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Dalla lingua al discorso Qualsiasi considerazione sulla lingua dei giornali deve prendere le mosse dalla loro forma testuale. La notizia ha sempre un riferimento al contesto di enunciazione, dunque è un discorso.

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Dalla lingua al discorso

• Qualsiasi considerazione sulla lingua dei giornali deve prendere le mosse dallaloro forma testuale.

• La notizia ha sempre un riferimento al contesto di enunciazione, dunque è undiscorso.

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• L’attenzione per il discorso si inscrive all’interno della concezione dellinguaggio come pratica sociale.

• Considerare il discorso significa riferirsi non solo al piano dell’enunciato(grammaticale, lessicale, semiotico, sintattico), ma anche ai processi diproduzione e interpretazione del testo.

• Questi processi attivano risorse di carattere cognitivo e sociale.

Che cos’è il discorso?

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Discorso e contesto

• Contesto internoPer Aristotele (Retorica 1358a 37-b 1) il discorso è l’insieme di trefattori: colui che parla, ciò di cui si parla, colui a cui si parla. I parlanti-ascoltatori sono dentro e non fuori il discorso, sono suoi elementicostitutivi e non utenti esterni (contesto interno) (Piazza, L ’ arteretorica: antenata o sorella della pragmatica?, «Esercizi filosofici», n. 6).

• Contesto esternoIl discorso, diversamente dal testo, comprende non solo il contestointerno ma anche le condizioni extralinguistiche della sua produzione ericezione (cfr. Adam 1999).

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Analisi del discorso• A partire dagli anni Ottanta si assiste a una proliferazione del

termine discorso nelle scienze del linguaggio, tanto al singolare(dominio del discorso, analisi del discorso) quanto al plurale (idiscorsi), a seconda che ci si riferisca alla attività verbale ingenerale oppure a particolari eventi discorsivi.

• La diffusione di questo termine è il sintomo di una modificazione nelmodo di concepire il linguaggio. Parlando di discorso si prendeposizione a favore di una particolare concezione del linguaggio edella semantica, che dipende dalla influenza di diverse correntipragmatiche che hanno sottolineato un certo numero di idee forza.

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• Il discorso assume una organizzazione transfrastica: mobilita strutture che appartengono a un ordine diverso da quello della frase.

• Il discorso è orientato, si costruisce in funzione di un fine.• Il discorso è una forma di azione (Austin). Ad un livello superiore gli

atti linguistici si integrano nelle attività linguistiche di un genere determinato anche in relazione ad attività non verbali.

• Il discorso è interattivo.• È contestualizzato.• È preso in carico: esiste solo se riferito a una istanza che al tempo

stesso si pone come riferimento personale, temporale, spaziale e modalizzante: la riflessione sulle forme di soggettività che sottendono il discorso è uno dei grandi assi dell’analisi del discorso.

• È regolato da norme.• È sempre preso in un interdiscorso (polifonia: Bachtin).

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Maingueneau, L’analyse du discours. Etat de l’art et perspectives, in«Marges linguistiques» 9, 2005

L’Analisi del Discorso si basa sul presupposto che il discorso non èriducibile né ad una organizzazione testuale, né ad una situazionecomunicativa (luogo, istituzione, settore di attività), ma risulta dallaloro interazione.

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Analisi critica del discorso (ACD)

Critical DiscourseAnalysis (CDA)

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• Adotta il termine discorso nell’accezione di uso del linguaggio inquanto parte della vita sociale.

• Pone al centro della ricerca la relazione tra potere e discorso.

• Si occupa di testi non letterari ma di rilevanza sociale (discorsopubblico).

• Studia come i media costruiscono le espressioni, le argomentazioni,la gerarchia degli argomenti che vanno a formare i giudizi diffusi sulmondo

• Analizza i rapporti tra le pratiche linguistiche (in particolare dicategorizzazione) e le pratiche di esclusione all’opera nei Paesioccidentali: distribuzione non equa fra i diversi gruppi sociali delleopportunità di dare senso.

