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228 dialoghi Locarno – Anno 45 – Ottobre 2013 di riflessione cristiana BIMESTRALE «Dio è solo misericordia» «Finalmente – scriveva Raniero La Valle sul numero di luglio di “Koi- nonia” – abbiamo un pastore che invece di parlare di principi non negoziabili o condannare “compor- tamenti devianti” ci dà una buona notizia, una buonissima notizia. Questo pastore è il papa Francesco e la buona notizia, l’“evangelo”, è che Dio è misericordia, anzi che “Dio è solo misericordia”». Con Raniero La Valle si può senz’altro concordare, perché è vero che Jorge Mario Bergoglio ha aperto spira- gli di speranza e ha confortato mi- lioni di indigenti nel corpo e nello spirito. Vale però anche il parere di Hans Küng («Le Monde» del 26 settembre), secondo cui l’aiuto che il Papa è in grado di dare in quan- to rappresentante dell’istituzione e della tradizione religiosa va al di là delle parole di consolazione e di incoraggiamento e si deve tradurre in atti di misericordia e di amore. Il teologo cita tre «immensi» gruppi di persone che in seno alla Chiesa cattolica sono «in stato di povertà»: i divorziati risposati, le donne che praticano la contraccezione e i preti che hanno lasciato il ministero dopo essersi sposati. Il confronto potreb- be essere artificioso se ci si appiglia all’uno piuttosto che all’altro capo del problema per confermarsi in una preconcetta posizione «conser- vatrice» o «progressista». Nessuna delle due posizioni, con tutta pro- babilità, riflette l’animo del Papa. Ma la prima potrebbe essere l’atteg- giamento di fondo da cui partire, la seconda una riforma da concordare con i fratelli nell’episcopato e tutto il popolo di Dio. Nell’attesa, la spe- ranza è grande. E.M. La poltrona vuota lasciata da papa Francesco a un concerto al quale era annunciata la sua presenza (da «Mosaico di pace», luglio 2013; titolo della rivista: «Scusate, parto per Lampedusa»). © Olympia L’indice dei nn. 201-225 alle pagine 18-24

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228 dialoghiLocarno – Anno 45 – Ottobre 2013 di riflessione cristiana BIMESTRALE

«Dio è solo misericordia»«Finalmente – scriveva Raniero La Valle sul numero di luglio di “Koi-nonia” – abbiamo un pastore che invece di parlare di principi non negoziabili o condannare “compor-tamenti devianti” ci dà una buona notizia, una buonissima notizia. Questo pastore è il papa Francesco e la buona notizia, l’“evangelo”, è che Dio è misericordia, anzi che “Dio è solo misericordia”». Con Raniero La Valle si può senz’altro concordare, perché è vero che Jorge Mario Bergoglio ha aperto spira-gli di speranza e ha confortato mi-

lioni di indigenti nel corpo e nello spirito. Vale però anche il parere di Hans Küng («Le Monde» del 26 settembre), secondo cui l’aiuto che il Papa è in grado di dare in quan-to rappresentante dell’istituzione e della tradizione religiosa va al di là delle parole di consolazione e di incoraggiamento e si deve tradurre in atti di misericordia e di amore. Il teologo cita tre «immensi» gruppi di persone che in seno alla Chiesa cattolica sono «in stato di povertà»: i divorziati risposati, le donne che praticano la contraccezione e i preti

che hanno lasciato il ministero dopo essersi sposati. Il confronto potreb-be essere artificioso se ci si appiglia all’uno piuttosto che all’altro capo del problema per confermarsi in una preconcetta posizione «conser-vatrice» o «progressista». Nessuna delle due posizioni, con tutta pro-babilità, riflette l’animo del Papa. Ma la prima potrebbe essere l’atteg-giamento di fondo da cui partire, la seconda una riforma da concordare con i fratelli nell’episcopato e tutto il popolo di Dio. Nell’attesa, la spe-ranza è grande. E.M.

La poltrona vuota lasciata da papa Francesco a un concerto al quale era annunciata la sua presenza (da «Mosaico di pace», luglio 2013; titolo della rivista: «Scusate, parto per Lampedusa»).

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Come parlare di peccato alle persone oggi?A tentoni la teologia e la liturgia affrontano il problema

Lo spunto per parlare di peccato su «Dialoghi» mi è venuto non tanto da una riflessione sulle dottrine teologi-che o etiche, bensì dalla «crisi» che attraversa la pratica della confessione nella Chiesa cattolica oggi. Tale «cri-si» è particolare a questa Chiesa e alla sua teologia, così come si è svilup-pata soprattutto a partire dal Concilio di Trento. Ma se si allarga il nostro sguardo ai secoli che hanno precedu-to questo evento e alle altre Chiese cristiane nella loro storia moderna, si capisce meglio come la cosiddetta «crisi della confessione dei peccati» sia solo un aspetto particolare di una crisi ben più ampia, che tocca tutta la cristianità contemporanea. La categoria di peccato è comune a tutte le tre grandi religioni monotei-ste, anche se assume volti diversi nelle singole tradizioni. Qui mi limiterò a proporre alcune considerazioni solo in ambito cristiano, tenendo conto, nella misura delle mie limitate competenze, delle varie sensibilità e riflessioni pro-prie a varie confessioni. Il primo fenomeno che salta agli occhi di tutti coloro che osservano la realtà sociale che ci circonda è la banaliz-zazione della parola «peccato». La lingua italiana ne è chiaramente testi-mone: «Peccato, il cattivo tempo ci ha impedito di fare la passeggiata», «È davvero un peccato non poter andare al cinema stasera»… di esempi se ne potrebbero fare molti.La banalizzazione del termine è col-pa di uso sconsiderato che del peccato è stato fatto da parte delle religioni: è questa la ragione per cui in molti Paesi europei è invalso un uso del tutto banale del termine di peccato, rendendolo quasi inutilizzabile, oggi, per designare una realtà profonda che connota un rapporto profondamente distorto con Dio.Oltre la banalizzazione, va riscontra-to anche un uso quasi esclusivamente moralizzante del termine, che pure lo rende parzialmente obsoleto per un uso teologicamente corretto. Il pecca-to è in primo luogo una connotazione dell’esistenza umana, prima che una azione precisa imputabile all’essere umano. Ogni generazione di credenti ha cerca-to di esprimere con linguaggio diverso questa disarmonia fondamentale che segna il rapporto che ciascuno di noi,

individuo e parte di un tessuto sociale, intrattiene con Dio. La teologia con-temporanea, sia cattolica sia prote-stante, critica aspramente la riduzione della categoria di peccato al solo com-portamento moralmente riprovevole. Ma quali sono le cause profonde di questo restringimento nella compren-sione del peccato? Non è possibile dare una risposta in poche battute. Mi limito dunque solo a evocare più che sommariamente alcune delle possibi-li cause della citata strettoia, senza la pretesa di essere esaustivo e preciso.

In ambito cattolico il peccato non solo è stato compreso in senso quasi esclusivamente morale, bensì ha spe-rimentato un restringimento ulteriore in termini giuridico-penali. L’uomo è peccatore e contrae con Dio un debito, una colpa, che dovrà espiare. Dopo i secoli in cui la Chiesa dell’antichità e del primo Medioevo esercitava il potere di perdonare i peccati preve-dendo l’esclusione dall’Eucarestia per periodi più o meno lunghi a seconda della gravità del peccato commesso (riconciliandosi con i peccatori solo in situazioni «solenni», come la notte di Pasqua), il tardo Medioevo e la pri-ma Età moderna hanno visto prevalere una comprensione in termini giuridici del perdono dei peccati: il perdono può essere pronunciato solo a condizione che sia preceduto da una ammissione di colpa (chiamata appunto «confes-sione»), nella sua integralità di spe-cie e di numero di peccati commessi, condizione necessaria per ottenere un verdetto di assoluzione. Fu il Concilio di Trento a fissare le regole precise di questo processo di giuridizzazione. I Riformatori protestanti misero ra-dicalmente in discussione la conce-zione soggiacente a questa visione «giudiziaria» e «penale» del peccato e del perdono da parte di Dio in Gesù Cristo. La categoria di peccato non è più concepita solo in termini morali ma diventa espressione del rapporto che ogni essere umano ha con Dio, rapporto distorto e segnato da una radicale insufficienza e incapacità umane. Il perdono da parte di Dio è assolutamente gratuito e irreversibile e non può essere quantificato in formu-le giudiziarie precise. Nella variante

luterana, il rito della confessione dei peccati rimane, ma ha scopo peda-gogico e non esprime un potere che Dio avrebbe delegato ai pastori delle comunità dei credenti. Nella tradizio-ne riformata ogni ritualizzazione del perdono dei peccati sparisce a favore dell’affermazione radicale secondo cui ogni uomo è salvato dalla sola fede e rimane nella condizione di «giusto e peccatore nello stesso tempo». Il dialogo ecumenico attorno alla re-altà del perdono di Dio, fondamento comune ad ogni tradizione confessio-nale e alla necessità di una sua ritua-lizzazione, non è stato molto intenso e avrebbe sicuramente bisogno di un approfondimento comune che metta in luce i limiti delle singole tradizioni e tracci le linee di un rinnovamento comune. Se si legge con attenzione il Nuovo rituale della penitenza della Chiesa cattolica, si possono localiz-zare alcuni elementi di questo rinno-vamento: – il ministro e il penitente si accolgono mutualmente, come Cristo ha accolto ogni peccatore;– entrambi ascoltano la Parola del Si-gnore;– entrambi confessano l’amore che Dio porta per ciascuno di noi mentre confessano il proprio peccato;– il perdono viene accolto e viene te-stimoniato davanti a tutti.La recita in comune del Padre nostro prima della formula di assoluzione mette in evidenza l’unità di tutti gli elementi sopra evocati. È difficile poter dire se sia possibile e realista inserire questi elementi di una teologia rinnovata del peccato e della penitenza in un rituale comprensibile all’uomo contemporaneo. Ci troviamo probabilmente ancora in una fase di passaggio, in cui molti cattolici vivono il disagio della prassi che li ha segnati soprattutto durante la loro gioventù ma non hanno ancora individuato possi-bilità di aderire a nuove modalità di espressione, individuale e comunita-ria, del perdono che il Signore, in Gesù Cristo, ci ha annunciato e realizzato. Oso sperare che si avvii una riflessione comune a tutti i cristiani e cristiane delle varie Chiese su come esprime-re al meglio la coscienza che siamo sempre e comunque peccatori ma la misericordia del Signore supera ogni nostro senso di colpa.

di Alberto Bondolfi

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Concilio e antropologia moderna da coniugareper gestire un sacramento in «crisi di fiducia»Nel diario, inedito, di un giovane pre-te, inizio anni Sessanta, si legge un aneddoto curioso. Il tempo era quello in cui «essere di Chiesa» dipendeva molto dal rispetto dei «cinque precet-ti», tra i quali l’andare a messa tutte le domeniche e le altre feste coman-date e confessarsi una volta all’anno e comunicarsi almeno a Pasqua. Se si articolano i due precetti si ricupera la tradizione della Chiesa medievale del pre-Concilio quando, la dome-nica, comunione e messa erano due riti distinti, rigorosamente separati: comunione il mattino, messa più tar-di, in un’ora alla portata di tutti. Era inimmaginabile che alla «messa gran-de» si perdesse tempo a distribuire la Comunione ai fedeli. Sarebbe stato, oltre tutto, un dispetto agli uomini, che non avrebbero atteso l’Ite, missa est per lasciare la chiesa, complice il Codice di diritto canonico che, per la validità giuridica dell’osservanza del precetto festivo (concetto oggi del tut-to privo di senso), sanciva l’obbligo della presenza soltanto dall’Offerto-rio alla Comunione (del celebrante). Della «liturgia della Parola» non esi-steva nemmeno il nome, epistola e vangelo erano bisbigliati in latino dal celebrante, la schiena rivolta al popo-lo. Nelle messe solenni «in terza», il suddiacono cantava l’epistola, spalle al popolo, mentre il diacono il vangelo lo cantava rivolto a una parete laterale dell’abside. Per i fedeli, tempi morti. Dal momento che il solo a comunicar-si era il celebrante, imporre a tutti un momento di preghiera di ringrazia-mento dopo la comunione non avreb-be avuto senso. Escluse dalla com-prensione dei testi e delle preghiere, le donne pie recitavano il rosario.

Il precetto: «non mangiare carne al venerdì» è stato cancellato negli anni Cinquanta, unitamente all’obbligo del digiuno eucaristico. «Pagare le im-poste di culto secondo le usanze» ha trovato, quando ha trovato, soluzioni locali. Per il Catechismo, la non osser-vanza dei precetti costituiva peccato grave, mortale, una rottura dunque del rapporto di Dio con noi e di noi con lui, impossibilità di accostarsi alla co-munione, prenotazione dell’Inferno per l’eternità in caso di morte improv-visa senza un atto di contrizione in ex-tremis. Il rimedio? La confessione.

Una conseguenza di quell’organiz-zazione della pratica dei sacramenti era che la mattina di Pasqua, prestis-simo (in certe parrocchie alle cinque del mattino) si apriva il tempo della confessione annuale degli uomini, seguita immediatamente dalla co-munione. L’ora mattutina assicurava una certa riservatezza. Nel diario, il giovane prete racconta che il mattino di una Pasqua, agli uomini che con-fessavano di essere tornati a ricadere nell’inveterato peccato di non andare a messa la domenica, al posto delle

solite dieci Avemarie per penitenza assegnò loro di andare a messa tutte le domeniche fino alla Pasqua suc-cessiva. «È successo un piccolo fini-mondo. Invece di almeno provare a capire il senso della penitenza rime-diata, per liberarsi del peso inaspet-tato, ci fu chi si rivolse ad altri preti. Tutti a deprecare la gravosa peniten-za e a rimproverarmi uno squilibrato eccesso di zelo pastorale».

L’aneddoto racconta di un modo di praticare la confessione e di un ten-tativo di ricuperare serietà a quella pratica. «Avere già programmato di ricominciare a non andare a messa la domenica, nel momento stesso in cui si confessa il peccato e si chiede perdono al Signore, è irridere il sacra-mento». Poco seri anche i confratelli: «in sede di catechismo, illustrando le condizioni di validità del sacramento, sono i primi a insistere sulla necessità della contrizione, seria solo se tradot-ta nel proponimento, almeno in quel momento sincero, di non più ripetere il peccato». L’episodio si iscriveva in un’atmosfera di tendenza al ribasso: «A noi giovani preti si ripete conti-nuamente che l’ottimo è nemico del bene, che pretendere troppo da fedeli spiritualmente poco raffinati significa allontanarli invece che avvicinarli, an-che se il “troppo” è la condizione per una degna celebrazione del sacramen-to. Per gli uomini, presentarsi in chiesa il mattino presto è considerata prova di sufficiente predisposizione alla con-fessione». «Eppure – continua il diario – andare a messa la domenica non ha a che fare con la fragilità congenita della natura umana, è un precetto positivo

che porta a fare qualcosa di bello, di prezioso. Con la riforma della liturgia la Chiesa sta riscoprendo il significato originario della messa: beati gli invi-tati alla Cena del Signore! Dare una mano a un cristiano affinché nel gior-no del Signore risponda al suo invito alla Cena sarebbe eccesso di zelo?».

Oggi quel mondo non esiste più. Se ci si chiede come mai fosse invalso quel modo di confessarsi, la risposta è che a portare il penitente davanti al confessore era il precetto. Catechismo e predicazione motivavano il dovere della messa festiva, dicendo: è un pre-cetto della Chiesa. Che i fedeli fossero obbligati a presenziare a un culto in-comprensibile, all’autorità non pone-va nessun problema. Il concetto che non andare a messa la domenica fosse il rifiuto dell’invito del Signore ad in-contrarsi con Lui non circolava: se lo si incontrava, era nella comunione, al di fuori della messa. Un precetto non fa vibrare le corde del cuore, a dif-ferenza del rapporto con le persone. Il precetto non registra sgarbi se non viene eseguito, non gioisce se viene rispettato. Si confessava il peccato senza il coinvolgimento emotivo della coscienza, necessario alla formazione della contrizione e del proponimento di non più peccare.

La confessione dopo il Concilio

La speranza di rivitalizzazione della vita cristiana suscitata dal Concilio non si è concretata nella pratica del-la confessione. Negli ultimi decenni è infatti andata viepiù scemando, e con essa purtroppo anche la parteci-pazione domenicale alla Cena del Si-gnore. Nello stesso tempo, dei cinque precetti della Chiesa si sono perse le tracce. Per un motivo semplice: aven-do il Concilio chiesto all’omelia di commentare i brani della Sacra Scrit-tura proclamati all’assemblea dei fe-deli, dal momento che nella Scrittura, legge fondamentale della Chiesa, i cinque precetti non ci sono, non sor-prende che abbiano perso il posto che avevano nella predicazione. L’evolu-zione che ha colpito la frequenza al sacramento della Penitenza e la par-tecipazione domenicale alla Cena del Signore non può tuttavia essere impu-tata all’uscita di scena dei precetti. La

di Aldo Lafranchi

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ragione, ben più profonda, sta nella crisi che ha investito la società occi-dentale negli anni del post-Concilio.

Nella Chiesa, segnali di insofferenza nei confronti dell’autorità (la Curia romana) erano affiorati fin dalle prime mosse del Concilio, nel 1962. Nell’e-state precedente il quarto e ultimo pe-riodo del Concilio, la cui ripresa era fissata per il 14 settembre 1965, in una serie di allocuzioni e omelie Pa-olo VI denunciò «la crisi dell’autorità e la crisi dell’obbedienza nella Chie-sa». Alcuni vi intravidero «un monito al Concilio», un’anticipazione di ciò che il Papa avrebbe potuto dire alla riapertura delle assise conciliari. Sul tavolo c’erano schemi controversi in attesa di essere votati, tra questi la dichiarazione sulla libertà religiosa1. Il 14 settembre, il discorso del Papa «fu lungo, pronunciato in un elegante latino che non tutti i padri riuscivano a seguire, il tono, contrariamente alle aspettative di alcuni, del tutto positi-vo: un’esortazione all’unità dei cuori e delle menti che evitava qualsiasi ri-ferimento diretto ai problemi concreti del Concilio»2.

La crisi dell’autorità e della sottomis-sione all’autorità divenne il Manife-sto del ’68. Da allora ad ogni auto-rità si chiede di rendere conto delle ragioni delle decisioni che prende. Il tempo dell’«è cosi perché è così» era tramontato. Dalla sottomissione all’autorità in nome del principio di autorità («lo dice il Presidente, lo dice la legge, lo dice il Papa…») si è pas-sati al diritto-dovere dei cittadini di verificare il senso delle decisioni che li riguardano. Nella Chiesa la prova generale fu l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI (luglio 1968): per la pri-ma volta alcune conferenze episcopali osarono, per solidarietà con i fedeli, manifestare pubblicamente disagio.

