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Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Già nel secolo scorso Mark Twain ci diceva: “Tra vent’anni non sarete delusi delle cose fatte, ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vele, esplorate, sognate, scoprite!”.
Quale sprone più gradito alla sottoscritta ed alle sue amiche Laura e Silvana per intraprendere un nuovo viaggio?
Inseguire lo sviluppo della meravigliosa arte Khmer.. andare in Cambogia, aprendo quella grande porta su un passato ancora oscuro, rivisitando capolavori architettonici, alcuni sommersi quasi totalmente nella giungla, testimonianze che hanno plasmato la pietra nel corso di ben sei secoli?
Via dunque, attraverso l’ennesimo viaggio per scoprire un mondo lontano dal nostro ed unico nell’arte e nella storia!
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Siamo arrivate direttamente dal Laos a Phnom Penh, una capitale a lungo disertata dai suoi abitanti e spesso poco considerata anche dai viaggiatori diretti alla fastosità di Angkor.. eppure noi l’abbiamo trovata subito bellissima e tutta da scoprire...
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
La Cambogia, bisogna ricordarlo spesso,
non è solo il paese che circonda Angkor
e i suoi templi.. ma è ricca di tanta
architettura legata alle vestigia dei
passati regimi, coloniale e reale.
In questa piccola nazione sono stati
catalogati, uno più uno meno, circa un
migliaio di templi.
Quale collina che domina i riquadri delle
risaie e le lunghe file di palme da
zucchero non possiede una pagoda, uno
stupa, un monumento o semplicemente
qualche antica pietra smangiata dal
muschio?
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Nella cittadina di Phnom Phen abbiamo constatato però anche il rovescio della medaglia, il Tuol Sleng, in passato conosciuto come Ufficio di Sicurezza 21 (S – 21) il triste carcere del regime comunista dei Khmer Rossi.
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Tuol Sleng nella lingua Khmer significa
“collina degli alberi velenosi” e la sigla
S 21 è la denominazione della polizia
di sicurezza di quella prigione, che dal
1975 al 1979 si è servita di questo
palazzo come centro di interrogatori
e torture sotto la supervisione del
grande capo dei Khmer, il famigerato
Pol Pot.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
La prigione che all’apparenza ci è
apparsa innocua, immersa nel verde,
aveva invece un regolamento disumano
e terribile.. infatti, per obbligare i
prigionieri, per lo più innocenti, a
confessare qualsiasi crimine facesse
comodo ai Khmer Rossi, si usava ogni
tipo di sevizia, gli accusati venivano
appesi al muro incatenati, marchiati
con metalli incandescenti e, se non
erano usati vivi per particolari
esperimenti scientifici, venivano
tradotti poi in campi di sterminio.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Ora il luogo è diventato il “Genocide Museum”, ma le varie foto che abbiamo visto appese alle pareti delle celle e le pagine di resoconti dettagliati degli interrogatori e delle confessioni ci hanno fatto rabbrividire di orrore.
Come era stato possibile un simile abominio, in un paese dove il Buddismo aveva sempre predicato la spiritualità ed il cammino verso il bene?
Abbiamo guardato quello foto, letto il tremendo regolamento e ci siamo sentite frastornate.. incapaci di sorridere.. siamo uscite da Tuol Sleng con l’amaro in bocca, ma poi la vita della città ci ha subito riassorbito.. non era giusto dimenticare, ma c’erano tante cose interessanti da gustare, per cui bando alla tristezza!
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Dopo una piccola visita al mercato russo, in una serata fresca ed invitante ci siamo concesse una mini-crociera di circa un’ora lungo le tranquille acque del fiume Mekong e dei suoi canali.
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Allora finalmente ci siamo rilassate..
attorno a noi altre barche,
soprattutto sampan, scivolavano
tranquille, facendoci da corona e
mentre una brezza leggera ci
accarezzava il volto abbiamo
ascoltato attorno a noi il silenzio..
solo il rumore dell’acqua.. e ci è
sembrato finalmente di ritrovare
la leggerezza d’animo e la serenità
che la visita alla prigione aveva in
parte oscurato.