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Matrice filosofica Foucault (1926-1984)

L’archeologia del sapere (1969)L’ordine del discorso (1971: 39)

«Quale civiltà ha avuto più della nostra rispetto per il discorso? Dove losi è meglio e più onorato? Dove lo si è, pare, più radicalmente liberatodalle sue costrizioni e più universalizzato? Ora mi sembra che dietroquesta apparente venerazione del discorso, dietro questa apparentelogofilia, si celi una sorta di timore […]. C’è sicuramente nella nostrasocietà, e immagino in tutte le altre, per quanto con un profilo escansioni diverse, una profonda logofobia, una sorta di sordo timorecontro questi eventi, contro questa massa di cose dette, contro ilsorgere di tutti questi enunciati, contro tutto ciò che ci può essere, inquesto, di violento, di discontinuo, di battagliero, di disordinato e diperiglioso, contro questo brusio incessante e confuso del discorso.»

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• Prospettiva post-strutturalista• Critica dell’idea denotativo-referenziale del linguaggio• Critica del soggettivismo e dell’individualismo

• Il linguaggio è l’insieme dei discorsi che vengono pronunciati e scritti in un determinatomomento storico.

• Il discorso è una costruzione della realtà (non è uno specchio di ideologie e conoscenze).

• Legame tra discorso e potere: l’ordine del discorso, in quanto delimita lo spazio deldicibile, non è solo espressione del potere ma generatore di potere: “Come per la magia,le parole non hanno un senso, hanno un potere; un potere che è inversamenteproporzionale al loro senso”. (Reboul, Langage et idéologie, 1980)

• La questione alla quale l’analisi del discorso deve rispondere è la seguente: in che modo,nelle società occidentali moderne, la produzione di discorsi cui si è attribuito un valore diverità è legata ai vari meccanismi e istituzioni di potere? (Foucault 1976, p. 8).

• Foucault è interessato ai rapporti tra le pratiche linguistiche (in particolare lecategorizzazioni) e le pratiche di produzione ed esclusione messe in opera dai sistemi dipotere nel mondo occidentale, specialmente nell’ambito della sessualità, della salute, dellamalattia mentale.

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Critica del soggettivismo

«Non è l’individuo che genera il discorso, semmai il contrario. Il discorso èsovraindividuale. È vero che tutti gli uomini contribuiscono a configurare la ‘maglia’ deldiscorso, ma nessun singolo individuo e nessun singolo gruppo determina il discorso oha voluto esattamente ciò che alla fine esce fuori. Di regola i discorsi si sono formaticome risultati di processi storici, e come tali hanno acquisito vita propria. Veicolano piùsapere di quanto siano consapevoli i singoli soggetti» (Jäger, Discorso e sapere, in J.Senf, Analisi critica del discorso, Aracne, 2014: 169).

«È necessario liberarsi dal soggetto costituente, dal soggetto stesso, per arrivare aun’analisi della storia in grado di spiegare la costituzione del soggetto nel contestostorico. E proprio questo chiamerei genealogia, cioè una forma della storia che riferiscedella costituzione di sapere, di discorsi, di campi di oggetti ecc. senza dover fareriferimento a un soggetto che trascenda il campo degli eventi e che, attraverso tutta lastoria, lo occupi con la sua vuota identità» (Foucault, Wahrheit und Macht, 1978, cit. inJäger 2014: 171).

«I discorsi esercitano potere perché veicolano il sapere che nutre la coscienza collettivae individuale. Il sapere che si viene così a creare è alla base dell’agire collettivo eindividuale e del processo di formazione della realtà» (Jäger, 2014: 174).

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Critica del referenzialismo: realismo mediato

• Ogni discorso costruisce gli oggetti di cui parla, le modalità secondo cuiparlarne, i concetti attraverso cui organizzarsi (realismo mediato o realismocritico).

• L’analisi del discorso ha mostrato che il senso non è in ciò che gli enunciati‘dicono’. Il discorso implica una lettura seconda che è quella del sensointerno, delle modalità della sua produzione, delle condizioni della suaemergenza e delle possibilità del suo riconoscimento.

• Il senso è altrove, non in ciò che è detto ma nelle forme di potere che hannocostituito il discorso. Il significato reale risulta sfasato rispetto al luogodell’enunciato (Cfr. Paolo Veronesi, Introduzione a Foucault: il potere e laparola, Zanichelli, 1978: 11-12).

