi ex Consiglieri democristiani) che non sono stati rinviati a giudizio proprio perché i reati a loro ascritti sono andati in prescrizione. Quindi la magistratura non si potrà pronunciare sulla loro colpevolezza o innocenza.

Come proponiamo di cambiarla: i termini di prescrizione dovrebbero partire dal momento in cui si è venuti a conoscenza del fatto e non dal momento in cui è stato commesso.

La modifica dei termini di prescrizione serve principalmente per due motivi: il primo è quello di fare piena luce riguardo ciò che è accaduto negli ultimi 30 anni, senza alcun tipo di vincolo (e la prescrizione lo è) e perseguendo eventuali colpevoli rendendo giustizia alla cittadinanza.

Il secondo è per fare in modo che venga ripristinato pienamente il rapporto di fiducia tra cittadinanza e istituzioni, rendendo chiaro

il concetto che chi sbaglia è chiamato a pagare, e che il senso di impunità che per anni ha legittimato azioni dannose per la collettività è finito.

Ed ecco che, andando a vedere cosa accade in altri ordinamenti, notiamo come la prescrizione sia utilizzata in maniera molto diversa e come in alcuni casi sia assente del tutto: in Inghilterra non esiste ma esistono dei “time limits”, ovvero dei limiti temporali per l’istruzione dei processi e dei procedimenti legali, utilizzati per garantire

all’imputato un giusto processo in tempi ragionevoli.

Altri paesi invece adottano termini molto più stringenti per l’utilizzo dei termini di prescrizione come ad esempio in Germania, dove per i reati commessi dai parlamentari la prescrizione viene conteggiata non dal momento in cui è avvenuto il reato ma da quando inizia il processo.

Non è un caso che in quei paesi ove esistano certezza della pena e una prescrizione ben regolamentata, la percentuale di reati legati a corruzione e concussione abbiano un impatto molto basso rispetto al totale dei reati commessi.

Ed ecco appunto da ultima, ma non meno importante, un’altra forte motivazione per la modifica dei termini sulla prescrizione: qualora fosse regolamentata in maniera molto rigorosa, unita alla certezza della pena, si avrebbe un effetto deterrente verso quei reati di corruzione e concussione che

tanti problemi hanno causato alla nostra Repubblica. Questo effetto si riverserebbe sia verso chi utilizza la cosa pubblica a proprio piacimento e per i propri interessi, ovvero i corrotti, sia verso coloro che cercano, tramite pratiche clientelari, di ricevere vantaggi e privilegi nei confronti della collettività, ovvero i corruttori.

Una cosa è certa, la prescrizione non deve essere un modo per sfuggire le proprie responsabilità e garantirsi una sorta di impunità.

numero 02 2016 4

TRASPARENZA

Quei s©emi di Rete

di Rosanna Sciutti

Potere di una scritta: “ Quei s©emi di RETE“. Diffusa in occasione della cena augurale di inizio anno del

movimento Rete, durante la quale ha attirato scherzosamente l’attenzione dei partecipanti, merita qualche riflessione.

Infatti “Que(gli) scemi di Rete, come Gatti definiva gli aderenti all’omonimo movimento, si sono trasformati in poco tempo in semi, ovvero germi di un’importante contrapposizione al sistema rappresentato dal politico sammarinese.

L’operazione lessicale riflette dunque una verità, sostenuta dai pensatori di tutti i tempi e testimoniata dalla storia: quando un sistema politico degenera, maturano al suo interno i semi della rivolta, mentre chi di quel sistema fa ancora parte, cerca di resistere spacciandosi per innovatore in virtù del potere che esercita.

La riforma della giustizia in atto da qualche anno a San Marino, rappresenta un significativo esempio in tal senso: partiti e uomini di governo che da tempo tirano le fila della politica se ne considerano i promotori. Ma, con tutto il rispetto per il ruolo istituzionale che ricoprono questi politici, non è legittimo chiedersi se sia credibile che una tale svolta epocale sia davvero frutto della loro autonoma volontà?

L’opposizione al sistema non può prescindere dalla protesta quando la degenerazione raggiunge livelli tali da asservire le istituzioni dello Stato a interessi estranei al bene della collettività, anziché esserne al servizio

Significativi eventi al riguardo si sono infatti verificati negli ultimi anni. Basti pensare alla manifestazione con le maschere organizzata dal movimento Sottomarino in occasione dell’investitura alla Reggenza, Suprema Magistratura dello Stato, di Gabriele Gatti, il primo ottobre 2011. Ma, a mio parere, non risponderebbe a verità ridurre al solo ruolo di protesta l’attività dei movimenti, soprattutto giovanili, che recentemente sono emersi dalla società civile. Si tratta infatti di movimenti che, pur operando, come RETE, in modo spesso critico, portano avanti anche un lavoro costruttivo, sia nel contatto costante con i cittadini, sia in Consiglio Grande e

Generale, del quale alcuni esponenti sono entrati a far parte con le elezioni del 2012. Mi riferisco, ad esempio agli incontri post-Consiglio che RETE tiene con la cittadinanza, per informarla di quanto proposto all’interno di quell’organismo: emendamenti, Ordini del giorno, Progetti di Legge, interventi vari, in un linguaggio nuovo che non si era sentito finora e che la gente si aspettava.

