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Frattura Scomposta luglio-agosto 2013

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ARTISTI IN EVIDENZA Vanni Cuoghi Sergio Padovani Ciro Palladino SONO… SARANNO FAMOSI Alessandro Carnevale Andrea Giorgi Arianna Piazza Calogero Marrali Carlo Cofano Claudia Melegari Constantin Migliorini Daniele Aimasso Elisa Rescaldani Elisabetta Trevisan Ernesto Galizia Florian Weighardt Francesca Randi Francesco Paolicchi Giacomo Rossi Helbones Loredana Catania Marica Fasoli Massimo Capozzo Mascàpo Salvatore Tulipano Serge Gualini Simona Muzzeddu Stefano Cerioli Stefano Ronchi L'INFORMATORE ARTISTICO Aliens Bologna “Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera.” by Federica Fiumelli Palazzo Pirola dal degrado ad Aliens by Sergio Curtacci La mia biennale… scomposta by Vanni Cuoghi Fu una donna, Arianna, a dare a Teseo il filo per uscire dal labirinto ‐ Ilaria Margutti by Flavia Lanza the word of… Chiara Paderi by Jessica Capra Go through Damien Hirst by Irene Lasalvia

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EDITORE: sergio curtacci

CAPO REDATTORE: vania elettra tam

COLLABORATORI DI REDAZIONEMarco BesanaIsabella Elena AvanziniAndrea LacarpiaFederica FiumelliFulvio MartiniJessica CapraPietro Di LecceGiorgio BarassiAntonio DelluzioFlavia LanzaVanni Cuoghi

SI RINGRAZIA PER LA PREZIOSA COLLABORAZIONEPaola C. Manfredi StudioVia Marco Polo, 4 ‐ 20124MilanoTel . +39 02 87 23 80 04Fax + 39 02 87 23 80 14

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www.fratturascomposta.it

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luglio/agosto 2013

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ARTISTI IN EVIDENZA

Vanni CuoghiSergio PadovaniCiro Palladino

SONO… SARANNO FAMOSI

Alessandro CarnevaleAndrea GiorgiArianna PiazzaCalogero MarraliCarlo CofanoClaudia MelegariConstantin  MiglioriniDaniele AimassoElisa RescaldaniElisabetta TrevisanErnesto GaliziaFlorian WeighardtFrancesca RandiFrancesco PaolicchiGiacomo RossiHelbonesLoredana CataniaMarica FasoliMassimo Capozzo ‐MascàpoSalvatore TulipanoSerge GualiniSimona  MuzzedduStefano CerioliStefano Ronchi

L'INFORMATORE ARTISTICO

Aliens Bologna ‐ “Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera.” by Federica Fiumelli

Palazzo Pirola dal degrado ad Aliens  by Sergio Curtacci

La mia biennale… scomposta by Vanni Cuoghi

Fu una donna, Arianna, a dare a Teseo il filo per uscire dal labirinto ‐ Ilaria Margutti by Flavia Lanza

the word of… Chiara Paderi by Jessica Capra

Go through ‐ Damien Hirst by Irene Lasalvia

FRATTURA SCOMPOSTA luglio - agosto 2013INDICE

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vannicuoghiNato a Genova nel 1966 vive e lavora aMilano.

Si diploma in Decorazione Pittorica pressol' Istituto Statale d' Arte di Chiavari (Ge) ein Scenografia presso l'Accademia di BelleArti di Brera , Milano.Tra il 1989 e il 1992 lavora per alcuneriviste italiane come illustratore efrequenta l'Accademia Disney.Fino al 2002 decora e affresca interni edesterni di chiese e palazzi nobiliarireinterpretando gli stilemi della grandedecorazione barocca.

Tra le varie mostre pubbliche si ricordano:

nel 2004 Allarmi a cura di NormaMangione, Ivan Quaroni, AlessandroTrabucco, Irina Zucca Alessandrelli pressola Caserma De Cristoforis a Como, Sirene acura di Alessandro Trabucco, presso ilMuseo Galata del Mare a Genova.

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Nel 2006 viene invitato da MaurizioSciaccaluga ad Ars in Fabula presso ilPalazzo Pretorio di Certaldo (Fi). E'finalista del Premio Celeste al MuseoMarino Marini di Firenze.

L'anno successivo è finalista del PremioCairo ,al Palazzo della Permanente diMilano e del Premio Fabbri allaFondazione del Monte di Bologna.Partecipa alla mostra Arte Italiana 1968‐2007 Pittura a cura di Vittorio Sgarbi eviene inserito da Ivan Quaroni nel libroLaboratorio Italia edito da Johan & Levi.Un suo dipinto viene scelto come logo perrappresentare le manifestazioni estive delComune di Milano.

Nel 2008 affresca l'intera facciata dellaChiesa di Santa Caterina da Genova con lestorie della vita della Santa, partecipa allaquarta edizione di Allarmi a Como.Espone a Frieze Art Fair a Londra.E' presente alla Biennale di SanPietroburgo (Russia) nella sezione curatada Enzo Fornaro ed espone in Cina nellamostra Pechino 2008‐ Artathlos a cura diPiero Addis presso l'Haidian ExibitionCenter . A Shangai espone nella mostracollettiva Maestri di Brera presso il LiuHaisu Museum.

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Partecipa nel 2009 con il gruppo Italian Newbrow acura di Ivan Quaroni alla quarta Biennale di Praga(Repubblica Ceca) e alla Biennale Giovani nelSerrone della Villa Reale di Monza. Il comune diComo sceglie delle immagini dei suoi lavori perpubblicizzare la manifestazione ES‐CO.

Nel 2010 è invitato da Mimmo Di Marzio alla mostraEx Novo presso la sede della Banca Akros a Milano eun suo dipinto viene stampato su un'edizionelimitata di borse prodotte da Henry Cotton's inoccasione della Vogue Fashion's Night Out.Partecipa alla mostra Attention! Border Crossingpresso il Museo d'Arte Contemporanea di Permm(Russia).

E' inserito nel 2011 nel libro scritto da Ivan QuaroniItalian Newbrow pubblicato da Giancarlo PolitiEditore, espone inoltre nella mostra Nuovo ProfiloItaliano, presso lo stand della galleria Area B a ScopeArt Fair di NewYork.E' tra I finalisti del Premio Maretti al museo Pecci diPrato.In occasione del Salone del Mobile, presso la galleriaBianconi di Milano, presenta dodici piatti in maiolicadecorati presso la bottega Gatti di Faenza. Unprogetto a quattro mani che vede l'intervento dellochef Davide Oldani.

Partecipa alla 54 Esposizione Internazionale d'Artedella Biennale di Venezia presso il Padiglione Italiaalle Corderie dell'Arsenale invitato da Matteo RamonArevalos a cura di Vittorio Sgarbi.Nella chiesa di San Pietro in Atrio e in Pinacoteca aComo tiene la mostra pubblica "Novus MalleusMaleficarum ".

Sempre in Pinacoteca , nel febbraio 2012 , esponecon tutto il gruppo Italian Newbrow, in una mostracurata da Ivan Quaroni.Realizza otto grandi tavole per la nave da crocieraCosta Fascinosa e un servizio di sedici piatti da paratain maiolica in collaborazione con la bottega Gatti diFaenza.E' invitato da Luca Beatrice a partecipare alla mostra"Popism" 63 edizione del Premio Michetti aFrancavilla Al Mare.

A luglio partecipa con il gruppo Italian Newbrow aduna mostra pubblica al Fortino di Forte Dei Marmicurata da Ivan Quaroni, che lo invita a parteciparealla Biennale Italia ‐ Cina alla Villa Reale di Monza.

A novembre partecipa alla mostra "Homo Faber" alCastello Sforzesco di Milano invitato da Mimmo DiMarzio.Nel 2013 è inserito da Claudio Borghi Aquilini nellibro "Investire in Arte " edito da Sperling & Kuupfer.

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sergio padovani

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SERGIO PADOVANI : ILLUMINATION DI UN CUOREDI TENEBRA.

Di Viviana Siviero

La tradizione che associa il lato oscuro al male, haportato non pochi problemi a qualunque esserenato del colore dell’ombra, dal gatto al pipistrello.L’epoca moderna e l’avvento della magrezza adogni costo hanno un poco riabilitato questamodulazione dello spettro, divenendo sinonimo dieleganza basica. Ma al di là di tutto ciò che ipreconcetti posso insinuare, non è detto che uncuore di tenebra sottintenda paurosi segreti,anche se la sua esperienza gli fa sfruttare il tabùper smascherarlo. Sergio Padovani convoca unariunione di personaggi che costituiscono un’operaal nero e li pone forzatamente sotto i riflettori,per mostrare al mondo quella diversità chespaventa.Per sua stessa ammissione i suoi personaggi nonsono figli, ma rappresentano semmai mille voltese stessi: la chiave della sua ricerca artistica – chesgorga dall’interiorità personale e dalleesperienze inconsce più che dal pensierorazionale e ragionato – è l’empatia.

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Personaggi musicali loro malgrado,impossibilitati a camuffare i proprigusti e le proprie mostruosità, se nonammantandole di un’oscuritàprotettiva. Sono costretti dal lorocreatore benevolo ad esserecoraggiosi per poter realizzare i lorodesideri di felicità, invitati a danzare alcentro di un’arena definita dal telaiodell’opera, che decide di volta in voltaquale sia la realtà altra da giudicare.Le opere di Sergio Padovani sonopopolate di esseri che ad una primaimpressione spaventano per la lorodiversità, ma che ad una più attentaanalisi sembrano piuttosto desiderosidi protezione.Anche il loro modo di esprimersi liallontana dall’omologazione che rendeinvisibili, sogno anelato: la loro voce sipalesa ad ogni pennellata come unsussurro ectoplasmico che si esprimecon un lessico gotico che lo spettatoresembra ritrovare nei titoli:«l’Apocalisse ti dona»,« Il tuo silenzioè una voragine illuminata»,

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«il tuo corpo è dolce vilipendio» complimentidesueti, tentativi di seduzione sinceri e privi dicattiveria, o anche «Brucio all’inferno, anzi novivo»,«nessuna resurrezione per i bambinicattivi», parole emesse con un sorriso bonario enon col ghigno con cui una società delusa edimmersa nei preconcetti li immaginerebbe.I personaggi di Padovani, stanno subendol’evoluzione: l’opera di rassicurazione violentamessa in atto nel tempo dal’abile pennello delpittore sembra averli resi più forti nelsopportare la luce. Quello che sembranocompiere è un cammino che li porteràlentamente all’emancipazione da quel buio checela, primo passo per una reale evoluzionesociale.Per questo la produzione di Padovani sembrasubire una sorta di “deriva bianca”, che nontoglie valore all’oscuro ma semmai loimpreziosisce, mostrandolo ancor più brillantecome avviene per qualunque danza di opposti,capaci ad esaltarsi vicendevolmente «Questalingua sarà dell’anima per l’anima, riassumeràtutto: profumi, suoni, colori; pensiero cheuncina il pensiero e che tira». (Arthur Rimbaud,Lettera del veggente 18).

Occhi bianchi e stralunati come uova sode pronte peressere mangiate, divengono portali per accedere adun mondo di interiorità sofferente, che ha rinunciatoal desiderio di accettazione in senso canonico eproprio per questo si è trovato a camminare sullastrada giusta. Non è più il smania accecante dinormalità a guidare le figure; l’emotività rabbiosa,che è responsabile dell’errare necessitava di copiosequantità di grigio di payne per nutrirsi e proteggersi:al suo posto, una calma estatica.L’esito dei personaggi non dipende dal risultato: èproprio l’infrangersi delle illusioni a proteggere lestanche ossa del viaggiatore che solo con questalucidamente potrà conquistare la meta. La ricercache l’artista opera attraverso i corpi di tutti quei sestessi che vengono messi in scena, porta ad unaconfessione pubblica e totale che non può piùnascondersi in nessun luogo protetto: è il momentocruciale in cuisarà possibile dimostrare la realtà raggiunta senzaespedienti o scorciatoie. E così anche le vocitaceranno non avendo più bisogno di sibiligiustificativi; l’autodafé del pittore si compie in puntadi pennello sostituendo l’oscurità con la luce,invertendo gli opposti in nome di un atto di fedeormai maturo.

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Padovani imprigiona volutamente nella suainquadratura personaggi dichiaratamentemortali, seppure inquietanti, che invece diutilizzare il potere eternante dell’opera d’arte,se ne avvalgono per rimarcare la propriacomponente effimera e caduca, equiparandosia qualunque essere umano. Padovani eternizzaper loro l’istante supremo del desiderio difelicità a monito costante e comune, lasciandofuori dai limiti dell’intelaiatura tutta la storiache lo spettatore può solo immaginaremuovendosi in un’oscurità memo manifestama non per questo più facile: un mezzo cheall’artista serve per raccontare questa“rivoluzione di sentimenti” in atto in undialogo serrato fra bianco e bitume. Il primointeso come spazio che assorbe e divoradivenendo carne – quindi personaggioanch’esso – e contemporaneamente sfondo. Ilsecondo spalanca l’uscio della voraginesoggettiva generando l’unica possibilità diintuizione per coloro che si trovano a viverlopiù che a subirlo. Una vera e propria“illumination” portata a compimento da unsincero cuore di tenebra.

Testo monografico a cura di Viviana Siviero e pubblicato su Espoarte #72 (www.espoarte.net)Agosto/settembre 2011)

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ciro palladino

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Ciro Palladino nato nel 1952 a Torre Del Greco dove vive elavora alle falde del Vesuvio.Diplomatosi presso l'Istituto d'arte di Torre del Greco sottola guida del maestro Renato Barisani.Ha frequentato per qualche anno il corso di scenografia delProf. Stefanucci presso l'Accademia di Bellearti di Napoli.

Lasciata poi l'Accademia per oltre dieci annicontemporaneamente alla ricerca pittorica ha operato nelcampo del design contemporaneo e dell’archittettura.Già da giovanissimo si muove nell'ambito dell'anacronismoper poi approdare, nel corso degli anni, ad una personaledimensione pittorica che lo vede indagare un mondo dagliaspetti misteriosi ed enigmatici. Un mondo di sensibilitàsotterranee, dove ogni emozione anche quella piùnascosta è capace di risvegliare suggestioni complesse... unviaggio dell'uomo nel profondo della sua stessa esisenza.

un'indagine scrupolosa e severa in un labirinto di segni epresenze (uomo‐donna), alla ricerca dell "io sono l'altrocome anime perdute nel più nero del nero...

«… il nero della tela, privo di confini siespande indolente catturando tutto ciò che simuove e lo circonda, creando indefinibiliesodi dove, nella solitudine e smarrimento,silenziosamente quasi d’incanto arriva l’esododell’ombra!

