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Codice ISBN: 978-88-99161-01-9 Codice ISBN-A: 10.978.8899161/019 STRADE LOCALI EXTRAURBANE E ACCESSIBILITA’ ALLA VIABILITA’ MINORE QUADERNI AIPCR TEMA 2 – RETI E MOBILITA' Quaderno a cura del Comitato Tecnico 2.5 Presidente Arch. Paola Villani

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Codice ISBN: 978-88-99161-01-9 Codice ISBN-A: 10.978.8899161/019

STRADE LOCALI EXTRAURBANEE ACCESSIBILITA’ ALLA

VIABILITA’ MINORE

QUADERNI AIPCR

TEMA 2 – RETI E MOBILITA'

Quaderno a cura del Comitato Tecnico 2.5

Presidente Arch. Paola Villani

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C.T. 2.5 Strade locali extraurbane e accessibilità alla viabilità minore

Composizione del Comitato Tecnico 2.5 pag. 8

Introduzione pag. 9

Capitolo 1 pag. 11

□ La rete stradale di Province e Comuni: analisi normativa ed economico-finanziaria

Antonio Cataldo, Paola Villani Introduzione 1. La classificazione della rete stradale 1.1 La spesa per la manutenzione ordinaria della rete stradale 1.2 Problemi connessi alla declassificazione della rete stradale 1.3 La rete declassificata e la viabilità minore e rurale 2 L’analisi dei dati 2.1 L’analisi dei dati su base comunale 2.2. L’analisi dei dati su base provinciale 3. Il censimento della rete stradale 3.1 La rete primaria 3.2 La rete secondaria 3.3 La rete minore 3.4 Le opere per la manutenzione della rete minore 3.5 Un censimento impossibile 4. Finalità della classificazione funzionale della rete stradale 4.1 La funzione delle strade 4.2 La classificazione amministrativa delle strade 5. Conclusioni Tabelle Bibliografia Riferimenti e siti Web

Capitolo 2 pag. 45

□ Il censimento delle strade appartenenti alla rete extraurbana: aspetti metodologici e normativi

Antonio Cataldo, Alessandro Di Graziano, Paola Villani

1. Metodologia 2. Fasce di rispetto 3. Classificazione della rete locale extraurbana 3.1 I problemi derivanti dalla classificazione 3.2 La classificazione e le categorie 4. Rappresentazione cartografica e problemi connessi 4.1 Il trasporto merci 4.2 I veicoli sulla rete minore 4.3 L’aggiornamento della segnaletica stradale 4.4 Classificazione della rete e segnaletica stradale 4.5 La sicurezza lungo la rete secondaria 4.6 Classificazione e specificità della rete stradale minore Conclusioni Bibliografia Riferimenti e siti Web

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Capitolo 3 pag. 78

□ Rischio idrogeologico e rete viabilistica nazionale minore Barbara Dessì, Daniele Spizzichino

1. Quadro normativo 2. Rischio idrogeologico 3. Eventi naturali geologico idraulici e serie storiche 4. Impatti del dissesto idrogeologico in Italia e nel mondo 5. Il Progetto ReNDiS 6. Caso di studio: interruzione ed isolamento piccole comunità 6.1 Scelta del caso di studio 6.2 Metodologia di analisi 6.3 Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI) 6.4 Aree a pericolosità idraulica 6.5 Grafo stradale TeleAtlas ® 2009 6.6. Analisi ed implementazione dei dati 7. Conclusioni Bibliografia Riferimenti e siti Web

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Capitolo 4 pag. 95

□ Elementi fondamentali per redigere un Piano del Traffico per la Viabilità Extraurbana Gabriella Caroti, Antonio Pratelli, Matteo Rossi Sommario 1.Introduzione 2. Un punto di vista generale 2.1 La classificazione della rete stradale 2.2 La sicurezza stradale 2.3 Il Road Safety Audit e il DL 35/2011 2.4 Gli obiettivi del PTVE 2.5 I dati necessari per lo sviluppo e la redazione del PTVE

La domanda di trasporto I dati di incidentalità I dati relativi alle infrastrutture

2.6 Strumenti informatici di supporto

2.7 Gli indicatori di prestazione 3. Gli elementi affrontati nello studio 3.1 La velocità di progetto per infrastrutture esistenti 3.2 Il passaggio alle velocità operative

I rettifili Le curve La velocità operativa di un tracciato stradale

3.3 Il livello di rischio dei dispositivi di ritenuta Il censimento dei dispositivi

3.4 Il livello di rischio connesso allo stato delle pavimentazioni 3.5 Individuazione dei punti pericolosi sulla rete stradale

Criterio 1 Criterio 2 Criterio 3

3.6 L’analisi di incidentalità Il metodo CNR Il metodo delle Norme Svizzere SN 640 009 La procedura messa a punto

3.7 Gli indici di funzionalità 3.8 La georeferenziazione 3.9 Sviluppo di un modello tassonomico per una classificazione funzionale di una rete stradale 4. Applicazione della metodologia alla viabilità extraurbana della Provincia di Pisa 4.1 La domanda di trasporto attuale 4.2 Le velocità di progetto per le strade extraurbane della Provincia di Pisa 4.3 Le velocità operative per le strade extraurbane della Provincia di Pisa 4.4 Il livello di rischio dei dispositivi di ritenuta 4.5 L’individuazione dei punti pericolosi 4.6 Gli indici di funzionalità calcolati per le strade extraurbane della Provincia di Pisa 4.7 Il modello tassonomico applicato alle strade extraurbane della Provincia di Pisa 5. Considerazioni conclusive Ringraziamenti Bibliografia

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Capitolo 5 pag. 160

□ Analisi degli incidenti stradali sulle strade appartenenti alla rete secondaria: il caso studio sulla viabilità minore della rete di Salerno Mario De Luca, Gianluca Dell’Acqua

Premessa 1. Introduzione 2. Stato dell’arte 3. Rilievo ed organizzazione dei dati di base per la rete di studio 3.1 Descrizione della rete 3.2 Dati di geometria 3.3 Dati di traffico 3.3.1 Rilievi manuali 3.4. Dati di incidentalità 3.5 Elaborazione dei dati e costruzione del modello di previsione 4. Conclusioni Bibliografia

Capitolo 6 pag. 180

□ La progettazione degli interventi di riqualificazione di una rete infrastrutturale in area urbana Alfonso Annunziata, Francesco Annunziata

Introduzione Un possibile inquadramento normativo Le aree metropolitane La classificazione delle strade La rete esistente La strada in area urbana Il sistema infrastrutturale in area urbana La gestione di un’infrastruttura nel suo servizio al territorio La riqualificazione funzionale delle strade in area urbana Considerazioni conclusive Bibliografia

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Capitolo 7 pag. 208

□ Sviluppo di un metodo di valutazione dell’indice di rischio per il trasporto delle merci pericolose con applicazione al territorio della Versilia Gabriella Caroti, Angelo Pardini, Antonio Pratelli

Sommario

1.1. Definizione di “rischio”

1.2. Fattore di rischio normalizzato

1.3. : bersagli esposti

1.4. : fattore di pesatura per i bersagli

1.5. : suscettibilità

1.6. : capacità di far fronte

2. Applicazione al territorio della Versilia

2.1. Determinazione del numero di passaggi di mezzi che trasportano merci

pericolose

2.2. Determinazione dei valori medi del parametro

2.3. Determinazione del parametro inc

2.4. Determinazione del parametro fattore d’aggravio

2.5. Fattore di rischio normalizzato

2.6. : bersagli esposti

2.7. : fattore di pesatura per i bersagli

2.8. : suscettibilità

2.9. : capacità di far fronte

3. Modello automatico

4. Conclusioni relative ai risultati ottenuti sul territorio della Versilia

Ringraziamenti

Bibliografia

Capitolo 8 pag. 232

□ Presidi territoriali e manutenzione della viabilità minore. Reti di mobilità lenta Roberta Laghi, Giancarlo Arlotti

1. L’importanza della rete di viabilità minore 2. Ciclovie e reti escursionistiche 3. Tipologie di strade e regimi giuridici 4. Gestione delle reti e popolazione locale 5. Un caso studio: il Progetto Conca 6. Conclusioni Riferimenti Normativi

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Capitolo 9 pag. 241

□ L’adeguamento del patrimonio infrastrutturale esistente Francesco Annunziata, Paola Villani

1. Le infrastrutture viarie extraurbane 2. Le infrastrutture in area urbana 3. Strade e comportamenti di guida Bibliografia

Capitolo 10 pag. 249

□ Immagini Google Earth e Carta Tecnica Regionale per il censimento della rete viaria: analisi di qualità e applicazione ad un caso studio Gabriella Caroti, Angelo Pardini, Antonio Pratelli

Sommario 1. Introduzione 2. Metodologie per la trasformazione tra sistemi di riferimento e loro precisione 2.1.1. Trasformazione con algoritmo integrato nel software GIS 2.1.2. Trasformazione con i grigliati IGM 2.1.3. Verifica di qualità della trasformazione effettuata dall’algoritmo GIS 3. Valutazione della qualità del posizionamento planimetrico mediante immagini Google Earth 4. Integrazione cartografica e risultati ottenuti 5. Conclusioni Bibliografia

Capitolo 11 pag. 255

□ La manutenzione ordinaria delle strade urbane ed extraurbane Paola Villani

Introduzione 1. Natura giuridica, classificazione e manutenzione e della sede stradale 2. La manutenzione nella fascia di pertinenza 3. La manutenzione delle ripe 4. La manutenzione delle alberate stradali 5. Conclusioni Riferimenti e siti Web Bibliografia

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Capitolo 12 pag. 262

□ Fasce di rispetto e alberate stradali: Normativa Marco Devecchi, Angelo Porta, Paola Villani

Introduzione 1. La Sentenza 1.1 Commenti 2. La Sede Stradale 2.1 Proprietà dei fondi 3. Fasce di rispetto 4. Ruolo e importanza del verde stradale per la qualità del paesaggio 5. Funzioni delle alberature stradali ed opportunità progettuali 6. Valutazioni fitostatiche 7. Conclusioni Riferimenti e siti Web Bibliografia

Allegati pag. 270

□ Tecniche di web-mapping per applicazioni GIS on-line Gabriella Caroti, Angelo Pardini, Antonio Pratelli

□ Comune di Dolo (VE) Delibera n. 82/2012 “Convenzione con imprenditori agricoli singoli o associati per la fornitura di servizi quali sistemazione e manutenzione del territorio art. 15 del D.Lgs 228/2001”

□ Scheda Progetto Conca: un progetto di valorizzazione territoriale per l’intera valle del Conca Giancarlo Arlotti, Roberta Laghi

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Composizione del Comitato Tecnico 2.5

Presidente arch. Paola Villani Politecnico di Milano

Vice Presidente Ing. Antonio Cataldo ISPRA Servizio Controllo di Gestione, Monitoraggio e Valutazione

Membri Prof. Ing. Francesco Annunziata Università degli Studi di Cagliari

Ing. Giampaolo Basoli già direttore Ministero Infrastrutture

arch. Giancarlo Arlotti Provincia di Rimini e FIAB Rimini

Prof. Ing. Gabriella Caroti Università di Pisa

Prof. Ing. Mauro Coni Università degli Studi di Cagliari

Prof. Stefano Corsi Università degli Studi di Milano

Prof. Mattia Crespi Università La Sapienza - Roma

Ing. Mario De Luca Università di Napoli - Federico II

Ing. Gianluca Dell'Acqua Università di Napoli - Federico II

Ing. Barbara Dessì ISPRA Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d'Italia

Ing. Alessandro Di Graziano Università degli Studi di Catania

Arch. Roberta Laghi Provincia di Rimini

Ing. Gilberto Martinez Arguelles Politecnico di Milano

Claudio Pedroni FIAB Area Tecnica e EuroVelo

Ing. Silvia Portas Università degli Studi di Cagliari

Prof. Ing. Antonio Pratelli Università di Pisa

Ing. Daniele Spizzichino ISPRA Dipartimento Difesa del Suolo/Servizio Geologico d'Italia

Membri Corrispondenti

Ing. Alfonso Annunziata Università degli Studi di Cagliari

Prof. Marco Devecchi Università degli Studi di Torino

Ing. Angelo Pardini Università di Pisa

Dott. Angelo Porta Legambiente

Ing. Matteo Rossi Università di Pisa

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INTRODUZIONE Paola Villani

Introduzione

Nel quadriennio precedente il Comitato Tecnico ha

affrontato il tema sulla base di un processo di esclusione,

focalizzando le analisi sulla rete della “viabilità minore”

riconducendola a quella caratterizzata da tratti di strada

di categoria F o minore ovvero alle “strade non altrimenti

classificate”. In questo quadriennio, mutuando l’esatta

traduzione adottata in ambito internazionale, tutti i

Membri sono stati invitati ad analizzare le problematiche

relative alle strade extraurbane ivi includendo i tracciati di

collegamento e adduzione alla viabilità principale.

Già dalle prime riunioni è emersa la necessità di

procedere distinguendo la vastissima rete italiana in due

macro classificazioni funzionali: viabilità ordinaria e

tracciati percorribili con altre finalità, ivi inclusi gli scopi

turistici, ambientali o di controllo del territorio.

L’eterogeneità del Comitato Tecnico ha permesso

proficui e continui scambi di opinioni di cui resta traccia

nei numerosi Verbali, discussioni che hanno certamente

contribuito ad arricchire il lavoro inducendo

l’allargamento delle tematiche da affrontare, ampliare gli

orizzonti temporali (dalla fase di analisi agli scenari in

atto) e dall’altro ha indotto il nutrito gruppo di lavoro a

concentrare l’attenzione verso quelle che paiono essere

al momento le problematiche più rilevanti: la redazione

del presente Quaderno rappresenta pertanto la sintesi di

uno sforzo interpretativo volto a comprendere la natura

dei problemi nel tentativo di formulare linee di indirizzo e

metodologie di lavoro.

I contributi qui riportati delineano il quadro complessivo

della viabilità extraurbana e della rete minore, rete a

totale carico delle singole Amministrazioni (Province,

Comuni, Comunità Montane, Consorzi) Enti che devono

farsi carico degli interventi di riqualificazione,

adeguamento e manutenzione ordinaria e straordinaria.

Interventi che dipendono da specifiche fonti di

finanziamento e di investimento per lo sviluppo e la

manutenzione della rete stradale, risorse però che, è

bene rammentarlo, sono decisamente esigue in rapporto

all’assoluta necessità di provvedere con opere di

ripristino e riqualificazione. Risorse scarse infatti limitano

la possibilità di investire e avere tracciati adeguati e

durevoli, tali da poter affermare di aver messo in assoluta

sicurezza le strade sui versanti collinari o montani a forte

rischio di dissesto.

Gli obiettivi e le politiche in materia sono trasversali e

sebbene queste interessino prevalentemente le aree

extraurbane e, per la rete minore, le aree di sviluppo

rurale, come ben evidenziano i differenti contributi, sono

molteplici i livelli di governo ed i Ministeri coinvolti.

La complessità, anche a livello normativo, è tale per cui si

ritiene auspicabile una piena ridefinizione delle

competenze in termini di intervento e pianificazione: il

quadro istituzionale è complesso poiché spesso, a vari

livelli, si considerano gli interventi di riqualificazione delle

strade minori, come tentativi, più o meno dichiarati, volti

ad un aumento della capacità della rete, allargamento

della sezione stradale, tentativi di urbanizzazione in

territori di notevole valenza ambientale.

Il sistema stradale in Italia viene considerato, a livello

della ripartizione economica delle risorse da assegnare,

quasi unicamente per strade di categoria “C” o superiore

ed ecco quindi il proliferare di statistiche che informano

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quanto sia grande il deficit di strade nazionali in rapporto

alla rete degli altri Paesi europei. Considerazione

inidonea se applicata all’Italia poiché il nostro Paese si

caratterizza, per ragioni storiche, per poter disporre di

una rete stradale assai più vasta e capillare di quella ad

esempio riscontrabile in Germania o in Francia.

Estesa stradale che garantisce la perfetta fruibilità di

territori ad altissima valenza ambientale ma, estesa

stradale rilevante che presenta oneri significativi per i

Comuni e gli Enti preposti alla manutenzione del reticolo

viario.

L’immenso patrimonio delle strade italiane, si sottolinea

nuovamente, non può essere paragonato a quello degli

altri Paesi europei. L’elevata densità di popolazione in

Italia, seppure a fronte di una contrazione della

popolazione residente, così come i fenomeni di

decentramento che si sono verificati negli ultimi decenni,

sono stati anche – o soprattutto - determinati dalla

possibilità di raggiungere i principali centri urbani con

viaggi di breve durata.

I ridotti tempi di spostamento sono garantiti da una rete

stradale diversissima per tipologia e funzioni, rete minore

che presenta problemi di sicurezza (tematica sulla quale

si soffermano alcuni contributi).

Rete stradale storica, paesaggisticamente incomparabile

per la natura e la storia dei territori attraversati, rete

stradale che deve quindi essere considerata come parte

integrante del patrimonio dello Stato e sulla quale non

possono essere tollerate derive privatistiche come quelle

in atto.

Un patrimonio infrastrutturale in ambiente unico che

richiede uno sforzo istituzionale e collettivo per garantirne

l’efficienza, la salvaguardia e la tutela.

.. - + * + -...

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LA RETE STRADALE DI PROVINCE E COMUNI: ANALISI NORMATIVA ED ECONOMICO – FINANZIARIA

Antonio Cataldo*, Paola Villani** * Direzione Generale - Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ISPRA

**DICA – Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Politecnico di Milano

Introduzione

Come già evidenziato1 la classificazione delle strade non

dovrebbe prescindere dall’analisi delle caratteristiche

geometriche e funzionali ma sono poche le Province che

ottemperano al disposto2 normativo e il censimento della

rete viaria rimane in molti ambiti territoriali un obbligo

apparentemente inevaso.

Ma Comuni e Province effettuano annualmente una sorta

di macro-classificazione così come richiesto per la

redazione dei Certificati Consuntivi. La redazione del

presente contributo è stata possibile quindi soltanto a

seguito dell’analisi dei dati3 resi disponibili dal Ministero

dell’Interno - Dipartimento per gli Affari Interni e

Territoriali.

1. La classificazione della rete stradale

In molti Enti non sono stati svolti i provvedimenti

amministrativi di classificazione delle arterie stradali ai

sensi dell’art 2 del Codice della Strada. Vi sono

ovviamente alcune positive eccezioni e tra queste

possiamo annoverare le Province di Cuneo, Caltanissetta

                                                            1 Si veda: A. Cataldo, A. Di Graziano, P. Villani, Sviluppo e gestione della viabilità extraurbana minore e rurale in Italia: situazione attuale, criticità e prospettive, AIPCR, Roma, novembre 2010

2 Regolamento di Attuazione del Codice della Strada art. 226 - 231 CdS

3 I dati sono consultabili al seguente link http://www.finanzalocale.interno.it/apps/floc.php/in/inputin/4

e Ragusa che hanno saputo far coincidere ai necessari

rilievi geometrici quelli funzionali, provvedendo quindi a

rilevare e classificare i flussi di traffico.

Molte Amministrazioni, considerando come non sia stato

approntato alcun provvedimento per la classificazione

delle strade esistenti4, dichiarano di essere ancora in

attesa di uno specifico decreto del Ministero delle

Infrastrutture previsto ai sensi dell’art. 13 comma 4 CdS5

e appellandosi a questo disposto normativo non hanno

effettuato alcuna classificazione. Altri Enti, in assenza di

                                                            4 Come si evince dal CdS le Norme citate al comma 1 dell’art. 13 sono state emanate ma soltanto per le strade di nuova costruzione: si tratta del D.M. 6792 del 5 novembre 2001, Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade ed il D.M. 19 aprile 2006, Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali.

5 CdS art. 13 comma 4. “Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro due anni dall’entrata in vigore del presente codice, emana, con i criteri e le modalità di cui al comma 1, le norme per la classificazione delle strade esistenti in base alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali di cui all'articolo 2, comma 2.” CdS art. 13 comma 1 “1. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti il Consiglio superiore delle infrastrutture e dei trasporti ed il Consiglio nazionale delle ricerche, emana entro un anno dalla entrata in vigore del presente codice, sulla base della classificazione di cui all'art. 2, le norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi. Le norme devono essere improntate alla sicurezza della circolazione di tutti gli utenti della strada, alla riduzione dell'inquinamento acustico ed atmosferico per la salvaguardia degli occupanti gli edifici adiacenti le strade ed al rispetto dell'ambiente e di immobili di notevole pregio architettonico o storico. Le norme che riguardano la riduzione dell'inquinamento acustico ed atmosferico sono emanate nel rispetto delle direttive e degli atti di indirizzo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, che viene richiesto di specifico concerto nei casi previsti dalla legge. (4)”

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queste Norme, hanno provveduto ad una classificazione

motu proprio, cercando di attenersi, per quanto possibile,

alle Norme del DM 6792/2001 ““Norme funzionali e

geometriche per la costruzione delle strade” che come è

noto però si applicano soltanto per la costruzione di nuovi

tronchi stradali ovvero alla bozza di norma del marzo

2006 per gli interventi di adeguamento delle strade

esistenti.

Per poter effettuare un censimento, nella duplice

accezione di censimento geometrico, ovvero relativo

all’estensione fisica, e di censimento funzionale, relativo

alla natura e al motivo degli spostamenti, risulta

opportuno definire un set di parametri volti alla corretta e

puntuale delimitazione del campo di interesse che in

questo specifico caso riguarda la rete delle strade locali

extraurbane e l’accessibilità alla viabilità principale.

Seguendo l’interpretazione assunta6 un censimento della

rete stradale dovrebbe necessariamente essere

sviluppato attraverso una classificazione che, per il

settore extraurbano, includendo i dati di traffico, punti al

miglioramento della sicurezza stradale. La mancata

classificazione della rete comporta da un lato la quasi

impossibile realizzazione dei Piani del Traffico della

Viabilità Extraurbana (PTVE) e dall’altro determina la

quasi impossibile definizione delle priorità in termini di

manutenzione e ottimizzazione delle infrastrutture

esistenti. A questi si aggiungono altri due aspetti: le

Amministrazioni sono chiamate a perseguire

l’innalzamento dei livelli di sicurezza stradale e dall’altro

lato devono assicurare la totale accessibilità dei territori, il

tutto in un contesto di totale contenimento della spesa.

La questione dell’accessibilità riveste poi un ruolo

importante: è bene far riferimento ai casi, purtroppo ormai

piuttosto frequenti, di mancato utilizzo della rete

secondaria qualora eventi estremi ne determinino

l’impossibile percorrenza (per allagamenti, frane,

cedimento delle infrastrutture, crollo di ponti7 o dissesti

                                                            6 A. Pratelli, M. Rossi, G. Caroti, Elementi fondamentali per redigere un piano del traffico per la viabilità extraurbana, Capitolo 4 di questo stesso Quaderno AIPCR, Roma, 2014

7 Ad esempio il crollo del ponte a Carasco (GE) in data 22/09/2013 e l’interruzione della S.P. 225 “della Fontanabuona”, il crollo del ponte di Monte Pino (Provincia di Olbia) e le opere svolte da ANAS per il ripristino della viabilità a seguito dei dissesti occorsi: a)

vari) o – di converso – il ruolo assunto dalle rete minore

qualora, eventi che abbiano interessato la rete di livello

superiore 8 possano trovare temporanea risoluzione

proprio dirottando i flussi di traffico sulla rete composta

dalle altre infrastrutture (rete secondaria e parte delle rete

urbana).

Il sistema infrastrutturale “locale” italiano a molti appare

per certi versi squilibrato: pur con tutte le difficoltà

economiche connesse alla manutenzione e

all’adeguamento, la rete si presenta come ben

sviluppata, permette l’accessibilità anche in territori poco

insediati laddove la rete “definita” di livello superiore è

basata su assi congestionati da più funzioni, ove sono

presenti tratti obsoleti per concezione di impianto e le

                                                                                             realizzazione di un raccordo provvisorio al km 16,600 della Provinciale 45 in provincia di Nuoro, in attesa della ricostruzione del ponte crollato; b) realizzazione di rampe provvisorie di accesso alla Statale 131 per il ripristino della circolazione in provincia di Olbia-Tempio sulla Provinciale 24, dopo il crollo del Ponte di Loddone; c) la realizzazione di una bretella provvisoria al km 1,050 della Provinciale 73 "Bitti-Sologo" (provincia di Nuoro), per il traffico vicino al ponte crollato, d) la bonifica e il ripristino dei fossi di guardia, drenaggi e cunette lungo la Statale 131, in provincia di Nuoro; e) il ripristino delle scarpate col posizionamento della rete paramassi sulla Statale 129 Trasversale Sarda.

8 Ad esempio la chiusura temporanea della S.S. 36. Si leggano le parole riportate nell’interpellanza “Elementi ed iniziative in ordine alla realizzazione del progetto della variante della Tremezzina lungo la strada statale n. 340 in provincia di Como” n. 2-00525 del 5 giugno 2014: “..l'interpellanza prende le mosse da una condizione di particolare emergenza determinata per la viabilità sul lago di Como nella fine di aprile [2014], a seguito di una frana che ha provocato l'interruzione della statale n. 36 che collega Milano-Lecco con la Valtellina. A seguito di questa interruzione il traffico pesante, tutto il traffico della statale n. 36, è stato dirottato sulla statale n. 340, che è quella che percorre la sponda occidentale del Lago di Como, provocando un blocco totale per più di una giornata della circolazione e di ogni possibilità di circolazione. Nel 2013, un anno fa, si era già verificato un evento analogo e, anche in quell'occasione, lo spostamento del traffico sulla statale n. 340 aveva determinato il blocco e la paralisi totale del traffico. Queste situazioni e queste condizioni di particolare urgenza e di paralisi completa sono solo l'epifenomeno di una condizione permanente di emergenza sulla statale n. 340 “Regina” sul lato occidentale del Lago di Como. Lì c’è una condizione molto particolare: è l'unica via di collegamento per quella sponda del lago, non ci sono altre strade. Negli ultimi decenni si sono avuti ripetuti franamenti, blocchi e interruzioni. Quando si interrompe la statale n. 340 “Regina” in quella parte del centro lago non c’è più possibilità di collegamento per circa 60 chilometri di strada tra Como, Sondrio, la Valtellina e la Svizzera.”

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strutture funzionali sono carenti, una rete primaria che

risulta inadeguata a sostenere i livelli di traffico attuali e

difficilmente potrebbe sostenere eventuali incrementi di

mobilità (veicoli privati e commerciali) dovuti allo sviluppo

delle attività e dei territori.

Tutti gli aspetti connessi alla gestione delle strade

dovrebbero tendere a restituire un quadro omogeneo e

ipotizzare i futuri sviluppi della rete: non si tratta soltanto

di pianificare la manutenzione o stabilire quali siano i

provvedimenti per la tutela del patrimonio stradale quanto

valutare attentamente, quali possano essere, in uno

scenario di attenta valutazione della spesa pubblica, le

possibili scelte da perseguire. Occorre partire dai dati di

sviluppo economico, dai dati di traffico (o da quelli

connessi all’inopportuno utilizzo delle infrastrutture da

parte di alcune specifiche componenti veicolari), sia per

supportare la progettazione di nuove opere, sia per una

più attenta valutazione degli interventi di manutenzione

ordinaria e straordinaria. Se è corretto intervenire per

migliorare la sicurezza stradale e ancora più impellente

assicurare la sicurezza dei territori, contrastando il rischio

idrogeologico, individuando le cause che hanno portato

alla diffusa fragilità ambientale (frane, allagamenti) e

individuare se la mancata manutenzione della sede

stradale o la deliberata scelta di demandare ad altri le

opere di mantenimento delle fasce di pertinenza9 possa

aver accelerato i processi di dissesto. Per queste analisi

è fondamentale il continuo scambio informativo tra i vari

Ministeri (Interno, Ambiente, Infrastrutture) e le Forze

dell’Ordine, anche per includere la totale applicazione di

quanto riportato nel Codice della Strada e nel

Regolamento di Attuazione sia in termini di

                                                            9 Per la completa trattazione del tema si veda il capitolo P.Villani “La manutenzione ordinaria delle strade urbane ed extraurbane“ in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014

classificazione10 funzionale e amministrativa delle strade

sia per individuare problematiche da sanare11.

Se l’ottimale classificazione12 della rete stradale, avrebbe

dovuto semplificarsi stante il proliferare di metodi e

strumenti informatici, la mancata implementazione

congiunta degli archivi informatizzati e la crescente

autonomia degli Enti preposti ne ha di fatto reso sempre

più complessa la gestione. Opere di manutenzione e

gestione che dovrebbero essere “nuovamente”

istituzionalizzate, al fine di pianificare tutte le azioni di

controllo della domanda e dell’offerta di mobilità (ancora

carente nelle aree extraurbane) e stabilire così le priorità

e responsabilità di intervento ottimizzando la spesa

pubblica.

1.1 La spesa per la manutenzione ordinaria della rete

stradale

Per quanto riguarda la viabilità secondaria si registra in

molti casi un’inadeguata programmazione degli interventi

di manutenzione ordinaria e straordinaria, mancata

programmazione che di fatto sta progressivamente

portando a un decadimento del patrimonio infrastrutturale

e ad una crescita delle cause passive d’incidentalità.

Per assicurare il riequilibrio del Bilancio molti Enti hanno

adottato manovre strutturali di riduzione delle spese

correnti, effettuando una rigorosa rivisitazione dei servizi

                                                            10 Per rendere agevole l’eventuale classificazione della rete sono state prodotte specifiche schede di sintesi* elaborate ai sensi della Normativa di riferimento e sulla base del Parere Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (Prot. 0001080 – 01/03/2013).

* Le Schede di sintesi sono riportate nel Capitolo di Antonio Cataldo, Alessandro Di Graziano, Paola Villani “Il censimento delle strade appartenenti alla rete extraurbana: aspetti metodologici e normativi “ in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014

11 Tra le principali problematiche relative alla corretta classificazione della rete vi è quella delle fasce di rispetto la cui completa trattazione è riportata nel capitolo Antonio Cataldo, Alessandro Di Graziano, Paola Villani “Il censimento delle strade appartenenti alla rete extraurbana: aspetti metodologici e normativi “ in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR, Roma, 2014

12 Classificazione basata su molteplici aspetti: caratteristiche geometriche della sede stradale, vincoli, limitazioni al transito per massa, dimensioni, gestione amministrativa, dati di traffico e incidenti stradali.

Page 15: Ct 2 5 villani

14

erogati, procedendo alla riorganizzazione degli stessi

sebbene non sempre abbiano saputo individuare i

corretti criteri di efficienza per eliminare sprechi e

diseconomie.

Per quanto attiene la rete stradale molte sono state le

Province che hanno messo in atto politiche e manovre

volte a contrarre la spesa pubblica, demandando,

laddove possibile, gli interventi di gestione e

manutenzione della rete stradale ai Comuni, ed i Comuni,

a loro volta, in un processo di passaggio delle

competenze, hanno demandato l’onere delle

manutenzioni ai privati cittadini.

Laddove poi le Province hanno avviato procedimenti di

declassificazione13 della rete stradale le problematiche

                                                            13 Regolamento di attuazione NCdS Art. 4. (Art. 2, CdS) Passaggi di proprietà fra enti proprietari delle strade. 1.) Qualora per variazioni di itinerario o per varianti alle strade esistenti, si rende necessario il trasferimento di strade, o di tronchi di esse, fra gli enti proprietari, fatto salvo quanto previsto all'articolo 3, si provvede a norma dei commi seguenti. 2.) L'assunzione e la dismissione di strade statali o di singoli tronchi avvengono con decreto del Ministro dei lavori pubblici, su proposta di uno degli enti interessati, previo parere degli altri enti competenti, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici e il Consiglio di amministrazione dell'A.N.A.S. Per le strade non statali il decreto è emanato dal Presidente della regione competente su proposta degli enti proprietari interessati, con le modalità previste dall'articolo 2, commi 4, 5, e 6. Le variazioni di classifica conseguenti all'emanazione dei decreti precedenti, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica o sul Bollettino regionale, sono comunicate all'archivio nazionale delle strade di cui all'articolo 226 del codice. 3.) In deroga alla procedura di cui al comma 2, i tratti di strade statali dismessi a seguito di varianti, che non alterano i capisaldi del tracciato della strada, perdono di diritto la classifica di strade statali e, ove siano ancora utilizzabili, sono obbligatoriamente trasferiti alla provincia o al comune. 4.) I tratti di strade statali, regionali o provinciali, che attraversano i centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuati a seguito della delimitazione del centro abitato prevista dall'articolo 4 del codice, sono classificati quali strade comunali con la stessa deliberazione della giunta municipale con la quale si procede alla delimitazione medesima. 5.) Successivamente all'emanazione dei provvedimenti di classificazione e di declassificazione delle strade previsti agli articoli 2 e 3, all'emanazione dei decreti di passaggio di proprietà ed alle deliberazioni di cui ai commi precedenti, si provvede alla consegna delle strade o dei tronchi di strade fra gli enti proprietari. 6.) La consegna all'ente nuovo proprietario della strada è oggetto di apposito verbale da redigersi in tempo utile per il rispetto dei termini previsti dal comma 7 dell'articolo 2 ed entro sessanta giorni dalla delibera della giunta municipale per

connesse alla ridotta o inesistenze manutenzione

ordinaria si sono acuite, sia per la contrazione delle

risorse assegnate14 agli Enti Locali sia per il mancato

trasferimento delle competenze e – conseguentemente -

dei fondi necessari all’assolvimento delle stesse.

1.2 Problemi connessi alla declassificazione della

rete stradale

Inoltre si deve considerare come una eccessiva

declassificazione della rete contravviene a quanto

riportato nel Codice Civile, all’art. 822 che infatti così

recita:

Codice Civile - Dei beni appartenenti allo Stato, agli enti

pubblici e agli enti ecclesiastici – art. 822

Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio

pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i

fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche

dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa

nazionale15

. Fanno parimenti parte del demanio

                                                                                             i tratti di strade interni ai centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti. 7.) Qualora l'amministrazione che deve prendere in consegna la strada, o tronco di essa, non interviene nel termine fissato, l'amministrazione cedente è autorizzata a redigere il relativo verbale di consegna alla presenza di due testimoni, a notificare all'amministrazione inadempiente, mediante ufficiale giudiziario, il verbale di consegna e ad apporre agli estremi della strada dismessa, o dei tronchi di essa, appositi cartelli sui quali vengono riportati gli estremi del verbale richiamato.

14 Giancarlo Verde Lo squilibrio finanziario degli enti locali, Ministero dell’Interno, Marzo 2013

E.K. Danielli, M.G. Pittalis, Il dissesto finanziario degli Enti Locali alla luce del nuovo assetto normativo, Ministero dell’Interno, aprile 2010

Ministero dell’Interno, Relazione generale sullo stato economico del Paese. I Bilanci delle Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, 2010 http://finanzalocale.interno.it/docum/studi/isae2010/relazione2010.pdf

15 I beni indicati in questo comma appartengono al demanio necessario (o naturale), in quanto sono dei beni che per la loro naturale attitudine a soddisfare interessi pubblici non possono che essere di proprietà dello Stato. Il demanio naturale è composto dal: a) demanio marittimo che, oltre ai beni indicati dall'art. 822, comprende anche: le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo. Il mare e il fondo del mare non sono beni demaniali ma cose fuori commercio

Page 16: Ct 2 5 villani

15

pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le

autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli

acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico,

archeologico e artistico a norma delle leggi in materia;

le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi,

delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla

legge assoggettati al regime proprio del demanio

pubblico16

.

Nel caso di declassificazione ad opera di una

Amministrazione Comunale, le strade interessate dal

provvedimento divengono automaticamente strade

agrarie interpoderali di proprietà privata, con esclusione

di qualsiasi forma di uso pubblico17. La declassificazione

di una strada vicinale di uso pubblico iscritta nello

stradario comunale può avvenire, sia d’ufficio sia per

istanza di parte, solo sulla base del fondamentale

presupposto dell’effettiva assenza di uso pubblico o della

inutilità di fatto del pubblico uso. A seguito di istanza dei

privati frontisti, sono previste eventuali variazioni dei

tracciati delle strade vicinali di uso pubblico a condizione

che queste non siano peggiorative, rispetto alla

situazione esistente, in relazione alla fruizione pubblica

della strada18.

                                                                                             [v. Libro III, Titolo I] (res communes omnium); b) demanio idrico; c) demanio militare, cioè le opere destinate direttamente alla difesa nazionale, ossia aeroporti e strade militari. Non appartengono al demanio invece: a) le difese naturali; b) gli armamenti, le caserme, gli aerei militari (questi beni appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato).

16 I beni indicati in questo comma appartengono al demanio accidentale dello Stato che è, quindi, composto da: a) demanio stradale che comprende tutte le strade di proprietà degli enti territoriali, destinate al pubblico transito; b) demanio ferroviario che include le strade ferrate e le loro pertinenze, e i beni occorrenti all'esercizio e conservazione della ferrovia (i fabbricati, le stazioni elettriche); c) demanio aeronautico che include gli aeroporti appartenenti agli enti territoriali, destinati al traffico civile, comprese le relative pertinenze (radar, impianti radio); d) demanio culturale, cioè i beni di particolare interesse storico, architettonico e artistico, appartenenti agli enti pubblici territoriali.

17 Comune di Alcamo (TP), Deliber. Consiglio Comunale, n. 63 del 24/05//2013

18 Per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade vicinali soggette a pubblico transito, gli Enti possono erogare contributi in misura variabile da un quinto sino alla metà dell’importo della spesa. Le opere ammesse a contributo, nei limiti delle risorse stanziate,

1.3 La rete declassificata e la viabilità minore e rurale

E’ necessario reperire l’insieme di criteri che isolino, nel

contesto della rete stradale e includendo i tratti della rete

extraurbana, la sola viabilità minore e rurale e, per quanto

concerne il panorama italiano, questa operazione di

delimitare il campo di interesse, si presta di fatto ad un

duplice approccio: il primo, che denomineremo

“normativo” prende le mosse della definizione della

viabilità, ivi inclusa quella minore e rurale, con ulteriore

riferimento alle caratteristiche geometriche del tracciato

stradale, il secondo, l’approccio “funzionale” è relativo

alla caratterizzazione funzionale della rete viaria

extraurbana.

Provando ad affrontare contemporaneamente gli

approcci proposti, si evidenziano però alcune difficoltà

nell’individuazione di quei caratteri esclusivi che

permettano un’estrazione univoca e puntuale della rete

oggetto di interesse.

Le difficoltà sono dovute :

- alla molteplicità dei gestori e alla frammentazione del

patrimonio che costituisce l’intera rete viaria minore e

rurale19. Per quanto riguarda le strade di interesse20,

occorre rammentare come la gestione di questa rete

“minore” sovente discenda dalla motivazione che ha

portato alla realizzazione dei tracciati stessi e che

conseguentemente ha determinato l’Ente proprietario

della strada: caso emblematico è quello delle strade di

                                                                                             sono individuate sulla base della partecipazione a bandi pubblici.

19 Nel totale delle strade extraurbane vanno infatti computate tutte le strade che attraversano i Comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti. Le strade definite in ambito internazionale “rural roads” includono le classiche extraurbane (strade statali, provinciali oltre a quelle gestite dai Comuni), ma a queste si aggiungono tutte le strade che, nel contesto nazionale, assumono molteplici denominazioni: strade di Comunità Montane, strade Parco, strade di argine, strade vicinali, strade agrarie, strade agro-silvo-pastorali, strade di bonifica, trazzere, tratturi, contrade, strade bianche. In aggiunta alla problematica che sorge nel mettere a sistema, ove esistenti, i patrimoni relativi ai singoli gestori (Province e Comuni), vi sono quindi quelli degli Enti Parco, delle Comunità Montane e dei Magistrati delle Acque.

20 Comitato Tecnico 2.5 Strade locali extraurbane e viabilità minore

Page 17: Ct 2 5 villani

16

argine affidate alla tutela dei Magistrati delle Acque,

esempio lampante dell’estrema frammentazione del

patrimonio viario che presenta un carattere di difficile

riconduzione ad un unicum territoriale di riferimento,

unicum che come tale è bene sia attentamente

preservato e tutelato.

A oltre 150 anni dall’Unità di Italia si ripercuotono ancora

alcuni problemi, tra cui l’assenza “storica” di un

censimento nazionale e al tardivo obbligo di

classificazione21 introdotto soltanto con il Codice della

Strada del 1992.

Sebbene l’evoluzione della rete viaria presenti

caratteristiche di lungo periodo, e quindi le modificazioni

relative all’estesa complessiva possano essere valutate

anche su informazioni non sempre aggiornatissime,

occorre rilevare come i dati ufficiali resi disponibili dal

Ministero dell’Interno, abbiano permesso di evidenziare

un quadro delle tendenze in atto.

Se le competenze relative alla manutenzione delle strade

vicinali sino al 1992 erano sempre state affidate a

                                                            21 La legge n. 2248 del 20 marzo 1865 classificava le strade come nazionali, provinciali, comunali o vicinali. Il Regio Decreto n. 2506 (G.U. del 4 dicembre 1923 n. 284) classificava le strade in 5 classi (nazionali, provinciali (due classi), comunali, militari). La legge n. 126 del 12 febbraio 1958 (abrogata ma ancora in vigore per quanto attiene l’art. 14 “Art. 14. Consorzi per le strade vicinali di uso pubblico. La costituzione dei consorzi previsti dal decreto legislativo luogotenenziale 1 settembre 1918, n. 1446, per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali di uso pubblico, anche se rientranti nei comprensori di bonifica, è obbligatoria. In assenza di iniziativa da parte degli utenti o del Comune, alla costituzione del consorzio provvede di ufficio il Prefetto.”), manteneva la classificazione precedente così denominando le tipologie di strade “statali, provinciali, comunali, vicinali, militari” e l’onere della manutenzione delle vicinali era lasciato ad appositi Consorzi. Le strade di bonifica, ai sensi dell’art. 10, dovevano necessariamente essere riclassificate come statali, provinciali o comunali. La Legge n. 31 del 26 gennaio 1963 “Disposizioni per l'ammissione a contributo della spesa per la sistemazione delle strade classificate provinciali anteriormente all'entrata in vigore della legge 12 febbraio 1958, n. 126, o non comprese nei piani di cui all'articolo 16 della legge stessa.” (G.U. n. 35 del 7 febbraio 1963) destinava risorse economiche importanti successivamente ampliate con la la Legge n. 167 del 9 aprile 1971, che attribuiva ad ANAS il totale coordinamento dei lavori sulla rete primaria (autostrade e strade statali) erogando risorse per la sistemazione, l’ammodernamento e la costruzione di strade provinciali e comunali. Classificazione meramente amministrativa sino al 1992. Le Norme tecniche in vigore erano quelle del Bollettino Ufficiale C.N.R. n. 78 del 28 luglio 1980.

specifici Consorzi22, con il D.Lgs 30 aprile 1992, n. 285,

Codice della Strada, le spese di manutenzione sulle

strade vicinali sono passate direttamente23 ai Comuni,

gravando in modo significativo sul Bilancio.

Le strade vicinali sono state quindi ricomprese nel totale

dell’estesa dei singoli Comuni sebbene con qualche

importante eccezione. Molti Enti non hanno formalizzato

questo passaggio imposto dal CdS, non hanno potuto o

voluto accatastare queste strade, in alcuni casi queste

sono state ri-denominate “strade private ad uso pubblico”

mentre altre strade ex vicinali sono state trasferite alle

Province rendendo quindi il quadro complessivo di

difficile restituzione.

E non deve stupire quindi se alcuni Comuni24 sono corsi

soltanto in anni recenti a censire e normare questo

immenso patrimonio e declassificarne una parte

ridefinendolo “viabilità agraria interpoderale di proprietà

privata” e mantenendo ufficialmente come strade

comunali soltanto quelle ricomprese all’interno dei centri

abitati ma includendo in questi elenchi anche strade che

non sono riportate nemmeno negli stradari ufficiali. E

queste pratiche mal gestite si sono ripercosse, e si

ripercuotono costantemente, sull’attività delle

Amministrazioni stesse spesso chiamate in causa per

manutenzioni e ripristini che non spettano, altre volte

impossibilitate ad aprire al pubblico transito strade che

sono state di fatto considerate come private.

Altre volte, la non chiara definizione delle strade di

competenza comunale, determina il ricorso a Ordinanze

che impongono ai privati la manutenzione della sede

stradale, ivi compresi fossi e rivi.

Ma imporre ai privati la manutenzione della sede stradale

ha costi elevatissimi, anche in termini di vite umane:

- da un lato gli Enti proprietari delle strade (ma in alcuni

casi anche i gestori della rete su ferro) e quindi pubbliche

Amministrazioni, si sentono deresponsabilizzati dalla

                                                            22 Art. 14 della Legge n. 126 del 12 febbraio 1958

23 CdS, art 14 comma 4. “Per le strade vicinali di cui all'art. 2, comma 7, i poteri dell'ente proprietario previsti dal presente codice sono esercitati dal comune”.

24 Ad esempio il Comune di Civitavecchia (Roma), Regolamento per la gestione delle strade vicinali soggette a pubblico transito, 23 marzo 2011

Page 18: Ct 2 5 villani

17

manutenzione ritenendo di aver risparmiato sugli oneri di

manutenzione poiché la stessa è stata delegata ai

residenti

- dall’altro sono pronti a richiedere risorse allo Stato per

fronteggiare i sempre più frequenti fenomeni di dissesto

idrogeologico, senza, apparentemente, avvedersi di aver

determinato – o comunque aver giocato un ruolo nel

determinare – frane e allagamenti.

2. L’analisi dei dati

2.1 L’analisi dei dati su base comunale

L’analisi completa dei dati a livello comunale sarà

completata nel prosieguo del presente studio ma è

possibile anticipare alcune riflessioni legate

principalmente all’estesa delle strade che caratterizzano

alcuni Comuni: questi sono stati selezionati

appositamente in quanto differenti per popolazione,

dimensione e contesto territoriale. Le analisi sono state

effettuate per il periodo 2000 – 2012.

Comune di Civitavecchia

(Roma)

Lunghezza delle strade esterne25

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)

anno 2000 11 92

anno 2004 11 92

anno 2012 155 92

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Comune di Cortona (AR)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 249 20

anno 2004 249 20

anno 2012 216 22

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Comune di Cesenatico (RN)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 59 88

anno 2004 59 88

anno 2012 59 88

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

                                                            25 * Strade comunali e vicinali di uso pubblico, compresa l'eventuale quota di strade consortili.

Comune di Chiavari (GE)

Lunghezza delle strade esterne26*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 17 61

anno 2004 5 74,5

anno 2012 5 75

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Comune di Como

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 220 200

anno 2004 228 200

anno 2012 279 200

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Comune di Crosia (CS)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 50 33

anno 2004 50 35

anno 2012 50 35

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Comune di Caltanissetta

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 153 130

anno 2004 627 15927

anno 2012 0 160

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Comune diCalvagese della

Riviera (BS)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)

anno 2000 15 20

anno 2004 8 12

anno 2012 8 12

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi Ora, anche ipotizzando qualche cessione a soggetti

privati, risulta difficile comprendere come la rete stradale

urbana possa diminuire nel tempo. Tuttalpiù, potrà

incrementarsi a seguito di

- espansione del centro abitato

                                                            26 * Strade comunali e vicinali di uso pubblico, compresa l'eventuale quota di strade consortili.

27 Un refuso sui Certificati Consuntivi riporta un valore pari a 15.905 qui rettificato per renderlo compatibile http://finanzalocale.interno.it/apps/floc.php/certificati/index/codice_ente/5190180040/cod/4/anno/2004/md/0/cod_modello/CCOU/tipo_modello/U/cod_quadro/01

Page 19: Ct 2 5 villani

18

- inclusione di alcune strade vicinali nello

stradario pubblico

come nei casi di Reggiolo e Carpi.

Comune di Reggiolo (RE)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 20 2

anno 2004 21 38

anno 2012 21 38

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Comune di Carpi (MO)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 330 130

anno 2004 276 131

anno 2012 208 236

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi Ed allora - ancor prima delle necessarie analisi per un

censimento della rete stradale esistente, si pone il

problema della certificazione dei dati forniti dalle

amministrazioni locali, che, per il caso di per Racalmuto

(AG) si invertono oppure, nel caso del Comune di Pisticci

(MT), appaiono o scompaiono nei differenti anni mentre

le strade di ambito urbano risultano avere una densità

maggiore28 di quella presente in tutte le maggiori città

italiane.

Comune di Racalmuto (AG)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 2000 161 10

anno 2004 161 10

anno 2011 10 161

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

                                                           28 A Pisticci (MT) le strade urbane dichiarate sono pari a 120 km che, per un centro abitato pari a 5 ettari, corrispondo a 24 km di strade per ettaro contro, ad esempio, dati che oscillano, in tutta Italia, su valori compresi tra 0,01 e 0,1 ( 0,099 km/ha a Milano, 0,19 km/ha a Torino, 0,012 km/ha a Roma): questi valori non si possono spiegare neppure tenendo conto della complessa orografia locale e dei tornanti che caratterizzano larga parte del centro storico. Più presumibilmente alcuni Enti Locali trasmettono al Ministero dell’Interno i dati di superficie in metri quadrati (mq) o chilometri quadrati (kmq) anziché in ettari (ha) come richiesto nella compilazione dei Certificati Consuntivi.

Comune di Pisticci (MT)

Lunghezza delle strade esterne*

(km)

Lunghezza delle strade interne al

centro abitato (km)anno 1998 372 120

anno 2000 0 120

anno 2012 372 120

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

  

Centro storico di Pisticci (MT)

 

 

Page 20: Ct 2 5 villani

19

Page 21: Ct 2 5 villani

20

2.2 L’analisi dei dati su base provinciale

Prima di analizzare i dati forniti dal Ministero dell’Interno

sono state svolte alcune analisi puntuali volte a verificare

la corrispondenza tra le banche dati pubbliche e le

informazioni trasmesse ai Ministeri (dell’Interno, delle

Infrastrutture, dell’Ambiente).

Desta perplessità il fatto che alcune strade provinciali non

siano rappresentate nel Portale Cartografico Nazionale:

si fa riferimento ad esempio alla Strada Provinciale

Pozzitello-San Basilio.

Figure: La Sp Pozzitello-San Basilio nel territorio di Pisticci (MT): infrastruttura non rappresentata nel Portale Cartografico Nazionale (in alto), correttamente riportata invece sui più diffusi portali cartografici (navigatore TomTom OpenStreetMap, Google Maps).

 

E con riferimento ai dati che le Province hanno

trasmesso al Ministero dell’Interno non è possibile

tracciare un adeguato quadro complessivo di sintesi

a livello nazionale: come si evidenzia dalle Tabelle

seguenti, pur considerando le normali classificazioni

e declassificazioni i chilometri di strade provinciali

dichiarati da alcune Amministrazioni risultano

cronologicamente poco attendibili.

 

Provincia diLivorno

Lunghezza totale delle strade provinciali* (km)

anno 2000 482

anno 2004 688

anno 2012 458

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Provincia diUdine

Lunghezza totale delle strade provinciali* (km)

anno 2000 1.263

anno 2004 1.270

anno 2012 1.321,4

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Provincia diAsti

Lunghezza totale delle strade provinciali* (km)

anno 2000 1.175

anno 2004 1.247,37

anno 2012 1.291,07

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Provincia diMessina

Lunghezza totale delle strade provinciali* (km)

anno 2000 2.658

anno 2004 2.612,11

anno 2012 2.860

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Provincia diBrescia

Lunghezza totale delle strade provinciali* (km)

anno 2000 1.077

anno 2004 1.640

anno 2012 1.581

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

 

Page 22: Ct 2 5 villani

21

Provincia di Agrigento

Lunghezza totale delle strade provinciali* (km)

anno 2000 955

anno 2004 934

anno 2012 1.236

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Provincia di Pavia

Lunghezza totale delle strade provinciali* (km)

anno 2000 1.650

anno 2004 2.000

anno 2012 1.992

Fonte: Ministero dell’Interno - Finanza Locale, Certificati Consuntivi

Page 23: Ct 2 5 villani

22

3. Il censimento della rete stradale

Un censimento reale della rete non è soltanto difficile ma

quasi impossibile. Se da un lato si possono leggere i dati

a livello provinciale e comunale sul sito del Ministero

dell’Interno, le informazioni poste nei Certificati

Consuntivi29 e dichiarate per l’estensione e la tipologia

della rete stradale sono :

- per alcuni Enti poco coerenti,

- non sempre concordano con i dati trasmessi al

Ministero delle Infrastrutture,

- si discostano palesemente da quanto dichiarato nei

documenti o nei regolamenti locali,

e in estrema sintesi, non possono essere un valido

supporto per la realizzazione del lavoro di censimento

che il Comitato si era posto come obiettivo.

Inoltre il tipo ed il livello delle informazioni presenti non

risultano idonee all’individuazione dei criteri per

l’estrazione del sottoinsieme che andrebbe ad integrare

quanto variamente censito per le reti di livello

amministrativo inferiore.

Eppure la Normativa 30 è chiarissima. E l’unica

classificazione possibile è quella citata nel DM 2001

                                                            29 I dati del Ministero dell’Interno desunti dai Certificati Consuntivi e la comparazione con i dati raccolti dal Ministero Infrastrutture per quanto attiene le Province sono riportati nelle Tabelle in calce a questo documento.

30 CdS Art. 13. Norme per la costruzione e la gestione delle strade comma 6. Gli enti proprietari delle strade sono obbligati ad istituire e tenere aggiornati la cartografia, il catasto delle strade e le loro pertinenze secondo le modalità stabilite con apposito decreto che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti emana sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici e il Consiglio nazionale delle ricerche. Nel catasto dovranno essere compresi anche gli impianti e i servizi permanenti connessi alle esigenze della circolazione stradale.

CdS Art. 225. Istituzione di archivi ed anagrafe nazionali 1. Ai fini della sicurezza stradale e per rendere possibile l'acquisizione dei dati inerenti allo stato delle strade, dei veicoli e degli utenti e dei relativi mutamenti, sono istituiti: a) presso il Ministero dei lavori pubblici un archivio nazionale delle strade; b) presso la Direzione generale della M.C.T.C. un archivio nazionale dei veicoli; c) presso la Direzione generale della M.C.T.C. una anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, che include anche incidenti e violazioni.

Art. 226. Organizzazione degli archivi e dell'anagrafe nazionale comma 1. Presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito l'archivio nazionale delle strade, che comprende tutte le strade distinte per

Modalità di istituzione ed aggiornamento del Catasto

delle strade :

Classifica Amministrativa

SS = Strade Statali

SR = Strade Regionali

SP = Strade Provinciali

SC = Strade Comunali

SM = Strade Militari

PR = Strade private

Classifica Tecnico-Funzionale

A = Autostrade

B = Strade extraurbane principali

C = Strade extraurbane secondarie

D = Strade urbane di scorrimento

                                                                                             categorie, come indicato nell'art. 2. comma 2. Nell'archivio nazionale, per ogni strada, devono essere indicati i dati relativi allo stato tecnico e giuridico della strada, al traffico veicolare, agli incidenti e allo stato di percorribilità anche da parte dei veicoli classificati mezzi d'opera ai sensi dell'art. 54, comma 1, lettera n), che eccedono i limiti di massa stabiliti nell'art. 62 e nel rispetto dei limiti di massa stabiliti nell'art. 10, comma 8. comma 3. La raccolta dei dati avviene attraverso gli enti proprietari della strada, …

D.M. Primo giugno 2001 Modalità di istituzione ed aggiornamento del Catasto delle strade ai sensi dell'art. 13, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni. (GU Serie Generale n.5 del 7-1-2002 - Suppl. Ordinario n. 6) Art. 6. Le autostrade e le strade di interesse nazionale, le strade regionali, provinciali e comunali sono accatastate, assumendo l'allegato al presente decreto come obiettivo finale da raggiungere, secondo il seguente ordine di priorità: - autostrade e strade di interesse nazionale : entro due anni dall'entrata in vigore del presente decreto; - strade regionali : entro tre anni dall'entrata in vigore del presente decreto; - strade provinciali e comunali extraurbane con larghezza pavimentata non inferiore a metri 5,50: entro quattro anni dall'entrata in vigore del presente decreto; - altre strade comunali extraurbane con larghezza pavimentata inferiore a metri 5,50 e strade urbane pavimentate: entro cinque anni dall'entrata in vigore del presente decreto. Per queste ultime, in una prima fase, il rilevamento può essere limitato agli attributi globali degli elementi stradali, alle giunzioni ed alle aree di traffico che consentono di definire il grafo della rete, come indicato nell'Allegato al presente decreto. Allegato punto 3.1 Codifica dei dati per il catasto delle strade Il codice dell'ente viene assegnato in modo univoco dal gestore dell'Archivio Nazionale delle Strade.

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3.1 La rete primaria

Occorre anche analizzare il combinato disposto di cui agli

art. 98, 99 e 101 del D.Lgs 112/1998 che, contrariamente

a quanto asserito dalle Amministrazioni locali, non ha

imposto alcun trasferimento 31 delle strade statali alle

                                                            31 D.Lgs. n. 112 del 1998 Art. 98. Funzioni mantenute allo Stato Comma 1. Sono mantenute allo Stato le funzioni relative: a) alla pianificazione pluriennale della viabilità e alla programmazione, progettazione, realizzazione e gestione della rete autostradale e stradale nazionale, costituita dalle grandi direttrici del traffico nazionale e da quelle che congiungono la rete viabile principale dello Stato con quella degli Stati limitrofi; b) alla tenuta dell'archivio nazionale delle strade; c) alla regolamentazione della circolazione, anche ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai fini della salvaguardia della sicurezza nazionale. d) alla determinazione dei criteri relativi alla fissazione dei canoni per le licenze e le concessioni, nonché per l'esposizione di pubblicità lungo o in vista delle strade statali costituenti la rete nazionale; e) alla relazione annuale al Parlamento sull'esito delle indagini periodiche riguardanti i profili sociali, ambientali ed economici della circolazione stradale ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992; f) alla informazione dell'opinione pubblica con finalità prevenzionali ed educative ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992; g) alla definizione di standard e prescrizioni tecniche in materia di sicurezza stradale e norme tecniche relative alle strade e loro pertinenze ed alla segnaletica stradale, ai sensi del decreto legislativo n. 285 del 1992; h) alle funzioni di indirizzo in materia di prevenzione degli incidenti, di sicurezza ed informazione stradale e di telematica applicata ai trasporti, anche mediante iniziative su scala nazionale; i) alla funzione di regolamentazione della circolazione veicolare, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 285 del 1992, per motivi di sicurezza pubblica, di sicurezza della circolazione, di tutela della salute e per esigenze di carattere militare. Comma 2. All'individuazione della rete autostradale e stradale nazionale si provvede, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, attraverso intese nella Conferenza unificata. In caso di mancato raggiungimento delle intese nel termine suddetto, si provvede nei successivi sessanta giorni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del Consiglio dei Ministri. Comma 3. Sono, in particolare, mantenute allo Stato, in materia di strade e autostrade costituenti la rete nazionale, le funzioni relative: a) alla determinazione delle tariffe autostradali e ai criteri di determinazione dei piani finanziari delle società concessionarie; b) all'adeguamento delle tariffe di pedaggio autostradale; c) all'approvazione delle concessioni di costruzione ed esercizio di autostrade; d) alla progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade e delle autostrade, sia direttamente sia in concessione; e) al controllo delle concessionarie autostradali, relativamente all'esecuzione dei lavori di costruzione, al rispetto dei piani finanziari e dell'applicazione delle tariffe, e alla stipula delle relative convenzioni; f) alla determinazione annuale delle tariffe relative alle licenze e concessioni ed alla esposizione della pubblicità.

                                                                                             D.Lgs. n. 112 del 1998 Art. 99. Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali Comma 1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate negli articoli del presente capo e tra queste, in particolare, le funzioni di programmazione, progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale, compresa la nuova costruzione o il miglioramento di quelle esistenti, nonché la vigilanza sulle strade conferite. Comma 2. La progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade di cui al comma 1 può essere affidata temporaneamente, dagli enti territoriali cui la funzione viene conferita, all'Ente nazionale per le strade (ANAS), sulla base di specifici accordi. Comma 3. Sono, in particolare, trasferite alle regioni le funzioni di programmazione e coordinamento della rete viaria.. Sono attribuite alle province le funzioni di progettazione, costruzione e manutenzione della rete stradale, secondo le modalità e i criteri fissati dalle leggi regionali. Comma 4. Alle funzioni di progettazione, costruzione, manutenzione di rilevanti opere di interesse interregionale si provvede mediante accordi di programma tra le regioni interessate.

D.Lgs. n. 112 del 1998, Art. 101. Trasferimento delle strade non comprese nella rete autostradale e stradale nazionale Comma 1. Le strade e autostrade, già appartenenti al demanio statale ai sensi dell'articolo 822 del codice civile e non comprese nella rete autostradale e stradale nazionale, sono trasferite, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 98, comma 2, del presente decreto legislativo, al demanio delle regioni, ovvero, con le leggi regionali di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, al demanio degli enti locali. Tali leggi attribuiscono agli enti titolari anche il compito della gestione delle strade medesime. Comma 2. In seguito al trasferimento di cui al comma 1 spetta alle regioni o agli enti locali titolari delle strade la determinazione dei criteri e la fissazione e la riscossione, come entrate proprie, delle tariffe relative alle licenze, alle concessioni e alla esposizione della pubblicità lungo o in vista delle strade trasferite, secondo i principi definiti con atto di indirizzo e di coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59..

Art. 824. Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali. I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle Province o ai Comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico. Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.

Art. 825. Diritti demaniali su beni altrui. Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali che spettano allo Stato, alle Province e ai Comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi.

Art. 826. Patrimonio dello Stato, delle Province e dei Comuni. I beni appartenenti allo Stato, alle Province e ai Comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle Province e dei Comuni. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le

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Regioni. Non soltanto, l’art. 99 del D.Lgs 112/98 richiama

espressamente la Normativa di ordine superiore32 

                                                                                             foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle Province e dei Comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.

32 Legge 15 marzo 1997, n. 59 Art. 4. comma 1. Nelle materie di cui all'articolo 117 della Costituzione, le regioni, in conformità ai singoli ordinamenti regionali, conferiscono alle province, ai comuni e agli altri enti locali tutte le funzioni che non richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. Al conferimento delle funzioni le regioni provvedono sentite le rappresentanze degli enti locali. Possono altresì essere ascoltati anche gli organi rappresentativi delle autonomie locali ove costituiti dalle leggi regionali.

Costituzione Art. 117 La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori

escludendo di fatto dal demanio degli enti locali le reti di

trasporto, in quanto “funzioni fondamentali” di Comuni,

Province e Città metropolitane.

Lo Stato mantiene il coordinamento informativo statistico

e informatico dei dati dell'amministrazione statale,

regionale e locale ed è proprio sulla base dell’art. 117

della Costituzione che il Ministero dell’Interno analizza i

dati.

Una classificazione funzionale che deve

necessariamente essere organizzata e gestita a livello

centrale stante la situazione attuale di totale anarchia.

                                                                                             produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

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3.2 La rete secondaria

In ambito internazionale le strade di specifico interesse

del nostro Comitato 33 sono definite come assi viari

interessati da traffico esiguo (dai 50 ai 400 veicoli/giorno)

ma in molti Paesi34 le strade di questa rete secondaria

registrano flussi sino a 3.000 veic/giorno.

In alcune Province italiane sono state definite “strade

agrarie” quelle con flussi di traffico inferiori a 100 veicoli /

ora, quindi pari a circa 1000-2000 veicoli/giorno. Ma

questa classificazione comporta un problema giuridico:

l'articolo 3, comma 1, n. 52, Codice della Strada definisce

la strada vicinale (o poderale o di bonifica) come strada

fuori dai centri abitati ad uso pubblico.

Così come non è quindi corretto equiparare "strade

vicinali" e "strade interpoderali" occorre fare attenzione

alla natura "demaniale", "vicinale" o "privata" delle strade.

Sono “private” le vie cosiddette “agrarie” o “vicinali

private” quelle costituite dai passaggi in comunione

incidentale tra i proprietari dei fondi latistanti serviti da

quei medesimi passaggi. Sono “vicinali pubbliche” le vie

di proprietà privata, soggette a pubblico transito. In

concreto, il sedime della vicinale, compresi accessori e

pertinenze, è privato, di proprietà dei titolari dei terreni

latistanti, mentre l'Ente pubblico è titolare di un diritto

reale di transito a norma dell'art. 825 c.c.

Con esplicito riferimento al problema della classificazione

della rete stradale l’aver adottato in un atto pubblico35

una classificazione che denomina alcune strade come

“agricole” (definizione inesistente ma del tutto

comparabile a quella di strade ”agrarie”) determina o

potrebbe determinare (magari sul lungo periodo) la

conseguente indisponibilità delle strade in questione,

sebbene alla luce della Normativa questo provvedimento

di declassificazione ad uso privatistico non sia possibile

                                                            33 Al fine di poterle comparare con le “rural roads” del corrispondente Comitato Tecnico a livello internazionale.

34 Le classificazioni funzionali mutano da Stato a Stato e nel tempo ( dai circa 400 veic./giorno utilizzati negli USA sino agli oltre 3.000 veic/giorno in Germania).

35 Provincia di Messina, Censimento Strade Provinciali 2010, Classificazione rete stradale di primo livello (strade provinciali, 1.384,26 km) o rurali (strade agricole, 1.200,55 km)

ai sensi degli articoli36 822, 824, 825 e 826 del Codice

Civile. E qualora la Provincia intenda declassificare una

infrastruttura, l'appartenenza delle strade al demanio

comunale è prevista e regolata dal combinato disposto

degli artt. 822 e 824 del Codice Civile.

L'istituto della vicinalità, nonostante una certa

imprecisione che da sempre ha connotato la nozione di

"strada vicinale", può essere inteso come la qualità della

strada di essere una proprietà privata ma soggetta a

pubblico transito, concorrendo a costituire la categoria

più importante dei beni di cui all'art. 825 del Codice Civile

"Diritti demaniali su beni altrui". La dottrina menziona le

                                                            36 Art. 822. Demanio pubblico. Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia, le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.

Art. 824. Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali. I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle Province o ai Comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico. Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.

Art. 825. Diritti demaniali su beni altrui. Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali che spettano allo Stato, alle Province e ai Comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi.

Art. 826. Patrimonio dello Stato, delle Province e dei Comuni. I beni appartenenti allo Stato, alle Province e ai Comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle Province e dei Comuni. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle Province e dei Comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.

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strade vicinali private o agrarie o interpoderali e le

distingue dalle strade vicinali soggette a uso pubblico.

La strada agraria è una strada interpoderale destinata al

servizio dei fondi, dal parziale conferimento dei quali ha

tratto origine, ed è soggetta al transito dei proprietari dei

fondi serviti e del tutto sprovvista di alcun carattere di

pubblicità. Gli utenti ne godono jure domini, per diritto di

proprietà. E, con un solo provvedimento, un ente pubblico

ha ceduto milleduecento chilometri di strade a soggetti

privati.

inoltre le strade vicinali private restano estranee alla

disciplina pubblicistica risultando esclusivamente

regolate da norme di diritto privato. La Corte di

Cassazione37 ritiene che la formula "strade vicinali" in

senso proprio, valga a designare soltanto le strade

soggette a pubblico transito, cioè caratterizzate da un

diritto reale di uso pubblico a favore della collettività. Ma è

presumibile che alla base del provvedimento di cui si

discute e della relativa cessione di oltre un migliaio di

chilometri a soggetti privati ci sia la necessità di porre in

capo ai singoli gli oneri di manutenzione: infatti per le

strade private non sorge alcun obbligo a carico degli Enti

ma soltanto una facoltà: cosicché tutti i costi di

manutenzione sono necessariamente ripartiti tra i soli

proprietari, i quali possono, ma soltanto laddove lo

vogliano, costituirsi in Consorzi.

3.3 La rete minore

 

Molti Enti riconoscono alla viabilità minore una funzione

rilevante per il miglioramento della mobilità e garantire

l’accessibilità dei territori.

Molteplici regolamenti disciplinano le modalità attraverso

le quali gli Enti partecipano ai costi di manutenzione,

sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali sia

quando queste siano, o non siano, soggette a pubblico

transito38.

                                                            37 Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza n. 2591 del 28 agosto 1971

38 Si veda ad esempio il Regolamento del Comune di Montecarlo (LU), Deliber. C.C. n. 11 del 18.04.2013. Il quadro normativo di riferimento per la definizione dei criteri è costituito dalle seguenti Norme: Legge 7 agosto 1990, n. 241, articolo 12, concernente l’obbligo per le

Nel caso di declassificazione ad opera di una

Amministrazione Comunale, le strade interessate dal

provvedimento divengono automaticamente strade

agrarie interpoderali di proprietà privata, con esclusione

di qualsiasi forma di uso pubblico39. La declassificazione

di una strada vicinale di uso pubblico iscritta nello

stradario comunale può avvenire, sia d’ufficio sia per

istanza di parte, solo sulla base del fondamentale

presupposto dell’effettiva assenza di uso pubblico o della

inutilità di fatto del pubblico uso. A seguito di istanza dei

privati frontisti, sono previste eventuali variazioni dei

tracciati delle strade vicinali di uso pubblico a condizione

che queste non siano peggiorative, rispetto alla

situazione esistente, in relazione alla fruizione pubblica

della strada40.

E le classificazioni proposte (ed attuate 41 ) a livello

comunale includono le seguenti tipologie di strade:

- Strade comunali - strade extraurbane e strade

urbane,

- Strade vicinali - strade private fuori dai centri abitati

ad uso pubblico (cfr. N.C.S., art.3, comma 52).

- Strade agrarie o interpoderali e strade private -

strade che risultano dalle mappe catastali quali

strade vicinali di uso pubblico e/o soggette al regime

giuridico delle strade agrarie, ed alle tutele e vincoli

previsti dal diritto privato in tema di servitù, passi e

governo del territorio.

- Strade appartenenti a privati frontistanti. La tutela del

diritto pubblico, è infatti, esercitata dal Sindaco su

tutte le strade, nei criteri e nelle forme stabiliti dalla

                                                                                             pubbliche amministrazioni di predeterminare i criteri per la concessione di contributi e sovvenzioni a persone ed enti pubblici e privati; D.L.Lgt 1 settembre 1918, n. 1446, e Legge 12 febbraio 1958, n. 126, (articolo 14) concernenti la costituzione di consorzi fra gli utenti delle strade vicinali per la ricostruzione, sistemazione e manutenzione di esse; D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Codice della Strada; Legge della Regione Toscana 01.12.1998, n. 88, articolo 23 e s.m.i.;

39 Comune di Alcamo (TP), Deliber. Consiglio Comunale, n. 63 del 24/05//2013

40 Per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade vicinali soggette a pubblico transito, gli Enti possono erogare contributi in misura variabile da un quinto sino alla metà dell’importo della spesa. Le opere ammesse a contributo, nei limiti delle risorse stanziate, sono individuate sulla base della partecipazione a bandi pubblici.

41 Ibidem, Comune di Alcamo (TP), Delib.C.C. 63/2013

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vigente normativa (come previsto ad esempio,

dall'art. 15 del D. Lgs. Lgt. 1 settembre 1918, n.

1446).

- Percorsi ambientali o naturali - tutte le strade o

sentieri, privati o pubblici, il cui uso pubblico è

limitato ad un transito escursionistico con esclusione

di mezzi motorizzati.

Il recente elevato utilizzo della rete minore da parte di

veicoli a due ruote può trasformarsi in un disincentivo alla

frequentazione non motorizzata di territori collinari e

montani, determinando non tanto un ostacolo allo

sviluppo, quanto uno specifico danno ambientale poiché

i solchi determinati dai mezzi motorizzati determinano un

diverso deflusso delle acque. Eppure alcune42 Regioni

hanno recentemente approvato leggi che contemplano

norme e provvedimenti che favoriscono un uso

inappropriato della rete minore.

La Lombardia, una regione la cui superfice montana è

pari 1.032.322 ettari ha approvato una Norma43 che se

                                                            42 Si fa riferimento ad esempio al caso dell’Emilia-Romagna: il 26 luglio 2013 la Regione ha approvato la legge regionale n° 14 “Rete escursionistica dell'Emilia Romagna e valorizzazione delle attività escursionistiche”, che fornisce una definizione di escursionismo che non pone alcuna limitazione concettuale al fatto che esso venga praticato con l’utilizzo di mezzi motorizzati in quanto prevede la possibilità di percorrere i sentieri con mezzi a motore, in evidente contrasto con la finalizzazione dei percorsi escursionistici, affermata dalla legge, alla “promozione delle aree naturali … e allo sviluppo sostenibile”.

43 Regione Lombardia Legge Consiglio Regionale N. 43 del 8 luglio 2014 Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) Art. 4 (Modifiche all’art. 59 della l.r. 31/2008) 1. All’articolo 59 sono apportate le seguenti modifiche ed integrazioni: a) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. Sulle strade agro-silvo-pastorali è vietato il transito dei mezzi motorizzati, ad eccezione di quelli di servizio e di quelli autorizzati in base al regolamento comunale di cui al comma 1.”; b) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. E’ altresì vietato il transito dei mezzi motorizzati nei boschi, nei pascoli, sulle mulattiere e sui sentieri, ad eccezione dei mezzi di servizio e di quelli autorizzati dalla Regione per la circolazione sulle proprie aree demaniali.”; c) dopo il comma 4 è inserito il seguente: “4.bis In deroga ai divieti di cui ai commi 3 e 4, con il regolamento di cui all’articolo 50, comma 4, compatibilmente con le esigenze di tutela del patrimonio forestale, sono definite le modalità e le procedure con cui gli enti locali e forestali, per il territorio di rispettiva competenza, possono autorizzare manifestazioni con mezzi motorizzati. Nel caso in cui il territorio interessato dall’autorizzazione sia ricompreso in una area protetta regionale e/o nazionale, gli enti gestori di queste ultime sono tenute a esprimere un parere preventivo vincolante.

da un lato garantisce ai Comuni di autorizzare

manifestazioni con i veicoli a motore, ufficialmente ne

impedisce l'utilizzo su sentieri, mulattiere e boschi. Il

problema è diventato nazionale – e si estende anche

all’uso delle motoslitte nel periodo invernale. E’ evidente

l’incompatibilità fra escursionismo e motociclismo, in

controtendenza anche rispetto ai progetti di promozione e

sviluppo di turismo ecocompatibile, progetti che

richiedono investimenti modesti e sono realizzabili solo

con scelte precise e coerenti. Il nostro Paese si

caratterizza per una rete di itinerari di lunga percorrenza

di grande valore naturalistico e storico, basato in

massima parte sulla rete sentieristica. Le numerose

presenze di escursionisti su questi itinerari, oggetto di

iniziative imprenditoriali agro-turistiche con significativi

sviluppi per l'economia locale, risulta fortemente

disincentivata dalla convivenza con motociclette e quad.

E se da un lato il Club Alpino Italiano (CAI) si appella al

quadro normativo nazionale, foriero di derive

interpretative dall’altro lato appare sempre più evidente

come il Codice della strada debba trattare soltanto di

infrastrutture stradali, lasciando la sentieristica ad altri

Ministeri.

Non si tratta quindi di classificare sentieri e mulattiere per

consentirne la percorrenza esclusivamente a transiti non

motorizzati, quanto spiegare agli Amministratori Pubblici

le responsabilità alle quali possono essere chiamati a

rispondere nel caso di incidenti 44 anche mortali.

Responsabilità civili, amministrative, penali, per danni a

terzi o allo Stato, per lesioni colpose o incidenti mortali.

                                                                                             In ogni caso, preventivamente al rilascio della autorizzazione, i responsabili organizzativi delle predette manifestazioni dovranno prestare congrue garanzie fideiussorie bancarie o assicurative agli enti proprietari dei boschi, dei pascoli, delle mulattiere e dei sentieri, al fine di garantire la copertura dei costi necessari per l’eventuale esecuzione delle opere di conservazione e/o di rimessa in pristino stato dei luoghi, aree, mulattiere e/o sentieri utilizzati per lo svolgimento delle manifestazioni”.

44 Si fa riferimento ad esempio all’incidente mortale occorso al conducente della moto deceduto dopo essere uscito di strada mentre percorreva in discesa il sentiero numero "212" del Vajo dei Pangoni, nel territorio di Cavalo in direzione Fumane (VR).

Page 29: Ct 2 5 villani

28

Ed è bene rammentare che il Codice Civile delle

Assicurazioni risponde per i soli danni verificatisi45 su

strade pubbliche.

3.4 Le opere per la manutenzione della rete minore

Le opere di manutenzione straordinaria solitamente

ammissibili a contributo riguardano alcune specifiche

tipologie d’intervento:

ripristino della viabilità anche in seguito ad eventi

calamitosi.

raccolta, convogliamento e scarico di acque piovane e

meteoriche.

ripristino di cigli e scarpate.

eventuale asfaltatura o trattamenti per strade bianche.

modificazione di tracciato o delle livellette al fine di

migliorare le caratteristiche plano-altimetriche.

Le opere di manutenzione ordinaria ammesse a

contributo riguardano, di norma le seguenti tipologie di

intervento:

riprese d’asfalti esistenti.

ripristino ed esecuzione di fossette stradali.

ripristino e consolidamento massicciata stradale.

ricarico di ghiaia e materiale stabilizzato.

I contributi vengono erogati sulla base di specifici criteri

che solitamente includono una sorta di sotto

classificazione della rete minore, ovvero considerano

prioritari gli interventi che interessino

- strade vicinali che colleghino strade di livello

superiore;

- strade vicinali a fondo cieco ma sulle quali insistano

edifici pubblici:

- ubicazione e interesse viario della strada stessa.

Altri Enti46 attribuiscono particolare importanza alla rete

minore: proprio attraverso il recupero e la riqualificazione

                                                            45 Per gli incidenti su strade private deve essere valutata l’esperibilità o meno dell’azione diretta ex art. 144 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. 209/2005): le compagnie assicuratrici rispondono solamente per sinistri causati dalla circolazione di veicoli in “circolazione su strade ad uso pubblico o su aree a queste equiparate” (art. 122 Codice delle Assicurazioni).

46 Si veda il Piano di Assetto del Territorio del Comune di Caorle (VE)

dei sentieri e delle strade agrarie, anche qualora queste

siano poco utilizzate, grazie a specifiche convenzioni,

possono essere aperte all'uso pubblico, ed essere

utilizzate, oltre che per gli usi agricoli, anche per la

pedonalità, la ciclabilità e per l'equitazione; in tale caso i

percorsi devono essere sistemati con fondo stradale

naturale. Le strade interpoderali specie se a margine dei

principali canali e corsi d’acqua registrano la presenza di

siepi, filari e macchie boscate (anche discontinue) e

conferiscono ai territori un notevole valore ambientale. E

a livello nazionale un censimento di questo immenso

patrimonio infrastrutturale e ambientale è al momento di

difficile realizzazione.

Page 30: Ct 2 5 villani

29

3.5 Un censimento impossibile

Quand’anche si volessero classificare le strade sulla

base di una valutazione dei criteri adottati a livello

provinciale o regionale, e quindi confrontare i dati relativi

all’estensione della rete viaria (non sempre caratterizzata

da basso volume di traffico), dovrebbero essere

analizzati nel dettaglio quali siano stati i criteri adottati e

capire come mai vi siano tante e tali difformità tra la

situazione reale e la classificazione attuata: a titolo di

esempio si prenda il caso della Provincia di Pavia che

elenca ben 265 strade provinciali. Per la Regione

Lombardia47 le strade provinciali sono così classificate:

Strada di interesse regionale R1

Strada di interesse regionale R2

Strada di interesse provinciale P1

Strada di interesse provinciale P2

Strada di interesse locale L

Osservando la cartografia ufficiale si evidenziano

differenze.

La Sp 137 nella cartografia ufficiale della Provincia di Pavia e (di seguito) nella cartografia della Regione Lombardia ove risulta classificata come P2 (Strada di interesse provinciale)

                                                           47 Regione Lombardia, Classificazione funzionale e qualificazione della rete viaria, D.G.R. VII/19709 del 3 dicembre 2004 – Allegato “A”

Alcune immagini della Sp 137 classificata come P2 (Strada di interesse provinciale)

 

La rappresentazione della Sp 137 su Google Maps ove risulta avere una sezione del tutto equiparabile alle altre strade provinciali.

 

La rappresentazione della Sp 137 su OpenStreetMap ove risulta avere una sezione maggiore rispetto alle altre strade.

 

 

 

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30

Come si evince dall’immagine che evidenzia la sezione di tre strade provinciali pavesi, la Sp 7 (in colore blu) , la Sp 137(in magenta) e la Sp 461 (in giallo ocra) visualizzate da Google Maps – Street View è presumibile che la classificazione ufficiale della Provincia di Pavia (in alto a sinistra), non sia stata eseguita su base geometrica ma esclusivamente dal punto di vista funzionale.

Si confronti la sezione della Sp 461

con la sezione della Sp 7

e la sezione dela Sp 137

La Sp 181 è stata recentemente declassificata sebbene :

- abbia una sede stradale assai più importante di

quelle precedentemente analizzate,

- non sia all’interno di un Comune con popolazione

superiore a diecimila abitanti.

Si potrebbe quindi ipotizzare che la mancata inclusione

nell’elenco delle strade provinciali sia ricollegabile al

ruolo assunto negli ultimi anni da questa strada e alla

possibilità che la mancata inclusione comporta dal punto

di vista degli introiti per sanzioni.

La Sp 181 a San Martino Siccomario (PV), Comune con popolazione inferiore a diecimila abitanti (6.036 abitanti nel 2013 – Fonte Demo Istat): la mancata inclusione del breve tratto stradale (figure di seguito) tra le provinciali pavesi è presumibilmente ricollegabile ad una differente ripartizione dei possibili introiti per sanzioni.

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31

In estrema sintesi, se per la quantificazione delle strade

provinciali ci si dovesse attenere a quanto classificato a

livello delle Regioni si avrebbero alcuni risultati mentre, a

livello provinciale, il censimento restituirebbe un quadro

differente e questo, unitamente ai problemi evidenziati

nei paragrafi precedenti sulle informazioni trasmesse

dalle singole Amministrazioni Comunali e Provinciali al

Ministero dell’Interno, potrebbe spiegare le differenze

registrate nello studio48 condotto da ACI.

Per quanto riguarda il periodo 2011- 2012 l’analisi dei dati

desunti dai Certificati Consuntivi del Ministero dell’Interno

evidenzia come, sebbene le modificazioni relative

all’estesa delle Strade provinciali (per i dodici mesi

analizzati) a livello nazionale siano contenute (+ 117 km),

in alcune Province il trend sia stato del tutto differente.

La declassificazione e conseguente cessione ai Comuni

di chilometri di strade, non accompagnata da un

trasferimento delle risorse per la manutenzione ordinaria,

potrebbe essere una concausa del dissesto

idrogeologico a cui si assiste. La declassificazione ha

interessato in particolare le strade provinciali in ambito

montano, strade che sono state evidentemente cedute ai

Comuni o alle Comunità Montane, già in sofferenza

economico-finanziaria.

L’analisi è stata condotta a livello di dettaglio sul solo

periodo 2011-2012 e successivamente sono stati

comparati i dati relativi all’estesa delle strade provinciali

nell’anno 2012 con quelli riportati nel Conto Nazionale

Trasporti del 2007.

A fronte di scelte che potremmo definire “controcorrente”,

come nel caso della Provincia di Torino che ha

declassato ben sedici strade statali facendo registrare

per il periodo 2007 – 2012 un incremento delle strade

provinciali pari a 24.714 km, altre Province hanno operato

in senso opposto, declassificando centinaia di chilometri

di strade provinciali per affidarne la gestione ai Comuni: è

questo il caso delle Province di Brescia, Genova,

Grosseto, Lucca, Perugia, Terni, Teramo, Avellino,

Foggia, Reggio Calabria, Enna, e non ci si deve dunque

stupire se a pochi anni di distanza da queste

                                                            48 ACI, Dotazione di infrastrutture stradali sul territorio italiano, 2012

declassificazioni – presumibilmente indotte da questioni

di bilancio e contenimento della spesa – esattamente

nelle Province citate - si registrino fenomeni di dissesto o

allagamenti.

 

Page 33: Ct 2 5 villani

32

4. Finalità della classificazione funzionale della rete stradale

L’art. 13 del Nuovo Codice della Strada (N.C.S.) impone

agli Enti proprietari delle strade l’obbligo di classificare la

rete esistente di loro competenza con riferimento ai tipi di

cui all’art.2 dello stesso Codice ed in base ai criteri che,

allo specifico scopo, sono stati indicati nell’apposita

direttiva che il Ministro dei LL.PP. ha emanato ai sensi del

comma 4. Questi criteri sono gli stessi presi a base delle

norme funzionali e geometriche previste al comma 1

dell’art.13, e si propongono di assicurare che la

circolazione degli utenti ammessi su ciascun tipo di

strada si svolga in sicurezza.

La rilevanza della classificazione suddetta è subito

evidente se si considera che il N.C.S. fa riferimento a tale

classifica (e non a quella amministrativa, stabilita in

relazione alla proprietà della strada, come indicato al

comma 5 dell’art.2) sia nel fissare i limiti generali di

velocità, sia nello stabilire le specifiche norme di tutela

della strada, in particolare per quanto si riferisce alle

fasce di rispetto, agli accessi ed alle diramazioni ed alla

eventuale collocazione di pubblicità.

La classificazione in parola rappresenta un dato

innovativo nel nostro ordinamento, tendente ad

uniformare su tutto il territorio nazionale le caratteristiche

infrastrutturali delle diverse tipologie di strada.

Appellandosi al CdS alcuni Enti correttamente applicano

il disposto normativo:

“art. 6. c.4. L'ente proprietario della strada può,, con l'ordinanza di cui all'art. 5, comma 3: a) disporre, per il tempo strettamente necessario, la sospensione della circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti per motivi di incolumità pubblica ovvero per urgenti e improrogabili motivi attinenti alla tutela del patrimonio stradale o ad esigenze di carattere tecnico; b) stabilire obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade; ”

Tale obiettivo deve essere messo in relazione alle altre

disposizioni contenute nello stesso art.13

precedentemente citato. In particolare si sottolinea, per

quanto indicato dai primi due commi, che anche le strade

esistenti (ad eccezione di quelle ad esclusivo uso

militare) devono possedere i requisiti di cui alle suddette

“Norme Funzionali e Geometriche”.

Tenuto conto degli obiettivi che il legislatore intende

perseguire attraverso la classificazione delle strade

(omogeneità delle caratteristiche tecniche nell’ambito

dello stesso tipo di infrastruttura, e conseguente

eventuale individuazione delle necessità di adeguamento

per assicurare il livello di prestazione corrispondente),

l’attività che al riguardo dovranno svolgere gli Enti

proprietari non potrà essere limitata al solo

riconoscimento, per le singole strade della rete di

competenza, delle caratteristiche costruttive proprie

dell’uno o dell’altro tipo ed alla conseguente attribuzione

alle classi individuate all’art.2 comma 2.

Infatti, il momento della ricognizione dello stato di fatto,

finalizzato all’individuazione delle caratteristiche tecniche

della strada (quali derivano dalla geometria della

piattaforma e del tracciato, nonché dallo standard

generale dell’infrastruttura) deve essere preceduto ai fini

della classificazione da una valutazione potenziale

complessiva della rete che porti a definire, in ragione del

ruolo e della tipologia di traffico servito, il rapporto di

gerarchia funzionale che intercorre fra le singole strade

(funzione obiettivo).

Detta valutazione non riguarderà solamente la rete di

competenza del singolo Ente proprietario, ma dovrà

essere estesa all’intera viabilità presente nel territorio

interessato, senza trascurare gli aspetti di

complementarietà con le altre infrastrutture di trasporto.

In tale contesto, in ambito locale, la classificazione della

viabilità minore e rurale permetterebbe di gestire anche

tale rete con criteri omogenei di sviluppo, manutenzione e

gestione.

4.1 La funzione delle strade

Ai fini di una valorizzazione delle infrastrutture stradali,

dal punto di vista della funzionalità e sicurezza,

coordinata al rispetto delle risorse ambientali ed allo

sviluppo socio-economico dell’area territoriale di

inserimento, risulta fondamentale individuare un

ordinamento delle strade basato sia sull’utilizzo ad esse

associato nel territorio sia sul ruolo da esse assolto

all’interno della rete stradale di appartenenza.

Page 34: Ct 2 5 villani

33

Il sistema globale di infrastrutture stradali può essere

schematizzato come un insieme integrato di reti distinte,

ciascuna delle quali costituita da un insieme di elementi

componenti, cioè archi, che si identificano con le strade,

collegate da un sistema di interconnessioni, cioè nodi.

In considerazione di ciò e della necessità di una

classificazione funzionale delle strade, prevista dal

Nuovo Codice della Strada, risulta quindi indispensabile

eseguire una valutazione complessiva delle reti stradali a

cui le singole strade possono appartenere e definire per

tali reti un preciso rapporto gerarchico basato

sull’individuazione della funzione assolta dalla rete nel

contesto territoriale e nell’ambito territoriale e nell’ambito

del sistema globale delle infrastrutture stradali.

A tale scopo, il D.M. 5/11/2001 “Norme funzionali e

geometriche per la progettazione delle strade”, indica i

fattori fondamentali che, caratterizzando le reti stradali,

consentono di collocare la rete oggetto di studio in una

classe precisa; essi sono:

- Tipo di movimento servito (di transito, di distribuzione, di

penetrazione, di accesso); il movimento è da intendersi

pure nel senso opposto, cioè di raccolta progressiva ai

vari livelli;

- Entità dello spostamento (distanza mediamente

percorsa e flusso veicolare);

- Funzione assunta nel contesto territoriale attraversato

(collegamento nazionale, interregionale, provinciale,

locale);

- Componenti di traffico e relative categorie (veicoli

leggeri, veicoli pesanti, motocicli, pedoni, ecc).

In riferimento a quanto previsto dalla classificazione

funzionale delle strade del Codice della Strada ex art.2 ed

in considerazione dei quattro fattori fondamentali sopra

elencati, vengono individuati nel sistema globale delle

infrastrutture stradali i seguenti quattro livelli di rete, ai

quali far corrispondere le funzioni riportate nella seguente

tabella. Nella stessa tabella è presentata una

corrispondenza indicativa tra gli archi della rete e i tipi di

strade previsti dal CdS. Ai livelli funzionali di rete

sopraccitati deve essere aggiunto, inoltre, il livello

terminale, che si identifica con le strutture predisposte

alla sosta dei veicoli, limitate anche a poche unità di

superficie.

Inoltre, per assicurare il funzionamento del sistema

globale devono essere aggiunte le interconnessioni che,

se omogenee, collegano strade della stessa rete, e se

disomogenee collegano, di norma, strade appartenenti a

reti di livello funzionali adiacenti. In tal senso, si

individuano, ad esempio, interconnessioni secondarie

(nella rete secondaria e tra secondaria e rete locale) ed

interconnessioni locali (nella rete locale). Tali nodi o

interconnessioni hanno caratteristiche tecniche diverse a

seconda della classe funzionale cui appartengono.

Inoltre, sono presenti sulle reti in numero crescente al

diminuire della loro collocazione gerarchica.

Individuata la classe funzionale di ciascuna rete che

costituisce il sistema globale della rete stradale di

riferimento, è possibile individuare i componenti della

stessa, cioè le strade, definendo per essi le

caratteristiche d’uso e di collocazione più idonea.

4.2 La classificazione amministrativa delle strade

Il comma 6 dell’articolo 2 del Codice della Strada riporta

una suddivisione in funzione delle caratteristiche

amministrative che devono rappresentare un importante

elemento di analisi nella definizione delle funzionalità

associate ad ogni strada49 : accade però che alcune

                                                            49 Statali: strade extraurbane B, C o F e strade urbane (D E F) all’interno di centri abitati con popolazione = 10.000 abitanti, che abbiano le seguenti caratteristiche: costituiscono le grandi direttrici del traffico nazionale; congiungono la rete viabile principale dello Stato con quelle degli Stati limitrofi; congiungono tra loro i capoluoghi di regione, ovvero i capoluoghi di provincia situati in regioni diverse, costituiscono diretti e importanti collegamenti tra strade statali; allacciano alla rete delle strade statali i porti marittimi, gli aeroporti, i centri di particolare importanza industriale, turistica e climatica”. All’interno di un centro abitato, le strade statali urbane (D, E, F) sono considerate: effettivamente statali (tratti interni di strade statali) per centri = 10.000 ab., strade comunali per centri abitati con popolazione > 10.000 abitanti. Regionali: strade extraurbane B, C o F e strade urbane (D E F) all’interno di centri abitati con popolazione = 10.000 abitanti, che siano: collegamento tra un capoluogo di provincia e il capoluogo di regione; collegamento tra capoluoghi di provincia; collegamento tra capoluoghi di provincia o comuni e la rete delle strade statali se tali collegamenti sono particolarmente rilevanti per ragioni di carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico. All’interno di un centro abitato, le strade regionali urbane (D, E, F) sono considerate: effettivamente regionali (tratti interni di strade regionali) per centri = 10.000 ab., strade comunali per centri abitati

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34

Province50 stabiliscano criteri differenti e attribuiscano gli

oneri di manutenzione ad alcuni Comuni (come quello di

Crosia, CS), manutenzione di strade che non avrebbero

dovuto essere considerate comunali 51 : e se è chiara

l’applicazione della normativa di ordine superiore (il CdS)

rispetto ad eventuali Regolamenti degli Enti locali, non è

altrettanto evidente come mai in alcuni documenti di

piano o di progetto, le stesse strade siano considerate

statali o provinciali 52 specie qualora vi siano

                                                                                           con popolazione > 10.000 abitanti. Provinciali: strade extraurbane B, C o F e strade urbane (D E F) all’interno di centri abitati con popolazione = 10.000 abitanti, che siano: collegamento tra i capoluoghi di comune di una provincia e il corrispondente capoluogo di provincia; collegamento tra i capoluoghi di comune di una di provincia; collegamento tra i capoluoghi di comune di una di provincia e la rete delle strade statali o regionali se tali collegamenti sono particolarmente rilevanti per ragioni di carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico. All’interno di un centro abitato, le strade provinciali urbane (D, E, F) sono considerate: effettivamente provinciali (tratti interni di strade provinciali) per centri = 10.000 abitanti; strade comunali per centri abitati con popolazione > 10.000 abitanti. Comunali: strade extraurbane B, C o F che siano: collegamento tra le frazioni di un comune e il corrispondente capoluogo di comune; collegamento tra le frazioni di un comune; collegamento tra il capoluogo di un comune e una località di interesse per la collettività comunale; strade vicinali (strade private fuori dai centri abitati ad uso pubblico, cfr. NCdS, art.3, comma 52).

50 Ponendo una diversa soglia di classificazione delle strade e curando quindi la manutenzione delle strade nei soli Comuni che abbiano una popolazione inferiore a 8.000 abitanti (anziché 10.000): si vedano gli art. 5 e 6 del “Regolamento per la disciplina delle concessioni, autorizzazione e nulla osta stradali e per l’applicazione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (C.O.S.A.P.) e del canone di concessione sull’installazione di impianti pubblicitari”, Provincia di Cosenza, Delib.Consiliare n.12 del 19 maggio 2003. Deliberazione che interessa ad esempio il Comune di Crosia (i cui limiti amministrativi per inciso sono riportati erroneamenente in alcuni portali “open” come GoogleMaps).

51 Riferimenti per il Comune di Crosia e la Strada Provinciale 531 ma anche SP 250 (SP SS 177 Rossano – Cropalati) classificata come strada di Categoria 1 (art. 20) nel Regolamento della Provincia di Cosenza (si veda la nota precedente): nei documenti tecnici i geologi la denomina sempre “Sp 531”, strada interessata nel passato da interruzioni verificatesi durante gli eventi pluviometrici del 1976.

52 Il Comune ha competenza e responsabilità sulla strada, ( CdS, art.5, comma 3) per le strade urbane D, E e F quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversino centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti.

problematiche connesse a specifici interventi di

manutenzione straordinaria, mentre in tutti gli altri casi le

medesime siano considerate comunali.

La Sp 177 ora Sp 250 a Rossano (CS): la ridenominazione di questa provinciale nel cosentino è presumibilmente ricollegabile ai ripetuti fenomeni franosi che hanno interessato questa strada e la Sp 531 a Crosia.

Il CdS definisce le strade comunali come ultimo livello di

classificazione, laddove la legge n.126 del 1958

distingueva ulteriormente il tessuto amministrativo

mediante la definizione di strade vicinali 53 , strade di

bonifica 54 e strade militari di uso pubblico 55 . Con

riferimento alle strade vicinali il D.Lgs. 1446/18

distingueva tra “strada vicinale pubblica” soggetta al

passaggio non solo di quanti utilizzano i fondi su cui

insiste ma di chiunque abbia interesse ad usarla e “strada

vicinale agraria” ad uso esclusivo dei fondi su cui insiste.

E proprio questa definizione di “strada agraria” è stata

recentemente adottata dalla Provincia di Messina nella

classificazione della propria rete stradale.

                                                           53 art.9 “tutte le altre strade non iscritte nelle precedenti categorie e soggette a pubblico uso”

54 art.10 “strade costruite come opere pubbliche di bonifica o a cura dello Stato, in base a leggi speciali, o dalla Cassa per il Mezzogiorno” da classificare fra le statali, provinciali o comunali in base alle loro caratteristiche, sentite le amministrazioni interessate”

55 art.11 “quelle sulle quali l’autorità militare consente il pubblico transito”

Page 36: Ct 2 5 villani

35

In tale ambito l’ordinamento è stato integrato dalle

elaborazioni dottrinali che individuano nelle strade vicinali

le strade, sia di proprietà dei Comuni sia di proprietà dei

privati, idonee a mettere in comunicazione tronchi di

strade ordinarie, borgate, singole case sulle quali si sia

costituita una servitù di uso pubblico. Sono, invece,

definite strade agrarie le strade ad uso comune ma

esclusivo dei proprietari conferenti. Per analogia possono

essere così distinte anche le strade silvo-pastorali.

All’interno delle strade agro-silvo-pastorali dovrebbero,

poi, in qualche modo essere ricondotte numerose piste

stradali presenti su tutto il territorio con differente

denominazione (strade di bonifica, trazzere, tratturi, …).

 

Conclusioni

L’analisi condotta sui dati del Ministero dell’Interno

consente di avanzare alcune riflessioni:

- differenze anche minime e annualmente rilevabili

circa l’estesa di competenza delle Province non

devono e non possono essere sottovalutate in

quanto espressione di significative ricadute

economico – finanziarie sugli Enti;

- l’aumento dell’estesa stradale evidenzia una

capacità finanziaria che deve trovare

corrispondenza nei Certificati Consuntivi trasmessi

al Ministero dell’Interno;

- la riduzione, spesso rilevantissima, dell’estesa delle

strade provinciali evidenzia una volontà di cessione

e conseguente trasferimento degli oneri per la

manutenzione, riduzione che da un lato comporta

minori spese per le Province, dall’altro può innescare

processi di progressivo deterioramento del

patrimonio stradale, conseguenze che si

ripercuotono sull’economia locale senza che i

Comuni possano farvi fronte;

- la tendenza in atto nelle Amministrazioni Comunali,

relativa all’emanazione di Ordinanze che delegano

ai privati la gestione e manutenzione delle fasce di

pertinenza stradale, se da un lato evidenzia le

problematiche economico finanziare citate,

Ordinanze che si configurano come l’ultima ratio

contro una incapacità di gestione del patrimonio

stradale acquisito, dall’altro possono essere

concausa dei vasti dissesti idrogeologici che hanno

progressivamente interessato il Paese;

- la declassificazione di parte importante del

patrimonio stradale sposta gli oneri di manutenzione

senza che parimenti vengano riconosciute agli Enti

Comunali le necessarie risorse per le opere di

salvaguardia e manutenzione corrente, Enti che si

trovano a dover gestire estese vieppiù significative

senza che queste comportino un aumento delle

entrate. Riflessione valida per i Comuni di area

montana ma che interessano anche i grandi Comuni

del centro e sud Italia, Comuni aventi una superficie

molto estesa e con orografia complessa;

- la mancata classificazione del patrimonio stradale e

le imprecisioni rilevabili nei dati trasmessi ai Ministeri

sono del resto un campanello di allarme per una

situazione che dovrebbe essere al più presto gestita

a scala statale;

- le Delibere di ridenominazione / riclassificazione di

parte della rete stradale provinciale, delibere che

determinano – almeno dal punto di vista giuridico - la

cessione di migliaia di chilometri a privati o consorzi

di privati, devono essere attentamente valutate e

andrebbero preventivamente concordate con il

Ministero dell’Interno per la diversa ripartizione degli

oneri che queste comportano56 e dovrebbero essere

                                                            56 Regolamento di attuazione NCdS Art. 3. (Art. 2, CdS) Declassificazione delle strade. 1.) Successivamente alla classificazione di tutte le strade statali e non statali, effettuata con le procedure previste all'articolo 2, qualora alcune di esse rientrino nei casi previsti dall'articolo 2, comma 9, del codice, si provvede alla declassificazione delle stesse, intendendosi come tale il passaggio da una all'altra delle classi previste dall'articolo 2, comma 6, del codice. 2.) Per le strade statali la declassificazione è disposta con decreto del Ministro dei lavori pubblici, su proposta dell'A.N.A.S. o della regione interessata per territorio, secondo le procedure individuate all'articolo 2, comma 2. A seguito del decreto di declassificazione, il Presidente della regione, sulla base dei pareri già espressi nella procedura di declassificazione, provvede, con decreto, ad una nuova classificazione della strada, secondo le procedure individuate all'articolo 2, commi 4, 5 e 6. La decorrenza di attuazione è la medesima per entrambi i provvedimenti. 3.) Per le strade non statali la declassificazione è disposta con decreto del Presidente della regione, su proposta dei competenti organi regionali o delle province o dei comuni interessati per territorio, secondo le procedure indicate all'articolo 2, commi 4, 5 e 6, in relazione alla classifica della strada. Con il medesimo decreto il Presidente della regione, sulla base dei pareri già espressi nella procedura di declassificazione, provvede alla nuova classificazione della strada. Il provvedimento ha effetto dall'inizio del secondo mese successivo a quello nel quale esso è pubblicato. 4.) I provvedimenti di cui ai commi precedenti

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36

                                                                                             sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o nel Bollettino regionale, e trasmessi entro un mese all'Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, che li registra nell'archivio nazionale delle strade di cui all'articolo 226 del codice. 5.) I provvedimenti di declassificazione hanno effetto dall'inizio del secondo mese successivo a quello nel quale essi sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o nel Bollettino regionale. 6.) Per le strade militari si applicano le procedure di declassificazione previste per le strade statali, mediante emanazione di decreto da parte del Ministro della difesa su proposta del Comando Regione Militare territoriale, previo parere dell'organo tecnico militare competente.

Regolamento di attuazione CdS Art. 4. (Art. 2, CdS) Passaggi di proprietà fra enti proprietari delle strade. 1.) Qualora per variazioni di itinerario o per varianti alle strade esistenti, si rende necessario il trasferimento di strade, o di tronchi di esse, fra gli enti proprietari, fatto salvo quanto previsto all'articolo 3, si provvede a norma dei commi seguenti. 2.) L'assunzione e la dismissione di strade statali o di singoli tronchi avvengono con decreto del Ministro dei lavori pubblici, su proposta di uno degli enti interessati, previo parere degli altri enti competenti, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici e il Consiglio di amministrazione dell'A.N.A.S. Per le strade non statali il decreto è emanato dal Presidente della regione competente su proposta degli enti proprietari interessati, con le modalità previste dall'articolo 2, commi 4, 5, e 6. Le variazioni di classifica conseguenti all'emanazione dei decreti precedenti, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica o sul Bollettino regionale, sono comunicate all'archivio nazionale delle strade di cui all'articolo 226 del codice. 3.) In deroga alla procedura di cui al comma 2, i tratti di strade statali dismessi a seguito di varianti, che non alterano i capisaldi del tracciato della strada, perdono di diritto la classifica di strade statali e, ove siano ancora utilizzabili, sono obbligatoriamente trasferiti alla provincia o al comune. 4.) I tratti di strade statali, regionali o provinciali, che attraversano i centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuati a seguito della delimitazione del centro abitato prevista dall'articolo 4 del codice, sono classificati quali strade comunali con la stessa deliberazione della giunta municipale con la quale si procede alla delimitazione medesima. 5.) Successivamente all'emanazione dei provvedimenti di classificazione e di declassificazione delle strade previsti agli articoli 2 e 3, all'emanazione dei decreti di passaggio di proprietà ed alle deliberazioni di cui ai commi precedenti, si provvede alla consegna delle strade o dei tronchi di strade fra gli enti proprietari. 6.) La consegna all'ente nuovo proprietario della strada è oggetto di apposito verbale da redigersi in tempo utile per il rispetto dei termini previsti dal comma 7 dell'articolo 2 ed entro sessanta giorni dalla delibera della giunta municipale per i tratti di strade interni ai centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti. 7.) Qualora l'amministrazione che deve prendere in consegna la strada, o tronco di essa, non interviene nel termine fissato, l'amministrazione cedente è autorizzata a redigere il relativo verbale di consegna alla presenza di due testimoni, a notificare all'amministrazione inadempiente, mediante ufficiale giudiziario, il verbale di consegna e ad apporre agli estremi della strada dismessa, o dei tronchi di essa, appositi cartelli sui quali vengono riportati gli estremi del verbale richiamato.

preventivamente concordate tra il Ministero delle

Infrastrutture e le Regioni così come disposto dalla

Normativa vigente. Regioni che non avrebbero

potuto57 quindi delegare alle Province o ai Comuni (o

ai soggetti previsti dagli Statuti degli Enti Locali) la

classificazione delle reti stradali;

- a tutto ciò si aggiunga il costo determinato da queste

operazioni di declassificazione della rete, costi che

incidono in quanto tutta la segnaletica stradale deve

essere mutata. Operazione di ridenominazione che

nulla apporta in termini di benefici diretti per la

sicurezza stradale e, come è del tutto evidente, nel

miglioramento della gestione del territorio e nel

contrasto ai fenomeni di rischio idrogeologico. Le

cause sono certamente molteplici ma due possono

essere annoverate:

- difficilmente i Comuni hanno al loro interno le

competenze necessarie per l’individuazione

delle problematiche che possono ingenerarsi da

una non più che corretta manutenzione dei fossi

di guardia (ricompresi nella sede stradale);

- l’attribuzione ai privati delle opere di

manutenzione non risulta efficiente e non

rispetta la Normativa vigente;

                                                            57 Ai sensi degli art. 3 e 4 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada tutte le declassificazioni avrebbero dovuto essere preventivamente concordate tra il Ministero delle Infrastrutture e le Regioni così come disposto dalla Normativa vigente: si veda invece la Legge della Regione Calabria 26/04/1995, n.32 Norme in materia di classificazione strade non statali. (BUR n. 50 del 3 maggio 1995 che così recita: Art. 1 Strade comunali 1.) Le funzioni amministrative in materia di classificazione delle strade comunali sono esercitate dall'Amministrazione Comunale competente per territorio, che provvede previo parere dell'Ufficio tecnico comunale o dell'ufficio del Genio Civile. 2.) La classificazione può essere proposta dall'Amministrazione comunale, dai soggetti espressamente previsti dallo Statuto comunale, dall'Amministrazione provinciale e dalla Regione. [omissis] Art. 2 Strade provinciali 1.) Le funzioni amministrative in materia di classificazione fra le provinciali di strade o tronchi di esse sono delegate all'Amministrazione provinciale competente per territorio, che provvede previo parere dell'Ufficio Tecnico Provinciale o del Comitato Tecnico regionale amministrativo. 2. L'iniziativa può essere assunta da uno o più Comuni, dall'Amministrazione provinciale o dalla Regione.

www.consiglioregionale.calabria.it/upload/testicoordinati/LEGGE%20REGIONALE%2032-1995.doc

Page 38: Ct 2 5 villani

37

- la sussidiarietà verticale58 messa in atto mostra tutti i

suoi limiti 59 ed ai sensi dell’art. 117 della

Costituzione è opportuno che lo Stato riaccentri tutte

le funzioni che hanno conseguenze dirette per

quanto attiene la tutela dell'ambiente,

dell'ecosistema e dei beni culturali.

                                                            58 L’art. 118, della Costituzione, disciplina la sussidiarietà verticale, stabilendo come le funzioni amministrative possano essere attribuite ai Comuni, salvo qualora le stesse, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite alle Province, alle aree metropolitane, alle Regioni e allo Stato, e.

59 Sebbene l’art. 118 della Costituzione individui nelle Amministrazioni Comunali gli organismi territoriali più vicini ai cittadini e in grado di rappresentare meglio le necessità della collettività, è del tutto evidente come per quanto attiene la gestione del patrimonio stradale e ambientale questa gestione non sia stata ottimale

Page 39: Ct 2 5 villani

Dati anno 2011 

Dati PROVINCE                           

anno 2011

Popolazione 

residente (n. 

abitanti)

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Lunghezza totale 

delle strade 

provinciali (km)

di cui: in territorio 

montano (km) (2)

Percentuale estesa 

stradale in territorio 

montano

ALESSANDRIA 440.613                  3.560         2130 722 33,90%

ASTI 221.151                  1.511         1291 164 12,70%

CUNEO 594.641                  6.903         3389 2247 66,30%

NOVARA 372.603                  1.339         800 0 0,00%

TORINO 2.308.000              6.829         27460 9820 35,76%

VERCELLI 179.798                  2.088         983 173 17,60%

BIELLA 185.768                  913            727 508 69,88%

VERBANO‐CUSIO‐OSSOLA 163.247                  2.275         467 420 89,94%

AOSTA * 3.263         * * *

BERGAMO 1.098.740              2.723         1313 635 48,36%

BRESCIA 1.261.895              4.784         1720 0 0,00%

COMO 594.988                  1.288         553,39 185 33,43%

CREMONA 365.115                  1.772         887 0 0,00%

MANTOVA 415.442                  2.339         1134 0 0,00%

MILANO 3.156.694              1.579         780 0 0,00%

PAVIA 548.307                  2.965         1996 0 0,00%

SONDRIO 183.169                  3.212         380 380 100,00%

VARESE 883.285                  1.199         647 140 21,64%

LECCO 341.354                  816            403 0 0,00%

LODI 227.516                  782            435 0 0,00%

MONZA E DELLA BRIANZA 849.636                  405            214 0 0,00%

BOLZANO * 7.399         * * *

TRENTO * 6.121         * * *

GENOVA 882.718                  1.838         1035 0 0,00%

IMPERIA 222.648                  1.156         795 600 75,47%

LA SPEZIA 223.516                  882            639 0 0,00%

SAVONA 286.646                  1.545         752,77 750,99 99,76%

BELLUNO 213.474                  3.678         911 911 100,00%

PADOVA 937.645                  2.142         1053 0 0,00%

ROVIGO 248.049                  1.790         518 0 0,00%

TREVISO 888.249                  2.476         1092 241 22,07%

VENEZIA 865.188                  2.460         823 0 0,00%

VERONA 920.158                  3.121         1557 430 27,62%

VICENZA 866.398                  2.722         1260 0 0,00%

GORIZIA 142.184                  466            128 0 0,00%

UDINE 541.558                  4.905         1295 315 24,32%

TRIESTE 236.556                  212            137 0 0,00%

PORDENONE 313.870                  2.178         637 120 18,84%

BOLOGNA 1.002.874              3.703         1349 832 61,68%

FERRARA 359.994                  2.631         841 0 0,00%

FORLI'‐CESENA 398.277                  2.377         1073 332 30,94%

MODENA 704.960                  2.688         1022 367 35,91%

PARMA 442.070                  3.449         1365 0 0,00%

PIACENZA 291.302                  2.589         1102 653 59,26%

RAVENNA 394.464                  1.859         802 144 17,96%

REGGIO NELL'EMILIA 530.343                  2.292         959 390 40,67%

RIMINI 329.244                  863            480 0 0,00%

AREZZO 350.552                  3.235         1332 279 20,95%

FIRENZE 998.098                  3.514         1450 242 16,69%

GROSSETO 228.157                  4.504         1831 218 11,91%

LIVORNO 343.209                  1.210         542 0 0,00%

LUCCA 394.548                  1.773         546,44 450 82,35%

MASSA 203.895                  1.157         665 542 81,50%

PISA 417.782                  2.444         1053 0 0,00%

PISTOIA 293.400                  964            472 216,72 45,92%

SIENA 272.638                  3.821         1524 328 21,52%

PRATO 248.004                  365            77,55 40 51,58%

PERUGIA 671.821                  6.334         1973 1571 79,62%

TERNI 234.665                  2.122         888 0 0,00%

ANCONA 481.028                  1.940         954 0 0,00%

ASCOLI PICENO 214.068                  1.228         1847 0 0,00%

MACERATA 325.896                  2.774         1462 309 21,14%

PESARO E URBINO 367.898                  2.564         1419 695 48,98%

*  N.B. Le Province di Aosta, di Bolzano e di Trento non soo tenute alla presentazione dei Certificati Consuntivi.