Alle molte iniziative a sostegno della democrazia diretta, quali: referendum, raccolta firme, manifestazioni, spesso brevi, sempre pacifiche, in occasione di eventi contingenti per non perdere il contatto con la cittadinanza. Tanto impegno, studio e voglia di imparare, insomma, in un contesto civile nel quale, nonostante tutto quanto emerso in fatto di mala politica, si tende ad adagiarsi sull’esistente, piuttosto che cambiarlo. La popolazione guarda con interesse questo movimento, lo interroga, si aspetta proposte sui temi caldi della politica, suggerisce iniziative. Come in occasione della manifestazione del 17 ottobre scorso, giorno dell’arresto di Gatti. Una manifestazione a mio parere particolare, dalle radici più profonde di quanto il momento possa far pensare. Si è trattato infatti di una manifestazione quasi improvvisata, nata certamente non per festeggiare, dato che nulla c’era da festeggiare, né in riferimento alla persona dell’arrestato, né alla realtà inquietante di un sistema di malaffare che, anche dopo altri arresti eccellenti, si

evidenziava in tutta la sua gravità, per aver coinvolto i vertici della politica. Una libera manifestazione di cittadini, durata forse appena un quarto d’ora, consistita in una sfilata di auto con esposta la bandiera di San Marino.

Che cosa poteva significare quella manifestazione, se non il bisogno urgente di un cambiamento, proclamato infatti col suono dei clacson spinti a tutta forza, sventolando la bandiera di San Marino nel vento della sera? La ricerca di un Hic et Nunc ( qui e ora=io c’ero ), insomma, nel cammino del cambiamento, da testimoniare a se stessi e agli altri. Ma come sarà stato giudicato negli ambienti che contano, mi sono chiesta, quel sia pur fugace sodalizio con la bandiera da parte di manifestanti contro il simbolo di un sistema ancora in atto? Lo scarto fra reale e ideale si toccava con mano quella sera.

Si tratta purtroppo di uno scarto diffuso nella realtà sammarinese, del quale il movimento RETE dovrà tener conto, studiando soprattutto programmi finalizzati all’adesione della società civile,sua base di riferimento. E, credo, guardando anche alle forze migliori di un panorama politico peraltro in forte movimento.

In caso contrario, a mio parere, potrebbe rischiare di rimanere una minoranza strutturale del sistema, certamente un bell’esempio di Politica, ma insufficiente a cambiare il Paese.

numero 02 2016 5

LAVORI CONSILIARI

CONSIGLIO

Pacchetto anticorruzione? Il Consiglio non lo vuole

Nella seduta di febbraio il Consiglio ha votato gli Ordini del Giorno (OdG) con cui RETE intendeva promuovere

nella politica una presa d’atto dei disastri del passato capace di far ripartire su basi nuove, di fiducia, il paese. Una sorta di pacchetto anticorruzione.

La politica, il Consiglio, hanno dimostrato di non volere o non potere condannare nulla!

Si tratta dei cinque OdG a cui RETE ha dedicato una frequentatissima serata pubblica, con cui chiedevamo che il periodo di prescrizione dei reati commessi da politici, quali corruzione, concussione, riciclaggio, iniziasse nel momento in cui la magistratura avvia i processi, come succede negli Stati più avanzati d’Europa.

Chi ha commesso reati odiosi negli anni ’90 deve poter essere processato, altrimenti rischiamo di trovarci di fronte a prescrizioni per tutti i vari Podeschi, Stolfi, Gatti e delinquenti simili: tu li vuoi in galera o fuori? Vuoi che ci paghino i danni provocati o che debba essere lo Stato a pagare magari a loro i danni?

L’aula lo ha bocciato, con soli 12 voti a favore: ed è stato l’Ordine del Giorno più votato!

Sarà che in aula ci sono molti politici che continuano a sperare di non venire processati, o che i reati commessi vadano in prescrizione… fatto sta che i membri del Consiglio hanno deciso di fare un condono tombale su ogni reato commesso in passato! C’è una sola parola: VERGOGNA!

Non sarebbe utile sapere quali dirigenti della PA e degli enti partecipati dallo Stato assunti dal 1980 al 2015, hanno dato sponda ai criminali di cui sopra per commettere più facilmente e impunemente i loro reati?