La domanda è se il riconoscimento conciliare della libertà di coscien-za abbia aperto la strada alla libertà della contestazione dell’autorità nella Chiesa. C’è chi la tesi la sostiene: «Il ’68 ha soltanto accentuato la conte-stazione nella Chiesa, rendendola permanente, diventando un momento simbolico in cui il sistema, pur mante-nendo istituzioni, forza sociale e cul-turale, persone, anche giovani, perde le sue assise, la sua credibilità, spro-fondando simbolicamente, nel senso che la sua voce non domina più e diventa un’istituzione tra le altre, co-stretta in permanenza a legittimarsi»3.

Libertà di coscienza e modernità

La dichiarazione conciliare Dignita-tis humanae sulla libertà di coscien-za non va considerata un regalo, nel senso del dono non dovuto. Con quel riconoscimento la Chiesa cattolica ha raggiunto la modernità nell’ambi-to dell’antropologia promossa dalle moderne scienze umane, in particola-re la fenomenologia e la psicologia. Se ci si chiede che cosa costituisca il cuore dell’esperienza che l’uomo fa di sé in quanto uomo, che cosa fon-di la sua umanità, dove stia l’essen-za ultima dell’uomo, la risposta è: nell’interiorità della sua coscienza, intesa quale autoconsapevolezza di esserci, di esistere, luogo della so-litudine radicale e inviolabile della persona, solitudine che è limite ma nel contempo possibilità per l’uomo di decidere liberamente, responsabil-mente, il proprio destino. La coscien-za luogo della libertà che fonda la dignità dell’uomo.

Secondo i filosofi cristiani medievali, oltre al rispetto la coscienza merita anche una fiducia di principio. Sa infatti distinguere spontaneamente il bene dal male. A questa dote innata e universale i filosofi assegnarono il nome greco di sinderesi, che significa vedere, osservare, fissare lo sguardo, esame di sé. Per Tomaso d’Aquino è «la scintilla dell’anima» che, oltre a distinguere il bene dal male, è anche tendenza dell’animo umano verso il bene e verso il rifiuto del male (Sum-ma Theologiae, 1,1 q. 94, art. 1), è capacità dell’uomo di desiderare il bene e provare rimorso per il male compiuto. «Nessuno può cancellare dallo spirito umano il principio fon-damentale che bisogna fare il bene ed evitare il male» (Ivi, I-II, q. 94. ad 6).

Il riconoscimento del ruolo determi-nante della coscienza oggi è confer-mato con sorprendente forza dalla più alta autorità della Chiesa, che per il suo ministero i lumi li chiede al Van-gelo e non al diritto canonico. «La questione, per chi non crede in Dio, sta nell’obbedire alla propria coscien-za. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la co-scienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire»4. «Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile.

Bisogna sempre considerare la perso-na. Qui entriamo nel mistero dell’uo-mo»5. Il riconoscimento che «la coscienza sopravanzi la religione»6 rende giustizia a coloro che nel No-vecento hanno lottato, sopportando le conseguenze fino alla scomunica, per rendere possibile il dialogo della Chiesa con le sensibilità del mondo moderno.

La coscienza e la confessione

L’idea che qui si propone è che, spo-stando l’accento dai precetti all’indi-viduo, dall’istituzione alla coscienza, la promozione della libertà di coscien-za influenzi la pratica del sacramento della Penitenza. Dal racconto del gio-vane prete s’è visto come la trasgres-sione di un precetto non metta in mo-vimento la contrizione necessaria alla pratica rispettosa del sacramento. Per dar forma e consistenza alla contri-zione il cristiano deve attivarsi nella sua coscienza. La prova che sia deci-sivo quanto avviene nella coscienza sta nel riconoscimento che la contri-zione ottiene il perdono dei peccati, anche del peccato grave. Lo ammet-teva il vecchio Catechismo, anche se a fatica, come sola eccezione nel caso disperato del peccatore «in punto di morte e in assenza del confessore». Il Nuovo Catechismo, trent’anni dopo il Concilio, ha più considerazione per la funzione della coscienza. Riconosce come la contrizione porti il perdono della colpa «ogniqualvolta compor-ti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale» (n. 1452). Da eccezio-ne a regola. Il cambiamento non è di poco conto, anche se il lettore potreb-be chiedersi che senso abbia obbliga-re un cristiano a confessare di nuovo un peccato già perdonato, o che cosa succederebbe se la ferma risoluzione non venisse concretizzata (Dio can-cella il perdono?). È una disposizio-ne disciplinare, a conferma del prin-cipio che «la confessione individuale completa, con la relativa assoluzione, resta l’unico modo ordinario grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa» (n. 1484).

Oggi le disposizioni disciplinari sof-frono della crisi che tocca l’autorità. La constatazione che, col passar del tem-po, esse subiscano modifiche, possano essere decretate e poi abolite, adattate ai tempi, è il segnale della loro relati-vità: l’essenza delle cose la sfiorano senza intaccarla. Lo ammette, implici-tamente, il Nuovo Catechismo quando

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ricorda che la disciplina della Peni-tenza ebbe, all’inizio, forma pubblica, riguardava i peccati di idolatria, omi-cidio e adulterio, e la riammissione dei peccatori nella Chiesa avveniva dopo un lungo periodo di esclusione dalla vita liturgica della comunità, mentre l’attuale disciplina, nella sua forma privata, è stata importata sul continente europeo nel VII secolo da un monaco irlandese. (n. 1447).

Per l’uomo d’oggi, la posizione che sempre più si diffonde nei confronti della dialettica tra libertà di coscien-za e la declinante influenza delle va-rie Chiese sul piano disciplinare la riassume Pier Cesare Bori scrivendo che «rispetto alle Chiese sentiamo che il nostro elemento distintivo è la libertà, non come indifferenza e fastidio verso ogni norma ma come attenzione e docilità all’autorità inte-riore. Di fronte alle istituzioni delle Chiese ci atteggiamo con questa li-bertà e riteniamo queste istituzioni talvolta apprezzabili, talvolta ammi-revoli, talvolta non inutili, comunque non indispensabili»7.

Peccato veniale, peccato mortale

Anche sulla distinzione tra peccato veniale e peccato mortale negli ulti-mi decenni le cose si sono sostanzial-mente modificate. Fino al Concilio, a decidere il peccato e la sua gravità era il Catechismo. Per l’esame di co-scienza indicava come traccia i dieci comandamenti e i precetti della Chie-sa. Peccati mortali certi erano l’ido-latria (primo comandamento), la be-stemmia (secondo comandamento), il non santificare la domenica (terzo), l’uccidere (quinto), tutti i peccati ri-guardanti il sesso (sesto), il desidera-re la donna d’altri (il nono), mentre la trasgressione degli altri comanda-menti era ritenuta veniale o mortale a seconda dell’entità e di eventua-li danni provocati a terzi. Colpisce l’aspetto di automatismo meccanico dell’applicazione, come se a contare fosse soltanto la materialità dell’atto, indipendentemente dalla persona e dal suo contesto.

Peccato grave era pure la trasgressio-ne dei cinque «precetti della Chiesa». Anche mangiare carne il venerdì. Nel diario del giovane prete non manca l’aneddoto. Un giovane chiedeva se mangiare un salamino di venerdì fos-se peccato mortale. «Provo una dif-ficoltà insormontabile a immaginare Dio punire con la dannazione nel fuo-

co eterno un cattolico che, senza pen-tirsi e senza essersi confessato, abbia gustato un salamino di venerdì» fu la risposta, che non mancò di finire alle orecchie di preti i quali redargui-rono il giovane confratello per avere contraddetto l’insegnamento ufficiale della Chiesa.

Il Nuovo Catechismo rivoluziona l’e-same di coscienza. Va eseguito «alla luce della Parola di Dio. I testi più adatti allo scopo sono da ricercarsi nella catechesi morale del Vangelo e delle lettere di Paolo». Per la cateche-si morale del Vangelo è indicato «il Discorso della Montagna», per la ca-techesi morale paolina «gli insegna-menti apostolici, in particolare Rom. 12-15, 1 Cor. 12-13, Gal. 5, Ef. 4-6» (n. 1454). Il «Discorso della Monta-gna» non si riduce all’elenco delle nove beatitudini, occupa tutto il ca-pitolo quinto del vangelo di Matteo: «Avete udito che fu detto agli antichi: non uccidere, ma io vi dico: chiun-que si adira con il fratello sarà sotto-posto al giudizio. Avete udito che fu detto: non commetterai adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una don-na desiderandola, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (…). Avete udito che fu detto: occhio per occhio, dente per dente, ma io vi dico: se uno ti percuote sulla guancia de-stra, tu porgigli anche l’altra, se uno ti costringe a fare un miglio con lui, tu fanne due con lui (…), avete udito che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico, ma io vi dico: amate i vostri nemici…».

La Lettera ai Romani tratta dei doveri sociali: «Siate solleciti per le necessi-tà dei santi, premurosi nell’ospitalità; benedite quelli che vi perseguitano, non compiacetevi della vostra sapien-za, non rendete a nessuno male per male; se è possibile, per quanto è in voi, state in pace con tutti e se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere, non lasciar-ti vincere dal male, ma vinci con il bene il male». Tra i doveri sociali: «Ciascuno sia sottomesso alle auto-rità superiori, non c’è autorità se non da Dio, e quelle che esistono sono ordinate da Dio». Quando l’autorità deraglia, è sulla propria coscienza che il cristiano deve contare per sapere come comportarsi: «Non siate debito-ri di alcunché con nessuno, se non di amore vicendevole, perché chi ama il prossimo ha adempiuto la Legge. In-fatti il non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare,

e qualsiasi altro precetto culmina in questa parola: amerai il prossimo tuo come te stesso. La carità non fa nes-sun male al prossimo. La carità è ciò che adempie la legge (…); comportia-moci con decoro: non gozzoviglie ed ebbrezze, non lascivie e impudicizie, non rissa e gelosia, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo, e non seguite la carne nelle sue concupiscenze».

La Prima lettera ai Corinti propone l’inno alla carità: «È magnanima, è benigna, non è invidiosa, non si van-ta, non manca di rispetto, non si adi-ra, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto soppor-ta». La Lettera ai Galati: «le opere della carne: fornicazione, impudici-zia, libertinaggio, idolatria, malefizi, inimicizie, litigio, gelosia, discordie, fazioni, invidie, ubriachezza, orge e cose del genere, circa le quali vi pre-vengo: chi le commette non erediterà il Regno di Dio». Per contro, «il frutto dello Spirito è amore, gaudio, pace, longanimità, benevolenza, bontà, fe-deltà, mitezza, temperanza». La lette-ra agli Efesini esplicita la vita nuova in Cristo: «Dite ciascuno la verità al prossimo, adiratevi ma non peccate, non tramonti il sole sopra la vostra ira; chi rubava cessi di rubare, nessu-na parola cattiva esca più dalla vostra bocca, scompaia da voi ogni asprez-za, sdegno, ira, clamore e maldicenze con ogni sorta di malizia, siate bene-voli, misericordiosi, benevoli gli uni verso gli altri; nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca, ma paro-le buone per conferire grazia a quelli che ascoltano; quanto alla fornica-zione, a ogni specie di impudicizia, o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice ai santi; egualmente per la volgarità, le insipienze, le tri-vialità, cose sconvenienti; nessun for-nicatore, o impudico, o idolatra avrà parte del regno di Cristo e di Dio; non ubriacatevi di vino, il quale porta alla dissolutezza, ma siate ricolmi dello Spirito, inneggiando al Signore nei vostri cuori».

Se qui non ci si è limitati a segnala-re le fonti suggerite dal nuovo Cate-chismo ma sono stati riportati interi brani, è per far toccare con mano al lettore come la Scrittura apra una ric-chezza di orizzonti che il vecchio esa-me di coscienza non permetteva nem-meno lontanamente di intravedere. La catechesi morale dei Vangeli e delle lettere apostoliche non è uno scarno elenco di atti proibiti bensì un ambi-

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zioso progetto di società, che parte dal riconoscimento che l’uomo è, per sua natura, un essere in relazione (a im-magine del Dio trinitario). Vive, cre-sce, gioisce, opera, soffre in costante relazione con gli altri, col mondo. La morale del Nuovo Testamento è una strada che indica all’uomo come muoversi per riuscire al meglio nel-le relazioni interpersonali, decisive per la salute della mente e del corpo. Straordinario l’invito a sperimentare l’insospettata qualità del benessere interiore che discende da compor-tamenti raffinati e paradossali come l’amare i nemici, il porgere l’altra guancia, dare da mangiare al nemico se ha fame… Una lezione che svela i limiti dei pregiudizi del buon sen-so comune. Limpido è il messaggio che obiettivo delle norme morali sia il rispetto di sé e degli altri. Evitare le «opere della carne» assicura rapporti interpersonali rispettosi. Nella catte-drale di Rio de Janeiro, recentemente, il vescovo di Roma ai giovani indicò, quale stella polare cui rifarsi per sape-re cosa fare e come comportarsi nella vita, le Beatitudini e il capitolo 25 del vangelo di Matteo («Avevo fame e mi avete dato da mangiare…»).

Se le indicazioni morali del Nuovo Te-stamento fossero praticate, la società sarebbe un paradiso in terra. Purtroppo il Male è iscritto nella nostra natura, ne sfrutta le debolezze insinuandosi nei rapporti interpersonali seminan-dovi difficoltà, zizzania, disponibilità al litigio, odio, convincendo chi litiga e non perdona di avere tutte le ragio-ni per insistere a comportarsi in quel modo. Identico obiettivo per i rappor-ti tra i popoli. «Non siamo all’altezza della fatica, del coraggio e della te-nacia che la lotta contro il male chie-de, in tutte le sue forme, non siamo all’altezza di resistere alla pressione del male»8. È l’inidoneità strutturale che ci fa sempre e comunque poveri e peccatori di fronte a Dio, bisognosi in ogni momento della sua misericordia. «Signore, non sono degno…».

Ad aggravare il peso del peccato si aggiunge un’altra colpa, pure strut-turale: «Esiste tra gli uomini una so-lidarietà la quale fa sì che ciascuno sia in un certo senso corresponsabile per tutte le ingiustizie e i torti che si verificano nel mondo, specialmente di quei delitti che avvengono in sua presenza o con la sua consapevolezza. Quando uno non fa tutto per impedir-li, diventa colpevole pure lui. Chi non ha messo a repentaglio la propria vita

per impedire il massacro degli altri, ma è rimasto senza fare nulla, si sen-te colpevole in un senso che non può essere adeguatamente compreso da un punto di vista giuridico, politico o morale. Il fatto che uno sia ancora in vita quando succedono cose del ge-nere costituisce per lui una colpa in-cancellabile». L’autore, Karl Jaspers9, si riferisce alla Germania di Hitler e definisce «metafisica» la colpa di es-sere ancora in vita quando altri sono invece morti e non si è fatto il pos-sibile per impedire la loro fine. La colpa metafisica può, ad esempio, es-sere motivo del suicidio di prigionieri sopravvissuti al campo di concentra-mento. Ogni giorno muoiono di fame 24.000 bambini e il mondo (noi) sta a guardare…

Dentro simili orizzonti, disquisire di colpa leggera o colpa grave perde non solo di importanza ma di significato. Non è casuale che la questione sia ormai estranea alle preoccupazioni dell’uomo d’oggi.

Postilla. La questione: peccato ve-niale - peccato mortale era legata alla disciplina di stampo giansenistico: «l’Eucaristia è un premio per i santi, non un rimedio per chi è debole»10. In una simile visione, confessione e comunione erano concettualmente e anche cronologicamente legate: ci si confessava le rare volte (i gianse-nisti consigliavano rarissime volte, a motivo della nostra indegnità) che si faceva la comunione. Malgrado il giansenismo sia stato condannato nel Settecento, il principio «l’Eucaristia è il premio dei santi» ebbe larghissi-ma diffusione nell’Ottocento e fino oltre la metà del Novecento. L’idea dell’Eucaristia come «rimedio» è tor-nata ad essere prevalente per chi, sa-pendo di essere povero e peccatore di fronte a Dio, quando va a messa sente il bisogno di incontrare il Signore e la sua misericordia. Come la parte ap-partiene al tutto, oggi la comunione è vissuta quale parte integrante della messa: beati gli invitati alla Cena del Signore.

La «concorrenza» delle preghiere di perdono

La minore frequenza del sacramento della Penitenza può essere ascritta anche alla concorrenza rappresentata dalle preghiere di domanda di per-dono venute alla luce con l’uso del-la lingua volgare nelle celebrazioni liturgiche. Sentire e capire le parole

apre alla possibilità di sperimentare su di sé la forza di una parola che rea-lizza ciò che dice. L’Atto penitenziale che dà inizio alla messa si conclude con la preghiera «Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna». Rispondendo «Amen», i fedeli per i quali le parole del cele-brante non sono una formula rituale vuota, ripetuta meccanicamente in modo distratto, sentono in quel mo-mento che Dio nella sua misericordia i peccati li perdona e nel cuore prova-no pace e riconoscenza. Non succe-deva prima della riforma della liturgia quando, mormorata in latino, ai piedi dell’altare, la domanda di perdono in pratica non perdonava perché per il Catechismo ci voleva la confessione. Altre preghiere della messa sono do-mande di perdono. Per il nuovo Cate-chismo «la lettura della Sacra Scrit-tura, le preghiere della liturgia delle Ore e del Padre nostro ravvivano lo spirito di penitenza, di conversione e contribuiscono al perdono dei pecca-ti» (n. 1437).

Postilla fuori luogo. I testi della Scrit-tura proclamati alla comunità andreb-bero trattati con rispetto. Il problema esisteva già nella Chiesa primitiva se Paolo, parlando della «edificazione della comunità», ai cristiani di Co-rinto scrisse: «Se non articolate paro-le chiare con la lingua, come si può comprendere ciò che viene detto?» (1 Cor. 14,9). Nelle nostre chiese il rispetto della Parola passa dall’inse-gnare ai lettori come si legge un testo in pubblico affinché i presenti lo pos-sano non soltanto sentire (voce alta) ma anche assimilare (ritmo lento), e dal corretto funzionamento degli im-pianti di amplificazione.

