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Anno XXIV n. 5/207 - Giugno 2011 Fondato nel 1988 da GEROLAMO GRASSI Euro 1.25 Editore: Coop. Radio Terlizzi Stereo - Direttore Responsabile: Maria Teresa De Scisciolo n. 239 reg. stampa Tribunale di Trani - Spedizione in Abbonamento Postale 70% autoriz. Filiale di Bari Una città non è fatta solo di case e cose ed ancora strade, monumenti, simboli… Se così fosse, si trattereb- be di una città inanimata, senza cuore, né linfa vitale. La città è fatta di uomini, donne, bambini, che sprizzano gioia, ema- nano luce, producono sviluppo e crescita, attraverso la creatività, il la- voro, l’intelligenza. Le iniziative culturali che una città tiene a battesimo, sono l’espressio- ne concreta di una concezione del vivere, che emana bellezza, attra- verso i mille volti dell’arte. Tra pochi giorni Terlizzi ospiterà la manifestazione canora Il Garofano d’oro. Piazza Cavour farà da cassa di risonanza a musica dal vivo, con esi- bizione di giovani artisti, che vivono la gara con lo spirito di chi ama la musica, e vuole viverne intensa- mente le emozioni. La musica, come tutti i prodotti del- l’arte, fa eccezione alle leggi del mercato. E’ un prodotto che non in- vecchia, che non perde la sua effica- cia ed il suo valore nel tempo. Al contrario, accade che più si ascolti un brano e più lo si apprezzi. Le canzoni del passato riescono ad evocare stati d’animo e ricordi, nei quali è bello perdersi. La musica accompagna i momenti migliori della vita di ogni uomo: il compleanno, il matrimonio, il primo ballo e molto altro ancora. Organiz- zare quindi un evento musicale, si- gnifica offrire alla città emozioni straordinarie. La musica ha il potere di catturare, coinvolgere, entusiasmare o sem- plicemente rilassare. Pensate alla musicoterapia, proposta in gravi- danza e non solo. I benefici sono scientificamente comprovati. Ebbene, questa introduzione per dire che Terlizzi è fortunata, perché il 2 e 3 luglio avrà la possibilità di ascoltare buona musica dal vivo. Torna infatti Il Garofano d’oro. La manifestazione canora è nata su iniziativa del Cav. Vincenzo Colasan- to e dell’on. Gero Grassi, che 30 anni fa pensarono di organizzare un evento culturale, che mettesse in- sieme note e fiori. L’intuizione ha portato i suoi frutti, generando en- tusiasmo e vitalità. Oggi l’organizzazione del concorso canoro è a cura del Cav. Vincenzo Colasanto, Presidente della Coope- rativa Culturale R.T.S. e dell’Associa- Il Garofano d’oro: musica ed emozioni in Piazza Cavour editoriale/Maria Teresa De Scisciolo In questo numero, in allegato, uno Speciale Salute a cura del dott. Nino Giangregorio, già Pri- mario e Specialista in Odontoia- tria e Stomatologia. Il tema trattato, con il solito garbo e la professionalità del dott. Giangregorio, è di straordi- naria attualità: “La nuova fron- tiera dell’odontoiatria, l’im- plantologia dentale. Studio pi- lota”. Ringraziamo il dott. Giangrego- rio per aver scelto di pubblicare il suo studio sul Confronto delle Idee. Siamo certi che i lettori ap- prezzeranno. M.T.D.S. Nuove frontiere per l’odontoiatria segue a pag. 5 >>

Il Confronto giugno 2011

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Anno XXIV n. 5/207 - Giugno 2011

Fondato nel 1988 da GEROLAMO GRASSI

Euro

1.2

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Editore: Coop. Radio Terlizzi Stereo - Direttore Responsabile: Maria Teresa De Scisciolon. 239 reg. stampa Tribunale di Trani - Spedizione in Abbonamento Postale 70% autoriz. Filiale di Bari

Una città non è fatta solo di case ecose ed ancora strade, monumenti,simboli… Se così fosse, si trattereb-be di una città inanimata, senzacuore, né linfa vitale.La città è fatta di uomini, donne,bambini, che sprizzano gioia, ema-nano luce, producono sviluppo ecrescita, attraverso la creatività, il la-voro, l’intelligenza.Le iniziative culturali che una cittàtiene a battesimo, sono l’espressio-ne concreta di una concezione delvivere, che emana bellezza, attra-verso i mille volti dell’arte.Tra pochi giorni Terlizzi ospiterà lamanifestazione canora Il Garofanod’oro. Piazza Cavour farà da cassa dirisonanza a musica dal vivo, con esi-bizione di giovani artisti, che vivonola gara con lo spirito di chi ama lamusica, e vuole viverne intensa-mente le emozioni. La musica, come tutti i prodotti del-l’arte, fa eccezione alle leggi delmercato. E’ un prodotto che non in-

vecchia, che non perde la sua effica-cia ed il suo valore nel tempo. Alcontrario, accade che più si ascoltiun brano e più lo si apprezzi. Lecanzoni del passato riescono adevocare stati d’animo e ricordi, neiquali è bello perdersi.La musica accompagna i momentimigliori della vita di ogni uomo: ilcompleanno, il matrimonio, il primoballo e molto altro ancora. Organiz-

zare quindi un evento musicale, si-gnifica offrire alla città emozionistraordinarie. La musica ha il potere di catturare,coinvolgere, entusiasmare o sem-plicemente rilassare. Pensate allamusicoterapia, proposta in gravi-danza e non solo. I benefici sonoscientificamente comprovati.Ebbene, questa introduzione perdire che Terlizzi è fortunata, perchéil 2 e 3 luglio avrà la possibilità diascoltare buona musica dal vivo.Torna infatti Il Garofano d’oro. La manifestazione canora è nata suiniziativa del Cav. Vincenzo Colasan-to e dell’on. Gero Grassi, che 30 annifa pensarono di organizzare unevento culturale, che mettesse in-sieme note e fiori. L’intuizione haportato i suoi frutti, generando en-tusiasmo e vitalità. Oggi l’organizzazione del concorsocanoro è a cura del Cav. VincenzoColasanto, Presidente della Coope-rativa Culturale R.T.S. e dell’Associa-

Il Garofano d’oro: musica edemozioni in Piazza Cavour

editoriale/Maria Teresa De Scisciolo

In questo numero, in allegato,uno Speciale Salute a cura deldott. Nino Giangregorio, già Pri-mario e Specialista in Odontoia-tria e Stomatologia.Il tema trattato, con il solitogarbo e la professionalità deldott. Giangregorio, è di straordi-naria attualità: “La nuova fron-tiera dell’odontoiatria, l’im-plantologia dentale. Studio pi-lota”.Ringraziamo il dott. Giangrego-rio per aver scelto di pubblicare ilsuo studio sul Confronto delleIdee. Siamo certi che i lettori ap-prezzeranno.

M.T.D.S.

Nuovefrontiere perl’odontoiatria

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il confronto delle ideemensile di informazione fondato nel 1988 da Gerolamo GrassiCorso Dante, 31 - Tel. 080.3513871 (c/o Studio Berardi) - Registro Stampa n. 239 del Tribunale di TraniAnno XXIV - numero 5/207 - Giugno 2011Società Editoriale: Cooperativa Culturale R.T.S. fondata nel 1978 e titolare: · di Testata Giornalistica “Paese vivrai” - Locorotondo, · di Testata Giornalistica Radiofonica registrata al n. 221 del Tribunale di Trani, anno 1978.Direttore Responsabile: Maria Teresa De SciscioloCaporedazione: Antonio GattulliPresidente: Cav. Vincenzo ColasantoConsiglio di Amministrazione: Michele Grassi, Renato BerardiCultura: Paolo De Ruvo, Giuseppe Grassi, Pietro Porfilio, Adriana Gesmundo,Michelangelo Bellomo, Giacomo Angarano, Vincenza Urbano, Giorgia Tricarico,Sara De Bartolo, Klara Valente.

Politica: Nicolò Ceci, Barbara De Robertis, Paolo Alessandro GriecoSanità: Pasquale De Palma, Giuseppe GragnanielloSesto San Giovanni: Michele VinoSport: Antonio GattulliSociale: Brigida SaltarelliArchitettura: Francesco MarzulliServizi fotografici: Michelangelo Vino, Vincenzo VinoGrafica e Impaginazione: CREO adv di Nicola Cantatore (www.creoadv.com)Fotolito e Stampa: Centro Stampa - LitograficaLa collaborazione al giornale è gratuita. Articoli e fotografie, anche se non pubblicati, non si resti-tuiscono. Tutti i diritti sono riservati. Gli articoli pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori e non vincolano inalcun modo la linea di condotta della società editrice e del direttore respon-sabile di questo periodico. Ladirezione si riserva la facoltà di condensare e modificare, se-condo le esigenze e senza alterarne la sostanza,gli scritti a sua disposizione. Per eventuali recensioni, inviare i volumi in duplice copia.Senza il consenso scritto dell’Editore è vietato riprodurre, con qualsiasi mezzo, il giornale o sue parti.

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cultura ed economia

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giugno 2011

Tra Terlizzi e Piazza San Pietro c’è unlegame sempre più forte, più bello.Lo abbiamo constatato in occasio-ne della festività delle Palme, ap-prezzando l’allestimento florealecurato dalla Cooperativa Progetto2000 di Terlizzi e dai fioristi di Pu-glia.Li abbiamo apprezzati, anche unpo’ invidiati, in occasione delle cele-brazioni per la Beatificazione diPapa Giovanni Paolo II.Per saperne di più, abbiamo intervi-stato Michelangelo De Palma, gio-vane imprenditore terlizzese, presi-dente della Cooperativa Progetto2000.Che legame c’è tra i fiori di Ter-lizzi ed il Vaticano? Ne sentiamoparlare spesso in TV.È un legame intenso, che si arric-chisce di anno in anno. L’eco tele-visiva è il frutto di un lavoro di va-lorizzazione del nostro operatoche strutturiamo con l’UfficioStampa dello Stato Città del Vati-cano e che si è andato affinandodal giorno in cui Padre Pio, nelgiugno 2002, veniva proclamatoSanto.La Cooperativa Progetto, anchesulla base della credibilità acquisi-ta, si onora di valorizzare i fiori e leprofessionalità locali, simbolo diuna Terlizzi che ha una gran vogliadi riaffermare le sue vocazioni ter-ritoriali e il suo ruolo nell’ambitodel panorama florovivaistico in-ternazionale.In che anno avete cominciatoad abbellire, con i vostri addob-bi floreali, Piazza San Pietro?Nel 2002, appunto, quando per laprima volta, grazie alla lungimi-ranza di alcuni di noi, ci siamo ci-mentati ad allestire contestual-mente i due luoghi principalidella vita del Santo di Pietrelcina equello che per noi, sino ad allora,era un immenso luogo di culto euna testimonianza di pregio, notaa tutti, del patrimonio storico edarchitettonico del nostro Paese,nel quale l’armonia delle formediviene una sfida creativa per i fio-risti che ci hanno sempre affianca-to negli ultimi nove anni. Non solo fiori di Terlizzi a Roma.In occasione della festività dellePalme, lo scorso anno sono statiposizionati, addirittura, ulivi.Ne parliamo?La scelta di questo meravigliosoalbero non è certo casuale. Oltread essere il simbolo della culturamediterranea è l’elemento costi-tutivo dell’orto del Getsemani diGerusalemme, nel quale Gesù siritira in preghiera dopo la cena