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Anche le baracche squallide, umide, poverissime, affacciate sul fiume avevano una loro bellezza.. abbiamo visto donne che lavavano i loro panni che poi stendevano al sole, donne che cucinavano attorniate da piccoli ed uomini sui loro sampan che andavano a pesca.. tutto era “vita” attorno a noi!
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Poi il sole è iniziato a calare arrossando il cielo e lo si vedeva rispecchiarsi nell’acqua creando cangianti riflessi, delicati, vivi, riflessi che vedevamo guizzare in strani luccichii colorati.. era uno spettacolo magico e fragile.. come sempre lo è ogni cosa bella!
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Il giorno dopo è stato dedicato all’arte e all’architettura. Siamo saliti in collina per visitare il Wat Phnom, da cui la città prende il nome, la prima pagoda eretta per ospitare le quattro statuette di Buddha, depositate qui dalla corrente del Mekong e scoperte, per caso, da una donna di nome Penh.
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Ovviamente questa donna del popolo,
prescelta dal dio e quindi fortunata
è stata onorata dai locali che le hanno
edificato una simpatica statua dove
vanno regolarmente a depositare
offerte ed a chiedere le grazie.
Penh sorride loro benevola e
comprensiva.. l’ho guardata bene
ed ho visto solo una paffuta signora
che infondeva serenità, ma
sinceramente non l’ho trovata “divina”!
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Sempre su questa collina, l’unico luogo
elevato della città di Phnom Phen, si
ergeva un enorme Stupa bianco
contenente le ceneri di re Pnhea che
aveva governato il paese nel lontano
1400.
Il monumento spiccava alto nel verde..
qui le radici avevano tenuto insieme i
mattoni creando una specie di rete
protettiva, ma ci hanno detto che
quando gli alberi fossero morti.. anche
lo stupa sacro lentamente si sarebbe
sgretolato… che tristezza!
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Accanto a questo monumentale stupa
molti altri spuntavano sempre nel
verde del sottobosco, più piccoli e
raccolti che sembravano invitare al
silenzio ed alla preghiera nella
sacralità del luogo.
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Scendendo poi dalla collina non potevamo non visitare il ricco ed imponente palazzo reale che si ergeva austero affiancato dalla pittoresca pagoda d’argento, coperta però da uno splendente tetto dorato.
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Abbiamo camminato attraverso il recinto
del complesso reale che comprendeva vari
padiglioni, pagode, altari votivi, stupa
grandi e piccoli, torri campanarie.. il tutto
eretto sul luogo dove un tempo sorgeva
l’antica cittadella di Banteay Kew.
Dal ritorno in Cambogia di re Sihanauk
era possibile visitare tutto il complesso
reale, un tempo interdetto, e devo
proprio dire che ci è apparso oltre che
pittoresco e vario anche estremamente
suggestivo ed artistico.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
La pagoda d’argento del palazzo reale
era poi così chiamata perché il
pavimento si presentava coperto da più
di 5000 piastre d’argento dal peso di
1 Kg ciascuna e conteneva anche una
grande statua del Buddha di Smeraldo.
Anche questa una vera meraviglia!
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Ci hanno detto che i Khmer rossi avevano volutamente risparmiato la zona per dimostrare al mondo esterno il loro interesse per la conservazione del proprio patrimonio culturale. In seguito però il 60% del contenuto era andato distrutto o trafugato per volere del tremendo Pol Pot!
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Lasciato il palazzo e le sue delizie, ci siamo divertite a passeggiare per i vicoli di questa cittadina e tra le varie bancarelle ci siamo fermate stupite e veramente raccapricciate di fronte a una serie di ceste contenenti insetti prelibati da gustare con la Coca Cola!
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Abbiamo visto esposte in bella mostra succulenti cavallette fresche di giornata servite con ragni di stagione e scarafaggi conditi con insetti vari… tutti in movimento lento, dato che erano vivi, alla polvere e al controllo delle mosche nostrane!
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A questo punto senza un briciolo di appetito
siamo andate a visitare il Museo Nazionale
della città, situato in un grazioso edificio
color terracotta, ricco di favolosi reperti
archeologici, oggetti preziosi che i Khmer
rossi non erano riusciti a trafugare,
testimonianze dell’arte locale tra cui alcune
statue provenienti dal sito archeologico di
Angkor, statue dai volti ieratici, sereni,
quasi enigmatici.. all’esterno delle varie
stanze un magnifico giardino ci ha offerto
momenti di relax anche solo per
chiacchierare e discutere sul significato
che il Buddhismo aveva in questo paese.
