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Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura Tesi di Laurea 2006/2009 Università degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Architettura a cura di Antonio Lavaggi, Alfonso Morone, Sergio Stenti

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Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’ArchitetturaTesi di Laurea 2006/2009

Università degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Architettura

a cura di Antonio Lavaggi, Alfonso Morone, Sergio Stenti

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Con il contributo del Centro Studi P.L.I.N.I.U.S. Napoli

Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzioneISBN 978-88-7431-477-5

Stampato in Italia copyright 2010 Giannini EditoreVia Cisterna dell’Olio 6/b 80134 Napoliwww.gianninispa.it

Il comitato promotore della Mostra è stato coordinato dal prof. Antonio Lavaggi, presidente del Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura, e dal prof. Sergio Stenti ed ha visto la partecipazione dei seguenti docenti in rappresentanza dei settori scientifico disciplinari coinvolti:

Composizione architettonica ed urbana Sergio Stenti

Tecnologia dell’architetturaClaudio Grimellini

Disegno industrialeErmanno Guida

DisegnoMassimilano Campi - Antonella Di Luggo

Architettura del paesaggioVanna Fraticelli

Storia dell’architetturaAlessandro Castagnaro - Ilia Delizia

RestauroAldo Aveta

InformaticaSalvatore Sessa

Università degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Architettura

Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’ArchitetturaTesi di Laurea 2006/2009

Questo volume rappresenta il catalogo della Mostra delle Tesi di Laurea del Corso Triennale in Scienze dell’Architettura dell’Università di Napoli “Federico II” discusse dal 2006 al 2009. La Mostra si è tenuta presso l’aulario di Via Forno Vecchio della Facoltà di Architettura in Napoli nel maggio 2010.

A cura diAntonio LavaggiAlfonso MoroneSergio Stenti

Progetto grafico e impaginazioneValter Luca De BartolomeisPaola Viscito

Foto di Copertina Enzo Papa

Il corredo fotografico mostra alcune opere di architetti che sono stati docenti della Facoltà di Architettura di Napoli

RINGRAZIAMENTISi ringrazia il prof. Arcangelo Cesarano, già preside della nostra Facoltà, senza il cui impegno in Ateneo e in Facoltà non esisterebbe il corso di laurea in Scien-ze dell’Architettura; i docenti presenti nella pubblicazione che con il loro con-tributo didattico, scientifico ed econo-mico hanno consentito la realizzazione dell’iniziativa; i laureati presenti nella pubblicazione che hanno realizzato le tavole per la mostra e le schede per il libro; il Centro Studi “P.L.I.N.I.V.S.” nella persona del direttore prof. Giulio Zuc-caro per il contributo economico for-nito; i docenti, strutturati e non, che al di là degli obblighi istituzionali e con-trattuali hanno fattivamente contribu-ito alla soluzione dei problemi didattici e gestionali del corso; l’arch. Aniello Barbarulo che con il suo contributo didattico, scientifico e organizzativo è stato determinante nella faticosa fase di avvio del corso di laurea; la signora Maria Grazia Siviglia che fin dall’inizio cura con efficacia e competenza la se-greteria del corso di laurea

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Composizione architettonica e urbana Sandro Raffone

Tecnologia dell’architettura Claudio Grimellini

Disegno Massimilano CampiAntonella Di Luggo

Architettura del paesaggio Vanna Fraticelli

Disegno industriale Ermanno Guida

Storia dell’architettura Ilia Delizia

Restauro Aldo Aveta

Informatica Salvatore Sessa

Tesi di laurea

Composizione architettonica e urbanaAntonino Della GattaFelice D’OnofrioPaola Esposito

Antonio LavaggiMaria Borrelli - Melania PujiaAntonella PasqualicchioAlessandro PiccirilloSimona Volo

Antonio MarinielloPasquale D’Apice

Mariella Dell’AquilaCaterina Mingione Rosaria Monteforte

Antonella Di LuggoMichele Salvia Chiara Tirro

Architettura del paesaggioVanna FraticelliFabiana Buccino

Vito CappielloAdriana MarraDomenico Pergola

Luigi PiconeLaura Chianese

Storia dell’architetturaGaetana CantoneSalvatore CastaldiDaniela Maione

Alessandro CastagnaroEnrica Globo

RestauroAldo AvetaAntonio Saviano

InformaticaSalvatore SessaRenato Pastore

Appendice

Contributi disciplinari

PresentazioneAntonio Lavaggi

Introduzione Sergio Stenti

Indice

pag 07

pag 11

pag 13

pag 25 pag 71

Massimo Pica CiamarraAntonio Castiello Adalberto Di NardiGiovanni Iasevoli

Anna Maria PuleoAugusto De Cesare - Alberto Grasso

Sandro RaffoneRossella FiorilloMichele Di FalcoFlorian CastiglioneAlice Palmieri

Gabriele Szaniszlo’Diego D’ArioFrancesco Del Vecchio

Tecnologia dell’architetturaPaola AscioneChiara Barbieri

Aldo CapassoEttore Manuele IoriLinda Simioli

Dora FranceseLudovica Reed

Virginia GangemiAntonia GravagnuoloCaterina Tedesco

Claudio GrimelliniRaffaele Sisto

Disegno industrialeErmanno GuidaRosaria AngellottiEda BorrielloFrancesca Flavia D’AgostinoMatteo De GiuseppeAntonio Scognamiglio

Alfonso MoroneRoberta ManzoGiuseppe Ottello

Disegno Massimilano CampiRossella Imbò

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La mostra delle tesi di laurea e questo libro che ne riprende i contenuti rappresentano un’occasione per proporre una breve cronistoria del corso di laurea in Scienze dell’Architettura: a distanza di sette anni dall’attivazione si può infatti provare a fare un bilancio, sia pure in itinere, del nuovo corso che la facoltà di architettura di Napoli ha accolto a suo tempo con molte perplessità. Perplessità che permangono in numerosi colleghi, alcuni dei quali ancora oggi poco o nulla sanno degli esiti del percorso triennale e per questo sono in qualche modo i destinatari privilegiati della mostra e di questo libro: dunque non solo e non tanto una testimonianza dovuta, ma l’opportunità di rendere conto del lavoro svolto in questi anni nel tentativo di proporre un bilancio, sia pure parziale. Se infatti erano legittime le perplessità iniziali credo che oggi prima di proporre il ritorno all’”antico” (qualcuno pensa alla conservazione del solo corso a ciclo unico) ci si dovrebbe quanto meno informare sugli esiti del “nuovo”.Ricordo che io stesso all’inizio nutrivo qualche dubbio; tra l’altro in precedenza avevo iniziato a collaborare al progetto del nuovo corso di laurea a ciclo unico e mi sono poi “ritrovato” a presiedere il corso triennale soprattutto perché sollecitato dall’allora preside Arcangelo Cesarano. Si trattava di non perdere un’opportunità (verificare le potenzialità del nuovo percorso) malgrado la maggior parte dei colleghi avesse preferito confermare il percorso quinquennale adducendo ragioni diverse: il vero architetto non può che provenire da un corso quinquennale, l’architetto triennale è un nonsense, chi lascia la via vecchia per la nuova…, l’architetto triennale quasi un supergeometra,

….. e, soprattutto, come dimenticare che tutti noi che siamo così bravi ci siamo formati a un corso di laurea quinquennale, dunque … Insomma un atteggiamento conservatore che si materializza di frequente in occasione di innovazioni: la resistenza al “nuovo”, parzialmente giustificata in questo caso dalla mancanza di una sperimentazione che rendesse ragione della nuova struttura. Va detto che qualche perplessità era dovuta agli sviluppi futuri, stante l’impossibilità di attivare contemporaneamente il corso biennale, il “+2”, la cosiddetta laurea specialistica, divenuta successivamente “magistrale”. Era tra l’altro fallita l’ipotesi che nella nostra facoltà i due corsi di laurea fossero in qualche modo gestiti dai due principali dipartimenti: un primo accordo in tal senso (il quinquennale gestito dal dipartimento di Progettazione Urbana e il triennale da quello di Progettazione architettonica e ambientale) era stato messo in crisi anche dall’improvvida battuta di un autorevole collega che aveva definito il corso triennale come un corso per “supergeometri”, e si sa, quando gli architetti sentono parlare di geometri …. Luogo comune che possono agevolmente contraddire gli architetti che hanno avuto la fortuna di collaborare con i geometri veri, quelli che soprattutto in cantiere, e non solo, rappresentano una risorsa insostituibile; naturalmente purché il geometra di turno limiti il suo impegno alle proprie competenze; dio ci salvi dal geometra cha fa l’architetto e… viceversa. Ma nel nostro caso si trattava d’altro. Sembrava irragionevole che Napoli rinunciasse a priori a un’opportunità tutta da verificare; altrove (tra le altre facoltà: Roma Tre, Venezia, Milano, …) il “nuovo”

era stato accolto con gran fiducia rinunciando alla conservazione del corso quinquennale e puntando con decisione al percorso 3+2. Del resto le qualità del nuovo percorso triennale, all’inizio soltanto intuite, sono state confermate dall’esperienza successiva. Vale la pena di ricordare che lo studente nei tre anni comprende quanto meno “di che si tratta” e una volta laureato può fare ulteriori scelte a valle dell’esperienza maturata; di rado un diciottenne ha le idee chiare sulle competenze dell’architetto e capita di frequente che si iscriva perseguendo il miraggio di un lavoro da artista o quanto meno di un’attività improntata all’estro e alla genialità. In questo senso è significativo il gran successo, quanto a numero di iscrizioni, dei corsi triennali in arredamento. Come se l’architettura degli interni non fosse che un limitato settore di chi pratica questo mestiere.Ancora: il conseguimento del titolo triennale consente comunque di esercitare un’attività professionale a quanti scoprono di non essere “attrezzati” per la laurea magistrale. E magari consente ai più motivati di frequentare master di primo livello. E questo riduce gli abbandoni, da sempre una delle piaghe del percorso quinquennale: quanti studenti per il passato, spesso in debito dei soli esami “scientifici”, hanno “lasciato” dopo aver sostenuto 25-28 esami!E poi il laureato triennale che intenda continuare gli studi può, sulla base dell’esperienza maturata, scegliere tra corsi magistrali in diverse classi assecondando le proprie disposizioni con la possibilità di frequentare il corso biennale in altre facoltà, nella logica di una mobilità che arricchisce e sprovincializza.

PresentazioneAntonio Lavaggi *

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In definitiva si può tranquillamente affermare che il “3+2”, come struttura, si è rivelato nel tempo ricco di opportunità negate al percorso quinquennale.Ma veniamo al nostro corso di laurea in Scienze dell’architettura e al citato progetto didattico. All’inizio ci furono giustificate perplessità anche sulla titolazione: in verità il termine “scienza” nell’accezione di “conoscenza certa e consolidata” ha poco a che fare con l’architettura. Ma ritenemmo utile (a maggioranza …) adottare il titolo proposto dalla classe di laurea; ci sembrò una scelta di buon senso che, quanto ai contenuti, non sposava necessariamente la titolazione. Il lavoro di fondazione del nuovo corso di laurea, al di là della inevitabile corsa ai crediti da parte dei diversi settori disciplinari, si mosse da subito nella logica di elaborare un percorso che avesse nel progetto di architettura e dunque nel settore della composizione architettonica e urbana l’asse portante, il riferimento costante. Questo in facoltà, in tutte le facoltà d’architettura immagino, lo si era sempre detto: il progetto come baricentro … dell’universo. Un’affermazione spesso contraddetta dai fatti, vuoi per l’invadenza di altri settori, vuoi per la frequente anarchia dell’ICAR14. Tra l’altro a Napoli sono altre le discipline che hanno da sempre condizionato i tempi necessari al conseguimento della laurea: alla fine degli anni 90 il tempo necessario per laurearsi era mediamente di 8-9 anni e i dati statistici testimoniano di come i ritardi fossero imputabili a settori disciplinari altri dalla progettazione. Va anche detto che la carriera dello studente era sempre stata affidata alla capacità/fortuna di intercettare i docenti

“giusti”; quindi, al di là dei tempi, la qualità del percorso formativo era una variabile in nessun modo garantita da un progetto didattico complessivo. Il percorso degli studi era di fatto la sommatoria di corsi di insegnamento non necessariamente coordinati. Ciascun docente proponeva i programmi che riteneva (e mi riferisco in particolare ai corsi di progettazione) e questo nella logica della “libertà di insegnamento” sempre rivendicata e spesso interpretata nell’accezione che ogni docente può insegnare quel che ritiene, quando e come vuole e talora, ahimè, “se” vuole. Ben ricordava Carlo Olmo (nella sua relazione in occasione delle celebrazioni per gli 80 anni della facoltà di architettura di Napoli) come alle facoltà di architettura fosse sempre mancato un vero progetto didattico, un percorso formativo che garantisse lo studente anche dagli incontri meno “fortunati”; il che riporta le disavventure napoletane a un quadro più generale, anche se nell’occasione il “mal comune” è tutt’altro che un mezzo gaudio. Si trattava in sostanza della mancata osservanza dei famigerati “contenuti minimi” sempre ribaditi e raramente rispettati. Poteva capitare ad esempio che il malcapitato studente nei lunghi anni di permanenza in facoltà affrontasse più volte lo stesso tema progettuale (che so, l’assetto di intere parti di città) senza mai affrontarne altri (magari il progetto di un edificio residenziale o di un’architettura di interni). Dunque fin dall’inizio l’idea di un progetto didattico che prevedesse, nei tre anni, un’articolazione predeterminata e proponesse allo studente un percorso formativo tenuto insieme da pochi principi, ratificati appunto nei contenuti minimi.