Perdersi nella pittura e nella materia,meravigliarsi nella sensazione di sentire ilsegno come ferita sulla pelle…Un labirinto di tracce e presenze alla ricercadell’ IO SONO L’ALTRO come anima perdutanel nero più nero.

Una profonda ricognizione di un mondosommerso e fluttuante tra silenzi e memorie asud dell’anima.Una indagine severa e scrupolosa in territoridi confine cercando il respiro del PRIMOSANTO.»

Ciro Palladino

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SONO… SARANNO FAMOSI

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alessandro carnevale

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La civiltà dell’acciaio è morta, sepolta, implosa sotto il peso delle sue fonderie, delle sue cokerie, delle sue trafilerie,delle sue macchine costruttrici di macchine, dei suoi torni tornitori di torni. Sotto la coltre delle sue ruggini ora giacel’età degli uomini edificatori di mondi sospesi sui bilioni di bilioni di tonnellate di travi che hanno forgiato,imbullonato, saldato. Lo hanno fatto con mani di inumana forza, brandite come badili della volontà, come armi delriscatto, lo hanno fatto nella certezza di poter reggere sulle proprie spalle il peso di quell’acciaio e, dunque, il pesodel mondo. Lo hanno fatto nella convinzione che il loro mondo avrebbe retto l’equilibrio dell’universo intero.Ora quella civiltà e i suoi uomini giacciono in una tomba a cielo aperto grande come il mondo intero.E nulla ancora è venuto a coprire quelle immani spoglie, nulla di così potente e smagliante da cancellarne le orme,soffocarne gli spiriti fossili. Spiriti di una tale, inaudita energia da conservare ancora una luminescenza, persistente epulsante e oscura. Luce nera di una stella nera. Che c’è, ha la sua lunghezza d’onda, il suo posto nello spettro dellefrequenze, ma ormai forse solo i cani sono ancora capaci di vederla e sentirla.

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I cani e certi umani che hanno la facoltà, non imparata ma nascente, credo, di saper guardare di sghimbescio, percerte particolari angolature da dove si può percepire il suo frangersi e scomporsi in visibile.Dico questo perché magari non ci capirò un cazzo di arti plastiche, ma guardando ciò che ha fatto Alessandro, hovisto con stupefatta meraviglia quello che pensavo in onestà non fosse più visibile a uno sguardo che non fosse il mioe dei cani che mi hanno accompagnato a ramingare, a frugare nelle ruggini delle macerie dell’ILVA in cerca delle manidi mio padre, dell’orgoglio suo e dei suoi compagni, in cerca della grandezza defunta della modernità. Allora hotrovato quello che quest’uomo ha portato via con sé da altre e identiche cave di maceria, venendo da tutt’altra parteda dove venivo io, venendo dall’epoca nuova, della nuovissima contemporaneità immemore. E mi chiedo se sapràmai che ciò che ha fatto è prima di ogni altra cosa atto di giustizia.

Maurizio Maggiani

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andrea giorgi

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Nell’epoca del microchip, nel secolo della velocità, lostrumento tecnologico diventa protesi extraorganicaindispensabile. Lo strumento tecnologico è foglio daschizzo e penna, tavolozza di sintetici colori, ilpennello e la tela con cui Andrea Giorgi concretizza lasua altra realtà: l’alterrealtà.

Corpi umani svestiti dei dettagli, della propria realericonducibilità: non hanno nome, età, o etnia.Due uniche categorie, due veri e propri generiseparano e distinguono l’essere umano: egli è uomo,ella è donna. In spazi inesistenti, circostanze nulle eatemporali, in sfondi neutri che conquistano il proprioesistere solo nel loro riflettere gli esseri che ospitano;uomo e donna semplicemente “stanno”, ciascunodetenuto nella propria individuale “Gabbia mentale”.L’essere femminile è forma angelica costantementeprevaricata dalla propria natura diabolica; in essa sifondono inique proporzioni del male e del bene.L’uomo invece, lotta, anche quando è solo. Combattecontro il suo stesso essere uomo, “Così grande e cosìpiccolo” allo stesso tempo. Egli gioca una partita ascacchi con la sua morte, l’essere il solo superstite efaalfiere, o ancora re, ma senza regno e senza

esercito.

Leggendo l’opera di Andrea Giorgi, osservando leimmagini e gustando i riflessi, si ha la sensazione dispiare in un privato contenitore mentale, o meglioancora, di sfogliare pagine del suo vissuto.

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Egli mette a nudo le sue modalitàvisive e percettive; le esorcizzarendendole tangibili, veste di bellezzasignificati corrotti per poterli affrontarein un faccia a faccia e per poi ripudiarli.Ma l’opera vera e propria deve ancoracompiersi; come un’entità parassita, ilconfronto nato dall’io e dal super‐iodell’artista, per cominciare la sua vitain autonomia, deve avvalersi di unterzo componente: lo spettatore.Noi osservatori e partecipanti, attrattidai mostri addolciti con il truccodell’arte, cadiamo vittime di un doppioinganno: quello dell’opera e quelloancor più macchinoso del suo creatore.Affascinati e sedotti dalla luminosità edall’equilibrio, il racconto pittorico ciattira a sé, privati di scudo eprotezioni, ed è allora, che come unarivelazione ottica, appare la veranatura del mostro mentale. Al pari diun meccanismo a scatto senza fine,anche lo spettatore finisce prigionieronella propria “Gabbia mentale”,mentre Andrea Giorgi fiero ci osserva eingoia la virtuale chiave.

(Estratto dal testo di Laura Coppa)

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Andrea Giorgi, classe 74, lavora dadieci anni come interior yachtdesigner presso il cantiere navale Isadi Ancona, è appassionato diarchitettura, grafica, design e dal2008 ha deciso di dedicare il suotempo libero alla passione per l’artecontemporanea.

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arianna piazza

Arianna Piazza nata nel 1983, vive e lavora traBassano del Grappa (VI) e Venezia. Nel 2012 èassegnataria di uno dei dodici studi d'artista dellaFondazione Bevilacqua La Masa conclusosi conun'esposizione collettiva curata da RacheleD'Osualdo e Angela Vettese negli spazi dellaFondazione stessa. Nello stesso anno hapartecipato al workshop "Pensa con le tueginocchia" curato da Mario Airò, Diego Perrone eStefano Dugnani presso la Fondazione SpinolaBanna di Poirino (TO).Ha partecipato a diverseesposizioni sia in gallerie private che in spazipubblici, come nel 2011 "Elementi" curata daBeatrice Buscaroli presso la Galleria Libra diCatania. E'stata inoltre finalista a numerosiconcorsi come il Premio Celeste nel 2009 e ilPremio Co.Co.Co di Como nel 2011.Il lavoro diPiazza affronta tematiche personali, per certiversi autobiografiche, affrontando spesso ladeformazione fisica intesa come deformazionementale, la sua ricerca abbraccia il disegno,l'installazione e la fotografia.

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calogero marrali

Nato a LICATA (AG) il 24/02/1967, vivo e lavoro a TORINO . Hoesordito agli inizi degli anni novanta con una serie di dipintiastratti materici, per poi proseguire la mia ricerca artisticache mi portava a sperimentare i materiali più diversi, comesabbie, semi, silicone e anche elementi deperibili che usavoper rivestire accessori e capi d’abbigliamento riciclati. Era ilperiodo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, nascevanocosì le installazioni e i lavori oggettuali . (mia prerogativa è lade contestualizzazione: ogni oggetto anche banale e di usocomune è rielaborato e trasformato nell’aspetto estetico sinoad assumere nuova identità e personalità.)La continua sperimentazione artistica e la nascita dei mieifigli, mi porta agli inizi del 2003 a realizzare le mie primeopere”POP”, pitture e sculture ispirate ai cartoni animati, aifumetti e all’illustrazione infantile, dove il colore, l’ironia e lafantasia sono i principali ingredienti delle mie ludiche opereche a volte sconfinano in tematiche sessuali sempreaffrontate con particolare allegria e mai volgari, che non sipuò che non sorridere guardandole.Ho partecipato a numerose mostre e concorsi sia in Italia siaall’estero, mi occupo anche di computer‐ grafica e di mail ‐art.

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Espone dal 1990, in Italia e all’estero, con mostre personali (Mediateca Provinciale, Matera; Galleria del Teatro, Roma;Galleria Blu, Torino; Istituto Italiano di Cultura, London (England); Convento di Sant’Anna, Lecce; Galleria My Art, Torino;Palazzo Comunale, Potenza) e collettive (E‐lite studiogallery, Lecce; Biblioteca Provinciale, Potenza; Agorà Art Gallery,New York (USA); Palazzo delle Aquile, Palermo; Primo Piano LivinGallery, Lecce; Biennale Internazionale Nojarte,Noicattaro (Ba); Galleria Formaquattro, Bari).

carlo cofano

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Realismo Magico di matrice letterariasudamericana. La pittura di Carlo Cofanodescrive la realtà come un campod’improvvise epifanie, un luogo chepotenzialmente può aprirsi alla rivelazione dinuovi mondi attraverso squarci luministici eaccensioni cromatiche. Oggetto dei suoidipinti sono scenari naturali o spaccatiurbani, spesso popolati da presenze sottili edesseri ultradimensionali che suggerisconol’esistenza di una realtà parallela, celata tra lepieghe del vissuto quotidiano. Cofanopredilige ambientazioni notturne e silentipaesaggi metafisici per inscenare il raccontodi una rivelazione interiore. Il suo è unviaggio metafisico (e pittorico) che siconfigura come un processo di progressivailluminazione. Processo in cui l’artista parteda uno scuro fondo acrilico, metaforadell’informe e dell’indifferenziato, perscolpire, attraverso la luce iridescentedell’olio, forme e figure di chiara evidenza. Èun modus operandi che ricalca il percorso diaffinamento della coscienza individuale, inuna sorta di crescendo emotivo eimmaginifico che affonda le radici nellasensibilità artistica del Mediterraneo.

Ivan Quaroni

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claudia melegari

“Soffro i segni di un'infanzia gelata,grava sulla mia sceltatè o cioccolata?”

Sono nata nel 1977. Vivo e lavoro inprovincia di Mantova. Diploma diLaurea in Pittura presso l'Accademiadelle Belle Arti di Brera.Le mie opere nascono da una ricercapersonale di varie tecniche emateriali, sono l'espressione diemozioni, un'arte del vuoto chenasce in assenza di premeditazioni.Sono ritratti dell'istante, una sorta dimomentanea fusione con il concreto.La presenza stessa trasferita su unsupporto. La velocità d'esecuzionemi dà la possibilità di non cambiarevolontariamente ciò che si forma inquel momento. Mi sposto dalfigurativo all'astratto senzapercorrere uno stile definitivo. Nonstabilisco confini ma percepiscosfumature.

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constantin migliorini

Nato a Poggibonsi (Siena) nel 1974.Diplomato nel 1993 all’Istituto d’Arte diSiena in decorazione pittorica. Iscrittoall'Accademia di Belle Arti di Firenze,frequenta nel 1996 il terzo anno dicorso presso la Facoltà di Belle Arti diSiviglia in Spagna grazie alla borsa distudio europea Erasmus. Diplomato inPittura nel 1999 all’Accademia di BelleArti di Firenze. Nel 2000 con la borsa distudio Progetto Leonardo frequenta uncorso di perfezionamento a Granada,Spagna. Ha in attivo diverse esposizionipersonali e collettive in Italia eall’estero. Attualmente insegnadiscipline pittoriche al Liceo Artistico diVarese.

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cioè la società, schiavizzata dalle proprie abitudini.Constantin Migliorini ha dato vita al proprio realismopersonale, dopo aver trovato in un cassetto un plico divecchi disegni da lui realizzati quando era ragazzo: dopoessere state ricalcate su carta trasparente, quelle figurettemetamorfiche, mosse quasi da volontà propria, pareabbiano cominciato ad “aggredire” i corpi fluidi dipintidall’artista, scrivendo sulle carni storie di tempo senzatempo, in una mescola selvaggia ed intuitiva come unadanza tribale.

Tra realtà e inconscio

Uomini, donne, ragazze, corpi, nient’altro che corpi.Luoghi meravigliosi ed infiniti che sono comuni a tutti:soddisfatti o no, non si può negare di possederne unoche ci accompagnerà fino alla fine dei nostri giorni.Libri dalle pagine candide, ampie schiene su cui ilmondo, come un artista virtuoso, depone le proprieesperienze come fossero granelli di polvere su di unmobile. Constantin Migliorini ha scelto la pitturacome mezzo ed il corpo umano come forma.Constantin Migliorini vive il corpo come una sorta diinvolucro limitante, di cui accentua la fisicitàattraverso una pittura spessa, ricca di stratificazioni dialtri materiali: olio ed acrilico con interventi di pennae pennarello su acetato che trasformano il corpo, inuna sorta di grande pista da ballo per un turbinio disegni.Proprio ciò che l’artista considera limite dell’uomo,diviene sua caratteristica irrinunciabile e la pelle sitrasforma in una specie di diario, le cui paginenecessitano di una nudità su cui sia possibile“scrivere” una storia dove i disegni sostituiscano leparole. Corpi magnificamente dipinti nei toni lividi delsogno notturno, fioriscono dal fantasticheggiare delsuo creatore.Le figure si rivolgono ad una realtà più fisica maanche ad una dimensione psichica ed inconscia, in cuiil dipinto diviene un’ ipotesi per capire e spiegare lamateria di cui è fatto l’uomo; una sorta di indagine apartire da se stessi, per giungere all’analisi del branco,

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Una magnificaesplorazione dell’uomo apartire dal corpo,attraverso un mediumantico, la pittura, chenon è facile prendere ingiro e che in pochi hannoil coraggio di affrontareper non scadere nelbanale. Constantin sfidatutti questi aspetti,riuscendo a far si che lospettatore alla fine delpercorso, si riappropridella dignità del proprioessere fisico (limiti emeraviglie compresi)contribuendo in modosottile ma sferzante asabotare quell’immaginedi corpo per sempregiovane e bello, unostandard di perfezioneche dimostra proprio lafragilità dell’uomo etutto il suo abisso dipaure.

Viviana Siviero

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daniele aimasso

La noia della monotona vita della cittadina diprovincia e la curiosità verso le tematichedell’infinito, dello spazio e del ruolo effettivoche l’uomo copre all’interno di esso spingonoDaniele Aimasso (18 gennaio 1986) aelaborare su carta le proprie suggestioni e ivaghi ricordi dei propri sogni, il tuttoaccompagnato da una ricerca costante diraffinatura della tecnica di disegno. Durantegli studi all’Accademia di Brera (in cui si èdiplomato in grafica d’arte nel 2010)approfondisce il tema della fantascienza e delsogno come realtà interiore vera e propria.Successivamente si unisce al gruppoA.N.S.I.A. con il quale tuttora espone e siconfronta.

