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Comune. Saggio sulla rivoluzione nel XXI° secolo 28 Marzo 2014. Il 28 marzo 2014 esce presso le edizioni La découverte il nuovo libro di Pierre Dardot e Christian Laval, Commun. Essai sur la révolution au XXIème siècle. Qui di seguito la traduzione di qualche estratto, a cura di Davide Gallo Lassere, in modo da poter fornire sia uno sguardo d’insieme sulla struttura generale del volume che un assaggio dei nodi tematici e delle prospettive teoriche più salienti attraverso cui si articola. Comune. Saggio sulla rivoluzione nel XXI° secolo [pp. 19-20] Il capitolo liminare [Capitolo 1. Archeologia del comune] precisa ciò che si intenderà qui con “comune” [commun]: se “Comune” [Commune] è il nome dell’autogoverno politico locale e “comuni” [communs] i nomi di oggetti di natura molto diversa presi in carica dall’attività collettiva degli individui, “comune” [commun] è propriamente il nome del principio che anima questa attività e che presiede allo stesso tempo alla costruzione di questa forma di autogoverno. Questa messa a punto risulta tanto necessaria quanto più il termine è utilizzato in contesti teorici molto diversi ed è sovraccaricato storicamente dalle connotazioni filosofiche, giuridiche e religiose più eterogenee[1]. Nella prima parte, “L’emergenza del comune”, si tratterà per noi di ricostituire il contesto storico che ha visto l’affermarsi del nuovo principio del comune e di criticare, ove necessario, i limiti delle concezioni che ne sono state date negli ultimi anni, sia da parte di economisti, filosofi e giuristi che da parte di militanti. Nella seconda parte, “Diritto e istituzione del comune”, si tratterà più direttamente di rifondare il

Comune - Saggio Sulla Rivoluzione Nel XXI Sec

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Comune. Saggio sulla rivoluzione nel XXI secolo

28 Marzo 2014.

Il 28 marzo 2014 esce presso le edizioni La dcouverte il nuovo libro di Pierre Dardot e Christian Laval, Commun. Essai sur la rvolution au XXIme sicle. Qui di seguito la traduzione di qualche estratto, a cura di Davide Gallo Lassere, in modo da poter fornire sia uno sguardo dinsieme sulla struttura generale del volume che un assaggio dei nodi tematici e delle prospettive teoriche pi salienti attraverso cui si articola.Comune. Saggio sulla rivoluzione nel XXI secolo[pp. 19-20] Il capitolo liminare [Capitolo 1. Archeologia del comune] precisa ci che si intender qui con comune [commun]: se Comune [Commune] il nome dellautogoverno politico locale e comuni [communs] i nomi di oggetti di natura molto diversa presi in carica dallattivit collettiva degli individui, comune [commun] propriamente il nome del principio che anima questa attivit e che presiede allo stesso tempo alla costruzione di questa forma di autogoverno. Questa messa a punto risulta tanto necessaria quanto pi il termine utilizzato in contesti teorici molto diversi ed sovraccaricato storicamente dalle connotazioni filosofiche, giuridiche e religiose pi eterogenee[1]. Nella prima parte, Lemergenza del comune, si tratter per noi di ricostituire il contesto storico che ha visto laffermarsi del nuovo principio del comune e di criticare, ove necessario, i limiti delle concezioni che ne sono state date negli ultimi anni, sia da parte di economisti, filosofi e giuristi che da parte di militanti. Nella seconda parte, Diritto e istituzione del comune, si tratter pi direttamente di rifondare il concetto di comune, situandoci deliberatamente sul terreno del diritto e dellistituzione. Non vi sarebbe nulla di peggio che abbandonare il diritto a coloro che lo decretano per professione. Per noi, il sistema delle norme costituisce sempre la posta in palio di conflitti, e il diritto in quanto tale un terreno di lotta. Contrariamente a unillusione ottica che potrebbe far credere che il tema sia recente, non partiamo da nulla. Ci appoggeremo sulla lunga storia delle creazioni istituzionali e giuridiche che hanno sfidato lordine borghese e la logica proprietaria, come ci faremo aiutare dai molteplici apporti della storia, della teoria giuridica, della filosofia politica e della tradizione socialista, al fine di fornire una concezione nuova del comune, capace di chiarire il senso delle lotte del presente e di meglio determinare i loro luoghi e le loro poste in palio. Infine, nellultima parte, senza pretendere di redigere