Gente costata centinaia di migliaia di euro allo Stato, che aveva l’unica funzione di consentire ai propri padroni di saccheggiare lo Stato senza correre il rischio di vedersi ostacolati?

Ebbene, questo OdG l’aula l’ha bocciato con 8 voti a favore: solo 8 Consiglieri su

60 credono si debba far pagare a chi ha tradito il paese.

Non è stato il governo a bocciare questi Ordini del giorno ma l’intero Consiglio: tanto che si può tranquillamente sostenere che il Consiglio, i politici in carica, stanno implicitamente continuando a consigliare ai cittadini di rubare, truffare, richiedere favori ai politici.

Nella peggiore delle ipotesi, se proprio si viene scoperti, basta prendere un buon avvocato (magari un politico) e attendere che la prescrizione faccia il suo corso.

È chiaro, non ci aspettavamo che sui nostri OdG si sviluppasse chissà quale dibattito: se i politici in carica avessero tale sensibilità non ci sarebbe stato bisogno di chiederlo, lo avrebbero fatto da soli.

Forse ci aspettavamo qualcosa di più del

silenzio assordante di un’aula imbarazzata, che voleva terminare al più presto un dibattito scomodo.

Forse ci aspettavamo di più in termini di condivisione.

Ma ormai in aula non c’è tanta gente a votare liberamente: oramai le alleanze striscianti, tra partiti di governo e di minoranza, inducono molti a votare non in base alle proprie convinzioni, ma nel modo in cui credono di arrecare meno fastidio all’alleato di domani.

Cinque ordini del giornoin poco più di un’ora: conflitti d’interesse, appropriazione indebita di simboli di pubblico dominio, prescrizioni dei reati, indagini sulla infedele dirigenza della PA, formalizzazione di un momento simbolico di attaccamento alla patria…

Dopo nemmeno tre anni la politica di palazzo si è ricompattata, mescolandosi in formule nuove ma ripresentando sempre le stesse

facce…

Serve rilanciare un moto di cambiamento reale, che renda finalmente possibile fare giustizia, perché con una classe politica compromessa con il passato non c’è giustizia, e senza giustizia non c’è democrazia.

RETE è uno strumento, usatelo!

il testo e il video della serata di presentazione degli odg sono disponibili

sul nostro sito.

www.movimentorete.org

numero 02 2016 6

CONSIGLIO

Rifiuti e autonomianell’inceneritore

di Elena Tonnini

La gestione dei rifiuti a San Marino

è una questione annosa, perché da sempre dipendiamo dall’Italia. I governi che si sono succeduti e la dirigenza con Emanuele Valli che,

dopo aver fatto danni all’Urbanistica è stato messo a capo dall’AASS e non è mai stato spostato, hanno fatto credere che si potesse delegare tutto all’Italia.

C’è un altro motivo per cui non possiamo più permetterci di delegare ad altri la gestione dei nostri rifiuti. I costi di gestione, i costi di trasporto, i costi di smaltimento che ricadono sulla collettività, in due modi:

un modo diretto, cioè le bollette, che a San Marino sono collegate ai consumi elettrici, e questa è una cosa da medioevo

un modo indiretto, gli oltre due milioni di euro che ogni anno spendiamo per lo smaltimento fuori. Più tutti i costi aggiuntivi e difficili da identificare per il trasporto interno, per i contratti con le ditte private e i macchinari inutili anch’essi gestiti da ditte private

Nel 2013 c’è stata la scelta tardiva, ma importante, legittimata da un Ordine del giorno, che andava nella direzione di produrre meno rifiuti (strategia rifiuti zero) e gestire tutto quello che rimane con la raccolta differenziata, come se fosse una risorsa e non come un costo, riusando il materiale differenziato e rivendendolo quindi guadagnandoci. Uno degli obiettivi era quello di raggiungere una differenziazione del 60% entro il 2015. Siamo nel 2016 e siamo riusciti a salire del 3-4%. Il porta a porta è rimasto uno slogan per due anni e mezzo, siamo passati dal 27 al 31% di differenziata. Altrove i

comuni sono passati, in meno di sei mesi, dal 30 al 70-80%. Allora, delle due l’una: o si è incapaci o c’è una precisa volontà di non far funzionare le cose.

Allora non è il porta a porta a non funzionare, è la gestione di una politica che subisce l’approccio fallimentare del dirigente dell’AASS che di tutta risposta è stato pure rinnovato nel suo incarico. Grazie alla sua inefficienza e quella dei Segretari di Stato, ci troviamo a spendere più di prima e senza risultati,e ci ritroviamo a dover dipendere dall’Italia più di prima perché bruciando i rifiuti a Coriano oltre al danno economico si aggiunge anche il danno alla salute perché non esistono muri che impediscono al particolato dannoso (che “Medici per l’ambiente” riconosce come una delle prime cause di tumori) di raggiungere i nostri confini. Ci è stato detto che nessun accordo è stato fatto con Coriano e con Raibano, ci è stato detto che cambia la destinazione dei rifiuti e viene tutto incenerito all’inceneritore di Coriano anziché in discarica.

