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Economia e Mercati Finanziari Servizio Studi e Ricerche n. 127 - 18 novembre 2004

Economia e Mercati Finanziari - Sito Istituzionale … e Mercati Finanziari – 18 novembre 2004 3 In sintesi La crisi del dollaro porterà l’euro su nuovi massimi in area 1,32-1,35

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Economia e Mercati Finanziari

Servizio Studi e Ricerche n. 127 - 18 novembre 2004

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Economia e MercatiFinanziari

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In sintesi 3

Prende slancio la caduta del dollaro 4

Euro, non più range bensì upside - concentrato nel breve 6

Stati Uniti: inflazione e occupazione 9

Politica monetaria - La Fed lascia aperte le porte a un rialzo a dicembre: saranno i dati a decidere 12

BCE: prove tecniche di rialzo dei tassi 15

Italia: crescita migliore delle attese grazie all’export 21

Mercato obbligazionario - L’euro sostiene la curva europea 24

Mercato azionario – rally d’autunno 31

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In sintesi

La crisi del dollaro porterà l’euro su nuovi massimi in area 1,32-1,35. Movimento al rialzo è atteso anche per lo yen

La Fed continuerà sul un sentiero di lenti e graduali rialzi, la cui inclinazione sarà determinata dal modo in cui i dati in uscita influenzano lo scenario macroeconomico. Le minacce sullo scenario del 2005 restano concentrate nella carenza di risparmio delle famiglie e del settore pubblico e nel loro eventuale aggiustamento. In dicembre è probabile che i tassi vengano nuovamente alzati.

Alla luce dei deludenti dati del 2004.III e del rafforzamento del cambio, la BCE ha smorzato le dichiarazioni aggressive rilasciate al margine della riunione di inizio novembre. Nonostante la paura della banca centrale per l’eccesso di liquidità, riteniamo che non ci potrà essere alcun rialzo dei tassi prima di metà 2005.

La curva europea dei tassi è ben sostenuta dal cambio, che favorisce lo sganciamento rispetto agli Stati Uniti e suggerisce una posizione neutrale. La sopravvalutazione è comunque più ampia sulla curva US Treasuries, sulla quale i tassi saliranno. Sul debito emergente e sui corporate si osserverà range trading fino al nuovo anno.

Sul mercato azionario italiano il contesto generale è positivo. Preferiamo i settori Oil & Gas e, in minor misura, Utilities.

Cosa è cambiato nelle nostre previsioni

Ci attendiamo un nuovo rialzo dei tassi ufficiali alla riunione Fed di metà dicembre.

Il rimbalzo dei rendimenti obbligazionari americani ed europei da qui a fine anno sarà più limitato di quanto inizialmente previsto, in particolare per la curva euro.

L’EUR/USD può stabilire nuovi massimi fra 1,32 e 1,35 nel corso delle prossime settimane.

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Prende slancio la caduta del dollaro

Il declino del dollaro sui mercati valutari internazionali ha attraversato il periodo elettorale americano senza quasi cambiare velocità. Il movimento cumulato da inizio ottobre è di tutto rispetto (il 5% circa) e, diversamente dallo scorso anno, ha interessato più pesantemente il dollaro canadese e lo yen giapponese rispetto all’euro (v. figura). Tuttavia, non va dimenticato che l’euro si era apprezzato più energicamente nel biennio precedente.

1.9.04 = 100Tassi di cambio effettivi

Source: EcoWinset-04 ott-04

4 7 12 15 20 25 28nov-04

2 5 10 15

Inde

x

949596979899

100101102103104105106

EUR

JPY

USD

CAD

Questa perturbazione valutaria rappresenta la continuazione di un processo iniziato ormai due anni fa, e che ha condotto a un deprezzamento complessivo del dollaro del 27,7% rispetto ai massimi del gennaio 2002. Se le implicazioni per l’economia americana rimangono ancora poco visibili (non c’è inflazione importata, i tassi non stanno salendo come normalmente succede nei paesi con forte disavanzo esterno e divisa debole, il disavanzo esterno cresce), gli paesi che hanno scelto di affidare ai mercati la determinazione dei rapporti di cambio patiscono una progressiva erosione di competitività a vantaggio tanto degli Stati Uniti, quanto della Cina e degli altri paesi con divise ancorate al dollaro. L’indice FMI di cambio effettivo per la Cina è sceso del 13% dal gennaio 2002, riflesso dei movimenti al rialzo del cambio con il dollaro accettati dalle altre economie asiatiche e dall’Europa. Attualmente, né la Banca del Giappone, né la BCE sembrano orientate a ostacolare l’ascesa delle proprie divise. Nelle prossime settimane tale impostazione potrebbe essere più facilmente rovesciata dai giapponesi, vista la prosecuzione di una politica iperespansiva di creazione di liquidità che si sposa bene con interventi non sterilizzati sui mercati valutari, che dagli europei. In Europa, dove la BCE è preoccupata per la presenza di un eccesso di liquidità, il rischio è che l’inversione della tendenza passi attraverso un peggioramento della congiuntura economica, una deindustrializzazione più rapida e aspettative di tassi di interesse più bassi.

Uno sviluppo più favorevole ha interessato il mercato dell’energia. Le quotazioni petrolifere hanno raggiunti i propri massimi intorno alla fine di ottobre, salvo tornare al punto di partenza tra fine ottobre e metà novembre. La pesante correzione riflette più l’esaurirsi di un’intensa fase di speculazione finanziaria che un reale mutamento dei fondamentali. Le condizioni di fondo non appaiono ancora favorevoli a una caduta delle quotazioni sotto i $40. Come già avvenuto

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per i metalli, intense fasi correttive potrebbero essere seguite da nuovi rimbalzi, visto che la pressione della domanda rimane sostenuta ed è troppo presto per sperare in una reazione dell’offerta. L’artificiosa compressione delle importazioni di materie prime attuata dalla Cina in estate non è compatibile con la crescita corrente della produzione industriale, cosicché una ripresa appare probabile.

(100= 90gg fa)Prezzi delle materie prime

Source: EcoWinago-04 set-04

1 8 15 22 29ott-04

6 13 20 27nov-04

3 10 1790

95

100

105

110

115

120

125

130

CRB, alimentari

CRB, metalli

Brent Crude Oil

D’altronde, la constatazione che le materie prime potrebbero aver trovato un tetto al proprio apprezzamento può contribuire favorevolmente al clima di fiducia. Dopo le elezioni americane si è riscontrato un calo diffuso delle misure di volatilità implicita, tornate su minimi storici, e una ripresa di interesse per i mercati azionari. La robusta crescita dell’occupazione negli Stati Uniti, per quanto gonfiata da fattori occasionali, rappresenta un altro sviluppo incoraggiante. Tuttavia, la curva obbligazionaria continua a rimanere molto compressa sulle scadenze medie e lunghe; a sua volta, l’incapacità di salire dei tassi a medio-lungo termine continua ad alimentare la domanda di rischio di credito, mantenendo sostenute le quotazioni delle emissioni corporate ed emergenti. Appare sempre più incredibile che i tassi decennali americani rimangano ancorati al 4% nonostante il costante rialzo dei tassi ufficiali americani, già arrivati al 2% e ancora lontani dal fermarsi. Probabilmente, anche questo è sottoprodotto del disavanzo esterno americano, una parte crescente del quale viene finanziato dall’accumulo di riserve valutarie in Asia e nei paesi produttori di petrolio.

(Luca Mezzomo)

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Euro, non più range bensì upside - concentrato nel breve

Nell’ultimo numero di Economia e Mercati Finanziari (9 settembre) si era descritto lo scenario per il tasso di cambio come una fase di range trading, e così infatti è stato fino a metà ottobre. In seguito, però, ha rotto gli argini di 1,24-25 EUR/USD e da allora è partito un trend rialzista che non ha ancora trovato il punto d’arresto capace di avviare una credibile correzione. La rottura è stata scatenata da un insieme di fattori (il debole employment report di inizio ottobre, il calo dei rendimenti, l’aumento del petrolio) che hanno trovato terreno fertile nell’idea, già più volte discussa nei nostri rapporti, che un consistente deprezzamento del dollaro sia necessario per risolvere il problema del disavanzo corrente americano.

La “concomitanza” dei fattori è stata però di breve durata. In capo a una settimana che sia il petrolio sia i rendimenti hanno invertito la tendenza e poco dopo è arrivata anche la smentita dal nuovo employment report, con dati più brillanti persino della più rosea previsione e revisione al rialzo dei numeri precedenti. Ciononostante l’euro ha continuato a salire e il dollaro a scendere (v. fig. 1). Il venir meno delle correlazioni tradizionali si spiega in parte con il carattere sempre più speculativo che il mercato è andato assumendo nelle ultime settimane. Testimonianza ne sono i nuovi massimi record di posizioni lunghe (nette) raggiunti dagli speculativi sceondo i dati del Chicago Mercantile Exchange. Tuttavia, a ben guardare, il venir meno della correlazione fra cambio e tassi è stato compensato da una crescente correlazione fra cambio (EUR/USD) e pendenza della curva USA (10anni-2anni) che ha raggiunto il 90% (con segno negativo).

Fig. 1 - Euro, più reattivo verso l'alto che verso il basso nel breve

1,17

1,21

1,25

1,29

1,33

1,37

1,41

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic1,2%

1,6%

2,0%

2,4%

2,8%

3,2%

3,6%

4,0%EUR/USDscen. centraleflatteningsteepeningrendimenti USA 2 anni (scala destra)

2004

Sfruttando questa interessante correlazione abbiamo dunque elaborato un modello a frequenza giornaliera con lo scopo di fornire delle indicazioni di breve periodo e quantificare l’upside dato il trend dominante. Come sentiero per la variabile esplicativa della pendenza abbiamo inserito i numeri del nostro scenario centrale (steepening di circa 30 pb entro fine anno). L’esito del modello è un modesto ritracciamento verso il basso dell’euro, nell’ordine di 0,7 figure (v. fig. 1). Abbiamo allora approfondito il punto introducendo un paio di scenari alternativi: scenario di flattening (simmetrico a quello centrale, dove la pendenza scende di

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30 pb) e scenario di steepening (dove la pendenza aumenta più del doppio rispetto al caso centrale). Nella prima ipotesi l’euro correttamente si apprezza, ma più di quanto non si deprezzi nell’ipotesi opposta dello scenario centrale, ovvero di 1,5 figure. Nella seconda ipotesi l’euro si deprezza di 2,1 figure (v. fig. 1). Questa elementare simulazione, se si prescinde dal difetto strutturale di un modello di questo tipo che per costruzione non registra “strappi” nelle previsioni, mette in evidenza un effetto asimmetrico, ovvero una sorta di “bias” verso l’alto dell’euro, con una maggiore disponibilità a salire piuttosto che a scendere a parità di impulsi (di segno opposto).