un programma, tracceremo le linee di fondo di una politica del comune.Prima Parte. Lemergenza del comune [pp. 55-227][pp. 55-57] In questo inizio di XXI secolo, il principio politico del comune emerge dalle lotte democratiche e dai movimenti sociali. Attraverso esso si inaugura un periodo inedito per lemancipazione. Un discorso teorico nuovo si sta formando, legato ai movimenti altermondialisti e alimentato da una pluralit di fonti teoriche. La prima parte di questo libro presenta il contesto storico di questa emergenza e cartografa in modo critico le prime elaborazioni teoriche del comune.Non vi movimento dopposizione al capitalismo che non sia segnato dal tragico destino delle rivoluzioni del XX secolo. Il comunismo di Stato continua ad ipotecare lalternativa. Ed esiste il rischio che, in occasione dei disastri crescenti provocati dal capitalismo, appaiano qui o l delle riabilitazioni pi o meno sofisticate dei regimi che si sono denominati comunisti. Tuttavia, a discapito di questo peso, il presente tende allinvenzione, o pi esattamente alla scoperta di un comune che non risulti una finzione. Ci si propone qui di riesaminare una serie di modelli di comunismo che hanno rappresentato altrettante maniere di travestire il comune, nel senso che gli abbiamo dato nel capitolo 1[2], quello di unobbligazione che tutti impongono a loro stessi. Si insiste sul fatto che la pretesa realizzazione del comune da parte della propriet di Stato non sia mai stata altra cosa che la distruzione del comune da parte dello Stato [Capitolo 2. Lipoteca comunista, o il comunismo contro il comune][3].Questa distruzione del comune non poteva che condurre gli Stati comunisti alla disfatta, la quale, a partire dagli anni 80, ha giocato un ruolo nel trionfo mondiale della razionalit neoliberale. Da allora, la doxa non ha cessato di martellare proclami sullinimmaginabilit di unaltra via oltre a quella del capitalismo. Ma dagli anni 90 sono apparsi un po dovunque nel mondo nuovi gruppi militanti e intellettuali che hanno ripreso il filo della contestazione dellordine dominante. Laccento critico stato posto sullappropriazione da parte del capitale delle risorse naturali, degli spazi pubblici e delle propriet di Stato. Lepoca risulta in effetti caratterizzata da una predazione generalizzata orchestrata da delle oligarchie che si ingozzano di ricchezza collettiva; dallestensione dei diritti di propriet concertata dai grandi oligopoli su tutto ci che contribuisce ad accrescere il loro campo daccumulazione: conoscenza, natura, vivente La teoria critica fa cos dellespropriazione e dello spossessamento i fenomeni cruciali del capitalismo contemporaneo [si confrontano a lungo con David Harvey]. dunque in questo contesto che il comune diviene un tema ricorrente dei nuovi discorsi. Ma lo diviene sotto una forma molto particolare, quella dei comuni oggetto delle nuove enclosures. Come si costruito questo rapporto analogico con la preistoria del capitalismo, e quali effetti teorici e politici porta con s? [Capitolo 3. La grande appropriazione e il ritorno dei comuni].Questo tema del saccheggio e del furto pare essenzialmente negativo, reattivo e difensivo. Di fatto, i processi oggetto della critica impongono logicamente una resistenza a questo grande hold-up realizzato dal capitale privo di freni. Ma la costituzione di una nuova economia politica dei comuni attorno a Elinor Ostrom ha contribuito a fornire un contenuto positivo al comune. Le sue ricerche empiriche cos come la sua teoria istituzionalista dellazione collettiva mostrano 1. come il mercato e lo Stato non siano i soli sistemi di produzione possibili; 2. come delle forme istituzionali molto diverse sparse in giro per il mondo possano apportare ai loro membri delle risorse durevoli in quantit soddisfacenti, tramite la creazione e il rinnovo istituito di regole di gestione comune. Questi lavori, grazie alla diffusione che hanno conosciuto negli Stati Uniti e altrove, servono oggi da riferimento per numerosi movimenti nel mondo. Propongono un modello di azione e di pensiero che si diffuso ai nuovi comuni dellinformazione e della conoscenza. Se questo fenomeno di diffusione discorsiva deve essere studiato in s stesso, vi tuttavia posto per una riflessione critica sul contenuto di questa economia politica e in particolare sulla reificazione dei beni, costitutiva del discorso economico in quanto tale, che