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Discorso e potere«Con potere non voglio dire il ‘Potere’, come insieme di istituzioni e di

apparati che garantiscono la sottomissione dei cittadini in uno Statodeterminato. Con potere non intendo nemmeno un tipo diassoggettamento, che in opposizione alla violenza avrebbe la formadella regola. […] Con il termine potere mi sembra si debba intendereinnanzitutto la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al campo incui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione; il gioco cheattraversa scontri e lotte incessanti li trasforma, li rafforza, li inverte;gli appoggi che questi rapporti di forza trovano gli uni negli altri […] lestrategie infine in cui realizzano i loro effetti, ed il cui disegnogenerale o la cui cristallizzazione istituzionale prendono corpo negliapparati statali, nella formulazione della legge, nelle egemonie sociali[…] il potere è dappertutto; non perché inglobi tutto ma perché vieneda ogni dove» (Foucault, La volontà di sapere (1976), Feltrinelli,1996:81-82)

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Cfr. Roland Barthes«Noi abbiamo creduto che il potere fosse un oggetto eminentemente politico;oggi crediamo che esso sia anche un oggetto ideologico, che si insinua dovenon risulta facile individuarlo di primo acchito (nelle istituzioni,nell’insegnamento), ma che in definitiva continui ad essere sempre uno solo.[…]; ovunque, in ogni dove, vi sono capi, centri di potere, siano questiimponenti o minuscoli, gruppi di oppressione o di pressione; ovunque si odonovoci “autorizzate”, che si autorizzano a farsi portavoce del discorso di ognipotere: il discorso dell’arroganza. Ecco allora intuiamo che il potere è presenteanche nei più delicati meccanismi dello scambio sociale: non solo nello Stato,nelle classi, nei gruppi, ma anche nelle mode, nelle opinioni comuni, neglispettacoli, nei giochi, negli sport, nelle informazioni, nei rapporti familiari eprivati, e persino nelle spinte liberatrici che cercano di contestarlo: io chiamodiscorso di potere ogni discorso che genera la colpa, e di conseguenza lacolpevolezza, di colui che lo riceve […] il potere è il parassita d’un organismotrans-sociale, legato all’intera storia dell’uomo, e non solamente alla sua storiapolitica, storica. Questo oggetto in cui, da che mondo è mondo, s’inscrive ilpotere è: il linguaggio – ovvero, per essere più precisi, la sua espressioneobbligata: la lingua» (Lezione (1978), 1981:6-7)

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Scuola francese• Indirizzo analitico: ricerca di segnali linguistici (parole chiave, schemi

sintattici, eufemismi, ellissi) nel linguaggio politico e nelle pratichesociali, rivelatori di strategie mistificanti e ideologie soggiacenti allinguaggio.

• Indirizzo integrativo: qui il discorso non è visto come lamanifestazione di una idea nascosta, ma come una pratica che rendepossibile la comparsa di determinati oggetti di discorso (cfr. Antelmi,Analisi del discorso in Italia. Una rassegna, «Italienisch», 65, 2011,87-98).

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Scuola di Londra approccio socioculturale

• N. Fairclough rinvia al modello di Foucault. Ogni evento discorsivo èal tempo stesso testo (contenuto, struttura e significato), praticadiscorsiva (forma di interazione discorsiva) e pratica sociale (contestoin cui l’evento discorsivo ha luogo). Le pratiche discorsive sonoforme specifiche di pratica sociale, che si legano ad altre forme diattività sociali.

Fairclough, N., Critical Discourse Analysis, London, 1995Fairclough, Language and Power, London, 2001Fairclough, Language and Globalization, London 2006

Chouliaraki & Fairclough, Discourse in Late Modernity: RethinkingCritical Discourse Analysis, 1999

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Esercizio del potere attraverso il discorsoFairclough 2001 riprende la distinzione tra due forme di potere:

• potere che agisce per via coercitiva (in maniera esplicita o subdola)• potere che opera attraverso il consenso, cioè un’acquiescenza più o

meno generalizzata (distinzione formulata da Gramsci).

Nell’esercizio del potere attraverso il consenso i discorsi e il linguaggiosono determinanti (es.: rilevanza della ripetizione).

I meccanismi di esercizio del potere sono essenzialmente tre:

• Adozione di pratiche e discorsi universalmente accettati e seguitiperché nessuna alternativa sembra possibile

• Imposizione di pratiche attraverso un esercizio del potere nascosto• Adozione di pratiche attraverso un processo di comunicazione

razionale.

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Oggetto e livelli d’analisidella scuola socioculturale

Oggetto dell’analisi socioculturaleRapporto tra gli atti comunicativi dei singoli attori sociali e strutture sociali più ampie come le organizzazioni.