con i suoi apostoli. Ed è il luogonel quale Egli accetta la passione.L’ulivo, quindi è un simbolo fortesia per la chiesa, che per la nostraterra. L’albero campeggia, infatti, nellostemma pugliese quale simbolodi pace e fratellanza ed è, a nostroparere, l’emblema di una tradizio-ne agricola a cui sentiamo di ap-partenere.Negli anni è divenuto il fil rougedei progetti di allestimento dellapiazza. Oggi tutti gli alberi d’ulivo,utilizzati nel corso degli anni sonopiantati nei giardini vaticani,segno indelebile di un popolo ca-pace di una pace durevole.Il mese scorso in Roma si è tenu-to il rito della beatificazione diPapa Giovanni Paolo II. L’allesti-mento floreale è stato curatodalla Cooperativa Progetto2000. Quanta soddisfazione c’èper questa ciclopica impresa?A distanza di tempo suscita in noiimmenso piacere rivedere le im-magini degli allestimenti e saperedi aver contribuito a realizzarequalcosa che agli occhi di tutti ifedeli è apparso come la suggesti-va cornice di un evento tanto at-teso con partecipazione e com-mozione.La cosa che riempie di maggiorsoddisfazione è sicuramente,oltre agli apprezzamenti ricevuti

dai fioristi olandesi, storicamentepresenti negli allestimenti pa-squali di Piazza San Pietro, riceve-re i complimenti della gente co-mune. È bello infatti, rincasando atarda sera dopo una giornata difebbrile lavoro, passeggiare neidintorni della Piazza e risponderealle domande di tante personeche, curiose, si soffermano ad os-servare il tuo lavoro e ad esprime-re il loro apprezzamento in tantelingue spesso nuove alle tue orec-chie.Quanti e quali fiori sono statiutilizzati?I numeri parlano di una vera epropria esplosione di colori e pro-fumi; la piazza è stata letteralmen-te inondata da fiori e piante delnostro territorio. Abbiamo porta-to a Roma 1.700 piante di lavandain fiore, 400 piante di bosso,30.000 rose di diverse tonalitàcromatiche e lentisco, miroclau-dius, ruscus, molucella, gipsophilain fiore e steli di solidago.Oltre ai fioristi hanno lavoratonel progetto anche architettidel verde. Possiamo fare i nomidello staff al completo?Elencare tutti coloro i quali hannopreso parte al lavoro comporte-rebbe il rischio di dimenticarequalcuno. Il gruppo era, per la cir-costanza, strutturato in modo dafronteggiare tutte le esigenze tec-

niche e professionali emergenti.C’erano fioristi giunti da cinqueregioni italiane coordinati daFabio Vecchiato e Mario De Palma,che hanno sapientemente realiz-zato quello che sino a sei mesiprima era rendering progettualerealizzato con grande spinta crea-tiva da dallo studio tecnico di Et-tore Tricarico e Antonio Chiappe-rini. Grande supporto è stato for-nito poi dalla Interflora Italia edall’Associazione Vivaisti Pistoiesie soprattutto dal contributo deitanti giovani che ci hanno offertoil loro tempo nelle pubbliche rela-zioni e nella gestione logisticadell’intero evento.Un progetto così ambiziosoprevede collaborazioni con Entiregionali o tutto è affidato all’i-niziativa privata?Un evento del genere non sareb-be pensabile senza l’aiuto ed il so-stegno di vari enti. La Cooperativa ha ricevuto il pa-trocinio della Regione Puglia - As-sessorato alle Risorse Agroalimen-tari ed il contributo della Cameradi Commercio di Bari.Che cosa avete voluto rappre-sentare con il vostro allestimen-to?L’utilizzo esclusivo delle essenzemediterranee nell’allestimentodel sagrato di San Pietro, dell’alta-re maggiore, dello scranno papa-le, del loggione al quale è stataesposta l’effige di Papa GiovanniPaolo II e del colonnato berninia-no, ha voluto riprodurre la tipicaconfigurazione del Giardino Rina-scimentale all’italiana, omaggiopugliese all’idea di una Italia che,speriamo, sia sempre più unita.Ad allestimento concluso, comesi è espresso il Vaticano?I commenti sono stati davvero en-tusiastici. Come detto, anche lepiù alte gerarchie vaticane, con lequali abbiamo condiviso i princi-pali contenuti del progetto,hanno espresso approvazione peril lavoro realizzato. Non nascon-diamo che ricevere questo tipo diattenzione ci ha riempiti di orgo-glio.Ora torniamo a Terlizzi. Perchénon si percepisce dalle piccolecose che è la città dei fiori?Terlizzi è una cittadina che saesprimere grandi eccellenze pro-duttive e professionali nel settoredel florovivaismo. Certo, l’impe-gno profuso nel quotidiano daitanti operatori del settore do-vrebbe trovare nella sfera pubbli-ca locale un interlocutore attentoe propositivo. Atterrando all’aero-porto di Palese, Terlizzi la si rico-nosce dalle strutture serricole visi-bili dall’alto, ma una volta giuntiin città i segnale di tale eccellenza

/Maria Teresa De Scisciolo

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cultura ed economia

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produttiva sono poco presenti edifficilmente fruibili dai cittadini edai visitatori. Secondo lei è necessaria una ri-progettazione del verde urba-no con sostituzione di piante efiori?Credo che sia assolutamente ne-cessario, ma probabilmente cisono persone più qualificate dime e preposte a tale ruolo per ri-spondere alla domanda.In un’ottica nella quale l’arredo ur-bano e la manutenzione dl verdepubblico sono percepite comesemplici voci di costo del bilanciopubblico è del tutto evidente chenon siano ricercate professiona-lità capaci di progettare e costrui-re alternative paesaggisticamentepiacevoli e soprattutto economi-camente sostenibili. Uno dei criteri attraverso cui oggisi misura la qualità della vita urba-na è la dotazione di spazi verdi

pubblici. È sufficiente, secondolei, per la “Città dei Fiori” la qualitàe la quantità del verde cittadino?Potrebbe essere, a mio parere, ilcardine di un vero progetto di ri-qualificazione urbana a cui anchele aziende florovivaistiche localiparteciperebbero costruttiva-mente, facendo di Terlizzi la lorovetrina permanente.Da qualche anno è rinata la sfi-lata dei carri floreali. Quale lasua opinione in proposito?Iniziativa meritevole di apprezza-mento, ripresa saggiamente dalpassato da un folto gruppo di “col-leghi” caparbi.Come loro sanno, per il futuro, l’i-niziativa andrebbe rivista in chia-ve moderna e dovrebbe riguarda-re l’intera città. Mi piacerebbemolto sperimentare iniziative in-novative di flash mob floreali conallestimenti estemporanei e per-manenti, che interessino i luoghidella vita quotidiana dei cittadiniterlizzesi, capaci in poche ore di

cambiare la veste della città. Stia-mo lavorando a tante idee condesigner e giovani creativi e spe-riamo di realizzarle nel prossimofuturo.Nuovo Mercato dei fiori. Hadato slancio al commercio flori-colo?Se dovessi rispondere sulla basedi quello che mi riferiscono alcunioperatori e collaboratori, dovreidire subito di no.Nel merito era assolutamente ne-cessario riordinare il sistema dellavendita all’ingrosso dei prodottiflorovivaistici, facendo ricorso,però, all’indispensabile coinvolgi-mento di chi nel settore ci opera.L’odierno risultato è una strutturairrigidita dalle stringenti norme diaccesso, un progressivo allonta-namento di grosse fette di do-manda e la nascita di strutture “al-ternative” di vendita lontanedallo sguardo di chi vigila.Per concludere, se dovesse lan-ciare un’idea per trasformareTerlizzi nella città dei fiori,

tanto da attirare turisti, cosaproporrebbe?Il binomio floricoltura-turismorappresenta una interessantesfida per il futuro della città e at-tualmente esistono anche inte-ressanti strumenti per renderla at-tuabile. Proporrei un piano strategico fon-dato sulla floricoltura e più in ge-nerale sull’attenzione alla qualitàdegli spazi collettivi di vita deisuoi cittadini. Doterei le scuole dispazi per imparare sin da piccoliad avere cura del verde, destinereiampi spazi agli orti urbani...abbia-mo tante cose in mente capaci difare di Terlizzi quello che è nell’im-maginario collettivo del resto d’I-talia: un luogo nel quale si perce-pisce la poesia del vivere. Per rea-lizzare tutto questo c’è bisogno didonne e uomini capaci di espri-mere un modo nuovo e condivisodi amministrare la res publica.

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zione culturale Il Garofanod’Oro. L’iniziava si avvale del patrociniodi: Regione Puglia, Provincia diBari e Comune di Terlizzi. L’edizione di quest'anno, il 30°dal primo concorso canoro, pre-vede per sabato 2 luglio, l'esibi-zione dei partecipanti seleziona-ti. Si tratta di una sfida canora ri-servata a 16 nuovi talenti: 8 inetà compresa tra i 5 e gli 11 anni,ed 8 compresi tra i 12 e i 15 anni.Domenica 3 luglio con inizio alle20,30 si esibiranno, invece, sola-mente i 6 finalisti, 3 per ogni ca-tegoria. Sabato 3 luglio la serata sarà al-lietata dal comico Gianni Ciardo,mentre domenica 3 Luglio è pre-vista la partecipazione, diretta-

mente da Zelig , di LeonardoManera.La direzione artistica è stata affi-data ancora una volta a France-sco Scagliola, mentre la condu-zione è stata affidata ad AlfredoGuastamacchia e Maria Rita Mi-noia, voci storiche radiofoniche.Ricco il cast dei personaggi delmondo giornalistico, musicale etelevisivo che interverranno nelcorso della due giorni: LucianoTarricone, Editore di ‘RADIO SE-LENE’ e Presidente di Giuria - Pa-trizia Camassa, telegiornalista diTELEREGIONE - Dino Rubini, bas-sista e componente del famosogruppo ‘LA FAME DI CAMILLA’ -Luigi Loperfido, conduttore epresentatore ‘RAI INTERNATIO-NAL’.