Fig. 2 - Area-pivot a 1,2950 con obiettivi rialzisti fino a 1,3200

1,171,181,191,201,211,221,231,241,251,261,271,281,291,301,311,321,331,341,35

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

1.3200

1.2950

EUR/USD

2004

Questa evidenza empirica, unitamente alla sopra menzionata natura speculativa del mercato, soprattutto adesso che si entra in fase di chiusura d’anno, suggerisce che nel breve termine il rischio prevalente rimane verso l’alto. Conclusione che appare tanto più vera se si considera che da parte delle autorità europee (BCE e ministri delle finanze) il livello di allarme segnalato non è tale da far pensare che siano disposte a intervenire unilateralmente e massicciamente. Essendo però l’area sopra 1,30 ancora territorio sconosciuto, se si esclude il nuovo massimo storico appena registrato in prossimità di 1,3050 una stima approssimativa dei prossimi obiettivi rialzisti ci deriva dall’analisi tecnica (v. fig. 2) che evidenzia un’area pivot a 1,2950, confermata dalla dinamica del cambio negli ultimi giorni, ed un target rilevante a 1,3200.

Con 1,32 obiettivo primo della recente accelerazione di trend e alla luce della scarsa reattività del cambio in questa fase agli sviluppi congiunturali (filtrati dall’andamento dei tassi di mercato, per cui v. considerazioni precedenti) il rischio di raggiungere in tempi abbastanza rapidi la soglia critica successiva di 1,35 non è marginale, soprattutto se viene mantenuto il benign neglect da parte delle autorità europee. A quel punto si ricadrebbe però pienamente nella fattispecie dell’eccesso di volatilità che la BCE stessa ha chiaramente detto e ripetuto di non gradire. E siccome fonti anonime della BCE hanno anche dichiarato che l’economia europea potrebbe ancora convivere bene con un cambio a 1,35 mentre la situazione diventerebbe problematica solo in prossimità di 1,40, una volta che il mercato abbia raggiunto davvero 1,35 “vorrà” almeno mettere alla prova la parola della BCE forzando la salita verso 1,40.

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A prescindere dagli sviluppi rialzisti di breve termine, la previsione di medio/lungo termine rimane quella di un ritorno del cambio verso livelli più coerenti con i fondamentali della stessa economia europea. Quindi una volta che l’overshooting in atto abbia fatto il proprio corso, dovrebbe scattare la correzione con rientro verso 1,25. Tempi e modi di tale aggiustamento dipenderenno nei prossimi mesi non solo dagli sviluppi congiunturali, ma anche dalle strategie verbali che verranno adottate per gestire la politica valutaria.

(Asmara Jamaleh)

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Stati Uniti: inflazione e occupazione

I dati pubblicati nelle ultime settimane indicano una probabile revisione al rialzo per la crescita del Pil 2004.III. La stima preliminare conteneva una ipotesi di deficit commerciale per settembre rivelatasi troppo pessimistica (in termini reali il deficit è passato da un peggioramento del 15,9% t/t ann. ad un meno inquietante -1,0% t/t ann.). In termini reali il canale estero dovrebbe aumentare il proprio contributo alla crescita di poco più di mezzo punto percentuale. Le altre informazioni che hanno completato il quadro sul Pil dello scorso trimestre hanno in parte controbilanciato l’effetto del canale estero. In particolare l’accumulazione di scorte da parte delle imprese si è rivelata inferiore alle ipotesi dal Bureau of Economic Analysis (BEA). In termini di crescita ciò dovrebbe tradursi in un peggioramento di circa due decimi di punto. Le informazioni sull’edilizia privata non residenziale di settembre ridimensioneranno probabilmente gli investimenti in strutture delle imprese, questa revisione potrebbe tuttavia essere controbilanciata dalla componente macchinari e software favorita dalla crescita superiore alle attese delle consegne di beni capitali (da +12,6 t/t ann. a 13,3% t/t ann.). Le indicazioni che ricaviamo aggregando le informazioni dal lato della domanda trovano piena conferma dall’andamento dagli indicatori di offerta, ISM ed ore lavorate. Il primo segnala una flessione su livelli compatibili con una crescita di circa il 4,0% t/t (ann.) ed in rallentamento su base tendenziale (dal 4,8% a/a a circa il 4,0% nel 2004.III). L’aumento delle ore lavorate (+3,1% t/t ann.) e della produttività (+2,3% t/t ann.) indicano una crescita del 4,3% t/t (ann.). In sintesi, la prima revisione del Pil 2004.III dovrebbe portare ad una revisione verso l’alto di circa lo 0,3%, dal 3,7% t/t (ann.) dovremmo passare al 4,0% t/t (ann.).

ISM

40

45

50

55

60

65

nov mag nov mag nov mag nov mag nov mag nov

ManifatturieroNon Manifatturiero (Totale)

1999 2000 2001 2002 2003 2004

La crescita del quarto trimestre sarà ancora una volta condizionata dalle oscillazioni dei consumi privati, attesi in forte rallentamento rispetto al 2004.III. Le prime indicazioni sulle nuove immatricolazioni di auto confermano che è in atto un rallentamento delle vendite. Ciò condizionerà fortemente l’andamento dei consumi di durevoli, molto sensibili alle oscillazioni di questa componente. L’andamento dei consumi nel 2005 dovrebbe mantenersi in linea con quella dei redditi, determinando una stabilizzazione del tasso di risparmio poco lontano dai minimi assoluti della serie. Come abbiamo più volte sottolineato questa è un’ipotesi estremamente prudente: il tasso di risparmio è irragionevolmente basso rispetto ai fondamentali economici ed un suo rialzo si tradurrebbe in una dinamica decisamente meno favorevole per i consumi privati. Gli investimenti in edilizia residenziale si sono ormai stabilizzati su livelli molto elevati ed inizieranno

Il calo delle vendite di auto condiziona l’andamento di consumi del 2004.IV

Il commercio estero controbilancia il minor accumulo di scorte - probabile una revisione al rialzo per il Pil 2004.III

Gli investimenti edili perdono slancio ...

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presto un trend negativo che si intensificherà nei prossimi mesi con in rialzo dei tassi di interesse. Questa componente della domanda, particolarmente generosa nel sostenere la crescita nel corso dell’ultima recessione, dovrebbe contribuire molto marginalmente alla crescita del trimestre in corso.

Nuovi ordinativi (durevoli - var.% a/a)

-25

-15

-5

5

15

25

nov mag nov mag nov mag nov mag nov mag

Ex trasporti Totale

1999 2000 2001 2002 2003 2004

Le indicazioni preliminari sugli ordinativi e le consegne di beni capitali sono coerenti con una buona tenuta degli investimenti industriali in macchinari mentre la componente strutture dovrebbe stagnare. Questo trend continuerà anche nei prossimi mesi. Il modesto rialzo dei tassi ed, in misura maggiore, una domanda finale in rallentamento tendono a limitare gli spazi per gli investimenti destinati ad aumentare la scala di produzione. La crescita nel 2004 resterà intorno al 10%, e nel 2005 dovrebbe calare sotto il 7%. Il forte accumulo di magazzino registrato nella prima metà dell’anno è ormai alle spalle; in mancanza di una significativa accelerazione della domanda finale, non vediamo molti spazi per una accelerazione del capitale circolante.

Variazione degli occupati e sussidi ('000)

-500

-300

-100

100

300

500

dic giu dic giu dic giu dic giu dic giu

250

300

350

400

450

500

Dipendenti ex agricoltura (scala sinistra)

Sussidi (scala destra - inversa)

1999 2000 2001 2002 2003 2004 Dopo due mesi di forte crescita occupazionale (tra marzo ed aprile i payrolls sono cresciuti di circa 700 mila unità), il mercato del lavoro ha subito una pausa

... mentre quelli industriali restano sostenuti

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d’arresto: tra maggio e settembre la crescita degli occupati (dipendenti) si è stabilizzata su di un ritmo di poco più di 120 mila unità mensili. Il balzo di ottobre è stato in parte stato esagerato dalle avverse condizioni meteorologiche che hanno depresso settembre ed accresciuto ottobre. La distorsione introdotta dovrebbe in parte dissiparsi a novembre quando dovremmo osservare un ritmo di creazione di posti di lavoro inferiore al trend (prevediamo una variazione di 120 mila unità a novembre).

Prezzi al consumo - % var. a/a

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

nov mag nov mag nov mag nov mag nov mag nov

Totale Core

1999 2000 2001 2002 2003 2004

Infine l’inflazione. Dopo l’impennata dei prezzi della prima metà dell’anno, la dinamica inflattiva più recente evidenzia un significativo rallentamento. Nei prossimi mesi l’inflazione (core) tendenziale dovrebbe oscillare tra il 2-2,3% a/a per poi aumentare moderatamente sino al 2,6% a/a nel corso del 2005. In media annua, la variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo dovrebbe passare dal 2,7% al 2,5%.

(Sergio Capaldi)

Stati Uniti 2004 2005

1 2 3 4 1 2 3 4

PIL (US$ 1996,a/a) 3,0 4,4 3,4 5,0 4,8 3,9 3,8 3,6 3,6 3,3 3,3- trim./trim. annualizzato 4,5 3,3 3,7 3,2 3,8 3,2 3,1 3,0Consumi privati 3,3 3,5 3,0 4,2 1,6 4,6 2,0 3,5 2,8 3,0 2,7IFL - privati non residenziali 3,3 9,5 6,7 4,2 12,5 11,7 7,2 6,1 5,5 5,2 5,9IFL - privati residenziali 8,8 10,1 0,6 5,0 16,5 3,1 1,1 -0,9 -2,8 -2,6 -2,6Consumi e inv. pubblici 2,8 2,3 1,8 2,5 2,2 1,4 2,3 1,7 1,4 1,2 1,0Esportazioni 1,9 9,2 7,7 7,3 7,3 5,1 7,5 8,0 7,2 7,5 7,5Importazioni 4,4 9,8 3,1 10,6 12,6 7,7 1,7 2,3 0,9 1,7 1,6Var. scorte (contrib., % Pil) -0,1 0,5 -0,1 0,3 0,2 -0,1 -0,1 0,0 0,0 0,0 0,0

Partite correnti (% Pil) -4,8 -5,7 -5,7 -5,1 -5,7 -5,9 -6,2 -6,0 -5,9 -5,7 -5,5Deficit Federale (% Pil) -3,7 -3,8 -3,5Debito pubblico (% Pil) 62,7 66,1 69,2

CPI (a/a) 2,3 2,7 2,5 1,8 2,8 2,7 3,4 3,0 2,4 2,5 2,2Produzione Industriale 0,3 4,4 3,4 6,6 4,8 3,1 3,1 3,4 3,4 3,5 3,3Disoccupazione (%) 6,0 5,5 5,4 5,6 5,6 5,4 5,4 5,3 5,3 5,2 5,2

Variazioni percentuali annualizzate sul periodo precedente - salvo quando diversamente indicato.