Fin dall’inizio si sono rivelate numerose le difficoltà nell’intervenire per modificare consuetudini antiche: già riuscire a far sì che i laboratori di progettazione dello stesso anno affrontassero lo stesso tema progettuale si è rivelata un’impresa ardua. Dunque un coordinamento orizzontale sollecitato a tutti i Settori Disciplinari e, in particolare, a quello della progettazione. E devo dire che i colleghi ICAR14 dopo un’iniziale resistenza hanno condiviso e sostenuto l’iniziativa. Le riunioni tenute nell’occasione rappresentano a mia memoria la prima occasione di confronto, sul tema del progetto del corso di laurea, tenutasi nella facoltà tra docenti di progettazione. Naturalmente ancora oggi riscontriamo qualche inadempienza, soprattutto in altri settori, ma nel complesso i risultati pagano, soprattutto sul piano della completezza e della qualità della formazione. In questa logica risulta centrale il ruolo dei laboratori intesi come luoghi di apprendimento e di sperimentazione progettuale.Il settore della progettazione, in particolare, ha strutturato i tre laboratori nella logica della gradualità (dal più semplice al più complesso) proponendo, nei primi due anni, il tema della residenza sviluppato alla piccola dimensione. La piccola dimensione, in sintonia con quanto è abilitato a progettare l’architetto junior, è uno dei temi ricorrenti dei nostri laboratori di progettazione. Del resto come ben ricorda Alessandra de Martini (“L’architettura piccola. Per una definizione dell’ambiente italiano” Franco Angeli, 2004) “nella cultura italiana esiste un parametro dimensionale ridotto, una unità di misura piccola e fortemente consolidata. Infatti, ripensando

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al nostro passato rari sono stati gli strappi dimensionali e i salti di scala: l’architettura italiana è stata sempre conformata unitamente al suo ambiente e le svolte decisive nella sua evoluzione non sono mai state incarnate da fabbriche colossali, ma da opere in cui prevale una razionale “modestia” di misura”. In questa logica il tema del primo anno è la casa a schiera, il tema dell’alloggio unifamiliare che propone comunque il problema dell’aggregazione e dunque la logica di un insieme “composito” determinato dalla possibile ripetizione della singola unità. Un progetto che può essere anche “atopico” ma che comporta la dovuta attenzione ai vituperati “caratteri tipologici e morfologici” (uno due moduli integrativi presenti nel laboratorio); l’altro è quello di “tipologia strutturale”. Detto del primo il secondo modulo costituisce una recente innovazione e intende porre da subito la dovuta attenzione agli aspetti strutturali del progetto, proponendone un approccio di “conoscenza intuitiva” in qualche modo introduttivo del corso di teoria delle strutture del secondo anno. Il laboratorio di progettazione del secondo anno propone anch’esso il tema della residenza ma questa volta quella collettiva e, soprattutto, affrontando esplicitamente le questioni connesse al contesto: di regola un intervento nella città consolidata. E in questa logica il modulo integrativo di “storia della città e del territorio” contribuisce alla comprensione e alla interpretazione dei connotati del “luogo”. Nel laboratorio del terzo anno è consentito qualche margine di libertà quanto alla destinazione funzionale purché il tema proposto si misuri, sempre nella contenutezza

delle dimensioni, con il progetto urbano. In questo caso i moduli integrativi affrontano il problema dei costi (estimo) e degli impianti (fisica tecnica ambientale) nella logica di affrontare due aspetti che insieme a quello delle strutture sempre connotano il progetto di architettura. Il dettagliato riferimento al settore della “Composizione architettonica e urbana” e ai suoi laboratori è dovuto alla logica secondo la quale i 3 laboratori più quello di costruzioni e quello di sintesi finale dovrebbero costituire la spina dorsale dell’intero corso di laurea: il progetto di architettura baricentro… dell’universo, appunto! Con l’occasione della tesi di laurea le esperienze di progetto possono diventare ben cinque nei tre anni; e le tesi documentate di seguito testimoniano di risultati spesso di buona qualità, soprattutto se rapportati alla brevità del percorso didattico. E va detto che proprio le tesi di laurea rappresentano per gli studenti una importante occasione: un altro progetto da farsi (e si sa, “a progettare si impara progettando”) e una significativa, ulteriore occasione di crescita; altro che il “problema in più” (rispetto al percorso quinquennale) paventato da quanti prima della laurea triennale preferiscono trasferirsi nel percorso a ciclo unico.Va ricordato che il citato laboratorio di costruzioni del secondo anno realizza invece un coordinamento verticale proponendo lo sviluppo del progetto elaborato nel laboratorio di progettazione del 1° anno: lo studente definisce ulteriormente la sua casa a schiera con gli approfondimenti e le competenze del settore tecnologico. Un’esperienza utile sul piano didattico e per le interessanti ricadute relative al confronto fra

docenti di diversi settori disciplinari.Il laboratorio di sintesi finale è scelto dallo studente tra diverse opzioni (progettazione, tecnologia, restauro, paesaggio, disegno industriale, rappresentazione, …) a partire dalle proprie “preferenze” e anticipando, in qualche modo, le eventuali scelte successive (tra le altre quella della tesi). In particolare il laboratorio di sintesi finale in progettazione prevede i moduli integrativi di Impianti e di Tecnica delle costruzioni nella logica di accomunare le citate competenze sempre coinvolte nelle occasioni professionali.E a proposito degli aspetti “professionalizzanti” richiamati dalla “509” va chiarito che certamente non possono trovare una risposta adeguata all’interno del percorso triennale (risposta peraltro mai data nemmeno in quello quinquennale); per questo abbiamo inteso di aprire una finestra sul mondo della professione attraverso le cosiddette “attività a scelta dello studente” proponendo una serie di iniziative riportate in appendice (corsi monodisciplinari, seminari di progettazione, incontri con il mondo della professione, tirocini...) coordinate dal corso di laurea e gestite prevalentemente da soggetti esterni al mondo universitario.In questa logica particolare successo tra gli studenti ha riscosso “Piccolo e bello”, un ciclo di incontri/conferenze sul tema della piccola dimensione: giovani professionisti autori di realizzazioni di un qualche interesse (progetti premiati o pubblicati) si raccontano agli studenti e ne subiscono il fuoco di fila delle domande. Il tutto in una giornata di lavoro della quale il singolo studente è tenuto a riportare gli esiti in una breve relazione. E’ come aprire una finestra sul mondo del dopo-laurea,

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per verificare come sia possibile e attraverso quali “vicende” fare buona architettura sul tema della piccola dimensione. Altra iniziativa è quella di organizzare una serie di incontri con rappresentanti di strutture esterne (Associazione costruttori, Soprintendenza, Vigili del Fuoco, Catasto, Ordine degli Architetti, Assessorato all’urbanistica, …) che illustrano agli studenti le competenze dei settori di appartenenza e ne documentano le eventuali occasioni di lavoro per l’architetto junior.Ci conforta che negli anni il nostro corso di laurea abbia “sconfitto” le iniziali diffidenze: sono espliciti, in questo senso, i dati che testimoniano dell’incremento del numero delle immatricolazioni dall’inizio ad oggi. Il dato più recente (anno accademico 2009-10) dice di 370 studenti partecipanti alla selezione iniziale, a fronte dei 150 posti a disposizione.Concludo con due considerazioni frutto dell’esperienza di questi primi anni: la prima ha a che fare con i tempi del corso di laurea, i tre anni, appunto. La nuova dimensione temporale determina nello studente un sano atteggiamento volto a “non rimandare”; e questo a differenza di quanto accadeva nel corso quinquennale, quando si pensava che ci fosse sempre il tempo per “recuperare”. Ne discende, da parte dello studente, un atteggiamento che definirei più “grintoso” e che contribuisce quanto meno a ridurre i ritardi di carriera.La seconda considerazione ha a che fare con il rapporto tra il 3 e il 2: è auspicabile che il laureato triennale che intende proseguire gli studi si conceda una pausa tra il triennale e la specialistica; un’occasione per saggiare il mondo del lavoro e partecipare ad attività formative

esterne alla scuola (master di 1° livello, viaggi di studio, competenze specialistiche, … ) per poi riprendere gli studi avendo acquisito maggiore consapevolezza su quanto aspettarsi dagli ulteriori due anni di corso.Naturalmente si tratta di un cantiere in attività e restano ancora alcuni miglioramenti da apportare insieme alla preoccupazione che quando saremo riusciti ad ottimizzare la struttura del nostro percorso triennale interverrà il ministro di turno con una ulteriore riforma. Ci “tranquillizza” l’eventualità che nel frattempo il combinato tra la costante riduzione dei fondi per la didattica e il mancato turn over del corpo docente possa azzerare quest’ultimo con la conseguente, inevitabile, chiusura dell’università pubblica.

* Presidente del corso di laurea in Scienze dell’architettura

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IntroduzioneSergio Stenti

Confesso che avrei qualche difficoltà a scegliere un corso di laurea ad architettura; sono cosi impervie le denominazioni “ scienze dell’architettura e “ laurea specialistica 5UE ” e i percorsi formativi proposti, che sarei imbarazzato a scegliere. Di primo acchitto le denominazioni sono fuorvianti: un percorso scientifico per un architetto mi sembra una stranezza (un’arte scientifica o una scienza artistica) e poi una formazione specialistica magari mi sembra utile, ma di quale specializzazione si tratta non mi è ben chiaro. Quel poco di mestiere che ho fatto mi sembra in verità assai poco scientifico e poco specialistico; tali denominazioni si addicono molto di più al mio lavoro di ricerca, che è la maggior parte del mio lavoro, ma non è questo che vorrei oggi dalla laurea anche perché la ricerca in architettura è veramente una cenerentola, esiste per lo più solo in ambito universitario.Se penso oggi al mestiere di architetto non ci vedo più quell’unitarietà dei saperi e quell’armonia umanistica che l’hanno caratterizzato per lungo tempo, ci vedo uno sbrindellamento in molteplici campi, professionalmente separati, che miracolosamente ridiventano unitari solo in grandi figure come Siza, Piano, Zumthor, Ando, Gehry, Rogers, che hanno la capacità di stare sempre dentro l’architettura anche quando disegnano una sedia. Per il resto assistiamo ad una ibridazione di figure in altre figure, di saperi in altri saperi, che vivificano il largo campo di chi si occupa di trasformare il mondo fisico nel quale viviamo: stilisti della moda che “griffano” arredi, architetti che “griffano” città, scultori che “progettano” architetture, designers che disegnano piazze, architetti che fanno gli artisti. Non è agevole ridefinire i compiti dell’architetto in tante sovrapposizioni e invasioni di campo e poi forse non ha più molta importanza; importante è invece per noi docenti occuparci di

cosa e di come insegnamo e se questo insegnare è concreto e aggiornato, e se serve a formare figure di laureati dotate dei migliori strumenti, critici e tecnici, per entrare nel mondo duro e competitivo del lavoro.Questa prima mostra delle tesi della laurea triennale mi pare un’ottima occasione per “vedere” ciò che gli studenti e i docenti producono; essa è solo un momento, uno step di un percorso, un’occasione di dibattito, ma credo esprima l’indirizzo che si è cercato di dare al corso di laurea e alla sua apertura e flessibilità, orientate verso differenti lauree magistrali (+2). Si è cercato di far convergere gli insegnamenti verso la progettazione architettonica quale aspetto caratterizzante del corso di laurea; una progettazione applicata a edilizia, tecnologia, disegno industriale, restauro e paesaggio. La mostra documenta l’ampiezza dei vari aspetti che compongono la triennale, un corso di base per eventuali successivi studi presenti a Napoli o in altri atenei. Insomma una triennale con indirizzo alla progettazione che rappresenta la vera specificità del nostro corso di laurea.Agli studenti può apparire del tutto naturale che ad architettura si progetti più che si studi ma non è cosi. Anzi non è ancora cosi. Molte integrazioni devono essere fatte e molte convergenze raggiunte ma a questo la mostra e il convegno previsto vogliono contribuire, stimolando dibattiti anche tra il corpo docente.La centralità dell’insegnamento della progettazione non è un fatto scontato nelle facoltà di Architettura da almeno vent’anni, da quando cioè essa è stata depotenziata e ridotta ad una tra le tante discipline insegnate; l’aver assunto invece una focalizzazione progettuale come obiettivo didattico rappresenta in fondo una “paradossale” novità. Non è, infatti, un ritorno indietro, alla centralità della composizione architettonica del tradizionale treppiedi accademico

(progettazione, storia, strutture) ma una nuova costruzione didattica dove la centralità è occupata dalle materie progettuali finalizzate alla costruzione di opere e manufatti interne al largo campo dell’architettura.E’ questa una semplice idea didattica anche per l’organizzazione della Facoltà. Un percorso unico di base e molte specializzazioni biennali, cosi come in fondo proponeva la riforma Berlinguer; ma ognuna delle “cento città” d’Italia, compresa Napoli, ha seguito percorsi diversi, più legati al proprio “particolare” che ad un percorso unitario degli studi nazionali.Credo che molti sottovalutino la portata della laurea triennale considerandola il prodotto maldestro di ragionamenti professionali e culturali che comunque non riguardano l’architettura “di eccellenza”, irriducibile a meno di cinque anni di formazione. Ma se la intendiamo come un diploma anziché laurea (ahimè tutti in Italia vogliono essere chiamati “dottori” ) forse i pregiudizi si riducono e se la vediamo come uno “stop and go” verso una specializzazione diversificata e scelta da studenti più consapevoli forse cadono del tutto. Sul piano professionale poi la laurea triennale (dopo esame di stato e iscrizione all’Ordine nella classe degli architetti, paesaggisti o conservatori iunior) consente un’ampia gamma d’interventi, dall’arredamento, alle ville, alle ristrutturazioni, fino a nuove costruzioni addirittura alte cinque piani (1), che è molto di più di quello che facevano i vecchi geometri. In un certo senso il laureato triennale stressa la formazione quinquennale, mettendone in crisi la figura unitaria ma aprendo anche nuovi orizzonti — insomma da una cattiva riforma possono nascere buoni risultati ! — Eppure la maggioranza dei laureati triennali sceglie di continuare gli studi e ciò è tanto più vero al Sud perché il mercato del lavoro offre una scarsa domanda rispetto a una grandissima