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Poi verso il crepuscolo ci siamo
diretti in centro al Monumento
dell’Indipendenza, dedicato anche
ai caduti della guerra… solo a quelli
che il governo aveva deciso di
commemorare!
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E poi ancora ci siamo attardate lungo il fiume,
per una piacevole passeggiata serale tra le
colorate venditrici di fiori e purtroppo anche
venditori di uccellini ammassati in piccole
gabbie..
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...nella pace del vespro mentre anche i monaci seduti sul parapetto del fiume si godevano un meritato riposo...
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...abbiamo slegato dai polsi i lacci del Baasii che ci erano stati messi durante un rito di magia bianca in Laos e li abbiamo buttati nel fiume, carichi di tutti i nostri sogni affinché potessero essere raccolti da qualche angelo bianco che comprensivo li avrebbe fatti avverare…
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Il giorno dopo abbiamo lasciato la città di
Phnom Phen e ci siamo diretti verso nord
e devo dire con emozione che sono
iniziate le prime piccole scoperte delle
rovine Khmer.. una sosta era d’obbligo al
Prasat Kuha Nokor, un tempio santuario
risalente al regno di Suryarman I, dell’XI
secolo, ancora in buono stato di
conservazione, tanto che sulle sue mura
era possibile intravedere interessanti
bassorilievi e sculture..
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
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Proprio accanto al tempio era stata edificata una scuola e l’incontro con il maestro ed i suoi piccoli allievi è stato oltremodo piacevole. Abbiamo comperato ai piccoli un gelato locale e loro, impettiti e felici si sono messi in ordinata fila per riceverlo dalle nostre mani e poi gustarselo con l’entusiasmo unico di chi non usufruisce sempre di questi doni.
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Più avanti abbiamo visitato il loro villaggio che, come tutti i villaggi sperduti nella giungla, ci è apparso povero, con le capanne dai tetti di paglia, ma ricco di scene gustose legate agli usi e costumi dei cambogiani.
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Abbiamo visto meccanici improvvisati che cercavano di riparare una bicicletta che noi avremmo relegato tra i rottami, poi un barbiere all’opera, attorniato da un tappeto di capelli che erano stati tagliati, capelli neri come la pece...
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...e molte donne che
impagliavano cesti attorniate
da un nugolo di bambini…
Allora mi è venuta in mentre
un’espressione di Keyserling
quando dice che: “l’umanità è
un’orchestra polifonica, e il
filosofo ne deve ascoltare
l’accordo d’insieme!”
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Dopo la sosta ad un altro Prasat ancora più
antico e un po’ rudere, ci siamo fermati per il
pranzo a Kompong Thom, un grosso paese
senza particolare attrattiva se non quella del
mercato locale che come tutti i mercati ci è
apparso sempre pittoresco.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Solo il giorno dopo siamo arrivati nella
grande Siem Reap e abbiamo iniziato a
visitare il vasto sito archeologico di
Angkor e dintorni con tutti i suoi
numerosi templi, un sito che è
considerato il più vasto del mondo.. su
cui avevamo tanto sognato e
fantasticato dall’inizio del viaggio.
Il nostro percorso, per volere della
guida è avvenuto per gradi, abbiamo
infatti iniziato a visitare i templi più
antichi, quelli del periodo arcaico nel
complesso di Roluos.
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In questo luogo che un tempo era una delle cinque importanti e ricche capitali (la terza in ordine di successione) del regno Khmer, costruite da Jayavarman II con il nome di Hariharalaya, abbiamo visitato, scoprendoli nella giungla, tre interessanti tempi induisti: Preah Ko, Bakong e Lolei.
Bisogna però sapere che il tempio khmer non è tanto un luogo semplice di culto, quanto una testimonianza di rispetto, di adorazione, una sala di riunione come una chiesa… e allora la massa che si innalza al cielo, grande o piccola, scolpita fin nei minimi particolari, ha un valore intrinseco notevole.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
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In questo suggestivo complesso siamo arrivati a Preah Ko un gruppo templare di sei torri in mattoni...