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elisa rescaldaniChi sono ? Bella domanda... Temo che nessunosappia veramente rispondervi. Sono un essereumano, un ossimoro vivente, un mistero: cometutti, d'altra parte Sono nata a Milano nel 1981,durante un temporale. A volte penso di viverein tempo sbagliato, decadente e privo di spirito.Superficiale, questa è la parola giusta.Un'epoca di bambini che non vogliono crescere,perchè impauriti da ciò che ci rende umani, laconsapevolezza del dolore, del cambiamento edella morte. Io al contrario, la considero comecomponenti essenziali della vita, come leombre che fanno risaltare la luce.Perchè, magari sono cresciuta in una famigliasbagliata, dove un padre non voleva unafemmina ma bensì un maschio e mi hacresciuta come tale, facendomi sentireinadeguata, ma con una madre amorevole edisponibile.Dovrei essere incazzata, ma adesso, che li hopersi quasi tutti, provo più solitudine cherancore.O perchè ho lavorato in obitorio per potermiripagare gli studi all'Accademia. Vi pare strano ?Eppure il silenzio dei morti è pieno di storie:siamo noi a non volerle ascoltare.

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Non sono gotico, no. L'ossessione gotica per lamorte, quando non è un modo di apparire, è unpunto di arrivo.Io sono barocca, il mio habitat non è un tenebrosocastello, ma una di quelle chiese del SeicentoRomano, dove tutto è gioco e luce.Perchè per me la Morte è un punto di partenza, perscoprire la pienezza della vita.La futilità di ciò che definiamo importante e laterribile serietà di ciò cui non diamo peso, le angoscee i sogni.Perchè la Morte è un bisturi per sezionare la nostraanima, uno specchio per guardare in noi stessi. Iosono gioiosa, a modo mio. Sono nel Mondo, ma nondel Mondo Poi, questa tempo è così mediocre ? Asuo modo, mi ha dato la possibilità di esprimere lemie visioni. Senza il computer, il primo me lo hannoregalato a 17 anni, forse avrei avuto meno possibilitàdi esprimere me stessa.E mi ha dato la possibilità di tornare a essereun'artista, con le mostre e collettive Perchè forse ilMondo, anche se fa fint adi non ascoltarmi, dentro disè sa che ciò che dico è vero. Che ha ragione FridaKaho "L'angoscia e il dolore. Il piacere e la morte nonsono nient'altro che un processo per esistere.”Ed io sono desiderosa di avere un'esistenza vera...Sono una contraddizione, certo.Sono ironica, cruda, sensibile, esplicita e a voltesfacciata...Ma sono Io. Sono Elisa

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elisabetta trevisan Sono nata in Altoadige, dove la natura è importante ,abitata eprotetta, celebrata sulle facciate di case e fienili. Tra ghirlande difrutta e grano si raccontano le leggende dei Monti Pallidi, delRosengarten, di mitiche creature non algide e lontane, ma quasiparenti stretti un “lessico familiare” che non smette di influire sulmio operato.

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Disegno direttamente con lematite colorate sulla faesite,accogliente superfice liscia chemi permette la sensazione dellacarta senza averne la fragilitàed intervengo con le tempere,in vari strati successivi,sviluppando l’idea iniziale

disegnata.Conosco la tempera fin dabambina, quando guardavo miopadre inventare storiefantastiche sotto i miei occhi,ancora non parlavo madesideravo quell'arcobaleno inscatole di tubetti misteriosi ematite irraggiungibili. Con glistessi colori oggi costruisco lemie storie delle quali non miinteressa la mimesi fotografica,la superficie, bensì le luci, iprofumi, l’essenza.Per costruire le mie storie miispiro al 400, alle grisaglie,faccio man bassa di simboli,pescati magari in una naturamorta fiamminga o nella cornicedi un libro d ‘ore.

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Mi piace piegare allenecessità del racconto,antichi miti, leggende,simboli sacri o profani. Lemie figure non sono mairitratti di un'unica persona,ma la rappresentazione diuno stato, di un sentimento,come per gli oggetti o lescene bucoliche. Tuttodiventa simbolo, allegoria: lalucertola in agguato, a voltepreda a volte predatore, ilvolo basso ed irragionevoledel bombo, la chiocciola adecorare un ramo, piccolimondi variopinti ,teatrinirecitanti lo scorrere deltempo, un tempo naturale,consolatorio perchécircolare, con le ore e lestagioni, sempre uguale masempre sorprendentementediverso.

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Figlio d’Arte, ha frequentato il LiceoArtistico di Bari e successivamente lafacoltà di Architettura e Urbanistica diRoma.Favorito anche dall’ambiente in cui havissuto, ha sperimentato varie tecnichedi rappresentazione, dal disegno amatita, all’acquarello, all’olio allascultura, per poi prediligere, per lungotempo, i colori acrilici puri per la lorovivacità , sinteticità e velocità d’uso..

ernesto galizia

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L’arte, l’architettura e l’urbanisticahanno ruotato intorno a esperienzestrettamente legate tra di loro sulpiano della percezione visiva.

Egli ha condotto ricerche sullacomposizione e scomposizionedell’immagine al fine di analizzarne eindividuarne la struttura, il tipo perpoi rappresentarlo nella sua realtàimmaginaria.

Quindi la ricerca artistica hariguardato, per anni, i temi relativi allavisione della città e del territorio infunzione fantastica e onirica.

Ha catturato sensazioni attraverso"astrazioni urbane" indagandoprofondamente su quella magicaenergia che scaturisce dal disegnodella città vista dall’alto come dalbasso.

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“ Volge lo sguardo ai corpi collettivi,alle città e alle sue inquietudini,l’artista romano Ernesto Galizia. Il suoastrattismo mira a “un processo dichiarificazione del reale, unprocedimento seriale, mai meraripetizione, che in work in progressscava e rileva le profonde radici dellacittà, avendo sempre come unicoobiettivo quello di trovare, magari solodentro la mente, la città ideale doveveramente sia possibile non solosopravvivere, ma vivere bene. Inquesto processo che non parte mai daplanimetrie urbane reali, le città chesono state viste come New York o LosAngeles, vengono rielaborate esuperate. In “New Town”, la cittàappare come una gigantesca piovrache abbraccia tutto e che a sua volta sifa abbracciare dall’acqua, l’elementofondamentale per una città, primarioper la vita”. ( estratto dal testo criticodi P. Cento, Personale di Ernesto Galizia‐ Astrazioni Urbane, Roma 2004).

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Nel 2003 si avvicina al mondo delDigitalismo e più precisamente dellaDigital Painting, si rende subito conto cheil mezzo elettronico è in grado di dare unaspinta propulsiva al suo concetto dispazialità espressionista attraverso lacreazione di opere di astrazione pittoricaelaborate in funzione digitale.Comincia così una sorta di lungo raccontodel proprio pensiero visivo che acquista,nel tempo, aspetti straordinariamentesempre più flessibili, capaci di spaziare,senza limiti apparenti, in aree vastissime,amplificando a dismisura l'areadell'invenzione e della creatività, che èquella entro la quale nasce l'operad'arte.E’ così che le tecnologie digitali hannodato all’artista, Ernesto Galizia quelpotenziale innovativo che ha prodottoquel mutamento che di fatto hannomodificato non solo il mezzo, ma anche lasostanza della sua arte.

Vive e lavora tra Roma – Bari e Viterbo

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Florian WeighardtStone Steel and Concrete

Florian Weighardt è nato nel 1967 aBruxelles da genitori tedeschi. Trasferitosigiovanissimo in Italia ha conseguito nel1994 un PhD in Genetica ed ha lavorato peranni nel settore della ricerca scientifica.Oggi è editore associato di una rivistatecnica internazionale con sede a Milano.Da sempre appassionato di fotografianaturalistica, di paesaggio di viaggio edetnografica, le foto qui presentaterappresentano un’eccezione. Infatti, si trattadi intrecci di diversi ambienti urbani in giroper il mondo ove l’azione umana hadecisamente preso il sopravvento ed hacreato delle “foreste” fatte di pietra acciaioe cemento. Le foto sono state fatte con unafotocamera compatta durante vari viaggi ingiro per il mondo e sono state rielaborare inbianco e nero con poche operazioni di“camera oscura digitale” eseguiteprendendo spunto dalla fotografia classicain bianco e nero, ovvero utilizzando filtricolorati per aumentare il contrasto.

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francesca randi

Francesca Randi nel 1999 incontra il mezzofotografico e ne resta folgorata. Sviluppauno stile personale, onirico, con unimmaginario fortemente surreale.L’identità, l’infanzia e l’adolescenza, ilpaesaggio notturno in bilico tra l’incuboquotidiano e la solitudine esistenziale, ildoppio, la wunderkammer e ilperturbante: sono alcuni dei temiaffrontati da Randi. Attualmente vive elavora a Cagliari come fotografa e collaboracon varie gallerie d’arte italiane ed estere.Si occupa anche della creazione di urbantoys da collezione in vinile e da un anno faparte del collettivo artistico “Nero PoP”curato dalla critica d’arte Adriana Soldini.

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Il lavoro fotografico di Francesca Randi èincentrato sul concetto di Realismo Fantasticoe Perturbante. Attraverso le sue immaginitrovano espressione le proiezioni inconsce, lerimozioni, i desideri e le aspirazioni. Ilrealismo fantastico rappresenta una forma diprotesta ostinata, di presa di posizione conmezzi estremi contro la precarietà del reale. Ilperturbante, ciò che porta angoscia, è unnon‐familiare, qualcosa che assomiglia alnostro ambiente domestico ma che in realtàcela in sé un che di straniero, sconosciuto,enigmatico.

“Tutto ciò che pensavamo fosse rimosso dallanostra coscienza, complessi infantili,convinzioni personali o pregiudizi, riemergecreando una condizione instabile alla nostraidentità e in genere uno stato di angoscia”(Freud 1919).Il risultato finale è una rappresentazioneartistica che ha del reale quanto dell’onirico.Una sorta di limbo fantastico dove elementiquotidiani, oggetti e luoghi si mescolano avisioni strappate alla dimensione del sogno edel subconscio, con scene dal fascinoevocativo e figure umane ambigue.

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francesco paolicchi

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Non tanto un inventore di dimensioni nuovema questo non è comunque un fattore che losminuisce.E’ bello intuire come la sua arte siaper lui un viaggio gustoso e senza freni che lorende assolutamente genuino e libero.Nonostante dalle sue opere possasemplicisticamente sembrare, non cerca l’originalità a tutti i costi ma piuttosto disoddisfare il bisogno di fissare una suamappa interiore fatta di vastirimescolamenti, di istinti carnali, sensoriali ecerebrali, di emozioni che sono,compongono l’ intimità del suo percorso divita e nel tempo si sono elaborate: sonostate individuate, decodificate nelsubconscio dalla sua parte razionale peressere investite di un’ importanza che sirealizza in vari livelli e in un linguaggiosimbolico riconducibile ai writersmetropolitani: i chiodini, o i punteruoli che sinotano piantati nella carne delle sue figuresuggeriscono quello stimolo che è piacere enel contempo dolore, paradosso e misterodella vita, quel pungolo che ci fa capire che l’arte, in quanto espressione senza unaprecisa finalità, impulso inspiegabile, è unfatto che parte dalle profondità più reconditedell’ animo, è ne

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l DNA, è una necessità che è una sorta didipendenza, oserei dire quasi unatossicodipendenza, cioè qualcosa che ci piace enel contempo ci fa male e ci fa viverecontinuamente in bilico su un sottile punto diappoggio e, il mezzo del gesto artistico divienela realizzazione del bisogno vitale per lastabilità, l’ armonia che certo in natura, nell’uomo esiste ma spesso è molto strana e privadi logica.I cromatismi, prevalentemente pallidie di contrasti senza retorica ci fanno capire cheil suo viaggio, la sua ricerca volge nelladirezione della serenità, dell’ accettazionedelle zone più contorte e aberranti dell’ essere,senza paure.Francesco: un artista che puòpiacere o non piacere, suscitare curiosità orepulsione, suggerire follia o lucidità macomunque sempre emozioni forti e pure,perché arte non vuol dire per forza bellezza eal suo confronto i classici quadrettipaesaggistici o le figure femminili sinuose eabbandonate al piacere assumono la valenza diuna porta chiusa verso i misteri dell’ inconscio,un velo dignitoso per coprire ciò che non èbello dell’ anima, un’ atteggiamentoschizzinoso e timoroso verso il “campo dibattaglia” che esiste in ognuno di noi.

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giacomo rossi

Il mio lavoro è incentrato in particolar modo sulrapporto fra l’uomo contemporaneo lospazio/tempo che vive, nella convinzione che ilconfronto/scontro con le ambiguità e incertezzedella civiltà contemporanea (particolarmentemanifeste nelle geografie metropolitane)suscitino forti domande di senso che forse solo unpercorso di approfondimento artistico puòarrivare a cogliere nella loro complessità. Sonoinfatti convinto, come già sosteneva C.G. Jung,che l’arte abbia fra le sue funzioni anche quellanon sempre consapevole di colmare la ciclicamancanza di senso che caratterizza di volta involta ogni epoca storica. Nel nostro tempo si èverificato un distacco sempre più accentuatodall’accettazione del dolore come parte integrantedella quotidianità: tendiamo a caratterizzare ognievento, persona o cosa come “buono” osbagliato” con lo scopo di allontanare ognipresunto stimolo negativo.

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E’ un meccanismo di difesa che si accontentadi facili ed esteriori compiacimenti a scapito diun confronto con la diversità che, per quantofaticoso, è altrimenti foriero di ricchezza,senso e bellezza.E’ con questa consapevolezza che ogni giornomi accingo a lavorare: senza cercare per forzadi dare un senso o un significato preciso eunivoco alle singole opere, ma affrontando lascultura come un linguaggio che impone, persua stessa natura, il tempo della riflessione e,contemporaneamente, la necessità diconfrontarsi e farsi stimolare dal territorio edai materiali che produce o contiene. E’ suqueste basi che ogni giorno rafforzo la sceltadi utilizzare gli strumenti e i materiali classicidella scultura accanto a tecnologie piùmoderne e, soprattutto, ai materiali che lacittà produce e, sempre più spesso, getta.In quest’ottica ho voluto/dovuto improntare ilmio linguaggio espressivo che, al di là dellenumerose influenze date dei miei mentori edai numerosi esempi di maestri moderni econtemporanei, vorrei aggiornarequotidianamente attraverso la meditatarielaborazione degli stimoli della realtà che micirconda e mi interroga.