Fonte: Ministero dell'Interno 

Page 40: Ct 2 5 villani

Dati anno 2011 

Dati PROVINCE                           

anno 2011

Popolazione 

residente (n. 

abitanti)

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Lunghezza totale 

delle strade 

provinciali (km)

di cui: in territorio 

montano (km) (2)

Percentuale estesa 

stradale in territorio 

montano

FERMO 177.914                  859            852 200 23,47%

FROSINONE 498.167                  3.239         2086 506 24,26%

LATINA 555.692                  2.250         1109 114 10,28%

RIETI 160.605                  2.749         1446 1058 73,17%

ROMA 4.225.244              5.351         2262 583 25,77%

VITERBO 320.294                  3.621         1292 164 12,69%

CHIETI 396.852                  2.588         1455 515 35,40%

L'AQUILA 310.014                  5.034         1815 1452 80,00%

PESCARA 319.209                  1.234         800 0 0,00%

TERAMO 312.239                  1.947         1630 0 0,00%

CAMPOBASSO 230.657                  2.911         1550 891 57,48%

ISERNIA 88.694                    1.529         863 558 64,66%

AVELLINO 438.673                  2.792         1560 1530 98,08%

BENEVENTO 288.283                  2.070         1253 646 51,56%

CASERTA 920.433                  2.639         1482 229 15,45%

NAPOLI 3.074.375              1.171         1417 754 53,21%

SALERNO 1.109.705              4.923         2544 1400 55,03%

BARI 1.259.641              3.825         1682 0 0,00%

BRINDISI 403.229                  1.839         917 0 0,00%

FOGGIA 639.028                  6.965         2726 722 26,49%

LECCE 815.597                  2.759         2232 0 0,00%

TARANTO 579.556                  2.430         1400 0 0,00%

BARLETTA‐ANDRIA‐TRANI 392.863                  1.543         584 273 46,75%

MATERA 203.726                  3.446         1412 346 24,50%

POTENZA 382.531                  6.545         2548 663 26,02%

CATANZARO 368.597                  2.391         1704 675 39,61%

COSENZA 734.656                  6.649         3000 2000 66,67%

REGGIO CALABRIA 566.731                  3.183         1252 253 20,21%

CROTONE 174.605                  1.716         814 68 8,35%

VIBO VALENTIA 163.409                  1.139         724 292 40,33%

AGRIGENTO 454.593                  3.041         1230 0 0,00%

CALTANISSETTA 270.890                  2.124         1146 0 0,00%

CATANIA 1.090.101              3.553         2134 0 0,00%

ENNA 173.497                  2.562         1054 103 9,77%

MESSINA 652.605                  3.247         2860 1197 41,85%

PALERMO 1.249.567              4.992         2182 674 30,89%

RAGUSA 318.549                  1.614         615 0 0,00%

SIRACUSA 402.840                  2.109         1072 0 0,00%

TRAPANI 436.206                  2.460         1296 328 25,31%

CAGLIARI 563.748                  4.596         753 0 0,00%

NUORO 160.677                  3.934         942 0 0,00%

SASSARI 337.044                  4.281         1571,31 0 0,00%

ORISTANO 166.244                  3.040         1000 0 0,00%

CARBONIA‐IGLESIAS 131.074                  1.495         368 0 0,00%

MEDIO CAMPIDANO 102.409                  1.516         300 0 0,00%

OGLIASTRA 57.965                    1.854         230 0 0,00%

OLBIA‐TEMPIO 157.859                  3.397         754 0 0,00%

Totale ITALIA 59.517.093            301.188    153289,46 44564,71 29,07%

*  N.B. Le Province di Aosta, di Bolzano e di Trento non soo tenute alla presentazione dei Certificati Consuntivi.

Fonte: Ministero dell'Interno 

Page 41: Ct 2 5 villani

Dati anno 2011 

Dati PROVINCE                            

anno 2012

Popolazione 

residente (n. 

abitanti)

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Lunghezza totale 

delle strade 

provinciali (km)

di cui: in territorio 

montano (km) (2)

Percentuale estesa 

stradale in territorio 

montano

ALESSANDRIA 440.943                   3.560            2130 722 33,90%

ASTI 221.687                   1.511            1291,07 164,38 12,73%

CUNEO 589.102                   6.903            3379 2247 66,50%

NOVARA 366.246                   1.339            781 0 0,00%

TORINO 2.255.000             6.829            27460 9820 35,76%

VERCELLI 176.576                   2.088            983 173 17,60%

BIELLA 181.868                   913             735 508,2 69,14%

VERBANO‐CUSIO‐OSSOLA 160.264                   2.275            592 420 70,95%

AOSTA * 3.263            * * *

BERGAMO 1.094.062             2.723            1373 565 41,15%

BRESCIA 1.241.698             4.784            1581 0 0,00%

COMO 586.795                   1.288            554 250 45,13%

CREMONA 357.623                   1.772            887 0 0,00%

MANTOVA 417.469                   2.339            1134 0 0,00%

MILANO 3.035.443             1.579            795 0 0,00%

PAVIA 548.307                   2.965            1992 0 0,00%

SONDRIO 180.814                   3.212            375 375 100,00%

VARESE 887.728                   1.199            633 140 22,12%

LECCO 341.998                   816             403 0 0,00%

LODI 229.170                   782             429,79 0 0,00%

MONZA E DELLA BRIANZA 849.636                   405             209 0 0,00%

BOLZANO * 7.399            * * *

TRENTO * 6.121            * * *

GENOVA 853.939                   1.838            1035 0 0,00%

IMPERIA 214.290                   1.156            795 600 75,47%

LA SPEZIA 218.702                   882             639 0 0,00%

SAVONA 280.625                   1.545            752,77 750,99 99,76%

BELLUNO 209.720                   3.678            395 365 92,41%

PADOVA 922.867                   2.142            1053 0 0,00%

ROVIGO 242.543                   1.790            517,67 0 0,00%

TREVISO 876.790                   2.476            1184 242 20,44%

VENEZIA 866.220                   2.460            973 0 0,00%

VERONA 899.817                   3.121            1557 430 27,62%

VICENZA 865.421                   2.722            1260 0 0,00%

GORIZIA 140.026                   466             128 0 0,00%

UDINE 540.756                   4.905            1321,4 314,74 23,82%

TRIESTE 231.609                   212             137,48 0 0,00%

PORDENONE 315.323                   2.178            640 120 18,75%

BOLOGNA 1.000.896             3.703            1349 832 61,68%

FERRARA 352.723                   2.631            838 0 0,00%

FORLI'‐CESENA 398.162                   2.377            1073 332 30,94%

MODENA 706.414                   2.688            1022 367 35,91%

PARMA 445.283                   3.449            1355 730,55 53,92%

PIACENZA 291.309                   2.589            1112 653 58,72%

RAVENNA 386.111                   1.859            802 144 17,96%

REGGIO NELL'EMILIA 533.996                   2.292            960 390 40,63%

RIMINI 329.244                   863             480 0 0,00%

AREZZO 351.066                   3.235            1338 281 21,00%

FIRENZE 973.145                   3.514            1450 242 16,69%

GROSSETO 220.564                   4.504            1831 218 11,91%

LIVORNO 335.631                   1.210            458 0 0,00%

LUCCA 387.602                   1.773            530 343 64,72%

MASSA 203.895                   1.157            665 542 81,50%

PISA 411.190                   2.444            1053 0 0,00%

PISTOIA 287.459                   964             472 216,72 45,92%

SIENA 266.522                   3.821            1524 328 21,52%

PRATO 249.775                   365             77,55 40 51,58%

PERUGIA 655.844                   6.334            1961 1559 79,50%

TERNI 228.209                   2.122            888 0 0,00%

ANCONA 481.028                   1.940            954 0 0,00%

ASCOLI PICENO 210.711                   1.228            1847 0 0,00%

MACERATA 319.375                   2.774            1462 309 21,14%

PESARO E URBINO 363.388                   2.564            1419 695 48,98%

*  N.B. Le Province di Aosta, di Bolzano e di Trento non soo tenute alla presentazione dei Certificati Consuntivi.

Fonte: Ministero dell'Interno 

Page 42: Ct 2 5 villani

Dati anno 2011 

Dati PROVINCE                            

anno 2012

Popolazione 

residente (n. 

abitanti)

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Lunghezza totale 

delle strade 

provinciali (km)

di cui: in territorio 

montano (km) (2)

Percentuale estesa 

stradale in territorio 

montano

FERMO 177.914                   859             852 200 23,47%

FROSINONE 492.302                   3.239            2086 506 24,26%

LATINA 555.692                   2.250            1109 114 10,28%

RIETI 156.521                   2.749            1446 1058 73,17%

ROMA 4.032.990             5.351            2262 583 25,77%

VITERBO 320.294                   3.621            1292 164 12,69%

CHIETI 396.852                   2.588            1455 515 35,40%

L'AQUILA 298.343                   5.034            1815 1452 80,00%

PESCARA 321.000                   1.234            800 0 0,00%

TERAMO 306.177                   1.947            1630 0 0,00%

CAMPOBASSO ‐                           2.911            1550 891 57,48%

ISERNIA 86.989                     1.529            863 558 64,66%

AVELLINO 438.673                   2.792            1560 1530 98,08%

BENEVENTO 287.874                   2.070            1253 646 51,56%

CASERTA 908.784                   2.639            1482 229 15,45%

NAPOLI 3.080.873             1.171            1417 754 53,21%

SALERNO 1.092.876             4.923            2544 1400 55,03%

BARI 1.246.247             3.825            1682 0 0,00%

BRINDISI 403.229                   1.839            917 0 0,00%

FOGGIA 625.697                   6.965            2592 0 0,00%

LECCE 803.554                   2.759            2232 0 0,00%

TARANTO 584.229                   2.430            1400 0 0,00%

BARLETTA‐ANDRIA‐TRANI 391.723                   1.543            575 0 0,00%

MATERA 200.050                   3.446            1377 344 24,98%

POTENZA 393.529                   6.545            2548 663 26,02%

CATANZARO 368.597                   2.391            1704 675 39,61%

COSENZA 734.656                   6.649            3000 2000 66,67%

REGGIO CALABRIA 550.832                   3.183            1252 253 20,21%

CROTONE 170.718                   1.716            818 277 33,86%

VIBO VALENTIA 163.409                   1.139            950 292 30,74%

AGRIGENTO 448.053                   3.041            1236,5 0 0,00%

CALTANISSETTA 269.706                   2.124            1146 0 0,00%

CATANIA 1.090.101             3.553            2134 0 0,00%

ENNA 172.632                   2.562            1054 103 9,77%

MESSINA 649.320                   3.247            2860 1197 41,85%

PALERMO 1.249.577             4.992            2182 674 30,89%

RAGUSA 318.549                   1.614            615 0 0,00%

SIRACUSA 402.840                   2.109            1072 0 0,00%

TRAPANI 430.478                   2.460            1296 328 25,31%

CAGLIARI 549.893                   4.596            793 0 0,00%

NUORO 159.103                   3.934            1237 0 0,00%

SASSARI 327.459                   4.281            1640,6 0 0,00%

ORISTANO 163.678                   3.040            1000 0 0,00%

CARBONIA‐IGLESIAS 129.840                   1.495            368 0 0,00%

MEDIO CAMPIDANO 100.654                   1.516            300 0 0,00%

OGLIASTRA 57.965                     1.854            230 0 0,00%

OLBIA‐TEMPIO 159.301                   3.397            754 0 0,00%

Totale ITALIA 58.500.392           301.188      153406,83 43835,58 28,57%

*  N.B. Le Province di Aosta, di Bolzano e di Trento non soo tenute alla presentazione dei Certificati Consuntivi.

Fonte: Ministero dell'Interno 

Page 43: Ct 2 5 villani

Differenze 2012‐2011

PROVINCE  ‐ Saldo periodo 

2012 ‐ 2011

Popolazione residente 

(n. abitanti) Saldo 

periodo 2012 ‐ 2011

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Modificazione estesa 

Strade provinciali 

(km) nel periodo 

2012 ‐ 2011

Estesa stradale in 

territorio montano 

(km) (2)

Percentuale estesa 

stradale in territorio 

montano

ALESSANDRIA 330                               3.560         0 0,00 33,90%

ASTI 536                               1.511         0 0,38 12,73%

CUNEO ‐5.539 6.903         ‐10  0,00 66,50%

NOVARA ‐6.357 1.339         ‐19  0,00 0,00%

TORINO ‐53.000 6.829         0 0,00 35,76%

VERCELLI ‐3.222 2.088         0 0,00 17,60%

BIELLA ‐3.900 913            8 0,20 69,14%

VERBANO‐CUSIO‐OSSOLA ‐2.983 2.275         125 0,00 70,95%

AOSTA * 3.263         * * *

BERGAMO ‐4.678 2.723         60 ‐70,00  41,15%

BRESCIA ‐20.197 4.784         ‐139  0,00 0,00%

COMO ‐8.193 1.288         1 65,00 45,13%

CREMONA ‐7.492 1.772         0 0,00 0,00%

MANTOVA 2.027 2.339         0 0,00 0,00%

MILANO ‐121.251 1.579         15 0,00 0,00%

PAVIA 0 2.965         ‐4  0,00 0,00%

SONDRIO ‐2.355 3.212         ‐5  ‐5,00  100,00%

VARESE 4.443 1.199         ‐14  0,00 22,12%

LECCO 644 816            0 0,00 0,00%

LODI 1.654 782            ‐5  0,00 0,00%

MONZA E DELLA BRIANZA 0 405            ‐5  0,00 0,00%

BOLZANO * 7.399         * * *

TRENTO * 6.121         * * *

GENOVA ‐28.779 1.838         0 0,00 0,00%

IMPERIA ‐8.358 1.156         0 0,00 75,47%

LA SPEZIA ‐4.814 882            0 0,00 0,00%

SAVONA ‐6.021 1.545         0 0,00 99,76%

BELLUNO ‐3.754 3.678         ‐516  ‐546,00  92,41%

PADOVA ‐14.778 2.142         0 0,00 0,00%

ROVIGO ‐5.506 1.790         ‐0  0,00 0,00%

TREVISO ‐11.459 2.476         92 1,00 20,44%

VENEZIA 1.032 2.460         150 0,00 0,00%

VERONA ‐20.341 3.121         0 0,00 27,62%

VICENZA ‐977 2.722         0 0,00 0,00%

GORIZIA ‐2.158 466            0 0,00 0,00%

UDINE ‐802 4.905         26 ‐0,26  23,82%

TRIESTE ‐4.947 212            0 0,00 0,00%

PORDENONE 1.453 2.178         3 0,00 18,75%

BOLOGNA ‐1.978 3.703         0 0,00 61,68%

FERRARA ‐7.271 2.631         ‐3  0,00 0,00%

FORLI'‐CESENA ‐115 2.377         0 0,00 30,94%

MODENA 1.454 2.688         0 0,00 35,91%

PARMA 3.213 3.449         ‐10  730,55 53,92%

PIACENZA 7 2.589         10 0,00 58,72%

RAVENNA ‐8.353 1.859         0 0,00 17,96%

REGGIO NELL'EMILIA 3.653 2.292         1 0,00 40,63%

RIMINI 0 863            0 0,00 0,00%

AREZZO 514 3.235         6 2,00 21,00%

FIRENZE ‐24.953 3.514         0 0,00 16,69%

GROSSETO ‐7.593 4.504         0 0,00 11,91%

LIVORNO ‐7.578 1.210         ‐84  0,00 0,00%

LUCCA ‐6.946 1.773         ‐16  ‐107,00  64,72%

MASSA 0 1.157         0 0,00 81,50%

PISA ‐6.592 2.444         0 0,00 0,00%

PISTOIA ‐5.941 964            0 0,00 45,92%

SIENA ‐6.116 3.821         0 0,00 21,52%

PRATO 1.771 365            0 0,00 51,58%

PERUGIA ‐15.977 6.334         ‐12  ‐12,00  79,50%

TERNI ‐6.456 2.122         0 0,00 0,00%

ANCONA 0 1.940         0 0,00 0,00%

ASCOLI PICENO ‐3.357 1.228         0 0,00 0,00%

MACERATA ‐6.521 2.774         0 0,00 21,14%

PESARO E URBINO ‐4.510 2.564         0 0,00 48,98%

*  N.B. Le Province di Aosta, di Bolzano e di Trento non sono tenute alla presentazione dei Certificati Consuntivi.

Fonte: Ministero dell'Interno 

Page 44: Ct 2 5 villani

Differenze 2012‐2011

PROVINCE  ‐ Saldo periodo 

2012 ‐ 2011

Popolazione residente 

(n. abitanti) Saldo 

periodo 2012 ‐ 2011

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Modificazione estesa 

Strade provinciali 

(km) nel periodo 

2012 ‐ 2011

di cui: in territorio 

montano (km) (2)

Percentuale estesa 

stradale in territorio 

montano

FERMO 0 859            0 0,00 23,47%

FROSINONE ‐5.865 3.239         0 0,00 24,26%

LATINA 0 2.250         0 0,00 10,28%

RIETI ‐4.084 2.749         0 0,00 73,17%

ROMA ‐192.254 5.351         0 0,00 25,77%

VITERBO 0 3.621         0 0,00 12,69%

CHIETI 0 2.588         0 0,00 35,40%

L'AQUILA ‐11.671 5.034         0 0,00 80,00%

PESCARA 1.791 1.234         0 0,00 0,00%

TERAMO ‐6.062 1.947         0 0,00 0,00%

CAMPOBASSO ‐230.657 2.911         0 0,00 57,48%

ISERNIA ‐1.705 1.529         0 0,00 64,66%

AVELLINO 0 2.792         0 0,00 98,08%

BENEVENTO ‐409 2.070         0 0,00 51,56%

CASERTA ‐11.649 2.639         0 0,00 15,45%

NAPOLI 6.498 1.171         0 0,00 53,21%

SALERNO ‐16.829 4.923         0 0,00 55,03%

BARI ‐13.394 3.825         0 0,00 0,00%

BRINDISI 0 1.839         0 0,00 0,00%

FOGGIA ‐13.331 6.965         ‐134  ‐722,00  0,00%

LECCE ‐12.043 2.759         0 0,00 0,00%

TARANTO 4.673 2.430         0 0,00 0,00%

BARLETTA‐ANDRIA‐TRANI ‐1.140 1.543         ‐9  ‐273,00  0,00%

MATERA ‐3.676 3.446         ‐35  ‐2,00  24,98%

POTENZA 10.998 6.545         0 0,00 26,02%

CATANZARO 0 2.391         0 0,00 39,61%

COSENZA 0 6.649         0 0,00 66,67%

REGGIO CALABRIA ‐15.899 3.183         0 0,00 20,21%

CROTONE ‐3.887 1.716         4 209,00 33,86%

VIBO VALENTIA 0 1.139         226 0,00 30,74%

AGRIGENTO ‐6.540 3.041         7 0,00 0,00%

CALTANISSETTA ‐1.184 2.124         0 0,00 0,00%

CATANIA 0 3.553         0 0,00 0,00%

ENNA ‐865 2.562         0 0,00 9,77%

MESSINA ‐3.285 3.247         0 0,00 41,85%

PALERMO 10 4.992         0 0,00 30,89%

RAGUSA 0 1.614         0 0,00 0,00%

SIRACUSA 0 2.109         0 0,00 0,00%

TRAPANI ‐5.728 2.460         0 0,00 25,31%

CAGLIARI ‐13.855 4.596         40 0,00 0,00%

NUORO ‐1.574 3.934         295 0,00 0,00%

SASSARI ‐9.585 4.281         69 0,00 0,00%

ORISTANO ‐2.566 3.040         0 0,00 0,00%

CARBONIA‐IGLESIAS ‐1.234 1.495         0 0,00 0,00%

MEDIO CAMPIDANO ‐1.755 1.516         0 0,00 0,00%

OGLIASTRA 0 1.854         0 0,00 0,00%

OLBIA‐TEMPIO 1.442 3.397         0 0,00 0,00%

Totale ITALIA ‐1.016.701 301.188    117 ‐729,13  28,57%

*  N.B. Le Province di Aosta, di Bolzano e di Trento non sono tenute alla presentazione dei Certificati Consuntivi.

Fonte: Ministero dell'Interno 

Page 45: Ct 2 5 villani

Saldo periodo 2012‐2007

PROVINCE  ‐ Saldo periodo 

2012 ‐ 2007

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Modificazione estesa 

Strade provinciali 

(km) nel periodo 

2012 ‐ 2007

ALESSANDRIA 3.560         14

ASTI 1.511         0

CUNEO 6.903         ‐48 

NOVARA 1.339         ‐19 

TORINO 6.829         24.714

VERCELLI 2.088         0

BIELLA 913            20

VERBANO‐CUSIO‐OSSOLA 2.275         125

AOSTA 3.263         *

BERGAMO 2.723         70

BRESCIA 4.784         ‐208 

COMO 1.288         4

CREMONA 1.772         ‐2 

MANTOVA 2.339         4

MILANO 1.579         ‐251 

PAVIA 2.965         ‐8 

SONDRIO 3.212         ‐36 

VARESE 1.199         ‐6 

LECCO 816            0

LODI 782            ‐5 

MONZA E DELLA BRIANZA 405            n.d.

BOLZANO 7.399         *

TRENTO 6.121         *

GENOVA 1.838         ‐444 

IMPERIA 1.156         ‐30 

LA SPEZIA 882            ‐83 

SAVONA 1.545         ‐92 

BELLUNO 3.678         0

PADOVA 2.142         ‐108 

ROVIGO 1.790         2

TREVISO 2.476         ‐12 

VENEZIA 2.460         134

VERONA 3.121         170

VICENZA 2.722         0

GORIZIA 466            0

UDINE 4.905         31

TRIESTE 212            1

PORDENONE 2.178         ‐1 

BOLOGNA 3.703         0

FERRARA 2.631         ‐16 

FORLI'‐CESENA 2.377         n.d.

MODENA 2.688         9

PARMA 3.449         ‐10 

PIACENZA 2.589         10

RAVENNA 1.859         0

REGGIO NELL'EMILIA 2.292         ‐80 

RIMINI 863            180

AREZZO 3.235         124

FIRENZE 3.514         0

GROSSETO 4.504         ‐439 

LIVORNO 1.210         ‐83 

LUCCA 1.773         ‐120 

MASSA 1.157         n.d.

PISA 2.444         ‐7 

PISTOIA 964            10

SIENA 3.821         0

PRATO 365            ‐2 

PERUGIA 6.334         ‐669 

TERNI 2.122         ‐1.224 

ANCONA 1.940         ‐2 

ASCOLI PICENO 1.228         6

MACERATA 2.774         0

PESARO E URBINO 2.564         n.d.

* N.B. Le Province di Aosta, Bolzano e Trento non sono tenute all'inoltro dei Certificati Consuntivi.

Fonte: Ministero dell'Interno

Page 46: Ct 2 5 villani

Saldo periodo 2012‐2007

PROVINCE  ‐ Saldo periodo 

2012 ‐ 2007

Superficie 

della 

provincia  

(kmq)

Modificazione estesa 

Strade provinciali 

(km) nel periodo 

2012 ‐ 2007

SIENA 3.821         0

PRATO 365            ‐2 

PERUGIA 6.334         ‐669 

TERNI 2.122         ‐1.224 

ANCONA 1.940         ‐2 

ASCOLI PICENO 1.228         6

MACERATA 2.774         0

PESARO E URBINO 2.564         n.d.

FERMO 859            n.d.

FROSINONE 3.239         0

LATINA 2.250         0

RIETI 2.749         0

ROMA 5.351         0

VITERBO 3.621         0

CHIETI 2.588         0

L'AQUILA 5.034         0

PESCARA 1.234         0

TERAMO 1.947         ‐186 

CAMPOBASSO 2.911         46

ISERNIA 1.529         7

AVELLINO 2.792         ‐368 

BENEVENTO 2.070         48

CASERTA 2.639         ‐64 

NAPOLI 1.171         783

SALERNO 4.923         2.290

BARI 3.825         ‐491 

BRINDISI 1.839         0

FOGGIA 6.965         ‐242 

LECCE 2.759         0

TARANTO 2.430         0

BARLETTA‐ANDRIA‐TRANI 1.543         n.d.

MATERA 3.446         ‐47 

POTENZA 6.545         0

CATANZARO 2.391         0

COSENZA 6.649         0

REGGIO CALABRIA 3.183         ‐537 

CROTONE 1.716         254

VIBO VALENTIA 1.139         226

AGRIGENTO 3.041         ‐33 

CALTANISSETTA 2.124         10

CATANIA 3.553         624

ENNA 2.562         ‐2.490 

MESSINA 3.247         0

PALERMO 4.992         0

RAGUSA 1.614         0

SIRACUSA 2.109         0

TRAPANI 2.460         ‐33 

CAGLIARI 4.596         40

NUORO 3.934         355

SASSARI 4.281         121

ORISTANO 3.040         n.d.

CARBONIA‐IGLESIAS 1.495         n.d.

MEDIO CAMPIDANO 1.516         n.d.

OGLIASTRA 1.854         n.d.

OLBIA‐TEMPIO 3.397         n.d.

Totale ITALIA 301.188    29.381

Fonte: Ministero dell'Interno

Page 47: Ct 2 5 villani

45

Bibliografia

A.Cataldo, A. Di Graziano, P.Villlani in AA.VV, Sviluppo e gestione della viabilità extraurbana minore e rurale in Italia: situazione attuale, criticità e prospettive AIPCR, Roma, novembre 2010 E.K. Danielli, M.G. Pittalis, Il dissesto finanziario degli Enti Locali alla luce del nuovo assetto normativo, Ministero dell’Interno, aprile 2010 Ministero dell’Interno, Relazione generale sullo stato economico del Paese. I Bilanci delle Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, 2010 http://finanzalocale.interno.it/docum/studi/isae2010/relazione2010.pdf Giancarlo Verde Lo squilibrio finanziario degli enti locali, Ministero dell’Interno, Marzo 2013

Riferimenti e siti Web

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Parere della Direzione Generale Infrastrutture Stradali – Ministero Infrastrutture (Prot. 0001080 – 01/03/2013) Provincia di Lecco, Piano di emergenza e procedure di gestione della mobilità Sponda Orientale del Lario, novembre 2012 http://www.provincia.lecco.it/wp-content/uploads/2012/10/PIANO-SS36_novembre-2012.pdf

Catasto Strade Comune di Bergamo http://territorio.comune.bergamo.it/gfmaplet/?token=NULLNULLNULLNULL&htmlstyle=combg&map=CatStrade

Catasto strade Comune di La Spezia http://sit.spezianet.it/gisclient/template/spezianet/?mapset=catasto_strade&

Sentieri nel Comune di La Spezia http://sit.spezianet.it/gisclient/template/spezianet/?mapset=sentieri&

Catasto Strade Provincia di La Spezia http://siti.provincia.sp.it/repertorio/repertorio-cartografico-di-base/view

Catasto strade Provincia di Bologna http://cst.provincia.bologna.it/website/stradeprov/viewer.htm

Classificazione funzionale e qualificazione della rete viaria, Regione Lombardia, D.G.R. VII/19709 del 3 dicembre 2004 – Allegato “A” http://www.regione.lombardia.it/shared/ccurl/894/443/BURL%20classificazione%20funzionale%20strade.pdf

Classificazione strade Provincia di Ancona http://www.provincia.ancona.it/viabilita/Engine/RAServePG.php/P/250710100303/T/Catasto-stradale-provinciale

Classificazione srade Provincia di Varese http://www.provincia.va.it/ProxyVFS.axd/null/r13032/Elenco-Rete-Viaria-Provinciale-aggiornata-2014-pdf?ext=.pdf

PCN Trasporti (solo Infrastrutture Ferroviarie) http://www.pcn.minambiente.it/geoportal/catalog/search/resource/details.page?uuid=%7B222EACCB-2479-4E20-9357-091F59DDAB8A%7D

PCN (strade provinciali)

http://www.pcn.minambiente.it/geoportal/catalog/main/home.page

Popolazione Residente al 31/12/2013 - Demo Istat http://demo.istat.it/bil2013/

Provincia di Asti – Rilievi di Traffico http://www.provincia.asti.gov.it/archivio-delle-iniziative/cat_view/938-rilevamento-del-traffico

Regolamento per la gestione delle strade vicinali soggette a pubblico transito, Comune di Civitavecchia 23 marzo 2011 http://www.comune.civitavecchia.rm.it/portaldata/UserFiles/File/regolamento/Regolamento%20per%20la%20gestione%20delle%20strade%20vicinali%20soggette%20a%20transito%20pubblico.pdf

.. - + * + -.

Page 48: Ct 2 5 villani

45

IL CENSIMENTO DELLE STRADE APPARTENENTI ALLA RETE

EXTRAURBANA: ASPETTI METODOLOGICI E NORMATIVI

Antonio Cataldo*, Alessandro Di Graziano**, Paola Villani*** * Direzione Generale - Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ISPRA

** DICAR – Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura, Università di Catania

***DICA – Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Politecnico di Milano

1. Metodologia

Per poter effettuare un censimento, nella duplice

accezione di censimento geometrico, ovvero relativo

all’estensione fisica, e di censimento funzionale, relativo

alla natura e al motivo degli spostamenti, risulta

opportuno definire un set di parametri volti alla corretta e

puntuale delimitazione del campo di interesse che in

questo specifico caso riguarda la rete delle strade locali

extraurbane e l’accessibilità alla viabilità principale.

Seguendo l’interpretazione assunta1 un censimento della

rete stradale dovrebbe necessariamente essere

sviluppato attraverso una classificazione che, per il

settore extraurbano, includendo i dati di traffico, punti al

miglioramento della sicurezza stradale. La mancata

classificazione della rete comporta da un lato la quasi

impossibile realizzazione dei Piani del Traffico della

Viabilità Extraurbana (PTVE) e dall’altro determina la

quasi impossibile definizione delle priorità in termini di

manutenzione e ottimizzazione delle infrastrutture

esistenti. A questi si aggiungono altri due aspetti: le

Amministrazioni sono chiamate a perseguire

l’innalzamento dei livelli di sicurezza stradale e dall’altro

lato devono assicurare la totale accessibilità dei territori, il

tutto in un contesto di totale contenimento della spesa.

La questione dell’accessibilità riveste poi un ruolo

importante: è bene far riferimento ai casi, purtroppo ormai

piuttosto frequenti, di mancato utilizzo della rete

secondaria qualora eventi estremi ne determinino

l’impossibile percorrenza (per allagamenti, frane,

1 A. Pratelli, M. Rossi, G. Caroti, Elementi fondamentali

per redigere un piano del traffico per la viabilità extraurbana, Capitolo 4 di questo stesso Quaderno AIPCR, Roma, 2014

cedimento delle infrastrutture, crollo di ponti2 o dissesti

vari) o – di converso – il ruolo assunto dalle rete minore

qualora, eventi che abbiano interessato la rete di livello

superiore3

possano trovare temporanea risoluzione

2 Ad esempio il crollo del ponte a Carasco (GE) in data

22/09/2013 e l’interruzione della S.P. 225 “della Fontanabuona”, il crollo del ponte di Monte Pino (Provincia di Olbia) e le opere svolte da ANAS per il ripristino della viabilità a seguito dei dissesti occorsi: a) realizzazione di un raccordo provvisorio al km 16,600 della Provinciale 45 in provincia di Nuoro, in attesa della ricostruzione del ponte crollato; b) realizzazione di rampe provvisorie di accesso alla Statale 131 per il ripristino della circolazione in provincia di Olbia-Tempio sulla Provinciale 24, dopo il crollo del Ponte di Loddone; c) la realizzazione di una bretella provvisoria al km 1,050 della Provinciale 73 "Bitti-Sologo" (provincia di Nuoro), per il traffico vicino al ponte crollato, d) la bonifica e il ripristino dei fossi di guardia, drenaggi e cunette lungo la Statale 131, in provincia di Nuoro; e) il ripristino delle scarpate col posizionamento della rete paramassi sulla Statale 129 Trasversale Sarda.

3 Ad esempio la chiusura temporanea della S.S. 36. Si

leggano le parole riportate nell’interpellanza “Elementi ed iniziative in ordine alla realizzazione del progetto della variante della Tremezzina lungo la strada statale n. 340 in provincia di Como” n. 2-00525 del 5 giugno 2014: “..l'interpellanza prende le mosse da una condizione di particolare emergenza determinata per la viabilità sul lago di Como nella fine di aprile [2014], a seguito di una frana che ha provocato l'interruzione della statale n. 36 che collega Milano-Lecco con la Valtellina. A seguito di questa interruzione il traffico pesante, tutto il traffico della statale n. 36, è stato dirottato sulla statale n. 340, che è quella che percorre la sponda occidentale del Lago di Como, provocando un blocco totale per più di una giornata della circolazione e di ogni possibilità di circolazione. Nel 2013, un anno fa, si era già verificato un evento analogo e, anche in quell'occasione, lo spostamento del traffico sulla statale n. 340 aveva determinato il blocco e la paralisi totale del traffico. Queste situazioni e queste condizioni di particolare urgenza e di paralisi completa sono solo l'epifenomeno di una condizione permanente di emergenza sulla statale n. 340 “Regina” sul lato occidentale del Lago di Como. Lì c’è

Page 49: Ct 2 5 villani

46

proprio dirottando i flussi di traffico sulla rete composta

dalle altre infrastrutture (rete secondaria e parte delle rete

urbana).

Quella della sicurezza, che potremmo definire a 360

gradi, è pertanto la finalità che deve essere perseguita

nell’affrontare tutte le questioni che devono far parte della

programmazione sia nell’ambito dai PTVE sia nei piani di

governo del territorio senza dimenticare il ruolo assolto

nei ripetuti interventi di Protezione Civile

Il sistema infrastrutturale “locale” italiano a molti appare

per certi versi squilibrato: pur con tutte le difficoltà

economiche connesse alla manutenzione e

all’adeguamento, la rete si presenta come ben

sviluppata, permette l’accessibilità anche in territori poco

insediati laddove la rete “definita” di livello superiore è

basata su assi congestionati da più funzioni, presenta

tratti obsoleti per concezione di impianto e strutture

funzionali, e risulta quindi inadeguata a sostenere i

carichi di esercizio attuale e eventuali incrementi della

mobilità dovuti allo sviluppo delle attività.

Tutti gli aspetti connessi alla gestione delle strade

dovrebbero tendere a restituire un quadro omogeneo e

ipotizzare i futuri sviluppi della rete: non si tratta soltanto

di pianificare la manutenzione o stabilire quali siano i

provvedimenti per la tutela del patrimonio stradale quanto

valutare attentamente, quali possano essere, in uno

scenario di attenta valutazione della spesa pubblica, le

possibili scelte da perseguire. Occorre partire dai dati di

sviluppo economico, dai dati di traffico (o da quelli

connessi all’inopportuno utilizzo delle infrastrutture da

parte di alcune specifiche componenti veicolari), sia per

supportare la progettazione di nuove opere, sia per una

più attenta valutazione degli interventi volti al

miglioramento della sicurezza stradale. Per queste

analisi è fondamentale il continuo scambio informativo

con le Forze dell’Ordine, anche per includere la totale

applicazione di quanto riportato nel Codice della Strada e

una condizione molto particolare: è l'unica via di collegamento per quella sponda del lago, non ci sono altre strade. Negli ultimi decenni si sono avuti ripetuti franamenti, blocchi e interruzioni. Quando si interrompe la statale n. 340 “Regina” in quella parte del centro lago non c’è più possibilità di collegamento per circa 60 chilometri di strada tra Como, Sondrio, la Valtellina e la Svizzera.”

nel Regolamento sia in termini di classificazione

funzionale e amministrativa delle strade sia per

individuare problematiche da sanare (ad esempio

l’assenza delle fasce di rispetto come segnalato nel

Parere4 del Ministero Infrastrutture 2013).

2. Fasce di rispetto

Proprio per quanto attiene le fasce di rispetto, anche nei

casi in cui gli Enti Locali abbiano proceduto con una

classificazione ai sensi del D.M. 6792/2001, non è chiaro

come mai non siano stati rispettati gli articoli del

Regolamento di attuazione del NCdS 26, 27 e 28 citati.

Infatti il D.M. 6792 così riporta

“FASCIA DI RISPETTO: striscia di terreno, esterna al confine stradale, sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte del proprietario del terreno, di scavi, costruzioni, recinzioni, piantagioni, depositi e simili. Per la larghezza vedere gli articoli 26, 27 e 28 del DPR 495/92.”

La fascia di rispetto non rappresenta quindi, come alcune

Amministrazioni5

riportano, un’area “all'interno della

quale le indicazioni viarie degli strumenti urbanistici

possono essere modificate in sede di progettazione

esecutiva” ma un’area sulla quale esistono precisi vincoli

per la realizzazione di opere. E ridurre6 le fasce di rispetto

per le strade di nuova realizzazione non aiuta la messa in

sicurezza della rete viabilistica.

Al fine di garantire la sicurezza il Regolamento di

esecuzione e di attuazione del codice della strada

(D.P.R. 495/1992), non esplicita chi debba o possa

essere il soggetto che intende procedere con la

realizzazione delle opere, formulando un esplicito

richiamo all’obbligo di osservanza delle distanze.

4 Parere della Direzione Generale Infrastrutture Stradali –

Ministero Infrastrutture(Prot. 0001080 – 01/03/2013)

5 Provincia di Trento, DETERMINAZIONI IN ORDINE

ALLE DIMENSIONI DELLE STRADE ED ALLE DISTANZE DI RISPETTO STRADALI E DEI TRACCIATI FERROVIARI DI PROGETTO (articolo 70 della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 articolo 64 della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1) (Testo coordinato alla DGP n. 909 di data 3 febbraio 1995 e ss.mm., di cui l’ultima, n. 2088, di data 4 ottobre 2013)

6 Ibidem, Tabelle B e C

Page 50: Ct 2 5 villani

47

In base all’art.28 comma 5 del Regol. CdS la

classificazione di una strada comporta sia

l’individuazione delle caratteristiche geometriche dell’

infrastruttura sia l’attenta analisi della fascia di rispetto

esistente. Come ben segnalato nel già citato Parere (MIT

Prot. 0001080 – 01/03/2013) anche il Ministero delle

Infrastrutture ha voluto rimarcare la cogenza Normativa

relativa alle fasce di rispetto evidenziando l’assoluta

responsabilità dell’Ente proprietario della strada qualora

proceda nella realizzazione di infrastrutture classificate in

una tipologia superiore a quella effettivamente presente

e/o realizzabile. Infatti nel Parere si sottolinea questo

aspetto “Come noto, le Norme per la classificazione

tecnico-funzionale delle strade esistenti, previste dal

comma 4 dell'art. 13 del C.d.S. non sono state ad oggi

emanate da parte di questo Ministero e pertanto si ritiene

opportuno fornire le seguenti osservazioni . Affinché una

strada esistente possa essere classificata nel tipo

corrispondente, ovvero possa essere attribuita ad essa la

funzione ad esso associata, in linea di principio, è

necessario che siano rispettati tutti i requisiti tecnici e

costruttivi previsti dall'art. 2, comma 3 del CdS. Nella

realtà la maggior parte delle strade esistenti presenta

alcune difformità geometriche o costruttive rispetto ai

requisiti richiesti per una determinata tipologia di strada,

che possono essere sia di tipo diffuso (ad es. mancanza

costante di banchina per l'intera tratta) sia di tipo puntuale

(ad es. restringimento della carreggiata, tipologia di

intersezione non ammessa, ecc.). Si ritiene che tali

difformità tecniche non debbano, di norma, costituire un

vincolo ai fini della classificazione tecnico-funzionale in

quel tipo, intendendo che non possa essere effettuata

una classificazione per brevi "tratti alternati", in funzione

della completa o solo parziale presenza di tutti i requisiti

minimi previsti dal CdS, poiché ciò costituirebbe una

contraddizione con le finalità che si prefigge la

classificazione stessa, tra le quali anche le norme di

tutela e salvaguardia dell'infrastruttura (ad esempio le

fasce di rispetto, gli accessi privati ecc.).” [..omissis..]

“Le considerazioni fin qui esposte sono riferite alla

classificazione „definitiva‟ operata7 ai sensi dell'art. 13, c.

7 CdS art. 13 comma 5. Gli enti proprietari delle strade

devono classificare la loro rete entro un anno dalla emanazione delle norme di cui al comma 4. Gli stessi enti proprietari provvedono alla declassificazione delle strade di loro competenza, quando le stesse non possiedono più le caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali di cui all'articolo 2, comma 2.

5 del CdS. Come già accennato in premessa, la

mancanza delle norme prevista dal c. 4 dell'art. 13 del

CdS, obbliga attualmente l'ente proprietario/gestore

della strada, ai sensi della disposizione del c. 8

dell'art. 2 del Regolamento del CdS, a classificare le

strade esistenti di propria competenza,

provvisoriamente e fino all'emanazione di dette

norme, ai fini della loro gestione, soltanto in base ai

requisiti minimi indicati nel più volte citato c. 3

dell'art. 2. Ciò comporta che l'ente proprietario, nel caso

in cui la strada difetti anche di un requisito soltanto, si

debba assumere la responsabilità di classificarla "in

deroga", ma comunque nel tipo corrispondente dal punto

di vista funzionale, ferma restando la necessità

dell'adozione delle adeguate norme di gestione e di

comportamento nei tratti non pienamente rispondenti a

tutti i requisiti o di declassificarla nel tipo inferiore, qualora

ne ravvisi la necessità, nella consapevolezza delle

conseguenze in termini di riduzione della tutela della

strada, talvolta irreversibili .”

Quindi per il Ministero l’unica classificazione possibile è

quella riportata al comma 3 dell’art. 2 del CdS8.

8 CdS Art. 2 comma 3. Le strade di cui al comma 2

devono avere le seguenti caratteristiche minime:

A - Autostrada: strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di recinzione e di sistemi di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione.

B - Strada extraurbana principale: strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per eventuali altre categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio, che comprendano spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione.

C - Strada extraurbana secondaria: strada ad unica carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e banchine.

Page 51: Ct 2 5 villani

48

Ed il Ministero così prosegue [..omissis..] “Inoltre poiché

il quesito di codesto Ufficio è finalizzato ad un chiarimento

sulla classificazione ma indirettamente all'applicazione

delle disposizioni sulle fasce di rispetto si ritiene utile

rappresentare anche le seguenti considerazioni in merito.

Le norme che disciplinano le fasce di rispetto sono

contenute negli articoli 16, 17 e 18 del Codice della

Strada e negli articoli 26, 27 e 28 del Regolamento di

attuazione; in base alla disposizione transitoria contenuta

nel comma 5 dell'art. 234 del Codice, tali norme però non

sono mai state pienamente attuate. Infatti, la norma

transitoria dell'art. 234, comma 5, del Codice della Strada

prevede che "le norme di cui agli articoli 16, 17 e 18 si

applichino successivamente alla delimitazione dei centri

abitati prevista dall'art. 4 ed alla classificazione delle

strade prevista dall'articolo 2, comma 2. Fino

all'attuazione di tali adempimenti si applicano le

previgenti disposizioni in materia. Poiché, come detto

sopra, le norme per la classificazione tecnico funzionale

delle strade non sono mai state emanate, ne discende

che la materia delle fasce di rispetto stradali è ancora

disciplinata dalle norme previgenti il Codice della Strada.

Tali norme previgenti sono, o erano:

- L. n. 729/61 [[ndr: la Legge 729/61 è stata abrogata9 dal

D.L. n. 112/2008 ma gli art.19, 21 e 22 erano già stati

D - Strada urbana di scorrimento: strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate.

E - Strada urbana di quartiere: strada ad unica

carreggiata con almeno due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi; per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra, esterna alla carreggiata.

F - Strada locale: strada urbana od extraurbana opportunamente sistemata ai fini di cui al comma 1 non facente parte degli altri tipi di strade.

F-bis - Itinerario ciclopedonale: strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell'utenza debole della strada.

9 Il DECRETO-LEGGE 25 giugno 2008, n. 112 (in SO

n.152, relativo alla G.U. 25/06/2008, n.147) , convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133 (in S.O.

abrogati dall‟art. 2 della LEGGE 28 marzo 1968, n. 385

“Modifiche ed integrazioni alla legge 24 luglio 1961, n.

729”, concernente il piano di nuove costruzioni stradali e

autostradali. (GU Serie Generale n.96 del 13-4-1968)]]

''Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali", con

particolare riguardo all'art. 9, che disciplina le distanze da

rispettare per le nuove costruzioni in prossimità delle

autostrade sia all'interno sia all'esterno dei centri abitati.

- L. n. 765/67 "Modifiche ed integrazioni alla legge

urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150", che prevede10

l'emanazione di un decreto ministeriale che stabilisca le

distanze minime, a protezione del nastro stradale, per

tutte le tipologie stradali all‟esterno dei centri abitati e

l‟applicazione transitoria fino alla emanazione di tale

Decreto (D.M. 1.04.68), della legge n. 729/61 per la

disciplina delle fasce di rispetto delle autostrade fuori dai

centri abitati” [[ndr: provvedimento abrogato dal

Decreto Legge n. 112 del 25 giugno 2008, Allegato A

parte 6]].

“- D.M. 1404 dell‟1.04.6811

“Distanze minime a

protezione del nastro stradale da osservarsi nella

n. 196/L relativo alla G.U. 21/08/2008, n. 195) ha disposto (con l'art. 24) l'abrogazione dell'intero provvedimento.

10 Legge n. 765/1967 art. 19 Alla legge 17 agosto 1942,

n. 1150, dopo l'articolo 41, è aggiunto il seguente articolo 41-septies: "Fuori del perimetro dei centri abitati debbono osservarsi nella edificazione distanze minime a protezione del nastro stradale, misurate a partire dal ciglio della strada. Dette distanze vengono stabilite con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per i trasporti e per l'interno, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge [[ndr. pubblicata sulla G.U. n.218 del 31-8-1967 ]], in rapporto alla natura delle strade ed alla classificazione delle strade stesse, escluse le strade vicinali e di bonifica. Fino alla emanazione del

decreto di cui al precedente comma, si applicano a tutte le autostrade le disposizioni di cui all'articolo 9 della legge 24 luglio 1961, n. 729 [[ndr: ma il Decreto Legge n. 112 del 25 giugno 2008, ha disposto (con l'art. 24 e l’Allegato A parte 6) l'abrogazione dell'intero provvedimento 729/1961.]]. Lungo le rimanenti strade, fuori del perimetro dei centri abitati è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore alla metà della larghezza stradale misurata dal ciglio della strada con un minimo di metri cinque".

11 D.M. 1404 del 1 aprile 1968, contrariamente

all’opinione comune non è mai stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 aprile 1968, n. 96. Su questa Gazzetta (GU Serie Generale n.96 del 13-4-1968) è stata pubblicata la Legge 28 marzo 1968, n. 385 Modifiche ed integrazioni alla legge 24 luglio 1961, n. 729,

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edificazione fuori dal perimetro dei centri abitati, di cui

all‟art. 19 della legge 6 agosto 1967, n-765”, che

disciplina le fasce di rispetto per tutti i tipi di strada,

comprese le autostrade, ma soltanto al di fuori del

perimetro dei centri abitati. Tale decreto, infatti, risulta

complementare alla disciplina prevista dagli strumenti

urbanistici all‟interno dei centri abitati. Si fa presente che i

tipi di strada previsti12

nel D.M. 1.04.68 – ad eccezione

concernente il piano di nuove costruzioni stradali e autostradali.

12 D.M. 1 aprile 1968, n. 1404. Distanze minime a

protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 della legge 6 agosto 1967, n. 765 (a) (b) (c). [[(a) a tutta evidenza il D.M. 1 aprile 1968, n. 1404, non risulta mai essere stato pubblicato sulla Gazz. Uff. 13 aprile 1968, n. 96 ma è stato trasmesso alle P.A. con nota 532 in data 22 aprile 1968. (2) Emanato dal Ministero dei lavori pubblici. (3) la presente bozza di decreto di seguito riportata è stata citata come se fosse già stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale e quindi emanata e come tale riportata in alcuni testi di normativa urbanistica [ad esempio nel Codice dell'urbanistica e dell'edilizia, CEDAM, Padova, 2009] assumendo quindi (!) il ruolo di vero Decreto Ministeriale quantunque, sebbene riportato come DM 1404/1968, si asserisca (altrove) che sia stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale privo di numero. 1. Campo di applicazione delle presenti disposizioni. Le disposizioni che seguono, relative alle distanze minime a protezione del nastro stradale, vanno osservate nell’edificazione fuori del perimetro dei centri abitati e degli insediamenti previsti dai piani regolatori generali e dai programmi di fabbricazione. 2. Definizione del ciglio della strada. Si definisce ciglio della strada la linea di

limite della sede o piattaforma stradale comprendente tutte le sedi viabili, sia veicolari che pedonali, ivi incluse le banchine od altre strutture laterali alle predette sedi quando queste siano transitabili, nonché le strutture di delimitazione non transitabili (parapetti, arginelle e simili). 3. Distinzione delle strade. Le strade, in rapporto alla loro natura ed alle loro caratteristiche, vengono così distinte agli effetti della applicazione delle disposizioni di cui ai successivi articoli: A) Autostrade: autostrade di qualunque tipo (legge 7 febbraio 1961, n. 59 , art. 4); raccordi autostradali riconosciuti quali autostrade ed aste di accesso fra le autostrade e la rete viaria della zona (legge 19 ottobre 1965, n. 1197 (4) e legge 24 luglio 1961, n. 729 , art. 9); B) Strade di grande comunicazione o di traffico elevato: strade statali comprendenti itinerari internazionali (legge 16 marzo 1956, n. 371 (5), allegato 1); strade statali di grande comunicazione (legge 24 luglio 1961, n. 729, art. 14); raccordi autostradali non riconosciuti; strade a scorrimento veloce (in applicazione della legge 26 giugno 1965, n. 717 , art. 7); C) Strade di media importanza: strade statali non comprese tra quelle

della categoria precedente; strade provinciali aventi larghezza della sede superiore o eguale a m. 10,50; strade comunali aventi larghezza della sede superiore o eguale a m. 10,50; D) Strade di interesse locale: strade provinciali e comunali non comprese tra quelle della categoria precedente. [ (4) Reca modifiche all'art. 13, L. 24 luglio 1961, n. 729. (5) Recante norme per l'adozione agli accordi internazionali in materia di circolazione stradale, conclusi a Ginevra il 16 settembre 1950, e loro

delle autostrade – non corrispondono ai tipi di strada

introdotti successivamente dal Codice della Strada nel

1992; ciò ha comportato evidenti difficoltà di

applicazione.

- Circolare della D.G. Circolazione e Traffico del Ministero

LL.PP. n. 5980 del 30.12.70, finalizzata all‟applicazione

del D.M. 1404/68, chiarisce in particolare la definizione di

“non edificazione”, individuando la possibilità di collocare

i manufatti che non costituiscono edificazione e la

canalizzazione dei vari servizi all‟interno delle fasce di

rispetto.

- La mancata entrata in vigore delle disposizioni dettate al

riguardo dal Codice e dal relativo Regolamento di

attuazione ha protratto l‟applicazione delle disposizioni

previgenti. ”

Dunque secondo il Ministero un’importante discriminante

per la classificazione delle strade e l’estensione delle

fasce di rispetto13

che determinano tale classificazione è

esecuzione. 4. Norme per le distanze. Le distanze da osservarsi nella edificazione a partire dal ciglio della strada e da misurarsi in proiezione orizzontale, sono così da stabilire: strade di tipo A) - m. 60,00; strade di tipo B) - m. 40,00; strade di tipo C) - m. 30,00; strade di tipo D) - m. 20,00. A tali distanze minime va aggiunta la larghezza dovuta alla proiezione di eventuali scarpate o fossi e di fasce di espropriazione risultanti da progetti approvati. 5. Distanze in corrispondenza di incroci. In corrispondenza di incroci e biforcazioni le fasce di rispetto determinate dalle distanze minime sopraindicate sono incrementate dall'area determinata dal triangolo avente due lati sugli allineamenti di distacco, la cui lunghezza, a partire dal punto di intersezione degli allineamenti stessi sia eguale al doppio delle distanze stabilite nel primo comma del precedente art. 4), afferenti alle rispettive strade, e il terzo lato costituito dalla retta congiungente i due punti estremi. Resta fermo quanto prescritto per gli incroci relativi alle strade costituenti itinerari internazionali (legge 16 marzo 1956, n. 371) 6. Pubblicazione del presente decreto. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

13 La Normativa di riferimento è data dal Regolamento di

Attuazione del Nuovo Codice della Strada di seguito riportato: Reg. attuaz. NCdS Art. 26. (Art. 16 Cod. Str.) Fasce di rispetto fuori dai centri abitati. 1. La distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare nell'aprire canali, fossi o nell'eseguire qualsiasi escavazione lateralmente alle strade, non può essere inferiore alla profondità dei canali, fossi od escavazioni, ed in ogni caso non può essere inferiore a 3 m. 2. Fuori dai centri abitati, come delimitati ai sensi dell'articolo 4 del codice, le distanze dal confine stradale, da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali o negli ampliamenti fronteggianti le strade, non possono essere inferiori a: a) 60 m per le strade di tipo A; b) 40 m per le strade di tipo B; c) 30 m per le strade di tipo C; d) 20 m per le strade di tipo F, ad eccezione delle “strade vicinali” come definite dall'articolo

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50

connessa alla disciplina urbanistica e – in particolare -

alla delimitazione dei centri abitati.

Per rendere agevole l’eventuale classificazione della rete

si riportano di seguito le schede di sintesi elaborate ai

sensi della Normativa di riferimento e sulla base del

Parere ministeriale14

(Prot. 0001080 – 01/03/2013).

3, comma 1, n. 52 del codice; e) 10 m per le “strade vicinali” di tipo F. 3. Fuori dai centri abitati, come delimitati ai sensi dell'articolo 4 del codice, ma all'interno delle zone previste come edificabili o trasformabili dallo strumento urbanistico generale, nel caso che detto strumento sia suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone siano già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi, le distanze dal confine stradale, da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali o negli ampliamenti fronteggianti le strade, non possono essere inferiori a: a) 30 m per le strade di tipo A; b) 20 m per le strade di tipo B; c) 10 m per le strade di tipo C.

Reg. attuaz. NCdS Art. 27. (Art. 17, CdS) Fasce di rispetto nelle curve fuori dai centri abitati. 1. La fascia di

rispetto nelle curve fuori dai centri abitati, da determinarsi in relazione all'ampiezza della curvatura, è soggetta alle seguenti norme: a) nei tratti di strada con curvatura di raggio superiore a 250 m si osservano le fasce di rispetto con i criteri indicati all'articolo 26; b) nei tratti di strada con curvatura di raggio inferiore o uguale a 250 m, la fascia di rispetto è delimitata verso le proprietà latistanti, dalla corda congiungente i punti di tangenza, ovvero dalla linea, tracciata alla distanza dal confine stradale indicata dall'articolo 26 in base al tipo di strada, ove tale linea dovesse risultare esterna alla predetta corda. Ai sensi dell’art.28, per questioni di sicurezza, la categoria “C” è esclusa nei centri abitati

Reg. attuaz. NCdS Art. 28. (Art. 18, CdS) Fasce di rispetto per l‟edificazione nei centri abitati. 1. Le distanze

dal confine stradale all'interno dei centri abitati, da rispettare nelle nuove costruzioni, nelle demolizioni integrali e conseguenti ricostruzioni o negli ampliamenti fronteggianti le strade, non possono essere inferiori a: a) 30 m per le strade di tipo A; b) 20 m per le strade di tipo D. 2. Per le strade di tipo E ed F, nei casi di cui al comma 1, non sono stabilite distanze minime dal confine stradale ai fini della sicurezza della circolazione. 3. In assenza di strumento urbanistico vigente, le distanze dal confine stradale da rispettare nei centri abitati non possono essere inferiori a: a) 30 m per le strade di tipo A; b) 20 m per le strade di tipo D ed E; c) 10 m per le strade di tipo F. 4. Le distanze dal confine stradale, all'interno dei centri abitati, da rispettare nella costruzione o ricostruzione dei muri di cinta, di qualsiasi natura o consistenza, lateralmente alle strade, non possono essere inferiori a: a) m 3 per le strade di tipo A; b) m 2 per le strade di tipo D. 5. Per le altre strade, nei casi di cui al comma 4, non sono stabilite distanze minime dal confine stradale ai fini della sicurezza della circolazione.

14 Si dissente quindi dall’interpretazione data da

Giuseppe Carmagnini nell’articolo “Importante parere del MIT - i Comuni possono classificare le strade nella categoria superiore anche se manca un elemento previsto dall'articolo 2 del Codice della Strada” in quanto

l’autore così asserisce: “In sostanza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nel parere che si propone, prendendo atto che la maggior parte delle strade esistenti spesso non hanno tutte le caratteristiche previste dall‟articolo 2 del codice della strada, ma che, di fatto, esse sono funzionalmente destinate a scopi propri delle categorie superiori, ammette la possibilità che i comuni si assumano la responsabilità della classificazione temporanea dando prevalenza alle caratteristiche funzionali rispetto a quelle costruttive e geometriche. Diversamente verrebbero meno anche le norme a tutela delle strade che prevedono le fasce di rispetto, con il risultato di consentire l‟edificazione a distanze ridotte su strade di collegamento ad alta intensità di traffico. La classificazione in deroga può avvenire, ove adottata, disponendo eventuali limitazioni e divieti per adeguare la non piena rispondenza ai criteri in vigore dal 1° gennaio 1993, per cui su una strada urbana di scorrimento la mancanza del marciapiede, elemento peraltro ritenuto da chi scrive eventuale e non caratteristica minima, potrà essere contemperato dalla presenza di un divieto di circolazione ai pedoni. Sotto questo profilo si evidenzia come le caratteristiche di molte strade siano perfettamente conformi alla definizione di strada di scorrimento di cui alla Direttiva del Ministero dei Lavori Pubblici del 12.4.1995 recante “Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico. (Art. 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Nuovo codice della strada)”: “…strade di scorrimento, la cui funzione, oltre a quella precedentemente indicata per le autostrade nei riguardi del traffico di attraversamento e del traffico di scambio, da assolvere completamente o parzialmente nei casi rispettivamente di assenza o di contemporanea presenza delle autostrade medesime, é quella di garantire un elevato livello di servizio per gli spostamenti a più lunga distanza propri dell'ambito urbano (traffico interno al centro abitato). Per l'applicazione delle presenti direttive vengono individuati gli itinerari di scorrimento costituiti da serie di strade, le quali – nel caso di presenza di corsie o sedi riservate ai mezzi pubblici di superficie devono comunque disporre di ulteriori due corsie per senso di marcia. Su tali strade di scorrimento sono ammesse tutte le componenti di traffico, escluse la circolazione dei veicoli a trazione animale, dei velocipedi e dei ciclomotori, qualora la velocità ammessa sia superiore a 50km/h, ed esclusa altresì la sosta dei veicoli, salvo che quest'ultima risulti separata con idonei spartitraffico” (Direttiva del Ministero dei Lavori Pubblici del 12.4.1995, vds. estratto, doc. 9)

Giuseppe Carmagnini, Vigilare sulla strada, 20 ottobre 2014 http://www.vigilaresullastrada.it/pf/sendDoc/49fcae7c32c2403fd9220fd7db36f521

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Per quanto attiene la distanza minima della fascia di

rispetto il D.M. n. 1404 del 01-04-1968 stabiliva che per i

raccordi autostradali fosse pari a 60 metri, per le strade a

scorrimento veloce 40 metri, distanza che scendeva a 30

metri per altre strade equiparabili a quelle che la

Normativa successivamente introdotta classificherà

come strade di Categoria “C” e fosse pari a 20 metri per

tutte le altre strade (vicinali incluse15

). Facile

comprendere quindi come questo Decreto non sia mai

stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Proprio la perimetrazione di “centro abitato” esclude che

in molti Comuni possano essere realizzate – a ridosso

delle aree urbane - strade di Categoria “C”. Sarebbe

sufficiente quindi rimandare ai documenti di Piano vigenti

per escludere la realizzazione di alcune opere Categoria

“C” escluse anche ai sensi della Tabella 3.2.d del D.M.

6792 del 5/11/2001.

Le fasce di rispetto identificate dal Regolamento di

Attuazione NCdS non hanno un carattere meramente

prescrittivo ma discendono dalle analisi di sicurezza e dai

fattori di rischio connessi al transito in velocità dei veicoli.

Pertanto, il vincolo di legge determinato dalle fasce di

rispetto, esclude violazioni dell’una o dell’altra parte. Ed

anche se la Giurisprudenza ha concluso come i vincoli di

inedificabilità nelle "fasce di rispetto stradale" non

abbiano natura espropriativa, ma unicamente

conformativa, poiché hanno il solo effetto di imporre alle

proprietà l’obbligo di conformarsi alle destinazioni

impresse in funzione di salvaguardia della

programmazione urbanistica, indipendentemente

dall’eventuale instaurazione di procedure espropriative16

,

è anche vero che – in molteplici casi, non soltanto si

determinano riferimenti di non effettualità edificatoria “di

fatto” ai fini del ristoro dei latistanti (che in futuro non

potrebbero né potranno più modificare le volumetrie

all’interno delle loro proprietà), ma si impongono di fatto

ai proprietari vincoli specifici, poiché, qualora alcune

opere fossero realizzate, si passerebbe dalla condizione

15

D.M. 1404/68 art. 3 Strade di categoria D “Strade di interesse locale: strade provinciali e comunali non comprese tra quelle della categoria precedente”

16 Consiglio Stato, sez. IV, 13.03.2008, n. 1095

di area edificabile “di diritto” ad area “giuridicamente non

edificabile" 17

.

3. Classificazione della rete locale extraurbana

Pertanto, una ottimale classificazione della rete stradale,

dovrebbe essere basata su molteplici aspetti:

caratteristiche geometriche, vincoli, limitazioni al transito

per massa, dimensioni, gestione amministrativa, dati di

traffico e incidenti stradali, gestione certamente

complessa ma ora semplificata stante il proliferare di

metodi e strumenti informatici disponibili anche

gratuitamente. Invece pare non sia stata attuata alcuna

l’implementazione congiunta degli archivi informatizzati

che, laddove esistono, non includono dati salienti e

fondamentali (catasto strade) e rendono sempre più

complessa la gestione della rete stradale in un’ottica che

non deve essere partecipata ma istituzionalizzata, al fine

di pianificare tutte le azioni di controllo della domanda e

dell’offerta di mobilità (ancora carente nelle aree

extraurbane) e stabilire così gli interventi ottimizzando la

spesa pubblica.

Diventa di conseguenza necessario reperire l’insieme di

criteri che isolino, nel contesto della rete stradale e

includendo i tratti extraurbana, la sola viabilità minore e

rurale e, per quanto concerne il panorama italiano,

questa operazione di delimitare il campo di interesse, si

presta di fatto ad un duplice approccio: il primo, che

denomineremo “normativo” prende le mosse della

definizione della viabilità, ivi inclusa quella minore e

rurale, con ulteriore riferimento alle caratteristiche

geometriche del tracciato stradale, il secondo, l’approccio

“funzionale” è relativo alla caratterizzazione funzionale

della rete viaria extraurbana.

3.1 I problemi derivanti dalla classificazione

Provando ad affrontare contemporaneamente gli

approcci proposti, si evidenziano però alcune difficoltà

nell’individuazione di quei caratteri esclusivi che

permettano un’estrazione univoca e puntuale della rete

oggetto di interesse.

17

(Cassazione civile, sez. I, 13.04.2006, n. 8707; Cassazione civile, sez. I, 28.10.2005, n. 21092) (Consiglio di Stato, Sez IV - Sentenza 27 settembre 2012, n.5113).

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Le difficoltà sono dovute :

- alla molteplicità dei gestori e alla frammentazione del

patrimonio che costituisce l’intera rete viaria minore e

rurale18

. Per quanto riguarda le strade di interesse del

nostro Comitato19

, occorre rammentare come

l’amministrazione di questa rete discenda dalla

motivazione che ha portato alla realizzazione dei tracciati

stessi e che conseguentemente ha determinato l’Ente

proprietario della strada: caso emblematico è quello delle

strade di argine affidate alla tutela dei Magistrati delle

Acque, esempio lampante della estrema frammentazione

del patrimonio viario che presenta un carattere di difficile

riconduzione ad un unicum territoriale di riferimento,

unicum che come tale è bene sia attentamente

preservato e tutelato.

- all’assenza “storica” di un censimento nazionale e

all’obbligo di classificazione20

introdotto con il CdS del

1992.

18

Nel totale delle strade extraurbane vanno infatti computate tutte le strade che attraversano i Comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti.Le strade definite in ambito internazionale “rural roads” includono le classiche extraurbane (strade statali, provinciali oltre a quelle gestite dai Comuni), ma a queste si aggiungono tutte le strade che, nel contesto nazionale, assumono molteplici denominazioni: strade di Comunità Montane, strade Parco, strade di argine, strade vicinali, strade agrarie, strade agro-silvo-pastorali, strade di bonifica, trazzere, tratturi, contrade, strade bianche. In aggiunta alla problematica che sorge nel mettere a sistema, ove esistenti, i patrimoni relativi ai singoli gestori (Province e Comuni), vi sono quindi quelli degli Enti Parco, delle Comunità Montane e dei Magistrati delle Acque.

19 Strade locali extraurbane e viabilità minore

20 La legge n. 2248 del 20 marzo 1865 classificava le

strade come nazionali, provinciali, comunali o vicinali. Il Regio Decreto n. 2506 (G.U. del 4 dicembre 1923 n. 284) classificava le strade in 5 classi (nazionali, provinciali (due classi), comunali, militari). La legge n. 126 del 12 febbraio 1958 (abrogata ma ancora in vigore per quanto attiene l’art. 14 “Art. 14. Consorzi per le strade vicinali di uso pubblico. La costituzione dei consorzi previsti dal decreto legislativo luogotenenziale 1 settembre 1918, n. 1446, per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinali di uso pubblico, anche se rientranti nei comprensori di bonifica, è obbligatoria. In assenza di iniziativa da parte degli utenti o del Comune, alla costituzione del consorzio provvede di ufficio il Prefetto.”), manteneva la classificazione precedente così denominando le tipologie di strade “statali, provinciali, comunali, vicinali, militari” e l’onere della manutenzione delle vicinali era lasciato ad appositi Consorzi. Le strade di bonifica, ai sensi dell’art. 10, dovevano necessariamente essere riclassificate come statali, provinciali o comunali. La Legge n. 31 del 26 gennaio 1963 “Disposizioni per l'ammissione a contributo della spesa per la sistemazione delle strade classificate provinciali anteriormente all'entrata in vigore della legge

Sebbene l’evoluzione della rete viaria presenti

caratteristiche di lungo periodo e quindi le modificazioni

relative all’estesa complessiva possano essere valutate

anche sulla base di dati non sempre aggiornatissimi,

occorre rilevare come i dati di base attualmente a

disposizione (si vedano nel successivo Capitolo le

Tabelle elaborate sui dati ufficiali al Ministero dell’Interno)

abbiano permesso di formulare alcune considerazioni21

.

Analisi di dettaglio e su serie storica non sono purtroppo

state possibili stante la difficoltà di reperimento dati ed il

complesso excursus normativo (già illustrato in una

precedente nota). L’estensione della rete delle strade

extraurbane è stata oggetto di completa indagine22

soltanto sino al 1977.

Con il D.Lgs 30 aprile 1992, n. 285, Codice della Strada,

la competenza sulle strade vicinali sino ad allora affidate

a specifici Consorzi23

passa direttamente24

ai Comuni.

12 febbraio 1958, n. 126, o non comprese nei piani di cui all'articolo 16 della legge stessa.” (G.U. n. 35 del 7 febbraio 1963) destinava risorse economiche importanti successivamente ampliate con la la Legge n. 167 del 9 aprile 1971, che attribuiva ad ANAS il totale coordinamento dei lavori sulla rete primaria (autostrade e strade statali) erogando risorse per la sistemazione, l’ammodernamento e la costruzione di strade provinciali e comunali. Classificazione meramente amministrativa sino al 1992. Le Norme tecniche in vigore erano quelle del Bollettino Ufficiale C.N.R. n. 78 del 28 luglio 1980.

21 Considerazioni riportate nel Capitolo di Antonio

Cataldo, Paola Villani, La rete stradale di Province e Comuni: analisi normativa ed economico-finanziaria, in questo stesso Quaderno AIPCR 2014

22 Censimento sulle strade vicinali a cura prima del

Ministero dei Trasporti e della Navigazione (oggi Ministero delle Infrastrutture e Trasporti), i cui dati sull’estesa chilometrica sono sempre stati pubblicati nei periodici denominati “Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti”. Dal 1977 la rilevazione si è arrestata,

sebbene siano reperibili valori regionali per i chilometri di rete extraurbana riferiti all’anno 1993. L’indagine sulle strade comunali, che inizialmente era presente per tutti i Comuni italiani, è stata poi sostituita da quella per i soli Comuni Capoluogo di Provincia, comportando la mancanza di informazioni necessarie alla stima della lunghezza delle strade comunali per gli anni successivi. Per questo motivo nelle analisi si fa sovente riferimento all’anno 1999 (dati riportati nel Conto Nazionale Trasporti 2002 e riferiti al 31 dicembre 1999).

23 Art. 14 della Legge n. 126 del 12 febbraio 1958

24 CdS, art 14 comma 4. “Per le strade vicinali di cui

all'art. 2, comma 7, i poteri dell'ente proprietario previsti dal presente codice sono esercitati dal comune”.

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59

La classificazione introdotta dall’articolo 2 del Nuovo

Codice della Strada e dal Regolamento di esecuzione e

di attuazione del Nuovo Codice della Strada e dal DM

2001 , potrebbe permettere il riconoscimento, attraverso

le caratteristiche geometriche25

e Normative, della rete

viaria locale extraurbana pavimentata. Non vi sono

Norme riferite alle strade non pavimentate che ai sensi

del DM 2001 dovrebbero comunque essere censite,

come Strade Private e andrebbero ad incrementare

significativamente la quota parte della rete extraurbana

classificabile in categoria F o assimilabile alla categoria F

in quanto strade che, in assenza di classificazione, sono

considerate a tutti gli effetti viabilità minore, “strade che

non risultano possedere le caratteristiche delle strade

censite nelle categorie immediatamente superiori”.

3.2 La classificazione e le categorie

Attualmente le strade extraurbane secondarie (strade di

tipo C o F) sono caratterizzate anche dalla presenza di

alcuni tratti viari classificati come extraurbane principali

(strada di tipo B). Ma a chi spetta il compito della

classificazione delle strade non statali? La risposta è

riportata nell’art. 2 del DM 2001 che così recita:

Art. 2. Ai fini della formazione e conservazione del

Catasto delle Strade gli Enti proprietari devono dotarsi di

strutture specifiche. I Comuni della stessa Regione , le

Province e le Regioni possono consorziarsi in entità

territoriali più ampie, istituendo un unico organo di

supporto tecnico, ma lasciando comunque distinti i loro

catasti [[ndr: ogni Ente deve quindi averne uno]]. Alle

Regioni spetta anche il coordinamento di tutte le fasi, ed

in particolare della raccolta e trasmissione dei dati

all'Archivio Nazionale delle strade, presso il Ministero

dei Lavori Pubblici, fatta eccezione per i dati relativi alle

strade ed autostrade statali in concessione ed alle

strade ed autostrade statali in gestione all'ANAS, che

sono raccolti e trasmessi all'Archivio direttamente dagli

Enti concessionari o gestori.

25

Si veda l’art. 6 del DM 2001 già riportato: “- strade provinciali e comunali extraurbane con larghezza pavimentata non inferiore a metri 5,50; - altre strade comunali extraurbane con larghezza pavimentata inferiore a metri 5,50 e strade urbane pavimentate.”

La classificazione dovrebbe quindi essere gestita su base

regionale o attraverso opportuno decreto degli organi

competenti e mediante la declassificazione prevista già

nella Legge n.126/1958, declassificazione normalmente

proposta alle Regioni dalle amministrazioni competenti,

Comuni o Province, Regioni che parimenti ne decretano

la ri-classificazione o la de-classificazione, con la

conseguente clusterizzazione di una situazione di

partenza con specifici criteri in un mix tipologie

costruttive, tecniche e funzionali derivanti dalla storia e

dallo sviluppo del territorio di competenza.

La classificazione geometrica e il rispetto della Normativa

riportano quindi al problema della frammentazione della

rete e della molteplicità dei gestori, sia perché tra le

molteplici strade non classificate sono comprese anche le

strade vicinali (pubbliche e private ad uso pubblico)

equiparate alle comunali, strade vicinali per le quali ai

Comuni è imposto l’obbligo di istituire e tenerne

aggiornata la cartografia, il catasto e le loro pertinenze

secondo le modalità stabilite con Decreto del Ministero

dei Lavori Pubblici 1 giugno 2001, decreto ampiamente

disatteso.

“Alle Regioni spetta anche il coordinamento di tutte le

fasi, ed in particolare della raccolta e trasmissione dei dati

all'Archivio Nazionale delle strade...” ma che fare se le

Regioni non coordinano ma soprattutto non verificano? I

portali cartografici esistenti hanno valore legale ? Se una

strada è stata classificata come urbana (ed invece si

tratta di una strada statale26

) ? E se la Regione non

soltanto non verifica ma recepisce ed utilizza, anche alla

luce di un potenziale risparmio considerato che questa

cartografia è “open” ? Ed è talmente “open” che può

accadere di tutto.

Ma il principale problema è in realtà duplice: informazioni

non certificate e dettagli informativi assenti. Oppure

presenti per alcune tematismi27

ma quasi del tutto assenti

per altre.

26

Riferimento alla ex Ss 566 ora Sp 566 “di Val di Vara”, classificata come “urbana” sul portale cartografico della Provincia di La Spezia, che ha parimenti classificato l’Autostrada A12 come “strada extraurbana” ma sono evidentemente problemi che possono capitare se si ricorre a portali cartografici “open” e non ufficiali.

27 A titolo di esempio si possono annoverare i passi carrai

(si veda il dettaglio nel Portale cartografico del Comune di

Page 63: Ct 2 5 villani

60

Eppure la classificazione dei tronchi e dei nodi della rete

stradale rappresenta un punto cardine del Road Safety

Audit (RSA) e della Road Safety Inspection (RSI):

procedura utilizzata per le strade esistenti ed in esercizio

e che ha lo scopo di individuare le problematiche

generatrici di incidenti stradali legate all’infrastruttura (ma

con una visione scenariale si applica ai progetti in fase di

realizzazione). Se su un determinato asse stradale non

sono stati registrati eventi (incidenti, dissesti o frane)

occorre valutare cosa accadrebbe qualora mutassimo

qualcosa (senso di marcia, geometria, nuovi accessi,

nuovi edifici con diversa ripartizione dei carichi sui

versanti, ecc.). Tale analisi di sicurezza per le strade

esistenti non ha lo scopo di sostituire il tradizionale

metodo di analisi sull’incidentalità e la determinazione dei

punti neri, ma costituisce un elemento cardine per

stabilire quanto sia sicura una certa strada e correggere

possibili situazioni che, sebbene non abbiano ancora

prodotto incidenti, potrebbero costituire un possibile

pericolo. Per questo i procedimenti attuati all’interno del

metodo RSI individuano tutti i fattori di pericolo che

possono accrescere la probabilità che un evento

qualsiasi si verifichi e mirano a ridurne le conseguenze in

modo da attuare “preventivamente” azioni correttive.

Ai sensi della Normativa esistente28

il controllo dei dati

incidentali suddivisi per tipologia di strada e periodi

temporali deve essere eseguito: su strada urbana

(periodo 3-5 anni), su strada extraurbana (periodo 5-7

anni).

4. Rappresentazione cartografica e problemi

connessi

Il Portale Cartografico Nazionale riporta metadati relativi

alle sole infrastrutture ferroviarie (datati anno 2007). Se si

ricerca la rete stradale il sistema restituisce i dati di

alcune Regioni29

ma tra queste vi sono soltanto quelli di

alcune Province.

La Spezia) o gli incidenti stradali (si veda il dettaglio nel Portale cartografico del Comune di Bergamo).

28 Ministero dei Lavori Pubblici “Linee guida per le analisi

di sicurezza delle strade”. Circolare n. 3699, 8 giugno 2001

29 Cataloghi CSW AdB Basilicata e Marche e Cataloghi

CSW Emilia Romagna, Regione Liguria, Regione Piemonte, Regione Sicilia (assente la Provincia di Caltanissetta...ed il sistema propone quindi Enna)

Si veda l’esempio di quella che è stata classificata come

Strada Regionale30

siciliana n. 13.

Provincia di Caltanissetta, SP 133 Serradifalco – Delia

(S.R. n. 13): cartografia e immagine dell’infrastruttura

La proliferazione di mappe che non riportano una corretta

classificazione (nel senso di gerarchia della rete)

determina anche incidenti (mezzi inidonei per peso,

lunghezza o sagoma tenderanno a percorrerla). Ma di

converso un’inidonea classificazione può anche

determinare una minore attrattività per le attività

economiche e soprattutto per il turismo: alcuni portali

indicano limiti di velocità che sono circa31

la metà di quelli

realmente presenti. E se le isocrone di percorrenza sono

basate su dati errati, l’economia di un’intera zona può

risentirne.

30

Provincia di Caltanissetta, SP 133 Serradifalco - Delia (S.R. n. 13) km 11,650

31 http://strade-italia.openalfa.com/vie/strada-statale-640-di-porto-empedocle-racalmuto

Page 64: Ct 2 5 villani

61

La ex strada statale 566 di Val di Vara (SS 566), ora strada provinciale 566 di Val di Vara (SP 566), classificata come “urbana” sul portale cartografico della Provincia di La Spezia, che ha parimenti classificato l’Autostrada A12 come “strada extraurbana” ma sono evidentemente problemi che possono capitare se si ricorre a portali cartografici “open” e non ufficiali.

4.1 Il trasporto merci

In tema di sicurezza, per quanto riguarda i tracciati

planimetrici, con curve aventi raggio 120 metri, la velocità

massima dovrebbe essere 60 km/h (e non 70 km/h). Gli

incidenti verificatisi negli ultimi anni in Italia e che hanno

interessato veicoli pesanti lungo le Strade Regionali e

Provinciali, evidenziano come le possibili cause siano

imputabili all’eccessiva lunghezza dei veicoli e/o al

mancato o errato ancoraggio dei carichi. Stante le

modificazioni apportate al Codice della Strada in Francia

e altri Paesi europei non è purtroppo infrequente

registrare il transito di veicoli di categoria N3 (veicoli

destinati al trasporto di merci, aventi massa massima

superiore a 12 t) sulle strade della rete nazionale, strade

che “non” sono state concepite32

per veicoli con questa

massa e queste lunghezze. E se l’instradamento di

veicoli pesanti è imputabile al fatto che in molti portali con

mappe e cartografia33

“open” non sia presente una

chiara34

classificazione della rete stradale, si determina

anche la possibilità che veicoli pesanti che trasportino

merci pericolose possano istradarsi lungo tutte le

infrastrutture della Versilia, problema che ha portato allo

studio35

qui presentato dal nostro Comitato Tecnico.

La quasi totalità delle Province ha provveduto a stilare

appositi elenchi delle strade ove vigono particolari divieti

per il transito di veicoli commerciali36

(limitazioni di massa

a pieno carico, limitazioni di altezza, larghezza o

lunghezza) e hanno provveduto a porre la relativa

segnaletica ma queste limitazioni al transito non sono

riportate nelle mappe cartografiche “open”.

Spesso le limitazioni al transito sono determinate da

specifici vincoli strutturali ma altre volte, in un territorio di

pregio come quello nazionale, i vincoli sono stati posti per

ridurre i fenomeni di dissesto che possono acuirsi a

seguito del continuo transito di veicoli pesanti.

32

P.Villani, Analisi dei fattori di incidentalità della Strada Regionale 70 “della Consuma” http://www.orientepress.it/?p=4770

33 Si veda ad esempio OpenStreetMap

http://www.openstreetmap.org/relation/42622#map=11/43.8266/11.4347

34 Differente classificazione, ben leggibile nell’Atlante De

Agostini riportato nel Portale Cartografico Nazionale.

35 G. Caroti, A.Pardini, A.Pratelli, Capitolo 5 di questo

Quaderno CT 2.5 “Sviluppo di un metodo di valutazione dell’indice di rischio per il trasporto merci pericolose con applicazione al territorio della Versilia”, AIPCR Roma 2014

36 Si veda ad esempio la Provincia di Varese

http://www.provincia.va.it/ProxyVFS.axd/null/r43553/Elenco-Generale-Limiti-di-peso-e-sagoma-lungo-le-SsPp-pdf?ext=.pdf

Page 65: Ct 2 5 villani

62

La Sp9 a Viggiù (VA), correttamente rappresentata nel Portale Cartografico Nazionale (Atlante stradale Italia e Catalogo Frane) e come risulta invece rappresentata su OpenStreetMap

La segnaletica lungo la Sp 9 a Viggiù (VA) e lavori in corso

Il divieto di transito agli autoarticolati e autotreni lungo la Sp 9 a Viggiù (VA)

Uno dei tratti a senso unico alternato lungo la Sp 9 a Viggiù (VA)

La sezione della Sp 9 nel centro storico di Viggiù (VA)

Incidenti per ribaltamento lungo la SR 70 “della Consuma” (FI)

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63

La Strada Regionale 70 “della Consuma”, correttamente rappresentata nel Portale Cartografico Nazionale (Atlante stradale Italia 1:250.000 della De Agostini) e come risulta rappresentata su OpenStreetMap

Un veicolo commerciale a Diacceto, SR 70 “della Consuma”

Incidente a Botta di Sedrina (BG)

4.2 I veicoli sulla rete minore

Il traffico motorizzato sui sentieri produce un alto impatto

ambientale sul fondo di mulattiere e sentieri, tracciati

oggetto di manutenzione ad opera quasi esclusiva di

volontari o frontisti che operano faticosamente e senza

oneri pubblici un patrimonio pari ad oltre 60.000 km di

sentieri. Moto e quad rappresentano un pericolo per gli

escursionisti ponendo in primis problematiche legate alla

sicurezza di quanti percorrono questi tracciati, veri utenti

deboli anche sui sentieri.

Il recente elevato utilizzo della rete minore da parte di

veicoli a due ruote può trasformarsi in un disincentivo alla

frequentazione non motorizzata di territori collinari e

montani, determinando non tanto un ostacolo allo

sviluppo, quanto uno specifico danno ambientale poiché

i solchi determinati dai mezzi motorizzati determinano un

diverso deflusso delle acque. Eppure alcune37

Regioni

hanno recentemente approvato leggi che contemplano

norme e provvedimenti che favoriscono un uso

inappropriato della rete minore.

37

Si fa riferimento ad esempio al caso dell’Emilia-Romagna: il 26 luglio 2013 la Regione ha approvato la legge regionale n° 14 “Rete escursionistica dell'Emilia Romagna e valorizzazione delle attività escursionistiche”, che fornisce una definizione di escursionismo che non pone alcuna limitazione concettuale al fatto che esso venga praticato con l’utilizzo di mezzi motorizzati in quanto prevede la possibilità di percorrere i sentieri con mezzi a motore, in evidente contrasto con la finalizzazione dei percorsi escursionistici, affermata dalla legge, alla “promozione delle aree naturali … e allo sviluppo sostenibile”.

Page 67: Ct 2 5 villani

64

La Lombardia, una regione la cui superfice montana è

pari 1.032.322 ettari ha approvato una Norma38

che da

un lato garantisce ai Comuni di autorizzare

manifestazioni con i veicoli a motore sebbene

ufficialmente39

ne vieti il transito su sentieri, mulattiere e

boschi.

Il problema è diventato nazionale – e si estende anche

all’uso delle motoslitte nel periodo invernale. E’ evidente

l’incompatibilità fra escursionismo e motociclismo, in

controtendenza anche rispetto ai progetti di promozione e

sviluppo di turismo ecocompatibile, progetti che

richiedono investimenti modesti e sono realizzabili solo

con scelte precise e coerenti. Il nostro Paese si

caratterizza per una rete di itinerari di lunga percorrenza

di grande valore naturalistico e storico, basato in

massima parte sulla rete sentieristica.

Le numerose presenze di escursionisti su questi itinerari,

oggetto di iniziative imprenditoriali agro-turistiche con

38

Regione Lombardia Legge Consiglio Regionale N. 43 del 8 luglio 2014 Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 5 dicembre 2008, n. 31 (Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale) Art. 4 (Modifiche all’art. 59 della l.r. 31/2008) 1. All’articolo 59 sono apportate le seguenti modifiche ed integrazioni: a) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. Sulle strade agro-silvo-pastorali è vietato il transito dei mezzi motorizzati, ad eccezione di quelli di servizio e di quelli autorizzati in base al regolamento comunale di cui al comma 1.”; b) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. E’ altresì vietato il transito dei mezzi motorizzati nei boschi, nei pascoli, sulle mulattiere e sui sentieri, ad eccezione dei mezzi di servizio e di quelli autorizzati dalla Regione per la circolazione sulle proprie aree demaniali.”; c) dopo il comma 4 è inserito il seguente: “4.bis In deroga ai divieti di cui ai commi 3 e 4, con il regolamento di cui all’articolo 50, comma 4, compatibilmente con le esigenze di tutela del patrimonio forestale, sono definite le modalità e le procedure con cui gli enti locali e forestali, per il territorio di rispettiva competenza, possono autorizzare manifestazioni con mezzi motorizzati. Nel caso in cui il territorio interessato dall’autorizzazione sia ricompreso in una area protetta regionale e/o nazionale, gli enti gestori di queste ultime sono tenute a esprimere un parere preventivo vincolante. In ogni caso, preventivamente al rilascio della autorizzazione, i responsabili organizzativi delle predette manifestazioni dovranno prestare congrue garanzie fideiussorie bancarie o assicurative agli enti proprietari dei boschi, dei pascoli, delle mulattiere e dei sentieri, al fine di garantire la copertura dei costi necessari per l’eventuale esecuzione delle opere di conservazione e/o di rimessa in pristino stato dei luoghi, aree, mulattiere e/o sentieri utilizzati per lo svolgimento delle manifestazioni”.

39 Si veda l’ultimo paragrafo di questo Capitolo.

significativi sviluppi per l'economia locale, risulta

fortemente disincentivata dalla convivenza con

motociclette e quad.

Page 68: Ct 2 5 villani

65

4.3 L’aggiornamento della segnaletica stradale

Per cessioni da parte di Stato e Regione dal 2009 sono

divenute provinciali le ex Strade Statali (SS...) e si pone

quindi anche il problema della segnaletica verticale che

gli enti provinciali devono ancora aggiornare oppure

hanno immediatamente aggiornato come negli esempi di

seguito riportati e relativi al territorio di Asti.

La ex SS 10 "Padana inferiore" ora SR 10

La ex SS 29/A "Raccordo" (alla SS del Colle di Cadibona)

Alla ridenominazione si è aggiunta la completa

ridefinizione delle progressive chilometriche40

(strade di

seguito rappresentate)

40

Ogni strada provinciale è caratterizzata da un nome ed un numero (es. SP 16 "Casalborgone - Pralormo") anche qualora la segnaletica verticale riporti il solo numero (es. SP 16) e se il numero è seguito da "/ lettera" denota come la strada sia una diramazione della principale (es. SP 16/B "Diramazione per Villanova d’Asti"). Ogni strada ha un solo inizio e la numerazione chilometrica procede in un sola direzione e si avrà quindi chilometrica in senso crescente o decrescente.

La ex SS 457 "di Moncalvo" attuale SR 457 all’innesto con la Sp 93 avente progressiva chilometrica con inizio a Calliano (AT) sebbene questo non sia il primo Comune dell’astigiano lungo la ex 457: a sud infatti vi sono Portacomaro e Casotto. Di seguito l’inizio della progressiva chilometrica della Sp 84 a Cocconato d’Asti.

La SS 458 "di Casalborgone"

La ex SS 590 "di Val Cerrina" a Pirenta: la ridenominazione comporta problemi connessi ai riferimenti ufficiali nella documentazione turistica e storica. Singolare poi che tra Province contermini la denominazione muti (anche se soltanto a

Page 69: Ct 2 5 villani

66

livello di preposizioni articolate, “della Val Cerrina” per la Provincia di Alessandria, “di Val Cerrina” nel torinese e nell’astigiano). Come è evidente nell’immagine riportata il trasferimento di competenze dallo Stato alle Province non sempre ha contribuito all’eliminazione dei punti neri

La ex Ss 592 a Castino (CN) . In questo caso la denominazione tra Province contermini muta sensibilmente e immaginiamo quali possano essere i problemi per i turisti stranieri: la ex Ss 592 di Canelli (SS 592), è la Sp 592 “di Canelli” in provincia di Asti e la Sp 592 “di Valle Belbo” nel cuneese.

Ma anche nelle altre Province il problema della

segnaletica si pone ed occorre considerare, oltre al

mancato rispetto della Normativa, l’indispensabile

informazione agli utenti che, qualora non dotati di sistemi

di navigazione, hanno comunque necessità di sapere

quale strada stiano percorrendo. In un’ottica di

contenimento della spesa pubblica ogni ridenominazione

non sufficientemente motivata dovrebbe essere

attentamente valutata.

La ex SS 456 "del Turchino" in Provincia di Alessandria. Dal 2001, la gestione del tratto piemontese è passata dall'ANAS alle Regioni Piemonte e Liguria che hanno provveduto al trasferimento dell'infrastruttura al demanio delle Province di Asti, Alessandria e Genova.

4.4 Classificazione della rete e segnaletica stradale

Molte Province hanno proceduto con una classificazione

ma sovente si presentano alcuni problemi: ad esempio la

definizione adottata nella cartografia dalla Provincia di

Milano (C/B- Strada extraurbana secondaria “Sp415

Paullese” in colore viola e la B/C in colore azzurro Strada

extraurbana secondaria “Sp 412 Val Tidone”) non ha

senso se non si evidenziano le differenze in termini di

larghezza della carreggiata e la rappresentazione

cartografica di ogni singola strada provinciale su tavole

CRT datate non soltanto non rispecchia la realtà ma non

aiuta a leggere il quadro complessivo della rete.

Page 70: Ct 2 5 villani

67

La Classificazione Tecnico – Funzionale della Strada Provinciale “60 – Monzese” [R.G. 373/2009] e di seguito la stessa area nelle immagini satellitari anno 2011 – Ministero dell’Ambiente – Geoportale Nazionale]

Una rappresentazione di confronto tra le due immagini sopra riportate per la Strada Provinciale “60 – Monzese”: in colore giallo ocra le modificazioni intercorse.

L’ente proprietario delle strade è riportato nei segnali di

progressiva distanziometrica aventi dimensioni correlate

alla categoria della strada, segnaletica verticale prescritta

dal CdS e nel Regolamento di Attuazione41

con cartelli

quadrati bianchi (50x50 cm) [Fig. II 261

CdS Art. 129] con indicazione della

progressiva chilometrica in colore nero ed

un segnale inferiore di colore blu (50x25

cm) con il nome della strada in colore

bianco (SP ...).

Fig. II 259 e fig. II 261 CdS Art. 129

41

Art. 129. Regolamento di Attuazione - Segnali di identificazione strade e progressive distanziometriche 1. I simboli di identificazione delle strade sono composti da lettere e cifre in combinazione, le cui caratteristiche sono: a) per itinerari internazionali a fondo verde (fig. II.256); b) per autostrade e trafori a fondo verde (fig. II.257); c) per strade statali a fondo blu (fig. II.258); d) per strade provinciali a fondo blu (fig. II 259); e) per strade comunali extraurbane a fondo bianco (fig. II.260). 2. I segnali di progressiva distanziometrica riportano le distanze espresse in chilometri o eventualmente in ettometri e chilometri (figg. II.261, II.262, II.263, II.264, II.265, II.266, II.267, II.268). Sulle strade già aperte al traffico è consentito mantenere in opera segnali distanziometrici lapidei.

Ma, come evidenziano le immagini seguenti, in alcune

Province pare che si adotti una diversa segnaletica.

La Sp 60 ad Arcore (MB)

La SP 60 Monzese è stata classificata “strada di

categoria B – Strada extraurbana principale ” ma ai sensi

del DM 6792/2001 Fig. 3.6.c le banchine non hanno

larghezza pari a 1.75 e non sono presenti (in direzione

sud) le piazzole di sosta previste al punto 4.3.6 del

medesimo decreto.

Le classificazioni delle strade provinciali (per la casistica

analizzata) comprendono la totalità delle categorie

stradali, non esiste alcuna uniformità di rappresentazione

neppure nella cartografia realizzata da uno stesso Ente

(questo il caso della Provincia di Milano) e la metodologia

utilizzata – in assenza di riferimenti normativi – è

variabile.

Page 71: Ct 2 5 villani

68

La Sp 46 “Rho-Monza”: nella classificazione tecnico-funzionale questo tratto è indicato di Categoria B ma lo spartitraffico non ha le dimensioni previste (pari a 2,50 mt) e la banchina è assente o comunque inferiore a 1,75 mt previsto in Normativa.

La Sp 46 “Rho-Monza”: nella classificazione tecnico-funzionale

questo tratto è indicato di Categoria C.

La Sp 412 “della Val Tidone”: nella classificazione tecnico-funzionale questo tratto è indicato di Categoria B ma valgone le considerazioni già espresse per la Sp 46.

La classificazione della Sp 2 “Monza – Trezzo”

La Sp 2 “Monza – Trezzo” nel tratto classificato di Categoria C

La Sp 2 “Monza – Trezzo” nel tratto classificato come Cat. E. Le due immagini non sono invertite: in questo tratto di “strada urbana di quartiere” non sono presenti marciapiedi e nemmeno il percorso pedonale e ciclabile realizzato nel tratto classificato come Cat. C.

Ancora la Sp 2 “Monza – Trezzo” nel tratto classificato di Cat. E.

Page 72: Ct 2 5 villani

69

4.5 La sicurezza lungo la rete secondaria

Una caratteristica significativa della viabilità minore è

rappresentata dai margini della strada (le già citate fasce

di rispetto) che costituiscono uno dei fattori determinanti

per la sicurezza: le analisi relative agli incidenti per

fuoriuscita (senza impatto finale) indicano una minima

frequenza di eventi lesivi o mortali.

Per tali ragioni, laddove siano possibili interventi,

dovrebbero essere previste zone libere da ostacoli.

Altrimenti sarà scelta dell’Ente proprietario della strada

individuare i siti in cui specifici problemi di sicurezza

consigliano, a prescindere dai vincoli economici e

ambientali, la realizzazione delle fasce di rispetto.

Sono molteplici i casi di positivo intervento lungo le strade

provinciali e a titolo di esempio si riportano alcune

immagini unitamente ai volumi di traffico della Sp 20 in

Provincia di Asti.

La Sp 20 in Provincia di Asti, i flussi di traffico rilevati in questo tratto nel luglio 2014 e alcuni accorgimenti per la messa in sicurezza.

La Sp 20 in Provincia di Asti: il medesimo tratto nei due sensi di marcia

La Sp 18 in Provincia di Asti

L’utilizzo delle barriere, oltre ad avere un ridotto rapporto

benefici/costi, può divenire esso stesso un ostacolo ai

margini. Tutto ciò, insieme al costo di manutenzione,

rende generalmente poco efficace l’uso delle barriere

nella viabilità minore, ad eccezione dei siti nei quali si

riconosce che le conseguenze della fuoriuscita possono

essere estremamente severe.

Page 73: Ct 2 5 villani

70

4.6 Classificazione e specificità della rete stradale

minore42

In altro capitolo è stato trattato il tema delle reti di mobilità

lenta43

. In questo paragrafo si riassumono le principali

problematiche relative alla classificazione e alle

specificità della rete minore.

Molte sono le Regioni che hanno regolamentato le

tipologie dei percorsi afferenti alla rete di viabilità minore,

attraverso la redazione di piani per la costituzione della

rete escursionistica44

o ciclabile.

Tutte le Leggi regionali trattano e regolamentano obiettivi

riguardanti le azioni politico-amministrative preposte alla

salvaguardia e alla valorizzazione dei territori montani45

o

pedecollinari, per il sostegno all’agricoltura, la pesca e la

tutela della flora. Alcuni documenti46

segnalano le

positive ricadute in termini di sviluppo sociale, economico

e culturale delle popolazioni insediate in queste aree.

42

Il presente paragrafo è stato in larga parte redatto da Claudio Pedroni

43 Il Capitolo 6 redatto da Arlotti e Laghi tratta svariati

aspetti: - la manutenzione dal punto di vista gestionale, i contributi economici previsti all’interno dei nuovi PSR (Piani di Sviluppo Rurale 2014 – 2021), le modalità per accedere a questi contributi per le Associazioni di Promozione Sociale (Italia Nostra, Touring Club, Trekking Italia,..) e le positive ricadute occupazionali; - la percorribilità, in termini di diritto di accesso (percorsi ciclabili o pedonali, presenza di eventuali interruzioni che impediscono da un lato la percorribilità del tratto e dall’altro – determinano l’impossibile manutenzione, segnalazione di eventuali problemi lungo il tracciato). - Le Reti di uso pubblico come la RER (Rete Escursionistica dell’Emilia Romagna) e gli accordi con i proprietari dei fondi per incentivare microprogetti a rete (una volta resi nuovamente percorribili i tracciati la regolamentazione adottata prevede l’immediata iscrizione di essi tra le servitù ad uso pubblico ).

44 Si veda il piano per la Rete Escursionistica della

Regione Basilicata che include anche un prezziario delle opere per la realizzazione o la manutenzione dei tracciati http://www.regione.basilicata.it/giunta/files/docs/DOCUMENT_FILE_2979249.pdf

45 Si veda la Direttiva relativa alla viabilità locale a

servizio dell’attività agro-silvo-pastorale (Allegato alla DGR Regione Lombardia n. VII/14016 del 8 agosto 2003)

http://ita.arpalombardia.it/ITA/console/files/download/8/Curti.pdf

46 Delibere, Piani di Sviluppo Rurale, ecc.

La limitata disponibilità finanziaria che è in genere

destinata a questo tipo di viabilità comporta la necessità

di contenere i costi di costruzione, ed ha come

conseguenza quella di ridurre al minimo lo sviluppo

lineare dei tracciati, aumentando in modo eccessivo le

pendenze longitudinali e limitando la realizzazione delle

opere di mitigazione.

Il contenimento dei costi comporta in particolare il

sacrificio delle opere di regimazione delle acque

superficiali, cui non viene data la necessaria attenzione.

E’, infatti, ancor oggi frequente il caso di progetti che

prevedono l’allargamento e l’adeguamento di carrarecce

e mulattiere, destinate nel passato al transito pedonale e

del bestiame, aventi pendenze superiori al 20%. Tutto ciò

ha come conseguenza la necessità di realizzare frequenti

manutenzioni straordinarie.

Nel considerare la viabilità minore/rurale ancor prima

della classificazione e del censimento la questione si

pone ogni giorno di più in termini di tutela considerate da

una parte l’abbandono e dall’altra l’aggressione delle

pianificazioni territoriali al paesaggio e ai relativi corridoi

di attraversamento sedimentati nei secoli.

Ottimisticamente si può prevedere una catena virtuosa

che incentivi la tutela di questo patrimonio, inteso sia

come risorsa per attività escursionistiche sia modalità di

lettura del territorio. La tutela peraltro passa attraverso la

classificazione del sistema dei tracciati e la possibilità di

garantirne il transito ai pedoni e ai ciclisti. In molti piani

viene indicata la necessità di presidiare questi percorsi

evitandone il degrado e garantendone la sopravvivenza.

Con esplicito riferimento alla vasta rete di tracciati ad uso

specifico (strade di argine, strade di bonifica, strade in

capo a specifici Enti) si evidenzia la necessità di porre

sotto tutela la transitabilità dei territori ovvero la possibilità

che si possa liberamente percorrere il nostro Paese nel

rispetto di antichi usi e diritti.

Questo schema di rete lenta (mutuando una definizione

in uso nella vicina Svizzera) non considera soltanto la

viabilità riservata (ovvero libera da traffico motorizzato

piste ciclabili, greenway, sentieristica), ma include tutta la

viabilità aperta al traffico, opportunamente moderato,

Page 74: Ct 2 5 villani

71

poiché non si può escludere che la promiscuità dell’uso

della strada sia in realtà l’unica garanzia di sopravvivenza

della stessa. Le strade abbandonate sono evidentemente

più vulnerabili assieme al territorio cui sono al servizio.

In altre parole si tratta di recuperare e valorizzare una

viabilità minore “sommersa” dimenticata o soffocata da

incuria o ancor peggio da arbitrarie chiusure, per stabilire

o ristabilire principi di usi pubblici di percorsi sovente

antichissimi e – specie nel nostro Paese - di indubbio

valore storico sebbene questa “rete minore” non risulti

ricompresa nel censimento previsto dalla Normativa47

vigente.

Dal punto di vista normativo la questione è piuttosto

complicata poiché gioca intorno a equilibri delicati fra

proprietà private e usi pubblici, dove quest’ultimi per il

mutare delle condizioni della campagna e dei suoi

abitanti sono oggi molto meno evidenti.

Da sottolineare inoltre che l’incertezza di attribuzione

dell’uso pubblico è tanto maggiore quanto minore è lo

standard del sedime e d’altra parte questi sedimi minori

sono le risorse migliori, più diffuse, disponibili e spesso

ricche di storia, e costituiscono larga parte della rete della

viabilità minore. Tutto questo porta di fatto ad una zona

grigia dove lo status della strada minore è meno definito.

Questa zona d’ombra si colloca fra il regime delle strade

sicuramente pubbliche che sono anche per definizione

del CdS le strade statali, le ex statali (ora regionali) , le

provinciali e le comunali e il regime delle strade private o

comunque a regime pubblico – privato48

come le strade

47

Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del Primo giugno 2001 Modalità di istituzione ed aggiornamento del Catasto delle strade ai sensi dell'art. 13, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni (G.U. n. 5 del 7 gennaio 2002- s.o. n.6)

48 A volte sorgono infatti dubbi interpretativi sulla reale

consistenza del patrimonio pubblico e sull’effettiva transitabilità. Se i frontisti hanno acquistato tutte le proprietà che costituivano il precedente consorzio di gestione della strada e ne determina la chiusura con il pretesto di esserne il solo utente, il transito risulta impedito. Se nessuno fa valere il diritto di uso pubblico è possibile che dopo un certo tempo questo uso pubblico sia irrilevante ovvero indimostrabile. Non si può nascondere come spesso l’uso pubblico delle strade minori non venga neppure rivendicato dai Comuni ( per i conseguenti oneri di manutenzione che ne derivano), che optano per lasciare ai frontisti latistanti tutti gli oneri. Le successive chiusure rappresentano quindi atti se non giustificati ampiamente tollerati.

private propriamente dette ovvero strade che

appartengono a qualcuno e questo qualcuno dispone

della strada come crede e le strade non di uso pubblico

come strade forestali, strade della bonifica, strade

dell’ENEL, strade militari, strade d’argine o strade alzaie,

tratturi/trazzere ecc.

Per mantenere o implementare queste reti lente devono

essere attivate procedure di controllo del patrimonio dei

percorsi esistenti: si tratta di procedere con sistemi

informativi certificati che riportino tutta la viabilità

pubblica, operazione che deve essere a cura delle

Amministrazioni preposte e finalizzata alla chiara

restituzione dei risultati di censimento ovvero con

palesamento delle strade “sommerse” attraverso

cartografia, toponomastica.

Per il recupero dei tratti di rete non più transitabili o

semplicemente occultati occorre procedere con ricerche

storiche sulla viabilità che caratterizzava quel territorio e

individuare per quali motivi è cessata la funzione

pubblica. Questo recupero potrebbe anche passare

attraverso opere più onerose, come ad esempio il

ripristino di ponti, di passerelle, di tratti franati che

abbiano interrotto corridoi strategici per la rete lenta.

L’ammodernamento della rete stradale costituisce una

importante e costante attività delle amministrazioni locali

e dell’ANAS e, in genere, si realizza attraverso la

costruzione di gallerie e viadotti con l’obiettivo di rendere

più breve ed efficiente l’infrastruttura.

Questo ammodernamento tuttavia spesso comporta la

creazione di ostacoli alla percorrenza da parte di queste

nuove infrastrutture per l’utenza debole. Il legislatore

aveva già previsto il problema introducendo nel CdS

all’art 14 il punto 2 bis che recita: ”gli enti proprietari delle

strade provvedono altresì, in caso di manutenzione

straordinaria della sede stradale, a realizzare percorsi

ciclabili adiacenti purché realizzati in conformità ai

programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati

problemi di sicurezza.”

Poiché a volte la costruzione della pista ciclabile a lato

dell’infrastruttura potrebbe non essere utile od opportuna

si ritiene, nel rispetto dello spirito del citato articolo,

Page 75: Ct 2 5 villani

72

avanzare le seguenti proposte al fine di garantire la

continuità territoriale per l’utente debole.

Recupero dei percorsi dismessi: attraverso il riutilizzo dei

vecchi sedimi inutilizzati a seguito di introduzione di

viadotti e gallerie con la necessaria dotazione di raccordi,

scivoli e ponticelli per rendere possibile il transito del

pedone e ciclista. Ove la vecchia viabilità risultasse

impraticabile prevedere soluzione ad hoc per il

superamento della interruzione ciclabile a lato del

viadotto oppure marciapiede adeguato per gallerie

(brevi). Evidentemente quanto sopra comporta anche

l’individuazione di un ente che si deve fare carico della

manutenzione e sicurezza di questi tratti recuperati. Per il

vecchio sedime deve anche essere prevista l’idonea

attribuzione di proprietà ovvero il vecchio sedime è

ceduto alla Provincia, al Comune ecc.

Nuovi sottopassi: la costruzione di nuove importanti

infrastrutture (TAV, Tangenziali ecc.) comporta spesso

l’introduzione di nuovi ampi lunghi e profondi sottopassi

che risultano in situazione di grosso pericolo per l’utenza

debole quando non un ostacolo vero e proprio ad

esempio per bambini o anziani. Si ritiene di estrema

importanza che sia sempre prevista in sede di

approvazione del progetto la dotazione di un percorso

ciclopedonale a lato di corsia ad altezza differenziata

rispetto alla sede principale

Continuità territoriale su viabilità minore: Nello stesso

caso precedente spesso le nuove infrastrutture risultano

in segmentazioni territoriali insostenibili con la brutale

cancellazione di continuità sulla viabilità minore a volte

anche di valore storico e paesaggistico. Di nuovo si

chiede, per quanto possibile, di mantenere la viabilità

vecchia con scatolari, sottopassi, piccoli viadotti

ciclopedonali attraverso ad esempio la richiesta,

avanzata in sede progettuale, di attenta analisi di questa

viabilità minore, rurale, vicinale e di salvaguardarla per

farla diventare un risorsa per le reti ciclabili e/o di

greenways altrettanto utile al territorio come le altre reti di

rango superiore. Questo di nuovo in ossequio al

richiamato CdS all’art 14 il punto 2 bis.

La rete lenta può altresì avvalersi di altre opere che

opportunamente sistemate possano generare un sedime

ciclopedonale: ex ferrovie, condotte fognarie o dorsali

acquedottistiche, posa di cavi ottici, sono esempi in tal

senso.

Come già detto la rete lenta può avvalersi di viabilità

minore a traffico promiscuo con carichi bassi o

trascurabili di veicoli a motore. Nel codice della strada

attraverso la definizione di Itinerario Ciclopedonale: all’Art

2 C.d.S lettera F bis può essere utilizzato per definire una

particolare infrastruttura dove l’utente debole è tutelato in

misura maggiore rispetto alla viabilità generale49

.

La disciplina del traffico sulle strade di montagna non

soggette al pubblico transito motorizzato, viene definita

dalla Giunta regionale con regolamento-tipo che viene

adottato dai singoli Comuni con le specificazioni del caso.

Le strade agro-silvo-pastorali sono infrastrutture

finalizzate a un utilizzo prevalente di tipo

agro-silvo-pastorale, non adibite al pubblico transito. Il

transito è disciplinato da un regolamento comunale,

49

Interessante a questo proposito l’esempio della Provincia di Torino e l’esperienza delle “ciclostrade” http://www.fiab-areatecnica.it/formazione/convegni/345-piano-provinciale-delle-piste-ciclabili-provincia-di-torino.html

Si veda anche http://www.arpnet.it/becana/cicloturismo/itinerari/cicl_stupinigi_pinerolo.htm

Page 76: Ct 2 5 villani

73

approvato sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta

regionale.

Per il territorio di rispettiva competenza, le Province, le

Comunità Montane e gli Enti gestori dei parchi,

compatibilmente con i regimi di tutela ambientale e i

relativi strumenti di pianificazione, predispongono piani di

viabilità agro-silvo-pastorale, nell'ambito dei piani di

indirizzo forestale, allo scopo di razionalizzare le nuove

infrastrutture e di valorizzare la interconnessione della

viabilità esistente50

.

50

La “Direttiva relativa alla viabilità locale di servizio all’attività agro-silvo-pastorale” dell’8/8/2003 costituisce il documento legislativo della Regione Lombardia inerente al campo della viabilità e dei trasporti. Questo elaborato, dopo aver classificato e regolamentato le tipologie di strada, sviluppa i temi fondamentali della pianificazione degli interventi, dettando in primis le linee guida per la formulazione del Piano della “Viabilità Agro Silvo Pastorale” (Piano della Viabilità ASP o VASP), e in secondo luogo indicando le linee guida riguardo alla costruzione di nuove infrastrutture, evidenziando gli aspetti progettuali principali e le procedure amministrative che regolamentano i metodi d’intervento. La Direttiva 8/8/2003 definisce: - le strade agro-silvo-pastorali; - la viabilità minore di tipo pedonale; - le classi stradali in base alle caratteristiche costruttive, al fine di definire i mezzi che le possano percorrere con i relativi carichi massimi ammissibili. - la metodologia per la redazione del Piano della viabilità agro-silvo-pastorale su due livelli di complessità, censimento e catasto, per definire il quale si richiedono specifici rilievi di campagna; - linee d’indirizzo tecnico per la realizzazione di nuove strade e manutenzioni; - un manuale tecnico per una corretta progettazione “Linee guida per la progettazione della viabilità agro-silvo-pastorale in Lombardia”; - il Regolamento tipo per disciplinare l’accesso e il transito sulla viabilità agro-silvo-pastorale; - la convenzione con soggetti privati e la dichiarazione d’assenso fra privati per disciplinare l’accesso e il transito sulla viabilità agro-silvo-pastorale di proprietà privata. Scopo del documento, non è quello di fornire disposizioni vincolanti,

La classificazione della rete Agro Silvo Pastorale in

Lombardia51

Attualmente risultano essere definite le seguenti tipologie

di strade:

- Strade agro-silvo-pastorali: infrastrutture polifunzionali,

finalizzate ad utilizzo prevalente di tipo

agro-silvo-pastorale (di seguito ASP), non adibite al

pubblico transito, non soggette alle norme del Codice

della Strada, nelle quali il transito è sottoposto

all’applicazione di uno specifico regolamento.

Consentono il collegamento tra le strutture

agro-silvo-pastorali o le aree forestali o adibite a pascolo

e le strade locali o interpoderali del Comune.

Queste strade sono tracciati permanenti che presentano

particolari caratteristiche costruttive (larghezza,

pendenza, ecc.) soggette a periodiche manutenzioni e

con specifiche tipologie per le opere d’arte da collocarsi,

opere che devono essere di ridotto impatto ambientale.

Le strade agro-silvo-pastorali sono oggetto dello

specifico Piano della VASP.