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offerta (siamo 135.000 architetti iscritti agli Ordini), ma se la situazione di recessione economica attuale cambierà, la triennale avrà molto più spazio professionale in situazioni locali. Se guardiamo ai dati occupazionali vediamo che la preferenza dei laureati in architettura si orienta per il settore “costruzioni, progettazione e edilizia” (45% del totale occupati, dati Alma Laurea 2008) confermando in tal modo l’importanza formativa delle materie progettuali; anzi a ben vedere, esse andrebbero migliorate su aspetti oggi deboli come impiantistica, costi e computi, gestione cantieri, normativa e legislazione; e poi disegno digitale ( 2D e 3D) e Photoshop, oggi indispensabili , a patto che non si abbandoni il disegno manuale, lo schizzo e la costruzione di modelli, che rimangono i migliori strumenti di sempre per rappresentare le proprie idee progettuali. Mi pare evidente che la concretezza dei mestieri di cui si dice richiede anche una nuova messa a punto del rapporto Università - professione e un aggiornamento del vecchio ritornello del rapporto ricerca- professione.E’ passato da molto tempo l’ideologismo sessantottino che vedeva nella professione, anzi nella riduzione professionalistica dell’insegnamento, come si diceva allora, un nemico da battere. Ancora nel 1990, nel boom dell’università di massa, (a Napoli 1600 iscritti al primo anno contro i 400 di oggi) tale nemico era molto sentito (si veda Domus n.714/1990) ma oggi il sapere universitario sconta un’arretratezza che non è stata più colmata, mentre all’esterno viene richiesta sempre più competenza e concretezza.La fuori uscita dall’università di molti eccellenti docenti-professionisti che ne hanno segnato la storia, ha privato l’insegnamento progettuale di quella presa sul reale necessaria a evitare le secche degli infiniti processi di analisi e di teorizzazioni che hanno surrogato

il progetto per troppi anni. Quasi scomparsi i docenti-professionisti, il rischio che si presenta è di avere una facoltà di docenti-ricercatori demotivati che, non avendo mai o pochissimo costruito, possono al più proporre una visione gnoseologica del fare architettura o al peggio inseguire fantasmatiche ambizioni.Non è questo ciò che sosteneva Vittorio Gregotti quando parlava di centralità del progetto critico rivendicando ad esso uno statuto intellettuale non meramente professionale. E ciò è tanto più vero oggi se solo si considera lo stato di sfascio e di cattiva modernizzazione che le nostre città hanno subito nel Novecento e contemporaneamente la richiesta di futile spettacolarizzazione che viene oggi avanzata agli architetti dai gruppi politico-economici dominanti. In sostanza si tratta di riscoprire il valore di una progettazione critica che s’interroga sul senso delle sue proposte, assume la concretezza del mestiere e tende al superamento dell’antinomia ricerca-professione. Un detto americano dice : “Who teaches doesn’t work , who works doesn’t teach”. Chi insegna non costruisce e chi costruisce non insegna: anche da noi i successi professionali non si scambiano con la carriera accademica e non provengono più da quella. Purtroppo non facciamo spazio nell’insegnamento a coloro che costruiscono, né chiediamo qualificazione progettuale ai docenti e nemmeno stanziamo congrui fondi per attrarre professionisti con contratti a tempo. Il taglio poi dei fondi finanziari per l’università crea una situazione di avvitamento su se stessa che non fa ben sperare per il futuro.Sempre meno soldi da spendere e sempre più richieste di migliori laureati e di ricerche, è il paradosso tutto italiano, come a dire: le nozze coi fichi secchi !Il dibattito su come e se è possibile un rilancio dell’università pubblica esula da queste note, ma lo stato di riforma continua che da molto tempo

destabilizza la struttura universitaria rende ogni cattivo pensiero possibile. Immersi in una struttura tradizionalmente autoreferenziale, poco aperta agli scambi esterni, troppo consociativa, con docenti selezionati con metodi cooptativi, poco meritocratica e spesso nepotistica, siamo spinti a inglobare ogni trasformazione senza migliorare nulla, neutralizzando ogni moderno progetto di riforma. Ma ciò non bloccherà il futuro dei giovani laureati la cui formazione, fortunatamente, dipende oggi sempre meno dall’università stessa (L. Berlinguer sostiene che al massimo vale per un 50%) e sempre più da altri percorsi come tirocini pratici, stage in aziende, enti o studi professionali, e master con solidi legami col mondo delle imprese.Ritornando alla domanda iniziale, se dovessi scegliere un corso di laurea userei la passione e non la statistica , sceglierei un corso fatto a maggioranza da docenti strutturati e dove insegnino validi professionisti, preferirei quello con meno materie e niente esami “spezzatino”, cercherei di non allungare la durata prevista degli studi (salvo che non voglia intraprendere, ahimè, la carriera accademica), e darei più spazio invece alle esperienze fuori l’università come tirocini e stage, e da ultimo, avendo tempo e denaro farei il biennio in un’altra città ( mettendo in conto che purtroppo molte facoltà ostacolano la mobilità degli studenti con richiesta di esami integrativi). Gino Valle, grande architetto del secondo dopoguerra, diceva cose semplici e sagge per migliorare l’università: meno materie e più progetti esecutivi. Sarebbe già un bell’avanzamento .

(1) la norma legislativa 382/01 a proposito delle competenze progettuali degli architetti iunior recita che essi possono progettare:” costruzioni semplici con metodologie standardizzate” che non appare certo una norma molto chiara per definire chi fa che cosa tra architetti e architetti iunior , ingegneri e docenti di composizione architettonica urbana iunior e geometri.

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Contributi disciplinari

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Ferdinando ChiaromontePalazzo d’Angolo, 1934

Composizione architettonica e urbanaSandro Raffone

Alcuni laureati della triennale, desiderosi di ampliare i loro saperi altrove, mi raccontano che conducono la ricerca per la scelta della sede in ragione dei crediti attribuiti alle discipline progettuali. La stessa motivazione, cioè la maggiore quantità di tempo riservata al progetto, m’indusse ad aderire al nuovo corso di laurea triennale quando molti, ed io fra questi, erano contrari a questa riforma. Sono ancora in molti a nutrire dei dubbi ma, già dal secondo anno della sua fondazione, ho cambiato opinione ed oggi possiamo sostenere che l’istituzione della laurea triennale fu una scelta giusta ed in linea con il mutare dei tempi. Fu l’accesso al mondo del lavoro ad imporre un impalcato didattico più snello di quello del corso quinquennale appesantito dall’esubero di nozioni dovuto alla sua progressiva espansione. Così, la “laurea breve” fu l’occasione soprattutto per un’efficace rifondazione dell’insegnamento della progettazione basato sulla revisione degli obiettivi e l’ottimizzazione dei tempi. Coordinati dal prof. Lavaggi, uno dei promotori del nuovo corso, concordammo la natura e la dimensione

dei temi dal primo al terzo anno. Fu un evento rivoluzionario perché, a mia memoria, era la prima volta che i docenti di progettazione si riunivano per discutere, individuare e condividere le finalità dei corsi. Si convenne che assegnando il cosa e il dove cioè il tema ed il sito, restava alla libertà dell’insegnante ed all’impegno degli studenti il come ed il perché del progetto. Individuando nel tema della casa, la cui conoscenza è alla portata di tutti, il denominatore comune per tutti i corsi e per tutti gli anni di corso, è stato possibile alleggerire il carico delle analisi - una specificità tipicamente italiana - a favore della sintesi. Per i temi del secondo e terzo anno, l’individuazione delle aree d’intervento insieme alle misure del sito e dei dati, hanno permesso agli studenti di focalizzare sul progetto i problemi di disposizione, struttura e spazio più convenienti al tema. Lo studente è stato cioè favorito nell’esercizio di ricercare risposte corrette a problemi ben posti. La progressione dei temi dal primo al terzo anno è caratterizzata, non tanto dall’ampliamento della scala, quanto dall’approfondimento tecnico e costruttivo. In particolare, il laboratorio di sintesi finale completa il progetto con le competenze costruttive ed impiantistiche

fornite dalle discipline integrate. Infine, i temi dell’esame di laurea del CLSA conservano quella centralità che è tradizionale della nostra facoltà. È un dato non scontato perché in alcune sedi la laurea triennale si conclude con un riepilogo dei progetti redatti nei corsi. Chi sceglie di laurearsi nella nostra disciplina, che di norma ha pure seguito la sintesi finale nella stessa area, si trova con un curriculum di ben cinque sintesi di progettazione architettonica. Ricalcando lo stesso principio di contenere le dimensioni dei temi adottato per i corsi, il collegio dei docenti ha convenuto di fissare per i progetti di laurea il numero e la dimensione delle tavole. Con questo accorgimento quantitativo, che ha limitato le analisi e gli abachi inutilmente ridondanti, si è riusciti ad elevare anche la qualità dei temi. I buoni risultati del CLSA sono stati espressi nella prima mostra dei progetti didattici, poi seguita dalla seconda ed ora da questa riservata alle tesi di laurea e della quale resterà traccia nel catalogo. Il massimo cui può ambire un corso universitario ben strutturato, è la costruzione nell’apprendista architetto di un nucleo, limitato ma solido, di competenze tecniche e giudizio critico. Poi, come sempre ed ovunque, molto

Marcello CaninoPalazzo Uffici, 1938

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dipende dal percorso formativo che ciascuno si può scegliere, dai suoi interessi dentro e fuori la scuola e dal grado di passione ed impegno personale. A sette anni dalla sua attivazione, il CLSA ha dato riscontri positivi sia all’interno, con i laureati nella specialistica, e sia con le ammissioni in altre università italiane e straniere. Alcuni sono stati ammessi a Berlino ed a Mendrisio dove recentemente si è laureato un nostro allievo che è stato chiamato a lavorare in Olanda. Ma la prerogativa del laureato iunior, la tangibile possibilità di frapporre al proseguimento degli studi un’esperienza lavorativa, è un dato che abbiamo potuto constatare in diversi casi: un nostro laureato triennale non sente il bisogno di continuare negli studi perché è conteso dai migliori studi londinesi, mentre frequenti sono le assunzioni di giovani che prima di iscriversi alla specialistica, sono stati assunti pro tempore in studi di progettazione a Napoli, in Italia e perfino a Parigi. È una scelta che in alcuni ordinamenti europei è obbligatoria ma, per noi che ci abbiamo creduto, è una soddisfazione constatare che anche in tre o quattro anni è possibile formare un progettista utilizzabile dal nostro asfittico quanto affollato mercato del lavoro.

Tecnologia dell’architetturaClaudio Grimellini

I contenuti peculiari del SSD ICAR12-Tecnologia dell’Architetturariguardano: le teorie, gli strumentied i metodi rivolti ad un’architetturache, sperimentale alle diverse scale,tiene conto dell’evoluzione non solodegli usi insediativi e della concezionecostruttiva ed ambientale, ma anchedelle tecniche di trasformazione e dimanutenzione dell’ambiente costruito.Essi quindi comprendono in particolarmodo anche la storia e la culturatecnologica della progettazione; laprogettazione ambientale con lo studiodei materiali naturali ed artificiali; laprogettazione esecutiva con il controllodegli elementi tecnici e dei sistemicostruttivi; l’innovazione di processoe l’organizzazione della produzioneedilizia; le dinamiche esigenziali, gliaspetti prestazionali e il controllo dellaqualità non solo durante la fase diprogettazione del manufatto edilizio,ma anche durante le fasi successiverelative alla realizzazione, alla gestione, alla manutenzione sino alla dismissionecon il conseguente riciclaggio deglielementi e dei materiali recuperati.Pertanto il contributo delle disciplinetecnologiche è finalizzato alla

formazione di competenze specificherelative al cantiere e alla produzioneche conferiscono al progettista tecnologo la capacità di controllo egestione del processo edilizio, nonchéd’individuazione della qualità delprogetto e della valutazione dellafattibilità tecnica in relazione allerisorse disponibili, alle tecniche diproduzione e gestione, ai rapporti tranorma e produzione edilizia, agli attoriche partecipano al processo stesso.Inoltre il contributo particolare dellaprogettazione ambientale consentel’approfondimento dei temi connessialla complessità del processo, attraversoil controllo degli impatti ambientalinel ciclo di vita del sistema edilizioe la garanzia di appropriatezza deisistemi costruttivi in relazione alleesigenze espresse dall’utenza. Pertantole esercitazioni progettuali espostenon solo si inquadrano al meglionei suddetti contenuti, ma pongonoanche particolare attenzione sia alprogetto esecutivo con il progettodel Centro Benessere in un’areadegradata come quella di Soccavo,della Touristic Hall nell’Alto Bradanocome luogo di accoglienza, dellostudio di un sistema costruttivo ”BreakBox” per unità temporanee destinatoallo svolgimento di manifestazioni

Antonio Scivittaro Sede Flotta Lauro, 1950

Edoardo VittoriaCentro Studi Olivetti, IVREA 1951-57

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a carattere ludico; sia alla questioneambientale, in rapporto alle risorse inloco e ai processi in atto, valorizzandoquelli che sono gli aspetti naturalisticie paesaggistici in funzione del contestofisico e culturale di riferimento,mediante: interventi ex novo, come nelcaso del Museo etnografico flegreo;riconversione e riqualificazione di areealtrimenti destinate all’abbandonoe al degrado, come per l’area che,resa libera dalla dismissione delvecchio gasometro nel cuore diVienna, è destinata alla realizzazionedi un Parco pubblico attrezzato eaccessibile per ogni categoria di utenti;valorizzazione paesaggistica di contestiparticolarmente significativi, come per illitorale di Baia; proposte metodologicheche fanno riferimento ad esperienzecondivise unanimemente a livello nazionale come, il “Contratto di Quartiere Foro Boario” a Torino ed il“Contratto di Quartiere Savonarola”. In tutte queste esperienze il manufattoarchitettonico è sempre compatibilecon il contesto di riferimento, intesosia come ambiente naturale cheantropizzato, in cui esso si inserisce,secondo i principi della sostenibilitàambientale e del risparmio energetico,con opportuni approfondimentirelativi ai principi e alle soluzioni della

bioclimatica e della bioarchitettura.L’obiettivo è quindi quello di fornirerisposte esaustive alle diversespecifiche problematiche in rapportoalle diverse fasi del ciclo di vita delmanufatto architettonico. Obiettivoquindi imprescindibile all’internodell’iter progettuale ordinario, nellediverse fasi e nelle diverse scale delprocesso edilizio, per potere instaurareun rapporto equilibrato tra ambientee costruito, soddisfacendo i bisognidelle attuali generazioni senzacompromettere , con il consumoindiscriminato delle risorse, quellidelle generazioni future. Pertantoè auspicabile un uso razionale ditali risorse, non solo di quelle nonrinnovabili, ma anche di quellerinnovabili, sia in termini di materia chedi energia, in modo che il loro tasso diriproduzione sia uguale o superiore aquello di utilizzo.