Livelli d’analisi•«Ordini del discorso»: pratiche comunicative proprie di una istituzione(scuola, azienda, ospedale ecc.),

•Generi (pratiche comunicative proprie di una certa attività, p. es. colloqui diselezione, comunicati stampa, ecc.),

•Intertestualità (posizione di un testo in una rete di testi a cui reagisce e chenello stesso tempo trasforma) (Fairclough e Wodak, Critical DiscourseAnalysis, in T.A.van Dijk, ed., Discourse as social interaction, Sage, 1997:262).

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Scuola di Amsterdam (Teo van Dijk)approccio sociocognitivo

Il discorso giornalistico non è solo un testo ma anche un atto sociale dai risvolti pragmatici, la cui analisirichiede sia una descrizione delle strutture testuali della notizia, sia una descrizione dei processi diproduzione e di selezione del discorso in situazioni comunicative e in contesti sociali (Cardinale,Manuale di scrittura giornalistica, 2011:150)

Intreccio tra struttura del discorso e struttura della società: le pratiche discorsive riflettono l’assettosociale ma al tempo stesso contribuiscono a generarlo o modificarlo.

In ogni discorso si riflettono i modelli mentali dell’individuo (di qui la centralità assegnata al concetto diintenzionalità e alla teoria degli atti linguistici) e le rappresentazioni sociali (atteggiamenti e ideologie)del gruppo di riferimento.

Ogni discorso è compenetrato dalla ideologia, intesa come struttura dei valori e degli interessi che dannoforma alle nostre rappresentazioni della realtà > riproduzione del sistema simbolico in termini diideologie, pregiudizi e stereotipi; ruolo del discorso nella produzione dell’abuso del potere e delle varieforme di diseguaglianza sociale.

Diversamente dalla prospettiva socioculturale, centrata sulla interazione, l’approccio cognitivo è centratosulla mente: pone al centro dell’analisi il concetto di intenzionalità, che chiama in causa la menteindividuale, e la teoria degli atti linguistici di Austin e di Searle.

(T. A. van Dijk, Ideologie. Discorso e costruzione sociale del pregiudizio, Carocci, 2004)

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Scuola di Vienna (Ruth Wodak) approccio storico-discorsivo

Sguardo illuminista sulle pratiche discorsive nelle società contemporanee.

Rifiuta esplicitamente “le teorie foucaultiane e postmoderne del discorso e delpotere, in quanto reificano o personificano la lingua e il discorso come attoriautonomi, collusivi, che guidano i parlanti e tengono le redini” (2003: 262).Rifiuta anche l’ impostazione sociocognitivista di van Dijk. Il riferimentoteorico è alla teoria critica della scuola di Francoforte e di Habermas. Altrematrici: tradizione della linguistica sistemica funzionale di Halliday, retoricaclassica e moderna, teoria dell’argomentazione (Toulmin e Perelman).

Orientamento etico-pratico finalizzato alla formulazione di proposte diintervento concreto per il miglioramento della comunicazione istituzionale epubblica.

Oggetto di indagine: problematiche di identità e di genere, costruzione disoggetti collettivi (immagine dello straniero, etnia, nazione), ecc. Vedi: M.Reisigl e R. Wodak, Retorica del razzismo e dell’antisemitismo (2001), in S.Giannini e S. Scaglione, Introduzione alla sociolinguistica, Carocci, 2003.

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Presupposti epistemologici del modello storico-discorsivo

a) Il linguaggio è il medium centrale della organizzazione democratica eil libero scambio discorsivo pubblico di interessi, desideri e puntidi vista è vitale in una società democratica moderna a strutturadecentrata;

b) La qualità dell’azione legislativa e amministrativa è fortementecondizionata dal tipo di processi discorsivi e comunicativi pubblici,con cui si informa il cittadino e se ne creano o orientano leopinioni e la volontà (Habermas, L’inclusione dell’altro. Studi diteoria politica (1996), Feltrinelli 1998)

c) Rilevanza della teoria dell ’ argomentazione razionale e dellarisoluzione discorsiva del conflitto (S. Benhabib), che si fonda suiconcetti di deliberazione e di discorso.

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Livelli di analisi del modello storico-discorsivo

• Campi d’azionecornici di perimetro esterno e di contesto, segmenti della specifica realtà dellasocietà (es.: formazione dell’opinione pubblica, emanazione delle leggi,macchina pubblicitaria, ecc.).