- Piste forestali: infrastrutture temporanee, a funzionalità

limitata, realizzate solo per l’esecuzione di specifici lavori

forestali, sistemazioni di tipo idraulico-agrario-forestale e

opere di difesa del suolo. Hanno un utilizzo limitato nel

tempo proprio in funzione degli interventi da realizzarsi

nell’area servita dalla pista, per cui il tracciato dovrà in

ogni caso essere ripristinato al termine dei lavori. Le

caratteristiche delle piste forestali, non prevedono la

realizzazione di opere d’arte, necessitano della sola

risagomatura del terreno. Non rientrano nel Piano della

Viabilità ASP e possono fare parte dei progetti di taglio

boschivo o per l’avvio di opere di cantiere o per progetti di

sistemazione o difesa del suolo.

- Tracciati minori costituiti dall’insieme di percorsi, distinti

in mulattiere, sentieri e itinerari alpini, che per le loro

caratteristiche tecniche siano a prevalente uso pedonale.

Nonostante la funzione principale sia di tipo ricreativo,

storico o culturale (si pensi ad esempio ai tracciati delle

quanto favorire maggiori conoscenze tecniche e incentivare la sensibilità ambientale. La classificazione delle strade si adegua alla situazione infrastrutturale nelle zone montane o collinari, ove la maggioranza delle strade risulta essere polifunzionale poiché, sebbene sia prevalente l’uso agricolo e forestale, risulta interessata da un rilevante utilizzo turistico o ricreativo.

51 Questo paragrafo è stato redatto grazie al contributo di

Stefano Corsi

Page 77: Ct 2 5 villani

74

strade militari della prima guerra mondiale), possono

ricoprire un ruolo significativo nella gestione attiva del

territorio montano, in quanto spesso risultano essere le

uniche vie d'accesso in ambienti difficili.

La Direttiva Regione Lombardia 8/8/2003 inoltre

definisce gli enti proprietari e quindi responsabili della

rete, in particolare indica come parte della rete stradale

minore possa essere di proprietà pubblica (Comuni ecc.)

o privata, oppure possa essere dichiarata di pubblica

utilità. Nel primo caso i Comuni possono classificare le

infrastrutture di proprietà pubblica. Le strade e la viabilità

minore di proprietà pubblica sono da intendersi quelle

infrastrutture permanenti realizzate, o oggetto di

interventi di manutenzione straordinaria da parte di enti

pubblici e che interessano il demanio o terreni privati

espropriati. Inoltre sono da intendersi strade pubbliche

tutte quelle di cui non risulta con precisione la proprietà o

risultino di privati non rintracciabili ovvero che non ne

rivendichino il diritto di proprietà. Su tutte le strade

pubbliche, che sono classificate come

agro-silvo-pastorali, il transito deve essere disciplinato

secondo una specifica regolamentazione.

Qualora invece la proprietà della strada sia di un privato il

Comune può comunque classificarla se risultano essere:

- realizzate o mantenute da privati (anche con eventuali

contributi pubblici);

- costruite per il taglio dei boschi o in zone sottoposte a

vincolo idrogeologico;

- oggetto di richiesta di classificazione e conseguente

inserimento nella “Viabilità agro silvo pastorale” (VASP)

da parte del proprietario.

La classificazione proposta dalla Direttiva 8/8/2003

Regione Lombardia si basa su alcuni aspetti considerati

rilevanti ai fini della transitabilità, in termini di sicurezza e

di sostenibilità: larghezza della carreggiata, pendenza

longitudinale, raggio di curvatura dei tornanti, carico

ammissibile. La necessità di conoscere e classificare la

rete viaria locale è determinata dall’esigenza di codificare

la percorribilità e quindi migliorare la sicurezza su queste

strade. La conoscenza della rete viaria esistente e del

suo stato di conservazione, specie se messa in relazione

con le caratteristiche e l’importanza dell’area servita,

pone le basi per la programmazione delle nuove

infrastrutture e la manutenzione di quelle esistenti.

Per quanto riguarda i carichi, sono consentite deroghe

(solitamente indicate nei Regolamenti Comunali) e sono

possibili carichi superiori a quelli indicati per tutte le

strade, con particolare riferimento a quelle di nuova

costruzione, qualora esplicitamente valutati con prove di

carico.

Per quanto riguarda le caratteristiche di larghezza, raggio

di curvatura e carico ammissibile, viene fatto riferimento

alle caratteristiche commerciali dei mezzi ai quali si

riferisce la relativa classe.

Per quanto concerne le strade di nuova realizzazione si

precisa che la larghezza massima non deve comunque

superare i 4,5 metri comprensivi di banchina.

Per quanto riguarda, invece, la pendenza, viene fatto

riferimento a due aspetti correlati tra loro: sicurezza di

transito dei mezzi (slittamento) ed erosione

(degradazione del piano viabile in termini di transitabilità

e stabilità).

Dal punto di vista della sicurezza, occorre considerare

che questa non è garantita per mezzi a pieno carico su

pendenze superiori a 8-10 % per autocarri pesanti, 10-12

% per mezzi forestali con rimorchio, 14-15 % per trattori

senza rimorchio; tali limiti possono non essere validi per

mezzi speciali.

Date le condizioni orografiche e generalmente complesse

nelle quali si sviluppano queste strade, ed in particolare

quelle a uso prevalentemente forestale, sono ammissibili

brevi tratti in cui le condizioni sopracitate non siano

rispettate, senza per questo declassare l’intera strada.

Per questo motivo è stato introdotto il concetto di

pendenza prevalente, cioè quella pendenza che si

riscontra più frequentemente lungo il percorso e che non

viene superata per almeno il 70-80 % dello sviluppo del

tracciato.

Dal punto di vista dell’erosione, deve essere considerata

la pendenza massima sui singoli tratti, che include i

seguenti aspetti:

- le pendenze elevate innescano processi erosivi

significativi;

- il degrado del piano viario riduce la stabilità della

struttura e peggiora le condizioni di transito;

- su strade di classe inferiore si possono anche accettare

condizioni di transito non ottimali.

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75

Sulla base di tali considerazioni sono previsti limiti

massimi, differenti per le diverse classi di transitabilità,

distinguendo tra fondo naturale e fondo stabilizzato.

La classe deve essere indicata mediante apposita

segnaletica di riconoscimento e deve essere definita con

un successivo provvedimento in modo da renderla

omogenea ed univoca su tutto il territorio regionale,

sentite anche le Regioni confinanti.

L’attribuzione della classe avviene nell’ambito di un

censimento di tutte strade locali di tipo

agro-silvo-pastorali esistenti, censimento da effettuarsi a

cura delle Comunità Montane attingendo a tutte le

possibili fonti, ma senza l’obbligo di rilievo in campo.

Il censimento costituisce il primo livello per la stesura del

Piano della Viabilità Agro-Silvo-Pastorale (VASP),

demandandone la stesura alle singole amministrazioni

provinciali e comunità montane, al fine di poter:

- incentivare e promuovere le attività agro-silvo-pastorali;

- favorire la gestione forestale;

- incrementare la fruizione turistico-ricreativa nelle zone

di rilevante interesse paesistico-ambientale;

- facilitare gli studi di carattere territoriale (impatto

ambientale, stabilità idraulica delle soluzioni tecniche

adottate, analisi estimative, studio della valenze del

tracciato, ecc.);

- facilitare la conseguente realizzazione di interventi di

manutenzione diffusa del territorio ed interventi di difesa

del suolo e sistemazione idraulico-agraria-forestale;

- favorire l’analisi delle relazioni che intercorrono tra la

rete viabile forestale e le diverse tipologie di utenza che la

possono utilizzare;

- realizzare gli interventi di manutenzione e di estensione

della rete esistente basandosi su precise scale di priorità.

Regione Lombardia - Classi di transitabilità

Densità comunale delle strade di Viabilità Agro Silvo Pastorale esistenti, metri lineari su ettaro di bosco Fonte: Rapporto sullo Stato delle Foreste in Lombardia, 2012

Ma in realtà le Comunità Montane della Lombardia,

prescrivendo l’inclusione di una strada nell’elenco della

viabilità agro-silvo-pastorale (VASP) possono, di

conseguenza, imporre la chiusura al transito ordinario

motorizzato e qualora vi siano contributi per la

realizzazione e/o manutenzione straordinaria o ordinaria

di strade silvo-pastorali, il Comune gestore è tenuto a

mantenere le strade nel piano VASP52

per un periodo di

almeno 5 anni dall’ultimazione degli interventi.

52

La situazione della viabilità agro-silvo-pastorale (VASP) in Lombardia evidenzia la presenza di 4.302 strade, per un’estensione lineare di circa 5.955 km, e di 1.375 strade di VASP progettate o in costruzione per un’estensione complessiva pari a oltre 1.788 Km. In Lombardia molti Comuni non avevano ancora adottato il Regolamento e richiesto l’inserimento nel Piano della Viabilità Agro Silvo Pastorale (VASP) di tutte le strade poste sul loro territorio, rientranti come caratteristiche e finalità nella viabilità agro-silvo-pastorale: la Direzione Generale Sistemi Verdi e Paesaggio ha autorizzato le Comunità Montane, le Province e gli Enti Gestori dei Parchi Regionali ad implementare il proprio piano. L’inserimento delle strade nei Piani della Viabilità Agro Silvo Pastorale consente di richiedere i contributi sui Bandi della Regione Lombardia, bandi che finanziano tutti gli interventi di manutenzione straordinaria delle strade esistenti o la costruzione delle nuove strade progettate. Con un’estesa di oltre 1.788 Km, le nuove strade agro-silvo-pastorali sono state supportate da specifiche analisi territoriali a dimostrazione dell'effettiva utilità per la loro realizzazione.

Page 79: Ct 2 5 villani

76

Ripartizione per classi di transitabilità delle strade di Viabilità Agro Silvo Pastorale esistenti Fonte: Rapporto sullo Stato delle Foreste in Lombardia, 2012

Il Piano VASP consente di classificare la rete secondo un

criterio basato sulla funzionalità della strada,

distinguendo fra tre categorie funzionali:

- strada nodale - strada di importanza strategica per lo

sviluppo multifunzionale di un ambito territoriale definito

e/o di collegamento a zone di rilevante interesse

socio-economico. La buona condizione di questi tracciati

è condizione indispensabile per lo sviluppo del settore

agro silvo pastorale;

- strada primaria - strada di importanza primaria o di

interesse strettamente locale o settoriale;

- strada secondaria - strada di interesse secondario non

funzionale alle strategie di sviluppo d’area o di settore.

Il piano, che ha la durata minima di trentasei mesi, si

compone di tre parti principali:

1) analisi dello stato di fatto;

2) scelta degli interventi progettuali (manutenzione o

nuova costruzione);

3) programmazione e pianificazione degli interventi.

Con l’aggiornamento del Piano VASP è stato richiesto

l’inserimento di quasi 500 strade , portando a 4.302 le

strade agro-silvo-pastorali esistenti dotate di

regolamento di chiusura. L’estesa complessiva delle

strade Agro Silvo Pastoriali in Lombardia è pari circa

7.764 Km. Per quanto attiene le tipologie: quasi la metà

dei tracciati esistenti (1908 tratti) sono di Classe IV,

quindi transitabili solo con piccoli automezzi aventi peso

complessivo inferiore a 50 quintali. La larghezza minima

di questi tracciati è pari a 1,8 metri e i tornanti possono

avere un raggio di 6m.

1.509 tracciati sono di Classe III, transitabili da trattori di

piccole dimensioni (90 CV) con peso complessivo fino a

100 quintali.

805 risultano essere le strade di Classe II, transitabili da

trattori con rimorchio con peso complessivo fino a 200

quintali.

Sono solo 80 invece le strade agro-silvo-pastorali di

Classe I , destinate quindi al transito di autocarri con un

peso complessivo inferiore a 250 quintali. La larghezza di

questi tracciati non può essere inferiore a 3,5 metri e se

presenti , i tornati hanno un raggio di curvatura di almeno

9 m. Con l'ultimo aggiornamento tutte le Comunità

Montane e un Parco Regionale hanno ottenuto la

validazione, parziale o totale, dei Piani VASP da parte

della D.G. Sistemi Verdi e Paesaggio.

Classificazione delle strade di Viabilità Agro Silvo Pastorale esistenti Fonte: Rapporto sullo Stato delle Foreste in Lombardia, 2012

L'aggiornamento dei Piani ha permesso l'individuazione

di 204 nuovi tracciati in progetto o in costruzione,

portando a 1375 le strade individuate come “necessarie”.

Sulle strade agro-silvo-pastorali è vietato il transito ai

mezzi motorizzati ad esclusione di quelli di servizio e di

quelli autorizzati in base ai Regolamenti Comunali.

Conclusioni

Occorre migliorare le caratteristiche della rete viaria

esistente cercando di ridurre i costi di manutenzione

ordinaria; tutte le criticità relative alla cattiva realizzazione

della viabilità minore devono essere superate poiché da

questa rete “minore” dipende lo sviluppo dei territori.

Page 80: Ct 2 5 villani

77

Bibliografia

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PCN Trasporti (solo Infrastrutture Ferroviarie) http://www.pcn.minambiente.it/geoportal/catalog/search/resource/details.page?uuid=%7B222EACCB-2479-4E20-9357-091F59DDAB8A%7D

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Regolamento per la gestione delle strade vicinali soggette a pubblico transito, Comune di Civitavecchia 23 marzo 2011 http://www.comune.civitavecchia.rm.it/portaldata/UserFiles/File/regolamento/Regolamento%20per%20la%20gestione%20delle%20strade%20vicinali%20soggette%20a%20transito%20pubblico.pdf

Rete escursionistica della Regione Basilicata

http://www.regione.basilicata.it/giunta/files/docs/DOCUMENT_FILE_2979249.pdf

.. - + * + -.

Page 81: Ct 2 5 villani

78

RISCHIO IDROGEOLOGICO E RETE VIABILISTICA NAZIONALE MINORE Barbara Dessì, Daniele Spizzichino

ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Dipartimento Difesa del Suolo - Roma 1. Quadro normativo La Legge n. 2359 del 25 giugno 1865 prevedeva che

Prefetti e Sindaci potessero disporre della proprietà

privata in caso rottura degli argini, frane, crollo di ponti e

in tutti i casi di emergenza. Nel 1906 furono emanate

Norme particolari per la difesa degli abitanti e delle

strade da frane, alluvioni ed erosione costiera

determinata da forti mareggiate. Il Regio Decreto n. 193

del 1909 escludeva l’edificabilità su siti inadatti (es.

paludosi, franosi).

Soltanto nel 1989, Legge n.183, l’Italia ha una specifica

risposta organica in termini normativi sulla “Difesa del

suolo” con l’istituzione delle Autorità di Bacino e la

predisposizione di specifici Piani. Con la Legge n. 225

del 1992, fu istituito poi il Servizio Nazionale di

Protezione Civile, per le operazioni di soccorso

nell’emergenza post-evento e per la prevenzione del

rischio. Da oltre venti anni quindi il sistema italiano

struttura gli eventi potenziali a scala di bacino e

determina il quadro conoscitivo di riferimento (periodi di

ritorno, entità dei danni attesi). Infine con il D.L. 180/98

convertito con modificazioni nella L. 267/98 sono stati

avviati una serie di programmi di intervento sia per il

potenziamento delle reti di monitoraggio che per il

finanziamento di interventi urgenti per la mitigazione del

dissesto idrogeologico.

Il D.lgs 152 del 2006, per quanto riguarda la Parte III

(Difesa del suolo, tutela delle acque dall’inquinamento e

servizi idrici), ha inteso riscrivere la L. 183/1989 (Difesa

del suolo), il D.lgs 152/1999 (tutela delle acque

dall’inquinamento), la L. 36/1994 (Servizio idrico

integrato), oltre ad alcuni articoli del TU 1775/1933, e

delle disposizioni settoriali sulla concessione dei servizi

pubblici. Nell’artt. 55, 56 (CAPO I), si fa espresso

riferimento al ruolo del Servizio Geologico d’Italia -

Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la

protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici - APAT

(oggi ISPRA), in materia di attività conoscitiva,

pianificazione, programmazione e monitoraggio per

quanto attiene alla materia specifica della Difesa del

Suolo, mentre negli articoli 58 59 e 60 (CAPO II),

vengono definite le competenze in tema di uso del suolo

e dissesto idrogeologico tra il Ministero dell’Ambiente e

le amministrazioni locali, avvalendosi sempre del

Servizio Geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo

dell’Agenzia per la protezione dell’Ambiente e per i

Servizi Tecnici - APAT (oggi ISPRA). In particolare

vengono abrogate le Autorità di Bacino dal 30 Aprile

2006 ed emanati i distretti idrografici art. 64 (TITOLO II,

CAPO I), per i quali vengono definiti gli strumenti e le

modalità di adozione e approvazione. Nell’ultima parte

(CAPO III) sono definiti i criteri 2007/60 di intervento

(art. 69) le modalità di adozione dei programmi, di

attuazione e di finanziamento degli interventi (artt. 70, 71

e 72).

Da ricordare infine come normativa specifica di settore

anche il recepimento della direttiva comunitaria 2007/60

con la legge 49 del 2010 relativa alle attività di

valutazione e di gestione dei rischi di alluvioni al fine di

ridurre le conseguenze negative per la salute umana, per

il territorio, per i beni, per l'ambiente, per il patrimonio

culturale e per le attività economiche e sociali derivanti

dalle stesse alluvioni.

2. Rischio idrogeologico

Il rischio definisce la possibilità che un fenomeno

naturale o antropico possa causare effetti dannosi sulla

popolazione, sugli insediamenti, sulle infrastrutture o in

generale su quelli che vengono definiti elementi esposti.

Il concetto di rischio è legato non solo alla capacità di

calcolare la probabilità che un evento pericoloso accada,

ma anche alla capacità di definire e quantificarne il

danno provocato. Rischio e pericolosità non sono la

stessa cosa: la pericolosità rappresenta la probabilità di

accadimento dell’evento calamitoso che può colpire una

certa area (la causa), il rischio è rappresentato dalle sue

Page 82: Ct 2 5 villani

79

possibili conseguenze, cioè dal danno atteso

(l’effetto/conseguenze).

Per valutare concretamente il rischio, quindi, non è

sufficiente conoscere la pericolosità (probabilità di

accadimento di un determinato evento), ma occorre

anche stimare attentamente il valore esposto, cioè dei

beni presenti sul territorio che possono essere coinvolti

da un evento.

Il rischio è generalmente definito tramite la seguente

espressione:

R = P x V x E

P = Pericolosità: la probabilità che un fenomeno di una

determinata intensità si verifichi in un certo periodo di

tempo, in una data area.

V = Vulnerabilità: la vulnerabilità connessa ai danni

potenziali per persone, edifici, infrastrutture, attività

economiche. Possibilità di subire danni a seguito di

sollecitazioni indotte da eventi di una certa intensità (di

solito è espressa da una scala che va da 0 = nessuna

perdita a 10 perdita totale).

E = Esposizione o Valore esposto: è il numero di unità (o

"valore") di ognuno degli elementi a rischio presenti in

una data area, infrastrutture o insediamenti.

3. Eventi naturali geologico idraulici e serie

storiche

La serie storica degli eventi franosi che hanno

interessato il territorio nazionale è segnata da eventi

particolarmente rilevanti e tra i quali si possono citare:

- inondazione di Pieve Santo Stefano (Arezzo)

causata dall’occlusione del fiume Tevere verificatasi

dopo l’evento franoso di Belmonte il 14 febbraio

1855; dopo un mese di precipitazioni incessanti, una

frana si stacca dal colle e scivola a sud del paese.

La diga naturale formatasi fa scomparire sotto le

acque Pieve Santo Stefano. Il Granduca Leopoldo II

giunge per un sopralluogo e naviga incredulo sul

paese (la parete esterna del Santuario della

Madonna dei Lumi, riporta una lastra in marmo

indicante il livello raggiunto dalle acque in questo

punto sopraelevato del territorio).

- L'alluvione del Polesine del novembre 1951 fu un

evento catastrofico che colpì gran parte del territorio

della provincia di Rovigo e parte di quello della

provincia di Venezia (Cavarzerano), causando 84

vittime e più di 180.000 senzatetto, con molte

conseguenze sociali ed economiche.

- Il 25-26 ottobre 1954, colate di fango e detriti

prodotte da piogge particolarmente intense

inondarono alcuni quartieri di Salerno e cinque

Comuni limitrofi (Cava dei Tirreni, Maiori, Minori,

Tramonti e Vietri) causando danni ingenti e vittime:

318 morti o dispersi, 157 perone infortunati e circa

5.500 sfollati. Le strade e la rete ferroviaria tra

Napoli e Sud d'Italia furono distrutte in più punti.

- Il 9 ottobre 1963, circa 300 milioni di metri cubi di

roccia si staccarono dalle pendici del Monte Toc, ai

confini delle province di Belluno e Pordenone, e

scivolarono nel lago artificiale del Vajont. L'enorme

frana in roccia, una delle più ampie nelle Alpi in

epoca storica, spinse l'acqua dell'invaso contro

Casso ed Erto, due villaggi posti sul versante

opposto a quello dal quale si staccò la frana, ed oltre

la diga artificiale. Un'onda di alcune decine di metri

d'altezza superò la diga, quasi senza rovinarla, e

raggiunse in pochi minuti l'abitato di Longarone, che

venne inondato e distrutto alle 20:46, 7 minuti dopo

il distacco della frana. La disastrosa frana del Vajont

provocò la morte di circa duemila persone.

- Il 3 e il 4 novembre 1966, in quella che poi sarà nota

come “l’alluvione di Firenze” le piogge in Italia furono

talmente forti che nella sola provincia di Belluno

determinarono frane e crolli: furono distrutti o

danneggiati oltre 4300 edifici, 528 ponti e 1346

strade, alcune delle quali in più punti.

- Il 7 ed 8 ottobre 1970 le piogge localizzate ma molto

intense, tipiche della costa ligure, fecero cadere 900

mm d'acqua in 24 ore, corrispondenti al 90% della

pioggia media annua e determinarono danni a

Genova e in venti Comuni limitrofi. furono interrotte

in più punti dalle inondazioni e dalle frane sia le

strade sia le due linee ferroviarie tra Genova e

Alessandria.

- Il 13 dicembre 1982, una grande frana profonda si

mise in movimento immediatamente a nord del porto

di Ancona e coinvolse 342 ettari di territorio.

L'esteso movimento franoso danneggiò la strada

costiera e la ferrovia lungo un fronte di circa 2,5

Page 83: Ct 2 5 villani

80

chilometri e distrusse oltre 280 edifici tra cui due

ospedali e la Facoltà di Medicina dell'Università di

Ancona.

- Il 17-19 luglio 1987, in Valtellina (Lombardia), piogge

intense e prolungate causarono centinaia di frane e

colate di detrito ma pochi giorni dopo, il 28 luglio,

una valanga di roccia di 35 milioni di metri cubi si

staccò dal Monte Zandilla, circa 7 km a sud di

Bormio, e precipitò nella valle dell'Adda,

ostruendola. In totale si contarono 49 morti, 12

dispersi e 31 feriti. La sola valanga di roccia causò

27 morti e 9 feriti. A valle della grande frana vennero

evacuate oltre 20.000 persone per diverse

settimane. Danni vennero rilevati in 162 comuni, in 5

province (Sondrio, Como, Lecco, Bergamo e

Brescia), per un danno economico totale valutato fra

1000 e 2000 miliardi di lire (1987).

- Fra il 2 ed il 6 novembre 1994, l'Italia nord-

occidentale fu interessata da un evento

meteorologico particolarmente intenso e la regione

più colpita fu il Piemonte, dove migliaia di frane

causarono 78 morti, un disperso e 93 feriti. Gli

evacuati furono 9500. I danni interessarono 496

Comuni, e furono particolarmente gravi per la rete

stradale. I ponti completamente distrutti furono 10 e

quelli danneggiati circa 100. Nel Piemonte

meridionale alcuni centri abitati rimasero isolati per

diversi giorni a causa dei danni prodotti dalle frane in

molti punti. I danni maggiori si verificarono nella

valle del fiume Tanaro, ad Alba, Asti ed Alessandria.

- Il 19 giugno 1996, quella che poi sarà nota come

l’alluvione della Versilia, cadono 474 mm di pioggia

in 12 ore, causando centinaia di frane di versante in

un bacino idrografico molto ristretto, con esiti

devastanti per il fondovalle e l'allagamento di ampie

zone della pianura, 13 morti e 1500 senzatetto.

- Il 5 maggio 1998, in quella che sarà poi nota come

la “frana di Sarno”, la pioggia insistente innescò

numerose colate di detriti sul massiccio del Pizzo

d'Alvano, ad est di Napoli. Le frane interessarono

suoli vulcanici non consolidati e furono

particolarmente distruttive. Gli abitati di Episcopio,

Siano, Bracigliano e Quindici vennero inondati da

ripetute ondate di fango e detriti. Si contarono 157

morti, 5 dispersi e 70 feriti, in almeno 13 diverse

località. Gli sfollati ed i senzatetto furono centinaia.

L'evento produsse un notevole impatto in tutta l'Itala

ed all'estero, e determinò la stesura di una nuova

legislazione sulle procedure per la valutazione del

rischio da frana.

- Nei giorni dell’ 8,9 e 10 settembre 2000 una

alluvione a Soverato. Cadono 561 mm di pioggia in

tre giorni con 13 morti.

- Fra il 13 ed il 16 ottobre 2000, l'Italia nord-

occidentale venne interessata da un evento

meteorologico particolarmente intenso. Nelle Alpi

occidentali caddero fino a 600 mm di pioggia in 48

ore. Le piogge intense produssero numerose frane,

colate di detrito e determinarono inondazioni in Valle

d'Aosta, Piemonte e Liguria. I danni maggiori si

ebbero in Valle d'Aosta. Le frane causarono danni

ingentissimi e 37 morti o dispersi (18 in Valle

d'Aosta, 5 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Trentino-

Altro Adige e 10 in Canton Ticino in Svizzera), oltre

40.000 persone evacuate.

- Il 29 agosto 2003 in Val Canale e Canal del

Ferro (Udine) piogge violente concentrate nel tempo

e nello spazio (oltre 300 mm di pioggia in circa 6

ore) determinarono una frana sull’autostrada A23.

- Nell’ottobre 2009 nelle frazioni di Giampilieri

Superiore, Altolia e Briga Superiore (Messina) e nel

Comune di Scaletta Zanclea le forti piogge

innescarono il dissesto idrogeologico: una serie di

frane e colate detritiche travolgono numerose strade

tra Giampilieri Superiore e Scaletta Zanclea.

- Tra il 13 ed il 17 febbraio a San Fratello (ME) la

riattivazione di un enorme movimento franoso causa

circa 2000 sfollati.

- 25 e 26 ottobre 2011 Alluvione in Lunigiana e cinque

terre, sei ore 542 mm di pioggia, 13 vittime

- Il 04 Novembre 2001 un flash flood colpisce la città

di Genova causando 6 vittime.

- L’11 novembre 2012 nella Provincia di Massa e

Carrara un nubifragio investe tutto il territorio con

precipitazioni superiori ai 200 mm in due ore. Si

conteranno accumuli prossimi ai 300 mm nelle

colline. Le forti piogge innescano numerose frane:

5000 abitazioni colpite e 300 sfollati.

- Il 28 novembre 2012 tra Carrara e Ortonovo al

confine tra Liguria e Toscana, a distanza di due

settimane dall'alluvione dell'11 novembre, un nuovo

forte temporale si abbatte sulle medesime zone e

determina nuove frane e ingenti danni alle zone già

interessate precedentemente. Viene chiusa per

Page 84: Ct 2 5 villani

81

frana la Statale Aurelia tra Massa e Sarzana. Elevati

gli accumuli pluviometrici: 40 mm in 15 minuti,109

mm in 45 minuti, 134 mm in 60 minuti, fino ad un

complessivo accumulo di 200mm in quasi due ore.

- Tra il 18 ed il 20 Novembre del 2013 nella zona di

Olbia in Sardegna, sono piovuti più di 400 mm di

pioggia causando 16 vittime ed un disperso.

4. Impatti del dissesto idrogeologico in Italia e nel

mondo

Le catastrofi naturali ed in particolare quelle geologiche

ed idrauliche, sia a scala europea che mondiale,

sembrano registrare un forte incremento a livello globale

(da CRED EM-DAT, 2011). Lo stesso trend sembrerebbe

essere riscontrabile nelle serie storiche italiane dove, ad

esempio, si registrano 4 eventi ultrasecolari in Piemonte

negli ultimi 10 anni (annuario ISPRA, 2013).

Figura 1. Disastri naturali 1900 – 2011 (EM-DAT)

Figura 2. Numero di morti a seguito di disastri naturali 1900-2011

Figura 3. Numero di feriti a seguito di disastri naturali 1900-2011

Page 85: Ct 2 5 villani

82

Figura 4. Stima dei Danni (in milioni di dollari) causati da disastri naturali 1900-2011

Il territorio nazionale italiano, data la sua conformazione

orografica, geologica e geomorfologica caratterizzata da

un’orografia giovane e da rilievi in sollevamento, è

sempre stato interessato da fenomeni idraulici e

geologici (fenomeno impropriamente chiamato, anche se

ormai d’uso corrente, “dissesto idrogeologico”) di

notevole intensità. Tra il 1279 ed il 2002, in Italia, il

catalogo AVI Aree Vulnerate Italiane, realizzato dal CNR-

IRPI (Guzzetti & Tonelli, 2004) riporta 4.521 eventi con

danni di cui 2.366 relativi a frane (52,3%), 2.070 ad

inondazioni (45,8%) e 85 a valanghe (1,9%). Nello

stesso periodo sono state registrate 13,8 vittime l’anno in

occasione di fenomeni franosi e 49,6 vittime per

fenomeni alluvionali (fonte AVI CNR-IRPI). Negli ultimi 50

anni tali stime riportano una diminuzione delle vittime

causate da fenomeni idraulici (31 vittime l’anno), con un

aumento esponenziale dei costi economici a questi

associati (fonte: annuario ISPRA, 2011).

Figura 5. Danni provocati dalla frana nel comune di Montescaglioso (MT), 3 Dicembre 2013

Solo nel XX secolo sono stati registrati in Italia oltre

10.000 tra morti, feriti e dispersi, 350.000 persone tra

senza tetto e sfollati, migliaia di case, decine di migliaia

di ponti e centinaia di chilometri di strade e ferrovie

distrutte o danneggiate.

Page 86: Ct 2 5 villani

83

Anno N. frane N. alluvioni 1991 705 * 112 * 1992 780 * 125 * 1993 557 * 95 * 1994 692 * 84 * 1995 744 * 81 * 1996 2272 * 152 * 1997 2455 * 103 * 1998 1671 * 84 * 1999 700 * 73 * 2000 1177 * 72 * 2001 322 * 22 * 2002 2003 2004 11 ** 2005 12 ** 2006 17 ** 2007 15 ** 2008 13 ** 2009 >100 ** 7 ** 2010 88 ** 14 ** 2011 70 ** 8 ** 2012 85 ** 10 ** 2013 112** 20** * Fonte AVI - ** Fonte Annuario Dati Ambientali ISPRA 2013

Tabella 1. Numero di frane e alluvioni catalogate in Italia per anno (Fonte AVI o ADA ISPRA)

Eventi quali quelli della Val Pola, nella regione

Lombardia (28 luglio, 1987) con 28 vittime, l’alluvione del

Piemonte (settembre 1994) con 69 vittime, l’alluvione e

le frane in Versilia (giugno 1996) con 16 vittime, le frane

in Campania (maggio 1998) con 160 vittime, l’alluvione di

Soverato (settembre 2000) con 13 vittime, quella in Val

d’Aosta e Piemonte (novembre 2000), i fenomeni del

2003 in varie aree del Paese, le colate di detrito a

Giampilieri e Scaletta Zanclea nel comune di Messina

nell’ottobre del 2009 con 31 vittime, 6 dispersi e 1054

sfollati, l’alluvione in Lunigiana e nelle Cinque terre il 25

e 26 ottobre 2011, l’alluvione a Genova del 04 novembre

2011 e l’alluvione del 28 novembre 2012 tra Carrara e

Ortonovo al confine tra Liguria e Toscana rappresentano

soltanto gli episodi più recenti di una situazione generale

di incompatibilità tra le politiche di sviluppo socio-

economico fino ad oggi adottate e le dinamiche proprie

dell’ambiente naturale. Il rapporto Ecosistema a Rischio

(Legambiente & Protezione Civile, 2011), stima che nel

solo decennio 1991- 2001 in Italia, si siano verificate 12

mila frane e oltre mille piene, causando 340 vittime e

danni economici calcolati in oltre 10 miliardi di euro. Solo

nel 2003 i principali eventi alluvionali hanno coinvolto più

di 300 mila persone e le risorse economiche necessarie

al ripristino delle aree colpite, sono state pari a 2.184

milioni di euro. Tantissimi sono gli episodi di piena e gli

allagamenti minori che ogni anno provocano alluvioni di

aree agricole oppure interessano piccoli o grandi centri

urbani, causando danni notevoli anche senza vittime.

Page 87: Ct 2 5 villani

84

Figura 6: Vittime delle principali alluvioni in Italia (annuario ISPRA 2013)

Uno studio del MATTM, a seguito delle indagini

effettuate dalle Autorità di Bacino, in attuazione al D.L.

180/98 e sue successive modificazioni ed integrazioni

(“Decreto Sarno”) ha evidenziato la presenza in Italia di

circa 13.000 aree a rischio elevato e molto elevato per

alluvioni, frane e valanghe. Queste aree sono estese

29.517 Km2, pari al 9.8% del territorio nazionale (4.1%

alluvioni, 5.2%frane, 0.5% valanghe) riguardano 6.633

comuni italiani (81.9%), centri urbani, infrastrutture e

aree produttive, tutti strettamente connessi con lo

sviluppo sociale ed economico del Paese (Fonte

MATTM, 2008).

Figura 7. Sintesi studio MATTM 2008

Nel periodo 1993-2003 sono state stanziate risorse

economiche per oltre 1 Mld di €/anno per i danni

determinati dai soli eventi alluvionali e si dovrà indagare

su quale sia stato il costo sostenuto negli anni successivi

al 2003. I costi medi annuali per interventi statali sono

stati pari a circa 600 Mln di €/anno (dati aggiornati al

2009), il 25% riguarda interventi ex D.L. 180/98 (circa 4.5

MLD in 11 anni), su fondi 8x1000 sono stati spesi circa

50 Mln €/anno. Sono a oggi 44 i miliardi di euro stimati e

necessari per mettere in sicurezza il territorio italiano (27

Page 88: Ct 2 5 villani

85

al centro Nord, 13 al Sud, 4 per gli interventi di recupero

delle coste) 10.000 il numero di vittime feriti o dispersi in

Italia tra il 1900 e il 2013 a causa del dissesto

idrogeologico. Per quanto riguarda i fondi stanziati in

base alle ordinanze di protezione civile post evento il

dato più aggiornato fa riferimento a 353 ordinanze dal

2003 al 2013 per un totale di 3.546.635.769 di euro.

Figura 8. Stima del danno complessivo rispetto al PIL 1951-2011 (Annuario ISPRA 2013)

Il progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia)

dell’ISPRA ha realizzato un quadro completo ed

omogeneo sulla distribuzione delle frane sul territorio

nazionale, anche quando non pericolose per le

infrastrutture urbane e territoriali in genere. Tale

progetto, censisce e mappa i fenomeni franosi verificatisi

sul territorio nazionale. Ad oggi sono state censite

499.511 frane che interessano un’area di 21.182 km2,

pari al 7.0% del territorio nazionale (Trigila, 2013). Per

ciascuna frana è disponibile online una cartografia

informatizzata di dettaglio (scala 1:10.000) e una scheda

contenente i principali parametri descrittivi del fenomeno

(es. ubicazione, tipologia del movimento, stato di attività,

litologia, uso del suolo, cause, data di attivazione, danni

e interventi di sistemazione). L’inventario IFFI è

attualmente uno strumento importante per la definizione

della pericolosità e del rischio da frana alla scala

nazionale E’ infatti un utile strumento di programmazione

per la pianificazione alla scala nazionale, regionale e

provinciale (www.progettoiffi.isprambiente.it). Le analisi

di rischio a scala nazionale hanno evidenziato che:

il 70.5% dei comuni italiani sono interessate da

fenomeni franosi;

che 995.484 abitanti sono esposti al rischio

frana;

e che sono 43.691 i punti critici lungo le

principali infrastrutture di trasporto (vedi fig. 9)

Page 89: Ct 2 5 villani

86

Figura 9. Franosità in Italia dal progetto IFFI e criticità lungo le

principali strade e autostrade italiane

Figura 10. Franosità in Italia IFFI Project, ISPRA 2013

Page 90: Ct 2 5 villani

87

5. Il Progetto ReNDiS Il progetto ReNDiS (Repertorio Nazionale degli interventi

per la Difesa del Suolo), sviluppato e gestito da ISPRA,

ha come scopo principale la raccolta, l’aggiornamento e

l’implementazione di un database nazionale relativo al

monitoraggio dell’attuazione degli interventi urgenti

finanziati dal MATTM per la riduzione del rischio

idrogeologico (D.L.180 e s.m.i). Il progetto (avviato nel

1999) consiste in una piattaforma web-GIS realizzata

interamente con tecnologie Open Source, e si compone

di un Geodatabase (archivio principale) e di due

applicazioni secondarie, la prima (ReNDiS-ist) per la

gestione del dato e la seconda (ReNDiS-web) di

interfaccia on line per l’accesso pubblico e la

visualizzazione e consultazione dei dati in rete.

All’interno del database ogni informazione è organizzata

come singolo lotto di intervento la cui attuazione (atto di

finanziamento, fase progettuale e fase esecutiva) è

costantemente monitorata a scala nazionale. Nella

tabella 2 sono riportati i fondi totali allocati per singola

Regione. Allo stato attuale, 4872 interventi in tutta Italia

sono stati finanziati dal MATTM per un importo totale

superiore ai 4 Miliardi di euro.

REGIONE n. interventi Finanziamento

(MLD €) Abruzzo 144 118 Basilicata 235 111 Calabria 450 393 Campania 287 384 Emilia-Romagna 317 269 Friuli Venezia Giulia 72 84 Lazio 275 304 Liguria 115 113 Lombardia 481 415 Marche 262 164 Molise 161 80 Piemonte 458 236 Puglia 212 315 Sardegna 98 138 Sicilia 424 629 Toscana 528 403 Trentino - Alto Adige 61 39 Umbria 90 97 Valle d’Aosta 29 30 Veneto 173 151 TOTALE 4.872 4.473

Tabella 2. Distribuzione degli interventi e dei relativi importi su base regionale (Fonte ReNDiS-ISPRA)

Il progetto ReNDiS è attualmente il principale strumento

operativo per la gestione delle informazioni del

monitoraggio sull’attuazione degli interventi finanziati dal

MATTM. L’obiettivo è quello di costruire

progressivamente un quadro unitario e completo

dell’intervento pubblico per la difesa del suolo e per

questo è progettato per essere facilmente implementato

(anche mediante servizi wms) con banche dati gestite da

altri Enti. Il database consente di condividere dati ed

informazioni tra le diverse amministrazioni e, quindi, di

migliorare il quadro conoscitivo a supporto delle attività di

pianificazione per la difesa dai rischi idrogeologici. In

ultimo favorisce la trasparenza della pubblica

amministrazione, mediante la pubblicazione e la

diffusione sul web dei dati sugli interventi finanziati. Il

coinvolgimento dell’ISPRA recentemente sta riguardando

anche i pareri di congruità per il riutilizzo delle economie.

Un gruppo di esperti ISPRA MATTM è stato creato per le

istruttorie tecniche di assegnazione del finanziamento

(interventi urgenti 2014). L’obbiettivo principale a breve

termine è l’allineamento MATTM e Ministero Sviluppo

Economico tramite CUP (Codice Unico Progetto),

trasformando il ReNDiS come portale unico per il

monitoraggio della spesa e dei costi pubblici nella difesa

Page 91: Ct 2 5 villani

88

del suolo (AVCP; 8X1000Presidenza Consiglio dei

Ministri; Ordinanze protezione Civile).

6. Caso di studio: interruzione ed isolamento

piccole comunità

6.1 Scelta del caso di studio

Il caso di studio adottato fa riferimento alla

Provincia di Lucca, data la particolare rilevanza di

fenomeni di dissesto idrogeologico in questa area.

L’analisi storica (Delmonaco et al. 2003) evidenzia

come il territorio della lucchesia sia particolarmente

esposto ed interessato da frane superficiali e

inondazioni associate ad eventi di precipitazioni

intense. Si sono verificate grandi inondazioni nel

1774, 1885, 1902, mentre eventi minori hanno un

tempo di ritorno piuttosto breve e pari a soli 25-30

anni. L'alluvione del 1996 è per entità e danni

rilevati, del tutto paragonabile a quella del 25

settembre 1885.

In particolare negli ultimi 10 anni (2003 -2012),

nella provincia di Lucca gli eventi spesso definiti

eccezionali sono divenuti quasi annuali, con quattro

alluvioni gravissime in termini di impatti

rispettivamente nel novembre 2009, ottobre 2010,

novembre 2011 e ottobre 2012 (AdB Serchio

rapporto d’evento).

6.2 Metodologia di analisi

La metodologia adottata per lo studio

dell’interazione dissesto-rete stradale prevede una

stima dei tratti di rete stradale minore esposti a

rischio idraulico e da frana secondo lo schema

metodologico in figura 11 (WP/WLI, 1993),

attraverso l’analisi spaziale su piattaforma GIS

degli strati informativi riportati di seguito.

I vari tratti stradali codificati nel TeleAtlas®, nel loro

complesso, costituiscono gli elementi esposti, la cui

caratterizzazione è un passo fondamentale

nell’analisi del rischio.

Per quanto riguarda il parametro vulnerabilità, va

detto che in assenza di curve di vulnerabilità

specifiche per l’assetto infrastrutturale, tale

parametro è stato cautelativamente considerato

costante e pari ad 1, ipotizzando che, nello

specifico contesto, la sola presenza del bene in

aree ad elevata pericolosità ne determini

automaticamente la massima vulnerabilità.

Vengono di seguito descritti dettagliatamente i

database utilizzati per l’implementazione dell’analisi

GIS.

Figura 11 Diagramma di flusso adottato per il calcolo del rischio semplificato per la

rete stradale nella Provincia di Lucca

Pericolosità (spaziale o relativa) da frana. FonteProgetto IFFI

Fasce di pericolositàIdraulica. Fonte PAI AdBSerchio

R* = P x E x V

Grafo stradale esposto e sua vulnerabilità. Fonte TeleAtlas®2009

R*= rischio relativo o semplificato

Pericolosità (spaziale o relativa) da frana. FonteProgetto IFFI

Fasce di pericolositàIdraulica. Fonte PAI AdBSerchio

R* = P x E x V

Grafo stradale esposto e sua vulnerabilità. Fonte TeleAtlas®2009

R*= rischio relativo o semplificato

Page 92: Ct 2 5 villani

89

6.3 Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia

(Progetto IFFI)

I dati sulle frane derivano da una estrazione su base

provinciale direttamente dall’Inventario dei Fenomeni

Franosi in Italia (Progetto IFFI), realizzato a partire dal

1997 dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la

Ricerca Ambientale) e dalle Regioni e Province

Autonome d'Italia.

6.4 Aree a pericolosità idraulica

Per quanto attiene alle aree a pericolosità idraulica

considerate nel presente studio, esse derivano dalle

fasce di pericolosità idraulica (aree di pertinenza

idraulica) prodotte dalla Autorità di Bacino del fiume

Serchio.

6.5 Grafo stradale TeleAtlas ® 2009

Per gli elementi esposti della Provincia di Lucca, sono

stati utilizzati i codici FRC 6 (local roads), 7 (local roads

of minor importance), 8 (other minor roads) del grafo

stradale TeleAtlas® aggiornato al 2009. Di seguito sono

sintetizzati sotto forma tabellare i dati generali del caso di

studio nella provincia di Lucca.

Provincia Lucca Superficie totale [kmq] 1772 Frane IFFI Superficie aree in frana [kmq] 102.8 TeleAtlas® Lunghezza totale [km] 5563

Lunghezza FRC 6 [km] 556 Lunghezza FRC 7 [km] 3282 Lunghezza FRC 8 [km] 37 totale 6+7+8 [km] 3875

Fasce di Pericolosità Idraulica

P1 [kmq] 7.3 P2 [kmq] 15.7 P2a [kmq] 9 P3 [kmq] 11.7 Totale P1+P2+P3 [kmq] 43.7

Tabella 3. Superficie dei layers dei dati di base utilizzati per lo studio nella provincia di Lucca.

6.6 Analisi ed implementazione dei dati

I tratti stradali minori (codici 6, 7 e 8) del grafo stradale di

TeleAtlas® della Provincia di Lucca, sono stati sottoposti

a buffer analysis (si è stimato un buffer di 3 metri) allo

scopo di dare realtà fisica agli elementi esposti ovvero

quantificare la larghezza della carreggiata.

Figura 12. Dettaglio del grafo stradale utilizzato nelle Provincia di Lucca

Page 93: Ct 2 5 villani

90

Figura 13. Dettaglio del grafo stradale utilizzato nelle Provincia di Lucca e bufferizzato

Non è stato ritenuto necessario, in questo primo caso di

studio, differenziare le categorie di strade minori adottate

con valori di buffer diversi. Gli elementi stradali così

ottenuti sono stati quindi spazialmente intersecati con i

poligoni delle frane ottenuti dal Progetto IFFI, intorno ai

quali è stato creato un buffer di 20 m per tenere in

considerazione possibili evoluzioni del fenomeno di

dissesto sia in avanzamento che in retrogressione.

Figura 14. Dettaglio del grafo stradale e delle frane IFFI utilizzati per l’analisi

Page 94: Ct 2 5 villani

91

Figura 15. Dettaglio dei tratti stradali in aree in frana a seguito dell’analisi

E’ stato così possibile ottenere una prima stima dei tratti

esposti al rischio frana su base comunale. Sono stati

individuati 290 km di strade esposti al rischio frana pari al

5.2% dell’intero grafo stradale della provincia e al 7.5%

della rete stradale minore (codici 6, 7 e 8).

Per quanto riguarda il rischio idraulico, mediante lo

stesso procedimento precedentemente descritto

(sovrapposizione del grafo stradale alle aree di

pericolosità idraulica dell’Autorità di Bacino del Serchio in

ambiente GIS) è stato possibile individuare, con

riferimento all’ambito provinciale, 162 km stradali esposti

al rischio idraulico pari al 3% dell’intero grafo provinciale

e al 4.2% della rete stradale minore (codici 6, 7 e 8).

I risultati di tale analisi spaziale sono riportati nella

Tabella 4 e in forma grafica nella Figura 18.

Figura 16. Dettaglio del grafo stradale e delle fasce di pericolosità idraulica utilizzati per l’analisi

Page 95: Ct 2 5 villani

92

Figura 17. Dettaglio dei tratti stradali in aree a pericolosità idraulica elevata e molto elevata

Codice TeleAtlas®

Lunghezza [km]

L. rischio frana [km]

L. rischio idraulico [km]

6 555.75 35.70 27.15 7 3282.24 254.28 128.19 8 37.27 0.15 7.13 TOT 3875.26 290.13 162.46 Tabella 4. Risultati della sovrapposizione del grafo stradale alle aree di pericolosità

idraulica dell’Autorità di Bacino del Serchio in ambiente GIS

Figura 18. Sintesi di tutti i tratti stradali interessati da aree in frana o a pericolosità idraulica per l’intera provincia di Lucca.

Page 96: Ct 2 5 villani

93

7. Conclusioni

Impatti economici delle interruzioni stradali

Il territorio nazionale italiano, data la sua conformazione

orografica, geologica e geomorfologica è storicamente

esposto ai fenomeni naturali di dissesto geologico ed

idraulico intensi. L’attuale impianto normativo nazionale e

regionale, così come l’attività di pianificazione e

programmazione ai vari livelli, è da tempo indirizzata alla

riduzione di questa vulnerabilità sistemica (potendo solo

limitatamente agire sulla riduzione della pericolosità) e

all’aumento generale della resilienza delle comunità e del

territorio. La rete infrastrutturale italiana risente di questo

elevato livello di esposizione, tanto da risultare molto

spesso uno degli elementi più critici e a rischio in

concomitanza al verificarsi di fenomeni naturali estremi

quali alluvioni e franosità diffusa. In termini di impatto il

danno è infatti duplice, da un lato va considerato

l’elevato costo diretto di ripristino e messa in sicurezza

mentre dall’altro lato va comunque considerato il costo

indiretto di interruzione di collegamento ed isolamento ad

esso associato. Queste tipologie di costi di difficile

valutazione hanno però effetti economici e sociali

pesantissimi, distruggendo spesso il tessuto produttivo e

sociale delle comunità investite da fenomeni di questo

tipo. E’ per queste ragioni che una corretta pianificazione

della rete stradale, infrastrutturale e di collegamento è di

fondamentale importanza sia in fase emergenziale che in

periodo di assenza di fenomeni naturali.

Il caso di studio presentato ha voluto tracciare un

semplice schema metodologico per valutare ex ante il

livello di esposizione e quindi di fragilità infrastrutturale di

un dato territorio nazionale ai fenomeni di dissesto

geologico ed idraulico. Naturalmente ad analisi di questo

tipo, che aumentano il livello conoscitivo di pericolosità e

rischio di una data area devono poi far seguito politiche

di pianificazione e programmazione di interventi mirati

alla mitigazione di tale rischio e all’aumento della

resilienza territoriale anche attraverso piani di

adattamento, monitoraggio e controllo.

Lo sviluppo di tali studi deve prevedere una stima e

quantificazione dei costi a fronte dei danni attesi per

effettuare delle scelte a fronte di scenari costi/benefici.

Gli investimenti che riguardano le infrastrutture stradali e

la difesa del suolo, sono strategici per tutta la regione e

non solo per le aree rurali anche per il conseguente

sostegno all’economia (industria, artigianato, turismo,

agricoltura) e ai servizi (socio sanitari, educativi). Le aree

rurali, minori e isolate devono essere salvaguardate con

una manutenzione costante e specifica e con seri piani di

mitigazione, adattamento e convivenza con i rischi

idraulici e idrogeologici che possono interessare questi

territori.

Bibliografia

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.. - + * + -...

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95

ELEMENTI FONDAMENTALI PER REDIGERE UN PIANO DEL TRAFFICO

PER LA VIABILITA’ EXTRAURBANA

Antonio PRATELLI, Matteo ROSSI, Gabriella CAROTI

DICI – Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, Università di Pisa

Sommario - Oggi più che mai è necessario affrontare il problema delle reti stradali di rilevanza nazionale attraverso il

miglioramento dell’efficienza e della sicurezza di circolazione delle infrastrutture già esistenti. Già il Nuovo Codice della

Strada, emanato nell’ormai lontano 1992, conteneva (art. 36) indicazioni in merito all’adozione di strumenti pianificatori

dedicati a questi ambiti, quali i Piani Urbani del Traffico (PUT) e i Piani del Traffico per la Viabilità Extraurbana (PTVE). Nel

rispetto dei fini di tali strumenti, così come indicati dallo stesso NCdS, (il miglioramento delle condizioni di circolazione e

della sicurezza stradale, la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico), con il presente

lavoro si è inteso affrontare alcuni degli elementi ritenuti imprescindibili per la redazione di Piani per la Viabilità Extraurbana

(la classificazione delle strade esistenti, la stima delle velocità sia operative che assimilabili a quelle di progetto, analisi e

valutazione del rischio connesso a vari aspetti inerenti la sicurezza stradale e altro). Ciascuno di essi è stato trattato

separatamente ed approfonditamente per giungere alla messa a punto di strumenti originali per il calcolo e l’applicazione,

intendendo in questo modo rendere disponibili veri e propri strumenti applicativi che fungano da guida per la stesura degli

stessi PTVE, oltre che per la pianificazione delle azioni da includere al loro interno.

1. INTRODUZIONE

Negli ultimi anni le città hanno assunto una connotazione

di tipo diffuso, con la perdita di residenti nelle aree più

centrali. Allo stesso tempo, però, l’utilizzo delle città è in

continua crescita, con la conseguente maggior attrattività

per gli utenti e, quindi, maggior domanda di servizi. Il

risultato della combinazione di questi processi è la

crescente esigenza di spostamenti rapidi ed efficienti fra

vaste zone di territorio collegate da relazioni che si

intersecano a diversi livelli, esigenza che, a causa di una

pressoché completa assenza di una strategia comune

ispirata alla coerenza fra pianificazione urbana e politiche

dei trasporti, ha portato allo sviluppo di una mobilità

prevalentemente individuale, legata ad un utilizzo delle

autovetture che ormai ha raggiunto livelli al limite del

congestionamento: infatti basti pensare che negli ultimi

20 anni lo sviluppo della rete stradale è stato inferiore

all’11%, mentre il parco veicoli circolanti ha fatto

registrare un incremento di oltre il 45% (fonte: Ministero

delle Infrastrutture e dei Trasporti).

L’inevitabile conseguenza di un tale mancato sviluppo

della rete infrastrutturale è il forte congestionamento del

traffico: l’Italia si trova oggi ad essere il secondo paese in

Europa per densità di veicoli: 1347 veic/km sulla viabilità

principale (fonte: Autostrade per l’Italia), 286 veic/km

sull’intera rete comprensiva di autostrade, strade di

rilevanza nazionale, strade regionali e strade provinciali

(fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti). In

linea generale, la causa di questo mancato sviluppo è la

carenza di risorse economiche destinate non solo alla

creazione di nuove infrastrutture, ma anche alla

manutenzione di quelle esistenti: negli anni dal 1990 al

2009 gli investimenti in opere pubbliche hanno infatti

fatto registrare un calo di oltre il 30%, con un trend

attuale tuttora al ribasso e con il risultato che la rete

stradale italiana, che all’inizio degli anni ’70 era tra le più

moderne e sviluppate in Europa, mostra i segni di 40

anni di mancati investimenti e si trova a rincorrere

nazioni il cui sviluppo infrastrutturale è andato di pari

passo con la crescita dello sviluppo della nazione.

È pertanto necessario, oggi più che mai, dare priorità alle

reti di rilevanza nazionale attraverso la realizzazione

delle direttrici peninsulari fondamentali e il miglioramento

dell’efficienza e della sicurezza di circolazione delle

Page 99: Ct 2 5 villani

96

infrastrutture già esistenti. Questo processo è

perseguibile solo attraverso opportune politiche di

pianificazione del territorio, fatta non solo di “grandi

opere”, ma anche di piccoli e medi interventi. Già il

Nuovo Codice della Strada, emanato nell’ormai lontano

1992, conteneva (art. 36) indicazioni in merito

all’adozione di strumenti pianificatori dedicati a questi

ambiti, quali i Piani Urbani del Traffico (PUT) e i Piani del

Traffico per la Viabilità Extraurbana (PTVE).

Tuttavia, mentre per i PUT sono state emanate le

“Direttive per la redazione, adozione, ed attuazione dei

Piani Urbani del Traffico” (dir. Ministero delle

Infrastrutture e dei Trasporti del 12/04/1995), niente è

stato fatto né previsto per quanto riguarda i PTVE.

Nel rispetto dei fini di tali strumenti, così come indicati

dallo stesso NCdS, (il miglioramento delle condizioni di

circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli

inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio

energetico), con il presente lavoro si è inteso affrontare

alcuni degli elementi da cui ciascun PTVE non può

prescindere (la classificazione delle strade esistenti, la

stima delle velocità sia operative che assimilabili a quelle

di progetto, analisi e valutazione del rischio connesso a

vari aspetti inerenti la sicurezza stradale, ecc.), e

ciascuno di essi è trattato qui separatamente ed

approfonditamente per giungere alla messa a punto di

strumenti originali per il calcolo e l’applicazione,

intendendo in questo modo rendere disponibili veri e

propri strumenti applicativi che fungano da guida per la

stesura degli stessi PTVE, oltre che per la pianificazione

delle azioni da includere al loro interno.

2. UN PUNTO DI VISTA GENERALE

È opinione comune che esista la necessità di un

coordinamento tra i Piani Urbani del Traffico e la

pianificazione di ordine superiore (ivi compresi anche i

PTVE) per evitare quella tendenza, diffusasi negli ultimi

anni, a curare le problematiche locali attraverso interventi

che possono spostare i problemi da un’area ad un’altra

senza trovarne però una soluzione definitiva, ossia

traslando semplicemente le criticità della circolazione

stradale da un punto all’altro del territorio.

Per raggiungere gli obiettivi in maniera soddisfacente è

perciò necessario assumere una visione d’insieme delle

problematiche, dei contenuti e delle metodologie che

devono essere adottate nella redazione dei Piani del

Traffico ai diversi livelli possibili.

Il PTVE deve pertanto essere costituito da un insieme di

interventi, coordinati con quelli degli altri strumenti di

pianificazione, volti al miglioramento delle condizioni di

circolazione stradale, oltre che contenere linee generali

di indirizzo per l’incentivazione all’uso dei sistemi di

trasporto collettivi e/o alternativi. Tutti gli interventi

contenuti in questo piano devono altresì essere

realizzabili nel breve termine, e deve collocarsi in un

quadro di dotazioni infrastrutturali e mezzi di trasporto

sostanzialmente invariato: deve cioè ottimizzare le

risorse esistenti.

Va pertanto inteso come un piano di immediata

realizzabilità, di contenuto onere economico, e che si

pone come obiettivo principale quello di contenere le

criticità della circolazione: ciò significa che il PTVE è un

piano in cui si da peso alla manutenzione ed

all’ottimizzazione della funzionalità della rete esistente

più che alla pianificazione di nuove infrastrutture.

L’elaborazione dei PTVE è prevista dall’Art. 36, comma

3, del Codice della Strada (D. Lgs. n. 285/1992 e s.m.i.):

“le Province provvedono all’adozione di piani del traffico

per la viabilità extraurbana”. Il comma 4 dello stesso

articolo individua poi gli obiettivi dei PTVE: non si fa

distinzione alcuna fra gli obiettivi dei diversi piani del

traffico (urbani e per la viabilità extraurbana), per cui è

verosimile ritenere gli obiettivi dei PTVE del tutto similari

a quelli previsti per i Piani Urbani del Traffico (di seguito

PUT). Tali finalità sono quelle di “ottenere il

miglioramento di circolazione e della sicurezza stradale,

la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico

ed il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti

urbanistici vigenti e con i Piani di Trasporto e nel rispetto

dei valori ambientali”.

Le finalità dei PTVE sopra descritte spaziano in campi

molto diversi fra di loro, pertanto all’interno di un PTVE

trovano spazio diversi ambiti di indagine e di

pianificazione, alcuni dei quali sono regolati da norme e

leggi dedicate.

2.1 La classificazione della rete stradale

L’applicazione di uno strumento di piano per la viabilità,

quale che esso sia, non può prescindere da una

preventiva classificazione della rete stradale: in ultima

analisi, infatti, deve rendersi possibile una scelta sulla

destinazione delle risorse economiche disponibili per

l’attuazione degli interventi previsti dal piano, e tale

scelta non può essere compiuta senza disporre di uno

Page 100: Ct 2 5 villani

97

strumento che individui ed attribuisca il ruolo preminente

e l’uso più opportuno che ciascun elemento viario deve o

dovrà svolgere all’interno della rete stradale. Il NCdS,

all’art.2, provvede ad individuare le diverse categorie di

strade sulla base delle loro caratteristiche costruttive,

tecniche e funzionali: ognuna delle 6 categorie

individuate deve possedere determinate caratteristiche

minime. Tuttavia, poiché tali caratteristiche minime

possono non riscontrarsi affatto sulle strade esistenti, per

quest’ultime la categoria F funge di fatto da

classificazione universale.

Ancora l’art. 2 (comma 6) provvede inoltre ad individuare

anche una classificazione di tipo amministrativo.

Infine, il DM 6792/2001 “Norme funzionali e geometriche

per la costruzione delle strade” al cap. 2 provvede a

fornire un criterio per la classificazione funzionale delle

strade sulla base di alcuni elementi fondamentali: questi

sono il tipo di movimento servito (di transito, di

penetrazione, di distribuzione, di accesso), l’entità dello

spostamento (distanza media percorsa dai veicoli o

tempo medio di percorrenza), la funzione assunta nel

contesto territoriale attraversato (collegamento

nazionale, provinciale, comunale), le componenti di

traffico e le relative categorie (veicoli leggeri, pesanti,

motoveicoli, pedoni, cicli, ecc.).

I valori degli standard normativi e strutturali prescritti

sono da considerarsi cogenti per le strade di nuova

realizzazione, e da considerarsi come obiettivo da

raggiungere per le strade esistenti. Infatti, una

classificazione delle strade esistenti è conseguente ad

una serie di condizioni assai varie fra di loro, che sono il

frutto di scelte, comportamenti e abitudini degli utenti,

condizioni ambientali al contorno e caratteristiche

territoriali in continuo mutamento, oltre che di scelte ed

attività poste in essere dai vari enti, e che molto spesso

non rispecchiano condizioni direttamente ed

obiettivamente osservabili come, ad esempio, le

caratteristiche geometriche.

Il legislatore aveva già individuato l’esistenza di una

simile problematica relativa alla classificazione delle

strade esistenti: infatti, all’art. 13, comma 4, del NCdS si

riporta che “Il Ministero dei lavori pubblici, entro due anni

dalla entrata in vigore del presente codice, emana, con i

criteri e le modalità di cui al comma 1, le norme per la

classificazione funzionale delle strade esistenti in base

alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali di cui

all'articolo 2, comma 2”. Un’apposita Commissione di

Studio, costituita presso il CNR nel 1995, approvava nel

1998 il Rapporto finale sui criteri per la classificazione

delle strade esistenti ai sensi dell’art. 13, comma 4 e 5

del NCdS: tale rapporto, che aveva carattere pre-

normativo, individuava un criterio per la classificazione

delle strade esistenti articolato secondo un complesso

procedimento. Tuttavia, a causa sia della difficoltà

applicativa, oltreché di quella relativa alla raccolta di tutti i

dati necessari per la creazione dei database, sia dei

risultati che possono ottenersi da una classificazione

condotta secondo questo metodo, quanto previsto dal

documento CNR non ha, ad oggi, ancora avuto seguito.

2.2 La sicurezza stradale

Il comma 4 dell’art. 36 del NCdS, come già

precedentemente ricordato, pone come obiettivo

principale del PTVE quello di ottenere miglioramenti per

la circolazione e la sicurezza stradale. Per il

conseguimento di queste finalità è necessario indagare

approfonditamente diversi ambiti, fra i quali ad esempio

la funzionalità dei dispositivi di ritenuta e la

manutenzione delle pavimentazioni.

Fra questi, l’argomento dei dispositivi di ritenuta è stato

trattato in maniera approfondita, giungendo alla messa a

punto di uno strumento applicativo utile per la

determinazione del livello di rischio connesso a ciascun

dispositivo installato o da installare su una rete stradale,

col fine ultimo di veicolare in maniera più intelligente

possibile le risorse economiche disponibili per la loro

manutenzione.

Relativamente alla normativa vigente in tema di

dispositivi di ritenuta e della loro installazione, con il

DM 2367/2004 (pubblicato sulla G.U. n. 182 del 5 agosto

2004) è stata recepita la normativa europea EN1317, la

quale nelle sue diverse parti individua un criterio comune

per l’installazione e la manutenzione delle barriere

stradali, e stabilisce i criteri per la costruzione e

l’omologazione di tali dispositivi. Successivamente,

anche in seguito agli aggiornamenti delle stesse norme

EN1317, sono state redatte alcune circolari esplicative

per la corretta applicazione del DM 2367/2004: tali

circolari sono la n. 3065/2004 e la n. 0062032/2010.

Infine con il DM del 28/06/2011 (pubblicato sulla G.U.

233/2011) sono state emanate ulteriori disposizioni

sull'uso e l'installazione dei dispositivi di ritenuta stradale,

recependo quando riportato nella normativa europea

EN1317-5:2007+A1:2008 in merito alla marcatura CE.

Page 101: Ct 2 5 villani

98

All’art. 2, comma 5, quest’ultimo decreto stabiliva che “la

direzione generale per la sicurezza stradale, sentito il

Consiglio superiore dei lavori pubblici, provvede

all'emanazione dell'aggiornamento delle istruzioni

tecniche per l'uso e l'installazione dei dispositivi di

ritenuta stradale, concernente anche i controlli in fase di

accettazione e di installazione dei dispositivi medesimi”.

Ad oggi, non essendo ancora avvenuta l’emanazione di

tale aggiornamento, rimane in vigore quanto stabilito dal

DM 2367/2004, come riporta anche l’art. 2, comma 6:

“Nelle more dell'attuazione di quanto disposto al comma

5, restano in vigore le istruzioni tecniche di installazione

di cui all'allegato al citato decreto ministeriale 21 giugno

2004 non in contrasto con le disposizioni del presente

decreto”.

Di fondamentale importanza quanto riportato all’art. 3

della succitata circolare 62032/2010, ove viene chiarito

che il campo di applicazione della normativa vigente è

tuttora quello previsto dall’art. 2 comma 1 del DM 223/92,

ossia “i progetti esecutivi relativi alle strade ad uso

pubblico urbane ed extraurbane che hanno velocità di

progetto maggiore od uguale a 70km/h”. Sono pertanto

espressamente escluse le progettazioni, sia in campo

urbano che extraurbano, inerenti strade con velocità di

progetto inferiore a 70km/h. Tale articolo fa insorgere un

nuovo problema da risolvere: la velocità di progetto è un

dato noto per quanto riguarda le strade di nuova o

recente costruzione, in quanto stabilita in sede di

progetto in relazione alla sua classe funzionale (secondo

quanto riportato dall’art. 2 comma 2 del DL 285/92) ed

alle sue caratteristiche planimetriche, mentre non è noto

per strade esistenti, per le quali non esistono molto

spesso documenti di progetto. In questo caso, ancora

l’art. 3 della circolare 62032 del 21/07/2010 fornisce una

indicazione di massima per la stima del parametro di

velocità: “la velocità di progetto dovrà essere calcolata

per assimilazione, sulla base di quanto previsto dal DM

del 05/11/2001 e s.m.i.[…] per la medesima classe

funzionale e raggio planimetrico della tratta”. Proprio a

partire da questo suggerimento, si è cercata una

soluzione alla problematica inerente la velocità di

progetto per strade esistenti, giungendo anche in questo

caso alla messa a punto di un procedimento di calcolo e

del relativo foglio di calcolo applicativo.

2.3 Il Road Safety Audit e il DL 35/2011

Dall’analisi delle statistiche di incidentalità stradale nei

paesi industrializzati è possibile dedurre che la maggior

parte degli incidenti sono imputabili ad un utilizzo

improprio delle infrastrutture, le cui caratteristiche

tecniche non sempre rispondono in maniera adeguata

alle esigenze degli utenti. In Italia, nonostante siano stati

predisposti importanti interventi di carattere istituzionale

(Piano della Sicurezza Stradale, revisioni del Codice

della Strada, ecc.) ancora molte problematiche

rimangono insolute.

L’utilizzo di un sistema di controllo preventivo della

sicurezza stradale (procedura nota come Road Safety

Audit) rappresenta senz’altro uno strumento adeguato,

sia per i nuovi interventi strutturali che, soprattutto, per le

strade già in esercizio, per le quali risultano più evidenti

le necessità di azioni tese a ridurre le conseguenze degli

incidenti.

Poiché i PTVE devono sostanzialmente gestire il

patrimonio stradale esistente, si rivela qui utile descrivere

i principali obiettivi della procedura di RSA applicata a

strade esistenti. Gli obiettivi possono essere riassunti

essenzialmente in due punti:

- individuare e valutare quelle situazioni alle quali

è imputabile un rischio o che possono

esasperare l’esposizione al rischio degli utenti

della strada: ciò significa identificare le

caratteristiche tecniche, costruttive e funzionali

che non sono rispondenti alle effettive

condizioni di fruizione, prima che le statistiche di

incidentalità denuncino la presenza di situazioni

pericolose;

- suggerire misure correttive volte a contenere o

eliminare le situazioni di potenziale pericolo dal

punto di vista dell’utenza stradale.

I criteri fondamentali su cui si basa tutta la procedura di

RSA devono perciò permettere di evidenziare tutte le

situazioni di potenziale pericolo per le utenze stradali.

Tali criteri devono pertanto prendere in considerazione

quelle proprietà dell’infrastruttura che hanno rilievo sulla

sua sicurezza durante l’esercizio.

È in questo contesto che si collocano le “Linee guida per

le analisi di sicurezza delle strade” emanate ai sensi

dell’art.8 del DL 35/2011 di attuazione della direttiva

europea 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle

infrastrutture stradali. Le Linee Guida stabiliscono infatti i

criteri e le modalità per l’effettuazione dei controlli della

Page 102: Ct 2 5 villani

99

sicurezza stradale sui progetti e delle ispezioni di

sicurezza sulle infrastrutture esistenti, e per l’attuazione

del processo per la classificazione della sicurezza della

rete stradale.

Ad oggi, le prescrizioni contenute nel DL 35/2011 sono

cogenti per le infrastrutture comprese nella rete stradale

transeuropea (TEN, TransEuropean Network) individuata

secondo la Decisione 1692/96/CE e successivi

aggiornamenti, mentre per tutte le altre strade i contenuti

del decreto costituiscono norme di principio fino a che

non diventeranno cogenti in base all’evoluzione

temporale del campo di applicazione. Dal 1° gennaio

2016 (con possibilità di proroga di ulteriori 5 anni) infatti i

contenuti del DL 35/2011 dovranno essere applicati

anche alla rete di interesse nazionale non ricadente

all’interno della TEN, individuata dal DL 461/99. Per le

rimanenti strade di competenza delle regioni, delle

province autonome e degli enti locali le disposizioni del

DL 35/2011 costituiranno ancora linee di principio, da

seguire nella redazione della propria disciplina

riguardante la gestione della sicurezza delle infrastrutture

stradali di competenza.

Quest’ultima attività consiste nel mantenimento

dell’efficienza delle infrastrutture, finalizzata al

raggiungimento di un idoneo livello di sicurezza,

attraverso una corretta manutenzione ordinaria e

straordinaria, effettuata in base ad una precisa e rigorosa

programmazione in funzione dell’ordine di priorità degli

interventi, individuati dagli esiti delle ispezioni.

2.4 Gli obiettivi del PTVE

Come già riportato in precedenza, gli obiettivi dei Piani

del Traffico, sia urbani che extraurbani, sono individuati

dall’art. 36 del NCdS. Nonostante questi siano obiettivi

comuni per tutti i piani del traffico, non si devono

trascurare le sostanziali differenze nelle problematiche

che questi piani si trovano ad affrontare, dovute

essenzialmente ai diversi ambiti applicativi.

Nello specifico il PTVE, occupandosi della gestione delle

risorse esistenti in campo extraurbano, persegue

l’obiettivo del miglioramento della circolazione attraverso

il miglioramento della sicurezza stradale (obiettivo

esplicitamente indicato dal NCdS), essendo le

problematiche di congestione ed inquinamento

acustico/ambientale più marginali rispetto alla situazione

urbana. Ne consegue quindi che tutte le scelte che

vengono fatte all’interno di un PTVE, principalmente nel

campo delle manutenzioni e dell’ottimizzazione delle

infrastrutture esistenti, debbano sempre avere come

obiettivo primario quello dell’innalzamento del livello di

sicurezza stradale.

Dell’innalzamento del livello di sicurezza stradale si

occupa anche il precedentemente citato DL 35/2011: è

pertanto auspicabile che un PTVE sia profondamente

integrato con i criteri lì descritti per le analisi della

sicurezza stradale, sia per le infrastrutture facenti parte

delle reti TEN (Decisione 1692/96/CE), sia per quelle

facenti parte della rete di interesse nazionale (DL

461/99), sia infine per tutta la viabilità extraurbana non

facente parte di nessuna delle due suddette categorie e

per la quale le disposizioni contenute nel decreto

assumono il carattere di linee di principio da seguire nella

redazione della disciplina inerente la sicurezza stradale

che le Regioni, le province autonome e gli enti locali

dovranno predisporre con scadenza l’anno 2020.

Quella della sicurezza è pertanto la finalità che deve

essere perseguita nell’affrontare tutte le tematiche che

devono e/o possono far parte del PTVE. In generale

queste riguardano lo sviluppo di tutti gli aspetti legati alla

gestione delle strade: dalla manutenzione e tutela delle

strade, che si basa sull’esistente, alle analisi

sull’incidentalità e sul traffico a supporto della

progettazione di nuove opere o di interventi di

miglioramento della sicurezza stradale; dall’applicazione

nello specifico degli articoli del Codice della Strada

relativi alla classificazione funzionale ed amministrativa

delle strade all’individuazione di procedure conseguenti

alla sua applicazione.

Il conseguimento di tali obiettivi sarà reso più facile

dall’implementazione di archivi informatizzati contenenti

tutti i dati necessari per gestire al meglio l’intera rete

viaria, per pianificare le opere di manutenzione, per

controllare la domanda e l’offerta di mobilità. La

creazione dei database può seguire metodologie diverse:

riguardo al database inerente il livello di sicurezza della

rete esistente, può senza dubbio seguirsi, almeno in

linea di principio, quanto disposto dal DL 35/2011 e

schematizzato nella Figura 1.

Un PTVE può pertanto essere strutturalmente suddiviso

in due parti: una prima parte che contenga il quadro

conoscitivo della situazione attuale, nella quale viene di

fatto fotografato lo stato di fatto dell’offerta infrastrutturale

su cui il PTVE dovrà essere applicato, sia in termini di

caratteristiche che di stato manutentivo; una seconda

Page 103: Ct 2 5 villani

100

parte che contenga tutte le azioni di progetto conseguenti

all’analisi dello stato di fatto, nella quale sviluppare i

modelli di simulazione dei diversi scenari futuri supposti

per la rete stradale provinciale, i sistemi informativi a

supporto delle attività di gestione, manutenzione e

progettazione delle strade, la classificazione delle strade

sia amministrativa che funzionale, ecc.

In entrambe le parti possono essere seguiti in linea di

principio i contenuti delle Linee Guida del DL 35/2011.

Figura 1

2.5 I dati necessari per lo sviluppo e la

redazione del PTVE

Per la stesura di un PTVE è necessario disporre di alcuni

dati inerenti ai temi affrontati: la domanda di trasporto, i

dati di incidentalità e tutti i dati relativi alle infrastrutture.

La domanda di trasporto

Un PTVE tratta pressoché esclusivamente temi inerenti

reti di trasporto extraurbane aventi come delimitazione il

confine provinciale, come suggerisce il NCdS

individuando l’Ente che è tenuto alla sua redazione,

pertanto la domanda di trasporto da prendere in esame,

anche in base al carattere distribuivo che assume la rete

di strade extraurbane provinciali all’interno della più

ampia rete stradale comprensiva di tutte le strade

presenti sul territorio, è una domanda di trasporto

caratterizzata essenzialmente da tipologie di spostamenti

di media/lunga percorrenza, generata soprattutto per

motivi di lavoro e studio. Entro determinate distanze,

infatti, è possibile che gli utenti si servano ancora di

strade a carattere locale per i loro spostamenti, mentre al

crescere delle distanze essi facciano ricorso a strade di

categoria superiore, caratterizzate da tempi di

percorrenza per chilometro inferiori al crescere

dell’importanza della strada e delle sue caratteristiche

geometriche e funzionali.

Esistono numerosi metodi per individuare le distanze e le

origini/destinazioni degli spostamenti. Il più tradizionale

approccio al trattamento del territorio consiste nel

suddividere l’area in esame in zone e ricostruire la

domanda di trasporto sulla base di un campionamento

della popolazione.

Tuttavia, è possibile anche operare su informazioni

complete relative all’intera popolazione: in questo caso,

ovviamente, i problemi e le approssimazioni derivanti

dalle procedure di campionamento, quali che esse siano,

vengono annullati. La conoscenza esatta della domanda

richiede informazioni sulle caratteristiche degli

spostamenti effettuati da tutti gli utenti nel periodo di

riferimento, inoltre deve essere misurata per più periodi

allo scopo di calcolarne un valore medio. Si tratterebbe

cioè di giungere ad una conoscenza della domanda di

tipo censuario.

Una possibile soluzione è quella di suddividere il territorio

secondo i confini comunali ed assegnare a ciascun

comune il relativo centroide, in modo che questo sia

baricentrico rispetto alla popolazione residente nei diversi

centri abitati esistenti all’interno del comune stesso.

Questo tipo di zonizzazione presenta un indubbio

vantaggio: rende infatti possibile l’impiego dei dati

censuari ISTAT (ovvero relativi all’intera popolazione

anziché ad un suo campione) sugli spostamenti per

motivi di studio e lavoro fra un comune e l’altro.

Ciò consente quindi di ottenere una matrice O/D con

tante righe e colonne per quanti sono i comuni della

provincia in esame.

La domanda può essere inoltre attualizzata al periodo

dello studio attraverso procedure ormai di largo impiego

che prevedono il ricorso a modelli matematici basati su

misure di traffico in un certo numero di sezioni stradali

(ad es. l’algoritmo di Le Blanc, 1973). I conteggi di

traffico possono essere visti come il risultato della

combinazione di una matrice di viaggi e di uno schema di

scelta del percorso: essi pertanto forniscono informazioni

dirette circa la somma degli spostamenti fra tutte le

coppie O/D che utilizzano gli archi sottoposti a conteggio.

Inoltre, i conteggi di traffico sono una fonte di dati molto

allettante, in quanto generalmente disponibili, poco

costosi (rispetto soprattutto ad metodi di indagine, quale

ad es. il metodo delle interviste) ed attuabili in maniera

Page 104: Ct 2 5 villani

101

del tutto automatica facendo ricorso ad apparecchiature

elettroniche ormai ampiamente collaudate.

I dati di incidentalità

Tali dati, oltre che necessari per la maggior parte delle

procedure che possono essere introdotte in un PTVE,

possono inoltre essere impiegati anche per la stima

dell’efficienza degli interventi previsti dal PTVE attraverso

il calcolo di opportuni indicatori di prestazione (ad es.

nella valutazione della riduzione del numero di incidenti).

L’analisi dell’incidentalità rientra infatti nella

caratterizzazione degli itinerari sotto il profilo della

sicurezza stradale, che permette di evidenziare, in

rapporto ad una soglia di confronto statisticamente

significativa, il livello di incidentalità che interessa l’intero

itinerario.

Una delle possibili procedure impiegabili per l’analisi di

incidentalità è quella descritta nel documento pre-

normativo del CNR già citato in precedenza, per la quale

sono richieste le seguenti informazioni:

- dati georeferenziati degli incidenti, comprensivi

di data, numero e tipo di veicoli coinvolti,

conseguenze dell’incidente sulle persone

coinvolte;

- suddivisione in sezioni omogenee dell’itinerario

in esame ed estensione di ciascun tronco;

- TGM del tronco in esame per l’anno di

riferimento.

Anche le altre possibili procedure per le analisi di

incidentalità (fra tutte, la Normativa Svizzera SN640009

ed il metodo proposto da R. Lamm) necessitano dei dati

georeferenziati sugli incidenti.

Infine, anche gli indicatori di prestazione possono essere

riferiti ai dati degli incidenti: fermo restando l’obiettivo

primario di un PTVE quello della sicurezza stradale, per

poterne valutare l’efficienza nel medio periodo è possibile

infatti assumere un dato sulla diminuzione degli incidenti,

o sulla riduzione della gravità dei loro esiti, come

possibile metro di valutazione.

I dati relativi alle infrastrutture

Infine, i dati sulle infrastrutture rappresentato il corpus dei

dati di base di un PTVE: rientra qui infatti tutto ciò che

riguarda l’aspetto conoscitivo delle infrastrutture oggetto

di applicazione del PTVE, dalle pavimentazioni ai

dispositivi di ritenuta, dalla segnaletica agli ostacoli

presenti lungo le strade, e più in generale tutti quegli

aspetti strettamente relati alla sicurezza della

circolazione.

Tutti questi dati possono essere raccolti solo mediante

censimento, anche simultaneo, da pianificare e condurre

sull’intera rete stradale di competenza. Inoltre, i dati così

censiti devono essere necessariamente mantenuti

aggiornati: disporre di dati obsoleti, in caso contrario,

significherebbe operare con uno strumento inadeguato e

che difficilmente rispecchierebbe le reali necessità della

rete.

Un discorso a parte merita la questione dei dati

geometrici quali larghezza della carreggiata, raggi di

curvatura, lunghezza dei rettifili, pendenze trasversali, e

quant’altro possa ritenersi necessario. Questi possono

ottenersi secondo due differenti modi: pianificando e

conducendo rilievi topografici, metodo sicuramente più

preciso ma estremamente costoso e pertanto

realisticamente applicabile solo puntualmente in tutti quei

casi in cui si richiede una precisione elevata; oppure

ricorrendo alla cartografia CTR (in scala 1:10000 o

1:2000) e successivamente estraendo i dati geometrici

da questa, metodo certamente più veloce ed economico.

Con il secondo metodo, tuttavia, non è possibile risalire

alle pendenze trasversali, che devono comunque essere

rilevate in sito oppure essere stimate secondo un valore

medio ritenibile rappresentativo delle condizioni reali.

La scelta di quali dati raccogliere è funzione delle stesse

procedure adottate per l’analisi dei dati, procedure che

saranno poi approfondite nei capitoli successivi

Il risultato della combinazione dei risultati conseguenti

alle analisi dei dati così raccolti è la suddivisione dei

tracciati in seziono omogenee: queste devono

necessariamente essere caratterizzate da una lunghezza

operativa, nel senso che sezioni di estensione troppo

ridotta non possono essere ritenute funzionali ai fini

dell’attuazione dei possibili interventi manutentivi: è infatti

fondamentale mantenere sempre ben chiara la natura

operativa del PTVE, per la quale sono necessarie

pertanto procedure che possano essere a loro volta

impiegate sul campo. Risulterebbe infatti probabilmente

antieconomico, sia in fase di pianificazione e

programmazione degli interventi, sia in fase di attuazione

degli stessi, inserire in un PTVE un’ipotesi di intervento

su tratti di strada relativamente brevi. Vale anche la

considerazione opposta, ossia sezioni eccessivamente

estese possono risultare di difficile trattazione da un

punto di vista della pianificazione degli interventi.

Page 105: Ct 2 5 villani

102

2.6 Strumenti informatici di supporto

La mole dei dati raccolti, così come descritto nel

paragrafo precedente, è enorme e tale da necessitare di

adeguati strumenti informatici che ne consentano una

corretta gestione.

L’organizzazione dei dati in database georeferenziati

costituisce indubbiamente un notevole vantaggio, in

quanto permette di avere una vista immediata ed efficace

dei dati stessi.

Esistono essenzialmente due possibilità: l’organizzazione

dei dati in database utilizzabili con software GIS, dei

quali esistono oggi numerosi versioni di tipo open-source

(quale ad es. QGis – si veda l’allegato Caroti, Pardini,

Pratelli Tecniche di web-mapping per applicazioni GIS

on-line ) e ormai all’altezza dei software più blasonati, e

l’organizzazione in database in linguaggio KML utilizzabili

ad esempio con il software Google Earth (acronimo di

Keyhole Markup Language, il KML è un formato file e

una grammatica XML per la creazione di modelli e la

memorizzazione di caratteristiche geografiche quali

punti, linee, immagini, poligoni e modelli da visualizzare

in Google Earth, Google Maps e altre applicazioni; come

l'HTML, il linguaggio KML ha una struttura basata su tag

con nomi e attributi che consentono di definire

caratteristiche di visualizzazione specifiche).

2.7 Gli indicatori di prestazione

Tutti gli obiettivi che vengono inseriti in un PTVE devono

sempre mantenere la finalità ultima del miglioramento

delle condizioni di circolazione sotto il profilo della

sicurezza stradale, come è stato più volte affermato in

precedenza. Questo implica che, a fianco della

previsione degli interventi, vengano previste all’interno

del PTVE stesso alcune procedure per la valutazione

dell’efficacia degli interventi stessi. Queste procedure

devono necessariamente essere basate su indicatori di

prestazione del tipo before-after, ovvero in grado di

valutare le differenze fra la situazione di partenza

(verosimilmente lo stato attuale, fotografato con la

raccolta di tutti i dati necessari) e quella a posteriori

dell’attuazione dell’intervento.

Per ciascun ambito di intervento possono essere previsti

specifici indicatori di prestazione, al fine di rendere

possibile anche una valutazione di dettaglio dell’ efficacia

di un intervento (ad es., per quanto riguarda l’ambito dei

dispositivi di ritenuta può essere utile valutare il livello di

rischio e l’indice di efficienza globale prima e dopo gli

interventi).

Poiché però il PTVE ha come finalità generale quella

dell’incremento del livello di sicurezza stradale, è utile

alla fine disporre anche di un indicatore di prestazione

globale, che fornisca una misura dell’efficacia dell’intero

corpus di interventi previsti dal piano. A tal proposito è

possibile introdurre all’interno del PTVE procedure

similari a quelle previste dal DL 35/2011 riguardo agli

indicatori di incidentalità. Gli indicatori da privilegiare

sono i tassi di incidentalità, in quanto in grado di fornire

adeguate indicazioni sulla pericolosità di ogni singola

sezione omogenea in funzione del suo effettivo utilizzo

(ossia in base al flusso in essa realmente transitato): un

confronto fra il valore di questo indicatore prima e dopo

l’attuazione degli interventi previsti fornisce una chiara

indicazione circa l’efficacia dell’intervento stesso. Oltre al

tasso di incidentalità, si rivela utile prevedere il calcolo

della frequenza degli incidenti (espressa in funzione della

sola estensione della sezione omogenea) e del numero

di incidenti. Tutti e tre questi indicatori di prestazione

devono essere valutati sul numero di incidenti con morti

e/o feriti: il calcolo con riferimento ai soli incidenti mortali

presenta infatti la difficoltà di risalire ai decessi

conseguenti ai sinistri a distanza di tempo (ossia ai

decessi dovuti alle conseguenze del sinistro ma avvenuti

a distanza di tempo dal sinistro stesso).

3. GLI ELEMENTI AFFRONTATI NELLO STUDIO

Il presente capitolo di fatto costituisce il cuore del lavoro

di ricerca: sono infatti presentate le analisi approfondite

di alcuni degli elementi da inserire in un PTVE, elementi

considerati imprescindibili.

Fra quanto descritto al capitolo precedente, vengono

quindi presentate le procedure per:

- calcolo della velocità di progetto di infrastrutture

esistenti (in accordo a quanto richiesto dalla

normativa vigente in tema di dispositivi di

ritenuta);

- stima delle velocità operative (al momento per i

soli rettifili);

- valutazione del livello di rischio connesso allo

stato delle pavimentazioni;

- valutazione del livello di rischio connesso ai

dispositivi di ritenuta, esistenti e da installare

(per i quali è stata prevista anche una

Page 106: Ct 2 5 villani

103

procedura per la stima di un indice di efficienza

globale);

- analisi di incidentalità;

- individuazione dei punti neri;

- classificazione funzionale delle infrastrutture

mediante il ricorso a modelli tassonomici.

Viene inoltre presentata, da un punto di vista teorico, una

trattazione analitica dei principali indicatori di

prestazione, alcuni dei quali poi effettivamente impiegati

nei calcoli.

3.1 La velocità di progetto per infrastrutture

esistenti

Riprendendo la definizione riportata al cap.1 del DM

6792/2001 (Norme funzionali e geometriche per la

costruzione delle strade), con il termine intervallo di

velocità di progetto si intende il campo dei valori in base

ai quali devono essere definite le caratteristiche dei vari

elementi componenti un tracciato stradale (rettifili, curve

circolari e curve a raggio variabile). Detti valori variano

da elemento ad elemento: il limite superiore costituisce il

riferimento per la progettazione degli elementi vincolanti

del tracciato, ed è pari almeno alla velocità massima

consentita dal NCdS per i diversi tipi di strada; il limite

inferiore è invece la velocità di riferimento per la

progettazione degli elementi plano-altimetrici più

vincolanti.

Da questa definizione risulta chiaro che il parametro

velocità di progetto VP è un parametro noto per le strade

di nuova o recente progettazione, mentre risulta un

parametro del tutto ignoto per le infrastrutture più datate,

di tipica derivazione da antiche strade costruite nei secoli

scorsi e nel tempo adeguate o, il più delle volte,

semplicemente pavimentate.

Tale parametro deve quindi essere ricavato per

assimilazione alle categorie previste dalle vigenti dal DM

6792/2001 per quanto riguarda i diversi tipi di strada. Il

suggerimento di procedere per assimilazione è contenuto

nella circolare 62032/2010 in tema di dispositivi di

ritenuta, che all’art.3 recita: “si rammenta che sotto il

profilo regolamentare la velocità di progetto di un arco

stradale deve essere determinata in relazione alla classe

funzionale, riportata all’art. 2 comma 2 del D.Lgs.

285/1992 “Nuovo Codice della Strada” e dalle sue

caratteristiche planimetriche (raggio di curvatura),

indipendentemente dalla eventuale imposizione di un

limite di velocità sul tratto stradale oggetto di intervento.

Nel caso di interventi da realizzare su strade esistenti, la

velocità di progetto dovrà essere calcolata per

assimilazione, sulla base di quanto previsto dal D.M.

5.11.2001 “Norme funzionali e geometriche per la

costruzione delle strade” e s.m.i. per la medesima classe

funzionale e raggio planimetrico della tratta”.

Poiché il problema del calcolo della velocità di progetto

sussiste solamente per le infrastrutture esistenti (per le

nuove infrastrutture è un dato stabilito in sede

progettuale), è stata predisposta una procedura che

renda possibile risalire ad un valore di tale parametro sia

come dato univoco che sotto forma di intervallo,

ottenibile dai soli dati geometrici di un tracciato esistente.

Sulla base di questa considerazione, si è fatto ricorso

alla formulazione proposta al paragrafo 5.2.4 del DM

6792/2001 per la valutazione della pendenza

longitudinale da realizzarsi per una curva circolare in

funzione del suo raggio:

∙ 127

1

dove:

q pendenza trasversale di una curva

fT quota del coefficiente trasversale di aderenza

impiegabile su quella curva, inversamente

proporzionale alla velocità di progetto

R raggio della curva

VP velocità di progetto

Per l’applicazione di questa procedura è innanzitutto

necessario disporre dei dati geometrici descritti al

capitolo precedente: per situazioni puntuali di particolare

importanza è possibile (e preferibile) raccogliere tali dati

ricorrendo a rilievi topografici, mentre in tutte le altre

situazioni è accettabile il ricorso alla semplice cartografia

CTR in scala 1:10,000.

Per quanto riguarda i due parametri a secondo membro

della (1), la pendenza trasversale deve essere misurata

per ciascun tratto di curva individuato dalla cartografia;

alternativamente, può essere impiegato un valore medio

di riferimento, che nel caso di strade esistenti tenga

necessariamente conto dell’effettivo stato dei luoghi.

Questo valore di riferimento può e deve essere assunto

sulla base dell’esperienza e di misure condotte su un

campione di strade in differenti condizioni e

rappresentative di tutte le possibili condizioni rilevabili

sulle infrastrutture in gestione all’Ente.

Page 107: Ct 2 5 villani

104

Per la valutazione del parametro fT, la normativa ne

stabilisce i valori sulla base della VP, assegnando valori

più bassi a velocità di progetto più elevate.

Per la procedura qui proposta, non avendo a

disposizione il valori di VP (in quanto dato incognito da

ricavare), sussiste la necessità di correlare fT ad un

qualche altro parametro noto delle strade in modo che il

suo significato non muti.

Ancora il DM 6792/2001 propone di adottare i seguenti

valori in funzione della velocità di progetto (che

ricordiamo è un parametro noto per le sole strade di

nuova progettazione):

Figura 2

e suggerisce inoltre di procedere ad interpolazione per

valori compresi fra quelli indicati.

Riportando quindi i valori (relativamente alle sole strade

extraurbane) su un grafico e procedendo ad

interpolazione, è possibile individuare quella che è

l’equazione che meglio approssima l’andamento del

parametro fT proprio in funzione della velocità di progetto.

Sostituendo l’equazione così ottenuta nella (1) si ottiene

una nuova equazione ancora di forma parabolica:

∙ 127 ∙ ′ 1 ∙ ∙ 127 ∙ ′ ∙ ′

∙ ∙ 127 0

2

dove:

0.000012054

0.003355357

′ 0.325285714

Detto quindi Δ il relativo discriminante, si ha infine che la

velocità di progetto per l’i-esima curva individuata è data

da:

,

∙ 127 ∙ √∆

2 ∙ ∙ 127 ∙ ′ 1

3

Calcolata pertanto la velocità per ciascuna curva

presente sul tracciato, è necessario fare un’ulteriore

importante considerazione: infatti si rivela necessario

imporre un limite inferiore e un limite superiore ai valori di

VP,i calcolati, in modo che non vi siano valori troppo bassi

né, soprattutto, troppo alti che potrebbero portare ad una

errata stima della velocità di progetto VP,strada del

tracciato in esame. Certamente devono essere esclusi

dall’applicazione di tale limite i tornanti, in quanto questi

devono essere necessariamente percorsi a velocità

molto basse e per i quali il DM 6792/2001 al cap.1

prescrive che “Le norme [...] si riferiscono alla

costruzione di tutti i tipi di strada previste dal Codice, con

esclusione di quelle di montagna […] per le quali non è

generalmente possibile il rispetto dei criteri di

progettazione di seguito previsti”. Conseguentemente,

identificando come tornanti quelle curve che hanno

raggio al centro maggiore di 90°, è necessario stimare la

velocità di progetto , per l’i-esima curva tenendo conto

anche dell’angolo al centro della curva, secondo quanto

riportato nella seguente tabella:

Tabella 1

, 30 / 90° , /

90° , ,

30 , 100 / ∀ , ,

, 100 / ∀ , /

I limiti di 30km/h e di 100km/h si sono ritenuti ben

rappresentativi di condizioni reali per strade extraurbane,

anche sulla base degli intervalli per le velocità di progetto

individuati dal DM 6792/2001 per ciascuna categoria di

strada.

Note le velocità di progetto , per ciascuna curva

presente sul tracciato, è possibile calcolare due ulteriori

parametri: la velocità di progetto media VP,media e la

velocità di progetto media pesata VP,pesata, quest’ultima

valutata utilizzando come pesi le lunghezze Li delle i

curve:

,

1∙ ,

4

,

∑ , ∙

5

La scelta di ricorrere al calcolo anche della VP,pesata oltre

che della semplice VP,media è dettata dalla necessità di

superare il limite conseguente al fatto che la VP,strada deve

essere valutata in relazione alle caratteristiche

Page 108: Ct 2 5 villani

105

geometriche delle sole curve. Ricorrendo alla VP,pesata è

possibile tener conto di quanto incide ognuna delle i

curve sulla VP,strada, cosa che il semplice calcolo della

VP,media non consente.

Inoltre disporre sia della VP,pesata che della VP,media

permette un’ulteriore importante analisi sull’omogeneità

del tracciato e sulla possibile suddivisione di questo in

più sezioni, omogenee per quanto riguarda proprio la VP.

Infatti, in linea teorica, se il tracciato presentasse

caratteristiche geometriche omogenee, la VP,pesata e la

VP,media risulterebbero avere valori molto vicini. Può però

verificarsi anche la condizione per cui la VP,pesata e la

VP,media abbiano due valori significativamente diversi fra

di loro. Questa possibilità si concretizza se:

- gli assi sono composti da pochi tratti di curve

caratterizzati da una lunghezza Li elevata (e che

quindi incidono maggiormente sul calcolo della

VP,strada);

- all’interno del tracciato stradale sia possibile

individuare due o più zone con caratteristiche

planimetriche molto diverse fra di loro.

Calcolate quindi la VP,pesata e la VP,media, l’analisi di questa

possibile discordanza fra le due per la valutazione

dell’omogeneità di un tracciato può essere eseguita

secondo la seguente procedura: si calcola innanzitutto la

varianza delle , :

,

1∙ , ,

6

e si costruisce poi per punti la curva

∗1∙ ,

7

con C costante che varia nel campo delle velocità

[30; 100] precedentemente introdotto e che, per la

proprietà della varianza, assume il suo valore minimo per

C = VP,media.

La curva che ne deriva è una parabola di equazione

generale e coefficienti noti:

1

2 ∙ ,

∗ 0

Costruita la curva della funzione Var*, attraverso misure

sperimentali si è individuata una soglia di tolleranza del

5% come accettabile per il valore della varianza rispetto

al valore minimo di Var*, tolleranza per la quale è

possibile ritenere omogeneo un tracciato (o parte di

esso).

Tale soglia deve soddisfare due importanti requisiti:

rendere possibile l’individuazione di effettive situazioni di

disomogeneità in un tracciato, ed essere

sufficientemente ampia in maniera tale da rendere

possibile la suddivisione di un tracciato in sezioni

omogenee caratterizzate da estensioni operative

adeguate. La soglia di tolleranza così individuata è

rappresentabile sul grafico come una retta orizzontale.

Figura 3

Tale retta interseca la parabola in due punti, a cui

corrispondono due distinti valori di velocità, e ,

corrispondenti ad altrettanti valori distinti assunti dalla

funzione Var* all’interno del suo dominio. Pertanto è

possibile individuare un intervallo ; , definito

come intervallo di omogeneità, tale che se VP,pesata vi

appartiene il tracciato può essere ritenuto senz’altro

omogeneo.

Possono aversi quindi due condizioni: il valore di VP,pesata

calcolato ricade all’interno di detto intervallo oppure no.

Nel primo caso i due valori di VP,pesata e VP,media risultano

effettivamente molto vicini ed è possibile assumere come

VP,strada indistintamente il valore di VP,pesata o di VP,media.

Convenzionalmente, si ritiene di assumere come VP,strada

il valore di VP,pesata, vista la maggior rappresentatività

rispetto al valore di VP,media. Il tracciato può essere

ritenuto omogeneo sotto il profilo della velocità di

progetto.

Nel secondo caso i due valori di VP,pesata e VP,media sono

significativamente diversi fra di loro. Il tracciato non può

più essere ritenuto omogeneo e quindi non è più

possibile ritenere accettabile un valore unico di VP,strada:

sarà ossia necessario ricorrere alla suddivisione del

Page 109: Ct 2 5 villani

106

tracciato in j sezioni omogenee, ciascuna caratterizzata

da una sua VP,sezione. Le sezioni omogenee possono

essere facilmente individuate con l’ausilio di un grafico su

cui riportare le stesse , in ordinata e le progressive

chilometriche in ascissa: nell’esempio della figura

seguente, è possibile distinguere chiaramente due

sezioni omogenee, una dalla pk 0+000 alla pk 12+600 e

l’altra dalla pk 12+600 alla pk 17+700.

Figura 4

Dall’analisi del grafico è possibile inoltre stabilire se le

disomogeneità siano diffuse lungo tutto il tracciato

oppure se siano concentrate in determinate zone. Nel

primo caso, si assumerà che:

- se , ⇒ ,

- se , ⇒ ,

imponendo quindi delle limitazioni a tutto il tracciato

stradale. Nel secondo caso, ossia quando le

disomogeneità sono concentrate in determinate zone del

tracciato (come nell’esempio della figura precedente), si

procederà a suddividere il tracciato in più sezioni

omogenee distinte ed a ripetere la procedura fin qui

descritta per tutte le j sezioni individuate, ottenendo così

più velocità di progetto VP,sezione.

3.2 Il passaggio alle velocità operative

Quanto finora esposto permette di risalire ad un valore di

velocità assimilabile a quella di progetto per interi

tracciati (o parti di essi) assumendo come parametro di

riferimento esclusivamente le velocità di progetto delle

curve, secondo quanto suggerito dalla Circ. 62032/2010.

Tuttavia si ritiene necessario sollevare alcune riserve

sulla scelta della velocità di progetto come parametro di

riferimento per le normative vigenti: questo infatti è un

parametro puramente teorico, che non necessariamente

trova riscontro con le reali condizioni di circolazione sulle

strade, per cui possono sussistere differenze anche

sostanziali fra la velocità di progetto e quella invece

effettivamente tenuta dagli utenti, con la conseguenza

che alcune scelte effettuate basandosi esclusivamente

sulla VP potrebbero rivelarsi inadeguate per le reali

condizioni di esercizio; inoltre, la metodologia proposta

potrebbe risultare di modesta affidabilità nel caso in cui il

tracciato (o la singola sezione omogenea) presenti

caratteristiche singolari, quali ad es. rettilinei molto lunghi

e un ridotto numero di curve.

Poiché gli interventi su infrastrutture esistenti vanno

necessariamente ad incidere su una situazione

preesistente, anziché ad una velocità puramente teorica

come quella di progetto, potrebbe allora rivelarsi più

significativo riferirsi ad una velocità ambientale (o

operativa), che rispecchi le reali condizioni di esercizio

dell’infrastruttura.

Numerosi studi precedenti mostrano infatti le differenza

sostanziale fra le velocità di progetto, come quella

proposta dal DM 6792/2001, e le velocità effettivamente

tenute dagli utenti. In letteratura è possibile rinvenire

numerosi studi volti proprio a tentare di dare una

spiegazione al legame esistente fra caratteristiche

geometriche della strada e le velocità tenutevi dagli

utenti. Tuttavia le singole formulazioni ottenute dai diversi

gruppi di ricerca non possono ritenersi universalmente

valide: il motivo è da ricercarsi nelle differenze, a volte

sostanziali, tra una realtà nazionale e l’altra (e talvolta

anche tra diverse realtà locali all’interno dello stesso

paese) in termini di orografia del territorio attraversato, di

condizioni climatiche, di parco veicolare e, soprattutto, di

abitudini degli utenti. Anche in Italia è stato di recente

introdotto il concetto di velocità operativa. Questa infatti

compare per la prima volta all’interno del documento pre-

normativo CNR precedentemente citato, laddove

vengono definiti i criteri di progettazione degli interventi

per il miglioramento della funzionalità e della sicurezza

Page 110: Ct 2 5 villani

107

lungo sezioni omogenee di tracciato. Anche in Italia

pertanto si è iniziato a riconoscere la necessità di basare

tutti gli interventi sulle strade su un parametro che sia

rappresentativo del comportamento degli utenti anziché

delle sole caratteristiche geometriche.

La velocità operativa viene definita, in genere, come “la

velocità mantenuta dai veicoli in condizioni di flusso

libero, superata solo dal 15% degli utenti”, ossia

corrisponde all’85% delle velocità tenute effettivamente

dagli utenti in condizioni di flusso libero.

La procedura di seguito illustrata getta le basi per il

passaggio dalle velocità di progetto, parametro

esclusivamente teorico, alle velocità operative.

Uno dei punti di forza della metodologia qui proposta

risiede in una relativamente semplice adattabilità a

qualsiasi contesto territoriale in seguito alla raccolta di

semplici dati sulle caratteristiche della circolazione.

Prima di descrivere la procedura messa a punto, è

necessario altresì osservare che gli assi stradali (rilevati

in sito mediante le diverse tecnologie disponibili oppure

semplicemente ricostruiti su base cartografica) risultano

composti da un’alternanza di tratti curvi e tratti rettilinei,

che può risultare sia di tipo perfetto (successione curva-

rettilineo-curva estesa a tutto l’asse) sia di tipo imperfetto

(qualora siano presenti k elementi in successione di

un’unica tipologia).

Nel caso dei rettifili è senz’altro necessario considerare

un unico elemento con estensione pari alla somma di

tutti i segmenti di rettilineo che lo compongono. Perciò la

lunghezza complessiva dell’l-esimo rettilineo Ll sarà

quindi:

8

In questo caso il rettifilo l risulterà caratterizzato da

un’unica velocità V85,l.

Nel caso delle curve, invece, si hanno due possibilità. La

prima consiste nel considerare ciascuna curva

separatamente, ossia senza considerare l’eventuale

susseguirsi di più curve senza l’interposizione di un

rettifilo fra di esse: questa è certamente la possibilità di

analisi più semplice, tuttavia si ritiene che ciò porti a non

valutare correttamente il comportamento degli utenti in

considerazione del fatto che, in un tratto di strada con

simili caratteristiche, la distribuzione delle velocità tenute

dagli stessi è certamente influenzata dalle caratteristiche

delle curve e da come queste si susseguono in serie.

Tuttavia è necessario osservare però che esisterà

certamente una distanza oltre la quale una curva non

esplica più alcuna influenza all’interno della successione

delle curve, aspetto questo che sarà oggetto di futuri

sviluppi e approfondimenti.

I rettifili

Una delle carenze dell’impiego di un modello teorico è

quella di non considerare affatto l’influenza dei rettifili

nella valutazione di una velocità assimilabile a quella di

progetto per tracciati o per sezioni omogenee.

Si è pertanto ricercato un modello che al tempo stesso

permettesse di superare questa lacuna e che spiegasse

il legame fra alcune caratteristiche geometriche dei

rettifili e le velocità tenute dagli utenti, che fosse

applicabile anche in più condizioni diverse fra loro

semplicemente eseguendo una calibrazione e

rivalutando pertanto i parametri del modello stesso, e che

fosse aggiornabile qualora fosse disponibile anche un

modello per le velocità operative delle curve.

Il primo step di ricerca in questo campo è consistito nel

gettare alcune ipotesi generali di base da rispettare sia

nelle fasi di rilievi in sito che nelle successive fasi di

calcolo, e su cui fondare il modello:

‐ è stato imposto il limite superiore di 800m

all’estensione Ll dei rettifili: si è ritenuta infatti

questa lunghezza come sufficiente perché gli

utenti raggiungano la velocità desiderata e la

mantengano costante fino al punto in cui

dovranno iniziare la manovra di decelerazione

in vista della curva successiva;

‐ possono essere utilizzate anche postazioni di

misura localizzate su rettifili aventi agli estremi

(uno od entrambi) intersezioni a raso o a

rotatoria: in questo caso deve essere assunta

come velocità di attraversamento

dell’intersezione una VC(P,S)=30 km/h,

indipendentemente dal raggio della traiettoria, in

quanto ritenuta rappresentativa della reale

velocità di percorrenza nell’area

dell’intersezione;

‐ devono essere individuate sezioni di rilievo in

cui lo stato della pavimentazione sia ottimale, in

modo sia da svincolare dal modello stesso

l’eventuale influenza che può avere l’aspetto

manutentivo sulla valutazione delle velocità

operative, sia da permettere in una successiva

Page 111: Ct 2 5 villani

108

fase l’introduzione di un coefficiente correttivo

atto all’uopo;

‐ devono essere individuate postazioni di misura

posizionate grossomodo a metà del rettifilo e in

condizioni grossomodo pianeggianti;

‐ devono essere inclusi nelle analisi solamente

quei veicoli che in quella sezione viaggiano in

condizioni di flusso libero, intendendo come tale

una condizione per cui il gap fra due veicoli

successivi risulti maggiore o uguale a 5s;

‐ in prima analisi, per motivi legati alla

strumentazione impiegata per i rilievi (rilevatori

con tecnologia tecnologia radar), sono stati

esclusi i veicoli pesanti.

Le fasi di costruzione, di calibrazione e di validazione di

un siffatto modello necessitano di una cospicua mole di

dati da rilevare in sito. Innanzitutto si è quindi proceduto

ad una campagna di rilievo, condotta su strade

extraurbane della Provincia di Pisa con apparecchiature

di rilievo automatiche con tecnologia radar.

I dati possono essere registrati sia in forma aggregata

che disaggregata. Nel caso in esame si è fatto ricorso

alla registrazione in forma disaggregata, ossia

registrando per ciascun veicolo ora di transito, direzione,

corsia, velocità, lunghezza, gap ed headway con il

veicolo precedente.

Mediante metodi di regressione lineare e non lineare,

impiegando tutti i dati registrati durante la campagna di

misura nel rispetto delle ipotesi di cui sopra, si è

proceduto all’individuazione di quelle caratteristiche

geometriche che meglio spiegassero la relazione con le

velocità tenute dagli utenti stessi, facendo ricorso al

software opensource per la modellazione matematica

Gretl 1.9.12. Il successivo passo della ricerca è pertanto

consistito nella scelta della forma del modello che meglio

spiegasse i dati raccolti e previamente analizzati,

riepilogati nella seguente tabella:

Tabella 2

Dimensione campione (n. veic.)

V85 (km/h)

VCP (km/h)

VCS (km/h)

Lrett (m)

SP2 - dir.0 27848 59 38 55 227 SP2 - dir.1 28274 61 55 38 227 SP43 - dir. 0 4757 91 77 60 556 SP43 - dir. 1 5230 89 60 77 556 SP35 - dir. 0 2802 82 71 99 232 SP35 - dir. 1 4192 78 99 71 232 SP13 - dir. 0 17656 80 72 50 541 SP13 - dir. 1 21155 78 50 72 541 SP66 - dir. 0 16321 80 38 39 778 SP66 - dir. 1 15133 76 39 38 778 SP69 - dir. 0 19368 84 43 30(1) 792

Dimensione campione (n. veic.)

V85 (km/h)

VCP (km/h)

VCS (km/h)

Lrett (m)

SP69 - dir. 1 18685 89 30(1) 43 792 SP10 - dir. 0 16141 73 75 56 404 SP10 - dir. 1 16551 75 56 75 404 SP31 - dir. 0 11573 99 90 89 423 SP31 - dir. 1 14043 91 89 90 423 SP11 - dir. 1 21992 78 30(1) 91 444 SP12 - dir. 0 15818 82 76 82 445 SP12 - dir. 1 16098 89 82 76 445 SR68 - dir. 0 6944 86 83 52 435 SR68 - dir. 1 9260 84 52 83 435 SR439 - dir. 0 26324 67 30(1) 62 628 SP1 - dir. 0 3095 63 55 51 249 SP1 - dir. 1 2896 66 51 55 249 SP5 - dir. 0 6002 80 86 72 263 SP5 - dir. 1 6112 76 72 86 263

dove:

V85 85° percentile delle velocità registrate nella

sezione indagata ed opportunamente depurate

secondo le ipotesi descritte in precedenza

VCP velocità di progetto della curva precedente al

rettilineo di indagine, in direzione di marcia dei

veicoli

VCS velocità di progetto della curva successiva al

rettilineo di indagine, in direzione di marcia dei

veicoli

Lrett estensione del rettilineo indagato

Nella fase di scelta della forma matematica del modello

si è proceduto con il confronto fra diversi modelli

secondo due metodi: l’analisi del coefficiente di

determinazione R2 corretto (indicato con ) e il criterio

di informazione di Akaike (indicato con AIC).

In ambito di analisi di regressione, il coefficiente R2

semplice (di seguito indicato semplicemente con R2) è

utilizzato come principale indice di bontà della curva di

regressione: per l'analisi di regressione lineare semplice,

esso serve a misurare la frazione di devianza spiegata,

cioè la proporzione di variabilità di Y spiegata dalla

variabile esplicativa X. In ambito di regressione lineare

multipla deve essere invece impiegato il coefficiente di

determinazione corretto , in quanto all'aumentare del

numero di variabili esplicative (o predittori), aumenta

anche il valore di R2, ma contemporaneamente può

ottenersi un peggioramento della precisione delle stime.

In questo caso è il coefficiente che meglio misura la

frazione di varianza spiegata dal modello, in quanto

riesce a considerare anche il numero di regressori del

modello.

Pertanto, se il coefficiente R2 oppure sono prossimi

all’unità significa che i regressori predicono bene il valore

della variabile dipendente in campione, mentre se

Page 112: Ct 2 5 villani

109

assumono valori vicini allo zero significa che non lo

fanno. Inoltre, mentre il coefficiente R2 assume valori

compresi nell’intervallo [0; 1], il coefficiente può

assumere anche valori negativi.

Poiché quindi maggiormente il valore di si avvicina

all’unità e maggiore è la frazione di varianza spiegata dal

modello, maggiore è la capacità di quest’ultimo di

descrivere i dati reali: la regola da seguire è pertanto

quella di preferire modelli con più elevato.