DisegnoMassimiliano Campi Antonella Di Luggo

Le discipline del Disegno, identificate nel settore scientifico disciplinare 17, hanno l’obiettivo di formare gli allievi architetti alle teorie e alle modalità operative delle tecniche proprie della geometria descrittiva, della rappresentazione e dell’infografia, necessarie per conoscere e comunicare qualunque progetto architettonico. L’insegnamento di tali materie, basato su fondamenti scientifici largamente riconosciuti e su criteri metodologici di comprovata efficacia, rientra tra le materie fondamentali per l’apprendimento delle tecniche progettuali proprie dell’attività professionale dell’architetto. Quanto tali materie siano strettamente correlate alla progettazione fino al punto di poterne condizionare l’esito formale finale, è comprovato dalla descrizione dei contenuti scientifici-disciplinari espressi nel Decreto Ministeriale del 4 ottobre 2000, che definisce le specificità dei singoli settori scientifici disciplinari. Per quanto riguarda la disciplina del Disegno viene descritto l’ambito scientifico che riguarda “la rappresentazione dell’architettura e dell’ambiente, nella sua ampia

Stefania Filo Speziale Rione Ina Agnano, 1954-57

Roberto MangoPoltroncina Sunflowers, 1952 produzione Alla Gloud Designs Inc.

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accezione di mezzo conoscitivo delle leggi che governano la struttura formale, di strumento per l’analisi dei valori esistenti, di atto espressivo e di comunicazione visiva dell’idea progettuale alle diverse dimensioni scalari”. Le materie ad esso connesse “comprendono i fondamenti geometrico descrittivi del disegno e della modellazione informatica, le loro teorie ed i loro metodi, anche nel loro sviluppo storico; il rilievo come strumento di conoscenza della realtà architettonica, ambientale e urbana, le sue metodologie dirette e strumentali, le sue procedure e tecniche, anche digitali, di restituzione metrica, morfologica, tematica; il disegno come linguaggio grafico, infografico e multimediale, applicato al processo progettuale dalla formazione dell’idea alla sua definizione esecutiva”.La rappresentazione dell’architettura, in tutte le sue discipline fondamentali – disegno, fondamenti e applicazioni di geometria descrittiva, rilievo – introduce la traduzione dal concreto all’astratto e viceversa che sostanzia il pensiero dell’architettura, la sua prefigurazione progettuale, la sua riduzione alle geometrie. Per il perseguimento di tali scopi, le materie del Disegno prospettano allo studente una serie di applicazioni pratiche e di possibili settori

professionali in cui le metodologie acquisite possono essere utilizzate, sia per rispondere ad una domanda di lavoro sia per sollecitarla attraverso forme di autocommitenza assai utili nell’attuale panorama di programmi e di incentivi alla trasformazione delle nostre città e dei nostri contesti ambientali e paesaggistici. Ciò anche considerato l’incentivo che oggi si vuol dare all’occupazione attraverso l’invenzione di nuovi settori di lavoro che interpretino ed esplicitino esigenze non abbastanza approfondite, eppur significative. Alla dinamica del mondo del lavoro deve corrispondere, infatti, la dinamica delle competenze che vanno orientate verso settori privilegiati, ma anche verso sempre nuovi settori prefigurabili.Il ruolo delle discipline della rappresentazione, sia rispetto alle altre discipline, sia rispetto al mondo del lavoro, diventa significativo e chiarificatore per valutare l’incidenza che esse devono assumere nei vari corsi di laurea in relazione all’impegno formativo previsto sia in termini generali che nei diversi ambiti di specializzazione.L’obiettivo formativo per la caratterizzazione dell’architetto iunior deve tener conto della trasformazione

del contesto ambientale, della città e della architettura, una trasformazione alla quale le Discipline dell’ ICAR 17 concorrono nel duplice obiettivo: a) di fornire i dati conoscitivi dei contesti esistenti, della città storica, della architettura nella sua connotazione monumentale e di edilizia di base; b) di fornire gli strumenti intellettuali ed operativi per rappresentare il progetto di trasformazione alle varie scale e nelle sue diverse connotazioni di manutenzione, di recupero, di restauro, di riorganizzazione territoriale, di specificazione tecnologica, di progetto del nuovo.La ridefinizione degli ordini professionali, messa in atto negli ultimi anni, ha affiancato alle figure tradizionali dell’architetto progettista, dell’urbanista, del restauratore e del designer nuove figure professionali a cui, dopo tre anni di studi, vengono affidati alcuni compiti prioritari: a) la collaborazione alla progettazione con specifiche competenze nella redazione di grafici, di computi metrici e nella direzione di cantiere; b) la redazione di alcune tipologie di progetti; c) il rilevo di edilizia antica e moderna.Questa norma dimostra come sia altamente professionalizzante e

Massimo Nunziata Villa a Trentaremi, 1954

Carlo Cocchia, Massimo Nunziata e altriTorre dei laboratori, Nuovo Policlinico, 1963-71

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estremamente importante per la formazione e l’attività di chi si avvia alla carriera di architetto, l’elaborazione di tesi di laurea - come quelle presentate in questo volume - che permettono di comprendere e imparare gli strumenti teorici e applicativi delle discipline del disegno e del rilievo e di come queste siano propedeutiche a qualsiasi attività, progettuale, analitica, estimativa, che rientra in tutte le mansioni che l’architetto compie nell’esercizio della propria funzione.

Architettura del paesaggioVanna Fraticelli

Le tesi di laurea progettuali, oltre a contribuire alla individuazione di un tema e a cimentarsi in via sperimentale con ipotesi circostanziate di soluzione, sono sempre rappresentative di un metodo d’insegnamento; appare quindi opportuno premettere in breve alcune considerazioni generali relative alle metodologie operative cui la formazione nel settore dell’Architettura del paesaggio è mirata, in rapporto ad alcune problematiche del settore, limitatamente al contesto italiano. E certamente occorre partire da

quella sorta di falsa contrapposizione che si è verificata negli anni recenti tra una nozione di architettura del paesaggio sostanzialmente identificata con metodologie intese a raggiungere obiettivi di ecosostenibilità, di salvaguardia , di “minimizzazione” di impatto delle trasformazioni territoriali, e una nozione di architettura del paesaggio che piuttosto è apparsa privilegiare obiettivi di qualità insediativa attraverso il progetto trasformativo, a diverse scale d’intervento, considerando il contenuto estetico del paesaggio come attributo fondamentale dei valori di una comunità insediata in un luogo. Se la finalità delle azioni sul paesaggio fosse indirizzata unicamente verso la definizione dei contenuti delle politiche di gestione della trasformazione del territorio alla “scala vasta”, è indubbio che l’approccio ecologico-ambientale che è contenuto nell’obiettivo di sostenibilità e in parte rappresentato dalla metodologia consolidata della definizione delle politiche in relazione alla valutazione del rapporto tra caratteri del paesaggio (definibili attraverso l’applicazione di “saperi” diversi, in “unità di paesaggio”) e fenomeni emergenti, potrebbe essere appropriato: se riuscisse a proporre

modalità di perseguimento degli obiettivi di qualità più specifici o meno generici di quanto non abbia dimostrato attraverso la sua applicazione nelle diverse Linee Guida per il paesaggio nella pianificazione territoriale . Ma se la finalità delle azioni è anche indirizzata verso la definizione concreta delle modalità di attuazione delle politiche trasformative, ecco che le problematiche che emergono su cui misurare la didattica al fine di trasmettere strumenti operativi specifici devono necessariamente specificarsi nella struttura del progetto alle varie scale. Individuare e costituire in un “sistema” una serie di luoghi che renda riconoscibile o che valorizzi un contesto nei suoi assetti specifici anche alla scala vasta; oppure riqualificare un ambito degradato della città attraverso interventi necessariamente puntuali; o ancora, inserire una grande infrastruttura come nuovo elemento di qualità del paesaggio, piuttosto che di rovina; sono tutte operazioni che comunque implicano l’uso di strumenti operativi che mettono in campo approcci culturali, tecnologie, uso di materiali… che appartengono alla tradizione disciplinare dell’architettura, che si specifica ulteriormente misurandosi

Francesco Della Sala Asilo infantile al Rione Traiano, 1960

Marcello Angrisani Case popolari al Rione Traiano, 1960-65 ca.

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anche con contenuti e tecniche proprie di altre discipline, tra cui sono rilevanti quelle del settore naturalistico e ambientale. E dunque, quella diversità apparentemente irriducibile tra un approccio “ecologico-ambientale” e un approccio “estetico-formale”, che sembra caratterizzare quasi due diverse scuole di architettura del paesaggio, va correttamente ricondotta piuttosto ad una complessa dialettica tra obiettivi, finalità, modalità del fare architettura del paesaggio; occasione per ridisegnare strumenti operativi disciplinari aperti alla sperimentazione, meno schematici, sottratti alle suggestioni della pubblicistica alla moda, concreti nel proporre soluzioni specifiche, piuttosto che pure petizioni ideologiche o di principio. Per queste ragioni, la didattica di Architettura del paesaggio nel Corso di laurea in Scienze dell’Architettura privilegia la sperimentazione progettuale inserita in un contesto geograficamente determinato come ambito fortemente antropizzato.Nella trasformazione della città contemporanea che investe non solo la metropoli, ma in parte anche le città di piccole e medie dimensioni, e con la contemporanea standardizzazione degli elementi costitutivi funzionali (gli edifici eccezionali sono delle rare singolarità

nel territorio), la riconoscibilità è affidata prevalentemente alla percezione della geografia dei luoghi. Il corso del sole, la trama idraulica del territorio, i sistemi collinari e montani... sono gli elementi del paesaggio ancora riconoscibili e peculiari rispetto alla trama insediativa. L’architettura del paesaggio nella didattica è dunque pensata come componente centrale di una strategia complessa di ricomposizione e riconfigurazione della città e del territorio a partire dagli spazi aperti, spazi interstiziali, risultato di dismissioni di diversa natura (dai luoghi industriali ormai a pieno titolo interni alla città ai più piccoli spazi residuali di terreni agricoli abbandonati o quant’altro sia scampato alla costruzione massiccia delle nostre città), messi in rapporto con il sistema geografico generale. Si interviene anche con piccoli dispositivi, con interventi “sensibili” e minuti che concatenati si configurano come progetto più complesso, rinunciando ad una logica di continuità a priori senza, però, sacrificare la costruzione di una forma percepibile malgrado la sua non unitarietà. Il presupposto, pressoché unanimemente condiviso, che il paesaggio sia un insieme di tracce/relazioni/segni umani nel territorio, stratificati nel tempo, si

traduce nell’attribuire all’architettura del paesaggio il compito di mettere in relazione questi elementi, di costruire spazi che siano composizione di parti materiali (edifici, muri, strade, piazze, facciate) e parti immateriali (viste-panorama, tracce di spazi nel tempo), connessione di frammenti diversi e disomogenei. Il progetto di paesaggio, in questo senso, si costruisce come disciplina che, per sua natura, privilegia la costruzione di relazioni tra gli spazi più che tra oggetti: la centralità attribuita al progetto, e in particolare allo sviluppo del progetto fino alla esecutività, è dettata anche da una scarsissima abitudine e dimestichezza degli studenti alla trasformazione dei luoghi mediante elementi concreti, nuovi e progettati (a fronte invece di una generale abilità alla conoscenza dei contesti, alla lettura delle mappe storiche, all’attenzione in generale al patrimonio storico-ambientale etc.). Per avvicinare gli studenti al progetto di paesaggio e costruire l’approccio progettuale, assume particolare rilievo la formazione teorica attraverso le lezioni, suddivise secondo tre ambiti problematici: - rappresentazione e progettazione del paesaggio attraverso le vicende della cultura paesaggistica letta anche

Steno PacielloParco Manzoni, 1964

Gaetano Borrelli, A. Beraglia, M. Bucchignani Ipogeo comunale, 1974-82

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attraverso il processo storico; - le politiche contemporanee di trasformazione paesaggistica delle città più significative, analizzate anche in rapporto ai loro caratteri specifici come risultato del processo storico;- le tendenze della progettazione paesaggistica contemporanea vista anche nel rapporto con le arti figurative. Il corso punta, dunque, su due livelli paralleli: - una formazione culturale complessa che tende a sollecitare approfondimenti personali su tematiche legate anche ad altri settori disciplinari, in modo da inserire l’esperienza del corso in modo appropriato nel sistema delle altre conoscenze acquisite nel corso di laurea; - lo siviluppo del progetto paesaggistico alla scala architettonica.