• Generemodo socialmente ratificato di utilizzare il linguaggio in connessione con unparticolare tipo di attività sociale (livello immediatamente superiore a quellodel testo, prima cornice testuale); governa le modalità di codificazione deltesto, secondo criteri di adeguatezza pragmatica.

• Testointerpretato nel significato corrente della linguistica pragmatica come ilprodotto materialmente durevole di un’azione linguistica (atto individuale incui il discorso si manifesta) e ricondotto nel contempo alla accezionetransduttiva della pratica semiotica (il testo è anche prodotto della ricezioneche il pubblico esercita attivamente ogni volta che legge, ascolta o osservaun insieme di enunciati).

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Esempio1

Campo d’azione: formazione della pubblica opinione e autopresentazione• Generi

• Comunicati stampa• Conferenze stampa• Interviste• Talk show• Tavole rotonde• Articoli• Libri• Discorsi istituzionali• Ecc.

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Esempio2

Campo d’azione della propaganda politica

• Generi• programmi elettorali,• slogan,• discorsi in campagna elettorale,• manifesti,• opuscoli,• propaganda a mezzo posta,• dibattiti televisivi,• ecc.

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In sintesi, l’analisi del discorso si occupa di

• Specifiche sfere di attività (discorso pubblicitario, accademico, religioso,turistico, politico, giornalistico ecc.).

• Specifici generi (anche in relazione alle specifiche sfere di attività; adesempio nel discorso politico: manifesto, comizio, intervista, tavola rotonda,ecc.; nel discorso turistico annunci pubblicitari, racconti di viaggio, guideturistiche ecc.).

• Specifici posizionamenti (ideologie, valutazioni, posizionamenti politici ecc.).• Particolari registri discorsivi, che si manifestano in modo trasversale in vari

generi e settori di attività (es. il discorso didattico che interessa tanto i testiscolastici quanto la propaganda politica, quanto le trasmissioni televisive eradiofoniche).

• Particolari formule, cliché, temi che, diffusi in vari ambiti discorsivi eprovenienti da varie fonti enunciative, rendono conto delladiffusione/dispersione di concetti e idee in un certo periodo storico (es.glasnost, trasparenza, globalizzazione ecc.) (cfr. Antelmi, L’analisi deldiscorso in Italia, 2011, cit.).

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Linguaggio come semiotica sociale(Halliday, 1978, tr. it. 1983)

Duplice funzione del linguaggio

• Riflettere sulle cose• Agire simbolicamente (sulle persone)

L’ individuo membro di una società è una persona che significa, esprimesignificati e attraverso questi atti di significazione la realtà sociale vienecreata, mantenuta in buon ordine e continuamente rimodellata.

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Modello di Halliday

Funzione ideativa*

Rappresentazione del mondo Categorizzazione linguistica e nominalizzazione, sistema della transitività (forme attive e passive del verbo)

Funzione interpersonale

Interazione verbale, relazioni di ruolo, di potere, obbedienza ecc.

Sistema semantico del modo (affermazione, domanda, ipotesi, per convincere, minacciare, chiedere): valutazione della probabilità (certezza, possibilità)

Funzione testuale Organizzazione del messaggio dal punto di vista della informazione, della tematizzazione e della identificazione

Sistema semantico del tema: distinzione tra informazione data o condivisa (tema) e informazione nuova (rema)

•Brown-Yule (Analisi del discorso (1983), il Mulino 1986, riprendendo il modello di Halliday, parlano a questo proposito di funzione transazionale, mentre per la funzione definita da Halliday interpersonale adottano l’espressione interazionale).

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FUNZIONE IDEAZIONALE

Concetti classificatori e concetti relazionali

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Rappresentare il mondo: dare un nome alle cose

Denominare qualcosa è un’operazione complessa e tutt’altro che ovvia, maiinnocente.

Il nome è ciò che rende noti gli oggetti e le cose (Isidoro di Siviglia).

Nominare è il primo atto di conoscenza. Nominare significa assegnare un postonel mondo, dar rilevanza, talvolta creare le cose.

I nomi sono concetti classificatori, strumenti per identificare e significare unreferente (denotazione).

Uno stesso riferimento può essere dato in modi (sensi) diversi.