È qui necessario osservare che i coefficienti R2 ed

però non riescono a fornire utili indicazioni relativamente

alla corretta scelta del gruppo di regressori: quello della

corretta selezione dei regressori è un problema ricorrente

nel campo dell’analisi di regressione multipla (lineare e

non), in quanto la scelta di un certo gruppo di questi è

correlato all’aumento della varianza spiegata dal modello

(nel caso dell’impiego di un eccessivo numero di

regressori) ed alla diminuzione della precisione delle

stime (nel caso dell’impiego di un ridotto numero di

regressori). Inoltre, diversamente da quanto accade nel

caso della regressione lineare, non esiste invece un

metodo generale per determinare i valori dei parametri

che garantiscono la migliore interpolazione dei dati nel

caso di regressione non lineare. Per questi due motivi, è

utile far ricorso a classi di algoritmi numerici di

ottimizzazione, che a partire da valori iniziali, scelti a

caso o tramite un'analisi preliminare (ad esempio con

modello di regressione lineare), giungono a punti ritenuti

ottimali. Si potrebbero avere dei massimi locali della

bontà del fitting, in contrasto ancora con il caso della

regressione lineare, in cui il massimo è di natura globale.

Il software Gretl impiegato per l’analisi del modello

permette il calcolo in automatico di diversi criteri di

valutazione, fra i quali quello noto come Criterio di

Informazione di Akaike (o AIC).

Il criterio AIC fornisce un’importante indicazione

relativamente alla stima dell’adattamento del modello

costituito con il set I di regressori al dataset di dati

iniziale riuscendo a ben bilanciare entrambi gli aspetti

derivanti dalla scelta dei regressori, ossia la precisione

delle stime e la spiegazione della varianza.

Rimandando a quanto indicato in bibliografia per un

approfondimento sulla teoria del criterio AIC, è utile qui

riportare che la regola da seguire nella scelta fra più

modelli sviluppati con un diverso numero di regressori ed

a partire dallo stesso dataset di dati iniziale è quella di

preferire modelli con il valore di AIC più basso.

Una stima poi della significatività del valore calcolato per

ciascun coefficiente del modello viene fornita dal

software stesso attraverso il relativo calcolo del p-value:

per un qualsiasi test di verifica d'ipotesi, questo

parametro rappresenta la probabilità di ottenere un

risultato pari o più estremo di quello osservato, supposta

vera l'ipotesi nulla (cioè l'ipotesi che si vuole verificare

nel test). Il valore calcolato per un coefficiente può

essere ritenuto significativo quando il suo p-value risulti

inferiore al 5%, ovvero quando è significativo per il 95%

dei casi.

Come detto in precedenza, si sono confrontati attraverso

apposito codice di calcolo da inserire nel software Gretl

numerosi modelli, fra i quali è risultato maggiormente

rappresentativo dei dati reali un modello lineare avente la

seguente forma:

∙ ∙ 9

e per il quale lo stesso Gretl ha fornito in output i

seguenti risultati:

Tabella 3

Modello 4: NLS, usando le osservazioni 1-25 rilevata_85 = a + (Vcp+Vcs) * d + c * (Lrett)

Stima Errore Std. rapporto t p-value

a 22.1991 5.03095 4.4125 0.00022 ***

c 0.0501237 0.0049045 10.2199 <0.00001 ***

d 0.273819 0.027141 10.0888 <0.00001 ***

Media var. dipendente 79.56000 SQM var. dipendente 9.836497

Somma quadr. residui 323.9700 E.S. della regressione 3.837435

R-quadro 0.860488 R-quadro corretto 0.847805

Log-verosimiglianza -67.49565 Criterio di Akaike 140.9913

Criterio di Schwarz 144.6479 Hannan-Quinn 142.0055

Page 113: Ct 2 5 villani

110

Pertanto, il modello cercato per le velocità operative e

calibrato sui dati raccolti assume la forma esplicita

seguente:

, 22.1991 0.27382 ∙ 0.05012

10

dove:

V85,l 85° percentile delle velocità sul tratto rettilineo l-

esimo, assunta come velocità operativa dello

stesso

VCP velocità di progetto della curva precedente al

rettilineo in esame nel senso delle progressive

crescenti

VCS velocità di progetto della curva successiva al

rettilineo in esame nel senso delle progressive

crescenti

Ll lunghezza del l-esimo tratto rettilineo in esame

Inoltre, i valori stimati per i tre coefficienti a, c e d

risultano tutti sensibilmente inferiori al valore limite del

5% (ossia 0.05) e pertanto perfettamente significativi:

con questi valori dei coefficienti, dal modello si ottengono

i valori per ed AIC pari a:

0.85

140.99

In particolare, il valore di risulta del tutto accettabile

ed in linea con i valori dello stesso coefficiente ottenuto

dai modelli esistenti in letteratura.

Terminata la fase di calibrazione del modello, si è

proceduto con la fase di validazione dello stesso. Con le

stesse ipotesi assunte in precedenza, si è condotta una

seconda campagna di misure, in nuove sezioni

ovviamente differenti da quelle individuate nella fase di

calibrazione.

I dati relativi alle nuove sezioni sono riassunti nella

seguente tabella.

Tabella 4

VCP

(km/h) VCS

(km/h) Lrett (m)

SP9 - dir 0 40 100 216 SP9 - dir 1 100 40 216 SR436 - dir 0 30(1) 65 382 SR436 - dir 1 65 30 382 SP65 - dir 0 99 30(1) 216 SP66 - dir 0 30(1) 100 800(2) SP66 - dir 1 100 30(1) 800(2) SP26 - dir 0 30(1) 62 609 SP26 - dir 1 62 30(1) 609 SP21 - dir 0 60 89 219

VCP

(km/h) VCS

(km/h) Lrett (m)

SP21 - dir 1 89 60 219 SR439 - dir. 0 96 78 151 SR439 - dir. 1 78 96 151 SP3 pos.1 - dir 0 35 73 725 SP3 pos.1 - dir 1 73 35 725 SP3 pos.2 - dir 0 73 66 96 SP3 pos.2 - dir 1 66 73 96

(1) velocità imposta pari a 30km/h secondo le ipotesi assunte (2) estensione imposta pari a 800m secondo le ipotesi assunte

Per la procedura di validazione si è proceduto con

l’applicazione del modello sopra ottenuto alle nuove

sezioni riportate in Tabella 4 ed al successivo confronto

fra la V85 così calcolata con quella effettivamente

misurata. Si è ottenuto quanto riportato nella seguente

Tabella 5 dove si riportano anche le differenze ∆V85 fra

velocità misurate e velocità calcolate.

Come si può osservare sussiste una buona

corrispondenza fra valori osservati di V85 e valori calcolati

con il modello. Questa buona corrispondenza risulta

ancor più evidente se analizziamo il successivo grafico.

Tabella 5

Dimensione campione (n. veic.)

V85,ril (km/h)

V85,mod (km/h)

∆V85 (km/h)

SP9 - dir 0 2106 80 71.36 -8.64 SP9 - dir 1 2002 80 71.36 -8.64 SR436 - dir 0 19524 70 67.36 -2.64 SR436 - dir 1 19767 70 67.36 -2.64 SP65 - dir 0 2532 76 68.35 -7.65 SP66 - dir 0 8591 102 97.89 -4.11 SP66 - dir 1 11077 102 97.89 -4.11 SP26 - dir 0 6675 82 77.92 -4.08 SP26 - dir 1 7350 78 77.92 -0.08 SP21 - dir 0 7361 76 73.98 -2.02 SP21 - dir 1 7286 82 73.98 -8.02 SR439 - dir. 0 653 84 77.41 -6.59 SR439 - dir. 1 625 89 77.41 -11.59 SP3 pos.1 - dir 0 2118 89 88.11 -0.89 SP3 pos.1 - dir 1 2246 86 88.11 2.11 SP3 pos.2 - dir 0 1734 69 65.07 -3.93 SP3 pos.2 - dir 1 1732 72 65.07 -6.93

Page 114: Ct 2 5 villani

111

Figura 5

Una stima della bontà del modello, trattandosi di

correlazione lineare fra due valori, può essere eseguita

mediante il calcolo del coefficiente di determinazione

semplice R2, che in questo caso risulta pari a 0.8821:

questo valore conferma effettivamente la buona

corrispondenza fra valori misurati e calcolati, e pertanto

anche la bontà del modello.

Il modello ottenuto e riportato in (10) risulta pertanto

affidabile. Allo stato attuale, questo può essere impiegato

con le velocità Vcp e Vcs calcolate secondo la procedura

riportata al paragrafo precedente. Tuttavia, al momento

che sarà disponibile il modello per le velocità operative

anche per le curve (la cui procedura di sviluppo

ricalcherà quanto qui presentato per i rettilinei, salvo

scegliere differenti parametri rappresentativi) si potrà (e

si dovrà) procedere a rivalutare i valori dei coefficienti

appena stimati.

Il modello così ottenuto non tiene conto, per precisa

scelta, della condizione ambientale relativa allo stato di

manutenzione delle pavimentazioni. Inoltre, poiché è

stato sviluppato solamente per strade in zona

extraurbana, non risulta applicabile a quei tratti di

tracciato che attraversano zone urbane. Per questi

motivi, alle V85 calcolate con la (10) devono essere

applicati due coefficienti correttivi per tenere conto

dell’influenza sulle velocità tenute dagli utenti sia dello

stato di conservazione e manutenzione delle

pavimentazioni (espresso mediante il parametro STDj,

per la cui descrizione di rimanda al successivo par. 3.4),

sia del fatto che il tratto di strada per il quale si esegue il

calcolo ricada o meno all’interno di un’area urbana. Non

si tiene conto, in questa sede, di coefficienti inerenti lo

spettro di traffico: in caso contrario, significherebbe

assumere implicitamente di considerare nei calcoli delle

V85 tutti i veicoli e non in condizioni di libero deflusso,

contrariamente alle ipotesi assunte. Anche i valori di tali

coefficienti, riportati in Tabella 6 ed inizialmente dedotti

dai valori omologhi del manuale Highway Capacity

Manuale – ed. 2010, sono stati ricalibrati sulla base di

osservazioni su strade extraurbane ed urbane.

Il modello finale per le velocità operative sui rettifili risulta

pertanto il seguente:

,∗

, ∙ ∙ 11

Tabella 6

Coefficiente correttivo per stato di manutenzione della pavimentazione

Categoria A (STDj ≤ 0.15) Categoria B (0.15 < STDj ≤ 0.30) Categoria C (0.30 < STDj ≤ 0.50) Categoria D (STDj > 0.50)

.

.

.

.

Coefficiente correttivo per zona urbana

Area extraurbana Area urbana

.

. .

Le curve

Riprendendo quanto già esposto in precedenza, in attesa

di calibrare e validare un modello matematico così come

è stato fatto per i rettilinei, è possibile seguire la

seguente procedura, con la quale di fatto si giunge ad un

modello “ibrido” semi-empirico per la stima delle velocità

su interi tracciati o sezioni di essi.

Nel caso delle curve non si impiegano le , bensì le ,

calcolate in precedenza: infatti, trattandosi di ricercare un

valore di velocità operativa a partire da un dato teorico, è

necessario includere nel calcolo le velocità che possono

essere tenute dagli utenti su ciascun elemento di curva

anche quando ve ne siano più di uno in successione e

senza interposizione del rettilineo. Si tratta pertanto di

applicare alle velocità , precedentemente valutate

alcuni coefficienti correttivi per tenere conto di alcuni

aspetti influenti sulle velocità tenute dagli utenti: la

larghezza della carreggiata (e quindi delle corsie), lo

stato di conservazione e manutenzione della

pavimentazione (espresso mediante il parametro STDj,

per la cui descrizione di rimanda al successivo par. 3.4),

il fatto che si sia o meno all’interno di un’area urbana.

Page 115: Ct 2 5 villani

112

Non si tiene conto, in questa sede, di coefficienti inerenti

lo spettro di traffico: in caso contrario, significherebbe

ancora assumere implicitamente di considerare nei

calcoli delle V85 tutti i veicoli e non in condizioni di libero

deflusso, contrariamente alle ipotesi assunte. I valori di

tali coefficienti, riportati in Tabella 7 ed inizialmente

dedotti dai valori omologhi del manuale Highway

Capacity Manuale – ed. 2010, sono stati ricalibrati sulla

base di osservazioni su strade extraurbane ed urbane.

Alla fine si ottiene pertanto la velocità operativa ,∗

relativa a ciascuna curva:

,∗ , ∙ ∙ ∙ 12

Tabella 7

Coefficiente correttivo per larghezza della strada

7.50 6.00 7.50

6.00

.

.

.

Coefficiente correttivo per stato di manutenzione della pavimentazione

Categoria A (STDj ≤ 0.15) Categoria B (0.15 < STDj ≤ 0.30) Categoria C (0.30 < STDj ≤ 0.50) Categoria D (STDj > 0.50)

.

.

.

.

Coefficiente correttivo per zona urbana

Area extraurbana Area urbana

.

. .

Si ritiene di dover sottolineare che la (12) costituisce di

fatto un modello semi-empirico per la stima di velocità

operative a partire da un dato calcolato per via teorica.

La velocità operativa di un tracciato stradale

È necessario ora combinare le due velocità col fine di

ottenere un valore unico relativo ad un intero tracciato o

parte di esso: infatti, mentre per alcune applicazioni (ad

es. la valutazione del livello di rischio dei dispositivi di

ritenuta, come descritto nel seguito) è maggiormente

utile disporre di stime puntuali delle velocità operative,

sotto altri profili è richiesto invece un valore che possa

essere assegnato ad intere sezioni stradali (ad es. come

possibile criterio di individuazione delle sezioni

omogenee).

Riprendendo la procedura descritta al par. 3.1, si

valutano allora la velocità operativa media VOP,media e la

velocità operativa media pesata VOP,pesata, valutata in

questo caso utilizzando come pesi sia le lunghezze degli

r elementi curvi che degli s tratti di rettilineo sopra

individuati:

,

1∙ ,

∗,

∗ 13

,

∑ ,∗ ∙ ∑ ,

∗ ∙

∑ ∑

14

Anche in questo caso, ricorrendo alla VOP,pesata si riesce a

tener conto di quanto ognuno degli i elementi curvi e

ognuno degli l tratti rettilinei incide sul calcolo della

VOP,strada dell’intero tracciato, cosa che con il semplice

calcolo della VOP,media non si riesce a fare.

Vale ancora l’osservazione sull’omogeneità del tracciato:

infatti in linea teorica, se il tracciato presentasse

caratteristiche omogenee (con distribuzione omogenea

delle velocità operative lungo l’intero tracciato), la

VOP,pesata e la VOP,media risulterebbero avere valori molto

vicini. Può però succedere che la VOP,pesata e la VOP,media

abbiano due valori significativamente diversi fra di loro.

Questa possibilità si realizza solamente qualora

all’interno del tracciato stradale sia possibile individuare

due o più zone con caratteristiche planimetriche molto

diverse fra di loro.

Valutate la VOP,pesata e la VOP,media si procede perciò con

l’analisi di questa possibile discordanza fra le due

calcolando innanzitutto la varianza delle velocità

operative degli n diversi tratti (somma degli r tratti

composti da curve e degli s tratti composti da rettilinei)

che si susseguono lungo il tracciato:

,∗

1∙ ,

∗,

15

con oppure a seconda che si sia

optato per considerare gli elementi curvi separatamente

o in forma aggregata.

Come nel caso precedente, si costruisce poi per punti la

curva

∗1∙ ,

∗ 16

con C costante che varia nel campo delle velocità

[30; 100] e che, per la proprietà della varianza, assume il

suo valore minimo per C = VOP,media. Da osservare che in

questo caso il campo [30; 100] assume un significato

diverso rispetto al precedente caso, non presentando le

velocità operative alcuna limitazione: in questo caso, il

Page 116: Ct 2 5 villani

113

campo [30; 100] è utile come dominio entro il quale

costruire la curva Var*, assumendo perciò solo un

significato operativo per il calcolo.

La curva che ne deriva ancora una volta una parabola di

equazione con coefficienti noti:

1

2 ∙ ,

∗ 0

Analogamente al caso del calcolo della velocità di

progetto di un tracciato stradale, si è individuata mediate

misure sperimentali una soglia di tolleranza del 18%,

ritenuta accettabile per il valore della varianza rispetto al

valore minimo di Var*, e per la quale è possibile ritenere

omogeneo un tracciato (o parte di esso). Il valore

individuato, sensibilmente superiore a quello relativo alla

procedura per le velocità di progetto, è giustificato dal

maggior contenuto di informazioni che risultano

disponibili con la presente procedura. La soglia di

tolleranza è ancora una volta rappresentata da una retta,

che interseca la parabola in due punti: infatti il valore

della varianza ottenuto con l’applicazione della tolleranza

non è più il minimo possibile. Pertanto è possibile

individuare un intervallo ; , definito come

intervallo di omogeneità, tale che se VOP,pesata vi

appartiene il tracciato può essere ritenuto senz’altro

omogeneo.

Possono aversi quindi due condizioni: il valore di

VOP,pesata calcolato ricade all’interno di detto intervallo

oppure no.

Nel primo caso i due valori di VOP,pesata e VOP,media

risultano effettivamente molto vicini ed è possibile

assumere come VOP,strada indistintamente il valore di

VOP,pesata o di VOP,media. Convenzionalmente ed in

analogia al caso precedente, si ritiene di assumere come

VOP,strada il valore di VOP,pesata, vista la maggior

rappresentatività rispetto al valore di VOP,media. Il tracciato

può essere ritenuto omogeneo sotto il profilo della

velocità operative.

Nel secondo caso i due valori di VOP,pesata e VOP,media sono

significativamente diversi fra di loro. Il tracciato non può

più essere ritenuto omogeneo e quindi non è più

possibile ritenere accettabile un valore unico di VOP,strada:

sarà ossia necessario ricorrere alla suddivisione del

tracciato in j sezioni omogenee, ciascuna caratterizzata

da una sua VOP,sezione. Le sezioni omogenee possono

essere facilmente individuate con l’ausilio di un grafico

(del tutto simile a quello riportato in Figura 4) su cui

riportare in ordinata sia le ,∗ (oppure le ,

∗ nel caso di

aggregazione di curve successive) che le ,∗ ed in

ascissa le progressive chilometriche.

Dall’analisi del grafico è possibile inoltre stabilire se le

disomogeneità siano diffuse lungo tutto il tracciato

oppure se siano concentrate in determinate zone. Nel

primo caso, si assumerà che:

‐ se , ⇒ ,

‐ se , ⇒ ,

imponendo quindi delle limitazioni a tutto il tracciato

stradale. Nel secondo caso, ossia quando le

disomogeneità sono concentrate in determinate zone del

tracciato (come nell’esempio della Figura 4), si procederà

a suddividere il tracciato in più sezioni omogenee distinte

ed a ripetere la procedura fin qui descritta per tutte le j

sezioni individuate, ottenendo così più velocità di

progetto VOP,sezione.

3.3 Il livello di rischio dei dispositivi di ritenuta

Il livello di funzionalità dei dispositivi di ritenuta,

dipendente dalle caratteristiche tecniche e dallo stato

manutentivo degli stessi, incide direttamente sulle

conseguenze di un eventuale urto di un veicolo in caso di

sinistro. In questa sede quindi si propone una

metodologia che, disponendo di dati relativi alle

caratteristiche tecniche e di manutenzione, permetta di

arrivare a valutare la funzionalità di ciascun dispositivo di

ritenuta, giungendo infine ad associare a questa il livello

di rischio in funzione di più parametri (quali la velocità

operativa e l’incidentalità del punto di installazione, le

caratteristiche del punto protetto e altro). Una

metodologia del tutto simile è stata messa a punto anche

per quei punti in cui non sono già presenti dispositivi di

ritenuta ma per i quali potrebbe essere opportuno

prevederne l’installazione. Ovviamente tale procedura

può essere applicata solamente dopo la raccolta di

precise ed idonee informazioni: è ossia necessario

condurre un’apposita campagna di rilievo che, in maniera

precisa e puntuale, individui tutte le caratteristiche e lo

stato di manutenzione del singolo dispositivo.

Inoltre, per facilitare la stima del livello di rischio di

ciascun dispositivo, tutte le informazioni raccolte durante

vengono elaborate secondo tre indicatori di funzionalità,

Page 117: Ct 2 5 villani

114

ciascuno relativo ad una delle tre famiglie descritte di

seguito:

- famiglia a.1: raggruppa le informazioni relative

agli aspetti strutturali e che influiscono in

maniera preponderante sulla funzionalità del

singolo dispositivo, ossia quelle relative agli

elementi strutturali (fasce, montanti, supporti

elastici, travi superiori) e all’altezza del

dispositivo rispetto al piano viario; vi vengono

inseriti inoltre i dati inerenti lo stato manutentivo

degli eventuali attenuatori d’urto installati lungo

le strade;

- famiglia a.2: raggruppa le informazioni inerenti

gli elementi terminali delle parti strutturali dei

dispositivi (ossia delle fasce e delle travi

superiori) e quelle inerenti l’estensione del

dispositivo in relazione alla conformazione dei

luoghi ed ai pericoli/ostacoli da proteggere;

Tabella 8

Classe N2 Classe H1

Classe H2 Classe M100

Page 118: Ct 2 5 villani

115

- famiglia a.3: raggruppa le informazioni inerenti

gli elementi accessori dei dispositivi, ossia i

catadiottri, gli eventuali corrimano e correnti

inferiori e gli elementi terminali di questi.

Tale procedura si rivela utile anche in un’ottica di

individuazione delle priorità di intervento sui dispositivi

stessi e, se disponibili dati relativi agli altri aspetti relati

alla sicurezza stradale (stato delle pavimentazioni, della

segnaletica, ecc.), sull’intera infrastruttura in esame.

Oltre al livello di rischio connesso a ciascun dispositivo,

tale procedura permette il calcolo di un coefficiente, detto

indice di efficienza dei dispositivi, utile per una

valutazione della prestazione globale dell’infrastruttura in

esame sotto il profilo dei dispositivi di ritenuta.

Il censimento dei dispositivi

Il censimento dei dispositivi di ritenuta deve essere

condotto in maniera precisa e puntuale, analizzando

ossia da vicino ciascun dispositivo installato, anche con

l’ausilio di strumenti elettronici ed informatici dotati fra gli

altri di sensore GPS, questi ultimi utili per la successiva

fase di georeferenziazione dei singoli dispositivi. Di

ciascun dispositivo deve essere esaminato e rilevato

quanto riportato nel seguito.

Progressiva iniziale: misurata con odometro assumendo

come riferimento le progressive chilometriche installate a

bordo strada, oppure misurata con dispositivo GPS in

grado di registrare tracce e percorsi.

Classe: in caso di dispositivo omologato provvisto di

marcatura CE, questa è indicata sulla targhetta applicata

sul dispositivo stesso e recante le relative caratteristiche.

L’obbligo dell’installazione di dispositivi omologati è

sancito dall’art. 172 del NCdS, tuttavia per dispositivi

installati precedentemente alla sua entrata in vigore può

rivelarsi oggettivamente difficoltoso, soprattutto in sede di

indagine, risalire alla documentazione riportante la classe

(si veda ad esempio il dispositivo di Figura 6): solo in

questo caso e solo per questi dispositivi, stante la

necessità di assegnare comunque una classe ad un

dispositivo, ai fini della metodologia messa a punto è

possibile procedere ad una classificazione ipotizzando

l’appartenenza alla classe N1 in caso di fasce a singola

onda, N2 in caso di fasce a doppia onda e interasse

montanti superiore ai 3.50m, alla classe H1 in caso di

fasce a doppia onda e interasse montanti inferiori ai

3.50m e alla classe H2 a doppia fascia e doppia onda.

Alla classe H2 sono stati ipotizzati appartenenti anche i

dispositivi di tipo New Jersey in calcestruzzo quando non

disponibile la documentazione relativa o la targhetta

recante marcatura CE (

Tabella 8).

Figura 6

Interasse montanti: misurato con odometro digitale.

Materiale: acciaio, misto acciaio/legno oppure

calcestruzzo.

Posizione: il dispositivo deve essere classificato con le

sigla BL (bordo laterale) o BP (bordo ponte) secondo

quanto riportato sulla targhetta recante le relative

caratteristiche se omologato oppure provvisto di

marcatura CE, con l’aggiunta della lettera C qualora

installato su cordolo in calcestruzzo; altrimenti, per il solo

caso descritto a proposito della Classe, a ciascun

dispositivo potrà essere assegnato un codice sulla base

Page 119: Ct 2 5 villani

116

delle modalità di installazione osservabili direttamente in

sito, ossia come BL (bordo laterale, con montanti infissi

nel terreno), BLC (con montanti infissi in un cordolo di

calcestruzzo), BP (bordo ponte, con montanti fissati

mediante bulloni e tirafondi ad un cordolo in

calcestruzzo), BPC (bordo ponte su cordolo, con

montanti infissi in un cordolo in calcestruzzo e

posizionato su un’opera d’arte), come riportato in Tabella

9.

Onde: il dispositivo deve essere classificato a seconda

della tipologia di fascia: a 2 onde, a 3 onde, a doppia

fascia a 2 onde.

Terminali: questi sono gli elementi iniziale e finale di

ciascun dispositivo, e devono essere classificati come

NA (a nastro d’avvio), TT (terminale a terra), M (a

manina), T (a tubo), GD (giunzione con altro dispositivo

di ritenuta), GM (giunzione con muro mediante raccordo

speciale), A (elemento terminale assente), come riportato

in

Tabella 10.

Sicurezza motociclista: del dispositivo deve essere

rilevato se dotato o meno di protezione inferiore

appositamente studiata per i motociclisti.

Spazio di lavoro: questo dato è riportato sulla targhetta

applicata sul dispositivo stesso e recante le relative

caratteristiche; per il solo caso descritto a proposito della

classe, in prima analisi questa può essere

cautelativamente assegnata pari a W5 per i dispositivi di

tipo New Jersey in calcestruzzo e pari a W8 a tutti gli

altri.

Dislivello Δh: la motivazione principale per cui si è

proceduto all’installazione del dispositivo risiede nella

presenza di un dislivello elevato esistente fra piano viario

e terreno a fianco della strada; il dislivello deve essere

stimato come differenza di quota fra il piano stradale e il

piano di campagna adiacente alla strada.

Pendenza i della scarpata: la motivazione principale per

cui si è proceduto all’installazione del dispositivo risiede

nella presenza di una scarpata, a lato della strada,

caratterizzata da una pendenza del ciglio elevata; la

pendenza deve essere stimata o misurata direttamente

sul ciglio della scarpata.

Distanza D: la motivazione principale per cui si è

proceduto all’installazione del dispositivo risiede nella

presenza di un ridotto spazio libero a tergo del

dispositivo, misurata come distanza fra la parte

posteriore più sporgente del dispositivo stesso e

l’ostacolo più vicino.

Tabella 9

Posizione BL Posizione BP

Posizione BLC Posizione BPC

Page 120: Ct 2 5 villani

117

Lunghezza del dispositivo: un dispositivo deve fornire

adeguata protezione all’ostacolo di cui si prefigge la

protezione; deve possedere inoltre idonea estensione

minima, che per i dispositivi omologati/marcati CE è

riportata sul certificato di omologazione stesso. Viene

definita sufficiente se risponde a quanto indicato nel

certificato di omologazione oppure se ritenuta tale da

proteggere adeguatamente il punto pericoloso (ossia che

si estenda opportunamente prima e dopo il punto da

proteggere) oppure ancora qualora non ci siano spazi

disponibili per eventuali prolungamenti (come ad

esempio in caso di interclusione fra due muri), mentre è

giudicata insufficiente in tutti gli altri casi.

Altezza del dispositivo: l’altezza del dispositivo è un

parametro essenziale perché questo assicuri adeguata

protezione e non si trasformi a sua volta in un ostacolo.

Per i dispositivi omologati/marcati CE l’altezza di

installazione è riportata sul certificato di omologazione

stesso. Viene definita sufficiente in caso di dispositivo

omologato o provvisto di marcatura CE ed installato

secondo quanto previsto dal manuale di installazione del

dispositivo in esame; per il solo caso descritto a

proposito della Classe, in prima analisi questa può

essere ritenuta sufficiente nel caso di altezza misurata

fra piano viario e bordo superiore della fascia maggiore

di 65cm. Viene giudicata insufficiente in tutti gli altri casi.

Tabella 10

Terminale NA Terminale TT

Terminale M Terminale T

Terminale GD Terminale GM

Page 121: Ct 2 5 villani

118

Terminale A

Danneggiamenti a carico di fasce, travi superiori,

corrimano e correnti inferiori: il danno viene valutato

come estensione lineare, espressa in metri.

Danneggiamenti a carico di montanti, supporti elastici,

distanziatori e catadiottri: il danno viene valutato come

numero di elementi danneggiati.

Danneggiamenti/inadeguatezze a carico degli elementi

terminali del dispositivo e degli elementi terminali di travi

superiori, corrimano e correnti inferiori: gli elementi

terminali assumono importanza essenziale per la

sicurezza fornita da un dispositivo, in quanto alcune

tipologie presentano comportamenti in caso d’urto

certamente pericolosi, come dimostrato più volte dai fatti.

Gli elementi terminali sono stati considerati come

inadeguati nel caso di conformazione a manina ed a

tubo, oltre che ovviamente nei casi in cui risulta del tutto

assente l’elemento terminale stesso; sono stati inoltre

indicati come inadeguati i terminali di travi superiori

(compresa la fascia superiore in caso di dispositivo a

doppia fascia a 2 onde), corrimano e correnti inferiori

qualora questi non siano adeguatamente posizionati a

tergo delle fasce e/o portati a terra.

Un cenno a parte merita la questione di elementi

particolari quali muretti, parapetti, ringhiere ed affini: tutte

questi elementi, presenti in gran numero a bordo strada,

devono essere oggetto di apposite indagini (ad es. i

parapetti di ponte possono rientrare in un’indagine

appositamente condotta sullo stato di manutenzione dei

ponti) o comunque trattati come veri e propri ostacoli e

pertanto da rimuovere o sostituire (qualora ciò risulti

possibile e/o economicamente sostenibile) oppure da

unire o proteggere con idonei dispositivi secondo quanto

riportato nel seguito a proposito dei dispositivi di ritenuta

da installare.

I dispositivi da installare secondo la normativa vigente

Contemporaneamente al censimento dei dispositivi di

ritenuta, è necessario procedere ad un primo censimento

di massima dei punti pericolosi dove deve essere

prevista l’installazione dei dispositivi secondo quanto

indicato e prescritto dal DM 2367/2004 e dalla circolare

62032/2010. Anche in questo caso è possibile giungere

alla valutazione di un indice, detto indice di pericolosità

residua, utile al fine della classificazione di una strada

sotto il profilo della pericolosità derivante dalla mancanza

di adeguati dispositivi di ritenuta.

Il concetto di rischio e la sua applicazione ai dispositivi di

ritenuta

Mutuando la definizione del concetto di rischio dall’art. 2

del DL 81/08, questo può essere definito come

“probabilità di raggiungimento del livello potenziale di

danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un

determinato fattore o agente oppure alla loro

combinazione”. Il rischio è pertanto un concetto

probabilistico, è la probabilità che accada un certo

evento capace di causare un danno alle persone. La

nozione di rischio implica quindi l’esistenza di una

sorgente di pericolo e delle possibilità che essa si

trasformi in un danno.

Da un punto di vista matematico, il rischio può essere

definito, nello spazio degli attributi misurabili, come la

combinazione dei danni o delle conseguenze negative e

delle probabilità ad esse associate. Convenzionalmente,

il rischio viene quantificato mediante un’espressione del

tipo

, , 17

ossia come funzione di:

Page 122: Ct 2 5 villani

119

P pericolosità, che rappresenta la probabilità che

un certo fenomeno si verifichi entro un certo

tempo di ritorno e con una certa intensità;

V vulnerabilità, che rappresenta la capacità del

sistema di reagire al verificarsi di un determinato

evento;

E esposizione, che rappresenta i beni e le persone

esposte al rischio.

La determinazione della funzione f presuppone di definire

un modello dell'esposizione dei soggetti a quel dato

pericolo, che consenta di porre in relazione l'entità del

danno atteso con la probabilità del suo verificarsi, e

questo per ogni condizione operativa all'interno di certe

ipotesi al contorno.

Questi tre parametri possono essere combinati in una

espressione matematica che assume una forma del tipo

∙ 18

dove Pr è la probabilità dell’evento dannoso ed Ma è la

magnitudo delle conseguenze dell’evento dannoso,

combinazione di vulnerabilità ed esposizione. Il rischio

così definito è esprimibile adottando la cosiddetta matrice

del rischio.

Alternativamente, il rischio può essere valutato

ricorrendo ad una valutazione ad indice numerico, che

presenta alcuni vantaggi, fra i quali quello di fornire un

metodo razionale per il confronto tra i livelli di rischio che

le diverse situazioni analizzate comportano.

Per la valutazione del rischio connesso ai dispositivi di

ritenuta si propone una metodologia derivata da quanto

proposto precedentemente da Canale S. et al. [10] a

proposito della valutazione del livello di rischio connesso

alle pavimentazioni stradali. Questa procedura può

essere tradotta, essenzialmente, in quattro fasi

fondamentali:

- individuazione dei dispositivi danneggiati;

- identificazione dei pericoli connessi;

- valutazione dei corrispondenti livelli di rischio e

formulazione del giudizio di accettabilità o

meno;

- adozione delle contromisure necessarie per la

mitigazione dei rischi non eliminabili.

Da un punto di vista generale, le tre variabili

fondamentali sopra introdotte sono state così individuate:

- pericolosità P: probabilità che in una data

zona si verifichi un incidente con conseguenze

alle persone, proporzionale al numero di

incidenti verificatisi sulla sezione omogenea ove

la barriera risulta installata in un determinato

intervallo temporale (non inferiore comunque a

3 anni);

- vulnerabilità V: funzione delle caratteristiche

proprie e di manutenzione del singolo

dispositivo;

- esposizione E: variabile dipendente

essenzialmente dal flusso veicolare,

rappresentativo della quantità di utenti

effettivamente esposti al rischio.

Il livello di rischio è stato valutato, in questo caso, con la

definizione a cascata di una serie di indici, di seguito

descritti.

Il primo di questi indici è il grado di danneggiamento GD.

Questo è un coefficiente, rappresentato da un numero

puro, che fornisce informazioni sullo stato di salute del

singolo dispositivo. Per ciascun dispositivo e per

ciascuna delle tre famiglie precedentemente descritte,

nel caso degli elementi analizzati in relazione alla loro

estensione (ad es. le fasce metalliche) questo indice è

valutato sulla base dell’estensione degli elementi

danneggiati/inadeguati rispetto all’estensione totale della

barriera:

,

,

∙ 10019

dove:

i i-esimo dispositivo di ritenuta in esame

r r-esima famiglia

s s-esimo elemento compreso nella r-esima

famiglia e per il quale si calcola il grado di

danneggiamento

grado di danneggiamento dell’i-esimo

dispositivo calcolato per l’elemento s della

famiglia r (ad es., il grado di danneggiamento

delle fasce metalliche facenti parte della famiglia

a.1)

, estensione del danno rilevato sull’i-esimo

dispositivo a carico dell’elemento s parte della

famiglia r

, estensione totale, per l’i-esimo dispositivo,

dell’elemento s parte della famiglia r

Per gli elementi analizzati per quantità questo indice è

invece valutato sulla base del numero di elementi

Page 123: Ct 2 5 villani

120

danneggiati/inadeguati rispetto al numero totale di

elementi installati:

,

,

∙ 10020

dove:

i i-esimo dispositivo di ritenuta in esame

r r-esima famiglia

s s-esimo elemento compreso nella r-esima

famiglia e per il quale si calcola il grado di

danneggiamento

grado di danneggiamento dell’i-esimo

dispositivo calcolato per elemento s della

famiglia r (ad es., il grado di danneggiamento

dei catadiottri facenti parte della famiglia a.3)

, numero di elementi danneggiati rilevati sull’i-

esimo dispositivo a carico dell’elemento s parte

della famiglia r

, numero di elementi totali, per l’i-esimo

dispositivo, dell’elemento s parte della famiglia r

Il grado di danneggiamento di ciascuna famiglia, per l’i-

esimo dispositivo, sarà poi assunto pari al massimo

posseduto dagli elementi parte della famiglia stessa,

ossia:

max∈

21

in modo tale che possa essere sempre considerata la

condizione più cautelativa a carico del singolo

dispositivo.

Alla fine si disporrà quindi di tre indici GD, ciascuno

relativo ad una famiglia: (GDi)a.1, (GDi)a.2 e (GDi)a.3,

ciascuno con un valore compreso fra 0 e 100, dove a

100 corrisponde il massimo grado di danneggiamento.

Il secondo indice è l’indice di danneggiamento globale

IDG. È questo un parametro utile per sintetizzare

l’influenza, dal punto di vista del rischio, di ciascuno dei

tre (GDi)r sopra descritti. L’indice GD fornisce indicazioni

precise in merito allo stato manutentivo e di efficienza del

dispositivo, tuttavia è necessario avere un unico indice

che tenga conto del livello di manutenzione globale del

singolo dispositivo. In questo passaggio (dai GD ad un

unico indice globale) è fondamentale tener conto anche

dell’influenza che hanno sull’analisi del rischio le

differenti tipologie di danneggiamento, perciò è

necessario assegnare a ciascuna famiglia un peso

funzione della sua importanza, rispettando il criterio che

la somma dei singoli pesi sia pari a 100. Si ritiene quindi

di dover assegnare un’importanza maggiore in assoluto

al GD della famiglia a.1, e successivamente

un’importanza maggiore al GD della famiglia a.2 rispetto

a quella della famiglia a.3. I pesi da assegnare a

ciascuna delle famiglie sono stati ottenuti dopo

opportune osservazioni e calibrazioni condotte sui dati

registrati su alcuni dispositivi impiegati come test. Tali

pesi sono riportati nella seguente tabella:

Tabella 11

famiglia peso a.1 52 a.2 37 a.3 11

Relativamente a ciascun dispositivo, l’indice IDG si

calcola come:

. ∙ . . ∙ . . ∙ .

100 ∙ . . .

22

dove:

i i-esimo dispositivo di ritenuta in esame

grado di danneggiamento dell’i-esimo

dispositivo relativo alla famiglia r

Wr peso assegnato alla famiglia r secondo la

Tabella 11

IDGi indice di danneggiamento globale per il

dispositivo i-esimo

L’indice IDG di ciascun dispositivo, compreso

nell’intervallo [0; 1], è pertanto dato dalla somma dei

singoli (GDi)r per i relativi pesi, rapportata alle peggiori

condizioni possibili.

Il terzo indice è l’indice di pericolosità globale IPG.

Poiché anche da un punto di vista degli interventi

manutentivi da adottare è necessario stabilire una priorità

per i diversi dispositivi censiti, una volta valutato l’indice

IDGi di ciascun dispositivo risulta necessario

differenziare quei dispositivi che, a parità di IDG, sono

caratterizzati da una certa combinazione di

caratteristiche relative al tronco stradale su cui il

dispositivo risulta installato e tali da rendere un

dispositivo potenzialmente più pericoloso di un altro, e

sul quale quindi è auspicabile concentrare

prioritariamente gli interventi di manutenzione. Le

caratteristiche che si sono individuate per il calcolo

Page 124: Ct 2 5 villani

121

dell’indice IPG sono a loro volta espresse mediante

ulteriori indici, descritti di seguito.

a) L’indice di traffico IT, rappresentato da un

numero intero compreso fra 1 e 5, è stimato a

partire dal valore di TGM della singola sezione

omogenea (Tabella 12). Tale indice permette la

quantificazione numerica dell'influenza del

traffico sul rischio del singolo dispositivo. A tal

proposito, si ricorda infatti che il TGM può

essere assunto, nell’espressione generale del

rischio (17), come espressione dell’esposizione,

ossia rappresenta la quantità di utenti

effettivamente esposti al rischio.

Tabella 12

TGM (veic/g) Indice IT TGM ≤1000 1 1000 < TGM ≤ 3500 2 3500 < TGM ≤ 7000 3 7000 < TGM ≤ 12000 4 TGM > 12000 5

b) L’indice di incidentalità IIN, rappresentato da un

numero intero compreso fra 1 e 3, è stimato

sulla base del tasso di incidentalità calcolabile

secondo quanto descritto nel successivo par.

3.6 relativo all’analisi di incidentalità. L’indice IIN

permette la quantificazione numerica

dell’influenza dell’incidentalità della sezione

omogenea sul rischio del singolo dispositivo:

infatti, a parità di indice IDG, devono ricevere

priorità di intervento quei dispositivi installati

lungo sezioni omogenee ad alto tasso di

incidentalità.

Tabella 13

Tasso di incidentalità

∙ ∙

Indice IIN

1

2

3

dove:

Tj tasso di incidentalità della sezione

omogenea j-esima

soglia inferiore del tasso di incidentalità

critico

soglia superiore del tasso di

incidentalità critico

c) L’indice di pericolo IP, rappresentato da un

numero decimale compreso fra 1 e 5, è stimato

assegnando un valore a ciascuna tipologia di

pericolo, e permette la quantificazione numerica

della pericolosità intrinseca del punto ove è

installato il dispositivo sul livello di rischio del

dispositivo stesso.

Tabella 14

Descrizione Indice IP D > W (1) 0.5 D > 3.5m 1.0 Δh < 1.0m 1.0 Δh ≥ 2.0m 2.0

1.0m ≤ D ≤ 3.5m 3.5 2.0m < Δh ≤ 4.0m 3.5

Δh > 4.0m 5.0 D < 1.0m 5.0 D ≤ W (1) 5.0

(1) Condizioni valevoli solamente per

dispositivi omologati e con parametro W

certificato

con stesso significato dei simboli introdotti in precedenza

in questo Capitolo.

d) L’indice di velocità IV, rappresentato da un

numero intero compreso fra 1 e 4, stimato sulla

base dei risultati ottenibili dall’applicazione di un

modello ibrido per la valutazione della velocità

di progetto delle curve e delle velocità operative

sui rettilinei (descritto al par. 3.2), permette la

quantificazione dell’influenza che assume la

velocità, operativa o di progetto, del punto ove è

installato il dispositivo sul rischio del dispositivo

stesso. Le velocità secondo cui stimare l’indice

IV ed indicate nella Tabella 15 possono far

riferimento sia alla velocità assegnata all’intera

sezione omogenea entro cui è installato il

dispositivo di ritenuta, sia a quella puntuale

(ovvero della curva o del rettifilo) ove questo è

installato.

Tabella 15

Velocità (km/h)

Indice IV

Vj ≤ 50 1 50 < Vj ≤ 70 2 70 < Vj ≤ 90 3

Vj > 90 4

Similmente a quanto descritto in merito al calcolo

dell’indice IDG, si sono poi assegnati dei pesi ad ognuno

Page 125: Ct 2 5 villani

122

degli indici appena introdotti, in modo tale da tener conto

della relativa importanza ai fini della valutazione del

rischio. Tali pesi sono riportati nella seguente dove:

IPGi indice di pericolosità globale per il punto di

installazione dell’i-esimo dispositivo

Ik indice k-esimo fra quelli precedentemente

descritti e relativo all’i-esimo dispositivo di

ritenuta

WIk peso assegnato al k-esimo indice

Tabella 16.

L’indice di pericolosità globale IPGi per il punto di

installazione dell’i-esimo dispositivo può quindi essere

calcolato come segue:

∑ ∙

∑ max ∙

23

dove:

IPGi indice di pericolosità globale per il punto di

installazione dell’i-esimo dispositivo

Ik indice k-esimo fra quelli precedentemente

descritti e relativo all’i-esimo dispositivo di

ritenuta

WIk peso assegnato al k-esimo indice

Tabella 16

Indice Peso IT 22 IIN 14 IP 30 IV 34

L’indice IPGi risulta così compreso nell’intervallo [0; 1]. A

valori più elevati corrisponde una pericolosità globale più

elevata, derivante dalle caratteristiche ambientali e di

funzionalità in cui un dispositivo si trova ad operare.

Se usati separatamente, gli indici IDGi e IPGi permettono

l’individuazione di due tipologie di criticità profondamente

diverse: infatti, potrebbe accadere che per un certo

dispositivo si riscontri un elevato livello di

danneggiamento ma un basso indice di pericolosità

poiché installato ad esempio su una strada con basso

TGM e caratterizzata da basse velocità di percorrenza,

oppure viceversa. Nell’ottica di stabilire una priorità per

gli interventi manutentivi, al fine di ottenere una

valutazione univoca delle criticità di un dispositivo è

necessario combinare i due indici: tale combinazione è

possibile ricorrendo alla stima dell’indice di non

funzionalità INF per ciascun dispositivo, inteso come

prodotto fra gli indici IDG e IPG rapportato alle condizioni

peggiori:

max ∙ max

24

e poiché sia IDG che IPG assumono valore massimo pari

ad 1, si ha:

∙ 25

Anche l’indice INF assume valori compresi nell’intervallo

[0; 1]: a valori più elevati corrispondono condizioni del

dispositivo di ritenuta più critiche e pertanto una

maggiore priorità di intervento.

Una volta calcolato l’indice INFi, sulla base dei valori

assunti da questo è possibile assegnare un livello di

rischio al dispositivo i-esimo secondo quanto riportato

nella seguente Tabella 17.

Tabella 17

Indice INFi Livello di rischioINFi ≤ 0.05 MOLTO BASSO

0.05 < INFi ≤ 0.15 BASSO 0.15 < INFi ≤ 0.30 MEDIO 0.30 < INFi ≤ 0.50 ALTO

INFi > 0.50 NON ACCETTABILE

Quanto finora visto può essere applicato esclusivamente

ai dispositivi di ritenuta installati: infatti appare errato

applicare una simile procedura ai dispositivi da installare,

in quanto per questi non può certamente essere

calcolato l’indice di non funzionalità.

Conseguentemente, per la valutazione del livello di

rischio per i dispositivi da installare si è messa a punto

una procedura concettualmente simile a quella appena

vista, ma con la differenza che in questo caso il livello di

rischio è quello relativo solamente al punto pericoloso da

proteggere, valutato sulla base dell’indice IPG di questo

secondo quanto riportato in precedenza e certamente

calcolabile anche nel caso di assenza di dispositivi. Il

calcolo dell’indice IPG è ancora lo stesso riportato in

(23). Per individuare però i valori critici di IPG secondo

quali classificare il livello di rischio, si è proceduto

innanzitutto ad assegnare a ciascun livello i valori dei

singoli indici (IT, IIN, IP ed IV) secondo la seguente

Tabella 18.

Tabella 18

LIVELLO DI RISCHIO

Page 126: Ct 2 5 villani

123

non accettabile

alto medio basso molto basso

IT 4 4 3 2 1

IIN 3 3 2 1 1

IP 5 3.5 2 1 1

IV 3 3 2 2 1

Assumendo ancora validi i pesi di ciascuno di questi

indici riportati in dove:

IPGi indice di pericolosità globale per il punto di

installazione dell’i-esimo dispositivo

Ik indice k-esimo fra quelli precedentemente

descritti e relativo all’i-esimo dispositivo di

ritenuta

WIk peso assegnato al k-esimo indice

Tabella 16 si sono poi calcolati sia il punteggio relativo ai

valori minimi assunti in Tabella 18, costituente il

numeratore della (23), sia il punteggio massimo

possibile, costituente il denominatore della (23), ed infine

il valore di IPG relativo al punto ove è necessario

prevedere l’installazione di un dispositivo di ritenuta

secondo quanto indicato nel DM2367/2004 (vedi Tabella

19).

Tabella 19

non accettabile

alto medio basso molto basso

Totale 382 337 222 156 100

IPG max 438

IPG 0.87 0.77 0.51 0.36 0.23

L’indice IPG assume ancora valori compresi in [0; 1], e

sulla base dei valori minimi così calcolati si sono

individuati i seguenti livelli di rischio.

Tabella 20

Indice IPGi Livello di rischio IPGi ≤ 0.36 MOLTO BASSO

0.36 < IPGi ≤ 0.51 BASSO 0.51 < IPGi ≤ 0.77 MEDIO 0.77 < IPGi ≤ 0.87 ALTO

IPGi > 0.87 NON ACCETTABILE

3.4 Il livello di rischio connesso allo stato delle

pavimentazioni

Altro aspetto fondamentale per la sicurezza della

circolazione è quello relativo allo stato manutentivo delle

pavimentazioni stradali, soprattutto in relazione alle

condizioni superficiali: per la valutazione del relativo

livello di rischio connesso si propone una procedura

basata sulla matrice del rischio, diversamente da quanto

previsto per i dispositivi di ritenuta.

Anche in questo caso è necessario pianificare e condurre

un’apposita campagna di indagine. Qualora questa non

fosse condotta in concomitanza con quella sui dispositivi

di ritenuta, è anche possibile impiegare apparecchiature

automatiche installate su appositi veicoli che, registrando

delle immagini della pavimentazione ad altissima

risoluzione, rendono possibile un’analisi più precisa e

dettagliata anche successivamente, rendendo perciò

molto speditiva la fase censuaria.

Delle pavimentazioni sarà necessario registrare i dati

avendo cura di distinguere le carenze di tipo funzionale

da quelle di tipo strutturale: le prime saranno riferite ad

ammaloramenti solitamente di tipo superficiale, che

interessano per lo più lo strato d’usura e riguardano

problematiche come la riduzione delle caratteristiche di

aderenza e regolarità del piano viabile con conseguente

abbassamento dei livelli di sicurezza della circolazione;

le seconde, invece, interessano gli strati profondi della

sovrastruttura, che generalmente sono indice di

decadimento delle proprietà di portanza e che

determinano conseguenze gravi ed evidenti se non

affrontate in tempi brevi, con limitazioni anche pesanti

alla libera circolazione. Pertanto durante la fase

censuaria devono essere raccolte le seguenti

informazioni sugli ammaloramenti, procedendo già in

questa fase ad una suddivisione a seconda che questi

siano riconducibili alla regolarità, all’aderenza e alla

portanza:

- tipologia/e di degrado presenti;

- estensione del degrado per ciascuna tipologia;

- porzione della sezione di carreggiata

interessata.

La registrazione di questi dati permette di suddividere le

strade in sezioni omogenee, diverse certamente da

quelle individuabili ad esempio con il calcolo delle

velocità di progetto e/o operative.

Le possibili problematiche da rilevare, con i relativi codici,

sono descritti nella seguente Tabella 21.

Tabella 21

CRITICITA’ CODICE DESCRIZIONE

FUNZIONALI Aderenza A1

Levigatura degli inerti

A2 Refluimenti di

Page 127: Ct 2 5 villani

124

bitume

A3

Disgregamenti di inerti

Distacco strato di usura

Buche superficiali h > 3cm

Regolarità

R1 Ormaie senza fessurazioni

h ≤ 3cm

R2 Ormaie con fessurazioni

h > 3cm

R3 Ondulazioni longitudinali

R4

Sconfigurazioni del piano viario

Rappezzi e rattoppi Chiusini e tombini

R5 Depressioni o rigonfiamenti

localizzati

R6 Fessurazioni a

blocchi

STRUTTURALI Portanza

P1 Fessurazioni

ramificate a pelle di coccodrillo

P2

Cedimenti Avvallamenti Fessurazioni

profonde

P3 Buche profonde

h > 3cm

È poi opportuno introdurre il valore di estensione del

degrado, così da attribuire un parametro certo alla

diffusione del fenomeno sulla porzione di carreggiata che

andrà a costituire una sezione omogenea. Il valore della

ricorrenza (poco esteso, esteso, molto esteso, diffuso)

può corrispondere agli intervalli riportati in Tabella 22.

Similmente a quanto già previsto dalla procedura relativa

ai dispositivi di ritenuta, a ciascuna delle tipologie di

degrado è stato assegnato un peso, indicativo della

riduzione del livello di sicurezza della circolazione

riconducibile a quel tipo di degrado. I pesi Pi sono

riportati nella seguente Tabella 23.

Tabella 22

DENSITÀ DEL DEGRADO

ESTENSIONE DEL DEGRADO(sulla lunghezza della sezione

omogenea) Poco Esteso X < 5%

Esteso 5% ≤ X < 25%

Molto Esteso 25% ≤ X < 50%

Diffuso X ≥ 50% Tabella 23

CRITICITA’ CODICE PESO Pi

Aderenza A1 2 A2 4 A3 8

Regolarità R1 4 R2 10 R3 8

CRITICITA’ CODICE PESO Pi

R4 8 R5 6 R6 6

Portanza P1 8 P2 6 P3 10

Assegnato il peso a ciascuna tipologia di degrado, è

stato poi assegnato un fattore moltiplicativo che fosse

caratteristico di ciascuno dei livelli di estensione del

degrado sopra individuati; tali coefficienti moltiplicativi

sono riportati nella seguente Tabella 24.

Tabella 24

DENSITÀ DEL

DEGRADO

ESTENSIONE DEL DEGRADO (sulla lunghezza

della sezione omogenea)

FATTORE MOLTIPLICATIVO

di

Poco Esteso X < 5% 0.05

Esteso 5% ≤ X < 25% 0.25

Molto Esteso 25% ≤ X < 50% 0.50

Diffuso X ≥ 50% 0.75

È a questo punto necessario arrivare ad un parametro

che stimi le condizioni di manutenzione della

pavimentazione per ciascuna delle j sezioni omogenee e

che tenga conto dei k tipi di ammaloramento presenti e

della loro estensione. Per giungere a questo parametro si

combinano i valori riportati nella Tabella 23 e nella

Tabella 24 calcolando il parametro severità del degrado

SD sulla j-esima sezione omogenea come

∙ 26

e riferendolo alla condizione peggiore possibile

calcolando il parametro severità totale del degrado STD,

che per la j-esima sezione omogenea assume la

seguente forma:

∑ ∙

∑ ∙

27

dove:

k ammaloramenti rilevati

i possibili ammaloramenti rilevabili con

estensione massima possibile dmax.

In particolare, il valore del denominatore risulta fisso e

pari a 60.

È possibile pertanto esprimere una valutazione obiettiva

sulle condizioni di ciascuna sezione omogenea, che

Page 128: Ct 2 5 villani

125

risulterà dipendere dalla tipologia dei degradi presenti e

dalla densità degli stessi.

Il valore assunto da STDj, incrociato con la velocità

operativa della j-esima sezione omogenea fornisce una

stima della magnitudo Mj, ossia una valutazione della

gravità delle conseguenze di un possibile evento

dannoso che avvenga sulla sezione j-esima e collegato

direttamente allo stato manutentivo della

pavimentazione, espressa in ordine crescente da una

lettera da A ad E.

Tabella 25

V85 (km/h)

STDj ≤ 0.15

0.15 < STDj ≤ 0.30

0.30 < STDj ≤ 0.50

STDj > 0.50

Vj ≤ 50 A A B C 50 < Vj ≤

70 A B C D

70 < Vj ≤ 90 A C D E

Vj > 90 B D E E

L’ultimo passo di questa procedura è l’individuazione del

livello di rischio della j-esima sezione omogenea, per la

cui valutazione è necessario combinare la magnitudo

appena individuata con il TGM del tronco stesso, indice

del numero di utenti effettivamente esposti al possibile

evento dannoso, come riportato in Tabella 26 dove:

1 livello di rischio MOLTO BASSO

2 livello di rischio BASSO

3 livello di rischio MEDIO

4 livello di rischio ALTO

5 livello di rischio NON ACCETTABILE

Tabella 26

TGM (veic/g)

Mj = A

Mj = B

Mj = C

Mj = D

Mj = E

TGM ≤1000 1 1 2 3 3 1000 < TGM ≤ 3500

1 1 2 3 4

3500 < TGM ≤ 7000

2 2 3 4 5

7000 < TGM ≤ 12000

2 3 4 4 5

TGM > 12000 3 4 5 5 5

3.5 Individuazione dei punti pericolosi sulla rete

stradale

Un ulteriore aspetto da approfondire per l’analisi di

sicurezza è quello relativo ai punti ritenibili più pericolosi.

È generalmente difficoltoso imputare la pericolosità di un

preciso punto ad una determinata causa: più in generale

infatti questa è diretta conseguenza della combinazione

di più aspetti, che se presi singolarmente potrebbero non

risultare così incidenti sulla sicurezza della circolazione.

Un esempio può aiutare a comprendere meglio questo

concetto: si pensi ad una pavimentazione con modesti

problemi di aderenza, posizionata su un tratto in rettilineo

su una carreggiata con larghezza superiore a 6.00m: la

pericolosità è evidentemente bassa. Si pensi adesso alla

stessa pavimentazione ma alla fine di un tratto rettilineo,

con una curva percorribile a velocità mediamente

sostenuta e sul cui bordo esterno sia posizionato un

dispositivo di sicurezza il cui stato di manutenzione non

sia ottimale: ebbene, la combinazione di tutti questi

aspetti può far insorgere condizioni tali che da far

ritenere a tutti gli effetti quel punto come pericoloso.

Pertanto, appare chiara l’importanza di introdurre adesso

una metodologia per valutare la congruità o meno della

differenza di velocità fra due elementi successivi.

In letteratura esistono numerosi esempi: in How to make

two-lane rural roads safer – R.Lamm et al., WIT Press,

2007, ad esempio, vengono individuati tre intervalli per

cui la differenza di velocità fra due elementi successivi

del tracciato stradale possa essere ritenuta congrua o

meno. Tuttavia questa procedura (così come altre) si

basa su una differenza di velocità assoluta, mentre

appare più corretto disporre di una procedura basata su

una differenza di velocità relativa: si è quindi messa a

punto una procedura che permetta di valutare la

pericolosità di ciascun punto di transizione fra due

elementi successivi basata sulla differenza di velocità fra

i due in relazione alla velocità del primo dei due (ovvero

la velocità propria di quello che può essere considerato

come l’elemento di “provenienza” nella direzione di

marcia dei veicoli). Riprendendo la suddivisione già

impiegata per il calcolo del livello di rischio dei dispositivi

di ritenuta e delle pavimentazioni, si possono individuare

i seguenti intervalli per le velocità:

1) 90

2) 70 90

3) 50 70

4) 50

mentre possono ritenersi validi gli intervalli per le

differenze di velocità fra due elementi successivi

individuati ancora in How to make two-lane rural roads

safer – R.Lamm et al.:

1) ∆ 20

2) 20 ∆ 10

Page 129: Ct 2 5 villani

126

3) 10 ∆ 0

4) ∆ 0

Dalla combinazione di velocità Vi del primo elemento e

differenza di velocità fra questo e l’elemento successivo

si ottiene la pericolosità del punto in esame, secondo la

matrice riportata in

Tabella 27.

Sussistono certamente ulteriori ed importanti aspetti da

introdurre nella valutazione della pericolosità di un punto,

come ad es. il campo di visuale libera, la distanza di

visibilità e la presenza di ostacoli o meno a ridosso della

carreggiata: tuttavia lo studio di questi aspetti sarà

oggetto di futuri approfondimenti e sviluppi della

metodologia qui presentata.

Per il calcolo della differenza di velocità ΔV possono

seguirsi diversi metodi, di seguito descritti.

Tabella 27

PERICOLOSITA’

ΔV (km/h)

ΔV > 0 0 ≤ ΔV < -10

-10 ≤ ΔV < -

20 ΔV ≤ -20

Vi (km/h)

Vi > 90 BASSA MEDIA ALTA ELEVATA 70 < Vi

≤ 90 BASSA MEDIA ALTA ALTA

50 < Vi ≤ 70

MOLTO BASSA

BASSA MEDIA MEDIA

Vi ≤ 50 MOLTO BASSA

MOLTO BASSA

BASSA MEDIA

Criterio 1

Questo criterio permette il calcolo della differenza di

velocità ΔV fra due elementi qualsiasi (rettilineo-curva,

curva-curva e curva-rettilineo), pertanto risulta applicabile

indistintamente a tutti i tracciati. Si suggerisce di

impiegare questo metodo qualora non si disponga del

modello per la stima delle velocità operative o quando

questo sia giudicato non idoneo e pertanto necessita di

ricalibrazione per un miglior adattamento alle condizioni

locali.

Questo criterio si fonda sulle velocità ,∗ delle singole

curve, mentre per i rettilinei la velocità viene valutata

secondo la procedura descritta di seguito e avente le

seguenti ipotesi di base:

- l’utente percorre la curva a velocità costante e

pari alla ,∗ calcolata;

- l’utente accelera all’uscita della curva con un

valore di accelerazione costante e pari ad

1 ;

- se il rettilineo presenta lunghezza sufficiente,

l’utente accelera fino a raggiungere una velocità

massima ideale assunta, per strade extraurbane

a due corsie, pari a

, ∙ 1.33 ∙ ∙ 28

dove VP,strada è quella calcolata al par. 3.1 ed i

coefficienti fLW ed fPM sono quelli riportati in

precedenza.

- l’utente percorre la restante parte di rettilineo a

velocità costante Vrett fino a quando si trova alla

distanza di 150m dalla curva successiva;

- a 150m dalla curva successiva l’utente inizia a

decelerare con un valore di decelerazione

costante e pari ad 1.2 fino al punto

finale del rettilineo, coincidente con il punto

inziale della curva successiva.

La velocità raggiunta a 150m dalla curva successiva,

quindi un istante prima dell’inizio della manovra di

decelerazione, è pari a:

, ,∗ 2 ∙ ∙ , 150

29

con ,∗ velocità della curva precedente il rettilineo i-

esimo avente lunghezza Lrett,i.

La velocità alla fine del rettilineo i-esimo, al termine della

decelerazione, è invece pari a:

, , 2 ∙ ∙ 150 30

A questo punto si valuta il ΔV per i tre casi possibili

come:

- transizione rettifilo - curva

∆V , ,∗ 31

- transizione curva - curva

∆ ,∗

,∗ 32

- transizione curva - rettifilo

∆ ,∗

, 0 33

dove i curva precedente il rettilineo (o la prima di due

curve in successione) ed i+1 curva successiva al rettifilo

(o seconda di due curve in successione).

Il caso della transizione fra curva e rettifilo non ha in

realtà interesse pratico: infatti, per le ipotesi assunte, la

velocità di uscita dalla curva (i-1)-esima e la velocità

iniziale del rettifilo i-esimo coincidono e pertanto la

Page 130: Ct 2 5 villani

127

differenza di velocità risulta sempre nulla.

Sussiste certamente la possibilità che la lunghezza di un

rettilineo non sia sufficiente a raggiungere la Vrett: in tal

caso, la fase di accelerazione termina prima che si sia

raggiunta tale velocità, a 150m dalla curva successiva.

Ciò spiega il segno di “minore od uguale” inserito

nell’equazione (29).

Inoltre è possibile che un rettilineo risulti con lunghezza

inferiore ai 150m individuati come soglia per l’inizio della

manovra di frenatura: in questo caso si considera

semplicemente l’inizio della manovra di frenatura

immediatamente all’uscita della curva i-esima e con una

durata spaziale pari all’estensione effettiva del rettilineo.

Il ΔV così calcolato viene poi impiegato nella procedura

descritta in precedenza.

Criterio 2

Questo criterio permette l’individuazione dei punti

pericolosi di qualunque tipo (rettilineo-curva, curva-curva

e curva-rettilineo), pertanto risulta applicabile

indistintamente a tutti i tracciati.

In questo criterio si fa ricorso alla V85 di ciascun rettilineo,

calcolabile secondo il modello introdotto in precedenza

od uno derivante direttamente da questo e ricalibrato per

le condizioni locali, pertanto questo criterio può essere

impiegato esclusivamente qualora si disponga di un tale

modello.

Si considerano perciò le velocità operative ,∗ dei

rettilinei, mentre per le curve si considerano le velocità

operative ottenute mediante apposito modello se

disponibile oppure le ,∗ ottenute secondo quanto

esposto in precedenza.

In questo caso, detto l il rettilineo in esame, i la curva

precedente il rettilineo (o la prima di due curve in

successione) ed i+1 la curva successiva al rettilineo (o la

seconda di due curve in successione), si calcola il ΔV

semplicemente per i tre casi come:

- transizione rettifilo - curva

∆ ,∗

,∗ 34

- transizione curva - curva

∆ ,∗

,∗ 35

- transizione curva - rettifilo

∆ ,∗

,∗ 36

In questo caso, più che del punto di transizione, è

preferibile parlare di differenza di velocità caratteristiche

di due elementi successivi.

La procedura deve ovviamente essere applicata a

entrambi i sensi di marcia.

Criterio 3

Questo criterio permette l’individuazione dei punti

pericolosi del tipo rettilineo-curva e curva-rettilineo. Non

vengono pertanto presi in esame eventuali punti

pericolosi del tipo curva-curva. Questo approccio, anche

se di più semplice applicazione, risulta difficilmente

applicabile soprattutto al caso di tracciati tortuosi, a

causa della presenza di più curve in serie, di cui però al

momento non è nota la reciproca influenza.

Si considerano perciò le velocità operative ,∗ dei

rettilinei, mentre per le curve si considerano le velocità

,∗ ottenute secondo quanto esposto in precedenza.

In questo caso, detto l il rettilineo in esame, j il tratto di

curve precedente e j+1 il tratto di curve successivo, si

calcola il ΔV semplicemente per i due casi come:

- transizione rettifilo - curva

∆ ,∗

,∗ 37

- transizione curva - rettifilo

∆ ,∗

,∗ 38

Anche in questo caso, più che del punto di transizione, è

preferibile parlare di differenza di velocità caratteristiche

di due elementi (o gruppo di elementi) successivi. La

procedura deve ovviamente essere applicata a entrambi i

sensi di marcia.

3.6 L’analisi di incidentalità

L’analisi dell’incidentalità rientra nella caratterizzazione

degli itinerari sotto il profilo della sicurezza stradale, che

permette di evidenziare, in rapporto ad una soglia di

confronto statisticamente significativa, il livello di

incidentalità che interessa l’intero itinerario.

In letteratura esistono già alcune possibili procedure per

l’analisi di incidentalità, non esenti però da possibili difetti

soprattutto nel calcolo dei valori di soglia e

dell’estensione delle sezioni omogenee: la procedura qui

proposta tenta quindi di essere la più chiara possibile

soprattutto in merito a questi aspetti.

Il metodo CNR

Page 131: Ct 2 5 villani

128

Il documento Criteri per la classificazione della rete delle

strade esistenti, redatto ed approvato dal CNR con D.P.

CNR n. 13465 del 11/09/1995 e pubblicato in data

13/03/1998, contiene una procedura per la

classificazione degli itinerari sotto il profilo

dell’incidentalità, come parte integrante di una più ampia

procedura per la classificazione delle strade esistenti.

Tale procedura richiede le seguenti informazioni:

- dati georeferenziati degli incidenti, comprensivi

di data, numero e tipo di veicoli coinvolti,

conseguenze dell’incidente sulle persone

coinvolte;

- suddivisione in sezioni omogenee dell’itinerario

in esame ed estensione di ciascuna di queste;

- TGM della sezione in esame, possibilmente

attualizzato all’anno di riferimento per il quale si

esegue l’analisi di incidentalità.

Disponendo di queste informazioni, la procedura propone

il calcolo del tasso di incidentalità, per un periodo

composto da t anni antecedenti lo studio e per la j-esima

sezione omogenea, come numero di incidenti in rapporto

ad un milione di veicoli per chilometro:

10 ∙

365 ∙ ∙ ∑ ,

39

dove:

Nj numero di incidenti con danni alle persone

verificatisi nel periodo di osservazione di t anni

sulla sezione j-esima

lj estensione in km della sezione j-esima

TGMj,t traffico giornaliero medio sulla sezione j-esima

all’anno t-esimo

Successivamente viene calcolato il tasso di incidentalità

medio sull’intero itinerario come:

10 ∙ ∑

365 ∙ ∑ ∑ ∙ ,

40

Infine il Rapporto CNR prevede di procedere ad un

confronto del Tm con una soglia di riferimento

statisticamente significativa, col fine di classificare le

sezioni omogenee in sezioni a debole, media e forte

incidentalità.

I valori di soglia per la sezione j-esima sono calcolati

come:

∗ ∙1

2 ∙ 41

∗ ∙1

2 ∙ 42

dove:

k costante di probabilità della distribuzione di

Poisson, pari a 1.645 per una probabilità di

errore del 10%

Mj momento di traffico relativo alla sezione j-esima

nell’intero periodo di osservazione, dato da:

365 ∙ ∙ , 43

In base a questi parametri, una sezione omogenea viene

classificata a debole, media o forte incidentalità se: ∗ Sezione a debole incidentalità

∗ ∗ Sezione a media incidentalità

∗ Sezione a forte incidentalità

Il Rapporto CNR suggerisce poi di eliminare dall’analisi

gli incidenti registrati in prossimità delle intersezioni più

importanti, per le quali viene proposta una differente

metodologia (vd. Criteri per la classificazione della rete

delle strade esistenti, CNR, 1998).

Sono doverose però due osservazioni in merito alla

procedura appena descritta. Innanzitutto non viene data

indicazione alcuna relativamente all’estensione di una

sezione omogenea (salvo indicare un’estensione minima

pari a 1 km in area extraurbana e 100 m in area urbana),

con la conseguenza che per sezioni molto estese la

dispersione dei dati risulta non accettabile; inoltre

sussiste la possibilità di classificare sezioni molto estese

a forte incidentalità come conseguenza della presenza di

punti neri singolari, oppure di sottostimare la pericolosità

nel caso opposto (ad es. una curva pericolosa su una

sezione estesa porta a classificare tutta la sezione

magari ad alta incidentalità quando invece questa

certamente non lo è). La seconda osservazione riguarda

il calcolo dei valori di soglia: il range fra ∗ e ∗ risulta

molto ridotto, con la conseguenza che risulta pressoché

impossibile classificare una sezione omogenea come a

media incidentalità.

Il metodo delle Norme Svizzere SN 640 009

L’analisi proposta dalle Norme Svizzere si basa invece

sull’individuazione dei punti neri, che vengono definiti

come “zone delimitate della rete stradale dove il numero

di incidenti è manifestamente più elevato rispetto ad altre

zone comparabili”. Questi vengono individuati in tre fasi:

Page 132: Ct 2 5 villani

129

1) la prima fase prevede la suddivisione in sezioni della

strada in esame;

2) la seconda consiste nell’individuazione dei potenziali

punti neri attraverso il confronto dei valori critici con

alcuni parametri, detti indicatori caratteristici di

incidentalità;

3) l'ultima fase consente solitamente di ridurre il

numero di punti neri individuati tramite il confronto

con dei valori soglia, variabili a seconda del tipo di

strada.

Alla fine del procedimento è possibile assegnare un

punteggio a ciascun punto nero e compilare così due

classifiche: una è basata direttamente sui dati dei sinistri,

raggruppati in un indice di pericolosità, l'altra si fonda sui

costi sociali generati dagli incidenti.

Gli indicatori caratteristici di incidentalità che la

Normativa Svizzera assume alla base della procedura

sono:

- numero di incidenti (N);

- densità degli incidenti (D);

- tasso di incidentalità (T).

Il punto di partenza della procedura è costituito da una

rete stradale delimitata e dai dati relativi agli incidenti

avvenuti durante un periodo di osservazione di almeno 2

anni, cosicché non siano percepibili le influenze

stagionali. In ogni caso il rilevamento dei dati non deve

estendersi ad un periodo maggiore di 5 anni, in modo

che il miglioramento tecnico dei veicoli ed eventuali

interventi migliorativi o correttivi sulla rete stessa

rimangano trascurabili.

I dati da raccogliere sono i seguenti:

- tipo di strada;

- numero di incidenti per progressiva ettometrica,

distinti per incidenti con solo danni materiali,

incidenti con feriti o morti ed incidenti con morti;

- dati di traffico sull’infrastruttura.

Inoltre si devono ottenere tutte le informazioni necessarie

per avere una descrizione dettagliata di ciascun incidente

(dinamica, persone coinvolte, conseguenze, condizioni

ambientali,…) ed i dati di geometria dell’infrastruttura. È

possibile qui fare già una prima osservazione: la norma

infatti non fornisce indicazioni precise in merito

all’elaborazione di queste ultime informazioni, che

potrebbero comunque rivelarsi utili per la comprensione

delle problematiche dell’infrastruttura associate a ciascun

punto nero.

Successivamente il tratto in esame deve essere

suddiviso in sezioni omogenee di lunghezza costante:

questa operazione consente di superare il problema

dell’estensione delle sezioni omogenee che invece

sussisteva per la procedura proposta dal CNR.

L’estensione di una sezione omogenea risulta funzione

del tipo di strada e deve essere assunta pari al tipo di

strada così come definito dalle Norme Svizzere

SN 640 041 e SN 640 042. Per una eventuale

applicazione alla realtà italiana si ritiene senz’altro

possibile riferirsi alla Normativa Vigente (DM 6792/2001)

e a quanto prescritto dal NCdS.

Analogamente a quanto prescritto dalla procedura CNR,

qualora si disponesse dei dati dettagliati di traffico e di

incidentalità relativi alle intersezioni presenti lungo il

tracciato, i tratti in prossimità di queste ultime dovrebbero

venire trattati separatamente. La norma definisce in

questo caso delle lunghezze apposite per la suddivisione

in tratti nell'intorno dell'intersezione.

Tabella 28

Autostrade Rampe di accesso

ed uscita

Strade extraurbane principali e secondarie

Strade locali con funzione

principale di circolazione

Strade locali con funzione

principale di servizio

L = 500m (eventualmente

L = 200m)

Lunghezza dell’intera rampa

L = 200m (eventualmente

L = 100m) a seconda della posizione delle

intersezioni

L = 100m (max L = 200m) a seconda della posizione delle

intersezioni

La delimitazione è data dalle strade con funzione principale di

circolazione

La Norma introduce poi i valori critici, che consentono di

effettuare una valutazione in termini relativi dei potenziali

punti neri: infatti essi vengono individuati solamente in

base ai dati di incidentalità del tracciato in esame. Una

Page 133: Ct 2 5 villani

130

valutazione in termini assoluti sarà fornita dai valori

soglia.

Per il calcolo dei valori critici la Norma prevede due

diversi metodi di calcolo a seconda dei dati a

disposizione, uno approssimato per il caso in cui non si

disponga dei dati di traffico e l’altro per il caso in cui si

abbiano a disposizione tali dati. Tralasciando per la

presente disamina il primo caso, per ciascuna sezione

omogenea, posto che:

Nj numero di incidenti registrati lungo la sezione j-

esima durante il periodo t;

lj estensione della sezione j-esima espressa in

km;

TGMj traffico giornaliero medio sulla sezione j-esima;

t periodo espresso in anni;

si definisce densità degli incidenti sulla sezione j-esima

come:

44

e il tasso di incidentalità per la sezione j-esima come

∙ 10

∙ 365 ∙ ∙

10 ∙ ∙

45

I valori critici dei parametri appena presentati si calcolano

con le seguenti formule. Per la densità critica si ha:

∙∙

1

2 ∙ ∙

46

dove k è il coefficiente statistico già visto e Dm è la

densità media degli incidenti calcolata come segue:

∙ ∑

47

Per il tasso critico di incidentalità si ha:

∙∙ 10

∙ 365 ∙ ∙

10

2 ∙ ∙ 365 ∙ ∙

10 ∙ ∙

48

dove k è ancora il coefficiente statistico già visto e Tm è il

tasso medio di incidentalità calcolato come segue:

∑ ∙ 10

∙ 365 ∙ ∙ ∑

10 ∙ ∙

49

La procedura così descritta individua un potenziale punto

nero quando il tasso di incidentalità oppure la densità

media superano il rispettivo valore critico.

Differentemente dalla procedura CNR, quindi, viene

superata la classificazione delle sezioni in tre classi che,

come si era osservato, presentava la problematica della

classe centrale: la Norma Svizzera prevede quindi una

classificazione semplificata, con la quale una sezione

può essere classificata ad alta o a bassa incidentalità.

L’individuazione finale dei punti neri viene invece

eseguita sulla base di determinati valori soglia: la Norma

prevede di procedere al confronto dei risultati fin qui

ottenibili alcuni valori ritenuti indicativi, in termini assoluti

e per ciascun tipo di strada, di una situazione di

incidentalità particolarmente grave. Gli indicatori

caratteristici di incidentalità che intervengono in questa

fase sono il numero totale di incidenti, il numero di

incidenti con danni alle persone (feriti e morti) ed il

numero di incidenti con morti.

I valori soglia fissati dalla norma sono stati ricavati in

base a valutazioni statistiche sulla rete stradale svizzera.

In riferimento alla j-esima sezione omogenea, questi

sono:

Tabella 29

Tipo di strada

Numero totale

di incidenti

Numero di incidenti

con danni a persone

(feriti e morti)

Numero di

incidenti con morti

Autostrade 10 / 2 anni

4 / 2 anni 2 / 2 anni

Rampe di accesso ed uscita

10 / 2 anni

4 / 2 anni 2 / 2 anni

Strade extraurbane principali e secondarie

8 / 2 anni 4 / 2 anni 2 / 2 anni

Strade locali con funzione principale

di circolazione

8 / 2 anni 5 / 2 anni 2 / 2 anni

La Norma stessa consiglia comunque di rivedere ed

eventualmente di correggere i valori soglia per ogni

strada esaminata, in quanto potrebbero sussistere alcuni

condizioni particolari e peculiari della zona o della

regione da considerare, tuttavia non indica alcun

procedimento atto all’uopo.

Page 134: Ct 2 5 villani

131

Infine la classificazione dei punti neri viene effettuata

applicando dei coefficienti di ponderazione agli incidenti

avvenuti a seconda della gravità delle conseguenze:

Tabella 30

Conseguenze dell’incidente Peso CodiceIncidenti con danni materiali (NDM) 1 P1 Incidenti con feriti leggeri (NFL) 4 P2 Incidenti con feriti gravi (NFG) 20 P3 Incidenti con morti (NM) 25 P4

A ciascun punto nero pertanto può essere assegnato un

punteggio Sp a cui corrisponde il livello di pericolosità del

punto stesso:

∙ ∙ ∙ ∙ 50

Ovviamente, ad un punteggio maggiore corrisponde una

pericolosità maggiore del punto nero. Sulla base dei

valori assunti da Sp è possibile stilare una classifica di

pericolosità dei punti neri così individuati.

La Norma prevede infine la possibilità di ricorrere anche

ad una classificazione basata sui costi sociali

dell’incidente, che può essere utile per valutare da un

punto di vista economico la convenienza di un intervento

sull'infrastruttura.

La procedura svizzera quindi risolve in parte i problemi

che erano stati sollevati a riguardo di quella predisposta

dal CNR. Tuttavia presenta ancora alcune

problematiche: la classificazione delle sezioni omogenee

in due sole classi appare troppo semplificativa, inoltre

alcuni parametri come i valori soglia devono essere

valutati attentamente per stabilire la loro validità anche

sul territorio italiano. Infine, anche la classificazione sulla

base dei costi sociali degli incidenti solleva la questione

di quali costi assegnare agli incidenti.

La procedura messa a punto

Nonostante le problematiche ancora presenti, la

procedura svizzera appare comunque migliore. Si è

cercato pertanto di superare le ultime perplessità,

innanzitutto reintroducendo nella procedura una

classificazione a tre classi di incidentalità. Inoltre,

ciascuna strada dovrebbe essere suddivisa in sezioni

con estensione pari a 200m, indipendentemente dalla

presenza o meno di intersezioni: infatti, l’estensione

suggerita è tale da consentire comunque l’individuazione

di punti neri dovuti ad intersezioni a forte incidentalità.

Tuttavia nella procedura messa a punto è possibile

impiegare anche estensioni differenti, valutate sulla base

di necessità operative. La procedura pertanto ricalca in

parte quella svizzera, in quanto impiega gli stessi

parametri di densità degli incidenti e tasso di incidentalità

e gli stessi valori critici, salvo poi procedere alla

suddivisione in sezioni omogenee in maniera recursiva

ed alla classificazione delle sezioni omogenee secondo

le seguenti tre classi di incidentalità:

- Sezione a debole incidentalità

0.1 ∙

- Sezione a media incidentalità

0.1 ∙ 0.1 ∙

- Sezione a forte incidentalità

0.1 ∙

3.7 Gli indici di funzionalità

L’ultimo passo di quanto finora esposto consiste nel

ricercare alcuni parametri globali che siano indicativi

dell’efficienza di un’infrastruttura sotto più punti di vista,

che possano poi anche essere impiegati come previsione

e/o misura dell’efficienza degli interventi previsti o attuati

dal PTVE.

Da sottolineare che i valori e le classi individuate per tutti

gli indici descritti nel seguito sono state messe a punto

sulla base di osservazioni e applicazioni delle procedure

a casi reali impiegati come test.

Il primo degli indici è relativo all’analisi dell’efficienza dei

dispositivi di ritenuta: sempre in un’ottica di

ottimizzazione e razionalizzazione delle risorse e della

priorità di intervento, poiché le possibilità di disporre di

risorse tali da permettere di intervenire sulla totalità dei

dispositivi è pressoché nulla, è indispensabile introdurre

un indice che permetta di valutare l’efficienza del sistema

dei dispositivi di ritenuta nella sua totalità, e di assegnare

delle priorità di intervento strettamente correlate con la

sicurezza della circolazione. L’indice di efficienza per i

dispositivi di ritenuta IED permette di valutare l’efficienza

globale di un certo numero di dispositivi (ad es. tutti quelli

installati in una determinata sezione omogenea, o ancora

tutti quelli installati su una certa strada, oppure la totalità

dei dispositivi installati su tutte le strade in gestione ad un

determinato Ente).

L’utilità di un tale indice appare più chiara in sede di

pianificazione degli interventi manutentivi attuabili con un

budget limitato: assunti adeguati ed idonei vincoli, la

massimizzazione della funzione alla base della stima

Page 135: Ct 2 5 villani

132

dell’indice IEG permette infatti di scegliere quali interventi

attuare per ottenere il massimo beneficio possibile.

L’indice IED può essere valutato secondo la seguente

espressione per i dispositivi esistenti:

∑ ∙

51

dove:

LDtot estensione totale dei dispositivi per cui valutare

l’indice IED

N numero di dispositivi

INFi valore dell’indice INF dell’i-esimo dispositivo

LDi estensione dell’i-esimo dispositivo

Il campo di esistenza dell’indice IED è quello compreso

fra 0 e 1. La sua stima permette infine una valutazione

qualitativa dell’efficienza di tutto il gruppo di dispositivi

sotto indagine, secondo le seguenti classi:

Tabella 31

Livello di efficienza Indice IED Nulla IED = 0 Bassa 0 < IED ≤ 0.50 Media 0.50 < IED ≤ 0.75

Elevata 0.75 < IED ≤ 0.90 Massima IED > 0.90

Intervenendo sulle criticità del singolo dispositivo, se ne

migliorano le prestazioni e pertanto l’efficienza.

A carico invece dei dispositivi di ritenuta da installare

appare non corretto introdurre un indice di efficienza,

quanto piuttosto un indice di pericolosità residua del

punto da proteggere e dove è prevista l’installazione del

dispositivo stesso (infatti, non esistendo ancora tale

dispositivo, non ha senso pratico valutarne l’efficienza).

L’indice di pericolosità residua IPRS per la strada in

esame pertanto si valuta come:

∑ ∙

52

dove:

LPtot estensione totale dei dispositivi da installare

H numero di dispositivi da installare

IPTi valore dell’indice IPT dell’i-esimo dispositivo da

installare

LPi estensione dell’i-esimo dispositivo da installare

Il campo di esistenza dell’indice IPRS è quello compreso

fra 0 e 1. La pericolosità residua risiede nel fatto che,

installando alcuni dispositivi, si eliminano in via teorica i

pericoli per i quali si è giudicato necessario il dispositivo

di ritenuta stesso. Ciò significa che procedendo

all’installazione dei dispositivi necessari per i punti più

pericolosi, la pericolosità residua sulla strada in esame

diminuisce drasticamente. È da quest’ultimo punto di

vista che l’indice IPRS può assumere carattere di misura

di efficienza, in quanto se con alcuni interventi si abbatte

la pericolosità, conseguentemente si innalza l’efficienza

dell’infrastruttura e la sicurezza della circolazione.

Si individuano pertanto i seguenti intervalli:

Tabella 32

Livello di pericolosità residua Indice IPRS

Nulla IPRS = 0 Bassa 0 < IPRS ≤ 0.50 Media 0.50 < IPRS ≤ 0.75

Elevata 0.75 < IPRS ≤ 0.90 Massima IPRS > 0.90

Un ulteriore indice di efficienza è calcolabile

relativamente allo stato di manutenzione delle

pavimentazioni: calcolati gli indici STDj per le singole

sezioni omogenee, è infatti necessario anche in questo

caso disporre di un indice che permetta di valutare

l’efficienza globale delle pavimentazioni dell’intero

tracciato. Si introduce pertanto l’indice di efficienza delle

pavimentazione IEP, calcolabile come:

∑ ∙

53

dove:

LStot estensione totale della strada in esame

M numero delle sezioni omogenee individuate

STDj severità totale del degrado calcolata per la j-

esima sezione

LSj estensione della j-esima sezione omogenea

Il campo di esistenza dell’indice IEP è ancora compreso

fra 0 e 1. La sua stima permette infine una valutazione

qualitativa dell’efficienza della pavimentazione della

strada in esame, secondo le seguenti classi:

Tabella 33

Livello di efficienza Indice IEP

Nulla IEP = 0 Bassa 0 < IEP ≤ 0.50 Media 0.50 < IEP ≤ 0.75

Elevata 0.75 < IEP ≤ 0.90 Massima IEP > 0.90

Infine, anche a carico dell’incidentalità può essere

introdotto un indice di efficienza che permetta di giungere

ad una classificazione delle sezioni omogenee basata sui

Page 136: Ct 2 5 villani

133

costi sociali degli incidenti, che esplica la sua utilità

soprattutto in un’ottica di scelta degli interventi (e

pertanto di razionalizzazione delle risorse) sulle

infrastrutture. L’efficienza di questi interventi può essere

valutata non solo sulla base della riduzione del numero di

incidenti, ma anche (e soprattutto) sulla riduzione dei

costi sociali di questi: infatti non è sufficiente ridurre il

numero di incidenti se quelli residui hanno costi sociali

molto elevati.

Si propone perciò di impiegare il potenziale di sicurezza

SAPO così come descritto dalle linee guida allegate al

DL35/2011: questo è un indice che può essere impiegato

sia come criterio di scelta fra interventi differenti,

valutando il risparmio in termini economici derivante dalla

riduzione attesa del numero di incidenti conseguente

all’attuazione di alcuni interventi, sia come criterio di

valutazione dell’efficienza degli interventi attuati,

valutando la variazione della spesa economica derivante

dalla variazione del numero di incidenti verificatisi

successivamente all’attuazione degli interventi stessi.

L’indice SAPO è strutturato in maniera da non tenere in

considerazione il costo di realizzazione dell’intervento

stesso, cosicché risulta possibile valutarne un’efficienza

strettamente tecnica. L’indice SAPO è rappresentato

dalla differenza tra il costo sociale annuo che caratterizza

la singola sezione omogenea ed il valore atteso del costo

sociale annuo per un’equivalente sezione omogenea di

un’infrastruttura correttamente progettata e manutenuta

appartenente alla medesima categoria.

In forma analitica, può essere espresso come:

∑ ∙ ∙ ∙

∙ 365 ∙

10

54

dove:

SAPOj indice SAPO per la sezione j-esima, in

k€/km∙anno

DMj costi dei danni materiali conseguenti agli

incidenti sulla sezione j-esima

FLj numero di feriti leggeri per incidenti stradali sulla

sezione j-esima

cFL costo sociale per feriti leggeri

FGj numero di feriti gravi per incidenti stradali sulla

sezione j-esima

cFG costo sociale per feriti gravi

Mj numero di morti per incidenti stradali sulla

sezione j-esima

cM costo sociale per morti

LSj estensione in km della sezione j-esima

BTCI tasso base del costo degli incidenti

TGMj TGM della j-esima sezione

La maggior difficoltà nell’applicazione di questa

procedura risiede nella stima dei costi e del tasso BTCI:

per una prima stima si può far riferimento a quanto

riportato in Studio di valutazione dei costi sociali

dell’incidentalità stradale – Anno 2010, previsto dall’art.

7, comma 2, del DL 35/2011. Tuttavia può essere

opportuna una stima di tali costi a livello locale, al fine di

adattare meglio questa procedura a condizioni territoriali

particolari.

Infine, il calcolo della differenza fra l’indice SAPO

calcolato nella situazione ante-intervento e in quella post-

intervento può costituire una misura dell’efficienza

dell’intervento. Tuttavia quest’ultima parte e la sua

calibrazione saranno approfonditi in studi futuri, col fine

di giungere alla valutazione di un indice di efficienza per

la riduzione dell’incidentalità IEIN.

Si ritiene infine molto utile giungere ad un’ulteriore indice

di sintesi: si potrebbe infatti procedere alla combinazione

degli indici di efficienza e dell’indice di pericolosità

residua in un unico indice, ad esempio assegnando un

peso a ciascun indice che sia indicativo della sua

importanza nella sicurezza globale dell’infrastruttura.

Disporre di un siffatto indice di sicurezza globale ISG si

rivelerebbe molto utile in un’ottica di scelta degli

interventi, qualunque essi siano: infatti, si potrebbe in

questo modo avere a disposizione uno strumento

contenente tutte le necessità di una rete sotto tutti i

possibili punti di vista, il che consentirebbe al decisore di

allocare più opportunamente le risorse in suo possesso

su quegli interventi che, se affrontati per primi,

porterebbero ad un evidente incremento del livello di

sicurezza della circolazione su quella strada. Sarebbe

ossia possibile pianificare gli interventi manutentori in

modo da massimizzare l’efficienza globale

dell’infrastruttura o dell’intera rete ottimizzando al

contempo le risorse economiche disponibili, ossia stabiliti

i costi dei singoli interventi si disporrebbe di un vero e

proprio Piano di Manutenzione della Rete Stradale

completo ed efficiente.

Una possibile forma dell’indice ISG può essere la

seguente:

Page 137: Ct 2 5 villani

134

∙ ∙ ∙ ∙ ⋯

55

dove i Wx sono i pesi da assegnare a ciascun indice ed

IEIN è l’indice in fase di studio relativo all’incidentalità. La

messa a punto dell’indice ISG richiede innanzitutto di

calibrare in maniera adeguata i valori da assegnare ai

pesi; inoltre deve essere valutato attentamente l’indice

relativo all’incidentalità e la possibilità di inserire

all’interno dell’indice ISG ulteriori indici di efficienza (ad

es. relativamente alla segnaletica, all’illuminazione, ecc.).

Per tutti questi motivi lo studio dell’indice ISG è ancora in

fase di sviluppo e sarà pertanto oggetto di future

elaborazioni e pubblicazioni, congiuntamente alla

possibilità di procedere alla conversione di tutti gli indici

in termini economici.

3.8 La georeferenziazione

Tutti gli indici calcolati, i dati raccolti ed in generale i

risultati raggiunti possono essere facilmente riportati su

software GIS o, più genericamente, di geolocalizzazione

(ad es. Google Earth).

In questo modo si riesce a disporre di uno strumento

effettivamente di immediata consultazione, che permette

la visualizzazione diretta del dato e soprattutto della zona

cui esso è riferito.

Figura 7

Nella Figura 7 è presentato il risultato della

georeferenziazione visualizzata sul software Google

Earth dei dati inerenti i dispositivi di ritenuta esistenti,

ottenuta mediante apposito codice KML.

3.9 Sviluppo di un modello tassonomico per

una classificazione funzionale di una rete

stradale

Nel capitolo precedente si è evidenziata l’importanza di

giungere ad una classificazione anche sotto il profilo

funzionale della rete stradale in gestione ad un

determinato Ente.

Un territorio può essere descritto come un insieme di

elementi e di relazioni che si realizzano fra di essi, siano

queste flussi di beni, flussi di persone, ecc. Ognuna di

queste relazioni viene esplicata attraverso “canali”

dedicati: uno di questi è certamente costituito dalle reti

infrastrutturali, fra cui quella viaria. In letteratura esistono

numerosi studi che dimostrano che all’interno di un

determinato territorio, tra la struttura gerarchica dei vari

centri abitati e quella della rete di comunicazione e

trasporti, esistono strette relazioni isomorfiche, ossia che

la gerarchizzazione della rete dei collegamenti è

strettamente correlata alla gerarchizzazione dei centri.

Tali relazioni risultano ben descrivibili attraverso modelli

tassonomici, che forniscono classificazioni funzionali dei

centri che sono anche in grado di conservare quei legami

di dipendenza o di influenza tra gli elementi aggregati del

nuovo sistema gerarchizzato. L’impiego di tali modelli,

inoltre, consente sia di individuare le strutture

gerarchiche già presenti nel territorio, sia di individuare le

possibili strutture gerarchiche realizzabili al fine di

perseguire un obiettivo di riequilibrio territoriale.

Secondo la teoria tassonomica, si definisce sistema di

classificazione ogni serie di sottoinsiemi in cui può

essere suddiviso un insieme di oggetti, tenendo conto in

qualche modo delle informazioni che li riguardano.

L’obiettivo quindi di un sistema di classificazione è quello

di raggruppare elementi simili, pertanto il primo passo

obbligato è quello della definizione di una qualche misura

di similarità (o di dissimilarità) tra i vari oggetti, in genere

espressa mediante coefficienti di dissimilarità DC e/o

l’associata matrice di dissimilarità.

Qualsivoglia misura di dissimilarità si adotti, dati due

elementi A e B dell’insieme P in esame, e dato d(A,B) il

loro coefficiente di dissimilarità, valgono comunque le

seguenti proprietà:

,

,

, ,

56

Page 138: Ct 2 5 villani

135

dove d0 è un numero reale. La prima e la seconda

relazione indicano che nessun oggetto può essere più

simile ad un altro che a se stesso, mentre la terza

relazione esprime la fondamentale proprietà di

simmetria.

La matrice dei DC così ottenuta risulta quadrata e

simmetrica, ad elementi tutti positivi fuorché tutti e soli gli

elementi della diagonale principale, che risultano nulli.

Nel caso di classificazione funzionale di una rete

stradale, è possibile giungere ad una misura di

dissimilarità a partire da una matrice di dati, a sua volta

costituita ad esempio dalla distanza fra i centri, oppure

dai tempi di percorrenza fra questi. La costruzione del

sistema di classificazione gerarchica è quindi effettuata

assumendo la misura di dissimilarità prescelta ed

utilizzando una strategia agglomerativa, ossia una

strategia basata su algoritmi iterativi che ad ogni passo

associano coppie di elementi, scelte secondo prefissati

criteri (ad es. possono essere associate quelle coppie

per le quali ad ogni passo risulta minimo il coefficiente di

dissimilarità DC), in modo da costituire nuove unità

singole e quindi diminuire il numero complessivo per le

successive agglomerazioni. Il procedimento termina

teoricamente quando tutti gli n elementi dell’insieme

iniziale P sono stati agglomerati, dopo n-1 passi, in un

unico elemento. Tuttavia nella pratica si arresta la

procedura quando si raggiunge un determinato e

prefissato valore del coefficiente DC, oppure dopo un

determinato numero di passi, oppure ancora quando il

numero degli elementi residui risulta inferiore od uguale

ad un certo numero fissato in partenza, ossia ci si arresta

quando sarà raggiunto il prefissato grado di

semplificazione nella massa dei dati di partenza, tale che

si avrà la massima perdita di informazione accettabile

per il particolare problema in esame.

Operativamente, per il modello sviluppato si è in primo

luogo calcolata la dissimilarità per ogni coppia di centri a

partire dai tempi di percorrenza fra i diversi centri

comunali, ottenendo così una matrice quadrata delle

dissimilarità, simmetrica e con gli elementi della

diagonale principale nulli. Assunta pertanto la

dissimilarità quale grandezza da minimizzare con la

funzione obiettivo del modello, nella seconda fase della

procedura viene ricercata la coppia di centri (I,J) a cui

corrisponde il valore minimo del coefficiente DCij: i due

centri I e J vengono eliminati ed al loro posto viene

considerato un nuovo centro che presenta caratteristiche

pari alla somma delle grandezze relative ai due centri

soppressi e generalmente posizionato nel loro baricentro.

Si sono poi determinate le dissimilarità fra il nuovo centro

e tutti gli altri centri considerati, tornando all’inizio della

seconda fase. L’intero ciclo del procedimento consiste

nell’eliminazione dalla matrice dei DC delle righe e delle

colonne relative ai due centri da trascurare e nella

sostituzione a queste di un’unica riga e un’unica colonna

che riportano i nuovi valori calcolati, fino al termine del

procedimento stabilito secondo quanto sopra descritto.

Per il modello sviluppato, si è fatto ricorso ai tempi di

percorrenza necessari per gli spostamenti da un centro

all’altro come misura delle impedenza dij esistente fra

due centri I e J, espressione delle difficoltà di relazione

fra questi; inoltre per ciascun centro si sono considerate

due serie di variabili, con carattere di complementarietà,

rappresentative sia di un potere di attrazione che di

repulsione del centro stesso: queste due serie di variabili

sono ben rappresentate rispettivamente dal numero di

persone che si spostano verso il centro per motivi di

lavoro e/o studio e dal numero di persone che si

spostano dal centro stesso per gli stessi motivi, così

come risultanti dai dati disponibili del censimento ISTAT

del 2001. In input pertanto si hanno: una matrice delle

impedenze dij; una matrice rettangolare n∙m di m variabili

di attrazione ai(k), dove i=1,2,…,n indica il centro a cui è

attribuita la variabile a(k) e k=1,2,…,m indica il numero

d’ordine di tale variabile; una matrice rettangolare n∙m di

repulsione ri(k), con analogo significato degli indici e tale

che r(k) costituisca una grandezza omogenea e con

carattere di complementarietà alla variabile a(k). Poiché è

stata impiegata una sola variabile di

attrazione/repulsione, le matrici ai(k) ed ri

(k) sono in realtà

matrici quadrate. Considerando poi la matrice delle

eccedenze, individuata come ei(k) = (ai

(k) - ri(k)), per

ciascuna variabile si costruisce la matrice dei DCij:

57

ognuna delle quali è simmetrica e con gli elementi della

diagonale nulli. Inoltre, avendo impiegato una sola

variabile di attrazione/repulsione, si costruirà una sola

matrice dei DCij. Le dissimilarità così valutate riflettono

sia l’indipendenza fra i centri, giacché maggiori sono i

valori dei DCij e minori sono le interazioni fra questi, sia

del carattere di complementarietà dei centri stessi,

espresso dalle differenze algebriche delle eccedenze: i

Page 139: Ct 2 5 villani

136

coefficienti DCij così calcolati possono pertanto essere

assunti come una misura sufficientemente precisa e

raffinata delle relazioni fra i centri stessi.

Si potrà poi calcolare il coefficiente globale di

dissimilarità mediante la seguente espressione:

58

La funzione obiettivo del modello è data dalla seguente

espressione:

⇒ ∪ 59

In corrispondenza di tale minimo, l’algoritmo aggrega i

nodi I e J per i quali l’interdipendenza è massima

individuando un nuovo nodo G:

60

collocato alla nuova distanza dal generico nodo R pari a:

∙ ∑ ∙ ∑

∑ ∑

61

Nella procedura impiegata, a scopo semplificativo, si è

fatto ricorso ad una strategia che aggrega i centri in base

a valori crescenti dei DC a partire da:

62

ed incrementando ad ogni p-esima fase di aggregazione

tale valore di una costante ΔDC(p) scelta

convenientemente piccola. Ad ogni p-esima fase

pertanto si aggregano tutti i centri per i quali vale la

condizione

∑∆

63

Può accadere che un generico nodo I, nella p-esima

fase, possa essere aggregato sia al nodo J che al nodo

R: se si verifica che

∑ ∑⇒ ∪

64

altrimenti ∪ . Una tale condizione si verifica

aggregando, all’interno della generica p-esima fase, per

primi i centri con valore del DC minore: se durante tale

fase di aggregazione viene individuata come prossima

da aggregare una coppia (I,J) in cui il nodo I è già stato

aggregato nella fase in corso ad un altro nodo R,

l’algoritmo conclude la fase p-esima assumendo come

limite di aggregazione superiore DC(p) il DC dell’ultima

coppia aggregata.

Pertanto l’aggregazione eseguita nella p-esima fase

attribuisce ad ogni coppia (I,J) da aggregare il valore del

DC dato o da DC(p) o anche semplicemente da p stesso,

in modo che risulti:

65

e si attribuisce tale valore anche alla coppia (R,S) con R

nodo generico già aggregato ad I ed S già aggregato a J

prima della p-esima fase. Al passo successivo, se I e J

vengono aggregati nel nuovo nodo G, valgono le (60) e

(61), e si incrementa il limite DC(p) in modo che

∆ 66

iniziando così la nuova fase.

L’impiego di un modello così costruito permette di

determinare la dipendenza gerarchica fra i vari centri

urbani compresi in un prefissato ambito territoriale,

mediante la determinazione dei vari clusters ai rispettivi

livelli gerarchici, pertanto l’isomorfismo tra il livello

gerarchico dei centri e la struttura gerarchica dei rami

della corrispondente rete viaria può essere determinato

mediante due passaggi:

1) assunzione di un certo numero di livelli

gerarchici corrispondenti alle diverse

caratteristiche funzionali di rete che si desidera

analizzare;

2) formulazione dei criteri tassonomici riflettenti la

struttura o delle esistenti interazioni tra i centri

stessi (modelli descrittivi) o di quelle che si

desiderano avvengano (modelli di

pianificazione).

L’assunzione del numero di livelli gerarchici è

generalmente facilitata dal numero molto ridotto delle

classi funzionali che definiscono la gerarchia di una rete

viaria: secondo quanto prescritto dal DM 6792/2001, si

individuano 4 classi funzionali per gli elementi di una rete

stradale, pertanto potrebbero assumersi 4 livelli

gerarchici corrispondenti. Il numero dei criteri

tassonomici possibili deriva invece dal numero delle

combinazioni delle interazioni che si ritiene esistano fra i

Page 140: Ct 2 5 villani

137

vari centri sia all’interno che tra i vari livelli dei clusters in

esame.

Figura 8

Il risultato dell’applicazione di un simile modello ad un

determinato territorio viene efficacemente messo in

risalto dalle mappe a curve di isodissimilarità e dalle

mappe di aggregazione: le prime rappresentano il luogo

dei punti sul territorio aventi la stessa dissimilarità dal

centro considerato e possono essere interpretate come

risultato della sezione di “coni di influenza” con dei piani

orizzontali (con significato analogo, ad es., alle curve

isobatimetriche di un bacino acquifero); le seconde

rappresentano, attraverso archi orientati, i collegamenti

fra un centro e il centro con il quale esso viene

aggregato, con verso dal primo al secondo.

Ulteriore rappresentazione del risultato è costituito infine

dal dendrogramma, rappresentazione grafica del

coefficiente di dissimilarità e dove, sull'asse delle

ascisse, si rappresenta la distanza logica dei clusters

secondo la metrica definita, mentre sull’ asse delle

ordinate, il livello gerarchico di aggregazione (valori interi

positivi).

Il ricorso alla rappresentazione mediante dendrogramma

è possibile solo qualora sia rispettata la proprietà

ultrametrica, ossia che per ogni nodo A, B e C

appartenenti all’insieme P sia

, max , ; , 67

ottenibile imponendo DCij = p, con p numero d’ordine

della fase in cui i nodi I e J vengono aggregati. Infatti

come misura del livello di aggregazione non può essere

impiegato il valore della dissimilarità dell’ultima coppia

aggregata, in quanto cambiando i valori delle eccedenze

ad ogni aggregazione cambiano anche i valori della

dissimilarità fra centri.

4. APPLICAZIONE ALLA VIABILITA’

EXTRAURBANA DELLA PROVINCIA DI PISA

La rete considerata per lo sviluppo dell’applicazione e la

verifica sperimentale di quanto fin qui esposto è quella

della provincia di Pisa, situata nella zona occidentale

della regione Toscana.

Allo stato attuale, la rete stradale in gestione alla

Provincia di Pisa risulta composta da 70 strade

provinciali e 7 strade fra ex statali ed ex regionali, per

un’estensione totale di circa 965km.

Nella Figura 9 è rappresentata l’attuale rete stradale

provinciale. Come è ben evidente, la maggior densità di

infrastrutture viarie è concentrata nella zona

settentrionale del territorio provinciale, dove è altresì

concentrata la quota maggiore della popolazione e delle

attività produttive: i soli comuni ricadenti nella Valdarno e

nella Valdera rappresentano infatti oltre l’85% della

popolazione totale residente nell’intera provincia.

Questa particolare distribuzione territoriale dei residenti e

delle attività produttive si ripercuote anche sulla rete

viaria: nella zona nord, infatti, ricadono infrastrutture che

assurgono a funzioni anche extra provinciali e di

collegamento con le provincie limitrofe, e soprattutto

caratterizzate da flussi veicolari elevati o molto elevati,

mentre nella zona sud la maggior parte delle strade

provinciali riveste un ruolo riconducibile ai collegamenti

intracomunali ed a servizio di ridotti volumi di traffico.

Ulteriore differenza fra le due zone discende

direttamente dalle caratteristiche orografiche del

territorio: mentre nella zona nord la maggior parte delle

infrastrutture presenta caratteristiche tipiche delle

infrastrutture di pianura, ossia lunghi rettilinei, curve ad

ampio raggio, carreggiate con larghezze generalmente

superiori ai 7.00m e ridotti tratti non pianeggianti (per lo

più collinari), nella zona sud siamo di fronte ad

infrastrutture che in determinati casi hanno caratteristiche

tipiche delle strade di montagna, con presenza di

tornanti, carreggiate a larghezza ridotta e forti dislivelli da

superare.

Questo squilibrio risulta essere un aspetto cruciale nella

gestione dell’intera rete: la rete stradale facente parte

della zona nord, infatti, risulta percorsa quotidianamente

Page 141: Ct 2 5 villani

138

da elevati flussi di traffico (anche pesante, vista la

presenza di numerosi poli di produzione in tutta la piana

del fiume Arno), pertanto richiede interventi assai più

frequenti per il mantenimento dell’efficienza al fine di

assicurare adeguate caratteristiche che possano

soddisfare la domanda di trasporto, pena un forte

decadimento delle condizioni di circolazione e della

sicurezza; la stessa situazione invece non si riscontra

con la stessa frequenza nella zona sud, ove il traffico, di

volume assai ridotto, è per lo più composto da veicoli

leggeri e ove la rete provinciale soddisfa adeguatamente

la domanda di trasporto fra comuni con numero ridotto di

abitanti.

4.1 La domanda di trasporto attuale

Attività propedeutica all’applicazione delle procedure

sviluppate, la ricostruzione della domanda di trasporto è

stata eseguita a partire dai dati disponibili relativi ai

censimenti ISTAT degli anni 1991, 2001 e, per quanto

disponibile, 2011.

Ai fini della pianificazione, è necessario caratterizzare la

domanda individuando:

- i soggetti che si spostano;

- i motivi dello spostamento;

- i punti tra i quali avvengono gli spostamenti;

- il modo di trasporto utilizzato;

- il periodo temporale a cui si fa riferimento.

Nel caso della Provincia di Pisa si è fatto riferimento agli

spostamenti per motivi di studio e lavoro espletati

solamente fra i comuni della provincia stessa,

indipendentemente dal modo di trasporto impiegato.

Si è pertanto ricostruita la matrice O/D riferita agli

spostamenti per motivi di studio/lavoro fra centri

comunali all’interno della Provincia di Pisa.

Page 142: Ct 2 5 villani

139

Figura 9

4.2 Le velocità di progetto per le strade

extraurbane della Provincia di Pisa

La procedura descritta al par. 3.1 è stata applicata alle

strade in gestione o di proprietà della Provincia di Pisa,

comprese le relative diramazioni e varianti.

L’applicazione di tale procedura ha richiesto alcune fasi

preparatorie: innanzitutto è stato necessario ricostruire gli

assi strada da cui poi estrapolare tutti i dati necessari e

richiesti dalla procedura stessa; successivamente è stato

messo a punto un foglio di calcolo automatizzato che,

ricevuti in input i dati estrapolati dagli assi strada, ha reso

possibile il calcolo in maniera automatica delle velocità di

progetto.

Gli assi strada sono stati ricostruiti sulla base della

cartografia CTR in scala 1:10,000 disponibile sul portale

GIS “Cartoteca” della regione Toscana; in alcuni casi,

ossia per gli assi delle strade provinciali la cui

progettazione e costruzione è avvenuta in tempi molto

recenti, si è invece fatto ricorso ai progetti esistenti

disponibili. Gli assi si sono ricostruiti assumendo, in via

semplificativa, che questi siano costituiti da tratti rettilinei

e da curve in successione fra di loro. Nella Figura 10 si

Page 143: Ct 2 5 villani

140

riporta un esempio di un tratto asse strada ricostruito e,

in questo caso, anche quotato.

Figura 10

Operativamente, ricorrendo al software AutoCAD si è

disegnato l’asse come una polilinea costituita da linee ed

archi, dalla quale poi si sono estratte le coordinate dei

punti iniziali di ciascun elemento in maniera ordinata.

Estratte le coordinate, si è poi proceduto ad estrarre i

seguenti dati da ciascun elemento:

- per gli archi: angolo della tangente nel punto

iniziale, angolo al centro, area, coordinata X del

centro, coordinata Y del centro, lunghezza e

raggio;

- per le linee: lunghezza, angolo di orientamento,

ΔX, ΔY, coordinata X del punto iniziale,

coordinata Y del punto iniziale, coordinata X del

punto finale e coordinata Y del punto finale.

Tutti questi elementi si sono poi ordinati, secondo la loro

reale successione e in maniera del tutto automatica,

all’interno del foglio di calcolo predisposto, sulla base

delle coordinate del punto iniziale estratte dalla polilinea

relativa a ciascun asse.

Il foglio di calcolo può essere impiegato per ottenere più

risultati: una velocità di progetto VP,strada rappresentativa

dell’intero tracciato (o della sezione omogenea in

esame), oppure una velocità di progetto puntuale , di

ciascuna curva presente all’interno del tracciato stesso (o

della sezione omogenea in esame).

L’applicazione di questa procedura a tutte le strade della

Provincia di Pisa ha portato ad ottenere i risultati

visualizzabili nella successiva Tabella 34, in cui si sono

riportate le sezioni omogenee individuate sulla base della

VP,strada e il valore calcolato per quest’ultima.

È necessario osservare che le progressive a cui fa

riferimento la Tabella 34 sono quelle quotate sugli assi

strada ricostruiti su base CTR e non quelle indicate a

bordo strada con appositi segnali ettometrici: fra i due

sistemi di coordinate possono infatti sussistere differenze

anche sostanziali, motivo per cui ci si è sempre riferiti

alle coordinate effettive e misurate da cartografia.

È infine necessario osservare che la divisione in sezioni

omogenee risultava già a disposizione del Servizio

Viabilità della Provincia di Pisa: l’applicazione della

procedura per il calcolo della VP ha tuttavia permesso un

approfondimento e, in alcuni casi, l’individuazione di

ulteriori sezioni omogenee.

Tabella 34

STRADA TRATTO VP,strada

(km/h) dal km al kmSP1 “della Botte” 0+000 2+300 67 SP2 “Vicarese” 0+000 19+850 85 SP3 “Bientina – Altopascio” 0+000 12+000 84 SP3 “Bientina – Altopascio - dir. Via Pacini”

0+000 1+300 92

SP4 “Orentanese” 0+000 5+100 81 SP5 “Francesca” 0+000 11+300 77 SP6 “di Giuncheto” 0+000 4+650 69 SP7 “di S. Miniato” 0+000 2+350 63 SP8 “della Valdinievole” 0+000 13+850 72 SP9 “di S. Jacopo” 0+575 5+300 93 SP10 “Vecchianese” 0+000 6+350 82 SP11 “delle Colline per Legoli” 0+325 25+350 76 SP11 “delle Colline per Legoli – var. del Romito”

0+000 1+500 80

SP11 “delle Colline per Legoli – var. dei Fabbri”

0+000 1+100 72

SP12 “delle Colline per Livorno” 1+150 12+300 68 SP13 “del Commercio” 0+000 11+300 74 SP13 “del Commercio” 11+300 51+100 57 SP14 “di Miemo” 0+000 11+500 72 SP14 “di Miemo” 11+500 25+450 56 SP15 “Volterrana” 0+000 9+150 60 SP15 “Volterrana” 9+150 13+100 71 SP16 “del Monte Volterrano” 0+000 6+850 53 SP17 “delle valli di Pavone e Cecina”

0+000 4+650 73

SP17 “delle valli di Pavone e Cecina – dir. Ricavolo”

0+350 4+500 48

SP18 “dei Quattro Comuni” 0+000 12+600 85 SP18 “dei Quattro Comuni” 12+600 17+680 49

Page 144: Ct 2 5 villani

141

STRADA TRATTO VP,strada

(km/h) dal km al km SP19 “della Camminata” 0+000 15+700 63 SP20 “del Lodano” 0+000 4+700 49 SP20 “del Lodano” 4+700 10+000 74 SP20 “del Lodano – dir. Sassetta”

6+115 10+050 78

SP21 “del Pian della Tora” 0+000 5+500 72 SP21 “del Pian della Tora” 5+500 8+900 66 SP22 “del Mare” 0+000 5+600 80 SP23 “di Gello” 0+000 7+050 92 SP24 “Arnaccio – Calci” 0+000 5+700 86 SP24 “Arnaccio – Calci” 5+700 10+900 77 SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte”

0+000 9+600 80

SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte”

9+600 11+350 68

SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte – dir.”

