20
DIDATTICA DELLA MATEMATICA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA V.O. (IV ANNO) a.a. 2013-2014 Docente: Ana Millán Gasca Materiale didattico TEMA 1 PERCHÉ LA MATEMATICA NELLA SCUOLA DELLOBBLIGO? UNA TRADIZIONE A CONFRONTO CON IL MONDO CONTEMPORANEO. 1. I temi della matematica elementare nella scuola primaria: il sistema dei numeri della matematica e il continuo Pensare in matematica, paragrafo 6.1 La matematica o le matematiche (pp. 154 a 158) In questo paragrafo ritrovate la definizione di Cartesio della matematica. In questo paragrafo ritrovate la visione di René Thom sul continuo geometrico Pensare in matematica, paragrafo 7.1 Lo sguardo della geometria (pp. 179 a 185) 2. Le origini della matematica, un’incessante attività di calcolo e di misura Pensare in matematica, paragrafo 7.2 Le origini antiche dei concetti geometrici In questo paragrafo ritrovate la citazione di Henri Poincaré sui corpi solidi In questo paragrafo ritrovate la citazione di Ernst Gombrich sul geometrico “senso dell’ordine” nell’arte Pensare in matematica, paragrafo 1.4 Ai primordi delle rappresentazioni simboliche Pensare in matematica, paragrafo 2.3 La rappresentazione simbolica dei numeri nella storia: i sistemi di numerazione additivi. La citazione di Enrico Giusti sull’origine dei numeri si trova nel paragrafo 3.1 3. La matematica nell’addestramento degli scribi babilonesi

DIDATTICA DELLA MATEMATICA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE …europa.uniroma3.it/cdlsfp/files/179ca161-6a08-4e75-848f-53aceba... · Roma tra il XVII e il XIX secolo”, in Covato, C. e

Embed Size (px)

Citation preview

DIDATTICA DELLA MATEMATICA CORSO DI LAUREA

IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA – V.O. (IV ANNO) a.a. 2013-2014

Docente: Ana Millán Gasca

Materiale didattico

TEMA 1 PERCHÉ LA MATEMATICA NELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO? UNA TRADIZIONE A CONFRONTO CON IL MONDO CONTEMPORANEO. 1. I temi della matematica elementare nella scuola primaria: il sistema dei numeri della matematica e il continuo Pensare in matematica, paragrafo 6.1 La matematica o le matematiche (pp. 154 a 158)

In questo paragrafo ritrovate la definizione di Cartesio della matematica. In questo paragrafo ritrovate la visione di René Thom sul continuo geometrico

Pensare in matematica, paragrafo 7.1 Lo sguardo della geometria (pp. 179 a 185) 2. Le origini della matematica, un’incessante attività di calcolo e di misura Pensare in matematica, paragrafo 7.2 Le origini antiche dei concetti geometrici In questo paragrafo ritrovate la citazione di Henri Poincaré sui corpi solidi In questo paragrafo ritrovate la citazione di Ernst Gombrich sul geometrico “senso dell’ordine” nell’arte Pensare in matematica, paragrafo 1.4 Ai primordi delle rappresentazioni simboliche Pensare in matematica, paragrafo 2.3 La rappresentazione simbolica dei numeri nella storia: i sistemi di numerazione additivi. La citazione di Enrico Giusti sull’origine dei numeri si trova nel paragrafo 3.1 3. La matematica nell’addestramento degli scribi babilonesi

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  2  

The Eduba curriculum: Cuneiform Digital Library Inititative, University of Oxford http://cdli.ox.ac.uk/wiki/doku.php?id=sumerian_school_texts H. L. J. Vantisphout “On the Old Babylonian Eduba Curriculum”, Centres of learning: learning and location in premodern Europe and the Near East, a cura di J. W. Drijvers e A. A. MacDonald, Leiden, New York, Köln, Brill, 1995,in pp. 3-16 Eleanor Robson, The tablet House: a scribal school in old Babylonian Nippur, Revue d ’assyr io log i e e t d ’archéo log i e or i enta le ,93( 2001)/1 pp. 39 à 66 Altri riferimenti bibliografici Mario Liverani, Uruk, la prima città, Laterza, Roma-Bari, 1998, in particolare “Il mondo sessagesimale” in pp. 83-87 Henri Focillon, Vita delle forme, seguito da Elogio della mano, Einaudi, Torino, 2002 Denise Schmandt-Besserat 1997, How Writing Came About, Austin, USA, University of Texas Press. pagina web personale https://webspace.utexas.edu/dsbay/index.html Libri per bambini Denise Schmandt-Besserat, The History of counting, Morrow Junior Books, New York, 1999 Anna Cerasoli, La geometria del faraone, Emme Edizioni, San Dorligo della Valle, 2013 4. Le matematiche nella cultura greca Pensare in matematica, paragrafo 6.2 (pp. 158-160), Lettura 4.1 (Pitagora e il suo tempo) e paragrafo 7.3 Nicola Abbagnano, “La scuola pitagorica”, in Storia della filosofia (varie edizioni) All’inizio fu lo scriba, cap. 3. 5. Paideia e matematica nella cultura greca

Per questo egli mi inviò, perché tutto ciò t’insegnassi, a pronunciare acconce parole, ed a compiere gesta Iliade, canto IX, 443

L’Iliade attesta l’alta coscienza educativa dell’aristocrazia greca arcaica. Essa mostra già come l’antico concetto guerresco dell’areté non bastasse più ai poeti d’una generazione ulteriore, ma come questi recassero in sé un’immagine nuova dell’uomo perfetto, la quale oltre alla nobiltà dell’azione riconosceva quella della mente e nel loro abbinamento ravvisava la mèta. È significativo che quest’ideale sia proclamato dal vecchio Fenice, posto quale educatore al fianco d’Achille (dal padre Peleo), l’eroe esemplare dei Greci. Egli rammenta al giovanetto, in un’ora decisiva, il fine cui l’ha educato: “L’una e l’altra