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helbones

"Eleonora Guastapaglia (Helbones) nasce a Luccail 15.09.1979.Ho conseguito da sempre studiartistici frequentando l'istituto d'arte dove hoavuto il primo approccio col mondo del disegno edella pittura, ho proseguito il corso dei miei studiartistici presso l'accademia di belle arti di Carrarafrequentando il corso di Pittura e laureandomicon il corso di specializzazione in Arti Visive. Inquesta fase accademica ho subito sviluppato unlinguaggio figurativo legato alla rappresentazionedel cupo e dell'oscuro attraverso quadri dibambole ‐bambine e in generale lavorandosempre sul tema dell'infanzia attraverso tecnichemiste tra carboncino, pittura ad olio, smalti susuperfici in pvc, per finire in quel segno e tecnicaa cui sono tutt'ora rimasta legata: L'INCISIONE.L'Acquaforte mi ha dato l'opportunità disviluppare questo mondo di piccoli segni chedanno vita ad oggi alle mie piccole creature cheho chiamato Necro Dolls,

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sono segni nevralgici, che siintrecciano si uniscono e sidissolvono e la monocromia èdiventato il mio mondo e il miomarchio, attraverso le mie Dollsrappresento la parte più oscurache fin da piccoli si insinua dentroogni persona, senza caricare diangoscia chi le guarda, regalanopallidi sorrisi e spesso sonocircondate da giochi o fantasticimondi.Il mio percorso espositivo siconcentra tutto in un intero anno afine del 2012 e parte del 2013:ARoma ho esposto due volte: perMetacontemporanea e per il primoconcorso Loverista presso l’AnticaBiblioteca Valle, ho partecipato allacollettiva a Bracciano presso lachiesa della Misericordia intitolataMOSTRI BAMBOLE E FANTASMI,infine collaborato con le rivistaPASTICHE e Le Cool Roma per larealizzazione di cover.

HELBONES.

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“Il mio lavoro volge lo sguardo a unmondo parallelo, sospeso in unadimensione tra l’incubo e il sogno dove iriferimenti del tempo e del luogo vengonostravolti e miscelati in nuove improbabiliepifanie rese plausibili da una pitturameticolosa, attenta al particolare. Questispazi sono popolati da strane creaturenate da mondi differenti e cheinteragiscono tra loro, ad un livelloistintuale che rompe con gli usuali schemidi comunicazione, personaggi bislacchiche dialogano tra loro o con l’osservatoreinfluenzandosi a vicenda, creando unrapporto empatico che si manifestaattraverso la mutazione fisiognomica. E’un mondo attraente e pericoloso popolatoda personaggi, perlopiù femminili cheinvitano a partecipare alla festosa parodiadi un mondo sregolato”.

Loredana Catania

loredana catania

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“Con le sue pennellate sicure,Loredana Catania esprime un figurativoaccurato con cui tende alla perfezionedel dettaglio per trascendere la formae raggiungere l’essenza. E si affida alNeo Pop per rappresentare il suomondo visionario.I suoi temi sono legati alla figura delladonna, alla denuncia cinico/grottescache ruota intorno al suo stereotiposociale. Le opere in mostra ne sono unarappresentanza significativa. Qui riescea comunicare quell’insieme disentimenti ed emozioni che sorgonodalla costrizione, dalla sottomissione edal timore della donnacontemporanea, ancora lungidall’essere completamenteemancipata. Bambina, adolescente,sposa e madre: sono queste le tappeimportanti nella vita di una donna incui l’artista intravede i pesanticondizionamenti che la portano ancoranel III millennio a soffocarne l’identitàe i progetti per il futuro”.

(da Think Pink di Adriana M. Soldini)

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E' nata a Bussolengo (Vr) nel 1977. Vive elavora a San Giorgio in Salici (Vr).Dopo aver conseguito nel 1995 il diplomadi Maestra d’Arte al Liceo Artistico Stataledi Verona sez. Accademia , nel 1997 sispecializza in Addetto alla Conservazione eManutenzione dei manufatti artistici sulegno e tela con il massimo dei voti pressogli Istituti Santa Paola di Mantova. Nel2006 ottiene anche la specializzazione inAnatomia Artistica presso l’Accademia diBelle Arti 'Cignaroli' di Verona.Nei primissimi anni dopo il diplomal’attività principale consiste in prestigiosilavori di restauro (tra i principali, dipintidella scuola di Tiziano, tele di JacopoBassano e del Cignaroli, nonché gliaffreschi di scuola giottesca danneggiatidal terremoto nella Basilica di Santa Chiaraad Assisi).

marica fasoli

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Dal 2002 abbandona progressivamente l’attività direstauratrice, dedicandosi sempre più alla passioneprincipale, la pittura, misurandosi soprattutto con leriproduzioni dei capolavori del passato ottenendo anchenumerosi attestati di stima e riconoscimenti sulla stampalocale.Dal 2006 concentra la propria espressività e ricerca artisticain ambito figurativo iperrealista, ricerca che l'ha portata negliultimi anni alla formulazione di due filoni espressivi distinti:

‐ la 'gente invisibile', ossia camicie/felpe/magliette dove,pur mancando il soggetto fisico, si percepisce lacorporalità di chi le indossa, lasciando totale libertàall'immaginazione dell'osservatore relativamente alleemozioni vissute in quel momento da parte del soggetto'ritratto'.

‐ il "3D", ossia scatole/cassette postali/imballaggi in genere,dove il contenitore, molto spesso lacerato, rotto, strappato,lascia intravedere oggetti i piu' vari (chitarre, biciclette,giocattoli, ecc.ecc.), in una ricerca dove la rappresentazioneiperrealistica e tridimensionale dell'oggetto si fonde con lavolontà di suggerire una riflessione sul contenuto stessodell'opera.Collabora dal 2007 con Galleria Gagliardi ArteContemporanea (San Gimignano).Ha partecipato ed ottenuto riconoscimenti in vari premi econcorsi, esposto in gallerie, arte fiere, Musei e Fondazioni.

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mascàpo

Mascàpo (Massimo Capozzo) nasce a San Giorgio laMolara (BN) nel 1975. Dopo gli studi musicali e licealisi appassiona alla trasformazione della materia vitrea.Inizia ad esporre le prime opere composte da pannellidecorati con tecniche miste e inserimenti di cristallifusi. Per approfondire gli studi e le tecniche dilavorazione del vetro artistico partecipa a numerosistage e si trasferisce a Firenze.Nel 2000 crea l’azienda e il brand Mascàpo. Ricevecommissioni per arredare numerosi spazi pubblici eprivati. Diventa docente e tiene corsi in svariate cittàitaliane per la divulgazione e l’insegnamento delletecniche di lavorazione artistica del vetro. È invitatoad esporre le sue opere in cristallo fuso al Vitrum diMilano e al Glasstech di Dusseldorf, le manifestazioniinternazionali più importanti del settore vetroartistico.Dopo un periodo legato principalmente alla creazionedi opere in pittura e cristalli fusi, la sua sensibilitàartistica si concentra, oggi, soprattutto sulla graficadigitale. Il suo segno grafico, a supporto di uno stilepop, è una critica ferocemente ironica,drammaticamente impertinente e profondamente"pubblicitaria" al cosmo della promozione, dei claim edei tormentoni.

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La sua ricerca, rubando dalla politica e dalla religione, dai grandi temi del sociale e dal più comune spettacolo popquotidiano, è una mostra "leggera" e crudele degli aspetti diversi della contemporaneità. Le sue opere sono azioniche smontano, manipolano, ricostruiscono immagini e slogan al fine di celare, dietro un apparente tratto definito eleggero, una volontà ed un invito a scavare per riportare alla luce i lati più nascosti, le incoerenze e i paradossi. E'una sfida consapevole e cosciente alle contraddizioni dello stare al mondo per incollare i pensieri al vero significatodelle cose.Come responsabile ha ideato e cura l’immagine di numerosi eventi culturali. Ha partecipato a diverse mostre econcorsi. Vive e lavora in Toscana.

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salvatore tulipanoSALVATORE TULIPANO nasce a Milano l’ 8 giugno del 1985.

Terminati gli studi ad indirizzo Architettura presso il LiceoArtistico “Caravaggio” di Milano, nel 2003 si trasferisce a Napolidove si forma in Scultura all’Accademia di Belle Arti per poiritornare a Milano nel 2010.La sua ricerca visiva si struttura sul rapporto fra Scultura edArchitettura attraverso progetti plastici realizzati in cartonepressato, concepiti per essere realizzati in una scaladimensionale più affine all’Architettura in quanto queste scultureevidenziano un assetto formale geometrico e diverse “aperture”verso l’interno che invitano ad entrarvi, in una concezionearchitettonica della scultura. Si tratta di elementi volumetrici chesi comprimono fra loro, con un incastro evidenziato da unmateriale verde fluorescente o giallo paglierino che alludeall’inserimento della luce al neon che fende “asetticamente” lavolumetria della scultura; a questo si somma una parte piùperformativa della ricerca che prevede l’intervento del pubbliconella fase costruttiva della scultura che, scomposta in moduli,viene da esso ricostruita sulla base di due linee guida: leindicazioni verbali che Tulipano impartisce tramite un microfono,gestendo quanto accade attraverso una ripresa video su schermoe la sua collaborazione con il pubblico nella costruzione dellascultura.La sua prima esposizione pubblica risale al 2008 con la collettiva“Nature morte, oggetti, progetti” presso la Galleria del Giardinodell’Accademia di Belle Arti di Napoli a cura di Marco di Capua eValerio Rivosecchi.

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Del 2009 è l’installazione “Untitled 2009” nello spazio Neapolitan Box dell’Accademia di Belle Arti di Napoli a cura diCiriaco Campus; espone nella collettiva “Scultura da Vivere” negli spazi della Fondazione Peano di Cuneo a cura di AttiliaPeano; è selezionato per il Premio Nazionale delle Arti alla Galleria d’Arte Contemporanea Le Ciminiere di Catania e per“Trame astratte, dissolvenze apparenti della natura” presso il Carcere Borbonico di Avellino a cura di Rosaria Di Virgilio.E’ finalista al concorso per la realizzazione di una scultura per la nuova sede della Guardia di Finanza de L’Aquila banditodal Provveditorato alle Opere Pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna. Nel 2010 è fra i finalisti del Premio diScultura “Antonio Canova” curato da Guerrieri‐Rizzardi alla Galleria Barchessa Rambaldi di Bardolino; è selezionato per ilPremio Nazionale delle Arti e per la collettiva “Sguardi interiori per spazi silenti”, quest’ultima curata da Ciriaco Campusall’interno del NapoliTeatroFestival.

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Nel 2011 riceve la menzione per “l’originalità e lacontemporaneità della ricerca artistica” per laScultura al Premio Profezie Presenti promosso dalFondo Nato Frascà di Buscate (Milano) ed è unodei 20 artisti inizialmente chiamati a rappresentarel’Accademia di Napoli nel PadiglioneItalia/Accademie alle 54 Biennale di Venezia.Nel 2011 e nel 2012 espone all’interno degli eventid’Architettura “giardininterrazza” e “Festival delVerde e del Paesaggio” all’Auditorium Parco dellaMusica di Roma, nati da un’idea dell’architettoGaia Zadra con l’intento di esplorare i diversiambiti e linguaggi del paesaggio contemporaneocon la curatela, per la sezione ArteContemporanea, di Ciriaco Campus. Sempre del2012 la mostra personale “Plastic/ArchitectonicBlock” allo Spazio Danseei di Olgiate Olona, Varesea cura di Fermo Stucchi; i progetti performativi“Old Fashion Project” presso l’Old Fashion diMilano e “ProjectLab 2012” alla Sala Espace diTorino a cura di Paolo Meneghetti; “Cantiereromano” nell’ambito della rassegna Vari(e)azioni alChiostro del Bramante di Roma a cura di DART. E’selezionato alla I, III e IV Selezione DIVAG per laDiffusione e la Valorizzazione dell’Arte GiovaneContemporanea a cura della SSPSAE e del PoloMuseale Romano; nel mese di Novembre èvincitore per la Scultura al Premio Profezie Presentipromosso dal Fondo Nato Frascà di Buscate;espone nella collettiva “N.I.Na.

Nuova Immagine Napoletana” al PAN – Palazzo delle Arti diNapoli a cura di Giovanna Cassese, Marco di Capua,Francesca Romana Morelli, Valerio Rivosecchi e, comefinalista del concorso Living in Lift/Verticalità promosso dalCRAC, Comune di Genova e Palazzo Ducale Fondazione perla Cultura, presenta un’installazione in cartone pressato siaper Sala Dogana a Genova sia per il CRAC di La Spezia acura di Roberto Mastroianni e Walter Vallini.

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Nel mese di marzo espone all’interno della collettiva “Statements 2013” presso Circoloquadro di Milano a cura diIvan Quaroni ed è il vincitore del Co.Co.Co. Como Contemporary Contest promosso dall’Assessorato alla Cultura delComune di Como con l’inserimento all’interno della Biennale itinerante Jeune Création Européenne.Ha partecipato a diversi workshop fra i quali “Manuale per artisti” presso Circoloquadro di Milano a cura di IvanQuaroni, “Davide Savorani” presso l’Elfo Puccini di Milano a cura di Chiara Agnello e Roberta Tenconi e “TeresaMargolles” presso il Museo Madre di Napoli a cura di Adriana Rispoli ed Eugenio Viola.Vive e lavora tra Milano e Londra

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serge gualini

Serge Gualini nasce il 02 maggio 1968 aIxelles (Belgio), da genitori italiani.Dopo aver conseguito il Diploma diMaestro d’arte con specializzazione indecorazione e Grafica Pubblicitariaall’Istituto du Wolvendael (Belgio), la suaformazione artistica prosegue presso l’Istituto Nazionale Superiore degli ArtiVisivi La Cambre a Bruxelles (ENSAV) dovesi laurea nel 2000.Nel 2002 si trasferisce in Italia aSantarcangelo di Romagna e in seguito aRoncofreddo dove vive e lavora tuttora.Tra il 2000 e il 2010 l’attività artistica diSerge Gualini si concentra sulla pitturaastratta sul tema della natura.Il tessuto, la polvere di marmo, il vetro diMurano e il filo di ferro vengono postisulla tela non come materiali comuni,ma come “soggetti” preziosi. E’ la materiache diventa soggetto tridimensionale.Non più astratto concettuale maconcreto.

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Ognuno dei quattro elementi allude adaltri campi: l’arazzo, la scultura, l’arte delvetro; la manipolazione di una lineametallica nuda, tracce di esseri, alberi,rami e fiori, o cicatrici: cose trattate con lasontuosa semplicità di chi è consapevoledella propria azione. La superficie dipintasi allunga, si allarga, si appesantisce, perla forza delle cose aggiunte, davanti ai“segni‐rami” si può meditare. Su crea unnuova essenza, una tra l’arte e ilpubblico. Sempre alla ricerca di nuovetecniche e modi di esprimersi, si èavvicinato alla fotografia.Come nelle opere su tela ha applicatosulle fotografie dei rami, ricerca didimensione e profondità. Proprio questaricerca lo ha portato, quasi come naturaleevoluzione, alla sovrapposizione di piùimmagini.Il simbolismo delle farfalle e dei teschi,entrano nel gioco dell’arte, come la mortee la vita entrano nei giochi dell’uomo.