0+000 0+700 79

SP26 “di Santo Pietro Belvedere”

0+000 5+400 69

SP26 “di Santo Pietro Belvedere”

5+400 9+550 85

SP27 “di Montecastelli” 0+000 11+600 56 SP27 “di Montecastelli – dir. nord”

0+000 5+900 52

SP28 “dei Tre Comuni” 0+000 10+500 65 SP28 “dei Tre Comuni” 10+500 15+250 81 SP28 “dei Tre Comuni – dir. Quadri”

0+000 2+000 57

SP28 “dei Tre Comuni – dir. Pozzatelli”

0+000 1+800 54

SP29 “della Val di Cecina” 0+000 4+380 98 SP30 “del Lungomonte Pisano” 0+000 3+000 90 SP30 “del Lungomonte Pisano” 3+000 16+600 77 SP30 “del Lungomonte Pisano” 16+600 18+350 67 SP31 “Cucigliana – Lorenzana” 0+000 13+600 82 SP31 “Cucigliana – Lorenzana” 13+600 17+450 69 SP31 “Cucigliana – Lorenzana” 17+450 18+950 70 SP32 “di Montecatini Val di Cecina”

0+000 12+950 52

SP33 “Castellina Marittima – Le Badie”

0+000 2+600 53

SP33 “Castellina Marittima – Le Badie”

2+600 7+850 76

SP34 “Castelfranco – Staffoli” 0+000 2+500 96 SP34 “Castelfranco – Staffoli” 2+500 4+200 59 SP34 “Castelfranco – Staffoli” 4+200 7+500 93 SP35 “delle Colline per Lari” 0+000 17+300 55 SP36 “Palaiese” 0+000 3+000 63 SP36 “Palaiese” 3+000 10+000 79 SP36 “Palaiese” 10+000 19+000 56 SP37 “delle Colline per S. Luce”

0+000 9+650 75

SP38 “di Buti” 0+000 5+700 61 SP38 “di Buti” 5+700 7+550 85 SP39 “S. Miniato – S. Lorenzo” 0+000 1+700 49 SP39 “S. Miniato – S. Lorenzo” 1+700 9+800 75 SP40 “Isola di S. Miniato” 0+000 3+000 81 SP40 “Isola di S. Miniato” 3+000 4+225 63 SP41 “di Peccioli” 0+000 1+200 90 SP41 “di Peccioli” 1+200 3+300 54 SP41 “di Peccioli” 3+300 5+150 70 SP42 “di Terricciola” 0+000 9+400 65 SP43 “di Orciano” 0+000 5+780 74 SP43 “di Orciano” 5+780 8+800 72 SP43 “di Orciano – dir. Greppioli”

0+000 1+500 72

SP44 “S. Croce – Ponte a Egola”

0+000 2+200 81

SP45 “di Lajatico” 0+000 6+300 52 SP45 “di Lajatico” 6+300 8+250 68 SP45 “di Lajatico – dir. Orciatico”

0+000 7+400 50

SP46 “Perignano – Lari” 0+000 4+100 86

STRADA TRATTO VP,strada

(km/h) dal km al kmSP46 “Perignano – Lari” 4+100 4+750 46 SP46 “Perignano – Lari” 4+750 9+550 66 SP47 “di Micciano” 0+000 13+500 52 SP47 “di Micciano” 13+500 20+150 65 SP48 “di Montevaso” 0+000 23+325 47 SP49 “della Leccia e Lustignano”

0+000 10+400 54

SP49 “della Leccia e Lustignano – dir. Lustignano”

0+000 1+900 57

SP50 “di Montaione” 0+000 2+700 73 SP50 “di Montaione” 2+700 7+325 91 SP51 “Rosignanina” 0+000 7+350 79 SP52 “di Casole d’Elsa” 0+000 4+350 56 SP53 “del Cornocchio” 0+000 6+750 59 SP54 “della Bonifica del Tiglio” 0+000 1+125 90 SP55 “di Pian del Pruno” 0+000 12+525 53 SP55 “di Pian del Pruno” 12+525 16+400 67 SP56 “del Monteserra” 0+000 10+575 61 SP56 “del Monteserra – dir. Buti”

0+000 8+250 64

SP57 “del Poggetto” 0+400 4+200 79 SP57 “del Poggetto” 4+200 8+050 68 SP57 “del Poggetto” 8+050 12+050 68 SP58 “del Biscottino” 0+000 3+200 84 SP58 “del Biscottino” 3+200 6+825 71 SP59 “delle Palanche” 0+000 1+500 93 SP60 “Poggiberna” 0+000 3+000 62 SP60 “Poggiberna” 3+000 7+200 75 SP61 “di Molina di Quosa” 0+000 7+150 53 SP62 “di Vecchienne” 0+000 2+800 49 SP62 “di Vecchienne” 2+800 4+650 66 SP63 “di Collemontanino” 0+000 1+700 59 SP63 “di Collemontanino” 1+700 6+200 66 SP64 “della Fila” 0+000 7+700 94 SP65 “Romanina” 0+000 2+950 80 SP66 “Francesca bis” 0+000 9+600 96 SP69 “Variante di Ponsacco” 0+000 5+150 91 SP70 “Bretella del Cuoio” 0+000 4+200 98 SP224 “di Marina di Pisa” 4+000 24+200 95 SP329 “del Passo di Bocca di Valle”

13+450 41+925 51

SR12 “dell’Abetone e del Brennero”

6+800 11+000 66

SR12 “dell’Abetone e del Brennero”

11+000 16+400 79

SR68 “della Val di Cecina” 2+100 7+000 76 SR68 “della Val di Cecina” 7+000 28+900 85 SR68 “della Val di Cecina” 28+900 46+100 52 SR68 “della Val di Cecina” 46+100 47+500 69 SR68 “della Val di Cecina” 47+500 52+350 49 SR206 “Pisana – Livornese” 37+300 44+850 92 SR436 “Francesca” 26+400 28+200 83 SR439 “Sarzanese Valdera” 46+850 58+425 73 SR439 “Sarzanese Valdera” 60+390 62+200 91 SR439 “Sarzanese Valdera” 65+500 85+200 73 SR439 “Sarzanese Valdera” 85+200 134+850 56 SR439 “Sarzanese Valdera – diramazione”

0+000 12+500 71

SR439 “Sarzanese Valdera – diramazione”

12+500 16+950 57

SR439 “Sarzanese Valdera – var. del Ponte alla Navetta”

0+000 2+950 79

4.3 Le velocità operative per le strade

extraurbane della Provincia di Pisa

Il passaggio alle velocità operative, così come descritto

al par. 3.2, si è rivelato di fondamentale importanza in

ottica dell’applicazione delle procedure relative al livello

di rischio connesso ai dispositivi di ritenuta e allo stato

Page 145: Ct 2 5 villani

142

delle pavimentazioni, e di quella relativa

all’individuazione dei punti pericolosi. Infatti, disponendo

delle sole velocità di progetto si hanno a disposizione o

le velocità puntuali delle sole curve, oppure le velocità di

intere sezioni omogenee: in entrambi i casi si ha a

disposizione un’informazione “incompleta”, in quanto se

volessimo impiegare le velocità puntuali non ne

disporremmo per i rettifili, mentre se impiegassimo le

velocità di progetto delle sezioni omogenee (così come

determinate al paragrafo precedente) rischieremmo di

sottovalutare (o sopravalutare) il rischio in alcuni punti

particolari (le velocità di progetto derivano, in ultima

analisi, da modelli di natura statistica).

Disporre quindi delle velocità operative permette di

superare questa criticità: le velocità operative infatti

consentono di fondare le procedure del rischio sopra

citate su velocità calcolabili per ciascun elemento, ossia

sulle reali condizioni di circolazione, con la conseguenza

di ottenere risultati con approssimazioni decisamente

ridotte (derivanti, quest’ultime, da quelle intrinseche nei

modelli impiegati).

Si ritiene non possibile, per ovvi motivi di spazio,

presentare qui i risultati dell’applicazione di questa

procedura a tutti i tracciati. A titolo di esempio, però, si

riportano nella seguente Tabella 35 i risultati ottenuti per

la SP7 “di San Miniato” con entrambe le procedure.

Tabella 35

ID

L (m)

Pk (m)

R (m)

α (gradi)

fT calcolato

V85 (km/h)

VP (km/h)

1 173 173 65

2 86 259 385 13 0.123 88 88

3 117 376 77

4 85 461 403 12 0.122 90 90

5 567

6 161 622 73

7 54 676 184 17 0.155 67 67

8 116 792 58

9 64 856 54 68 0.208 41 41

10 56 911 46 69 0.210 38 38

11 93 1004 57

12 66 1070 210 18 0.149 70 70

13 27 1097 10 149 0.210 20 20

14 71 1168 39

15 33 1200 24 79 0.210 30 30

16 37 1237 41

17 34 1271 28 68 0.210 31 31

18 33 1304 623 3 0.106 100 100

19 42 1345 215 11 0.148 71 71

ID

L(m)

Pk(m)

R (m)

α (gradi)

fT calcolato

V85 (km/h)

VP (km/h)

20 80 1426 68

21 52 1477 323 9 0.131 82 82

22 47 1524 62

23 45 1569 113 23 0.177 55 55

24 91 1661 69

25 94 1754 1024 5 0.093 100 100

26 64 1818 66 55 0.200 44 44

27 50 1868 153 19 0.163 62 62

28 64 1932 48

29 27 1959 9 164 0.210 19 19

30 31 1991 39

31 30 2020 44 39 0.210 37 37

32 18 2038 42

33 27 2066 26 61 0.210 30 30

34 15 2081 13 69 0.210 30 30

35 22 2103 16 76 0.210 30 30

36 102 2204 59

37 57 2261 346 9 0.128 85 85

38 46 2307 64

39 30 2337 133 13 0.170 59 59

dove:

L lunghezza dell’elemento

Pk progressiva chilometrica iniziale dell’elemento

R raggio della curva

α angolo al centro della curva

fT coefficiente di aderenza trasverale

V85 velocità operativa dell’elemento

VP velocità di progetto dell’elemento

Da un confronto (Figura 11 e Figura 12), appare evidente

come, in seguito all’applicazione della procedura per le

velocità operative, siano disponibili maggiori e più

dettagliate informazioni relativamente all’intero tracciato:

ciò ha consentito sia di ricalcolare le velocità delle

sezioni omogenee tenendo conto delle reali condizioni di

circolazione su queste, sia di individuare con maggior

precisione le sezioni omogenee, che possono quindi

risultare sensibilmente diverse da quelle individuate con

la procedura precedente. Inoltre disporre di maggiori

informazioni ha consentito anche di giungere al calcolo di

un parametro di velocità che possa essere ritenuto

rappresentativo anche per quelle strade caratterizzate da

poche curve e rettilinei molto lunghi, situazione in cui la

precedente procedura mostrava marcate difficoltà.

Nella Tabella 36 si riportano i risultati della procedura per

il calcolo delle velocità operative applicata alle sezioni

omogenee precedentemente individuate, in quanto

Page 146: Ct 2 5 villani

143

queste sono state oggetto di delibera ed approvazione

da parte della Provincia di Pisa. Rimane tuttavia da

osservare che una suddivisione in sezioni basata sulla

procedura presente può presentare differenze che

possono, in alcuni casi, risultare sostanziali.

Figura 11

Figura 12

Tabella 36

STRADA TRATTO VOP,strada

(km/h) dal km al km SP1 “della Botte” (1) 0+000 2+300 72 SP2 “Vicarese” 0+000 19+850 84 SP3 “Bientina – Altopascio” (1)

0+000 12+000 91

SP3 “Bientina – Altopascio - dir. Via Pacini” (1)

0+000 1+300 92

SP4 “Orentanese” 0+000 5+100 77 SP5 “Francesca” (1) 0+000 11+300 79 SP6 “di Giuncheto” 0+000 4+650 73 SP7 “di S. Miniato” 0+000 2+350 62 SP8 “della Valdinievole”

0+000 13+850 71

SP9 “di S. Jacopo” (1) 0+575 5+300 91 SP10 “Vecchianese” 0+000 6+350 76 SP11 “delle Colline per Legoli” (1) 0+325 25+350 79

SP11 “delle Colline per Legoli – var. del Romito”

0+000 1+500 78

SP11 “delle Colline per Legoli – var. dei Fabbri” (1)

0+000 1+100 79

SP12 “delle Colline per Livorno” (1)

1+150 12+300 71

SP13 “del Commercio” (1)

0+000 11+300 76

SP13 “del Commercio”

11+300 51+100 57

SP14 “di Miemo” (1) 0+000 11+500 75 SP14 “di Miemo” 11+500 25+450 57 SP15 “Volterrana” 0+000 9+150 58 SP15 “Volterrana” 9+150 13+100 71 SP16 “del Monte Volterrano”

0+000 6+850 53

SP17 “delle valli di 0+000 4+650 74

STRADA TRATTO VOP,strada

(km/h) dal km al km Pavone e Cecina” SP17 “delle valli di Pavone e Cecina – dir. Ricavolo”

0+350 4+500 48

SP18 “dei Quattro Comuni”

0+000 12+600 88

SP18 “dei Quattro Comuni”

12+600 17+680 51

SP19 “della Camminata” (1)

0+000 15+700 65

SP20 “del Lodano” 0+000 4+700 51 SP20 “del Lodano” 4+700 10+000 75 SP20 “del Lodano – dir. Sassetta”

6+115 10+050 82

SP21 “del Pian della Tora”

0+000 5+500 70

SP21 “del Pian della Tora” (1)

5+500 8+900 67

SP22 “del Mare” (1) 0+000 5+600 83 SP23 “di Gello” 0+000 7+050 93 SP24 “Arnaccio – Calci” (1)

0+000 5+700 87

SP24 “Arnaccio – Calci”

5+700 10+900 75

SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte” (1)

0+000 9+600 82

SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte”

9+600 11+350 66

SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte – dir.”

0+000 0+700 69

SP26 “di Santo Pietro Belvedere”

0+000 5+400 69

SP26 “di Santo Pietro Belvedere” (1)

5+400 9+550 94

SP27 “di Montecastelli”

0+000 11+600 56

SP27 “di 0+000 5+900 53

0

20

40

60

80

100

120

0 500 1000 1500 2000 2500

Velocità (km

/h)

Progressiva (m)

SP7 "di S. Miniato"

Vp,i(a)

Vp,strada ‐ 10

Vp,strada ‐ 20

Vp,strada

0.00

20.00

40.00

60.00

80.00

100.00

120.00

0 500 1000 1500 2000 2500

Velocità (km

/h)

Progressiva (m)

SP7 "di S. Miniato"

V85

Vop,strada ‐ 10

Vop,strada ‐ 20

Vop,strada

Page 147: Ct 2 5 villani

144

STRADA TRATTO VOP,strada

(km/h) dal km al km Montecastelli – dir. nord” SP28 “dei Tre Comuni”

0+000 10+500 67

SP28 “dei Tre Comuni”

10+500 15+250 79

SP28 “dei Tre Comuni – dir. Quadri”

0+000 2+000 55

SP28 “dei Tre Comuni – dir. Pozzatelli”

0+000 1+800 57

SP29 “della Val di Cecina”

0+000 4+380 98

SP30 “del Lungomonte Pisano”

0+000 3+000 86

SP30 “del Lungomonte Pisano”

3+000 16+600 79

SP30 “del Lungomonte Pisano”

16+600 18+350 63

SP31 “Cucigliana – Lorenzana” (1)

0+000 13+600 87

SP31 “Cucigliana – Lorenzana”

13+600 17+450 69

SP31 “Cucigliana – Lorenzana”

17+450 18+950 68

SP32 “di Montecatini Val di Cecina”

0+000 12+950 53

SP33 “Castellina Marittima – Le Badie”

0+000 2+600 52

SP33 “Castellina Marittima – Le Badie” (1)

2+600 7+850 76

SP34 “Castelfranco – Staffoli”

0+000 2+500 96

SP34 “Castelfranco – Staffoli”

2+500 4+200 59

SP34 “Castelfranco – Staffoli”

4+200 7+500 86

SP35 “delle Colline per Lari”

0+000 17+300 57

SP36 “Palaiese” 0+000 3+000 62 SP36 “Palaiese” 3+000 10+000 77 SP36 “Palaiese” 10+000 19+000 56 SP37 “delle Colline per S. Luce”

0+000 9+650 77

SP38 “di Buti” (1) 0+000 5+700 64 SP38 “di Buti” 5+700 7+550 79 SP39 “S. Miniato – S. Lorenzo”

0+000 1+700 51

SP39 “S. Miniato – S. Lorenzo” (1)

1+700 9+800 77

SP40 “Isola di S. Miniato” (1)

0+000 3+000 83

SP40 “Isola di S. Miniato”

3+000 4+225 60

SP41 “di Peccioli” (1) 0+000 1+200 67 SP41 “di Peccioli” 1+200 3+300 50 SP41 “di Peccioli” (1) 3+300 5+150 76 SP42 “di Terricciola” 0+000 9+400 64 SP43 “di Orciano” 0+000 5+780 72 SP43 “di Orciano” 5+780 8+800 74 SP43 “di Orciano – dir. Greppioli”

0+000 1+500 73

SP44 “S. Croce – Ponte a Egola” (1)

0+000 2+200 82

SP45 “di Lajatico” 0+000 6+300 55 SP45 “di Lajatico” 6+300 8+250 73 SP45 “di Lajatico – dir. Orciatico” (1)

0+000 7+400 54

SP46 “Perignano – Lari”

0+000 4+100 86

SP46 “Perignano – Lari”

4+100 4+750 48

SP46 “Perignano – 4+750 9+550 65

STRADA TRATTO VOP,strada

(km/h) dal km al km Lari” SP47 “di Micciano” 0+000 13+500 53 SP47 “di Micciano” 13+500 20+150 65 SP48 “di Montevaso” 0+000 23+325 49 SP49 “della Leccia e Lustignano”

0+000 10+400 52

SP49 “della Leccia e Lustignano – dir. Lustignano”

0+000 1+900 56

SP50 “di Montaione” 0+000 2+700 68 SP50 “di Montaione” (1)

2+700 7+325 91

SP51 “Rosignanina” 0+000 7+350 75 SP52 “di Casole d’Elsa”

0+000 4+350 55

SP53 “del Cornocchio”

0+000 6+750 59

SP54 “della Bonifica del Tiglio”

0+000 1+125 95

SP55 “di Pian del Pruno”

0+000 12+525 51

SP55 “di Pian del Pruno”

12+525 16+400 66

SP56 “del Monteserra”

0+000 10+575 60

SP56 “del Monteserra – dir. Buti”

0+000 8+250 61

SP57 “del Poggetto” 0+400 4+200 77 SP57 “del Poggetto” 4+200 8+050 65 SP57 “del Poggetto” 8+050 12+050 68 SP58 “del Biscottino” (1)

0+000 3+200 93

SP58 “del Biscottino” (1)

3+200 6+825 78

SP59 “delle Palanche”

0+000 1+500 83

SP60 “Poggiberna” (1) 0+000 3+000 65 SP60 “Poggiberna” 3+000 7+200 72 SP61 “di Molina di Quosa”

0+000 7+150 53

SP62 “di Vecchienne” 0+000 2+800 49 SP62 “di Vecchienne” 2+800 4+650 63 SP63 “di Collemontanino”

0+000 1+700 58

SP63 “di Collemontanino”

1+700 6+200 65

SP64 “della Fila” (1) 0+000 7+700 94 SP65 “Romanina” 0+000 2+950 80 SP66 “Francesca bis” 0+000 9+600 103 SP69 “Variante di Ponsacco” (1)

0+000 5+150 96

SP70 “Bretella del Cuoio”

0+000 4+200 101

SP224 “di Marina di Pisa” (1)

4+000 24+200 99

SP329 “del Passo di Bocca di Valle”

13+450 41+925 51

SR12 “dell’Abetone e del Brennero”

6+800 11+000 61

SR12 “dell’Abetone e del Brennero”

11+000 16+400 77

SR68 “della Val di Cecina”

2+100 7+000 73

SR68 “della Val di Cecina”

7+000 28+900 80

SR68 “della Val di Cecina”

28+900 46+100 54

SR68 “della Val di Cecina” (1)

46+100 47+500 71

SR68 “della Val di Cecina”

47+500 52+350 48

SR206 “Pisana – Livornese” (1)

37+300 44+850 89

SR436 “Francesca” (1) 26+400 28+200 87

Page 148: Ct 2 5 villani

145

STRADA TRATTO VOP,strada

(km/h) dal km al km SR439 “Sarzanese Valdera” (1)

46+850 58+425 78

SR439 “Sarzanese Valdera” (1)

60+390 62+200 94

SR439 “Sarzanese Valdera” (1)

65+500 85+200 73

SR439 “Sarzanese Valdera” (1)

85+200 134+850 59

SR439 “Sarzanese Valdera – diramazione”

0+000 12+500 73

SR439 “Sarzanese Valdera – diramazione” (1)

12+500 16+950 59

SR439 “Sarzanese Valdera – var. del Ponte alla Navetta”

0+000 2+950 77

(1) Per queste strade la procedura per il calcolo delle velocità operative suggerisce di procedere con ulteriori suddivisioni in quanto il tracciato evidenzia alcune ulteriori disomogeneità

4.4 Il livello di rischio dei dispositivi di ritenuta

lungo le strade extraurbane della Provincia

di Pisa

La valutazione del livello di rischio connesso ai dispositivi

di ritenuta può essere eseguita solo in un momento

successivo al censimento, ossia dopo aver costruito il

database contenente le caratteristiche e le eventuali

problematiche riscontrate per ciascun dispositivo.

Il censimento dei dispostivi, parte integrante del più

ampio progetto Ro.Sa.Ma.S. (Road Safety Management

System), ha costituito una fase importante del presente

lavoro, certamente la più impegnativa dal punto di vista

operativo: la prima fase è stata impiegata per la messa a

punto e la calibrazione dell’intera procedura, per la

corretta scelta dei dati da registrare e per la validazione

delle procedure stesse. Nella seconda fase, in accordo

con le necessità e la disponibilità del personale della

Provincia di Pisa (direttamente coinvolta nello sviluppo

del progetto Ro.Sa.Ma.S.) è stato sviluppato un

programma di lavoro che ha consentito di censire la

totalità dei dispositivi di ritenuta esistenti sull’intera rete.

Nel periodo compreso fra luglio 2012 e luglio 2013 sono

stati censiti, su tutte le strade in gestione alla Provincia di

Pisa, un totale di 2481 dispositivi di ritenuta, per

complessivi 186,700m, suddivisi come riassunto nella

Tabella 37 e in Figura 13.

Tabella 37

Classe Estensione (m) N1 749 N2 75,265 H1 57,799 H2 33,982 H3 6,685 H4 2,547

M100 8,815 altro 859

Totale 186,700

Figura 13

L’applicazione della proceduta a tutti i dispositivi censiti

ha richiesto la programmazione in un complesso foglio di

calcolo automatico, mediante il quale si sono ottenuti i

risultati riassunti nel seguito.

Tabella 38

CLASSE SVILUPPO (m)

TOTALE NON ACCETTABILE ALTO MEDIO BASSO MOLTO BASSO

N1 749 244 345 159 0 0

N2 75,265 3,742 19,141 43,674 6,470 2,238

H1 57,799 1,172 10,952 23,510 12,635 9,530

H2 33,982 463 2,930 13,875 4,101 12,613

Page 149: Ct 2 5 villani

146

H3 6,685 49 567 3,284 899 1,885

H4 2,547 0 0 149 984 1,415

M100 8,815 557 3,220 3,407 1,505 125

altro 859 0 0 0 0 859

TOTALE 186,700 6,228 37,155 88,059 26,593 28,665

Figura 14

Per le caratteristiche del territorio provinciale (sia

orografiche che demografiche) descritte all’inizio del

presente capitolo, si è ritenuto utile suddividere l’analisi

del livello di rischio (qui dei dispositivi di ritenuta, ma

senz’altro estendibile a tutti gli altri campi) fra zona Nord

e zona Sud della provincia stessa. Nella seguente

Tabella 39 sono riportate le strade che sono risultate

appartenenti alle due zone.

Tabella 39

Strade zona NORD Strade zona SUD

SP1 SP13 (dalla sezione omogenea 13.14)

SP2 SP14 SP3 SP15 SP4 SP16 SP5 SP17 SP6 SP18 SP7 SP19 SP8 SP20 SP9 SP21

SP10 SP26 SP11 SP27 SP12 SP28 SP13 SP29

Strade zona NORD Strade zona SUD

(fino alla sezione omogenea 13.13 inclusa)

SP22 SP31 SP23 SP32 SP24 SP33 SP25 SP35 SP26 SP37 SP30 SP41 SP31 SP42 SP34 SP43 SP35 SP45 SP36 SP46 SP38 SP47

SP39 SP48 (dalla sezione omogenea 48.09)

SP40 SP49 SP44 SP51 SP48

(fino alla sezione omogenea 48.08 inclusa)

SP52

SP50 SP53 SP54 SP55 SP56 SP57 SP58 SP60 SP59 SP62 SP61 SP63 SP64 SP64 SP65 SP329 SP66 SRT68

SP69 SRT439

(dalla sezione omogenea SR439.29)

SP224 SRT439 dir SRT12

SRT206 SRT436 SRT439

(fino alla sezione omogenea SR439.28 inclusa)

Sulla base di una tale suddivisione si sono quindi ottenuti

i seguenti risultati, ancora relativamente ai soli dispositivi

di ritenuta esistenti.

Tabella 40

CLASSE ZONA NORD – SVILUPPO (m)

TOTALE NON ACCETTABILE ALTO MEDIO BASSO MOLTO BASSO

N1 602 244 345 12 0 0

N2 29,096 2,161 10,386 14,668 1,393 488

H1 43,756 1,172 9,307 14,211 10,534 8,531

H2 14,187 103 1,832 6,307 823 5,123

Page 150: Ct 2 5 villani

147

H3 4,906 49 567 2,556 862 871

H4 2,390 0 0 0 984 1,407

M100 5,261 504 1,950 1,515 1,202 90

altro 859 0 0 0 0 859

TOTALE 101,057 4,234 24,387 39,268 15,798 17,370

Figura 15

Tabella 41

CLASSE ZONA SUD – SVILUPPO (m)

TOTALE NON ACCETTABILE ALTO MEDIO BASSO MOLTO BASSO

N1 147 0 0 147 0 0

N2 46,168 1,581 8,754 29,007 5,077 1,749

H1 14,044 0 1,645 9,300 2,100 999

H2 19,795 360 1,098 7,568 3,278 7,490

H3 1,779 0 0 728 37 1,014

H4 157 0 0 149 0 8

M100 3,554 53 1,270 1,892 303 35

altro 0 0 0 0 0 0

TOTALE 85,643 1,994 12,768 48,791 10,795 11,296

Figura 16

Con i dati raccolti così elaborati è possibile pertanto

ottenere risultati che forniscono un quadro molto

esaustivo sulla situazione dei dispositivi di ritenuta

presenti sulle strade di proprietà e in gestione alla

Provincia di Pisa. Una prima osservazione riguarda le

differenze che possono essere riscontrate fra zona Nord

e Sud relativamente ai livelli di rischio: tali differenze,

seppur non marcate, non possono essere considerate

trascurabili e possono essere essenzialmente imputate a

due motivi principali, ossia agli elevati livelli di TGM,

conseguenti al maggior sviluppo demografico della zona

Nord rispetto a quella Sud, ed alle velocità di progetto più

elevate che si riscontrano per la maggior parte delle

strade ancora della zona Nord, conseguenza delle più

favorevoli caratteristiche orografiche del territorio ed alla

necessità di dotare questa zona di infrastrutture in grado

di soddisfare la più elevata domanda di trasporto, a sua

volta dovuta al maggior sviluppo demografico della zona

stessa.

Page 151: Ct 2 5 villani

148

A tutti i dispositivi che, dopo l’applicazione della

procedura, sono risultati classificabili con un livello di

rischio NON ACCETTABILE è stata assegnata una

elevata priorità di intervento al fine di ripristinarne un

adeguato livello di efficienza.

Inoltre, sulla base di quanto previsto dalla Normativa

Vigente in tema di dispositivi di ritenuta, è stata portata a

termine la prima fase della campagna di rilievo per le

barriere di sicurezza assenti. Ad oggi sono state

analizzate tutte le sezioni omogenee con velocità di

progetto superiore ai 70 km/h. Per tali sezioni omogenee

risultano da installare un totale di 200,280m di dispositivi,

suddivisi in:

- Zona Nord: 138,979m

- Zona Sud: 61,301m

Rimangono da esaminare tutte le altre sezioni omogenee

che non rientrano espressamente nel campo di

applicazione della normativa vigente, ma per le quali la

normativa stessa prevede di valutare eventuali punti e

tratti in cui è comunque necessario prevedere

l’installazione di un dispositivo.

4.5 L’individuazione dei punti pericolosi lungo

le strade extraurbane della Provincia di Pisa

La procedura descritta al paragrafo 3.5 è stata applicata

a tutte le strade in gestione alla Provincia di Pisa. La sua

applicazione, condotta mediante il criterio n. 2 per il

calcolo delle differenze di velocità fra due elementi

consecutivi ed implementata su foglio di calcolo, ha

permesso di ottenere risultati come quello riportato nella

Tabella 42: per ovvii motivi di spazio, si presenta qui solo

un esempio, riferito ancora alla SP7 “di S. Miniato”.

Tabella 42

PK iniziale (m)

Tipologia elemento

Lelem cumulata

(m)

Velem1 (km/h)

Velem2 (km/h)

ΔV dir ->crescente

(km/h)

ΔV dir <- decrescente

(km/h)

Pericolosità rett -> Cs (direz. pk crescenti)

Pericolosità rett -> Cp (direz. pk

decrescenti)

0 rettilineo 173 65 88 23 -23 ALTA

173 curva 86 88 77 -11 11 MEDIA

259 rettilineo 117 77 90 13 -13 MEDIA

376 curva 85 90 73 -16 16 MEDIA

461 rettilineo

567 rettilineo 161 73 67 -6 6 BASSA

622 curva 54 67 58 -9 9 BASSA

676 rettilineo 116 58 41 -16 16 BASSA

792 curva 64 41 38 -3 3 MOLTO BASSA

856 curva 56 38 57 18 -18 BASSA

911 rettilineo 93 57 70 14 -14 MEDIA

1004 curva 66 70 20 -50 50 ALTA

1070 curva 27 20 39 19 -19 BASSA

1097 rettilineo 71 39 30 -9 9 MOLTO BASSA

1168 curva 33 30 41 11 -11 BASSA

1200 rettilineo 37 41 31 -10 10 MOLTO BASSA

1237 curva 34 31 100 69 -69 ELEVATA

1271 curva 33 100 71 -29 29 ELEVATA

1304 curva 42 71 68 -3 3 BASSA

1345 rettilineo 80 68 82 14 -14 MEDIA

1426 curva 52 82 62 -20 20 ALTA

1477 rettilineo 47 62 55 -7 7 BASSA

1524 curva 45 55 69 14 -14 BASSA

1569 rettilineo 91 69 100 31 -31 ELEVATA

1661 curva 94 100 44 -56 56 ELEVATA

1754 curva 64 44 62 18 -18 BASSA

1818 curva 50 62 48 -15 15 BASSA

1868 rettilineo 64 48 19 -29 29 MEDIA

1932 curva 27 19 39 20 -20 MEDIA

1959 rettilineo 31 39 37 -2 2 MOLTO BASSA

Page 152: Ct 2 5 villani

149

PK iniziale (m)

Tipologia elemento

Lelem cumulata

(m)

Velem1 (km/h)

Velem2 (km/h)

ΔV dir ->crescente

(km/h)

ΔV dir <- decrescente

(km/h)

Pericolosità rett -> Cs (direz. pk crescenti)

Pericolosità rett -> Cp (direz. pk

decrescenti)

1991 curva 30 37 42 4 -4 MOLTO BASSA

2020 rettilineo 18 42 30 -12 12 BASSA

2038 curva 27 30 30 0 0 MOLTO BASSA MOLTO BASSA

2066 curva 15 30 30 0 0 MOLTO BASSA MOLTO BASSA

2081 curva 22 30 59 29 -29 ALTA

2103 rettilineo 102 59 85 26 -26 ALTA

2204 curva 57 85 64 -21 21 ALTA

2261 rettilineo 46 64 59 -5 5 BASSA

2307 curva 30 59 35 -24 24 ALTA

dove:

- PK iniziale: progressiva iniziale dell’elemento i-

esimo;

- Tipologia elemento

- Lelem cumulata: estensione, in m, del singolo

elemento, che nel caso di più rettilinei

consecutivi è pari alla somma dei singoli

rettilinei;

- Velem1: velocità, in km/h, dell’elemento

precedente fra i due considerati per il calcolo

della differenza di velocità ΔV. È la velocità

dell’elemento riportato sulla riga corrispondente;

- Velem2: velocità, in km/h, dell’elemento

successivo fra i due considerati per il calcolo

della differenza di velocità ΔV. È la velocità

dell’elemento riportato sulla prima riga non

vuota successiva;

- ΔV dir. crescente: differenza di velocità fra

l’elemento 1 e l’elemento 2, ossia differenza di

velocità a cui va incontro un guidatore che

proceda sulla corsia il cui senso di percorrenza

sia quello delle progressive chilometriche

crescenti;

- ΔV dir. decrescente: differenza di velocità fra

l’elemento 2 e l’elemento 1, ossia differenza di

velocità a cui va incontro un guidatore che

proceda sulla corsia il cui senso di percorrenza

sia quello delle progressive chilometriche

decrescenti;

- Pericolosità rett – Cs: pericolosità del punto di

transizione fra elemento 1 ed elemento 2, per la

corsia il cui senso di percorrenza è quello delle

progressive chilometriche crescenti;

- Pericolosità rett – Cp: pericolosità del punto di

transizione fra elemento 2 ed elemento 1, per la

corsia il cui senso di percorrenza è quello delle

progressive chilometriche decrescenti.

Il foglio di calcolo consente di indicare, in maniera del

tutto automatica, l’attività più idonea da seguire per quel

particolare punto di transizione (ad ed. l’installazione di

segnaletica, il rifacimento della pavimentazione, ecc.),

attività che ciascun Ente può stabilire in completa

autonomia e sempre in accordo con quanto previsto e

prescritto dalle normative vigenti.

4.6 Gli indici di funzionalità calcolati per le

strade extraurbane della Provincia di Pisa

La procedura descritta al par. 3.7 è stata applicata, in

questo caso limitatamente all’indice IED valutato secondo

la (51), a tutti i dispositivi di ritenuta esistenti, suddivisi

strada per strada. La procedura ha permesso così di

classificare l’intera rete stradale sotto il profilo

dell’efficienza dei dispositivi di ritenuta esistenti: i risultati

sono riportati, unitamente alla classifica, nelle seguenti

Tabella 43 e Tabella 44; inoltre, applicata alla rete in

gestione alla Provincia di Pisa nella sua totalità, ha

fornito una chiara visione dello stato di manutenzione dei

dispositivi di ritenuta.

Tabella 43

STRADA Estensione dispositivi LDTOT (m)

Indice IED

Classe di efficienza

SP1 “della Botte” 426 0.777 ELEVATA SP2 “Vicarese” 5701 0.848 ELEVATA SP3 “Bientina – Altopascio”

1281 0.678 MEDIA

SP3 “Bientina – Altopascio - dir. Via Pacini”

0 - -

SP4 “Orentanese” 511 0.677 MEDIA SP5 “Francesca” 910 0.578 BASSA SP6 “di Giuncheto” 1659 0.670 MEDIA SP7 “di S. Miniato” 479 0.697 MEDIA SP8 “della Valdinievole”

1487 0.637 MEDIA

Page 153: Ct 2 5 villani

150

STRADA Estensione dispositivi LDTOT (m)

Indice IED

Classe di efficienza

SP9 “di S. Jacopo” 104 0.704 MEDIA SP10 “Vecchianese”

1134 0.797 ELEVATA

SP11 “delle Colline per Legoli” 6641 0.782 ELEVATA

SP11 “delle Colline per Legoli – var. del Romito”

859 0.565 BASSA

SP11 “delle Colline per Legoli – var. dei Fabbri”

25 0.739 MEDIA

SP12 “delle Colline per Livorno”

1920 0.693 MEDIA

SP13 “del Commercio”

7247 0.731 MEDIA

SP14 “di Miemo” 480 0.786 ELEVATA SP15 “Volterrana” 6747 0.801 ELEVATA SP16 “del Monte Volterrano”

1326 0.729 MEDIA

SP17 “delle valli di Pavone e Cecina”

742 0.843 ELEVATA

SP17 “delle valli di Pavone e Cecina – dir. Ricavolo”

363 0.805 ELEVATA

SP18 “dei Quattro Comuni”

1074 0.762 ELEVATA

SP19 “della Camminata”

699 0.841 ELEVATA

SP20 “del Lodano” 81 0.645 MEDIA SP20 “del Lodano – dir. Sassetta”

23 0.633 MEDIA

SP21 “del Pian della Tora”

1353 0.669 MEDIA

SP22 “del Mare” 487 0.771 ELEVATA SP23 “di Gello” 4231 0.688 MEDIA SP24 “Arnaccio – Calci”

4694 0.747 MEDIA

SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte”

1087 0.628 MEDIA

SP25 “Vicopisano – S. Maria a Monte – dir.”

136 0.636 MEDIA

SP26 “di Santo Pietro Belvedere”

563 0.693 MEDIA

SP27 “di Montecastelli”

1388 0.827 ELEVATA

SP27 “di Montecastelli – dir. nord”

1094 0.808 ELEVATA

SP28 “dei Tre Comuni”

863 0.915 MASSIMA

SP28 “dei Tre Comuni – dir. Quadri”

245 0.669 MEDIA

SP28 “dei Tre Comuni – dir. Pozzatelli”

274 0.758 ELEVATA

SP29 “della Val di Cecina”

1535 0.817 ELEVATA

SP30 “del Lungomonte Pisano”

3503 0.848 ELEVATA

SP31 “Cucigliana – Lorenzana”

6475 0.733 MEDIA

SP32 “di Montecatini Val di Cecina”

1792 0.785 ELEVATA

SP33 “Castellina Marittima – Le Badie”

462 0.695 MEDIA

SP34 “Castelfranco – Staffoli”

2119 0.700 MEDIA

STRADA Estensione dispositivi LDTOT (m)

Indice IED

Classe di efficienza

SP35 “delle Colline per Lari”

1645 0.745 MEDIA

SP36 “Palaiese” 2482 0.735 MEDIA SP37 “delle Colline per S. Luce”

796 0.665 MEDIA

SP38 “di Buti” 279 0.754 ELEVATA SP39 “S. Miniato – S. Lorenzo”

629 0.739 MEDIA

SP40 “Isola di S. Miniato”

205 0.593 BASSA

SP40 “Isola di S. Miniato”

1127 0.641 MEDIA

SP41 “di Peccioli” 1067 0.793 ELEVATA SP42 “di Terricciola”

462 0.695 MEDIA

SP43 “di Orciano” 751 0.742 MEDIA SP43 “di Orciano – dir. Greppioli”

0 - -

SP44 “S. Croce – Ponte a Egola”

2401 0.835 ELEVATA

SP45 “di Lajatico” 438 0.637 MEDIA SP45 “di Lajatico – dir. Orciatico”

628 0.783 ELEVATA

SP46 “Perignano – Lari”

592 0.751 ELEVATA

SP47 “di Micciano” 722 0.859 ELEVATA SP48 “di Montevaso”

1079 0.693 MEDIA

SP49 “della Leccia e Lustignano”

1365 0.828 ELEVATA

SP49 “della Leccia e Lustignano – dir. Lustignano”

52 0.800 ELEVATA

SP50 “di Montaione”

384 0.653 MEDIA

SP51 “Rosignanina”

754 0.606 MEDIA

SP52 “di Casole d’Elsa”

161 0.813 ELEVATA

SP53 “del Cornocchio”

166 0.800 ELEVATA

SP54 “della Bonifica del Tiglio”

111 0.595 BASSA

SP55 “di Pian del Pruno”

171 0.664 MEDIA

SP56 “del Monteserra”

4232 0.780 ELEVATA

SP56 “del Monteserra – dir. Buti”

1489 0.693 MEDIA

SP57 “del Poggetto”

615 0.729 MEDIA

SP58 “del Biscottino”

229 0.612 MEDIA

SP59 “delle Palanche”

6 0.739 MEDIA

SP60 “Poggiberna” 861 0.704 MEDIA SP61 “di Molina di Quosa”

1369 0.812 ELEVATA

SP62 “di Vecchienne”

162 0.829 ELEVATA

SP63 “di Collemontanino”

206 0.706 MEDIA

SP64 “della Fila” 1855 0.822 ELEVATA SP65 “Romanina” 768 0.725 MEDIA SP66 “Francesca bis”

5114 0.815 ELEVATA

SP69 “Variante di Ponsacco”

2483 0.693 MEDIA

SP70 “Bretella del Cuoio”

8593 0.936 MASSIMA

SP224 “di Marina di Pisa”

2563 0.718 MEDIA

Page 154: Ct 2 5 villani

151

STRADA Estensione dispositivi LDTOT (m)

Indice IED

Classe di efficienza

SP329 “del Passo di Bocca di Valle”

6916 0.828 ELEVATA

SR12 “dell’Abetone e del Brennero”

1436 0.779 ELEVATA

SR68 “della Val di Cecina”

22115 0.861 ELEVATA

SR206 “Pisana – Livornese” (1)

621 0.676 MEDIA

SR436 “Francesca”

2437 0.698 MEDIA

SR439 “Sarzanese Valdera”

24550 0.738 MEDIA

SR439 “Sarzanese Valdera – diramazione”

1571 0.754 ELEVATA

SR439 “Sarzanese Valdera – var. del Ponte alla Navetta”

5771 0.938 MASSIMA

Tabella 44

STRADA Estensione dispositivi LDTOT (m)

Indice IED

Classe di efficienza

Provincia di Pisa

186700 43100.131 0.779 ELEVATA

Provincia di Pisa – zona Nord

101057 23281.130 0.770 ELEVATA

Provincia di Pisa – zona Sud

85643 18019.001 0.790 ELEVATA

Come è possibile osservare, sono presenti 4 strade che

presentano un indice IED corrispondente alla classe di

efficienza BASSA: queste sono la SP40, la SP54, la

SP11-variante del Romito e la SP5. Su queste strade,

pertanto, dovrebbero essere concentrati gli sforzi per

incrementare l’efficienza dei dispositivi di ritenuta ivi

installati, in quanto sono presenti numerosi dispositivi

con livelli di rischio ALTO e NON ACCETTABILE che

hanno elevata influenza sulla funzionalità dell’intera

strada.

Disporre pertanto dei risultati così ottenuti costituisce già

un primo valido aiuto per la pianificazione e l’allocazione

delle risorse economiche disponibili.

L’indice SAPO, e conseguentemente anche l’indice IEIN,

necessitano altresì di approfondimenti inerenti i parametri

economici e, soprattutto, di dati statistici di incidentalità

costantemente aggiornati, al momento in fase di

elaborazione. Il calcolo dell’indice SAPO, in particolare,

può rivestire un senso pratico solo in sede di confronto

e/o valutazione di interventi da realizzare o già realizzati:

il mero calcolo del valore di riferimento basato sui dati

attuali può rivestire invece solo un’indicazione di

massima su quali sezioni omogenee risultino più critiche

dal punto di vista dei costi sociali.

4.7 Il modello tassonomico applicato alle strade

extraurbane della Provincia di Pisa

La procedura descritta al par. 3.9 è stata applicata ai dati

statistici di fonte ISTAT inerenti agli spostamenti registrati

fra i comuni all’interno della sola Provincia (ossia

trascurando i collegamenti con le provincie limitrofe) per

motivi di lavoro e studio. Si è ritenuto, infatti, che questo

valore sia fortemente rappresentativo delle relazioni

intercorrenti fra i diversi comuni della Provincia stessa.

L’origine e la destinazione degli spostamenti è stata

assegnata interamente al capoluogo di ciascun comune,

senza quindi considerare in questa prima applicazione gli

altri centri abitati presenti sui territori comunali.

Come componenti della matrice delle variabili di

attrazione si sono considerati gli spostamenti che, da tutti

i comuni della provincia di Pisa, sono diretti verso il

comune in esame; analogamente, come componenti

della matrice delle variabili di repulsione si sono assunti

gli spostamenti che si generano dal comune in esame e

si dirigono verso tutti gli altri comuni della Provincia di

Pisa; infine, come componenti della matrice delle

impedenze si sono considerati i quadrati dei tempi di

percorrenza in minuti, dedotti dai risultati

dell’assegnazione della matrice O/D al modello di rete a

disposizione dell’Ente e ricalibrato sulla base dei dati

derivanti dalle misure di traffico condotte nel periodo

2012÷2013.

Assegnato a ciascun comune un codice identificativo

numerico, l’applicazione della procedura descritta al par.

3.9 ha pertanto permesso di rappresentare il

dendrogramma di cui, alla seguente Figura 17, si riporta

un estratto.

Figura 17

Page 155: Ct 2 5 villani

152

Nella seguente Tabella 45 invece si riportano i passi di

aggregazione eseguiti dal modello.

Tabella 45

Passo n. Centro I Centro J Centro G Coeff. DC1 Pisa San Giuliano Terme Pisa 0.002 2 Pontedera Calcinaia Pontedera 0.011

3 Pontedera Ponsacco Pontedera 0.016

Pisa Calci Pisa 0.016 4 Cascina Vicopisano Cascina 0.018

5

Santa Croce sull’Arno Castelfranco di Sotto Santa Croce sull’Arno 0.028 Pisa Cascina Pisa 0.029

Pontedera Montopoli Pontedera 0.038 Bientina Buti Bientina 0.052

6

Pontedera Santa Maria a Monte Pontedera 0.066 Lari Crespina Lari 0.097

Santa Croce sull’Arno San Miniato Santa Croce sull’Arno 0.102 Pisa Vecchiano Pisa 0.102

7 Capannoli Terricciola Capannoli 0.173 Pontedera Palaia Pontedera 0.177 Capannoli Lajatico Capannoli 0.242

8 Pisa Bientina Pisa 0.278

9 Pontedera Lari Pontedera 0.280 Capannoli Chianni Capannoli 0.285

10 Pontedera Casciana Terme Pontedera 0.315 11 Pontedera Capannoli Pontedera 0.502

12

Santa Croce sull’Arno Peccioli Santa Croce sull’Arno 0.643 Pisa Pontedera Pisa 0.702

Orciano Pisano Lorenzana Orciano Pisano 0.750 Pomarance Castelnuovo val di Cecina Pomarance 0.769 Guardistallo Casale Marittimo Guardistallo 0.862

Volterra Montecatini val di Cecina Volterra 0.919 13 Pisa Fauglia Pisa 1.501 14 Santa Luce Orciano Pisano Santa Luce 1.872 15 Guardistallo Montescudaio Guardistallo 2.847 16 Pisa Santa Luce Pisa 3.396 17 Volterra Guardistallo Volterra 5.452 18 Castellina Marittima Riparbella Castellina Marittima 5.765 19 Santa Croce sull’Arno Volterra Santa Croce sull’Arno 7.092 20 Santa Croce sull’Arno Pomarance Santa Croce sull’Arno 10.336 21 Santa Croce sull’Arno Castellina Marittima Santa Croce sull’Arno 14.240

22 Santa Croce sull’Arno Monteverdi Marittimo Santa Croce sull’Arno 45.592

Pisa Santa Croce sull’Arno Pisa 69.149

Dall’analisi del dendrogramma, unitamente ai risultati

riassunti nella precedente Tabella 45, possono essere

derivate importanti osservazioni in merito ad una

possibile struttura gerarchica dei centri comunali della

Provincia di Pisa. Innanzitutto è possibile osservare che

la città di Pisa esercita un forte potere egemonico,

attraendo i centri vicini sin dai primi passi del modello ed

esercitando la sua influenza sui centri del Valdarno e

della zona collinare del territorio provinciale. Un altro

centro attrattore risulta essere Santa Croce sull’Arno,

conseguentemente alla propria forza industriale: si

rammenta infatti che all’interno del relativo territorio

comunale è ubicata la stragrande maggioranza delle

industrie del settore calzaturiero e delle attività

dell’indotto. Esistono poi molti piccoli centri aggregati,

soprattutto nella zona a sud del territorio provinciale;

questi piccoli centri, inoltre, vengono generati dal modello

di aggregazione di piccoli comuni solo nelle fasi più

avanzate e presentano valori del coefficiente di

dissimilarità DC (per la cui descrizione si rimanda al par.

3.9) piuttosto elevati, a dimostrazione che molto spesso i

singoli centri costituiscono realtà piuttosto autonome dal

punto di vista delle relazioni intercomunali. Fra questi, ad

Page 156: Ct 2 5 villani

153

esempio, si segnalano comuni quali Castellina Marittima,

Riparbella, Montescudaio, ecc.

Nella zona sud del territorio provinciale si individuano

due centri più importanti, ossia Volterra e Pomarance,

che sono in grado di attrarre i centri vicini

(rispettivamente Montecatini val di Cecina e Castelnuovo

Val di Cecina): questi due centri sembrano poi dotati di

una non trascurabile autonomia, dal momento che da

modello non possono essere aggregati in un unico

centro. Infine, deve essere osservata la permanenza dei

centri di Castellina Marittima, Riparbella e Monteverdi

Marittimo in un proprio cluster fino al termine della

procedura, a dimostrazione che questi comuni non

possiedono importanti relazioni con il resto della

provincia, in conseguenza della particolare posizione

all’interno del territorio provinciale e delle distanze non

trascurabili anche dai centri comunali confinanti; per tali

comuni è possibile sia ipotizzare relazioni con i comuni

confinanti delle provincie limitrofe, sia ritenere che

possiedano una certa autonomia e che pertanto gli

spostamenti per studio/lavoro avvengano all’interno del

comune stesso.

I risultati ottenuti possono essere impiegati come

parametro per la classificazione funzionale delle strade

provinciali che collegano i singoli centri: stabiliti come

sufficienti 3 livelli di importanza, e fissato un limite

inferiore ai valori ottenuti per i coefficienti di dissimilarità

DC e definiti in base a esso i centri di primo livello, è

stato possibile definire una rete stradale principale

secondo certe direttrici che collegano tali centri. Sono

stati definiti centri principali quelli che presentano un

valore del coefficiente di dissimilarità DC ≥ 5, ossia quelli

che si individuano sezionando il dendrogramma

all’ordinata di valore pari a 5 e per i quali, proprio in virtù

dell’elevato valore del coefficiente DC possono

ragionevolmente ritenersi indipendenti e quindi

considerabili come singoli poli attrattori (così come

descritto al par. 3.9): tali centri sono Castellina Marittima,

Guardistallo, Monteverdi Marittimo, Pisa, Pomarance,

Riparbella, Santa Croce sull’Arno e Volterra. Per questi è

possibile classificare la rete stradale, secondo

determinate direttrici di accesso, come rete stradale

principale: ad esempio, le strade di accesso a Volterra

quali la SR439, la SR68 , la SP15 e la SR439dir possono

senza dubbio essere considerate strade di accesso

principali. Per i centri per cui i valori del coefficiente di

dissimilarità rientrano nell’intervalllo 0.75 ≤ DC < 5, in

virtù del significato del coefficienti di dissimilarità steso è

possibile definire ancora una rete stradale principale, ma

di livello di importanza inferiore a quella precedente: in

questo caso si individuano i centri di Casale Marittimo,

Castelnuovo Val di Cecina, Fauglia, Montecatini Val di

Cecina, Montescudaio, Orciano Pisano e Santa Luce: ad

esempio, esaminando il caso di Montecatini Val di

Cecina è possibile definire la SP32 come strada di

secondo livello, così come la SP16 che si presume

possa essere percorsa per il collegamento con Volterra

(centro a cui Montecatini risulta aggregato al passo 12).

Infine i collegamenti fra centri con DC < 0.75 si ritiene

sussistano numerose relazioni di interscambio, pertanto

per questi può essere definita una rete di terzo livello, o

locale.

L’applicazione del modello tassonomico, quindi, permette

di assegnare un livello gerarchico alla maggior parte dei

rami della rete, in particolare vengono classificati i rami

che collegano tra di loro, secondo percorsi di minimo

tempo (coerentemente all’impiego della matrice delle

impedenze), i centri considerati. Un valido aiuto per la

classificazione dei rami è dato dalla mappa di

aggregazione riportata nella seguente Figura 18.

Tuttavia, è possibile che alcuni di essi non siano

classificati, principalmente a causa dei seguenti motivi:

- il ramo collega centri appartenenti a cluster

diversi e per i quali è improbabile che si

sviluppino relazioni;

- il ramo è al servizio di un centro secondario

all’interno di un comune, ma al momento questa

possibilità risulta esclusa come conseguenza

delle ipotesi assunte per la costruzione del

modello;

- il ramo non ha funzione di collegamento fra

centri considerati e sedi di attività.

Una possibile classificazione della rete, pertanto,

derivante dall’analisi del dendrogramma e dei risultati del

modello tassonomico, può essere quella proposta nella

seguente Tabella 46.

Tabella 46

Livello di classificazione

Strade

I SP11 SP13 SP14 SP15 SP18 SP26

Page 157: Ct 2 5 villani

154

Livello di classificazione

Strade

SP28 SP29 SP33 SP44 SP48 SP57 SP64

SP329 SR68 SR206 SR439

II

SP12 SP19 SP21 SP31 SP32 SP35 SP37 SP43

Livello di classificazione

Strade

SP51

III Le restanti strade, ivi comprese quelle non classificabili (come descritto in precedenza)

Si osserva che sussiste la possibilità che alcune delle

strade riportate nella precedente tabella possano essere

classificate in parte ad un Livello ed in parte ad un altro

(ad es., la SP14 può essere classificata di Livello I

dall’inizio all’intersezione con la SP48, e di Livello III da

qui fino alla fine).

Page 158: Ct 2 5 villani

155

Figura 18

5. Considerazioni conclusive

Il lavoro fin qui svolto ha permesso di affrontare e

soprattutto sviluppare alcuni elementi che costituiscono

una solida base per lo sviluppo e la redazione di un

PTVE, e che devono essere ritenuti imprescindibili per

qualunque Ente si voglia dotare di uno strumento quale

appunto il PTVE. Ciascuno di questi aspetti è stato quindi

trattato separatamente ed approfonditamente, giungendo

allo sviluppo di veri e propri strumenti informatici originali

per l’applicazione a casi reali. I risultati che ne derivano

confermano l’utilità di tali strumenti al fine di una corretta

Page 159: Ct 2 5 villani

156

pianificazione e di una migliore allocazione delle risorse

economiche disponibili.

Come è stato più volte sottolineato, il PTVE ha, come

obiettivo principale, quello di incrementare il livello di

sicurezza della circolazione stradale sulla viabilità

extraurbana. Fra tutti gli aspetti correlati alla sicurezza

stradale, grande importanza è stata data all’analisi del

rischio connesso ai dispositivi di ritenuta, decisione

supportata dai risultati derivanti da uno studio

comparativo sui benefici/costi dei diversi interventi

possibili su strade statali ed autostrade condotto

dall’Ispettorato Generale per la Circolazione e la

Sicurezza Stradale del Ministero dei Lavori Pubblici,

riassunti nella seguente tabella:

Tabella 47

Intervento Riduzione %

dei morti Riduzione % dei

feriti Benefici (mld di

lire/anno) Costi (mld di

lire/anno) Rapporto

B/C Dispositivi di ritenuta 13.0 11.0 567 278 2.0

Manutenzione stradale 8.8 8.5 417 237 1.8 Illuminazione incroci 1.1 1.1 50 37 1.4 Illuminazione tratti 8.9 8.9 436 1787 0.2

Adeguamento geometria (extraurbane second.)

6.9 5.0 294 3150 0.1

Adeguamento geometria (extraurbane princip.)

2.5 1.1 95 1400 0.1

È evidente quindi come, in un’ottica di ottimizzazione

delle risorse economiche, sia più che lecito per le

amministrazioni dotarsi di strumenti che consentano la

pianificazione degli interventi relativi ai dispositivi di

ritenuta: questi infatti consentono di ottenere importanti

benefici in rapporto ai costi da sostenere.

Per ciascuno degli aspetti affrontati si sono messi a

punto strumenti informatici originali che, ricevuti in input i

dati, ne permettono l’analisi con il successivo calcolo di

alcuni indici che, alla fine, consentono la ricercata

classificazione della rete stradale nonché la

pianificazione degli interventi.

L’applicazione della procedura per il calcolo di velocità

assimilabili a quelle di progetto ha consentito di

classificare l’intera rete stradale anche sotto il profilo

della velocità di progetto e delle caratteristiche

geometriche, essendo le prime diretta conseguenza delle

caratteristiche geometriche delle sole curve.

I risultati della procedura messa a punto per le velocità di

progetto, però, hanno permesso di osservare che, poiché

gli interventi da pianificare su infrastrutture esistenti

andranno necessariamente ad incidere su una situazione

preesistente, anziché ad una velocità puramente teorica

come quella di progetto, poteva rivelarsi più significativo

riferirsi ad una velocità operativa, che rispecchiasse le

reali condizioni di esercizio dell’infrastruttura. Per questo

motivo si è sviluppato, calibrato, validato ed infine

applicato il modello descritto al par. 3.2.

Per il caso particolare della Provincia di Pisa, è possibile

quindi osservare che, soprattutto a causa delle

caratteristiche orografiche del territorio attraversato, le

strade della zona Sud sono caratterizzate da velocità

prevalentemente inferiori a quelle della zona Nord, ove si

trovano altresì importanti arterie di comunicazioni fra

zone ad alta densità abitativa ed industriale.

Le velocità (di progetto ed operative) così stimate, oltre a

rappresentare un importante parametro per una prima

classificazione della rete (anche da un punto di vista

funzionale), possono anche essere considerate come

dato di input per le successive applicazioni sviluppate nel

presente lavoro.

Come osservato in precedenza, sempre per il caso

pratico della Provincia di Pisa, così come previsto dal

progetto europeo Ro.Sa.Ma.S. (Road Safety

Management System), è stato eseguito il censimento dei

dispositivi di ritenuta esistenti, sia per portare a termine

gli obiettivi dettati dal progetto Ro.Sa.Ma.S. stesso che

per pianificare interventi mirati al ripristino della

funzionalità dei dispositivi che, qualora non ottimale, può

portare il singolo dispositivo ad essere fonte di possibili

gravi danni in caso di urto di un veicolo. L’applicazione

della relativa procedura per la stima del livello di rischio

connesso ai dispositivi di ritenuta esistenti ha quindi

permesso di assegnare a ciascun dispositivo il proprio

livello di rischio, in funzione della velocità di progetto, del

TGM e dell’incidentalità del tratto di strada e delle

condizioni di manutenzione del dispositivo stesso.

Con tutti i risultati così ottenuti si è quindi potuta ottenere

una prima classificazione dell’intera rete stradale della

Provincia di Pisa sotto il profilo dell’efficienza dei

Page 160: Ct 2 5 villani

157

dispositivi di ritenuta mediante la stima dell’indice di

efficienza IED. Questo, congiuntamente alle previsioni di

spesa economica per il ripristino della funzionalità di

ciascuno dei dispositivi indagati (possibile grazie al foglio

di calcolo predisposto per il livello di rischio, che fra le

altre elaborazioni contiene anche quella economica), ha

messo l’Ente in condizione di poter pianificare interventi

manutentivi ottimizzando al contempo le risorse

economiche disponibili, ottenendo così un abbattimento

del livello di rischio corrispondente al massimo beneficio

possibile.

Per il caso pratico della Provincia di Pisa, il calcolo

dell’indice di efficienza globale IEG, con i dati

attualmente a disposizione, non fornisce indicazioni

aggiuntive oltre a quanto già ottenibile con il solo indice

IED: tuttavia, è necessario incrementare gli sforzi per

giungere al calcolo dell’indice IEG, in quanto questo

permetterà di allocare le risorse economiche disponibili

verso quegli interventi che, agendo su più livelli

(dispositivi di ritenuta, stato di manutenzione delle

pavimentazioni, segnaletica verticale ed orizzontale, ed

altro), consentiranno un più efficace innalzamento del

livello di sicurezza globale della circolazione stradale. Ad

ogni modo, allo stato attuale risulta possibile pianificare i

primi interventi per quei dispositivi di ritenuta che

presentano un livello di rischio non accettabile, per i quali

quindi non può essere rimandata la necessaria

manutenzione.

Infine, dall’applicazione della procedura per

l’individuazione dei punti pericolosi è stato possibile

ottenere importanti informazioni, in questo caso di natura

necessariamente puntuale, relativamente a quelle zone

dei singoli tracciati su cui, in quanto giudicati di

particolare pericolosità, è auspicabile concentrare

ulteriori indagini ed approfondimenti, nonché valutare la

necessità di adeguate misure per l’incremento del livello

di sicurezza. Le misure da prendere possono essere

decise autonomamente da ciascun Ente: fra queste

possono evidenziarsi quelle relative alla segnaletica di

pericolo da apporre in determinati punti, l’installazione di

dispositivi per il controllo della velocità aventi funzione

deterrente, o infine in tema di dispositivi di ritenuta,

l’installazione di questi per i punti giudicati pericolosi,

individuati ad esempio con l’impiego della metodologia

descritta al par. 3.5. Fra questi possibili interventi,

sempre in un’ottica di ottimizzazione delle risorse

economiche disponibili, i provvedimenti per il controllo

delle velocità risultano di fondamentale importanza:

sempre secondo lo studio condotto dall’Ispettorato

Generale per la Circolazione e la Sicurezza Stradale del

Ministero dei Lavori Pubblici citato in precedenza, tali

provvedimenti attuati con scopo preventivo e deterrente

presentano un rapporto benefici/costi compreso fra 3.5 e

6.2.

Si ritiene infine rilevante sottolineare l’importanza di

esser giunti a stabilire un indice di sicurezza globale:

questo, individuato nell’indice di sicurezza globale ISG,

esplica la sua utilità in un’ottica di scelta degli interventi,

qualunque essi siano, in quanto riassuntivo di tutte le

necessità di una rete sotto tutti i possibili punti di vista.

Come conseguenza, questo consentirà al decisore di

allocare più opportunamente le risorse in suo possesso

su quegli interventi che, se affrontati per primi,

porterebbero ad un evidente incremento del livello di

sicurezza della circolazione su quella strada. Questo

indice consente, in altre parole, di pianificare gli interventi

manutentori in modo da massimizzare l’efficienza globale

dell’infrastruttura o dell’intera rete ottimizzando al

contempo le risorse economiche disponibili, ossia stabiliti

i costi dei singoli interventi rende possibile la stesura di

un vero e proprio Piano di Manutenzione della Rete

Stradale completo ed efficiente.

Una considerazione a parte merita infine di essere fatta

relativamente ai risultati derivanti dall’applicazione del

modello tassonomico: questa infatti ha consentito di

assegnare un livello gerarchico alla maggior parte dei

rami della rete, ossia di procedere ad una possibile

classificazione funzionale della rete stradale. In

particolare sono stati classificati i rami che collegano tra

di loro, secondo percorsi di minimo tempo

(coerentemente all’impiego della matrice delle

impedenze), i centri considerati. Il livello gerarchico

assegnato a ciascun ramo può quindi essere poi

impiegato, oltre che come parametro su cui basare la

classificazione funzionale, anche come parte di un più

cospicuo gruppo di parametri utili per giungere ad una

classificazione delle strade secondo una delle 6

categorie previste dalla NCdS e dal DM 6792/2001 (ad

es. possono essere impiegati anche parametri quali la

larghezza della carreggiata, il tipo di tracciato, le velocità

di progetto e/o operative, ecc.).

Si ritiene fondamentale sottolineare che il massimo

beneficio da tutte le procedure messe a punto e da tutti

gli strumenti informatici predisposti si otterrà mantenendo

Page 161: Ct 2 5 villani

158

aggiornati in tempo reale i dati del censimento condotto:

è perciò necessario che l’Ente istruisca appositamente il

proprio personale affinché sia in grado di raccogliere i

dati necessari ad intervallo di tempo regolari (ad es. per il

caso dello stato delle pavimentazioni) o ogniqualvolta se

ne ravveda la necessità (dopo un sinistro, come nel caso

dei dispositivi di ritenuta) o infine dopo ogni intervento di

manutenzione.

Le procedure fin qui sviluppate sono state poi applicate

anche ad altri casi, il che ha fornito ulteriori conferme di

quanto sviluppato: nel corso del periodo compreso fra

dicembre 2013 e giugno 2014 l’intera procedura per la

valutazione del livello di rischio connesso ai dispositivi di

ritenuta, sia esistenti che da installare, è stata applicata

con successo ai tratti di 4 strade statali ricadenti sotto la

diretta gestione di ANAS S.p.A. – Compartimento della

Viabilità della Toscana (SS1, SS12, SS64, SS67) per un

totale di circa 237 km di strada: in questi casi è stato

condotto anche il censimento di tutti i dispositivi di

ritenuta da installare, pertanto si è potuto risalire al

calcolo di un primo indice IEG rappresentativo della

sicurezza della circolazione e, soprattutto, degli effetti dei

possibili sinistri. Al Committente, in questo caso, sono

stati consegnati i database georeferenziati completi di

tutti i dati raccolti e dei risultati ottenuti dalle rispettive

elaborazioni.

Inoltre questo lavoro lascia aperte numerose possibilità

di ricerca e sviluppo, alcune di queste già in corso. Per

quanto riguarda le procedure per la stima delle velocità

operative è attualmente in esecuzione una campagna di

misure col fine di sviluppare il modello per le V85 delle

curve. Relativamente agli indici di efficienza, invece,

dovrà essere condotto un approfondito studio sui costi

dell’incidentalità, mediante i quali poter procedere al

calcolo dell’indice SAPO, che può di fatto costituire a tutti

gli effetti un parametro di scelta e di confronto fra

interventi diversi. Sempre relativamente agli indici di

efficienza, dovranno essere valutati e calibrati i diversi

coefficienti WX per il calcolo dell’indice ISG. Infine

dovranno essere affrontate le questioni inerenti i

parametri che possono influenzare la pericolosità di un

punto, quali il campo di visibilità, la distanza di visibilità

libera, ecc.

Ringraziamenti

Per il supporto offerto e la disponibilità dimostrata si

ringrazia l’ing. Maria Carmela Iaconis del “Servizio

Viabilità della Provincia di Pisa” e l’ing. Dario Bellini,

dirigente della Provincia di Pisa.

Si ringrazia inoltre il geom. Nicola Cenci di ANAS –

Compartimento della Viabilità della Toscana.

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Page 164: Ct 2 5 villani

161  

ANALISI DEGLI INCIDENTI STRADALI SULLE STRADE APPARTENENTI ALLA RETE SECONDARIA: IL CASO DI STUDIO SULLA VIABILITÀ MINORE DELLA RETE DELLA PROVINCIA DI SALERNO

Mario De Luca, Gianluca Dell’Acqua

Dipartimento di Ingegneria Edile Civile e Ambientale, Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Premessa

Nel presente contributo vengono illustrati i risultati

di uno studio sull'incidentalità condotto sulla rete

secondaria della provincia di Salerno nel triennio

2003-2005. In particolare sono stati analizzati i

tronchi della rete caratterizzati da un TGM inferiore

a 1000 veicoli/giorno. I dati di base adoperati nello

studio, oltre che gli incidenti occorsi nei tronchi

analizzati, riguardano la geometria, il traffico e le

condizioni ambientali. In buona parte questi dati

sono stati forniti dalla Provincia di Salerno; per le

parti, ove sono risultate necessarie integrazioni alle

informazioni disponibili negli archivi della Provincia,

sono stati effettuati opportuni e specifici rilievi.

Dall'analisi dei dati, effettuata attraverso una

regressione multivariata, è stato ricavato un modello

che consente di stimare l'incidentalità in funzione

del traffico (TGM). Inoltre per rendere più semplice

l'applicazione del modello sono stati costruiti una

serie di abachi che consentono, in modo semplice e

veloce, di stimare l'incidentalità per un prefissato

valore del TGM, per i diversi livelli di tortuosità, di

pendenza e di larghezza della carreggiata.

1. Introduzione

Gli incidenti stradali costituiscono una delle

principali cause di morte, specie nella popolazione

con età inferiore ai 25 anni. Secondo L ’O.M.S.

(Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’U.E.

(Unione Europea) ogni anno nel mondo si verificano

oltre un milione di decessi provocati da incidenti

stradali.

In Italia, nonostante le modifiche introdotte dal

legislatore, la media degli incidenti su base annua

si attesta intorno a 180.000 sinistri di cui circa

3.000 mortali e circa 250.000 con lesioni di

diversa gravità.

C'è da osservare, in generale, che qualora

l’incidente fosse dovuto esclusivamente al cattivo

funzionamento del mezzo o all’imprudenza del

guidatore, e fosse indipendente dalla caratteristiche

della strada e dalle circostanze ambientali, lo

stesso si manifesterebbe con assoluta casualità.

Tuttavia non è così, in molti casi gli incidenti si

verificano sistematicamente nelle stesse

circostanze ambientali in tratti di strade aventi

caratteristiche simili.

Se l’incidente è l’espressione del cattivo

funzionamento del sistema "uomo-veicolo-strada",

è lecito pensare che tutti gli incidenti che si

verificano sistematicamente nelle stesse condizioni

di geometria e circostanze ambientali abbiano

un’alta probabilità di essersi verificati per la

concomitanza di anomalie dovute alla strada,

spesso accentuate da particolari condizioni

ambientali.

Ne consegue che affinché il problema risulti

ingegneristicamente gestibile, è necessario,

indipendentemente dai provvedimenti di natura

giuridica e di miglioramento dei veicoli, conoscere

le situazioni e le condizioni nelle quali tale

fenomeno si manifesta.

Quindi per questi tipi di incidenti, che costituiscono

una buona percentuale dei totali, se si riescono ad

individuare le situazioni geometriche ed ambientali

in cui sistematicamente si verificano è possibile

stabilire una strategia di intervento che permette di

controllare questo tipo di incidentalità.

Page 165: Ct 2 5 villani

162  

Talvolta non è possibile condurre analisi

significative per la mancanza di queste informazioni

ed in particolare per informazioni riguardanti il

traffico veicolare.

Questa condizione diviene ancora più critica nelle

viabilità minore (strade a basso volume di traffico)

nelle quali il problema oltre che il traffico riguarda

anche gli altri dati. Per questa categoria di strade

per condurre significative analisi sull'incidentalità è

necessario organizzare specifiche campagne di

rilievo poiché difficilmente l'ente gestore/proprietario

della strada possiede una archivio che possa

significativamente supportare lo studio .

Nello studio in questione vengono illustrati i risultati

di uno studio sull'incidentalità, sulla viabilità minore,

delle rete provinciale di Salerno. In particolare i dati

necessari allo studio, oltre che attraverso specifici

rilievi, sono stati acquisiti dagli archivi della

Provincia di Salerno la quale per il triennio 2003-

2005 ha avviato una campagna di raccolta ed

organizzazioni di dati per analisi sull'incidentalità

sulla rete provinciale.

2. Stato dell’arte

Molti ricercatori negli ultimi anni hanno studiato il

fenomeno dell'incidentalità proponendo modelli per

la gestione ed il controllo di questo complesso

fenomeno.

Uno dei primi modelli di previsione degli incidenti è

stato definito da Persaud e Dzbik. Il modello

consente di stimare gli incidenti in funzione del

traffico (TGM) e del volume orario. L'analisi è stata

basata sui modelli lineari generalizzati. I risultati

hanno evidenziato che il tasso di incidentalità

aumenta con il flusso di traffico espresso sia come

traffico medio giornaliero che come volume orario.

Fridstrøm et al, hanno correlato gli incidenti

stradali con quattro variabili: flusso di traffico, limite

di velocità, condizioni meteorologiche e condizione

della luce. L’analisi di incidentalità è stata ottenuta

attraverso l'utilizzo di una regressione binomiale

negativa.

Persaud et al, hanno presentato per la prima volta

uno studio sull’incidentalità diversificato per curve e

rettilinei, per strade a due corsie. Nel modello la

variabile dipendente è rappresentata dalla

frequenza degli incidenti, mentre le variabili

indipendenti sono rappresentate dal flusso di traffico

e dalla geometria stradale. I risultati hanno messo in

evidenza che nelle curve la frequenza degli

incidenti aumenta con il TGM, con la larghezza

della sezione stradale e con la curvatura. Mentre

per i rettilinei la frequenza degli incidenti aumenta

con il TGM e con la larghezza della sezione.

Inoltre, è stato mostrato che il numero degli incidenti

sui tratti a bassa pendenza è maggiore rispetto ai

tratti con pendenza più accentuata.

Abdel-Atype e Essam Radwan hanno utilizzato la

distribuzione binomiale negativa per la previsione

della frequenza degli incidenti come funzione di

TGM, curvatura orizzontale, larghezza della

sezione, numero di corsie, larghezza delle

banchine e degli spartitraffico, disegno urbano o

extra-urbano. I risultati hanno mostrato che la

frequenza degli incidenti aumenta con il TGM, con il

grado di curvatura orizzontale e con la larghezza

della sezione stradale. La frequenza degli incidenti

diminuisce, al contrario, con l'aumentare del numero

le corsie, con la larghezza delle banchine.

Golob e Recker hanno utilizzato analisi statistiche

multi-variate lineari e non lineari per correlare il

flusso di traffico, con le condizioni di illuminazione e

meteorologiche. L'approccio dello studio è sttao

basato sull'Analisi della componente principale

(PCA) allo scopo di identificare le variabili più

significative da un set di variabili originarie relative

al flusso di traffico. Una Analisi di correlazione

canonica (CCA, Canonical correlation analysis) è

stata inoltre utilizzata per correlare le componenti

principali identificate alle condizioni di luce e

meteorologiche.

Hauer E., ha trattato diffusamente modelli statistico-

matematici capaci di prevedere il numero medio di

incidenti al variare delle caratteristiche geometriche

del tracciato e del flusso di traffico. Tutto ciò è stato

ottenuto con l’impiego di una funzione di

distribuzione di tipo binomiale negativa.

Memon, ha sviluppato un modello di previsione

degli incidenti basato su una regressione di tipo

lineare. I dati degli incidenti, dal 1999 al 2002, sono

Page 166: Ct 2 5 villani

163  

stati rilevati dall’autore dai registri ufficiali di STATS

19 (statistiche inglesi). Sono state coinvolte diverse

variabili nella costruzione dei modelli predittivi tra

cui il flusso veicolare, la lunghezza della strada, la

classe della strada, la classe del veicolo e

l’interazione tra flusso veicolare, classe della strada

e classe del veicolo. I risultati hanno evidenziato

che un aumento del flusso veicolare e della

lunghezza della strada implica un incremento degli

incidenti. E’ stato poi evidenziato dall’analisi che le

auto sono coinvolte in un maggior numero di

incidenti rispetto alle altre tipologie di veicolo in

marcia. Le motociclette costituiscono, invece, il

mezzo di locomozione più a rischio sulla viabilità

principale, mentre sulle viabilità minore le biciclette

rappresentano il mezzo più a rischio.

De Luca et al, hanno proposto un modello di stima

dell'incidentalità ottenuto di attraverso l'impiego

della Cluster Analysis. Il modello ottenuto da una

vasta indagine sperimentale su una rete di studio

del sud dell'Italia consente di stimare, note le

caratteristiche geometriche e di traffico della strada,

un indice di incidentalità che permette di

individuare e classificare i black-Spot più pericolosi.

3. Rilievo ed organizzazione dei dati di base per

la rete di studio

3.1 Descrizione della rete

Nello studio sono state condotte analisi sulle strade

della rete caratterizzate da un un TGM inferiore a

1000 veic/giorno.

La rete dalla quale sono sati estratti i dati per lo

studio in questione è schematicamente riportata

nella figura 1.

In particolare sulla rete, estratta dal un sistema

cartografico GIS della provincia di Salerno (Destino

et al, 2010), sono stati evidenziati in rosso gli

incidenti avvenuti nel triennio 2003 - 2005; in

particolare lo spessore della campitura indica un

minore o maggiore numero di incidenti lesivi.

Figura 1 - Incidenti lesivi - triennio 2003/2005 -Rete stradale della Provincia di Salerno

Page 167: Ct 2 5 villani

 

164  

3.2 Dati di geometria

Sulla rete sono stati individuati tutti i tronchi

caratterizzati da un TGM inferiore a 1000

veic./giorno. Per tutti questi tronchi sono stati rilevati

dalla cartografia ufficiale IGM 1/5000, messa a

disposizione dalla provincia di Salerno, tutte le

necessarie informazioni per lo studio in questione.

Inoltre si è fatto riferimento anche ad un sistema

GIS, di proprietà della Provincia, contenente

importanti informazioni sulla geometria dei tratti

analizzati. Nella figura 1 è schematicamente

riportata una immagine estratta dal Sistema

GIS/Provincia_SA per la gestione del territorio.

Complessivamente lo sviluppo totale, di strade con

TGM<1000veic/giorno analizzate nello studio, è

risultato pari a 380 chilometri.

Figura 2 - Estratto sistema GIS - Provincia di Salerno

3.3 Dati di traffico

Per l'individuazione del traffico sui tronchi con TGM

inferiore a 1000 veic./giorno, si è fatto riferimento

agli studi condotti dalla Provincia di Salerno nel

triennio 2003-2005.

In particolare i dati di traffico sono stati acquisiti

dalla Provincia attraverso le seguenti modalità:

Rilievi diretti con strumentazione in continuo;

Rilievi manuali;

Rilievi diretti con strumentazione in continuo

Questi rilievi sono stati condotti attraverso la

strumentazione "Radar della EIS Electronic

Integrated System Inc. (Ontario, Canada). Questo

sistema di rilievo automatico in continuo (figura 3) è

costituita dai seguenti elementi principali:

Analizzatore di traffico RTMS (Remote Traffic

Microwawe Sensor) modello K3;

Unità di memorizzazione dati RTC (Remote Traffic

Counter);

Modulo Terminale GSM MC35T.

 

Page 168: Ct 2 5 villani

 

165  

Figura 3. Schema della rete delle antenne RTMS del CPMSS-SA

Ogni antenna è alimentata in continuo dalla rete

elettrica esistente e protetta con interruttore

differenziale, per gli sbalzi di tensione, e con

gruppo di continuità in caso di temporanea

interruzione dell’alimentazione elettrica.

Il principio di funzionamento di tali apparecchiature

è basato sulla emissione e la successiva ricezione

di microonde, cioè di radiazioni elettromagnetiche

ad alta frequenza con lunghezza d’onda compresa

fra le onde radio e la radiazione infrarossa. Le onde

sono a bassa potenza emessa (conformi ai limiti

imposti ai dispositivi digitali di classe A, ai sensi

della parte 15 delle normative FCC) e, quindi,

innocue per gli occupanti dei veicoli. I dati di traffico

sono raccolti in continuo, in qualunque condizione

meteorologica (sereno, pioggia o nebbia) e

registrano il numero di passaggi veicolari, la

percentuale di occupazione, la tipologia di veicoli

suddivisi in sei classi (in funzione della lunghezza) e

la velocità media. I dati rilevati nelle sezioni di

rilevamento, impostate in corrispondenza delle due

corsie di marcia, sono immagazzinati con frequenza

temporale di un minuto nel disco fisso e trasmessi

quotidianamente al server del CPMSS-SA grazie

alla rete di moduli di connessioni GSM.

Le antenne sono installate su pali dell’illuminazione

pubblica (figura 4) ed opportunamente segnalate ai

conducenti per scongiurare modifiche delle velocità

attuate dai veicoli, indotte dal fraintendimento

dell’apparecchiatura conta-traffico con strumenti di

tipo autovelox.

Figura 4. Antenna RTMS SP175

Page 169: Ct 2 5 villani

 

166  

3.3.1 Rilievi manuali

Nei rami/tronchi ove non sono stati inseriti i

dispositivi automatici in continui sono sati condotti

una serie di rilievi manuali, appositamente progettati

per integrare le informazioni mancanti non ottenibili

attraverso il sistema continuo di cui al punto

precedente.

3.4 Dati di incidentalità

I dati riguardanti gli incidenti sono stati forniti dalla

provincia di Salerno ed integrati, ove necessario,

con appositi rilievi effettuati presso gli organi di

polizia preposti al rilievo degli incidenti su questi

tronchi. Per l'acquisizione e l'organizzazione dei

dati è stata adoperata la scheda riportata in figura 5.

In particolare nei tre anni sono stati rilevati 230

incidenti di cui il 6 mortali e 253 con feriti.

Protocollo del rilevatore Incidente n. Serie n.

Rilevato da: Strada Tempo Sup. stradale Visibilità

Poliz. Strad. X Km Sereno Asciutta Buona

Carabinieri Loc. Pioggia x Bagnata x Scarsa x

Data Ora Nuvoloso Ghiacciata

Nebbia

Tipo di strada Tronco Sezione (m) Intersezione Cond. traff.

2 cors bidirez Rettifilo x Largh.

carreg

.

Rotatoria Scarso x

2 cor bidirez+ Curva Dx Largh.

Cors arrampic Sx corsia Incrocio Normale

2 corsie Pend. Sal. Largh. Immissione

Dis banch. uscita Intenso

2 corsie Dosso Largh. Passaggio

Con spartitraf. Galleria spartitr

.

Livello

Natura Incidente Veicoli

coinvolti

A B C D Pers

coinvolte

Residenza

Scontro frontale Autovettura x x 1 ferito

Scontro laterale Autocarro 1 ferito

Tamponamento Autoarticolato

Urto contro ostac. Autotreno+rim.

Fuoriuscita/sband Autobus

Urto con veic fer Motociclo

Schizzo planimetrico del campo del sinistro

Note: A causa dell’alta velocità e della strada bagnata, l’autoveicolo A sbandava e l

tamponava violentemente l’autoveicolo B il quale procedeva lentamente.

A B

Figura 5 - Schema della tabella adoperata per il rilievo degli incidenti

Page 170: Ct 2 5 villani

 

167  

3.5 Elaborazione dei dati e costruzione del

modello di previsione

Il Data Base da cui è stato ottenuto il modello è

stato costruito associando ad ogni incidente la

geometria del tratto omogeneo nonché il traffico e

le condizioni ambientali (si veda tabella 1).

E' stato ottenuto un database costituito da 76

tronchi omogenei per complessivi 380 chilometri

di strada.

I tronchi omogenei sono stati determinati mediante

il seguente algoritmo.

Si è considerato un primo tratto pari ad un

chilometro e si è calcolata la curvatura media del

tratto. Si è considerato un secondo tratto ottenuto

con un incremento di 0,1Km, rispetto al precedente,

e si è ricalcolata la curvatura media attuale; si è

confrontata la curvatura attuale (cioè quella relativa

ad L=1,1km) con quella precedente (cioè quella

pari a 1,0 km).

Se la differenza, presa in valore assoluto, fra la

curvatura media attuale e quella media precedente

è risultata inferiore al 5% allora si è considerato

tratto omogeneo il tratto attuale (cioè quello pari ad

1,1km). Questa operazione è stata ripetuta n-volte

(con incremento di 0,1 km per volta). Il processo si

è arrestato quando il confronto fra le curvature è

risultato superiore al 5%.

I valore della lunghezza del tronco in

corrispondenza del quale si è ottenuto una

differenza maggiore del 5% è stata assunta come

lunghezza del tronco omogeneo.

Successivamente i dati riportati in tabella 1,

opportunamente organizzati in classi di traffico

(TGM) di uguale ampiezza, sono stati elaborati

attraverso la tecnica della regressione multivariata.

In particolare nell'elaborazione sono state

adoperate le seguenti variabili:

Ni*Sev : Dove Ni è il numero di incidenti/anno e

Sev è la gravità dell'incidente. Per la variabile

Sev, sono stati assunti convenzionalmente i

seguenti valori :

incidente con soli danni a coseseverità 1;

incidente con feritiseverità 2,0;

incidenti con lesiviseverità 2,5;

incidenti con mortiseverità 3,0;

T.G.M. : Traffico Giornaliero Medio

espresso in veicoli al giorno (riferito ad entrambi

le direzioni di marcia);

L_tratto: lunghezza del tronco omogeneo

espresso in Km;

LARGH: larghezza della carreggiata

espressa in metri;

TORT: Tortuosità valore adimensionale

PEND: pendenza del tronco omogeneo

espresso in %.

Il modello attenuto è riportato di seguito:

∗ . . . (1)

²=0,67

inoltre nella tabella 2 sono riportati le verifiche

statistiche del modello. Per facilitare l'applicazione

del modello (1) sono stati costruiti una serie di

abachi di facile utilizzo ed applicazione.

In particolare per la costruzione degli abachi

riportati di seguito (da abaco 1 ad abaco 18) sono

stati adoperati i valori delle variabili dipendenti

riportati in tabella 3.

Page 171: Ct 2 5 villani

 

168  

DE

NO

MIN

AZ

ION

E C

OM

UN

E

N.

ST

RA

DA

(T

ronc

o)

LU

NG

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]

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A [m

]

TG

M [

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]

N.

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de

nti

nei 3

an

ni

mo

rti

Fe

riti

y =

Ni *

sev

.

…….. ……. ……. ……. ……. ……. ……. …… ……. …….

Furore SS366 6,0 3,0 8,0 18 2,0 0 1 13

San Mauro Cilento COM_123 6,7 3,0 6,0 55 1,0 0 1 5

Celle di Bulgheria SP17 7,8 2,6 8,0 408 8,0 0 6 344

Capaccio SP_315 5,4 1,3 5,0 154 2,0 0 2 26

Centola SP_17 4,5 3,0 8,0 112 1,0 0 1 5

Positano SS163 7,8 3,0 7,5 740 11,0 0 9 490

Tramonti SP141 4,7 3,0 10,0 919 8,0 0 5 196

Ricigliano SP_34 6,2 3,0 5,0 127 1,0 0 0 1

Casalbuono A3 8,0 1,3 3,6 336 3,0 0 0 9

Eboli SP_262 7,1 1,0 5,5 260 2,0 0 2 34

Stella Cilento SP_15 4,8 3,0 7,0 243 1,0 0 1 7

Sassano SP51 3,8 2,0 7,3 998 4,0 0 4 88

San Rufo SS166 8,7 3,0 7,0 997 6,0 0 2 54

Trentinara SP13 8,7 3,0 7,0 951 6,0 0 5 171

…….. ……. ……. ……. ……. ……. ……. …… ……. …….

…….. ……. ……. ……. ……. ……. ……. …… ……. …….

…….. ……. ……. ……. ……. ……. ……. …… ……. …….

Tabella 1 - Estratto della matrice dei dati

Parametro Stima Errore standard

Intervallo di confidenza 95%

Limite inferiore Limite superiore

b1 ,008 ,019 -,033 ,049

b2 ,241 ,292 -,402 ,885

b3 -1,584 1,038 -3,869 ,702

b4 1,730 1,333 -1,204 4,664

Tabella 2 - Parametri del modello (1)

Complessivamente, per caratterizzare tutte le

combinazioni derivanti dai livelli delle variabili

indicati in figura 4 (ad eccezione della variabile

L_tratto assunta pari al valore medio, 5m), sono

stati costruiti 18 abachi che consentono, per ogni

livello di traffico (TGM) di determinare il

corrispondente livello di pericolosità del tronco.

Page 172: Ct 2 5 villani

 

169  

Variabile Acronimo variabile livello variabile

Larghezza LARGH

Alta da 7 a 8;

Media, da 6 a7;

Bassa, da 5 a 6;

Tortuosità T

Alta, maggiore di 2,7;

Media, da 2,4 a 2,7;

Bassa da 2,1 a 2,4;

Pendenza P

Alta da 1,8 a 2,7

Media da 1,4 a 1,8;

Bassa, da 1,2 a 1,4;

Tabella 3 - Livello variabili indipendenti

Abaco 1

Page 173: Ct 2 5 villani

 

170  

Abaco 2

Abaco 3

Page 174: Ct 2 5 villani

 

171  

Abaco 4

Abaco 5

Page 175: Ct 2 5 villani

 

172  

Abaco 6

Abaco 7

Page 176: Ct 2 5 villani

 

173  

Abaco 8

Abaco 9

Page 177: Ct 2 5 villani

 

174  

Abaco 10

Abaco 11

0

20

40

60

80

100

120

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH bassa ‐ P alta

T bassa

T media

T alta

0

20

40

60

80

100

120

140

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH media ‐ P alta

T bassa

T media

T alta

Page 178: Ct 2 5 villani

 

175  

Abaco 12

Abaco 13

0

20

40

60

80

100

120

140

160

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH alta ‐ P alta

T bassa

T media

T alta

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH bassa ‐ P media

T bassa

T media

T alta

Page 179: Ct 2 5 villani

 

176  

Abaco 14

Abaco 15

0

50

100

150

200

250

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH media ‐ P media

T bassa

T media

T alta

0

50

100

150

200

250

300

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH alta ‐ P media

T bassa

T media

T alta

Page 180: Ct 2 5 villani

 

177  

Abaco 16

Abaco 17

0

50

100

150

200

250

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH bassa ‐ P bassa

T bassa

T media

T alta

0

50

100

150

200

250

300

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH media ‐ P bassa

T bassa

T media

T alta

Page 181: Ct 2 5 villani

 

178  

Abaco 18

4. Conclusioni

Nel lavoro in questione è stato condotto uno studio

riguardante l'incidentalità sulla viabilità minore della

rete di Salerno nel triennio 2003-2005.

Sono stati analizzati circa 400 km di rete (con TGM

<1000veic/giorno) sui quali nei tre anni di

osservazione si sono verificati 230 incidenti di cui 6

mortali e 159 con feriti con lesioni.

Dalle analisi condotte è stato ricavato un modello

(modello 1) attraverso il quale è possibile stimare

l'incidentalità per diversi valori del traffico (TGM).

Inoltre per rendere più semplice l'applicazione del

modello sono stati costruiti una serie di abachi che

consentono, in modo veloce, di stimare

l'incidentalità per un prefissato valore del TGM,

per i diversi livelli di tortuosità, di pendenza e di

larghezza della carreggiata ( tabella 4).

Dall'analisi degli abachi ricavati è emerso che la

situazione più critica si ha in corrispondenza

dell'abaco 2 (Larghezza pari a 6m, Tortuosità

bassa e pendenza bassa); la situazione meno

critica invece si ha in corrispondenza dell'abaco 10

(Larghezza pari a 6m, Tortuosità alta e pendenza

alta).

Bibliografia

1. Persaud, B. and Dzbik, Accident prediction models for freeways. L. 1401, Transportation Research Record, 1993. 2. Fridstrøm, L., et al. Measuring the contribution of randomness, exposure, weather, and daylight to the variation in road accident counts. 27, s.l. Accident analysis and prevention, 1995. 3. Abdel-Aty, M. A. and Essam Radwan, E. A. Modeling traffic accident occurrence and involvement 32, s.l. Accident analysis and prevention, 2000

4. Golob, T. F. and Recker, W. W. Relationship among urban freeway accidents, traffic flow, weather, and lighting conditions. 129, s.l. : Journal of Transportation Engineering, 2003. 5. Hauer E. Statistical test of the difference between expected accident frequencies. Washington D.C. : Transportation Research Record, 1996. 6. Qadeer Memon, A. Road accident prediction models and the influence of traffic flow, road length, road class and vehicle class on accidents. Washington D. C. : TRB Annual Meeting, 2008. 7. De Luca, M., Mauro, R., Russo, F., Dell'Acqua, G. Before-after freeway accident analysis using

0

50

100

150

200

250

300

350

400

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

Ni * severità

T.G.M.

LARGH alta ‐ P bassa

T bassa

T media

T alta

Page 182: Ct 2 5 villani

 

179  

Cluster algorithms (2011) PROCEDIA - Social and Behavioral Sciences 20 PP. 723. doi: 10.1016/j.sbspro.2011.08.080 8. Destino G., Lamberti R., Dell'Acqua G., 2010 - Calibrazione e validazione di modelli previsionali

dell’incidentalità stradale - Tesi di laurea - Università di Napoli Federico II

.. - + * + -...

Page 183: Ct 2 5 villani

 180 

 

 

LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE DI UNA RETE INFRASTRUTTURALE IN AREA URBANA

Alfonso Annunziata Francesco Annunziata

Università Cagliari

Introduzione  La progettazione viaria, di norma, si inserisce tra gli

strumenti per la ristrutturazione/riorganizzazione di un

territorio. A questo scopo viene redatto un Piano di

assetto e da esso viene derivato il relativo Piano dei

trasporti: sarebbe opportuno che essi fossero

strettamente coordinati sino ad intenderne la redazione

derivante da un processo iterativo. Il Piano dei trasporti,

relativamente al sistema infrastrutturale, si riassume

sostanzialmente ne:

- la conoscenza delle destinazioni d’uso delle varie parti

del territorio, che permette la quantificazione della

domanda di trasporto che ne risulta;

- la definizione delle caratteristiche delle infrastrutture

che debbono soddisfare la domanda prevista;

- l’analisi preliminare della sensibilità ambientale del

territorio interessato.

La domanda di trasporto, individuata dal volume orario di

traffico, dalla sua composizione e dalla velocità media di

deflusso, determina la sezione stradale e l’intervallo delle

velocità di progetto.

Il progetto delle infrastrutture viarie si colloca nell’ambito

del predetto piano di ristrutturazione/riorganizzazione del

contesto interessato, per il miglioramento delle condizioni

di accessibilità, in una logica di riequilibrio territoriale;

conseguentemente, la progettazione di un determinato

corridoio infrastrutturale va condotta con attenzione a

quegli elementi della rete che ne assicurano

l’interconnessione con altri itinerari, nell’ambito di una

rete intermodale.

Il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

– 5 novembre 2001 – “Norme funzionali e geometriche

per la costruzione delle strade” - contiene precisazioni

concettuali ed indicazioni progettuali che si riferiscono

alle nuove costruzioni di tutti i tipi previsti dal Nuovo

Codice, con esclusione delle strade di montagna,

collocate su terreni morfologicamente difficili, per le quali

non è generalmente possibile il rispetto dei criteri di

progettazione previsti.

Le Norme regolano gli elementi relativi alle

caratteristiche geometriche e di progetto delle strade, in

rapporto alle funzioni che esse sono chiamate a svolgere

in attuazione della pianificazione territoriale. Interventi su

strade esistenti vanno eseguiti adeguando alle Norme,

per quanto possibile, le caratteristiche geometriche, in

modo da soddisfare nella maniera migliore le esigenze

della circolazione. Per quanto riguarda le distanze

minime (in parallelo alla strada) a protezione della

piattaforma e delle pertinenze, occorre far riferimento al

Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice

(Appendice n° 1 – D.P.R. 16/12/1992 n° 495 – artt. 26,

27 e 28). Peraltro si raccomanda alla sensibilità del

progettista la previsione progettuale vincolante di idonei

distanziamenti, rispetto alla strada, di recinzioni,

alberature, esercizi di vendita, etc., in modo tale da non

pregiudicare la sicurezza di tutti gli utenti e la

scorrevolezza del traffico. Rimane inoltre ai progettisti la

possibilità di proporre soluzioni innovative, rispetto alle

Norme, con l’obbligo che esse debbano comunque

essere approvate secondo le modalità precisate all’art.

13 del Codice.

I predetti sono alcuni riferimenti normativi ed i limiti di

impiego delle nuove Norme, che si ritiene debbano

Page 184: Ct 2 5 villani

ancora contenere alcune precisazioni, perché diventino

un testo normativo più completo, ma anche

maggiormente riferito alla riqualificazione funzionale dei

sistemi viari esistenti. Per riqualificazione funzionale di

una strada deve intendersi la ricostruzione di un sistema

a rete, che distingua le funzioni territoriali, e le funzioni

assolte, nell’ambito della rete di appartenenza, dai

collegamenti viari, assicurando un’omogeneità d’offerta e

di livello di servizio per le infrastrutture d’interesse locale,

provinciale, regionale ed interregionale.

Secondo quest’impostazione, la riqualificazione deve

preliminarmente prendere l’avvio dall’attribuzione di

funzioni specifiche ai singoli elementi viari: si impone la

definizione di una metodologia di classificazione delle

strade esistenti, che presupponga una pianificazione

generale o di settore. L’evidente obiettivo della

classificazione è di uniformare, su tutto il territorio

nazionale, le caratteristiche infrastrutturali delle diverse

tipologie di strada. Essa si configura come verifica di

validità della gerarchizzazione funzionale delle strade,

individuata dai suddetti strumenti di pianificazione; in

assenza di questi, il procedimento di classificazione

richiede preliminarmente l’individuazione provvisoria

della funzione attesa per le singole infrastrutture.

Un possibile inquadramento normativo Viene definita “strada” l’area ad uso pubblico destinata

alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali. Il

D.M. 5/11/2001 definisce i criteri per la progettazione

degli aspetti funzionali e geometrici delle strade, in

relazione alla loro classificazione secondo il nuovo

Codice, basata sui tipi di utenti e di attività ammesse, e

tenuto conto delle situazioni ambientali nelle quali le

strade stesse sono inserite. Quest’affermazione lascia

intendere che le scelte della progettazione sono

fortemente condizionate dalle caratteristiche fisiche ed

antropiche dei luoghi, oltre che dalla qualità

dell’ambiente ove l’infrastruttura è collocata. Ne deriva la

necessità che le diverse fasi progettuali siano sviluppate

alla luce di un’analisi ambientale di volta in volta

adeguata a specifiche finalità, e siano il risultato di un

procedimento iterativo che subordini le scelte tecniche

alla verifica degli effetti indotti, al fine di perseguire il

miglior compromesso tra esigenze funzionali,

economiche ed ambientali, atto a garantire la

compatibilità degli interventi.

Il sistema globale delle infrastrutture viarie può essere

schematizzato come un grafo, un insieme integrato di reti

distinte, ciascuna delle quali costituita da un insieme di

elementi componenti che si identificano in parte con le

strade (archi), collegate da un sistema di

interconnessioni (nodi): quindi reti distinte di differente

livello gerarchico.

Valgono a tal proposito le seguenti definizioni:

a) nodo = centro del territorio ove si originano o

terminano gli spostamenti, ovvero intersezione tra due o

più vie; in quest’ultimo sono le integrazioni tra le reti di

differente gerarchia e ne deriva che le reti di gerarchia

inferiore sono interne a quelle di livello superiore;

b) arco = collegamento tra due nodi.

In considerazione della necessità di una classificazione

funzionale delle strade, prevista dal Codice, risulta quindi

indispensabile eseguire una valutazione complessiva

delle reti, alle quali le singole strade possono

appartenere, e definire per tali reti un preciso rapporto

gerarchico basato sull’individuazione della funzione

assolta nel contesto territoriale e nell’ambito del sistema

globale delle infrastrutture viarie.

Le strade di nuova costruzione non presentano sempre i

requisiti previsti dalle “Norme funzionali e geometriche

per la costruzione delle strade” (D.M. 5/11/2001)1 e, in

caso contrario, per ottenere la classificazione dovrebbero

essere adeguate. La possibilità di deroga è consentita

per le strade esistenti, allorquando particolari condizioni

locali, ambientali, paesaggistiche, archeologiche ed

economiche non ne consentano l’adeguamento, sempre

che sia assicurata la sicurezza stradale e siano

comunque evitati gli inquinamenti. Questa possibilità

deve essere consentita sia in caso di difformità

solamente localizzate, sia in caso di difformità

generalizzate e non rimovibili per ragioni di carattere

ambientale ed economico, giustificate però dalla

rispondenza a quanto riportato per le strade extraurbane

e per quelle urbane rispettivamente nei Bollettini Ufficiali

C.N.R. n° 78/1980 e n° 60/1978. Dai predetti Bollettini

C.N.R. si ricavava che “…..la classificazione potrà essere

                                                            1 Si veda il capitolo di Antonio Cataldo, Alessandro Di Graziano, Paola Villani “Il censimento delle strade appartenenti alla rete extraurbana: aspetti metodologici e normativi “ in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014

            

Page 185: Ct 2 5 villani

 182 

condotta per assimilazione, tenendo conto delle

dimensioni della piattaforma e delle caratteristiche

dell’asse. Gli interventi migliorativi sulle strade esistenti

dovranno in ogni caso essere tali da attuare le

caratteristiche delle classi di assimilazione. Soltanto

quando le limitazioni di cui sopra abbiano carattere

chiaramente locale di singolarità e di eccezionalità,

potranno adottarsi provvedimenti diversi, purché

l’opportuna segnaletica fornisca idonee condizioni di

sicurezza della circolazione.”

L’adeguamento delle reti stradali urbane esistenti si

compendia:

a) nell’idonea attribuzione di funzioni specifiche ai singoli

elementi viari;

b) nella conseguente sistemazione delle intersezioni, con

eventuale limitazione del numero delle medesime e degli

accessi;

c) nella regolamentazione dei sensi di marcia per le varie

componenti di traffico veicolare (pubblico e privato);

d) nell’organizzazione delle opportune discipline per la

sosta veicolare e per il traffico dei pedoni.

In particolare, la strada urbana viene definita quale

elemento di una rete viaria, oggetto della progettazione

in un quadro organico di rapporti funzionali, così da

soddisfare contemporaneamente i vari tipi di domanda di

spostamenti sia con mezzi collettivi che con mezzi

individuali. Le Norme regolano gli elementi relativi alle

caratteristiche di progetto delle strade urbane, in

rapporto alle funzioni individuate nella pianificazione

urbanistica e nella più specifica pianificazione dei

trasporti. La denominazione fondamentale dei tipi di

strada va stabilita con riferimento all’area urbana vasta

(conurbata o metropolitana), così che la progettazione

del sistema dei trasporti deve necessariamente fondarsi

sull’assunto che esso non può normalmente essere

studiato in ambiti territoriali ristretti: deve corrispondere

all’obiettivo di integrare la città ed il suo intorno

diffusamente abitato.

Secondo l’impostazione predetta, in particolare nelle

aree urbane, l’adeguamento deve preliminarmente

prendere l’avvio dell’attribuzione di funzioni specifiche ai

singoli elementi della rete, limitata alla sola rete stradale.

Va considerato invece il complessivo sistema

infrastrutturale, costituito dalle strade, dalle infrastrutture

di trasporto collettivo in sede propria, dal sistema delle

aree/strutture di sosta e di parcheggio, nella logica di

assegnare funzioni al singolo elemento quale

componente di una rete integrata ed intermodale.

Devono quindi essere esaminati i piani di inquadramento

e di programmazione e vanno individuate le funzioni

assolte o assegnate, come obiettivo di medio-lungo

periodo, alle infrastrutture esistenti in detta rete.

Sembra opportuno, nell’affermazione che la predetta

impostazione sia di carattere generale, richiamare

l’attenzione sulle aree urbane, che non appaiono

opportunamente considerate. Per esse, l’esame della

domanda di trasporto deve condurre alla stesura di Piani

applicativi:

- un Piano dei trasporti per l’area urbana, strumento di

pianificazione strategico che, in funzione dello sviluppo

previsto degli insediamenti e delle attività, coordini la

funzione delle infrastrutture e dei servizi di trasporto,

individui i nuovi interventi necessari a medio e lungo

termine, e ne fornisca i tempi di entrata in esercizio

secondo un’analisi dei vantaggi conseguibili e le

disponibilità di spesa nel settore;

- un Piano di interventi di interesse immediato (Piano

Urbano della Mobilità), che comprenda una serie di

provvedimenti settoriali ed attuabili a breve termine, atti a

migliorare la situazione circolatoria, nei limiti imposti dalla

struttura della rete viaria e dei servizi di trasporto

collettivo esistenti, secondo le disponibilità di spesa nel

settore.

In proposito, si ritiene che sia importante la preliminare

redazione del Piano dei Trasporti, contenente le

indicazioni per la soluzione dei problemi, e che

successivamente avvenga la stesura del Piano Urbano

della Mobilità (PUM) e di altri Piani settoriali affinchè

questi ne rappresentino l’attuazione nel tempo.

Nel percorso di pianificazione e governo del sistema dei

trasporti a scala urbana, il PUM costituisce lo strumento

tecnico-amministrativo che, mediante successivi

aggiornamenti, rappresenta le fasi attuative di un

disegno strategico, di lungo periodo, espresso dal Piano

dei Trasporti, da elaborare a scala comprensoriale. Esso

è costituito da un insieme articolato di interventi relativi

allo sviluppo dell’offerta di infrastrutture e servizi di

trasporto, congiunti a politiche di controllo delle modalità

di soddisfacimento della domanda di mobilità e ad

indirizzi per la pianificazione territoriale ed urbanistica.

Page 186: Ct 2 5 villani

Le aree metropolitane

La denominazione fondamentale delle strade urbane

viene prevalentemente stabilita con riferimento all’ambito

territoriale interessato ed in rapporto alle funzioni ad

esse affidate dalla pianificazione territoriale e,

conseguentemente, alle caratteristiche del traffico che le

interessa. L’ ambito territoriale comune ai differenti tipi di

strada è l’area urbana: essa non rimane definita dal

limite di perimetrazione urbana, centro edificato

delimitato dal perimetro continuo che comprende tutte le

aree edificate con continuità ed i lotti interclusi (art.18 –

Legge n° 865 – 22/10/1971). Questa definizione può

meglio riferirsi all’aggregato urbano: raggruppamento, in

un’area circoscritta, di uno o più abitati capoluoghi e non,

con i relativi nuclei residenziali e case sparse,

comprensivo dei pertinenti insediamenti in territorio

extraurbano. Per area urbana va intesa l’area conurbata

e/o l’area metropolitana.

L’area conurbata è data da un’agglomerazione urbana in

fase di consolidamento, un raggruppamento, in un’area

vasta, di più aggregati urbani, dei quali almeno uno di

grandi dimensioni e con funzioni di capoluogo

amministrativo di rango superiore al comune. Nell’area

dell’agglomerazione risultano evidentemente compresi

gli insediamenti, in territorio extraurbano, pertinenti ai

vari aggregati urbani.

L’area metropolitana si differenzia da un’area conurbata

in quanto costituita da insediamenti urbani di ordine

superiore, fra loro in stretta connessione di vicinanza

geografica e di rapporti socio- economici. L’area

metropolitana può essere intesa come un’evoluzione

dell’area conurbata, caratterizzata da una minore

dipendenza rispetto all’aggregato di maggiori dimensioni

e da un maggiore equilibrio nella dotazione degli

attrattori di interessi.

Queste definizioni corrispondono alla consapevolezza

del fatto che i problemi di assetto, di controllo e di

gestione territoriale sono di una dimensione diversa e di

tutt’altra natura rispetto a quelli tradizionali, spesso

ristretti alla semplice considerazione dei rapporti tra città

e campagna. La forma statica della città, con la quale nel

passato si è identificata la cultura urbana, e gli stessi

modelli operativi, riferiti ad una concezione formale

statica dell’intervento, sono di conseguenza superati da

una nuova visione dinamica della città-regione o della

città-territorio, intesa quest’ultima come insieme di

relazioni dinamiche, nell’ambito di un processo generale

di crescita demografica e di avanzamento sociale.

La progettazione del sistema dei trasporti deve

corrispondere alla necessità ed all’obiettivo di integrare

la città ed il suo intorno diffusamente abitato. Da tempo,

le tendenze ravvisabili nella letteratura relativa alla

pianificazione territoriale associano all’area centrale il

suo intorno diffusamente abitato. In quest’ultimo vengono

individuati requisiti ambientali e linee strutturali che

pongono in discussione i contenuti tradizionali di

centralità della città e fanno avanzare l’esigenza di

comprensione e di rielaborazione delle relazioni urbane e

territoriali. Ne discende che nella pianificazione del

territorio urbano vanno preliminarmente analizzati i

rapporti che si intrecciano tra l’area centrale e quella più

esterna: a tali rapporti si correlano funzioni di riequilibrio

territoriale. Vanno maturando i tempi perché un’area

urbana non sia più intesa in quanto costituita da un

centro di qualità e da periferie marginali, ma da centri,

anche di differente peso, interagenti: il disegno di una

rete infrastrutturale che non sia più solo di trasporto, ma

soprattutto relazionale, potrebbe favorire questa

evoluzione.

Alla luce di queste considerazioni, per il sistema dei

servizi, e quindi per il sistema dei trasporti di un’area

urbana si impone la necessità di adeguare le

caratteristiche ad una gerarchia di funzioni esistenti e

future. Pertanto, la definizione del contesto territoriale

urbano è preliminare alla classificazione funzionale delle

strade, che potrà essere differente a seconda della

tipologia del territorio urbano considerato.

Occorre pertanto superare il modello di sviluppo

centripeto, influenzato dal capoluogo, senza tuttavia

ricadere in un modello fortemente disperso nel territorio,

prefigurante una pluralità di realtà urbane che,

nonostante la contiguità territoriale e la comunanza di

interessi, siano nel disordine protese alla ricerca di una

connotazione specifica. Occorre costruire un sistema

insediativo ed organizzativo di tipo policentrico a rete,

anche aperto verso l’esterno, nel senso che sia

riconosciuta ai nodi “di frontiera” la funzione di interfaccia

territoriale e relazionale con i territori esterni all’area

vasta (l’area conurbata che si va trasformando

assumendo la connotazione di area metropolitana), ed

anche parzialmente ridondante nel senso che sia

riconosciuta la necessità di replicare, sia pure

Page 187: Ct 2 5 villani

 184 

parzialmente, alcune funzioni, al fine di contrastare gli

effetti polarizzatori e gerarchizzanti.

Il Lungomare Poetto a Cagliari, è esempio di riconversione di una arteria di trasporto in un più vasto sistema di media, tesi a servire diversi modi di trasporto e diversi movimenti, a creare spazi condivisi, a ospitare nuove funzioni urbane. Occorre riflettere sulla visione dell’interconnessione

residenze - servizi, mobilità e ambiente, unica strategia

per organizzare e distribuire i servizi sul territorio, in

coerenza con la dislocazione della domanda. Occorre

conseguentemente elaborare piani cornice degli

interventi infrastrutturali, finalizzati alla soluzione delle

criticità della mobilità d’area vasta. I contenuti di tali piani

sono:

a) la concentrazione di nuovi insediamenti in prossimità

dei tracciati dei sistemi di TPL, con il potenziamento del

trasporto collettivo in sede propria;

b) la creazione di una piattaforma logistica derivante

dalla messa a sistema dei poli trasportistici presenti sul

territorio;

c) l’integrazione tra i differenti sistemi di trasporto

collettivo in sede propria che, utilizzando anche tracciati

esistenti in connessione con i servizi di trasporto

pubblico di superficie e le aree/strutture per la sosta ed il

parcheggio, si configuri come una una piattaforma

intermodale diffusa in previsione di un alleggerimento del

traffico veicolare sulle attuali reti stradali.

In sintesi, il piano cornice nel tempo deve raggiungere i

seguenti risultati:

- riorganizzare la distribuzione modale della domanda di

trasporto, realizzando un sistema di trasporto collettivo in

sede propria che sia la struttura portante della rete

infrastrutturale al servizio della mobilità;

- contenere i flussi pendolari verso l’area centrale

urbana, evitandovi la localizzazione di nuovi attrattori di

interessi o l’implementazione di quelli esistenti;

- ridurre i flussi pendolari verso l’area centrale urbana,

ponendo i servizi d’area vasta all’esterno dei quartieri

centrali di carente accessibilità e localizzandoli, in

prossimità delle linee di trasporto collettivo in sede

propria, in posizioni più prossime all’origine della

domanda, e quindi più accessibili.

Risolvere i problemi della mobilità in un’area

metropolitana significa assumere iniziative inquadrabili in

una politica di largo respiro, che a sua volta sia frutto di

una meditata concezione strategica: applicazione alla

politica dei trasporti di una visione pragmatica, e tuttavia

colta, onesta e preveggente dei fatti sociali. Progettare il

sistema infrastrutturale richiede preliminarmente la

conoscenza e l’analisi della città, delle dinamiche in atto

Page 188: Ct 2 5 villani

e gli scenari potenziali riflettendo sulla storia della stessa

area urbana. Progettare il sistema infrastrutturale

richiede che se ne consideri la sostenibilità ambientale,

anche propedeuticamente alla redazione dello stesso

progetto preliminare: devono essere individuate le aree

che non si prestano ad essere attraversate da nuove

infrastrutture, o da interventi di adeguamento di quelle

esistenti.