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...con rilievi e sculture a tutto tondo,
estremamente realistiche come alcuni
guerrieri muscolosi, forti, dal collo
taurino.. con lineamenti del viso rozzi
e pronunciati.. il tempio era stato
dedicato nell’879 agli avi divinizzati
del re Indrovarman I.. e documenta
l’evoluzione raffinata dell’arte Khmer.
Tra i vari tempietti del complesso in
quelli anteriori si onoravano le divinità
maschili e in quelli posteriori (la solita
ingiustizia sociale!) le bellissime divinità
femminili immortalate in stupendi
bassorilievi.
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Ci siamo poi spostate al tempio di Bakong, il tempio-montagna shivaita più grande del gruppo di Rolous, una grande piramide in pietra circondata alla base da torri, sculture di leoni, di guerrieri e di figure femminili sinuose, con seni voluminosi e fianchi morbidi ed arrotondati..
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
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Il tempio era stato costruito nell’811 dal
solito munifico re Indravarman I e voleva
riprendere nell’architettura d’insieme
l’immagine del Monte Meru.
Devo dire che passeggiando in quei luoghi
mi sono sentita sopraffatta dalla bellezza
e dalla storia e come ha detto qualcuno,
ho anche provato una sorta di rispetto
per quei monumenti, opera dell’uomo, che
erano rimasti lì nella giungla, quasi intatti
per anni ed anni, aspettando forse che un
attento visitatore li scoprisse e desse
loro il meritato ossequio!
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L’ultimo ad essere edificato a Roluos è il piccolo tempio di Lolei costruito nell’893 su un’isola artificiale all’interno del lago Baray, ormai asciutto, dal grande re Yasavarman I e dedicato a Shiva ed a quattro suoi avi ovviamente divinizzati!
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Questo tempietto khmer comprendeva una piramide, ora devastata dal tempo, con due gradinate di accesso e quattro torri sulla terrazza.. inoltre sculture femminili, probabilmente le ancelle del tempio sempre sinuose e invitanti adornavano la sommità della gradinata.
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A questo punto abbiamo voluto provare
un’esperienza unica ed emozionante..
l’escursione in pallone sopra il sito
archeologico di Angkor..
Devo dire che la panoramica dei templi
non era delle migliori, una leggera
foschia impediva il dettaglio delle varie
strutture che erano poi quasi
totalmente avvolte dalla giungla, però
la sensazione di essere sospese nel
vuoto, librate nell’aria, dominatrici
della foresta sottostante che si
estendeva a vista d’occhio ci rendeva
euforiche tanto da non desiderare più
di scendere tra i comuni mortali!
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Ma ovviamente non ci si poteva librare nell’aria troppo a lungo e quando abbiamo toccato terra ci siamo dirette verso il Prasat Kragang o “Tempio del Cardamomo” santuario induista del X secolo dedicato a Vishnu un po’ isolato rispetto agli altri,forse perché non commissionato dalla famiglia reale.
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Costituito da cinque torri in mattoni rossi che si
ergevano su una terrazza comune, ci è apparso, pur
nelle sue ridotte dimensioni molto interessante per
il classicismo della struttura e la simmetria delle
linee. Bellissimi i bassorilievi ispirati a leggende
legate a Vishnu ed alla sua sposa Lakshmi.
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Ma il tempio hindu che mi è piaciuto di più, “la gemma preziosa”, il “gioiello dell’arte Khmer”, “la Cittadella delle Donne”, come era definito, è stato quello di Banteay Srei, costruito nel 967 forse per volere di un bramino, e dedicato a Shiva.
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Sebbene avesse dimensioni ridotte rispetto agli altri templi e forse per questo, mi è apparso graziosissimo, quasi civettuolo nei particolari delle decorazioni. A questo proposito la guida ci ha detto che forse poteva essere stato addirittura opera di una donna perché le sculture erano troppo raffinate per una mano maschile!
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Già il solo accesso, attraverso una lunga strada rialzata, con portali elaborati appariva suggestivo...