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Questi ultimi lavori sono esposti nell’estate 2013contemporaneamente a Palazzo Medici Riccardi aFirenze con Ravenaissance, a Bologna con“Angeli” presso Bongiovanni arte Contemporaneae a Roma con Il progetto “RomaMobile: soluzionidi mobilità urbana” in programma dal 18 giugnoall’ 11 novembre 2013 al Centro Studi CappellaOrsini.L’uso del ready‐made come un nuovofondamento tecnico‐estetico è arricchito di nuovisignificati,colori, luci e oggetti.Essenzialmente cerca di entrare in empatia conchi osserva anche attraverso l’uso di colori acidi,tanto cari alle varie “sub o contro culture”rivoluzionarie dagli anni 70 ai giorni nostri.

L’artista dichiara: “Non è una contraffazione lamia, ma una “rigenerazione”, una maniera per farriflettere sul ruolo dell’arte e delle immagini nellasocietà odierna, cercando con la mia opera ilmodo per esprimere un concetto di speranza edi "Rinascita".

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simona muzzedduSimona Muzzeddu nasce a Gallarate nel 1976,città dove vive e lavora tutt’oggi. La suaformazione artistica avviene attraverso le scuoletradizionali d’arte, il Liceo Artistico “A. Frattini” diVarese e successivamente l’Accademia delle BelleArti di Brera, Milano, dove si laurea a pieni voti. Inseguito frequenta dei corsi di specializzazione perampliare le proprie conoscenze in altri settori piùspecifici come quello della grafica, al corso di“Multimedia Art Director”, di Busto Arsizio, e alcorso di “Fotografia e still life”, alla Mohole Lab diMilano.Subito dopo la laurea svolge la funzione di“toutor” per il corso di grafica d’Arte, affiancando,per due anni, la professoressa Luce Dhelovepresso l’Accademia delle Belle Arti di Brera. Dal1999 ad oggi ha partecipato a diverse mostrecollettive ha allestito alcune mostre personali. Traqueste ricordiamo quella del novembre 2010,la 9° Mostra, biennale d’ Incisione, “INCISIONIITALIANE”, Palazzo della Frumentaria, Sassari, acura di Ass. Culturale Stanislao Dessy, patrocinatadall’Assessorato alle Culture del comune diSassari, della quale è stato pubblicato un“Catalogo”, a cura di Paola Dessy, testi di CaterinaVirdis Limentani, Ivo Serafino Fenu; quelladel 2011

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(dal 7 Maggio al 12 Giugno), “collettiva“S(corpo)ro”, presso la Pinacoteca Comunale diGaeta, Palazzo San Giacomo, con il patrociniodel Comune di Gaeta, della Provincia di Latina,della Regione Lazio e della Cameradi Commercio di Latina. Catalogo e Mostra, acura di Adriana M. Soldini; dal 17 Dicembre2011 al 30 Gennaio 2012 è ospite alla “54°BIENNALE DI VENEZIA PADIGLIONE ITALIA: “LoStato nell’Arte nel 150° dell’Unità d’Italia”,Torino, PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI SALANERVI, a cura di Vittorio Sgarbi, direzioneartistica della Dott.ssa Giorgia Cassini epresieduta da Giorgio Grassi.Il lavoro di Simona si può intendere come unacontinua ricerca espressiva che riceve forma dadiversi mezzi espressivi, quali la Grafica d’Arte ela Fotografia. La curiosità l’ha spinta per anni asperimentare e portare avanti le due disciplinenelle quali trova la sua dimensione ideale.Attualmente, però, il suo lavoro predilige lafotografia perché ‐secondo il parere dell’artista‐questa finalizza meglio l’immediatezzaespressiva dei modi di essere della persona epermette di concepire l’esistente secondosensibilità proprie. In realtà, la fotografia, per laparticolare prospettiva scelta dall’autriceconsente di analizzare l’Uomo e le sue relazionipsico‐sociali. Si tratta‐ considerando il tutto con

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una diversa prospettiva‐ di rendere omaggioalla vita e, nello stesso tempo, di cogliere, senzatraumi, gli aspetti che la mortificano o larendono disumana o quasi inaccettabile.In questa metamorfosi comunicativa, nellaquale il bello e l’orrendo, l’artistico el’artigianato si fondono in un’opera traslata checonduce ai limiti della percezione edell’accettazione, ha avuto un notevole peso lamalattia invalidante e la conseguente morteprematura del padre. Una reazione istintiva edemotiva insieme (colpita negli affetti) ha acuitoin lei l’irrefrenabile desiderio di avvalersidell’Arte come strumento di devozione epassione. Una sorta di “viatico figurato” checonsente di comunicare con “la vita oltre lavita”. Il “coma” del padre ha aperto l’uscio della“dimensione altra” in cui l’aspetto naturale dellacomunicazione sociale deve assumere nuovedimensioni, intraprendere altre vie…Ed è questa nuova via l’attuale campo di lavoroartistico di Simona Muzzeddu. Così, nelfebbraio 2013 scrive e cura il progetto“Neshamah, il respiro conduce all’anima”, unamostra collettiva che presenta a PalazzoMinoletti, di Gallarate, patrocinata dal comunedi Gallarate, dalla Provincia di Varese, dallaProloco di Gallarate e con il contributo delFondo di Solidarietà dell’Ospedale di Gallarate.

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LA LINEA DI CONFINE (Borderline).L’anno passato, ho vissuto molto a fianco di miopadre per aiutarlo nella sua sofferenza. Ho vissuto econdiviso ogni suo difficile momento standogli vicinae respirando anche il suo respiro. Durante la sualunga degenza ho riflettuto spesso sul senso dellamalattia, e più in generale sul concetto stesso dimalattia e della sua azione sulla natura umana.Accade spesso che con le malattie gravi la via diuscita, intesa come condizione estrema di “salvezza”o di “pace”, coincida con la degenerazione fisica equindi con la morte del corpo.Questo stato di cose ha fatto maturare in me lasensazione che la malattia, nella sua essenzaspecifica, non sia altro che un vero e proprio bloccoesistenziale. E la storia clinica di mio padre Silvano miconferma tutto. La malattia era un freno alla “sua”vita che, paradossalmente, per tutti gli altri scorrevaveloce senza soluzione di continuità…Ecco allora la ragione per cui nelle mie riproduzioni“la sedia bianca” assume l’idea di testimoniare “lapurezza dell’anima”: il “bianco” inteso come valoresimbolico in quanto “non colore”, pur essendo ilrisultato di più colori in movimento, e,contemporaneamente, del “malato” trattenuto in un“limbo”, in una attesa che tarda a realizzarsi o non sirealizza affatto… in una condizione che porta la vitain una dimensione sospesa e quasi incerta, ad unlivello diverso, sospeso, lontano da ogni umanapercezione.

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Una esperienza pre‐morte che staglia nella coscienza un dolore fitto e, nello stesso tempo, un distacco netto da tuttociò che è superfluo, inutile. La rassicurante quotidianità dista anni luce dalla nostra coscienza.La vita sospesa, adagiata su qualcosa di inanimato, mentre altrove tutto è dinamismo, è ciò che “ferma” lesensazioni, “sospende” le speranze, “inibisce” le illusioni. Ecco, questa, in definitiva è l’essenza della “sedia bianca”colta come purezza provocata dalla malattia, è questa sedia che ‐al di là delle nostre intenzioni, trova ambientidifferenti, motivazioni diverse nel tempo e contro il tempo‐ si eleva in contrapposizione tra ciò che è mutevole (lavita) e ciò che invece resta perennemente immobile (la morte). Nel mezzo il “limbo” della malattia.

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stefano cerioliNelle mie opere convivono mondi eterogenei che siispirano a icone del mio tempo. Il mio stile vieneinfluenzato e nutrito direttamente dalla Street Art,dal Pop Surrealismo, dalla Pop Art, dai fumetti, daicodici grafici dei tattoo e del rock. Linguaggi visiviapparentemente disomogenei che finiscono perdialogare ed amalgamarsi creando opere cariche disimbologie e contrasti non solo cromatici e materici.Spesso le basi sulle quali dipingo sono formate dacollage di vecchi libri o riviste, che diventano parteintegrante della tematica e accrescono lasimbologia. Così, per esempio, le pagine ingiallite diuna vecchia edizione della Divina Commediastampata negli anni ’50 diventano il supporto per lamia rilettura attuale, critica, ironica e un po’dissacrante che colma la distanza tra passato epresente, tra l’uomo di ieri e quello di oggi, lontanil’uno dall’altro soltanto nel tempo, ma uguali difronte alle debolezze insite nell’animo umano.I tratti sono la sintesi di un’idea emotiva, scarni,essenziali, grafici, sottolineati dalla tempestivitàesecutiva dei colori acrilici e della china.Opere che evocano messaggi e accompagnanol’osservatore in un percorso visivo fatto dicontraddizioni e contrapposizioni, di evocazioni edassenze descrittive.La ricerca e il tentativo di far convivere elementi,linguaggi e mezzi distanti e differenti è il concettoche sta alla base di tutto il mio lavoro.

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stefano ronchiLe Caratteristiche principali del mio lavoro dimatrice surrealista sono l'attenzione maniacaledel dettaglio, attraverso un approcciominiaturista, supportato dall'utilizzo di unalente d'ingrandimento per iperdefinire ognicentimetro quadrato dell'opera e l'influenzaesercitata dagli enigmi di Salvador Dalì.All'interno di ogni opera, principalmente disegniin bianco e nero, sono numerosi i rimandi agliartisti che hanno influenzato il mio percorso, dalrinascimento ai giorni nostri, ma nascosti, celatiall'interno di grovigli o paesaggi dettatiesclusivamente dall'inconscio e dalle esperienzepersonali dell'artista.La mia ricerca parte dal disegno automatico,che mi ha da sempre affascinato, parte perl'esattezza da una landa organica, aggrovigliatadominata dall'enigma e dalla pareidolia, senzarichiami alla realtà evidente, se non per l'idea dipaesaggio che da sempre mi accompagna,arrivando oggi ad una più "reale" idea dipaesaggio, facilmente identificabile ad un primosguardo, ma ben disposto ad ulterioriapprofondimenti, in quanto enigma e pareidoliasono continuamente presenti in ogni forma,dalle pietre del suolo, al legno dei ponti, neifumi delle industrie.

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Biografia

Sin dalle scuole superiori èindirizzato verso il mondo dell’arte,studiando prima al liceo artistico diBergamo e poi laureandosi in ArtiVisive presso l’Accademia di Breracon una tesi su Max Klinger, maestrodel disegno e della grafica d’arte.Proprio il disegno muove tutto il suolavoro, sia questo frutto di unaccurato studio, o preferibilmente diuna veloce realizzazione,prediligendo il disegno automatico apenna, senza ripensamenti ocorrezioni, subordinatoesclusivamente all’inconscio e allaforma. Già durante gli anni del liceosviluppa una sconfinata passione perlo studio della storia dell’arte, che loporta a fondere la realizzazione didisegni, stampe e dipinti, con unamatrice Dada/surrealista,autobiografica, limitando l’uso deicolori fondamentalmente al bianco enero, rappresentanti perantonomasia del mondo dellafantasia e del sogno.

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Nel 2009 frequenta lo studiodi Giovanni Brambilla nelTrezzese, per affinare letecniche incisorie, su tuttel'acquaforte, e l'annosuccessivo (2010) abbandonai corsi di specializzazioneall'Accademia per dedicarsi aduno studio e ad una ricercapiù mirata alle sue esigenzeed alla sua sete di conoscenzaartistica, che faticava atrovare stimoli all'interno dellento organo scolastico.Nel dicembre 2011 ha datovita ad A.N.S.I.A, di cui èprincipale promotoreorganizzatore, si tratta di unprogetto di condivisionedell'arte contemporanea, cheraduna giovani artistiromantici, simbolisti,surrealisti ed espressionisti.Ha partecipato a diversiconcorsi e premi tra i quali ilGhigginiArte giovani di Vareseed il premio le Segrete diBocca a Milano.

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L'INFORMATOREARTISTICO

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Aliens Bologna “Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera.”

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“Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio disole ed è subito sera.”Ermeticamente poetando, Salvatore Quasimodo avevaracchiuso in poche parole il senso di solitudine estrema che ciappartiene. Che oggi più che mai nell’era dell’ultracomunicazione sembra appartenerci. Non ce ne accorgiamo masiamo tutti a modo proprio degli outsider.Chi più degli artisti, può fornirci in maniera pratica e concisa,attraverso le immagini, l’aspetto alienante del contemporaneo?ALIENS è un progetto artistico curatoriale che proponecollettive di artisti contemporanei per lo più italiani, la tappa diBologna, dall’11 al 25 maggio scorso, alla Galleria Spazio SanGiorgio ha visto esporre ben tredici nomi.Una squadra made in italy che ha prodotto differenti visioni sultema dell’alienazione.Grazie alla collaborazione con la galleria ho avuto modo diosservare la mostra più volte, tra queste in maniera silenziosa esolitaria, esercitando lo sguardo sulle opere in molteplicimomenti.Alessio Bolognesi con il suo alter ego total white Sfiggy, con ilterrore del romanticismo a buon mercato, vieta la pace alperbenismo assuefante e stucchevole, avendone per tutti, è ilproclamatore dell’amata ultraviolenza (per dirla all’Alex diArancia Meccanica), punta la pistola all’omino anonimo verdedi poca speranza di Haring, la cacchina emessa è solo un ecoalla Manzoni.