La mobilità, derivata dall’accelerazione del fenomeno di

ingrandimento delle città europee, verificatosi negli ultimi

cento anni, ed in particolare nei trent’anni successivi

all’ultimo dopoguerra, e dalla libertà lasciata alla

circolazione dei mezzi di trasporto individuali, sta

provocando la paralisi della circolazione in molte città.

Nella parte storica, costruita in gran parte per

spostamenti solo pedonali, il semplicistico adeguamento

all’autovettura ne sta comportando la distruzione o lo

stravolgimento. Il tasso di motorizzazione è certamente

cresciuto in termini patologici, ma specialmente è

patologico l’uso che i cittadini fanno del mezzo

individuale, in assenza di valide alternative.

La radiocentricità di un’area urbana non è solo un

problema di sistemi e di reti di strade, ma è anche un

segno che quasi tutti gli interessi e molte attività

gravitano sul centro storico e creano movimenti verso di

esso. La città è un organismo talmente complesso che

un singolo provvedimento, anche il migliore, potrebbe

non corrispondere alle sue esigenze. Una rete

metropolitana ha bisogno di un servizio di autobus per

accedere alle stazione periferiche; altrettanto, la stazione

metropolitana ha bisogno del parcheggio di scambio per

coloro che non hanno la possibilità di utilizzare l’autobus

per arrivarvi. Man mano che si entra in centro sono

importanti, nelle stazioni, le possibilità di interscambio tra

le diverse linee metropolitane e le linee di superficie. La

sosta dei veicoli individuali intorno al centro va vista in

relazione alle distanze di questi parcheggi dal luogo di

destinazione, come percorso pedonale che non deve

superare una lunghezza adeguata alla dimensione della

città, al tipo di servizio cui si deve accedere, alla

motivazione ed allo stesso protagonista dello

spostamento .

I modi d’uso dello spazio pubblico, i mezzi di trasporto

devono corrispondere alla struttura delle diverse zone

della città. In questo senso, il centro storico è la parte più

delicata per il suo valore storico ed architettonico, per la

sua densità sia di residenze che di attività culturali ed

economiche. L’identificazione del cittadino con questa

parte della città richiede una cura notevole dei valori,

come per esempio il diritto di uso degli spazi comuni.

Questi sono da considerare, prima di tutto, come luoghi

di incontro e di attività di vita cittadina, serviti bene dal

mezzo pubblico senza escludere un traffico di accesso

necessario e misurato. La destinazione di aree e

strutture di parcheggio per la residenza, l’aumento della

sicurezza del pedone, la riduzione drastica

dell’inquinamento sono metodi di incoraggiamento per la

residenza nel centro storico che occorre conservare

come elemento di equilibrio e di vita cittadina.

Purtroppo, dichiaratamente, le Norme escludono la

considerazione delle strade urbane al servizio delle zone

residenziali centrali e periferiche, e questa disattenzione

è testimoniata dal perdurare dell’assenza di qualsiasi tipo

di normativa. Non vengono quindi considerati gli aspetti

relativi alle esigenze degli utenti deboli della strada, non

esiste un metodo di progettazione studiato

appositamente per le persone coinvolte, che tenga conto

delle loro esigenze. Se si accetta la definizione di qualità

intesa come “grado di rispondenza delle prestazioni ai

requisiti che ne hanno prodotto la realizzazione” e si

riconosce che tutti gli utenti della strada hanno l’esigenza

di una circolazione non solo sicura ma anche piacevole,

appare evidente che le Norme non consentono di

progettare strade di qualità in maniera completa. Benchè

il controllo e la misura della qualità debbano trovare nella

Normativa il più pertinente campo applicativo, la Norma

non entra nel merito della progettazione delle sequenze

visive, della cura dell’arredo stradale e di quegli aspetti

che possono rendere la circolazione non solo sicura ma

anche piacevole, soddisfacendo integralmente le

esigenze di tutti gli utenti della strada. Le strade

residenziali sono spazi pubblici per molte attività e

funzioni e, in quanto tali, necessitano di particolari arredi,

quali i dispositivi per la limitazione della velocità dei

veicoli, per contribuire a migliorare la qualità della vita dei

residenti. Esse permettono la diffusione della luce e la

circolazione dell’aria, offrendo l’opportunità di creare

paesaggi con alberi ed arbusti, itinerari per passeggiate,

luoghi di conversazione, corsie riservate per i servizi

pubblici e strutture per il movimento, per la sosta ed il

rifornimento dei veicoli a motore. Alcune strade si aprono

sulle piazze, altre si stringono in vicoli, alcune

Page 189: Ct 2 5 villani

 186 

raggiungono fama e notorietà, ma la maggior parte sono

conosciute solo ai residenti ed a coloro che vi transitano

regolarmente. Le strade residenziali costituiscono uno

degli aspetti principali del tessuto urbano ed il loro buon

funzionamento può determinare la qualità stessa della

vita della città, la sicurezza, il comfort, il benessere dei

suoi cittadini. La funzione primaria delle strade

residenziali è quella di servire il territorio che vi si

affaccia, fornendo l’accesso alle abitazioni per tutti quelli

che entrano ed escono e per tutti coloro che consegnano

e ritirano merci; la loro progettazione deve perciò essere

finalizzata a questi obiettivi, rivestendo quindi un rilievo

peculiare nel governo della città, attento alle esigenze ed

al benessere dei suoi abitanti.

La classificazione delle strade

Tenuto conto degli obiettivi che il legislatore intende

perseguire attraverso la classificazione delle strade

(omogeneità delle caratteristiche tecniche nell’ambito

dello stesso tipo di infrastrutture, e conseguente

eventuale individuazione delle necessità di adeguamento

per assicurare il livello di prestazione corrispondente),

l’attività che devono svolgere gli Enti proprietari non può

che essere limitata al riconoscimento, per le singole

strade della rete di competenza, delle caratteristiche

costruttive proprie dell’uno o dell’altro tipo ed alla

conseguente attribuzione alle classi individuate dal

Nuovo Codice della Strada. Il momento della

ricognizione dello stato di fatto, finalizzato

all’individuazione delle caratteristiche tecniche della

strada (quali derivano dalla geometria della piattaforma e

del tracciato, nonché dagli standard generali

dell’infrastruttura) deve essere contestuale, ai fini della

classificazione, ad una valutazione complessiva della

rete che porti a definire, in ragione del ruolo e del traffico

servito, il rapporto di gerarchia funzionale che intercorre

tra le singole strade. Detta valutazione non riguarda

solamente la rete di competenza del singolo Ente

proprietario, ma deve essere estesa all’intero sistema

infrastrutturale presente nel territorio interessato, così da

non trascurare gli aspetti di complementarietà con le

altre infrastrutture di trasporto.

Le Norme individuano alcuni fattori fondamentali che,

caratterizzando le reti stradali dal punto di vista

funzionale, consentono di collocare la rete oggetto di

studio in una classe precisa. Essi sono:

a) tipo di movimento servito (transito, distribuzione,

penetrazione, accessibilità);

b) entità dello spostamento (distanza mediamente

percorsa dai veicoli);

c) funzione assolta nel contesto territoriale attraversato

(collegamento nazionale, interregionale, provinciale,

locale);

d) componenti di traffico e relative categorie (veicoli

leggeri, veicoli pesanti, motoveicoli, pedoni, etc.).

La rete esistente

In una corretta prospettiva di valorizzazione delle risorse

infrastrutturali esistenti, non si può prescindere dalla

valutazione del ruolo e della funzione che la strada

assolve all’interno della rete. Devono essere esaminati

quindi i Piani di inquadramento e di programmazione

dello sviluppo della rete considerata (Piano Nazionale

dei Trasporti, Piani Regionali dei Trasporti, Piani

Urbanistici Comunali o altri strumenti di Piano) e vanno

individuate le funzioni assolte o assegnate come

obiettivo. Piani quali quelli suddetti prefigurano la

razionalizzazione della rete esistente, o il suo

adeguamento oppure potenziamento, in una previsione

di sviluppo territoriale di medio-lungo termine. La loro

finalità si pone quindi con un obiettivo diverso rispetto a

quello dei Piani Urbani del Traffico o dei Piani di Traffico

per la Viabilità Extraurbana che, attraverso misure

soprattutto di immediata realizzabilità, sono finalizzati a

contenere le più evidenti criticità della circolazione. In

caso di carenza degli strumenti di Piano sopra definiti,

sarà cura dell’Ente proprietario, con il coordinamento di

un Ente di governo regionale, sovra-regionale e/o di area

urbana, individuare la funzione provvisoria assegnata

all’infrastruttura, in attesa della definizione di un Piano.

Una valutazione orientativa può essere fatta in base agli

elementi indicati in precedenza, che precisa le funzioni

assegnate con riferimento al livello gerarchico ed al tipo

di traffico servito; per ciascun livello gerarchico è

possibile individuare il tipo corrispondente, a partire dalle

prestazioni richieste e dai necessari requisiti di

sicurezza.

Con riferimento a quanto previsto dalla classificazione

funzionale delle strade ed in considerazione dei quattro

fattori fondamentali suddetti, la Normativa individua nel

sistema globale delle infrastrutture stradali, a servizio di

Page 190: Ct 2 5 villani

un determinato territorio, quattro livelli di rete, ai quali

assegna determinate funzioni e corrispondenze con i tipi

di strade previsti:

- rete primaria;

- rete principale,

- rete secondaria;

- rete locale.

La rete primaria individua il livello più importante:

a) movimento servito = transito, scorrimento;

b) entità dello spostamento = lunghe distanze;

c) funzione nel territorio = nazionale ed interregionale in

ambito extraurbano; disimpegna il traffico di transito

rispetto all’area urbana;

d) componenti di traffico = limitate (autoveicoli, motocicli,

etc.).

La rete principale rappresenta il secondo livello:

a) movimento servito = distribuzione dalla rete primaria

alla secondaria;

b) entità dello spostamento = medie distanze;

c) funzione nel territorio = interregionale e regionale in

ambito extraurbano; compresa completamente in area

urbana, distribuisce il traffico delle strade primarie e

raccoglie quello delle strade di quartiere;

d) componenti di traffico = limitate (autoveicoli, motocicli,

etc.).

La rete secondaria rappresenta il terzo livello:

a) movimento servito = penetrazione verso la rete locale;

b) entità dello spostamento = distanza ridotta;

c) funzione nel territorio = provinciale ed interlocale in

ambito extraurbano; compresa in un settore dell’area

urbana, serve di collegamento tra quartieri dell’area

urbana, distribuisce il traffico delle strade principali e

raccoglie quello delle strade locali;

d) componenti di traffico = tutte le componenti.

La rete locale rappresenta il quarto ed ultimo livello:

a) movimento servito = accesso;

b) entità dello spostamento = breve distanza;

c) funzione nel territorio = interlocale e comunale in

ambito extraurbano; interamente compresa all’interno di

un quartiere, a servizio diretto degli insediamenti,

raccoglie il traffico per immetterlo sulle strade

secondarie;

d) componenti di traffico = tutte le componenti, con

limitazioni per gli autoveicoli commerciali destinati al

trasporto delle merci e per gli autoveicoli in servizio di

trasporto pubblico di linea.

Una volta collocate le reti stradali nelle rispettive classi

funzionali, la Normativa si sofferma sugli elementi che le

costituiscono (le strade) definendone le caratteristiche di

uso e di collocazione più idonee. L’idea base è quella di

omogeneizzare la funzione principale assegnata alle

singole strade con quella propria della rete di

appartenenza. Tale obiettivo non può essere

completamente raggiunto: al massimo si può ottenere

una coerenza funzionale tra rete ed elemento stradale.

Per tale motivo nella Normativa la singola strada, posta a

servizio di un determinato ambito territoriale è

caratterizzata non solo da una funzione principale,

propria della classe cui appartiene, ma anche da

eventuali funzioni secondarie, corrispondenti alle funzioni

principali delle classi attigue a quella propria cui

appartiene la strada considerata.

Pertanto, le strade vengono classificate in modo analogo

alle reti, sicchè si parla di :

- strada primaria;

- strada principale;

- strada secondaria;

- strada locale.

Ognuna di queste strade ha quindi una funzione

principale ed una (o due) funzioni secondarie,

corrispondenti alle funzioni principali delle classi

contigue. Ciò può anche dipendere dalla dimensione

dell’area urbana: potrebbe essere che un itinerario,

nell’ambito della stessa area urbana, assolva

progressivamente differenti funzioni sempre individuate

in classi contigue.

Come detto, occorre contestualmente riconoscere per

ciascuna strada la sussistenza dei requisiti tecnici

previsti dal Codice e delle altre caratteristiche costruttive

capaci di garantire un adeguato grado di sicurezza della

circolazione. Non è raro che le caratteristiche rilevate

non consentano la classificazione nell’uno o nell’altro tipo

di strada. Pertanto occorre esaminare:

a) il tipo di interventi da realizzare per la classificazione

attesa;

b) la necessità o meno dei suddetti interventi per

assicurare la rete di data gerarchia territoriale;

c) le conseguenze sull’organizzazione delle rete viaria

dell’assimilazione ad una classe inferiore;

d) l’eventuale ordine di priorità degli interventi allo scopo

di assicurare l’esistenza delle differenti reti viarie, anche

Page 191: Ct 2 5 villani

 188 

con la classificazione in deroga, unita a norme di

salvaguardia.

Se viene riscontrata la non sussistenza di tutti i requisiti

richiesti, occorre distinguere se le difformità rilevate sono

localizzate oppure generalizzate. Nel primo caso deve

trattarsi di difformità dai requisiti tecnici e funzionali della

classe attesa, localizzate su una breve estensione della

strada in esame ed assolutamente non generalizzate

lungo tutto il percorso, nonché in presenza di condizioni

vincolanti locali che non consentono l’adeguamento di

tale tratto difforme alla classe di tutta la rimanente estesa

della strada. Accertato che le difformità siano localizzate,

si può procedere alla classificazione in deroga, sempre

che sia assicurata la sicurezza stradale e siano evitati gli

inquinamenti. Vale anche in questo caso l’eventuale

ricorso a norme di salvaguardia.

Nell’altro caso, quando le difformità sono generalizzate si

procede a verificare se le caratteristiche tecniche e

funzionali della strada corrispondono a quanto contenuto

nei B.U. n° 60/78 e 78/80 del C.N.R. In caso di verifica

non soddisfatta può essere considerata una classe

inferiore oppure la strada deve essere ritenuta “non

classificabile”. In tale ultimo caso nasce un periodo di

gestione transitoria dell’infrastruttura, con l’esigenza di

assicurare la sicurezza della circolazione attraverso uno

studio specifico e con la contemporanea progettazione

del suo adeguamento.

Mentre per il controllo degli inquinamenti si rimanda alla

legislazione specifica vigente, l’analisi delle condizioni di

sicurezza stradale deve essere effettuata attraverso

l’esame dell’incidentalità. Nel caso in cui si sia giunti ad

una definizione di “non classificabile”, sarà compito

dell’Ente proprietario esaminare anzitutto quali

provvedimenti di regolamentazione della circolazione

debbano essere assunti per garantire la sicurezza. Ciò

deve venir attuato attraverso uno studio specifico, basato

sulla geometria effettiva rilevata e sui dati di incidentalità

osservati con particolare attenzione agli accessi ed alle

intersezioni con la rete viaria connessa. Di pari passo

deve procedere il progetto per il recupero funzionale

della strada, in modo da poterla classificare nella

tipologia desiderata. In questa fase, in cui la strada

rimane non classificabile, per non compromettere la

funzione di rete individuata nel corso della procedura di

classificazione, l’Ente proprietario può ricorrere

all’adozione di misure di salvaguardia. Il progetto di

recupero funzionale, unito all’adozione di misure di

salvaguardia può pertanto essere tale da rendere la

strada esistente assimilabile alla classe inferiore, sempre

che lo schema organizzativo della rete viaria consenta

una tale decisione.

Sulla strada possono circolare, a norma del Codice, tre

componenti di traffico:

- pedoni;

- veicoli;

- animali.

I veicoli sono classificati nel Codice della Strada.

Le funzioni di traffico ammesse per la circolazione sulla

sede stradale sono:

- movimento;

- sosta di emergenza;

- sosta;

- accesso privato diretto.

Al fine di pervenire all’identificazione degli spazi stradali

necessari alle diverse componenti di traffico per

assolvere le funzioni previste, nel rispetto dei criteri di

sicurezza e regolarità della circolazione esposti in

precedenza, le componenti di traffico, le classi veicolari e

le funzioni ammesse sono state raggruppate in

quattordici categorie di traffico, omogenee per

caratteristiche ed esigenze funzionali. Ad ogni categoria

corrisponde uno spazio stradale che, nella composizione

finale della sezione corrente, può essere autonomo o

comune a più categorie compatibili. L’assegnazione delle

categorie di traffico ai diversi tipi di strada prevede

l’ulteriore distinzione tra strada principale e strada di

servizio per poter consentire, sulla stessa piattaforma,

funzioni di traffico per veicoli appartenenti a categorie

non compatibili tra loro.

La strada in area urbana

Nel caso delle strade in area urbana occorre partire dalla

considerazione di due realtà che le differenziano dalle

strade extraurbane:

- le componenti di traffico;

- le fasce di pertinenza.

Le componenti di traffico sono quattro:

- movimento degli autoveicoli privati;

- movimento degli autoveicoli in servizio pubblico di linea;

- sosta degli autoveicoli privati;

- correnti pedonali.

Page 192: Ct 2 5 villani

Questa individuazione invita il progettista a tener conto

delle esigenze specifiche e quindi degli spazi necessari

per ciascuna delle componenti anzidette, al fine di

evitare, nell’ambito dell’area urbana (conurbata e/o

metropolitana), che perdurino le attuali deleterie

situazioni di promiscuità di funzioni svolte dalle

carreggiate o dalle singole corsie stradali: questa

rappresenta la principale causa di congestione del

traffico urbano.

La riconversione e l’adeguamento di un’opera viaria può

contribuire a ridurre l’effetto di cesura del tessuto urbano

La separazione sostanziale tra le componenti di traffico

riguarda la normalizzazione delle fasce di pertinenza,

collocate ai due lati della carreggiata. Queste fasce, che

pur concorrono a ridurre gli effetti negativi conseguenti

all’inquinamento atmosferico ed acustico generato dal

traffico veicolare, tuttavia si distinguono dalle “distanze di

rispetto” proprie della normativa urbanistica, cui

direttamente compete la completa riduzione degli effetti

dannosi, e comprendono tutti gli accessori rivolti al

soddisfacimento delle esigenze delle componenti

aggiuntive rispetto agli autoveicoli privati, indispensabili

affinché le strade urbane adempiano esaurientemente

alle funzioni per le quali vengono progettate. Sono

destinate al mantenimento dei livelli di fluidità della

circolazione veicolare previsti per ciascun tipo di strada:

sorprende quest’affermazione di contenuto generale,

propria delle Istruzioni C.N.R., che pare individuare nella

componente “movimento degli autoveicoli privati” la

principale utenza delle strade urbane. In disaccordo con

la suddetta impostazione, si ritiene che le quattro

componenti di traffico, in una logica di riorganizzazione e

di governo della mobilità, che veda il riferimento

principale nell’ uomo-pedone, debbano essere riordinate

come segue:

- flussi pedonali;

- movimento degli autoveicoli in servizio di trasporto

pubblico di linea;

- sosta degli autoveicoli privati (il sistema delle aree di

sosta e di parcheggio in rapporto alle infrastrutture ed

alle linee di trasporto collettivo);

- movimento degli autoveicoli privati.

La denominazione fondamentale dei tipi di strada in area

urbana viene stabilita prevalentemente con riferimento

all’ambito territoriale interessato; la loro definizione viene

ulteriormente specificata in rapporto alle funzioni ad essi

affidate dalla pianificazione territoriale e,

conseguentemente, alle caratteristiche del traffico che le

interessa. Ne deriva che la stessa classificazione, in

quanto in rapporto alle differenti funzioni in una

determinata area, è il risultato del Piano dei Trasporti: la

singola strada va classificata e quindi adeguata alla

nuova funzione, nell’ambito di un sistema integrato ed

intermodale.

Occorre anche considerare che nella classificazione di

un singolo elemento di una rete viaria esistente si deve

tener conto delle disponibilità di aree per la

progettazione/costruzione dei margini: se questi non

esistono, va considerata la rete viaria per esaminare se,

con il supporto di altri itinerari, il singolo elemento può

svolgere la funzione che richiede determinate fasce di

pertinenza. Per esempio, è importante esaminare se

esistono aree o strutture per la realizzazione di

parcheggi per assicurare l’intermodalità e la fluidità delle

correnti veicolari. Nella classificazione di una rete viaria è

altrettanto importante, relativamente alla rete

interconnessa, localizzare e scegliere il tipo delle

intersezioni, per assicurare il funzionamento della rete e

del singolo itinerario.

Le Norme2 riguardano la progettazione delle nuove

strade urbane, compresi gli itinerari di circonvallazione,

                                                           2  Il complesso normativo considera i seguenti tipi di strada: - strade primarie, denominate nel Decreto del 2001, autostrade urbane; - strade di scorrimento; - strade di quartiere; - strade locali. Sono strade primarie i tronchi terminali o passanti di strade extraurbane; raccolgono e distribuiscono prevalentemente il traffico di scambio tra i territori urbano ed extraurbano; possono disimpegnare il traffico di transito rispetto all’area urbana (strade di circonvallazione); si connettono solo con le strade di scorrimento. Le strade di questo tipo possono comprendere sia autostrade chiuse, sia altre strade extraurbane nei relativi attraversamenti dei centri abitati. Esiste una sostanziale differenza fra le due; mentre le autostrade, le cui funzioni e caratteristiche rimangono sostanzialmente invariate lungo tutto il percorso ed appartengono sempre alla classe delle strade primarie,

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 190 

                                                                                              le altre strade invece, in generale fortemente condizionate dalle zone urbane attraversate, possono avere singoli tronchi appartenenti anche alle classi di strade successivamente elencate, purchè strettamente contigue, in quanto spesso sono chiamate a svolgere anche tutte le funzioni inferiori. Si impone, in proposito, la considerazione che i sistemi viari esistenti, al servizio delle aree urbane, vadano adeguati, prevedendo la realizzazione di nuove strade di circonvallazione, al fine di evitare situazioni nelle quali si abbia il decadimento della sicurezza nelle aree attraversate. Relativamente a queste strade, tra le quattordici categorie di traffico, sono ammessi: - autovetture; - autobus; - autocarri; - autotreni, è ammessa la sosta di emergenza in spazio (piattaforma) esterno alla carreggiata. Nelle strade di servizio alle autostrade urbane sono ammessi i pedoni su marciapiedi di servizio. Sono ammessi in spazi esterni alla carreggiata: - animali; - veicoli su rotaia; - velocipedi; - sosta di emergenza; - sosta. Vi è ammesso l’accesso privato diretto. Sono strade di scorrimento le strade comprese completamente in area urbana; garantiscono la fluidità degli spostamenti veicolari di scambio o interni all’ambito urbano; distribuiscono il traffico delle strade primarie e raccolgono quello delle strade interquartieri. Per le aree medio-grandi, le strade di questo tipo possono anche essere al servizio di singoli settori urbani ed assicurare collegamenti veloci tra punti lontani di quartieri limitrofi di grandi dimensioni: in un’area urbana ne possono essere intesi quartieri gli insediamenti urbanizzati di comuni autonomi. Esse inoltre possono servire, attraverso apposite carreggiate di servizio, insediamenti e spazi stradali di particolare interesse. Le carreggiate di servizio hanno in questo caso le caratteristiche delle strade di classe inferiore (strade interquartieri), in quanto la loro funzione è quella di concentrare in luoghi opportuni le manovre di svolta e le entrate e le uscite per le aree di sosta ed i passi carrabili. Nelle strade di scorrimento non sono ammessi: - pedoni, se non su marciapiedi di servizio; - animali; - veicoli a braccia e a trazione animale; - veicoli su rotaia; - sosta. Sono ammessi in spazi esterni alla carreggiata i velocipedi; è ammessa parzialmente in carreggiata la sosta di emergenza. Nelle strade di servizio alle strade di scorrimento sono ammessi i pedoni su marciapiedi di servizio. Sono ammessi parzialmente in carreggiata: - animali; - sosta di emergenza. Sono ammessi su spazi esterni alla carreggiata: - veicoli su rotaia; - velocipedi; - sosta. Vi è ammesso l’accesso privato diretto. Sono strade interquartiere quelle interamente comprese solo in un settore dell’area urbana; servono di collegamento tra quartieri (della stessa area urbana); distribuiscono il traffico proveniente dalle strade di scorrimento e raccolgono quello delle strade locali. A questo tipo appartengono anche quelle strade, interne ad un quartiere, destinate a servire, attraverso elementi viari complementari o sussidiari, gli insediamenti principali del quartiere (servizi, attrezzature, etc.) e ad assicurare facili collegamenti tra punti estremi del quartiere medesimo. Le strade di questo tipo possono anche avere una qualificazione di tipo industriale, qualora, attraversando comprensori utilizzati o destinati ad insediamenti industriali, la corrente veicolare sia costituita prevalentemente da automezzi pesanti, destinati al trasporto delle merci, oltre che dai veicoli per gli addetti. Nelle strade interquartiere non sono ammessi, se non su spazi riservati (marciapiedi), i pedoni. E’ ammessa parzialmente in carreggiata la sosta di emergenza. Sono ammessi in spazi esterni alla carreggiata: - velocipedi; -

qualunque sia l’Amministrazione competente, e le strade

private interne agli abitati, comunque aperte all’uso

pubblico (zone industriali, aree portuali ed aeroportuali,

lottizzazioni, etc.): esse comunque forniscono anche

elementi di indirizzo per l’adeguamento delle reti viarie

urbane esistenti, come più sopra richiamato.

Per le aree urbane di più modeste dimensioni, dove in

pratica esiste solamente una strada principale ed un

numero limitato di strade trasversali, si possono adottare

rispettivamente gli ultimi due tipi di strade, con

assegnazione alla strada principale di tutte le funzioni

indicate per i primi tre tipi; alle strade trasversali

rimangono invece solo le funzioni di strada locale.

Sembra opportuno prevedere strade di circonvallazione

con caratteristiche geometriche e di progetto

quantomeno di strade di scorrimento nel caso in cui tali

aree possano essere attraversate dal trasporto di merci

pericolose ed inquinanti.

Procedendo in ordine decrescente, sia in ambito

extraurbano che in quello urbano, nella gerarchia

prefissata per le reti, si verifica che la velocità media di

percorrenza decresce e la qualità del servizio offerto

diminuisce rapidamente all’aumentare dell’entità della

corrente veicolare. Ciò è determinato dalle inferiori

caratteristiche geometriche e di progetto, e tuttavia in

ogni elemento della rete il risultato della progettazione è

che devono essere assicurate le condizioni di flusso

stabile fino al termine della vita utile.

Inoltre non deve essere sottovalutata nell’ambito del

fattore “componenti di traffico” la variabile “veicoli

                                                                                              veicoli su rotaia; - sosta. Sono ammessi gli accessi privati diretti. Sono strade locali (di quartiere) quelle interamente comprese all’interno di un quartiere, a servizio diretto degli insediamenti; raccolgono il traffico per immetterlo sulle strade interquartieri. Per queste, e solo per queste, il riferimento è all’area urbana, come intesa nella Legge 865/1971 e successive modifiche ed integrazioni (l’aggregato urbano). In proposito, non si ritiene che vi possano essere ammesse indiscriminatamente tutte le componenti di traffico. Pertanto è necessario introdurre limitazioni per gli automezzi pesanti destinati al trasporto delle merci e per gli autoveicoli in servizio pubblico di linea. Inoltre le strade locali devono servire il tessuto in cui si snodano e sono da evitare: - il traffico che usa le strade come scorciatoie e come deviazioni da arterie congestionate; - il traffico eccessivamente veloce; - il traffico parassita, con le manovre inerenti la ricerca e l’uscita dai parcheggi, e con l’uso dello spazio dei marciapiedi per la sosta dei veicoli. Sono ammessi su spazi esterni alla carreggiata: - sosta di emergenza; - sosta. Sono ammessi gli accessi privati diretti. 

 

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pesanti” che, oltre a dare implicitamente indicazioni sulla

tipologia di movimento servito, pone l’accento

sull’eventuale necessità di istituire “canali di traffico

preferenziali” da introdurre come elementi fondamentali

delle reti stradali a destinazione specifica.

Pertanto, dal complesso normativo deriva, in particolare

che:

- nelle strade di scorrimento:

a) la regolazione dei mezzi pubblici è con corsie

riservate e/o fermate organizzate;

b) la sosta è ammessa su spazi separati con immissioni

ed uscite concentrate;

- nelle strade interquartieri:

a) la regolazione dei mezzi pubblici è con piazzole di

fermata o eventuale corsia riservata;

b) la regolazione della sosta è ammessa con immissioni

ed uscite libere (corsia di manovra);

- nelle strade locali possono essere ammessi i mezzi

pubblici, ma le dimensioni delle corsie e la

geometria dell’asse vanno commisurate con le

esigenze dei veicoli che realizzano i servizi

pubblici di linea.

Ne segue che una linea di trasporto collettivo in sede

propria, di norma, è ammessa solo su strade di

scorrimento e su strade interquartieri, e che queste

devono essere progettate con particolare attenzione al

trasporto collettivo, qualora si intenda fondare su esso il

governo della mobilità urbana. La progettazione delle

strade locali, al servizio delle zone residenziali centrali e

periferiche deve dare particolare attenzione ai flussi

pedonali, ed individuare in essi l’utenza principale.

Il complesso normativo non tratta la novità dell’asse

urbano attrezzato. Esso si differenzia dagli altri sistemi

viari per avere solitamente un limitato numero di scambi

con la viabilità urbana ed extraurbana, risolti mediante

svincoli attrezzati, e per essere in genere complesso.

L’asse attrezzato può risultare costituito da più sedi viarie

a diversa funzione e consistenza tecnica, che possono

assumere varie configurazioni (anche sovrapposte) ed

essere di tipo disomogeneo (strade automobilistiche,

ferroviarie, metropolitane, monorotaie, condotte per il

trasporto dell’energia elettrica, etc.): questa definizione

lascia pensare ad una variante delle strada di

scorrimento. In passato, l’asse attrezzato fu inteso

generalmente come sistema viario complesso con

funzioni di organizzazione dell’intera rete dei trasporti

urbani e di drenaggio per quelli di attraversamento e

penetrazione nella città, costituendo inoltre, data la

prevista concentrazione, lungo il suo sviluppo, di

attrezzature direzionali, residenziali e terziarie, l’ossatura

funzionale e figurativa della nuova città.

L’ opera viaria può divenire evento generatore di nuovi scenari

urbani, spazio da vivere, aperto a diversi usi ed episodi

In particolare, relativamente alle fasce di pertinenza, in

esse possono trovare collocazione banchine e piazzole o

corsie per la sosta di emergenza, stalli di sosta e relative

corsie di manovra, fermate dei mezzi pubblici e relative

pensiline, isole spartitraffico e separatori fisici tra

movimenti e soste veicolari, fasce a verde, anche

alberate, piste ciclabili, carreggiate di servizio,

marciapiedi e passaggi pedonali di servizio. Le fasce di

pertinenza non possono essere riservate a futuri

ampliamenti delle carreggiate: per questi ultimi debbono

essere eventualmente previste le necessarie larghezze

aggiuntive già in sede di progetto.

Le profondità delle fasce laterali consentono,

rispettivamente, i seguenti usi-tipo delle fasce di

pertinenza:

a) per le strade locali, una corsia di sosta parallela ed un

marciapiede;

b) per le strade interquartieri, una corsia di sosta a 45°

con regolamentazione a tempo e/o a tariffa, la relativa

corsia di manovra ed un marciapiede;

c) per le strade di scorrimento, una banchina, uno

spartitraffico laterale di separazione dalla carreggiata di

servizio, una carreggiata di servizio, con funzione di

concentrazione delle manovre di svolta e delle entrate ed

uscite dai passi carrabili, di eventuali inversioni di marcia,

controllate con regolamentazione semaforica, e di sosta

con relative corsie di marcia ed un marciapiede;

d) per le strade primarie, una corsia per la sosta di

emergenza, uno spartitraffico laterale, eventualmente

organizzato con piste di accelerazione e decelerazione

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 192 

per i movimenti da e per le carreggiate di servizio, ed

una serie di possibili apprestamenti anche non al limite

minimo di dimensionamento (come scarpate di rilevati e

di trincee non acclivi, etc.);

Per le strade a sezione composita (carreggiate affiancate

da strade di categoria contigua), considerato che le

funzioni di servizio passano alle carreggiate laterali, le

fasce di pertinenza possono essere commisurate alla

carreggiata di categoria inferiore, ad eccezione del caso

di concomitanza sulla stessa sede di strade interquartieri

e locali, nella cui evenienza le fasce di pertinenza sono

quelle delle strade interquartieri.

Ai quattro livelli funzionali di rete sopracitati deve essere

aggiunto il livello terminale, che si identifica con le

aree/strutture predisposte per la sosta dei veicoli, limitate

anche a poche unità di superficie, e che risulta

caratterizzato nel modo che segue:

a) movimento servito = sosta;

b) entità dello spostamento = nulla;

c) funzione nel territorio = locale;

d) componenti di traffico = tutte le componenti.

In particolare per le strade urbane, la sicurezza e la

fluidità del traffico sulle strade di scorrimento si

ottengono attraverso la separazione fisica del movimento

dei veicoli dalla sosta, evitando la sovrapposizione delle

funzioni, su una stessa carreggiata, di marcia normale

dei veicoli e di manovre di entrata e di uscita dalla sosta.

La coesistenza delle funzioni è ammessa sulle strade di

categoria inferiore e precisamente:

1) su quelle interquartiere, a condizione che sullo stesso

lato ove è consentita la sosta risulti disponibile una

corsia ad esclusivo servizio delle manovre di sosta ed

opportunamente differenziata per aspetto o struttura

della pavimentazione;

2) su quelle locali senza particolari limitazioni.

Le carreggiate-parcheggio, costituite da corsie di sosta e

relative corsia di manovra, vanno adottate a fianco delle

carreggiate di movimento, ovvero a sé stanti (delimitate

da marciapiedi) a costituire le strade-parcheggio.

Occorre tuttavia notare che le dotazioni di sosta indicate

in Normativa sono riferite alla sosta di breve durata, con

avvicendamento frequente dei veicoli.

Per quanto riguarda la regolazione dei mezzi pubblici,

vengono indicate le condizioni che regolano la possibilità

di fermata dei mezzi pubblici e viene specificato in quali

casi sia necessaria la presenza di una corsia riservata.

La fermata va comunque organizzata all’esterno della

carreggiata.

E’ evidente che efficaci interventi sulla rete viaria

esistente, volti ad aumentare le aree/strutture per la

sosta dei veicoli, possono portare (anche a breve

termine) ad un generale miglioramento della capacità del

sistema di trasporto collettivo soprattutto in ambito

urbano. La realizzazione di aree e strutture di parcheggio

può essere rivolta a realizzare un sistema finalizzato a

ridurre la presenza parassita di autoveicoli parcheggiati

nelle strade, così da recuperare spazi per le linee di

superficie, le piste ciclabili, le stesse aree destinate ai

flussi pedonali.

In linea teorica, la funzione principale assegnata alla

singola strada deve coincidere con quella propria della

rete di appartenenza. In realtà, si può raggiungere solo

una coerenza funzionale tra rete ed elemento stradale; a

tal proposito può essere utile definire per il singolo tronco

stradale una funzione principale ed eventuali funzioni

secondarie le quali però, per garantire il buon

funzionamento della rete, devono corrispondere alle

funzioni principali delle classi contigue a quella propria

dell’elemento oggetto di studio. Da ciò emerge che, per il

buon funzionamento del sistema globale, è necessaria

una chiara attribuzione di funzioni alle singole reti ed una

precisa individuazione delle funzioni principali e

secondarie per gli archi di esse; in questo modo è

possibile evitare che i singoli elementi stradali

appartengano contemporaneamente a diverse classi di

reti. Per assicurare il funzionamento del sistema globale

devono essere aggiunte le interconnessioni (le

intersezioni) che, se omogenee, collegano strade della

stessa rete e, se disomogenee, collegano di norma

strade appartenenti a reti di livello funzionale adiacente.

Si individuano le seguenti classi:

- interconnessione primaria, nella rete primaria e tra rete

primaria e rete principale;

- interconnessione principale, nella rete principale e tra

rete principale e rete secondaria;

- interconnessione secondaria, nella rete secondaria e

tra rete secondaria e rete locale;

- interconnessione locale, nella rete locale.

Tali nodi o interconnessioni hanno caratteristiche

tecniche diverse a seconda della classe funzionale alla

quale appartengono. Inoltre essi sono presenti in numero

crescente al diminuire della collocazione gerarchica delle

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strade, e tale situazione può tradursi in una crescente

diminuzione della sicurezza delle intersezioni.

Le normative vigenti non danno indicazioni esplicite per

la progettazione/adeguamento delle strade in area

urbana, così come per le strade extraurbane. Pertanto si

ritiene che le Norme, sempre e solo riferite alle strade

extraurbane, prevalentemente rivolte alla progettazione

dei tracciati plano-altimetrici, possano essere utilizzate

per le autostrade urbane e per le strade di scorrimento,

così come più sopra definite ed in quanto

prevalentemente interessate dalla presenza di una

componente prevalente: il movimento degli autoveicoli.

Per le strade interquartiere e quelle locali si ritiene che il

loro adeguamento debba essere soprattutto rivolto alla

progettazione delle fasce di pertinenza, così da

assicurare il soddisfacimento equilibrato delle esigenze

delle componenti alle quali tali strade sono dedicate.

Infine, per tutte si impone l’attenzione alla gestione delle

fasce laterali e delle aree intercluse, nell’obiettivo di un

più corretto inserimento ambientale finalizzato alla

salvaguardia, al recupero ed alla valorizzazione dei

contesti attraversati.

Il sistema infrastrutturale in area urbana

Usualmente, la progettazione di un’infrastruttura viaria è

redatta attraverso tre progressivi livelli di

approfondimento: progetto preliminare, progetto

definitivo e progetto esecutivo. La progettazione si ispira

a principi di minimizzazione dell’impegno di risorse non

rinnovabili e di massimo riutilizzo delle risorse impegnate

dall’intervento, oltre che di massima manutenibilità,

durabilità dei materiali e dei componenti, sostituibilità

degli elementi, compatibilità dei materiali ed agevole

controllabilità delle prestazioni dell’intervento nel tempo.

Nella redazione/valutazione di un progetto è ormai

assodata l’attenzione all’impatto ambientale; per esso si

intende l’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta

ed indiretta, a breve e lungo termine, permanente o

temporanea, singola o cumulativa, positiva e negativa

dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori

antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici,

paesaggistici, architettonici, culturali, economici, in

conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani,

programmi, progetti nelle diverse fasi della loro

realizzazione, gestione e dismissione, nonché di

eventuali malfunzionamenti.

Il problema della sostenibilità ambientale dell’opera viene

affrontato sin dall’avvio della progettazione nel

documento preliminare; esso definisce le caratteristiche

qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze

da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire.

Consiste in elaborati che illustrano le ragioni della scelta

della soluzione prospettata, in un confronto con altre

soluzioni possibili, con riferimento ai profili ambientali ed

all’utilizzo dei materiali provenienti dalle attività di riuso e

di riciclaggio, nonché la sua fattibilità amministrativa e

tecnica, accertata attraverso la valutazione, di prima

approssimazione, dei costi, da determinare in relazione

ai benefici previsti. Il progetto definitivo individua

compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle

esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle

indicazioni definiti nel progetto preliminare; contiene tutti

gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte

autorizzazioni ed approvazioni. Il progetto esecutivo,

redatto in conformità al progetto definitivo, determina, in

ogni dettaglio, i lavori da realizzare e deve essere

sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire

che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia,

qualità, dimensione e prezzo.

Attraverso la redazione dello Studio di impatto

ambientale, nell’ambito dei progetti preliminare e

definitivo, ci si pone preventivamente il problema del

complessivo rapporto di un intervento con la regione

attraversata, stimando i rischi connessi alla costruzione

dell’infrastruttura, considerando i vincoli della

progettazione, dati da condizioni-obiettivo, da soddisfare

per realizzare un dato schema organizzativo del

territorio. Pertanto, i vincoli fisici, naturalistici, anche

dipendenti dal mantenimento degli equilibri preesistenti,

vanno esaminati nell’assegnazione dell’itinerario in

esame e valutandone esattamente le funzioni che sarà

chiamato ad assolvere. La redazione di uno Studio di

impatto ambientale, così inteso è una parte importante

della progettazione, significa non solo limitare le

alterazioni degli equilibri preesistenti, bensì ripristinarli

nel corso della progettazione e dell’esecuzione

dell’opera.

In particolare, dal Piano dei trasporti e dal progetto

preliminare derivano indicazioni sulle differenti criticità

della regione attraversata, sui differenti interventi

necessari, sulle caratteristiche dell’opera viaria, in

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 194 

particolare delle sue opere d’arte e dello stesso tracciato

plano-altimetrico, e sullo stesso ordine di priorità nella

progettazione e nella realizzazione dei differenti lotti

funzionali della rete viaria. Può essere la priorità degli

interventi infrastrutturali a determinare la priorità delle

attività volte a sanare le criticità ambientali del contesto

attraversato; può essere la necessità/volontà di risolvere

un problema infrastrutturale, rispondente ad un disegno

di assetto territoriale, a trascinare la necessità di

intervenire sull’ambiente per sanarne le criticità. Ne

risulta che la progettazione dell’itinerario concorre ad

evidenziare le criticità ambientali e la necessità di

risolverle: il complessivo progetto dell’opera, rispondente

a criteri di sostenibilità della stessa, conduce a

progettare l’infrastruttura come parte del territorio,

conosciuto e riconosciuto nelle sue caratteristiche e nelle

sue criticità, nella scelta culturale di trovare le ragioni ed i

modi per incrementare i benefici positivi derivanti dalla

progettazione dell’opera.

Secondo questa impostazione va posta particolare

attenzione ad un tema strategico per lo sviluppo socio-

economico di un dato territorio: l’adeguamento del

patrimonio strutturale ed infrastrutturale esistenti, nella

convinzione che argomento di studio, di ricerca e di

progettazione è il recupero e la riqualificazione

dell’esistente. Si pensi ai centri storici delle nostre città,

alle periferie prive di identità urbana e quindi da

recuperare, alle linee ferroviarie, da riutilizzare, in parte,

quali metropolitane di differente livello territoriale, ed alle

stesse strade. In quest’ottica, il tema della

progettazione/adeguamento di un sistema viario deve

essere ricondotto nell’ambito più complessivo della

gestione del patrimonio infrastrutturale, comprensiva

delle attività di pianificazione, progettazione,

manutenzione ed adeguamento, finalizzate al

mantenimento/miglioramento del servizio reso dalla rete

nel suo insieme.

In una corretta prospettiva di valorizzazione della

globalità delle risorse (ambientali, economiche, ecc.) non

si può prescindere dalla valutazione del ruolo che un

singolo itinerario assolve all’interno della rete

complessiva. La gestione di un itinerario fondamentale

(rete primaria) o di interesse regionale di primo livello

(rete principale) deve fondarsi sullo studio di tutte le

componenti la rete che concorrono a sostenere la

funzionalità dell’itinerario stesso: devono essere

individuate le caratteristiche geometriche e di progetto

dell’itinerario principale e di quelli complementari, la

localizzazione e la scelta del tipo delle interconnessioni,

e devono essere attribuite funzioni specifiche ai singoli

elementi viari, e di conseguenza caratteristiche

geometriche e di progetto adeguate. Le reti esistenti

possono essere implementate con la costruzione di

nuovi segmenti infrastrutturali, soprattutto nel caso in cui

il patrimonio non abbia decisivi margini di miglioramento

o quando la sua funzionalità complessiva richieda nuovi

archi, ovvero quando l’adeguamento di quelli esistenti

richieda un costo ambientale eccessivo ed

economicamente non più conveniente. L’adeguamento

può essere inteso a dare un supporto alla rete

fondamentale, a livello nazionale, interregionale,

regionale e di area urbana, a migliorare le condizioni di

sicurezza e la stessa offerta, ad assicurare migliori

condizioni di accessibilità a quella gran parte delle aree

periferiche in un’area urbana vasta (conurbata o

metropolitana), confinate in condizioni di marginalità, e

dalle quali si continua ad assistere a consistenti flussi

pendolari, verso aree ove sono localizzati attrattori di

interessi ed importanti nodi di trasporto.

L’attenzione, quando si tratti del riavvio delle costruzioni

viarie, non deve essere limitata alla realizzazione di

importanti opere innovative da tempo annunziate: deve

essere considerata la rete infrastrutturale nel suo

complesso perché diventi quel sistema che oggi non è.

Intervenire sul complessivo patrimonio non è solo

un’esigenza ed un’emergenza rilevanti: è soprattutto una

scelta di civiltà per il Paese. Occorre infatti porre

attenzione a che gli esodi delle popolazioni, con

conseguente accentuata marginalizzazione delle aree

periferiche, gli stessi fenomeni di pendolarità si

traducono in perdita di identità delle popolazioni, sempre

legate ai luoghi, ed in un progressivo degrado delle

culture locali, parte importante della ricchezza del Paese.

Il quadro normativo in merito all’adeguamento delle

infrastrutture esistenti persiste in condizioni di grave

carenza: la riqualificazione deve essere rivolta a

considerare il rapporto tra la VIA e le caratteristiche

ambientali, geologiche, idrogeologiche e territoriali, il

rapporto, in particolare, con gli equilibri preesistenti. Il

motivo conduttore di un complessivo progetto di

adeguamento deve essere la sostenibilità ambientale e

la sicurezza intrinseca della via, sia che si tratti di nuova

costruzione che di riqualifica: la progettazione di un

tracciato nuovo/rinnovato deve produrre una

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infrastruttura facilmente leggibile, specie se stradale, che

offra di sé un’immagine corretta, che non produca

interpretazioni contraddittorie e quindi insicurezza della

circolazione. La normativa di progettazione, la stessa

impostazione culturale della disciplina connessa alla

progettazione delle infrastrutture viarie, appaiono

prevalentemente orientate al disegno delle nuove

infrastrutture e difficilmente riferibili alla progettazione

degli interventi di adeguamento dell’esistente.

Ancora, la definizione di patrimonio viario, dato dal

sistema costituito dalle infrastrutture direttamente

necessarie a consentire la percorrenza dei veicoli, ivi

comprese le pertinenze funzionali alle stesse

infrastrutture che ricadono nelle competenze dell’Ente

proprietario, appare limitare la valutazione delle rete

viaria globale. Quest’ultima è quasi sempre costituita da

più vie, gestite da Enti diversi, che si interconnettono tra

loro, e con reti di natura diversa, e che richiedono

pertanto una gestione di ambito territoriale, ad un livello

superiore rispetto alle prerogative dell’Ente proprietario.

Pertanto, si ritiene che questo concetto, e la

conseguente impostazione di lavoro, debbano essere

ripensati nel senso che i differenti Enti gestori,

reciprocamente, inquadrino le necessità di interventi sul

patrimonio di loro competenza, intendendolo come parte

di un sistema infrastrutturale più complesso. Dei singoli

interventi vanno viste le interconnessioni e le ricadute

sugli archi infrastrutturali di altri Enti gestori, nella logica

di intendere il sistema al servizio di un dato territorio visto

nella sua unitarietà, anche se soggetto alle decisioni di

più Enti. La regia di questa gestione coordinata non può

che essere di Organi di Governo regionali, sovra-

regionali, e di area urbana vasta (conurbata o

metropolitana), con il vantaggio che la programmazione

degli interventi, e la stessa assegnazione di risorse

finanziarie, siano fondate sulla concertata verifica

preventiva delle esigenze e quindi sull’individuazione

degli interventi necessari.

In particolare, la progettazione/adeguamento delle strade

urbane deve essere impostata su una preliminare

classificazione delle stesse nell’ambito del complessivo

sistema plurimodale delle infrastrutture viarie. Essa non

può che essere riferita all’area urbana vasta,

nell’obiettivo prevalente di intendere la rete

infrastrutturale finalizzata alla riorganizzazione del

territorio, nel conseguimento del riequilibrio del

complessivo sistema degli insediamenti e dei servizi. La

denominazione fondamentale dei tipi di strada va

stabilita prevalentemente con riferimento alla suddetta

area urbana, così che la progettazione del sistema dei

trasporti deve necessariamente fondarsi sull’assunto che

esso non può essere studiato in ambiti territoriali ristretti:

deve corrispondere all’obiettivo di integrare la città con il

suo intorno diffusamente abitato. Questa impostazione

riguarda la gestione del patrimonio infrastrutturale

esistente, anche quando si intenda precisare le funzioni

di una rete viaria in presenza di un’importante alternativa

rivolta al miglior soddisfacimento della mobilità che

percorre strade da tempo inadeguate.

E’ infatti indubbia l’opportunità che si offre perché

l’esistente assolva meglio ad alcune funzioni già

presenti, e tuttavia compromesse da altri tipi di traffico

che da tempo rendono insicura ed insoddisfacente la

circolazione. E’altrettanto indubbia l’opportunità perché

una strada passi dalla mancanza di una precisa identità

al ruolo di via rivolta al soddisfacimento delle esigenze

degli abitanti di un’area urbana, e financo al ruolo di

itinerario turistico-ambientale, quando attraversi contesti

di particolare rilevanza. In particolare, gli itinerari

pedonali vanno riconosciuti nella funzione di assicurare

non solo che lo spostamento pedonale sia uno dei modi

per portarsi da una località ad un’altra, bensì di fruire di

contesti ambientali piacevoli, confortevoli e sicuri, ove

l’uomo possa spostarsi e sostare anche quando non

debba necessariamente portarsi da un luogo ad un altro.

Le aree urbane devono essere riorganizzate e meglio

servite nel riconoscimento di quartieri che talvolta

possono coincidere con Comuni autonomi, parte

indistinta di un’area urbana vasta: le strade esistenti

devono essere riqualificate nell’obiettivo di costituire una

tessitura riconosciuta di un territorio indistinto per il quale

progettare una nuova identità unitaria.

La normativa di progettazione delle strade in area urbana

va profondamente rinnovata ponendo al centro

dell’attenzione tutte le componenti di traffico che vi sono

presenti, riconoscendo anche una forte presenza delle

une rispetto alle altre. Non si deve limitare a considerare

il “nuovo”: spesso l’area vasta è costituita da consolidate

realtà urbane all’interno delle quali è irrealistico, per

mancanza di spazi laterali e quindi di fasce di pertinenza,

assegnare alla singola strada una determinata funzione.

Occorre invece porsi in una logica progettuale di reti

viarie, costituite da strade esistenti che, con le loro

stesse dimensioni, talvolta inadeguate alle indicazioni di

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 196 

normativa, possano svolgere contestualmente una

determinata funzione al servizio di un quartiere e/o di un

settore urbano o della stessa area vasta.

Se la gestione del patrimonio infrastrutturale consiste

nell’applicazione di principi economici e di metodi di

buona pratica tecnica all’interno di un sistema fortemente

strutturato di supporto alle decisioni, finalizzato

all’allocazione ed all’impiego ottimale delle risorse, va

riaffermato che essa deve comprendere la pianificazione,

la progettazione, l’esercizio, la manutenzione e

l’adeguamento, in quanto fasi successive, finalizzate a

garantire la vita utile dell’opera e/o del sistema

infrastrutturale, prevista nella fase iniziale di progetto. La

prevalente finalità della gestione di un patrimonio

infrastrutturale consiste nel mantenerlo adeguato alle

funzioni assegnate a ciascuno degli elementi

componenti, nell’ambito di una determinata vita utile;

essa deve comprendere le attività finalizzate al

mantenimento/miglioramento del servizio reso da una

rete infrastrutturale.

Il progetto preliminare ed il progetto definitivo devono

curare che i differenti interventi rispettino il contesto

attraversato, nei suoi differenti valori, le condizioni di

equilibrio preesistenti, evitando che le conseguenze dei

suddetti interventi enfatizzino gli effetti di eventi naturali

particolarmente critici ed aggravino le condizioni di

dissesto del territorio attraversato. Quando

un’infrastruttura non soddisfa tutti o parte dei requisiti

richiesti, in particolare quelli connessi agli aspetti

strutturali, alla qualità ed alla sicurezza della

circolazione, si rende necessario adeguarla

funzionalmente così da sanare le situazioni anomale. Gli

interventi di adeguamento, in alcuni casi, si rendono

necessari a seguito di un’imprevista variazione delle

funzioni assegnate, che determina una riduzione della

vita utile e/o l’inadeguatezza della stessa a soddisfare le

nuove esigenze generate dalle variate condizioni di

circolazione.

Per quanto detto, il progetto preliminare, fase essenziale

dell’iter progettuale, evidenzia le aree impegnate, le

relative fasce di rispetto3 e le occorrenti misure di

                                                            3 Si vedano in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014 le schede sulle fasce di rispetto riportate nel capitolo “Il censimento delle strade appartenenti alla rete extraurbana: aspetti metodologici e normativi “ in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014.  

salvaguardia, nonché le caratteristiche prestazionali, le

specifiche funzionali ed i limiti di spesa dell’infrastruttura

da realizzare, ivi compreso quello per l’eventuale

esecuzione del monitoraggio ambientale, per le eventuali

opere e misure compensative dell’impatto territoriale e

per le infrastrutture ed opere connesse, necessarie alla

realizzazione. Le infrastrutture sono sempre soggette a

valutazione d’impatto ambientale, e quindi il progetto

preliminare deve essere corredato anche da studio

d’impatto ambientale. I risultati di questa fase

progettuale, con attenzione alla condizione-obiettivo

della sostenibilità ambientale, sono:

- la determinazione dell’entità della corrente veicolare da

soddisfare;

- la definizione dell’itinerario, in quanto parte di una rete

viaria;

- la definizione delle caratteristiche geometriche e di

progetto, così da assicurare un dato livello di

servizio.

Nella progettazione di un’ infrastruttura, intesa parte di

una rete, assume una particolare importanza

l’inadeguatezza delle intersezioni; in proposito, si ritiene

che:

- l’adeguamento di un tracciato, per il miglioramento della

sicurezza della circolazione, deve preliminarmente

considerare, in sede di progetti preliminare e definitivo, la

risoluzione dei nodi;

- nel progetto preliminare del tracciato, inquadrato nella

rete viaria, devono essere localizzate le soluzioni dei

nodi ed individuate queste ultime nelle loro

caratteristiche; queste soluzioni, in considerazione della

consueta criticità dei nodi di una rete, possono essere

intese quali vincoli nella successiva progettazione del

tracciato;

- nel progetto definitivo, lo studio del tracciato deve

partire dalla progettazione delle intersezioni, così da

vincolare le scelte plano-altimetriche ed assicurare

precipuamente la visibilità delle stesse; in particolare, la

scelta delle caratteristiche di progetto delle curve

planimetriche ed altimetriche, la stessa definizione del

profilo longitudinale, devono assicurare le predette

condizioni di visibilità.

Al di là di quelli che sono gli obblighi dettati dai differenti

riferimenti legislativi, un’infrastruttura viaria,

indipendentemente dalla tipologia alla quale appartiene,

                                                                                               

Page 200: Ct 2 5 villani

costituisce sempre un elemento nuovo che viene inserito

in un contesto ambientale caratterizzato da un proprio

equilibrio. Il progetto preliminare stabilisce i profili e le

caratteristiche più significative delle opere e degli

elaborati dei successivi livelli di progettazione, in

funzione delle dimensioni economiche e della tipologia e

categoria dell’intervento, ed è composto da elaborati tra i

quali:

- la relazione illustrativa;

- la relazione tecnica,

- lo studio di impatto ambientale ovvero la relazione di

compatibilità ambientale;

- gli studi necessari per un’adeguata conoscenza del

contesto nel quale andrà a inserirsi l’opera, corredati da

dati bibliografici e/o indagini in sito ed in laboratorio, ed

elaborati grafici atti a pervenire ad una completa

caratterizzazione del territorio e dell’ambiente;

- per tutte le infrastrutture, opere sempre soggette a VIA,

e comunque ove richiesto, devono essere inclusi i

sistemi di monitoraggio previsti per le singole componenti

ambientali coinvolte.

Ne consegue, anche considerando gli obiettivi dello

stesso progetto preliminare, che esso, negli elaborati che

lo compongono, debba considerare la singola

infrastruttura come parte di un sistema viario al servizio

del contesto attraversato, e debba individuare le criticità

ambientali della stessa regione, da sanare nell’ interesse

dell’opera viaria. Nello studio di impatto ambientale

potrebbero allora essere iscritti quali benefici

dell’intervento le soluzioni delle criticità ambientali: non

più interventi di salvaguardia, bensì interventi di recupero

e di valorizzazione.

La relazione illustrativa, secondo la tipologia, la categoria

e l’entità dell’intervento si articola nei seguenti punti:

- finalità dell’intervento e scelta delle alternative

progettuali;

- progetto della soluzione selezionata;

- aspetti economici e finanziari.

Vi vengono descritte le motivazioni della necessità

dell’intervento e delle finalità che si prefigge di

conseguire. Viene data una descrizione generale delle

soluzioni progettuali analizzate, caratterizzate sotto il

profilo funzionale, tecnico (aspetti geologici, geotecnici,

idrologici, idrogeologici, strutturali, impiantistici, etc.) e

sotto il profilo dell’inserimento ambientale (aspetti

urbanistici, archeologici, vincolistici, etc.). Vengono

illustrate le motivazioni a supporto della soluzione

prescelta sotto il profilo localizzativo, funzionale ed

economico, nonché delle problematiche connesse

all’inserimento ambientale, alle eventuali preesistenze

archeologiche ed alla situazione complessiva della zona,

con riferimento alle altre possibili soluzioni.

Successivamente, la relazione dà una descrizione

dettagliata della soluzione selezionata; espone la

fattibilità dell’intervento, documentata attraverso i risultati

dello studio di impatto ambientale, e in particolare

vengono esposti:

- l’esito delle indagini idrologico-idrauliche, geologiche,

idrogeologiche, geotecniche, sismiche ed archeologiche;

- l’esito degli accertamenti in ordine agli eventuali vincoli

di natura storica, artistica, archeologica, paesaggistica o

di qualsiasi altra natura interferenti sulle aree interessate;

- l’esito delle valutazioni preliminari sullo stato della

qualità dell’ambiente interessato dall’intervento, in

assenza/presenza ed in corso di realizzazione dello

stesso.

Ancora, vengono esposti gli aspetti funzionali ed

interrelazionali dei diversi elementi del progetto con la

loro illustrazione anche sotto il profilo architettonico.

Viene dato conto dell’accertamento in ordine alla

disponibilità delle aree e degli immobili, eventualmente

da utilizzare, alle modalità di acquisizione, ai prevedibili

oneri. Vengono esposti gli indirizzi per la redazione del

progetto definitivo; il cronoprogramma delle fasi attuative,

con l’indicazione dei tempi massimi di svolgimento delle

varie attività di progettazione, approvazione, affidamento,

realizzazione e collaudo. Vengono date indicazioni su

accessibilità, utilizzo e manutenzione delle opere, degli

impianti e dei servizi esistenti.

Tuttavia, si ritiene che, in sede di progetto preliminare, le

motivazioni giustificative delle necessità dell’intervento e

delle finalità prefisse non debbano più essere

prevalentemente riferite all’itinerario singolarmente

inteso: può essere necessario ed opportuno

l’adeguamento di altre strade comprese nella rete di cui

è parte l’itinerario in oggetto, finalizzato ad una più

funzionale interconnessione della rete al servizio del

territorio, tale da implementare i benefici derivanti dagli

interventi sullo stesso itinerario in progetto. Questa

impostazione progettuale deve diventare la caratteristica

peculiare del progetto preliminare; oggetto della

progettazione definitiva potrà essere la singola

infrastruttura, ma la soluzione selezionata, l’articolazione

in lotti funzionali dovrà essere il risultato del progetto

Page 201: Ct 2 5 villani

 198 

preliminare così inteso e definito nel contesto territoriale

interessato dal complessivo sistema viario di servizio.

La relazione tecnica riporta lo sviluppo degli studi tecnici

specialistici del progetto ed indica requisiti e prestazioni

che devono essere riscontrati nel singolo intervento,

tuttavia riferito al territorio ed alla rete interconnessa

della quale è parte. Descrive nel dettaglio le indagini

effettuate e la caratterizzazione del progetto dal punto di

vista dell’inserimento nel territorio e nell’ambiente,

descrive e motiva le scelte tecniche del progetto anche

con riferimento ai profili ambientali ed all’utilizzo dei

materiali provenienti dalle attività di riuso e riciclaggio.

Lo studio di impatto ambientale e lo studio di fattibilità

ambientale, ove previsti, sono predisposti

contestualmente al progetto preliminare, sulla base dei

dati e delle informazioni raccolti nell’ambito del progetto

stesso anche con riferimento ai siti di recupero ed alle

discariche.

La relazione di compatibilità ambientale, sulla base delle

analisi sviluppate durante la redazione del progetto

preliminare, analizza e determina le misure atte a

mitigare e compensare gli effetti degli interventi

sull’ambiente e sulla salute, ed a riqualificare e migliorare

la qualità ambientale del contesto territoriale, avuto

riguardo agli esiti delle indagini tecniche, alle

caratteristiche dell’ambiente interessato dall’intervento

complessivo in fase di cantiere e di esercizio, alla natura

delle attività e delle lavorazioni necessarie all’esecuzione

degli interventi, ed all’esistenza di vincoli sulle aree

interessate. I sistemi ambientali vengono descritti

ponendo in evidenza eventuali criticità degli equilibri

esistenti; quindi vengono individuate quelle aree, quelle

componenti, i fattori ambientali e le relazioni tra essi che

le manifestano in modo tale che vengano approfondite

le indagini necessarie al caso specifico. Il quadro di

riferimento ambientale documenta gli usi plurimi delle

risorse, la priorità negli usi delle medesime e gli ulteriori

usi potenziali coinvolti dalla realizzazione del progetto ed

i livelli di qualità preesistenti all’intervento per ciascuna

componente ambientale interessata e gli eventuali

fenomeni in atto di degrado delle risorse.

Gli elaborati grafici devono includere le misure e gli

interventi di mitigazione e compensazione ambientale e

degli eventuali interventi di ripristino, riqualificazione e

miglioramento ambientale e paesaggistico.

Gli elaborati, relativi a opere e lavori puntuali, ed a lavori

a rete, nonostante includano:

- lo stralcio dello strumento di pianificazione

paesaggistico-territoriale e del piano urbanistico generale

o attuativo, sul quale sono indicate la localizzazione

dell’intervento da realizzare e le eventuali altre

localizzazioni esaminate;

- l’area di riferimento ai fini urbanistici;

- la corografia generale di inquadramento dell’opera;

- la corografia contenente l’indicazione dell’andamento

planimetrico dei tracciati esaminati con riferimento

all’orografia dell’area, al sistema dei trasporti e degli altri

servizi esistenti, al reticolo idrografico;

- le planimetrie con le indicazioni delle curve di livello,

sulle quali sono riportati separatamente le opere ed i

lavori da realizzare e le altre eventuali ipotesi progettuali

esaminate, sono, nell’impostazione progettuale

prevalente, orientati a considerare, singolarmente nel

contesto interessato, l’infrastruttura in oggetto. Se ne può

dedurre che il progetto preliminare, usualmente, è riferito

ad uno specifico itinerario, tutt’al più esteso alla viabilità

di servizio, e non considera le interrelazioni tra questo ed

altri elementi della rete viaria della quale è parte. Come

tale, non viene confermata un’affermazione di principio

che vede il corridoio considerato parte di un sistema

infrastrutturale di trasporto rispondente ad obiettivi di

progettazione della regione attraversata.

L’itinerario appare inteso come un’opera di ingegneria

calata in un territorio nel quale determini il minor impatto

possibile, trascurando, apparentemente, che essa sia

occasione di salvaguardia e di valorizzazione della

regione attraversata. Coerentemente con questa usuale

impostazione, il progetto definitivo, redatto sulla base

delle indicazioni del progetto preliminare approvato,

sviluppa gli elaborati grafici e descrittivi, nonchè i calcoli,

ad un livello di definizione tale che nella successiva

progettazione esecutiva non si abbiano apprezzabili

differenze tecniche e di costo. Il progetto definitivo, è

quindi corrispondente alle prescrizioni dettate in sede di

approvazione del progetto preliminare, con particolare

riferimento alla compatibilità ambientale, ed alla

localizzazione dell’opera.

In sintesi, quale correzione di questa impostazione, si

propone che:

- l’itinerario, oggetto delle definizioni progettuali, sia

considerato, nel progetto preliminare, come parte di un

territorio, conosciuto e riconosciuto nelle sue

caratteristiche e nelle sue criticità, rispondente ad una

scelta culturale volta a trovare le ragioni ed i modi per

Page 202: Ct 2 5 villani

incrementare i benefici positivi derivanti dalla scelta di

assumere gli obiettivi posti alla base di questo livello di

progettazione;

- di seguito, nel progetto definitivo, l’oggetto sia,

prevalentemente, il singolo itinerario, disegnato ed

articolato in lotti funzionali, pensati non in quanto parti

elementari del complessivo corridoio, bensì rispondenti a

dare, con il resto della rete viaria coinvolta, il miglior

servizio al territorio considerato, corrispondentemente ad

obiettivi che si ritiene debbano essere meglio precisati

con riferimento alla rete della quale è parte.

La gestione di un’infrastruttura nel suo servizio al

territorio

Solitamente, quando si tratta della necessità di

progettare/adeguare una strada per rimuovere condizioni

di degrado della stessa, vengono considerati ed

analizzati:

- le sovrastrutture, nelle loro caratteristiche funzionali

(rugosità, regolarità, rumorosità) e strutturali (resistenza

strutturale del multistrato);

- le opere di drenaggio superficiali e profonde, ed in

particolare l’eventuale alterazione della curva

granulometrica, il degrado della permeabilità,

l’intasamento/dissesto dei tubi di drenaggio;

- le opere d’arte maggiori e minori (cedimenti, perdita di

funzionalità, etc.);

- i cedimenti del corpo stradale, ovvero i cedimenti dei

terreni di fondazione, i difetti di regimazione delle acque

del territorio interessato, etc.;

- i cedimenti del solido stradale: terre inidonee, tecniche

costruttive carenti, pendenze delle scarpate inadeguate

alle caratteristiche geotecniche delle terre, etc.

- i dispositivi di ritenuta laterali e centrali, che potrebbe

essere necessario sostituire, perché non a norma o

inadeguati, essendo variate le caratteristiche della

corrente veicolare, o semplicemente perché danneggiati,

etc.;

- l’inadeguatezza delle intersezioni, in termini di

localizzazione, di disegno, di distanze di visibilità, etc.;

- il venir meno delle condizioni di sicurezza della

circolazione.

In termini di importanza, si assegna alle sovrastrutture ed

alle opere d’arte la quota di gran lunga maggiore tra le

varie componenti di una via, tanto che spesso si

identifica la manutenzione con le attività che si

riferiscono a queste due componenti sia in termini di

costi che di risultati. Si propone una differente chiave di

lettura: considerare l’opera quale parte di un patrimonio

infrastrutturale e quindi la relativa gestione,

comprensiva delle attività di pianificazione,

progettazione, manutenzione ed adeguamento,

finalizzata al mantenimento/miglioramento del servizio

reso da una rete infrastrutturale, anche costituita da

quegli elementi che nel tempo vengono aggiunti perché

richiesti da esigenze di maggiore funzionalità derivanti,

ad esempio, da variazioni del contesto territoriale, ove

l’infrastruttura è inserita. In quest’ottica, la gestione di un

dato itinerario deve fondarsi su uno studio che consideri

anche tutte le componenti la rete che risultano

fondamentali, per esempio, per sostenere la stessa

funzionalità dell’itinerario suddetto. Sia per gli itinerari

principali che per quelli di raccordo l’approccio da

seguire nella progettazione anche di singoli interventi è

quello preventivo, che consenta una gestione della rete

tale da garantirne il funzionamento anche in presenza di

avverse condizioni meteorologiche, di traffico e/o in

presenza di interventi di manutenzione, sia pure con una

riduzione dei livelli di servizio, e tale da produrre una

strada intrinsecamente sicura.

Il concetto di vita utile è generalmente legato alle

condizioni delle sovrastrutture e delle opere d’arte, ma

deve essere più propriamente riferito all’infrastruttura

nella sua complessità; occorre far riferimento al suo

funzionamento ordinario, in assenza di decadimenti

strutturali delle opere d’arte, ed in particolare al servizio

reso dalla strada. Conseguentemente, se la finalità della

gestione stradale è quella di assicurarne il servizio reso,

per un certo numero di anni, con riferimento al flusso di

progetto, occorrerà intervenirvi per assicurare il

prosieguo della vita utile a fronte di condizioni territoriali

mutate.

Se si considera esclusivamente l’infrastruttura stradale

questa può essere considerata intrinsecamente insicura

quando degradata, intendendo il degrado quale

ammaloramento, cedimento, deficienza funzionale e/o

strutturale, con particolare riferimento agli elementi fisici

che la caratterizzano. Peraltro, tra gli elementi

caratterizzanti la sicurezza intrinseca di una strada non è

considerato se essa sia corrispondente alle funzioni

assegnate, alla sua identità funzionale. Eppure, la

Page 203: Ct 2 5 villani

 200 

strategia di adeguamento della quale si è detto è

finalizzata a far sì che il conducente sia guidato dalle

caratteristiche della strada, così che adotti

comportamenti derivanti dal riconoscimento della

funzione assegnata.

Se, invece, si considerasse un’infrastruttura come parte

di una rete e/o di un contesto territoriale ovvero se si

facesse riferimento ai fattori sociali, urbanistici ed

ecologici, appare evidente che, nella valutazione delle

condizioni di degrado, vanno considerati, a seconda

delle differenti necessità:

- il contesto territoriale;

- la rete viaria e gli itinerari.

Come già accennato, il degrado di un’infrastruttura e/o di

una rete viaria può essere inteso nel senso che questa

non è più in grado di assolvere alla funzione assegnata

ad un dato livello di servizio, perché, per esempio:

- è mutata la domanda di trasporto che la

interessa a seguito di una diversa organizzazione

territoriale o del sistema dei trasporti;

- sono mutate le condizioni ambientali, sociali e/o

economiche del contesto attraversato;

e quindi le caratteristiche geometriche e di progetto

assegnate ai differenti archi della rete si dimostrano

inadeguate al soddisfacimento delle prevedibili nuove

caratteristiche delle correnti veicolari. Pertanto, la

programmazione degli interventi di

progettazione/adeguamento deve tenere in

considerazione le indicazioni degli strumenti di

pianificazione ed essere eseguita nel rispetto delle

valenze ambientali del contesto interessato. Questo

approccio globale nella gestione della rete può

comportare la necessità di una riqualificazione della

stessa, ovvero l’attribuzione ad elementi della rete viaria

esistente di funzioni che ne richiedono l’adeguamento

e/o la progettazione parziale di alcuni tratti. In questo

caso devono essere previsti:

- la VAS (Valutazione Ambientale Strategica), quando si

ragiona in termini di progetto complessivo dell’assetto

viario, al fine di assicurare che quest’ultimo sia

ambientalmente sostenibile;

- uno studio di impatto ambientale, quando si affronta la

progettazione dell’adeguamento di un singolo itinerario,

ove sia richiesto dalle sue nuove caratteristiche,

nell’ambito di una rete, e/o dalle peculiarità del contesto

attraversato.

La VAS è prevista dalla Direttiva 2001/42/CE del

Parlamento e del Consiglio europeo, concernente la

valutazione di piani e programmi sull’ambiente; in Italia,

la VAS è stata recepita con D.L. 16/1/2008, n° 4 “Ulteriori

disposizioni correttive ed integrative del D.L. 3 aprile

2006, n° 152, recante norme in materia ambientale”. Se

ne desume che la fase di valutazione è effettuata durante

la preparazione del piano o del programma ed

anteriormente alla sua approvazione o all’avvio della

relativa procedura espropriativa.

La VAS si propone di assicurare che le attività antropiche

siano compatibili con le condizioni per uno sviluppo

sostenibile, e quindi nel rispetto della capacità

rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della

salvaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione

dei vantaggi connessi alle attività economiche. In tale

ambito:

a) la valutazione ambientale di piani e programmi, che

possono avere un impatto significativo sull’ambiente, ha

la finalità di garantire un elevato livello di protezione dello

stesso e contribuire all’integrazione di considerazioni

ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione ed

approvazione di detti piani e programmi, assicurando che

siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno

sviluppo sostenibile;

b) la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di

proteggere la salute umana, contribuire alla qualità della

vita, provvedere al mantenimento delle specie e

conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in

quanto risorsa essenziale per la vita.

La VAS è il processo che comprende lo svolgimento di

una verifica di assoggettabilità, l’elaborazione del

rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la

valutazione del piano e del programma, del rapporto e

degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un parere

motivato, l’informazione sulla decisione ed il

monitoraggio. Considerando i piani ed i programmi che

possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul

patrimonio culturale, viene eseguita una valutazione per

tutti i piani ed i programmi che sono elaborati per la

valutazione e la gestione della qualità dello ambiente,

per i settori agricoli, forestale, della pesca, energetico,

industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle

acque, delle telecomunicazioni, della stessa

pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e

che definiscono il quadro di riferimento per

Page 204: Ct 2 5 villani

l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o

comunque la realizzazione dei progetti considerati.

La VAS si propone il duplice obiettivo di garantire un

elevato livello di protezione dell’ambiente negli atti di

programmazione e di pianificazione delle trasformazioni

del territorio e di contribuire all’integrazione di

considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e

dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere

lo sviluppo sostenibile. Essa così costituisce una

simulazione ed una previsione di quello che accadrebbe

all’ambiente coinvolto, una volta attuate tutte le

prefigurazioni di trasformazione previste dal piano e dal

programma. Ha, infatti, la finalità principale di mettere in

evidenza la compatibilità degli obiettivi e delle strategie

operative di un piano o di un programma con gli obiettivi

e gli standard di mantenimento e valorizzazione della

qualità ambientale complessiva del territorio interessato

dalla pianificazione e dalla programmazione previste,

relativamente a quelli che possono essere i livelli di

sensibilità e di vulnerabilità precedentemente individuati.

Successivamente, gli interventi della complessiva

riqualificazione funzionale di una rete viaria esistente non

possono non essere definiti anche mediante studi di

impatto ambientale. La legislazione di riferimento degli

studi di impatto ambientale e della stessa procedura di

valutazione ambientale stabilisce le categorie di opere

che devono essere sottoposte alla suddetta procedura.

Al giudizio di compatibilità sono altresì soggetti:

- gli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle

categorie previste, qualora da tali interventi derivi

un’opera che rientra nelle categorie stesse;

- gli interventi su opere già esistenti, rientranti nelle

categorie previste, qualora da tali interventi derivi

un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse

dalla precedente, con esclusione dei ripristini e delle

terze corsie autostradali aggiuntive, che siano richieste

da esigenze relative alla sicurezza del traffico ed al

mantenimento del livello di servizio.

Ancora, con riferimento agli strumenti di pianificazione

che si ritiene debbano essere tenuti in considerazione

nella pianificazione degli interventi di adeguamento, un

cenno particolare meritano i piani di protezione civile. In

questi devono essere classificati itinerari che abbiano la

funzione di essere di supporto a quelli principali, al fine di

garantire l’attraversamento di una data area e/o

l’accessibilità alla stessa. In quest’ottica il piano di

protezione civile deve contenere anche un’ipotesi di

riassetto della rete viaria, a servizio di un dato territorio,

che derivi dalla valutazione dell’inaffidabilità della singola

via, e quindi del decadimento della capacità di svolgere,

in determinate occasioni, la sua funzione. Tra gli

elementi di valutazione degli interventi si terrà conto della

convenienza di individuare, nell’ambito della rete viaria

che serve una data area, quelle infrastrutture che

possano/debbano essere adeguate, così da

corrispondere ad esigenze di protezione civile, sulle quali

indirizzare, sia pure con livelli di servizio inferiori, la

mobilità che risulterebbe penalizzata dalle condizioni

critiche verificatesi nella regione e/o su taluni itinerari

strategici della stessa.

Nella definizione e progettazione degli interventi che si

renderanno necessari, nell’ambito di un determinato

sistema infrastrutturale, varranno quindi i seguenti criteri

generali:

- analisi degli interventi in rapporto agli strumenti

programmatici esistenti e valutazione degli stessi nella

loro coerenza e nel genere di rapporto;

- analisi degli interventi contestualmente alla rete nella

quale si collocano;

- inquadramento degli interventi in una visione di itinerari;

- valutazione di come gli interventi possano realizzare

soluzioni uniformi e, laddove siano presenti situazioni di

disomogeneità, definizione funzionale dei tratti di

transizione;

- valutazione degli interventi affinché non determinino un

impatto ambientale tale da non essere più ritenuto

accettabile.

La riqualificazione funzionale delle strade in area

urbana

Secondo l’impostazione predetta, la riqualificazione

funzionale deve preliminarmente prendere l’avvio

dall’attribuzione di funzioni specifiche ai singoli elementi

viari: si impone la definizione di una metodologia di

classificazione dell’esistente, che presupponga una

pianificazione generale o di settore, con specificazioni

infrastrutturali, ed altri strumenti di Piano. In una corretta

prospettiva di valorizzazione delle risorse ambientali

esistenti, non si può prescindere dalla valutazione del

ruolo e della funzione che il singolo itinerario assolve

all’interno della rete (d’area urbana, regionale,

nazionale).

Page 205: Ct 2 5 villani

 202 

L’evidente obiettivo della classificazione è di uniformare

le caratteristiche geometriche e di progetto delle diverse

tipologie; essa si configura come verifica di validità della

gerarchizzazione funzionale, individuata dagli strumenti

di pianificazione. Devono quindi essere esaminati i piani

di inquadramento e di programmazione della rete

considerata e vanno individuate le funzioni assolte o

assegnate, come obiettivo, alle infrastrutture esistenti

(funzione primaria, principale, secondaria, locale). Detti

Piani prefigurano la razionalizzazione della rete esistente

con interventi di adeguamento e/o di potenziamento, in

una previsione di sviluppo di medio/lungo termine. La

classificazione funzionale – avente lo stesso periodo

temporale di validità degli strumenti di pianificazione

territoriale e dei trasporti dai quali proviene - si pone alla

base dell’organizzazione della mobilità, mettendo in

evidenza usi e caratteristiche improprie delle

infrastrutture viarie, permettendo di individuare i principali

fattori di insicurezza della circolazione ed orientando le

attività di progettazione all’adeguamento delle

infrastrutture. Gli obiettivi prestazionali pertanto vengono

precisati nell’ambito della definizione della classe

funzionale attesa dopo l’intervento di adeguamento e gli

stessi obiettivi devono essere congruenti con quelli

specifici della classe funzionale attesa.

Si possono considerare quali obiettivi di un piano di

riqualificazione funzionale di una rete viaria,

comprendenti quelli usualmente considerati per il

progetto preliminare di un nuovo intervento:

- la realizzazione delle condizioni di sicurezza della

circolazione ed il miglioramento dei livelli di servizio;

- il miglioramento delle condizioni di accessibilità

territoriale;

- il conferimento alla rete stessa delle caratteristiche di

connettività nell’ambito del sistema dei trasporti del quale

è parte;

- il concorrere ad una riorganizzazione territoriale

finalizzata ad obiettivi di riequilibrio del complessivo

sistema degli insediamenti e dei servizi;

- la sostenibilità ambientale (condizione obiettivo);

- l’adeguamento delle reti viarie nelle finalità proprie della

protezione civile, di modo che siano sempre garantiti i

collegamenti per una data area e/o che attraversino la

stessa.

Come detto, la riqualificazione di una rete viaria può

essere finalizzata alla realizzazione di un sistema

integrato ed intermodale, all’interno del quale ciascuna

componente svolga un ruolo corrispondente alle proprie

peculiarità tecniche ed economiche e sia complementare

con altre. Va pertanto promosso un processo di

riqualificazione funzionale degli archi costituenti la rete,

poiché la definizione del predetto sistema integrato deve

essere raggiunta perseguendo l’obiettivo

dell’ottimizzazione delle risorse disponibili, con la

massima attenzione all’uso ed al riuso di quelle già

esistenti sul territorio.

Ancora, dovrà essere considerato con sempre maggior

attenzione che il sistema delle infrastrutture viarie va

utilizzato per governare la localizzazione delle attività sul

territorio: l’aumento di connettività delle reti di trasporto è

la condizione fondamentale per assecondare la

formazione di una struttura territorialmente più reticolare,

ed una migliore diffusione dello sviluppo. Un sistema

infrastrutturale di trasporto non più solamente finalizzato

a velocizzare i collegamenti tra “periferie” e “centri”, ma

anche rivolto a porre le premesse per una diversa

organizzazione di una data regione, rispondente ad

obiettivi di riequilibrio territoriale, può essere valutato

ancora di maggiore convenienza nel complesso delle

differenti alternative progettuali.

La riqualificazione funzionale di una rete, come parte

integrante di un contesto, può essere ottenuta attraverso

interventi di:

- manutenzione ordinaria;

- manutenzione straordinaria;

- adeguamento.

Per tutto quanto detto più sopra si ritiene che una

particolare attenzione vada posta in merito al rapporto

che deve intercorrere tra progettazione/adeguamento di

un’opera viaria e le cause del dissesto. Una prima

elencazione di queste può essere:

- assenza del governo del territorio, in quanto mancanza

di una cultura attenta al rispetto degli equilibri naturali,

alla necessità che gli interventi infrastrutturali devono

rispettare gli equilibri preesistenti, mantenerli e

ripristinarli;

- mancanza di interventi di regimazione delle acque e dei

corsi d’acqua;

- compromissione delle risorse naturali.

E’ più che evidente che per ogni area interessata da

interventi strutturali ed infrastrutturali è necessario

perfezionarne la conoscenza nella finalità di porre in

Page 206: Ct 2 5 villani

sicurezza il territorio con interventi di

manutenzione/progettazione preventive nell’obiettivo di:

- contenere/ridurre gli effetti delle cause di dissesto;

- ridurre/eliminare le cause del dissesto.

Superando l’idea del percorso viario come mero spazio

servente, teso a favorire il movimento di persone e risorse, si

deve promuovere l’idea di strada come generatore di estese

positive ricadute sul contesto sociale ed economico e, insieme,

capace di preservare e sostenere i processi ecologici nei siti in

cui si snoda.

Sembra di poter affermare che questa impostazione

progettuale debba essere preliminare alla realizzazione

di qualsiasi ipotesi di sviluppo socio-economico di un

territorio. Un piano pluriennale di interventi, al di là della

sistematicità e dell’urgenza della manutenzione

ordinaria, va considerato articolato in interventi di

differenti priorità/incidenza sulle cause/effetti di dissesto,

che possano essere attuati mediante attività di

manutenzione straordinaria e di adeguamento.

I differenti tipi di intervento, considerati nel suddetto

piano pluriennale, non devono essere riferiti alla

singola/rete infrastrutturale, bensì estesi a porre rimedio

alle criticità del contesto attraversato. Secondo questa

impostazione per manutenzione ordinaria, da

considerare prioritaria e da assicurare nel tempo, si

intende il complesso delle attività e degli interventi

necessari a garantire il mantenimento delle

caratteristiche e delle prestazioni funzionali del

patrimonio viario, conformemente al progetto originario

ed alla normativa vigente all’epoca dello stesso.

Pertanto, ad esempio, si possono considerare

manutenzione ordinaria:

- attività di custodia e vigilanza;

- attività di verifica e controllo delle caratteristiche

funzionali delle varie componenti del patrimonio;

- interventi di manutenzione del verde e delle pertinenze;

- pulizia e mantenimento di tutti gli elementi marginali

della piattaforma (banchine pavimentate, arginelli, reti di

smaltimento delle acque);

- ripristino dei canali scolmatori di piena e delle opere

d’arte;

- ripristino dell’efficienza della rete dei drenaggi;

- interventi di ripristino della sovrastruttura, che possono

essere parziali – sarcitura fessure, riempimento buche,

etc., oppure completi – rifacimento delle pavimentazioni

con le stesse caratteristiche di quelle originarie;

- gestione e manutenzione degli impianti (illuminazione,

ventilazione in galleria, etc.);

- manutenzione e sostituzione dei giunti e degli

apparecchi di appoggio di ponti e viadotti;

- ripristino del calcestruzzo ammalorato di muri ed opere

d’arte;

- etc.

Per manutenzione straordinaria si intendono le attività

necessarie a garantire la funzionalità del patrimonio

mediante modifiche delle caratteristiche funzionali e

geometriche, nell’ambito del tipo e della categoria della

via, tali da conseguire, attraverso un adeguamento

localizzato di tipo funzionale o normativo, un

miglioramento delle opere costituenti il patrimonio

stesso, rispetto al progetto originario. Queste attività si

traducono in un miglioramento delle condizioni di

sicurezza e delle condizioni di deflusso, a parità di vita

utile prevista.

L’adeguamento dei livelli di servizio e delle condizioni di

sicurezza, per esempio nel caso delle strade, sarà

finalizzato a realizzare condizioni di sicurezza intrinseca.

Diversamente dalla manutenzione ordinaria gli interventi

di manutenzione straordinaria deriveranno da un

confronto economico tra differenti alternative. Potranno

essere interventi relativi a singoli settori e/o ad

infrastrutture di differente modalità: strade, linee di

trasporto collettivo, aree/strutture di sosta. Essi avranno

una ricaduta positiva sull’innalzamento delle prestazioni

del sistema plurimodale nell’ambito della vita utile di

Piano dei Trasporti.

L’esigenza di tali interventi può nascere da:

- necessità di adeguamento dell’infrastruttura alla

funzione assegnata;

- nuove normative in materia di sicurezza;

- opportunità di utilizzo di nuovi materiali,

tecniche/metodologie per il miglioramento della sicurezza

della circolazione;

Page 207: Ct 2 5 villani

 204 

ecc.

Gli interventi di manutenzione straordinaria possono

essere suddivisi in:

- adeguamento funzionale localizzato:

1. rifacimento della pavimentazione con caratteristiche

migliori di quelle originarie;

2. rifacimento di parte o di tutta la sovrastruttura con

caratteristiche superiori e/o nuove tecniche esecutive

(es. riciclaggio in sito) per far fronte a mutate

caratteristiche di traffico che pregiudicano la struttura

originaria;

3. adeguamento della rete di smaltimento delle acque, ivi

compresi eventuali impianti di trattamento esistenti, in

base a mutate esigenze idrogeologiche e comunque

entro i limiti della proprietà; realizzazione della rete dei

drenaggi; regimazione dei corsi d’acqua, finalizzata alla

diminuzione della velocità di ruscellamento e dei

fenomeni di erosione;

4. ripristino e recupero di parti strutturali delle opere

d’arte esistenti;

5. adeguamento alle norme:

1. sostituzione delle barriere di protezione con nuove

barriere adeguate alle norme vigenti;

2. allargamento della carreggiata entro i limiti della

proprietà dell’Ente gestore per raggiungere le dimensioni

previste da nuove norme tecniche;

3. adeguamento delle caratteristiche geometriche e di

progetto delle aree incidenti sull’infrastruttura;

4. ecc.

Ne consegue pertanto che, ove si vogliano migliorare le

condizioni di sicurezza della circolazione in un itinerario

esistente, e/o adeguare una rete viaria esistente a finalità

proprie della protezione civile si dovranno realizzare,

quantomeno, interventi di manutenzione straordinaria. Il

riferimento degli interventi è alla normativa vigente al

momento della progettazione dell’intervento manutentivo.

Si ritiene allora che gli interventi di adeguamento,

ottenuti mediante realizzazione e/o completamenti di

nuove opere e/o di reti elementari, corrispondano,

prevalentemente, agli obiettivi di:

- risolvere criticità particolari e/o localizzate, al fine di

ottenere un miglioramento delle condizioni di deflusso,

corrispondentemente alla mutata entità e composizione

della corrente veicolare, e di accessibilità territoriale;

- assicurare, in particolare nelle strade interquartieri,

l’esistenza di idonee fasce di pertinenza a garanzia del

trasporto collettivo e della sosta, adeguando non tanto la

singola strada quanto quegli itinerari che congiuntamente

possano adempiere alla funzione di strade interquartiere:

- realizzare un sistema integrato ed intermodale,

assicurando le connessioni tra i differenti modi di

trasporto;

- concorrere a determinare un differente assetto

territoriale.

Nella definizione degli obiettivi di progettazione ed anche

di quelli di eventuali interventi di adeguamento, un

quadro di oggettive priorità deve tener conto:

- del ruolo attribuito a ciascun itinerario nel contesto della

rete e della sua efficienza, sotto il profilo del servizio

reso, della sicurezza d’esercizio e delle criticità

ambientali che lo caratterizzano;

- della tipologia degli interventi di adeguamento

necessari, al fine di valutare i programmi nel loro

complesso, gestendo quindi azioni organiche che

possano consentire significative economie di scala nel

rispetto di omogenei standard prestazionali;

- della dinamica dei processi in atto, dai quali dipendono

le leggi di obsolescenza funzionale, per individuare

l’orizzonte temporale d’intervento che garantisca il

contenimento dei costi tramite il recupero delle

infrastrutture esistenti.

Per quanto considerato più sopra si ritiene che gli

interventi prioritari possano essere, quantomeno, di

manutenzione ordinaria e straordinaria, per il

mantenimento ed il miglioramento delle condizioni di

sicurezza della circolazione, per l’adeguamento dei livelli

di servizio e per assicurare che una rete viaria esistente

garantisca le comunicazioni, così da corrispondere

anche a finalità proprie della protezione civile.

Relativamente ad essi, la priorità tra i differenti tronchi

stradali dipenderà dai criteri predetti; sempre da questi

dipenderà l’ordine di priorità relativamente agli interventi

di completamento e/o di nuove realizzazioni di singoli

tratti stradali e/o di reti elementari, quando si intendano

perseguire prevalentemente obiettivi di riorganizzazione

territoriale e/o di costruire un sistema integrato ed

intermodale, che realizzi le interconnessioni e le

complementarietà funzionali tra i differenti

modi/infrastrutture di trasporto. Se gli interventi di

manutenzione ordinaria sono urgenti, e da assicurare

sistematicamente nel tempo, il piano di interventi può

Page 208: Ct 2 5 villani

essere realizzato progressivamente, differenziando le

priorità delle differenti attività, in considerazione delle

peculiarità del contesto e delle cause prevalenti che

hanno determinato effetti dannosi, ed individuando

interventi che siano anche contestualmente di

manutenzione straordinaria e di adeguamento.

Gli interventi di adeguamento funzionale possono

riguardare tutti gli elementi che compongono

l’infrastruttura o parte di essi. Le principali strategie di

adeguamento possono essere definite di:

- miglioramento del livello di sicurezza intrinseca

dell’infrastruttura – riguardano gli interventi necessari per

ridurre la frequenza e la gravità degli incidenti,

- potenziamento funzionale – riguardano gli interventi

necessari per adeguare l’infrastruttura ad un aumento

della domanda di trasporto ed alle variate caratteristiche

della corrente veicolare;

- risanamento ambientale – riguardano gli interventi

necessari a migliorare la qualità dell’ambiente nelle aree

attraversate dall’infrastruttura.

Interventi di adeguamento che interessano le tre

suddette strategie sono rivolti a ridurre/eliminare le cause

di dissesto, agendo sul contesto ambientale interessato

dal singolo itinerario e/o dalla rete. La

progettazione/adeguamento infrastrutturale deve,

preventivamente, estendersi a considerare le criticità del

contesto, ponendovi rimedio e facendo sì che l’intervento

viario non accentui gli effetti delle cause di dissesto, fino

anche a ridurre ed eliminare le stesse cause. Pertanto,

potranno essere contestualmente considerati:

- adeguamento delle opere d’arte e delle infrastrutture

con correzione di errori progettuali;

- realizzazione di nuovi canali scolmatori di piena;

- adeguamento delle sponde dei corsi d’acqua, per

rallentare le velocità e diminuire i fenomeni erosivi;

- adeguamento dei corsi d’acqua quando attraversino

abitati;

- ecc.

In tal caso gli interventi di riqualificazione funzionale del

patrimonio infrastrutturale esistente potranno

comprendere l’adeguamento delle caratteristiche

geometriche e di progetto di tracciati esistenti, anche con

importanti varianti di tracciato. Per quanto riguarda le

opere d’arte, si ritiene che si possa rimanere nel campo

degli interventi di manutenzione straordinaria quando

non sia necessario adeguare la struttura a mutate

condizioni di sollecitazione.

Un caso particolare riguarda la trasformazione di una

strada esistente, perché essa corrisponda pienamente

alle mutate esigenze della domanda di trasporto, e

quindi:

- l’adeguamento strutturale delle opere d’arte;

- l’adozione di un differente tipo e categoria di strada,

modificando significativamente le caratteristiche

funzionali e di sicurezza dell’infrastruttura, vanno

considerati nuova costruzione.

La progettazione degli interventi di adeguamento

funzionale segue la stessa procedura prevista per le

opere di nuova costruzione. Nella progettazione

preliminare, in particolare, vengono attuate le scelte

funzionali dell’intervento di adeguamento, anche in

relazione al contesto della rete di appartenenza del tratto

in oggetto. Deve essere valutato il grado di uniformità

delle soluzioni progettuali previste con le caratteristiche

dei tratti adiacenti ai quali l’infrastruttura è

funzionalmente collegata. In presenza di situazioni di

disomogeneità, il progetto dell’intervento di adeguamento

deve comprendere anche la definizione funzionale dei

tratti di transizione con i tratti non ancora adeguati e

definire i provvedimenti progettuali da adottare per le

suddette transizioni. In tale fase deve ovviamente essere

verificata la congruenza tra le previsioni progettuali e tutti

gli strumenti di pianificazione vigenti.

Ciascuna strategia di adeguamento viene attuata

mediante una serie di interventi, classificabili in due

tipologie:

- strutturali – apportano modifiche alle caratteristiche

geometriche e di progetto degli elementi viari e

consentono di attuare la strategia di potenziamento

funzionale dell’infrastruttura. Tali interventi tendono a

precostituire nella rete esistente gli standard geometrici e

funzionali previsti per le infrastrutture di nuova

costruzione. Nella fase di progettazione preliminare

viene individuata l’alternativa progettuale migliore in

relazione agli obiettivi prestazionali che si desidera

conseguire, includendo anche il miglioramento della

sicurezza e della qualità dell’ambiente;

- gestionali – tendono a conseguire una modifica del

modo d’uso dell’infrastruttura esistente, in modo da

renderlo congruente con le sue caratteristiche fisiche,

eventualmente migliorate parzialmente mediante

interventi di tipo strutturale, nonché con le caratteristiche

dell’ambiente attraversato dall’infrastruttura, e con la

tipologia d’utenza ammessa ad utilizzarla. A questo tipo

Page 209: Ct 2 5 villani

 206 

di interventi è ascrivibile la realizzazione di zone a traffico

limitato, in modo da inibire l’accesso ad alcune tipologie

di veicoli alle aree ove si desidera privilegiare gli utenti

deboli o caratterizzate dalla presenza di ricettori sensibili,

dirottandoli su strade a percorrenza più elevata o

quantomeno lontane da zone fortemente antropizzate.

Nella fase di progettazione preliminare saranno

individuate alternative progettuali, ciascuna composta da

un bilanciato insieme di interventi strutturali e gestionali

che, nel loro insieme, contribuiscano all’attuazione della

strategia di adeguamento definita in fase di

pianificazione. Essi possono anche essere intesi come

interventi di predisposizione verso l’adozione delle

caratteristiche geometriche e di progetto di un’opera di

tipo differente.

Considerazioni conclusive

Si è ripetutamente affermato che le strade urbane vanno

finalmente intese quali strade al servizio di un’area

urbana vasta (conurbata o metropolitana).

Come tale essa deve essere intesa articolata in differenti

quartieri, anche coincidenti con comuni autonomi

attualmente caratterizzati da situazioni di dipendenza, e

quindi da pendolarità nei confronti della città/aggregato

urbano maggiore, ove sono prevalentemente localizzati

gli attrattori di interessi.

Di fronte a questo stato di fatto la necessaria

riqualificazione di un’area urbana impone

preliminarmente intenderla come un territorio che deve

essere concepito unitario e governato come tale.

Conseguentemente, il problema che si impone è quello

delle periferie, spesso luoghi di bassa qualità e

disorganizzati, privi di servizi e ricchi di flussi pendolari

verso la città maggiore. Eppure viene affermato che la

periferia è il luogo dove avverrà lo sviluppo e la

trasformazione della città che conosciamo.

L’abitante di questa area urbana così disarticolata

diventerà il cittadino della nuova area urbana che

risulterà da un progetto di riqualificazione del contesto

esistente, in termini di politica dei servizi e di governo

della mobilità, affinchè i fruitori dell’area acquisiscano un

sentimento identitario di appartenenza alla nuova città:

essa deve risultare dalla ricucitura degli aggregati urbani

periferici, reciprocamente e con il maggiore

insediamento.

Da tutto ciò emerge che quanto fin qui espresso consiste

in un iniziale superamento delle attuali

visioni/classificazioni delle strade urbane, in possibili

linee di adeguamento delle normative e delle

impostazioni progettuali attuali: ma ciò non è sufficiente.

Occorre considerare con attenzione le periferie, chiedersi

quali siano le aspettative dei suoi abitanti, in termini di

qualità della complessiva area urbana, di servizi, di

accessibilità e di sistema dei trasporti.

L’intenzione dichiarata è di costruire la nuova città

partendo dalle sue attuali criticità per ritrovare alla fine

anche la nuova funzione che dovrà essere assolta dal

centro storico della città attuale.

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.. - + * + -...  

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208

 

 

SVILUPPO DI UN METODO DI VALUTAZIONE DELL'INDICE DI RISCHIO PER IL TRASPORTO DELLE MERCI PERICOLOSE CON APPLICAZIONE

AL TERRITORIO DELLA VERSILIA

Gabriella CAROTI, Angelo PARDINI, Antonio PRATELLI DICI – Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, Università di Pisa

Sommario - Mediante strumenti di analisi di rete (network analysis) è stata eseguita un’analisi logistica per l’individuazione dei rischi generati dal passaggio nell’area della Versilia (Toscana) dei veicoli che trasportano merci pericolose (carburanti, colle, vernici e altri prodotti chimici). In questo modo si sono potuti individuare quali archi della rete fossero soggetti a maggiori rischi. E’ stato analizzato tutto il territorio della Versilia e più in dettaglio le zone produttive dedicate alla cantieristica nautica. I risultati di quest’analisi sono stati utilizzati per individuare la posizione migliore per l’installazione dei rilevatori di mezzi che trasportano merci pericolose previsti nel progetto “L.O.S.E.” sviluppato dalla Provincia di Lucca. Risulta infine evidente che l’analisi sul territorio della Versilia potrebbe essere ampliata e completata mediante delle simulazioni che prevedano delle variazioni della circolazione dei mezzi che trasportano merci pericolose, in modo da verificare se vi è la possibilità di diminuire i rischi per l’ambiente e l’uomo mediante una ridistribuzione dei flussi. Nota esplicativa: Per determinare un valore di “fattore di rischio” di ogni singola sostanza pericolosa, è stata utilizzata una tabella proposta dalla normativa tedesca TRGS 600. Questa tabella fornisce un valore di “fattore di rischio” in funzione della “frase di rischio R” caratteristica della sostanza. Per questo motivo sono state dunque considerate le “frasi di rischio R” nonostante siano state sostituite dal 2008 dalle “frasi di rischio H”, in quanto permettevano più comodamente di inserirsi in modo diretto all’interno della tabella e determinare il valore di “fattore di rischio” che è quello che in effetti serviva per lo sviluppo di questo metodo di valutazione dell’indice di rischio. 1. Definizione di “rischio”

In letteratura si possono trovare innumerevoli

definizioni del parametro “rischio”: una di queste è quella

che intende il rischio come “la possibilità che un evento

critico determini una perdita o degli effetti dannosi”. La

formula che definisce il rischio è la seguente:

R = P x V x E

Dove:

P = Probabilità. Esprime la frequenza con la

quale un evento critico di una certa intensità si può

verificare su una certa area.

V = Vulnerabilità. indica l’attitudine di un

determinata “componente ambientale” (popolazione,

edifici, servizi, infrastrutture, etc.) a sopportare gli effetti

in funzione dell’intensità dell’evento. La vulnerabilità

esprime il grado di perdite di un dato elemento o di una

serie di elementi risultante dal verificarsi di un fenomeno

di una data “magnitudo”, espressa in una scala da zero

(nessun danno) a uno (distruzione totale).

Il valore esposto o esposizione indica

l’elemento che deve sopportare l’evento e può essere

espresso o dal numero di residenti o dal valore delle

risorse naturali ed economiche presenti, esposte ad un

determinato pericolo.

E = Esposizione. Indica la quantità di elementi

potenzialmente sottoposti alla possibilità di venire

danneggiati dall’evento indesiderato.

Il prodotto V x E rappresenta le conseguenze

determinate sugli esseri umani e sulle attività antropiche,

sia in termini di infortunati o deceduti, sia di danni

materiali agli edifici, alle infrastrutture ed al sistema

produttivo.

Sulla base di queste considerazioni è stata

ricercata una formula che tenesse conto di questi

parametri per individuare un indice che definisse un

valore di rischio sulla rete stradale:

1

Dove:

indici: i = arco, j = tipologia di sostanza

pericolosa trasportata, k = tipologia di scenario

incidentale, m = tipologia di bersaglio

: fattore di rischio normalizzato,

dipende dall’arco considerato. Nella formula del rischio

questo parametro rappresenta la probabilità P.

Page 212: Ct 2 5 villani

209

: bersagli esposti, dipende dall’arco e dal

tipo di bersagli considerati. Fornisce un valore

quantitativo dei bersagli esposti.

: fattore di pesatura per i bersagli, dipende

dal tipo di bersaglio considerato e permette di

considerare l’effettiva presenza di bersagli umani.

: suscettibilità, dipende dal tipo di scenario

incidentale ipotizzato e dal tipo di bersaglio considerato.

Indica l’effettivo grado di distruzione generato dall’evento

indesiderato

: capacità di far fronte, dipende dall’arco

considerato ed indica il grado di resilienza del territorio

analizzato.

: questo prodotto rappresenta, nella

formula del rischio, la vulnerabilità V

1 : questo prodotto rappresenta,

nella formula del rischio, l’esposizione E

1.1. Fattore di rischio normalizzato

E’ dato dal rapporto:

Dove:

°

°

I valori max dei vari parametri sono i massimi ottenuti su

tutto il territorio analizzato.

° :

E’ il valore del numero di mezzi che trasportano

merci pericolose che transitano sull’iesimo arco, ottenuto

mediante la Network analyst eseguita con ARCGIS sul

modello di rete stradale del territorio analizzato,

considerando come destinazioni i distributori di

carburante e le aree produttive e scegliendo le origini a

seconda dei casi. In questo modo possono essere

ricavati i vari percorsi sul territorio analizzato, ad ognuno

dei quali viene assegnato un certo numero di passaggi,

sulla base di un’analisi sull’attrazione di merci generata,

in un certo arco di tempo, dalle aree produttive e dai

distributori di carburante.

:

Questo parametro definisce il grado di

pericolosità della sostanza trasportata, basandosi sulle

fasi di rischio che caratterizzano ogni sostanza e sulla

normativa tedesca TRGS600. Per prima cosa devono

essere individuati i settori produttivi principali del

territorio analizzato, per poi individuare, mediante una

ricerca sui processi produttivi di ogni singola tipologia di

attività, le sostanze pericolose che entrano all’interno del

territorio. Una volta individuate quest’ultime devono

essere ricavate le fasi di rischio di ognuna ricercando la

scheda del prodotto anche on-line.

Si riporta in seguito la classificazione delle

possibili fasi di rischio:

Classificazione etichettatura ed imballaggio delle

sostanze

Per ogni sostanza presente in DESC è presente

una duplice classificazione; la prima secondo i criteri

della Direttiva 67/548/EEC e la seconda secondo i

criteri del Regolamento CLP (Regolamento CE N.

1272/2008) che ha l’intento di uniformarsi al sistema

mondiale armonizzato GHS (Globally Harmonized

System).

Il Regolamento CLP, entrato in vigore dal

20.1.2009, prevede un periodo transitorio per la

classificazione delle sostanze: dal 20.1.2009 sino al

1.12.2010 è obbligatorio adottare il vecchio sistema della

Direttiva 67/548/CEE ed è facoltativo adottare il nuovo

sistema CLP; dal 1.12.2010 al 1.6.2015 sarà obbligatorio

utilizzare contestualmente sia il vecchio sistema sia il

nuovo sistema CLP; infine, a partire dal 1.6.2015 sarà

obbligatorio adottare esclusivamente il nuovo sistema

CLP.

Direttiva 67/548/CEE: classificazione definita dalla

normativa europee in materia di classificazione,

imballaggio ed etichettatura per le sostanze

Le abbreviazioni, i simboli e le indicazioni di

pericolo di ciascuna categoria di pericolo adottati sono i

seguenti:

Page 213: Ct 2 5 villani

210

Esplosivo: una bomba che esplode ( E)

Comburente: una fiamma sopra un

cerchio ( O )

Estremamente infiammabile: una

fiamma (F+)

Facilmente infiammabile: una fiamma

(F)

Molto tossico: un teschio su tibie

incrociate ( T )

Tossico: un teschio su tibie incrociate

(T )

Nocivo: una croce di Sant'Andrea ( Xn)

Corrosivo: la raffigurazione dell'azione

di un acido (C)

Irritante: una croce di Sant'Andrea ( Xi)

Pericoloso per l'ambiente

Elenco delle frasi di rischio “R” e dei consigli di

prudenza “S” e delle loro relative combinazioni

Elenco delle frasi di rischio R

Le frasi di rischio, rappresentate da una serie di

cifre precedute dalla lettera R, indicano la natura dei

rischi particolari che si corrono nel maneggiare una

sostanza pericolosa. Le cifre sono separate da:

un trattino orizzontale (-) per indicare

enunciazioni separate dei rischi particolari (R),

o

una barra inclinata (/) per indicare

l’enunciazione combinata, in una sola frase, dei

rischi.

Di seguito la tabella riporta le frasi di Rischio

R1 Esplosivo allo stato secco.

R2 Rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d'ignizione.

R3 Elevato rischio di esplosione per urto, sfregamento, fuoco o altre sorgenti d'ignizione

R4 Forma composti metallici esplosivi molto sensibili.

R5 Pericolo di esplosione per riscaldamento.

R6 Esplosivo a contatto o senza contatto con l'aria.

R7 Può provocare un incendio.

R8 Può provocare l'accensione di materie combustibili.

R9 Esplosivo in miscela con materie combustibili.

R10 Infiammabile.

R11 Facilmente infiammabile.

R12 Estremamente infiammabile.

R14 Reagisce violentemente con l'acqua.

R15 A contatto con l'acqua libera gas estremamente infiammabili.

R16 Pericolo di esplosione se mescolato con sostanze comburenti.

R17 Spontaneamente infiammabile all'aria.

R18 Durante l'uso può formare con aria miscele esplosive/infiammabili.

R19 Può formare perossidi esplosivi.

R20 Nocivo per inalazione.

R21 Nocivo a contatto con la pelle.

R22 Nocivo per ingestione.

R23 Tossico per inalazione.

R24 Tossico a contatto con la pelle.

R25 Tossico per ingestione.

R26 Molto tossico per inalazione.

R27 Molto tossico a contatto con la pelle.

R28 Molto tossico per ingestione.

Page 214: Ct 2 5 villani

211

R29 A contatto con l'acqua libera gas tossici.

R30 Può divenire facilmente infiammabile durante l'uso.

R31 A contatto con acidi libera gas tossico.

R32 A contatto con acidi libera gas molto tossico.

R33 Pericolo di effetti cumulativi.

R34 Provoca ustioni.

R35 Provoca gravi ustioni.

R36 Irritante per gli occhi.

R37 Irritante per le vie respiratorie.

R38 Irritante per la pelle.

R39 Pericolo di effetti irreversibili molto gravi.

R40 Possibilità di effetti cancerogeni - prove insufficienti.

R41 Rischio di gravi lesioni oculari.

R42 Può provocare sensibilizzazione per inalazione.

R43 Può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle.

R44 Rischio di esplosione per riscaldamento in ambiente confinato.

R45 Può provocare il cancro.

R46 Può provocare alterazioni genetiche ereditarie.

R48 Pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata.

R49 Può provocare il cancro per inalazione.

R50 Altamente tossico per gli organismi acquatici.

R51 Tossico per gli organismi acquatici.

R52 Nocivo per gli organismi acquatici.

R53 Può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico.

R54 Tossico per la flora.

R55 Tossico per la fauna.

R56 Tossico per gli organismi del terreno.

R57 Tossico per le api.

R58 Può provocare a lungo termine effetti negativi

per l'ambiente.

R59 Pericoloso per lo strato di ozono.

R60 Può ridurre la fertilità.

R61 Può danneggiare i bambini non ancora nati.

R62 Possibile rischio di ridotta fertilità.

R63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati.

R64 Possibile rischio per i bambini allattati al seno.

R65 Nocivo: può causare danni ai polmoni in caso di ingestione.

R66 L'esposizione ripetuta può provocare secchezza e screpolature della pelle.

R67 L'inalazione dei vapori può provocare sonnolenza e vertigini.

R68 Possibilità di effetti irreversibili.

Combinazioni delle frasi R

R14/15 Reagisce violentemente con l'acqua liberando gas estremamente infiammabili

R15/29 A contatto con l'acqua libera gas tossici estremamente infiammabili.

R20/21 Nocivo per inalazione e contatto con la pelle.

R20/22 Nocivo per inalazione e ingestione.

R20/21/22 Nocivo per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione.

R21/22 Nocivo a contatto con la pelle e per ingestione.

R23/24 Tossico per inalazione e contatto con la pelle.

R23/25 Tossico per inalazione e ingestione.

R23/24/25 Tossico per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione.

R24/25 Tossico a contatto con la pelle e per ingestione.

R26/27 Molto tossico per inalazione e contatto con la pelle.

R26/28 Molto tossico per inalazione e per ingestione.

R26/27/28 Molto tossico per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione

Page 215: Ct 2 5 villani

212

R27/28 Molto tossico a contatto con la pelle e per ingestione.

R36/37 Irritante per gli occhi e le vie respiratorie.

R36/38 Irritante per gli occhi e la pelle.

R36/37/38 Irritante per gli occhi, le vie respiratorie e la pelle.

R37/38 Irritante per le vie respiratorie e la pelle.

R39/23 Tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione.

R39/24 Tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi a contatto con la pelle.

R39/25 Tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per ingestione.

R39/23/24 Tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione e a contatto con la pelle

R39/23/25 Tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione ed ingestione.

R39/24/25 Tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi a contatto con la pelle e per ingestione.

R39/23/24/25 Tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione.

R39/26 Molto tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione.

R39/27 Molto tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi a contatto con la pelle.

R39/28 Molto tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per ingestione.

R39/26/27 Molto tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione e a contatto con la pelle.

R39/26/28 Molto tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione ed ingestione.

R39/27/28 Molto tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi a contatto con la pelle e per ingestione.

R39/26/27/28 Molto tossico: pericolo di effetti irreversibili molto gravi per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione.

R42/43 Può provocare sensibilizzazione per inalazione e contatto con la pelle.

R48/20 Nocivo: pericolo di gravi danni per la salute in caso di esposizione prolungata per inalazione.

R48/21 Nocivo: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata a contatto con la

pelle.

R48/22 Nocivo: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per ingestione.

R48/20/21 Nocivo: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione e a contatto con la pelle.

R48/20/22 Nocivo: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione e ingestione.

R48/21/22 Nocivo: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata a contatto con la pelle e per ingestione.

R48/20/21/22 Nocivo: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione, a contatto con la pelle e per ingestione.