Confessione e liturgia dei morti

Confrontare la liturgia dei morti pri-ma e dopo il Concilio può servire da conclusione delle riflessioni sull’evo-luzione della pratica del sacramento della Penitenza. Chi non ha vissuto il clima di ossessione del peccato (ci voleva poco, pochissimo perché fosse grave) e del relativo terrore dell’Inferno che caratterizzava la vita religiosa ancora negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, si trova in difficoltà a ricostruire quel mondo drammaticamente grandioso che tan-to terrificava e agitava la fantasia e le emozioni, non soltanto dei bambini, e che Plinio Martini ha, per fortuna, fis-sato nel suo «Requiem per zia Dome-

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nica»11. Contava il non farsi sorpren-dere in peccato mortale dalla morte improvvisa, che arriva quando meno te l’aspetti e a qualunque età. Esiste-va, per trasmissione verosimilmente orale, un’antologia di casi assurdi, raccontati con dovizia di particolari dai predicatori di turno, di persone integerrime per tutta la vita, anche bambini, che a causa di un solo pec-cato mortale non confessato, sorpresi da morte improvvisa, senza l’avver-tenza per un estremo atto di contri-zione perfetta stavano bruciando tra dolori strazianti in mezzo alle fiamme dell’Inferno, per l’eternità, attorniati da diavoli divertiti con le forche. «A subitanea et improvisa morte, libera nos Domine» si cantava. Qualcosa di quell’atmosfera gli amanti della buona musica possono ricuperare ascoltando i «Requiem» (Mozart, Verdi, Cherubi-ni e altri), con la sequenza «Dies irae, dies illa» e il responsorio «Libera me Domine de morte aeterna in die illa tremenda»: testi che risuonavano nel-l’«Inferno» di Dante Alighieri. La pre-occupazione, inculcata a cominciare dai bambini, era di essere sempre in

grazia di Dio, per cui benedetta era la confessione frequente. Oggi chi va a un funerale, se bada alle preghiere, ai testi, all’omelia, si trova immerso in tutt’altra atmosfera. Si può dire che la liturgia postconci-liare della morte traduca la credenza del teo logo cardinale Hans Urs von Balthasar, morto nel 1988, secondo il quale l’Inferno esiste ma sarebbe vuo-to. Una tesi che mette in crisi chi con-ta su un minimo di giustizia. Ad ogni buon conto, evaporata l’ossessione del peccato, l’orrore di finire all’Inferno ha lasciato il posto alla certezza di un destino di festa senza fine, in Pa-radiso, trionfo della misericordia del Signore. Oggi i maestri dello spirito mettono in primo piano l’iniziativa di Dio nei confronti dell’uomo. Compito dell’uomo è di lasciarsi avvolgere dal suo amore, dalla sua misericordia sen-za fine. Accogliendo con commozione il perdono, a noi non resta che intonare il canto dell’infinita gratitudine. Non è il forte messaggio che anche il nuovo vescovo di Roma Francesco invia con insistenza al mondo, fin dal secondo giorno del suo nuovo ministero?

NOTE

1. John W. O’Malley, Che cosa è successo nel Vaticano II, Vita e Pensiero, Milano, 2010, p. 259.

2. Ibidem.

3. Jean-Louis Schlegel, La révolution dans l’Eglise, Esprit, Paris 2008, p. 54.

4. Francesco, vescovo di Roma, La mia lette-ra a chi non crede, «la Repubblica», 11 set-tembre 2013.

5. Francesco, vescovo di Roma, in «La Civil-tà cattolica», 19 settembre 2013, p. 463.

6. Sorella Maria, L’ineffabile fraternità, Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano 2007, p. 337.

7. Pier Cesare Bori, «CV», il Mulino, Bolo-gna 2012, p. 132.

8. Pierangelo Sequeri, Parola e parole, ABSI, maggio 2013, no. 13, p. 83

9. Karl Jaspers, La questione della colpa, la responsabilità della Germania, Raffaello Cortina Editore, Milano 1966, p. 22.

10. Antoine Arnauld, De la fréquente com-munion, Parigi 1643.

11. P. Martini, Requiem per Zia Domenica, Il formichiere, Milano 1976: «Il primo libro di narrativa italiana che affronti con competen-za teologica la crisi del cattolicesimo moder-no» (Giovanni Pozzi).

Armando Dadò editore - Via Orelli 29 - 6601 Locarno Tel. 091 756 01 20 - Fax 091 752 10 26 - [email protected] - www.editore.ch

Franco Binda

Il mistero delle incisioniArcheologia rupestre nella Svizzera Italiana

Presentazione di Riccardo Carazzetti Prefazione di Marco Borradori e Manuele Bertoli

250 pp. con illustrazioni a colori e in b/n Formato 22 x 27,5 cm, CHF 45.–

I cosiddetti massi coppellari, monoliti affioranti dal terreno che recano incisioni e segni particolari e attrag-gono per l’alone di mistero che li circonda, non riporta-no parole comprensibili o incisioni di tale evidenza da permettere una collocazione cronologica e da svelarne una paternità certa.Il libro che vede la luce, completando e aggiornando le pagine date alle stampe qualche anno fa sullo stesso argomento, illustra con grande cura decine di massi e d’incisioni rupestri che hanno, per così dire, trasformato la superficie litica nella pagina di un libro i cui autori non sono ancora noti, ma che un giorno si spera di poter identificare.

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8 No. 228osservatorio ecumenico

osservatorio eCumeniCo

Assemblea mondiale del CEC a Busan (Corea)

La decima Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC o WCC, World Council of Churches) si svol-gerà a Busan, nella Repubblica di Corea, dal 30 ottobre all’8 novembre. L’Assemblea è il massimo organo di go-verno del CEC e si riunisce ogni sette anni. Ha il mandato di rivedere i programmi, rilasciare dichiarazioni pubbliche e determinare le politiche globali del CEC, oltre a eleggere il presidente e un comitato centrale che sovrintende i lavori del Consiglio fino alla prossima Assemblea. Insieme con le Chiese membri del CEC, alcune organizzazioni partner e altre Chiese hanno una forte presenza all’evento, per cui l’Assemblea è il più grande raduno di cristiani di diverse confessioni nel mondo. L’opportunità è unica per le Chie-se, di approfondire il loro impegno per l’unità visibile e la testimonianza comune. Il CEC è stato istituito con la prima Assemblea di Amsterdam (Paesi Bassi 1948). La decima Assemblea sarà la prima che si tiene nel Nord Est asiatico: la Corea è stata scelta a motivo del singolare mix ecumenico che offrono le Chiese coreane; l’invito è frutto dello sforzo congiunto delle molte Chiese del paese, da quelle membri del CEC, alle evangeliche e pentecostali. In Corea è pure presente una fiorente Chiesa cattolica. Il tema: «Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace» è un punto di riferimento per la riflessione teologica, per il culto e per la meditazione, così come per la pianificazio-ne delle attività programmatiche, prima, durante e dopo l’Assemblea.

Trasloca da Ginevra la Conferenza delle Chiese europee

Una nuova costituzione, che renderà la Conferenza delle Chiese europee (Kek) una struttura più agile e più diret-tamente controllata dalle Chiese; un «quartier generale» che da Ginevra (dove la Kek aveva i suoi uffici centrali sin dalla sua fondazione nel 1959) si sposterà a Bruxelles, in Belgio, chiudendo la sede «storica» nel Centro ecumeni-co della città elvetica ma (se le finanze lo permetteranno) mantenendo l’ufficio di Strasburgo (Francia). Questi, in sintesi, i risultati della 14° Assemblea dell’organismo ecu-menico europeo (che riunisce 120 Chiese protestanti, orto-dosse, anglicane e vecchio-cattoliche) svoltasi a Budapest dal 3 all’8 luglio con la partecipazione di oltre 400 per-sone. È stata un’Assemblea «difficile» e sostanzialmente rivolta a questioni interne, soprattutto alla formulazione di una nuova Costituzione, necessaria per alleggerire la struttura che nel tempo era diventata troppo complessa e costosa. Finora infatti la Kek consisteva di un segretariato generale (con sede a Ginevra) e tre commissioni, in prati-ca semi-autonome: la Commissione teologica («Chiese in dialogo», con sede Ginevra); «Chiesa e società», conflu-ita nella Kek nel 1999 ma nata indipendentemente come «Commissione ecumenica europea per Chiesa e società» (con sedi a Bruxelles e Strasburgo) e la «Commissione delle Chiese per i migranti in Europa» (con sede a Bruxel-les), la cui integrazione con la Kek non è ancora completa. La nuova Costituzione prevede l’abolizione delle Com-missioni, per sostituirle con una struttura più centralizzata,

Cura dimagrante anche per gli organi di governo: abolito il Praesidium (dieci membri, riunioni due volte l’anno), dimezzato il numero dei membri del Comitato centrale: da 40 a 20; il nuovo organo – che si chiamerà Consiglio diret-tivo – si riunirà due volte l’anno anziché una sola, per poter mantenere un più effettivo controllo sulle attività. Ridi-mensionata anche l’assemblea, con una diminuzione del numero dei delegati per ciascuna Chiesa-membro; abolita inoltre la partecipazione all’assemblea delle organizza-zioni aderenti (una quarantina), che però potranno essere invitate. Una decisione, quest’ultima, che ha creato molto malumore, non solo tra i rappresentanti delle organizza-zioni ma anche tra molti delegati che hanno visto in questa decisione uno scivolamento verso una concezione troppo istituzionale (se non addirittura «clericale») dell’organi-smo ecumenico. (da una relazione di Luca Maria Negro, in «Riforma», Torino, 12 luglio 2013).

Nuova costituzione per gli evangelici svizzeri

Una nuova Costituzione per la Federazione delle Chiese evangeliche in Svizzera (Fces) è stata presentata nel cor-so di una conferenza stampa tenutasi il Berna il 4 giu-gno scorso. La nuova struttura organizzativa, conforme al diritto ecclesiastico, dovrà ora passare al vaglio delle singole Chiese cantonali, per poi entrare in vigore dal 1. gennaio 2016 con il nuovo nome di «Chiesa protestante in Svizzera». Sarà introdotto un Sinodo nazionale composto dai delegati delle Chiese cantonali, il quale eleggerà un Consiglio di 9 membri deputato a difendere gli interes-si delle Chiese nei confronti delle autorità federali, delle istituzioni nazionali e delle organizzazioni internazionali. Il presidente del nuovo organismo rappresenterà la Chiesa protestante nel Paese e all’estero. Inoltre sarà istituita una «Giornata della Chiesa» (Kirchentag), da tenersi ogni due anni. «Unità nella diversità: questo lo scopo della nuova costituzione», ha affermato il presidente della Fces, il pa-store riformato Gottfried Locher. Le Chiese cantonali, pur rimanendo indipendenti, diverranno la Chiesa protestante in Svizzera. La consultazione delle singole Chiese canto-nali si concluderà il 30 novembre 2013.

Il Catechismo di HeidelbergIl 2013 segna il 4500 anniversario di un testo che può a buon diritto essere annoverato non sola tra i classici del protestantesimo ma dell’intera cristianità. Fu infatti nel gennaio del 1563 che venne dato alle stampe il Catechi-smo di Heidelberg, un piccolo libro che in 129 domande e risposte ha dato forma alla fede di moltissime generazioni di evangelici riformati (quelli che hanno seguito la riforma di Calvino e di Zwingli) in tutto il mondo. Il suo nome deriva dalla città tedesca, sede di un’importante universi-tà, nell’ambito della quale il Catechismo venne composto. Commissionato dal principe elettore Federico III con l’in-tento di istruire le giovani generazioni e di offrire un sicuro riferimento per la predicazione, il Catechismo si diffuse rapidamente oltre i confini tedeschi, prima in Olanda, poi nel resto d’Europa e oltre, divenendo per calvinisti e pre-sbiteriani ciò che il Piccolo catechismo di Lutero fu per i luterani. In Italia ne è stata recentemente pubblicata una nuova traduzione, commentata dal teologo valdese Paolo Ricca (La fede cristiana evangelica. Un commento al ca-techismo di Heidelberg, ed. Claudiana).

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No. 228 9opinioni

Chi è povero da noi, in svizzera?(…per tradurre in cifre il pensiero del Papa)

Sono 580 mila le persone ufficialmen-te considerate «povere» in Svizzera. Di questo non proprio esiguo batta-glione (stiamo parlando di un abitan-te del nostro Paese su tredici) fanno parte gli individui al di sotto della «soglia di povertà». Per esempio chi vive da solo con meno di 2.200 fran-chi al mese, oppure le coppie con due figli che non ne percepiscono più di 4.050. Lo riferisce l’ultimo rapporto sulla povertà emanato dall’Ufficio federale di statistica. In Ticino, detto per inciso, nel 2011 la percentuale di persone che viveva con un reddito al di sotto della povertà assoluta era del 13% (pari a circa 43.000 unità). C’è chi can-ta vittoria, perché dal 2007 (data in cui si è cominciato a calcolare questo dato) al 2011 la percentuale degli in-digenti è diminuita di quasi due punti percentuali, ossia del 20%. E poi an-diamo meglio rispetto agli altri Paesi europei, dove il rischio di povertà è del 16,9%, contro il 15% della Sviz-zera.

Ma sarebbe fuorviante festeggiare. Prima di tutto perché oltre alla po-vertà assoluta ne esiste una relativa. In base ad essa si parla di «rischio di povertà». La soglia è stata individua-ta dall’Unione Europea «al 60% della media del reddito disponibile equiva-lente». Fatti i debiti calcoli, nel 2011 il 14,3% della popolazione elvetica, ovvero 1.090.000 di persone, era a ri-schio di povertà. La metà di esse ha dovuto vivere con un reddito inferiore all’80,1% della soglia di rischio di po-vertà. In Ticino la percentuale sale al 17,8% della popolazione.

In secondo luogo le fluttuazioni stati-stiche verso il basso non devono trarci in inganno. L’indagine elvetica si basa infatti su un campione di circa 7 mila economie domestiche. 17.000 persone sono state selezionate in maniera alea-toria (nel nostro cantone 300 economie domestiche, pari a 750 persone). «Trat-tandosi di un’indagine a campione – ha spiegato di recente al «Corriere del Ti-cino» Eric Stephani dell’Ufficio canto-nale di statistica – i dati rappresentano solo il valore centrale di un ventaglio di valori possibili, il cosiddetto inter-vallo di confidenza. Nel 2011 il 7,6% (+/–0,7) della popolazione svizzera po-teva fare affidamento su un reddito al di

sotto della soglia della povertà assolu-ta. Quindi la percentuale si situava tra il 6,9% e il 8,3%. Nel 2007 il tasso era del 9,5% (+/–0,8), dunque tra il 8,7% e il 10,3%. Considerando l’intervallo di confidenza, si può dunque dire che negli ultimi anni non si sono registrati variazioni significative». E in Ticino, «nel 2011 la percentuale di persone che viveva con un reddito al di sotto del-la povertà assoluta era del 13% (circa 43.000 unità). Ma, visto il numero bas-so di interviste, l’intervallo di confiden-za è ampio: va dall’8,1% all’17,9%. In pratica il numero di poveri nel nostro cantone è compreso tra le 27.000 e le 59.000 unità».

La statistica svizzera offre anche un ritratto abbastanza preciso dei poveri nel nostro Paese: «Le persone senza formazione scolastica post obbligato-ria risultano essere povere» due volte di più rispetto a chi ha studiato anche dopo la scuola dell’obbligo. Anche le donne registrano un tasso di povertà superiore agli uomini (8,6% contro lo 6,7%). Come gli ultra 65.enni, con un tasso del 16,1%. Ma nel caso degli anziani nel calcolo non figurano i loro eventuali patrimoni. Non sorprende, purtroppo, scoprire che tra le catego-rie sociali più a rischio va annoverata quella delle famiglie monoparentali (21,9%). E poi c’è la grande categoria dei senza lavoro: solo il 3,7% di chi è occupato è toccato dall’indigenza, contro il 14,7% dei disoccupati. Se, poi, all’interno di un’economia do-mestica non lavora nessuno, il tasso di povertà raggiunge il 20,7%.

Tra le categorie più fragili, l’abbiamo scritto, c’è quella degli anziani. Lo ha spiegato recentemente ai media tici-nesi Piergiorgio Cagnasso, responsa-bile del servizio sociale di Pro Senec-tute Ticino e Moesano: «Aumentano gli anziani e parallelamente cresce il numero di persone che hanno bisogno d’aiuto. Nei nostri Centri regionali di consulenza e assistenza sociale verifi-chiamo circa 7.400 situazioni all’an-no. La maggior parte di quanti si ri-volgono a noi ha problemi economici o di salute che si ripercuotono sulle finanze. Nel 2012 le persone viste nell’ambito della consulenza sociale sono state 3.173. Il 54% di loro gode-vano della prestazione complementa-

re alla rendita AVS (nel 2012 in Tici-no erano 15.676 in totale i beneficiari di tale aiuto)».

La ricerca dell’USTAT chiarisce pure il concetto di «deprivazione mate-riale», una realtà che tocca in Sviz-zera 250.000 persone, pari al 3,3% dell’intera popolazione. Si tratta di «un’insufficienza dovuta alla caren-za di risorse finanziarie in almeno tre di nove categorie coordinate a livello europeo». Eccole: riuscire a far fronte a una spesa imprevista di 2.000 fran-chi, poter finanziare ogni anno una settimana di vacanza fuori casa, non avere pagamenti in arretrato, potersi permettere un pasto a base di carne o pesce almeno ogni due giorni, poter riscaldare come si deve i luoghi dove si abita, possedere una lavatrice (o avervi accesso), avere un televisore a colori, possedere un’automobile. Il tasso di deprivazione materiale del 2011 risulta «sensibilmente inferiore» a quello tra il 2007 e il 2010. Ma solo per ragioni di linguaggio. «Nel 2011 sono state riformulate alcune doman-de volte a raggiungere una migliore raffrontabilità a livello internaziona-le». Insomma, i risultati del 2011 non sono direttamente paragonabili con quelli degli anni precedenti.

Qualche settimana prima della pre-sentazione del rapporto sulla povertà tra il 2007 e il 2011, l’Ufficio federale di statistica aveva anche rivelato che gli svizzeri che hanno a disposizione dei redditi bassi tendono a rinunciare alle cure mediche, sacrificando la loro salute per ragioni finanziarie. I dati si riferiscono al 2011 e mettono in evi-denza una sorta di circolo vizioso do-vuto all’indigenza. Proprio chi perce-pisce bassi salari, infatti, dichiara di non godere di buona salute ma di non farsi curare proprio per via dei costi. Tra le persone prese in esame dallo studio, il 31% di coloro che dicono di avere una salute «non buona» è a rischio di povertà. Tra chi invece non ha problemi finanziari la percentuale è soltanto del 17%. Lo scarto è an-cora maggiore (38% contro 18%) per chi soffre di privazioni materiali. Un circolo vizioso: più si è poveri, più la salute è fragile, più si è costretti a ri-nunciare a determinate attività. Oltre al medico e alle cure, s’intende. c.s.

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10 No. 228cronaca svizzera

CronaCa svizzeraa cura di alberto Lepori

Proposte giovanili. Il Consiglio can-tonale dei giovani del Ticino, riunito il 19 aprile a Bellinzona, ha rivolto al Governo un articolato documento su 15 (!) diversi argomenti, comprendenti tutti diversi punti. Tra essi, nel capitolo «Materie nella scuola media» formula una richiesta relativa alla «Storia delle religioni» («Come avviene in diver-se sedi e anche sulla base di quanto scaturirà dalla fase pilota in corso in diverse sedi, chiediamo che in terza e quarta media l’insegnamento della storia delle religioni sia reso obbli-gatorio in tutto il Cantone. Siamo fermamente convinti che alla base dell’accettazione delle diversità ci sia la conoscenza reciproca») e nel capi-tolo «Diversità e integrazione» una richiesta sui «simboli religiosi nelle scuole» («Vista anche la situazione odierna in cui vi è una crescente multi-culturalità, riteniamo che la scuola sia un luogo di studio e quindi all’interno dei suoi spazi debbano trovare posto solo affissioni di tipo educativo, come, ad esempio, poster e cartelloni riguar-danti materie obbligatorie. Chiediamo quindi che non vengano affisse croci alle pareti nelle aule scolastiche»). Al-tre proposte dei giovani ticinesi sono meritevoli di essere conosciute e di-scusse: purtroppo il documento è stato pressoché ignorato (lo ha pubblicato integralmente il mensile «Risveglio» della Federazione docenti ticinesi).