Nel Piano regionale dell’Emilia Romagna si

legge che “per quanto riguarda l’inceneritore di Coriano il fabbisogno è comprensivo dei rifiuti urbani indifferenziati provenienti da San Marino che saranno conferiti entro un mese dalla data di approvazione del piano italiano proprio verso questo impianto.” Allora in base a quale norma il flusso dei rifiuti di San Marino è stato messo nel piano gestionale dei rifiuti di Rimini? San Marino verrà sottoposto al piano italiano della gestione dei rifiuti? Che fine ha fatto il nostro piano, il piano sammarinese per la gestione dei rifiuti? Quello è vecchissimo, avrebbe dovuto essere rinnovato dall’Osservatorio dei rifiuti in 6 mesi dalla sua nascita nel 2013. Ma anche questo impegno è stato inevaso, non certo per mancanza di proposte dato che le associazioni le hanno portate, ma sempre per lo strapotere dell’AASS all’interno dell’osservatorio.

È questa l’autonomia di cui stiamo parlando? Diamo tutto in mano all’Italia e che ci pensi lei e noi ci limitiamo a pagare: paghiamo lo smaltimento, il trasporto ecc.

A me non pare motivo di vanto, Segretario Mularoni, dire: “L’Italia dice che dobbiamo fare così, e allora facciamo così”. A me non piace che San Marino venga equiparato all’Italia di fatto saltando a piè pari le decisioni prese nel 2013 e in assenza di nostro piano rifiuti. Senza contare che nei comuni limitrofi la differenziata raggiunge già il 60-70% e i cittadini si riuniscono in comitati che da un lato riconoscono che San Marino debba portare i rifiuti perché non può essere totalmente autonoma, ma chiedono una serie di impegni che sono gli stessi che i nostri cittadini chiedono. Ad esempio la raccolta di oltre 1300 firme portata alla Reggenza proprio per chiedere di rispettare quegli impegni sull’Ordine del giorno del 2013 di cui ho parlato prima. Basta dare le colpe ai cittadini, che sono molto più lungimiranti di noi! Basta imporre il silenzio ai cittadini col terrorismo dell’aumento delle bollette! Mandiamo a casa chi non è stato capace di rinnovare la gestione dei nostri rifiuti, Solo in questa maniera possiamo rispettare igli impegni che abbiamo preso, non con l’Italia, ma con i nostri cittadini.

numero 02 2016 7

ISTITTUZIONI

CITTADINANZACONSAPEVOLERappresentatività: a chi giova?

Quando la politica è chiamata a fare delle riforme, deve decidere in modo obiettivo, senza essere trascinata da

ideologie o affiliazioni.Non si possono fare riforme per punire una parte e favorirne un’altra.

Questo principio non è stato rispettato nella legge sulla rappresentatività.

La legge si rende necessaria per salvaguardare il valore erga omnes dei contratti di lavoro, per fare in modo che in ogni settore viga un solo contratto che debba venir applicato da tutti i datori di lavoro per tutti i lavoratori.

Il principio è sacrosanto e condiviso da RETE.

Tuttavia con questa legge si è usato il pretesto dell’erga omnes per ridefinire gli equilibri tra le associazioni dei datori di lavoro (d’ora in poi associazioni) e fra i sindacati.

Alcuni degli interventi introdotti, quelli più controversi, non hanno ricevuto spiegazioni da parte della Segreteria per il lavoro Si tratta di articoli che favoriscono volontariamente la CSU e ANIS, a detrimento delle altre sigle (come ad esempio la modalità di calcolo per la suddivisione del finanziamento al sindacato, sfacciatamente favorevole alla CSU).

Su questi articoli controversi anche diversi membri di maggioranza hanno manifestato le proprie perplessità, perché di fronte a

un provvedimento che non puoi spiegare in modo razionale, qualche dubbio sorge spontaneo.

Invano il movimento RETE e il movimento Civico10 hanno presentato emendamenti modificativi (disponibili su www.movimentorete.org). Si badi bene, non emendamenti che toglievano privilegi a CSU e ANIS per fornirli alle altre sigle, ma che miravano ad equilibrare la legge per non favorire nessuno: la legge non deve favorire delle parti ma creare condizioni di pari dignità per ogni parte!

Ci sono pretese dell’asse CSU-ANIS che non condividiamo, come ci sono richieste di IUS e USL che a loro volta non condividiamo: noi abbiamo scelto di stare nel mezzo e fare una legge ragionevole, mentre purtroppo la Segreteria di Stato e diversi componenti del PSD hanno sposato le richieste di una parte contro l’altra.