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...e quando poi abbiamo visitato quella struttura in arenaria rossa, i padiglioni, le porte sulle quali spiccava un numero incredibile di accuratissimi bassorilievi, ho avvertito, nella sua pienezza, la maestosità di quella architettura senza tempo che noi, attraverso l’interesse e il racconto di antiche leggende, stavamo facendo rivivere.
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Verso sera siamo poi salite all’ultimo
tempio di quella favolosa giornata, il
Pre Rup.. con la prospettiva, dopo la
visita, di poter ammirare dall’alto il
tramonto del sole. Pre Rup era un
tempio- montagna, a forma piramidale,
posto su tre livelli, il più alto dei quali
era sormontato da ben cinque cappelle
a pianta quadrata e per questo si
presentava alla vista molto spettacolare.
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Il suo nome significa “capovolgere il
corpo” e ci hanno spiegato che questa
strana espressione si poteva ricollegare
ad un tradizionale metodo di cremazione
in cui veniva tracciata la sagoma del
cadavere nelle ceneri, prima in un verso,
poi nell’altro, quindi il luogo era
probabilmente utilizzato come
crematorio reale.
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Ci siamo sedute nella parte più alta del tempio… piene di aspettative abbiamo fissato lo sguardo sulla giungla che si stendeva attorno a noi infinita e buia. Il cielo era un po’ nuvoloso e non prometteva che poche fiamme di colore intenso.. per cui ci siamo accontentate dei toni più delicati del rosa e poi siamo tornate piacevolmente sature di arte e di natura al nostro hotel.
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Il giorno dopo ci aspettava l’escursione al Kbal Spean, “il fiume dei mille lingam”. È stato bellissimo camminare attraverso i sentieri nella giungla, i soli rumori che si sentivano erano il gocciolio dell’umidità nel bosco che ci circondava e qualche raro sospiro di vento…
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...è stato bello arrampicarsi su viottoli ciottolosi, esplorare l’alveo di quel fiume particolare, immerso e quasi nascosto nel verde, gremito di piante intricate a radici che affioravano dal terreno creando strani giochi involutivi...
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...e poi arrivare alle fresche e pittoresche cascate che ci hanno donato refrigerio dopo la stanchezza della difficile camminata.
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Lungo gli argini rocciosi erano stati scolpiti
degli spettacolari bassorilievi delle divinità
indù e poi ecco nel letto abbiamo visto i
lingam sacri che spuntavano dal terreno..
tantissimi, alcuni ben conservati altri ormai
erosi dallo scorrimento delle acque.
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A questo punto ci aspettava il favoloso universo di pietra inghiottito dalla foresta, il Ta Prohm, lasciato, a differenza di altri monumenti della zona, in balia della giungla…
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...qui immersi nel silenzio della foresta cambogiana, i capolavori architettonici sono stati costretti a combattere contro la forza della natura ed a soccombere, tanto che alberi, rami, radici sono penetrati tra le pietre...
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...tra quelle che un tempo erano stanze di templi o mura di palazzi sontuosi, si sono avviluppate ai monumenti cancellandone le fattezze e sostituendole con una fitta vegetazione.
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Visitare Ta Prohm è stata un’esperienza unica.. nulla di quanto avevamo immaginato si avvicinava alla spettacolarità di questo luogo e allora un’emozione ineguagliabile si è fatta strada mentre abbiamo osservato le pareti dei templi ghermite da radici secolari in una specie di abbraccio mortale.
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Mi sembrava quasi che questa vegetazione strana prendesse dagli stessi templi che cercava di possedere interamente e non dalla terra, il suo vitale nutrimento!
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Per questo camminando, non senza difficoltà attraverso i cortili del Ta Prohm, spesso impraticabili perché ostruiti da pietre e ciottoli vari, mi sentivo parte di un film dell’orrore, alla Stephen King, con radici gigantesche quasi umane, piovre, mostri orripilanti che si cibavano, attraverso le loro spire, dei templi stessi!
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Ma poi proprio in questa atmosfera di horror abbiamo
scoperto degli angoli suggestivi di sculture artistiche
bellissime che incutevano rispetto reverenziale anche
se in parte coperte da muschi e licheni, perché erano
la testimonianza di una civiltà evoluta e raffinata.