Preghiera ecumenica. In occasione della Festa federale di ringraziamen-to (già Digiuno federale, istituito nel 1832), cinquecento cristiani di diverse confessioni e di diversi cantoni hanno partecipato il 14 settembre a Berna ad una «preghiera per la Svizzera», reci-tata nelle quattro lingue nazionali. La manifestazione si è svolta alla «Grosse Schanze», dominata dalla cupola fede-rale e decorata dalle bandiere federale e cantonali, con corali di Bach e musi-ca liturgica serba ortodossa e alla fine una colletta a favore dei copti egiziani perseguitati.

Vescovi cercansi. Alla lunga vacanza (da «vacuum» = vuoto) che mortifica come «orfanelli dimenticati», malgra-do la presenza attiva di mons. Gram-pa, i cattolici luganesi, si apre una nuova successione per le dimissioni anticipate (a 70 anni) del vescovo di Sion mons. Brunner, mentre sembra

in corso una ricerca (già iniziata nel dicembre 2012) di un nuovo vescovo in aiuto a mons. Morerod di Fribur-go, a capo della vasta diocesi romanda comprendente quattro diversi cantoni. Viste le lungaggini della procedura per giungere a queste nomine (indagine da parte del Nunzio, decisioni a Roma che deve occuparsi di oltre quattromila vescovi di tutto il mondo…), sempre più si avverte, specialmente in Sviz-zera abituata a pratiche più rapide, democratiche e pubbliche, che venga definita una procedura di consultazio-ne con la partecipazione dei cattolici delle singole diocesi, come da tem-po chiede questa rivista (dal primo numero di «Dialoghi», del 1968!) e come fu auspicata dal vescovo Euge-nio Corecco, canonista riconosciuto e qui ignorato, e oggi richiesta da un numero sempre maggiore di laici e chierici, compreso qualche cardina-le in pensione! È quanto chiediamo alla Conferenza dei vescovi svizzeri che (veneranda istituzione, da 150 anni esistente e festeggiata, che deve conservare proposte, progetti e ma-gari anche qualche promessa in me-rito…): una procedura democratica, pubblica e trasparente da adottare, «in aiuto al Nunzio e al Vaticano», poi il Papa, servus servorum, ne farà l’uso (servizievole…) che riterrà me-glio opportuno alla maggior gloria di Dio. Nando Fabro, uomo libero del-la Chiesa genovese e promotore del gruppo e della rivista «Il Gallo», ci ha insegnato che «nella Chiesa c’è la li-bertà che si conquista». Vale anche per gli Eccellentissimi svizzeri: forza, un po’ di coraggio, nipotini di Tell! Da au-gurarsi che la difficoltà del Nunzio di Berna a trovare i candidati per i posti scoperti nelle diocesi svizzere non sia causata dal desiderio espresso da papa Francesco, di avere «vescovi miti, pa-zienti, misericordiosi», non ambiziosi e senza psicologia da principi, come ha indicato ricevendo a Roma i nunzi.

Nuovo direttore di «Choisir». L’ami-co p. Albert Longchamp ha lasciato al confratello Pierre Emonet la direzio-ne del mensile dei gesuiti ginevrini, fondato nel 1959. Longchamp è stato per vent’anni direttore del settimana-le «L’Echo-Magazine», collaboratore del francese «Témoignage chrétien», presidente della Federazione interna-zionale dei giornalisti cattolici, pro-

vinciale dei gesuiti svizzeri e membro di numerose commissioni episcopali. Intende ora dedicarsi più ampiamente al ministero e alle pubblicazioni. Pa-dre Emonet è da tempo collaboratore del mensile, di cui è stato redattore dal 1996 al 2007; anche lui già provinciale svizzero, è specialista di sant’Ignazio, fondatore dei gesuiti, del quale sta scrivendo una nuova biografia. Ami-chevoli auguri a tutte e due.

Zurigo chiede essere diocesi. Il Con-siglio sinodale della Chiesa cattolica del Canton Zurigo ha chiesto, già nel dicembre 2012, alla Conferenza dei vescovi svizzeri (CES) di avviare la procedura per l’istituzione di una dio-cesi separata da quella di Coira, istan-za che la CES ha respinto lo scorso aprile per incompetenza (mah!) invi-tando gli zurighesi a rivolgersi a Coira e poi eventualmente alla Santa Sede. Le autorità diocesane di Coira si sono dette disposte a esaminare la richie-sta, già formulata nel 1990. Intanto la Chiesa di Zurigo, prevedendo tempi biblici, ha costituito un fondo «Dioce-si di Zurigo» accantonando 1,1 milioni di franchi. La decisione finale spetta al Papa, ma Zurigo può sempre… taglia-re i viveri se non è esaudita. La diocesi di Coira comprende i cattolici dei Gri-gioni e quelli dei Cantoni Svitto, Uri, Untervaldo, Glarona e Zurigo. In ogni Cantone diocesano esiste una cosid-detta «Chiesa cantonale» retta dal di-ritto pubblico e l’unione alla diocesi di Coira dipende ancora da una decisione «provvisoria» risalente all’inizio del XIX secolo, quando fu smembrata la diocesi tedesca di Costanza.

Vademecum contestato. Una com-missione incaricata dai vescovi svizze-ri, presieduta dal prof. Libero Gerosa della Facoltà teologica di Lugano, sen-za rappresentanti della RKZ (la «Com-missione cattolica romana» che si oc-cupa del finanziamento della Chiesa cattolica svizzera) ma con l’assistenza di rappresentanti vaticani, ha elabo-rato un documento, definito «Vade-mecum», sulle corporazioni di diritto pubblico (cioè le Chiese cantonali) che gestiscono le finanze a livello locale e hanno relazioni non sempre ideali con i vescovi. La pubblicazione del rap-porto (una quindicina di pagine) non è stato particolarmente apprezzato dalla RKZ, già per il fatto di essere stata ignorata (anche se è sempre il «popolo di Dio» che paga, comprese le com-missioni episcopali), avviando così un confronto che tuttavia è necessario. Il tema è stato affrontato nell’ultima riu-

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No. 228 11cronaca svizzera

nione dei vescovi, all’inizio di settem-bre, i quali hanno definito il rapporto «una base di lavoro», «quale contri-buto in vista di continuare lo svilup-po del sistema in vigore», da farsi «in comune (finalmente!) con i responsa-bili delle corporazioni ecclesiastiche». Ma non si poteva pensarci prima? Il rapporto è consultabile in: www.eve-ques.ch/documents/communiques. Il professore Daniel Kosch, segretario generale della RKZ, ha recentemente pubblicato uno studio sull’argomento presso l’editrice Schulthess di Zuri-go. Nel frattempo l’RKZ ha deciso di aumentare del 3% il contributo per i compiti pastorali nazionali, da 7,1 a 7,35 milioni di franchi, per la durata di tre anni (2014-2018). Un gesto ele-gante di distensione…

Abolita la Commissione Terzomon-do. La Commissione Terzomondo (COTMEC) dei cattolici di Ginevra, attiva da quarantacinque anni nel de-nunciare le ingiustizie verso i Paesi e i poveri del Sud, cesserà l’attività, per decisione comunicata dal ve-scovo Farine, alla fine dell’anno. La soppressione avviene dopo mesi di discussione e viene giustificata con l’intenzione di riorganizzare l’attivi-tà della Chiesa ginevrina nel settore sociale. La COTMEC era criticata in certi ambienti per l’orientamento terzomondista e per essere di fatto il «terminale» della Commissione na-zionale «Giustizia e Pace», anch’essa «ridimensionata» dai vescovi svizzeri con un taglio dei mezzi finanziari. A cinquant’anni dalla Pacem in terris e dal Vaticano II, sono segni preoccu-panti, che contrastano con le speranze suscitate da papa Francesco, che vuole «una Chiesa povera e per i poveri». Un colloquio è in corso col vescovo diocesano mons. Molerod

Risvegliare la brace… L’abate di Einsiedeln, Martin Werlen, per ce-lebrare l’anno della fede, vuole «ri-svegliare la brace sotto la cenere» e tiene ogni giovedì una funzione nella chiesa del santuario, aperta a credenti e non credenti. L’opuscolo dell’abate, in cui aveva soffiato sulla cenere (già denunciata dal cardinal Martini), pub-blicato anche da «Dialoghi» sul n. 225 dello scorso febbraio, è ora disponibi-le in cinque lingue (tedesco, italiano, francese, danese e olandese) e in un audiolibro.

Statistiche… per meditare. Le sta-tistiche della popolazione ticinese e svizzera, fatte conoscere all’inizio di

luglio, si prestano a più di una rifles-sione. Nel 2012 il Ticino ha registrato 2839 nascite e 2998 decessi, il calo delle nascite è evidente da anni (negli anni 60 erano quasi quattromila per una popolazione di circa 250.000 abi-tanti). In Svizzera nel 2012 le nascite sono state 82.200, con un aumento di 1400 rispetto all’anno precedente. Le donne straniere sono più prolifiche: 186 figli contro 142: non è il caso di limitare l’immigrazione. Aumentate in Ticino le nascite fuori del matrimo-nio (in totale 564), mentre nel 24,6% dei matrimoni il marito è alla seconda unione. Diminuiti lievemente i divorzi (704 coppie), con una durata media del vincolo di 15,9 anni. Tutti dati, con al-tri, da tenere presenti quando si dibatte di nuova evangelizzazione!

Crocefissi nei tribunali. Il Governo del Canton Zugo propone di respinge-re un postulato dell’Unione democra-tica di Centro che chiede l’esposizione del simbolo del crocefisso nella sala del Tribunale superiore, perché tale imposizione da parte del parlamento sarebbe una violazione del principio della separazione dei poteri. L’UDC, in cerca di consensi clericali, si preoc-cupa più del simbolo che dei «croce-fissi della storia»; il Governo zughe-se si nasconde dietro un formalismo giuridico affermando che il simbolo cristiano può continuare a rimanere dove c’è, invece di applicare la laicità negli edifici in cui viene esercitata la giustizia per tutti i cittadini.

Finanze ecclesiastiche. La Federa-zione ecclesiastica cattolico romana del Canton Vaud (che festeggerà nel 2014 il cinquantesimo di esistenza) ha chiuso l’esercizio 2012 con un avan-zo di 52.000 franchi, su un totale di entrate di 25,1 milioni, dei quali ben 24,9 milioni costituiti dal sussidio can-tonale. La principale uscita è costituita dalla retribuzione del personale (20,9 milioni), 181,4 sono gli impieghi a tempo pieno, mentre il totale dei col-laboratori pastorali è di 221 persone: 80 preti e 141 laici (di cui 101 donne). Piccolo beneficio finanziario invece per la Collettività ecclesiastica canto-nale cattolica del Giura: i conti si sono chiusi con fr. 1922 di attivo, mentre si prevedeva un deficit di oltre 240.000 franchi. Ci sono state entrate superiori da parte delle persone morali (bene!) e meno uscite per salari (male!). La Corporazione ecclesiastica cattolica di Friburgo (CEC) ha votato per il 2013 un preventivo che per la prima volta supera i 10 milioni di franchi, soste-

nuto dai contributi delle parrocchie. Il personale per il servizio pastorale del Cantone Friburgo comprende 69 preti (-1 rispetto al 2011) e 81 laici (+3). La spesa, sostenuta dalla Cassa per la retribuzione dei ministeri pastorali (CMP), è di oltre 12 milioni di fran-chi. In difficoltà finanziaria è invece la diocesi, per il venir meno delle dona-zioni: il vescovo necessita di un aiuto supplementare di fr. 250.000 chiesto alla CEC e al Cantone Friburgo. Cifre liete invece per la Chiesa cattolica di Zurigo, con entrate per 55 milioni di franchi e un’eccedenza di attivi per un milione. Alla diaconia sono stati destinati 18 milioni, per la formazione 13. Alla Paulus-Akademie verrà ver-sato un contributo di 1,25 milioni, fr. 140.000 annui per il servizio pastorale d’urgenza ecumenico, che dispone di cento agenti pastorali.

Caritas svizzera. Tre centri scolastici sono stati inaugurati in maggio nel-la regione di Port-au-Prince (Haiti), grazie all’aiuto dell’opera caritativa svizzera. Il terremoto del 2010 aveva distrutto quattromila scuole e ucciso quarantamila allievi e 1300 docenti. Caritas sta costruendo cinque com-plessi scolastici, per circa 2500 allievi: gli ultimi due saranno terminati nella primavera 2014. Caritas svizzera ha pure investito, con l’aiuto della Catena della solidarietà, dieci milioni di fran-chi in Birmania, devastata nel 2008 da un ciclone che ha provocato 140.000 morti e colpito 2,4 milioni di persone. Dopo l’intervento d’urgenza, Caritas ha costruito 41 edifici scolastici e cin-que posti sanitari, impegnandosi inol-tre per un aiuto duraturo nel settore agricolo. Per papa Francesco, «Caritas è la carezza della Chiesa verso il suo popolo».

Povera Svizzera. I negozi Caritas sono un termometro dell’aumento dei poveri in Svizzera. La cifra d’affari dei 23 negozi è aumentata nel 13% rispetto all’anno precedente, a pro-va dell’accresciuto degrado sociale. Caritas prevede di aumentare a 30 i centri per aiutare le famiglie nel biso-gno, con prodotti di prima necessità a prezzi scontati, messi a disposizione da circa 400 grandi distributori e pro-duttori. Secondo l’Ufficio federale di statistica, sono 580.000 le persone che vivono in situazione di povertà, e oltre un milione sono minacciate: si tratta specialmente di famiglie monoparen-tali con bambini o di persone sole con reddito inferiore a fr. 2200. («Corriere del Ticino» del 14 agosto).

Page 12: dialoghi 228

12 No. 228opinioni

Ai Paesi in sviluppo vengono sottratti annualmente miliardi di redditi di cui avrebbero bisogno per lottare contro la povertà e gli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Queste enor-mi perdite sono causate dall’evasione fiscale delle loro élites e delle multi-nazionali. Kofi Annan, già segretario generale dell’ONU, l’ha ricordato di recente senza mezzi termini sul «New York Times». Nell’articolo si sotto-linea che nessun continente quanto l’Africa soffre per le conseguenze dei flussi finanziari illeciti verso i Paesi industrializzati1. Kofi Annan chiede esplicitamente a Svizzera, Gran Bre-tagna e Stati Uniti di finalmente adot-tare le misure che si impongono per aumentare la trasparenza nel settore finanziario.

Mediamente, le entrate fiscali dei Pae-si in sviluppo rappresentano il 17% del loro prodotto interno lordo (PIL). Nei Paesi industrializzati ricchi que-sta percentuale ammonta al 35%, ma in numerosi Paesi poveri africani non raggiunge neppure il 15%. Secondo l’opinione unanime di esperti dello sviluppo e del Fondo Monetario In-ternazionale (FMI), è troppo poco per finanziare un apparato amministrativo in grado di funzionare. Esiste dunque un enorme potenziale di recupero.

Due elementi concorrono essenzial-mente all’insufficienza delle entrate di bilancio dei Paesi in sviluppo: si-stemi fiscali inadeguati ed ammini-strazioni fiscali deboli. Grandi settori dell’economia, in primo luogo il set-tore informale, vengono appena sfio-rati dal fisco o vi sfuggono del tutto. Per rimediare a questa situazione, l’FMI e l’Organizzazione per la co-operazione e lo sviluppo economico (OCSE) sostengono – con un aiuto finanziario e la consulenza tecnica – riforme radicali nei sistemi fiscali dei Paesi in sviluppo. Vari program-mi della nostra Segreteria di Stato dell’economia (SECO) perseguono pure questo obiettivo. Ma tali rifor-me fiscali consistono molto spesso nell’introduzione di imposte sui con-sumi, che colpiscono pesantemente le fasce più povere della popolazione. Come i Paesi ricchi, anche quelli in sviluppo conoscono la piaga dell’e-vasione fiscale, favorita nel loro caso

da amministrazioni fiscali meno effi-cienti. L’evasione fiscale è anzitutto opera dei loro cittadini ricchi, che de-positano i loro averi all’estero senza dichiararli al fisco. A queste perdite si aggiungono quelle causate dalla prati-ca delle multinazionali, che spostano – spesso in tutta legalità – i loro gua-dagni in territori a fiscalità light, come la Svizzera.

Dopo la crisi finanziaria ed econo-mica del 2008, la comunità inter-nazionale ha dichiarato guerra alle numerose «oasi fiscali» del pianeta, ma i progressi finora registrati in materia di trasparenza non hanno giovato ai Paesi in sviluppo. Il caso della Svizzera è esemplare. Messo sotto pressione dall’OCSE, il nostro Paese a partire dal 2009 ha concluso nuove convenzioni di doppia impo-sizione con una quarantina di Paesi. In presenza di un fondato sospetto di sottrazione fiscale, questi accordi permettono di chiedere uno scambio d’informazioni bancarie. Ma nella lista di questi nuovi trattati fiscali negoziati dalla Svizzera si cerche-rebbero invano i Paesi più deboli. Dall’inizio di quest’anno la pressio-ne internazionale sui paradisi fiscali si è accentuata. In particolare, l’U-nione europea (UE) desidera che lo scambio automatico d’informazioni diventi lo standard internazionale in materia di fiscalità. Grazie all’effet-to dissuasivo che tale regime assi-curerebbe, il cambiamento sarebbe estremamente utile anche ai Paesi in sviluppo.

L’UE sta attualmente elaborando un piano d’azione che le permetterà di infliggere sanzioni alle piazze finan-ziarie insufficientemente trasparenti. Ne sono previste anche per i Paesi che praticano una concorrenza fiscale sleale. Nel mirino ci sono gli Stati che privilegiano i redditi delle imprese ottenuti all’estero. La Svizzera è fra questi, con i «famosi» regimi fiscali cantonali per le holding e società si-mili, che inducono le multinaziona-li a trasferire i profitti dai Paesi ove vengono generati verso la sede legale dell’impresa in Svizzera: ad esem-pio, tramite pagamenti di interessi o la contabilizzazione di prestazioni di servizi in maniera elevata.

L’UE non è più l’unica organizzazione che vuole abolire questi regimi fiscali particolari. È entrata in guerra anche l’OCSE che, nell’ambito del program-ma sull’erosione della base imponibile ed il trasferimento degli utili (BEPS), prevede misure per combattere la concorrenza fiscale sleale fra sedi na-zionali potenziali di multinazionali. A tale crescente pressione, la Svizzera reagisce con misure dilatorie. Mentre Eveline Widmer-Schlumpf già riflette ad alta voce sullo scambio automati-co d’informazioni, il Consiglio fe-derale, ufficialmente, s’impegna per una strategia soft del «denaro pulito». Le banche dovrebbero – sulla base di un’autocertificazione dei loro clienti – garantire che non accettano più fondi non dichiarati. Ma le autocertificazio-ni di conformità fiscale, già introdotte a titolo volontario da diverse banche, non servono a molto, come ha dimo-strato una recente ricerca della «Neue Zürcher Zeitung»2. Un impiegato di banca vi ammette spudoratamente che i patrimoni in provenienza dai Paesi in sviluppo sono «abitualmente non dichiarati» e che le banche han-no molti dubbi sulla veridicità delle informazioni contenute nei formula-ri. Ma non si fa nulla per migliorare la situazione. Per questa ragione, la «strategia del denaro pulito» ha poche possibilità di imporsi in alternativa allo scambio automatico d’informa-zioni. L’ha capito anche l’Associa-zione svizzera delle banche private, il cui presidente, Nicolas Pictet, si è espresso pubblicamente a favore dello scambio. Vorrebbe tuttavia escluderne i Paesi emergenti ed in sviluppo, con il pretesto che in questi Paesi la sicu-rezza giuridica sarebbe insufficiente. Il fiorente commercio delle banche svizzere con i fondi non dichiarati dei Paesi del Sud dovrebbe dunque poter continuare senza ostacoli.