R48/23 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione.

R48/24 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata a contatto con la pelle.

R48/25 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per ingestione.

R48/23/24 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione e a contatto con la pelle.

R48/23/25 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione ed ingestione.

R48/24/25 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata a

contatto con la pelle e per ingestione.

R48/23/24/25 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione, a contatto con la pelle e per ingestione.

R50/53 Altamente tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico.

R51/53 Tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico.

R52/53 Nocivo per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente acquatico.

R68/20 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili per inalazione.

R68/21 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili a

Page 216: Ct 2 5 villani

213

contatto con la pelle.

R68/22 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili per ingestione.

R68/20/21 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili per inalazione e a contatto con la pelle.

R68/20/22 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili per inalazione ed ingestione.

R68/21/22 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili a contatto con la pelle e per ingestione.

R68/20/21/22 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili per inalazione, a contatto con la pelle e per ingestione.

http://www.dsa.minambiente.it/SITODESC/Links/Classifi

cazioneEtichettatura.htm

Una volta individuate le frasi per ogni sostanza

si può andare ad assegnare ad ogni sostanza un fattore

K sulla base di quanto espresso dalla normativa tedesca

TRGS600, riportata seguentemente, ed in particolare

alla tabella dei fattori di rischio:

Valutazione secondo la legge tedesca TRGS 600

Secondo il Gefahrstoffverordnung (German Toxic

Substances Act - Atto tedesco sulle sostanze tossiche),

ciascun operatore ha la responsabilità di verificare se le

sostanze, le preparazioni o i prodotti normalmente

utilizzati possano essere sostituiti con analoghi che

presentino un rischio inferiore. Nel caso non vi siano

particolari controindicazioni, è necessario optare per le

specie con il pericolo più basso, così da salvare la vita e

la salute di chi lavora con tali composti. Da un punto di

vista pratico, il rispetto di questa normativa passa

attraverso i seguenti punti:

Ottenere informazioni circa le sostanze normalmente

impiegate

Individuare le sostanze con proprietà pericolose

sconosciute o non adeguatamente conosciute

Compilare un catalogo delle sostanze pericolose

Verificare la disponibilità di sostanze o procedure

alternative che consentano un rischio inferiore

Questo schema è stato applicato agli esperimenti del

corso di laboratorio NOP per valutarne il pericolo

potenziale nei confronti della salute umana; a questo

scopo, sono state reperite tutte le informazioni

necessarie sulle diverse sostanze impiegate: tali dati

possono (eventualmente) essere consultati all’interno

della banca dati di NOP. Qualora si volesse valutare una

nuova esperienza come appena descritto, bisognerebbe

annotare in forma tabulare i composti usati o prodotti

durante il procedimento, in maniera tale da comporre un

catalogo delle sostanze (pericolose); per verificare la

disponibilità di procedure e composti meno pericolosi,

sarebbe quindi necessario valutare le alternative

possibili sotto il profilo della sicurezza sul luogo di

lavoro.

Per ottenere le informazioni richieste, è stato utilizzato il

modello del Fattore di rischio (Wirkfaktor) contenuto

nella normativa TRGS 600, che rappresenta a tutti gli

effetti uno schema di stima delle sostanze chimiche

consolidato e, soprattutto, ufficiale. In generale, questa

procedura richiede dati circa i limiti di tossicità, la

tossicità acuta, l’irritazione causata a pelle e mucose, il

potenziale mutageno, la tossicità in funzione

dell’esposizione e la sensibilizzazione nei confronti della

pelle: nel caso in cui alcuni di questi valori dovessero

mancare, è possibile approssimarli ricorrendo ad un

fattore di rischio speciale.

Qualora non ci fosse alcun dato circa tossicità acuta,

irritazione causata a pelle e mucose o sul potenziale

mutageno, e nel caso in cui non fosse stata assegnata

alcuna concentrazione permessa in aria, allora il fattore

di rischio dovrebbe essere fissato a 100.

Anche nel caso in cui non fosse disponibile alcun valore

di tossicità in funzione dell’esposizione prolungata e

(come prima) non fosse stata assegnata alcuna

concentrazione permessa in aria, allora il fattore di

rischio dovrebbe essere fissato a 100.

Qualora mancassero i dati circa la sensibilizzazione e

(come prima) non fosse stata assegnata alcuna

concentrazione permessa in aria, allora il fattore di

rischio dovrebbe essere fissato a 500.

In tutte le altre situazioni, il fattore di rischio viene

determinato a partire dalle Frasi di rischio (Frasi R) e

dagli altri pericoli potenziali nei confronti della salute

umana, non espressi tramite Frasi R specifiche, come

(ad esempio) la proprietà di una sostanza di essere

permeabile alla pelle, il valore di pH, il sospetto potere

cancerogeno, ecc …

Nel caso in cui le Frasi R e la concentrazione permessa

in aria siano note, il fattore di rischio di una sostanza può

essere trovato direttamente nella seguente tabella;

Page 217: Ct 2 5 villani

214

qualora un composto appartenga a più di una categoria,

è necessario considerare il fattore di rischio più alto.

Frasi R o altro pericolo per la salute umana

Fattore di rischio

R45, R46, R49, M1, M2, K1, K2

50000

R26, R27, R28, concentrazione permessa in

aria <0,1 mg/m3 1000

R32, R60, R61, RE1, RE2, RF1, RF2

1000

R35, R48/23, R48/24, R48/25, R42, R43

500

R23, R24, R25, R29, R31, R34, R41, permeabilità

rispetto alla pellea 100

R33, R40, R68, K3, M3, pH<2 o pH>11,5

100

R48/20, R48/21, R48/22, R62, R63, RE3, RF3

50

R20, R21, R22 10 R36, R37, R38, R65, R67 5

R66, altre Frasi R o concentrazione permessa in

aria >100 mg/m3 1

Sostanze di cui è noto il basso pericolo per la salute umana

1

Concentrazione permessa in aria (PAC) compresa tra 0,1 e

100 mg/m3 100/PAC

a: Nel caso in cui non siano indicate le frasi R20, R21, o

R22.

Tabella 1: Valore del fattore di rischio

In conclusione può essere calcolato un fattore

K medio per ogni tipologia di attività produttiva. Tale

fattore medio sarà assegnato separatamente a tutti i

mezzi che hanno come destinazione il tipo di attività

relativa ad esso.

Il fattore K rimane un valore adimensionale.

Incidentalità :

E’ un indicatore della pericolosità di ogni arco,

sulla base dei dati di incidentalità. Per ogni arco

dev’essere individuato il numero di incidenti al Km

all’anno [ ° ⁄ . Ovviamente più è

elevato questo valore, più pericolosa è la strada e, di

conseguenza, maggiore è la possibilità che si verifichi un

evento indesiderato (in questo caso un incidente). Dagli

incidenti considerati vanno esclusi quelli nei quali non si

sono riscontrate vittime e/o feriti.

Fattore di aggravio territoriale p_(terr ):

Questo fattore adimensionale permette di

tener conto dei pericoli naturali presenti nella zona

analizzata, quali frane, valanghe ed esondazioni, che

potrebbero, seppur in casi rari, causare incidenti sulla

rete stradale. Essendo appunto dei casi molto rari il

valore di questo parametro è di solito abbastanza

modesto; varia infatti tra i valori di 3 – 20 % ed è

ricavabile dalla seguente tabella in funzione del tipo di

pericolo naturale, della sua frequenza e della sua

intersezione con il tracciato stradale:

Tipologia della sorgente e frequenza/caratteristica

dell’evento

Valore da assegnare al

parametro pterr

Dissesti PAI – Esondazioni pericolo molto elevato

(Ee) pericolo elevato (Eb) pericolo medio (Em)

1,10 1,05 1,03

Dissesti PAI – Valanghe pericolo elevato (Va)

1,10

Dissesti PAI – Conoidi area non protetta (Ca) area parzialmente

protetta (Cp) area protetta (Cn)

1,10 1,05 1,03

Dissesti PAI – Frane frana attiva (Fa) frana quiescente (Fq) frana stabilizzata (Fs)

1,10 1,05 1,03

Dissesti PAI – Aree RME (a rischio molto elevato) 1,15

Dissesti PAI – Aree in dissesto

1,20

Fasce PAI – Fasce fluviali fascia A (naturale

deflusso piena) fascia B (T=200 anni) fascia C (T=500 anni)

1,10 1,05 1,03

Tabella 2: Valore del parametro p terr

Il prodotto di questi quattro parametri fornisce

il valore di fattore di rischio per ogni arco. Ricavando

il valore massimo presente sul territorio analizzato di

ognuno dei quattro parametri e facendo il prodotto di

quest’ultimi si ottiene il fattore di rischio massimo .

Il rapporto tra e fornisce il valore del fattore di

rischio normalizzato su ogni arco che sarà un

parametro adimensionale variabile tra 0 – 1.

1.2. : bersagli esposti

Questo parametro consente di quantificare i

bersagli esposti alle conseguenze di un eventuale

Page 218: Ct 2 5 villani

215

evento indesiderato. Una prima classificazione dei

possibili bersagli è tra bersagli umani e bersagli non

umani:

Bersagli umani:

La quantificazione dei bersagli umani può

essere effettuata andando a considerare diverse

sottoclassi; tra queste abbiamo:

- popolazione residente

- addetti dell’industria e dei servizi

- addetti al primario

- utenti delle strutture sanitarie

- utenti delle strutture scolastiche

Popolazione residente:

Per individuare un parametro che quantifichi la

popolazione residente si può fare riferimento ai dati di

popolazione dell’ISTAT, grazie ai quali è possibile

individuare il numero di residenti in ogni comune del

territorio analizzato. Individuando poi le zone residenziali

in ogni comune, mediante informazioni territoriali, si può

ricavare la densità di abitanti per ogni comune, che sarà

pari al rapporto tra numero di residenti ed area totale

residenziale; rasterizzando poi le aree residenziali in

celle quadrate di un certo lato, si assegna ad ognuna il

valore di densità moltiplicato per il valore dell’area di una

cella.

Addetti dell’industria e dei servizi:

Dai dati ATECO sull’industria è possibile

ricavare il numero di addetti per ogni comune e per ogni

singola categoria di attività. La prima cosa da fare è

suddividere gli addetti all’industria dagli addetti ai servizi;

quest’ultimi infatti si andranno a sommare alla densità

abitativa delle zone residenziali, in quanto si può

facilmente ipotizzare che le attività di servizi si

troveranno proprio in queste zone. Per gli addetti

all’industria l’operazione è identica alla precedente,

andando ad individuare le aree produttive sul territorio,

rasterizzandole ed assegnando il valore di densità di

addetti ad ognuna moltiplicato per l’area di una cella.

Addetti al primario:

Anche in questo caso l’operazione è analoga

alle precedenti, andando ad individuare il numero di

addetti al settore primario mediante i dati ATECO, le

aree destinate alle coltivazioni ed assegnando a

quest’ultimo dato rasterizzato il valore di densità di

addetti moltiplicato per l’area di una cella

Utenti delle strutture sanitarie:

Devono essere individuate le strutture sanitarie

presenti sul territorio (ospedali, cliniche) e

georeferenziarle sulla mappa mediante poligoni. Tali

poligoni possono essere poi “bufferizzati” per

considerare una certa area di influenza (es. 50 m). I

poligoni vengono poi rasterizzati in celle di un certo lato

alle quali viene assegnato un valore pari al numero di

posti letto presenti nell’ospedale diviso l’area totale del

poligono e moltiplicato per l’area della cella, in modo da

ricavare un’ipotetica densità di utenti all’interno della

struttura sanitaria. Il numero di posti letto di ogni

struttura è facilmente ricavabile da vari siti internet.

Utenti delle strutture scolastiche

L’operazione è identica alla precedente ma

applicata alle strutture scolastiche (scuole dell’infanzia,

primarie, medie, superiori, pubbliche e paritarie), e

considerando come valore di riferimento il numero di

alunni presenti nella struttura. Quest’ultimo dato è

accessibile, nella maggior parte dei casi, sul sito della

pubblica istruzione (www.istruzione.it).

Ognuno di questi parametri ha unità di misura

pari a [ n° persone/area ]

Bersagli non umani:

Anche in questo caso si considerano diverse

sottoclassi per quantificare i possibili bersagli:

- Aree urbanizzate

- Aree protette

- Aree agricole

- Aree boscate

- Acque sotterranee

- Acque superficiali

Mediante i dati relativi all’uso del suolo è

possibile individuare le varie zone sul territorio

analizzato e, una volta rasterizzati, assegnare ad

ognuna un valore economico [ € / area anno ], mediante

apposite tabelle che forniscono un valore ad ogni

tipologia di suolo in € ed un periodo stimato di

Page 219: Ct 2 5 villani

216

ammortamento per ognuno, che consente di ottenere il valore in €

.

Categoria territoriale Valori economici

Urbanizzato (escluse strade)

Valore commerciale medio: 1.200 €/m2 Periodo ammortamento: 50 anni Tasso di ammortamento: 0% Valore economico annuo: 1.200/50 = 24,00 €/m2/anno

Strade

Valore commerciale medio (lineare): 2.000 €/m Larghezza media: 10 m Valore commerciale (areale): 2.000/10 = 200 €/m2

Periodo ammortamento: 50 anni Tasso di ammortamento: 0% Valore economico annuo: 200/50 = 4,00 €/m2/anno

Beni culturali Valore utilità: 10 volte quello di una struttura priva di valore culturale Valore economico annuo: 24×10 = 240,00 €/m2/anno

Aree agricole

Valore commerciale medio: 7,00 €/m2 Periodo ammortamento: 1 anno Tasso di ammortamento: 0% Valore economico annuo: 7/1 = 7,00 €/m2/anno

Aree agricole (classificate “area protetta”)

Valore economico base: 7,00 €/m2/anno Valore servizio ecosistemico “habitat”: 1.548 €/ha/anno = 0,16 €/m2/anno Valore economico annuo: 7,00+0,16 = 7,16 €/m2/anno

Aree boschive Valore servizio ecosistemico medio: 300 €/ha/anno = 0,03 €/m2/anno Valore economico annuo: 0,03 €/m2/anno

Aree boschive (classificate “area protetta”)

Valore economico base: 0,03 €/m2/anno Valore servizio ecosistemico “habitat”: 629 €/ha/anno = 0,06 €/m2/anno Valore economico annuo: 0,03+0,06 = 0,09 €/m2/anno

Acque dolci superficiali Valore servizio ecosistemico medio: 600 €/ha/anno = 0,06 €/m2/anno Valore economico annuo: 0,06 €/m2/anno

Acque dolci superficiali (classificate “area protetta”)

Valore economico base: 0,06 €/m2/anno Valore servizio ecosistemico medio “habitat”+”ricreazione”+”valore estetico”: 950 €/ha/anno = 0,10 €/m2/anno Valore economico annuo: 0,06+0,10 = 0,16 €/m2/anno

Acque dolci sotterranee (valore integrativo)

Valore servizio ecosistemico integrativo “riserva idrica”: 621 €/ha/anno = 0,06 €/m2/anno Valore economico annuo integrativo: 0,06 €/m2/anno [da applicarsi solo in caso di aree agricole, aree boschive e acque superficiali]

Tabella 3: Valori economici del suolo

1.3. : fattore di pesatura per i bersagli

Come visto precedentemente il parametro

viene calcolato ponendoci nella condizione più

sfavorevole; ad esempio per la popolazione residente

viene calcolato considerando che tutti i residenti siano

nelle zone residenziali al momento dell’evento

indesiderato, si considera che tutti gli addetti

dell’industria e dei servizi e del settore primario siano sul

luogo di lavoro al momento dell’evento, che gli ospedali

abbiano occupati tutti i posti letto e che le scuole

abbiano tutti gli alunni presenti al momento dell’evento. Il

fattore adimensionale viene moltiplicato a questi

valori in quanto permette di trasformare il numero

potenziale massimo di bersagli umani esposti nel

numero di bersagli umani presenti. Questo fattore è

funzione del tipo di bersaglio considerato (indice m) e

varia inoltre a seconda dello scenario ipotizzato. I valori

sono riportati nella seguente tabella:

Tipologia di bersagli umani Scenariocentrale

Scenarioferiale diurno

Scenario notturno

Scenariofestivo diurno

popolazione residente 1,00 0,50 1,00 0,90 addetti industria e servizi 0,24 0,70 0,25 0,40

addetti/utenti strutture sanitarie 1,00 1,50 1,00 1,20 addetti/utenti strutture scolastiche 0,21 1,00 0,00 0,00

Tabella 4: Valore del parametro F

Page 220: Ct 2 5 villani

217

Risulta quindi necessario eseguire

separatamente un’analisi completa per ogni scenario

considerato.

1.4. : suscettibilità

Questo fattore consente di tener conto

dell’effettiva esposizione dei bersagli alle conseguenze

di un evento indesiderato. Si può infatti ipotizzare che

alcuni di questi, in particolare quelli umani, potrebbero

trovarsi in una condizione protetta, come nel caso in cui

si trovassero all’interno di un edificio; in questo caso il

fattore ha un valore < 1 e va a ridurre il rischio

generato dall’evento.

E’ anche questo un fattore adimensionale ed il

suo valore è funzione del tipo di bersaglio considerato

(indice m) e dello scenario incidentale ipotizzato (indice

k).

I suoi valori sono riportati separatamente per i

bersagli umani e non umani nelle due tabelle seguenti:

ID scenario e scenario incidentale tipo

Elevata letalità

Inizio letalità

Lesioni irreversibili

Lesioni reversibili

A Pool Fire da liquido infiammabile 0,89×0,25×

×1,000 = 0,2225

0,38×0,25×

×1,000 = 0,0950

0,014×0,25× ×1,000 = 0,0035

C

Pool Fire da liquido estremamente infiammabile

B Flash Fire da vapori liquido infiammabile 1,00×0,25×

×1,000 = 0,2500

0,63×0,25×

×1,000 = 0,1575

D

Flash Fire da vapori liquido estremamente infiammabile

E Jet Fire di gas estremamente infiammabile

0,89×0,25× ×0,125 = 0,0278

0,38×0,25×

×0,125 = 0,0119

0,014×0,25× ×0,125 = 0,0004

F Fire Ball 1,00×1,00×

×1,000 = 1,0000

0,63×1,00×

×1,000 = 0,6300

0,015×1,00× ×1,000 = 0,0150

G Dispersione comburente

HOLD HOLD HOLD

H Rilascio sul suolo e nelle acque

I Dispersione vapori da liquido tossico

0,90×0,25× ×0,125 = 0,0281

0,12×0,25×

×0,125 = 0,0038

0,003×0,25× ×0,125 = 0,0001

L Dispersione vapori da liquido refrigerato tossico

M Dispersione gas da gas liquefatto tossico

Tabella 5: Valore del parametro S per l’uomo

ID scenario e scenario incidentale tipo

Str

utt

ure

Are

e

bo

sc

ate

Are

e

pro

tett

e

Are

e

ag

ric

ole

Ac

qu

e

sott

erra

nee

Ac

qu

e

su

pe

rfic

iali

A Pool Fire da liquido infiammabile 0,25×1,000 = 0,2500

C Pool Fire da liquido estremamente infiammabile

B Flash Fire da vapori liquido infiammabile 1,00×1,000 =

1,0000

D Flash Fire da vapori liquido estremamente

Page 221: Ct 2 5 villani

218

infiammabile

E Jet Fire di gas estremamente infiammabile 0,25×0,125 = 0,0313

F Fire Ball 1,00×1,000 = 1,0000

G Dispersione comburente HOLD HOLD HOLD

H Rilascio sul suolo e nelle acque 0,25×0,500 = 0,1250

I Dispersione vapori da liquido tossico 0,25×0,125 =

0,0313

L Dispersione vapori da liquido refrigerato tossico

M Dispersione gas da gas liquefatto tossico

Tabella 6: Valore del parametro S per l’ambiente

Anche in questo caso un’analisi completa

dovrebbe prevedere una singola mappatura del rischio

per ogni scenario incidentale k considerato.

1.5. : capacità di far fronte

Il parametro “capacità di far fronte” definisce un

valore di resilienza del territorio analizzato. Se ne tiene

conto nella formula del rischio in modo da considerare

nell’analisi una diminuzione del rischio nelle zone dove

la resilienza è elevata. Per valutare la resilienza del

territorio si possono utilizzare diversi metodi, tra questi, il

“metodo regione Lombardia” è un modello molto valido,

utilizzato proprio in tale regione per eseguire questi tipi

di analisi.

Esso prevede di individuare sul territorio le seguenti

risorse:

- Comandi e distaccamenti dei vigili del fuoco e tempo

di arrivo in tutti i punti del territorio analizzato

- Punti 118 (118, misericordia, croce rossa, croce

verde ecc) e tempo di arrivo e n ° massimo di

ambulanze che possono arrivare in 10 minuti in tutti i

punti del territorio analizzato

- Ospedali e pronto soccorso e tempo di arrivo da ogni

punto del territorio analizzato a quest’ultimi

- Stazioni e caserme delle forze dell’ordine e tempo di

arrivo da ogni punto del territorio a quest’ultime

- Centri operativi della Protezione civile e tempo di

arrivo

- Dipartimenti e laboratori ARPA e tempo di arrivo in

tutti i punti del territorio analizzato

- Presenza di eventuali piani di emergenza comunali

Per ognuna delle precedenti singolarmente si

può, mediante il grafo della rete e lo strumento network

analyst, costituire una matrice O/D dove, una volta

indicate le origini e le destinazioni, si possono ricavare

tutti i percorsi ed il tempo di percorrenza di ognuno.

Rasterizzando poi il territorio in celle quadrate, ad

esempio di lato 500 m, si possono assegnare ad

ognuna, sempre mediante il software, i valori del tempo

necessario per raggiungerla dall’origine considerata.

Questi valori, una volta normalizzati rispetto al valore

massimo, rappresenteranno il valore IR (indice di

resilienza). Il risultato finale sarà una mappa ottenuta da

un’analisi multi-criteria che considera tutte le singole

precedenti ipotesi, ad ognuna delle quali viene

assegnato un peso mediante il metodo di Saaty

(confronto a coppie). Ogni cella di questo risultato finale

avrà un valore pari a:

Dove è il valore del peso ricavato con il metodo di

Saaty

Da quest’ultimo valore si ricava infine per ogni

cella il valore del parametro capacità di far fronte

mediante la seguente formula:

1

Dove k è il grado di mitigazione massimo che la

resilienza può determinare su un rischio e varia tra 0,10

– 0,20.

In questo modo il valore di varia tra 0 – k.

2. Applicazione al territorio della Versilia

Page 222: Ct 2 5 villani

219

In seguito vengono descritti i vari passaggi

eseguiti per ottenere l’indice di rischio arco per arco sul

territorio della Versilia (comuni di Camaiore, Forte dei

Marmi, Massarosa, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema,

Viareggio), applicando il procedimento descritto nei

paragrafi precedenti.

2.1. Determinazione del numero di passaggi di

mezzi che trasportano merci pericolose

E’ stato per prima cosa calibrato il modello della

rete viaria della Versilia a partire dal grafo stradale. E’

stata fatta particolare attenzione alla correzione della

topologia del grafo e sono stati poi assegnati, arco per

arco, le indicazioni relative ai sensi unici, alla quota di

ogni singolo elemento del grafo (FT_ELEV, TF_ELEV). I

valori di impedenza ad ogni arco sono stati assegnati

secondo la formula L x Coeff, dove il coefficiente ha

valore che dipende dalla proprietà della strada (avrà

valore minimo per le autostrade e massimo per le strade

comunali).

Sono stati poi georeferenziati sulla mappa i vari

distributori di carburante e le aree industriali presenti sul

territorio. Le aree industriali sono poi state semplificate

ognuna in un punto centrale, trasformando

un’informazione areale in una puntuale;tali punti

andranno infatti poi a costituire le destinazioni dei mezzi.

Per quanto riguarda i percorsi verso i

distributori di carburante, si sono considerate come

origini Livorno e Genova (considerata la presenza del

porto nelle due città), mentre per le aree produttive oltre

a queste due origini è stata considerata anche Firenze.

Fissate quindi le origini e le destinazioni, mediante lo

strumento network analyst, è stato possibile ricavare tutti

i percorsi O/D.

Per definire poi la quantità di mezzi circolante

su ognuno di questi percorsi è stato individuato il

numero di aziende presenti in ogni area produttiva, per

ogni settore industriale principale, che sono, nel caso

della Versilia, il settore nautico, quello conciario e quello

lapideo. Fatto questo è stata eseguita una ricerca on-line

per individuare i cicli produttivi di ogni settore e quindi

quali e quante sostanze pericolose sono necessarie e

dunque dovranno giungere nelle varie aree produttive. I

risultati di tale ricerca sono riportati in seguito:

- Processo produttivo settore nautico

Costruzione scafo e coperta: alcool polivinilico, cera,

resina, fibra di vetro

Incollaggio: colle

Verniciatura: vernici

Falegnameria: colle

https://osha.europa.eu/fop/italy/it/research/news/nuove_t

ecnologie/processi%20produttivi2.htm

- Processo produttivo conciario

Rinverdimento: prodotti chimici (tensioattivi, sali basici,

enzimi)

Calcinazione-depilazione: calce, solfuro di sodio

Sgrassaggio: tensioattivi

Concia minerale: acido solforico, acido formico, formiato

di sodio

Tintura: vernici

http://www.unic.it/it/processo_produttivo.php

- Processo produttivo lapideo

Estrazione: esplosivi

Movimentazione: oli motore

Resinatura: resine

Retinatura: resine

http://www.cogemar.net/ita/activenews.asp?idcat=&idart

=1136&azione=list&layout=

Page 223: Ct 2 5 villani

220

In questo modo il prodotto tra il numero di

attività presenti nell’area produttiva ed il numero di

sostanze pericolose necessarie per il processo

produttivo, fornirà il numero di mezzi attratti da ogni area

produttiva, nell’ipotesi che per ogni sostanza sia

necessario un rifornimento a settimana

[n°passaggi/settimana].

Per definire invece la provenienza di questi

mezzi, il numero totale attratto da ogni area produttiva è

stato suddiviso in percentuale tra le 3 possibili origini.

Tale valore percentuale è stato ricavato indicativamente,

stimando la quantità di aziende, dello stesso settore,

presenti nelle zone d’origine. I risultati di tutta questa

procedura sono riportati nella seguente tabella:

ID area produtti

va

mezzi attratti settore nautica

mezzi attratti settore lapideo

mezzi attratti settore

conciario 1 0 12 0

2 0 34 6

3 12 0 42

4 4 2 12

5 24 2 6

6 4 0 12

7 136 0 0

8 0 0 6

9 0 20 6

10 0 14 0

11 0 60 0

12 0 40 0

13 0 4 0

14 0 4 0

15 0 28 0

16 0 6 0

17 0 2 0

Tabella 7: Attrazione mezzi dei vari settori

Nella prima colonna si trovano le varie aree

produttive identificate mediante una numerazione

progressiva, mentre le tre successive indicano i mezzi

attratti settore per settore, riportando quindi, per ogni

area produttiva il prodotto tra numero di attività presenti

e numero di sostanze necessarie per il relativo processo

produttivo.

ID area produttiva Massa

nautica lapideo conciario

1 0.0 8.0 0.0

2 0.0 24.0 0.0

3 5.0 0.0 2.0

4 2.0 1.0 1.0

5 11.0 1.0 0.0

6 2.0 0.0 1.0

7 61.0 0.0 0.0

8 0.0 0.0 0.0

9 0.0 14.0 0.0

10 0.0 10.0 0.0

11 0.0 42.0 0.0

12 0.0 28.0 0.0

13 0.0 3.0 0.0

14 0.0 3.0 0.0

15 0.0 20.0 0.0

16 0.0 4.0 0.0

17 0.0 1.0 0.0

Tabella 8: Attrazione mezzi con origine Massa

ID area produttivaLivorno

nautica lapideo conciario

1 0.0 1.0 0.0

2 0.0 4.0 1.0

3 6.0 0.0 8.0

4 2.0 0.0 2.0

5 11.0 0.0 1.0

6 2.0 0.0 2.0

7 61.0 0.0 0.0

8 0.0 0.0 1.0

9 0.0 2.0 1.0

10 0.0 1.0 0.0

11 0.0 6.0 0.0

12 0.0 4.0 0.0

13 0.0 0.0 0.0

14 0.0 0.0 0.0

15 0.0 2.0 0.0

16 0.0 1.0 0.0

17 0.0 0.0 0.0

Tabella 8b: Attrazione mezzi con origine Livorno

ID area produttivaFirenze

nautica lapideo conciario

1 0.0 3.0 0.0

Page 224: Ct 2 5 villani

221

2 0.0 7.0 5.0

3 1.0 0.0 32.0

4 0.0 1.0 9.0

5 2.0 1.0 5.0

6 0.0 0.0 9.0

7 14.0 0.0 0.0

8 0.0 0.0 5.0

9 0.0 4.0 5.0

10 0.0 3.0 0.0

11 0.0 12.0 0.0

12 0.0 8.0 0.0

13 0.0 1.0 0.0

14 0.0 1.0 0.0

15 0.0 6.0 0.0

16 0.0 1.0 0.0

17 0.0 1.0 0.0

Tabella 9: Attrazione mezzi con origine Firenze

Nelle precedenti tre tabelle, il valore di mezzi

attratti da ogni area produttiva è stato suddiviso tra le tre

possibili origini; i valori percentuali utilizzati per la

suddivisione sono i seguenti:

Settore produttivo Origini

Massa Firenze Livorno

Nautico 45% 5% 45%

Lapideo 70% 20% 10%

Conciario 5% 75% 20%

Tabella 10: Suddivisione origini

Per quanto riguarda i distributori di carburante,

il procedimento risulta più semplice in quanto si ipotizza,

anche in questo caso, un rifornimento a settimana e,

considerando le 2 origini Genova e Livorno, è stata fatta

l’ipotesi che il rifornimento avvenga una settimana da

Genova ed una settimana da Livorno.

Definiti dunque tutti i passaggi per le varie

destinazioni, i dati vettoriali sono stati rasterizzati per

poterli sovrapporre e sommare mediante strumenti di

map algebra. Il risultato finale rappresenta il numero

totale di passaggi di mezzi che trasportano merci

pericolose arco per arco.

2.2. Determinazione dei valori medi del

parametro

Per ognuna delle sostanze pericolose che

entrano a far parte del processo produttivo dei vari

settori considerati, è stata ricercata on-line la scheda

tecnica, riportante, tra le varie informazioni, le varie frasi

di rischio caratteristiche. Applicando le indicazioni della

normativa tedesca TRGS600 è stato possibile associare

ad ogni sostanza un fattore di rischio K variabile tra 1 e

50000, il risultato è il seguente:

SETTORE NAUTICO

Alcool polivinilico: R10 R36 R43 R67 Fattore di rischio

500

Cera: da considerarsi non pericolosa

Resina epossidica: R36/38 R43 R51/53 Fattore di rischio

500

Colla vinilica: da considerarsi non pericolosa

Fibra di vetro: R40 (cat. 3) R38 Fattore di rischio 100

Vernice poliuretanica bi componente: R 11 R 20/21

Fattore di rischio 10

SETTORE CONCIARIO

Page 225: Ct 2 5 villani

222

Tensioattivi (base cromo): R36 R41 R36/38 R10 R67

Fattore di rischio 100

Calce idrata: R37 R38 R41 Fattore di rischio 100

Solfuro di sodio: R22 R31 R34 R50 Fattore di rischio

100

Acido solforico: R35 R26 R30 R45 Fattore di rischio

50000

Acido formico: R34 Fattore di rischio 100

Formiato di sodio: da considerarsi non pericoloso

Vernice poliuretanica bi componente: R 11 R 20/21

Fattore di rischio 10

SETTORE LAPIDEO

Esplosivi: Fattore di rischio 50000

Oli motore: da considerare non pericoloso

Resina epossidica: R36/38 R43 R51/53 Fattore di rischio

500

Settore per settore è stato infine calcolato un

fattore di rischio medio, che sarà poi quello applicato

nella formula del rischio:

Settore produttivo

Nautico 278

Lapideo 12250

Conciario 8402

Tabella 11: Valore medio K

2.3. Determinazione del parametro inc

A partire dal dato puntuale degli incidenti sul

territorio della Versilia nel triennio 2008 – 2011, sono

stati eliminati i dati relativi ad incidenti che non hanno

prodotto feriti e/o morti. Per i vari archi comprendenti il

grafo stradale del territorio sono stati individuati il

numero di incidenti avvenuti su essi e tale valore è stato

poi suddiviso per la lunghezza in km dell’arco. Il risultato

è stato poi diviso per 3, per riportarci ad un’unità di

misura in [ incidenti / km anno ]. Il risultato ottenuto è

riportato nella successiva figura:

2.4. Determinazione del parametro fattore

d’aggravio

In questo caso sono stati considerati i dati

relativi alle frane ed alle esondazioni. Tali dati vettoriali

sono stati rasterizzati ed alle varie celle sono stati

assegnati i valori ricavati dall’apposita tabella. A tutti gli

eventi di frana è stato assegnato un valore pari ad 1,10,

mentre per le esondazioni è stato assegnato un valore

pari a 1.03 per gli eventi occasionali, 1,05 per gli eventi

ricorrenti ed 1,10 per gli eventi frequenti, facendo

riferimento alle informazioni presenti nella tabella degli

attributi del dato.

2.5. Fattore di rischio normalizzato

Per ogni singolo arco il fattore , dato dal

prodotto tra n ° passaggi, , inc, , è stato diviso per

il prodotto del valore massimo ottenuto sul territorio degli

stessi parametri. Questi valori massimi sono risultati

essere:

n ° passaggi max = 353

= 50000

= 19,58 inc / km anno

= 1,21

Page 226: Ct 2 5 villani

223

Di conseguenza si ha un valore di = 418160270

passaggi inc / km anno.

Per ogni arco si ottiene un valore di =

.

2.6. : bersagli esposti

Bersagli umani:

Per la valutazione della presenza dei bersagli

umani si sono presi in considerazione i residenti, gli

addetti dell’industria, dei servizi e dell’agricoltura, gli

utenti delle strutture sanitarie e gli utenti delle strutture

scolastiche:

- Residenti: Facendo riferimento ai dati ISTAT è stato

possibile ricavare il numero di residenti per ogni

comune:

reside

nti

superfici

e totale

[kmq]

densità abitanti su 50

mq [abitanti / mq]

Viareggio 64564 20.28 7.96

Stazzema 3301 1.84 4.48

Seravezza 13238 1.81 18.25

Pietrasanta 24931 20.81 2.99

Massarosa 22330 8.97 6.22

Forte dei

Marmi 7587 7.62 2.49

Camaiore 32774 9.87 8.3

Tabella 12:Densità di abitanti - La densità di abitanti così ottenuta è stata riportata nelle aree residenziali

rasterizzate secondo celle di lato 50 m

- Addetti ai servizi:

Anche questi ricavati dai dati ISTAT:

addetti superficie densità addetti su

servizi totale

[kmq]

50 mq [abitanti /

mq]

Viareggio 13429 20.28 1.655448718

Stazzema 212 1.84 0.288043478

Seravezza 2021 1.81 2.791436464

Pietrasanta 5576 20.81 0.669870255

Massarosa 2671 8.97 0.744425864

Forte dei

Marmi 5875 7.62 1.927493438

Camaiore 6080 9.87 1.540020263

- Tabella 13: Densità addetti ai servizi - Anche in questo caso la densità ottenuta è stata assegnata alle

zone residenziali rasterizzate secondo celle di lato 50 m, ipotizzando che i servizi siano distribuiti nelle stesse

zone residenziali

- Addetti Industria

addet

ti

indust

superficie

totale [kmq]

densità addetti su 50

mq [abitanti / mq]

Page 227: Ct 2 5 villani

224

ria

Viareggio 5412 1 13.53

Stazzema 252 0.2 3.15

Seravezza 1261 1.14 2.765350877

Pietrasanta 2741 1.35 5.075925926

Massarosa 2092 1.1 4.754545455

Forte dei

Marmi 387 0.018 53.75

Camaiore 2895 0.59 12.26694915

Tabella 14: Densità addetti all’industria - La densità di addetti ottenuta è stata assegnata alle aree produttive

rasterizzate secondo celle di lato 50 m

- Addetti all’agricoltura

addetti

agricoltura

superficie

totale

[kmq]

densità addetti su

50 mq [abitanti /

mq]

Viareggio 191 7.55 0.063245033

Stazzema 1 2.01 0.001243781

Seravezza 1 3.99 0.000626566

Pietrasanta 9 13.49 0.001667902

Massarosa 10 26.27 0.000951656

Forte dei 4 0.79 0.012658228

Marmi

Camaiore 21 21.88 0.002399452

Tabella 15: Densità addetti all’agricoltura - La densità di addetti è stata assegnata alle aree agricole rasterizzate

in celle di lato 50 m.

- Utenti delle strutture sanitarie

posti

letto

superficie

totale

[kmq]

densità utenti su

50 mq [abitanti /

mq]

ospedale

Versilia 393 0.12 8.1875

casa di cura

San Camillo 160 0.0071 56.33802817

ospedale civile

Tabarracci 60 0.012 12.5

casa di cura

Barbantini 36 0.012 7.5

distaccamento

ospedale

Versilia 49 0.0029 42.24137931

Tabella 16: Densità utenti strutture sanitarie - La densità di utenti è stata assegnata alle aree delle varie strutture

sanitarie rasterizzate secondo celle di lato 50 m.

Bersagli non umani:

Mediante i dati relativi all’uso del suolo è stato

possibile individuare, sul territorio analizzato, le seguenti

sottoclassi:

- Aree urbanizzate

- Aree protette

- Aree agricole

- Aree boscate

- Acque sotterranee

- Acque superficiali

Mediante la tabella (Tab. 3) riportata nei paragrafi

precedenti, è stato assegnato un valore ad ognuna di

queste:

aree urbanizzate: 24 € / mq anno

aree protette: 240 € / mq anno

aree agricole: 7 € / mq anno

aree boscate: 0.03 € / mq anno

acque sotterranee: 0.06 € / mq anno

acque superficiali: 0.06 € / mq anno

Il territorio è stato rasterizzato in celle di lato 30 m, alle

quali è stato assegnato il valore relativo alla classe di

uso del suolo.

2.7. : fattore di pesatura per i bersagli

I dati di densità ricavati per i bersagli umani

sono stati poi moltiplicati per questo fattore che permette

di passare da un valore di n ° di bersagli umani

potenzialmente esposti massimo ad un valore di n ° di

bersagli umani presenti. La tabella (Tab. 4) permette di

ricavare il valore di Fpm a seconda dello scenario

ipotizzato; in questo caso è stato deciso di considerare il

solo scenario feriale diurno del quale si riportano i valori:

Tipologia di bersagli umani Scenario

feriale diurno

popolazione residente 0,50 addetti industria e servizi 0,70 addetti/utenti strutture sanitarie 1,50 addetti/utenti strutture scolastiche 1,00

Tabella 17: Valore Fpm

Page 228: Ct 2 5 villani

225

2.8. : suscettibilità

Per entrambe le tipologie di bersaglio è stato

ricavato il valore di questo parametro dalle tabelle (Tab.

5 e Tab. 6), per tener conto di una possibile condizione

di protezione dei bersagli. I valori variano a seconda

della tipologia di scenario considerato e dunque, se si

vogliono considerare tutti i possibili scenari, si dovrebbe

eseguire un’intera distinta analisi per ognuno. In prima

analisi, in questo caso, è stato considerato, per i bersagli

umani, il solo scenario incidentale F (fire ball) ad elevata

letalità per mettersi nella peggiore delle possibili

situazioni; difatti in questo caso abbiamo = 1, che

sta ad indicare che non esiste nessuna possibilità di

protezione per i bersagli. Per i bersagli non umani è

stato considerato lo stesso scenario F (quindi un valore

= 1) per le aree protette, aree urbanizzate ed aree

boscate, mentre per le acque sotterranee e superficiali e

per le aree agricole è stato considerato il peggiore degli

scenari possibile ovvero l’ H (rilascio sul suole e nelle

acque) con un valore = 0.125

2.9. : capacità di far fronte

Sono state considerate le seguenti risorse del territorio:

- Comandi e distaccamenti dei vigili del fuoco e

tempo di arrivo in tutti i punti del territorio

analizzato

- Punti 118 (118, misericordia, croce rossa, croce

verde ecc) e tempo di arrivo e n ° massimo di

ambulanze che possono arrivare in 10 minuti in

tutti i punti del territorio analizzato

- Stazioni e caserme delle forze dell’ordine e tempo

di arrivo da ogni punto del territorio a quest’ultime

- Dipartimenti e laboratori ARPA e tempo di arrivo in

tutti i punti del territorio analizzato

Per ognuna di queste è stata redatta una matrice O/D

dove le origini sono le risorse considerate, mentre le

destinazioni sono il centro delle celle di lato 500 m

ottenute rasterizzando l’intero territorio della Versilia. E’

stato poi utilizzato il modello di rete dove ad ogni arco è

stato assegnato un valore di velocità di percorrenza

funzione della proprietà della strada:

Autostrade 110 km/h

Strade Statali 70 km/h

Strade Regionali 60 km/h

Strade Provinciali 60 km/h

Page 229: Ct 2 5 villani

226

Strade Comunali 40 km/h

Dividendo poi la lunghezza di ogni arco per la relativa

velocità si ottiene il tempo di percorrenza di ogni arco,

utilizzato nella network analyst per individuare il tempo di

percorrenza di tutti i percorsi origine – destinazione. Per

ogni risorsa è stato così possibile assegnare, ad ogni

punto del territorio diviso in porzioni quadrate di 500 m di

lato, un valore di tempo di arrivo. Questi valori, una volta

normalizzati rispetto al valore massimo, rappresentano

l’indice IR per ogni risorsa; si riportano i risultati ottenuti:

Page 230: Ct 2 5 villani

227

Si ottiene infine una mappa globale

dell’indice IR, mediante un’analisi multi – criteria

eseguita tenendo conto di tutte le risorse. Ad ognuna è

stato assegnato un peso di importanza mediante il

metodo di Saaty, di cui si riportano i risultati:

1 3 6 7 9

0.3333333 1 3 4 6

0.1666667 0.333333 1 1 2

0.1428571 0.25 1 1 2

0.1111111 0.166667 0.5 0.5 1

Tabella 18: matrice confronto a coppie

Pesi assegnati

Centri Arpa: 1

Stazioni/caserme forze dell’ordine: 3

Stazioni VVF: 6

N ° ambulanze in 10 min: 7

118: 9

vettore dei pesi normalizzato

1.00

0.47

0.16

0.15

0.09

Tabella 19: Vettore dei pesi normalizzato

CR = 0.013 < 0.10

Si riporta il risultato ottenuto:

Le celle hanno un valore pari al parametro

∑ dove rappresenta il valore del peso

ottenuto con il metodo di Saaty.

L’ultima operazione consiste nel passare dal parametro

ICR a Cff, mediante la formula:

1

Il parametro k , variabile tra 0,10 e 0,20, è stato assunto,

in assenza di dati più specifici, pari a 0,15. Si riportano i

risultati ottenuti.

Page 231: Ct 2 5 villani

228

2.10. Calcolo di per ogni arco:

Una volta definiti tutti i parametri visti in precedenza è

possibile applicare la formula del rischio per calcolare :

1

Si riporta il risultato ottenuto:

Sono stati considerati separatamente i risultati

relativi al rischio per l’ambiente ed il rischio per l’uomo.

Si potrebbe in effetti considerare un rischio complessivo

andando a considerare un valore in € per ogni morto, ma

tale valore sarebbe talmente elevato che andrebbe a

“coprire” i valori di rischio ambientale.

Per entrambe le mappe è stata usata una

classificazione di 4 classi ognuna separata da un ordine

di grandezza. Si può assegnare ad ognuna una

definizione di rischio:

Rischio per l’uomo:

RU 0 0 – 15 E-8 [morti/mq]

RISCHIO TRASCURABILE

Page 232: Ct 2 5 villani

229

RU 1 15 E-8 – 15 E-7

[morti/mq] RISCHIO

MODESTO

RU 2 15 E-7 – 15 E-6

[morti/mq] RISCHIO ELEVATO

RU 3 15 E-6 – 15 E-5

[morti/mq] RISCHIO

INACCETTABILE

Rischio ambientale:

RA 0 0.0035 – 0.035

[€/mq anno] RISCHIO

TRASCURABILE

RA 1 0.0035 – 0.035

[€/mq anno] RISCHIO

MODESTO

RA 2 0.035 – 0.35 [€/mq anno]

RISCHIO ELEVATO

RA 3 0.35 – 3.5

[€/mq anno] RISCHIO

INACCETTABILE

Per poter considerare qualitativamente

entrambi i rischi contemporaneamente si può adottare

un metodo, proposto anche nel “progetto Destination”,

che prevede di considerare una doppia scala cromatica;

in seguito sono riportati i risultati ottenuti ed una legenda

della scala cromatica utilizzata.

RU 0 RU 1 RU 2 RU 3

RA 0

RA 1

RA 2

RA 3

Tabella 20: Legenda

3. Modello automatico

Mediante lo strumento “Model Builder” di

ArcGis è stato costruito un modello che considera tutti i

processi utilizzati a partire dai dati di input fino ai risultati

finali di rischio per l’uomo e per l’ambiente. Da tale

modello è stato quindi possibile creare un comando,

salvato all’interno di una nuova “Toolbox”, che consente

di ripetere tutto il procedimento inserendo i seguenti dati

di input:

- Modello di rete.

- Localizzazione puntuale di: CO Arpa, Comandi

VVF, Comandi Forze dell’ordine, CO 118, dati

relativi all’analisi del n ° di ambulanze che possono

raggiungere le destinazioni in 10 minuti.

- Le destinazioni considerate (1 ogni 500 mq)

- I pesi “w” ricavati con il metodo di Saaty per

l’analisi multicriteria per la valutazione della

resilienza del territorio.

- Il valore del coefficiente “k” per la valutazione del

parametro .

- I dati relativi all’esposizione e la vulnerabilità

dell’uomo (o dell’ambiente a seconda dei casi).

- FRImax.

- N ° di passaggi x K.

- I dati relativi all’incidentalità (parametro “inc”).

- I dati relativi al rischio frane.

- I dati relativi al rischio idraulico.

Come output si ottiene il valore del parametro

Ri per l’uomo o per l’ambiente ed eventualmente tutti gli

altri parametri utili come E x S x F, , FRI ecc.

Si riporta, nella figura seguente, come si

presenta il comando precedentemente descritto, per

quanto riguarda il processo relativo alla determinazione

del rischio per l’uomo:

Page 233: Ct 2 5 villani

230

4. Conclusioni relative ai risultati ottenuti sul

territorio della Versilia

Dal punto di vista del numero di passaggi di

mezzi che trasportano merci pericolose si può osservare

che, oltre all’autostrada, le zone maggiormente

interessate dal fenomeno sono in particolare l’uscita

dalla SS Aurelia nella zona di Cotone, la zona del porto

di Viareggio a causa dell’elevata presenza di attività

legate al settore nautico, l’uscita dell’autostrada di

Viareggio e quella di Versilia e la S.P. 70 Emilia.

Andando invece a considerare tutti i parametri

all’interno della formula del rischio come esposizione,

vulnerabilità, incidentalità ecc. si può osservare che le

zone a maggior rischio sono:

per il rischio ambientale: S.P. 70 Emilia, S.P 68 Via di

Marina Variante di Querceta, S.P. 9 di Marina.

Quest’ultima in particolare risulta avere un elevato

rischio per l’ambiente in quanto attraversa il parco delle

Alpi Apuane per il rischio per l’uomo: uscita autostrada

Viareggio e Versilia, uscita S.S. Aurelia di Cotone, S.P.

70 Emilia, S.P 68 Via di Marina Variante di Querceta,

S.P. 9 di Marina. L’elevato rischio per l’uomo in queste

zone è dovuto soprattutto ad un elevato numero di

passaggi di mezzi, ma per la zona di Pietrasanta è in

particolare dovuto anche all’elevato numero di attività del

settore lapideo ed anche ad un’elevata densità abitativa.

I risultati di quest’analisi sono stati utilizzati per

individuare la posizione migliore per l’installazione dei

rilevatori di mezzi che trasportano merci pericolose

previsti nel progetto L.O.S.E.

L’analisi sul territorio della Versilia potrebbe

essere sviluppata e completata mediante delle

simulazioni che prevedano delle variazioni della

circolazione dei mezzi che trasportano merci pericolose,

in modo da verificare se vi è la possibilità di diminuire i

rischi per l’ambiente e l’uomo mediante una

ridistribuzione dei flussi. L’analisi potrebbe essere inoltre

estesa a tutto il territorio provinciale. Inoltre,

considerando la formula proposta nel progetto

Destination, potrebbe essere eseguita una suddivisione

più dettagliata dei bersagli umani che in questo caso non

è stata fatta per semplicità o per mancanza di dati:

potrebbe essere considerata infatti anche la presenza di

altre zone di attrazione di bersagli umani come centri

commerciali e scuole, oltre a considerare la presenza

degli utenti della strada. Anche il parametro

potrebbe essere sviluppato più in dettaglio, visto che in

questa applicazione sono stati considerati

cautelativamente i valori massimi possibili sia per i

bersagli umani che per quelli ambientali; potrebbero

quindi essere considerati tutti i diversi scenari incidentali

proposti dalle tabelle 5 e 6 per i due tipi di bersaglio.

Nella formula utilizzata in quest’analisi non è stato preso

in considerazione il parametro indicato nel

progetto Destination come “probabilità che si determini

uno scenario incidentale con area e soglia di danno

note”. Per determinare tale valore si può fare riferimento

ad alcune tabelle che definiscono un certo numero di

scenari incidentali possibili ed alcune sostanze

pericolose che possono essere coinvolte nell’incidente;

questi vengono combinati fino a definire un certo numero

di combinazioni scenario/sostanza. Altre tabelle

definiscono per ogni combinazione un valore di

probabilità di accadimento, di soglia di danno per l’uomo

e per l’ambiente ed un raggio di danno, considerando il

caso di perdita lieve e di perdita grave. Queste

considerazioni potrebbero essere fatte anche per

l’analisi sul territorio della Versilia per differenziare i

danni generati dalle diverse sostanze che circolano sulla

rete viaria ed individuare inoltre i raggi di danno e quindi

le zone che effettivamente potrebbero essere

danneggiate da un eventuale incidente che coinvolge un

mezzo che trasporta merci pericolose. Un ulteriore

sviluppo interessante potrebbe essere quello di

considerare nell’analisi i dati che risulteranno dai

rilevatori che verranno installati nell’ambito del progetto

L.O.S.E., in modo da usare dei dati di traffico di merci

pericolose reali, che permettano di non doversi basare,

come è stato fatto in quest’analisi, su delle ipotesi di

traffico che potrebbero allontanarsi dalla realtà. Tutte

Page 234: Ct 2 5 villani

231

queste implementazioni possono inoltre essere rese

automatiche mediante operazioni di “Model Builder”

come visto nel paragrafo precedente, cercando anche di

ottenere una più completa automatizzazione che

consenta di partire da dati di input molto più semplici da

ottenere.

Ringraziamenti

Per il supporto offerto e la disponibilità dimostrata si ringrazia l’arch. Ilaria Tabarrani del “Servizio Pianificazione Territoriale e della Mobilità, Patrimonio, Risorse Naturali e Politiche Energetiche” e l’arch. Francesca Lazzari, dirigente della Provincia di Lucca.

Bibliografia

“Development and analysis of a GIS-based statewide freight data flow network”, WSDOT RESEARCH REPORT, Washington DC 2009 Sheffy J. and Rice Jr., “A supply chain view of the resilient enterprise”, MIT Sloan Management Review 47(1), 45-47. MIT Sloan management review. 2005

Langewiesche W., “American Ground: Unbuilding the World Trade Center”, Atlantic Monthly, July–August 2002. Di Gangi M. (a cura di), “Modelli e metodi per l’analisi delle reti di trasporto in condizioni di emergenza: contribute metodologici ed applicative”, Editrice Ermes, Potenza 2005. WWW.PROVINCIA.LUCCA.IT

. . . # @ # . . .

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232

 

 

 

PRESIDI TERRITORIALI E MANUTENZIONE DELLA VIABILITÀ MINORE: RETI DI MOBILITA’ LENTA Giancarlo Arlotti**, Roberta Laghi*

* Ufficio Pianificazione Territoriale - Provincia di Rimini

** Consulente Provincia di Rimini e Vicepresidente FIAB Rimini "Pedalando e Camminando"

1. L’importanza della rete di viabilità minore

Nel mondo post globalizzato, e in balia dei cambiamenti

climatici e relative conseguenze (città infuocate e bombe

d'acqua), troveranno posto e successo processi di

rilocalizzazione del sistema dei servizi e della produzione

locale già a partire dal settore primario e dalla

organizzazione dei territorio agricoli ed extraurbani. Nelle

società resilienti la sopravvivenza sarà garantita dal

rafforzarsi della multiformità interna e da un sistema

plurale e adattogeno di relazioni, la mobilità locale

ritornerà a giocare un ruolo fondamentale per il

mantenimento stesso delle comunità. Diventerà sempre

più strategico investire nella preservazione delle reti locali

sia in termini progettuali sia in termini manutentivi in

particolare nei territori fragili montani e alto collinari dove

la difesa della rete stradale implica la lotta al rischio

idrogeologico favorendo in tal modo anche i processi

reinsediativi. A fronte della scarsità di risorse è

necessario assegnare al recupero e alla

rifunzionalizzazione della rete locale, comprensiva anche

dei tratti capillari costituiti dagli itinerari vicinali, un ruolo

sia sociale, in termini di attrattività e mantenimento della

popolazione sui luoghi, sia economico in termini di

capacità di investimento e di volano per nuovi settori

economici, ancora residuali benché in forte crescita, quali

il cicloturismo e l’escursionismo pedestre.

La strategicità della rete delle strade minori è ben

descritta nell’articolo pubblicato1 su Le Strade intitolato

“Viabilità minore motore di sviluppo” del quale si propone

un breve stralcio a proposito delle “piccole” strade

indispensabili:

                                                            1 Domenico Crocco, Paola Villani, Viabilità minore motore di sviluppo, pagg. 74 – 77, Le Strade, n. 5, 2014 http://issuu.com/rivistefiaccola/docs/ls_05_maggio_2014  

Nel mondo, molte strade extraurbane (viabilità minore

locale) si caratterizzano per il ridotto transito giornaliero

dei veicoli, transito che assume un valore estremamente

variabile in relazione ai diversi contesti. È soltanto questa

rete secondaria che assicura collegamenti indispensabili

per la popolazione insediata lontana dai grandi centri

urbani. Ma le risorse assegnate per la manutenzione di

queste arterie sono molto scarse: quando si tratta di

pianificare e investire sulla rete locale, si fa ricorso ai

modelli tradizionali di investimento, modelli utilizzati per le

reti di traffico di una certa rilevanza del tutto inappropriati

se applicati a contesti locali. Nel caso delle strade rurali le

cause di ammaloramento e dissesto sono scarsamente

prevedibili e spesso il traffico che vi insiste è talmente

ridotto da non poter in alcun modo, applicando una

tradizionale analisi costi benefici, giustificare gli

investimenti per la manutenzione. Ecco allora come

molte Amministrazioni, ovunque nel mondo, procedano di

fatto con interventi volti alla restrizione del traffico. In tutti

i paesi, qualora si intendano sviluppare strategie di

investimento in favore della viabilità minore, i processi per

la pianificazione degli interventi fanno ricorso a modelli

basati su analisi multicriteri, con esplicito riferimento ai

benefici di tipo sociale che potranno essere conseguiti

specie laddove non siano immediatamente evidenziabili

benefici economici. In Italia non esiste un modello per la

viabilità minore. E come nella maggior parte dei paesi in

via di sviluppo, sono le singole Amministrazioni

(Province, Comunità Montane, consorzi,…) che devono

farsi carico degli interventi di riqualificazione,

adeguamento, manutenzione dei tracciati. Interventi che

dipendono da specifiche fonti di finanziamento e

investimento per lo sviluppo e la manutenzione della rete

stradali, risorse però che, è bene rammentarlo, sono

decisamente esigue in rapporto alla assoluta necessità di

provvedere con opere di ripristino e di riqualificazione.

Page 236: Ct 2 5 villani

233

 

Recuperare itinerari di mobilità lenta e ciclabile in grado di

attrarre visitatori, e quindi valorizzarne le mete

(paesaggistiche e storico culturali), nonché di assorbire

quote di mobilità quotidiana urbana e periurbana (dove,

va ricordato, la maggior parte degli spostamenti non

supera i 5 km di lunghezza) con destinazione i luoghi di

lavoro o i servizi primari (scuola, sanità e

amministrazione pubblica) significa dotare il territorio di

vere e proprie infrastrutture verdi i cui vantaggi rispetto

alle così dette infrastrutture grigie (o tradizionali) sono

ampiamente riconosciuti dalla Unione Europea che le

menziona espressamente quale priorità di investimento

per il Fondo di Coesione e per il Fondo Europeo di

Sviluppo Regionale (nel POR FRSR della Regione Emilia

Romagna la priorità di investimento “sostenere la

transizione verso un’economia a bassa emissione di

carbonio in tutti i settori” con obiettivo specifico “Aumento

della mobilità sostenibile nelle aree urbane” si integra con

l’obiettivo tematico del Fondo Sviluppo e Coesione

“Mobilità sostenibile di persone e merci”).

Realizzare piste ciclabili comporta la riduzione di

emissioni inquinanti, il miglioramento della viabilità e la

riduzione del traffico, la diffusione di uno stile di vita più

sano con notevoli benefici individuali e la riduzione della

spesa sanitaria collettiva. In contesto rurale, il recupero di

itinerari compatibili con la percorrenza ciclabile, se

realizzato con il coinvolgimento delle popolazioni locali a

favore di processi insediativi e di custodia attiva del

territorio, migliora la resilienza contro fenomeni di

dissesto e opera la riqualificazione del paesaggio e

dell'ambiente generando anche occasioni di occupazione

sostenibile.

La realizzazione di nuove infrastrutture ciclabili, a

maggior ragione a fronte della normativa tecnica italiana

ancora ferma al DM 577/1999, può essere superata

favorendo la compatibilità degli usi e la pluralità degli

utenti della rete minore esistente. Tale obiettivo si traduce

sia nell’estensione delle Zone 30 e del traffic calming in

tutto l’ambito urbano, auspicando la differenziazione dei

regimi normativi del Codice della Strada fra ambiti urbani

ed extraurbani (sull’esempio delle normative di Francia e

Belgio) sia nel concetto di “parco ciclistico” e “itinerari

ciclopedonali” in ambito extraurbano, basato sul recupero

a rete delle strade locali esistenti.

A maggior ragione la compatibilità va garantita anche alla

mobilità pedonale in ambito urbano (non più

limitatamente alle zone pedonalizzate) ed extraurbano

favorendo gli spostamenti a piedi sia di tipo

escursionistico che funzionale su brevi percorrenze.

Sull’esempio delle città di Zurigo e San Gallo, sarebbe

importante affermare il primato di “mobilità naturale” alla

mobilità pedonale (non a caso in queste città si parla più

correttamente di traffico pedonale) assegnando al

pedone sempre la precedenza su qualunque altra

modalità di spostamenti e riconoscendogli, in caso di

incidente, il principio dell’inversione dell’onere della

prova.

Recuperare la mobilità a piedi, oltre agli effetti positivi sul

risparmio energetico, le emissioni inquinanti e la salute,

permette di riscoprire il rapporto percettivo e la

riconoscibilità visiva dei luoghi, nonché di acquisire la

consapevolezza delle distanze e dei tempi di

spostamento. Al camminare si associano processi di

riappropriazione dei luoghi, non solo urbani, e

meccanismi di orientamento su mappe individuali fatti di

segni, memorie e punti di riferimento personali, ciò che

spiega la grande diffusione negli ultimi anni

dell’escursionismo, delle camminate urbane e delle

passeggiate naturalistiche a testimonianza di un

riavvicinamento alla natura e al territorio, della ricerca dei

tempi lenti e con essi di nuove relazioni.

2. Ciclovie e reti escursionistiche

Sarà per effetto della perdurante crisi economica ma

negli ultimi anni l’uso della bicicletta nella vita di tutti i

giorni è più che triplicato. Secondo lo studio “European

Cycle Route Network EuroVelo”, condotto dalla Direzione

Generale per le Politiche Interne del Parlamento Europeo

nel 2012, l’impatto economico del cicloturismo è

significativo: la stima è di 2.295 milioni di viaggi, per un

giro d’affari di 44 miliardi di euro all’anno. Il numero di

pernottamenti ammonta attualmente a 20,4 milioni, con 9

miliardi di euro spesi annualmente.

Questi dati sono riferibili sostanzialmente al centro nord

Europa, molto meno in Italia. Nel nostro paese infatti è

evidente la mancanza di una rete di trasporto integrata

sul territorio, che oltre alla complementarietà modale

sviluppi anche una rete attrezzata di attrazioni

Page 237: Ct 2 5 villani

234

 

(emergenze naturali e culturali, borghi storici…), di servizi

(informativi, ricettivi e di ristorazione) e di strutture

tecniche necessarie per chi si muove in bicicletta (dalla

manutenzione al ricovero oppure al noleggio). Mentre a

Berlino è possibile portare la bicicletta su ogni convoglio

della metropolitana e su tutti i treni locali, a Milano la

bicicletta può essere portata su alcune carrozze solo in

limitate fasce orarie e in base alle condizioni di traffico. In

tutta Italia il trasporto della bicicletta sui treni è limitato al

servizio locale su un unico vagone (non chiaramente

identificato) per ciascun convoglio, il trasporto resta a

discrezione del capo treno nelle ore di punta, ed è

precluso a tutti i servizi di media e alta velocità2 (a meno

di non dotarsi delle più costose biciclette pieghevoli o

smontando la ruota anteriore nelle bici tradizionali).

Insomma l’Italia non è, ancora3 , un Paese per ciclisti, ciò

nonostante molte Amministrazioni e Regioni si stanno

dotando di strumenti a sostegno della mobilità lenta. Vale

la pena di richiamare i contenuti del recente protocollo di

intesa promosso dalla Regione Emilia Romagna per

l’attuazione della rete delle ciclovie regionali. Nelle

premesse si legge che:

La mobilità ciclistica rappresenta una forma di mobilità

“completa”, ossia in grado di soddisfare tutte o quasi le

esigenze di spostamento, da quelle sistematiche a quelle

occasionali, da quelle per ragioni di lavoro o studio a

quelle ludiche o ricreazionali. E’ inoltre una mobilità di tipo

altamente sostenibile, che non crea inquinamento, non

impatta sul territorio e non genera sprawl urbano;

Tale mobilità su distanze medie-lunghe tende a

caratterizzarsi come mobilità di tipo turistica o sportiva e

necessita di tempi e servizi particolari;

Da diversi anni questa particolare forma di turismo in

bicicletta, o cicloturismo, ha assunto dimensioni

significative e si caratterizza con viaggi in bicicletta verso

luoghi “interessanti”, su itinerari di uno o più giorni, lungo

percorsi relativamente facili, riservati alle biciclette o su

strade a scarso traffico.

A livello europeo, da tempo ormai il cicloturismo rientra

nelle politiche di promozione della mobilità ciclistica, ed

ha guadagnato molti spazi e consensi. Ad esempio, in

                                                            2 Il trasporto della bicicletta montata non è mai consentito sui treni di media e lunga percorrenza ovvero sui treni Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca, Intercity ed Intercity Notte. http://www.trenitalia.com/cms/v/index.jsp?vgnextoid=185e3dc3df75f310VgnVCM1000008916f90aRCRD#2

3 Si attendono modifiche Normative organiche (sia al Codice della Strada sia nei vari Regolamenti Comunali) in materia di mobilità lenta (Zone 30, case avanzate, parcheggi condominiali, sensi unici escluso biciclette...).

Germania è l’attività estiva più praticata dalla

popolazione, superando anche il calcio, ed è stata

inserita come importante parte del “National Cycling

Plan”. Analogamente il piano nazionale francese sulla

ciclabilità punta a rendere la Francia “la prima

destinazione per il cicloturismo in Europa”.

Sulla base di molte esperienze fatte è ormai riconosciuto

che per promuovere il cicloturismo, c’è necessità di una

serie di fattori, ed in particolare della presenza sul

territorio di una rete di percorsi cicloturistici adeguati,

riconoscibili e valutabili.

Per le dimensioni territoriali che copre, una rete di ciclovie

regionali è quindi naturalmente rivolta a questo tipo di

mobilità turistica, costituendo comunque anche un

quadro di riferimento per le reti ciclabili locali e di fatto

integrandosi poi nella rete urbana nel momento in cui

entra nelle città. Da questo punto di vista il cicloturismo

può aiutare anche alla crescita dello share modale della

bici per tutte le motivazioni di mobilità;

- il Piano Territoriale Regionale, che costituisce il

riferimento necessario per l'integrazione sul territorio

delle politiche e dell'azione della Regione Emilia

Romagna e degli Enti locali, nell’ambito delle strategie

per lo sviluppo sostenibile del sistema regionale

riconosce come il turismo rappresenti un punto di forza

per l’insieme del sistema regionale, e che la fruizione di

tale patrimonio richieda che siano ottimizzate le

interconnessioni operative fra eccellenze artistiche,

sistema dell’ospitalità, sistema dei servizi, sistema dei

trasporti;

- lo stesso Piano ritiene necessario, tra le altre cose,

puntare sulla qualificazione urbana e il miglioramento

dell’accessibilità e la riconoscibilità dei percorsi

(segnaletica, rete piste ciclabili, efficienza intermodale,

abbattimento barriere architettoniche...) anche

nell’ottica di valorizzarli quali potenziali destinazioni

turistiche;

- il Piano Regionale Integrato dei Trasporti (PRIT)

prevede di assicurare lo sviluppo sostenibile del

trasporto riducendo il consumo energetico, le emissioni

inquinanti, gli impatti sul territorio, promuovendo anche

un approccio integrato alla pianificazione e alla

realizzazione della rete ciclabile, sia in termini di

infrastruttura e di poli collegati, sia di servizi,

Page 238: Ct 2 5 villani

235

 

segnaletica e dotazioni, per un servizio all’utenza

integrato4.

Anche la mobilità pedonale sia pure legata al tempo

libero e non agli spostamenti funzionali, anche in ambito

urbano (è in uso andare in ufficio in macchina e poi la

sera fare la passeggiata in centro …), ha conosciuto negli

ultimi decenni un notevole incremento legato

all’affermarsi del turismo verde, che pesa sul totale del

turismo in Italia dal 4,2% del 2008 al 7,2% del 2012 , e al

diffondersi si nuove pratiche (come quella del nordic

walking a partire dagli anni 2000). Oltre 2.700.000

persone sono iscritte alla Federazione Europea degli

Escursionisti (ERA) a piedi che riunisce associazioni che

praticano camminate di prossimità, camminate sulle

lunghe distanze, vacanze a piedi, trekking per espetti e

nordic walking.

In Italia l’associazione Trekking Italia porta a camminare

oltre 30.000 persone ogni anno.

Scoperta di nuove mete, conoscenza delle tradizioni

locali, buon cibo, eventi culturali anche minori, slow life si

consolidano come obiettivi di vacanze motivazionali

sempre più diffuse che pongono al centro le peculiarità

dei territori attraversati.

Non da ultimo si affermano sempre più vacanze brevi non

solo in termini temporali ma anche spaziali tanto da poter

parlare di vacanze a chilometro zero e di turismo locale.

Un turismo che interessa non soltanto visitatori da mete

lontane ma anche gli abitanti che si riappropriano e si

prendono cura dei luoghi d’origine con azioni di riscoperta

e riqualificazione in grado di sviluppare micro economie

sostenibili e solidali. È il caso ad esempio dei Percorsi

Occitani dove il recupero della rete sentieristica ha

determinato la nascita di nuove strutture ricettive e il

recupero di molte case private mettendo in tal modo un

freno allo spopolamento e creando nuovi posti di lavoro

con una frequentazione annua di oltre 4.000 presenze.

Anche la Provincia di Rimini ha promosso dal 2007 ad

oggi un progetto di valorizzazione ambientale e

paesaggistica nella valle del Torrente Conca incentrata

sulla messa a sistema di una complessa rete di percorsi

ciclabili e pedonali (si veda l’Allegato “Scheda Progetto

Conca. un progetto di valorizzazione territoriale per

l’intera valle del Conca”).

                                                            4 Protocollo di intesa approvato con delibera regionale n. 1157 del 21.07.2014 e con delibera della Provincia di Rimini n. 165 del 1.08.2014.

Alcune Regioni, a fronte di questo rinnovato interesse per

la mobilità lenta, hanno predisposto o recentemente

rinnovato le disposizioni in merito alle reti

escursionistiche a partire dalla definizione non sempre

univoca. Fra le prime, la Legge della Regione Toscana n.

17/98 fornisce la definizione di escursionismo: attività

turistica, ricreativa e sportiva che, al di fuori dei centri

urbani, si realizza nella visita o nella esplorazione degli

ambienti naturali anche antropizzati, senza l’ausilio di

mezzi a motore. In tal modo pone chiaramente il primato

della mobilità ciclabile e pedonale. Altre Regioni, come le

Marche (Lr n.2/2010) e il Piemonte (Lr n 12/2010) ma non

la Regione Emilia Romagna (come si vedrà nel seguito),

assumeranno la stessa definizione ponendosi anche il

tema del rapporto fra regime proprietario e pubblico

passaggio nelle reti sentieristiche. Tema, quest’ultimo, di

particolare rilevanza considerata l’intreccio normativo

nella materia quasi inestricabile.

3. Tipologie di strade e regimi giuridici

L’utilizzo delle strade locali extraurbane per gli

spostamenti in bicicletta e a piedi è auspicabile sia a fini

escursionistici (per quegli spostamenti che in primis

promuovono la conoscenza del territorio) sia a fini

funzionali soprattutto laddove l’urbanizzato si

caratterizza per la presenza di piccoli centri e frazioni fra

loro vicini e quindi facilmente raggiungibili (situazione

assai diffusa soprattutto in ambito periurbano).

A tal fine può essere valutato sia l’utilizzo estensivo della

viabilità minore ordinaria di pubblica proprietà sia l’utilizzo

della fitta e variegata rete di strade rurali variamente

denominate (strade vicinali, interpoderali, forestali,

arginali, …) e irreggimentate (pubbliche, private o

soggette a pubblico passaggio) che possono entrare a far

parte a pieno titolo negli itinerari ciclopedonali

contemplando le valutazioni per la messa in sicurezza,

tramite adeguati interventi sulle caratteristiche tecniche

dei sedimi anche con ricorso alle migliori pratiche oggetto

di approfondimenti di altra attività nell’ambito del

Comitato Tecnico Nazionale 2.5.

Gli itinerari ciclopedonali definiti dall’art. 2 del Codice

della strada si attestano infatti su strade locali, urbane,

extraurbane o vicinali destinate prevalentemente alla

percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzate da una

Page 239: Ct 2 5 villani

236

 

sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della

strada.

Già la semplice definizione del Codice implica il concetto

di prevalenza dell’utenza debole (che difetta nella pratica)

nonché il principio di azione da parte del soggetto

pubblico (che accerta le condizioni di sicurezza) con

connessi livelli di responsabilità gestionale e

amministrativa.

Come efficacemente sintetizza Claudio Linzola5 per la

individuazione e la dichiarazione di “itinerario

ciclopedonale” è necessario che si sia in presenza di una

strada di campagna:

- che sia aperta al pubblico

- non necessariamente di proprietà pubblica ma

aperte al transito pubblico;

- che sia caratterizzata da sicurezza intrinseca a

tutela di ciclisti e pedoni.

Proprio il riconoscimento dell’uso pubblico delle strade

vicinali e interpoderali costituisce il collo di bottiglia per gli

itinerari ciclo pedonali essendo spesso consentito il

pubblico transito non per efficacia di formali atti di

assoggettamento ma in via consuetudinaria o storica

come spesso accade anche in molti itinerari CAI in

ambito collinare o di valle.

La seguente sentenza attesta per se stessa e in modo

emblematico la complessità della materia non priva di

contenziosi:

Poiché nella disciplina del D.Lgs 30 aprile 1992, n. 285,

costituisce strada l'area ad uso pubblico destinata al

transito di veicoli, pedoni e animali, e quindi il suolo

concretamente utilizzato quale componente del sistema

viario, non essendo indispensabile la sua inclusione nel

demanio stradale ovvero il suo assoggettamento a diritto

di passaggio della collettività, allorquando manchi un

assetto giuridico in sé idoneo a determinare la

destinazione al transito pubblico, come nel caso di un

terreno di proprietà privata, perché possa configurarsi

una strada e possano trovare applicazione le disposizioni

del codice della strada che regolamentano la circolazione

e la sosta, è necessario che venga accertata una

situazione di fatto divergente da quella normalmente

propria del bene privato, con effettivo godimento di esso

da parte della generalità degli utenti del sistema viario. Ai

fini di tale accertamento, l'assenza di impedimenti

all'ingresso di terzi non è sufficiente a trasformare il fondo

                                                            5 Claudio Linzola, “Il regime giuridico delle strade campestri alla luce della loro vocazione ciclabile” – Convegno Fiab, Lodi 2006

di proprietà privata in una parte del complesso sistema

viario pubblico6.

Al fine di eliminare all’origine eventuali dispute con i

proprietari e i frontisti delle strade vicinali è quindi

necessario un atto esplicito da parte della pubblica

amministrazione che, a seguito dell’attività di

pianificazione e accertamento delle idonee condizioni

tecniche delle strade campestri per la mobilità lenta,

attribuisca la servitù di pubblico passaggio. Tale azione

comporta una assunzione di volontà da parte della

pubblica amministrazione sia per le condizioni

presupposte consistenti nell'atto di pianificazione, di

coperture finanziarie e di realizzazione sia per le

condizioni conseguenti consistenti nelle fasi di gestione,

manutenzione, vigilanza e applicazione di regimi

sanzionatori (va da sé che proprio le condizioni

conseguenti sono spesso freno dell'azione pubblica

endemicamente in Italia refrattaria all'azione continuativa

e ripetitiva della buona amministrazione ordinaria rispetto

alla realizzazione di nuove opere, ben più riconoscibili dal

punto di vista elettorale).

E' fuor di dubbio la necessità di un duplice cambio di

direzione dell'agire pubblico: da una parte nella gestione

delle opere, o più genericamente dei beni e non solo

comuni, che di necessità deve volgersi più alla

riqualificazione dell'esistente piuttosto che alla nuova

costruzione (ben noto è il tema, più dibattuto che

praticato, della rigenerazione urbana basata

sull'efficientamento energetico e il miglioramento della

sicurezza sismica del patrimonio edilizio esistente che

così poco spazio trova ancora oggi nelle nostre città,

nonostante sia diventato tema legislativo l'obiettivo

dell'azzeramento del consumo di nuovo suolo per gli usi

urbani); dall'altra sulla volontà esplicita e non residuale di

favorire con azioni continuate e coerenti (quindi finanziate

con carattere di priorità) la mobilità lenta ciclo pedonale

sia come vera e propria modalità di spostamento (la più

naturale, salutare, economica e a impatto zero, con

importanti ricadute7 sui PIL dei singoli Paesi della UE) sia

come mezzo di svago e di conoscenza del territorio nella

                                                            6 Sez. I, sent. n. 1694 del 27-01-2005 (ud. del 6-11-2004), Autonuova Srl c. Prefettura di Belluno (rv. 579915) 7 Secondo lo studio realizzato dalla European Cyclists’ Federation l’utilizzo della bicicletta genererebbe ogni anno 200 miliardi di euro, una cifra pari all’intero PIL della Danimarca. http://www.ecf.com/wp-content/uploads/ECF_Economic-benefits-of-cycling-in-EU-27.pdf

Page 240: Ct 2 5 villani

237

 

sua accezione escursionistica. Su questo ultimo tema,

l'abisso che separa i proclami dall'azione è ben palesato,

come già accennato, dal perdurare di una normativa

tecnica per le piste ciclabili ferma al 1999, e già dalla

nascita difficilmente praticabile, nonché dalla difficoltà di

trasformare gli itinerari ciclabili previsti dal Codice, al solo

livello definitorio, in veri itinerari a prevalenza ciclabile. Da

tempo la Federazione Italiana per la Bicicletta (FIAB),

chiede che al pari di altri paesi europei la priorità alla

biciclette negli itinerari ciclabili sia riconoscibile a livello di

regole di circolazione, di segnaletica e di regimi

sanzionatori.

Oltre alla non più derogabile presa di posizione netta a

favore della ciclabilità diffusa, altro nodo fondamentale

risiede nella difficoltà di mettere a sistema con ottica

progettuale, concorsuale e non in contrapposizione,

risorse pubbliche e private a reciproco vantaggio. Ancora

nel nuovo Programma di Sviluppo Rurale della Regione

Emilia Romagna ritroviamo che la condizione per

ottenere finanziamenti per le strade rurali non ha nulla a

che vedere con la progettualità, la coerenza con la

pianificazione pubblica del territorio o il valore “pubblico”

dell'intervento, ancora una volta (e fino al 2020) la

condizione è la costituzione del consorzio stradale ai

sensi della Legge n. 126/1958 dimenticando che, a parte

forse i territori delle bonifiche, nella maggior parte dei

casi, e sicuramente in ambito collinare, le strade rurali

sono lunghe pochi chilometri e interessano ben pochi

frontisti che si vedono costretti a fondare un nuovo ente a

garanzia di una buona gestione che potrebbe essere

assolta in ben altri modi (non da ultimo il ricorso a enti di

gestione già esistenti quali i consorzi di bonifica

stabilendo apposito canone).

Forse un criterio utile per l'assegnazione di finanziamenti

pubblici potrebbe risiedere, oltre che nella coerenza con i

progetti pubblici di riqualificazione territoriale, anche nel

recupero di quell'uso o passaggio pubblico che di natura

dovrebbe caratterizzare i luoghi di transito, di passaggio o

di scambio.

Se da una parte infatti, per creare una via d'uscita nel

pasticcio normativo che caratterizza il tema delle strade

minori, si rileva come già anticipato, la necessità di

riconoscere esplicitamente i tratti di viabilità rurale

soggetta al pubblico passaggio riconoscendone la

pubblica utilità, dall'altro, con ulteriore cambio di

direzione ancora più epocale, sarebbe auspicabile un

recupero estensivo, non basato sul contenzioso giuridico

ma sul diritto naturale, della res in publicu usu. Come

bene argomentato da Paolo Maddalena, tutto il territorio

appartiene alla comunità che si dota delle regole per

gestirlo a meno delle parte concessa, e non dovuta,

all'uso privato: “Occorre partire dall’idea che l’intero

territorio appartiene al popolo, a titolo di sovranità, e che

la proprietà privata è una cessione di parti del territorio

che il popolo sovrano fa a singoli soggetti” . Una sovranità

che recupera, se non in senso giuridico, il valore

condiviso di un bene ritrovato e posto a vantaggio della

collettività secondo un processo di valorizzazione che

interessa anche il recupero dei territori soggetti agli usi

civici e che più genericamente si rifà alla sfera della

economia solidale. Una sfera oggi più consolidata che

conta molte iniziative, a livello sia statale sia locale, che

pone al centro un rinnovato patto sociale dalla cui priorità

potranno scaturire nel lungo periodo processi di

riappropriazione collettiva del territorio.

Ma poiché il territorio non è della Regina, e nemmeno del

popolo sovrano, al momento resta percorribile solo la

strada del riconoscimento dell’uso pubblico, per non dire

dell’esproprio subìto ancora oggi come un ingiusto

ladrocinio piuttosto che il legittimo esercizio della

“superprioprietà” del popolo .

Il riconoscimento esplicito dell'uso pubblico, inoltre,

ponendo la necessità di una selezione dei tratti di

viabilità da assoggettare e comportando un esplicito

onere di gestione a carico della amministrazioni locali può

determinare un conseguente “abbandono” di quei

percorsi che, sebbene conservino intrinsecamente una

valenza pubblica, non rientrano giuridicamente nella

pubblica cura. Ciò a discapito di piccoli interventi diffusi

magari a favore di quegli itinerari consuetudinari che

spesso gli enti sostenevano senza averne esplicitamente

la competenza.

La nuova Legge Regionale dell’Emilia Romagna n.

14/2013 sulla rete escursionistica (REER) affronta il tema

dei regimi proprietari esplicitando la dichiarazione

dell’interesse pubblico per i percorsi escursionistici inclusi

nella rete “in relazione alle funzioni e ai valori sociali,

culturali, storici, architettonici, ambientali, didattici e di

tutela del territorio nonché ai valori naturalistici, paesistici,

sportivi e di promozione della salute peculiari dell’attività

escursionistica” (art. 6) con conseguente

assoggettamento a servitù di passaggio dei tratti di

viabilità di uso privato. La legge disciplina anche le

modalità di coinvolgimento dei soggetti privati titolari di

Page 241: Ct 2 5 villani

238

 

diritti reali indicando prioritariamente una strada

“pattizzia” con ricorso ad accordi ex art. 11 della L 241/90

che definiscano modalità d’uso, norme comportamentali,

limitazioni o divieti connessi alle condizioni del percorso

nonché l’eventuale partecipazione imprenditoriale degli

stessi soggetti proprietari. Solo il fallimento dell’accordo

avvia da parte della Regione (e non delle amministrazioni

locali territorialmente interessate) il procedimento di

assoggettamento a servitù di passaggio.

L’obbligo di “presa in carico” e di gestione diretta della

rete (già insita nella servitù) è dalla legge esplicitata

all’art. 8 che prevede per i Comuni l’obbligo di predisporre

annualmente un programma di gestione e manutenzione

ordinaria dei percorsi escursionistici ricadenti nel territorio

di loro competenza. Per gli interventi straordinari però, la

Regione attiva e finanzia un programma triennale degli

interventi. Benché si riscontri il merito di aver aperto un

nuovo canale di finanziamento sulla viabilità minore

(ampiamente intesa dato che la Legge Regionale non

esclude agli art. 2 e 4 il traffico motorizzato) tenendo

conto delle eventuali sinergie con altre programmazioni

regionali (art. 11 comma 2), tuttavia il vecchio e rodato,

nel bene e nel male, meccanismo a bando previsto per

l’erogazione dei contributi (art. 11 comma 2 e 3) ancora

una volta non annovera tra i criteri di ammissione a

finanziamento la tanto vitale ed essenziale coerenza con

gli strumenti di pianificazione urbanistica che restano la

sede prioritaria ed indiscussa per la definizione, territorio

per territorio, di tutte le reti (da quelle principali a quelle

locali e capillari) e di tutte le funzioni.

La Legge Regionale offre spunti significativi anche sul

tema delle modalità di gestione e mantenimento della

rete, posta sì a capo delle amministrazione locali che

tuttavia si possono avvalere prioritariamente, tramite

convenzioni, delle associazioni di promozione sociale e di

volontariato presenti sul territorio e degli operatori agricoli

operanti sul territorio (art. 8). In particolare il richiamo agli

strumenti finanziari attinenti al settore agricolo (Lr 12/85

sul patrimonio alpinistico; D.Lgs 228/01;

programmazione comunitaria destinata ad aziende

agricole – con probabile e auspicabile riferimento al PSR)

rappresenta una importante istituzionalizzazione della

necessità ed opportunità di coinvolgere stabilmente la

popolazione locale sul mantenimento del territorio a

vantaggio delle popolazioni locali (che come si è visto

praticano sempre di più un escursionismo di prossimità

alla riscoperta dei propri luoghi di origine) e dei visitatori

esterni. Questa operazione, di custodia attiva dei luoghi,

oltre a generare piccoli redditi integrativi a sostegno delle

attività agricole, produce significativi risparmi sulle

finanze pubbliche garantendo il presidio costante, la

continuità e periodicità dei piccoli lavori di manutenzione

che scongiurano la necessità di interventi di ripristino

straordinari ed onerosi.

L'inserimento dei percorsi nella rete regionale garantisce

quindi gli accordi con la popolazione locale (sia

preliminari in fase di definizione sia definitivi per la

gestione), l’assunzione certa della gestione da parte della

pubblica amministrazione, la disponibilità di strumenti

finanziari per interventi ordinari e straordinari e

percorribilità, sussistendo il divieto (con relative sanzioni)

di danneggiare, alterare o impedire il libero accesso ai

percorsi inseriti nella REER (art. 12), niente più tronchi o

filo spinato che possano ostacolare il transito.

Nell'Emilia Romagna terra di motori, però, rientrano a

pieno titolo tra le escursioni anche le attività motorizzate

(dobbiamo pensare a motocross o addirittura rally

fuoripista?). Non ci sono esclusioni di sorta, anzi

l'apposizione di un divieto al transito motorizzato è

procedura eccezionale (quasi si negasse, ora sì, un diritto

naturale alla motorizzazione...) che va motivata e

approvata da vari livelli di controllo (il Comune, l'Unione

dei comuni, gli enti gestori dei parchi e non da meno la

Consulta territoriale della REER istituita dalla normativa).

E' questa forse la principale ombra della L.R.,

un'occasione persa per stabilire quel primato della

mobilità a piedi e in bicicletta che invece sarebbe tanto

urgente ed essenziale affermare. Per contro su altre

tematiche, quale soprattutto quella relativa alla

contestualizzazione della gestione della rete, la legge ha

invece il merito di sistematizzare compiutamente intenti e

procedure che, benché non nuovi, difficilmente trovano

applicazione coerente e diffusa.

Non mancano però su questo fronte altri esempi virtuosi.

4. Gestione delle reti e popolazione locale

Come già accennato un requisito fondamentale per

favorire la mobilità a piedi e in bicicletta, anche su

percorsi escursionistici, è la presenza di una rete di

percorsi continua, motivata, segnalata e adeguata in

termini di caratteristiche tecniche e compatibilità di

utenza (si sono citate a tale proposito la rete delle ciclovie

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239

 

regionali e la rete sentieristica della Regione Emilia

Romagna).

Spesso il mantenimento della rete è ostacolato dalla

conflittualità tra i fruitori e gli abitanti con particolare

riferimento ai conduttori agricoli (senza contare i

cacciatori, ma qui si aprirebbe un altro capitolo assai

annoso che nasce alla radice stessa del “diritto” alla

caccia per cui tutto il territorio rurale è “naturalmente”

aperto alla caccia …) oltre che dalla scarsità di risorse

pubbliche. Avviare processi di coinvolgimento e di

accordo (come prefigurato dalla citata Lr della RER n.

14/2013) con la popolazione locale può essere lo

strumento efficace sia per favorire meccanismi di

accettazione e appropriazione della rete sentieristica sia

per indurre significativi risparmi nelle casse comunali.

Il Decreto legislativo 228/2001 “Orientamento e

modernizzazione del settore agricolo” stabilisce all'art. 15

comma 1 che al fine di favorire lo svolgimento di attività

funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del

territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e

forestale, alla cura ed la mantenimento dell'assetto

idrogeologico e di promuovere prestazione a favore della

tutela delle vocazioni produttive del territorio, le Pubbliche

Amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli

imprenditori agricoli stipulando contratti d'appalto diretti,

in deroga alle norme vigenti (comma 2), nel rispetto degli

importi massimi stabiliti dalla legge e dai regolamenti

comunali per l'acquisizione di beni e servizi in economia.

Sulla base di tali disposizioni il Comune di Dolo in

Provincia di Venezia ha deliberato8 , anche al fine di

superare la carenza di risorse economiche che di fatto

ostacola una costante manutenzione del territorio (dalle

premesse della delb. Di GC n. 82/2012), l'approvazione

di uno schema tipo di convenzione da utilizzare

estensivamente per l'affidamento agli operatori agricoli di

numerosi servizi di manutenzione ambientale, fra i quali:

opere di difesa dalle inondazioni; riparazione delle strade

comunali e loro pertinenze dovute per lo più a fenomeni di

dissesto; manutenzione di giardini e parchi, viali e piazze

pubbliche, arredo urbano.

L'esperienza del Comune di Dolo è un buon esempio di

come si possa perseguire l'interesse pubblico

risparmiando risorse e facendo della custodia del

                                                            8 Comune di Dolo (VE) Delibera n. 82/2012 “Convenzione con imprenditori agricoli singoli o associati per la fornitura di servizi quali sistemazione e manutenzione del territorio” art. 15 del D.Lgs 228/2001”

territorio, un nuova leva di sviluppo economico locale. Il

testo integrale della delibera è riportato in allegato

(Allegato 3).

Anche la Provincia di Rimini ha perseguito, nell'ambito

del progetto di valorizzazione territoriale di seguito

descritto, la costituzione di un presidio territoriale attivo in

grado di sostenere insieme alle istituzione politiche

pubbliche iniziative di custodia e promozione del

territorio.

5. Un caso studio: il Progetto Conca

Il progetto attuativo del Piano Territoriale di

Coordinamento della Provincia di Rimini, “Progetto

Conca”, ha rappresentato la prima sperimentazione di

pianificazione e progettazione partecipata attivata in

Emilia Romagna ai sensi della Convenzione europea del

paesaggio (Firenze 200 - art. 6).

Finanziato da Regione Emilia Romagna, Ministero dei

Beni Culturali ed Enti locali con capofila la Provincia di

Rimini, ha interessato il tratto della bassa e media valle

del torrente Conca ricadente nel territorio di undici

Comuni.

Il progetto ha valutato tutti i paesaggi attraversati dal

corso d’acqua da quelli di pregio a quelli degradati e da

riqualificare ed ha fornito i contenuti progettuali

fondamentali per l’istituzione del Paesaggio Naturale e

Seminaturale Protetto del Torrente Conca ai sensi della

Lr n. 6/2005 (delibera di CP n. 33 del 28.06.2011). Il

processo di pianificazione integrata sul piano

istituzionale, tecnico e partecipativo ha portato ad un

programma territoriale di valorizzazione paesaggistica (il

progetto territoriale) dotato di un sistema di regole comuni

d’intervento diffuso (le linee guida), e di un sistema di

azione locale (i progetti pilota).

Grazie all’impegno di tutti i soggetti coinvolti e al circuito

virtuoso fra pianificazione territoriale, programmazione di

settore, progettazione d’area vasta e implementazione

locale, oggi la valle del Conca dispone di un ampio

programma di azioni, fra le quali un sistema integrato di

percorsi da attuare e mantenere nel tempo.

Oltre a fornire un quadro d'azione condiviso il progetto ha

avviato sul territorio un evento di promozione territoriale

(il festival “A passo d'uomo”) e la formazione di un

Page 243: Ct 2 5 villani

240

 

“presidio attivo” con il coinvolgimento di numerosi attori

locali che oggi è diventato il soggetto promotore di

numerose iniziative di valorizzazione del territorio.

I percorsi della valle del Conca

In attuazione del Progetto Conca, si sono ripristinati i

sentieri di lungo fiume (Percorso naturalistico del torrente

Conca), e i circuiti collinari (Grande Anello Verde, di

seguito soltanto GAV) coerenti con la pianificazione

regionale, precedentemente richiamata, delle ciclovie e

della rete escursionistica REER – ai sensi della Lr

n.14/13). Con l'ausilio del CAI è in corso la mappatura e

la schedatura dei percorsi finalizzata alla definizione della

rete e alla programmazione degli interventi di ripristino.

Il festival di promozione territoriale

Il festival “A passo d'uomo” è un evento originale basato

sul binomio arte e natura durante il quale i percorsi

naturali e culturali della valle del Conca divengono

scenario e palcoscenico di mostre, performance teatrali,

escursioni di scoperta e conoscenza dei tesori e delle

memorie dei luoghi. Si tratta di progetto sperimentale di

sviluppo locale che incentiva e valorizza la creatività

giovanile, le arti contemporanee e il patrimonio storico

culturale della valle del torrente Conca.

Nato nel 2012 grazie all’Unione Valconca (capofila) e alla

Provincia di Rimini, al Dipartimento della Gioventù –

Presidenza del Consiglio dei Ministri e all’Anci –

Associazione Nazionale Comuni Italiani, il progetto ‘A

passo d’uomo’ è giunto aggi alla terza edizione grazie

all'iniziativa locale e alla collaborazione fra le istituzioni.

L’implementazione e la gestione dei percorsi

Il Progetto Conca definisce a livello territoriale il sistema

dei percorsi e la metodologia di intervento da attuare sul

recupero e la valorizzazione di ciascun tratto o circuito

orientando le azioni delle amministrazioni locali al fine di

restituire nel tempo un sistema integrato e manutenuto

costantemente fruibile.

Al fine di monitorare e manutenere i percorsi la Provincia

di Rimini promuove l'individuazione, per ciascun

percorso, di un soggetto “custode” che abbia anche il

compito di favorire la frequentazione e, a richiesta, si

svolgere attività di guida e informazione predisponendo la

percorribilità dei percorsi in occasione degli eventi

annuali.

Già in fase sperimentale con apposite convezioni sono

state coinvolte associazioni agricole locali per la

manutenzione e predisposizione dei sentieri e della

segnaletica di orientamento.

Recentemente inoltre si è formata, sulle esperienze dei

precedenti anni, un’associazione di promozione sociale

(APS A Passo d'Uomo) che ha assunto il compito di

soggetto promotore di iniziative di valorizzazione della

valle in modo continuato e non solo in occasione del

festival stagionale contribuendo così a formare una

iniziativa dal basso, costruttiva e coerente con le politiche

pubbliche sin qui adottate, che il Progetto Conca mirava a

costituire

Il progetto conca è descritto nella scheda di sintesi

allegata (Allegato 2)

6. Conclusioni

Le considerazioni sin qui condotte e gli esempi portati a

riferimento, consentono di tentare di enucleare alcuni

nodi problematici che è necessario tenere presente per

poter efficacemente affrontare il tema dell'utilizzo della

rete di strade minori, anche e principalmente rurali, ai fini

della mobilità lenta ciclo pedonale escursionistica e

funzionale.

Innanzitutto occorre rilevare che per garantire la fruizione

delle strade rurali e vicinali di varia natura è necessario

accertare o riconoscerne l'interesse pubblico, in quanto

parte di una rete quanto meno di rilevanza locale, e

apporre quindi il vincolo di servitù di passaggio. Tale

vincolo può essere tramutato in una opportunità per i

soggetti che ne sono destinatari sia nella costruzione

della rete di percorsi, e ancor più nel suo mantenimento o

promozione, ricorrendo all'accordo e al coinvolgimento,

anche in termini di prestazione di servizi, delle

popolazioni locali con particolare riferimento agli

operatori agricoli e alle associazioni attive nella difesa del

territorio e dell'ambiente e delle identità locali. Tali

accordi diventano vere e proprie leve di sviluppo socio

economico e possono attivare circuiti virtuosi fra pubblica

amministrazione e cittadinanza.

Coniugare interesse privato e interesse pubblico genera

responsabilità diffusa, cura del territorio e nuova

coesione sociale permettendo inoltre di risparmiare

preziose risorse pubbliche. L'integrazione dei

Page 244: Ct 2 5 villani

241

 

finanziamenti, o delle prestazioni d'opera, deve però

attuarsi anche a livello di gestione di finanziamenti ancora

troppe volte concessi con criteri settoriali difficilmente

integrabili, anche perché assegnati con meccanismi a

bando i cui criteri rischiano di diventare una paravento

per la distribuzione “a pioggia” per anni utilizzata dalla

pubblica amministrazione che così poco ottiene in termini

di massa critica e di efficacia degli interventi.

Fra i criteri di assegnazione emerge la necessità di

premiare la progettualità e la coerenza dell'intervento, sia

di iniziativa privata sia di iniziativa pubblica, con la

pianificazione del territorio e delle reti (e qui ritorna il

problema dei contenuti minimi obbligatori dei piani

urbanistici) e soprattutto sul ripristino dell'ancestrale ruolo

pubblico della strada come luogo di transito, accesso e

collegamento fra le genti.

E’ auspicabile che proprio questo criterio divenga

prioritario nella selezione degli interventi da ammettere a

finanziamento pubblico soprattutto in tema stradale.

In sintesi si individuano i seguenti passi che tracciano il

quadro complessivo e consentono di fornire linee guida

utili per il governo del territorio a livello locale con

specifico riferimento all'adeguamento delle normative,

per lo più regionali, che lo regolamentano:

- quale contenuto essenziale degli strumenti urbanistici

a livello normativo dovrebbe essere prevista la

definizione della rete di viabilità locale e rurale in

relazione alle esigenze/opportunità di mobilità lenta

(localizzazione di servizi, di residenze rurali sparse, di

borghi storici, di emergenze culturali e naturalistiche),

realizzando quindi un vero e proprio progetto per il

territorio;

- a livello di contenuti di piano (o per dettato normativo)

dovrebbe essere inserito il riconoscimento

dell'interesse pubblico dei tratti viari inseriti nello

schema di rete territoriale provvedendo per essi a

istituire l'obbligo di pubblico passaggio con

conseguente presa in carico da parte delle

amministrazioni degli oneri di gestione e

mantenimento da attuare con ricorso alle migliori

pratiche tecniche;

- a livello gestionale deve essere promosso il ricorso ad

accordi con soggetti privati attivi sul territorio con

particolare riferimento agli operatori agricoli e alle

associazioni locali istituendo soggetti “custodi “ di un

determinato bene o più genericamente selezionando

soggetti accreditati (da inserire in pubblici albi) in

grado di svolgere per conto dei soggetti proprietari

delle strade (siano essi pubblici o privati) opere di

manutenzione e ripristino anche con interventi di

difesa attiva e diffusa a contrasto del rischio

idrogeologico (come la manutenzione dei fossi o la

regimazione delle acque superficiali);

- a livello autorizzatorio dove essere previsto l'obbligo

di manutenzione delle strade di accesso nell'ambito

del rilascio di titoli abilitativi in contesti rurali;

- a livello di concessione di pubblici finanziamenti

devono essere assunti quali criteri di accesso

l'apposizione del diritto di pubblico passaggio e la

coerenza con la rete territoriale stabilita dagli

strumenti di pianificazione urbanistica.

Ovviamente si tratta di un primo quadro d'azione tutt'altro

che a-problematico che evidenzia la necessità di agire su

molti fronti (pianificatori, progettuali, gestionali e

finanziari) al fine di garantire nel tempo la definizione e

soprattutto il mantenimento di una rete efficiente di

percorsi in grado di connettere le mete funzionali, culturali

e storico-naturalistiche del territorio.

Riferimenti Normativi

LEGGE REGIONALE 26 luglio 2013, n. 14 Rete escursionistica dell’Emilia-Romagna e valorizzazione delle attività escursionistiche - Bollettino Ufficiale n. 213 del 26 luglio 2013

Allegati

Allegato 2 – Scheda Progetto Conca: un progetto di valorizzazione territoriale per l’intera valle del Conca Allegato 3 – Comune di Dolo (VE) Delibera n. 82/2012 “Convenzione con imprenditori agricoli singoli o associati per la fornitura di servizi quali sistemazione e manutenzione del territorio art. 15 del D.Lgs 228/2001”

.. - + * + -...

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 242 

 

 

L’ADEGUAMENTO DEL PATRIMONIO INFRASTRUTTURALE ESISTENTE Francesco Annunziata*, Paola Villani **

* Università Cagliari, ** Politecnico di Milano

1. Le infrastrutture viarie extraurbane

Il nostro Paese ha un’orografia prevalentemente

collinare ed è caratterizzato da un sistema insediativo

composto per lo più da città di medie dimensioni, da

paesi e da borghi, formatosi in un territorio prealpino,

appenninico, e comunque collinare come nelle Isole

maggiori, tutti accomunati dalla presenza di emergenze

storico-ambientali, testimonianza di una storia

plurisecolare. A questo dato territoriale, corrisponde un

patrimonio stradale costituito, solo nella misura del 4%

(circa 7.000 km), da strade a carreggiate separate,

assimilabili al tipo autostradale, e quindi

prevalentemente composto da strade a carreggiata

unica, appartenenti a differenti Enti ed Amministrazioni,

spesso inadeguate in termini di sicurezza della

circolazione.

Di contro, le progettazioni infrastrutturali hanno

prevalentemente considerato assi e corridoi rispondenti

ad alte velocità di progetto, volti ad assicurare

collegamenti rapidi tra le città maggiori ed i nodi di

trasporto: questa scelta di politica dei trasporti ha inteso

completare la rete infrastrutturale fondamentale anche

nell’ambito della realizzazione di reti europee. E’

certamente condivisibile la realizzazione di linee

ferroviarie ad alta velocità, di corridoi autostradali, di

strutture portuali ed aeroportuali di livello nazionale e

sovranazionale. E tuttavia si ritiene che lo stesso livello

di attenzione non sia stato rivolto all’adeguamento del

patrimonio infrastrutturale esistente, all’adeguamento

del tessuto connettivo che, accanto ad una differente

politica delle strutture di servizio, deve concorrere alla

realizzazione di un sistema insediativo fondato sulla

salvaguardia, la valorizzazione ed il rafforzamento

dell’esistente.

E’ un problema di equilibri: le culture locali, lo stesso

tessuto economico fondato sulle piccole-medie imprese,

legato all’agricoltura, all’allevamento, all’artigianato, alla

produzione di beni di qualità riconosciute nel mondo,

sono riferiti alla popolazione insediata, il cui sentire

identitario è legato ai luoghi. Continuare a rendere

marginali vaste aree del nostro Paese, rafforzando

prevalentemente gli attrattori di interessi delle città

maggiori, e trascurando invece il livello regionale e/o

sub-regionale, avrà la conseguenza di perdurare nello

spostamento delle popolazioni verso le maggiori aree

urbane, aggravandone peraltro i problemi.

Le scelte adottate non hanno risolto le criticità del

comparto infrastrutturale italiano, del complessivo

sistema dei trasporti e si traducono in un pesante fattore

di crisi dell’attuale modello macroeconomico italiano. Se

la riflessione si limita al comparto viario, la diffusa

saturazione dei nodi e delle reti viarie, l’inadeguatezza

della complessiva rete viaria, in particolare nel Centro-

Sud e nelle Isole, costituiscono il limite principale di

un’ipotesi di affidamento alle strade degli incrementi di

traffico – in particolare mercantile – non assorbibili dagli

altri modi di trasporto. Questi ultimi sono infatti

pesantemente condizionati da carenze progettuali ed

organizzative, e dall’assenza di una politica dei trasporti

finalizzata a realizzare quel sistema integrato ed

intermodale più volte indicato come obiettivo della

programmazione, e mai realizzato.

Alcune stime conducono a supporre che nel corrente

decennio (2014/2024) la mobilità dei passeggeri e delle

merci richiederà nuovi investimenti infrastrutturali

soprattutto nei nodi di interscambio. La pianificazione

non dovrà più essere settoriale; dovrà avere una visione

ben coordinata nel settore delle infrastrutture, favorendo

logiche di coerenza programmatica a livello di sistema

dei trasporti, anche attraverso interventi tesi al

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 243 

miglioramento della rete esistente. L’approccio alla

pianificazione delle infrastrutture dei trasporti del futuro

dovrà essere caratterizzata anche dalla valorizzazione

dell’esistente, intervenendo soprattutto sui piccoli “colli

di bottiglia” e sugli aspetti tecnologici dei differenti settori

del comparto infrastrutturale.

Nell’immediato e nel futuro che ci attende un tema

strategico per lo sviluppo socio-economico è

l’adeguamento del patrimonio infrastrutturale esistente,

che richiede interventi di manutenzione straordinaria o

migliorativa. Argomento di studio, di ricerca e di

progettazione saranno sempre più l’adeguamento ed il

recupero, anche per nuove funzioni, dell’esistente.

Si viene determinando l’esigenza di riflettere sulla

necessità di decidere quale funzione assegnare ai

diversi elementi dei patrimoni esistenti quando si pensi

alla progettazione di nuove opere. Si rende necessario

intervenire con attività di manutenzione ordinaria,

straordinaria e con interventi di adeguamento

dell’esistente, considerando la realizzazione di nuovi

interventi quando essi possano esaltare la funzionalità

complessiva e quando essi abbiano costi ambientali ed

economici che li rendano convenienti, in quanto

elementi innovativi dell’esistente,

Un’attenzione particolare meritano le aree urbane: esse

si sono venute determinando nel tempo come

aggregazioni a città esistenti di periferie residenziali,

prevalentemente prive di servizi, ove si è venuta

concentrando una popolazione che è andata

progressivamente abbandonando aree periferiche e

marginalizzate del nostro Paese, prevalentemente

prealpine, appenniniche e collinari/montuose nelle Isole

maggiori. Quando si pensa ai molteplici disordinati

aggregati urbani la domanda è se l’adeguamento dei

patrimoni esistenti non riguardi anche questi

trasformandoli in nuove aree che abbiano riferimento al

cittadino – non più soltanto pedone, alle sue esigenze,

costruendo parti di città nelle quali i flussi veicolari non

siano più il solo elemento sul quale e per il quale

organizzare la rete e la stessa città. Per il futuro,

un’altra esigenza che si pone è quella di individuare

insiemi di Comuni, di realtà urbane, riferiti a centri di

servizio di livello “provinciale”, ben interconnessi al loro

interno, così da costituire sistemi urbani diffusi, e verso

l’esterno tramite efficienti relazioni con i corridoi stradali

e ferroviari di livello regionale ed interregionale. La

stessa politica dei trasporti dovrebbe essere rivolta a

questo obiettivo, la complessiva integrazione del

territorio nazionale, adeguando e trasformando

l’esistente.

Nel caso delle strade, l’adeguamento va inteso a dare

un supporto alla rete autostradale ed a quella

fondamentale, al livello nazionale, interregionale e

regionale, a migliorare le condizioni di sicurezza,

particolarmente precarie nella viabilità ordinaria

extraurbana, e ad assicurare migliori condizioni di

accessibilità a quella gran parte delle aree regionali,

dalle quali si continua ad assistere a esodi delle

popolazioni verso aree meglio attrezzate di servizi e di

adeguati collegamenti viari

Il quadro normativo in merito all’adeguamento delle

strade esistenti persiste in condizioni di grave carenza.

Questa situazione deve essere sanata partendo dal

presupposto di base che la riqualificazione funzionale ed

il conseguente adeguamento devono essere rivolti a

considerare il rapporto tra la strada, le caratteristiche

ambientali e gli equilibri preesistenti. Il motivo conduttore

di un complessivo progetto di adeguamento deve essere

la sostenibilità ambientale e la sicurezza intrinseca della

strada, sia che si tratti di nuova costruzione che di

adeguamento.

La finalità che ci si prefigge, in attesa di Norme

specifiche per l’adeguamento di infrastrutture viarie

esistenti, è formulare proposte per l’adattamento della

Normativa vigente al tema progettuale suddetto. In Italia

i due Decreti (D.M. 5 novembre 2001 “Norme funzionali

e geometriche per la costruzione delle strade” ed il D.M.

19 aprile 2006 “Norme funzionali e geometriche per la

costruzione delle intersezioni stradali”) sono cogenti

soltanto per la progettazione delle nuove infrastrutture e

costituiscono un mero riferimento per la progettazione di

interventi di riqualificazione funzionale e di

adeguamento di infrastrutture esistenti, adeguamento

sovente di difficile realizzazione.

La riqualificazione funzionale va intesa in termini di

ricostruzione di un sistema a rete, che distingua le

funzioni territoriali e le funzioni assolte, nell’ambito della

rete infrastrutturale della totalità dei collegamenti viari,

assicurando un’omogeneità di offerta e di livello di

servizio per le infrastrutture d’interesse locale,

provinciale, regionale o interregionale. In una corretta

prospettiva di valorizzazione della globalità delle risorse

Page 247: Ct 2 5 villani

 244 

(ambientali, economiche, etc.) non si può prescindere

dalla valutazione del ruolo che un singolo itinerario o

una singola strada assolve all’interno della rete

complessiva (nazionale, regionale, locale). La gestione

di un itinerario fondamentale (rete primaria) o di

interesse regionale di primo livello (rete principale) deve

fondarsi sullo studio di tutte le componenti la rete che

concorrono a sostenere la funzionalità dell’itinerario

stesso: devono essere individuate le caratteristiche

geometriche e di progetto dell’itinerario principale e di

quelli complementari, la localizzazione e la scelta del

tipo delle intersezioni, e devono essere attribuite

funzioni specifiche ai singoli elementi viari, e di

conseguenza le corrispondenti caratteristiche

geometriche e di progetto. Si rende necessaria quindi la

definizione di una metodologia di classificazione delle

strade esistenti, che presupponga una pianificazione

generale e di settore dalla quale far derivare progetti di

riqualificazione.

La Normativa di progettazione, la stessa impostazione

culturale della disciplina connessa alla progettazione

delle infrastrutture viarie, prevalentemente orientata al

disegno di nuove infrastrutture, è difficilmente riferibile

alla progettazione degli interventi di adeguamento

dell’esistente.

Appare proponibile inserire, nell’eventuale revisione

della Normativa, specifiche linee-guida interpretative,

almeno fintanto che non esista una Normativa più

precisamentee riferita alla progettazione degli interventi

di adeguamento dell’esistente. E si ritiene si debba

andare ad una rivisitazione delle Norme rivolta in primis

a proporre indicazioni interpretative che veda ogni

infrastruttura in termini di elemento inserito in un

contesto vincolante ed al quale si deve rapportare.

Il concetto di progetto preliminare deve essere rivisto,

evitando di intendere un itinerario come elemento

isolato. A quest’impostazione complessiva possono

essere riferite le specifiche attività di ricerca e di

progettazione, finalizzate alla sicurezza della

circolazione, in modo da ottenere un attento ridisegno

delle intersezioni, a definire e garantire l’affidabilità delle

reti infrastrutturali, a disegnare le nuove infrastrutture nel

rispetto delle molteplici caratteristiche ambientali. Il

confronto delle differenti alternative progettuali non deve

pertanto essere limitato ad un singolo tracciato: esso

deve essere inteso parte di una rete di collegamenti, di

differenti funzioni, al servizio di un dato territorio. Ne

deriva che il confronto deve avvenire tra più alternative

di rete.

2. Le infrastrutture in area urbana

Nell’ambito del patrimonio infrastrutturale esistente,

aspetti specifici riguardano le infrastrutture viarie in area

urbana; per esse si va consolidando la cultura che la

loro progettazione, quella delle infrastrutture e dei servizi

di trasporto collettivo, nonché delle interconnesse

aree/strutture per la sosta ed il parcheggio, non vanno

limitate al singolo aggregato urbano sia pure prevalente

nell’ambito di un’area quale si è venuta determinando

nel tempo. La gestione delle infrastrutture di trasporto,

riconducendone la visione dell’ambito di un sistema da

pianificare e governare secondo logiche di integrazione

e di intermodalità, non deve essere intesa come un

complesso di attività tese esclusivamente a risolvere le

problematiche di fluidificazione dei flussi veicolari.

Questa concezione infatti, ampiamente diffusa nella

pratica della pianificazione dei trasporti e nelle linee

guida e norme settoriali del recente passato, ha

determinato una progressiva perdita di identità delle

strade e dei luoghi, con progressiva compromissione

della funzione di aggregazione sociale e di valore

economico che gli spazi all’aria aperta hanno sempre

avuto nel passato. Le strade e le piazze, che

costituiscono la più grande proprietà di una comunità,

sono state trasformate da quelle opere che intendevano

collegarle tra loro, ma che hanno finito per determinarne

una degradazione, un deprezzamento, una perdita di

identità.

Attualmente disponiamo di Normative e di impostazioni

progettuali orientate a risolvere problemi di

fluidificazione del traffico, senza minimamente tenere in

considerazione l’interrelazione tra urbanistica e trasporti,

tra accessibilità e valore dei luoghi: i trasporti hanno

dovuto sempre risolvere scelte urbanistiche non sempre

fondate sull’analisi del conseguente fenomeno della

mobilità.

I flussi sono il più delle volte visti come flussi di veicoli

anziché di persone se non quando queste sono intese

Page 248: Ct 2 5 villani

 245 

come pedoni – modo di trasporto al quale vengono

lasciati spazi residuali, derivanti dal preliminare

soddisfacimento delle esigenze dei flussi veicolari,

sempre comunque dimensionati per il deflusso e non

per vivere la strada.