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sociale/città

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giugno 2011

Giovedì 12 maggio all’ultimo pianodella Pinacoteca Michele De Napolisi è svolto il convegno dal titolo ‘Li-beri di…’, nell’ambito del Pon C3“Le(g)ali al Sud” del I Circolo Didat-tico Statale Don Pietro Pappagallo.Con il Patrocinio del Comune di Ter-lizzi e in partenariato con l’Associa-zione ‘Libera contro le mafie’. Ospite d’eccezione del Pon e attesotestimone dell’evento è stato RenzoCaponetti – Presidente dell’Associa-zione ‘Gaetano Giordano’ di Gela(Cl).La sua pregevole testimonianza èstata preceduta dalla lettura diquesta lettera, a firma delle sue duefiglie – Laura e Paola – per raccon-tare ai piccoli studenti del I CircoloPappagallo cosa significhi l’impe-gno quotidiano di una vita dedica-ta a combattere la mafia. Avendoalle spalle una famiglia come tante,ma sempre sulla corda e innamora-ta come poche. Ve la proponiamo integralmente.

punto Renzo non potrà muoversida casa finché l’automezzo nonsarà stato rimosso o finché l’idiotache ha parcheggiato dove nonpoteva, non abbia finito di pren-dere il caffè nel bar accanto. Cosìsuccede che il più delle volte sisono fatte le 11 e Renzo ha giàfatto 300 telefonate per spostaretutti i suoi appuntamenti. Inoltre non è facile per lui fare deiviaggi, anche brevi - come quellifuori porta, magari una gita – ed èassolutamente impossibile im-provvisarne una, perché primadeve essere compilata la famosa“scheda viaggio”, che deve conte-nere itinerario e orari di partenzae di arrivo; e se Renzo sarà o menoaccompagnato dalla moglie odalle figlie. Questa scheda deveessere consegnata almeno 2 gior-ni prima, in modo che gli sposta-menti di Renzo siano sempre

/Nicolò Marino Ceci

Le sue figlie raccontano…

Da sinistra Marisa Minafra, Renzo Caponetti ed altre due insegnanti della scuola elementare don Pie-tro Pappagallo.

“Carissimi bambini, chi vi scrive conosce bene Renzoe vuole raccontarvi un po’ dellasua vita da un punto di vista diffe-rente. Vi scrive qualcuno per cuiRenzo, prima di esser il sig. Capo-netti è il nostro papà!Vedete, le giornate di Renzo ini-ziano sempre allo stesso modo: seRenzo decide di uscire la mattinaalle 9, deve avvisare gli uominidella scorta la sera prima, poichiamare la mattina verso le 8 incommissariato e sperare che nes-sun idiota abbia deciso che il par-cheggio sotto casa, tutto transen-nato e pieno di cartelli di divietodi sosta, sia stato tenuto libero ap-positamente per lui. A questo

prima comunicati al Commissaria-to di Gela, che li comunicherà asua volta al Commissariato dellacittà che dovrà raggiungere. Di-ciamo che questa cosa stressa dipiù la moglie di Renzo, che vor-rebbe andare a trovare più spessola sua figliola che ha da pocoavuto un bimbo e che abita fuoriGela, senza per questo doverloprogrammare con largo anticipo.Da quando è sotto scorta poiRenzo non guida proprio più; ciòsignifica che sono 5 anni che nonporta la macchina: diciamo che aquesto punto nessuno accette-rebbe più un passaggio da lui…. Una cosa che Renzo non può fareè andare al mare, come dovrebbe

“Io, se fossi dio, griderei che inquesto momento son proprioloro il nostro sgomento: uominiseri; uomini rispettati, così nor-mali e al tempo stesso spudora-ti, che se li guardi bene ti sem-brano persone, persone buoneche quotidianamente ammaz-zano la gente con una freddezzache Hitler a confronto, mi fa te-nerezza.” (Giorgio Gaber)Spiegare a bambini di 8 annicos’è la mafia significa ammet-tere che il Male esiste. E che samimetizzarsi talmente bene nelquotidiano, da apparire “bana-le”.I piccoli studenti - oltre 100 indue giorni, l’11 e 12 maggioscorsi - del I Circolo Don PietroPappagallo coinvolti nel Pon C3‘Le(g)ali al Sud’ hanno però di-mostrato grande capacità diascolto e di comprensione delle‘lezioni’ tenute da Renzo Capo-netti – Presidente AssociazioneAntiracket ‘Gaetano Giordano’ diGela (Cl) – esperto esterno delprogetto.“Chi sono i mafiosi?” Nei cartonianimati i malvagi - sadici e dibrutto aspetto - sono immedia-

tamente riconoscibili perchépredicato della funzione peda-gogica del cartone stesso, chedeve insegnare a distinguere ilbuono dal cattivo - che per natu-ra è spinto da un istinto malva-gio nel far soffrire gli altri. Ma nella vita il bianco e nerosono rarissimi: la difficoltà dellelezioni del sig. Caponetti è consi-stita nel far capire ai piccoli di-scepoli che esistono personeche fanno del male perché dalsupplizio causato agli altri, trag-gono del bene per sé stessi. Pare un paradosso, ma è lamesta realtà che uomini comeRenzo Caponetti cercano dicombattere ogni giorno, anche acosto della propria vita. Impren-ditore; figlio di mamma leccesee di ufficiale dell’Aeronautica ge-lese, sin da piccolo impara adamare le regole e a rispettarle.Impara anche che la libertà è unbene che si ottiene solo combat-tendo strenuamente.Così nel 2005 Caponetti fonda aGela l’Associazione Antiracket. Ilgiorno prima di diventarne Pre-

/Nicolò Marino Ceci

Pon ‘Le(g)ali al Sud’

segue a pag. 6 >>fare? Dire ai suoi poliziotti “forzaspogliatevi che si va al mare!”, po-liziotti in servizio in costume!!!Non si può proprio fare, e poi conla pistola in bella vista!!!? Perciò vain piscina, si mette tranquillosotto l’ombrellone a leggere ilgiornale e non si abbronza mai! Eanche quando a fine stagione hafinalmente preso un po’ di colori-to, ci pensa il cloro della piscina afarglielo sparire. Quando l’anno scorso, la figliagrande di Renzo ha partorito unbimbo, ad aspettarla fuori dallasala parto c’era il suo papà più idue agenti di scorta che ahinoi,avevano fatto un turno di 12 oreed erano quasi più distrutti dellapartoriente.Un’ultima cosa dobbiamo propriodirvela: quando Renzo decide diandare al cinema, i poveri poli-ziotti che gli fanno da scorta de-vono sorbirsi il film scelto da lui enoi non vorremmo mai trovarcinei loro panni!!!!Insomma, vi abbiamo parlatodelle tante piccole difficoltà che

Renzo deve affrontare quotidia-namente, ma non vi abbiamodetto che il pregio enorme diRenzo è quello di affrontarle sem-pre con un grande sorriso; infattinon lo vedrete mai scendere dacasa imbronciato, anche se haaspettato per ore di poter uscire.Non lo vedrete mai demoralizzatoo afflitto, ma sempre combattivoe ostinato, perché la battaglia,Renzo, deve vincerla ogni giornocontro quelli che sperano cheprima o poi si stufi e lasci perderetutto. E poi se avesse l’aria tristecome potrebbe convincere com-mercianti e imprenditori e denun-ciare i cattivi che vogliono appro-fittarsi dei più deboli? Cari bambini, ascolterete unuomo coraggioso e anche simpa-tico; noi siamo molto fiere di lui elo siamo da prima che diventasseil Presidente dell’associazione An-tiracket. Vi auguriamo buon lavo-ro e soprattutto vi auguriamo unaBuona vita all’insegna dell’onestàe della verità. E sorridete!!!”

Laura e Paola Caponetti

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sociale

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sidente, subisce il primo attenta-to: catenata nel costato mentreera in moto. Costole rotte; e lascorta rifiutata, per ‘rimanere li-bero’. Appena guarito, un nuovoattentato, sempre mentre era inmoto: un ragazzo cerca di ucci-derlo. Caponetti cade con lamoto e le costole si riaprono.Solo allora costui comprendeche vivere sotto scorta non sa-rebbe più stata un’opportunitàma una necessità. In cinque anniquasi mille mafiosi arrestati gra-zie alle denunce di oltre centoimprenditori-soci dell’associa-zione Antiracket. Con il risultatoche nel 2005 il 98% dei commer-cianti gelesi pagava il pizzo,

mentre adesso solo il 23%. Unabottiglia di benzina lasciata ac-canto all’automobile della signoraCaponetti, fa comprendere all’ala-cre imprenditore antimafia la por-tata del suo operato, la responsa-bilità e il rischio – estesosi a mac-chia d’olio anche sulla sua fami-glia. Una moglie che rifiuta lascorta, due figlie – esortate dalpapà ad andar via da Gela perchénon più sicura per loro. Una casa-bunker con telecamere a circuitochiuso per ventimila euro. La scor-ta dal mattino alla sera, impossibi-le per il sig. Caponetti una tran-quilla passeggiata per la città. Leingiurie dei pregiudicati; la capar-bietà dell’uomo che ammonisce:“questo è un momento; passerà.Arriverà il giorno in cui anche loro

Renzo Caponetti con i ragazzi della scuola elementare don Pietro Pappagallo

non ci saranno più.” “Ma io non sono un eroe” – haesclamato più volte Caponetti.Chiosando: “io sono un normalecittadino che ha rispetto per glialtri e che fa il suo dovere. Lapaura? E’ un sentimento che ri-spetto: rispetto molto la pauradegli altri, anche se non semprela capisco.” Brecht diceva: “povera quellaterra che ha bisogno di eroi”; mail punto è proprio questo: occor-re esser eroi per essere liberi? Bi-sogna esser eroi per amare lapropria terra come la propriastessa vita? Si tratta di interroga-tivi destinati a rimanere senza ri-sposta, ma che racchiudono insè il mistero tellurico e il fascinosulfureo di un uomo controcor-rente che a 60 anni ha negliocchi l’entusiasmo di un bambi-no, la forza di un baldanzosogiovanotto e l’anima incorrotta.Sig. Caponetti, si sente maisolo?Prima di partire per Terlizzi, è ve-nuto a mancare mio suocero; mala prima a invogliarmi a venire quida voi è stata proprio mia moglie.Ogni volta che mi volto indietrosento la mia famiglia vicina chemi incoraggia continuamente,con le mie figlie sempre a fare iltifo per me… cosa posso chiederdi più?