La Svizzera cerca una scappatoia an-che per l’imposizione delle imprese. Il Consiglio federale propone di so-stituire i regimi fiscali cantonali per le holding e società simili con prodotti di licenza. Ciò darebbe alle multina-zionali la possibilità di sottrarre al fisco dei Paesi in sviluppo gli utili ivi prodotti, mediante il pagamento di elevate licenze in Svizzera.

Mark Herkenrath, (Alliance Sud) www.alliancesud.ch

1. Stop the Plunder of Africa, New York Ti-mes, 9 maggio 2013.

2. Der Steinige Weg zum «weissen» Geld, NZZ, 18 maggio 2013.

Come la svizzera partecipaal saccheggio dei Paesi poveri

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No. 228 13notiziario (in)sostenibile

notiziario (in)sostenibiLea cura di Carlo maffei

Io ti guardo, tu risparmi. È dimo-strato: all’uscita dal gabinetto in un bagno pubblico, è più probabile che una persona si lavi le mani se c’è qual-cuno in giro. Se invece è sola, se ne va senza badare all’igiene. Si chiama «ef-fetto Hawthorne»: il comportamento cambia quando viene sottoposto a os-servazione. Eh no, non c’è bisogno di scomodare la meccanica quantistica. Basta pensarci: chi mai si ficcherebbe le dita nel naso sapendo di essere os-servato? L’effetto Hawthorne, che ne-gli studi di psicologia è una seccatura, può rivelarsi provvidenziale quando si tratta, per esempio, di risparmia-re energia. Lo dimostra uno studio pubblicato e sui «Proceedings of the National Academy of Sciences». Gli autori della ricerca hanno spedito a un gruppo di famiglie la comunicazione che i loro consumi elettrici sarebbe-ro stati controllati. Non premiati con uno sconto in caso di risparmio, né puniti con una multa in caso di spre-chi: semplicemente controllati. Così i consumatori si sentivano osservati. Ri-sultato: i loro consumi sono diminuiti in media del 2,7 per cento. I ricercatori hanno poi effettuato un sondaggio sul-le «cavie». Che in grande maggioran-za hanno rivelato di essere state molto più attenti ai consumi: luci spente nei locali inutilizzati, niente condiziona-tori d’aria quando non necessari, e anche un uso più parsimonioso dell’il-luminazione e degli elettrodomestici. Finito? No: restava da vedere che cosa sarebbe successo dopo. Ovvio: con-clusa la presunta osservazione, tutto è tornato come prima.

Il Grande Fratello dei felini. Qual è la principale minaccia antropica per la fauna selvatica? La caccia? L’inqui-namento? Macché: in ambito urbano, i gatti. Tant’è vero che fra 1,4 e 3,7 miliardi di uccelli e fra 6,9 e 20,7 mi-liardi di rettili e di piccoli mammiferi sono vittime ogni anno dei gatti ran-dagi e di quelli domestici ma liberi di uscire dalle case. E questo solo negli Stati Uniti, come dimostra una ricerca uscita su «Nature Communications». Una vera ecatombe. Eh sì, gli uccel-li sono in minoranza: a far le spese della caccia felina sono soprattutto le lucertole, che spesso i gatti uccidono ma poi abbandonano senza cibarse-ne. E poi fanno altre strane cose che non diresti mai. Tipo sbocconcellare

i cadaveri degli animali uccisi dalle auto. Ciò è stato scoperto da alcuni ricercatori dell’Università della Ge-orgia, negli Stati Uniti, e del National Geographic, che hanno applicato delle telecamere a 60 mici per poi lasciarli liberi di gironzolare nell’ambiente: monitoraggio individuale, dunque. Scoprendo che meno della metà dei gatti caccia. Però la metà che lo fa produce questo sfracello. Che fare? Secondo gli scienziati c’è un’unica so-luzione: tenere i gatti in casa e nutrirli a scatolette. L’impatto ambientale sarà minore? Difficile dirlo. Sulla fauna selvatica sicuramente sì. Ma conside-rando la sostenibilità della produzione di cibo per gatti…

Moda tossica. Quando acquistiamo un capo di abbigliamento, a che cosa badiamo? Al prezzo? Alla qualità del-la lavorazione? Se siamo consumisti, magari alla griffe? Beh, magari do-vremmo anche badare alla chimica. Perché questo emerge dal rapporto «The Big Fashion Stitch-Up» (http://bit.ly/bigfashion) di Greenpeace: quelle mutande sexy, quei jeans all’ul-tima moda, quelle magliette griffate, che paghiamo profumatamente ma che per pochi dollari vengono prodotte in Cina, Vietnam e Filippine, conten-gono quantità elevate di sostanze che possono provocare il cancro o causare disfunzioni del sistema riproduttivo. Capi da uomo, donna e pure bambino. E si tratta di marchi mondiali di fama. Già non è bello portarsi addosso que-sta robaccia. Quando poi laviamo gli abiti, le sostanze tossiche si sciolgono nell’acqua e contaminano l’ambiente. Infatti finiscono nella falda freatica, da lì nell’acqua usata per l’irrigazione in agricoltura, quindi sui cibi… e infine nel nostro organismo. Giusto per non farsi mancare nulla.

Spezzare la roccia, estrarre il petro-lio. Si chiama «fracking» ed è l’ul-tima moda in fatto di estrazione di idrocarburi dal sottosuolo. Consiste nel pompare acqua in profondità per spezzare le rocce grazie alla pressione. In questo modo aumenta la permeabi-lità e si estraggono più petrolio o più gas. Col vantaggio di poter sfruttare anche giacimenti finora poco produt-tivi. Bella idea, no? No. Per niente. Perché quest’intervento può provoca-re terremoti anche intensi. È succes-

so negli Stati Uniti, per esempio. Un articolo pubblicato dal «Journal of Geophysical Research» documenta il caso di Youngstown, nell’Ohio, dove mai c’era stato un terremoto prima del 2010. Dalla fine di quell’anno, però, è iniziata in quella zona un’attività di «fracking». E, nemmeno a farlo apposta, è cominciata pure l’attività sismica: ben 167 scosse. La maggior parte percepibili solo dagli strumenti. Ma alcune anche poderose, fino quasi alla magnitudine 4. Questo e altri epi-sodi hanno indotto molte comunità a opporsi energicamente ai progetti di «fracking» nelle proprie aree. In In-ghilterra la questione è diventata di in-teresse nazionale, con proteste anche veementi. Anche perché non ci sono solo i terremoti: pure la qualità delle acque nelle falde può peggiorare per colpa del «fracking».

La verità sul clima. Esce il nuovo rap-porto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e subito gli scettici neoliberisti affilano le armi: per smontarne le conclusioni se sono scomode per loro, oppure per gonfiar-ne l’importanza se invece fanno gio-co alle loro tesi. Prepariamoci, perché nelle prossime settimane li sentiremo gongolare, concludendo che il riscal-damento globale non c’è, se c’è non è colpa nostra, e comunque non è poi così male. Beh, han torto. Ci diranno che negli ultimi anni il riscaldamento si è fermato. Ebbene, non è vero. È vero che nell’ultimo decennio ha ral-lentato il riscaldamento delle superfici continentali. Ma il calore è finito negli oceani. E la temperatura media globa-le è cresciuta. A ciò si aggiunga un leg-gero aumento dell’attività vulcanica, con l’immissione di polveri in atmo-sfera e il conseguente raffreddamento climatico, che un po’ ha compensato il riscaldamento prodotto dall’effetto serra. Ci diranno che i ghiacci artici sono ricresciuti. Vero, ma è solo un rimbalzo, una normale fluttuazione statistica in un trend più ampio di diminuzione costante negli ultimi 30 anni. Del resto il 2011 è stato l’anno di minima estensione registrata. E non per forza ogni anno dev’essere peggio-re del precedente.

Dialoghi in InternetDialoghi può essere letto anche in

www.riviste-ticinesi.ch sito che ospita pure le riviste

Messaggero e Pegaso

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14 No. 228notiziario (in)sostenibile

Daria Lepori

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No. 228 15cronaca internazionale

CronaCa internazionaLea cura di alberto Lepori

«Il Tetto» compie cinquant’anni. La rivista «Il Tetto» nacque a Napoli nel 1963 (il primo numero del bime-strale uscì nel gennaio del 1964) per iniziativa di un gruppo di giovani, universitari e laureati, credenti e non credenti, cattolici e non, ma uniti tut-ti dall’intento di dar vita d una rivista di confronto e di dialogo. La prima di copertina reca la citazione evange-lica: «Ciò che vi dico nelle tenebre, ditelo in piena luce, e ciò che vi si dice all’orecchio, predicatelo sui tet-ti» (Mt 10,27). Tre sono stati e sono i filoni di ricerca e di osservazione della rivista: (1) la Chiesa e la sua presenza nel mondo, considerando come fondante l’attuazione dell’in-segnamento di Giovanni XXIII e dei principi del Vaticano II; (2) i rapporti tra etica e politica; (3) la questione meridionale, con particolare atten-zione ai problemi della Campania e di Napoli. Nei suoi lunghi anni di esistenza e con la pubblicazione di 295 fascicoli (giugno 2013) la rivista ha dato contributi significativi in oc-casioni importanti della storia civile e religiosa italiana, per esempio per la fine dell’unità politica dei catto-lici, per il superamento del Concor-dato, per la difesa delle libertà e dei diritti fondamentali, per le riforme (referendum, statuto dei lavoratori, diritto di famiglia), per la lotta al ter-rorismo e alle politiche di malaffare e, nei tempi più recenti, soprattut-to per la difesa della Costituzione e dei principi del Concilio. I redattori che, cambiando negli anni, si sono ritrovati intorno a Pasquale Colella, uno dei fondatori ed attuale diretto-re (è docente universitario di diritto ecclesiastico), hanno cercato sempre di esercitare nella Chiesa e nella so-cietà una presenza viva e critica alla ricerca della verità e di forme di vita civile e religiosa più giuste ed auten-tiche, nel rispetto di ogni diversità e rifiutando sempre arroccamenti fon-damentalisti. «Dialoghi» augura al «fratello maggiore» napoletano (nato cinque anni prima, anche se la gesta-zione per noi cominciò nel dicembre 1957 come pagina del giornale «Po-polo e Libertà») ancora molti anni di coraggioso e generoso servizio per tanti comuni ideali e propositi. Per contattare la redazione, inviare ar-ticoli, documenti o altro scrivere a: [email protected].

Anniversario doloroso. A qua-rant’anni dal colpo di stato di Pino-chet contro il presidente Salvador Allende, il comitato della Conferen-za episcopale cilena ha pubblicato un messaggio in cui afferma che «niente giustifica le violazioni della digni-tà delle persone commesse a partire dall’11 settembre 1973». Il Ticino aveva allora accolto generosamente molti esiliati cileni. Secondo la Com-missione Valech e un rapporto pubbli-cato nel 2004, le vittime di violazione dei diritti umani durante la dittatura (1973-1990) furono in Cile quaranta-mila, mentre le persone ufficialmente uccise o scomparse sono state 3216. Finora, 262 persone furono condan-nate per violazione dei diritti umani e più di 1100 procedure giudiziarie sono ancora in corso, malgrado la Legge di amnistia adottata nel 1978 dal dittatore Pinochet, che aveva graziato tutti gli accusati di violazio-ne dei diritti umani commessi tra il 1973 e il 1978. Amnesty International chiede che questa legge sia abrogata, perché la sua stessa esistenza costi-tuisce un affronto alle vittime della dittatura. Purtroppo la Chiesa cattoli-ca, compresa la diplomazia vaticana e alcuni vescovi cileni, non fu unanime nella condanna del colpo di stato mi-litare e delle violazioni dei diritti che ne seguirono, e il dittatore Pinochet godette fino alla morte di appoggi e riconoscimenti di ambienti cattolici, sfuggendo alla prigione cui venne finalmente condannato, dopo il «se-questro» subito in Inghilterra. «Dia-loghi» condannò immediatamente il golpe militare e informò ripetutamen-te sulla tragedia cilena, in particolare dedicando un numero speciale (n. 98, settembre-ottobre 1987) alla «visita di solidarietà» organizzata nel giugno 1987 delle Commissione Giustizia e Pace europee, cui parteciparono Al-berto Bondolfi e Alberto Lepori.

Testimonianza. Avvolta nello scial-le appartenuto a Benazir Bhutto, prima ministra pakistana uccisa nel 2007, Malala Yousafzai ha parlato al palazzo delle Nazioni Unite di New York. Lo ha fatto dopo essere stata, nell’ottobre del 2012, vittima di una aggressione mentre tornava a casa sua da scuola a Mingora, nella valle dello Swat, e gravemente ferita al collo e alla testa. L’attentato è stato rivendi-

cato da Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani pakistani, dicendo che la ragazza è «il simbolo degli infede-li e dell’oscenità» e meritava perciò di morire. Malala non ha mai chiesto grandi cose, ha solo parlato nel suo blog, da quando aveva 13 anni (ora ne ha 16) del diritto allo studio per le ragazze pakistane. Nel suo discorso all’Assemblea giovanile dell’Onu ha detto: «Il 9 ottobre del 2012 i taleba-ni mi hanno sparato in testa e hanno sparato ai miei amici. Pensavano che le pallottole ci avrebbero fatto tacere, ma hanno fallito. Da questo silenzio sono nate migliaia di voci. I terroristi erano convinti di aver ucciso i miei sogni e le mie speranze. Hanno uc-ciso la mia paura e la mia mancan-za di speranza. Hanno fatto nascere volontà e coraggio. Non ce l’ho con nessuno, non voglio vendette contro nessuno. Né contro i talebani, né con-tro altri gruppi terroristici. Sono qui per difendere il diritto allo studio di ogni bambina e bambino».

Lettera al Papa. Giovanni Franzo-ni, ex abate benedettino di S. Paolo Fuori le Mura, e Giulio Girardi, teo-logo della liberazione recentemente scomparso, il 5 dicembre del 2005, avevano presentato un «Appello alla chiarezza» circa la beatificazione di Giovanni Paolo II, firmato da un grup-po di teologi e storici della Chiesa, in cui venivano indicati diversi elementi del pontificato di Wojtyla (cfr. Perché papa Wojtyla non dovrebbe essere «beato», Dialoghi n. 210 [febbraio 2010]) che a giudizio dei firmatari avrebbero dovuto essere attentamente valutati prima di proclamare santo il papa polacco. Giovanni Franzoni era stato tra i 120 testimoni interpellati nella procedura di canonizzazione e il 7 marzo del 2007 aveva rilasciato una deposizione personale sull’ope-rato di Giovanni Paolo II, riserve che ha richiamato in una lettera inviata a papa Francesco l’11 luglio («Adista», 27 luglio).

Ricordo di un prete libero. È morto a 86 anni, il 24 maggio, Piero Bar-baini, un intellettuale di prestigio del cattolicesimo lombardo, collega alla Facoltà teologica di Venegono dei teologi Carlo Colombo e Giovanni Battista Guzzetti. Storico del gian-senismo e del riformismo religioso, autore di pubblicazioni scientifiche, fu protagonista di contrasti che l’a-vevano portato fuori dell’organizza-zione ecclesiastica. Libero docente di storia della Chiesa, Barbaini aveva in-

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16 No. 228cronaca internazionale

segnato per molti anni nel Seminario diocesano di Lodi e poi nella Facoltà di teologia di Milano. Nel 1971, dopo la sua uscita definitiva dalla istituzio-ne ecclesiastica, aveva ottenuto un incarico di docente di storia moderna all’Università di Parma, mantenuto fino al 1992. Descrisse i nuovi orien-tamenti maturati nel Sessantotto e nel post-Concilio in un libro che resta uno dei classici del cosiddetto «dis-senso», con la denuncia del meccani-smo illiberale dei «processi» eccle-siastici che lo costrinsero a lasciare l’istituzione.

Gutta cavat lapidem. Papa France-sco, a proposito dei maritati risposati, ha ricordato la disciplina della Chiesa ortodossa, che a certe condizioni per-mette un secondo matrimonio in chie-sa (si tratterebbe allora di fissare pro-cedure a garanzia di una applicazione giustificata delle eccezioni: ne discu-terà con gruppo degli otto cardinali da lui costituito). Così già rispondendo ai giornalisti sull’aereo, di ritorno dal Brasile («Giornale del Popolo» del 30 luglio). Il nuovo segretario di Stato, mons. Pietro Parolin, rispondendo a un giornalista venezuelano (e la notizia è stata ripresa dalla stampa italiana, APIC, 11 settembre), ha ri-cordato che il celibato dei preti non è un dogma, può essere discusso, ed è «una grande sfida per il papa». Anche il cardinale brasiliano Claudio Hum-mes, grande amico di papa Bergoglio, poco dopo la sua nomina a prefetto della Congregazione del clero, aveva evocato la possibilità di una evoluzio-ne, poi si era smentito appena arrivato a Roma. Meno imbarazzante per papa Francesco la proposta di un gruppo di teologi europei e statunitensi di no-minare alcune donne cardinale: non ostano impedimenti biblici né giuridi-ci, nel passato molti furono i cardinali non preti o vescovi, e le donne rap-presentano pur sempre «la metà del cielo», anche nella Chiesa cattolica. Sappiamo che la pietra e le teste (di canonisti e giornalisti cattolici) sono dure, ma, come per le nespole, «col tempo e con la paglia si vince ogni battaglia».

Fine della scomunica? Tra il Vatica-no e la Teologia della liberazione tira aria di pace. L’assedio alla TdL sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI è sembrato allentarsi già con la nomina di Gerhard Ludwig Müller, vescovo di Regensburg, alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, essendo egli no-

toriamente amico di uno dei fondatori della corrente teologica latinoameri-cana, il peruviano Gustavo Gutiérrez. Il nuovo prefetto aveva espresso affer-mazioni decisamente favorevoli alla TdL, che a suo giudizio è «ortodossa perché ortoprassica» poiché «insegna il modo giusto dell’agire cristiano, in quanto procede dalla vera fede». In-sieme con Gutiérrez, mons. Müller ha scritto un libro intitolato «Dalla par-te dei poveri», che lo stesso prefetto del già Sant’Ufficio ha presentato lo scorso settembre al festival lette-rario di Mantova. Ci ha pensato poi papa Bergoglio, con il suo auspicio di «una Chiesa povera e per i poveri» e con il suo stile semplice e sobrio, a suscitare l’entusiasmo di vari teo-logi della liberazione, i quali hanno voluto cogliere nelle sue parole e nei suoi gesti una traduzione concreta di quel che tale teologia ha sempre sostenuto. Mons. Pedro Casaldaliga, per il tramite di Adolfo Pérez Esqui-vel, Premio Nobel argentino ricevuto in udienza, ha formulato a papa Ber-goglio due richieste: che difenda gli indigeni e riabiliti i teologi persegui-tati e condannati. Anche altri teologi, come Leonardo Boff e Jon Sobrino, aspettano dal nuovo Papa una riabili-tazione della TdL.