2003 2004 2005

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Politica monetaria - La Fed lascia aperte le porte a un rialzo a dicembre: saranno i dati a decidere

La riunione del FOMC si è chiusa con l’atteso rialzo dei tassi di 25 pb e un comunicato stampa invariato nella sua struttura rispetto alle ultime riunioni. La valutazione delle condizioni e dei rischi macroeconomici registra dei cambiamenti marginali legati al flusso di dati dell’ultimo mese. Sul fronte della crescita, si afferma che l’output “sembra crescere a un ritmo moderato nonostante l’aumento dei prezzi energetici” e le condizioni del mercato del lavoro sono “migliorate”, mentre il mese precedente si era detto che la crescita sembrava avere ritrovato “un po’ di vigore” (“some traction”) e il mercato del lavoro era “modestamente migliorato” (“improved modestly”). Sul fronte dei prezzi, si afferma oggi che l’inflazione e le aspettative di lungo termine sono “ben contenute” (“well contained”), mentre il mese scorso si affermava che l’inflazione aveva rallentato il passo (“eased”). Dal punto di vista macro, quindi i rischi restano equilibrati su entrambi gli obiettivi di crescita e inflazione.

La mancanza di segnali nuovi relativi a una possibile pausa nel sentiero di rialzi dei tassi rende centrale il paragrafo conclusivo del comunicato: “il Comitato risponderà a variazioni nelle prospettive economiche come necessario per soddisfare il proprio impegno a mantenere la stabilità dei prezzi”. Un modesto segnale di incertezza riguardo alla decisione di dicembre si registra dal fatto che, al contrario del voto sul tasso dei fed funds (unanime), i voti dei presidenti delle Fed regionali per il rialzo del tasso di sconto al 3% sono stati solo 11, e non 12, come nella riunione precedente (non ha richiesto un rialzo la banca di Dallas).

Quali dati potrebbero fermare la mano della Fed? Dato per scontato che il prossimo employment report sarà decisamente più debole di quello straordinario di ottobre, i dati cruciali saranno quelli relativi a i consumi e quelli anticipatori dell’attività economica. Dal lato dei consumi, la Fed ha sottolineato recentemente i timori legati al continuo calo dei risparmio delle famiglie: come ha notato Ferguson, a livelli così bassi di risparmio è prevedibile un’inversione di tendenza che porterebbe con sé un inevitabile rallentamento della crescita dei consumi. Dal lato dell’attività, il calo dell’ISM nel mese di ottobre (da 58,5 a 56,8) segnala un probabile rallentamento nel primo trimestre del prossimo anno: ulteriori indicazioni di debolezza potrebbero indurre la Fed a fare una pausa nel sentiero dei rialzi. Per quanto riguarda l’inflazione, solo una flessione della crescita dei prezzi costituirebbe un motivo autonomo di freno ai rialzi dei tassi.

Consumi e risparmio al centro dello scenario 2005

La settimana prossima inizia una nuova tornata di discorsi sullo scenario macroeconomico che, insieme ai verbali della riunione di settembre, daranno corpo alla attuale visione del FOMC sullo scenario 2005.

Nei discorsi recenti è stata sottolineata una serie di rischi per la crescita del prossimo anno, radicati in fattori strutturali che caratterizzano lo scenario economico (“structural drags”): 1) la persistente cautela delle imprese a investire e assumere, 2) il basso livello del tasso di risparmio delle famiglie e 3) la previsione di una restrizione fiscale. Un nodo centrale dello scenario economico resta quindi la carenza di risparmio che accomuna il settore pubblico e le famiglie americane.

Per quanto riguarda le famiglie, il trend decrescente del risparmio personale è più che decennale. Il tasso di risparmio, salito nel periodo 1950-1980 dal 7% del reddito disponibile al 10% circa, dalla metà degli anni ’80 ha iniziato una inesorabile discesa nei decenni successivi: nell’ultimo biennio, la media è stata

Il comunicato del FOMC è rimasto quasi invariato, salvo qualche marginale miglioramento della valutazione dello scenario di crescita...

...ma il rallentamento previsto della crescita, dovuto soprattutto a una minor dinamica dei consumi, manterrà estremamente graduale il sentiero dei tassi

...sale quindi la probabilità di un rialzo anche a dicembre

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intorno all’1,5% (l’ultimo dato, di settembre 2004, è allo 0,2%). Gran parte del calo del risparmio degli ultimi decenni è concentrato nelle famiglie a più alto reddito (top 20 % della distribuzione del reddito). Come ha notato recentemente Ferguson, l’andamento del risparmio delle famiglie che rappresentano l’80% inferiore della distribuzione del reddito non ha trend. Le famiglie che hanno ridotto il loro tasso di risparmio (e aumentato la loro propensione al consumo) sono quelle con reddito più elevato, pertanto hanno maggiore discrezionalità nelle decisioni intertemporali risparmio-consumo. È probabile che gradualmente il tasso di risparmio aumenti dai minimi attuali, oramai prossimi allo zero, con la conseguenza di ridurre per un periodo prolungato il tasso di crescita dei consumi al di sotto della crescita del reddito. Dal 2001 in avanti, le fluttuazioni del tasso di risparmio hanno rispecchiato l’attuazione delle riduzioni di imposte.

Consumi e reddito delle famiglie

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'94 '95 '96 '97 '98 '99 '00 '01 '02 '03 '04

Consumi pers.reali (var% a/a)Reddito disp.reale (var % a/a)

Tasso di risparmio delle famiglie (% reddito disponibile)

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'91 '92 '93 '94 '95 '96 '97 '98 '99 '00 '01 '02 '03 '04

Anche se la nuova Amministrazione manterrà la promessa pre-elettorale di rendere permanenti le riduzioni di imposte degli ultimi tre anni, non vi saranno nuovi stimoli al reddito disponibile per sostenere la crescita dei consumi. Il passaggio a una nuova fase della politica fiscale nei prossimi trimestri potrebbe quindi dar luogo all’inversione del trend del risparmio, e a un periodo di crescita sotto il potenziale, tale da rendere molto lento e prolungato il processo di eliminazione dell’output gap. La crescita media dei consumi da inizio 2002 a oggi è pari al 3,3%, la quota dei consumi sul PIL è salita ai massimi storici, da circa il 62% all’inizio degli anni ’80 all’attuale 70%. Senza un continuo apporto di risorse dal settore pubblico (e quindi, alla fine, dall’estero, che finanzia il Tesoro USA) questo trend è insostenibile.

Conclusioni

La Fed continuerà sul un sentiero di lenti e graduali rialzi, la cui inclinazione sarà determinata dal modo in cui i dati in uscita influenzano lo scenario macroeconomico. Le minacce sullo scenario del 2005 restano concentrate nella carenza di risparmio delle famiglie e del settore pubblico e nel loro eventuale aggiustamento. Le informazioni su consumi e risparmio delle famiglie saranno il nodo per valutare la velocità di chiusura dell’output gap.

Attualmente lo scenario macroeconomico è abbastanza incerto (ma non troppo debole) e in mancanza di dati molto negativi, è marginalmente più probabile un rialzo a dicembre rispetto a tassi invariati come nella nostra previsione.

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Fed funds e deflatore core

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'85 '87 '89 '91 '93 '95 '97 '99 '01 '03

Fed funds

Deflatore consumi core (var % a/a)

Fed funds reali

Le ultime informazioni disponibili sulle opinioni della Fed sono riassunte dai verbali della riunione di settembre. Nei verbali si riporta la convinzione del comitato di voler continuare ad alzare i tassi per completare la “normalizzazione” della politica monetaria, ma si indica anche che “nell’opinione di molti partecipanti, le decisioni di policy dovrebbero essere sempre più vincolate ai dati in uscita”. Implicitamente quindi si segnala che i tassi potrebbero non essere alzati a tutte le riunioni. A settembre, il Comitato registrava l’interpretazione del mercato secondo cui la rimozione dello stimolo monetario a un ritmo “moderato” è coerente con un sentiero che incorpora qualche pausa, pertanto il FOMC dà per scontato che non sarebbe una sorpresa per i mercati vedere qualche riunione senza rialzi, in linea con i dati pubblicati. Inoltre, nella valutazione dell’economia si affermava che le prospettive di crescita restavano positive, ma anche che il ritmo di crescita potrebbe “essere meno rapido di quanto originariamente anticipato”. I potenziali freni alla crescita sono rappresentati da 1) rallentamento dei consumi legato al ridottissimo tasso di risparmio, 2) fine dello stimolo fiscale; 3) crescente deficit commerciale. In conclusione, dai verbali emerge la possibilità che la Fed faccia una pausa nel sentiero dei rialzi solo in base ai dati, senza la necessità di segnalarlo con un cambiamento verbale del comunicato. Pertanto, i dati delle prossime due–tre settimane, e l’ampio numero di discorsi in agenda daranno una visione più chiara dell’esito atteso della riunione di dicembre.

Con i dati e i discorsi delle prossime settimane, il quadro si chiarirà in termini di tempi per il prossimo rialzo: segnaliamo quindi il rischio della nostra previsione per dicembre, ma ci allineiamo all’affermazione della Fed secondo cui saranno i dati a determinare eventuali pause: attenzione quindi agli indicatori anticipatori (ISM) e a quelli del mercato del lavoro e dei consumi.

Un eventuale rialzo a dicembre implicherebbe un sentiero un po’ più lento nei rialzi nel 2005.I (un solo rialzo nel trimestre, anziché due come attualmente incluso nelle nostre previsioni) e non ci indurrebbe a rivedere al rialzo la previsione di fed funds a 2,75% a giugno 2005, in considerazione del fatto che riteniamo molto fondata la nostra previsione di rallentamento della crescita nel prossimo anno.

(Giovanna Mossetti)

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BCE: prove tecniche di rialzo dei tassi

I segnali inviati dalla banca centrale sembrano preludere ad un imminente rialzo dei tassi anche in Europa. Più che l’aumento corrente del tasso di inflazione, a preoccupare la BCE è che il livello negativo dei tassi reali possa distorcere l’allocazione delle risorse ed alimentare nuove fonti di instabilità finanziaria ora che non è più necessario per sostenere un’economia che viaggia al suo tasso potenziale.