L’11 maggio scorso nel Centro Studi‘Aldo Moro’ si è tenuto il convegnodal titolo ‘legalità come impegnocivile’. Sono intervenuti Ernesto DeRobertis – Presidente del CentroStudi, Renato De Scisciolo – Presi-dente Regionale dell’AssociazioneAntiracket, Michele Grassi – Consi-gliere Comunale e Renzo Caponetti– Presidente dell’Associazione Anti-racket di Gela (Cl). De Scisciolo haofferto una testimonianza piutto-sto lucida e critica, parlando diracket e di usura, che attualmenteinteressa direttamente anche la no-stra Terlizzi. Lo abbiamo intervista-to.Ha parlato di 3 processi diusura, attualmente in corso, aTerlizzi.Sono tre processi estremamentesignificativi sia per lo spessore cri-

minale degli imputati, sia per l'in-cidenza sulla piccola economia lo-cale, che gli stessi riuscivano acondizionare con attività di estor-sione e di usura sugli operatoricommerciali. Un segnale impor-tante soprattutto dopo tanti annidi parole e pochi fatti. In due deitre processi inoltre l'Associazionesi è già costituita parte civile. La sua proposta all’Amministra-zione Comunale?Sarebbe auspicabile che l'Ammini-strazione comunale partecipasseattivamente alla nostra Associa-zione, come del resto altri Comunihanno già fatto. Un plauso va alComune di Molfetta che ha aderi-to attivamente al nostro impegno,mettendo a disposizione l'attuale.Sede, ormai strategica a livello re-gionale.

Perché è importante che il Co-mune si costituisca parte civile?Per l'imprenditore danneggiato èfondamentale sentire vicine le Isti-tuzione che rappresentano l'inte-resse comune per la lotta a feno-meni tanto dannosi e diffusi comequelli dell'estorsione e dell'usura. IComuni non possono ignorarequesta esigenza di legalità.Quali attività l’Associazione stapromuovendo al momento?Siamo in procinto di attivare unnuovo sportello antiracket nel ter-ritorio ‘caldo’ di Altamura ed è inprogetto l'organizzazione di una

nuova sede a Bari. Continuiamonella campagna di informazioneattivata quest'anno “io denuncio”,che ha visto e vede il costante sup-porto delle Forze dell'Ordine, dellaMagistratura, delle Provincie diBari e Foggia, nonché della Regio-ne Puglia.Chi è Renzo Caponetti?Renzo Caponetti è un collega chesi occupa di racket nel territorio diGela, nota area critica per la mas-siccia presenza del fenomeno ma-fioso che recentemente, insiemeal sottoscritto è stato riconfermatoai vertici della Federazione Anti-racket Italiana. Perché non tenere un gemellag-gio con la sua Associazione An-tiracket?Il gemellaggio è fondamentaleper scambiarsi le proprie espe-rienze e rendere sempre piùefficace la nostra azione.La Puglia non è la Sicilia; qualisono le cifre del fenomeno nellanostra regione?L'usura è in forte incremento, inconseguenza della crisi economi-ca. Fortunatamente non abbiamouna situazione tanto critica comequella siciliana.E Terlizzi come si colloca in que-sto scenario? E' presente a Terlizzi il fenomenodell'usura e del ‘cavallo di ritorno’. Icittadini devonocomprendere l'importanza delladenuncia come responsabilitàpersonale nella attuazione delsenso civico che ciascuno deveesprimere collaborando con leistituzioni e le forze dell'ordineche, per fortuna, nel nostro territo-rio sono estremamente compe-tenti, disponibili e efficaci.Se un imprenditore vuole rivol-gersi alla vostra associazioneper denunciare, cosa deve fare?Deve chiamare il numero3293616000 o contattarci all’indi-rizzo mail: [email protected], o visitare il sito wwanti-racketpuglia.it . Può inoltre rivol-gersi al nostro sportello il martedìe il giovedì dalle 16,30 alle 18,00,in piazza Vittorio Emanuele 9/10Molfetta

/Nicolò Marino Ceci

Renato De Scisciolo risponde

Da sinistra: Nicolò Ceci, Renato De Scisciolo, Renzo Caponetti

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culturagiugno 2011

Anche quest’anno i giovani dellanostra città e non, hanno avutol’opportunità di esibirsi con i pro-pri gruppi musicali di fronte ad unpubblico silenzioso e particolar-mente attento, grazie all’Associa-zione culturale ‘Sovero’, che ha or-ganizzato per il 9° anno consecu-tivo la rassegna musicale ‘900 Gio-vani. L’evento, che nel corso degli anniha visto un crescendo di qualitàmusicale ed interesse da parte delpubblico, sempre più numerosogiunto anche da fuori, è organiz-zato dal Presidente dell’Associa-zione il prof. Luigi Dello Russo edal M.° Giampaolo Caldarolacome coordinatore e Direttore Ar-tistico. L’inaugurazione di questaedizione è avvenuta presso la“Sala Eventi” di via Aminale, nellacalda serata di Sabato 14 Maggiocon il concerto dell’orchestra difiati della banda “V. G. Millico” di-retta egregiamente dal M.° Salva-tore Campanale e dei Cori “Milli-co” di Terlizzi e “Cantatore” diRuvo, incentrato esclusivamentesulla celebrazione del 150° Anni-versario dell’Unità d’Italia, attra-verso le travolgenti e patriottichenote di sinfonie e cori di GiuseppeVerdi, ma anche di altri indimenti-cati nomi del panorama musicalerisorgimentale come Mercantini,Giorza, Cordigliani, Novaro, senzavoler tralasciare l’impeto di “Guer-ra guerra!” dalla Norma di Bellini oalcune pagine del nostro conter-raneo Saverio Mercadante.Il 21 Maggio la cornice diventaquella dell’Auditorium ‘Sacro

Cuore’ e i gruppi avvicendatisi sulpalco questa volta sono due. Laserata è stata aperta da un ‘Duo’formato da Rosita Lorusso al violi-no e Paola Durante alla chitarra,che hanno proposto all’attenzio-ne del pubblico alcune musichedi Molino, Gragnani e Paganini.Nella seconda parte le sonoritàtenui e romantiche del violino edella chitarra, hanno lasciato spa-zio all’esplosività e alla maestositàdegli ottoni del ‘Millico BrassQuintett’ formato da DomenicoPellegrini e Aldo Di Tommaso alletrombe, Giacomo Angarano altrombone, Giacinto Caldarola alcorno e Giuseppe Pellegrini allatuba, che hanno coinvolto il pub-blico con un repertorio partitodalla musica barocca con la Sona-ta di Charpentier, per arrivare alNovecento con Mayer, Don Gills,Rota e Beatles; il gruppo era allasua prima esibizione ed il pubbli-co è parso quasi sorpreso dall’in-solita formazione, così difficile daascoltare dal vivo che ha dato vitaa sonorità particolari, ora morbidee suadenti, ora imperiose, profon-de o briose, capaci di rispecchiarsiin suoni di antica provenienza, oin un ‘sound’ assolutamente mo-derno.La terza serata è stata probabil-mente la più seguita: il 29 mag-gio ancora nella “Sala Eventi” sisono esibite due formazioniprofondamente diverse tra loro.La prima parte è stata affidata aIsabella Fortunato e Stefania Lofo-rese in un concerto a quattromani al pianoforte, con musiche

di due pietre miliari di questostraordinario strumento come Ra-chmaninoff e Debussy. Il concer-to si è poi concluso con il travol-gente trio composto in primisproprio dal Direttore Artisticodella manifestazione GiampaoloCaldarola ai sassofoni (soprano,contralto e baritono), da TeresaDangelico al violino e ancora Ste-fania Loforese al piano proponen-do, tra gli altri, alcune pagine diimportanti compositori del Nove-cento quali Korsakov, Shostakovi-ch, Piazzolla e Morricone.Alla mia domanda sul perché diuna rassegna musicale compostaprevalentemente da giovani epensata esclusivamente per essi,il Prof. Dello Russo mi risponde inmodo chiaro, specchio anchedella sua visione di completezza eassimilazione di tutto il panoramamusicale da parte del pubblico:“ideai , a suo tempo, un percorsotriplice per avvicinare la cittadi-nanza terlizzese alla musica colta edi qualità: Il ‘Millico Festival’ per lamusica barocca, '900 Giovani per lamusica 'ostica' del '900, infineun ‘Sovero Jazz’, appunto di jazz,nel cortile antistante la chiesa diSovereto. Insomma si trattava dicoprire così tutta, o quasi, la storiadella musica. La seconda sceltaaveva anche una funzione sociale;venire cioè incontro ai giovani usci-ti, o sul punto di uscire, da un con-servatorio per dare loro un inizialepalcoscenico per i loro bisogni diaffermazione in una possibile car-riera musicale e di soddisfazionepersonale dopo anni di studio. La

scelta della letteratura musicale del'900 era una forma di provocazioneper verificarne le capacità, tenutoconto di una certa difficoltà di ese-cuzione rispetto a quella più tradi-zionale romantica”.Il professore non nasconde peròanche ostacoli di natura economi-ca a cui l’Associazione è andata in-contro nell’organizzazione di talieventi, che hanno ad esempio an-nullato del tutto il ‘Sovero Jazz’, mache rischierebbero di compromet-tere anche l’importantissimo even-to quale il ‘Millico Festival’ o la ma-nifestazione di cui ho affrontato,proprio a causa della precaria si-tuazione economica che riguardale spese, non supportate da spon-sor né pubblici, né privati, ma per dipiù da un pubblico spesso troppopoco attento e insensibile a unacultura musicale forse ritenuta eli-taria. Ha chiuso poi facendo un bi-lancio della rassegna che, anche amio parere e del Direttore Artistico,non poteva che essere positivo: “lapresenza del pubblico, in particolarmodo nella prima e nella terza se-rata, è stata molto consistente, par-tecipazione anche di gente dipaesi limitrofi o di quelli dei giova-ni musicisti. L'entusiasmo si vedevae si sentiva...mi dispiacerebbe seuna iniziativa del genere dopo bennove edizioni andrebbe perduta,ma questo si verificherebbe pur-troppo se non ci saranno apporti diforze giovani nella organizzazionee soprattutto economiche nella ge-stione delle spese”.

/Giacomo Angarano

Il 7 maggio 2011 presso il Cen-tro Culturale Auditorium di Mol-fetta si è tenuta la presentazio-ne del 19° volume della serieQuaderni della Biblioteca CentroCulturale ‘Auditorium’, edito se-condo i tipi ‘La nuova Mezzina’. Iltitolo del volume in questionerestituisce con chiarezza da epi-gramma l'oggetto del testo pre-sentato : MARIA GRITTANI. Unapiccola donna forte, nei trent'an-ni della dipartita. L' autrice, RosaTarantini Grittani, che ha giàpubblicato alcuni resoconti bio-grafici su Don Ambrogio Gritta-ni, suo zio, fondatore dell'Operapia S. Benedetto Giuseppe

Labre per l'eliminazione dell'ac-cattonaggio, presenta stavoltaun'accurata ricostruzione del per-corso spirituale di Maria, sorelladi Don Ambrogio, affine al fratel-lo nelle scelte di vita e nell'impe-gno sociale.Dopo la morte di Don Grittani,Maria vende tutte le sue pro-prietà per salvare l'Opera, desti-nata al fallimento, e prende inmano le redini del progetto di-ventandone direttrice. Continuale pubblicazioni di Amare, setti-manale lanciato per la primavolta da Don Grittani nel '44.