Finanze vaticane. I bilanci finanziari della Santa Sede e della Città del Va-ticano per il 2012 sono risultati posi-tivi. Il primo dà un saldo positivo di oltre due milioni di euro, il secondo pure un attivo di oltre 23 milioni. Lo IOR ha donato 50 milioni di euro per le opere caritative del Papa. A segnare l’attenzione che presta a queste cose, papa Francesco ha partecipato a una riunione del consiglio cardinalizio (presenti 12 cardinali su 15 membri) riunito per discutere i problemi eco-nomici della Santa Sede, tenendo un breve discorso «responsabilizzante» circa la necessità di una buona am-ministrazione dei beni ecclesiastici. (APIC, 4 luglio).

Semi di speranza. Papa Francesco parla spesso di collegialità e di sino-dalità. Ha designato otto cardinali di cinque continenti per aiutarlo a rifor-mare la curia (nessun italiano o curia-le tra essi). L’arcivescovo di Monaco pare abbia chiesto la collaborazione degli esperti della McKinsey; anche gli altri cardinali intendono avvalersi di collaboratori laici di loro fiducia. Una commissione di cinque membri è stata dal Papa nominata per «armo-nizzare le attività dello IOR con la

missione della Chiesa»: comprende due laici e potrà avvalersi di collabo-razioni esterne. Per esaminare l’orga-nizzazione della struttura economi-ca-amministrativa della Santa Sede, papa Francesco ha poi istituito una commissione di esperti, composta di sette laici, quasi tutti europei e un solo religioso, affidandole un campo di indagine molto ampio ma che non si sostituisce agli organismi già in fun-zione. Si attribuisce a papa Francesco l’intenzione di ridurre le prerogative dello IOR (il cui presidente – un in-dustriale tedesco – è stato nominato da Benedetto XVI ormai dimissio-nario). La banca vaticana avrebbe 19.000 clienti e gestirebbe un asset di più di 7 miliardi di euro. All’udienza dedicata ai nunzi (108 in servizio e 40 emeriti), il papa Francesco ha donato loro una croce d’argento (per sostitui-re quella d’oro!) e ha detto che vuole dai Nunzi proposte per «vescovi miti, pazienti, misericordiosi, e non ambi-ziosi». Con un motu proprio dell’8 agosto, papa Francesco ha attribuito una nuova funzione di «sorveglianza preventiva» all’autorità d’informa-zione finanziaria che si occupa di vi-gilare sullo IOR e l’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede. Se occorre un «supplemento» di sorve-glianza, è segno che in Vaticano, per rispondere alle richieste del Moneyval del Consiglio d’Europa, non bastano i dieci comandamenti…

Sotto esame. Come tutti gli Stati che hanno firmato la Convenzione dell’O-NU sui diritti dei fanciulli, la Santa Sede è sottoposta periodicamente ad esame: gli esperti hanno pubblicato la lista delle domande alle quale do-vrà rispondere il prossimo gennaio la Santa Sede quando sarà ascoltata a Ginevra. Tra i temi dell’esame, il trat-tamento dei casi di pedofilia e di altri abusi commessi da membri del clero e negli istituti cattolici, i provvedimen-ti presi, le discriminazioni tra i sessi nell’educazione, le punizioni corpo-rali nelle scuole eccetera. Quando si pretende di essere uno Stato, bisogna accettarne i doveri relativi. Ma ne vale la pena?

Chi rompe paghi. Più di cinque-cento vittime di abusi sessuali hanno presentato richieste di risarcimento all’arcidiocesi di Milwaukee, per un totale di 100 milioni di dollari. La Chiesa locale ha già dovuto sborsa-re 30 milioni negli ultimi anni e ha chiesto nel gennaio 2011 di usufruire della legge statunitense sui fallimenti.

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No. 228 17notizie belle e buone

Notizie belle e buoneNiente statua. Papa Bergoglio ha domandato di togliere immediatamente la statua grandezza naturale che lo ef-figiava in un giardino accanto alla cattedrale di Buenos Aires, rimasta così visibile solo per una decina di giorni. Contrario al culto delle persone (fosse anche il papa), il 18 maggio aveva chiesto ai giovani dei movimenti di non più gridare «Francesco, Francesco», ma «Gesù, Gesù», perché: «Gesù è più importante».

Rinuncia alla Mercedes. Un prete colombiano, Hernan-do Fayid, della città di Santa Marta, ha deciso di vendere la Mercedes bianca cabriolet E200 regalatagli dai fratelli (valore 63.000 dollari), per spostarsi a piedi o con mezzi pubblici, seguendo l’esempio di papa Francesco e riceven-do l’approvazione del cardinale Ruben Salazar, presidente dell’episcopato colombiano. Francesco ha continuato la lezione di modestia, in occasione del suo viaggio in Brasi-le, scegliendo una Fiat Idea di costruzione locale e di color grigio, mentre per gli spostamenti a Roma utilizza normal-mente utilitarie. La Mercedes è ancora usata per le grandi manifestazioni, tuttavia non climatizzata e non blindata.

Stirpe alpina. Fra Agostino Del-Pietro, guardiano del Convento della Madonna del Sasso di Locarno, è stato nominato superiore dei cappuccini svizzeri per il triennio 2013-2016. Dal monte di Orselina alla vetta fratesca, av-vicinandosi a fra Mauro, superiore generale a Roma: non smentiscono la loro origine alpina!

Centro pastorale. Il vescovo Grampa, seppure dimissio-nario, continua l’opera di dotare la Diocesi di strutture du-rature: dopo il rinnovato Archivio diocesano ha inaugurato un Centro pastorale presso l’ex convento delle cappucci-ne a Lugano, istallandovi gli uffici delle diverse attività diocesane. L’edificio ospita anche la comunità femminile brasiliana «Palavra viva»: uno stimolo e un augurio per una diocesi spesso dormiente?

Premio Caritas. È stato attribuito alla britannica Rachel Newton, attiva nella parte curda dell’Irak, il premio Cari-tas 2013, dotato di diecimila franchi. La Newton opera da 12 anni nella regione, ove esistono campi di rifugiati di guerra, a favore dei bambini abbandonati. Nel centro da lei fondato, in 12 anni ne ha accolti e indirizzati alla scuola e al lavoro 7500. Il premio è stato consegnato dalla nuova presidente di Caritas, Mariangela Wallimann-Bornatico, presente la consigliera federale Simonetta Sommaruga.

Sant’Antonio a Dubai. Una chiesa dedicata a sant’Anto-nio da Padova è stata inaugurata il 14 giugno alla periferia di Dubai. Si tratta del quattordicesimo edificio di culto cattolico aperto negli Emirati arabi uniti.

Badessa di origine musulmana. La figlia di un musulma-no del Turkestan (ma la madre è cattolica…) è stata eletta badessa del monastero benedettino di Venio in Baviera. Madre Carmen Tatschmurat, nata nel 1951 a Monaco, è entrata in convento nel 1997, iniziando il noviziato all’età di 47 anni dopo studi in pedagogia sociale e attività scien-tifiche. Le 25 religiose del monastero alternano la vita con-templativa con quella professionale: sono pediatre, infer-miere, informatiche e ingegneri. Non le faranno difficoltà, adesso che porta il velo, neppure in Ticino.

Svizzera accogliente. Il Consiglio federale ha deciso di ac-cogliere cinquecento rifugiati siriani. Il progetto ha durata di tre anni e costerà 12 milioni. I Cantoni saranno chiamati a collaborare, il Ticino dovrà dimostrare la stessa disponi-bilità con cui quarant’anni fa accolse i profughi cileni.

Ecumenismo svizzero. La Federazione delle Chiese pro-testanti della Svizzera (FCPS) vuole riconoscere il batte-simo conferito dalle Chiese ortodosse e dalla Chiesa an-glicana, firmando la dichiarazione relativa della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane di Svizzera. La Chiesa cattolica, quella protestante e quella cattolica cristiana ri-conoscono reciprocamente i rispettivi battesimi dal 1973.

Appello al Governo. L’Assemblea dei delegati della Fe-derazione delle Chiese protestanti della Svizzera (FCPS), riunita il 16 giugno a Filsbach (Glarona) e che comprende 26 Chiese, ha approvato una risoluzione che invita il Con-siglio federale a chiedere la libertà religiosa per i cristiani perseguitati in molti Paesi, in particolare a sensibilizzare il personale del Dipartimento degli affari esteri. Bella no-tizia e buona proposta, ora che la libertà religiosa è nella maggior parte delle costituzioni estere (!) e quella federale non contiene più gli articoli contro la libertà dei cattolici svizzeri, ma si limita (?) a proibire i nuovi minareti (e ma-gari domani il burka).

Premio alla libertà. Il Premio Herbert Haag per la libertà nella Chiesa, istituito in memoria del professore di esege-si biblica dell’università di Tubinga (1915-2001), è stato attribuito nel 2013 alla Conferenza delle superiore delle religiose cattoliche degli Stati Uniti (LCWR), da tempo oggetto di pressioni e inchieste da parte della Congrega-zione vaticana della dottrina della fede (già Sant’Ufficio). Alla LCWR fanno capo circa l’80 % delle religiose sta-tunitensi, particolarmente apprezzate per il loro impegno sociale in ospedali e scuole e in settori etici particolarmen-te delicati (aborto, suicidio, omosessualità, femminismo).

Anniversari africani. I responsabili delle Chiese di più di 40 Paesi africani si sono riuniti a Kampala (Uganda) all’inizio di giugno per celebrare il cinquantesimo anni-versario della Conferenza delle Chiese di tutta l’Africa (CETA), presenti un migliaio di delegati, per discutere il tema: «Dio della vita, conduci l’Africa verso la pace, la giustizia e la dignità». La CETA è stata creata nel 1963, quando il continente stava liberandosi dalla colonizzazio-ne e dall’imperialismo culturale e spirituale; oggi deve liberarsi dalla povertà e dalle ingiustizie ereditate dal pas-sato. Le speranze africane sono riposte nei giovani e nelle donne. Nel grande seminario di Katigondo in Uganda è inoltre stato festeggiato solennemente il centenario del-la prima ordinazione presbiterale di due africani: Victor Mukasa e Bazilio Lumu, avvenuta il 13 giugno 1913 nella chiesa Villa Maria di Masaka. Dalla sua apertura il semi-nario, che accoglie studenti delle 19 diocesi ugandesi, ha educato più di quattromila allievi, dei quali più di 2000 sono diventati preti e ben 27 vescovi, il primo cardinale africano Laurent Rugambwa e il primo cardinale ugandese Emmanuel Nsubuga.

Solidarietà ecumenica. In Nigeria, un Paese ove sono frequenti le aggressione ai cristiani, il pastore evangelico Yohanna Buro e i suoi fedeli hanno pagato la cauzione e le multe di diversi detenuti musulmani, per permettere loro di passare il Ramadan in famiglia.

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18 No. 228indici 201-225

indici di «Dialoghi» nn. 201-225Indice per argomenti

Armi – Guerra – Pace – Violenza – Obiezione

L’unica guerra giusta è la pace, Luigi Sandri, 218/15

Bibbia

Tra il Gesù storico e il Cristo della fede, Ernesto Borghi, 202/3Nel labirinto delle traduzioni, E.M., 202/9Lettura cattolica della Bibbia, lettrici della Bibbia, Luigi Sandri, 204/13La Nuova Bibbia CEI: una lettura critica, Renzo Petraglio, 207/3Lettura della Bibbia e riforma della Chiesa, Nikolaus Klein, 207/11La Parola di Dio e gli imbarazzi dei traduttori, Renzo Petraglio, 208/9L’incontro tra il ricco e il povero nella Bibbia, Valerio Lazzeri, 222/3Vangelo e diritto canonico, Aldo Lafranchi, 225/2

Chiesa cattolica universale

Preti pedofili e compatibilità con il ministero, Aldo Lafranchi, 201/13Un Sinodo utile, ma non per tornare indietro, 202/8Il ’68 nato in Chiesa, 202/11Chiesa e «misericordia»: per chi o con chi?, Marina Sartorio, 203/11Lefebvrismo romano? La battaglia della scomunica,

Giancarlo Zizola, 205/15Un papato indebolito, C.S., 206/2Chiesa e società in Polonia vent’anni dopo. Intervista a Jan Turnau,

giornalista e biblista, Marina Sartorio, 206/17Due petizioni di cattolici dopo la «pace» con Lefebvre, 206/22Quale futuro per la confessione?, Michel Salamolard, 206/24Il Papa in Israele, C.S., 207/2«Caritas in veritate» un’enciclica bifronte, Carlo Silini, 208/1Chiesa matrigna! Salvi un parroco ma comprometti l’integrità

della famiglia, Aldo Lafranchi, 208/23Lo IOR e gli scandali ricorrenti delle finanze ecclesiastiche,

Giancarlo Zizola, 209/13«Il problema è Roma?», E.M., 210/1Dalla critica del capitalismo all’utopia religiosa. Il versante

economico dell’ultima enciclica papale, Carlo Silini, 210/3Una rondine non fa primavera, A.L., 210/7Perché papa Wojtyla non dovrebbe essere «beato»,

Giovanni Franzoni, 210/9Preti pedofili: «tolleranza zero» necessaria, ma non basterà,

Aldo Lafranchi, 210/17La pedofilia dei preti cattolici nell’agenda dei media, Carlo Silini,

211/2Un ideale, anche evangelico, non può essere un obbligo.

Sulla relazione tra pedofilia e celibato obbligatorio dei preti, Aldo Lafranchi, 211/5

La beatificazione di John Henry Newman, Davide Zordan, 213/2Democrazia e sussidiarietà per la riforma del vaticano,

Thomas J. Reese, 212/14Il sistema duale? Una buona cosa!, [da un’intervista a mons Henrici,

già vescovo ausiliare di Coira], 212/18Oltre la solitudine dei preti, Ernesto Borghi, 212/20Per un sacerdozio ministeriale che sia sacerdozio battesimale,

Ernesto Borghi, 213/15Luci e ombre dei nuovi documenti sulle violenze sessuali del clero,

L.S., 214/15Diritti ai cristiani (e a tutti gli altri), a.l., 214/20Va per le lunghe a Roma la causa di mons Romero, 215/13Dopo la tempesta, la quiete dei cimiteri? Il memorandum

di 143 teologi tedeschi, 216/13Il magistero di pace di Giovanni Paolo II, Sergio Paronetto, 217/20E se «evangelizzassimo» la Chiesa?, Alberto Lepori, 219/13Osare la trasgressione, Albert Longchamp, 219/14L’elezione di un vescovo spetta a tutti, Juan José Tamayo, 220/19Ordinare preti dalle comunità. Le proposte di un vescovo coraggioso,

Elena Cocuzza, 221/8Disagio a «Caritas Internationalis», Fulvio Caccia, 222/7

La strana pace tra Roma e Ecône, Luigi Sandri, 222/16Una Carta dei diritti di cattolici americani, 222/23A che serve un vescovo?, 222/24L’Anno della fede secondo Ratzinger, Luigi Sandri, 223/13Un Sinodo così non serve. Troppi propositi inconcludenti,

Luigi Sandri, 224/8Fede senza quel lume, Dialoghi, 225/1Brace sotto la cenere, da scoprire insieme. Una pro-vocazione

per l’Anno della fede (2012-2013), Martin Werlen, 225/9

Chiesa cattolica italiana

Vescovi, con il potere o con il Vangelo, IL MARGINE, 215/3Tanti preti in Italia? Un mito da sfatare, Giancarlo Zizola, 215/5Stato e Chiesa: un rapporto così straripante da occupare tutta la storia

recente del Paese, Luigi Sandri, 215/8L’Italia è ancora un Paese cattolico?, A.L., 215/11A Milano da Tettamanzi a Scola [lettera di un gruppo di presbiteri

e di laici della diocesi di Milano], 218/11«Noi siamo Chiesa» agli inizi in Italia, 218/12

Chiesa cattolica svizzera

Unità non è uniformità, A.L., 207/24I laici tacciano (soprattutto) sulla liturgia, Lilia Sebastiani, 212/10

Chiesa cattolica ticinese

Ma don Leber non fu più d’accordo!, E.M., 202/11Il restauro delle chiese tra fede, cultura e folclore, Luigi Gianola, 206/3La difficile transizione della Chiesa cattolica in Ticino,

Callisto Caldelari, 209/3I conti nelle tasche (povere tasche) della Diocesi, Enrico Morresi,

213/9 Cattolici avari con le loro Parrocchie. Dossier, 212/2-8Il quadro giuridico [delle Parrocchie], a.l., 212/2Debolezza strutturale delle finanze parrocchiali, [dossier a cura

di E. Morresi], 212/3Un’altra parrocchia (o zona pastorale). Come?, scriba, 212/9È tutta colpa dell’Illuminismo?, E.M., 214/1Zone pastorali o chiese domestiche?, Scriba, 216/14Per un bilancio di un episcopato, DIALOGHI, 218/1-9Verso la consultazione per la successione della Diocesi, DIALOGHI,

220/2Aiutiamo il Nunzio a trovare il Vescovo, 224/24Democrazia andata e ritorno, [sull’elezione del Vescovo],

DIALOGHI, 224/23

Chiese svizzere

Le Chiese svizzere e l’apartheid, f.m., 218/18

Concilio

Riproporre il Concilio, [red.], 205/16Il Concilio Vaticano II e quel che ne è seguito, E.M., 213/24«Il Patto delle catacombe», 214/16Parlare del Concilio cinquant’anni dopo, DIALOGHI

e IL MARGINE, 220/1Attuare finalmente il Concilio, Sandro Vitalini, 220/19Rivivere il Concilio, KOINONIA, 220/19Verso il Giubileo del Concilio Vaticano II (2012-2015), 222/17«Chiesa di tutti, Chiesa dei poveri». Il 15 settembre a Roma,

a 50 anni dal Concilio, [invito firmato dagli organizzatori dell’assemblea], 222/19

50 anni dal Concilio, per continuare a crederci, [Doddier], 223/2-13Figli del Concilio, anche senza saperlo. Non rubatecelo!, Carlo Silini,

223/1Piccola bibliografia conciliare, 223/2

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No. 228 19indici 201-225

Come il Concilio divenne assemblea deliberante e la Chiesa cattolica visse una nuova primavera, Gilles Routhier, 223/3

Giornalisti e giornali ticinesi al concilio, Enrico Morresi, 223/5Il Vaticano II contiene due impostazioni antagoniste: solo la fedeltà

all’uomo lo salva dalla lettura integrista, Giulio Girardi, 223/9La sfida del pluralismo: un nodo ancora irrisolto, Marina Sartorio,

223/12E adesso… un nuovo Sinodo svizzero, Alberto Lepori, 223/24Cronache del giubileo del Concilio, 224/19Cronache del giubileo del Concilio. Le chiese vuote, i Cieli pieni?,

Raniero La Valle, 225/17

Diaconia

Diaconia: l’esemplare servizio di tutti, Alberto Lepori, 222/1Invito al servizio, Sandro Vitalini, 222/8Il Manifesto del Samaritano, Fulvio Caccia, 222/7

«Dialoghi»

Dialoghi ha festeggiato il traguardo dei primi duecento numeri, 201/2 (E.M.)