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  3  

cosa, essere oratore di discorsi e operatore di azioni”. Non a torto già i Greci d’età posteriore ravvisarono in questo verso la più antica formulazione dell’ideale greco di cultura, con la sua aspirazione ad abbracciare l’uomo nella sua totalità. Werner Jaegger, Paideia. La formazione dell’uomo greco (1944), Bompiani, Milano, 2003, pp. 37-38    Platone, Repubblica Libro VII 522e  – Stabiliremo che per un guerriero sia dottrina necessaria quella del computare e del noverare? – Più di qualsiasi altra, se vuol riuscire intenditore di ordinamenti militari, anzi se vuole essere uomo. […] È dunque opportuno, o Glaucone, prescrivere per legge questa dottrina, e persuadere coloro che dovranno occuparsi delle faccende più importanti dello Stato a dedicarsi alla scienza dei conti, non però alla volgare maniera, ma fino a tal punto che l’intelligenza loro possa contemplare la natura dei numeri, non già occupandosene a scopo di compra e vendita, come mercanti e rivenditori, bensì in servizio della guerra e della tranquillità dell’anima, sì da condurla dal generato alla verità e all’essere.    Platone, Leggi Libro V, 747b Ché, per la vita familiare, per quella pubblica e per tutti i tipi di arte nessuna disciplina formativa ha una efficacia così grande come la scienza dei numeri; ma la cosa più importante è che essa sveglia chi per natura è sonnolento e tardo di intelletto e lo rende pronto ad apprendere, di buona memoria e perspicace, facendolo progredire per arte divina oltre le sue capacità naturali. Platone, Le leggi, Libro V, 747b Libro VII, 817e–818 d e 819bc – Ebbene per gli uomini liberi ci sono ancora tre discipline, una disciplina è costituita dai calcoli e dallo studio dei numeri, una seconda, considerata come unica, dall’arte di misurare le lunghezze, le superficie piane e i solidi, una terza si occupa delle rivoluzioni degli astri, come per natura procedono l’uno in relazione all’altro. In una conoscenza minuziosa di tutte queste discipline devono affaticarsi non i più, ma certi pochi […] ma per la moltitudine, quante di queste nozioni in un certo senso nel modo più corretto si dicono necessarie è turpe per i più non conoscerle, ma non è né facile né del tutto possibile che ognuno le esamini con esattezza. Non è possibile respingere ciò che in esse è necessario, ma colui che per la prima volta introdusse la divinità in un proverbio sembra che avendo in mente queste cose disse che neppure un dio apparirà mai combattere contro la necessità […]sarebbe molto lontano dall’essere divino un uomo che non fosse capace di conoscere il valore né del numero uno né del due né del tre né

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  4  

nel complesso dei numeri pari e dispari, che non sapesse assolutamente contare, non fosse in grado di enumerare la notte e il giorno, e fosse inesperto della rivoluzione degli astri. Che tutte queste nozione non siano necessarie per chi vuole per così dire conoscere una qualunque delle discipline più nobili, è un pensiero veramente sciocco; ma quali, quante e quando si deve imparare ciascuna di queste nozioni, e quale insieme a quale altra e quale separatamente dalle altre, e tutti i modi di combinarle, queste sono le cose che bisogna comprendere correttamente come prime e imparare, passando alle altre sotto la guida di queste nozioni. […] Ebbene bisogna dire che gli uomini liberi devono apprendere di ciascuna disciplina tanto quanto anche una numerosissima folla di bambini in Egitto impara insieme alle lettere. Infatti in primo luogo sono state inventate in relazione ai calcoli per quelli assolutamente bambini nozioni da apprendere con gioco e con piacere, ripartizioni di mele e di corone in modo che lo stesso numero si adatti a più o meno numerosi bambini, e la successione e l’accoppiamento a sorte dei pugili e dei lottatori a turno e in successione e come risultano per natura. E ancora per gioco, mescolando coppe di oro, bronzo, argento e altri materiali siffatti, e alcuni distribuendole tutte, come ho detto, adattando al gioco l’uso dell’aritmetica elementare, giovano ai discepoli nel compito di schierare, condurre e far marciare gli eserciti e nell’economica domestica, e rendono gli uomini del tutto più utili a se stessi e più vigili. Dopo ciò nelle misurazioni, riguardo a tutto ciò che ha lunghezze, larghezze e profondità, li liberano di una certa ignoranza ridicola e turpe, per natura insita in tutti gli uomini. Quando Platone dice che per l’istruzione popolare è necessaria solo la conoscenza dei principii del calcolo e delle misure lineari, di superficie e dei solidi, ciò sembra a prima vista coincidere con la limitazione di queste discipline che era stata nel programma socratico di paideia. Ma Socrate con ciò pensava alle esigenze del futuro uomo politico, mentre Platone parla dell’istruzione elementare. Questa, certo, non era stata mai del tutto priva di un insegnamento del calcolo, ma la misura minima di matematica che Platone ritiene ora necessaria supera evidentemente quei vecchi limiti. È una nuova vittoria, questa, della scienza matematica, che ora conquista, dopo l’istruzione superiore, anche quella elementare. Ed è da attribuire a questo suo dominio su tutti i gradi del sapere il fatto che la matematica abbia fatto più presto di ogni altra scienza a compenetrarsi della necessità pedagogica di impartire le proprie nozioni secondo gradi diversi di apprendibilità conformi ai vari gradi dell’istruzione, senza sacrificare in nulla l’esattezza del suo metodo. Werner Jaegger, Paideia. La formazione dell’uomo greco (1944), Bompiani, Milano, 2003, p. 1792. 6. La tradizione europea di insegnamento della matematica ai fanciulli Pensare in matematica, capitolo 13, paragrafo 3.2 e paragrafo 3.4 (citazione di Dedekind) Ana Millán Gasca 2013, “Riflessi della crisi dell’istruzione nei libri di testo”, in Matteo D’Amico, Irene Enriques, A. Millán Gasca e Giulio Ferroni, Testi e teste: cos’è in gioco oggi