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Le foto di Andrea Valsecchi, tra il cyber e il metafisico,propongono presenze fuori fuoco in un mondodigitalizzato, tutto passa niente resta, le figureevanescenti si concretizzano solo nell’attimo delfotografico. Il tempo non basta, è fermo, ed ecco uncartello indica che Facebook è di là, la condivisione, lasocial obsession detta la strada, luogo immateriale doveormai tutti passano il tempo che non resta.Elegante, sottile, in punta di piedi, il rouge di AngelaViola, inchiostri su cartoncini aventi come protagonistauna sconosciuta dalle sembianze femminili, dalle nuditàin bianco e nere, la sagoma sembra vivere di profili e filirossi, gomitoli organici si dispiegano nel bianco, peravvolgere e intrappolare di un rosso vitale, come sangueipersottile il corpo esanime.Iperrealismo, da nanetti ipertrofici S(botero) con simbolidi denari e sette belli in paesaggi dai cieli lividi e albeririccioluti, magri e ondulati, per una tela di due metri dilunghezza, l’opera di Domenico Dell’Osso, una scenasolitaria, di un piccolo uomo rotondo che ci da le spalle,a metà tra l’industralizzazione e la natura, poi Dio fececarte a lungo, carte a denari, sette bello e la settanta.Come andrà a finire? Forse nessuno lo sa e lo saprà.War Child, Gabriele Talarico si ispira al negativofotografico per fornire splendidi acrilici su tela, autenticidipinti, un focus on, un ritratto di bambino, una realtàche il mondo degli adulti non risparmia, nessun bambinodovrebbe accedere a quello scempio che viene chiamatoguerra. Il bambino sovrappone il suo sguardo, i suoi

contorni, i suoi limiti, le sue sensazione che si tingono diverde, giallo, rosso, si sovrappongono, lasciandoci unoscanner di malinconia e riflessione.Lasciate a casa Geppetto, ormai ha fatto storia eGiacomo Rossi ne avrebbe anche per lui. Le sculture diRossi riemergono dalla loro ferite, dalle loro ceneri comedelle fenici, presentano le loro mostruosità, le loromanone, il loro dentoni, non vogliono ammiccare adessere sexy, non hanno un bel portamento e sembranoanche un po’ ingobbiti, ma tranquilli niente notre‐dame,qui niente campane da suonare, solo tanta ironia eun’altra vita regalata dall’artista al legno.Un’altra tela enorme, anche qui quasi due metri dilunghezza, una tecnica particolare, pittura ad encaustosu base fotografica, Uscita Forzata: mela alt esc diGianluca Chiodi, gioca in un mix di contemporaneo ebiblico, fornendoci un Adamo ed Eva,straordinariamente targati d’oggi, un Adamo tronista,tatuato, trash, kitsch, tamarro inside, un Eva più finta delfinto, una Paris Hilton, forse troppo coperta con la solafoglia. Dio li fa poi li accoppia, Dio forse non era astemio,e quel giorno della creazione al suo controllo sfuggironoun bel po’ di cosette. Ma questa è un’altra faccenda.L’unica cosa è che il Dio del nuovo Millennio ha fattostoria sotto il nome di Steve Jobs, la mela del peccato, èdiventata la più desiderata del globo, e non è un caso sei due se la contendono. La tecnologia è il vero accesso alparadiso, oggi.

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Il futuro che sarà? Un astronauta, una mucca conl’insegna del Mc, lo sponsor volante Technocasa,una coca‐cola abbandonata in primo piano, unpaesaggio disabitato e lunare quello di MarcoMinotti; una Globalizzazione bizzarra, surreale e conla vita precaria, che ci lascia ad un cielo rosa.Un rosa che trova massima esplosione nell’opera diWilow, un super pop divertente e iper colorato conesserini fumettistici sprizzanti per un fucsia iconico eda pop‐brain, Pink side of life farebbe impallidire laPantera Rosa per essere troppo poco pink. Unamiscela pop irriverente e frizzante, scoppiettante edelettrizzante. Un vero sciroppo contro la noia delbianco e nero.Di un rosa pallido, trasparente, amniotico, èprotagonista il lavoro di Vania Eletttra Tam che condelicatezza ci presenta Rodiola Rosea in Re Minore,una sinfonia silenziosa e fluttuante, un viaggio inassenza di gravità delicato e liscio, liquido eperturbante. Femminile e personale.Una placenta tentacolare avvolge e culla, l’artistaprotagonista in questa danza privata.Amletici e spauriti sono invece i paperi di LuigiLeonidi, con gli inglobanti occhi grandi, che sembrinouscire dalla tela, soffrono di qualcosa, hanno in lorodolori e sconfitte silenziosi, sono iconici ma ancheanonimi, profondamente misteriosi, sono da scoprire

petalo a petalo per ammirarne l’essenza profonda edesistenzialista. Un bocciolo di segreti.Con Circus, fotografia digitale, Massimo Festi ciregala un attimo di grande solitudine, un monologoteatrale visivo, una mascherata sottomessa e quasirassegnata, fingere di stare bene, che in fondo alcome stai nessuno vuole veramente sapere la verità.Un personaggio solitario, mascherato piega la testanel tunnel del silenzio e della solitudine. L’angoscia sitraveste, ma questa volta si tratta di un anti‐eore, unoutsider, uno ai margini della parola.E per finire le donne dalle pennellate sensuali epastose di Silvio Porzionato, sono semi nude,aspettano forse qualche minuto d’amore, sono inattesa e ci guardano, aprono le gambe al nostrosguardo fecondo di curiosità. La spazio che contornai soggetti è a sua volto scomposto in pennellate diluce, le stesse pennellate che sezionano i corpimuliebri, donando loro luminosi spazi di infinito.

Federica Fiumelli

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Restauro dell’edificio

Palazzo Pirola‐Freganeschi è collocato dirimpetto a palazzoSola‐Busca sulla sponda opposta del Naviglio Martesana.L’edificio, come apprendiamo dalla relazione storica allegata aldecreto di vincolo del Ministero dei beni culturali del 31maggio 2001 costituisce una delle residenze signorilisettecentesche più significative del Comune di Gorgonzola”.Nel marzo del 2005 per poter redarre un dettagliato progettodi restauro delle superfici si è effettuata una vasta campagnad’indagini stratigrafiche. I numerosi saggi effettuati all’internodei locali dell’immobile hanno evidenziato che siamo inpresenza di un edificio storico assai interessante che ha subitonei secoli numerose modifiche. L’indagine storico‐materica hapermesso d’identificare il perimetro delle stanze del palazzoprima dell’innalzamento di tavolati negli ultimi 50 anni..Approvato il progetto di restauro del palazzo a cura dell’arch. I.Ghezzi, nel 2008 si è proceduto con gli interventi che si sonoconclusi nel 2012.Oggi l’immobile è costituito da 6 appartamenti: due a pianoprimo e due a piano secondo e sottotetto nel corpo nobile, duea piano primo e secondo mansardato nel corpo minore. Ilpiano terra è stato dato al Comune che utilizza gli ambientidecorati con affreschi in volta del 1600 per organizzareconvegni e mostre.

Testo a cura di Paola Villa

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Restauro e riqualificazione dell’edificio

Il progetto di restauro e risanamento conservativo diPalazzo Pirola, edificio vincolato ex art. 10‐13 D.Lgs.42/2004 (DM 31/5/2001), ha avuto come principioispiratore il mantenimento del manufatto esistente ela salvaguardia delle sale affrescate secentesche eottocentesche, oltre che la volontà di riportare gliambienti storici alla loro unitarietà originaria,perduta a seguito delle numerose manomissioniavvenute nel corso degli anni ed in particolar modonel 900.L’edificio è costituito da un corpo nobile principale diorigine secentesca, con importanti aggiunteottocentesche, e da un corpo minore prospicientevicolo Corridoni, acquisito nell’800 e adibito afunzioni secondarie a servizio del palazzo.

Testo a cura di Ildefonso Ghezzi

Restauro conservativo apparato decorativo delle sale

Gli interventi di restauro eseguiti a piano terra dipalazzo Freganeschi‐Pirola nel corso della primaveraestate 2009 hanno portato al recupero deglisplendidi dipinti murali presenti sulle volte delle

stanze in pianta C ed E.In occasione del restauro sia la decorazione dellastanza C che quella della stanza E sono state studiatein collaborazione con l’Università degli studi diMilano, facoltà di lettere e filosofia corso di laurea inscienze dei beni culturali per arrivare ad unapossibile datazione ed attribuzione in assenza di datiarchivistici e documentari.Sulla scorta di puntuali confronti iconografici estilistici si è individuato il soggetto delle opere dicarattere mitologico: per la stanza C gli Amorini Erose Anteros che, con la loro apparente lotta,simboleggiano la forza dell’amore e la dea Cerere,per la stanza E raffigurata nel momento delladisperata ricerca della figlia Proserpina su uncarro/biga trainato da draghi con in una mano unatorcia accesa e nell’altra la cornucopia.I dipinti sono databile a poco oltre il 1640 e dacollocarsi nell’ambito del barocco lombardo. Ladatazione è stata confermata dalle analisiscientifiche.Dopo aver confrontato gli affreschi con opere diartisti quali Nuvolone, Storer e Giovan StefanoDanedi detto Montalto, si è propensi ad attribuirlialla cerchia di quest’ultimo.

Testi a cura di Paola Villa

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Restauro e riqualificazione dell’edificio

Il progetto di restauro e risanamento conservativo diPalazzo Pirola, edificio vincolato ex art. 10‐13 D.Lgs.42/2004 (DM 31/5/2001), ha avuto come principioispiratore il mantenimento del manufatto esistente ela salvaguardia delle sale affrescate secentesche eottocentesche, oltre che la volontà di riportare gliambienti storici alla loro unitarietà originaria,perduta a seguito delle numerose manomissioniavvenute nel corso degli anni ed in particolar modonel 900.L’edificio è costituito da un corpo nobile principale diorigine secentesca, con importanti aggiunteottocentesche, e da un corpo minore prospicientevicolo Corridoni, acquisito nell’800 e adibito afunzioni secondarie a servizio del palazzo.

Testo a cura di Ildefonso Ghezzi

Restauro conservativo apparato decorativo delle sale

Gli interventi di restauro eseguiti a piano terra dipalazzo Freganeschi‐Pirola nel corso della primaveraestate 2009 hanno portato al recupero deglisplendidi dipinti murali presenti sulle volte delle

stanze in pianta C ed E.In occasione del restauro sia la decorazione dellastanza C che quella della stanza E sono state studiatein collaborazione con l’Università degli studi diMilano, facoltà di lettere e filosofia corso di laurea inscienze dei beni culturali per arrivare ad unapossibile datazione ed attribuzione in assenza di datiarchivistici e documentari.Sulla scorta di puntuali confronti iconografici estilistici si è individuato il soggetto delle opere dicarattere mitologico: per la stanza C gli Amorini Erose Anteros che, con la loro apparente lotta,simboleggiano la forza dell’amore e la dea Cerere,per la stanza E raffigurata nel momento delladisperata ricerca della figlia Proserpina su uncarro/biga trainato da draghi con in una mano unatorcia accesa e nell’altra la cornucopia.I dipinti sono databile a poco oltre il 1640 e dacollocarsi nell’ambito del barocco lombardo. Ladatazione è stata confermata dalle analisiscientifiche.Dopo aver confrontato gli affreschi con opere diartisti quali Nuvolone, Storer e Giovan StefanoDanedi detto Montalto, si è propensi ad attribuirlialla cerchia di quest’ultimo.

Testi a cura di Paola Villa

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Il palazzo Freganeschi Pirola sorge nella zonacentrale del Comune di Gorgonzola (MI) inprossimità del Naviglio Martesana. Difficile datarecon esattezza l’edificio.La costruzione del naviglio nel 1457 e la successivaattivazione, prima per scopi irrigui, poi come via dicomunicazione e di trasporto, portò a Gorgonzolauna prosperità mai conosciuta prima ed attirò moltefamiglie nobili che presero a Gorgonzola la lororesidenza secondaria, tra i quali anche la famigliaFreganeschi, nobile famiglia tedesca trapiantata aCremona. Certo è che nel 1722, data di stesura delprimo catasto asburgico, i Freganeschi possedevanoa Gorgonzola, oltre al palazzo e al giardino, diverseproprietà terriere.Successivamente, nel 1859 l’edificio appartenne allanobildonna Maria Bianchi di Sambrunico per poipassare di proprietà all’inizio del XX sec., alla famigliaPirola. Negli ultimi decenni il nobile edificio è statofrazionato in varie proprietà. Infine nel 2002 ilpalazzo è stato posto sotto tutela ministeriale;A seguito della vasta campagna d’indaginistratigrafiche effettuate nel 2004 ed all’approvazionedel progetto di restauro da parte delleSoprintendenze ai beni ambientali /architettonici edartistici di Milano, l’impresa di restauro di Paola Villaè stata incaricata dall’impresa Luigi Cividini di

Dalmine, proprietaria dell’immobile di occuparsidegli interventi di recupero dei dipinti murali e deisoffitti a cassettoni decorati, in stato di graveabbandono. L’intervento iniziato nei primi mesi del2009 ha dando risultati sorprendenti, quali lariscoperta di apparati decorativi nascosti danumerosi strati d’imbiancature ormai dati perperduti.L’edificio attuale si sviluppa in altezza su tre pianicompreso il piano terra. L’attuale aspettoneoclassico del palazzo è fortemente caratterizzatodal portico d’ingresso (pronao), eccentrico rispettoalla facciata e retto da quattro colonne in granitosorrette da una semplice trabeazione e sormontatoda un timpano triangolare.Il piano terra del palazzo è ora di proprietàcomunale. Ampio e spazioso, il piano terra di PalazzoFreganeschi Pirola è composto da 6 sale per untotale di 450 mq.

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Associazione Culturale Palazzo Pirola

L’associazione culturale Palazzo Pirola nata nelgennaio del 2013, si propone di tutelare e dicurare gli spazi espositivi di PalazzoFreganeschi‐Pirola di proprietà del Comune diGorgonzola.L’associazione intende inoltre proporre PalazzoFreganeschi‐Pirola come luogo d’incontro e diaggregazione nel nome di comuni interessiculturali, allo scopo di incentivare le occasionid’incontro e le relazioni sociali per unarricchimento personale dei propri soci e dellacollettività.L’intento è quello di favorire la creatività indiversi ambiti espressivi ampliando laconoscenza della cultura musicale, letteraria eartistica in genere, attraverso contatti frapersone, enti e associazioni.Gli spazi saranno anche un punto d’incontroper promuovere la valorizzazione del nostroterritorio organizzando laboratori artistici,formativi e di ricerca.

Chiunque desideri collaborare e associarsi èbenvenuto. Si accettano idee, proposte esostegno all’indirizzo e‐mail:[email protected]

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Indiscutibilmente suggestiva ed emozionante lamostra "Aliens", allestita a Palazzo Pirola, in piazzadella Repubblica a Gorgonzola, per il ciclo di eventi"Primavera a Palazzo".

"Aliens" è emanazione della rivista elettronica di artecontemporanea "Frattura Scomposta", che, come haspiegato durante l'inaugurazione sabato 8 maggio ildirettore Sergio Curtacci, si propone di lanciaregiovani artisti che non riescono ainserirsi nel giro delle gallerie di prestigio."Aliens" raccoglie appunto le opere di ben 42 diqueste scoperte di "Frattura Scomposta".Dopo Gorgonzola, farà altre tappe, fra le qualiPalazzo Vernazza a Lecce e durante la 55a edizionedella Biennale di Venezia.Owiamente è impossibile rendere un'idea esaurientedi tutto i lavori esposti.Ci limitiamo ad accennarne solo alcuni, invitandocaldamente i lettori a visitare personalmente lamostra.