La retorica della BCE si è significativamente inasprita, lasciando capire che l’opzione di rialzo dei tassi è già centrale nelle discussioni del Consiglio Direttivo di fronte ai numerosi rischi rilevati per la stabilità dei prezzi. L’unico ostacolo rilevante è l’incertezza sulla crescita economica, sulla quale comunque la BCE mantiene una visione complessivamente fiduciosa nonostante i rischi provenienti dal caro petrolio ed ora anche dal cambio forte. Gli indicatori congiunturali, coincidenti e prospettici, mostrano però un profilo calante da alcuni mesi e le proiezioni dell’€-index fanno pensare ad una crescita moderata anche nel 2005. Ciò dovrebbe consigliare di pazientare ancora qualche mese prima di iniziare la normalizzazione monetaria anche nell’area euro.

“Probabilmente l’inflazione rimarrà significativamente sopra il 2% nei prossimi mesi. Questo è uno sviluppo preoccupante.” “Numerosi rischi verso l’alto per la stabilità dei prezzi sono emersi negli ultimi mesi.” “Le determinanti di base dell’attività economica rimangono coerenti con la continuazione della crescita nel 2005.” “Permane molta più liquidità nell’area euro di quanta necessaria a finanziare una crescita non inflazionistica. Ciò può porre un rischio inflazionistico nel futuro se l’eccesso di liquidità non verrà assorbito a seguito di movimenti di portafoglio di segno opposto. Inoltre, la persistenza di un’elevata liquidità in eccesso e la forte crescita del credito possono diventare una fonte di insostenibili aumenti dei prezzi delle attività, particolarmente nel mercato immobiliare.” “Una forte vigilanza è quindi necessaria per quanto riguarda tutti i fattori che possono aumentare i questi rischi.”

Il mercato non considera un rialzo dei tassi in tempi ravvicinati

1,75

2,00

2,25

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3,00

dic gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov

Tasso Eonia, media mensileimplicita nei Forward

Tasso refi, previsioni Banca Intesa

2004 2005

Leggendo questo tipo di considerazioni da parte di una banca centrale, un osservatore crederebbe che siano state usate per giustificare un aumento dei tassi ufficiali o per preparare i mercati e gli operatori finanziari ad una mossa restrittiva non lontana nel tempo. Non nell’UEM, o almeno non oggi, a guardare i

Le considerazioni della BCE

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prezzi dei derivati sui tassi che incorporano la possibilità di un aumento dei tassi solo nel 2005 inoltrato.

Si può credere che il mercato dia molto peso a quelle poche considerazioni tranquillizzanti sui tassi presenti nel comunicato della BCE, quali le seguenti. “D’altra parte, il recente aumento del prezzo del petrolio costituisce un rilevante shock negativo per l’economia area euro. Se i prezzi del petrolio rimanessero ai livelli correnti, o aumentassero ancora, indebolirebbero la forza della ripresa sia all’interno sia all’esterno dell’area euro.” “L’informazione disponibile finora non suggerisce che più forti pressioni inflazionistiche stiano montando nell’area euro.” O che il mercato interpreti le frasi aggressive come finalizzate soprattutto a prevenire un rischio – gli aumenti salariali e la diffusione dell’inflazione – che seppur ora appaia remoto potrebbe fare molto male qualora si materializzasse.

Verosimilmente però, gli operatori stanno anche considerando che a seguito dell’apprezzamento del cambio, argomento volutamente dribblato dalla BCE, le condizioni monetarie si inaspriscano e migliorino le prospettive per la stabilità dei prezzi anche a seguito del minore dinamismo dell’economia reale. Proprio l’andamento dell’attività economica sarà, a nostro giudizio, il fattore che plasmerà le decisioni di politica monetaria. Diventa quindi rilevante valutare cosa dicono gli indicatori congiunturali sulle prospettive di crescita dei prossimi trimestri.

Le prospettive dell’economia secondo l’€-index Banca Intesa

La stima preliminare dell’€-index Banca Intesa/Il Sole – 24 Ore per il 2004.IV fornisce indicazioni contrastanti, ancora positive per la situazione corrente, meno brillanti per la prima parte del 2005. In termini di crescita trimestrale, le stime dell’€-index puntano ad uno 0,5% t/t nel 2004.IV, una proiezione leggermente superiore a quella della Commissione UE pari a 0,4% t/t per i trimestri a cavallo della fine d’anno. In entrambi i casi si tratta di un crescita stimata superiore agli ultimi dati pubblicati per il 2004.III ed alla previsione Banca Intesa per il trimestre in corso pari, in entrambi i casi, a 0,3% t/t.

Area euro: quanto dura e quanto pesa il soft patch?

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Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3-1,0%

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5,0%PIL AE (t/t, scala destra)€-Index Banca Intesa (scala sinistra)PIL AE (a/a, scala destra)

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

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Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3 Q1 Q3-1,5%

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6,5%Pil Area Euro t/t (scala destra)

€-Index Anticipatore Banca Intesa/Il Sole-24 Ore (scala sinistra)Pil Area Euro a/a (scala destra)

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

Pertanto, mentre il profilo corrente degli indicatori di fiducia, sintetizzato nelle proiezioni dell’€-index, darebbe ragione alla fiducia con cui la BCE guarda agli

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sviluppi congiunturali nell’area euro. Però, gli indicatori con maggiore capacità previsiva su un orizzonte di 6/9 mesi indicano che la prima parte del 2005 vedrà un rallentamento della crescita tendenziale stimabile in un paio di decimi di punto percentuale. Chiaramente, quanto più alto è il trampolino di lancio a fine 2004, tanto meno preoccupante sarà questo tipo di sviluppo. Rispetto allo scenario BCE, se anche questo rischio si concretizzasse nella dimensione stimata, la crescita del Pil rimarrebbe comunque prossima al 2%, ovvero al suo tasso potenziale. In queste condizioni, non appare un azzardo porre l’inizio della normalizzazione monetarie entro la metà del 2005.

I principali motivi che fanno essere la banca centrale meno preoccupata degli osservatori circa le ricadute dell’apprezzamento del cambio e dello shock energetico, pure definito “rilevante”, sono la natura stessa dello shock, la minore dipendenza relativa dell’economia dal petrolio e lo scudo fornito ai redditi del settore privato dall’apprezzamento del cambio.

L’aumento del prezzo del petrolio, al contrario degli episodi precedenti, è oggi la conseguenza di uno shock di domanda, non di improvvise e non pronosticabili interruzioni unilaterali dell’offerta. Pertanto, anche se impone un trasferimento di ricchezza dai paesi consumatori a quelli produttori, esso è lo specchio di un appetito per i beni e servizi che si mantiene vivace e non fa pertanto presagire un crollo della domanda mondiale. Inoltre, il peso delle importazioni nette di petrolio e combustibili sul Pil area euro è oggi significativamente inferiore all’inizio degli anni ’80 rendendo meno traumatico l’assorbimento dello shock energetico.

Infine, non va trascurato il ruolo, in questo caso benigno, dell’euro forte. Secondo le nostre stime, nel periodo 2002-04 l’apprezzamento del cambio ha compensato una parte rilevante del contemporaneo movimento dei prezzi dell’energia ed ha reso meno pesante la tassa “energetica”. Questa è calcolata partendo dai consumi nominali annui di beni energetici e utilizzando diversi deflatori per cogliere gli effetti sui volumi consumati dovuti alle variazioni dei prezzi dell’energia sui mercati internazionali, sintetizzati dal prezzo del Brent, quelli dovuti alle misure di politica fiscale e quelli dovuti alle variazioni del cambio. La tassa “energetica” corrisponde alla differenza nelle variazioni dei volumi e delle quantità consumate tra annate contigue.

Tassa da petrolio, % del reddito netto nazionale disponibile

-0,8

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0,0

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1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004

Totale

Ex imposte indirette

Ex imposte indirette e € Pre

visi

oni

Il contributo dell’euro, in particolare, corrisponde alla differenza tra la tassa calcolata al netto sia di queste sia delle variazioni del cambio e quella al netto

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solo delle imposte indirette. Se il cambio €/$ fosse rimasto ai valori medi del 2001 ($0,90), il potere d’acquisto del reddito disponibile netto sarebbe stato dello 0,6% inferiore. Per il 2005, se il cambio rimanesse ai livelli correnti il sostegno ai redditi reali è stimabile in un ulteriore 0,1%.

Ciò non cancella comunque l’impatto frenante del rincaro del petrolio e dei suoi derivati. La tassa “energetica” sopportata dal settore privato in termini di maggiore inflazione, e quindi minore potere d’acquisto reale, è stata quest’anno pari allo 0,2% del Pil e, se il prezzo del Brent si stabilizzasse intorno agli attuali valori ($45), salirebbe ad uno 0,3% nel 2005. Considerando una propensione marginale alla spesa del settore privato intorno a 0,9, il freno sulla domanda privata finale è rilevante in considerazione del fatto che la crescita area euro stenta a superare il 2%, ma non si può definire drammatica in termini assoluti.

Se quindi dal punto di vista della BCE non sembra vi siano motivi per alterare drasticamente le attese di crescita, altrettanto si può dire per quelle sull’inflazione. Anzi, proprio grazie al citato apprezzamento del cambio delle ultime settimane il quadro per la stabilità dei prezzi può addirittura considerarsi migliore oggi di un mese fa. Se infatti il prezzo del petrolio è oggi circa un dollaro superiore ad un mese fa, il cambio €/$ ha guadagnato quasi cinque centesimi nel frattempo. Se questi valori venissero incorporati nelle proiezioni della BCE oggi darebbero come risultato un profilo di inflazione leggermente più contenuto di un mese fa. Non a caso Garganas ha sottolineato che la BCE prevede “che per la fine del 2005 (l’inflazione) scenderà sotto il 2%.”

Le pressioni inflazionistiche sul core (ex-energy)

-40%

-20%

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20%

40%

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1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 20050,5

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4,0 Indicatore pressioni inflazionistiche (-6m)

CPI ex-energy (scala destra)

Poco importa quindi che ad ottobre il CPI rimbalzi al 2,4% sotto la spinta prorompente proprio della componente energetica (0,3% il contributo alla variazione mensile). Assieme alla componente stagionale di ottobre, contenuta ma positiva (0,05% secondo le nostre stime), ciò è sufficiente a provocare un gradino di quattro decimi di punto al CPI. Tale gradino dovrebbe essere più limitato per l’indice core che dovrebbe scendere al 2,0% rispetto al 2,1% di settembre, pari alla media degli ultimi sette mesi, iniziando così la discesa che dovrebbe portarlo stabilmente sotto il 2% nel corso del 2005. Infine, il CPI ciclico, ovvero al netto di prezzi amministrati ed energia, rimane allo 0,9% a/a segnato a settembre, minimo da luglio 2000.