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  5  

quando parliamo di “libri di testo”, Padova, Gilda degli Insegnanti, pp. 43-64. Versione on line “I sussidiari di matematica, dalla storia alla scuola di oggi”, http://online.universita.zanichelli.it/israel/files/2013/09/Zanichelli_Matdid6.pdf 6.1 Tra Medioevo e età moderna: matematica pratica e formazione umanistica. L’Alto Medioevo nell’Europa cristiana latina: la tradizioni di matematica pratica (calcolo e risoluzione di problemi) e le Propositiones ad acuendos juvenes di Alcuino di York Il recupero della tradizione matematica greca e le opere di Fibonacci. Le scuole d’abaco nei comuni italiani. I trattati d’abaco come origine delle aritmetiche elementari. L’insegnamento della matematica ai fanciulli tra Cinquecento e Seicento. La matematica e la mente infantile all’inizio dell’età moderna: Juan Luis Vives. Il far di conto nelle scuole popolari. 6.2 Gli innovatori fra Sette-Ottocento e l’interazione tra pensiero pedagogico e l’ambiente culturale dei matematici. L’evoluzione delle idee nell’Illuminismo: gli interessi pedagogici dei matematici (Eulero, Clairaut, Condorcet); la matematica nell’idea moderna di pubblica istruzione. La matematica nella “scoperta dell’infanzia”: Pestalozzi, Fröbel, Jean Macé, Maria Montessori. L’influsso delle idee di Édouard Séguin. L’interesse dei matematici per le idee aritmetiche e geometriche elementari: Richard Dedekind, Giuseppe Peano, Federico Enriques, Charles Laisant, Grace Young, Rodolfo Bettazzi. Tradizione e innovazione nelle scuole elementari europee nell’Ottocento. La matematica elementare europea si diffonde in Cina. Bibliografia Alcuino di York. Giochi Matematici alla Corte di Carlomagno: Problemi per rendere acuta la mente ai giovani, (a cura di R. Franci) Edizioni ETS, Pisa, 2005. Falcolini, Corrado, 2007, “L’insegnamento dell’abaco e della matematica elementare a Roma tra il XVII e il XIX secolo”, in Covato, C. e Venzo, I., Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma capitale. L’istruzione primaria, Milano, Unicopli, pp. 120-144. Franci, Raffaella, L’insegnamento dell’aritmetica nel Medioevo, in Pellegrini, L. et al (a cura di) “Scienze Matematiche e insegnamento in epoca medioevale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli-Roma, 2000, 111-132. Franci, Raffaella Il ruolo della matematica nella istruzione carolingia e le Propositiones ad acuendos juvenes di Alcuino, La matematica nella Società e nella cultura, Bollettino della Unione Matematica Italiana, (8) 3-A (1999), 283-295 Giusti, E. 2002 (a cura di), Un ponte sul Mediterraneo. Leonardo Pisano, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente, Firenze, Edizioni Polistampa.

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  6  

Per l’inquadramento storico potete usare un manuale di storia della pedagogia e dell’educazione, ad esempio: Spadolini, Bianca 2009. Educazione e società. I processi storico-sociali in Occidente, Roma, Armando Editore. Gombrich, Ernst 2012 Breve storia del mondo (1985), Milano, Salani Lettura 1.1 I sistemi di misura nel Vicino Oriente antico e in Egitto Tabelle riassuntive tratte da Il mondo della archeologia: i sistemi di misura, Roma, Istituto della Enciclopedia Treccani (2002) http://www.treccani.it/enciclopedia/gli-strumenti-dello-scambio-i-sistemi-di-misura_(Il_Mondo_dell'Archeologia)/

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  7  

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  8  

Lettura 1. 2 Vista, tatto, movimento e l’origine della misura e della geometria La vista scivola sulla superficie dell’universo. La mano sa che l’oggetto implica un peso, che può essere liscio o rugoso, che non è inscindibile dallo sfondo di cielo o di terra con il quale sembra far corpo. L’azione della mano definisce il vuoto dello spazio e il pieno delle cose che lo occupano. Superficie, volume, densità, non sono fenomeni ottici. L’uomo li riconosce innanzitutto tra le dita, sul palmo della mano. Lo spazio non si misura con lo sguardo, ma con la mano e il passo. Il tatto colma la natura di forze misteriose. Se il tatto non esistesse, infatti, la natura apparirebbe simili ai deliziosi paesaggi della camera oscura, lievi, piatti e chimerici. Henri Focillon, Elogio della mano (1943) Vita delle forme, seguito da Elogio della mano, Einaudi, Torino, 2002, p. 110 Lettura 1.3 Le origini antropologiche degli oggetti della matematica. Per condurre una retta tra due punti, l’agrimensore li segnerà con due picchetti, annoderà una corda a uno di essi, e la fisserà all’altro dopo averla tirata. Da queste operazioni il geometra trarrà due definizioni e un postulato: tra due punti, che ne rappresentano gli estremi, si può sempre tracciare una retta, che giace uniformemente tra di essi.

Allo stesso modo, l’ingegnere traccerà un cerchio con un dato centro e con un intervallo fissato prima tirando una retta tra il centro e il punto che misura l’intervallo, e poi, scalzato il picchetto da questo punto, lo farà ruotare descrivendo una circonferenza. Di qui la definizione di cerchio e il postulato relativo.

Possiamo allora avanzare un’ipotesi: che gli oggetti matematici provengano non dall’astrazione da oggetti reali, da cui descriverebbero i tratti caratteristici, ma da un processo di oggettualizzazione delle procedure. Essi non derivano da una realtà esterna, indipendente dall’uomo, di cui rappresenterebbero l’essenza depurata delle impurità materiali, ma formalizzano l’operare umano. Si tratta sempre, e non potrebbe essere altrimenti, di un processo di astrazione, un cristallizzare in pochi tratti invariabili la varietà infinita delle operazioni infinitamente compiute; ma l’astrazione avviene non a partire dai dati della realtà, ma dalle operazioni della tecnica; la matematica non è figlia della natura, ma dell’arte.

In questa formalizzazione, le definizioni e i postulati svolgono un’opera di traduzione dai procedimenti empirici della prassi alle figure e alle operazioni astratte della geometria. […]

Nello stesso meccanismo potrebbero rientrare i numeri, non astrazioni da oggetti che non esistono (meno che mai astrazioni da altre astrazioni, come la numerosità, o l’equipotenza, come fino a qualche anno fa sembravano suggerire i programmi delle scuole elementare), ma oggettualizzazioni dell’attività del contare (qui il condizionale è d’obbligo: data l’assoluta mancanza di documenti, non possiamo che rimandare alla testimonianza di Qwfwq).»

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  9  

Enrico Giusti, Ipotesi sulla natura degli oggetti matematici, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, 25-27.