parassita e paralizza un pensiero autentico dellistituzione del comune. Bench riconosciamo il fondamentale ruolo storico dei lavori di Ostrom, ne mostriamo al contempo i limiti, i quali devono essere superati non da una teoria dei comuni ma del comune [Capitolo 4. Critica delleconomia politica dei comuni]. precisamente a un tal intento che si sono dedicati due importanti teorici, Michael Hardt e Antonio Negri, cos come degli economisti e dei giuristi a loro vicini. La teoria del comune che hanno messo in cantiere nella loro trilogia, Empire, Multitude e Commonwealth, segna unepoca nella storia dei pensieri critici. Ma sfortunatamente ipotecata da dei presupposti, a nostro avviso indifendibili, relativi alla natura essenzialmente rentire del capitalismo contemporaneo, allautonomizzazione crescente del lavoro immateriale o allo sviluppo spontaneo di un comunismo informatico e reticolare. Se il loro modo di comprendere il comune, tenendo in considerazione gli ultimi sviluppi tecnologici, appare molto moderno, esso non effettivamente tale. Nel capitolo, mostriamo come ripropongano il modello teorico della forza collettiva concepito da Proudhon. Sebbene ampiamente dimenticato, questo modello rimane essenziale per comprendere i dibattiti socialisti del XIX secolo e in particolare per comprendere il modo in cui Marx, contro Proudhon, ha elaborato il suo proprio modello, che fa del capitale il motore del comune. Questa genealogia non ha che uno scopo: aprire la via a una nuova teoria del comune, oggetto della seconda parte [Capitolo 5. Comune, rendita e capitale].Seconda parte. Diritto e istituzione del comune [pp. 231-451][pp. 231-32] Gli approcci esaminati nella prima parte del libro tendono a pensare il comune come interamente immanente alla produzione biopolitica, come in Hardt e Negri, o ancora a restringere lo spazio dei comuni ai servizi pubblici e ai beni da loro prodotti, come per un certo altermondialismo, o infine a fare del comune la qualit intrinseca di certi beni, come nel discorso delleconomia politica standard e, in misura minore, nei lavori di Ostrom. Per distinti che siano, questi approcci o legano esplicitamente il comune alla propriet pubblica o di Stato, oppure aprono sempre sulla possibilit di fissare il comune alla propriet, anche se lasciano indeterminata la forma di propriet specificamente adatta ai beni comuni. Di conseguenza bisogna ora affrontare la questione del rapporto del comune al diritto di propriet. Se il comune non dato nellessere sociale e se non nemmeno iscritto in esso a titolo di tendenza che basterebbe stimolare, perch esso innanzitutto una questione di diritto, dunque di determinazione di ci che deve essere. La posta in palio consiste nellaffermare un diritto nuovo rigettando un vecchio diritto con le sue pretese. In questo senso, si tratta di diritto contro diritto: o il diritto di propriet fondato come diritto esclusivo e assoluto, e al comune non resta allora che un posto residuale, tra gli interstizi e i margini che la propriet lascia non occupati; oppure il comune costituisce il principio di un nuovo diritto destinato a rifondare tutta lorganizzazione della societ, ed allora il diritto di propriet che deve essere radicalmente rimesso in causa.Il capitolo 6 [Il diritto di propriet e linappropriabile] ritraccer la genealogia di questo diritto di propriet mostrando come si sia costituito tardivamente nella storia dellOccidente, esattamente come la divisione suprema del diritto in diritto privato e diritto pubblico, che si fa spesso imprudentemente risalire al diritto romano. Appare allora che lalternativa non sia quella tra propriet comune e propriet privata, ma quella tra linappropriabile e la propriet, privata o statale che sia.Il capitolo 7 [Diritto del comune e diritto comune] esaminer ci che n delle pretese del diritto comune (la Common Law anglosassone) di costituire un diritto dotato di un potere di autoperfezionamento indefinito a partire dalla perpetuazione delle vecchie consuetudini. Si tratta di stabilire che il diritto del comune non pu identificarsi con il diritto consuetudinario, nella misura in cui questultimo permane elaborato da un corpo di esperti, avvocati e giudici occupati a selezionare nelle consuetudini ci che compatibile con il rispetto della propriet privata.Nel capitolo 8 [Il diritto consuetudinario della povert], ci domanderemo se il diritto del