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Ta Prohm era infatti un complesso templare induista composto di torri, cortili, palazzi, stretti passaggi.. dedicato alla madre di Jayavarman II.
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Ma il nostro entusiasmo, pur già alle stelle, doveva essere vivificato da un’ulteriore magia.. quella che la guida aveva voluto lasciare per ultima proprio per farci arrivare ad un supremo grado di piacere e allora l’impatto con le antiche città di Angkor Wat e Angkor Thom non è stato solo spettacolare o suggestivo a vedersi, non è stato solo un labirinto immenso, quasi inestricabile di corridoi, passaggi, terrazze, ricoperto in ogni angolo di innumerevoli sculture, è stato ben altro e ci ha lasciate letteralmente senza fiato.
Abbiamo ammirato dei capolavori architettonici costruiti da qualche Michelangelo asiatico, artisti anonimi quei lontani tagliatori di pietra, dimenticati come le decine di migliaia di schiavi e uomini di fatica.
Quei capolavori, immersi nel silenzio della foresta cambogiana ci hanno letteralmente conquistato.
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Siamo entrate dunque nella città fortificata di Angkor Thom voluta da re Jayavarman VII intorno al 1100, guardate a vista dalle statue gigantesche raffiguranti 54 divinità da un lato e 54 demoni dall’altro, attraverso uno dei monumentali portali d’ingresso (alto ben 20 metri).
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Subito ci è apparso il complesso del Bayon con le sue 54 torri di “faccioni”...
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...e siamo rimaste incantate, affascinate dalle centinaia di teste gigantesche, di fronte e di profilo, facce irreali con le grosse labbra atteggiate in uno strano enigmatico sorriso...
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...facce che dovrebbero essere di un Buddha ieratico dall’espressione pervasa di celeste serenità, o forse dello stesso re dio.
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Secondo l’opinione più diffusa, infatti ai tempi della realizzazione del Bayon l’impero Khmer sarebbe stato suddiviso in 54 province per cui gli occhi onniveggenti di Avalokiteshvara simboleggerebbero lo sguardo attento di Jayavarman VII sui suoi sudditi più lontani e meno controllabili.
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E la sottoscritta intimidita, seguita da
quei volti senza espressione, si è sentita
pervadere da una sorta di rispetto per
quella bellezza di così alto livello culturale
ed artistico... in questo luogo l’arte degli
antichi Khmer si trasformava mirabilmente
in poesia! Era dunque doveroso guardare i
resti di quella città con il potere
dell’immaginazione, scoprirli, avvertire in
essi la porta di un passato ritrovato,
stabilire un rapporto di comunione, di
completo abbandono, perché solo in quel
modo potevo riuscire a cogliere tutto il
senso della storia, dell’arte e il suo mistero.
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Allora mentre mi trovavo nella corte reale di Angkor Thom, sulla terrazza degli elefanti tra i resti delle alte torri ho ripetuto la bellissima ed entusiastica poesia di Byron: “Lo sguardo spazia oltre le mura, fino ai ciuffi verdi degli alberi della foresta. Bevi l’acqua vibrante, accarezza la pietra con mano delicata.. dà il tuo addio all’occidente, se lo possiedi e volgiti ad oriente!”
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Ora ci aspettava solo Angkor Wat, il monumento unico al mondo, spettacolare e spirituale nello stesso tempo, una antica città fortificata avvolta in un che di magico, d’irreale e allora l’immaginazione ci ha portato al tempo di re Suryavarman II, il dio re che aveva voluto far costruire Angkor Wat, consacrandolo a Vishnu, proprio perché in tale divinità il sovrano si identificava.
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Il tempio è divenuto ora simbolo della Cambogia, stilizzato vessillo di tutti i regimi, una volta bianco, ora d’oro su sfondo rosso…
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Angkor Wat ha dimensioni spaziali, forma
quadrata, ma cortili e colonnati concentrici
decorati con bassorilievi simbolici e
mitologici, tutti inneggianti al dio re..
alcuni rovinati dal tempo.. ma non solo il
tempo e la vegetazione hanno eroso le
altissime torri ed i bassorilievi dei templi
di Angkor, anche i saccheggi hanno
contribuito ed ora tutto, nonostante il
lavoro di restauro in corso, è in uno stato
di precario abbandono
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Durante le nostre perlustrazioni al
complesso abbiamo anche arrancato
sulla scalinata che ci sembrava
portasse al cielo, ma che simboleggiava
la distanza abissale che separava gli
uomini dagli dei..