Usualmente, quando si progetta, per esempio,

un’infrastruttura di trasporto collettivo in sede propria, gli

obiettivi, ai quali si richiama un progettista, sono riferiti

alla realizzazione di un sistema dei trasporti integrato ed

intermodale, da raggiungere perseguendo anche

l’obiettivo dell’ottimizzazione delle risorse infrastrutturali

disponibili, con la massima attenzione all’uso ed al riuso

di quelle già esistenti sul territorio. Da questo deriva:

- un miglioramento delle condizioni di sicurezza e

dei livelli di servizio delle rete viaria;

- un miglioramento delle condizioni di

accessibilità territoriale, attraverso una riduzione dei

tempi di viaggio e dei costi di trasporto, nei riguardi dei

servizi puntuali di uso collettivo localizzati nell’aggregato

urbano di maggiori dimensioni.

Certamente l’area urbana trae vantaggio dalla

realizzazione dell’infrastruttura suddetta, in quanto

diminuisce la pressione veicolare sulla rete viaria e la

stessa esigenza di realizzare aree e strutture di

parcheggio, e quindi aumenta indubbiamente la qualità

della vita nell’area urbana. E tuttavia si ritiene che debba

essere considerato con sempre maggiore attenzione

come il sistema delle infrastrutture viarie, e tra queste

un’infrastruttura di trasporto collettivo in sede propria,

debba essere inserita per governare la localizzazione

delle attività sul territorio. Un sistema infrastrutturale di

trasporto non più solamente finalizzato a velocizzare i

collegamenti tra periferia e centro, dando un’alternativa

all’uso dell’autovettura privata, bensì rivolto a porre le

premesse per una diversa organizzazione di un’area

urbana, può essere stimato ancora di maggiore

convenienza nella valutazione delle differenti alternative

progettuali.

Dopo decenni di impostazione poco oculata nella

pianificazione delle strade urbane è maturata la

consapevolezza che occorra riqualificare le vie e gli

spazi urbani; è giunto il momento di adattare le

Normative e le impostazioni progettuali al fine di

razionalizzare ed adeguare i patrimoni strutturali ed

infrastrutturali esistenti in una logica ove la rete

relazionale sia un importante elemento di

riqualificazione del contesto del quale è parte.

Il sistema di trasporto va inteso rivolto a porre le

condizioni per una diversa organizzazione di un’area

urbana, considerata quale sistema da concepire e

progettare unitariamente attraverso una contestuale

politica di pianificazione territoriale e dei trasporti. In

questa nuova concezione una particolare attenzione

dovrà essere data a trasformare gli attuali rapporti di

dipendenza in relazioni di integrazione. Le periferie sono

destinate a svolgere un ruolo non secondario nello

sviluppo equilibrato della nuova città: devono essere

reciprocamente integrate, comprendendo in questo

disegno di riassetto il concetto di area urbana. La

riorganizzazione della stessa e del sistema dei servizi

deve essere orientata a determinare legami che

simbolizzino e concretizzino un avvenire comune, un

senso identitario di appartenenza ad un nuovo territorio

unitario.

Appare opportuno porsi una domanda in merito al peso

da attribuire al ruolo delle infrastrutture, di significato

soprattutto di riorganizzazione territoriale, rispetto alle

finalità tradizionali precedentemente citate. La qualità

della vita di un’area urbana può essere assicurata, e le

sue condizioni di degrado recuperate, da un’offerta di

trasporto, che assecondi una differente e più equilibrata

distribuzione dei servizi, distribuzione correttiva dei

tradizionali rapporti di dipendenza tra centro e periferia.

Vanno maturando i tempi perché un’area urbana o le

nuove aree metropolitane non siano più intese in quanto

costituite da centri di qualità e periferie marginali, ma da

contesti, anche di differente peso, interagenti: il disegno

di una rete infrastrutturale che sia soprattutto

relazionale, potrebbe favorire questa evoluzione.

Da tempo ci si va interrogando se tra gli obiettivi della

progettazione di una strada possa essere considerata la

sua qualità formale, se la strada debba essere

considerata un oggetto architettonico, oppure se gli

obiettivi siano prevalentemente di tipo prestazionale, e

quindi la sua sostenibilità ambientale, la sua qualità

formale debbano essere condizioni da rispettare nel

corso della progettazione: lo studio di impatto

ambientale di una infrastruttura in area urbana

comprende la valutazione formale dell’opera: ovvero

come questa sarà percepita dagli utenti, distinguendo

comunque le infrastrutture di nuova realizzazione da

quelle esistenti.

Page 249: Ct 2 5 villani

 246 

3. Strade e comportamenti di guida

In riferimento alle relazioni tra strada ed utente è nota

l’importanza del comportamento del conducente in

relazione alle caratteristiche geometriche e di progetto:

nell’ultimo decennio si sono intensificati gli studi circa le

variazioni del comportamento di guida in relazione

all’ambiente stradale. La letteratura è ricca di studi e di

modelli che forniscono ottimi spunti di riflessione

sull’importanza del ruolo assunto dall’ambiente stradale

e che include tutto ciò che è percepibile dal conducente

e ne influenza non soltanto la guida, ma interviene a

monte nella stessa scelta di un itinerario rispetto ad un

altro, a seconda delle motivazioni dello spostamento.

A seconda delle proprie esigenze, l’utenza, a fronte di

archi colleganti gli stessi nodi, esprime preferenze che

condurranno a prediligere un itinerario rispetto ad un

altro in funzione del tempo di percorrenza, del comfort,

della piacevolezza del percorso, ecc. In presenza di

contesti caratterizzati da accentuati pregi ambientali e

sui quali si intenda richiamare l’attenzione e gli

investimenti connessi al turismo culturale, deve essere

posta una particolare attenzione agli interventi di

recupero/adeguamento di infrastrutture già realizzate e

per le quali non sia stata posta adeguata cura in merito

alla loro sostenibilità ambientale. La scelta dell’itinerario

ha ripercussioni più o meno importanti sul territorio

attraversato, sia in ambito extraurbano che urbano:

possono essere sviluppati molteplici spunti di riflessione,

in riferimento alle differenti tipologie di utenti, alla

complessità dell’ambiente interessato, alle peculiarità

urbanistiche, architettoniche e, non meno importanti,

socio-economiche e culturali.

In ambiente urbano ogni infrastruttura è percepita

dall’utenza in modo differente e in modo massimamente

contrastante lo è una strada in relazione alla modalità di

spostamento. La percezione varia in relazione alla

fascia d’età di appartenenza, al livello culturale, alle

motivazioni.

I conducenti probabilmente valutano la strada in

relazione ai materiali utilizzati nelle pavimentazioni ed

allo stato di degrado di queste ultime, al livello di

congestione, alla sicurezza intrinseca, al livello di

illuminazione, al complessivo comfort di guida e quindi

al carico di lavoro mentale necessario per percorrerla.

Ma per i conducenti dei mezzi a due ruote (moto e

biciclette) la stessa strada si connota differentemente. E

una strada con pavimentazione sconnessa rappresenta

una sorta di aggravio alla concentrazione necessaria per

lo spostamento. Questo aspetto è particolarmente

rilevante anche quando l’ambiente circostante sia

gradevole ed armonicamente vario, poiché lo sguardo

del conducente potrà spostarsi verso l’esterno, in

sicurezza, soltanto se le condizioni del traffico, le

caratteristiche della sezione stradale, lo stato di

manutenzione della pavimentazione lo consente.

Gli utenti deboli, i ciclisti ed i pedoni, hanno una diversa

percezione della strada, in relazione alle diverse

esigenze, alle inferiori velocità di percorrenza ed al

livello di rischio percepito. Il ciclista ha minori possibilità

di distrarsi sull’ambiente esterno, viaggia in una

condizione di equilibrio che richiede maggiore

attenzione. Avverte in maniera più importante il degrado

delle pavimentazioni, i coni d’ombra, le intersezioni

gestite in maniera poco funzionale o non studiate anche

con riferimento alle sue esigenze, ecc. Il pedone,

invece, segue la strada percorrendone le estremità

laterali o le zone centrali, è più sensibile ai particolari ed

è anch’egli profondamente disturbato dalle situazioni di

degrado, anche perché le vive con maggior disagio, più

a lungo. Per il pedone, il degrado delle pavimentazioni

dei percorsi dedicati determina disagi più o meno gravi,

spesso inversamente proporzionali alle capacità motorie

dell’interessato. Questi percepisce diversamente anche

gli elementi di arredo della strada, che spesso

determinano la predilezione di una passeggiata rispetto

ad un altro percorso, perché più piacevole, più

rilassante, più sicura.

Infine, l’osservatore statico, se in posizione privilegiata

rispetto allo sviluppo di un’arteria urbana, avverte in

maniera diversa l’armonia tra ambiente stradale ed

abitato, spesso in maniera più o meno distaccata e

meno coinvolta: percepisce gli elementi di arredo,

magari quelli fisicamente più importanti, come il verde,

gli impianti di illuminazione, ecc.

Lungo la viabilità minore il pedone non può essere

considerato alla stregua di un veicolo, di un altro modo

di trasporto. Gli spazi riservati all’utenza pedonale o

lenta (ciclisti) non possono essere considerati residuali,

sottratti alle altre modalità di trasporto. Le stesse

dimensioni dei marciapiedi non possono essere

commisurate soltanto all’entità dei flussi pedonali.

Page 250: Ct 2 5 villani

 247 

Occorre ritrovare il senso ed il significato che avevano le

strade: luoghi pubblici riservati ai cittadini, studiati e

realizzati perché vi fosse piacevole passeggiare e

sostare, infine luoghi di socialità.

Rispettare l’ambiente significa vivere in armonia con

esso, anche se spesso ciò può significare dover

affrontare, per l’esecuzione di determinate opere,

relativamente elevati impegni economici, al fine di

tutelare il mantenimento della risorsa. Un tracciato

stradale, sia esso extraurbano che in area urbana, è un

unicum che va studiato in quanto tale in relazione

all’ambiente nel quale si sviluppa, seguendo criteri

connessi alla funzione dell’arteria, alla composizione

della corrente veicolare, alla rete di appartenenza, alla

scelta dei materiali, alla qualità dell’ambiente naturale

attraversato, alla presenza o meno di vincoli storico-

archeologici, urbanistici, alle esigenze socio-culturali del

territorio attraversato.

La progettazione è un procedimento iterativo: si arriva

alla soluzione attraverso tentativi e studi via via più

approfonditi, escludendo che il risultato del progetto sia

un prodotto da verificare alla conclusione dell’iter che ha

condotto alla definizione dell’opera e quindi alla stima

del suo costo. La valutazione ambientale e quella

formale sono parte del progetto e possono quindi

intendersi quali verifiche intermedie, di livello sempre più

approfondito nella stesura delle tre fasi di progettazione.

L’obiettivo della progettazione non può essere

distintamente la valenza ambientale e/o formale. Può

essere invece un complesso di obiettivi di tipo

prestazionale, parte anche di un eventuale progetto di

riorganizzazione territoriale, che sia raggiunto da un

tracciato sostenibile dal territorio attraversato e

formalmente congruente con il contesto.

Per tornare alle strade urbane è necessario chiedersi se

le normative disponibili possano seriamente essere

utilizzate per progettarle. Sì, se si pensa ad autostrade

urbane, a strade di scorrimento, meno se si considerano

le strade interquartiere o le strade locali. Non è solo un

problema di corretto inserimento ambientale o di valori

formali, e di disegno degli stessi elementi geometrici che

la compongono: per queste ultime il tracciato, nel tempo,

si è venuto determinando soltanto dalla disponibilità dei

“vuoti”. L’adeguamento e la progettazione delle strade

interquartiere e delle strade locali richiede attenzione ai

pedoni, ai ciclisti ed ai servizi di trasporto pubblico di

linea, in particolare, e alle esigenze connesse alla

funzione svolta.

Riferimenti Bibliografici

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Paola Villani, “Le indagini relative alla responsabilità degli enti proprietari della strada” in “Indagini e rilievi nei sinistri stradali“ Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2014

.. - + * + -...

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Immagini Google Earth e Carta Tecnica Regionale per il censimento della rete viaria: analisi di qualità e applicazione ad un caso studio

Gabriella CAROTI, Angelo PARDINI, Antonio PRATELLI DICI – Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, Università di Pisa

Sommario – Il presente lavoro si inquadra nello studio ad oggi in atto a livello ministeriale per valutare il ruolo che la viabilità minore può avere nella pianificazione delle reti di trasporto come approccio sostenibile al problema degli spostamenti. In Italia il recupero funzionale della viabilità minore come strumento di accessibilità si colloca nell'orientamento di pensiero di rivalorizzazione della dimensione locale, che riduce gli spostamenti di cose e persone (strategia del “chilometro zero”), ricostruisce il rapporto di relazione, appartenenza e cura tra uomo e territorio (visione della Convenzione europea sul paesaggio) e riduce la dispersione della presenza sul territorio a favore del rafforzamento dell'assetto insediativo storico (modello della città compatta). La valorizzazione delle reti minori, come ritorno o come motore di sviluppo, è condizione fondamentale per la promozione di stili di vita sostenibili e durevoli rifondati su un sistema di relazioni di prossimità generato dalla comune appartenenza a territori identitari (Arlotti, Laghi 2010). 1. Introduzione

Tra le tematiche affrontate dal Comitato Tecnico

Nazionale 2.5 “Strade locali extraurbane e accessibilità

alla viabilità minore”, si è evidenziata l’importanza del

ruolo svolto dalla viabilità minore e si è segnalato che

una rete di mobilità lenta possa avere piena dignità nella

pianificazione delle reti di trasporto, come garanzia di un

approccio sostenibile al problema degli spostamenti.

Dalle indagini eseguite da Comitato Tecnico risulta che,

ad oggi, non è disponibile per l’Italia il dato relativo

all’estensione complessiva della rete di viabilità minore.

In questo contesto, uno degli aspetti affrontati dal

Comitato è stato quello di stilare delle linee guida, utili ai

decisori politici e alle pubbliche amministrazioni per

elaborare il censimento della rete viaria secondaria,

basandosi sulle banche dati già disponibili a livello

territoriale e nazionale.

Stabilito che, per la rilevazione dello stato di fatto della

rete viaria secondaria è sufficiente, in questa fase, il

dettaglio e la precisione di una cartografia, aggiornata, a

scala non inferiore al 1:10000, lo scopo della presente

nota è quello di analizzare l’accuratezza geometrica

delle coordinate planimetriche fornite da Google Earth,

al fine di verificarne la possibilità di utilizzo per acquisire

quei dati utili al censimento in oggetto, ma non presenti

o non aggiornati nella cartografia ufficiale.

Come area test si è scelta la piana di Lucca, ovvero

l’insieme dei comuni di Lucca, Capannori, Porcari,

Montecarlo, Altopascio per una estensione totale pari a

circa 400 kmq.

Fig. 1: area test

In particolare:

Lucca: superficie 185,79 kmq

Capannori: superficie 155.96 kmq

Porcari: superficie 18.05 kmq

Montecarlo: superficie 15.67 kmq

Altopascio: superficie 28.58 kmq

Come base cartografica si è adottata quella prodotta, in

formato vettoriale, dalla Regine Toscana (CTRT) e

inquadrata nel sistema geodetico-cartografico Gauss-

Boaga Roma40.

Page 253: Ct 2 5 villani

250

L’area test è coperta completamente da CTRT a scala

1:10000 e solo parzialmente da quella a scala 1:2000

(limitata alle sole aree urbane).

Lo studio è stato condotto su entrambe le scale di

rappresentazione, anche se in questa nota si riportano i

risultati relativi alla sola cartografia in scala 1:10000 dato

che solo questa, abbracciando l’intera area test, fornisce

un dataset con caratteristiche metriche omogenee per il

territorio in esame.

Le immagini Google Earth che coprono l’intera area di

interesse risultano acquisite nel 2013, salvo una piccola

porzione a nord (zona più scura in fig. 2) la cui data di

acquisizione risale al 2011. Per quanto riguarda la

georeferenziazione, Google Earth adotta il sistema

geodetico globale WGS84 e visualizza le coordinate dei

punti sia in coordinate geografiche WGS84 sia piane

UTM.

Fig. 2: Copertura area test con immagini Google Earth

Lo studio è stato condotto secondo i seguenti punti che

verranno descritti nei paragrafi successivi:

- Metodologie per la trasformazione tra sistemi di

riferimento planimetrici e loro precisione.

- Valutazione della qualità del posizionamento

planimetrico mediante immagini Google Earth.

- Applicazione ad un caso studio.

2. Metodologie per la trasformazione tra sistemi di

riferimento e loro precisione

La Carta Tecnica Regionale e le immagini Google Earth

adottano sistemi di riferimento diversi e quindi per

renderle sovrapponibili è necessaria una trasformazione

di datum planimetrico.

Questa trasformazione, per sua natura, introduce degli

errori nelle coordinate trasformate la cui entità dipende

dalla metodologia e dai parametri utilizzati.

Sono state messe a confronto due metodologie: la prima

sfrutta l’algoritmo di calcolo implementato in un software

GIS diffuso e noto nelle pubbliche amministrazioni e in

campo tecnico, l’altra si basa sui dati ufficiali forniti

dall’Istituto Geografico Militare (IGM).

2.1. Trasformazione con algoritmo integrato nel

software GIS

Il software ArcGIS della ESRI, implementa una

procedura di trasformazione basata sul metodo detto

“position vector” che effettua una rototraslazione con

fattore di scala, ovvero una trasformazione di Helmert a

sette parametri. Utilizza come parametri quelli forniti

dall’European Petroleum Survey Group (EPSG) che per

l’Italia peninsulare sono codificati nell’ EPSG 1660,

Monte_Mario_To_WGS_1984_4, i cui valori sono

riportati in tabella 1.

TX [m] TY [m] TZ [m] RX [“] RY [“] RZ [“] K

-104.1 -49.1 -9.9 0.971 -2.917 0.714 -11.68

Tab. 1 – Parametri EPSG 1660.

Questi parametri hanno validità per tutto il territorio

nazionale isole escluse, ed essendo mediati su un’area

così vasta, le coordinate che ne risultano sono

caratterizzate da una precisione media e variabile da

zona a zona.

2.2. Trasformazione con i grigliati IGM

L’IGM ha reso disponibile una metodologia ufficiale da

adottare per la trasformazione fra sistemi di riferimento

sia planimetrici che altimetrici. Per quanto riguarda i

riferimenti planimetrici, questa metodica supera i

procedimenti utilizzati nel passato, affetti da varie

ambiguità e consente la conversione di coordinate in

maniera univoca.

Questo metodo si basa sulla definizione di “grigliati di

trasformazione” che riportano le variazioni di latitudine e

longitudine tra sistemi di riferimento in funzione delle

coordinate geografiche del punto considerato.

Le “correzioni di trasformazione” da applicare alle

coordinate di un generico punto, devono essere

calcolate mediante una interpolazione bilineare della

griglia. Quest’ultima procedura può essere realizzata

Page 254: Ct 2 5 villani

251

mediante il software Verto dell’IGM o mediante altri

software (ad esempio ConveRgo realizzato dal Centro

Interregionale per i Sistemi informatici, geografici e

statistici - CISIS).

2.3. Verifica di qualità della trasformazione

effettuata dall’algoritmo GIS

Dato che i parametri EPSG 1660 hanno validità per

quasi tutto il territorio nazionale è opportuno verificare la

qualità della trasformazione per il territorio interessato

dai rilievi e oggetto della ricerca per stabilirne i limiti di

utilizzo.

Sono state rilevate, con metodologia GPS in modalità

RTK, le coordinate geografiche ellissoidiche WGS84 di

21 punti di controllo distribuiti uniformemente nell’area

test e ben riconoscibili anche in CTRT.

Le coordinate geografiche WGS84 sono state

trasformate in Gauss-Boaga Roma40 sia con una

trasformazione a sette parametri rispetto ai valori

EPSG1660 sia con gli algoritmi ed i grigliati ufficiali

dell’IGM e sono state calcolate le differenze.

In tabella 2 si riportano le statistiche delle differenze tra

le coordinate ottenute con le due metodologie di cambio

di datum planimetrico (media, standard deviation=Std e

radice quadrata dell’errore quadratico medio=RMSE

Root Mean Square Error).

E N

Media (m) -0.33 0.41

Std (m) 0.03 0.04

RMSE (m) 0.33 0.42

Tab. 2: Statistiche delle differenze delle coordinate ottenute con le due metodologie di cambio di datum.

I risultati riportati in tabella 2 mostrano un sistematismo

per entrambe le componenti pari a -33 cm in Est e 41 cm

in Nord, un errore accidentale basso, pari a pochi

centimetri e un valore di RMSE complessivo pari a circa

50 cm.

Questi valori portano a considerare la trasformazione

tramite algoritmi e parametri integrati nel software

ArcGIS, soddisfacente per un uso cartografico per scale

uguali o più piccole di 1:10000. In alternativa, è

necessario provvedere a trasformazioni di datum

rigorose, che utilizzino gli algoritmi ed i grigliati distribuiti

dall’IGM.

Per ulteriore verifica, sono state acquisite le coordinate

dei 21 punti di controllo da Carta Tecnica 1:10000 e

trasformate in UTM-WGS84 secondo le due

metodologie. Sono state valutare le differenze rispetto a

quelle rilevate con metodologia GPS. Nelle tabelle 3 e 4

si riportano i valori delle statistiche.

E N

Media (m) -0.09 0.76

Std (m) 0.69 0.69

RMSE (m) 0.70 1.03

Tab. 3: Statistiche delle differenze tra coordinate dei punti di controllo da carta tecnica 1:10000 trasformate in

UTM-WGS84 con algoritmo GIS e da rilievi GPS

La tabella 3 mette in evidenza che mediamente la

trasformazione GIS sottostima la coordinata Est di circa

10 cm e sovrastima la Nord di 80cm.

E N

Media (m) 0.19 0.37

Std (m) 0.69 0.69

RMSE (m) 0.72 0.78

Tab. 4: Statistiche delle differenze tra coordinate dei punti di controllo da carta tecnica 1:10000 trasformate in

UTM-WGS84 con grigliati IGM e da rilievi GPS

La trasformazione con i grigliati IGM (tabella 4) mediamente sovrastima sia la coordinata Est sia quella Nord rispettivamente di 20 cm e 40 cm.

Fig. 3: Confronto tra rilievo GPS e carta Tecnica

trasformata con le due differenti metodologie

Page 255: Ct 2 5 villani

252

La Fig.3 permette di cogliere visivamente i risultati

riportati nelle precedenti tabelle 3 e 4.

Infatti l’analisi del valore della media degli scarti

evidenzia la presenza di un errore sistematico

significativo al 95% solo per la sola coordinata Nord

della tabella 3.

Complessivamente i risultati ottenuti confortano quanto

prima determinato.

3. Valutazione della qualità del posizionamento

planimetrico mediante immagini Google Earth

Per valutare la qualità del posizionamento planimetrico

mediante immagini Google Earth sono state realizzate

due verifiche.

Una prima verifica è stata condotta mettendo a confronto

il posizionamento da immagini Google Earth con quello

eseguito con GPS.

Sono state valutate le differenze tra le coordinate di 42

punti di controllo acquisite sulle immagini satellitari e le

loro omologhe rilevate sul campo con metodologia GPS-

RTK (tabella 5).

I risultati mettono in evidenza un sistematismo (non

statisticamente significativo) ed un errore accidentale

pari a circa 1 metro prossimo al valore della risoluzione

a terra delle immagini. L’RMSE complessivo è pari a

circa 1.5 m.

E N

Media (m) -0.18 -0.18

Std (m) 1.09 0.77

RMSE (m) 1.11 0.79

Tab. 5: Statistiche delle differenze tra coordinate UTM-WGS84 dei punti di controllo collimati sulle immagini e

rilevate con GPS.

Per il confronto con i dati cartografici, la Carta Tecnica a

scala 1:10000 dell’area test è stata trasformata in UTM-

WGS84 sia mediante l’algoritmo implementato nel

software ArcGIS sia mediante i grigliati IGM.

Nell’area test sono stati individuati 100 punti

uniformemente distribuiti e ben visibili sia sulla

cartografia sia sulle immagini Google Earth e sono state

valutate anche in questi casi le statistiche delle

differenze riportate nelle tabelle 6 e 7.

E N

Media (m) 0.29 -0.70

Std (m) 0.81 0.75

RMSE (m) 0.87 1.03

Tab. 6: Statistiche delle differenze tra coordinate UTM-WGS84 da immagini satellitari e da CTRT a scala

1:10000 trasformata con parametri EPSG

E N

Media (m) -0.01 -0.36

Std (m) 0.76 0.71

RMSE (m) 0.76 0.79

Tab. 7: Statistiche delle differenze tra coordinate UTM-WGS84 da immagini satellitari e da CTRT a scala

1:10000 trasformata con grigliati IGM

A parità di standard deviation, la trasformazione con

algoritmo ArcGIS comporta un sistematismo e un RMSE

complessivo maggiore rispetto a quella effettuata con la

procedura IGM ma in ogni caso compatibile con

l’accuratezza di una cartografia a scala 1:10000.

Fig. 4: Confronto tra immagine satellitare e cartografia trasformata sia con procedura ArcGis sia con grigliati

IGM.

La figura 4 mostra un esempio di confronto tra immagine

satellitare CTRT trasformata sia con i parametri EPSG

sia con i grigliati IGM.

4. Integrazione cartografica e risultati ottenuti

In ambiente ArcGIS 10.1, a partire dai dati della Carta

Tecnica Regionale trasformati in WGS84, si è andati ad

eseguire un’integrazione del suo contenuto utilizzando le

Page 256: Ct 2 5 villani

253

immagini satellitari. In particolare l’attenzione è stata

rivolta alla determinazione della viabilità sia primaria che

secondaria presente sul territorio analizzato.

Queste immagini, nelle versioni precedenti del software,

dovevano essere scaricate dal sito della ESRI e

successivamente caricate sul software. Con la nuova

versione, è il software stesso a collegarsi direttamente al

web ed in particolare al sito della ESRI, consentendo di

caricare direttamente le mappe sull’interfaccia del

programma.

Il sistema mette a disposizione immagini a quattro

differenti livelli, a partire dalle “world imagery”, che sono

le classiche immagini satellitari, fino a livelli di maggiore

dettaglio, in genere disponibili solo per le grandi città,

che sono “low resolution 15 m imagery”, “high resolution

60 cm imagery”, e quella a maggiore risoluzione “high

resolution 30 cm imagery”.

Dalla sovrapposizione della CTRT alle immagini

satellitari per l’intero territorio della piana di Lucca è

stato possibile osservare gli elementi di viabilità che

risultavano presenti su quest’ultime, ma non risultavano

rappresentate sulla cartografia e completare la

cartografia, aggiungendo le parti mancanti, restituendole

dalle immagini satellitari ed eliminando quelle non più

presenti nella realtà.

Complessivamente sono stati eliminati dalla CTRT

originale circa 40 km di viabilità non più presenti nella

realtà, ed aggiunti circa 260 km.

Questa integrazione cartografica è stata utilizzata

successivamente come base per uno studio di analisi

infrastrutturale. A questo proposito si mette in evidenza

l’importanza della revisione cartografica attuata che ha

dato la possibilità di riferirsi allo stato attuale della

viabilità della piana di Lucca. Se ciò non fosse stato

possibile, tutti i risultati sarebbero stati riferiti a dati di

viabilità non reali, rendendo una qualunque analisi di tipo

logistico inaffidabile.

In seguito si riportano alcune immagini che mostrano nel

dettaglio, alcune zone del territorio dove si è eseguita la

revisione della viabilità ai fini dell’analisi logistica.

Fig.5: CTR originale all’uscita dal casello di Lucca Est

In figura 5 è riportata la CTR originale all’uscita dal

casello di Lucca Est, oltre al nuovo raccordo che va dal

casello alla statale del Brennero in direzione Pisa.

Fig. 6: Elementi rimossi dalla CTR originale all’uscita dal

casello di Lucca Est.

In figura 6 si mostrano gli elementi della viabilità eliminati

dalla CTR originale perché non più esistenti nella zona

dell’uscita dal casello di Lucca Est.

Fig. 7: Integrazioni e modifiche apportate alla CTR nella

zona del casello di Lucca Est.

Page 257: Ct 2 5 villani

254

La figura 7 mostra tutte le integrazioni e le modifiche

apportate alla CTR nella zona del casello di Lucca Est.

Fig. 8: revisione della CTR riguardante la nuova viabilità

nella zona di San Vito (Lucca).

In quest’ultima immagine (fig.8) è invece riportata la

revisione della CTRT nella zona di San Vito a Lucca,

dove oggi risulta presente una nuova viabilità legata alla

costruzione di nuovi centri commerciali; si nota in

particolare la presenza di due nuovi incroci regolati da

rotatoria.

5. Conclusioni

Dall’analisi degli errori connessi alla trasformazione della

CTRT da ROMA40 a WGS84 con algoritmi e parametri

integrati nel software ArcGIS, si può concludere che

questi possono essere utilizzati per un uso cartografico

per scale uguali o più piccole di 1:10000. In alternativa, è

necessario provvedere a trasformazioni di datum

rigorose, che utilizzino gli algoritmi ed i grigliati distribuiti

dall’IGM.

L’analisi qualità del posizionamento planimetrico

mediante immagini Google Earth ha evidenziato che per

l’area test questa è compatibile con l’accuratezza di una

cartografia a scala 1:10000.

I risultati di queste analisi hanno indotto ad utilizzare le

immagini Google Earth per integrare il contenuto della

cartografia a scala 1:10000 della Regione Toscana per

la viabilità.

La revisione dei dati relativi alla viabilità della piana di

Lucca è risultata relativamente semplice e fondamentale

per uno studio di analisi di tipo logistico affidabile.

Si è notata una differenza tra le cartografie dei diversi

comuni, infatti, sul comune di Lucca, si sono sempre

ottenute precisioni inferiori rispetto alla piana in generale

e rispetto agli altri comuni singolarmente; questo può

essere imputabile a particolari deformazioni localizzate

che dovranno essere di volta in volta valutate.

Bibliografia

G. Arlotti, R. Laghi, “Criteri per la pianificazione e la gestione delle reti di viabilità minore e rurale” Atti del XXVI Convegno Nazionale Stradale AIPCR - Comitato Tecnico A.4 - “Strade locali extraurbane e accessibilità alla viabilità maggiore”, Roma, 27 - 30 ottobre 2010 V. Casella, M. Franzini, B. Padova, “L'accuratezza delle immagini Google-Earth: un caso-studio sulla città di Pavia” in GeoMEDIA, n. 1, 2011, pp. 28-30 V. Casella, M. Franzini, B. Padova, A. Spalla, M. G. Bruneo, “L'accuratezza della georeferenziazione delle immagini Google Earth: un caso studio sul Comune di Pavia”. Atti 14a Conferenza Nazionale ASITA. Brescia, 2010 G. Borruso, “Nuovi strumenti di diffusione e comunicazione geografica, cartografia e gis. Utilizzabilità e confronti”. Atti 11a Conferenza Nazionale ASITA. Torino. 2007

Page 258: Ct 2 5 villani

 

255

 

 

 

LA MANUTENZIONE ORDINARIA DELLE STRADE URBANE ED EXTRAURBANE

Paola Villani Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale - Politecnico di Milano

Introduzione

Negli ultimi anni molti Enti hanno emanato Ordinanze

volte ad assegnare ai privati la responsabilità della

manutenzione delle specie arboree lungo le strade

urbane ed extraurbane. Non si può disgiungere questa

deregulation dal dissesto idrogeologico che interessa

ormai l’intero territorio italiano.

1. Natura giuridica, classificazione e manutenzione e

della sede stradale

In primis occorre valutare quale sia la natura giuridica

della strada: per tutte le strade pubbliche (ed il nostro

ordinamento non prevede la definizione “parzialmente

pubbliche”) tutte le opere di urbanizzazione (manto

stradale, illuminazione ecc.), e quelle inerenti alla

circolazione (segnaletica orizzontale e verticale)

riguardano la competenza degli Enti proprietari o gestori

delle strade, e tutte le controversie instaurate dovute

dall'inerzia del Comune ad effettuare la manutenzione

della strada, potrebbero essere sollevate innanzi al

Giudice Ordinario (Cassazione, Sezioni unite,

28500/2005). Dello stesso parere il Ministero delle

Infrastrutture che con nota del 2 febbraio 2012 evidenzia

come una strada è ad uso pubblico quando può essere

usata direttamente e legittimamente da chiunque,

indipendentemente dal fatto che sia di proprietà pubblica

o privata. Ai sensi dell’art.2, c.1. del Codice della Strada,

infatti, ai fini dell’applicazione delle norme dello stesso

Codice, si definisce “strada” l’area ad uso pubblico

destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli

animali. A tal riguardo non rileva la “proprietà” del

manufatto, ma unicamente il suo “uso”; pertanto se esso

è aperto al pubblico passaggio è anche soggetto alla

disciplina del Codice. Vero è che se l’area in cui in cui si

svolge la circolazione è privata e non soggetta a pubblico

passaggio non possono esservi applicate le norme del

Codice della Strada, si deve trattare, però, di un’area non

solo di proprietà privata ma anche dalla quale sia del tutto

escluso il pubblico passaggio di veicoli, animali e pedoni.

L’elemento di differenziazione consiste nella presenza o

meno di transito indiscriminato di persone: qualora

l’accesso all’area sia precluso alla generalità dei cittadini

o sia limitato solo a determinati soggetti, non si è in

presenza di un’area soggetta a pubblico passaggio. Sul

piano pratico di solito l’accesso a strade private è

regolato da sistemi di sbarramento ed evidenziato da

cartelli o pannelli indicatori.

Nel caso in cui la strada usufruisca di servizi pubblici quali

illuminazione e segnaletica orizzontale e verticale

quest’ultima compete all’Ente proprietario della strada e

quindi ai Comuni per tutte le strade private aperte all’uso

pubblico (ai sensi del CdS, art.37, comma 1, lett. “c”).

Molti Comuni però non hanno provveduto alla

classificazione 1 e, laddove lo ritengano conveniente,

procedono accollando ai singoli le opere di manutenzione

ordinaria: su tale argomento si è pronunciata la

Cassazione Civile (Sezione III, 4 gennaio 2010 n.7): “se

un Comune consente alla collettività l’utilizzazione, per

pubblico transito, di un’area di proprietà privata assume

                                                            1 Si veda il Capitolo di Antonio Cataldo, Alessandro Di

Graziano, Paola Villani “Il censimento delle strade appartenenti alla rete extraurbana: aspetti metodologici e normativi “ in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014

Page 259: Ct 2 5 villani

 

256

 

l’obbligo di accertarsi che la manutenzione dell’area e dei

relativi manufatti non sia trascurata; e l’inosservanza di

tale dovere di sorveglianza, che costituisce un obbligo

primario della P.A., per il principio del neminem laedere,

integra gli estremi della colpa e determina la

responsabilità per il danno cagionato all’utente dell’area,

nulla rilevando che l’obbligo della manutenzione incomba

sul proprietario dell’area.”

Ai Comuni compete quindi la sorveglianza sul

mantenimento in buone condizioni delle strade private ad

uso pubblico la cui manutenzione e pulizia sono d’obbligo

del privato nonché proprietario della strada come previsto

dall’art.14 del Codice della Strada. Occorre però

rammentare come, qualora lungo la sede stradale o il

marciapiede, un ammaloramento comunque

determinatosi possa essere causa di infortunio ai danni di

un qualsiasi soggetto ivi transitante e quindi tale

infortunio possa essere considerato insidia (ad esempio,

determinata dall’assenza di idonea illuminazione oppure

per la presenza di ghiaccio) vi sarà la necessità di capire

in capo a chi debba gravare la responsabilità risarcitoria.

Qualora il tratto stradale, sia aperto al pubblico transito

(veicolare o pedonale), quindi non inibito al passaggio,

devono necessariamente subentrare diverse ed ulteriori

riflessioni. Intanto, la norma civilistica sulla quale

incardinare il ragionamento iniziale è l’art. 2051 del

Codice, che prevede come ciascuno sia “responsabile

del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo

che provi il caso fortuito”. Il significato della Norma in

questione va interpretato nel senso che grava in capo al

danneggiato la dimostrazione del nesso eziologico tra la

situazione di fatto ed il verificarsi del danno-evento,

mentre l’onere probatorio di esclusione dalla

responsabilità (caso fortuito) resta un adempimento

essenziale di stretta competenza del custode del bene.

La Suprema Corte di Cassazione ha riconfermato2 tale

assunto, affermando che il soggetto che intenda essere

risarcito deve dimostrare le anomale condizioni della

sede stradale unitamente all’idoneità della stessa ad aver

provocato il sinistro, mentre contrariamente il custode

convenuto deve provare l’inidoneità, in concreto, della

situazione occorsa ad aver provocato l’incidente, o la

colpa del danneggiato, od ancora ulteriori fatti idonei ad

                                                            2 Suprema Corte di Cassazione, Sentenza 18.12.2009, n.

26571 

“interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene

ed il danno”. Prima facie ne conseguirà come l’ente

pubblico sia responsabile per danni3, in qualità di custode

del bene, anche nel caso in cui il tratto (sede stradale o

marciapiede) non sia di natura demaniale.

Analizzando quindi il caso non infrequente della

sussistenza di una servitù di pubblico transito gravante su

una porzione di proprietà privata, è dato evincere che per

tale fattispecie la separazione netta già analizzata non

potrà più essere tale, ed i pronunciamenti

giurisprudenziali, orientatisi nel tempo verso decisioni più

favorevoli al danneggiato, lo hanno apprezzabilmente

dimostrato; infatti, se il potere di inibizione al transito

(veicolare o pedonale) di cui dispone il privato, già

consente allo stesso di porsi in condizioni di riduzione del

rischio risarcitorio derivanti da infortuni, risulta pacifico

che tale potere mai potrà essere legittimamente

esercitato in presenza di una servitù di pubblico transito.

Allora, la ricerca della responsabilità oggettiva così come

statuita dall’anzidetto art. 2051, andrà attagliata a

delimitazioni di rischio connotate da principi non sempre

coincidenti dal momento in cui la giurisprudenza di merito

ha ritenuto estensibili gli obblighi di manutenzione

dell’Ente Pubblico anche per la sede stradale (ivi

comprese le pertinenze ovvero fossi di guardia,

banchine, marciapiedi laterali), per il solo presupposto di

far parte della struttura di una strada aperta al pubblico

transito. La giurisprudenza 4 , ritiene che debbano

rientrare nella proprietà pubblica dell’ente proprietario

della strada e in particolare dell’Ente comunale tutte le

strade con le relative pertinenze e, fra queste, banchine,

fossi di guardia e marciapiedi.

Infatti così recita il Codice della Strada, art. 3 comma 1:

21) Fascia di pertinenza: striscia di terreno compresa

tra la carreggiata ed il confine stradale. È parte della

proprietà stradale e può essere utilizzata solo per la

realizzazione di altre parti della strada.

e per i danni cagionati dalle buche presenti sulla sede

stradale, ivi compresi gli eventuali marciapiedi, ne

                                                            3 Cassazione Civile , Sez. III, Sentenza 06.06.2008 n.

15042 4 Suprema Corte di Cassazione, Sezione III. Sentenza n.

16226 del 03.08.2005, e Sentenza n. 16770 del 21.07.2006 

Page 260: Ct 2 5 villani

 

257

 

risponde l'ente pubblico territoriale, tenuto conto della

definizione di strada e marciapiede di cui agli artt. 2 e 3

del Codice della Strada.

La Giurisprudenza è concorde nel ricondurre all’ente

pubblico, oltre la responsabilità per i danni cagionati agli

infortunati, anche gli obblighi manutentivi dei manufatti

qualora ricadenti nelle fasce di pertinenza poiché,

essendo aree destinate al transito di un numero indefinito

di veicoli o persone, sono sempre e comunque di uso

pubblico con conseguente configurabilità dei

poteri-doveri di cui agli artt. 823 ed 825 del Codice

Civile(5).

Le recenti Ordinanze emesse6 non giustificano condotte

omissive da parte della Pubblica Amministrazione, che

                                                            5 Art. 823. Condizione giuridica del demanio pubblico. I beni che fanno parte del demanio pubblico, sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice. Art. 825. Diritti demaniali su beni altrui. Sono parimenti soggetti al regime del demanio pubblico i diritti reali che spettano allo Stato, alle province e ai comuni su beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi. 6 Si vedano a titolo di esempio le seguenti Ordinanze:  Comune di Marentino (TO) - Ordinanza di manutenzione vegetazione lungo le strade provinciali comunali e vicinali aperte al pubblico transito http://www.comune.marentino.to.it/upload/doc_pubblicazioni/362_ORDINANZA%2015%202013.pdf ; Comune di Cercemaggiore (CB) - Ordinanza di manutenzione vegetazione lungo le strade comunali interpoderali e vicinali aperte al pubblico http://www.comune.cercemaggiore.cb.it/cercemaggiore/images/Ordinanza_12.pdf

Comune di Belluno – Manutenzione vegetazione lungo le strade comunali – Ordinanza n. 67 del 05/04/2012 http://cdn1.regione.veneto.it/alfstreaming-servlet/streamer/resourceId/9d183c7e-fccb-4fd9-a755-10bd49bd97e1/manutenzioneverde

Comune di Potenza – Obbligo di corretta manutenzione della vegetazione lungo strade, ferrovie e percorsi pedonali di uso pubblico. Ordinanza n. 69 del 22 maggio 2012 http://www.comune.potenza.it/index.php/ambiente142/5902-obbligo-di-corretta-manutenzione-della-vegetazione-lungo-strade

Comune di Campomorone (GE) – Avviso alla cittadinanza per manutenzione vegetazione lungo le strade pubbliche e di uso pubblico - Ordinanza n. 8 del 27/1/2009 http://www.comune.campomorone.ge.it/pdf/urbanistica/Taglio%20alberi.pdf

pur di evitare la manutenzione ordinaria ha ritenuto

opportuno non ritenersi responsabile della stessa ed

accollare ai privati dei fondi latistanti gli oneri di

manutenzione che non avrebbero mai dovuto essere loro

imputati.

A nulla può valere infatti – come si legge ad esempio

nelle Ordinanze dei Comuni di Erice, Collegno e Belluno

- obbligare i privati alla “rimozione da fossi di guardia7 e

cunette di ogni ostacolo che impedisca il normale

deflusso delle acque o che possa modificarne il livello”,

“di eseguire o far eseguire la pulizia dei fossi laterali alle

strade, rivi, cunette e ripe invasi dal terreno” “Considerato

che: la vegetazione che invade la sede viaria e/o i

marciapiedi ed i passaggi pedonali; i rami di piante poste

a dimora in giardini, terreni agricoli ovvero in aree incolte

o boscate, che invadono la sede stradale, ostacolando il

normale transito; le piante, poste lungo il ciglio delle

strade, con evidente pendenza del tronco e proiezione

della chioma sulla sede viaria; le piante, con seccumi,

marcescenza e rami spezzati, a seguito di passati eventi

meteorologici avversi, siano suscettibili di caduta sulla

sede viaria prospiciente; le piantagioni (alberi, arbusti,

rampicanti) collocate in posizione tale da avere il fogliame

che, staccatosi da esse, cada in fossi e cunette a lato

delle strade, con conseguente minore efficienza del

sistema di raccolte delle acque meteoriche in caso di

precipitazioni atmosferiche; costituiscono grave

                                                                                             Comune di Fiano Romano - Eliminazione sterpaglie e pulitura terreni - Prevenzione rischio incendi - Ordinanza n. 88 del 25.06.2012 http://www.comune.fianoromano.rm.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2311:eliminazione-sterpaglie-e-pulitura-terreni-prevenzione-rischio-incendi&catid=34&Itemid=144

Comune di Collegno (TO) – Pulizia e manutenzione dei terreni e delle aree limitrofe alle strade provinciali e comunali per la salvaguardia della circolazione stradale, per il decoro e la salvaguardia dell’igiene e della salute pubblica. Comune di La Loggia (TO) - Manutenzione aree verdi confinanti con strade provinciali comunali e private di uso pubblico ai fini della sicurezza http://www.comune.laloggia.to.it/upload/laloggia_ecm8/notizie/ordinanza_19128_2028.pdf

Comune di Erice (TP) http://www.comune.erice.tp.it/notizie/3686-ordinanza-sindacale-n-146-2014-regimentazione-acque-superficiali-suoli-pubblici-e-privati

Comune di Montegiorgio (AP) - Ordinanza relativa alla manutenzione di aree private, fossi, rivi e scolatori - Ordinanza n. 55 del 4/06/2012 http://comune.montegiorgio.fm.it/index.php?action=index&p=1348

7 Fossi di guardia e cunette definiti “alveo del corso d’acqua” nell’Ordinanza del Comune di Erice (TP)

Page 261: Ct 2 5 villani

 

258

 

limitazione alla fruizione in sicurezza delle strade

pubbliche e di uso pubblico, sia veicolare che pedonale;”,

- obbligare i privati ad una gestione delle specie arboree

che insistono sulla sede stradale.

Infatti, neppure considerando una eventuale ripartizione

degli oneri di manutenzione, l’Ente pubblico può sottrarsi

o “ordinare” ai privati opere manutentive lungo le strade

provinciali, comunali (e anche lungo infrastrutture

ferroviarie); opere che non competono e non possono

competere ai privati, sebbene gli Enti locali ritengano di

ottemperare tramite Ordinanze alle opportune

segnalazioni effettuate dalle Forze dell’Ordine 8 che

indicano la necessità di eseguire opere manutentive

poste principalmente a salvaguardia dell’incolumità delle

persone.

In difetto, ogni accadimento andrà valutato attentamente

al fine di accertare, specificatamente, se vi possa essere,

o meno, inferenza con i casi giurisprudenziali innanzi

esplicati od ancora, diversamente, la corresponsabilità di

più parti.

Per la definizione di “strada”, assume rilievo, ai sensi

dell’art. 2, comma primo, del Codice della Strada, la

destinazione di una determinata superficie ad uso

pubblico, e non la titolarità pubblica o privata della

proprietà. L’art. 14 del Codice della Strada assegna agli

Enti proprietari della strada il compito di provvedere alla

manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale, e

tale obbligo si estende sino ai marciapiedi e non si

estende alle aree estranee circostanti, in particolare alle

ripe site nei fondi laterali alle strade che, ai sensi

dell’art.31 del Codice della Strada, devono essere

mantenute dai proprietari delle medesime in modo da

impedire e prevenire situazioni di pericolo connesse a

franamenti e cedimenti del corpo stradale o delle opere di

sostegno, l’ingombro delle pertinenze e della sede

stradale, nonché la caduta di massi o altro materiale,

qualora siano immediatamente sovrastanti o sottostanti,

in taglio o in riporto nel terreno preesistente alla strada, la

scarpata del corpo stradale.

                                                            8 Stazione dei Carabinieri di Fulgatore (TP), Nota sulle criticità

verificatesi in data 10 e 11 marzo 2014   http://www.comune.erice.tp.it/attachments/article/3686/Nota%20Stazione%20Carabinieri%20di%20Fulgatore.pdf

 

2. La manutenzione nella fascia di pertinenza

Deve quindi essere analizzato a chi competano gli

obblighi manutentivi, ordinari e straordinari, previsti ai fini

della sicurezza, che incombono sui proprietari e gli aventi

titolo dei terreni confinanti con il “corpo stradale”.

Occorre analizzare in primis l’art. 3, comma 10, del

Codice della Strada

“ 10) Confine stradale: limite della proprietà stradale

quale risulta dagli atti di acquisizione o dalle fasce di

esproprio del progetto approvato; in mancanza, il

confine è costituito dal ciglio esterno del fosso di

guardia o della cunetta, ove esistenti, o dal piede

della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio

superiore della scarpata se la strada è in trincea.”.

Il D.lgs n. 285 del 1992 stabilisce quindi come, qualora

non vi siano stati atti di acquisizione o fasce di

esproprio, il “confine stradale” è identificato “ nel ciglio

esterno del fosso di guardia o della cunetta ”, e quindi

tutta la sede stradale ricompresa sino a questi punti9

determini come gli obblighi manutentivi (ivi compresi gli

sfalci della vegetazione, il taglio dei polloni, la rettifica dei

rami eventualmente insistenti sulla strada e che non

siano legittimamente addossabili ai privati) siano onere e

responsabilità dell’Ente proprietario della strada.

Molte Ordinanze, appellandosi ai Regolamenti

Comunali10 obbligano i privati alla manutenzione di parte

della sede stradale, spesso dimenticando come dal punto

di vista tecnico la definizione di corpo stradale includa

banchine e marciapiedi.

Le Pubbliche Amministrazioni provvedono quindi a

comminare sanzioni laddove, ai sensi del

summenzionato art. 3 comma 10, banchine e fossi di

guardia sono certamente inclusi nel confine stradale e

pertanto non possano essere applicate sanzioni ai privati

proprietari dei fondi latistanti. Infatti, sebbene i

Regolamento di Polizia recitino correttamente la Norma,

                                                            9 Art. 3, comma 19, del Codice della Strada “19) Cunetta:

manufatto destinato allo smaltimento delle acque meteoriche o di drenaggio, realizzato longitudinalmente od anche trasversalmente all'andamento della strada.” 10 Si veda ad esempio il Regolamento di Polizia del Comune di Vigevano “ Articolo 76 VERDE PRIVATO Il verde condominiale e gli spazi privati prospettanti la pubblica via debbono essere mantenuti in condizioni decorose da parte dei proprietari o locatari. I rami degli alberi e/o le siepi che si protendono sulla pubblica via, fermo restando le prescrizioni del vigente codice della strada, devono essere costantemente regolarizzati in modo da evitare che fuoriescano dal confine di proprietà.”

Page 262: Ct 2 5 villani

 

259

 

tutto dipende da due fattori (acquisizione nel pubblico

demanio e precedente esproprio):

- se si tratta di strada pubblica ovvero anche la fascia di

pertinenza è stata acquisita dal demanio e quindi

precedentemente espropriata e sono stati corrisposti ai

privati gli oneri di esproprio, i Regolamenti Comunali che

obbligano alla manutenzione sono corretti;

- se si tratta di strada pubblica ma la fascia di pertinenza

non è mai stata acquisita e precedentemente espropriata

dall’ente pubblico, gli oneri della manutenzione, sino al

limite del confine stradale (ciglio esterno del fosso di

guardia o della cunetta) competono all’ente proprietario

della strada.

Infatti qualora decada per parte della sede stradale (sia

questa parte della sede stessa, una banchina o un

marciapiede) il concetto di strada pubblica, considerati i

sopracitati motivi, subentra quanto riportato nel disposto

normativo di cui all’art. 14 Codice della Strada che così

recita “ Art. 14. Poteri e compiti degli enti proprietari

delle strade 1. Gli enti proprietari delle strade, allo

scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della

circolazione, provvedono: a) alla manutenzione,

gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e

arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al

controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative

pertinenze; c) alla apposizione e manutenzione della

segnaletica prescritta. ...” .

E se decade il concetto di strada pubblica correttamente

possono essere applicati11 gli art. 895 e 896 del Codice

Civile rammentando però due importanti fattori :

- il divieto di reimpiantare alberi a distanza non legale,

sia che si tratti anche di un solo albero morto o

abbattuto, non si applica quando gli alberi fanno parte

di un filare;

- i proprietari dei fondi latistanti possono sempre

essere costretti a tagliare i rami che si protendano

                                                            11 Codice Civile, art. 895 Divieto di ripiantare alberi a

distanza non legale. Se si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore di quelle sopra indicate, e l'albero muore o viene reciso o abbattuto, il vicino non può sostituirlo, se non osservando la distanza legale. La disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un filare situato lungo il confine. Art. 896 Recisione di rami protesi e di radici. Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali.

sulla sede stradale soltanto qualora la stessa sede sia

stata acquisita / espropriata dall’Ente proprietario

della strada altrimenti si entra nelle more dell’art. 3

comma 10 e la manutenzione della sede stradale sino

al confine (ciglio esterno del fosso di guardia)

compete all’Ente pubblico.

Qualora vengano elevate sanzioni ai sensi dell’art. 29 del

Codice della Strada12 occorre rimarcare come, sino al

confine stradale, la manutenzione sia in capo all’Ente

proprietario della strada13. E il confine stradale include

totalmente la pulizia di fossi di guardia e cunette e per

questo motivo molte Ordinanze disattendono la

Normativa vigente.

3. La manutenzione delle ripe

Per quanto attiene invece la manutenzione dei terreni

scoscesi (ripe14) lungo le strade, sia a valle sia a monte, i

proprietari dei fondi latistanti sono obbligati 15 a

provvedere, in modo tale da impedire franamenti o

cedimenti del corpo stradale. La manutenzione include

tutti i fabbricati e le opere di contenimento di qualunque

genere ed è volta sia ad evitare qualsiasi

scoscendimento del terreno sia il potenziale ingombro

delle pertinenze della sede stradale prevenendo

                                                            12 Codice della Strada, articolo 29: Piantagioni e siepi. 1. I

proprietari confinanti hanno l’obbligo di mantenere le siepi in modo da non restringere o danneggiare la strada o l’autostrada e di tagliare i rami delle piante che si protendono oltre il confine stradale e che nascondono la segnaletica o che ne compromettono comunque la leggibilità dalla distanza e dalla angolazione necessarie. 2.Qualora per effetto di intemperie o per qualsiasi altra causa vengano a cadere sul piano stradale alberi piantati in terreni laterali o ramaglie di qualsiasi specie e dimensioni, il proprietario di essi è tenuto a rimuoverli nel più breve tempo possibile. 3.Chiunque viola le disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da €159,00 a €639,00. 4.Alla violazione delle precedenti disposizioni consegue la sanzione amministrativa accessoria dell’obbligo, per l’autore della stessa, del ripristino a sue spese dei luoghi o della rimozione delle opere abusive secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI. 13 Di questo stesso avviso anche il Parere del Ministero

dei Trasporti e delle Infrastrutture – Divisione Generale per la Sicurezza Stradale – Prot. 0007281 del 19/12/2012  14 Questo termine non agevola la comprensione del

disposto normativo in quanto in molte regioni italiane con il termine “ripe” si intendono le sponde di fiumi e corsi d’acqua. 15 Art. 30 e 31- del Codice della Strada (D.Lgs. 285 del

30.04.1992 e ssm)

Page 263: Ct 2 5 villani

 

260

 

l’eventuale caduta di massi o di altro materiale sulla

strada.

4. La manutenzione delle alberate stradali

L’errata Sentenza della Cassazione analizzata nel

precedente capitolo 16 ha determinato per molti Enti

pubblici una preoccupazione, infondata, relativa alla

presenza di alberi o filari di alberi all’interno delle fasce di

pertinenza e di rispetto. Preoccupazione infondata in

quanto17 una precedente Sentenza si era già espressa

sul tema, precisando come per quanto attiene la

pericolosità delle cose inerti (le specie arboree) non si

possa prescindere dal contesto dato: in un modello

relazionale standard (contesto extraurbano ad esempio)

l’ipotesi che dietro una curva vi possano essere filari di

alberi prossimi alla sede stradale rappresenta la norma.

Quindi, un’essenza arborea (cosa inerte per eccellenza)

deve essere percepita nel suo normale interagire col

contesto dato e tale cosa inerte non può definirsi

pericolosa a prescindere ma soltanto qualora sia del tutto

avulsa dal contesto. Con questa Sentenza 18 è stato

rigettato un ricorso di risarcimento danni contro un

Comune, citato in causa a seguito di un impatto contro

un ramo di un albero lungo la sede stradale (strada

urbana). I Giudici della Suprema Corte hanno stabilito

come il tronco ed i rami dell'albero in questione fossero

perfettamente visibili.

5. Conclusioni

Nel caso di specie arboree ubicate all’interno della fascia

di pertinenza la manutenzione delle stesse è un obbligo

dell’Ente proprietario della strada.

Per quanto attiene la presenza di specie arboree

all’interno delle fasce di rispetto tutto dipende dalla

classificazione della strada. In assenza di classificazione

stradale e in assenza degli strumenti urbanistici vigenti la

larghezza stessa della fascia di rispetto muta in modo

sensibile. Ora, se il Codice della Strada vieta le nuove

piantumazioni, nulla può essere addotto a livello

                                                           16 Angelo Porta, Paola Villani “Fasce di rispetto e alberate stradali: normativa “ in questo stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014. 17 Cassazione, Sez. III civile, Sentenza 04.11.2003 n°

16527 18 ibidem 

normativo (oltre ai già esaminati articoli) per quanto

attiene il patrimonio arboreo esistente che deve essere

tutelato in quanto paesaggisticamente rilevante19 se non

fondamentale.

A tutto questo si aggiunga il ruolo svolto dalle specie

arboree sul microclima, sul drenaggio dell'acqua, sullo

spessore dello strato utile di terreno, sulla tenuta dei

versanti.

Castagnole Monferrato (AT)

Riferimenti e siti web

www.osservatoriodelpaesaggio.org, www.legambientevaltriversa.it

                                                           19

 Per ogni abbattimento o capitozzatura si può procedere soltanto nei casi in cui le singole specie arboree o i filari di alberi non siano oggetto di vincolo paesaggistico o possano esservi ricomprese ai sensi dell’articolo 10 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137" pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004 - Supplemento Ordinario n. 28, che così recita: “art. 10 comma 1 1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonche' ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.; art. 10 comma 3 punto a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1; ; art. 10, comma 4 punto g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico; comma 3 punto d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;”

Page 264: Ct 2 5 villani

 

261

 

Regolamento di tutela del patrimonio arboreo – Comune di Olgiate Comasco (CO) http://www.comune.olgiate-comasco.co.it/upload/File/Regolamento_tutela_Patrimonio_Arboreo.pdf

Regolamento per l’abbattimento del patrimonio arboreo – Comune di Firenze http://centroservizi.lineacomune.it/ssproxy/comune_di_firenze/ambiente/verde_pubblico/abbattimento_alberi/tutela_patrimonio_arboreo.html

Castell’Alfero (AT)

Cassinasco (AT)

Bibliografia

Paola Villani, “Le indagini relative alla responsabilità degli enti proprietari della strada” in “Indagini e rilievi nei sinistri stradali“ Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2014 Paola Villani, “Le possibili responsabilità tecniche per l'ente proprietario della strada nei casi di sinistro mortale o con feriti gravi ” Atti del Seminario organizzato da Il Circolo dei Tredici “La fase indagine nell’ambito del sinistro stradale”, Salone del Parlamento, Castello di Udine, 30 maggio 2014

.. - + * + -...

Page 265: Ct 2 5 villani

262

FASCE DI RISPETTO E ALBERATE STRADALI: NORMATIVA Marco Devecchi*, Angelo Porta**, Paola Villani***

* Università degli Studi di Torino

** Legambiente

*** Politecnico di Milano

Introduzione

“E’ possibile conciliare la sicurezza dei conducenti e la

presenza delle piante?”

Il presente Capitolo entra nel merito di una problematica

che non è annoverata come vexata quaestio. Difficile

reperire documentazione sul tema, pochissime le

pubblicazioni tecniche o giuridiche. Il tema è divenuto di

attualità a seguito di una Sentenza della Corte di

Cassazione1 che si è espressa in merito ad un incidente

stradale mortale causato dalla fuoriuscita del veicolo e

successivo impatto contro un albero “che si trovava a

meno di sei metri dal confine stradale, e quindi in

posizione non consentita”.

Il punto è quindi il seguente: è consentita la presenza di

alberi all’interno delle fasce di pertinenza e delle fasce di

rispetto?

1. La Sentenza

L’albero in questione si trovava all’interno di un’area

ANAS e la Sentenza ha respinto il ricorso in quanto “ai

sensi dell'art. 3 C.d.S., p. 10, il confine stradale si

identifica con il limite della sede stradale che, come

correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, non

può ritenersi identificarsi con la striscia bianca continua,

bensì deve ritenersi individuabile quanto meno dalla fine

del manto di asfalto, manto comprensivo anche della

cosiddetta banchina.”

1 Cassazione, Sez. IV, Sentenza n. 17601 del 15/04/2010

La Sentenza della Cassazione2 viene ora citata come

principio giuridico per la sicurezza stradale e la posa in

2 Ibidem: “Ai sensi dell'art. 40 C.d.S., "i margini della

carreggiata sono segnalati con strisce di colore bianco" e, pertanto, la striscia bianca in questione rappresenta il limite della carreggiata (esclusa la banchina) e non invece di tutta la strada (banchina compresa). Tanto premesso si osserva che assolutamente incongrue sono le argomentazioni del ricorrente secondo cui, premesso che l'albero contro cui l'autovettura con a bordo la signora C. ha impattato si trovava su di un'area di proprietà ed uso esclusivo dell'Anas, unica valida fonte giuridica di riferimento sarebbe il D.M. Lavori Pubblici 18 febbraio 1992, n. 223, art. 3 dell'allegato 1 e non già l'art. 26 reg. C.d.S., il quale costituisce applicazione dell'art. 16 stesso Codice. Le due norme in questione, invece, ad avviso del ricorrente, non potrebbero trovare applicazione perché si riferiscono esclusivamente ai proprietari dei fondi confinanti con la proprietà stradale. Il ricorrente, peraltro, si sofferma soltanto sull'art. 16 C.d.S., comma 1, che si riferisce ai proprietari dei fondi confinanti e non già sul predetto articolo, comma 2 che invece fa riferimento all'art. 26 reg. att. C.d.S.. Invece, come correttamente rilevato dai giudici di merito, è pacifico che l'albero si trovasse a meno di sei metri dal confine stradale, e quindi in posizione non consentita, e pertanto è appunto l'art. 26 sopra indicato che trova applicazione nella fattispecie che ci occupa, il quale, al n. 6, prevede che gli alberi non possano trovarsi a meno di sei metri dal confine stradale, norma all'evidenza finalizzata alla tutela della sicurezza degli utenti della strada, mentre non può trovare applicazione la disposizione di cui all'all. 1 D.M. Lavori pubblici (D.M. 18 febbraio 1992, n. 223), che prevede che detta distanza non possa essere inferiore a metri 5, atteso che il regolamento al Codice della Strada è entrato in vigore nel dicembre 1992, successivamente quindi al D.M. di cui sopra.” Da qui dunque la condanna a un anno e sei mesi poiché l’ANAS non ha provveduto alla messa in sicurezza, della strada statale 75 “Centrale Umbra”, cinta di alberi secolari “predisponendo un idoneo guardrail nel tratto di strada dove si trovava la pianta”. E con questa (incredibile) Sentenza la Suprema Corte ha condannato per omicidio colposo il capo cantoniere dell’Anas di Foligno, reo di aver determinato il decesso di

Page 266: Ct 2 5 villani

263

opera di guardrail lungo le strade secolari. La Sentenza

ha stabilito come gli alberi collocati nella fascia di rispetto

di 6 metri (per le strade extraurbane) siano quindi

fuorilegge. Molti quotidiani hanno poi riportato la notizia

corredandola di significati che non trovano, come

vedremo a breve, alcuna applicazione, mettendo però in

allarme le associazioni ambientaliste e quanti amano le

alberature stradali.

La questione verte principalmente sul fatto che l’articolo

26 del Regolamento stabilisce come la distanza “non può

essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per

ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo

vegetativo e comunque non inferiore a 6 metri”.

E la Norma è sempre stata considerata – come tutte le

Norme - non retroattiva3 e, come è noto le Sentenze,

anche quelle della Cassazione non hanno valenza dal

punto di vista giuridico4 e ha sentenziato come il divieto

debba valere per tutto il patrimonio arboreo che

caratterizza le strade extraurbane italiane, è doveroso

analizzare la questione.

1.1 Commenti

Non si comprende perché la Cassazione abbia

sottolineato il vincolo dei sei metri ai sensi dell’art. 26

comma 6 (5) del Regolamento di Attuazione del Codice

della Strada laddove è assolutamente evidente come

trattandosi di “un'area di proprietà ed uso esclusivo

dell'Anas” è scontato come l’albero fosse preesistente e

quindi non possa trovare applicazione il disposto

normativo citato che recita “da rispettare per impiantare

alberi”.

M.C., morta a seguito dello schianto della sua vettura contro uno dei platani della SS 75. 3 La non-retroattività delle Norme è un principio generale

dell'ordinamento italiano che ammette però la possibile retroattività per alcune Leggi amministrative, tributarie e previdenziali, quantunque queste incidano su diritti di natura economica e situazioni cristallizzate nel tempo. 4 “La Sentenza emessa non costituisce (mai) [nel nostro

ordinamento] una regola vincolante almeno in punto di diritto – al di fuori dello specifico caso trattato”. Raimonda Tomasino, Il valore del precedente, Magistratura, Organo dell’Associazione Nazionale Magistrati, 2008 5 Reg. CdS. Art. 26 comma 6. La distanza dal confine

stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 m.

Quindi la questione potrebbe anche chiudersi in queste

poche righe essendo evidente come la Norma si applichi

soltanto alle specie arboree da impiantare.

Ma la Sentenza tocca anche altri punti importanti. Così

come risulta dalla lettura degli atti “Per quanto attiene al

primo motivo si osserva che, ai sensi dell'art. 3 C.d.S., p.

10, il confine stradale si identifica con il limite della sede

stradale che, come correttamente ritenuto dal giudice di

primo grado, non può ritenersi identificarsi con la striscia

bianca continua, bensì deve ritenersi individuabile quanto

meno dalla fine del manto di asfalto, manto comprensivo

anche della cosiddetta banchina. Ai sensi dell'art. 40

C.d.S., "i margini della carreggiata sono segnalati con

strisce di colore bianco" e, pertanto, la striscia bianca in

questione rappresenta il limite della carreggiata (esclusa

la banchina) e non invece di tutta la strada (banchina

compresa). Tanto premesso si osserva che

assolutamente incongrue sono le argomentazioni del

ricorrente secondo cui, premesso che l'albero contro cui

l'autovettura con a bordo la signora C. ha impattato si

trovava su di un'area di proprietà ed uso esclusivo

dell'Anas, unica valida fonte giuridica di riferimento

sarebbe il D.M. Lavori Pubblici 18 febbraio 1992, n. 223,

art. 3 dell'allegato 1 e non già l'art. 26 reg. C.d.S., il quale

costituisce applicazione dell'art. 16 stesso Codice. Le

due norme in questione, invece, ad avviso del ricorrente,

non potrebbero trovare applicazione perché si riferiscono

esclusivamente ai proprietari dei fondi confinanti con la

proprietà stradale” .

Ai sensi del combinato disposto dagli art. 2 e Allegato 1

art. 3 del D.M. 223/1992 è obbligatoria6 la collocazione di

6 D.M. 223/1992 Art. 2 1 I progetti esecutivi relativi alle

strade pubbliche extraurbane ed a quelle urbane con velocità di progetto maggiore o uguale a 70 km/h devono comprendere un apposito allegato progettuale, completo di relazione motivata sulle scelte, redatto da un ingegnere, riguardante i tipi delle barriere di sicurezza da adottare, la loro ubicazione e le opere complementari connesse (fondazione, supporti, dispositivi di smaltimento delle acque, ecc.), nell’ambito della sicurezza stradale. 2. I progetti relativi alla costruzione di nuovi tronchi stradali dovranno prevedere la protezione delle zone precisate nelle istruzioni tecniche di cui al successivo art. 8. Si veda anche quanto riportato nel Capitolo di Gabriella Caroti, Antonio Pratelli, Matteo Rossi “Elementi fondamentali per redigere un Piano del Traffico per la Viabilità Extraurbana” in questo stesso Quaderno AIPCR 2014.

Page 267: Ct 2 5 villani

264

idonee barriere di sicurezza “per tutti le gli ostacoli fissi,

laterali o centrali isolati, quali pile di ponti, fabbricati;

tralicci di elettrodotti, portali della segnaletica, ovvero

alberature ecc, entro una fascia di 5,00 m dal ciglio

esterno della carreggiata.” per i soli tratti di strada di

nuova realizzazione aventi velocità di progetto

maggiore o uguale a 70 km/h. Quindi sono escluse le

collocazioni delle barriere di sicurezza per le alberature

lungo le strade preesistenti.

E per quanto attiene la SS 75 occorreva stabilire

precisamente se il punto in questione7

potesse

annoverarsi tra “i tratti di strada di nuova

realizzazione” poiché il tracciato della strada statale 75

"Centrale Umbra" è antico8 essendo stato istituito nel

1928 .

Ma vi sono altri due punti importanti menzionati nella

Sentenza, relativi alla definizione di sede stradale e alla

proprietà dei fondi. Questioni come vedremo

fondamentali poiché da qui discendono tutti gli oneri della

manutenzione.

Prima di affrontare la questione sede stradale è bene

sottolineare come per la SS 75 Centrale Umbra – a tutta

evidenza una strada extraurbana di Categoria B – e per

queste categorie di strade la fascia di rispetto sia pari a

40 metri, che possono essere ridotti a soli 20 nei tratti che

7

L’incidente è avvenuto nel 2005 prima della riqualificazione della SS 75 così come identificata nella scheda su TRAIL Umbria – UnionCamere - Osservatorio Regionale delle Infrastrutture di Trasporto e della Logistica riferita ai lavori di adeguamento del 2009 http://www.umbria.portale-infrastrutture.it/intervento_scheda.asp?id=529 8 Il percorso della Strada Statale 75 si snoda totalmente

nella provincia di Perugia, precisamente a sud - est del capoluogo umbro, nella cosiddetta Valle Umbra. L'infrastruttura ha una lunghezza complessiva di 25,480 km, con origine nella frazione di Collestrada, comune di Perugia, attraverso uno svincolo che la distacca dalla SS 3 bis Tiberina, per proseguire fino al nodo di Foligno, dove si innesta sulla SS 3 Via Flaminia. Il tracciato si presenta a carreggiate separate con spartitraffico e due corsie per senso di marcia. L'itinerario serve alcuni centri urbani della provincia di Perugia, importanti dal punto di vista turistico e commerciale, ai quali funge come tangenziale e come raccordo alla SS 3 bis Tiberina e alla SS 3 Via Flaminia. La SS 75 risulta, pertanto, attraversata principalmente da un traffico di tipo urbano, extraurbano e di attraversamento.

interessano Comuni non dotati di strumento urbanistico9

vigente.

2. La sede stradale

L’art. 14 del Codice della Strada assegna all’Ente

proprietario della strada il compito di provvedere alla

manutenzione, gestione e pulizia della sede stradale, e

tale obbligo si estende in ambito urbano sino ai

marciapiedi e non si estende alle aree estranee

circostanti, in particolare alle ripe site nei fondi laterali alle

strade che, ai sensi dell’art. 31 del Codice della Strada,

devono essere mantenute dai proprietari delle medesime

in modo da impedire e prevenire situazioni di pericolo

connesse a franamenti e cedimenti del corpo stradale o

delle opere di sostegno, l’ingombro delle pertinenze e

della sede stradale, nonché la caduta di massi o altro

materiale, qualora siano immediatamente sovrastanti o

sottostanti, in taglio o in riporto nel terreno preesistente

alla strada, la scarpata del corpo stradale.

A seguito della Sentenza della Cassazione molti Enti

proprietari della strada hanno imposto il taglio delle

specie arboree, sovente accollandone gli oneri ai

proprietari dei fondi latistanti ma occorre analizzare a chi

competano gli obblighi manutentivi, ordinari e

straordinari, previsti ai fini della sicurezza, che

incombono sui proprietari e gli aventi titolo dei terreni

confinanti con il “corpo stradale”.

2.1 Proprietà dei fondi

L’articolo citato nella Sentenza (CdS art. 3, comma 10),

così recita “art. 3. 10) Confine stradale: limite della

proprietà stradale quale risulta dagli atti di acquisizione o

dalle fasce di esproprio del progetto approvato; in

mancanza, il confine è costituito dal ciglio esterno del

fosso di guardia o della cunetta, ove esistenti, o dal piede

della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio

superiore della scarpata se la strada è in trincea.”

9 Si vedano le Schede di sintesi elaborate ai sensi della

Normativa di riferimento e riportate nel Capitolo di Antonio Cataldo, Alessandro Di Graziano, Paola Villani “Il censimento delle strade appartenenti alla rete extraurbana: aspetti metodologici e normativi “ in questo

stesso Quaderno CT 2.5 AIPCR 2014

Page 268: Ct 2 5 villani

265

Il D.lgs n. 285 del 1992 stabilisce come, qualora non vi

siano stati atti di acquisizione o fasce di esproprio, il

“confine stradale” è identificato “ dal ciglio esterno del

fosso di guardia o della cunetta ”, e gli obblighi

manutentivi siano a carico dell’Ente proprietario della

strada.

Nella Sentenza analizzata la definizione data dai

ricorrenti e relativa alla sede stradale, identificata con la

striscia di margine, è errata. E anche per questo motivo la

Corte di Cassazione ha respinto il ricorso.

Dunque, sebbene le norme relative alle fasce di rispetto,

alla definizione di sede stradale, agli obblighi di

manutenzione siano Norme chiarissime ed inequivocabili

è evidente come non siano state correttamente recepite

da alcuni Enti che

- in alcuni casi hanno proceduto con il taglio

indiscriminato delle specie arboree (forse per limitare

in futuro le opere di manutenzione o più

probabilmente per eliminare definitivamente una

possibile causa di contenzioso in caso di incidente)

- in altri casi hanno imposto ai proprietari dei fondi

latistanti opere di manutenzione che non dovevano

essere assegnate / imposte, senza inoltre

considerare la preesistenza o le esigenze di difesa

del suolo.

Alcune amministrazioni locali (Province, Comuni) paiono

essere particolarmente attive nell’errata interpretazione

delle Norme, e determinano danni paesaggistici gravi e

permanenti.

L’inserimento di regole precise sulle alberate, i necessari

limiti di velocità e dispositivi di protezione porterebbero ad

un aumento della sicurezza stradale e vantaggi per

l’ambiente ed il paesaggio, eliminando quindi il rischio

che Enti gestori troppo solerti procedano all’eliminazione

definitiva di pregevoli specie arboree e – in ambito urbano

– dei viali alberati, che caratterizzano i centri abitati e

molte strade secondarie.

Le Associazioni ambientaliste hanno formulato alcune

ipotesi per integrare le Norme nella stesura del Nuovo

Codice della Strada relative:

- alla definizione / legittimazione delle alberate stradali

nelle fasce di pertinenza e di rispetto.

- all’impianto e alla conservazione degli alberi e delle

siepi nelle fasce di pertinenza10

e di rispetto delle

strade modulandone le distanze minime in relazione

alla categoria delle stesse.

- alle deroghe previste per le distanze minime da

rispettare per realizzare opere di ingegneria

naturalistica.

- alla possibile piantumazione di alberi e siepi nelle

aree di servizio e sosta.

- alla riduzione dei limiti di velocità sulle strade ove

siano presenti alberate.

- alla definizione di regole per la corretta gestione e

protezione delle alberate esistenti, anche in relazione

alle manutenzioni ordinarie e straordinarie delle

strade.

3. Fasce di rispetto

Per quanto attiene la presenza di specie arboree

all’interno delle fasce di rispetto giova rammentare come

anche nei casi in cui gli Enti Locali abbiano proceduto con

una classificazione della rete stradale ai sensi del D.M.

6792/2001, l’obbligo vigente attiene soltanto i manufatti e

non sia relativo alle specie arboree.

Confrontando gli articoli del Regolamento di attuazione

del CdS e la definizione nel D.M. 6792 che così riporta:

“FASCIA DI RISPETTO: striscia di terreno, esterna al confine stradale, sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte del proprietario del terreno, di scavi, costruzioni, recinzioni, piantagioni, depositi e simili. Per la larghezza vedere gli articoli 26, 27 e 28 del DPR 495/92.”

risulta immediato constatare come nel D.M 6792 vi sia il

riferimento a “piantagioni” che, nell’articolo 26 del

Regolamento di Attuazione CdS – come già analizzato –

è riferita soltanto alle “nuove piantumazioni”.

10

È da rimarcare l’assenza nel Codice della Strada e nel

relativo Regolamento di Attuazione di qualsiasi definizione di “preesistente” alberata stradale nella fascia di pertinenza, assenza che può determinare contenziosi anche relativamente alla manutenzione delle specie arboree presenti. Ed è evidente come il riferimento alle “nuove piantumazioni” non comprenda i boschi, che non vengono piantumati ma proprio per la mancanza di cure rappresentano sovente un rischio maggiore per la circolazione rispetto a quanto non siano le piantumazioni arboree vietate.

Page 269: Ct 2 5 villani

266

Ed è evidente come il riferimento alle “nuove

piantumazioni” non comprenda i boschi, che non

vengono piantumati ma proprio per la mancanza di cure

rappresentano spesso un rischio maggiore per la

circolazione rispetto alle coltivazioni arboree vietate.

La fascia di rispetto non rappresenta quindi, come alcune

Amministrazioni11

riportano, un’area “all'interno della

quale le indicazioni viarie degli strumenti urbanistici

possono essere modificate in sede di progettazione

esecutiva” ma un’area sulla quale esistono precisi vincoli

per la realizzazione di opere siano esse manufatti o

nuove piantumazioni.

Ma ridurre12

le fasce di rispetto per le strade di nuova

realizzazione non aiuta la messa in sicurezza della rete

viabilistica.

Baldichieri d’Asti al confine con Bramairate. Il medesimo tratto della SS 10 in differenti momenti della giornata: le alberature stradali contrastano efficacemente l’abbagliamento visivo.

11

Provincia di Trento, Determinazioni in ordine alle

dimensioni delle strade ed alle distanze di rispetto stradali e dei tracciati ferroviari di progetto (articolo 70 della legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 articolo 64 della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1) (Testo coordinato alla DGP n. 909 di data 3 febbraio 1995 e ss.mm., di cui l’ultima, n. 2088, di data 4 ottobre 2013) 12

Ibidem, Tabelle B e C

4. Ruolo e importanza del verde stradale per la

qualità del paesaggio

ll tema della qualità del paesaggio sta riscuotendo a

livello nazionale ed internazionale una crescente

attenzione ed interesse. Ne è una chiara testimonianza

l’approvazione da parte del Consiglio d’Europa a Firenze

nell’anno 2000 della Convenzione Europea del

Paesaggio13

nella quale è chiaramente sottolineato il

principio per cui “Il paesaggio coopera all'elaborazione

delle culture locali e rappresenta una componente

fondamentale del patrimonio culturale e naturale

dell'Europa, contribuendo così al benessere e alla

soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento

dell'identità europea”. Il paesaggio è infatti un bene

culturale, ma anche un bisogno sociale, costituendo un

preciso elemento identificativo per chi lo vive. Un

paesaggio equilibrato e ordinato produce un naturale

senso di godimento estetico, all’opposto, un paesaggio

13

Convenzione Europea del Paesaggio, Preambolo. Firenze, 20 ottobre 2000

Page 270: Ct 2 5 villani

267

disordinato o con elementi casuali di dissonanza

ingenera sensazioni di profondo disagio. In questa

prospettiva anche il patrimonio arboreo - da intendersi

tanto come singoli esemplari di interesse

storico-monumentale che, soprattutto, come filari ed

alberature stradali - rappresenta senza dubbio una

componente di fondamentale e imprescindibile

importanza nella connotazione dei paesaggi europei. Il

Parlamento italiano con un recente provvedimento

normativo14

ha voluto fornire un ulteriore e prezioso

strumento di salvaguardia degli alberi monumentali15

e -

in modo innovativo - dei filari e delle alberate di

particolare “pregio paesaggistico”, naturalistico,

monumentale, storico e culturale. Questa lungimirante

opportunità di tutela si inserisce purtroppo in un quadro di

crescente preoccupazione per la potenziale scomparsa

delle alberate stradali extraurbane in ragione dell’errata

interpretazione del Codice della Strada e della Sentenza

precedentemente analizzata, Normativa fraintesa e

inadeguata rispetto alle attuali sensibilità ed aspettative

della società sui temi della qualità ambientale e

paesaggistica.

5. Funzioni delle alberature stradali ed opportunità

progettuali

Le alberature possano svolgere importanti funzioni di tipo

ecologico ed ambientale ma è soprattutto sul piano

estetico-percettivo che le alberate possono fornire i

contributi più utili al miglioramento della qualità del

paesaggio lungo la rete stradale extraurbana. E’ noto da

molteplici studi come tra i fattori maggiormente

disturbanti la percezione visiva del paesaggio da parte

dei fruitori della rete stradale vi sia senza dubbio il

disordine architettonico caratterizzante purtroppo molte

aree periferiche di comuni grandi e piccoli del nostro

Paese. Le peculiarità storico-artistiche dei centri storici

possono essere percepite solo dopo percorsi più o meno

14

Legge 10 del 14 gennaio 2013, Norme per lo sviluppo

degli spazi verdi urbani (G.U. n.27 del 1-2-2013 ) 15

Legge 10/2013 Art. 7. Disposizioni per la tutela e la

salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale. 1. Agli effetti della presente legge e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica, per «alberi monumentali» si intendono: (…) b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani;

lunghi attraverso aree di recente edificazione, non

sempre di qualità, connotate sia da edifici ad uso

abitativo, sia soprattutto da insediamenti commerciali,

artigianali ed industriali di forme, dimensioni, materiali

costruttivi e colori differenti e del tutto dissonanti ed

incoerenti rispetto alle tipologie edilizie tradizionali

presenti in loco. Un prezioso contributo, certamente non

risolutivo, ma indubbiamente proficuo al contrasto del

disordine paesaggistico, è rappresentato proprio dai viali

alberati. La ripetizione modulare degli esemplari arborei

lungo le strade rimedia in modo straordinariamente

efficace alla caotica gestione dell’intorno. L’occhio del

fruitore dell’infrastruttura viaria riposa nella percezione in

successione degli alberi che conferiscono armonia

all’insieme prima dell’arrivo alle realtà di maggior pregio

architettonico dei centri storici. Non si tratta tanto di una

schermatura o di una quinta verde pensata per occultare

la vista di oggetti confusamente collocati a bordo strada,

quanto di un elemento avente una propria identità e forza

espressiva, utile per attrarre la vista e per riconciliare la

stessa con il bello e l’armonia della chioma degli alberi.

Non meno importante appare anche l’effetto psicologico

del colore della vegetazione: il verde, infatti, di per sé

rilassa ed ristora, mentre eventuali fioriture o colorazioni

del fogliame nel periodo autunnale possono concorrere

piacevolmente ad incuriosire ed attrarre l’attenzione e

l’interesse del viaggiatore. In questa logica, il ruolo degli

alberi può anche essere speso come fattore di richiamo

ed attenzione verso la bellezza della natura, capace di

contrastare fattori psicologici di noia e stanchezza

mentale, connessi con la guida per lunghi tratti stradali.

Quali specie vegetali impiegare? Appare fondamentale

l’utilizzo nella realizzazione degli ingressi alberati ai centri

abitati - per lo meno laddove permangano ancora

elementi peculiari del paesaggio agrario tradizionale - di

specie arboree facenti parte della flora locale16

. L'impiego

di specie autoctone rafforza, infatti, l'appartenenza della

strada al paesaggio locale che può ulteriormente

arricchirsi della presenza di innumerevoli specie

arbustive per realizzare, ove gli spazi lo consentano,

quinte verdi o vere e proprie fasce boscate con

larghezze tra i 10 ed i 25 metri misurati sulla base della

proiezione della chioma degli alberi. In questi casi si tratta

16

Marco Devecchi, La progettazione del verde in ambito

urbano: vegetazione spontanea, ruderale, invasiva ed infestante, in “Paesaggio urbano, Tra residui e risorse”,

Franco Angeli Editore, Milano, 2014

Page 271: Ct 2 5 villani

268

di vere e proprie infrastrutture paesaggistiche ed

ecologiche che possono svolgere un importante ruolo

nella gestione sostenibile del territorio e del paesaggio,

funzionando in alcuni casi, come veri e propri corridoi

ecologici ed habitat per molte specie di insetti, uccelli e

piccoli mammiferi. Con questo tipo di approccio

ecologico-paesaggistico grande interesse rivestono,

anche, soluzioni progettuali connesse alla realizzazione

di ampi anelli verdi periurbani, utilizzando le aree

marginali residuali in corrispondenza degli svincoli e dei

raccordi stradali, spesso inutilizzati o scarsamente

valorizzati.

6. Valutazioni fitostatiche

Lo schianto di alberi e/o la caduta di rami rappresentano

un pericolo non trascurabile per l’incolumità delle

persone, soprattutto in riferimento agli ambiti stradali. La

valutazione della stabilità degli alberi è un campo

specialistico della Fitoiatria, affermatosi negli ultimi

decenni mediante la definizione di specifici protocolli

diagnostici finalizzati all’individuazione delle

problematiche di ordine sanitario e fitostatico. Particolare

importanza riveste anche nel nostro Paese la

metodologia di indagine denominata V.T.A. (Visual Tree

Assessment), i cui requisiti sono stati esplicitati nel

“Protocollo ISA sulla valutazione di stabilità degli alberi”,

elaborato dal gruppo di lavoro sulla stabilità degli alberi

della Società Italiana di Arboricoltura (SIA). Tale

metodica permette di evidenziare criticità che possono

essere oggetto di ulteriori valutazioni di tipo strumentale

allo scopo di descrivere a livello quantitativo i danni o le

lesioni presenti a carico degli alberi. E’ importante

ribadire come tali valutazioni diagnostiche possano

essere effettuate solo ed esclusivamente da personale

tecnico altamente qualificato, competente ed abilitato

professionalmente. Tra le problematiche più ricorrenti

nella compromissione della stabilità degli alberi possono

essere ricordate le carie legnose dovute alla

degradazione del legno da parte di microrganismi fungini,

in grado di determinare, nei casi più gravi, la formazione

di estese cavità. A tali situazioni di grave alterazione delle

strutture portanti dell’albero hanno spesso contribuito

drastiche e mal eseguite potature, come le deleterie

pratiche di “capitozzatura”, in grado di ridurre

significativamente la longevità degli alberi, trasformandoli

in fonti di perenne rischio. La capitozzatura rende

pericoloso l'albero favorendo l'invasione dei

microrganismi cariogeni, a partire dagli estesi tagli sulle

ramificazioni principali. Non meno seria appare la

debolezza del punto di inserzione dei nuovi rami formatisi

dopo gli interventi di capitozzatura che li espone con

facilità a rotture in presenza di sollecitazioni esterne

come il vento o la neve. Un’ulteriore importante

riflessione merita la problematica relativa agli interventi di

posizionamento dei sottoservizi in prossimità dell’albero

per il rischio di gravi compromissioni dell’apparato

radicale e futuri schianti.

7. Conclusioni

Il valore ambientale e paesaggistico delle alberate

stradali suggerisce un ripensamento degli articoli del

Codice della Strada e di quelli del suo Regolamento

attuativo, essendo necessario poter prevedere anche al

di fuori dei centri urbani deroghe alle distanze di

piantagione, ove le condizioni di sicurezza lo consentano,

da verificarsi in modo congiunto tra competenze di ordine

viabilistico e competenze agronomico-forestali per la

scelta delle specie arboree di volta in volta più opportune.

Tali competenze appaiono altrettanto fondamentali per

una corretta gestione del patrimonio arboreo esistente, al

fine di preservare in modo scrupoloso gli alberi da

danneggiamenti legati a tecniche di potatura improprie o

da scavi in prossimità dell’apparato radicale.

Gli alberi sono spesso indicati come causa di incidenti

stradali ma si evidenziano molteplici casi in cui questi

hanno svolto un’ottima funzione di ritenuta. Infatti,

sebbene siano molteplici le analisi sul tema

dell’incidentalità sono relativamente scarse le indagini di

correlazione dei fattori concomitanti: comportamento del

conducente, prestazioni del veicolo, infrastruttura

stradale, ambiente. La ricerca delle cause che hanno

determinato un incidente comporta studi e ricerche

spesso complesse, in quanto ogni singolo evento

rappresenta sempre un caso a sé stante.

Il comportamento dei conducenti è però fortemente

determinato dalle caratteristiche dell’infrastruttura, dal

veicolo e dallo stato dell’ambiente. Ambiente che non può

essere inteso genericamente come “intorno della strada”

ma soltanto in relazione alle modificazioni delle usuali

caratteristiche di visibilità.

Page 272: Ct 2 5 villani

269

Riferimenti e siti web

www.legambientevaltriversa.it www.muscandia.it www.osservatoriodelpaesaggio.org, Raimonda Tomasino, Il valore del precedente, Magistratura, Organo dell’Associazione Nazionale Magistrati, 2008 http://www.associazionemagistrati.it/rivista-la-magistratura

Società italiana di arboricoltura http://www.isaitalia.org

Bibliografia

Marco Devecchi, La progettazione del verde in ambito urbano: vegetazione spontanea, ruderale, invasiva ed infestante, in “Paesaggio urbano, Tra residui e risorse”, Franco Angeli Editore, Milano, 2014 M. Devecchi, F. Larcher, Gli schermi vegetali, in “Sistemi di schermatura per il controllo solare”.Edicom Edizioni, Milano, 2014 F. Larcher, M. Devecchi, P. Gullino, Dalla valutazione di impatto ambientale alla relazione paesaggistica: il ruolo dell’ecologia del paesaggio nella valutazione di progetti di trasformazione del territorio. Atti del X Congresso Nazionale della Società Italiana di Ecologia del Paesaggio. 22-23 maggio 2008 Bari. Università degli Studi di Bari, Politecnico di Bari, SIEP-IALE ISBN 978-88-900865-3-3 http://www.biologia.uniba.it/evo-amb/PhD_programs/publication/pdf/mairota/3.pdf

Paola Villani, “Le indagini relative alla responsabilità degli enti proprietari della strada” in “Indagini e rilievi nei sinistri stradali“ Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna,

2014 Paola Villani, “Le possibili responsabilità tecniche per l'ente proprietario della strada nei casi di sinistro mortale o con feriti gravi ” Atti del Seminario organizzato da Il Circolo dei Tredici “La fase indagine nell’ambito del sinistro stradale”, Salone del Parlamento, Castello di Udine, 30 maggio 2014

.. - + * + -...

Page 273: Ct 2 5 villani

270

TECNICHE DI WEB MAPPING PER APPLICAZIONI GIS ON-LINE

Gabriella CAROTI, Angelo PARDINI, Antonio PRATELLI DICI – Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, Università di Pisa

Sommario – Negli ultimi tempi si è potuto assistere ad un enorme sviluppo di sistemi di web mapping ed applicazioni on-line

e per sistemi mobili, basati su tecnologie GIS: dalla più semplice condivisione di mappe e dati spaziali on-line, ad applicazioni che consentono un’interazione diretta, fino ad applicativi interamente dedicati, programmati in base alle esigenze del committente (pubblico o privato). Alcuni esempi di servizi di questo genere vengono riportati in seguito, per mostrare le potenzialità ed i possibili utilizzi di queste soluzioni.

Introduzione

I sistemi di web mapping per applicazioni on-line e per

sistemi mobili sono basati su tecnologie GIS. Mediante

questi sistemi si può passare dalla più semplice

condivisione di mappe e dati spaziali ad applicazioni

on-line che consentono un’interazione diretta, sino ad

applicativi interamente dedicati, programmati in base alle

esigenze del committente (pubblico o privato). Nel

seguito sono riportati alcuni esempi di servizi di web

mapping allo scopo di mostrare le potenzialità ed i

possibili utilizzi di queste soluzioni.

1. California Roundabouts

(http://gis.FehrandPeers.com/Apps/californiaRoundabouts/)

Applicazione on-line che consente di avere informazioni

di dettaglio sulle rotatorie presenti nel territorio della

California.

251658240

Fig. 1 – Schermata dell’applicazione California roundabouts (Fehr and Peers, 2013).

2. Atlante delle segnalazioni paesaggistiche

(http://Provincia di Lucca - paesaggio.provincia.lucca.it – gis3w)

Questo esempio di applicazione on-line è stato adottato

dalla Provincia di Lucca e sfrutta tecnologie GIS.

2516592641125165824011251658240

Fig. 2 – Atlante delle segnalazioni paesaggistiche della Provincia di Lucca

Basato su immagini satellitari (ma potrebbero essere

scelte anche altre immagini cartografiche) i residenti –

previo accesso controllato – possono georeferenziare

informazioni o elementi (puntuali, lineari o areali),

indicando se questi rappresentano un potenziale

pericolo, un danno oppure sono valori territoriali da porre

sotto attenta tutela. Gli utenti possono anche corredare le

segnalazioni con commenti e/o foto. Questo sistema

permette di mantenere sempre aggiornato il database

territoriale avvalendosi proprio della collaborazione di

quanti, attraverso giudizi e segnalazioni, lo implementano

Page 274: Ct 2 5 villani

271

e ovviamente possono consultare on-line le informazioni

riportate.

3. Sistema informativo Comune di Capannori

(http://www.comune.capannori.lu.it/node/4829)

Il Comune di Capannori (LU) mette a disposizione sul

proprio sito una pagina dedicata ai Sistemi Informativi

Territoriali (SIT) per visualizzare informazioni

cartografiche che l’ente vuole condividere con cittadini e

professionisti (toponomastica, piani urbanistici,

regolamenti, ecc.).

251658240

Fig. 3 – S.I.T. Comune di Capannori (LU).

4. Costruzione di un’applicazione on-line basata su sistemi GIS

Vi sono diversi metodi per programmare queste tipologie

di applicazioni e si possono innanzitutto dividere in due

macrocategorie: quelle open source e quelle a

pagamento. Si riportano alcuni esempi

4.1. QGIS Cloud

Si tratta di un servizio opensource, messo a disposizione

on-line nell’ambito del progetto Quantum Gis, che si

propone di condividere strumenti e risorse gratuite per lo

sviluppo dei S.I.T. a livello internazionale. Questo

particolare strumento è un plug-in da installare

sull’interfaccia del software QGIS (scaricabile

gratuitamente dal sito www.qgis.org); una volta creato un

account di accesso, si possono andare a caricare i dati

territoriali che vogliamo pubblicare on-line. Lo strumento

riconosce solo alcuni limitati tipi di formato, quindi può

risultare necessario convertire i propri dati per poterli

caricare.

251658240

Fig. 4 – Interfaccia pubblicazione mappe su web tramite QGIS Cloud (nel cerchio sono evidenziate le informazioni territoriali).

I sistemi cloud sono in rapido sviluppo ultimamente,

anche da parte di colossi web quali Google; consistono

sostanzialmente in spazi limitati, messi a disposizione di

tutti gli utenti, su server locali, che consentono agli

interessati di usufruire di un relativo spazio sul web. Oltre

a questa risorsa viene in genere utilizzato un ulteriore

servizio gratuito (offerto anche da Google) per

l’acquisizione e la pubblicazione sul proprio spazio web di

mappe.

Ad esempio, esiste lo strumento Google API’s che

permette, tramite un account Google, di ottenere una key

(chiave di accesso) alle mappe a disposizione. Questa

chiave, in formato alfanumerico, va inserita in fase di

programmazione, in modo da essere riconosciuta da

Google, il quale provvederà a garantire l’accesso alle

proprie mappe on-line.

Lo strumento QGIS Cloud è molto semplice e consente di

ottenere sostanzialmente la pubblicazione dei propri dati

on-line (web mapping), senza mettere a disposizione

particolari funzioni.

Sulla pagina web vi sono alcuni strumenti minimali di

visualizzazione e zoom, oltre ad uno strumento di misura

(righello) e di stampa per poter esportare in pdf la mappa

visualizzata. Inoltre, cliccando sui dati territoriali

pubblicati, vengono visualizzate le loro informazioni su

una barra laterale.

5.2. ArcGis Publisher

Questo è un servizio a pagamento offerto dalla ESRI,

utilizzato nell’esempio precedente relativo alle “California

roundabouts”. La ESRI mette a disposizione spazio su un

suo server, spazio di dimensioni maggiori rispetto a quelli

offerti nei servizi cloud descritti in precedenza. Su questo

Page 275: Ct 2 5 villani

272

spazio possono essere caricati i dati territoriali che

vogliamo pubblicare. La pubblicazione avviene mediante

il software ArcReader dove i dati non sono esternamente

modificabili e dove questo servizio ESRI mantiene protetti

i dati che pubblichiamo (si può quindi modificare a proprio

piacimento la possibilità di condividere o meno i dati

pubblicati).

Un aspetto molto interessante è legato al fatto che

ArcReader consente di creare, mediante operazioni di

programmazione, degli add in ovvero specifiche

applicazioni da aggiungere alla mappa che intendiamo

pubblicare; in questo modo possono essere offerte agli

utenti diverse possibilità di interazione con la mappa a

seconda delle esigenze (particolari strumenti di

visualizzazione, editing, stampa o download…). Inoltre

questi add in vengono spesso creati e messi a

disposizione dai creatori on-line tramite vere e proprie

librerie, dove ognuno può trovare le add in che gli

interessano per il proprio progetto ed inserirle nella

propria applicazione on-line. I creatori degli add in

possono, a loro discrezione, decidere se condividere a

pagamento o gratuitamente.

0000251658240

Fig. 5 – Esempio di mappa pubblicata tramite il servizio ArcGis Publisher offerto da ESRI

La ESRI mette a disposizione una versione di demo

gratuita ma valida per 60 giorni; la versione a pagamento,

per avere un’idea delle cifre richieste, costa 2500$ per

una versione singola, utilizzabile cioè da un singolo

computer. Per versioni ad uso multiplo la ESRI si riserva

di fare diverse proposte a seconda dei casi.

Nella figura precedente è riportato un esempio di utilizzo

del sistema offerto da ESRI per la pubblicazione di

mappe e dati territoriali on-line. In questo caso sono stati

pubblicati i dati relativi al censimento degli edifici e dei

relativi numeri civici. La mappa può essere visualizzata

on-line tramite ArcReader e sono presenti alcuni add in

che consentono le seguenti operazioni: zoom, ricerca di

località, cambio di mappa di sfondo, selezione dei layer

da visualizzare sulla mappa, passaggio a schermo intero

e viceversa, strumento di localizzazione sulla mappa

tramite i dati del computer (indirizzo IP).

5.3. ArcGis API for JavaScript

Questo è un ulteriore servizio messo a disposizione da

ESRI e in questo caso gratuito. Viene condivisa una

libreria di script in formato Java, che possono essere

scaricati e riutilizzati da chi ha interesse a programmare

un servizio di web mapping. Chiunque può accedervi e

scaricare uno script che permette di creare particolari

applicazioni sulla propria mappa; basta quindi trovare

uno script che permetta di eseguire quelle particolari

funzioni che ci interessano, scaricarlo ed utilizzarlo per la

propria mappa on-line.

Come detto il servizio è gratuito, ma per utilizzare gli

script nella propria pagina web bisogna

obbligatoriamente aggiungere nella parte superiore

(header) il simbolo della ESRI; questo è “il prezzo da

pagare” per il servizio in quanto, in questo modo, la ESRI

si referenzia tramite il nostro sito e si fa pubblicità.

Si può accedere a questo servizio attraverso la pagina

https://developers.arcgis.com/en/javascript/ nella quale

si possono consultare gli esempi di script, scegliere

quello che ci interessa e scaricarlo. Nel seguito si

riportano alcuni esempi degli script messi a disposizione.

Lo script di Fig. 6 ci permette di mettere nella parte

superiore della pagina un pannello dal quale scegliere

diversi tipi di strumenti per modificare la mappa mediante

l’inserimento di linee, punti, superfici, ecc.

0000251658240

Fig. 6 – Esempio di ESRI API per JavaScript.

Page 276: Ct 2 5 villani

273

Con lo script di Fig. 7 si può inserire nella nostra mappa

on-line la possibilità di far comparire un riquadro che

contenga le informazioni dell’elemento territoriale sul

quale andiamo a cliccare con il mouse.

0000251658240

Fig. 7 – Esempio di ESRI API per JavaScript.

Di quest’ultimo script si riporta qui subito di seguito,

sempre a titolo d’esempio, anche il codice messo a

disposizione dalla ESRI da inserire in ase di

programmazione della pagina web:

<!DOCTYPE html>

<html>

<head>

<meta http-equiv="Content-Type"

content="text/html; charset=utf-8">

<!--The viewport meta tag is used to

improve the presentation and behavior of

the samples

on iOS devices-->

<meta name="viewport"

content="initial-scale=1,

maximum-scale=1,user-scalable=no">

<title>Mobile Popup</title>

<link rel="stylesheet"

href="http://js.arcgis.com/3.8/js/esri/

css/esri.css">

<style>

html, body, #mapDiv { height: 100%;

width: 100%; margin: 0; padding: 0; }

.esriScalebar{

padding: 20px 20px;

}

</style>

<script

src="http://js.arcgis.com/3.8compact/">

</script>

<script>

var map;

require([

"esri/map",

"esri/arcgis/utils",

"esri/dijit/PopupMobile",

"dojo/dom-construct",

"dojo/domReady!"

], function(

Map,

arcgisUtils,

PopupMobile,

domConstruct

) {

var popup = new PopupMobile(null,

domConstruct.create("div"));

arcgisUtils.createMap("661826

977c5948eca3c55276fa1b0960", "mapDiv",{

mapOptions: {

center: [-59.48,44.066],

zoom: 4,

infoWindow: popup

}

});

});

</script>

</head>

<body>

<div id="mapDiv"></div>

</body>

</html>

6. Creazione di apposito sito web

Si può in ogni caso procedere con una programmazione

ad hoc dell’applicazione GIS che vogliamo pubblicare sul

web. In questo caso si entra nel campo specifico della

programmazione web e servono dunque nozioni molto

approfondite di programmazione html, o php e nel caso di

animazioni anche di programmazione Java.

L’enorme mole di dati messi a disposizione gratuitamente

on-line facilita questo genere di operazioni, in quanto si

può partire da template html già esistenti e scaricabili

on-line, che possono essere personalizzati mediante

piccole modifiche attuabili mediante software quali Adobe

DreamWeaver. Anche per quanto riguarda eventuali

animazioni o strumenti da aggiungere sulle mappe, si può

far ricorso, come visto ad esempio nel caso delle ESRI

API for Javascript, a codici di programmazione Java già

pronti e condivisi, in alcuni casi anche gratuitamente,

on-line, i quali possono a loro volta essere utilizzati così

come sono o personalizzati mediante piccole modifiche

(anche per questo genere di operazioni uno dei software

più utilizzati è Adobe DreamWeaver).

Per quanto riguarda le mappe di sfondo da pubblicare

abbiamo già visto che vi sono a disposizione un gran

numero di servizi di condivisione di mappe, uno su tutti

quello di Google che ci consente di accedere alle proprie

mappe mediante un codice da aggiungere in fase di

programmazione detto API key.

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In questi casi non si possono invece utilizzare servizi

cloud per l’accesso al web. Infatti questo tipo di servizio

mette a disposizione uno spazio molto limitato sul server,

che non può essere sufficiente nel caso in cui si vuole

pubblicare un intero sito. Bisogna quindi in questi casi

acquistare uno spazio su uno dei tanti server a

pagamento. I costi si aggirano intorno a 15-20 €/anno.

Se si decide di creare un nostro sito dove fare un servizio

di web mapping si presuppone comunque che si voglia

mettere a disposizione di una certa categoria di utenti un

servizio il più possibile innovativo e non uno al quale si

può già accedere; per questo motivo vi sarà sicuramente

la necessità di eseguire un lavoro di programmazione

Java e/o html a partire da zero e senza utilizzare risorse

provenienti dal web e già esistenti. Per fare questo

servono conoscenze molto avanzate di programmazione

per cui si deve di solito ricorrere all’ausilio di qualche

professionista del settore.

Ringraziamenti

Per il supporto offerto e la disponibilità dimostrata si ringrazia l’arch. Ilaria Tabarrani del “Servizio Pianificazione Territoriale e della Mobilità, Patrimonio, Risorse Naturali e Politiche Energetiche” e l’arch. Francesca Lazzari, Dirigente della Provincia di Lucca.

Bibliografia

Development and analysis of a GIS-based statewide freight data flow network, WSDOT RESEARCH REPORT, Washington DC 2009 WWW.PROVINCIA.LUCCA.IT WWW.ESRIITALIA.IT

. . . - + * + - . . .

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SCHEDA PROGETTO CONCA: un progetto di valorizzazione territoriale per l’intera valle del Conca

Il “Progetto Conca”, progetto attuativo del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Rimini, è la prima sperimentazione di pianificazione e progettazione partecipata attivata in Emilia Romagna ai sensi della Convenzione europea del paesaggio (Firenze 200 - art. 6).Il progetto, finanziato da Regione Emilia Romagna, Ministero dei Beni Culturali ed Enti locali con capofila la Provincia di Rimini, ha interessato il tratto della bassa e media valle del torrente Conca ricadente nei Comuni di Cattolica, Misano Adriatico, San Giovanni in Marignano, San Clemente, Morciano di Romagna, Mondaino, Montegridolfo, Montescudo, Montecolombo, Montefiore Conca, Saludecio, Gemmano. Il progetto ha valutato tutti i paesaggi attraversati dal corso d’acqua da quelli di pregio a quelli degradati e da riqualificare e ha fornito i contenuti progettuali fondamentali per l’istituzione del Paesaggio Protetto del Torrente Conca.Il Progetto Conca si è sviluppavo attraverso un processo di pianificazione integrata sul piano istituzionale, tecnico e partecipativo che ha portato ad un programma territoriale di valorizzazione paesaggistica (il progetto territoriale) dotato di un sistema di regole comuni d’intervento diffuso (le linee guida), e di un sistema di azione locale (i progetti pilota).Grazie all’impegno di tutti i soggetti convolti e al circuito virtuoso fra pianificazione territoriale, programmazione di settore, progettazione d’area vasta e implementazione locale, oggi la valle del Conca dispone di un ampio programma di azioni di progetto, fra le quali un sistema integrato di percorsi da attuare e mantenere nel tempo.

Emilia Romagna

Rimini

Valle del Conca

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PROGETTO CONCA: un sistema integrato di percorsi da attuare e implementare a livello locale

RIPRISTINO AMBITO DI FOCE: Percorsi e ambiti fluviali della foce (opere realizzate nell’ambito del progetto regionale Gestione Integrata delle Zone Costiere - GIZC)

PERCORSI VERDI DELL’ENTROTERRA:Percorso naturalistico di lungo fiume (opere cofinanziate dal programma POR - FESR )

PERCORSI DEL PAESAGGIO PROTETTO DEL CONCA: Sentiero di lungo fiume (interventi di manutenzione straordinaria cofinanziati nell’ambito del programma regionale per le aree protette)

ATTUAZIONE DEL SISTEMA DEI PERCORSI PREVISTI DAL PROGETTO CONCA: La predisposizione del progetto territoriale ha permesso di mettere a sistema finanziamenti settoriali per interventi diffusi sul territorio riferiti sia a itinerari pubblici sia a itinerari “misti” che intercettano (nella media valle) anche tratti di viabilità rurale e vicinale alla quale potrà essere riconosciuto l’interesse e il pubblico passaggio ai sensi della Lr 14/2013 relativa alla rete escursionistica regionale.

GRANDE ANELLO VERDE DEL CONCA: Sistema di percorsi integrati (interventi diffusi di sistemazione, ripristino e tabellazione)

RETE ESCURSIONISTA DELL’EMILIA ROMAGNA E RETE DELLE CICLOVIE REGIONALIIl sistema principale dei percorsi previsti dal Progetto Conca è candidato a far parte della rete escursionistica regionale, a tal fine la verifica dello stato di manutenzione e percorribilità dei percorsi è affidata al CAI con apposita convenzione con particolare attenzione ai percorsi collinari prevalentemente dedicati all’escursionismo a piedi. Il percorso di lungo fiume dalla foce fino al confine regionale è invece inserito nella rete delle ciclovie regionali approvata dalla Regione

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PROGETTO CONCA: particolare del sistema dei percorsi per la media valle (il Grande Anello Verde del Conca)

PROGETTI PILOTA

ATTUAZIONE DEL GRANDE ANELLO VERDE DEL CONCASi tratta di un circuito sentieristico intercomunale, che si sviluppa sul territorio della media valle, principalmente sulla rete sentieristica tabellata dal C.A.I. e che attraversa tutti i comuni coinvolti nel progetto. Il circuito connette tutti i centri storici malatestiani maggiori e minori, insieme alle aree protette, i boschi, i calanchi, i geositi e le strutture agrituristiche e ricettive, e privilegia l’attraversamento di punti e strade panoramiche e di aree a forte vocazione naturalistica. Si compone di 42 sottocircuiti di lunghezza e difficoltà variabile tra i 2 e i 10 km, tutti dotati di almeno un punto di sosta accessibile ai diversamente abili.I PROGETTI PILOTANei comuni di Gemmano e di Mondaino sono stati avviati due progetti pilota volti a individuare due percorsi “campione” sui quali sviluppare: la segnaletica tipo; la mappa escursionistica tipo; la definizione di un modello di gestione e manutenzione con il coinvolgimento della comunità locale.LE ATTIVITÀ DI PROMOZIONE TERRITORIALE COORDINATEIl GAV è il “teatro” privilegiato per lo svolgimento del festival annuale di promozione territoriale A PASSO D’UOMO (anch’esso parte del Progetto Conca) che organizza laboratori artistici, passeggiate naturalistiche e performance teatrali lungo i percorsi selezionati e manutenuti. GLI OBIETTIVI PER LA MEDIA VALLE Sono quelli di definire strumenti e metodi di intervento da estendere a tutto il territorio del GAV sulla base dei progetti pilota e di rendere i sentieri fruibili e percorribili in autonomia e in occasione delle attività di promozione territoriale.

PAESAGGI ATTRAVERSATI

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PROGETTO CONCA: i progetti pilota del Grande Anello Verde

I PERCORSI PILOTAPer ciascun percorso Pilota sono state predisposte la cartellonistica, le mappe escursionistiche e la segnaletica.La cartellonistica comprende una cartello generale, da apporre al centro del paese, con riportati i percorsi comunali e la collocazione all’interno del Grande Anello Verde del Conca e il cartello di inizio del percorso da apporre nell’area di sosta che dà inizio alla passeggiata.La mappa riporta un lato uguale per tutti i percorsi del GAV con le indicazioni generali e un lato contenente la descrizione del singolo percorso con evidenziata l’anima del sentiero (la antica miniera, nel caso del percorso di Mondaino a cui si riferiscono i materiali riportati) e punti notevoli.La segnaletica comprende sia la segnatura del percorso, coordinata con i simboli CAI, da attuare con l’ausilio di dime facilmente riproducibili secondo il manuale d’uso, sia la collocazione delle targhette coi codici qrcode per chi desidera avere più informazioni.La gestione è prevista con l’individuazione di una Associazione Custode deputata alla manutenzione del percorso e della segnaletica e alla organizzazione di visite guidate.I percorsi pilota, insieme al percorso principale di lungo fiume, sono teatro delle camminate naturalistiche e sceniche che si svolgono durante il Festival annuale A passo d’uomo.

La cartellonistica

Le mappe

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PROGETTO CONCA: il festival A passo d’uomo

Il G.A.V. è teatro delle escursioni e delle attività organizzate del Festival A passo d'uomo. Il progetto “A PASSO D'UOMO. Sentieri naturali e culturali in Valconca.” promuove attività di formazione, di ricerca e di rappresentazione dei linguaggi contemporanei sviluppate nella natura. Il programma delle attività sviluppa produzioni artistiche site-specific, tra arte e natura, in Valconca attraverso laboratori di conoscenza diretta degli ambienti naturali e culturali del territorio finalizzati alla progettazione e alla messa in scena di opere originali prodotte e suggerite dai paesaggi del luogo. I prodotti dei laboratori vengono messi in scena durante cammini che propongono agli spettatori la scoperta dei paesaggi e dei prodotti artistici. Nato nel 2012 grazie all’Unione Valconca (capofila) e alla Provincia di Rimini, al Dipartimento della Gioventù – Presidenza del Consiglio dei Ministri e all’Anci – Associazione Nazionale Comuni Italiani, il progetto ‘A passo d’uomo’ prosegue oggi grazie all’istituzione dell’APS Associazione di Promozione Sociale A passo d’uomo che propone di sviluppare il progetto in continuità alla prima edizione (www.apassoduomo.org).Nei mesi che precedono il festival vengono organizzati i laboratori artistici e culturali (teatro, danza, fotografia, video, scenografia,...) e numerose passeggiate e sopralluoghi per definire gli allestimenti del festival che di norma si svolge su tre giornate nel mese di settembre. Con i sopralluoghi vengono selezionati i percorsi più adatti alle attività e vengono predisposte le opere di manutenzione e di allestimento dei ristori. Ogni passeggiata tematica è condotta da guide esperte del territorio e al termine del cammino una merenda viene offerta ai viandanti da aziende e agriturismi locali dove è possibile anche soggiornare nei giorni del festival per poter frequentare tutti gli eventi. Fra questi in particolare le passeggiate tematiche (sceniche o naturalistiche), le cene/convivio e gli eventi /spettacoli.