Disegno industrialeErmanno Guida

La comunità scientifica del design di recente si è divisa, sulla necessità di dover scegliere l’area disciplinare con la quale condividere la composizione delle commissioni concorsuali per valutare le competenze per l’ingresso dei giovani nell’università e per le progressioni di

carriera, tra quella tecnologica e quella della progettazione architettonica. Molte posizioni sono emerse, diverse e discordanti, condizionate da opportunismi strategici, ma anche da lucide ragioni di principio. Chi ha iniziato tempo addietro ricorderà come il design si sia affermato come una costola dell’architettura e, più precisamente, dell’architettura degli interni e dell’arredamento. Passo passo poi, ha guadagnato, all’interno delle Università, una crescente identità e autonomia assumendo differenti titolazioni: “Progettazione artistica per l’industria”, “Disegno industriale”, per approdare oggi a quella sintetica e maggiormente inclusiva di “Design”, abbandonando ogni interpretazione riduttiva di un’arte applicata all’industria per orientarsi verso una estensione di campo e di internazionalizzazione. Una conversione verso un approccio sistemico, scientifico, dove la nozione di prodotto e di produzione, di controllo dei materiali, delle tecniche e della obsolescenza ha segnato la naturale evoluzione sospinta dalla domanda di crescente complessità funzionale e strutturale del prodotto oltre che di responsabilità verso l’ambiente costruito segnando di fatto, non per caso, la naturale conversione entro l’alveo della

Tecnologia dell’Architettura. Noi, per credo, per ragioni anagrafiche e per storia vissuta entro e fuori la clausura universitaria, sentiamo ancora viva la centralità del sapere progettuale. L’ambito del design, nell’accezione moderna non è di certo quello infinitamente esteso indicato da Gropius, comprensivo dell’intera “orbita di ciò che ci circonda ed è dovuto alla mano dell’uomo, dalla semplice suppellettile quotidiana al complesso tracciato di una intera città”. È proprio quella mano che è stata espropriata dalle macchine, terribilmente complicate, intelligenti e complesse e non più governabili da saperi che non fossero politecnici e polidisciplinari. Architettura e Design, legate al comune destino, restano discipline autonome, parte di una più vasta cultura del progetto. Una cultura del progetto, unitaria e articolata, ricca di una varietà di punti di vista e di approcci ma, al tempo stesso, dotata di un forte tratto comune: la sua capacità di immaginare mondi diversi ma possibili. Sono i presupposti su cui si fonda il design moderno e con esso, l’attività di quei personaggi che sono vissuti in quella fase cruciale e che ne hanno fatto la storia: Franco Albini, Marco Zanuso, Mario Bellini, Achille e Piergiacomo

Alberto IzzoFacoltà teologica, 1968-76

Nicola PagliaraCentrale Aman, 1973-78

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Castiglioni, Gino Valle, Angelo Mangiarotti, Alberto Rosselli, capaci di passare da una scala all’altra con una coerenza e unicità di metodo, semmai conferendo all’impegno di architetti una maggiore tecnicità e valore comunicativo. Per questi e per molti ancora oggi, l’approccio al “piccolo”, dalla maniglia alla organizzazione interna di uno spazio pubblico o privato, nasce dalla volontà di coerenza totalizzante per conferire alla propria architettura (grande) unitarietà linguistica, uniformità di materiali e di tecnologie. Siamo al cospetto di una figura ibrida di creatore, a dirla con Fuksas, che attraversa le differenti scale, in un verso e nell’altro, anche se con un non trascurabile rischio di “semplificazione”. Le tesi che si riportano, non rappresentano appieno, per ragioni comprensibili di spazio, l’intero panorama del percorso didattico e di ricerca perseguito dal nostro gruppo di lavoro* in questi anni, prima e dopo la istituzione della laurea triennale. Non documentano la varietà delle tematiche comprese dalla progettazione di prodotti d’uso o di consumo, al recupero, riuso e allestimento temporaneo di spazi museali e, in generale, di luoghi a destinazione

pubblica, alla grafica e comunicazione visiva, unitamente ad altre dal carattere esclusivamente tattico e strategico volte a recuperare e/o incentivare più o meno estesi distretti o settori merceologici in sofferenza, sia capaci di grandi commesse, quindi industriali, sia semplicemente artigianali, agendo sulla trasformazione dei processi di produzione, sui cambiamenti dei comportamenti e dei modi di produzione nella direzione della sostenibilità. Un set per la sopravvivenza in città dei “sans papier”, una seduta provvisionale in cartone Kraft, una seduta per comunità o per la migliore godibilità degli spazi urbani in materiale acrilico, il progetto di una imbarcazione (Day Cruiser) a vela per brevi rotte di collegamento “lento” con le isole viciniori. Tutti progetti che provengono dalla domanda di benessere e che assumono come centrale l’attenzione alla crescita dell’ambiente umano, l’esecutività e la capacità di comunicarla e rappresentarla ai vari livelli. PS: Accanto al necessario rigore e coerenza, non vorremmo escludere quella generazione capace di derogare, capeggiata da Alessandro Mendini e, più ancora, da Ettore Sottsass jr: indifferenti ed estranei ad ogni forma

di costrizione, pronti ad “opporsi al barbarico primitivismo della cultura industriale”, lontano dalla querelle circa i limiti se il design rappresenta soltanto un controllo formale o se “rappresenta controlli sulle tecnologie o sui programmi di produzione, o controlli di altro genere. Ci sono designer che vorrebbero controllare tutto, anche i consiglieri delegati, e ce ne sono altri che controllano solo i tatuaggi da fare sulle macchine. Grazie a Dio c’è ogni cosa e ciascuno si arrangia come può, controllando in realtà a malapena la propria esistenza, i propri pensieri e le proprie incapacità” (Sottsass, Edilizia Moderna n°85/1966). *rigorosamente in ordine alfabetico: Vincenzo Cristallo, Valter Luca De Bartolomeis, Marco Elia, Stefano Mango, Alfonso Morone, Pietro Nunziante

Storia dell’architetturaIlia Delizia

In sintonia con gli obiettivi del Corso di laurea in Scienze dell’Architettura, volti alla formazione di operatori culturali intermedi capaci di affrontare numerose tematiche legate al progetto di architettura in contesti storicamente

Aldo L. RossiUnità urbana , 1979-89

Giulio De Luca, Arrigo MarsigliaStazione Circumvesuviana, 1972-75

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connotati, l’insegnamento della Storia dell’Architettura si pone come momento imprescindibile di conoscenza. Muovendo dalla consapevolezza che i numerosi campi applicativi dell’architetto iunior hanno una comune matrice culturale, di cui la Storia dell’Architettura è caposaldo, essa non solo è stata messa in rapporto con la domanda di una informazione sistematica della disciplina ma è condizione prima della conoscenza critica storicizzata. E questo anche in vista dei probabili percorsi successivi, tendenti al conseguimento della laurea specialistica. Infatti, la Storia dell’Architettura, sottoposta all’istanza del metodo critico, viene interrogata e trasmessa alla luce del processo di trasformazione che ha interessato, nel tempo, l’uomo e la società. In questa prospettiva le opere e/o le culture architettoniche non vengono studiate solo in sé stesse quanto considerandole quali esemplificazioni che, in luoghi ed in aree culturali specifiche, si svolgono nel tempo, in uno stato di sviluppo continuo. Questo approccio disciplinare, mentre sostanzia negli studenti la consapevolezza che storia e critica dell’architettura sono due aspetti della stessa attività di conoscenza, orienta i corsi di Storia dell’Architettura verso

l’acquisizione di strumenti critici capaci di spianare la strada alle tematiche del progetto, indipendentemente dal percorso temporale affrontato. In questa linea anche la storia del passato si fa storia del presente, nel senso che i suoi statuti non sono affrontati e analizzati solo in se stessi quanto piuttosto in rapporto a una linea di sviluppo e alle domande che l’architettura nel presente si pone. Per questo, lo studio della Storia dell’Architettura antica non è una scelta anacronistica o oziosa della nostra offerta didattica, ma riveste un ruolo formativo paritetico rispetto a quella contemporanea: basta per tutti ricordare il giovane Le Corbusier che, per cercare le leggi universali della geometria non esita a salire sull’acropoli di Atene e a studiare, con gli strumenti della conoscenza storica, il Partenone. E, mentre si ribadisce, per le ragioni esposte, che sarebbe un errore considerare l’insegnamento della Storia dell’architettura per le sue valenze strumentali e strettamente operative, se ne afferma l’importanza per il ruolo che esso assume nel processo della conoscenza dell’architettura e del relativo giudizio critico. Articolati in due annualità: dall’età antica alla moderna (Barocco,

Neoclassico, Contemporaneo), i corsi di Storia dell’Architettura costituiscono un’offerta didattica ampia e differenziata in ragione degli orientamenti storiografici dei singoli docenti. Al loro interno vengono selezionati ambiti geo-culturali ed opere particolari, in considerazione anche dei crediti didattici disponibili. Pertanto, i corsi affrontano lo studio di momenti storici e di manufatti esemplificativi che hanno segnato nel tempo il percorso delle tappe indicate. L’articolazione dei programmi, prevalentemente tematica, è incentrata sull’analisi di culture architettoniche, iter progettuali, tipologie, linguaggi formali e tecnologici che danno conto della complessa problematica della disciplina. In questa linea di esperienze didattiche, le tesi in storia dell’architettura rappresentano un momento di approfondimento della conoscenza storica maturata dagli allievi, i quali vengono indirizzati a sperimentare temi che spaziano dal singolo monumento a brani di contesti urbani, da una tipologia di casi a momenti specifici della cultura architettonica.

Agostino RennaCentro religioso, Monteruscello, 1986-92

Filippo AlisonRicostruzione della Fouteil a dossier basculant, L. C. per Cassina spa,1975 ca

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RestauroAldo Aveta

Il Corso è finalizzato ad avvicinare gli allievi alle conoscenze utili per affrontare un progetto complesso, quello di un restauro a scala architettonica ed a scala urbana. Il Restauro è una disciplina storicamente insegnata nelle Facoltà di Architettura che si fonda su principi teorici e che mira a definire interventi conservativi rispettosi di una serie di principi (distinguibilità, reversibilità, istanza storico-estetica, autenticità, compatibilità fisico-chimica e meccanica ecc.) che sono stati individuati e condivisi dagli esperti; gli interventi suddetti mirano a conservare la materia degli edifici storici ed a trasmettere alle future generazioni i valori che tale materia ancor oggi esprime. Si tratta, pertanto, di pervenire alla conoscenza di tali principi e della specifica metodologia del restauro, utile per la progettazione che si svolge nei laboratori delle lauree magistrali.In sintesi, dunque, gli obiettivi del Corso consistono nella acquisizione dei criteri e della metodologia specifici del progetto di restauro. Nella conoscenza dei fondamenti della storia e delle teorie del restauro, dei materiali e

delle tecniche costruttive tradizionali dell’edilizia storica, della diagnosi dei dissesti e del degrado e degli interventi di consolidamento. Nella comprensione delle connessioni tra il progetto di restauro ed il quadro della normativa di tutela e dei lavori pubblici. Il tutto nella consapevolezza che il progetto di restauro, di cui l’architetto è responsabile, richiede contributi di altri specialisti (archeologi, chimici, fisici, impiantisti, strutturisti, ecc.), con cui occorre dialogare in modo costruttivo.Per quanto concerne le lezioni frontali, esse riguardano i seguenti argomenti.Lineamenti di teorie e storia del restauro: evoluzione delle teorie del restauro e della conservazione dal principio del XIX secolo fino agli orientamenti attuali attraverso il contributo dei principali esponenti della cultura del restauro. La nascita dei principi della Conservazione. Il contesto francese A. Lenoir, Didron, Quatremère de Quincy, L. Vitet, P. Merimée. Il pensiero e l’opera di Viollet-le-Duc. Il contesto inglese: J. Ruskin e l’Anti-Restoration Movement, W. Morris e la SPAB. Il contesto italiano. I restauri dell’Arco di Tito e del Colosseo. Camillo Boito, Luca Beltrami, Gino Chierici, Gustavo Giovannoni. La Carta di Atene del 1931; la Carta del restauro

italiana del 1932; le Istruzioni del 1938. I restauri del dopoguerra: il caso di Santa Chiara a Napoli. La teoria di C. Brandi. La Carta di Venezia del 1964. I Documenti internazionali: la Convenzione di Parigi (1972), la Dichiarazione di Amsterdam (1975), la Convenzione di Granada (1985) e la Carta di Washington (1987). Il restauro urbano: le problematiche del centro storico di Napoli. Gli orientamenti contemporanei nel restauro architettonico. Metodologia e Tecniche di restauro: la metodologia della progettazione del restauro architettonico. La conoscenza degli edifici storici. Materiali, tecniche e tipologie costruttive tradizionali con riferimento al territorio campano. Materiali naturali e artificiali; leganti; strutture murarie entroterra e fuori terra (murature, piattabande, scale, archi, volte, solai, coperture). Analisi delle lesioni e studio del quadro fessurativo. Diagnosi dei dissesti.Gli interventi. Cenni sul consolidamento di terreni, fondazioni, murature, pilastri, colonne, arcotravi, archi volte, cupole, scale, strutture di copertura e di solai in legno. Cenni sugli interventi di restauro delle superfici. Materiali e tecniche costruttive con specifico riferimento all’area campana. Lettura del quadro lesionativo ed analisi del degrado.

Salvatore BisogniScuola media al Rione Traiano, 1974-89

Michele Capobianco Facoltà di Economia e Commercio,1980-93

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Tecniche tradizionali contemporanee di consolidamento degli edifici. Aspetti legislativi ed economici: l’attuale quadro legislativo in materia di tutela: il Codice per i Beni Culturali ed il Paesaggio e le sue integrazioni. Il progetto di restauro architettonico secondo la normativa vigente: progetto preliminare, definitivo, esecutivo. La valutazione del costo degli interventi in fase progettuale (computo metrico estimativo, elenco prezzi, analisi prezzi, capitolato speciale d’appalto) ed in fase esecutiva (la contabilità dei lavori)

InformaticaSalvatore Sessa

Nell’ambito del corso di Fondamenti di Informatica e con il supporto delle lezioni tenute dall’arch. R. Schiavullo, docente a contratto per tre anni di un corso a scelta dello studente dedicato all’uso di software per la Realtà Virtuale e correlatore, sono state svolte le seguenti tesi di laurea:

1. Un Prodotto Interattivo Multimediale con Realtà Virtuale: Ipotesi Ricostruttive

Architettoniche di Villa dei Misteri;2. Tecniche di Realtà Virtuale

Applicate alla Casa del Poeta Tragico;

3. Applicativi per lo Sviluppo dei Musei Virtuali Interattivi: la Casa dei Vettii in Pompei;

4. Un Modello in Realtà Virtuale Interattiva dell’Ara Massima (o Casa del Narciso);

5. Il Modello Virtuale come Strumento di Lettura del Manufatto Archeologico : il Teatro Grande di Pompei.

Grazie alla CVR (Cultural Virtual Reality), che ha come oggetto la ricostruzione virtuale di siti architettonici o archeologici, con una fase preliminare di analisi scientifica (studio delle fonti con definizione delle fasi storiche, raccolta dei dati e interpretazione degli stessi, ipotesi ricostruttive e rilievi in sito con campagne fotografiche e di rilevamento con laser scanner), si è giunti alla concretizzazione di modelli digitali 3D, che risultano essere quanto più aderenti ai dati reali e alle ipotesi riscontrate. La Realtà Virtuale è uno dei più recenti metodi di rappresentazione messa a disposizione dalla tecnologia che consente ad una qualsiasi persona,

in una qualunque parte del mondo di visitare luoghi, popoli, culture, architetture alle quali, per varie ragioni, non potrà mai accedervi. L’archeologia virtuale, con tecniche non invasive, offre la possibilità di restituire al monumento la sua completezza architettonica e decorativa, basandosi sui disegni dello stato di fatto e su quelli delle ipotesi ricostruttive, allo scopo di rispondere alle crescenti esigenze della fruizione dei beni archeologici, che esige grande attenzione per gli aspetti didattici e informativi.