Sotto la sua guida, per laCasa molfettese s'avviaun processo d'espansio-ne sul territorio, prima aSeclì nel leccese, poi aCastellaneta nel tarantino, aCorsano, Maruggio, Toritto eanche nella nostra città, Ter-lizzi. L'Opera attraverso lasua azione quotidianaha salvato molte vitadalla disperazionedella strada, dallasolitudine, dallamorte. All'eventoera presente tra i re-latori anche il terliz-zese Renato Brucoliin qualità di edito-re associato al pro-getto e studiosolocale di storia ec-clesiastica, il qualerichiama tutti, let-tori e studiosi, a ri-

flettere sul messaggio difede e di vita che emergecome marmo dalla storia

di queste due vite : “Anzi-ché scalmanarci a interpellareun Dio troppo spesso conside-rato assente ingiustificatonelle storie personali e comu-

nitarie, è preferibile testi-moniarlo nel cammino

doloroso e festosodella vita, con atten-zione preferenzialeagli ultimi. E' questo

la grande lezione diAmbrogio Grittani,

fatta propria da Mariaattraverso il percorso

di accompagna-mento del fratello

prete e di quantilui ha voluto in-contrare nell'e-spressione della

carità cristiana”.

/Francesco Bonaduce

Una piccola donna forte,nei trent'anni della dipartita

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cultura

Il 27 Maggio l’Associazione Cultu-rale e Scacchistica ’La torre deltempo’, con il patrocinio del Co-mune di Terlizzi, ha tenuto il con-vegno “Un mare di veleni” pressoil Salone de Paù della BibliotecaComunale.‘Inquinamento e avvelenamentodella flora e della fauna marittimaa causa di ordigni e residuati belli-ci a contenuto chimico, nel mareAdriatico e in particolare sullecoste molfettesi. Distruzione dellavita nei fondali interessati, dannigenetici, malattie degenerative,morte delle specie viventi.’Parole queste che fanno vacillarela terra sotto i piedi?La proiezione del filmato N.A.T.O.“Red Code”, i documenti messi adisposizione degli ospiti e le argo-mentazioni addotte, da chi è in-tervenuto nel corso dell’evento,hanno reso noto quanto effettiva-mente sia in pericolo il nostro ter-ritorio.Il mare Adriatico nello specifico,ma poi il Mediterraneo tutto, sipresenta “pattumiera” nonché “di-scarica bellica”dal momento che èricettacolo di sostanze altamentetossiche, sprigionate soprattuttodai gas scaturenti da bombe risa-lenti ai due conflitti mondiali, maanche da quelle di scontri più re-centi.Si annovera che dal 1943 al 1946siano stati inabissati davanti allecoste pugliesi enormi quantità didispositivi bellici a caricamentoconvenzionale e speciale conte-

nenti 26 tipi di veleni diversi tracui yprite, adamsite , arsenico, cia-nuro e molto altro.Ancora oggi se ne avvertono leconseguenze infauste: in primischi viene a contatto con esse ri-scontra gravissimi problemi di sa-lute; in secundis è progressiva-mente scomparso il pesce autoc-tono del litorale pugliese e quelloche ne è rimasto presenta delleanomalie genetiche; in tertiis lealghe tipiche dei fondali pugliesisono state spazzate via del tutto.Per far fronte ad una situazionecosì allarmante si è proceduto aduna bonifica e un ripristino del-l’ambiente naturale ma spesso icosti troppo alti, le apparecchia-ture troppo dispendiose perpoter prendere in esamina conge-gni di guerra a gran profonditànel mare, hanno posticipato la ri-soluzione del problema a data,forse, da destinarsi.Dinanzi ad una realtà così com-plessa, occorre prenderne co-scienza e valutare accuratamentequali sono i rischi cui la salute no-stra e del paesaggio è esposta;dopodiché ciascun cittadino ha ildiritto di sollecitare le istituzionipubbliche affinché prendano serie concreti provvedimenti per latutela di noi tutti.

/Vincenza Urbano

La torre del Tempo induce Terlizzi a riflettere

Le testate giornalistiche locali La Nuova Città e Il Confrontodelle idee rilanciano, anche questo mese, la volontà di sensibiliz-zare l’opinione pubblica e le Istituzioni, rispetto al desiderio di An-tonio Volpe di donare alcune sue opere al Comune di Terlizzi. Avendo raccolto, diverse opinioni spontanee a riguardo, abbiamopensato di raccogliere per iscritto tutte le sollecitazioni che vorre-te inviarci. Le pubblicheremo sui nostri giornali. Vi invitiamo a scri-verci, corredando il testo di generalità, facendo riferimento agli in-dirizzi e-mail:• [email protected][email protected] inviando le vostre lettere agli indirizzi:Il Confronto delle Idee c/o studio Berardi, Corso Dante, 31 TerlizziLa nuova città Provinciale Terlizzi Mariotto, 33 Terlizzi

Storico addetto stampa delPresidente Nichi Vendola; ap-passionato giornalista Rai, ariadistinta, giacca scura,pantaloni chiari,mocassini. Lo sivede poco aTerlizzi, sgu-sciare fugacetra vicoli earchi la matti-na o passeggia-re piacevolmen-te su Corso Dantenelle fresche serate.Dopo il M° Visaggi e il Prof.Dello Russo, questo mese ab-biamo ascoltato una nuovapersonalità di spicco della cul-tura terlizzese in merito al Tea-tro ‘Vito Giuseppe Millico’: VitoMarinelli. È mai entrato nel teatro Milli-co?Quando era un cinema certo cisono entrato. Dopo la chiusurano. L’Amministrazione vuoleinaugurarlo quest’anno:ci riuscirà?Se lo dice vuol dire che puòfarlo. Che rischio c’è che si tratti diuna mera inaugurazione enon di un’effettiva apertura?Se si apre un teatro, non è soloper celebrarne l’inaugurazio-ne, ma per consentirne la frui-zione a tutti i cittadini. Speroche si apra al più presto. Se lei ne fosse il Direttore,come lo gestirebbe?Stilerei un programma poliva-lente – che comprenda prosa edanza ad esempio -, che possaaccontentare tutti i gusti e leesigenze di un pubblico chenon sia solo quello terlizzese:si dovrebbe infatti anche cer-care di guardare ad un’utenzache sia transcomunale.Non dobbiamo infatti ragiona-re da “pollaio” locale, ma anzidobbiamo considerare che ilteatro è espressione di ricchez-za culturale di una comunitàallargata. Sono per una gestio-

ne di qualità, affidata a personeche siano del mestiere. I

comuni non gesti-scono mai i teatri,

che sono infattigestiti sempreda operatoriculturali adhoc.

Che bilancio haun teatro di

media caratura?Dipende dal cartellone

delle iniziative che si voglionofare.E il teatro terlizzese che bi-lancio potrebbe avere?Almeno 150 mila euro all’anno.Il punto di forza del TeatroMillico.Il circondario – intendendopaesi come Corato, Molfetta eRuvo, dove c’è un piccolo tea-tro - è sprovvisto di contenitoridi questo tipo: quindi ritengointelligente guardare ad un ba-cino di utenza così ampio.Molti terlizzesi vanno spesso alKismet a Bari: perché non ripro-porre tutto questo al contrario,cioè attirando gente da fuori ainostri spettacoli?E una fragilità..E un teatro piccolo, quindi sa-rebbe difficile proporre grosseproduzioni.A proposito, chi vedrebbecome Direttore Artisticodella struttura?Una persona abituata a fre-quentare teatri. Non servonopersonalità ma persone certa-mente competenti in materia.A conti fatti, quando secondolei entrerà in funzione questabellissima struttura?Mi auguro che stiano già lavo-rando per il cartellone del2012.Vuole fare un appello all’Am-ministrazione Comunale?Fate presto perché abbiamoaspettato tanti anni; ci sonogiovani che questo teatro nonl’hanno mai visto.

/Nicolò Marino Ceci

Il punto di vista del giornalista RaiVito Marinelli

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giugno 2011 religione

E' una parola composta da “ad” pre-posizione di moto e “scàndere”,dalla radice sanscrita “skand; skan-dati”, che significa saltare, cadere,discendere. Puoi confrontare il di-zionario etimologico di O. Parmigia-ni; il dizionario Devoto-Olli, al verbo“ascendere” annota: verbo intransi-tivo (coniugato come scendere).C'è poco da dire: ogni parola ha lasua storia individuale, che meritaattenzione e conoscenza per ... nonparlare e scrivere a sproposito! E al-lora si capisce che è fatica salire edanche scendere, e che per saliremolto in alto, devi scendere proprioin basso, nel più profondo.Si potrebbe compiere una verificanella storia; per brevità, decido diverificarlo nell'archetipo, così diven-ta chiaro che ogni “derivato” deveseguire la stessa traiettoria.Gesù di Nazareth è asceso al cielo,40 giorni dalla sua resurrezione, esiede alla destra del Padre, perchèpur essendo Dio, in tutto uguale alPadre e allo Spirito Santo, decise didiventare uomo per salvare l'uomo:un salto in discesa, infinito. Quasinon bastasse, si è fatto uomo obbe-diente fino alla morte; di più, allamorte di croce: una morte davveroinfamante, indegna di un uomo ap-partenente ad un paese civile. Per un ebreo, e Cristo lo è fino infondo, è anche un maledetto, perfi-no da Dio (secondo il diritto e la cul-tura ebraica)!Questo tuttavia non è il gradino piùbasso toccato da Cristo.Decidendo di rimanere vivo e vero etutto intero, cioè corpo, sangue,anima e divinità nell'Eucarestia, haperduto ogni tutela giuridica. Peressere schiodato morto dalla croce,ci volle l'autorizzazione di Pilato;violare la tomba e/o i cadaveri, èreato e disonora chiunque e dovun-que: e questa è civiltà.Gettare, calpestare, strapazzare ilpane (e ogni ostia eucaristica è difrumento, è pane certo) a piacimen-to, gettarlo nel cassonetto tra i rifiu-ti, non è soggetto a colpa alcuna,tutt'al più è mancanza di buongusto, di rispetto verso il creato e ilCreatore, di offesa per gli affamati.