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…un tempo il santuario più alto o tempio
montagna conteneva anche una statua
d’oro di Vishnu a cavallo di un Garuda
che rappresentava ovviamente il dio re
Suryavarman II.. di tutti questi bei
monumenti non restavano che la
suggestiva struttura del tempio e
qualche altra statua del dio più recente!
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Nella giungla della Cambogia questa “intera foresta di pietra scolpita”, opera del popolo Khmer ci ha parlato in ogni angolo, facendo rivivere il passato…
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
...ci ha raccontato dei sovrani, considerati esseri divini che vivevano nei loro templi – palazzi e che, proprio nella torre del tempio di Angkor Wat, si congiungevano, ogni notte, in forma mistica, con lo spirito di un serpente a nove teste che appariva loro in sembianze femminili.
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Inserita in quel clima mistico del
tempio-montagna non potevo esimermi
da una sacra benedizione e poi in
totale libertà mi sono concessa un
particolare saluto a questo luogo…
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
...ho curiosato nelle antiche sale interne dell’Angkor Wat, nelle gallerie, dove mi sono apparsi i bassorilievi con scene di vita di un tempo..
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
...il mondo divino sovrastava quello dei
re, c’era poi la gente comune, i
contadini e i servi .. e se per un verso
si rimaneva affascinati dalle
aggraziate divinità femminili, dalle
danzatrici sensuali, dai morbidi
lineamenti, dagli eserciti in marcia
inneggianti imprese gloriose del re,
per un altro verso non si riusciva a
dimenticare né la rovina del tempo,
né il guardiano soldato che con il suo
fucile carico a fianco attestava una
realtà politica abbastanza precaria.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Ma Angkor era tutto questo, era la “città perduta” che è stata ritrovata, strappata alla giungla che la stava inghiottendo e restituita in parte all’antico splendore.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Ma perché proprio i Khmer che l’avevano voluta grande e maestosamente unica, nel 1432 l’hanno improvvisamente abbandonata? Per tentare di spiegare questo vuoto storico sono state formulate numerose ipotesi: è venuta a mancare l’acqua nella regione? Popolazioni nemiche hanno invaso il paese? C’è stata una terribile carestia? Hanno contribuito all’abbandono cause religiose?
Non esiste una tradizione scritta, perciò tutte le congetture non hanno fatto altro che avvolgere sempre più in un alone di arcano mistero i resti archeologici della città più spettacolare dell’Asia.
Tutto il sito archeologico mi è rimasto nel cuore, le immagini di tanta bellezza non potranno mai essere dimenticate, ma sempre rivissute e vivificate.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
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L’ultimo giorno però non l’abbiamo dedicato all’arte khmer ma ci siamo concesse una mini crociera lungo le rive limacciose del Mekong che si immetteva poi nel lago Toulè Sap..
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
...inondati dalla forte luce del sole sentivamo quasi bruciare le assi di legno della barca, ma la navigazione si è rivelata oltremodo rilassante.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
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Siamo così arrivati al villaggio galleggiante di Chong Kncas, in un’atmosfera allegra, tra una frotta di simpatici ragazzini che galleggiavano in quell’acqua sporca e fangosa.
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Ci siamo guardati intorno.. con un pizzico di nostalgia e ci siamo resi conto che la vacanza era finita.. l’indomani, all’accendersi delle prime luci del cielo, saremmo partite!
Diario di viaggio in CambogiaAttraverso i luoghi sacri dei Khmer, meraviglie di pietra e fantasia
Mi ero portata da sempre nel cuore questo viaggio che non doveva essere una semplice vacanza, ma la realizzazione di un sogno. E’ stato non solo un piacere unico, ma anche un arricchimento personale perché sono spesso passata dall’ignoto al noto, ho viaggiato nello spazio e nel tempo e come ha detto bene de Lamartine: “Non c’è uomo più completo di colui che ha viaggiato molto, che ha cambiato venti volte la forma dei suoi pensieri e della propria vita!”.