Non ci sarebbe problema, se non fosse che leggi nate per sedare unilateralmente delle contrapposizioni che le parti non sono in grado di risolvere da sole, sono destinate a creare più problemi di quanti ne vorrebbero risolvere.

Vergognoso l’asservimento di Iro Belluzzi alle parole d’ordine di una parte, vergognose le affermazioni di un Segretario che dipinge tutte le sigle non aderenti al potentato CSU-ANIS come dannose agli interessi dei lavoratori, poco serio un dibattito che invece di analizzare la situazione, fa proprie le arroganti posizioni di un asse contro ciò che rimane fuori: di fronte alla concorrenza la

CSU ricorre ai propri agganci politici per eliminarla.

Questa legge, che ci auguriamo venga frenata in Consiglio in seconda lettura da parte di quei membri di maggioranza che non si adeguano a fare leggi in favore di qualcuno, segna un altro momento di sottomissione della legge ad interessi particolari: mi chiedo se tutto questo venga fatto solo per godere dell’endorsement del sindacato in campagna elettorale.

In un paese come il nostro, basato sulla piccola imprenditoria e sul commercio turistico, decidere a tavolino che siano le grandi aziende a stabilire le relazioni contrattuali è non solo sbagliato ma pericoloso: ci chiediamo se la piccola azienda con 10 dipendenti abbia gli stessi problemi di quella che ne ha 500.

E perché non si coglie l’occasione per eliminare le storture sul finanziamento occulto al sindacato? Sui distacchi pagati dalla PA con tanto di indennità, sul silenzio assenso per le quote sociali? Ricordiamo alla cittadinanza che a San Marino il sindacato costa il doppio della politica?

Insomma, una legge che mantiene immutati i privilegi anacronistici di un solo sindacato, che accentra il potere in una sola associazione datoriale, e che rischia di aumentare il conflitto in un paese già sull’orlo del fallimento.

Crediamo che per pochi voti, caro segretario Belluzzi, questo gioco (il cui prezzo lo pagheranno i lavoratori) non valga la candela.

numero 02 2016 8

ISTITTUZIONI

ISTITUZIONINO PROBLEMConoscere per cambiare di Stefania Balducci

Vogliamo cambiare rotta, darci

nuovi obiettivi e rinascere come Paese?

Migliorare quel che funziona, mettere quello che non c’è e togliere quel che non

serve? Per farlo occorre onoscere!

Avere a che fare con norme, organismi ed enti istituzionali, soprattutto per le persone alle prese con le gioie e i dolori della vita quotidiana non è facile: da qui nasce l’idea della rubrica, per dare qualche risposta nel caso di qualche “perché?”.

Quasi tutte le leggi si possono trovare in formato PDF sul sito del Consiglio Grande e Generale (d’ora in poi CGG) www.consigliograndeegenerale.sm in “archivio Leggi”, scrivendo l’anno e/o il numero della Legge, Decreto o Regolamento etc. o anche l’argomento ricercato. Nella stessa finestra si può accedere anche al Bollettino Ufficiale, consultabile con le stesse modalità del sito del CGG, per la ricerca degli atti ufficiali.

Le Delibere del Congresso, le potete trovare nel sito della Segreteria agli Interni, anche nei siti delle altre Segreterie qualcosa si trova ma fate attenzione, non sono sempre aggiornati. Non cercate convenzioni o accordi, perché se li tengono stretti e ben chiusi a chiave lontani da occhi assetati di trasparenza!

Questo ed il prossimo numero sono dedicati nuovamente agli strumenti di

Democrazia Diretta, perché necessitano di approfondimenti sempre maggiori per sapere come utilizzarli. A San Marino abbiamo tre istituti: Istanza d’Arengo; Progetti di Legge di iniziativa popolare e Referendum.

Il diritto di petizione popolare mediante l’istanza d’Arengo, regolamentato nella Legge del 24 maggio 1995 n.72, ha origini storiche. L’istanza può essere presentata anche solo da un Cittadino maggiorenne firmatario in forma chiara e sottoscritta dal/dai proponent* in forma leggibile, con il domicilio.

Va depositata la prima domenica dopo l’investitura della Reggenza (la prima domenica dopo l’1 aprile e l’1 ottobre), a Palazzo Pubblico a mezzogiorno. Entro il 30 aprile ed il 30 ottobre, sentito l’ufficio di Segreteria Istituzionale che valuta i requisiti di ammissibilità in base ai criteri di cui sopra e soprattutto in base all’attendibilità di

interesse pubblico, la Reggenza ne dichiara la conformità.

L’istanza ammessa deve essere discussa nello stesso semestre Reggenziale in CGG, correlata di apposito riferimento da parte delle Segreterie e/o delle Giunte di Castello di competenza, a fine discussione viene votata a maggioranza.