Lettura 1.4 Gli umanisti e l’insegnamento della matematica nella scuola delle prime lettere Al calcolo assegna Vives una duplice virtualità: capacità di esplorare l’intelletto del bambino ed efficaci per risolvere i problemi della vita quotidiana; punto che esprimerà dicendo che “nessuno aspetto della vita può mancare di numeri”. Convinto dell’importanza dell’aritmetica, si ferma con una certa minuziosità sul programma che la scuola deve sviluppare. Propone in tal modo lo studio dei “principii dei numeri, i loro nomi e figure”, a raggrupparli fra loro per ottenere le loro somme, dopo a dividere i totali e sottrarre da essi, ed infine, praticare le altre operazioni. Esteban, León e López Martín, Ramon 1993, La escuela de primeras letras según Juan Luis Vives: estudio, iconografia y textos, Valencia, Universitàt de Valencia. Lettura 1.5 I matematici e la matematica elementare nell’Ottocento: la geometria intuitiva

Si dimentica troppo spesso che la geometria pura è una scienza a base empirica, e che per quanto la sua esposizione sia completa e rigorosa, è impossibile separarsi da nozioni a priori fondamentali delle quali bisogna supporre la preesistenza nello spirito. […].

Tutta la geometria riposa su due nozioni primordiali indefinibili: quella di figura geometrica invariabile e quella di movimento.

Non è possibile definire cos’è un punto, una linea, una superficie, un volume. Sono nozioni empiriche che non possono essere precisate altro che attraverso numerosi esempi destinati soprattutto a far concepire bene i carattere immaginativo delle figure della geometria. Per piccolo che sia un granello di sabbia, per teso che sia un filo, per sottile che sia un foglio di carta, questi oggetti hanno tuttavia tre dimensioni e differiscono del punto, della linea, della superficie geometrica. Bisogna quindi insistere perché il bambino colga il senso un po’ astratto della figura geometrica come limite degli esempi concreti che gli fornisce l’esperienza.

Le sedicenti definizioni verbali devono essere accuratamente bandite. È un errore grossolano credere che si è definito qualcosa quando si dice che la superficie è ciò che limita un volume, che la linea è l’intersezione di due superficie e il punto l’intersezione di due linee: perché sapere che un volume è limitato, sapere che ha un limite, implica la nozione empirica di volume e la nozione del suo limite, ossia la nozione di superficie.

La nozione di movimento è altrettanto primordiale è indefinibile. Se il movimento non esistesse, non vi sarebbe geometria, poiché questa è non è altro che la scienza del confronto fra le figure. Ora, per confrontare due figure, bisogna poterle spostare.

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  10  

Ma c’è dell’altro. Non serve soltanto poter muovere le figure o almeno immaginare la possibilità di muoverle, ma bisogna inoltre che si abbia la nozione della loro solidità, de la loro invariabilità di forma nello spostamento. Due figure sono uguali se si può portare una a coincidere con l’altra. A questo scopo, bisogna spostare una e bisogna inoltre che si concepisca che nello spostamento la figura che si muove non cambia forma. Sono queste nozione empiriche del tutto impossibili da definire e che bisogna mettere bene in evidenza. Prendiamo un triangolo di cartone; spostiamolo. L’allievo comprende senza che sia necessario di insistere che il triangolo rimane lo stesso quando lo si muove; bisogna tuttavia attirare la sua attenzione su questo fatto.

Poiché la possibilità dello spostamento delle figure invariabili è proprio la ragion d’essere della geometria, lo spostamento deve in modo del tutto naturale essere lo strumento fondamentale di dimostrazione in questa scienza. Un insegnamento razionale della geometria deve quindi sforzarsi di fare uso costante dello spostamento, uso che conduce a rendere la geometria più intuitiva. Carlo Bourlet (1866-1913), voce “Matematica”nel Nouveau dictionnaire de pédagogie et d’instruction primaire (Paris, Hachette, 1911) diretto da Ferdinand Buisson Lettura 1.6 I matematici e la matematica elementare nell’Ottocento: le definizioni Giuseppe Peano commenta la relazione sui libri di testo per l’insegnamento dell’aritmetica nelle scuole elementari della Commissione centrale presieduta da Giuseppe Lombardo Radice, direttore generale dell’istruzione primaria, nel 1924

I trattati di aritmetica variarono di forma ogni secolo. Or sono cinquant’anni si insegnava l’aritmetica sotto forma di catechismo. Il maestro domanda «che cosa è il numero?» cui risponde quale eco la voce dolente dell’allievo: «il numero è la riunione di più unità». Ancora uno dei libri oggi sottoposti al giudizio della Commissione è per domande e risposte.

Ma poi si soppressero le domande conservando le risposte. La definizione euclidea di numero, ora citata, andò complicandosi, perché verso il 1600 fra i numeri si incluse l’uno, poi lo zero, e anche i fratti.

Seguivano poi le definizioni: addizionare significa sommare, e sommare significa aggiungere, e questo vuol dire unire in un tutto, ecc. […]

Verso lo stesso tempo, 1890, i cultori di logica matematica, esaminando le regole delle definizioni e dimostrazioni che si incontrano in matematica, riconobbero che quelle definizioni sono tautologie, o definizioni rotatorie o circuli in definendo.

Giustamente perciò la Commissione osserva: «È veramente doloroso il constatare la pretesa che hanno molti autori che il bambino impari quelle definizione e quelle regole a memoria. Egli ripeterà, sia pure, quelle stesse parole, ma nella sua coscienza, nessuna verità matematica si sarà realizzata. L’insegnamento dogmatico delle nozioni aritmetiche

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  11  

e geometriche, insidia non solo la formazione dell’intelligenza verso il vuoto e l’artificioso, ma ancora più il carattere morale, cui diverrebbe familiare l’insincerità.»