A questo punto diventa un po' piùchiaro di quale gloria immensa èstato coronato Gesù di Nazareth, ilfiglio di Dio che si fa anche uomo,crocifisso, Risorto, asceso al cielo, eseduto alla destra del Padre Dio.E' chiaro che non è andato a sedersiin qualche galassia o in un pianetavicino a noi per gettare ogni tantoun'occhiatina sul nostro piccolomondo. Glielo hanno chiesto a Va-lentina Tereskova, la prima astro-nauta a solcare il cielo, ha risposto achi glielo chiedeva: Non ho incro-ciato nessun Dio in cielo! Ma è la do-manda che è, scegli, bovina o asini-na!Il cielo non è un luogo e Dio non èoggetto ma è spirito come la tuaanima; il Risorto entra a porte chiu-se, abita nel tuo cuore se lo ami.“Ascese al cielo” vuol dire semplice-mente che Gesù di Nazareth, per es-sere disceso fino a farsi pane, è statoglorificato come nessun'altra crea-tura mai sarà glorificata; dinanzi aLui si curvano ad ossequiarlo gli spi-riti più alti del cielo, della terra edegli inferi.Bisogna pure aggiungere che Cri-sto, con la sua ascensione al cielo,non ha inteso dire: torno dove eroprima e ... pace e bene; arrangiatevi;fatti vostri.Tutt'altro. Dopo la traiettoria da luistesso tracciata: “Son uscito dalPadre, sono venuto nel mondo, la-scio il mondo e torno al Padre”, harassicurato i suoi primi discepoli e ipresenti: “Io sono con voi tutti i gior-ni, fino alla fine del mondo”. Prima di morire aveva detto ai suoidiscepoli per confortarli: “Chi miama, sarà amato dal Padre mio, ver-remo a Lui, e porremo la nostra di-mora dentro di lui”.C'è di più, sempre per consolare glistessi, ha spiegato che Egli va avan-ti per preparare un posto ad ognu-no, per restare insieme felici persempre!E' davvero splendida la festa dell'A-scensione, della glorificazione; nonsolo di Cristo, ma di ogni uomo. In-sieme a Lui che sale al cielo, saleanche un pezzo di ciascuno di noi:Lui è noi e noi siamo Lui. La conclu-sione della vita dell'uomo non è lamorte, ma salire al cielo, avendo se-guito in vita Lui.Doverosa la festa del 1° maggio: ladignità del lavoro; doverosa la festadel 2 giugno: la dignità di cittadino;sarebbe doverosa la festa, anche ci-vile, dell'Ascensione di Cristo: rivelala dignità della donna e dell'uomo,e il senso del vivere e la sua destina-zione definitiva.

/Michele Cipriani

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scuola

“Scuola Don Bosco”il 150° dell’Unità d’Italiaentusiasma i bambini

La scuola elementare San GiovanniBosco, venerdì 3 giugno, ha orga-nizzato un mega evento, presso lasala conferenze di Casa Betania, daltitolo Terlizzi/Italia insieme da 150anni.Uno spettacolo multidisciplinareche ha dato vita ad un recital in cuisono confluite: narrazioni, poesie,canti…, il tutto a tema patriottico.Non è mancata l’interpretazione inchiave moderna dell’Inno di Terliz-zi,che ha fatto da colonna sonora adun ballo Rap.Nell’occasione i ragazzi hanno ap-profondito i temi del celebre qua-dro di Raffaele De Lucia dell’800 cheritrae la Piazza di Terlizzi che festeg-gia l’Italia unita.L’iniziativa promossa dalla scuolaSan Giovanni Bosco ha mostrato airagazzi come la macro storia e la mi-crostoria si intrecciano. Terlizzi èparte dell’Italia. La sua storia sifonde con quella della Nazione.Per il 150° dell’Unità d’Italia, si sonoesibiti 150 ragazzi, appartenenti ad8 classi, precisamente le classi 4^ A,B, C, E, G, H e 5^ C, D.

Non sono mancate le riflessioni sultricolore, attraverso canti e poesie.Ci si è soffermati sulla figura di Gari-baldi, ma anche di Giuseppe Verdi,che attraverso la musica è stato in-terprete autentico dello spirito pa-triottico.Sono state inoltre proiettate imma-gini sul tema del’Unità d’Italia.Non poteva mancare l’accenno allefamose camice rosse, indossate edinterpretate magistralmente daglialunni della scuola.L’iniziativa è risultata di grande im-patto e coinvolgente. Il merito ècertamente dei bambini, che vihanno partecipato con grande en-tusiasmo e sincero spirito patriotti-co.Sono stati guidati nell’organizzazio-ne dal Dirigente Scolastico dott.Giovani De Nicolo e dalle insegnan-ti: Avella Anna, Albanese Annama-ria, Galeota Marilena, Larocca Rosa,Mastrorilli Luigia, Ventola Carmela,Volpe Maria, Rigotti Rosaria.

/Maria Teresa De Scisciolo

Il Dirigente Scolastico Giovanni De Nicolo ed alcune insegnanti della Don Bosco

Due momenti della manifestazione/Foto di Michele De Scisciolo

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il sottile filo dei ricordigiugno 2011

Vito Giuseppe Millico nasce a Terlizzi il 19 gennaio 1737 da Francescoe Angela Domenica Di Chirico. I genitori sono di umile estrazione. Ac-cettano di destinare il figlio allo studio del canto. Acconsentendo chea tal fine gli venga praticata l’evirazione in età prepuberale (sarà uncantante castrato soprano).Secondo quanto affermato dallo stesso Millico, nella prefazione a Lapietà d’amore (Napoli 1782), egli lascia la famiglia in gioventù, per tra-sferirsi a Napoli, dove studia musica presso uno dei quattro conserva-tori della città. Conclusi gli studi, ventenne, debutta a Roma come contralto nel dram-ma per musica Il Creso di N. Jommelli (1757;Teatro di Torre Argentina). Riscuote successoe ottiene un rinnovo dell’ingaggio per l’annoseguente nel dramma giocoso La diavolessadi B. Galuppi. In questi anni, come lui stesso afferma, haproblemi vocali, dovuti ad una cattiva impo-stazione tecnica, che col tempo riesce a supe-rare passando al registro di soprano.Tra il 1758 ed il 1765 presta servizio presso laCorte Imperiale Russa, periodo durante ilquale si guadagna il soprannome di Moscovi-ta.In Russia collabora con il compositore V. Man-fredini, all’epoca direttore del Teatro Italiano aSan Pietroburgo. Nel 1760 interpreta il ruolodel soprano Mirteo nella Semiramide di Man-fredini, messa in scena nella residenza impe-riale di Oranienbaum. Tra il 1762 e il 1763, sialterna tra San Pietroburgo e Mosca, per par-tecipare alla produzione di alcune opere seriedi Manfredini: La pace de gli eroi, L’Olimpiade eCarlo Magno. Nel 1768 torna in Italia, per cantare a Palermo nel Demofoonte di Ga-luppi, Teatro di S. Cecilia, e a Colorno, nei pressi di Parma, in Licida eMopso di G. Colla. A partire da questi anni, Vito Giuseppe Millico ri-scuote sempre maggiore successo, fino a diventare nel decennio se-guente, uno dei soprani italiani più apprezzati a livello internazionale. Nel 1769 partecipa a Parma, alla messa in scena nel Teatro di Corte deLe feste d’Apollo di Chr.W. Gluck su testo di Calzabigi, in occasione dellenozze tra il duca Ferdinando di Borbone e la figlia dell’imperatore au-striaco, arciduchessa Maria Amalia d’Asburgo Lorena. Millico interpreta Anfrisio nel Prologo e Orfeo in un estratto dell’operaOrfeo e Euridice. Originariamente scritto per contralto, il ruolo vieneadattato da Gluck alla vocalità del sopranista terlizzese. Tra i due, com-positore e cantante, nasce un sodalizio artistico e personale, destinatoa durare nel tempo. Nel maggio del 1770 Gluck chiama Millico a Vienna, per fargli interpre-tare una nuova versione di Orfeo e Euridice, affidandogli, poi, ruolo daprotagonista nella ripresa di Alceste e nella prima esecuzione di Paridee Elena. Tra il 1772 e il 1774 il Millico si trasferisce a Londra, presentandosi alpubblico del King’s Theatre Haymarket nell’ormai collaudato Orfeo eEuridice di Gluck. Deve faticare per affermarsi a Londra, dove, insieme con Sacchini, è av-versato dai fanatici ammiratori di G.F. Tenducci e Guadagni, M. Vento eP. Guglielmi.Pur facendo base a Londra, nel 1772 canta a Milano l’Armida di Sacchi-ni su libretto di G. de Gamerra, e Il gran Tamerlano di J. Mysliveček,testo di A. Piovene.Tra la fine dell’anno e l’inizio del 1773 torna a Vienna, per prendersicura dell’educazione musicale di Marianna, nipote tredicenne diGluck. Durante il periodo londinese Millico comincia a dedicarsi alla compo-sizione, pubblicando per la prima volta alcuni brani da camera. Pressol’editore Welker vengono pubblicate due raccolte di arie, con accom-pagnamento di clavicembalo, che riscuotono un discreto successo. So-litario bosco ombroso la più celebre, che nel tempo, diventa un classi-co della musica da salotto. Il 1774 è per il Millico, particolarmente denso d’impegni. Partecipa agliultimi spettacoli a Londra. Torna in Italia a Venezia, dove al teatro S. Benedetto canta ne L’Olimpia-de di P. Anfossi.Raggiunge poi Gluck a Parigi, impegnato nella messa a punto dellaversione francese dell’Orphée et Eurydice. Nel 1775 Millico torna a frequentare i teatri italiani, ingaggiato al Tea-tro della Pergola di Firenze per Il gran Cid di G. Paisiello e per Androme-da di G. Gazzaniga. Da Firenze si sposta a Venezia, per esibirsi al Teatro S. Benedetto in De-metrio di Guglielmi e in Demofoonte di Paisiello.

A giugno esegue la cantata Venere al tempio, musica di Galuppi, in oc-casione delle nozze di Alvise e Giustiniana Pisani.Tra il 1775 ed il 1776 canta al Teatro Ducale di Milano. Nel 1776 è nuo-vamente a Firenze, dove riscuote successo, accompagnandosi da soloall’arpa, strumento di cui è virtuoso. Nel 1777 è a Roma al Teatro diTorre Argentina. Intorno al 1780 il Millico si stabilisce a Napoli, diradando sempre più leapparizioni pubbliche come esecutore. Si esibisce, qualche volta, in al-cune accademie offerte all’aristocrazia partenopea e, un’ultima volta,canta nel 1783, nella cappella privata di don M. Pernotti.