Un fattore che sembra però preoccupare sempre di più la BCE è l’eccesso di offerta di moneta nel sistema: il tasso di crescita di M3 ha invertito rotta

Inflazione e offerta di moneta

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dalla primavera e dal minimo di 4,9% a/a a maggio è tornata a settembre al 6%, portando la media trimestrale al 5,7% a/a. Nel Bollettino mensile di settembre, la banca centrale ha pubblicato un approfondimento sul tema, sottolineando come anche correggendo la dinamica di M3 per gli aggiustamenti di portafoglio, vi è un eccesso di moneta nel sistema nell’ordine del 2%, se misurato sulla base del real money gap. Normalmente, questa variabile anticipa l’accelerazione trimestrale del CPI core di circa sei trimestri. Sulla base della relazione econometrica stimata dalla BCE, alla fine del 2005 la variazione trimestrale annualizzata del CPI core destagionalizzato dovrebbe essere lo 0,4% più vivace che nel 2004.II, quando fu di 2,2%. Questa evidenza è alla base della considerazione, ribadita da Trichet nel corso dell’audizione al Parlamento Europeo del 25 ottobre, che c’è “molta più liquidità nell’area euro di quanta necessaria a finanziare una crescita non inflazionistica”.

Conclusioni

La nostra impressione dopo la riunione del Consiglio Direttivo è che debba succedere qualcosa al sentiero della crescita per evitare che i tassi ufficiali vengano aumentati nei prossimi mesi. Il fattore chiave è la crescita economica più che il tasso di inflazione corrente. Se il Pil area euro si mantesse anche nei prossimi trimestri sulla velocità di crociera dell’ultimo anno – intorno al 2% t/t annualizzato – il processo di normalizzazione monetaria inizierà entro metà 2005. Un elemento che inciderà su questa prospettiva è chiaramente il cambio, come evidenziato dai dati del terzo trimestre: il Pil è cresciuto dello 0,3% t/t e 1,9% a/a secondo la stima preliminare di Eurostat, in rallentamento rispetto allo 0,5% t/t e 2,0% a/a del 2004.II. Anche se manca il dettaglio delle componenti, il commercio estero dovrebbe avere avuto un effetto frenante sulla crescita dell’area, al contrario di quanto accaduto nei precedenti periodi. Inoltre, il cambio è citato tra i motivi di maggiore preoccupazione nelle indagini di fiducia all’inizio del trimestre corrente e la BCE ha preso atto della maggiore incertezza sullo scenario macroeconomico.

Euro forte ma ancora sotto i massimi di inizio 2004

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gen mar mag lug set nov gen mar mag lug set nov1,02

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1,32€, tasso nominale effettivo*

€/$, (scala destra)

2003 2004

*1/1/03=100

Appare quindi verosimile che le nuove proiezioni macroeconomiche, attese ad inizio dicembre, incorporino una revisione al ribasso della crescita attesa per il 2005, ora stimata pari a 2,3%. Ciò è stato implicitamente anticipato dalla considerazione di Issing che “le chance che il Pil acceleri l’anno prossimo sono

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significativamente diminuite” mentre i dati disponibili sono “sempre più incerti”. Poiché lo scenario per la stabilità dei prezzi rimane favorevole, anche se soggetto a rischi verso l’alto, la conclusione non può che essere trovata nella dichiarazione di Garganas secondo il quale “attualmente non vi è questione di un rialzo dei tassi“.

(GianLuigi Mandruzzato)

Area Euro 2004 2005

1 2 3 4 1 2 3 4Pil (prezzi costanti, a/a) 0,5 1,8 1,9 1,4 2,0 1,9 1,8 1,7 1,7 2,0 2,2- t/t 0,7 0,5 0,3 0,3 0,5 0,5 0,6 0,5Consumi privati 1,0 1,1 1,6 0,7 0,3 0,0 0,4 0,5 0,5 0,4 0,6Investimenti fissi -0,5 1,0 3,3 -0,1 0,1 0,3 0,8 1,1 1,0 0,7 1,0Consumi pubblici 1,7 1,5 1,3 0,1 0,5 0,3 0,2 0,4 0,3 0,3 0,3Esportazioni 0,3 6,4 6,4 1,6 3,1 1,1 1,7 1,5 1,3 1,6 1,5Importazioni 2,2 5,7 6,7 0,5 2,8 0,8 1,8 1,8 1,6 1,4 1,6Var. scorte (contrib., % Pil) 0,4 0,2 0,0 -0,1 0,0 0,1 -0,1 0,0 0,0 0,0 0,0

Partite correnti (% Pil) 0,3 0,4 -0,1 0,7 0,4 0,5 0,2 0,0 -0,2 -0,2 0,1Deficit pubblico (% Pil) -2,7 -3,0 -2,9Debito pubblico (% Pil) 69,6 70,1 70,7

Prezzi al consumo (IPCA,a/a) 2,1 2,1 2,1 1,7 2,3 2,2 2,3 2,3 2,2 2,0 1,9Produzione industriale (a/a) 0,3 2,1 2,1 0,0 0,9 0,2 1,0 0,0 0,7 0,8 0,5Disoccupazione (ILO, %) 8,9 8,9 8,7 8,9 8,9 8,9 8,9 8,8 8,7 8,7 8,6

Variazioni % sul periodo precedente, se non diversamente indicato

2003 2004 2005

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Italia: crescita migliore delle attese grazie all’export

Il Pil italiano del 2004.III ha mostrato una crescita (0,4% t/t, stesso ritmo del trimestre precedente) superiore alle attese e alle nostre previsioni di un rallentamento a 0,2% t/t. La crescita tendenziale rimane stabile all’1,3%, valore più elevato degli ultimi tre anni. La performance dell’Italia nel terzo trimestre è stata migliore rispetto a quella della maggior parte dei partner europei, grazie ad un saldo con l’estero che dovrebbe essere risultato positivo, in controtendenza rispetto al resto dell’area euro. Il calo dell’output industriale nel 2004.III (-0,4% t/t) suggerisce che la maggior domanda estera nei mesi estivi è stata probabilmente soddisfatta con un nuovo decumulo di scorte. Benché non siano ancora disponibili i dettagli, la domanda domestica nel trimestre estivo è rallentata rispetto alla crescita media tt del primo semestre. Poiché non vi sono segnali di alcuna accelerazione in questo settore della domanda finale nei mesi finali dell’anno, la crescita dell’economia italiana per i prossimi due trimestri dipenderà esclusivamente dal contributo del canale estero e quindi dalla dinamica dell’export.

Secondo quanto segnalato dagli indicatori congiunturali più recenti sul ciclo mondiale e sulle aspettative delle imprese sull’export, il rallentamento è posticipato all’ultimo trimestre dell’anno, benché sia ancora difficile decifrarne l’entità. In ogni caso, assumendo che siano confermati, i dati del 2004.III segnalano comunque la possibilità concreta di chiudere con un media pari all’1,2%, un decimo più elevata rispetto alla nostra precedente previsione dell’1,1%. Manteniamo la nostra previsione per il 2005 all’1,5%, al di sotto del consenso (1,7%).

Italia

2004 20051 2 3 4 1 2 3 4

PIL (prezzi 1995, a/a) 0,4 1,2 1,5 0,8 1,3 1,3 1,5 1,4 1,5 1,4 1,7 t/t 0,5 0,4 0,4 0,1 0,4 0,5 0,4 0,4Consumi delle famiglie 1,2 1,2 1,4 1,1 -0,3 0,2 0,3 0,4 0,5 0,4 0,4Investimenti fissi lordi -2,1 3,1 2,6 2,6 1,4 0,0 0,4 0,8 0,9 0,5 0,8Consumi collettivi 2,2 1,0 1,3 -0,6 0,7 0,2 0,2 0,4 0,3 0,3 0,3Esportazioni -3,9 4,2 4,4 -1,1 4,7 2,4 0,6 0,8 0,8 0,2 0,0Importazioni -0,6 3,7 4,8 0,4 2,7 1,1 1,7 1,1 0,8 0,7 0,8Var. scorte (contrib., % Pil) 0,6 -0,5 0,0 -0,2 -0,4 -0,1 0,1 0,0 0,0 0,1 0,2

Partite correnti (% Pil) -1,4 -1,2 -1,3 -1,2 -1,7 -0,7 -1,1 -1,3 -1,3 -1,3 -1,5Deficit (% Pil) -2,4 -3,0 -3,5Debito (% Pil) 106,1 104,3 103,4

CPI (a/a) 2,7 2,2 2,1 2,3 2,3 2,2 2,0 2,1 2,1 2,1 2,3Produzione Industriale -0,6 0,0 0,6 -0,3 0,3 -0,4 0,0 0,3 0,3 0,3 0,3Disoccupazione (%) 8,4 8,1 7,9 8,2 8,1 8,1 8,0 8,0 7,9 7,8 7,8

Variazioni percentuali sul periodo precedente - salvo ove diversamente indicato.

2003 2004 2005

Il punto sul canale estero

Le esportazioni italiane proseguono nella fase di miglioramento anche nel 2004.III (+2,3% t/t in termini nominali). I ritmi sono inferiori rispetto a quelli tenuti nei mesi precedenti, ma superiori rispetto a quelli osservati nella media dell’area euro. I mercati di destinazione più dinamici infatti rimangono quelli extra-UE, mentre il commercio con i paesi europei ha subito un rallentamento più marcato nell’estate (+0,8% t/t).

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Economia e Mercati Finanziari – 18 novembre 2004

22

Export: confronti con Francia e Germania (mld euro - 2003.I =100)

96

98

100

102

104

106

108

110

112

mar giu set dic mar giu set

ItaliaFrancia Germania

2003 2004

Valori medi unitari dell'export (2003.I = 100)

96

98

100

102

104

106

mar giu set dic mar giu set

ItaliaFrancia Germania

2003 2004

La miglior performance dell’Italia rispetto a Francia e Germania nei mesi estivi costituisce un recupero del gap accumulato nei trimestri precedenti piuttosto che un incremento assoluto della posizione competitiva italiana. Inoltre, si accentuano ulteriormente le differenze nei prezzi praticati sui prodotti esportati, tendenza che già avevamo messo in evidenza in primavera. Gli incrementi dei valori dell’export italiano nei primi nove mesi dell’anno sono in buona parte imputabili all’aumento dei valori medi unitari piuttosto che delle quantità (vedi grafici). Nonostante l’apprezzamento del cambio, le imprese italiane quindi sembrano reagire alla perdita dei volumi esportati riuscendo ad aumentare i prezzi praticati e quindi preservandosi i margini.