Soppresse queste definizioni dogmatiche, alla domanda: «Che cosa è l’addizione?» l’allievo non saprà più rispondere, è vero, ma non dirà delle parole vuote di senso, che non capisce né lui, né chi le insegna, né chi le domanda. […]

Sono preferibili i problemi, in cui tanto i dati, quanto il risultato contengono qualche informazione utile. Alcuni libri danno le distanze fra varie città, e facendo viaggiare mentalmente gli alunni, fanno fare delle addizioni. Anche i dati statistici servono a fare calcoli numerici.[…] I calcoli sui numeri astratti diventano più divertenti, se fatti sotto forma di giochi. Periodico di matematiche, serie IV, volume 4, maggio 1924, pp 237-238. Lettura 1.7 I matematici e la matematica elementare nell’Ottocento: la geometria in movimento Consideriamo un triangolo ABC, abbastanza grande perché si possa tracciare col gessetto sul pavimento. Un alunno si pone coi piedi in A e, volgendosi nella direzione del lato AB, distende avanti a sé orizzontalmente il braccio destro nella direzione di codesto lato. Poi sempre mantenendo il braccio nella posizione or ora indicata, percorre AB; giunto in B, gira sui tacchi fino a disporsi nella direzione BC e percorre questo secondo lato fino al vertice C, dove con una seconda conversione, si dispone nella direzione di CA; percorso anche questo terzo lato, fa in A una terza conversione, in guisa da riprendere la sua posizione di partenza. Egli si trova così ad aver compiuto un intero giro su sé stesso, cioè ha descritto complessivamente con il braccio teso, un angolo di 360°. Ma questo intero giro non è che la somma delle tre conversioni, che l’alunno successivamente compiuto in B, in C e da ultimo in A, e che sono date dai tre angoli esterni del triangolo. Si ha dunque che la somma di questi tre angoli esterni vale 360°. Ora, se a ciascuno di questi angoli esterni si aggiunge il rispettivo angolo interno adiacente, e si fa la somma complessiva, si ottengono tre angoli piatti. […] ossia 540° Poiché questa somma complessiva comprende insiem la somma degli angoli interni del triangolo e quella dei tre angoli esterni … i quali ultimi, presi insieme, valgono per parte loro 360°, si conclude che la somma degli angoli del triangolo è data dalla differenza 540°– 360°, cioè appunto da 180° Federigo Enriques e Ugo Amaldi, Nozioni di geometria, ad uso della scuola media, Bologna, Zanichelli, 1941. Lettura 1.8 Il bambino che osserva: dalla Storia di una vita di Appenfeld

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  12  

«Fin da piccolo mi piaceva osservare. Passavo lunghe ore seduto vicino alla doppia finestra, osservando la neve cadere. D’estate sedevo in giardino e osservavo i fiori e gli animali domestici in cortile. Osservare mi ha dato sempre piacere, il piacere di fondermi con tutto ciò che capitava sulla mia strada. Solo più tardi, all’età di sei o sette anni, cominciai ad accorgermi di particolari e forme [...]

A quanto pare ho ereditato l’inclinazione all’osservazione da mia madre. A lei piaceva osservare. Più di una volta l’ho sorpresa in piedi accanto alla finestra, immersa nell’osservazione. Era difficile capire se stesse guardando il paesaggio davanti alla nostra finestra o se fosse in ascolto di ciò che proveniva dal suo animo. Faceva analisi, alle volte sottili, sulla forma del corpo di un tale o sulla postura di un altro, ma non osservava mai un essere umano direttamente. Riteneva infatti che l’osservazione diretta costituisse un’intrusione e un’invasione dell’intimità altrui.

Nei giorni della fame, nel ghetto, quand’ero già un bambino abbandonato, passavo ore seduto sulle scale di edifici deserti, o in una piazza con gli anziani, o vicino a un pozzanghera. Sedevo e osservavo.

Osservare mi ha sempre procurato il godimento che c’è nell’oblio: un terrazzo triangolare, un vecchio che agita improvvisamente il bastone e picchia un cane, una donna seduta a giocare a carte da sola. Un’ora di osservazione di solito non porta nuovi pensieri, ma riempie di colori, voci e ritmo. Può capitare che un’ora di osservazione fornisca una gamma di sensazioni che accompagnano poi per molti giorni. La vera osservazione, come la musica, è priva di contenuto concreto.

Al tempo del ghetto avevo otto anni e non pensavo, e se pensavo si trattava di pensieri legati alla sopravvivenza. Passavo ore seduto, a osservare.»

Aharon Appelfeld, Storia di una vita (1999), tr. it. Ugo Guanda Editore, Parma, 2008, p.134 e 136-137.

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  13  

TEMA 2 LA MISURA COME CONCETTO ELEMENTARE «La misura consiste, in effetto, nello spostare un elemento concepito come unità riportandolo sulle altre parti della totalità alla quale appartiene: la misura costituisce così una sintesi della partizione e dello spostamento.» J. Piaget, B. Inhelder, A. Szeminska, La géométrie spontanée de l’enfant (1948) Ma ben presto viene compiuto un primo passo, una prima decisiva scoperta: il superamento della finitezza della natura già pensata come un in-sé oggettivo; una finitezza malgrado l’aperta immensità. Viene appunto scoperta l’infinità; dapprima nella forma di un’idealizzazione delle grandezze , delle misure, dei numeri, delle figure, delle rette, dei poli, delle superfici ecc. La natura, lo spazio, il tempo diventano estensibili idealiter all’infinito e separabili idealiter all’infinito. Dall’agrimensura nasce la geometria, dall’arte di contare l’aritmetica, dalla meccanica quotidiana la meccanica matematica ecc. Ora, anche senza che ne nasca un’ipotesi esplicita, la natura intuitiva e il mondo si trasformano in un mondo matematico, nel mondo delle scienze naturali matematiche. Già l’antichità aveva percorso questa via, e la matematica costituisce infatti la prima scoperta di ideali e di compiti infiniti. Questa scoperta diventò la stella polare delle scienze in tutte le epoche successive.” Edmund Husserl, La crisi dell’umanità europea e la filosofia (Vienna, 7 maggio 1935), in Crisi e rinascita della cultura europea (a cura di R. Cristin), Marsilio, Venezia, 1999, p. 82. 2.1 Le basi geometriche della attività di misura Pensare in matematica, “La congruenza delle figure”, pp. 199-200. In un manuale di matematica della scuola secondaria di primo grado potete ripassare: trasporto dei segmenti e degli angoli, segmenti (e sugli angoli) consecutivi e adiacenti, sulle operazioni e i confronti fra segmenti e fra angoli, la misura di segmenti e angoli, figure equivalenti, confronto di superficie, misure di superfici, solidi equivalenti e misura di volumi. Ad esempio Andrea Gorini, 2011, Matematica a sorpresa, Principato. 2.2 L’intuizione geometrica e la misura: uguaglianza, ripetere, trasportare, adiacente 2.2 La misura come operazione astratta: calcoli e formule 2.3 Origine delle unità e dei sistemi di misura, l’introduzione del sistema metrico decimale. Si veda il materiale allegato (SMD)