comune non potrebbe avere a che fare con un diritto consuetudinario specifico che non misconosce la realt degli antagonismi sociali ma che si affermerebbe al contrario, immediatamente e direttamente, come il diritto esclusivo della povert, in opposizione al diritto dei privilegiati. A tal proposito, ci lasceremo guidare dallargomentazione di Marx nel dibattito sui furti di legna nel 1842, non senza interrogare la coerenza stessa della nozione di povert.Nel capitolo 9 [Il comune degli operai: tra costume e istituzione], vedremo come si venuto a costituire dalla fine del XIX secolo un diritto proletario che, da una parte, debitore dellanziano diritto delle gilde e delle compagnie e, dallaltro, ha saputo creare delle nuove istituzioni a partire dallesperienza originale del nascente movimento operario. Lattenzione dedicata a questa dimensione di creativit giuridica permetter di mettere in evidenza linsufficienza della trasmissione incosciente degli usi: un diritto del comune non pu essere prodotto che da un atto cosciente distituzione.Il capitolo 10 [La prassi istituente] sar interamente consacrato a elucidare la natura dellistituzione come atto, contro una certa propensione a privilegiare listituito a discapito dellistituente. Tenteremo di esaminare i caratteri distintivi della pratica che istituisce le regole, o prassi istituente: questultima non il riconoscimento a posteriori del gi esistente n una creazione a partire dal nulla, ma fa esistere il nuovo a partire dalle condizioni esistenti e dalla loro trasformazione. Per avere qualche chance di sorgere, il diritto del comune deve procedere da una tale prassi e non rimettersi alla sola diffusione spontanea degli usi[4].Terza parte, Proposizioni politiche [pp. 455-568][pp. 455-457] Abbiamo posto il comune come un principio politico. Non si tratta di una nostra invenzione, ma lo si deduce dalle contestazioni dellordine attuale. Tale principio designa innanzitutto le linee di fronte e le zone di lotta dove si gioca la trasformazione delle nostre societ, traduce le aspirazioni dei movimenti ostili al capitalismo e le forme delle loro azioni e nutre le pratiche relative alla creazione e al governo dei comuni.I movimenti e le lotte che si richiamo al comune, e che lhanno visto sorgere in differenti punti del mondo in questo inizio di XXI secolo, prefigurano a nostro avviso delle istituzioni nuove grazie alla loro tendenza a voler annodare forma e contenuto, mezzo e obiettivo, a diffidare della delegazione ai partiti e della rappresentazione parlamentare. Che questa ricerca di forme di autogoverno sia difficile e proceda a tastoni non affatto contestabile. Ma loriginalit storica di queste mobilitazioni contro le trasformazioni neoliberali delluniversit, contro la privatizzazione dellacqua, contro il dominio degli oligopoli e degli Stati su internet, o contro lappropriazione da parte dei poteri statali e privati di spazi pubblici, senza dubbio relativa allesigenza pratica che impone ai partecipanti di questi movimenti di non separare pi lideale democratico perseguito dalle forme istituzionali che si danno. La politica del comune ha per carattere storico particolare di combattere il capitalismo voltando le spalle al comunismo di Stato. Ci che nuovo in queste insurrezioni democratiche e in questi movimenti sociali, non , come sostenuto da qualcuno, laccettazione universale della democrazia di mercato, ma il rifiuto di usare mezzi tirannici per raggiungere fini emancipatori. Tutto per ancora da inventare o da reinventare. Le mobilizzazioni e le insurrezioni contro le dittature e contro il capitalismo neoliberale avranno una portata storica durevole solo se sfoceranno nellinvenzione di istituzioni nuove, come fu il caso alla fine del XIX e allinizio del XX secolo. questa la posta in palio cruciale, nella storia contemporanea, della prassi istituente su larga scala.Reperire gli assi odierni del combattimento che si conduce contro lesistente, sotto delle forme infinitamente varie e da parte di attori molto diversi, invita a riflettere su ci che la messa in opera del principio del comune significherebbe sul piano del diritto, del potere, delleconomia, della cultura, delleducazione o della protezione sociale. Tutto aperto per chi si vuole lanciare. Esaminare il comune come principio effettivo della trasformazione delle nostre istituzioni suppone di praticare un esercizio di