Le importazioni invece frenano nel 2004.III (+3% in valore, dopo il 5,7% del 2004.II), nonostante l’aumento marcato dei prezzi (+2,5% t/t stimato) per effetto degli aumenti delle materie prime e del greggio. In volumi l’incremento dell’import è stato marginale. Il contributo del saldo netto con l’estero sulla crescita del Pil dovrebbe quindi essere stato ampiamente positivo anche nel 2004.III: contrariamente alle attese, nonostante il cambio forte impatti negativamente sulla competitività dell’export italiano, una domanda interna molto debole impedisce all’import di avanzare in modo significativo, lasciando un contributo positivo del canale estero. La frenata dell’import nel 2004.III è stata anche in parte figlia della necessità di ridurre ulteriormente i livelli dei magazzini: le scorte quindi dovrebbero aver almeno in parte bilanciato il contributo positivo del canale estero.

Export e domanda mondiale

42

44

46

48

50

52

54

56

58

1999 2000 2001 2002 2003 2004-10

-5

0

5

10

15

20

25PMI - globaleExport Italia - var % a/a (scala destra)

Italia: aspettative delle imprese sull'export

38

43

48

53

58

63

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004-10%

-5%

0%

5%

10%

15%

20%

25%PMI - export Export var% a/a (scala destra)

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Economia e Mercati Finanziari – 18 novembre 2004

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Tuttavia, la fase positiva dell’export sembra aver già raggiunto il punto di svolta. A settembre le esportazioni (nominali) si contraggono del 2,1% mm; mentre le domande riguardanti gli ordinativi dall’estero nelle survey congiunturali da diversi mesi hanno invertito la tendenza. Anche gli indicatori anticipatori sul ciclo mondiale segnalano dalla primavera scorsa che il picco della crescita è ormai alle nostre spalle. Il tasso di crescita dell’export andrà quindi rallentando nei mesi finali dell’anno e ad inizio 2005, determinando un peggioramento del saldo commerciale sia in termini nominali sia in termini reali. Il contributo del canale estero alla crescita del Pil è previsto tornare in territorio negativo a fine 2004 ed essere nullo in media annua nel 2005.

(Giada Giani)

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Mercato obbligazionario - L’euro sostiene la curva europea

Il movimento realizzato dal mercato europeo in novembre è stato impressionante soprattutto alla luce del contesto di bassa volatilità in cui si muoveva da mesi, insieme all’obbligazionario americano. Il vero driver del mercato obbligazionario rimane l’andamento del cambio e l’aspettativa ormai diffusa che il dollaro sia destinato a svalutarsi ancora. Con il rendimento del Bund a 3.77% oggi e un rally di 14pb in 14 giorni alle spalle, preferiamo una posizione direzionale neutrale.

Posizioni di curva interessanti rivolte a sfruttare il movimento in corso sui tassi a breve euro sono la barbell 2-5-10 anni lunga del centro, che nel rally ha offerto una performance molto limitata nonostante la sua forte componente direzionale, e ancora la posizione da noi suggerita la scorsa settimana di box spread costruito come flattening 10/30 anni dollaro vs 10/30 anni steepening euro. Anche gli spread tra paesi periferici e core (così come in generale gli asset swap spread) non hanno risposto molto alla performance del mercato obbligazionario. In particolare la parte lunga della curva italiana paga sia in assoluto sia in asset swap ancora un differenziale interessante, in considerazione che da qui a fine anno non ci saranno nuove emissioni sul tratto 10-30 anni.

Il comparto dei titoli euro indicizzati all’inflazione ha beneficiato del rally con un calo dei rendimenti reali nell’ordine di 5pb fino ai 10 anni e di 8-9pb tra 10 e 30 anni. Le breakeven si sono comportate in modo direzionale, chiudendosi sul ribasso dei tassi. La curva delle Bei si è mossa in steepening, guidato dalla discesa del prezzo del petrolio, che riduce le aspettative d’inflazione sull’orizzonte di breve rispetto al lungo termine. Anche lo steepening dei tassi reali ha inoltre contribuito a generare steepening sulla curva delle Bei.

Sulla curva del dollaro rimaniamo ribassisti e suggeriamo di mantenere aperte le posizioni di flattening soprattutto sul tratto 2/5 anni. Sul monetario i differenziali FF/ED future hanno ancora potenzialità di allargamento.

L’allargamento dello spread Treausury/Bund è strutturale

Il mercato obbligazionario euro ha registrato uno dei più grossi rally dai tempi della convergenza in EMU. La curva euro ha guadagnato in media 12-13 pb su tutte le scadenze a pendenza pressoché invariata sia su swap sia su titoli. Il 10/30 anni si è allargato di 2 pb. Gli asset swap spread sono rimasti fermi mentre lo spread BTPvs Bund e OAT si è chiuso di 1 pb a 10 e 30 anni.

Il movimento della curva europea è iniziato con il cambio EUR/USD al di sotto di 1.29 e dopo la conclusione del FOMC. Ciò testimonia il fatto che si tratta di un vero e proprio spostamento nell’asset allocation dei portafogli internazionali, che risponde a motivi condivisibili. La Fed sta alzando i tassi ufficiali e non segnala pause, la BCE invece nonostante i toni aggressivi, dovrà fare i conti ancora per qualche mese con dati di crescita deludenti e un cambio sfavorevole. Il mercato obbligazionario USA è sopravvalutato sulla scadenza a 10 anni di circa 40-50 pb, mentre il Bund 10 anni al 4% era perfettamente allineato con il valore di fair value.

Lo spread UST/DBR a 10 anni è salito di 30pb nelle ultime due settimane. La velocità di questo allargamento induce cautela nel prendere posizioni a favore di un proseguimento di questo movimento, che conserva tuttavia le caratteristiche di un movimento strutturale del mercato. Così come accaduto per il flattening delle curve, molto veloce ed eccessivo, ma comunque inarrestabile, anche l’allargamento dello spread tra le due aree è destinato a proseguire. L’unica differenza rispetto a quanto accaduto nelle ultime settimane è che lo spread

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tornerà ad essere guidato non solo dai tassi europei, ma anche da quelli americani, in decoupling o meno.

Gli unici episodi di decoupling tra T-note e Bund dalla decisione di avviare l’unione monetaria in poi si sono registrati nel settembre ’98 e nei primi mesi del ‘99. In questo periodo, la correlazione dello spread UST/Bund è stata -0.86 con il Bund e +0.553 con il T-note. A parte questi episodi isolati di norma lo spread è spiegato maggiormente dai movimenti del Treasury: come si osserva dalla tabella sotto, da gen’99 ad oggi la correlazione dello spread è molto più elevata con il rendimento del Treasury (0.8) rispetto al Bund (0.3). Nel corso dell’ultimo anno lo spread ancora una volta mostra una correlazione elevata con i tassi USA (0.64) e bassa con quelli tedeschi (-0.10).

Rendimento Rendimento DBR 10a UST 10a

set ' 98-gen' 01 -0.23 0.31gen' 01-giu' 03 0.75 0.93lug' 03-nov' 04 -0.10 0.64

Correlazione UST/DBR10a rispetto a:

L’analisi econometrica dell’andamento dello spread UST/Bund a 10 anni è complicata dal fatto che il campione dei dati sui quali è significativa l’analisi è ristretto, essendo vincolato dall’introduzione dell’euro nel gennaio ’99.

Dal 1999 ad oggi lo spread è stato correlato positivamente al differenziale d’inflazione USA/Euro e al differenziale di crescita delle due aree. Le nostre previsioni macroeconomiche mostrano nei prossimi due mesi un significativo aumento del differenziale d’inflazione US/Euro dovuto all’aumento dell’inflazione USA mentre con orizzonte più lungo il differenziale si chiude fino a diventare negativo nel secondo trimestre 2005. La correlazione è invece negativa con l’andamento del cambio (un apprezzamento dell’euro determina un allargamento dello spread UST/Bund). Questa correlazione è vera sia considerando sia i cambi effettivi dell’euro e del dollaro sia il cross Eur/Usd.

Il modello che stimiamo per prevedere lo spread utilizza invece del livello assoluto del cambio la variazione anno su anno del cross euro/dollaro, che offre una misura della velocità di apprezzamento/deprezzamento del cambio. Questa variabile è negativamente correlata con la dinamica dello spread poiché quanto più veloce è l’apprezzamento del cambio tanto più ciò genera aspettative di deprezzamento futuro e quindi lo spread tende a chiudersi. Significativo nella stima dello spread risulta anche il livello dei tassi ufficiali Fed e BCE.

La nostra previsione dell’euro è di un ulteriore apprezzamento a breve termine, mentre a medio termine (giu’05), il cambio ritorna verso 1.20. La stima del modello indica un allargamento del differenziale di rendimento da 45 pb in media di novembre ad un massimo di 57-60 pb in febbraio-aprile ’05; successivamente lo spread torna a scendere sotto 40 pb nell’estate ’05.

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26

-150

-100

-50

0

50

100

150

200

1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004

USDB10 DGP

0.8

0.9

1.0

1.1

1.2

1.3

1.4

-80

-40

0

40

80

120

160

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

USDB10 EUR

-.2

-.1

.0

.1

.2

.3

.4

-80

-40

0

40

80

120

160

1999 2000 2001 2002 2003 2004

Eur/Usd yoy 10Y UST/DBR

-40

-20

0

20

40

-80

-40

0

40

80

120

2000 2001 2002 2003 2004

Residual Actual Fitted

Consideriamo poi uno scenario di rischio per l’euro ipotizzando un apprezzamento fino a 1.35 nei primi mesi del ‘2005 e poi una discesa e stabilizzazione intorno a 1.24. Dato il legame che nel nostro modello ha la velocità di apprezzamento del cambio con lo spread, via aspettative razionali, le stime indicano un andamento dello spread analogo a quello dello scenario di base con un massimo più basso a 52-54 pb in feb-apr’05.

-80

-40

0

40

80

120

160

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

10Y UST/DBR actual10Y UST/DBR forecast base scenario eur/usd10Y UST/DBR forecast risk scenario eur/usd

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Mercati emergenti ben sostenuti, probabile una fase di range trading

I mercati emergenti rimangono ben sostenuti dal calo della volatilità, dalla buona performance dei mercati azionari e dal rientro dei rischi macroeconomici connessi al rincaro del petrolio. La compressione dei premi al rischio è continuata anche nella parte centrale del mese, portando lo spread dell’EMBIG sui treasuries a 370. Sopra la media la performance settimanale del Brasile, che beneficia anche della forza del cambio (sotto quota 2,80 dal 12 novembre). Forti anche altre divise emergenti, tanto che il blocco dei nuovi membri UE tende ad apprezzarsi anche sull’euro.

Lo scenario più probabile per il resto del 2004 rimane di range trading. Il mercato sembra aver trovato i punti di riferimento per i principali mercati; nell’attuale panorama di rendimenti stabili sulla curva UST, rimane l’incentivo per il carry trade e l’incasso dei premi al rischio. La principale minaccia a questo scenario positivo per il comparto può essere l’avvio di una fase di realizzi per consolidare la buona performance maturata quest’anno, prospettiva che dovrebbe impedire una rottura al rialzo del trading range e favorire prossime correzioni.