La decisione di ritirarsi a Napoli, all’epoca unodei centri operistici più attivi a livello euro-peo, sembra coincidere con l’abbandono de-finitivo del palcoscenico. Si dedica alla com-posizione e all’insegnamento. Diventa mae-stro di contrappunto e composizione di L. Ca-potorti e di canto della futura lady Emma Ha-milton. Nel 1782 scrive il dramma La pietà d’amore,eseguito per la prima volta a Napoli in formadi cantata a cinque voci, al teatro dei Fiorenti-ni e messo in scena l’anno seguente a Lisbo-na.Nuovamente rappresentato come esecuzioneprivata a Napoli nel 1784 a Palazzo Reale e nelPalazzo dell’ambasciatore russo, il principeA.K. Razumovskij, oltre che, nello stesso anno,come accademia privata, a Padova. A Napoli il Millico ritrova il Calzabigi. Si rinsal-da l’amicizia. Tra il 1783 e il 1784, scrivono in-sieme la tragedia in musica Ipermestra o Le

Danaidi e il componimento drammatico GliElisi, o sia L’ombre de gli eroi. Quando viene rappresentata l’Ipermestracalzabigiana, tra gli spettatori ci sono: il re di Svezia Gustavo III e ilprincipe Razumovskij Lo riferisce lo stesso Calzabigi nella celebre «let-tre» al Mércure de France del 1784. Il pubblico napoletano è discordante sull’arte di Millico e Calzabigi.Non è facile riuscire ad incontrare il gusto esuberante dei napoletanipiù tradizionalisti. Il Millico si guadagna l’ammirazione degli esponen-ti più elevati dell’élite intellettuale, che ne apprezza la raffinatezzadello stile musicale. Il 27 giugno 1786 Vito Giuseppe Millico è nominato ‘maestro di cantodelle infante’, con lo stipendio di 50 ducati mensili. Nel dicembre del1787 viene assunto come soprano della Reale Cappella con 30 ducatial mese. Nel 1791 scrive The princess of Tarent, un’opera buffa in forma di pastic-cio, pubblicata a Londra, e nel 1797 L’avventura benefica, su libretto diG.S. Poli. Si tratta dell’ultima creazione del Millico, che nello stessoanno, 1797, perde completamente la vista. Va ricordato che oltre alle composizioni più note, il Millico porta instampa anche composizioni minori quali: Nonna, per far dormire ibambini, (Napoli circa 1792); A fourth set of six canzonets with accompa-niment for pedal, or small harp, pianoforte or harpsichord, London ; 30canzoni per canto, arpa e pianoforte. Inoltre, ricordiamo brani giunti a noi, in copia manoscritta: diverse rac-colte di arie, tra cui canzoni, notturni, con accompagnamento d’arpa,di cembalo, o in trascrizione per piccoli organici strumentali, un SalveRegina a voce sola con più strumenti, Scale e solfeggi per soprano, lecantate La morte di Clorinda, La nutrice di Ubald, 12 canzonette perpianoforte e violino (databili al 1777), 2 sonatine per arpa e una raccol-ta di brani per clavicembalo (confluiti nella raccolta a stampa dei Mu-sical Trifles, London 1791), oltre a un Inno del patriarca s. Giuseppe. Nonostante la cecità, Vito Giuseppe Millico continua a lavorare alungo, onorando i suoi incarichi di maestro di canto delle altezze realie di maestro della Reale Camera e della Reale Cappella palatina.Nell’ultimo periodo si occupa soprattutto di insegnare a suonare l’ar-pa alla principessa reale Maria Cristina.A questa attività affianca quella di maestro di musica di ragazzi indi-genti di talento.Nel 1802 decide di ritirarsi, avanzando la richiesta di una pensione,pari allo stipendio pieno, per tutti gli incarichi di sua competenza. Invirtù dell’elevata considerazione dei suoi meriti artistici, gli viene ecce-zionalmente concessa. Vito Giuseppe Millico muore a Napoli il 2 ottobre 1802. E’ seppellito,per sua volontà, nella chiesa dell’Ecce Homo ai Banchi nuovi legata allaCongregazione dei musici di S. Cecilia, di cui è benefattore.Il Millico lascia in eredità ai familiari un ragguardevole patrimonio,consistente in: beni immobili, contanti, gioielli e argenteria. Negaespressamente nel testamento, la volontà di lasciare alcuna benefi-cenza a istituzioni ecclesiastiche.

/Maria Teresa De Sciscioloe Gero Grassi

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Non siamo la generazionedelle passioni tristi

Ferdinando Fiore, nato a Terlizzi il22 Marzo del 1838, all’età di 16 annivestì l’abito talare dopo aver svoltoi suoi studi dai Gesuiti a Napoli. IlVescovo Gaetano Rossini lo destinòper le sue grandi qualità intellettivee morali a canonico parroco dellaChiesa di Terlizzi in Santa Maria diSovereto, in un periodo storico par-ticolare in cui vi era grande esuberodi chierici. Il passato, le radici, le tradizioni ri-tornano sempre carichi di mes-saggi : ci si stupisce quando lecose dette, i messaggi proferiti, iconsigli suggeriti, come in questocaso circa 173 anni fa, risuonanosenza retorica attuali ed illumi-nanti. Nella prima metà del 1800,questo nostro concittadino parla-va di scuola, di metodi di insegna-mento in maniera così innovativache scrivere oggi di FerdinandoFiore ci permette di disquisire discuola, cultura, progresso e giova-ni,considerati dallo stesso “l’unicaleva che innalzerebbe il mondo”in un momento storico, quale ilnostro, in cui questi argomentisono minati da politiche governa-tive miopi che non finanziano adovere la cultura e la ricerca. Promuovere e sostenere la scuolarappresenta il primo gradino percostruire un mondo migliore; perquesto ho trovato molto interes-sante la rappresentazione teatrale“Una storia: la storia” portata inscena dagli alunni di 1^ e 3^ Cdella scuola secondaria di primogrado “Moro-Fiore” a cura dellaprofessoressa Clara Andriani pres-

so il Centro Sociale ‘Sacro Cuore diGesù’. Il testo teatrale, tratto dal-l’opera “Ferdinando Fiore Sacer-dote, Maestro, Patriota” di France-sco Fiore e Angelo D’Ambrosio, èstato scritto da Michele Santera-mo, il quale ha saputo dirigerecon sapienza, ironia e profonditàtale performance regalandociun’opportunità per riflettere, peremozionarci e per ricordare l’e-sempio di questo grande uomo,un po’ dimenticato. Sul palco i ragazzi, vestiti di nero,seduti uno accanto all’altro rac-contano la vita di F. Fiore in unpuzzle di tempi comici perfetti,verità storica ed innocenza tali dacatturare le menti ed i cuori deglispettatori attenti ad ascoltare. “Qui si è persa la memoria ditutto” ammoniscono i giovani at-tori . Grazie a loro, recuperiamo ilfilo della nostra memoria alle so-glie dei 150 anni dall’Unità d’Ita-lia, tocchiamo con mano la ”rivo-luzione che aveva in testa donFerdinando Fiore” . Frugandonella nostra realtà locale, in unaTerlizzi prettamente agricola,rude e molto religiosa scopriamola figura di quest’uomo che incar-na il culto di Dio, la lealtà di patriae un’intensa affinità con i giovani.

Nel 1876 fu pronunciato, e poidato alle stampe, il discorso fattoda F. Fiore nell’occasione della ce-rimonia conclusiva dell’attivitàscolastica, ovvero ”Nella solennedistribuzione dei premi agli alun-ni delle scuole elementari” in cui ilprete incoraggiò i genitori a man-

dare i figli a scuola perché l’istitu-zione sociale della scuola dovevamisurarsi con la coscienza dei fan-ciulli per costruire il futuro. Inol-tre, F. Fiore nel suo discorso spie-ga che: ”L’egoismo del fanciullo èun egoismo innocente e paziente,un egoismo necessario e provvi-denziale, un’aspirazione ad unbene che non conosce, un istintosublime della dignità del suo es-sere, una rivelazione paradisiacadi sua futura grandezza. Il fanciul-lo egoista, il fanciullo che s’ama, èun piccol uomo, che si afferma,che vi dice : badatemi, riconosce-te la mia ragione, la mia persona-lità, apritemi le porte alla vita, ad-ditatemi lo scopo, infioratemenele vie, fornitemi la forza per con-seguirlo ” . Ecco perché il metododi insegnamento basato sui premipiuttosto che quello basato su ”i

bastoni e le carote” è consideratoda Ferdinando Fiore, già nel 1876,adatto a condurre per mano i fan-ciulli in un percorso di crescita piùconsapevole. Il premio intesocome tributo di giustizia al meri-to, all’impegno e al dovere. Ma Ferdinando Fiore, forse tropposcomodo per quei tempi, fu ca-lunniato e morì in esilio, infatti igiovani attori sulla scena denota-no che ”nei paesi piccoli bisognamorire per poter capire il valoreprezioso delle persone”. Tuttavia,questa volta per riflettere sul valo-re di F. Fiore non è servito morire,è bastato portarlo sul palcosceni-co. Occorre riportare le argomen-tazioni pedagogiche del suo di-scorso a favore del “sistema deipremi” per percepire senza additi-vi l’altezza del suo pensiero e percomprendere la prospettiva di unuomo che ha saputo guardare l’o-rizzonte senza limitarsi ai confinidella sua epoca.“Nel premio (i fanciulli) trovano sestessi e perciò trovano tutto.(…)Aquesto punto, comincia la meta-morfosi dello spirito. Egli((il fan-ciullo) si convince che non glibasta appagare se stesso, ma chegli è d’uopo rispondere all’aspet-tativa d’altri; e già si accinge adoperare con maggiore serietà discopo, uscendo dall’io, e ponendoil fuor di se , che gli apparisce contutto l’imperativo di una legge. Intal guisa il concetto dell’onorecede la sua gran parte al concettodel dovere, ed allora nel fanciulloistintivo lampeggia l’uomo ragio-nevole. Aggiungete il crescentesviluppo delle sue facoltà mentali,la convinzione pratica della loroimitata potenza, l’esercizio sem-pre più laborioso della vita, i desi-deri sfruttati, i disinganni precoci,e la metamorfosi è già compiuta.Il fanciullo si è conosciuto, ha fattala sua confessione di fede, ha ro-vesciato il suo idolo, e sui ruderidell’amor proprio ha collocata lastatua del dovere, a cui sacrifi-cherà per tutta la vita. Io non fac-cio, che una storia vera”.