Se viene accettata, entro 15 giorni la Segreteria istituzionale deve inviare la delibera consiliare con il risultato: al/ai presentator*; ai gruppi consiliari; alle giunte di Castello e ai membri del Congresso.

Quest’ultimo ha il compito di adempiere alla volontà espressa, ed entro 6 mesi dall’approvazione deve illustrare i provvedimenti di attuazione nella Commissione consiliare permanente di competenza.

Se viene respinta non può essere ripresentata una analoga nei 3 semestri Reggenziali

successivi (18 mesi) a meno che non ci sia il rinnovo del CGG.

Maggiori sono le sottoscrizioni maggiore è l’attenzione, sia mediatica che per la discussione in CGG ma, ahinoi, spesso anche se approvate in CGG l’attuazione è disattesa e i cassetti delle varie Segreterie sono sempre più colmi di insoluti nei confronti della popolazione.

A qualcuno di voi può essere capitato di ascoltare interminabili dibattiti su un dosso o sulla sistemazione di un campetto…sicuramente i lavori del CGG potrebbero essere snelliti modificando la tipologia di ammissibilità in CGG o girando alle Giunte istanze di questo tipo.

Rimane chiara però l’importanza di questo strumento perché obbliga la politica a trattare argomenti su cui spesso e volentieri i governi fanno orecchie da mercante, incluso quello attuale.

numero 02 2016 9

ESTERO

FLASHDAL MONDOProtezione e sicurezza per i minori rifugiati

“Fornire protezione internazionale a minori che scappano da guerre, violenza e persecuzioni deve ora

essere una priorità per tutti i governi europei” ha scritto il Segretario Generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland in una lettera inviata ai capi di governo dei 47 stati membri.

Il documento propone anche una serie di misure prioritarie da adottare che riguardano, ad esempio, la protezione dei minori rifugiati per impedire che finiscano nelle mani dei criminali, il miglioramento delle procedure per l’accertamento dell’età e procedure più rapide per la nomina dei tutori legali per i minori non accompagnati. L’obiettivo è garantire la sicurezza e un trattamento adeguato ai richiedenti asilo e ai minori rifugiati.

Nel 2015 circa 300.000 minori sono arrivati in Europa, molti dei quali non accompagnati.

Cosa puoi fare di concreto

Continuano le guerre in Siria, in Libia, in Africa. Continua l’arrivo dei migranti che scappano e cercano rifugio in Italia,

in Europa.

Ecco cosa si può fare per aiutarli.

Informati in maniera corretta e non condividere bufale.

Purtroppo una bella fetta delle informazioni che girano sulla carta stampa e soprattutto sul web contengono solo messaggi che fomentano odio e razzismo, spesso divulgano notizie false riguardanti violenze efferate ad opera dei migranti.

È sempre meglio scegliere accuratamente le proprie fonti, preferendo quelle ufficiali come Ministeri, organismi internazionali, associazioni di volontariato.

Riferisciti a questi ultimi per prendere parte a programmi e iniziative di solidarietà.

Un migrante o un richiedente asilo su tre che attraversa il confine tra Grecia e Turchia è un minore. Dallo scorso settembre in media due bambini al giorno sono affogati nell’intento di attraversare il Mediterraneo.

Secondo le stime di Europol, sin dall’inizio della crisi si sono perse le tracce di almeno 10.000 minori. In molti paesi, i minori richiedenti asilo scompaiono pochi giorni dopo ssere stati alloggiati nei centri di accoglienza. Per questo i bambini no dovrebbero essere collocati in centri di detenzione per immigrati ma dovrebbero poter usufruire di un alloggio sicuro e adeguato, sotto la supervisione di personale adeguatamente informato o di genitori adottivi.

“La crisi dei rifugiati è il paradiso dei trafficanti. Migliaia di bambini stanno scappando dalla guerra solo per svanire nel ventre delle società europee. È difficile immaginare una imperativo morale maggiore di tenere questi ragazzi e ragazze al sicuro” ha detto Jagland.

Fonte: www.coe.int

numero 02 2016 10

SPAZIODELLE ASSOCIAZIONI

ASSOCIAZIONI

Cosa succede quando gruppi e associazioni di volontari uniscono le forze per combattere la mafia?

Succede che nascono bellissime collaborazioni che, mettendo insieme esperienze e conoscenze, fanno emergere, in tutta la sua complessità, la colonizzazione del territorio emiliano romagnolo ad opera della malavita organizzata. Questo racconta il dossier “Tra la via Aemilia e il West – storie di mafie, convivenze e malaffare in Emilia-Romagna”, il secondo dossier sulle mafie realizzato da AdEst, Gruppo dello Zuccherificio di Ravenna e GAP-Gruppo Antimafia Pio La Torre di Rimini.