Spread EMBIG

350

400

450

500

550

600

1/1 1/3 1/5 1/7 1/9 1/11

Corporate bonds: ancora nessun cedimento

Anche il mercato dei corporate bonds rimarrà in trading range: in termini di inclinazione BBB-AAA, l’anno dovrebbe chiudersi su una quotazione non distante dai 70 bp, su supporti tecnici immutati. La qualità del credito rimane su ottimi livelli (il tasso di default speculative grade a livello globale per il mese di Ottobre è stato pari al 2.4%, contro il 2.3% di Settembre, ma le previsioni sono sempre per una diminuzione fino all’1.9% ad Aprile 2005). Le notizie positive sul comparto scontano possibilità di apprezzamento molto limitate, ma non ravvediamo, al contempo, rischi di allargamenti significativi neanche sul medio termine.

l principali rischi, su questo orizzonte temporale, riguardano:

- una ripresa delle attività di M&A (caso delle due maggiori utilities tedesche e di BT);

- una mutata politica di bilancio delle società, che negli ultimi anni ha visto una rigida politica di deleveraging ma che potrebbe invertire il suo corso con una maggiore attenzione per gli interessi degli azionisti, che si estrinseca sia nella distribuzione di dividendi ed operazioni di buy-back azionario (caso delle

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società del settore telecom), sia in una maggiore aggressività sul fronte degli investimenti.

Curva di credito e volatilità

40

90

140

190

240

mar

-03

mag

-03

lug-

03

set-0

3

nov-

03

gen-

04

mar

-04

mag

-04

lug-

04

set-0

4

nov-

04

10

20

30

40

50

60

70

BBB-AAA (asset sw ap spread, sc.sx)

Euro Stoxx 50, vol. impl. (MA 3d, sc.dx)

bp %

(Chiara Manenti)

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Differenziali storici dei rendimenti nominali e inclinazioni delle curve dei rendimenti (Var.%)

Italia-Germania 10 anni

0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

Germania

-0,1

0,1

0,3

0,5

0,7

0,9

1,1

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

5 - 2 10 - 5

USA

-0,35

0,15

0,65

1,15

1,65

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

5 - 2 10 - 5

Germania - Inclinazione 10-2 anni

-0,15

0,35

0,85

1,35

1,85

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

USA - Inclinazione 10-2 anni

-1,00

-0,50

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

2,50

3,00

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

USA-Germania 10 anni

-1,00

-0,50

0,00

0,50

1,00

1,50

2,00

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

Germania - Inclinazione 30-10 anni

0,00

0,25

0,50

0,75

1,00

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

USA - Inclinazione 30-10 anni

-0,50

0,00

0,50

1,00

01/99 09/99 05/00 01/01 09/01 05/02 01/03 09/03 05/04

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Tassi Reali*

* I tassi reali a 3 mesi sono calcolati come differenza tra Libor 3 mesi e tasso d'inflazione corrente; i tassi reali a 10 anni sono il differenziale tra rendimento dei titoli di stato benchmark a 10 anni e il tasso d'inflazione corrente.

Italia - 3 mesi

-1,0

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

Italia - 10 anni

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

7,0

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

Germania -3 mesi

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

Germania - 10 anni

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

USA - 3 mesi

-3,0

-2,0

-1,0

0,0

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

USA - 10 anni

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

4,0

4,5

5,0

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

Giappone - 3 mesi

-2,5

-2,0

-1,5

-1,0

-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

Giappone - 10 anni

-1,0

-0,5

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

01/97 01/98 01/99 01/00 01/01 01/02 01/03 01/04

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Mercato azionario – rally d’autunno

L’andamento dei mercati negli ultimi due mesi è stato generalmente positivo, con rialzi significativi su tutte le piazze europee e in USA: il Mibtel ha infatti guadagnato il 7.0%, facendo meglio dell’Eurostoxx (+5,7%), trainato dalle performances dei titoli telecoms, mentre oltreoceano il Nasdaq ha beneficiato dei buoni risultati del settore tecnologico, realizzando una crescita del 13,5%.

-1mese -1 anno inizio anno

BANKING 3,40 4,52 10,31

AUTO 6,3 1,4 -6,42

INSURANCE 2,7 10,2 7,74

TELECOMMUNICATIONS 6,7 20,0 2,08

CONSTRUCTION & PROPERTIES -2,8 17,7 -2,77

FOOD & DISTRIBUTION 2,0 5,6 5,64

MEDIA 3,6 -0,3 6,67

TEXTILE & LUXURY GOODS 2,0 9,3 -4,95

ENGINEERING & ELECTRONICS 8,9 -16,8 -0,56

PHARMACEUTICALS 3,3 1,8 -0,31

Italia: Comit Globale

Rispetto al mese di settembre, quasi tutti i mercati hanno registrato un incremento del rapporto Prezzo/Utili rettificati, che implica un apprezzamento più che proporzionale rispetto alla corrispondente revisione delle stime di EPS, che, ad eccezione del mercato tedesco, è stata sempre di segno positivo. Le uniche eccezioni nell’andamento dei P/E di mercato riguardano la Francia (rivisti al rialzo gli utili delle società del Cac 40 nell’ordine del 4,2%) e il Dow Jones, che rimangono pressoché allineati con i multipli dei due mesi precedenti.

Le stime di consensus per il periodo preso in considerazione recepiscono solo parzialmente le revisioni di consensus conseguenti i risultati del 3Q. Quest’ultimo ha fatto registrare, in Italia, sorprese positive per i settori Utilities ed Oil&Gas. Hanno invece visto sorprese di segno negativo i settori Capital Goods, Consumers Durable e Telecoms. Su quest’ultime per il mercato domestico il key driver è però rappresentato dal consolidamento dell’industry, con rumors di fusione TIM-Telecom Italia e Wind-Ebiscom che hanno condizionato l’andamento di borsa dei titoli interessati.

Anche in considerazione dei risultati del 3Q, i settori più interessanti ci sembrano l’Oil&Gas, che ha visto il P/E 2005 passare da 16x a 15x, nonostante una revisione nell’attesa di crescita media degli utili 2005/03 dal 2,4% di due mesi fa al 9,9%, e, in misura minore, le Utilities, più in alcuni casi specifici (in particolare le municipalizzate di Milano e Torino, ma anche Edison e Autostrade) che a livello complessivo di settore (revisione della crescita sul triennio, dal 4,7% al 5,7%, yield medio ancora superiore al mercato). Non positiva ci sembra invece l’evoluzione nel bimestre per i settori Capital Goods e Consumer Durable: a riguardo di quest’ultimo, nonostante il calo dei prezzi sia più accentuato che la revisione al ribasso delle stime sul 2004 e 2005, come risulta evidente dall’andamento dei P/E ratios (2004: da 12,4x a 11,8x; 2005 da 11,1x a 10,7x), riteniamo che ulteriori revisioni al ribasso possano conseguire ai risultati del 3Q, riequilibrando il prezzo per utili del settore.

Il contesto di riferimento

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Economia e Mercati Finanziari – 18 novembre 2004

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Mercato Italia - P/E adj. e dividend yield per settore

Sector Mkt cap P/E adj RE(*) Cagr Yield

16/11/04 2003 2004 2005 ‘03-‘05 2003 2004 2005

Banks 127.412 18,4 14,6 11,9 27,2% 2,82% 3,62% 4,35%

Diversified Financials 12.726 23,9 23,3 20,8 22,2% 2,41% 2,82% 3,16%

Real Estate 4.871 17,7 16,6 14,9 10,1% 2,86% 3,30% 3,63%

Insurance 58.028 22,7 18,1 16,0 19,2% 2,31% 2,72% 3,09%

Materials 8.769 11,1 10,7 10,2 5,7% 2,26% 2,41% 2,49%

Capital Goods 7.870 19,1 17,3 13,1 67,7% 2,86% 2,89% 3,17%

Transportation 14.955 24,0 18,9 17,4 17,4% 1,94% 2,18% 2,18%

Auto & Components 10.108 41,2 13,6 18,8 52,8% 0,84% 1,44% 2,21%

Consumer Durable 3.600 11,7 11,8 10,7 14,2% 2,35% 2,41% 2,68%

Apparel & Leisure 19.747 23,6 21,0 17,9 15,9% 2,28% 1,91% 1,86%

Retailing 369 NM NM NM NM 0,00% 0,00% 0,00%

Food & Beverage 1.886 4,8 3,7 3,1 24,3% 3,82% 2,22% 4,28%

Technological 21.178 34,4 23,0 18,0 38,1% 0,75% 1,00% 1,07%

Media 24.543 21,9 18,5 18,2 9,8% 7,11% 7,65% 2,98%

TLC 82.392 16,7 17,3 15,0 5,5% 4,46% 4,80% 4,97%

Utilities 68.090 18,0 16,3 16,1 5,7% 4,23% 6,09% 4,63%

Oil&Gas 78.532 13,3 11,3 11,0 9,9% 3,95% 4,09% 4,11%

Pharma & Biotech 2.401 20,5 15,2 19,8 21,8% 1,09% 1,16% 1,26%

Market 547.476 17,9 15,4 13,8 15,5% 3,37% 3,95% 3,83%

(*) RE = Recurring Earnings. Fonte: Dati JCF e elaborazioni Banca Caboto s.p.a.

Multipli Mercato

Country Stock Index P/E Earnings Growth (%) CAGR Long Term Growth(*) Equity vs Bond

2004 2005 2004 2005 2003-2005 I-(E/P) 04 K-(E/P) 04 (I/(E/P04)) (I/(E/P05))

Usa S&P500 17,7 16,1 20,6 10,1 15,2% -1,3% 1,8% 76,8% 69,8%

Nasdaq Composite 28,1 22,6 45,3 24,2 34,3% 0,8% 2,6% 121,8% 98,0%

DJ Ind. 16,9 15,7 14,8 7,3 11,0% -1,6% 0,6% 73,0% 68,0%

Euroland DJ Euro Stoxx 50 13,1 12,1 24,8 8,4 16,3% -3,4% 1,2% 54,9% 50,7%

DJ Euro Stoxx 14,0 12,5 33,3 12,0 22,2% -2,9% 1,2% 58,7% 52,4%

Germany Dax30 14,0 11,9 66,2 17,2 39,6% -3,0% 0,5% 57,8% 49,3%

Dax100 14,7 12,3 62,1 19,6 39,2% -2,7% 1,0% 60,8% 50,9%

France Cac40 12,8 11,6 29,0 10,3 19,2% -3,7% 0,8% 53,2% 48,3%

Sbf120 13,8 12,2 46,8 13,7 29,2% -3,1% 0,9% 57,5% 50,6%

Spain Ibex35 14,1 12,6 20,1 11,8 15,9% -2,9% 2,3% 58,7% 52,5%

Italy Mibtel 16,3 14,0 31,6 16,2 23,6% -1,8% 2,2% 70,5% 67,6%

Mib30 16,0 14,0 29,1 14,6 21,6% -1,9% 2,1% 69,2% 60,4%

(*) I = 10 years gvt. Bond; K = cost of equity. Fonte: Dati JCF e elaborazioni Banca Caboto s.p.a.