immaginazione politica, persino di proiezione storica, con tutti i limiti annessi a tale prospettiva. Questesercizio, di conseguenza, perfettamente libero e non impegna che chi lo svolge. Nulla ci assicura che la trasformazione storica corrisponder alle piste qui segnalate. Non crediamo ad alcuna legge della storia, e ancor meno a nessuna rivelazione di ci che deve essere. Siamo piuttosto adepti della sperimentazione ponderata e prudente di nuove pratiche, fino a che, perlomeno, le circostanze lo permetteranno. Una molteplicit di esempi di costruzioni di comuni potrebbero illustrare le proposizioni politiche che seguono. LItalia uno dei paesi dove delle sperimentazioni piuttosto diverse hanno dato luogo a delle elaborazioni giuridiche e a delle politiche di autogoverno particolarmente interessanti. Si pensi in particolare al governo comunale dellacqua a Napoli, o ancora alla costruzione del comune del teatro Valle a Roma. proprio per questo che non avanziamo che una serie di proposizioni, sia teoriche che pratiche, sotto forma di brevi aperture che invitano alla riflessione e soprattutto alla messa in comune delle energie e delle intelligenze, e che non formano un insieme completo, e meno ancora un programma. qui importante ricordarsi che il termine proposizione deriva dal latino propositio, che ha il doppio significato di enunciato e di premessa maggiore di un argomento, doppio senso che si ritrova nel greco protasis: ossia lidea di un enunciato che ne richiama altri, dunque una questione da stabilire o verificare. Le proposizioni che seguono, tra cui la prima relativa alla necessit di una politica del comune, devono intendersi secondo questo doppio senso: si tratta di enunciati che posseggono la perentoriet di ogni dichiarazione e che fungono da richiamo per altri, ossia che valgono essenzialmente come premesse di un ragionamento che solo le lotte pratiche potranno costruire e sviluppare. Queste riflessioni, per frammentarie che siano, sono legate dal filo rosso della nostra attualit storica. Porre il principio del comune una cosa, immaginare una politica del comune unaltra. La nostra argomentazione si dispiegher nella maniera seguente: cominciamo con laffermare la necessit di una politica del comune, ossia di una politica facente del comune il principio della trasformazione del sociale, prima di affermare lopposizione del nuovo diritto duso al diritto di propriet. Stabiliamo in seguito che il comune il principio di liberazione del lavoro, poi che limpresa comune e lassociazione devono prevalere nella sfera economica. Affermiamo la necessit di rifondare la democrazia sociale cos come il bisogno di trasformare i servizi pubblici in autentiche istituzioni del comune. Stabiliamo infine la necessit di istituire i comuni mondiali e, a tal proposito, di inventare la federazione dei comuni.1 Bisogna costruire una politica del comune [pp. 459-66]2 Bisogna opporre il diritto duso al diritto di propriet [pp. 467-81]3 Il comune il principio di emancipazione del lavoro [pp. 482-89]4 Bisogna istituire limpresa comune [pp. 490-96]5 Lassociazione nelleconomia deve preparare la societ del comune [pp. 497-505]6 Il comune deve fondare la democrazia sociale [pp. 506-13]7 I servizi pubblici devono diventare delle istituzioni del comune [pp. 514-26]8 Bisogna istituire i comuni mondiali [pp. 527-45]9 Bisogna istituire una federazione dei comuni [pp. 546-68]Post-scriptum sulla rivoluzione nel XXI secolo [pp. 569-83]Istituire linappropriabile[5][pp. 578-583]Al cuore del progetto rivoluzionario cos come lo concepiamo, si trova il principio del comune. Conviene ora fissare il pi precisamente possibile ci che intendiamo, riprendendo e condensando le determinazioni che sono state svolte nel corso della nostra analisi. Le osservazioni che seguono non hanno alcun altro scopo.1/ Innanzitutto, abbiamo sistematicamente promosso il sostantivo il comune piuttosto che ricorrere, come duso, al qualificativo, finendo persino per sopprimere larticolo determinativo nel titolo nellopera: poich importante per noi significare fin da subito che intendiamo (il) comune nel senso di un principio, e non nel senso di una cosa, una sostanza, o una qualit propria a una cosa o a un insieme di cose. Che cos un principio? Un principio ci che viene per primo e che fonda tutto il resto. Un principio non un inizio che ha la virt di cancellarsi davanti a ci che segue, o un