Gli ottant’anni di Alberto Lepori, E.M., 213/8Ora «emerito» ma sempre vicino [Alberto Bondolfi], E.M., 217/16

Diritti dell’uomo

Una Carta dei diritti valida per tutto il mondo, Rosario Sapienza, 204/3Diritti umani in Svizzera tra teoria e pratica, Alberto Lepori, 204/7Che significa «diritti» per una donna indiana?, Itala Ricaldone, 204/8Le Chiese sostengono il primato dei diritti umani, 204/9Povertà e diritti umani, 214/2

Diritti religiosi

Il crocifisso illegale, Alberto Lepori, 209/2Ma non tutto è diritto, Raniero La Valle, 209/23La religione non è una questione privata, a.l., 212/11Cristiani perseguitati, a.l., 215/23Condanna islamica, 215/24Segni religiosi in pubblico, Alberto Lepori, 218/21

Dottrina sociale

La solidarietà elemento centrale della dottrina sociale cattolica, Giorgio Campanini, 201/7

Ecologia – Commercio sostenibile – Difesa della natura

Nelle religioni una riserva di significati ecologici, Simone Morandini, 203/3

I mutamenti climatici come sfida etica, Johannes Müller J.S., 203/5Prudenti ma razionali sugli OGM, Marco Martucci, 203/9I vescovi svizzeri e la creazione, 203/10Proteggendo il clima garantiamo cibo, 205/24Pietà per i dannati di Bhopal, Daria Lepori, 209/24Fondare una casa per l’umanità in forme capaci di futuro.

La cura dell’ambiente nell’enciclica «Caritas in veritate», Simone Morandini, 210/9

Significato della terra per i rurali colombiani, Sergio Ferrari, 214/9Il mondo ha fame. Il problema degli ogm. Dossier, 216/3-7Chi ha paura degli ogm? Non piacciono, sono tabù. Ma perché

sono anche utili?, Marco Martucci, 216/3La Svizzera finora ha detto «no», Daria Lepori, 216/5Gli ogm e la crisi alimentare mondiale [intervista a Pietro Veglio],

216/6La Santa Sede non ha (ancora) una dottrina sugli ogm, L.S., 216/7Tesori della terra e diritti umani, Federica Mauri Luzzi, 216/8Confermata a Dakar la vitalità del Forum sociale mondiale,

Daria Lepori, 216/11Namibia, il ballo dell’uranio, Christine van Garnier, 219/5Lo sviluppo non è possibile senza le donne, Federica Mauri, 220/15Natale dev’essere proprio così, [Dossier a cura di Daria Lepori

e Marina Sartorio], 224/1Lo shopping compulsivo, febbre da acquisto, 224/1Disintossicarsi dall’alcol consumistico, Daria Lepori, 224/2Prosperità senza crescita: è possibile?, Marina Sartorio, 224/5Il senso del dono per un Natale di gratuità, Enzo Bianchi, 224/7

Economia – Socialità

Il Nuovo Disordine Economico mondiale, [Dossier], 201/3-6Un’economia dominata dal mercato dei capitali, Silvano Toppi, 201/3Subprime o la fine di un sistema, Alfonso Tuor, 201/6La crisi mondiale alimentare sfida l’economia, 202/12La creazione è un’opera collettiva, Stephan Degen-Ballmer, 203/7La tristezza di dover dire: avevamo ragione, Silvano Toppi, 204/11La crisi come occasione di riforme. Il IX Forum mondiale di Bélem,

Markus Brun, 206/20Le origini della crisi attuale sono in Occidente, Pietro Veglio, 208/3Il segreto bancario ha danneggiato i poveri del mondo,

Olivier Longchamp, 208/7Più giustizia nel commercio: dirittoalcibo.ch, Federica Mauri Luzzi,

210/23La DSC ed il «land grabbing». Fissare regole agli investitori,

Pepo Hofstetter e Michèle Laubscher, 211/15Che risultato hanno dato gli «obiettivi del Millennio», Peter Niggli,

213/11Non del tutto negativo il bilancio intermedio operato dall’ONU,

Markus Brun, 213/12Contro il mito della crescita continua e illimitata, Silvano Toppi, 214/7La Svizzera dà i numeri. Immagine di un mondo felice, a.l., 217/17«Sacrificio quaresimale» è attivo da cinquant’anni, Federica Mauri,

218/17C’è del marcio dietro il bancomat, Dossier, 219/1-10Le banche lucrano come prima sui titoli «dubbi» [Intervista

di E. Morresi a Alfonso Tuor], 219/2È stata espropriata l’anima della democrazia, Silvano Toppi, 219/3La speculazione: se la conosci la puoi dominare, Pietro Veglio, 219/6Ma di chi sono i mercati? E chi li governa?, Guido Rossi, 219/7Mercati fuori controllo, democrazie senza risorse, Gianfranco Fabi,

219/9La broken society è alle porte, Carlo Knöpfel, 222/9

Ecumenismo

Accettare la diversità tra i cristiani. 207/17Anglicani, un abbraccio equivoco, Luigi Sandri, 209/9I nodi irrisolti del dialogo Roma-Canterbury, Luigi Sandri, 214/14Anglicani umiliati, E.M., 215/2Lutero ci unisce, o no?, Fulvio Ferrari, 219/15Assisi, ma «senza sincretismi», Luigi Sandri, 219/15Per superare l’impasse ecumenica, E.M., 222/1Uscire dall’inerzia e dalle false sicurezze per una nuova primavera

dell’ecumenismo, Philippe de Vargas, 222/11

Etica

Nutrire i morenti è sempre un obbligo morale?, Alberto Bondolfi, 201/9

Il Sessantotto e i pazienti terminali, Giorgio Bobbio, 203/14L’anniversario di un’occasione mancata, Aldo Lafranchi, 203/15Dies irae dies illa? Attorno agli ultimi sviluppi del dibattito

sulle pratiche di fine vita, Alberto Bondolfi, 205/11Il papa e il preservativo, E.M., 214/20È stato giusto uccidere così Osama Bin Laden?, Alberto Bondolfi,

217/2L’etica ha qualcosa da dire sul nucleare?, Alberto Bondolfi, 217/15Gender: l’identità sessuale nella scuola nella vita. Forzare la realtà

con le parole, Aldo Lafranchi, 220/3

Finanziamento delle Chiese

Il finanziamento delle Chiese cantonali, Alberto Lepori, 205/3Una proposta di legge, 205/6Chiese povere nella ricca Svizzera, a.l., 205/8Chiesa universale e Chiese locali: quale diritto?, 205/9Perché contrari all’8 per mille?, Giorgio Campanini, [lettera

a «Dialoghi»], 206/23[Risposta a G. Campanini], Alberto Lepori, 206/23

Giovani – Scuola – Educazione religiosa

Tutto fermo in Europa sulla religione a scuola?, Flavio Pajer, 201/11Chi vuole l’ignoranza provoca l’intolleranza, DIALOGHI, 204/2La cultura religiosa è compito della scuola, 205/22

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20 No. 228indici 201-225

Cultura religiosa per tutti (o quasi), A.L., 208/2Strategie religiose dei giovani, Daria Pezzoli-Olgiati, 208/21Chiesa e giovani: disincanto e sete di autenticità. Dossier, 217/3-12Giovani e Chiese nella ricerca sociologica, Alberto Lepori, 217/3Non penso di sposarmi in chiesa, [apocrifo], 217/7Vivo alla ricerca dell’amore vero, Marco Spinedi, 217/7Sguardo positivo sulla religiosità dei giovani, Enrica Dadò, 217/8Realizzato nell’Azione cattolica, Flavio Maddalena, 217/8L’esperienza della «Spina», Italo Molinaro, 217/9Dalle GMG un messaggio autentico, Marco Dania, 217/9Li attira la parrocchia universale, Rolando Leo, 217/10Pensare agli adulti che «ritornano», Callisto Caldelari, 217/11Giovani e formazione culturale e religiosa: nella scuola ticinese

si fa abbastanza?, Ernesto Borghi, 217/12La sperimentazione della «storia delle religioni» nella scuola media:

un percorso davvero utile?, Ernesto Borghi, 220/11Bertoli conferma, a.l., 221/2Eppur si muove… (l’insegnamento delle religioni nella scuola

pubblica), [sintesi di articoli apparsi in varie riviste], 223/16

Laicità – Cristiani in politica

Cattolici nell’Italia di Berlusconi, [Dossier], 215/3-11Malgrado tutto segni di speranza, M.S., 215/1Dopo 150 anni di Azione cattolica, A.L., 218/22Fede, ragione, laicità, rapporti Stato e Chiesa, Virginio Pedroni,

221/9

Liturgia

Eucarestia e comunità, E.M., 221/1Per un’Eucarestia non staccata dalla vita e da celebrare senza rigidità

ecclesiastiche, Mauro Castagnaro, 221/3Non possiamo non fare memoria di Gesù, Juan Antonio Pagola, 221/4Eucarestia senza prete, un discorso da approfondire,

Giorgio Chiaffarino, 221/6Per una liturgia «in lingua corrente», scriba, 221/7

Mass media

L’informazione di Chiesa: bravi, bravini, avanti così, E.M., 204/21La comunicazione politica nei media ticinesi, Enrico Morresi, 207/19GdP, vicini al fondo del barile, E.M., 209/7Peripezie della nozione di obiettività giornalistica, Enrico Morresi,

211/11Facciamo un quotidiano cattolico con sempre meno, meno, meno…,

E.M., 225/18

Personalità

Gli ottant’anni di Hans Küng, 201/10Nando Fabro e l’avventura del «Gallo», 204/15Sogni speranze delusioni di un protagonista. Intervista a Antonio

Snider, Aldo Lafranchi, 204/16Achille Ardigò, testimone del Concilio e sostenitore dell’autonomia

del laicato, 205/13Gli 80 anni di Giovanni Franzoni profetico abate «fuori le Mura»,

205/19Laici nella Chiesa secondo coscienza e competenza. La lezione

di primo Mazzolari, a cinquant’anni dalla morte, Alberto Lepori, 206/9

Oscar A. Romero, «convertito» dal suo popolo, Alberto Vitali, 207/15Lazzati, cent’anni dalla nascita di un maestro, 207/23Un pastore evangelico contro il Muro di Berlino. Intervista a Rainer

Eppelmann, resistente esemplare, Cleto Pescia, 209/17Monsignor Romero, come ricordare?, Marina Sartorio, 210/15«Padre» della Chiesa che si fa storia. [Ricordo di E. Schillebeeck],

Ludovica Eugenio, 211/9Ricordo di padre Camillo de Piaz profeta contro ogni dogmatismo,

Luca Cocci, 211/17Un cristiano indiano e… buddista [ricordo di Raimon Panikkar],

Claudia Fanti, 213/20Adriana amava la vita [ricordo di Adriana Zarri], Raniero La Valle,

215/14El Caminante è giunto alla meta [ricordo del vescovo Samuel Ruiz

Garcia], Claudia Fanti, 216/12

L’orticello di Giorgio Orelli, novantenne, Margherita Snider Noseda, 217/2

Ricordo di Giancarlo Zizola, E.M., 218/18Onore a Giancarla Codrignani coraggiosa militante cattolica,

Valerio Gigante, 218/24Girardi e l’età del dialogo simbolicamente conclusa,

Raniero La Valle, 221/15A vent’anni dalla morte di due maestri e amici [David Maria Turoldo

e Ernesto Balducci], 221/20Carlo M. Martini (1927-2012): senza paura, per la vita di tutti,

Ernesto Borghi, 223/19Attenzione al nucleo del messaggio biblico,

[ricordo di C.M. Martini], Alberto Bondolfi, 223/20Religiosità popolare e condizione della donna. Don Martino

Signorelli, una vita per la cultura, Giorgio Cheda, 224/11Arturo Paoli, il centenario di un testimone, [da un testo

di Carlo Molari], 225/8

Politica internazionale

Mala tempora, E.M., 205/1Il Nobel a Obama, premio a una politica, Raniero La Valle, 209/11Le tristezze e le angosce di oggi, DIALOGHI, 216/1Exit Berlusconi, a.l., 219/1

Politica svizzera

L’astinenza è l’alternativa al fallimento della prevenzione?, Aldo Lafranchi, 203/2

Libertà anche per i musulmani, Alberto Lepori, 208/1Un voto insensato, DIALOGHI, 209/1L’articolo sulla ricerca merita il nostro «sì», Alberto Bondolfi,

210/24La pecora nera siamo noi!, 214/1Confini cicatrici della storia, ma in futuro…, Remigio Ratti, 214/3Condanna protestante, 215/24

Recensioni

L’anima e il suo destino, Aldo Lafranchi, 201/17Per il futuro dei testimoni, a.l., 201/19… e i maestri, a.l., 201/19Un bel purgante contro il dogmatismo, E.M., 201/19La Chiesa è «popolo di Dio», Marina Sartorio, 202/15Mons. Angelo Jelmini per le vittime della guerra, Aldo Lafranchi,

202/15«Il Margine diventa anche editore», 202/17Religione cultura e Costituzioni, Christian Albini, 202/17Democrazia ed uguaglianza, Chiara Tintori, 202/17A quarant’anni da Medellin, Luigi Sandri, 203/21Quale giustizia, quale diritto?, Antonio Casella, 203/21Una breve storia della Riforma, Oreste Favaro, 203/21Coraggio per la Chiesa di essere giovane, Enrico Morresi, 204/23La Scrittura che libera, Sandro Vitalini, 204/21Il sogno di Don Cortella, a.l., 206/7Laici italiani «brutti anatroccoli», Angelo Bertani, 206/19Leggere la Bibbia «per sé» e «per me», Carlo Silini, 207/9Hélder Camara al Concilio, Angelo Caligiuri, 208/25Si ride amaro su questa Chiesa, E.M., 209/16Pretacci, Ugo Basso, 209/16Cattolici senza Papa, senza errori se possibile, a.l./em., 211/5Carlo Carretto profeta di laicità e di povertà, Valerio Gigante,

211/20L’impegno di Hans Küng, Pierre Emonet, 212/11Spiritualità della politica, a.l., 214/5La generazione incredula, a.l., 214/19Quando Montini proteggeva «la Corsia», Giorgio Vecchio, 214/19Fede e secolarismo nel pensiero del Papa, Carlo Silini, 215/19Luigi Sturzo in Ticino, a.l., 216/19Quando il Papa non doveva parlare, Giorgio Vecchio, 216/19Italia e cattolici dall’Unità a oggi, Paolo Trionfini, 216/20Femminismo cristiano, Giuliana Zavadini, 217/19Küng: fedeltà oltre la dogmantica, IL GALLO, 217/19Un uomo nella Chiesa, Giorgio Vecchio, 220/8Alla Chiesa manca l’aria, 222/17«Siate ragionevoli, chiedete l’impossibile», f.c., 225/21

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No. 228 21indici 201-225

Religione

«Fede adulta»! certo, perché no?, 208/2

Rifugiati

«Rifugiati climatici»: ora occorre completare il diritto internazionale, Rosmarie Bär, 205/22

Fardello di dolore scandalo per l’Europa, Giusi Nicolini [sindaco di Lampedusa], 225/7

Società

Il sessantotto nella pelle, Carlo Silini, 201/2[risposta a Giorgio Bobbio], Carlo Silini, 203/14

Varia

Tra tecnica e natura, L’uomo, Giovanni Orelli, 203/1Prete operaio, ti ringrazio Signore!, Emilio Conrad, 209/7

Osservatorio ecumenicoPer una federazione dell’Islam in Italia; Molte Bibbie ma poco usate,

Pluralismo religioso negli Stati Uniti; Progressi nel dialogo islamocristiano; Le chiese rispondono ai «138», 203/17-18

Una casa delle religioni a Berna; Ecumenismo a Milano; Cristiani per l’ambiente, 204/12

Cinquecento anni dalla nascita di calvino, Ortodossi romeni in Italia; La Chiesa di Barack Obama; Forum con l’Islam in vaticano; verso una 2doppia unità» per i cattolici bizantini?, 205/17-18

Ecumenismo strabico; Commemorazione dei martiri; Ricordo del patriarca Alessio II; Un centro per l’ecumenismo in Italia, 206/15

Chiamati ad un’unica speranza, Per l’integrazione dei migranti; Verso un concilio pan-ortodosso; Appello per le elezioni europee, 207/10

Cinquant’anni di ecumenismo europeo, Ortodossi contro l’ecumenismo; Nuova chiesa russa a Roma; Stanza del silenzio, 208/20

Il patriarca Bartolomeo. Non abbiamo preso sul serio la Charta Ecumenica; L’ecumenismo avrà cent’anni nel 2010, Conferenze episcopali ortodosse della diaspora; Nuovo segretario del CEC, 209/8

Centenario ecumenico; Centenario ecumenico e questioni morali; Dialogo tra Europa e Chiese; Le Chiese europee e le migrazioni, 210/16

L’ecumenismo riparte da Edimburgo 2010; Dialogo cattolici-musulmani; Convocazione ecumenica per la pace, 211/8

Chiese ortodosse in Italia; Dialogo nelle scuole tra cristiani e musulmani; Un libro di testo per i musulmani tedeschi; Nuovo patriarca per i Serbi; La comunità luterana di Roma, 212/12-3

Celebrato a Edimburgo il centenario missionario; donne pastore nelle Chiese cristiane; Due unioni tra riformati, 213/22

Tra protestanti svizzeri, ortodossi contrari al primato papale; Che cosa ci insegnano gli ortodossi, Crescono in Svizzera gli evangelicali, 214/12

Dal sinodo dei vescovi orientali; Chiese europee contro la povertà; Costruire un futuro comune, Centenario di Fede e Costituzione; Accordo storico sul battesimo, 215/19

Agli inizi del dialogo ebreo-cattolico; Lutero a Roma; cattolici cristiani; Convocazione per la pace a Kingston, 216/17

Decima assemblea del CEC nel 2013; Ostacoli al concilio panortodosso; Ricorrenze ecumeniche; Il giardino di Lutero in Italia, 217/18

Ambasciatrice dei cristiani, La strage di valdesi in Calabria; Ecumenismo e missione; Religione ed Europa, record al «Kirchentag», 218/16

Per una domenica libera dal lavoro; Il Servizio cristiano di Riesi; la giornata mondiale di preghiera, 219/16

Il patriarca Bartolomeo in Italia; Una scuola di ecumenismo; Quanti sono i cristiani nel mondo?; ecumenismo per la pace, 220/17

L’incontro annuale Kek-Ccee; Ecumenismo ed eucarestia; Bibbie in esposizione; un’accademia di studi luterani in Italia; prossimi raduni ecclesiali in Germania, 221/18