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  14  

Borgato, Maria Teresa 2006 “I matematici italiani e l’avvio del sistema metrico decimale”, in Sunti delle conferenze, VI Congresso della Società Italiana di Storia della Matematica, Napoli 16-18 Novembre 2006, pp. 14-17. 2.4 Matematica e misura Pensare in matematica, paragrafo 1.5 Ogni grande cosa può avere solo un grande inizio, paragrafi 7.1 e 7.2 di Pensare in matematica Nel paragrafo 7.2 ritrovate la citazione di Edmund Husserl sulla misura e l’origine della matematica Pensare in matematica, paragrafo 5.1 Parti, rapporti, misure 2. 5 La misura a scuola Pensare in matematica, paragrafo 8.5 Geometria, intuizione ed esperienza a scuola Si veda il materiale allegato (diapositvive) Antonella Rachele, Forme e misure nella scuola dell’infanzia, Relazione finale in Scienze della Formazione Primaria, Roma, Università Roma Tre 2013 http://www.mat.uniroma3.it/users/primaria/Rachele_Laboratoriobib.pdf

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  15  

TEMA 3 ASPETTI CRITICI DELL’INSEGNAMENTO DELLA MATEMATICA AI BAMBINI. 3.1. La matematica nell’istruzione pubblica e di fronte alla diffusione della alfabetizzazione: la crisi della tradizione europea nel Novecento. 3.2. Il versante pedagogico, dal pragmatismo americano alla matematica del cittadino. Pensare in matematica, paragrafo 13.1 Una matematica per tutti: scopo formativo e scopo utilitario (Citazione di Flexner a pp. 466-467). 3.3 La psicologia e la mente matematica infantile. La didattica come psicologia applicata: Psicologia dell’aritmetica di Edward Thorndike. Lo studio clinico delle manifestazioni spontanee del bambino. La didattica come terapia. I lavori di Piaget con Szeminka e Inhelder: 1) quando è pronto il bambino per la matematica? 2) quale è l’ “inizio” della matematica? Abasso Piaget!: la scuola di Edimburgo. Pensare in matematica, paragrafo 13.3 La mente matematica del bambino Donaldson, Margaret 2010, Come ragionano i bambini, Springer, Milano (l’originale inglese Children’s minds è del 1978), in particolare i cap. 2, 4 e 6. 3.4 Il dibattito fra i matematici I matematici, il formalismo e la questione della geometria. Ha senso una geometria intuitiva? Abasso Euclide! L’influsso dei matematici del gruppo Bourbaki e la “insiemistica”. Le idee di Enriques e Amaldi, di Thom, di Polya. Pensare in matematica, paragrafo 10. 1 Il “rigore” in matematica, paragrafo 10.4 Le “strutture” in matematica e paragrafo 13.2 Abasso Euclide! La matematica moderna a scuola. Lettura 3. 1. I bambini e la conoscenza intima dei numeri.  Entrai nella Scuola Normale Superiore nel 1943.

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  16  

A quell’epoca mi interessavano, come a molti giovani, gli aspetti fondazionali della matematica, la logica, la teoria degli insiemi. Ero in qualche modo un modernista ante litteram… I nostri maestri erano quasi tutti in contatto col gruppo Bourbaki, che sosteneva appunto i concetti e i metodi moderni. La storia di questo movimento modernista, la cui influenza fu reale molti anni più tardi, sarebbe di vero interesse per un sociologo delle scienze. Sarebbe un bell’argomento di studio: la motivazione, lo sviluppo e, infine, la situazione un po’ ambigua di oggi. Qual è la sua posizione a questo proposito? Mi sono espresso molto come anti-modernista, in gran parte perché i modernisti hanno commesso degli eccessi. Quando, con l’appoggio del governo, hanno voluto trasformare l’insegnamento della matematica nel primo livello, sono stati creati in tutte le università degli istituti pedagogici, i famosi Istituti di ricerca sull’insegnamento della matematica (IREM). E questi hanno intrapreso un proselitismo negli ambienti dei maestri elementari. Si sono potuti vedere vecchi maestri canuti, che insegnavano il calcolo elementare con dei bastoncini, costretti a venire ad aggiornarsi. Si disse loro: Signori, quel che fate è ridicolo; non conoscete niente della teoria degli insiemi, e non si può fare aritmetica senza capirla. E quei vecchi maestri furono costretti a venire a sedersi sui banchi della scuola per ascoltare giovani pretenziosi che spiegavano loro che non avevano capito niente dei numeri! Ma non le sembra utile l’introduzione, con molte precauzioni e prudenza, di questo modo di avvicinarsi alla matematica nella formazione dei giovani? Certamente è utile, ma a partire da quindici o sedici anni. Prima di quell’età, l’utilizzazione dei concetti di algebra pura, come la commutatività, l’associatività, la teoria degli insiemi nel senso stretto, cioè quella delle potenze, non mi sembra utile. Il resto, si può continuare ad apprenderlo empiricamente, come facevamo in altri tempi. Quando ero io stesso alla scuola elementare, imparavamo le tabelline di addizione e di moltiplicazione. Era una buona cosa! Sono convinto che autorizzando l’uso del calcolatore fin dall’età di sei o sette anni si arriva a una conoscenza del numero meno intima di quella a cui accedevamo noi grazie alla pratica del calcolo mentale. In qualche modo, la nostra calcolatrice veniva fuori dalle nostre teste.» René Thom, Prevedere non è spiegare (intervista con E. Noël), ed. originale Éditions Eshel 1991, traduzione italiana di Giuseppe del Re con Giovanna Bonomi, Università del Salento 2008, pp. 5-6 Medaglia fields 1958 Lettura 3.2 Esplicito e implicito, razionale e subconsciente: Thom e De Finetti

3.2 a) Il brano seguente è tratto da un intervento del matematico francese René Thom al Congresso “Developments in mathematical education”, della Commissione internazionale per l’insegnamento della matematica (International Commission for Mathematical Instruction) tenuto a Exeter nel 1972

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  17  

Gli psicopedagogisti, consapevoli della indeterminatezza della loro posizione dottrinale credevano di aver trovato la soluzione dei loro problemi nelle affermazioni dei logicisti e dei matematici formalisti. Poiché si riconosceva che la progressione del pensiero matematico era modellata da quei grandi schemi formali che sono le strutture – strutture di insieme e di logica, strutture algebriche e topologiche – che il bambino apprende nei primi anni di vita, la definizione e l'uso di queste strutture sarebbero sufficienti a dargli un facile accesso alle teorie matematiche contemporanee.