semplice punto di partenza che si lascia dietro a s senza pi ritornarci, ma un autentico cominciamento, un cominciamento sempre cominciante, ossia un cominciamento che regge e domina tutto ci che segue. Il greco arch ha il doppio senso di cominciamento e di comandamento: arch la fonte da cui tutto il resto deriva. Il comune un principio politico nel senso che ordina, comanda e regge tutto dellattivit politica. Inoltre, nel senso logico del termine, un principio la premessa di un ragionamento o di una dimostrazione, ossia una proposizione nel senso che abbiamo dato a questo termine nella terza parte di questo lavoro: le nove proposizioni politiche hanno un valore di principio logico in quanto sono le premesse di un ragionamento futuro e, in pi, sono esse stesse enunciate per indicare in che cosa il comune un principio politico.2/ Se in effetti il comune un principio, non un principio come gli altri, un principio politico, meglio ancora, il principio politico. Con politico intendiamo questa propriet di deliberazione con la quale degli uomini si sforzano di determinare insieme il giusto, cos come la decisione e lazione che procedono da questa attivit collettiva. La politica non dunque un fare riservato a una minoranza di professionisti, non pertiene alla competenza di qualche specialista, non pu essere un mestiere, ma laffare di colui che, quale che sia il suo statuto o mestiere, desidera o augura prendere parte alla deliberazione pubblica. La politica dunque essenzialmente attivit di prendere parte alla deliberazione, attivit di mettere in comune le parole e i pensieri. Ecco perch, mentre qualcuno si mette a sognare a una politica fondata sulla prova scientifica secondo il modello di una medicina fondata sulla prova, importante ricordare la verit elementare che una politica che costringerebbe al consenso tramite delle prove non sarebbe pi per nulla una politica: senza deliberazione ed esercizio del giudizio nessuna politica possibile, da cui consegue che una politica scientifica non una politica, ma tuttal pi la negazione scientista della politica, se non addirittura la sua negazione terrorista.3/ In quanto principio politico, il comune impone di fare della partecipazione a una stessa attivit il fondamento dellobbligazione politica, dunque della coattivit il fondamento della coobbligazione: il munus compreso nel termine comune significa al contempo lobbligazione e lattivit o il compito. Ne risulta che unappartenenza (letnia, la nazione o lumanit, etc.) non pu costituire in s stessa il fondamento dellobbligazione politica. Ne risulta ugualmente che questa obbligazione non ha alcun carattere sacro o religioso. Ci implica che ogni fonte trascendente e ogni autorit esterna allattivit devono essere ricusate. Lobbligazione politica proviene interamente dallagire comune, riceve tutta la sua forza dallimpegno pratico che lega coloro che hanno elaborato assieme le regole della loro attivit, non vale che in relazione ai compartecipanti a una stessa attivit.4/ Cos inteso, il comune non pu essere un oggetto, almeno nel senso di ci che preso di mira dal desiderio o dalla volont. Risulta aldiqu di ogni oggettivazione e non pu nemmeno essere una qualit attraverso la quale un oggetto percepito come desiderabile. Non dunque un fine che si prende di mira o che si ricerca: ci si impedir di confondere il comune con ci che si pu chiamare il bene comune. Il bene comune designa in filosofia politica ci che si deve ricercare e determinare assieme; si confonde con il giusto in quanto coincide con il vantaggio comune che deve prendere di mira la deliberazione collettiva. Per questo il desiderabile per eccellenza. Ci non significa che una societ, quale che sia, possa dispensarsi dal determinare il contenuto del bene comune, ma significa semplicemente che questo bene sempre da determinare in comune: il comune dunque il principio che fa ricercare questo oggetto che il bene comune, tant che, per metterlo a fuoco e ricercarlo veramente, bisogna gi prendere parte a unattivit di deliberazione comune. Si verifica con ci che il comune che primo e non il bene comune.5/ Cos come non un oggetto, il comune non nemmeno una cosa (res), ma non neppure una propriet o una caratteristica di una cosa che ne costituirebbe lessenza. Non si confonder di conseguenza il comune con ci che comune infatti in ragione di una tale o tal altra propriet inerente alla sua