Ospitalità eucaristica ecumenica, Maggiore controllo delle armi!; la Bibbia del re; «Book of Common Prayer»; Chiese evangeliche a confronto, 222/14-15

«Cultura del dialogo» tra cristiani e musulmani; Chi è protestante?; Critiche le Chiese su Rio+20; Ospitalità eucaristica: come i gamberi…; Luterani e riformati francesi riuniti, 223/14

Minoranze riconosciute a Milano; verso una «visione comune» tra le Chiese; Problemi finanziari al CEC; la Bibbia in Cina; Lutero a Ginevra, 224/18

Indice degli autoriALBINI ChristianReligione cultura e Costituzioni, 202/17

BÄR Rosmarie«Rifugiati climatici»: ora occorre completare il diritto internazionale,

205/22

BASSO UgoPretacci, 209/17

BERTANI AngeloLaici italiani «brutti anatroccoli», 206/19

BIANCHI EnzoIl senso del dono per un Natale di gratuità, 224/7

BOBBIO GiorgioIl Sessantotto e i pazienti terminali, [lettera a «Dialoghi»], 203/14

BONDOLFI AlbertoNutrire i morenti è sempre un obbligo morale?, 201/9Dies irae dies illa? Attorno agli ultimi sviluppi del dibattito

sulle pratiche di fine vita, 205/11L’articolo sulla ricerca merita il nostro «sì», 210/24È stato giusto uccidere così Osama Bin Laden?, 217/2

L’etica ha qualcosa da dire sul nucleare?, 217/15Attenzione al nucleo del messaggio biblico,

[ricordo di C.M. Martini], 223/20

BORGHI ErnestoTra il Gesù storico e il Cristo della fede, 202/3Oltre la solitudine dei preti, 212/20Per un sacerdozio ministeriale che sia sacerdozio battesimale, 213/15Giovani e formazione culturale e religiosa: nella scuola ticinese

si fa abbastanza?, 217/12La sperimentazione della «storia delle religioni» nella scuola media:

un percorso davvero utile?, 220/11Carlo M. Martini (1927-2012): senza paura, per la vita di tutti,

223/19

BRUN MarkusLa crisi come occasione di riforme. Il IX Forum mondiale di Bélem,

206/20Non del tutto negativo il bilancio intermedio operato dall’ONU,

213/12

CACCIA FulvioDisagio a «Caritas Internationalis», 222/7Il Manifesto del Samaritano, 222/7

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22 No. 228indici 201-225

CALDELARI CallistoLa difficile transizione della Chiesa cattolica in Ticino, 209/3Pensare agli adulti che 2ritornano», 217/11

CALIGIURI AngeloHélder Camara al Concilio, 208/25

CAMPANINI GiorgioLa solidarietà elemento centrale della dottrina sociale cattolica, 201/7Perché contrari all’8 per mille? [lettera a «Dialoghi»], 206/23

CASELLA AntonioQuale giustizia, quale diritto?, 203/21

CASTAGNARO MauroPer un’Eucarestia non staccata dalla vita e da celebrare senza rigidità

ecclesiastiche, 221/3

CHEDA GiorgioReligiosità popolare e condizione della donna.

Don Martino Signorelli, una vita per la cultura, 224/11

CHIAFFARINO GiorgioEucarestia senza prete, un discorso da approfondire, 221/6

COCCI LucaRicordo di padre Camillo de Piaz profeta contro ogni dogmatismo,

211/17

COCUZZA ElenaOrdinare preti dalle comunità. Le proposte di un vescovo coraggioso,

221/8

CONRAD EmilioPrete operaio, ti ringrazio Signore!, 209/7

DADÒ EnricaSguardo positivo sulla religiosità dei giovani, 217/8

DANIA MarcoDalle GMG un messaggio autentico, 217/9

DEGEN-BALLMER StephanLa creazione è un’opera collettiva, 203/7

EMONET PierreL’impegno di Hans Küng, 212/11

EUGENIO Federica«Padre» della Chiesa che si fa storia. [Ricordo di E. Schillebeeck],

211/9

FABI GianfrancoMercati fuori controllo, democrazie senza risorse, 219/9

FANTI ClaudiaUn cristiano indiano e… buddista [ricordo di Raimon Panikkar],

213/20El Caminante è giunto alla meta [ricordo del vescovo Samuel Ruiz

Garcia], 216/12

FAVARO OresteUna breve storia della Riforma, 203/21

FERRARI FulvioLutero ci unisce, o no?, 219/15

FERRARI SergioSignificato della terra per i rurali colombiani, 214/9

FRANZONI GiovanniPerché papa Wojtyla non dovrebbe essere «beato», 210/9

GARNIER van ChristineNamibia, il ballo dell’uranio, 219/5

GIANOLA LuigiIl restauro delle chiese tra fede, cultura e folclore, 206/3

GIGANTE ValerioCarlo Carretto profeta di laicità e di povertà, 211/20Onore a Giancarla Codrignani coraggiosa militante cattolica,

Valerio Gigante, 218/24

GIRARDI GiulioIl Vaticano II contiene due impostazioni antagoniste: solo la fedeltà

all’uomo lo salva dalla lettura integrista, 223/9

HENRICI mons. PeterIl sistema duale? Una buona cosa!, [da un’intervista], 212/18

HOFSTETTER PepoLa DSC ed il «land grabbing». Fissare regole agli investitori, 211/15

KLEIN NikolausLettura della Bibbia e riforma della Chiesa, 207/11

KNÖPFLEL CarloLa broken society è alle porte, 222/9

LAFRANCHI AldoPreti pedofili e compatibilità con il ministero, 201/13L’anima e il suo destino, 201/17Mons. Angelo Jelmini per le vittime della guerra, 202/15L’astinenza è l’alternativa al fallimento della prevenzione?, 203/2L’anniversario di un’occasione mancata, 203/15Sogni speranze delusioni di un protagonista.

Intervista a Antonio Snider, 204/16Chiesa matrigna! Salvi un parroco ma comprometti l’integrità

della famiglia, 208/23Preti pedofili: «tolleranza zero» necessaria, ma non basterà, 210/17Un ideale, anche evangelico, non può essere un obbligo. Sulla

relazione tra pedofilia e celibato obbligatorio dei preti, 211/5Gender: l’identità sessuale nella scuola nella vita. Forzare la realtà

con le parole, 220/3Vangelo e diritto canonico, 225/2

LA VALLE RanieroIl Nobel a Obama, premio a una politica, 209/11Ma non tutto è diritto, 209/23Adriana amava la vita [ricordo di Adriana Zarri], 215/14Girardi e l’età del dialogo simbolicamente conclusa, 221/15Cronache del giubileo del Concilio. Le chiese vuote, i Cieli pieni?,

225/17

LAZZERI ValerioL’incontro tra il ricco e il povero nella Bibbia, 222/3

LEO RolandoLi attira la parrocchia universale, 217/10

LEPORI AlbertoPer il futuro dei testimoni, 201/19…e i maestri, 201/19Diritti umani in Svizzera tra teoria e pratica, 204/7Il finanziamento delle Chiese cantonali, 205/3Chiese povere nella ricca Svizzera, 205/8Il sogno di Don Cortella, 206/7Laici nella Chiesa secondo coscienza e competenza. La lezione

di primo Mazzolari, a cinquant’anni dalla morte, 206/9Risposta a G. Campanini, 206/23Unità non è uniformità, 207/24Cultura religiosa per tutti (o quasi), 208/2Libertà anche per i musulmani, 208/1Il crocifisso illegale, 209/2Una rondine non fa primavera, 210/7Cattolici senza Papa, senza errori se possibile, [siglato a.l. insieme

a em, cf. Enrico Morresi] 211/5Il quadro giuridico [delle Parrocchie], 212/2La religione non è una questione privata, 212/11Spiritualità della politica, 214/5

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No. 228 23indici 201-225

La generazione incredula, 214/19Diritti ai cristiani (e a tutti gli altri), 214/20L’Italia è ancora un Paese cattolico?, 215/11Cristiani perseguitati, 215/23Luigi Sturzo in Ticino, 216/19Giovani e Chiese nella ricerca sociologica, 217/3La Svizzera dà i numeri. Immagine di un mondo felice, 217/17Segni religiosi in pubblico, 218/21Dopo 150 anni di Azione cattolica, 218/22Exit Berlusconi, 219/1E se «evangelizzassimo» la Chiesa?, 219/13Bertoli conferma, 221/2Diaconia: l’esemplare servizio di tutti, 222/1E adesso… un nuovo Sinodo svizzero, 223/24

LEPORI DariaPietà per i dannati di Bhopal, 209/24La Svizzera finora ha detto «no», 216/5Confermata a Dakar la vitalità del Forum sociale mondiale, 216/11Natale dev’essere proprio così, [Dossier a cura di,

cf. Marina Sartorio], 224/1Disintossicarsi dall’alcol consumistico, 224/2

LONGCHAMP OlivierIl segreto bancario ha danneggiato i poveri del mondo, 208/7Osare la trasgressione, 219/14

MARTUCCI MarcoPrudenti ma razionali sugli OGM, 203/9Chi ha paura degli ogm? Non piacciono, sono tabù.

Ma perché sono anche utili?, 216/3

MAURI LUZZI FedericaPiù giustizia nel commercio: dirittoalcibo.ch, 210/23Tesori della terra e diritti umani, 216/8«Sacrificio quaresimale» è attivo da cinquant’anni, 218/17Le Chiese svizzere e l’apartheid, [siglato f.m.], 218/18Lo sviluppo non è possibile senza le donne, 220/15

MOLINARO ItaloL’esperienza della «Spina», 217/9

MORANDINI SimoneNelle religioni una riserva di significati ecologici, 203/3Fondare una casa per l’umanità in forme capaci di futuro.

La cura dell’ambiente nell’enciclica «Caritas in veritate», 210/9

MORRESI EnricoDialoghi ha festeggiato il traguardo dei primi duecento numeri, 201/2Un bel purgante contro il dogmatismo, 201/19Nel labirinto delle traduzioni, 202/9Ma don Leber non fu più d’accordo!, 202/11L’informazione di Chiesa: bravi, bravini, avanti così, 204/21Coraggio per la Chiesa di essere giovane, 204/23Mala tempora, 205/1La comunicazione politica nei media ticinesi, 207/19GdP, vicini al fondo del barile, 209/7Si ride amaro su questa Chiesa, 209/16«Il problema è Roma?», 210/1Cattolici senza Papa, senza errori se possibile [siglato em insieme

a a.l., cf. Alberto Lepori], 211/5Peripezie della nozione di obiettività giornalistica, 211/11Debolezza strutturale delle finanze parrocchiali, [dossier a cura di],

212/3Gli ottant’anni di Alberto Lepori, 213/8I conti nelle tasche (povere tasche) della Diocesi, 213/9Il Concilio Vaticano II e quel che ne è seguito, 213/24È tutta colpa dell’Illuminismo?, 214/1Il papa e il preservativo, 214/20Anglicani umiliati, 215/2Ora «emerito» ma sempre vicino [Alberto Bondolfi], 217/16Ricordo di Giancarlo Zizola, 218/18Le banche lucrano come prima sui titoli «dubbi» [Intervista

a Alfonso Tuor], 219/2Eucarestia e comunità, 221/1

Per superare l’impasse ecumenica, 222/1Giornalisti e giornali ticinesi al concilio, 223/5Facciamo un quotidiano cattolico con sempre meno, meno, meno…,

225/18

MÜLLER JohannesI mutamenti climatici come sfida etica, 203/5

NICOLINI GiusiFardello di dolore scandalo per l’Europa, 225/7

NIGGLI PeterChe risultato hanno dato gli «obiettivi del Millennio», 213/11

PAGOLA Juan AntonioNon possiamo non fare memoria di Gesù, 221/4

PESCIA CletoUn pastore evangelico contro il Muro di Berlino. Intervista

a Rainer Eppelmann, resistente esemplare, 209/17

PEZZOLI-OLGIATI DariaStrategie religiose dei giovani, 208/21

ORELLI GiovanniTra tecnica e natura, L’uomo, 203/1

PAJER FlavioTutto fermo in Europa sulla religione a scuola?, 201/11

PARONETTO SergioIl magistero di pace di Giovanni Paolo II, 217/20

PEDRONI VirginioFede, ragione, laicità, rapporti Stato e Chiesa, 221/9

PETRAGLIO RenzoLa Nuova Bibbia CEI: una lettura critica, 207/3La Parola di Dio e gli imbarazzi dei traduttori, 208/9

RATTI RemigioConfini cicatrici della storia, ma in futuro…, 214/3

REESE Thomas J.Democrazia e sussidiarietà per la riforma del vaticano, 212/14

RICALDONE ItalaChe significa «diritti» per una donna indiana?, 204/8

ROSSI GuidoMa di chi sono i mercati? E chi li governa?, 219/7

ROUTHIER GillesCome il Concilio divenne assemblea deliberante e la Chiesa cattolica

visse una nuova primavera, 223/3

SALAMOLARD MichelQuale futuro per la confessione?, 206/24

SANDRI LuigiA quarant’anni da Medellin, 203/21Lettura cattolica della Bibbia, lettrici della Bibbia, 204/13Anglicani, un abbraccio equivoco, 209/9I nodi irrisolti del dialogo Roma-Canterbury, Luigi Sandri, 214/14Luci e ombre dei nuovi documenti sulle violenze sessuali del clero,

[siglato L.S.], 214/1Stato e Chiesa: un rapporto così straripante da occupare tutta la storia

recente del Paese, 215/8La Santa Sede non ha (ancora) una dottrina sugli ogm, [siglato L.S.],

216/7L’unica guerra giusta è la pace, 218/15Assisi, ma «senza sincretismi», 219/15La strana pace tra Roma e Ecône, 222/16L’Anno della fede secondo Ratzinger, 223/13Un Sinodo così non serve. Troppi propositi inconcludenti, 224/8

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24 No. 228indici 201-225

in questo numeroCopertinaG «DIO È SOLO

MISERICORDIA» (E.M.) 1

Dossier – Un sacramento in crisi di fiduciaG COME PARLARE

DI PECCATO ALLE PERSONE OGGI? (Alberto Bondolfi) 2

G CONCILIO E ANTROPOLOGIA MODERNA DA CONIUGARE (Aldo Lafranchi) 3

ArticoliG CBHI È POVERO

IN SVIZZERA? (c.s.) 9G COME LA SVIZZERA

PARTECIPA AL SACCHEGGIO DEI PAESI POVERI (Mark Herkenrath) 12

G OSSERVATORIO ECUMENICO 8

G CRONACA SVIZZERA 10G NOTIZIARIO

(IN)SOSTENIBILE 13G CRONACA

INTERNAZIONALE 15G NOTIZIE BELLE

E BUONE 17G INDICI DI «DIALOGHI»

NN. 201-225 18

dialoghi di riflessione cristiana

www.dialoghi.ch

Comitato: Alberto Bondolfi, Ernesto Borghi, don Emilio Conrad, Serse Forni, Aldo Lafranchi, Alberto Lepori, Daria Lepori, Enrico Morresi, Margherita Noseda Snider, Marina Sartorio, Carlo Silini

Redattore responsabile: Enrico Morresi, via Madonna della Salute 6, CH-6900 Massagno, telefono +41 91 966 00 73, [email protected], [email protected]

Amministrazione di «Dialoghi»: c/o Claudio Cerfoglia, Salita dei frati 4A, 6900 Lugano, [email protected]

Stampa: Tipografia-Offset Stazione SA, Locarno

I collaboratori occasionali o regolari non si ritengono necessariamente consenzienti con la linea della rivista.

L’abbonamento ordinario annuale (cinque numeri) costa fr. 60.–, sostenitori da fr. 100.– Un numero separato costa fr. 12.– Conto corr. post. 65-7205-4, Bellinzona.

La corrispondenza riguar-dante gli abbonamenti, i versamenti, le richieste di numeri singoli o di saggio e i cambiamenti di indirizzo va mandata all’amministratore.

SAPIENZA RosarioUna Carta dei diritti valida per tutto il mondo, 204/3

SARTORIO MarinaLa Chiesa è «popolo di Dio», 202/15Chiesa e «misericordia»: per chi o con chi?, 203/11Chiesa e società in Polonia vent’anni dopo. Intervista a Jan Turnau,

giornalista e biblista, 206/17Monsignor Romero, come ricordare?, 210/15Malgrado tutto segni di speranza, 215/1La sfida del pluralismo: un nodo ancora irrisolto, 223/12Natale dev’essere proprio così, [Dossier a cura di, cf. Daria Lepori],

224/1Prosperità senza crescita: è possibile?, 224/5

SEBASTIANI LiliaI laici tacciano (soprattutto) sulla liturgia, 212/10

SILINI CarloIl sessantotto nella pelle, 202/2[risposta a Giorgio Bobbio], 203/14Un papato indebolito, 206/2Il Papa in Israele, 207/2Leggere la Bibbia «per sé» e «per me», 207/9«Caritas in veritate» un’enciclica bifronte, 208/1Dalla critica del capitalismo all’utopia religiosa.

Il versante economico dell’ultima enciclica papale, 210/3La pedofilia dei preti cattolici nell’agenda dei media, 211/2Fede e secolarismo nel pensiero del Papa, 215/19Figli del Concilio, anche senza saperlo. Non rubatecelo!, 223/1

SNIDER NOSEDA MargheritaL’orticello di Giorgio Orelli, novantenne, 217/2

SPINEDI MarcoVivo alla ricerca dell’amore vero, 217/7

TAMAYO Juan JoséL’elezione di un vescovo spetta a tutti, 220/19

TINTORI ChiaraDemocrazia ed uguaglianza, 202/17

TOPPI SilvanoUn’economia dominata dal mercato dei capitali, 201/3La tristezza di dover dire: avevamo ragione, 204/11

Contro il mito della crescita continua e illimitata, 214/7È stata espropriata l’anima della democrazia, 219/3

TRIONFINI PaoloItalia e cattolici dall’Unità a oggi, 216/20

TUOR AlfonsoSubprime o la fine di un sistema, 201/6

VARGAS de PhlilippeUscire dall’inerzia e dalle false sicurezze per una nuova primavera

dell’ecumenismo, 222/11

VECCHIO GiorgioQuando Montini proteggeva «la Corsia», 214/19Quando il Papa non doveva parlare, 216/19Un uomo nella Chiesa, 220/8

VEGLIO PietroLe origini della crisi attuale sono in Occidente, 208/3La speculazione: se la conosci la puoi dominare, 219/6

VITALI AlbertoOscar A. Romero, «convertito» dal suo popolo, 207/15

VITALINI SandroLa Scrittura che libera, 204/21Attuare finalmente il Concilio, 220/19Invito al servizio, 222/8

WERLEN MartinBrace sotto la cenere, da scoprire insieme. Una pro-vocazione

per l’Anno della fede (2012-2013), 225/9

ZAVADINI GiulianaFemminismo cristiano, 217/19

ZIZOLA GiancarloLefebvrismo romano? La battaglia della scomunica, 205/15Lo IOR e gli scandali ricorrenti delle finanze ecclesiastiche, 209/13Tanti preti in Italia? Un mito da sfatare, 215/5

ZORDAN DavideLa beatificazione di John Henry Newman, 213/2

A cura di Margherita Noseda Snider