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Senso e riferimento (Frege, Über Sinn und Bedeutung, 1892)

• Il segno (Zeichen) fa riferimento agli oggetti extra linguistici e agli stati di cosepassando attraverso la mediazione di un’entità, il senso (Sinn), nozione cheindica come è dato il riferimento stesso (Bedeutung).

• Bedeutung = significato come denotazione (riferimento)• Sinn = senso come insieme di proprietà che individuano un oggetto

• Possiamo avere più sensi per lo stesso riferimento,• Es.1. «Obama», «L’ex presidente degli Stati Uniti», «L’avversario dei conservatori americani»,

ecc.• Es.2. Napoleone, “il vincitore di Austerlitz” oppure “lo sconfitto di Waterloo”.

• Senso e riferimento sono nozioni formali e oggettive e vanno tenute distinteda una terza nozione, di ordine psicologico, la rappresentazione (Vorstellung)(immagine soggettiva, basata su impressioni sensibili e ricordi).

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Modello di Frege

SegnoZeichen

SensoSinn

Riferimento, denotazioneBedeutung

RappresentazioneVorstellung

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Nomi comuni

Orwell, Politics and the English Language (1946), 1968:«Nella nostra epoca, il discorso e il testo politico sono largamente unadifesa dell’indifendibile. […] Il linguaggio politico, dunque, deveconsistere in massima parte in eufemismi, banalità e concetti vaghi efumosi. Villaggi indifesi sono bombardati dal cielo, gli abitanti trascinatifuori nella campagna, il bestiame preso a cannonate, le capannemesse a fuoco con munizioni incendiarie: questa è chiamatapacificazione. Milioni di contadini sono rapinati delle loro fattorie emandati a trascinarsi lungo le strade con nulla di più di ciò che possonoportare sulla schiena: questo è chiamato trasferimento di popolazione orettificazione delle frontiere. […] Questa fraseologia è necessaria se sivogliono nominare le cose senza richiamarne immagini mentali».

L’uso delle parole può consentire di eludere e mascherare certi aspettidella realtàEs.: bombardamenti chirurgici, bombe intelligenti, peace keeping ecc.

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Ma l’uso del nome modifica anche il modo in cui affrontiamo la realtà:

•Es.: Umberto Veronesi ha proposto di sostituire il termine carcinoma con neoplasia per riferirsi aun tipo di lesione dei “dotti galattofori”, con la motivazione che «la definizione di “carcinoma” èsproporzionata rispetto alla realtà ed è soprattutto angosciante per la donna che la legge sulreferto»; e ha così precisato: «bisogna mettere in atto per queste forme una piccola rivoluzioneculturale che parta dal nome».

•Vedi anche dibattiti su aborto, procreazione assistita, eutanasia o fine vita, ecc.

Il nome per riferirsi a un evento non è un fatto neutro.Es. citato da Antelmi (2006: 142)una dipendente delle Ferrovie è stata ripresa per aver usato in un annuncio ai passeggeri la parola«guasto» anziché l’espressione prevista dai manuali dell’azienda: «controllo tecnico sulla linea».

Vedi la questione del “politically correct” (operatore ecologico, operatoreagricolo, collaboratore scolastico, mobilità ecc.).

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Conflitti di nominazioneRenato Curcio, N. Valentino, S. Petrelli, Nel Bosco di Bistorco, Roma, Edizioni Sensibili alleFoglie,1993

Contrasto tra Curcio e il direttore del carcere sull’uso di prigioniero e detenuto

Dizionario dell’Enciclopedia Treccani:Prigioniero = chi è tenuto rinchiuso in un luogo in modo da essere privato della propria libertà d’azioneDetenuto = chi sconta una pena detentiva

Per il direttore del carcere la parola prigioniero «intende rimarcare una differenza, esibire uno statusparticolare, alludere a una pretesa politicità».Curcio: «la politica qui non c’entra affatto […]. Quel che cerco di dirle è che per me ogni etichetta siequivale e, quindi, mi chiami come vuole ma lasci anche a me la libertà di nominarmi come megliocredo.Direttore: «lei oppone resistenza alla parola “detenuto” non perché sia un’etichetta ma per continuarein qualche modo ad opporre resistenza alle istituzioni. Lei insiste a presentare le cose come separlassimo due lingue contrapposte».

Vedi anche Ogm = organismi geneticamente modificati (> geneticamente migliorati)