Nel momento in cui si realizza una modellazione tridimensionale per una CVR, bisogna distinguere tra 4 tipi diversi di modelli:il modello dell’originale;il modello dello stato di fatto;il modello per il restauro;il modello ricostruttivo.

Per consentire una facile fruibilità attraverso una semplice interfaccia, in tutte le tesi è stato utilizzato il client VRML CORTONA, un software di visualizzazione veloce ed altamente interattivo per il WEB, ideale per visualizzare ed esplorare i modelli 3D di siti archeologici e delle varie parti che li compongono.

Riccardo DalisiMunicipio Ponticelli, 1989

Massimo Pica Ciamarra, Luciana De Rosa, Antimo Rocereto, Claudio De MartinoIstituto Motori CNR, 1984-89

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Tesi di Laurea 2006/2009

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L’ipotesi progettuale mira a valorizzare la Marina di Sancio Cattolico, la “vetrina” naturale di Procida, il primo punto di contatto per il visitatore che giunge dal continente. L’impianto planimetrico si sviluppa secondo due assi: il primo ortogonale al molo di attracco dei traghetti; il secondo unisce idealmente il monumento del Crocifisso ligneo con la Chiesa della Pietà.

Paola EspositoRiqualificazione dell’area portuale di Procida con annessa stazione marittimaRelatore: Antonino Della Gatta

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Felice D’OnofrioUn centro di quartiere a MontesantoRelatore: Antonino della Gatta

Il nuovo centro di quartiere sorge nell’area delimitata dalla scala di Montesanto e da quella dell’ Olivella.L’edificio svolge il ruolo di elemento di collegamento fra i piani sfalsati delle due scale. Si articola in un volume orizzontale, delimitato da muratura continua, tagliato trasversalmente da un secondo volume, completamente vetrato, che si sviluppa in altezza. Gli spazi si articolano intorno all’atrio centrale, a tripla altezza ed illuminato dall’alto, e si susseguono senza soluzione di continuità, creando una sequenza spaziale aperta .

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Occasione progettuale: seminario internazionale di museografia - premio di architettura- Tivoli Settembre 2007.Finalità: progettazione del grande museo di Villa Adriana e del Centro Studi Antinoo per l’arte. Nel percorso progettuale la parete di tufo è il punto cardine per la delineazione del costruito costituisce la quarta parete del museo che ad essa si addossa, sfruttando il dislivello di 12 mt. Si crea una “tensione” tra le curve naturali della parete e la linea rigida del muro di chiusura del museo che assume funzione di connessione e termina ruotando e aprendosi sulla vista delle 100 camerelle.

Maria Borrelli - Melania PujiaGrand Museum di Villa Adriana - TivoliRelatore: Antonio Lavaggi

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“Concetto Spaziale” - Lucio Fontana: un taglio di tela, rapido e netto. Il suolo come tela, una sua astrazione. L’architettura ne assume la sua essenza. Lo “squarcio” netto conforma la piazza, a cui si accorda un unico volume: l’atrio della scuola. Da esso si snodano nel sottosuolo le aule e i laboratori, svelandosi solo in parte, sul fronte, tracciando in superficie dei terrazzamenti a verde. Il volume dell’atrio, puro e accorto, emerge dal taglio. Una “scatola” in mattoni senesi: gioco di luce e aria.

Antonella PasqualicchioUno spazio per le relazioni: Istituto Agrario in località Scacciapensieri, Siena.Relatore: Antonio Lavaggi - Correlatore: Adelina Picone

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Il progetto prevede una sostituzione edilizia in via Jannelli, dove sorge una scuola materna tompagnata con pannelli contenenti amianto e totalmente fuori norma.Lo schema individua tre blocchi funzionali: uno per la didattica, uno connettivale e uno per i servizi, dalla mensa alla direzione.Le volumetrie rendono leggibili i tre blocchi, a cui se ne aggiunge un quarto: l’ abitazione del custode al primo piano.Il dislivello tra via Jannelli e via Loyola accoglie un parcheggio seminterrato.

Alessandro PiccirilloScuola materna in via Jannelli, Napoli Relatore: Antonio Lavaggi - Correlatore: Adele Picone

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La morte biologica, crudo fatto di natura, si trova superata dalla morte come fatto culturale. Ciò crea una necessità che l’architettura può soddisfare, attraverso la creazione di luoghi adatti alla contemplazione.In mancanza di un committente e trattandosi di un progetto atopico, si segue un procedimento di idee e proposte, a volte anche contrapposte tra loro. Ultima Dimora è quindi, il risultato di una serie di ragionamenti sui singoli elementi che compongono il progetto e sui loro significati.

Simona VoloUltima DimoraRelatore: Antonio Lavaggi

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L’edificio si apre verso la piazza con un ampio androne come se il piano terra della struttura fosse una continuazione della piazza al suo interno, dove sono state collocate le attività commerciali. Al primo livello sono presenti una biblioteca e un’ampia sala conferenza a doppia altezza. I livelli a seguire sono riservati ai residenti della struttura con alloggi singoli e doppi, lavanderia e servizi di piano, mentre il quinto livello è destinato alla mensa, con ampia veduta su Castel Sant’Elmo.

Pasquale D’ApiceEdificio per residenze studentesche in piazza Pignasecca a NapoliRelatore: Franco Antonio Mariniello

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Tradizione e Innovazione sono le linee guida del progetto finalizzato alla realizzazione di un piccolo quartiere con una composizione urbanistica mossa e articolata, con vedute in ogni punto sempre diverse e dotate di una estesa vegetazione ottenuta anche grazie all’uso di tetti giardini. Tutto ciò è il frutto di un orientamento organico con riferimenti propri dell’architettura cosiddetta spontanea, mentre la ricerca dell’innovazione si ritrova prioritariamente nel particolare utilizzo del verde.

Antonio Castiello - Adalberto Di Nardi 20 alloggi di edilizia sovvenzionata in borgo “La Martella” Matera Relatore: Massimo Pica Ciamarra

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In risposta al concorso, si è progettata una porta ai Giardini di Castello come luogo dinamico di accesso e di anticipazione degli eventi presentati dalla Biennale. La struttura, innalzandosi dal suolo, richiama la prua di un grosso galeone veneziano e fa da belvedere sui padiglioni e sulla laguna.L’intervento mira a realizzare un collegamento permanente tra la città e i Giardini; facendo di questi, oltre ad ovvia meta per visitatori, uno spazio pubblico e verde per i Veneziani.

Giovanni IasevoliLetture di città: Venezia, una porta per i giardini della biennaleRelatore: Massimo Pica Ciamarra

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Nei pressi della Solfatara, su un declivio aperto alla vista del mare racchiuso dal Golfo di Pozzuoli, si recuperano le strutture fatiscenti di una delle prime costruzioni in c.a. in area napoletana, il complesso ex - S.M.O.M., sorto come ospedale tubercolosario, per inserirvi servizi e abitazioni temporanee per extra-comunitari, da far vivere in sinergia con le vicine strutture di accoglienza del Convento di S.Gennaro dei frati Cappuccini.

Augusto De Cesare - Alberto GrassoProgetto di spazi di accoglienza per immigrati nell’area ex Smom di PozzuoliRelatore: Anna Maria Puleo

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Il progetto è ipotizzato per una coppia di Milano, in cui lui è proprietario di una galleria d’arte e lei è una fotografa di successo e deve quindi risolvere le esigenze contrapposte di privacy e di luogo per mostre ed eventi. Il dislivello di 22 m. nel lotto di 1000 mq. ha indotto ad introdurre il tetto giardino che, mentre tende a celare la villa fra la vegetazione, garantisce un buon isolamento termico ed il risparmio energetico.

Rossella FiorilloVilla in Via ManzoniRelatore: Sandro Raffone

Il tema della casa unifamiliare, che è stato centrale nella storia della modernità, è divenuto estraneo alla ricerca accademica ed è pressoché inattuabile a Napoli. Tuttavia la candidata ha individuato in Via Manzoni un lotto con un vecchio rustico occultato dalla vegetazione incolta. La massima adesione alla realtà, che pongo a fondamento di ogni tema di laurea, ha indotto la candidata ad investigare le condizioni di fattibilità presso l’Ufficio Tecnico Comunale ma, nonostante la disponibilità degli stessi tecnici, non è stato possibile stabilire in modo univoco le condizioni per costruire. È stata necessaria la consulenza del Prof. Guido D’Angelo, uno dei massimi esperti nazionali di diritto urbanistico, per chiarire che in quel sito è possibile costruire nei limiti del volume esistente e non della sua sagoma, condizione indispensabile per progettare la casa con studio fotografico ipotizzata dalla candidata. La difficile acquisizione della certezza normativa, mi ha indotto a riproporre un tema simile per il corso di Laboratorio 2 dell’ultimo anno accademico.Sandro Raffone

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Il progetto mette in uso la spazio sotto il viadotto che, scavalcando l’antica porta, conduce alla sommità del complesso archeologico del “Rione terra”. Fra lo scheletro strutturale esistente sono stati sistemati una cabina elettrica, un deposito dei rifiuti differenziati e l’ufficio dell’Azienda Autonoma per Cura, Soggiorno e Turismo di Pozzuoli. La dissonanza fra le funzioni è celata nell’impaginato del rivestimento in pietra ed intonaco che riconnette l’intero volume all’organicità del sito.

Michele Di FalcoSistemazione di “Porta Napoli” a PozzuoliRelatore: Sandro Raffone - Correlatore: Gateano Ficarella

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La ricchezza storica e delicatezza del sito, hanno imposto un’accurata ricerca storica dalla quale è emerso che il piccolo edificio incastrato tra Palazzo Penne e la chiesa di San Demetrio e Bonifacio è un volume superstite di una cortina di edifici, abbattuta nel Settecento, che occultava la chiesa retrostante. L’enoteca-libreria, che si pone come attrattiva culturale nelle ore serali, fa percepire dalla piazza la reale dimensione della chiesa attraverso la finestra bassa ad angolo.

Florian CastiglioneEnoteca in Piazzetta Teodoro MonticelliRelatore: Sandro Raffone - Correlatore Alessandro Castagnaro

L’intervento è parte del programma di ricerca “Centri anticamorra”, edifici inseriti nel tessuto antico di Napoli con l’obiettivo di contrastare l’illegalità abbattendo la ghettizzazione. L’arma adottata per questi “Fortini dell’intelligenza” è l’architettura moderna intesa in un’accezione profondamente napoletana che trova tutto ciò che le necessita, dalle misure al linguaggio ed alla tecnica, all’interno della sua tradizione e dei suoi mezzi. È cioè una modernità autentica, posta a sevizio di ogni tema e di ogni luogo per continuare in coerenza il racconto in pietra dell’unica città al mondo che può attestare venticinque secoli di testimonianze moderne.Sandro Raffone

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L’assenza di qualsiasi embrione d’impianto urbano è stata compensata dalle convenienze distributive della forma ad U con al centro un albero che ripropone il luogo d’incontro della tradizione locale. L’esigenza di ottimizzare l’economia con le prestazioni, ha indotto l’assunzione della tecnica indigena in terra e canne. La protezione dall’acqua, indispensabile per la curabilità della terra, è garantita dalle coperture di lamiera e dalle basi in pietra cementata.

Alice PalmieriCentro di maternità in BeninRelatore: Sandro Raffone - Correlatore: Gianluca Di Vito

Il sito a Zinviè, è prossimo all’ospedale gestito dai missionari Camilliani dove la candidata aveva prestato servizio di assistenza ai bambini nelle vacanze estive del 2008. Per la pertinenza tecnica, di climatizzazione naturale ed economica, ci stiamo impegnando per la costruzione di questo progetto che, oltre il caso specifico, potrebbe costituire un modello per molte regioni dell’Africa Occidentale.Sandro Raffone

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Il tema è progettare un circolo di canottaggio lungo il litorale dove ci sono i manufatti edilizi della ex fabbrica Corradini a ridosso della passeggiata sul mare ridisegnata dall’amministrazione comunale.Poche funzioni: un ricovero di canoe nel piano interrato posto a livello del molo, un luogo di ristoro al piano terra che si affaccia con piccoli terrazzi sul mare, uno spazio al primo piano per l’amministrazione. Il tutto in un edificio concepito nella forma come composizione di moduli prefabbricati.

Diego D’ArioCircolo di canottaggio a S.Giovanni a TeduccioRelatore: Gabriele Szaniszlò - Correlatore: Armando Minopoli

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In questo caso si è voluto affrontare un tema “piccolo” nella dimensione ma che ponesse all’attenzione del progetto la scala del piccolo edificio, una biblioteca di quartiere, messo a confronto con il tessuto urbano preesistente nell’accezione della periferia abusiva. L’idea di base è di disegnare una piazza laddove oggi c’è un’area abbandonata posta tra la desolante presenza dei complessi edilizi abusivi e le terre incolte ai margini del costruito. Terre che non sono più campagna ma a cui oggi è negato un qualsiasi ruolo nel territorio della cittadina.