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Economia e Mercati Finanziari – 18 novembre 2004

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Revisione delle stime di utili

Utile 2004 rivisto da Utile 2005 rivisto da

31/12/2003 -2m 12/31/2003 -2m

S&P500 7,8% 0,6% 7,2% 0,9%

Nasdaq Composite 3,1% 0,0% 2,7% -1,1%

DJ Ind. 6,7% 1,0% 3,5% 0,4%

DJ Euro Stoxx 50 11,2% 3,5% 7,1% 2,4%

DJ Euro Stoxx 6,7% 2,4% 3,8% 1,4%

Dax30 1,6% -1,1% -0,7% -0,9%

Dax100 -0,7% -1,2% -0,6% -0,1%

Cac40 14,4% 4,2% 12,0% 3,6%

Sbf120 10,3% 3,6% 8,3% 2,5%

Ibex35 9,1% 3,4% 7,7% 2,2%

Mibtel 3,7% 1,8% 2,4% 1,8%

Mib30 5,3% 1,8% 3,4% 1,9%

Fonte: Dati JCF e elaborazioni Banca Caboto s.p.a.

INDICI Valore al Var. % dal Var. % Var. % Massimo dal Minimo dal

16/11/2004 30/12/03 settimanale mensile 30/12/03 30/12/03

U.S.A. (S&P Comp) 1.175,4 5,9 1,0 6,1 1.184,2 1.063,2

U.S.A. (Nasdaq) 2.078,6 3,4 1,7 8,7 2.153,8 1.752,5

R. UNITO (FT-100) 4.770,4 6,7 1,1 3,2 4.803,1 4.287,0

GERMANIA (Dax) 4.117,2 3,8 1,3 5,0 4.151,8 3.647,0

FRANCIA (Cac 40) 3.794,3 7,5 0,7 3,4 3.835,1 3.484,8

OLANDA (EOEI) 339,5 0,7 0,9 3,5 364,8 310,7

SVIZZERA (SMI) 5.653,6 3,0 1,4 5,4 5.934,4 5.309,7

GIAPPONE (Nikkei 225) 11.161,8 4,5 1,8 1,6 12.163,9 10.365,4

SPAGNA (Ibex 35) 8.458,2 9,3 -1,1 2,4 8.578,1 7.578,3

HONG KONG (Hang Seng) 13.746,1 9,7 1,7 5,3 13.932,2 10.967,7

SINGAPORE (Straits Times) 2.036,4 15,5 1,2 3,8 2.038,5 1.700,3

MALESIA (Kuala Lumpur Comp.) 882,3 11,3 0,7 3,6 909,0 781,1

KOREA (Kospi) 876,6 8,1 3,9 4,1 936,1 719,6

THAILANDIA (Set) 642,7 -15,9 1,5 -0,9 794,0 581,6

INDONESIA (Jakarta Comp.) 934,0 35,0 3,6 8,9 934,0 668,5

BRASILE (Bovespa) 23.772,0 6,9 2,4 1,7 24.349,0 17.604,0

ITALIA (BCI Globale) 1.396,48 11,1 0,5 4,1 1.403,7 1.239,5

AREA EURO (DJ Euro Stoxx) 259,7 7,1 0,5 3,6 262,1 233,3

Fonte: Thomson Datastream e Servizio Studi e Ricerche Banca Intesa

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Andamento delle principali borse mondiali

95

100

105

110

115

120

nov dic gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov

Italia Stati Uniti Regno Unito

20042003

90

95

100

105

110

115

120

125

nov dic gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov

Italia Svizzera Giappone

20042003

90

95

100

105

110

115

nov dic gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov

Italia Germania Olanda

2003 2004

95

100

105

110

115

120

nov dic gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov

Italia Francia Spagna

20042003

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Economia e Mercati Finanziari – 18 novembre 2004

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18/11/2004 Var.mens. dic '04 mar '05 giu '05 set '05 18/11/2004 Var.mens. dic '04 mar '05 giu '05 set '05

Refi rate 2,00 - 2,00 2,00 2,25 2,503m Euribor 2,18 +3 2,15 2,20 2,50 2,75 3m Euribor 2,18 +3 2,15 2,20 2,50 2,75

2 anni 2,40 -2 2,60 3,05 3,35 3,40 2 anni 2,40 +0 2,65 3,13 3,43 3,48

5 anni 3,07 -11 3,25 3,75 4,00 3,80 5 anni 3,05 -2 3,35 3,85 4,13 3,93

10 anni 3,75 -14 3,95 4,35 4,50 4,40 10 anni 3,90 -7 4,09 4,53 4,68 4,58

30 anni 4,42 -15 4,50 4,75 4,85 4,80 30 anni 4,64 -6 4,72 5,01 5,11 5,06

Spread 10-2a 135 -12 135 130 115 100 Spread 10-2a 150 -7 144 140 125 110

Spread 30-10a 67 -1 55 40 35 40 Spread 30-10a 74 +0 63 48 43 48

Spread 10-5a 68 -3 70 60 50 60 Spread 10-5a 85 -4 74 68 55 65

Spread USA-Germania Spread Italia-Germania2 anni 44 +34 57 48 33 8 2 anni -1 -1 5 8 8 8

5 anni 43 +28 48 39 35 44 5 anni -2 +0 10 10 13 13

10 anni 42 +23 50 41 36 25 10 anni 15 -0 14 18 18 18

30 anni 47 +15 56 52 42 37 30 anni 22 -0 22 26 26 26

18/11/2004 Var.mens. dic '04 mar '05 giu '05 set '05 18/11/2004 Var.mens. dic '04 mar '05 giu '05

Fed Funds 2,00 - 2,25 2,50 2,75 2,75 Base rate 4,75 - 4,75 5,00 5,25 5,25Libor 3m 2,33 +25 2,55 2,75 3,00 3,00 Libor 3m 4,88 -1 5,00 5,20 5,40 5,40

2 anni 2,82 +32 3,15 3,50 3,65 3,45 2 anni 4,54 -2 4,60 4,80 5,00 4,90

5 anni 3,47 +17 3,70 4,10 4,30 4,20 10 anni 4,66 -6 5,10 5,20 5,30 5,20

10 anni 4,13 +9 4,40 4,70 4,80 4,60

30 anni 4,84 -0 5,00 5,20 5,20 5,10 Spread 10-2a 11 -4 50 40 30 30

Spread Regno Unito-GermaniaSpread 10-2a 131 -23 125 120 115 115 2 anni 214 +0 200 175 165 150

Spread 30-10a 70 -9 60 50 40 50 10 anni 91 +7 90 90 100 110

Spread 10-5a 66 -8 70 60 50 40

18/11/2004 Var.mens. dic '04 mar '05 giu '05 set '05 18/11/2004 Var.mens. dic '04 mar '05 giu '05 set '05

ODR 0,10 - 0,10 0,10 0,10 0,10 EUR/USD 1,3046 +4,4% 1,3000 1,2000 1,2200 1,2400

Overnight 0,00 - 0,00 0,00 0,00 0,00 USD/JPY 104,07 -4,8% 103,00 101,00 99,00 100,00

Libor 3m 0,05 -0 0,05 0,10 0,10 0,10 GBP/USD 1,8566 +3,3% 1,8500 1,8200 1,7800 1,7600

JGB 2 anni 0,11 -2 0,25 0,45 0,60 0,60 EUR/CHF 1,5175 -1,4% 1,5300 1,5200 1,5100 1,5000

JGB 10 anni 1,44 -4 1,60 1,70 1,80 1,70 USD/CAD 1,1969 -4,7% 1,1800 1,1800 1,2000 1,2200

AUD/USD 0,7826 +12,6% 0,7500 0,7400 0,7400 0,7300

Spread 10-2a 133 -2 135 125 120 110 EUR/SEK 8,9865 -0,3% 9,0800 9,0500 9,0000 8,9000

Spread 10a-3m 139 -4 155 160 170 160 EUR/NOK 8,1177 -10,6% 8,2000 8,2500 8,2800 8,3000

EUR/JPY 135,76 -1,4% 133,90 121,20 120,78 124,00

Giappone Tassi di cambio

USA Regno Unito

Germania Italia

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STUDI E RICERCHE Responsabile Gregorio De Felice Gruppo di lavoro:

Luca Mezzomo

Macroeconomia Sergio Capaldi Giada Giani Gianluigi Mandruzzato Giovanna Mossetti

Reddito fisso Chiara Manenti

Mercati valutari Asmara Jamaleh

Mercati azionari Marco Pisanti Alessandro La Scalia Fabio Picardi

Database Management Simonetta Melotto

Nucleo Editoriale Sonia Papandrea Aldo Perego

La presente pubblicazione è stata redatta da Banca Intesa in nome e per conto di Banca Caboto s.p.a.*. Le informazioni qui contenute sono state ricavate da fonti ritenute da Banca Intesa e Banca Caboto s.p.a. affidabili, ma non sono necessariamente complete, e l’accuratezza delle stesse non può essere in alcun modo garantita. La presente pubblicazione viene a Voi fornita per meri fini di informazione ed illustrazione, ed a titolo meramente indicativo, non costituendo pertanto la stessa in alcun modo una proposta di conclusione di contratto o una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di qualsiasi strumento finanziario. Il documento può essere riprodotto in tutto o in parte solo citando il nome Banca Caboto s.p.a. La presente pubblicazione è destinata all’utilizzo e alla consultazione da parte della clientela professionale e commerciale del Gruppo Banca Intesa e di Banca Caboto s.p.a., ma non si propone di sostituire il giudizio personale dei soggetti ai quali si rivolge. Banca Intesa, Banca Caboto s.p.a. e le rispettive controllate e/o qualsiasi altro soggetto ad esse collegato hanno la facoltà di agire in base a/ovvero di servirsi di qualsiasi materiale sopra esposto e/o di qualsiasi informazione a cui tale materiale si ispira prima che lo stesso venga pubblicato e messo a disposizione della clientela. Banca Intesa, Banca Caboto s.p.a. e le rispettive controllate e/o qualsiasi altro soggetto ad esse collegato possono occasionalmente assumere posizioni lunghe o corte nei summenzionati prodotti finanziari. * Banca Caboto s.p.a. è parte del Gruppo Banca Intesa. Banca Intesa è regolata da FSA per l'attività nel Regno Unito ed è membro del LIFFE.