Giancarlo Marcali indaga il tema universale deldolore, della sofferenza, che trova una delle sueespressioni più diffuse nella malattia.Da qui l'utilizzo di radiografie, che rivelano il maleche portiamo dentro. "Una delle mie prime opere ‐racconta Giancarlo ‐ s'intitolava «La memoria deldolore, ed era una specie di puzzle di radiografie dipersone morte di cancro". Ma l'opera esposta in

"Aliens" è meno angosciante: diverse lastre di vetro,appese al soffitto e collocate su piani diversi,ricostruiscono la figura di un corpo umano, dalle cuispalle, però, partono due imponenti ali d'aquila.'Qualche tempo fa in Liguria è stata abbattutaun'aquila reale. Tramite un amico, che si occupa ditutela della fauna, sono riuscito ad avere le lastredelle ali". In questo modo l'opera non richiama tantoil dolore di questo mondo, quanto la possibilità diuna dimensione che colleghi cielo e terra.

Non può lasciare indifferenti la performance di GiòLacedra. L'artista racconta, tramite le pagine del suodiario, raccolte in un volume ma anche appese allepareti (insieme a fotografie di particolari del suocorpo scheletrico), la tragedia, da lei personalmentevissuta, dell'anoressia, patologia che distrugge ilcorpo e l'anima. Una sola citazione dal diario: "Ossa,chiedo un corpo di sole ossa".A sottolinearne la drammaticità, la presenza nellasala dell'artista, sdraiata perterra, legata eimbavagliata davanti a un piatto con una mela. Inserata Giò Lacedra ha dato vita a una vera e propriarappresentazione corporea del distorto rapporto colcibo che l'anoressia determina.

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Ma molti altri artisti meriterebbero di esserecitati: da Emila Sirakova, con i suoi disegni sustrati di carta oleata, che determinano particolarisfumature, a Willow, l'artista busserese, ormainoto a livello nazionale, con il suo mondomulticoloredi piccoli esserini.O, ancora, la "Pittura geneticamente modificatagrande come una parte opera di un gruppo digiovani artisti che hanno volutoillustrare i possibili effetti degli alimentigeneticamente modificati. Graziose "Le meduse"di Annalù realizzate utilizzandosottovesti, come invece impressionante il ricamosulla pelle di Ilaria Margutti.

Si potrebbe continuare a lungo con l'elenco diquelle che noi profani potremmo definire"stranezze" ma si tratta di opere di rara bellezzache non lasciano indifferenti e che, in qualchemodo misterioso, muovono emozioni.

ARTICOLO TRATTO DALLA RIVISTA "RADAR"

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La mia Biennale… scomposta

By Vanni Cuoghi

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A detta di un nutrito gruppo di meteorologi l'anticiclone,quest'anno, non si manifesterà per intero. Pare che, unaspaccatura, farà si che alcuni paesi dell'Europa nonbeneficeranno dei vantaggi dell'estate. Non so se questoaccadrà; fino ad ora il clima ha giocato brutti scherzi,soprattutto qui nel nord Italia.

A Venezia, un mese fa, andavamo in giro come fossemarzo. Il clima si era accanito su chi aveva già fatto, comeme, il cambio degli armadi. L'effetto della "rottura"dell'anticiclone, ha investito anche la Biennale; anche quile carte sono state mischiate e, l'antico Padiglione Italiaai Giardini, ha visto stagliarsi la figura di un grandeartista: Massimiliano Gioni.

Si, lo so, questa mia affermazione risulta azzardata evolutamente provocatoria, ma l'artista non è colui chedona alla propria contemporaneità uno specchioattraverso cui riconoscersi? Inoltre il principio di scelta diduchampiana memoria conferisce questo "titolo" anchea chi non abbia prodotto artigianalmente l'opera.

L'opera d'arte di Gioni, dicevo, è un lavoro di sartoriastraordinario, colto, lucido e visionario nel contempo.Personalmente sono uscito dai Giardini con un fiorire didomande nuove.

Imran Qureshi

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Il tema del Palazzo Enciclopedico, caroall'artista autodidatta Marino Auriti, vieneaffrontato ponendo sullo steso piano artistinoti e emeriti sconosciuti, intellettuali,psicologi e mistici.Il percorso è una panoramica in cui siavvicendano opere come il Libro Rosso di Jung,i disegni di un bestiario fantastico di Gnoli, leminiature della setta degli Shakers.L'astronave, con il suo carico di storiefantastiche e popolari prende il volo. Gioni,ancora una volta, rompe gli schemi e abbatte iconfini tra la figura dell'artista e quella delcuratore, tra cultura "alta" e "bassa".

In una intervista afferma di essere stato"folgorato" dal American Folk Art Museum diNew York nelle cui sale sono raccolti imanufatti della storia americana e unacollezione di quindicimila disegni di HenryDarger. Visitai il museo circa tre anni fa,quando si trovava ancora vicino al MOMA.Devo dire che ne rimasi profondamente colpitoe compresi il debito che alcuni artisticontemporanei ( Marcel Dzama, Amy CutlerKara Walker) avevano con le copertepatchwork , le sculture in legno e i quadri cheassomigliavano ai nostri ex voto.

Marino Auriti

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Domenico Gnoli

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Animato dallo stesso spirito, ma con uncarattere più ironico e di denuncia, mi èparso il padiglione inglese dell'artistaJeremy Deller's. Qui alcune iconebritanniche vengono smontate in modoleggero, ma efficace.Il video e la sua colonna sonora, tratta da unbrano di David Bowie, mi hannoossessionato per giorni e alla fine hoscoperto che The Guardian l'aveva postatoper intero!http://www.guardian.co.uk/artanddesign/video/2013/may/29/venice‐biennale‐jeremy‐deller‐english‐magic‐video

Ai Giardini i padiglioni che mi hannocoinvolto maggiormente sono stati quelloolandese, israeliano, belga e portoghese.Quest'ultimo era un battello ormeggiatoall'ingresso e rivestito di azulejos (vere ofinte?). L'interno, interamente oscurato,veniva illuminato da tante piccole lucineintermittenti che rivelavano la strutturainteramente ricoperta da tessuti lavoratiall'uncinetto e davano l'idea di trovarsiadagiati su un fondale marino incantato.

Mark MandersPad. Olanda

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Pad. Portogallo

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All'Arsenale il padiglione della Lituania e del Kosovoriportavano l'attenzione ad un rapporto, sempre più labile, trauomo e natura.Al padiglione Italia ho trovato sempreverdi e bellissime le fotodi Ghirri e vibrante e poetica l'installazione di Tirelli eintramontabile l'opera di Paolini.

Fatto sta che, quando sono arrivato ai giardini della Tesa delleVergini era ora di pranzo e, dopo aver visto un tizio cheprendeva a pietrate il cubo di cemento di Piero Golia perraccogliere qualche pagliuzza d'oro incastonata e il Tempio delVerme di John Bock, ho deciso che era arrivato il momento diconcedermi uno spritz con qualche cicchetto di baccalàmantecato.

I veneziani, durante i giorni della Biennale, si armano di unapazienza che rasenta la santità: i turisti affollano le calli consguardo perso nel vuoto e il loro incedere lento e spaesatocrea veri e propri ingorghi umani. Questo deambulare asinghiozzo è dato dalle continue sorprese che la città riserva.Sorprese suscitate, non solo dalle bellezze artistiche, maanche dagli incontri inaspettati.

Vado a vedere la mostra "Wunderkammer" apalazzo Widmann curata da Antonio Nardone.Il progetto è straordinario: Nardone crea unaCamera delle Meraviglie, con opere di artisticontemporanei installate all'interno dellestanze del palazzo e dando luogo a una fintacollezione di bizzarrie reperite durante unaserie di viaggi mai avvenuti.Il primo viaggio si compie, sempre prima, conl'immaginazione.Le opere sono di Wim Delvoye, RobertoKusterle, Stefano Bombardieri, Jan Fabre,Pascal Bernier, solo per citarne alcuni, ma lasorpresa non è finita. Sono fuori a fumare unasigaretta e compare dal nulla il maestro JanFabre che viene a salutare l'amico Nardone!Ecco, mi dico, a Venezia succede anchequesto.

La mostra è aperta fino al 29 settembre nellesale di Palazzo Widmann in calle LargaWidmann (vicino a Rialto) dalle 11 alle 19.

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Jan Fabre

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Marc Quinn

Il giorno dopo, decido di visitare la mostra di MarcQuinn sull'isola di San Giorgio Maggiore allaFondazione Cini.Sul canale della Giudecca, di fronte a S. Marco, stagliauna sua opera gonfiabile di dimensioni gigantesche.La mostra è una delle più imponenti dedicateall'artista. Curata da Germano Celant presenta unacinquantina di opere di cui 15 mai esposte; tra queste"Evolution": dieci blocchi di marmo rosa in cui sonoscolpiti degli enormi feti. L'istallazione è all'aperto e lesculture, poste su due file, sembrano i guardiani di untempio il cui altare è il mare, fonte della vita.

All'interno trovo il famoso autoritratto della testadell'artista fatto con il sangue congelato (sarà il suo?).

Altra opera inedita dell'artista è "The Way of allFlesh", ritratto della modella Lara Stone che posanuda e incinta su un tappeto di carne cruda.Il dipinto è un olio su tela ed è realizzato in manieraiperrealista. Qui, mi pongo poche domande sullatecnica. Tutto è algido, scientifico e immediato.

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Non so perché, ma mi viene voglia diandarmi a rivedere le pale delTintoretto dentro la chiesa di S.Giorgio.

C'è qualcosa che accomuna Quinn aTintoretto. Ripenso all'opera "Iltrafugamento del corpo di S. Marco"dipinto nel 1562 e conservato allaGalleria dell'Accademia.Il comune denominatore è una"carnalità" che non ha nulla a che farecon i limiti dell'umano, anzi, proprio ilcontrario. Sono divinità che prendonosembianze umane.

Io, invece, accuso i segni di unafisicità: sono i troppi chilometrimacinati a piedi.Prima di partire decido di rifocillarmial ristorante "l'Altanella" ( SestriereGiudecca 268 tel 041 522 7780). Laterrazza sul canale, l'antipasto di maree gli gnocchi al nero di seppia miriportano a quella dimensione misticache mi stava abbandonando.

Vanni Cuoghi

Tintoretto  "il trafugamento del corpo di S. Marco"

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”Il gesto del “donare”,dell’”offrirsi” è un gesto dellanatura femminea. L’attesa, ilcostante e laborioso tessere, èla forza della lucidità deltempo, che scorre senzaapparenti cambiamenti, mache nel suo divenire dipanaesistenze. ”

(Ilaria Margutti)

Fu una donna, Arianna, a dare a Teseo il filo per uscire dal labirinto.

Ilaria Margutti by Flavia Lanza

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Un gesto d’amore, quello di Ilaria Margutti. Il gesto diuna donna che “tesse” relazioni con la sua anima, isuoi affetti, tra le vicende più importanti della suavita e che ha il significato del prendersi cura diqualcosa, dell’impreziosirla attraverso un lungolavoro meditativo e manuale, di voler prendersi curadi sé. Un gesto che ci invita a entrare in simbiosi conla sua esistenza, a intrecciarla con la nostra, percrearne di nuove. Le sue opere sono pagine di undiario intimo, personale – come quello ricamato nellibro Catalogo inutile di esistenze tattili, quellopresente nella bacheca Useless box, con le suescatoline di metallo contenenti “brividi”, “difese”,“torpori”, “paure”, quello di Predizioni, il suo ultimolavoro video – o appartenente ad altre donne –come nelle sindoni di E corpore medendo ‐.Il percorso artistico di Ilaria è in mostra, fino alprossimo 20 luglio, presso lo Spazio espositivo diPalazzo Pretorio a Barberino di Mugello con lapersonale “Il filo di Ananke. Scritto sulla pelle”. Lamostra fortemente voluta dall’Amministrazionecomunale di Barberino, curata da Manuela Bacchiegae con testo critico in catalogo, di Lucrezia Naglieri eLara Carbonara, offrirà l'occasione ai visitatori,mugellani e fiorentini, di conoscere un percorso dimaturazione artistica coraggioso e autentico.

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“Tessere, ricamare, rammendare, cucire sono tutte‘azioni’ simbolicamente legate alla ‘creazione’, algenerare della vita dall’attesa.L'ago diviene strumento della ‘creazione’. "L'ago èun medium, un mistero, una realtà, un ermafrodita,un barometro, un momento, e uno zen: non lasciatracce e alla fine scompare. L’unica traccia è laconnessione che ha realizzato” (Kim Sooja). Èpungente, serve a ferire, come pure a ricucire,chiudere, rammendare, ricostruire le linee dellapropria esistenza.Le mani tastano la pelle, ne riconoscono gli orli, neimprimono i solchi, ne rammendano le pieghe.Donne instancabili compongono e definiscono leloro forme, percorrono cavità e sporgenze,attraversano bocca e ciglia, ginocchia e ombelichi,seni e unghie.L’artista non rimargina, ma attraversa le fratturedella carne per trasfigurare le sue tele in uno ‘starepresso di sé’, una cicatrice in cui rinchiudersi e averepace.Il confine è la pelle. Quella cerniera labile e sottilefra interno ed esterno.” (Tratto dal testo critico diLucrezia Naglieri e Lara Carbonara)

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F come Filo

filo s. m. [lat. fīlum]1. a. (tess.) [prodotto della filatura di una fibra: f. perimbastire; calze di f.] ≈ b. (fig.) [al plur. Femm., le fila,elementi costitutivi: scoprire le f. d'una congiura] ≈trama. Per indicare continuità: il f. della vita, nellelocuz. letter. tessere, troncare, rompere, tagliare il f.della vita, detto soprattutto delle Parche; lo sviluppocoerente e la connessione logica dei concetti, in frasidel tipo seguire il f. delle idee, perdere, trovare,ritrovare il f. del discorso, del ragionamento; il f.dellastoria; con altro uso fig., al sing. masch. (talora conallusione più o meno cosciente al filo dato da Ariannaa Teseo perché potesse uscire dal labirinto dopol’uccisione del Minotauro), elemento di guida, diorientamento: avere, seguire un f. conduttore nelleindagini.

“Il filo appartiene al linguaggio di Ilaria Margutti apartire dal 2007. Dalla pittura al ricamo, in unprocesso inverso rispetto a quello che leggiamo nellepagine della storia dell’arte al femminile. Un recuperoa cui Ilaria si avvicina con consapevolezza, cercando (etrovando) conferma nel pensiero di altre artiste comeLouise Bourgeois, Maria Lai, Gina Pane… alcune dellequali hanno sperimentato la pratica artistica comestrumento di conoscenza, atto liberatorio, indaginedel vissuto, ricerca d’identità e anche urlo diribellione. (Adriana M. Soldini)”.

“Il fare del ricamo, che è un fare completamentefemminile, che proviene proprio dall’identitàfemminile, dal sapersi prendere cura, del tessuto maanche del focolare – racconta Ilaria ‐. Un fare che ioriprendo e rendo linguaggio: il ricamo diventa per meun mezzo con cui posso esprimermi con la mia identitàfemminile, che non è quella della pittura o dellascultura, ma che ha proprio a che fare con l’originedella creatività femminile che passa attraverso il filo“.