Francesco Del VecchioUna piazza ed una biblioteca nella periferia di Giugliano in CampaniaRelatore: Gabriele Szaniszlò - Correlatore: Armando Minopoli

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La tesi consiste nel progetto di un sistema per unità provvisoria basato sulla temporaneità. L’idea di contenitore pluriuso è associata al concetto di scatola che si apre a più configurazioni spaziali. La ricerca progettuale si è concentrata sulla individuazione delle potenzialità offerte da sistemi, componenti e prodotti innovativi. La leggerezza degli elementi strutturali in fibre di carbonio, i giunti ‘movibili’, la versatilità dell’aspetto offerta dai materiali dell’involucro, suggeriscono nuovi stimoli alla percezione mutevole di spazio, forma e superficie, ovvero temporanea come la costruzione stessa.

Chiara BarbieriBreak Box. Sistema costruttivo per unità temporanea destinata allo svolgimento di manifestazioni a carattere ludico.Relatore: Paola Ascione - Correlatori: Claudia Casapulla, Armando Minopoli

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Il luogo di accoglienza è il risultato di una metodologia basata su due requisiti: sostenibilità e leggerezza. La scelta del tema è esemplificativa: l’ausilio di una griglia modulare semplifica l’articolazione dell’intervento e diventa occasione per valorizzare il contesto urbano, anonimo e privo di un tessuto storico qualificato. L’approccio progettuale si sviluppa attraverso l’analisi del contesto paesistico e delle risorse, e la definizione di requisiti funzionali, ambientali e tecnologici da soddisfare.

Ettore Emanuele IoriSostenibilità e leggerezza per una touristic hall: un luogo di accoglienza per l’Alto BradanoRelatore: Aldo Capasso

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Il progetto del centro benessere si propone di rispondere a requisiti quali la sostenibilità e la leggerezza, attraverso un’ analisi funzionale-spaziale, ambientale e tecnologica. Una griglia modulare dà la possibilità di articolare il progetto in forme e dimensioni diverse, rimanendo all’interno di un sistema riconoscibile di regole geometriche, e di rileggere il contesto, creando prospettive che valorizzano aspetti urbani mediante la riqualificazione di un luogo caratterizzato da edilizia speculativa e abusiva.

Linda SimioliUna griglia modulare per il “Benessere”. Sostenibilità Leggerezza Riqualificazione. Soccavo- NapoliRelatore: Aldo Capasso

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La tesi tratta la tematica del recupero bioclimatico di edifici residenziali pubblici mediante interventi che utilizzano risorse energetiche naturali. Partendo dall’analisi di due esperienze, ossia il “Contratto di Quartiere Foro Boario” a Torino ed il “Contratto di Quartiere Savonarola” a Padova, si è giunti a formulare soluzioni ecocompatibili e sostenibili in relazione al contesto fisico e culturale di riferimento.

Ludovica Reed Soluzioni tecnologiche per il recupero bioclimatico degli edifici di edilizia residenziale pubblicaRelatore: Dora Francese

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Per effetto della tradizionale lettura dei Campi Flegrei, legata al mito e alla classicità, l’immenso patrimonio delle attività produttive tradizionali, connesse alle risorse naturali, è andato quasi del tutto disperso e dimenticato. Si configura l’esigenza di conservare, valorizzare e diffondere la memoria storica e collettiva della regione flegrea nei suoi più autentici momenti, connessi all’esplicarsi delle attività umane. A tal proposito si è pensato al “ Museo etnografico delle attività produttive tradizionali flegree”, che deve essere non solo un luogo di documentazione e di ricerca ma anche di produzione e sviluppo economico.

Antonia Gravagnuolo Museo Etnografico delle attività produttive tradizionali FlegreeRelatore: Virginia Gangemi - Correlatore: Bianca Marenga

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Obbiettivo fondamentale del progetto è la riqualificazione del litorale di Baia, in riferimento a quelle che sono le risorse naturali del territorio, mediante il ripristino del rapporto con il mare e la valorizzare degli aspetti naturalistici e paesaggistici dell’area proponendo soluzioni progettuali ecocompatibili e sostenibili, che non compromettano le caratteristiche del luogo né con uno sfruttamento intensivo delle risorse, né con processi di nuova edificazione.

Caterina TedescoMuseo del mare sul litorale di TorregavetaRelatore: Virginia Gangemi - Correlatore: Bianca Marenga

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Il progetto prevede la realizzazione di un Parco urbano pubblico attrezzato, con annesso insediamento residenziale nel cuore di Vienna, recuperando un’area resa libera dalla dismissione del vecchio gasometro.Obiettivi primari della proposta sono: Ecocompatibilità delle soluzioni adottate; Applicazione dei principi della bioclimatica e della bioarchitettura; Valorizzazione delle risorse naturali, miste ed artificiali; Rinaturalizzazione dell’area e recupero del ciclo di depurazione delle acque meteoriche.

Raffaele SistoVienna: un parco urbano senza barriereRelatore: Claudio Grimellini - Correlatore: Marilicia Longobardi

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Pesa meno di 400 gr. è fatta di cartone ondulato e da chiusa misura 45x27x1,5 cm. Si tratta di una sedia usa e getta le cui caratteristiche sono: economicità, riciclabilità, semplicità di apertura e chiusura, leggerezza, minimo ingombro, multifunzionalità, personalizzazione. Il materiale scelto per realizzare la sedia è il cartone ondulato; un materiale leggero, economico facilmente lavorabile, riciclato e riciclabile. la seduta può essere realizzata in tre diverse misure: Small, Medium e Large.

Rosaria Angellotti La seduta usa e gettaRelatore: Ermanno Guida

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Il progetto di una seduta pubblica singola e girevole nasce dall’esigenza di coniugare in una panchina la dimensione individuale e sociale, offrendo al fruitore la possibilità di sedersi isolato dal contesto o, semplicemente ruotando, di comunicare con chi lo circonda e di avere una visione a 360° dell’ambiente. Il progetto prevede una struttura portante in acciaio e un elemento portato in Corian. La lastra è stata sottoposta a termoformatura e poi fissata tramite tasselli alla struttura in acciaio.

Eda BorrielloUna seduta per la cittàRelatore: Ermanno Guida

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Oggetto della tesi è stato il progetto di sedute per esterni in Corian.Il modello “ergonometrico”, è stato realizzato tenendo conto dalle diverse posizioni del sedersi. Le sezioni significative sono state incrociate tra loro e da queste è stato sviluppato il primo modello virtuale. Parallelamente si sono realizzati modelli reali delle varie tipologie di sedute, in polistirolo o in pistolegno, per poi passare alla parziale prototipizzazione.

Francesca Flavia D’AgostinoSedersi ad arteRelatore: Ermanno Guida

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Il progetto di una sedia in Corian nasce dalla volontà di sperimentare un materiale per un uso che evidenzi le sue potenzialità. Il materiale viene termoformato,per creare la seduta e lo schienale da una lastra unica, viene incollato, per creare delle estremità più comode per gambe e schiena,viene tornito,per creare un elemento di giunzione tra scocca e piedi della sedia. Come risultato si ha un prodotto che mette in luce le tante applicazioni che potrà avere questo materiale nel campo del design.

Matteo De GiuseppeSeduta per comunitàRelatore: Ermanno Guida

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L’idea è quella di progettare un’imbarcazione per raggiungere da Napoli l’isola di Capri. Naturalmente il mezzo è concepito per qualsiasi altra destinazione su breve distanza. L’imbarcazione è destinata al trasporto pubblico ponendosi a metà strada tra un mezzo di linea e una sorta di taxi del mare; la tipologia è quella del catamarano, ovvero una barca formata da due scafi paralleli, preposti al galleggiamento, e da una piattaforma centrale, il suo movimento avviene per propulsione velica.

Antonio ScognamiglioDay Cruiser, progetto di un catamarano a vela per trasporto pubblicoRelatore: Ermanno Guida

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Il progetto propone, all’interno di una struttura temporanea ed itinerante, una integrazione della funzione commerciale, un Apple Store indicato nella terminologia progettuale come shop_LAB, con altre più specificamente produttive ed aggregative, strutturate attraverso due diversi spazi laboratorio, indicati come arte_LAB ed exhi_LAB. La prima tipologia di laboratorio ospiterà l’attività di artisti ma anche grafici, architetti, mentre la seconda prevede spazi per l’allestimento di mostre ed esibizioni.

Roberta Manzo Store Lab, allestimento temporaneo per attività commerciali e aggregativeRelatore: Alfonso Morone

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Il Kaimano nasce come accessorio per il consumo del caffè da asporto. Il contenitore é realizzato in polipropilene, da 2 mm di spessore, ed è composto da una base, in cui sono ricavati a stampo 6 incavi per i bicchierini ed un piccolo riparto centrale allungato per cucchiaini ed eventuali bustine di zucchero, oltre ad un coperchio per chiudere il tutto. L’utilizzo del Kaimano è previsto all’interno di due diversi scenari: bar e spazi comunitari e per il trasporto del caffè dai distributore automatico.

Giuseppe OttelloL’evoluzione del luogo del caffèRelatore: Alfonso Morone

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Il Centro Educativo Bartolomeo Longo è stato analizzato in relazione alla città di Pompei, descrivendone l’evoluzione planimetrica nel tempo attraverso la documentazione storica reperita. L’operazione di rilievo è stata condotta con il metodo della trilaterazione per il rilievo in pianta ed il foto raddrizzamento per quello in prospetto. Poi si è analizzato lo stato attuale delle facciate tramite l’analisi materica, l’analisi cromatica ed il rilievo del degrado ambientale e delle superfici.

Rossella ImbòPompei moderna: indagine tra rilievo e rappresentazione del centro educativo Bartolo LongoRelatore: Massimiliano Campi

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La tesi riguarda il complesso delle Quadrature della Sala dell’Esedra, nella Villa Campolieto ad Ercolano, ove sulle quattro pareti si svolge una composizione spaziale che coinvolge reazioni più profonde, agendo su valori spazio-temporali e psico-fisiologici. La proprietà figurativa delle immagini, che la restituzione fotogrammetrica ha reso possibile, è quella di creare uno spazio virtuale, all’interno del quale si è indotti, illusoriamente, a credere alla realtà delle apparenze.

Caterina MingioneGeometrie sottese nelle Quadrature di Villa Campolieto ad ErcolanoRelatore: Mariella Dell’Aquila

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La tesi affronta il tema della restituzione fotogrammetrica delle Quadrature della Sala del Cannocchiale nella Villa Campolieto ad Ercolano, dove una vera e propria scatola prospettica mette in scena una composizione spaziale, un modo vedutistico di risolvere le architetture come termini in cui si riflette un ideale prospettico volutamente scenografico. Le fotogrammetrie illustrano lo spazio prefigurato dall’artista in cui alla dimensione spaziale si aggiunge quella temporale.

Rosaria Monteforte Architettura tra realtà e finzione. Le quadrature a Villa CampolietoRelatore: Mariella Dell’Aquila

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Oggetto di studio è stato Palazzo Fondi in via Medina a Napoli per il quale è stato effettuato un rilievo diretto delle parti comuni, documentando in particolare la facciata e gli elementi che ne disegnano l’insieme, il cortile, la serliana e la grande scala. Il lavoro ha permesso di distinguere le diverse fasi costruttive dell’opera, mettendo in luce in particolare anche gli interventi eseguiti da Luigi Vanvitelli.

Michele SalviaIl rilievo come strumento di conoscenza: “Gli interventi di Luigi Vanvitelli in Palazzo Fondi”Relatore: Antonella Di Luggo

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Il Centro di formazione per lavoratori edili a Napoli di Luigi Cosenza è stato riletto attraverso un rilievo inteso come lavoro critico ed interpretativo volto a derivare dati quantitativi e qualitativi dell’architettura. Lo studio ha privilegiato l’aspetto metodologico e procedurale di una conoscenza del reale filtrata attraverso la costruzione di un modello interpretativo individuato a priori, volto ad indagare la struttura di insieme e l’articolazione delle parti nell’architettura di Cosenza.

Chiara TirroL’opera di Luigi Cosenza tra rilievo e interpretazione: il Centro di Formazione per Lavoratori EdiliRelatore: Antonella di Luggo

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Lo studio del miglioramento dell’accessibilità e della fruibilità al sito archeologico delle Terme di Baia, è nato dal Workshop Internazionale sul sistema di accesso ai siti archeologici del PIT. L’idea di un nuovo waterfront e ingresso alle terme, della pensilina come elemento di connessione tra le parti, nonché di tutte le nuove funzioni e prospettive, sono la base perchè il territorio acquisti un nuovo interesse architettonico-archeologico-paesistico degno dell’itinerario del grand tour Campi Flegrei.

Fabiana Buccino Il fronte a mare delle terme di BaiaRelatore: Vanna Fraticelli

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L’idea di progetto è quella di recuperare un’area pubblica in una zona poco distante dal centro storico e collegata con l’antico castello. Partendo dalla considerazione che nella città lo “spazio” è di tutti, si scoprono spazi riservati al relax, al tempo libero, alle esposizioni temporanee. Allo stesso tempo si valorizza un edificio in completo stato di abbandono, adibendolo a laboratorio artistico e sala conferenze. Dalle piccole e confortevoli sale è visibile il paesaggio storico. Nell’area riqualificata dal progetto viene introdotto un nuovo paesaggio “naturale – artificiale”.

Adriana MarraRiqualificazione area ex mercato coperto a Caiazzo (Ce)Relatore: Vito Cappiello - Correlatore: Anna Aragosa

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L’idea-progetto è quella di recuperare un sistema di aree pubbliche e private in una zona cruciale del tessuto della città e del suo affaccio a mare. Il Progetto riconnette attraverso la sistemazione paesaggistica l’alveo del fiume, trasformandolo in un parco lineare urbano; riqualifica aree di risulta mal organizzate tra l’edificato e la spiaggia; razionalizza i percorsi carrabili e pedonali, le attrezzature per lo sport, i parcheggi; determina una grande passeggiata verde dietro il sistema della spiaggia e localizza sulla spiaggia spazi per eventi.