natura: per esempio, la luce o laria sono innegabilmente comuni senza per questo avere attinenza al comune. Non lo si confonder nemmeno con ci che comune nel diritto e che pu essere anche una cosa materiale (il mare aperto, le acque correnti non demaniali, gli spazi ritenuti patrimonio comune dellumanit, ecc.) o una cosa immateriale (le idee, le informazioni relative al mondo reale, le scoperte scientifiche, le opere dello spirito facenti parte dellambito comune). La categoria giuridica di cosa comune (res communis) separa le cose dallattivit mentre solo tramite lattivit che le cose possono veramente essere rese comuni. Essa deve pertanto venire abbandonata.6/ Al contrario, ci si autorizzer a parlare dei comuni per designare non ci che comune, ma ci che preso in carica da unattivit di messa in comune, ossia ci che reso comune tramite essa. Nessuna cosa in s o per natura comune, solo le pratiche collettive decidono in ultima istanza del carattere comune di una cosa o di un insieme di cose. Ci sono dunque dei comuni di specie molto diverse in funzione del tipo di attivit degli attori che le istituiscono e si adoperano per mantenerle e farle vivere (comuni fluviali, comuni forestieri, comuni di produzione, comuni di semenze, comuni di conoscenza, etc.). La natura e le propriet della cosa presa in carica non sono ovviamente indifferenti al tipo di attivit, ma ogni volta lattivit che comunizza [communise] la cosa iscrivendola in uno spazio istituzionale attraverso la produzione di regole specifiche relative alla sua presa in carica.7/ Il comune innanzitutto una questione distituzione e di governo. Parlando finora dellistituzione del comune, abbiamo inteso il comune in generale come oggetto dellatto distituire, e non il comune come principio: siccome se il comune come principio non ha da essere istituito, ma solamente da essere riconosciuto intellettualmente e praticamente, tutti i comuni sono invece da istituire. Ogni comune deve essere istituito da una pratica che apre un certo spazio definendo le regole del suo funzionamento. Questa istituzione deve essere continua aldil dellatto attraverso il quale un comune creato. Deve essere sostenuta nella tempo da una pratica che deve autorizzarsi a modificare le regole che essa stessa ha stabilito. Una tale pratica ci che chiamiamo la prassi istituente. La prassi istituente non pertiene affatto alla gestione, nel senso di unamministrazione priva di ogni potere di decisione. Lillusione gestionale in realt affine a una concezione naturalista del comune: essendo il comune iscritto nella natura e nelle propriet delle cose, il suo riconoscimento potrebbe essere oggetto di un consenso travalicante il conflitto degli interessi sociali. A differenza della gestione, il governo prende in carica i conflitti e cerca di superarli tramite una decisione concernente le regole. La prassi istituente dunque una pratica di governo dei comuni da parte dei collettivi che li animano.8/ Come principio politico, il comune ha vocazione a prevalere sia nella sfera sociale che nella sfera politica pubblica. Non si tratta dunque di limitare apriori il suo primato a questultima sfera abbandonando interamente la sfera della produzione e degli scambi alla guerra degli interessi privati o al monopolio di Stato. Ma, in ragione del suo carattere di principio pubblico, il comune non costituisce nemmeno un nuovo modo di produzione o ancora un terzo che si interpone tra il mercato e lo Stato per formare un terzo settore delleconomia a fianco del privato e del pubblico. Il primato del comune non implica dunque la soppressione della propriet privata, apriori non impone nemmeno la soppressione del mercato. Impone al contrario la loro subordinazione ai comuni e, in questo senso, la limitazione del diritto di propriet e del mercato, non semplicemente sottraendo certe cose allo scambio commerciale per riservarle alluso comune, ma sopprimendo il diritto di abusare (jus abutendi) con il quale una cosa interamente consegnata al buon volere egoista del suo proprietario.9/ Se il comune un principio politico trasversale alle due sfere e se i comuni sono gli spazi istituzionali aperti da un certo tipo di attivit relativo a certe cose, quale che ne sia il genere, significa che ci sono dei comuni politici cos come dei comuni sociali. I comuni politici prendono in carica la cosa pubblica ai differenti livelli, dal locale al mondiale