Filo reale, materiale e filo immaginario, metaforico, chesi fa trama, genera forme, diventa narrazione: filo chemanifesta in sé una straordinaria universalità e che nonpuò non passare attraverso la dimensione del mito –mito s. m. [dal gr. mŷthos] "parola, discorso, racconto,favola, leggenda"] ma anche [dal gr. mítos] "filo, stame,catena" – dal filo di Arianna alla tela di Aracne, dallacorda di Ananke alle abilità tessili di Atena, dalle Moire,che filano e reggono e tagliano i fili del destino deimortali, a Penelope, simbolo della fedeltà coniugale.

#Riflettere sull’immagine del filo come principio diordinamento della realtà: il filo è caos fatto ordine,groviglio che trova struttura, linea che esce dallabirinto. Riflettere sul significato del reggere un filo:per ricamare, filare pensieri, tessere rapporti.#

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P come Pellepelle /'pɛl:e/ s. f. [lat. pellis]. ‐ 1. [strato di rivestimento esterno del corpo dell'uomo] ≈(scherz.) buccia,Ⓣ (anat.) cute, (fam.) scorza. ⇓Ⓣ (anat.) derma,Ⓣ (anat.) epidermide.

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“Fra tutti i sensi, il tatto. E del suo corpo, la pelle. Èsulla pelle che Ilaria Margutti si analizza e sisperimenta.

Pelle, l’esterno della casa in cui l’anima abita: ilcorpo. È l’ultima frontiera dell’essere a direttocontatto con il mondo e la prima linea di difesadell’organismo contro le aggressioni esterne.Epidermide, derma, ipoderma proteggono l’internovulnerabile fatto di muscoli, ossa, organi interni, vasisanguigni.

Strati su strati di tessuti dallo spessore differente aseconda delle zone, a cui lei aggiunge uno strato inpiù: la garza. La garza cura e permette larealizzazione della mappatura delle sue esperienzeche il ricamo evidenzia, il rammendo rafforza, lalarga trama fa defluire attraverso i pori all’internodel suo corpo per rafforzarne l’identità.

Sul disegno naturale della pelle, in un susseguirsi disolchi‐rilievi‐pieghe, Ilaria va a inserire rondellemetalliche dal contorno dentato, piccoli ingranaggidella sua storia che si snoda sull’uso sapiente delfilo introdotto dall’ago senza più remora.Non solo. Si permette di costruire staccionate dispilli e azzardare l’inserzione di spine, che paionofungere da scaglie difensive come quelle dei pesci edei rettili.

In punti precisi, sparge rametti di semi di papavero dalpotere anestetico per ridurre la sensibilità oltre il livellodi guardia. Sono i lembi estremi non ancora raggiuntidalla gestione del dolore, che ha imparato nel temposenza dover narcotizzare le sue terminazioni nervose(Adriana M. Soldini)”.

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C come Cicatricecicatrice s. f. [dal lat. cicatrix ‐icis]. ‐ 1. (med.) a. [tessuto di guarigione su ferite e lesionidi tessuti sia animali sia vegetali]. b. [segno che rimane sulla pelle nel luogo di una feritarimarginata: una c. gli tagliava il sopracciglio] ≈ ‖ ferita, squarcio, taglio. 2. (fig.) [traccialasciata nell'animo da un'esperienza dolorosa] ≈ ferita, lacerazione, marchio, segno.

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Il segno di una cicatrice resta sul corpo persempre, ma senza la memoria del taglio, chepassa attraverso il dolore, diviene una sorta dipagina scritta in una lingua incomprensibile.

Ilaria Margutti sa che i ricami sulle tele sono leferite dei teli e dei corpi. Ferite che ci costringonoad altri movimenti, altre azioni, ad altre scopertedi sé. Non un ricamo inteso come guarigione, macome un’altra possibilità. Così come nella perdita.La mancanza di una persona è un’altra persona. Lamancanza di un corpo è un altro corpo. La tela è:liberarsi dalla perdita per essere perdita. Sottrarrese stessi per tornare a essere complessi. Ma senzal’edificazione di una propria identità: fuori dallaparola nella parola; fuori dalla pelle nella pelle;fuori dalla voce nella voce.

“La tela è un crepaccio. E il crepaccio è la distanzache non ci cuce, il labbro tagliato in origine chenessun filo può suturare. Le parole cheattraversano i nostri corpi sono quei fili che noncuciono, le parole sono la pelle con i suoi segni.Non il Compiuto, ma la metamorfosi è il taglio –che è già nella ferita prima della ferita ”. (VivianaSiviero)

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ANANKE ‐ LA KORE CUCITA ‐ il filo del corpo

LA KORE CUCITAriflessioni per un progetto in opera di Ilaria Margutti

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Le vergini tessitrici del Partenone, tessevano ilPeplo per Athena, Dea della guerra, ma anche dellatessitura.Athena, sfidata dalla mortale Aracne, aveva persola sfida contro la tessitrice di vite e di segreti, leiaveva saputo svelare i sotterfugi e le imperfezionidegli Dei dell'Olimpo.La tela svela e perde al tempo stesso. Perde il pesodel mondo.L'insensato supplizio di Aracne, dimostra la perditadella sua ostinata superbia, ma scioglie gli umanidesideri degli Dei, come nodi di raso.

La parola Kore ha un duplice significato:Kore è il secondo nome di Persefone, Moglie diAde e figlia delle stagioniKore è la scultura greca in posa stante, ricopertadal Chitone che porge un dono agli Dei.Il gesto del "donare", dell'"offrirsi" è un gesto dellanatura femminea.L'attesa, il costante e laborioso tessere è la forzadella lucidità del tempo, che scorre senzaapparenti cambiamenti, ma che nel suo diveniredipana esistenze.

Ho pensato al tempo e al gesto ripetuto, hopensato all'oltraggio del silenzio, quando ho volutoamputare le gambe alla mia figura di donna chereca al petto un dono di spilli.

Una amputazione che lascia spazio al mistero di ciòche la cosa avrebbe potuto essere, come un’anticascultura arcaica greca.l'arte si fa nido nel mistero.l'integrità toglie il dubbio e genera passaggi forzati,ciò che è incompleto lascia spazio al tempo e allecose di come sarebbero potute diventare.

La mia Kore cucita, si dona e dona al tempo stesso.Porta gli spilli, perché la bellezza va guardataattraverso il coraggio e non può mentire.La bellezza ferisce e svela lo sguardo.Questo lavoro dopo tanto rammendare, dopotanto chiudere, ora toglie ciò che appesantisce enon serve.è ora di sganciare l'ancora senza aver paura dellavertigine.pungo i tuoi occhi, perché possano tornare avedere.

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Biografia Ilaria Margutti

Ilaria Margutti (Modena 1971), vive elavora a Sansepolcro, dove svolgeparallelamente l’attività artistica e quelladi docente di disegno e storia dell’arte.Nel 1997 si diploma all’Accademia diBelle Arti di Firenze. Comincia a esporre isuoi lavori dal 1996: JaninebeangalleryBerlino, Wannabeegallery ‐ SanDiego/Milano, MLBhomegallery ‐Ferrara, Bontadosi ArtGallery ‐Montefalco (PG).

Dal 2007 inizia a inserire la tecnica delricamo nei suoi dipinti, che nel tempodiventa il linguaggio in cui sente megliorappresentata la propria poetica.Nel 2008 le sue opere sono finaliste intre premi internazionali: Arte Laguna,Arte Mondadori e premio Embroideres’Guild di Birmingham. Nel 2010 è in Costad’Avorio con “De L’Esprit e de L’Eau”sostenuto dal Consolato Italiano per unprogetto artistico per il ripristino dellacultura nei paesi travolti dalla guerracivile.

Segue progetti per la diffusione dell’arte contemporanea presso ilMuseo Civico di Sansepolcro, di cui è consigliera nellaCommissione: dal 2011 è curatrice di INCONTRI AL MUSEO CONL’ARTE CONTEMPORANEA, rassegna di incontri e mostre con gliartisti emergenti di tutta Italia al Museo Civico di Sansepolcro.Nel 2012, insieme all’artista Enrique Moya Gonzales, cura ilpercorso MICROPISCIN[..]RCHEOLOGICA ad Arezzo, nel quale vedeprotagonisti giovani studenti delle scuole superiori confrontarsicon la progettualità artistica e gli artisti stessi.

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The word of… Chiara Paderi

By Jessica Capra

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Confine.

“ Confine, è il termine che più ora rappresenta il mio lavoro in cui quasi sempre il soggetto principale è la mia figuraall'interno di uno spazio. Questa è un’immobile presenza, il “confine” in un dialogo aperto tra il tempo attuale e letracce del passato.Ciò che faccio è lasciare che i luoghi entrino nel mio lavoro e nel mio modo di sentire.Fondamentale all’interno dei progetti è l’esperienza, intesa come sperimentazione del luogo in cui questa è attuata. Ilmio lavoro diventa perciò una performance che si sviluppa nel tempo che trascorro all’interno degli ambienti chescelgo.Diversamente, in altri lavori il ‘confine’ può essere rappresentato da uno specchio che apre la prospettiva ad unalettura più ampia tra ciò che è la realtà che ci circonda e l'immagine riflessa.”

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Noi, siamo noi i nostri confini, i nostrilimiti. Un famoso slogan pubblicitariocitava ‘Impossible is nothing’…Concordo pienamente, anche secapisco chi ha un pensiero totalmenteopposto a riguardo.Credo fortemente che il limite piùgrande che dobbiamo fronteggiare sia‘noi stessi’.Durante la nostra chiacchierata,Chiara mi ha confidato di essereun’artista molto attiva,fortunatamente Partecipare alla fieraArte Accessibile a Milano, le è servitoper avere nuove idee e ispirazioni… hariempito pagine e pagine con note epensieri, ma, nonostante ciò, stafaticando a realizzarle.

“Spesso mi chiedo: e se le mie ideenon fossero abbastanza, sarannointeressanti per la gente? Il mio lavoroavrà un futuro? Quindi mi fermo,immobile, bloccata in una sorta dibuco nero…”

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Recentemente ho letto Maurizio Cattelan Autobiografianon autorizzata, scritta dal critico e curatore FrancescoBonami – io ho un debole per lui, e per l’ennesima voltapresenta un libro ricco, interessante e motivante – inquesto caso rappresenta una vera fonte d’ispirazione.

Cattelan, uno degli artisti più famosi del mondo, adesso,durante la sua gavetta non era mai sicuro riguardo alleidee che proponeva. È .. tutto così labile… Non tuttoquello che ha realizzato fu un successo. Quello che l’hareso unico però, è il suo continuo proporre nuove opere,che contengono idee connesse ad un momento precisodella sua vita e non arrendersi.Nonostante sia difficile superare tutte le insicurezzecausate da ‘questa giungla’ che è diventata il mondodell’arte, il mio consiglio è non fermarsi, ma provare arealizzare le proprie idee, e, se necessario, riprovare!Il mondo ha sette miliardi di persone, e come sempre,alcune persone ameranno la vostra arte, altre ladetesteranno. Il mondo è bello perché è vario, bisognaesserne consapevoli. Indispensabile però, è credere nelleproprie idee… e sostenerle, lavorando sodo.

“Le idee, in fondo, non sono altro che uova. Non nascenulla se le teniamo chiuse in quella bottiglia che è lanostra testa” M. Cattelan

Chiara è una giovane artista italiana.Nel suo lavoro usa la fotografia perintrodurre l’immagine dell’identità inuno spazio: “A seconda dellanecessità scatto a colori o in bianco enero, in digitale, su pellicola 35mm opolaroid, elaboro le fotografie o leutilizzo così come sono affinché ilsenso dell’immagine sia enfatizzatodalla tecnica che scelgo. Il “mezzo”diventa funzionale alprogetto.Attraverso l’autoscattovivo con ingenuo e libero slancio il“momento”, solo durantel’osservazione del mio lavoro sirivelano il peso e le conseguenze diquell’azione. Carceri, case disabitate,boschi, zone industriali e di periferia,sono i luoghi nei quali concentro lamia ricerca.Lascio che i luoghientrino nel mio lavoro e nel miomodo di sentire.”Le atmosfere e situazioni catturate epresentate sono così, piene diemozioni forti e intense.Scopritele su www.chiarapaderi.com

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Go throughDamien Hirst

by Irene Lasalvia

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Potrebbe piacere molto a Damien Hirst (classe1965) l’idea di questa mostra: diciannoveopere per «Go through», passare attraverso, lavita e le sue fasi seguendo un percorso quasifisico, fatto di bianchi e neri, di luci e ombre.Un omaggio all’artista inglese che i fratelliConte, titolari della galleria «Il Castello»,hanno inaugurato lo scorso 16 maggio. (ViaBrera, 16 Milano)Una mostra nella mostra, grazie a unallestimento scenografico di grande impatto.Una sorta di contesto teatrale e concettuale(idee base dell’arte di Hirst), capace dicoinvolgere lo spettatore «intellettualmenteed emotivamente» (e anche qui ritroviamodue linee guida del lavoro dell’artista).

Per farlo Adriano e Marcello Conte si sonorivolti a Francesco Vitali, regista, fotografo masoprattutto light designer e scenografo di famainternazionale: è lui che, con Elisa Ajelli, hastudiato la collocazione delle due sculture edelle varie acqueforti e serigrafie su sfondi «acontrasto», lungo un percorso che si snodaseguendo cinque temi portanti.

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I «passaggi», evocati dai teschi (ormai cifra indiscussa dellavoro di Hirst); le «soste», che si ritrovano negli spotpaintings; le «seduzioni», nascoste nelle finiture di polvere didiamanti; le «illusioni», contenute negli armadietti dimedicinali con cui l’inglese tappezza da anni i muri di musei egallerie; e infine le «trasformazioni», incarnate dalle farfalle.Una mostra che in piccolo contiene tutta la forza delpensiero di Hirst, la sua idea di morte e dissoluzione,ereditata dal maestro Francis Bacon, ma anche la disperataricerca di un senso legato al ciclo delle cose e alla loroineluttabilità.

Questo appuntamento milanese ci risparmia la visione delleopere più crude ideate dall’enfant terrible della Young BritishArt, le più contestate e le più quotate (animali in formalina,insetti che mangiano cadaveri di mucche, corpi esposti), manon ci risparmia gli interrogativi che il suo lavoro sempresolleva e quello strisciante disagio che permea l’esistenza ditutti gli esseri viventi condannati, volenti o nolenti, a fare iconti con la morte.

La mostra è aperta fino al 18 luglio. Orari: da martedì asabato ore 11‐13.30 e 15‐19, lunedì ore 15‐19, domenicachiuso.

Irene LasalviaCorriere della Sera ‐ 15/05/2013

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