Questa argomentazione merita una discussione approfondita; sotto la sua convincente apparenza c'è un errore psicologico di base che invalida completamente lo sforzo del modernista. Ci si dovrebbe prima render conto che la maggior parte di queste grandi strutture astratte — teoria degli insiemi, algebra Booleana, strutture topologiche — sono già presenti qua e là nella psiche infantile in forma implicita, quando vengono proposte esplicitamente nell'insegnamento.

(Nel caso delle strutture algebriche ci sono motivi per fare delle distinzioni: alcune, quali quelle di gruppo, esistono allo stato implicito; altre, come quelle di anello e di campo, invece, sono molto più artificiali). Tutta l'argomentazione modernista si basa essenzialmente su questa ipotesi: rendendo consci ed espliciti i meccanismi o le tecniche impliciti del pensiero, si rendono più facili le tecniche stesse.

Ora ciò solleva un grosso problema psico-pedagogico che non è affatto proprio della matematica. Lo si trova, per esempio, nell'insegnamento delle lingue moderne: si deve insegnare ad un alunno una lingua in modo esplicito, partendo dai testi, istillando in lui la grammatica e il vocabolario di questa lingua? O gli si dovrebbe, invece, insegnare la lingua con l'uso diretto, come un bambino straniero l'apprenderebbe se fosse immerso nella società che parla questa lingua? La risposta non è facile, ma dal punto di vista dell'effi-cacia, il metodo diretto è spesso preferibile. Nel primo sviluppo del bambino, l'insegnamento esplicito deduttivo non ha parte alcuna: quando s'impara a camminare sarebbe più d'intralcio che d'aiuto conoscere (e capire) l'anatomia della gamba, e aver studiato la fisiologia del sistema digestivo non è affatto d'aiuto quando si deve digerire un pasto troppo pesante.

Senza dubbio mi si obietterà di aver usato esempi troppo rozzi, che non hanno niente in comune con quell'attività supremamente razionale che è il pensiero matematico. Ma ciò significherebbe dimenticare che la stessa ragione umana ha radici biologiche e che il pensiero matematico nasce dal bisogno dello spirito di stimolare la realtà esterna. Thom, R. 1979, “La matematica moderna, esiste?”, in C. Sitia (a cura di), La didattica della matematica oggi. Problemi, ricerche, orientamenti, Bologna, Pitagora Editrice, pp. 115-116 (ed. originale inglese a cura di A.G. Howson, Cambridge University Press, 1973). 3.2 b) Il brano seguente, intitolato “Il razionale e il subcosciente: un ripensamento e il capovolgimento della posizione abituale nei riguardi dell’uso della ragione nell’apprendimento” è tratto da un intervento del matematico italiano Bruno De Finetti sull’insegnamento scolastico della matematica.

Abitualmente, sembra che la preoccupazione sia di far tabula rasa di tutto ciò che fa parte della più preziosa acquisizione dell’intelligenza umana nel corso dell’infanzia: la conoscenza immediata intuitiva inconscia o pressoché inconscia di un’infinità di cose e la capacita di orientarsi e reagire istintivamente con lume spontaneo di intelligenza alle

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  18  

esigenze o problemi che ne derivano. Si dovrebbe fare tabula rasa di ciò perché non è abbastanza scientifico o abbastanza filosofico secondo le predilezioni di certi specialisti; in base alle loro convinzioni si dovrebbe fargli riimparare in modo puramente razionale e colla preoccupazione del più pedante rigore con grande spreco di tempo una piccola parte di ciò che già avevano acquisito, travestendola poi in modo che ne perda la visione ed il gusto. Così si atrofizza e distorce l’intelligenza che si dovrebbe sviluppare; resta, infatti, da una parte, il nucleo di conoscenze intuitive di cui uno deve servirsi, ma su cui l’insegnamento ha steso un velo di diffidenza, e dall’altra rimangono residui più o meno indigeriti e indigeribili di astruserie o mattoni o pillole propinati controvoglia e senza persuasione.

Invece, per assolvere alla sua funzione, la ragione dovrebbe essere utilizzata come complemento delle facoltà intuitive, atto a perfezionarle, a svilupparle, anche – beninteso – a correggerle con lo spirito critico e l’abito gradualmente acquisibile della riflessione metodica; non però a sostituirle. Tratto da Periodico di matematiche, 42 (1964) Lettura 3.3 Diario matematico di una madre Questo diario è tratto dalla prima parte, dedicata ai vocaboli numerali, del saggio Children’s counting and concepts of number (1988) di Karen C. Fuson. Occupandosi delle prime esperienze dei bambini con le parole numerali, in particolare in ambiente domestico, Fuson trascrive le annotazioni del suo diario relativo alla prima infanzia di sua figlia Adrienne che riguardano gli usi di parole numerali da parte della bambina. Fuson era in quel periodo una ricercatrice di matematica: si osservi l’importanza dell’analisi degli errori e della “correttezza” matematica. Nell’ultima colonna sono classificate le situazioni numerali (S sta ad indicare la acquisizione della sequenza dei numerali, C la padronanza del contare, Ca l’assimilazione del valore cardinale del numero, O del valore ordinale, M del valore nella misura, Ca+ e Ca– l’esplorazione delle operazioni) Esercizio: Mettersi alla prova coprendo questa colonna nella prima lettura del diario.  1  anno  e  8  mesi   Tu  salendo  le  scale:  “A  B  C  quattro  cinque  sei”   (S)     Frasi  mie,  risposte  tue.  “A  –  A,  B  –  B,  C  –  tre”   (S)     Cinque  è  in  assoluto  il  tuo  numero  favorito.   (?)  