Quest’anno per la prima volta anche il movimento RETE, attraverso la penna di Matteo Zeppa, ha contribuito per la parte relativa alla Repubblica di San Marino

Precisano gli autori:”Arresti, processi, sequestri, intimidazioni sono fatti giornalieri in una Emilia Romagna che si è risvegliata incapace, anche logisticamente di ospitare maxi-processi, tanto che anche il peggiore dei negazionisti si è arreso all’idea che le mafie hanno un ruolo ben definito nell’economia e sempre più spesso nella mentalità di questo territorio. Hanno avuto questo ruolo anche negli ultimi 30 anni, solo che finalmente la magistratura ha aperto il vaso di Pandora, scoperchiando verità e viltà, spesso scomode, per la politica, la guida economica dell’Emilia Romagna e la società civile.

Questa abbiamo provato a raccontare, gli intrecci di un potere che, mentre tutti guardavano “altrove”, ha intessuto nodi così forti da essere capace di legare un cappio al collo alla comunità.

Una comunità che però spesso quel cappio, per vantaggi personali, ha preferito metterselo da sola. Un cappio nel quale non abbiamo nessuna intenzione di infilare il nostro collo e dal quale abbiamo invece la ferma, e utopica, intenzione di liberare tutti quanti.

Il lavoro di ricerca nel 2015 si è arricchito dei contributi di associazioni o singoli operanti nel territorio. Una rete che, in regime di puro volontariato, copre tutta l’Emilia Romagna. Una squadra che è cresciuta macinando chilometri, mettendosi in discussione e continuando a fare nomi e cognomi quando era molto più semplice (e remunerativo) commemorare. Una squadra che non ha “certezze”, ma che cerca di porre domande

e pretende che qualcuno risponda.”a maggioranza...

Emilia-RomagnaTerra di Mafia“A differenza delle altre organizzazioni, che ricavano parte consistente dei propri ricavi nella regione di origine, gli utili della ’ndrangheta provengono dalla Calabria solo per il 23%, dal Piemonte per il 21%, dalla Lombardia per il 16%: qui il fenomeno è devastante ed è stata accertata l’incidenza a Pavia, Varese, Como, Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona; poi da Emilia-Romagna (8%), Lazio (7,7%) e Liguria (5,7%).

Quindi, il 50% proviene dal nord-ovest. Signori, la mafia è al nord. Nell’operazione Aemilia, che dal gennaio del 2015 ha sconvolto la ridente Emilia Romagna, sono stati prima arrestati e poi messi sotto processo 239 imputati. Quasi tutti legati ad una sola cosca, quella di Cutro (Kr), ed al suo leader Nicolino Grande Aracri inteso “mano di gomma”.

Ora prendete questo numero, 239 per una cosca, moltiplicatelo per le altre 50 ramificazioni criminali presenti in regione (tra ’ndrangheta, cosa nostra, camorra e sacra corona unita) ed elevatelo alle 7 mafie straniere presenti (nordafricana, nigeriana,

cinese, sudamericana, rumena, ucraina e albanese), ed eccovi l’equazione esatta che porta a dire al procuratore antimafia Roberto Pennisi: “l’Emilia Romagna è terra di mafia”

(Estratto dal capitolo “Pandora” di Gaetano Alessi e Massimo Manzoli)

Parlando di mafia a San MarinoLa moltiplicazione di norme e regole, in un contesto già farraginoso ed obsoleto, ha ingenerato difficoltà nella loro attuazione. Gli standard imposti da organismi mondiali ed europei hanno portato ad una accelerazione repentina, che non ha consentito il loro recepimento, passaggio necessario all’accettazione di nuove regole. Ma la men- talità è rimasta quella di una nazione piccola, senza materie prime o risorse territoriali, capaci di darle autonomia economica. La forma mentis è rimasta quella di un paese che, dagli anni immediatamente seguenti il dopoguerra, ha creato una economia parastatale - con il beneplacito delle istituzioni - costruita in modo tale che nel definirla oggettivamente un paradiso fiscale non si incorre certamente in alcun errore deontologico.

(Estratto dal capitolo “Parlando di mafia nella terra della Libertà San Marino” di Matteo Zeppa)

Il dossier è scaricabile gratuitamente dal sito www.movimentorete.org e disponibile in versione cartacea

presso la sede del movimento RETE Ogni offerta libera è benvenuta e verrà

devoluta integralmente al periodico AdEst.