Domenico PergolaRiqualificazione litorale di Vietri sul Mare (Sa)Relatore: Vito Cappiello - Correlatore: Anna Aragosa

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Nella cornice della Penisola Sorrentina, si erge lo storico Castello Giusso.È stato elaborato un progetto di riqualificazione e restauro delle aree a verde del Castello ripristinando il disegno originale nel rispetto delle vegetazioni e dei materiali esistenti.

Laura Chianese Riqualificazione del giardino storico del Castello Giusso di Vico EquenseRelatore: Luigi Picone

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Il lavoro di ricerca si è concentrato sulle stratificazioni del Castello, vera isola nell’isola, a partire dagli interventi aragonesi.Dell’antica cattedrale dell’Assunta sono state “lette” le stratificazioni dall’Antico al Medioevo e dalla fase rinascimentale del piccolo impianto basilicale all’ammodernamento dei primi decenni del Settecento, mettendole in relazione con la sottostante cripta. Della chiesa dell’Immacolata è stata indagata la veste settecentesca attestata dall’impianto e, soprattutto, dalla cupola che domina sulla definizione volumetrica dell’isolotto.

Salvatore CastaldiIl contesto del castello Aragonese d’IschiaRelatore: Gaetana Cantone

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La ricerca è stata inquadrata nell’ambito di un contesto urbano che nasce da una prima cappella, fondata nel 1393 dal conte Niccolò I Orsini e annessa al Collegio delle Rocchettine. L’attuale chiesa dell’Annunziata, di cui non si hanno notizie sulla fondazione, venne isolata nel 1913 quando fu demolito, quasi per intero, il Collegio. La storia della chiesa di età moderna si può ricostruire dal 1567, quando fu rinnovata per iniziativa della famiglia Albertini, attraverso la lettura del tipo di impianto e delle parti seicentesche; un sostanziale ammodernamento vi fu condotto a partire dal 1706.

Daniela Maione L’Annunziata di Nola Relatore: Gaetana Cantone

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Enrica GloboLo spazio sacro contemporaneo nei luoghi di culto cristianoRelatore: Alessandro Castagnaro

Studiare lo spazio sacro nel XX secolo significa instaurare necessariamente un confronto con i grandi modelli espressivi del passato, significa considerare il contributo diretto o indiretto che la Chiesa, l’architettura “profana” del Novecento e la società contemporanea hanno fornito all’evoluzione dell’architettura sacra cristiana. Fenomeni complessi come il Concilio Vaticano II, il Movimento Moderno e la progressiva secolarizzazione della nostra società spiegano l’insolito carattere “laico” dell’architettura religiosa cristiana in età contemporanea.

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L’edificio è ubicato nella parte superiore del centro storico di Ottaviano, in prossimità del castello Mediceo. Il rilievo è stato inteso in una accezione estesa, comprendendo accertamenti, saggi e prove, per raggiungere una approfondita conoscenza della consistenza e delle condizioni di degrado determinante ai fini delle scelte progettuali. Sulla base dei risultati delle analisi sono state individuate linee di indirizzo per il restauro, definendo anche le nuove funzioni utili alla collettività.

Antonio SavianoRestauro di “Palazzo Mirando” in Ottaviano (NA)Relatore: Aldo Aveta

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Grazie alla CVR (cultural virtual reality ) realtà virtuale culturale, che ha come oggetto la ricostruzione virtuale di siti architettonici o archeologici, con una fase preliminare di ricerca storica e di rilievi del sito, si è giunti alla concretizzazione di un modello 3d del Teatro Grande di Pompei che risulta essere fedele all’originale, in quanto supportato da dati reali o da ipotesi aventi alla base una metodologia scientifica.

Renato PastoreIl modello virtuale come strumento di lettura del manufatto archeologico: Il Teatro Grande di PompeiRelatore: Salvatore Sessa

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Appendice

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ICAR 08 Scienza delle CostruzioniAlessandro BarattaIleana CorbiOttavia CorbiPaolo JossaLudovico NappaEnnio De RosaGiuliana VoielloGiulio Zuccaro

ICAR 09Tecnica delle CostruzioniClaudia CasapullaFabrizio LauroRossana MontellaVincenzo PerroneFrancesco Portioli

ICAR 12Tecnologia dell’Architettura Paola AscioneMariangela BellomoFrancesco CasseseAldo CapassoClaudio ClaudiAntonella FaloticoDora FranceseVirginia GangemiClaudio GrimelliniAntonio PassaroAugusto Vitale

ICAR 13Disegno IndustrialeVincenzo CristalloValter Luca De BartolomeisErmanno GuidaAlfonso Morone

ICAR 14 Composizione Architettonica e UrbanaFelice BaioneAniello BarbaruloFrancesco BrunoEmma BuondonnoSaverio CiarciaGiuseppe CilentoEnnio De CrescenzoAntonino Della GattaGianluca Di VitoGennaro FerrariItalo FerraroGaetano FicarellaClaudio Finaldi RussoFerruccio IzzoAntonio LavaggiAntonio MarinielloPasquale MianoMassimo Pica CiamarraAdelina Picone

Anna Maria PuleoSandro RaffoneAntimo RoceretoAntonio RossettiLuciano Scotto Di VettimoMaria Vittoria SerpieriSergio StentiGabriele Szaniszlò

ICAR15Architettura del PaesaggioVito CappielloVanna FraticelliLuigi Picone

ICAR 16Architettura degli Interni e AllestimentoGioconda CafieroGennaro CapalboClara FiorilloNicola FloraImmacolata ForinoPaolo GiardielloAmedeo GiordanoConcetta Rinaldi

ICAR 17 Disegno Adriana BaculoAlessandro CampiMara Capone Teresa Della CorteMariella Dell’AquilaPasquale De MasiAntonella Di LuggoRiccardo FlorioAlessandra PaglianoGuido Riano

ICAR 18Storia dell’ArchitetturaGian Carlo AusioGaetana CantoneAlessandro CastagnaroRenato De FuscoIlia DeliziaLuciana Di LerniaSalvatore Di LielloFrancesco DivenutoGiulio PaneMaria Teresa PeroneRaffaela PessolanoGregorio RubinoFrancesco Starace

ICAR 19 Restauro Raffaele AmoreAldo Aveta

ICAR 20 Tecnica e Pianificazione UrbanisticaAntonio AciernoCarmen CioffiLivio TalamonaSalvatore Visone

ICAR 21 Urbanistica Teresa BocciaLoreto ColomboGiovanni Del ConteDante MaggioVincenzo MeoFrancesco Domenico Moccia

ICAR 22 Estimo Maria CerretaLuigi Fusco GirardMario Guarino

INF 01 Informatica Michele BaldiFerdinando Di MartinoAda LettieriGiuseppe ModestinoLucia PernaSalvatore Sessa

ING-IND 11Fisica Tecnica AmbientaleLaura BelliaFrancesco CaliseArcangelo CesaranoBoris Igor Palella

IUS 10Diritto AmministrativoMario CalabròAlberto CoppolaMaria Laura D’AngeloGiuseppina MariCesario Oliva

MAT 03-05Geometria e Analisi MatematicaRosanna AmbrosioGiuseppina AnatrielloLuciano BasileFerdinando CasolaroCarmela CellaAntonio Di NolaMaria Luigia DiviccaroMaurizio LaportaFortunata LiguoriGiulia MartiniRossana SarnoMassimo SquillanteEugenia TennerielloAldo Ventre

Elenco docenti per settori disciplinari dal 2002 al 2009

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Incontri con.. Incontri-seminari con figure istituzionali sul loro rapporto con l’attività di progettazione.Hanno partecipato agli incontri: Il Sovrintendente ai Beni Ambientali e Architettonici di Napoli, Comandante dei Vigili del Fuoco di Napoli, il Dirigente dell’Ufficio Urbanistico del Comune di Napoli, il Presidente Ordine degli Architetti CPP di Napoli, il Presidente Associazione Costruttori Edili Napoli, il Dirigente del Catasto di Napoli.

Incontri del DesignCiclo di incontri con alcuni dei protagonisti del design italiano:Giulio Iacchetti_Milano,Matteo Ragni_Milano,Cecilia Cecchini_Roma, Claudio Bellini_Milano, DIID_Roma.

Piccolo e belloIncontri-seminari con architetti italianie stranieri (possibilmente giovani e diregola esterni al mondo della università)che hanno realizzato opere di buonaqualita e di dimensioni contenute nellalogica che anche in architettura laqualita non dipende dalle dimensioni.

Elenco dei partecipanti

Piccolo e bello 2004Sergio Los, VeneziaRoberto Collovà, PalermoAlberto Morell Sixto, MadridMaria Giuseppina Grasso Cannizzo, RagusaAntonio Carvalho, LisbonaVincenzo Latina, SiracusaFabrizio Rossi Prodi, FirenzeLuca Cazzaniga, LuganoGiovanni Leoni, ModenaAdalberto Dias, PortoAdriano Cornoldi, VeneziaPaolo Zermani, ParmaAlberto Campo Baeza, Madrid

Piccolo e bello 2005Marco Casamonti, FirenzeAntonello Stella (N! Studio), RomaFabio Capanni, FirenzeRoberto Capanni, FirenzeRoberto De Cosmo, CampobassoA. Garcia Abril Ruiz, MadridCamillo Botticini, BresciaJ.J.Segu Alonso, San SebastianGiovanni Di Domenico, Napoli

Piccolo e bello 2006Alessabdro Bulletti, PerugiaMade, TrevisoSergio Pascolo, MilanoMicha de Haas, AmsterdamPo2, MadridDe Cesaris- Picone, NapoliPedro Pacheco, LisbonaDekleva- Gregoric, LubianaBerranger- Vincent, NantesRaimondo Guidacci, Torino

Attività a scelta dello Studente Iniziative del Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura

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Piccolo e bello 2007Renato De Fusco e Franco Purini Piccolo è bello. Dialogo a due voci

Davide Vargas, CasertaDe Cesaris- Iodice, Benevento- CasertaGnosis, NapoliCorvino+Multari, NapoliSilvio D’Ascia, ParigiIsotta Forni, Napoli

Piccolo e bello 2008P. Belfiore- C. Lenza- S. StentiPiccole grandi architetture

Antonello Monaco, RomaAntonio Tejedor, SevillaX Studio, NapoliFrancesco Scardaccione, NapoliStudio Lanini e Costanzo, NapoliRoberto Vanacore, NapoliMichele Molè, RomaMaurizio Pascucci, RomaFGP Studio, NapoliVulcanica Architettura, NapoliGiovanni Frascino, Napoli

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Attività a scelta dello Studente Iniziative del Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura

Corsi – Seminari – WorkshopArticolati per Settori Scientifici Disciplinari di riferimento

ICAR 08Scienze delle CostruzioniAlessandro Baratta – La conservazione delle reti infrastrutturali storicheOttavia Corbi – Complementi di teoria delle struttureEnnio De Rosa - Complementi di teoria delle struttureGiulio Zuccaro – Vulnerabilità sismica delle strutture e valutazione di agibilità post-evento

ICAR12Tecnologia dell’ArchitetturaAldo Capasso – Progettazione ambientale della luceValeria D’ambrosio - Tecnologie per l’assemblaggio a seccoRosalba La Creta – Progetto e costruzioneGiampaolo Lavaggi - Tecnologie per l’assemblaggio a seccoBianca Marenga - Tecnologie per la riqualificazione e la bonifica ambientaleMassimiliano Muscio – Tecnologie per l’assemblaggio a seccoBartolomeo Sciannimanica - Tecnologie per la riqualificazione e la bonifica ambientale

ICAR 13Disegno IndustrialeRiccardo Dalisi - Design e compassione: disegnare grandi e piccole cose Valter Luca De Bartolomeis - Disegno industriale per la comunicazione visivaMarco Elia – Materiali e Componenti per il disegno industrialeStefano Mango – Disegno Industriale per la nautica

ICAR 14 Composizione Architettonica e UrbanaGiulio De Cesaris – La legge Merloni e il cantiere Adalberto Dias - WorkshopTiziana Fusco - Il progetto delle infrastrutture: risalire la cittàGiacinto Cerviere – Culture e tecniche del progetto esecutivoMaria Giuseppina Grasso Cannizzo Workshop

Giovanni Multari – La città contemporanea: nuovi paesaggi Antonio Rossetti – Architettura e filosofiaAlessandra Vollaro – Il progetto delle infrastrutture: l’architettura della strada

ICAR 15Architettura del PaesaggioGiulia De Angelis – Tecniche di progettazione e attuazione dei parchi, dei giardini e delle sistemazioni esterne

ICAR 16Architettura degli Interni e AllestimentoClara Fiorillo - Scenografia

ICAR 17DisegnoFederica Cerami – La percezione dello spazio attraverso la fotografiaAdriana Paolillo – Cinema e architetturaValeria Procaccini – Strumenti della comunicazione visiva

ICAR 18 Storia dell’ArchitetturaErsilia Carelli – Storia della critica e della letteratura architettonicaAlessandro Castagnaro – L’architettura del 900 a NapoliGabriella D’Amato – Storia del designRenato De Fusco – Storia dell’architettura contemporaneaSalvatore Di Liello – Storia della città medievale e moderna

ICAR 19RestauroAldo Aveta – Consolidamento degli edifici storiciLuciano Maria Monaco – Diagnostica e cantieri per il restauro

ICAR 20Tecnica e Pianificazione UrbanisticaTeresa BocciaGenere e generazioni, spazi, tempi e sicurezza urbana per la città plurale

INF 01InformaticaBarbara Cardone – Tecnologia GIS per i sistemi informativi territorialiGiuseppe Modestino – Laboratorio di grafica vettoriale

Raffaele Schiavullo – Tecniche di realtà virtuale per l’architettura

ING-IND 11Fisica Tecnica AmbientaleNunziante Guadagno – Il progetto degli impianti

L-ART 03Storia dell’ArteGiuseppe Rago – Lineamenti di storia dell’arte contemporanea

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