Conosci  due  e  lo  usi  correttamente  in  nuove  situazioni;  due  significa  uno  in  ogni  mano   (Ca)  

 1  anno  e  10  mesi   Accarezzavi  Sam  (il  gatto)  e  hai  detto  “Sam  coa  [coda]”.   (Ca)     Dopo  “Tshad  coa”  (Tshad,  il  cane,  non  era  nella  stanza).     Dopo  “Due  coe  [code]”.  Prima  d’ora  avevi  detti  spesso     due  tazze,  due  biscotti,  ma  sempre  quando  entrambi     erano  presenti  fisicamente”  1  anno  e  11  mesi   “Ho  due  paette  [palette]”   (Ca)     Occasionalmente  conti  cose,  in  particolare  disegni.   (C)     Dici  un  numero  ogni  volta  che  alzi  il  tuo  dito  e  segnali  

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  19  

  di  nuovo,  ma  conti  alcune  cose  varie  volte  e  altre     non  le  conti  per  niente.  Tipica  serie  per  contare:     “uno,  quattro,  cinque,  otto,  quattro,  cinque,  due,  sei”.     Ieri  sera  abbiamo  contato  i  passi  per  andare  al  letto   (C)     (lo  facciamo  di  frequente).  Eravamo  a  nove  e  hai  detto,     “Uno  due  te  quattro  cinque  sei”.  Prima  volta  così  tanti  corretti.    2  anni  compiuti   Conti  tre  cose  correttamente.  Vale  a  dire,  indichi  oggetti   (C)     e  dici  “uno  due  tre”.  Dici  anche  tre  correttamente  quando   (Ca)     ti  viene  chiesto  “quanti”  (senza  contare)     “Uno  due  tre  otto  salta”  (Sei  impegnata  a  contare  e   (S)     a  saltare  dal  cuscino  o  persino  dal  divano).    2  anni  un  mese   Tu  contando  i  tuoi  muffin  (un  gioco):     “Uno  due  tre  otto  sette  tre”   (C)     Oggi  diverse  volte:  “Ho  due  anni”   (M)     “Faccio  una  B.  La  faccio  ancora.  Due  B”   (Ca)+    2  anni  e  4  mesi   Disponi  le  mie  dita  per  “avere  due  anni”   (M)     (il  pollice  schiaccia  le  dita  terzo  e  quarto,  le  altre  due  dita     alzate)  2  anni  e  6  mesi   Due  pomodori  sul  tavolo.  Hai  detto  e  rappresentato   (Ca)–     quanto  segue:  “Un  pomodoro  da  due  pomodori  lascia  uno.     Due  pomodori  da  due  pomodori  lascia  nessuno”.  Ti  ho  chiesto     cosa  era  nessun  pomodoro  da  due  pomodori:  “Due  pomodori”.     I  cartoni  di  Sesame  street  fanno  vedere  cose  simili  alle  due  prime  frasi.    2  anni  e  7  mesi   Rimettiamo  le  prugne  secche  in  una  scatola,  le  conti   (C)  no  (Ca)     correttamente  fino  a  nove.  Quando  ti  si  chiede  quante  prugne:     “tre”  (è  la  tua  solita  risposta  a  quanti  al  momento:  tre  occhi,  ecc.)    2  anni  e  8  mesi   “Tre  di  noi  siamo  seduti.  Tu,  Erica,  e  me  (indicando   (Ca)+     ognuna  di  noi).  Se  papà  si  siede,  saremo  quattro  di  noi.”    2  anni  e  9  mesi   Tu  a  papà:  “Vuoi  fare  un  picnic?”.  Papà:   (Ca,  O)     “Questa  volta  no.  Verrò  la  prossima  volta.”.     Tu:  “Faremo  due  picnic.  Tu  verrai  al  secondo  picnic.”    2  anni  e  10  mesi   Taglio  il  tuo  panino  in  due  e  poi  di  nuovo  in  due.   (Ca)+     Guardi  e  dici:  “Due  e  due  fanno  quattro”     Hai  appena  chiesto  quattro  olive  (ti  piacciono  tanto!)   (Ca)     Tuo  padre  te  le  ha  dato  e  hai  detto:   (Ca)+     “Due  e  due  fanno  quattro”    3  anni   Varie  volte  hai  detto  cose  come  questa:   (M)     “Posso  aprire  la  porta  da  fuori  ora.  Quando  avevo  due  anni     e  mezzo  non  potevo  aprirla,  ma  adesso  che  ho  tre  anni  posso  aprire  la  porta.”    3  anni  e  due  mesi   “Otto  nove  dieci  undici  dodici  tredici.”   (S)     Poi,  alzando  il  numero  corretto  di  dita  (unità)   (C)     e  concentrandoti  tanto:  “ventuno,  ventidue,  venti  tre,ventiquattro,     venticinque.”  Ogni  ven  è  stato  lunghissimo.     Conti  ogni  cosa.  Ti  piace  molto  contare.    Le  conte  

DM 13-14 (V.O.) – Università Roma Tre Ana Millán Gasca

  20  

 Lettura 3.4  È facile osservare che le cose che determinano piani orizzontali sono l’acqua e in generale i liquidi, mentre era stato detto che in geometria nulla ci importa della materia che costituisce i vari oggetti. Gli è che i concetti di verticale e orizzontale non sono punto necessari in geometria: è solo conveniente introdurli come ausiliari, e noi li useremo sempre, allo stesso modo che spesso ci serviremo delle idee di destra e sinistra, anch’esse niente affatto necessarie in Geometria. L’idea di destra e sinistra, che non è necessario vi spieghiate fin d’ora, è in relazione colla vostra persona; allo stesso modo i concetti di verticale e orizzontale si riferiscono alla terra su cui viviamo, e determinano posizioni relative alla terra, come la destra e la sinistra determinano posizioni relative al vostro corpo. Geometria per i piccoli. Per l’insegnamento elementare e prescolastico, Grace Chisolm Young e W. H. Young, G.B Paravia e comp, Torino, pp. 17-18

Bibliografia Israel Giorgio e Millán Gasca Ana 2012 Pensare in matematica. Zanichelli, Bologna. Nel sito del libro, consultate la sezione “Materiali didattici” e “Esempi da proporre agli alunni della scuola primaria” (http://online.universita.zanichelli.it/israel/) Sito Matematica per la formazione primaria, http://www.mat.uniroma3.it/users/primaria/index.html (sezioni Matematica a scuola, Archivio delle conferenze, Ciclo di conferenze “Matematica e realtà”. Video sul sito web Orizzonte Scuola: 1. Insegnare la matematica ai bambini a partire dall’esperienza; 2. Il cerchio; 3. Numeri e insiemi; 4. La divisione; 5. Le espressioni Donaldson Margaret 2010 Come ragionano i bambini, Springer, Milano Millán Gasca Ana 2009 All’inizio fu lo scriba. Piccola storia della matematica come strumento di conoscenza, mimesis, Milano.