passando per il nazionale. La sfera social-economica organizzata a partire dal solo criterio dellestensione dellattivit sociale secondo una logica federativa. La sfera politica pubblica organizzata su una base strettamente territoriale attraverso una gradazione di gradini secondo una logica ugualmente federativa. La comune costituisce la forma elementare dellautogoverno nella sfera propriamente politica, ed in questo senso il comune politico di base. dunque esclusa la perpetuazione del modello dello Stato-nazione unitario e centralizzato, ordinato secondo il principio di sovranit. Il principio politico del comune disegna cos i contorni di una doppia federazione: federazione dei comuni socio-economici costituiti su una base socio-professionale e federazione dei comuni politici costituiti su una base territoriale. Si costituisce cos una democrazia dei comuni.10/ Come principio, il comune definisce una norma di inappropriabilit. Impone in effetti di rifondare tutte le relazioni sociali a partire da questa norma: linappropriabile non ci che non si pu appropriare, ossia ci di cui di fatto impossibile lappropriazione, ma ci di cui non ci si deve appropriare, ossia ci che non permesso appropriarsi perch deve essere riservato alluso comune. Spetta dunque alla prassi istituente determinare ci che inappropriabile. Si obietter che ci che inappropriabile non pu essere oggetto di unistituzione e che deve solamente essere riconosciuto come linappropriabile che : volerlo istituire sarebbe farlo dipendere dallatto di uno o pi soggetti e, di conseguenza, appropriarselo. Ma sarebbe dimenticarsi troppo facilmente che vi una differenza essenziale tra due tipi di appropriazione: lappropriazione-appartenenza, con la quale qualcosa diventa oggetto di propriet, e lappropriazione-destinazione, con la quale qualcosa resa appropriata a un certo fine la soddisfazione di bisogni sociali. Istituire linappropriabile significa sottrare qualcosa allappropriazione-appartenenza per meglio realizzare lappropriazione-destinazione, insomma impedirsi di appropriarselo per meglio appropriarlo alla sua destinazione sociale per esempio, la terra ai bisogni alimentari. Significa regolarne luso senza farsene il proprietario, ossia senza attribuirsi il potere di disporne come padrone. Ecco perch, bench sia comprensibile che si possa continuare a parlare di beni comuni come di una parola di allineamento nelle lotte, preferibile astenersi dal parlare di beni: non ci sono beni comuni, ma solo comuni da istituire.

[1] A pagina 87 il principio del comune definito come il principio in base al quale solo la compartecipazione alla decisione produce una coobbligazione nellesecuzione della decisione.[2] Il primo capitolo si presenta come una lunga ricognizione storico-teorica della tematica del comune attraverso il pensiero occidentale dalla filosofia politica greca fino al XIX secolo, passando per lepoca romana, la teologia cristiana e la modernit.[3] Il secondo capitolo ripercorre la storia dei comunismi del XX secolo, mostrando la maniera in cui la sclerotizzazione delle lite partitiche e burocratiche abbia tradito le istanze del comune presenti alla base di tali insorgenze.[4] Insieme ai capitoli 3, 4 e 5, i capitoli 9 e 10 risultano i pi interessanti del libro. Nel nono vengono ripercorse le proposte politiche democratiche e le concrete iniziative altereconomiche avanzate dal socialismo (francese!) nel corso del XIX secolo (da Proudhon a Mauss); nel decimo, invece, viene analizzata teoricamente lemersione di un potenziale diritto del comune: proprio come il capitale opera (secondo gli insegnamenti della logica dialettica di Hegel cui gli autori hanno dedicato oltre 200 pagine del libro precedente, Marx, prnom : Karl, Gallimard, Paris, 2012) creando i presupposti del proprio (ri)posizionamento ulteriore, cos il diritto del comune deve essere istituito in maniera tale da poter permettere il proprio sviluppo continuo. Si tratta di una maniera originale di affrontare lannoso dibattito vertente sullirrigidimento dei movimenti e delle rivoluzioni nelle burocrazie statali e partitiche (Sartre, Castoriadis, etc.).[5] Qui di seguito le ultime pagine del post-scriptum, in cui gli autori cristallizzano in maniera limpida la posta in palio teorica e politica ruotante attorno al concetto e al principio del comune inteso come attivit dellistituzionalizzazione democratica.