Presentazione del Dossier giovedì 13 Aprile alle 21:00

sala Montelupo

numero 02 2016 11

Ascoltare con il cuore

di Roberto Ciavatta

Durante il festival di Sanremo

sarà capitato a tutti, sui social o in tv, di vedere l’intervista e il brano suonato a Sanremo dal

pianista Ezio Bosso.Si sono sprecate condivisioni e gli apprezzamenti corali, e come non condividerli?Eppure quanti eravamo prima di Sanremo, del grande pubblico, a conoscere Ezio Bosso? Probabilmente pochi, pochissimi.Dunque com’è che periodicamente, tra il bombardamento di informazioni che la raggiunge, l’opinione pubblica si concentra su un singolo evento?Faccio alcune supposizioni.Forse, per i primi secondi, è la disabilità di Bosso ad aver concentrato l’attenzione del pubblico: si è più propensi ad ascoltare le parole di un disabile perché la commozione, che già di per sé è condivisione, ci fa più ricettivi. Ma questa spiegazione copre -appunto- solo i primi secondi. Dopo mezzo minuto le parole, la presenza scenica, la forza di Bosso avevano già fatto dimenticare la sua disabilità, dunque di qui in poi la spiegazione dev’essere un’altra.È forse il modo in cui Bosso ha affrontato e, si può ben dire, sconfitto la sua disabilità? Può darsi, ma anche questa spiegazione non è sufficiente: Bosso non è l’unico uomo coraggioso che ci capita di vedere. Ci dev’essere ancora dell’altro ancora… Forse, ipotizzo, ad incantare il pubblico è stata la magia di ciò che Bosso ha detto e fatto, suonando, sul palco dell’Ariston, perché nessuno può negare che nel momento stesso in cui Bosso ha iniziato a suonare… la musica lo ha cambiato!Poco prima aveva detto, citando il maestro Abbado, che la musica è terapia, e a nessuno è sfuggito che la difficoltà motoria del pianista è

scomparsa immediatamente quando ha iniziato a suonare, per lasciare spazio alla poesia di un brano leggiadro, in cui pubblico e pianista si sono fusi ad ascoltare ciò che i tasti avevano da raccontar loro.Ma anche queste mie affermazioni suonano sospette: in base a che competenza posso affermare che la musica di Bosso era leggiadra? Chi di noi ascoltatori -termine di per sé passivo- conosce la musica, il suo alfabeto, i suoi tecnicismi?Viviamo in una società in cui solitamente i musicisti sono un esempio di successo: belli, magri, giovani, aitanti, ricchi. Le nostre preferenze musicali, in assenza di basi di conoscenza della musica stessa, si limitano alla scelta passiva tra i vari modelli di successo che ci vengono propinati dai media: diventiamo incapaci di cercare e trovare “il nostro” musicista, in assenza di competenze musicali ci auto-limitiamo nella possibilità di sperimentare le vie del bello, di trovare musiche e atmosfere a noi affini, adeguandoci da puri consumatori a scegliere tra ciò che il main stream dei media ci offre, a livello commerciale, come modello vincente.Finché giunge un anti-eroe, un musicista né bello, né giovane, né aitante. Un musicista che suona per salvarsi la vita, per curare le sue disabilità, riuscendo tramite questa arte a creare una comunicazione non verbale con un pubblico disabituato ad ascoltare.Forse il motivo del successo e delle innumerevoli condivisioni e apprezzamenti rivolte a Ezio Bosso durante il festival è da ritrovare proprio nella capacità, inespressa, di rompere il muro della nostra cecità emotiva, perché limitare la propria discografia alle proposte commerciali di cui siamo bombardati equivale a limitare le nostre emozioni alla piatta offerta del mercato.Insomma, si può ascoltare con le orecchie o con il cuore.Quando si ascolta col cuore è bene avere le chiavi per trasformare questa “passione” in qualcosa di meno effimero: servono le chiavi per tradurre il cuore alla mente.La mancanza di queste chiavi, fornite dalle belle arti, dalla musica, dalle materie umanistiche, relega le emozioni

alla passività del soggetto, la mente a una materialità dimentica della componente emotiva in noi ineliminabile.Ma in fondo hai voglia a fare il pragmatico: ci sarà sempre un Bosso che sfiorando i tasti di un pianoforte ti ricorderà che sei anche carne. E cuore.

Anno III - mensile Numero 02/2016

Direttrice Marianna Bucci

Progetto grafico Andrea Bastianelli

Impaginazione Adele Tonnini Roberto Giardi

Foto copertina Fotomontaggio

Collaboratori quelli di RETE

Indirizzo Strada Andrea di Riccio, 2 47895 Fiorina di Domagnano Rep. San Marino

Telefono 0549.907777

E-mail [email protected]

web www.movimentorete.org

Ci trovi anche:su Facebook - Rete Movimento Civicosu Twitter - retesanmarino

Per ricevere il nostro mensile, inviaci una emailcon i tuoi dati (nome, cognome, indirizzo).Puoi anche proporti come collaboratore, acquistare spazi pubblicitari o fare segnalazioni.

IN CASO DI MANCATO RECAPITO SI PREGADI RESTITUIRE AL MITTENTE

Stampato da: Tipografia Sammarinese1500 copie - carta riciclata