/Giorgia Tricarico“

…don Ferdinando Fiore sul palcoscenicodella Moro-Fiore

I ragazzi durante la recitazione/Foto di Francesco Fiore

Da sinistra: Michele Santeramo e Clara Andriani/Foto di Francesco Fiore

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I DIRITTI A SCUOLAsono una realtàPotenziamento dell’azione di-dattico-educativa per prevenirela dispersione scolastica

Favorire lo sviluppo delle capa-cità cognitive, linguistiche,espressive e relazionali dei gio-vani allievi e migliorarne l’auto-stima, il senso di responsabilità,per raggiungere quel ‘BENESSE-RE SOCIALE’ per affrontare consuccesso i problemi della vitareale.E’ uno degli obiettivi formativiconcretizzati dalla scuola prima-ria “San Giovanni Bosco” di Terliz-zi, che il giorno 6 giugno, dalle9.30 alle 11.30, ha dato il viadella manifestazione conclusivadel progetto CI SONO ANCH’IO,nell’ambito del progetto regio-nale DIRITTI A SCUOLA – AnnoScolastico 2010/2011, mirato aqualificare il sistema scolastico eprevenire la dispersione favoren-do il successo scolastico. Il progetto, finanziato per il 50%dal Fondo Sociale europeo, per il40% dal Fondo di Rotazione eper il 10% dalla Regione Puglia,si pone come obbiettivo strate-gico l’innalzamento dei livelli diistruzione inteso come volanoper la crescita economica e so-ciale della Regione.Le attività educativo-didattichesono state finalizzate a rinforzarela costruzione di competenzenon del tutto raggiunte dal sin-golo alunno, attraverso unità di-sciplinari che hanno visto quel-l’alunno protagonista di frontead un problema che ha avuto nelsuo apparato empirico il centrod’interesse.Nel momento in cui ha lavoratoin modo attivo ad un progettoconcreto, perché ha soddisfatto isuoi reali bisogni formativi, egli édiventato il protagonista diun’attività, scelta come progettopersonale atto a trasformare leconoscenze acquisite in compe-tenze indispensabili per affron-tare con successo i problemidella vita reale.Il progetto ‘Ci sono anch’io’ èstato espletato in orario currico-lare in affiancamento al docentetitolare in organico, di ambitolinguistico, per cinque ore setti-manali. Ogni unità disciplinare èstata realizzata da un gruppo mi-nimo di dieci alunni, individuati

all’interno della stessa classe.Il clima cooperativo e collabora-tivo che si è creato con l’ingressodelle sei unità aggiuntive nelcorpo docente e di tre collabora-tori scolastici aggiuntivi, nonchéla crescente sensibilità versotutte le problematiche che osta-colano la realizzazione del dirittoallo studio del bambini, si è tra-dotto nella realizzazione di unSERPENTONE DELLA PACE EDEI DIRITTI, composto da 600alunni di scuola primaria e 150alunni della scuola dell’Infanziade Napoli, dal Dirigente Scolasti-co, docenti e genitori.Il serpentone ha preso forma nelpiazzale antistante la scuola SanGiovanni Bosco e si è snodatoper le vie principali del Paese,Corso Garibaldi e Corso Dante.Durante il percorso i bambinihanno cantato canzoni e inneg-giato frasi e pensieri sulla pace esui diritti dei bambini.Sotto la Torre dell’Orologio il ser-pentone avvolgendosi su sestesso ha assistito all’esibizionedel gruppo degli sbandieratori edelle mayorettes, fiore all’oc-chiello della scuola San GiovanniBosco.Il progetto CI SONO ANCH’IO harappresentato il riscatto deglialunni con maggiori carenze;l’opportunità di vivere concre-tamente i propri diritti evitan-do fenomeni di dispersione sco-lastica, così come casi di fre-quenza scolastica irregolare cheincidono negativamente sui pro-cessi di apprendimento.La comunità scolastica si ramma-rica per la totale l’assenza delleautorità politiche terlizzesi invi-tate, compreso l’on. Nichi Vendo-la, impossibilitato a parteciparviper una convocazione urgente aRoma.Si ringraziano tutti coloro chehanno creduto, collaborato epartecipato alla realizzazione delProgetto “Diritti a Scuola 2010-2011”.

Ins. Angela Giangaspero

Una risorsa in più per qualificare la scuolaprimaria Don G. Bosco

Giovedì 19 maggio 2011 presso la biblioteca comunale di Terlizzi èstato presentato il libro: Equlibrio – diario di un camionista di Anto-nio Sarcina.Alla presentazione hanno partecipato: il Sindaco di Terlizzi ing. Vin-cenzo di Tria e l’assessore alle politiche culturali Mimmo Paparella. Il volume è stato presentato dal dott. Domenico Lobascio formatoree pubblicista.

EQUILIBRIO diariodi un camionista

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Alla colorata e storica parata cheha visto sfilare gli alunni dell’Istitu-to durante il Carnevale terlizzese,rivisitando usi e costumi dei gran-di personaggi del Risorgimento, èseguito un momento di riflessionee di analisi più capillare deglieventi e delle gesta che portaronoalla nascita della nazione italiana,annullando la triste profezia dichi, nell’ Italia, aveva visto solo“un’espressione geografica”.E’ nata in questo contesto, la cele-brazione commemorativa per i150 anni dell’Unità d’Italia, orga-nizzata dalla Scuola secondaria diI° grado “Moro-Fiore” di Terlizzi.La rappresentazione si è svolta al-l’aperto, presso l’anfiteatro scola-stico, in una calda e piacevole se-rata imbibita di sapore estivo e ditoccanti memorie.In un crescendo di emozioni e ditrepidanti attese, si è alzato il sipa-rio su una delle rappresentazionipiù belle e significative che docen-ti e alunni, non senza impegno efatica, sono riusciti a far splendida-mente decollare.Dapprima c’è stato il saluto del Di-rigente scolastico, dott. GiuseppeTedeschi, a tutti i convenuti: al Sin-daco, ing. Di Tria, all’assessore allaCultura, prof. Paparella, ai dirigen-ti, ai genitori e ai tanti curiosi chehanno gremito gli spalti del novel-lo teatro adibito ad ospitare lospettacolo risorgimentale.Questo macroprogetto, finalizzatoad avvicinare gli alunni alla storiadella propria nazione, ha volutoavviarli verso una ricerca concretadelle proprie “Radici” dalle qualispiccare il volo sulle “Ali” di una piùmatura identità di cittadini consa-pevoli.“La libertà e l’Unità di un popolosono un dono che viene dal passa-to ma vive di futuro. Quello cheabbiamo è ciò che gli altri hannodato per noi, quello che i nostrifigli avranno è ciò che noi daremoper gli altri”.E’ stata questa la chiave di letturadell’excursus storico del Risorgi-mento libertario e liberale con cui,attraverso l’impegno di Tanti e lavolontà di Tutti, docenti e discentihanno cercato di rinverdire l’opacamemoria di quei Pochi che aveva-no dimenticato il complesso sce-nario in cui maturò l’Unità del no-stro Paese. Splendidi i quadri vi-venti creati dagli alunni perfetta-

mente a loro agio negli abiti stori-ci pertinenti ai tempi rappresenta-ti. Vere e proprie pennellate d’au-tore tra colore e sentimento sonoapparse le esibizioni che così sisono succedute: • il mesto sacrificio consumato

per la “Patria bella” dai 300 gio-vani eroi interpretato dalla Spi-golatrice di Sapri;

• la verosimile rivisitazione diuna riunione della Carboneriaattraverso il doveroso ricordodel concittadino La Ginestra;

• il recupero storico del primoParlamento Italiano presiedu-to da Sua Maestà Vittorio Ema-nuele II sulle emozionanti notedi violino del melanconico “Va’pensiero”;

• il furore clandestino, il temera-rio coraggio e le frante illusio-ni dei briganti capeggiati daCarmine Crocco;

• la rimembranza lieve e dolentedell’amaro destino del terlizze-se don Ferdinando Fiore;

• il disperato appello di Garibal-di ai Mille che sigilla, nell’in-contro a Teano, la sofferta con-sapevolezza di una gloriaormai esausta ed esaurita;

• il travaglio infinito dell’Italiameridionale che, dinanzi all’U-nità, continua ad essere spac-cata tra potenti decaduti e lapaura del cambiamento in unremake di un celebre episodiodel Gattopardo.

La serata è stata allietata dal corodella scuola che, attraverso i piùnoti brani risorgimentali, ha costi-tuito l’ideale cornice canora all’e-vento. Una coreografica Tarantella,danza simbolo dell’Italia, ha con-cluso le esibizioni tra iridescenticolori verdi-bianchi-rossi unendotutti intorno all’amato Tricolore.Al termine della manifestazione,che ha egregiamente concluso unanno di intenso lavoro, l’inno na-zionale “Fratelli d’Italia” ha coinvol-to tutti in un empatico rapporto difraterna complicità, a testimoniareche la Patria è, è stata e sarà sem-pre capace di unire gli uomini inun autentico abbraccio di “affinitàelettive” oltre ogni tempo, oltreogni luogo.

Assunta De Leo,Giovanna De Palma,

Maria Tempesta

A conclusione dell’anno scola-stico 2010-2011 il liceo classicoC. Sylos di Terlizzi ha proposto alpubblico, presso il monasterodelle Clarisse, il risultato del la-voro di alcune attività didatti-che e dei PON. I temi intorno aiquali si è annodata l’attività sco-lastica hanno riguardato: la tu-tela dei diritti umani, la difesadell’ambiente e l’Unità d’Italia. Il1° Giugno, alle ore 18:30, si è av-viata la manifestazione alla pre-senza del dirigente scolastico,prof.ssa Speranza, del Sindaco,ing. Vincenzo di Tria, e dell Dott.Antonio di Muro, rappresentan-te regionale dell’Alto Commissa-riato dell’ONU per i rifugiatiUNHCR Italia. Dal rappresentan-te d’Istituto è stato consegnatoun assegno di solidarietà di 600euro che i ragazzi hanno guada-gnato nel giorno della consuetafesta di San Martino, celebrataanche quest’anno con grandesuccesso. Verso le ore 20:00 sisono esibiti i ragazzi delle classiIII A e IV B guidati dall’attriceMaria Elena Germinario, laprof.ssa Cafagna e il professoreAltamura sul tema “Volere l’Ita-lia futura. L’Unità dopo l’Unità.”Il percorso proposto dai ragazzidella IV B ricordava l’attacco e ilmassacro, nel giugno 1857, diPisacane e i suoi uomini per laspedizione nel Cilento da partedelle autorità borboniche sup-portate dalle masse contadine.Così i ragazzi hanno coinvolto ilpubblico con i seguenti testi:‘Testamento politico’ di Carlo Pi-sacane, rivolto al “volgo, sempredisposto ad applaudire i vincito-ri e a maledire i vinti”; sentenzedi condanna a “morte ignomi-niosa” di Garibaldi e Mazzini;“Lettera ai giovani” scritta nel1859 da Mazzini. Si è chiusoquesto percorso con la Premes-sa di Giuseppe Garibaldi alleproprie ‘Memorie’, scritta nel1872.L’Unità d’Italia avvenuta nel1861, non fu una conquista defi-nitiva. E’ questo il messaggioche hanno voluto comunicarci i“fuoriusciti” del ventennio fasci-sta, disposti ad accettare l’esiliopur di poter organizzare l’av-vento del nuovo stato. Tra vero-simili ricostruzioni storiche i ra-gazzi della III A, hanno recupera-to quel periodo attraverso la

sentenza emessa dal giudice Cri-spo nei confronti del sindacoGiuseppe La Ginestra, accusatodi aver organizzato una som-mossa popolare. Sono state in-terpretate: le riflessioni di Salve-mini sul possibile “Risorgimentotradito”; una Lettera di Gobettiad Ada del 7 agosto 1922 ed in-fine lo storico atto di accusa“Odio gli Indifferenti” di AntonioGramsci dell’11 febbraio 1917.Come sottofondo, per sottoli-neare il grande valore della li-bertà e dell’amor patrio, sonostate proposte musiche e canzo-ni come ‘Bella Ciao’, ‘Vencere-mos’ e “Io non mi sento italiano”di G: Gaber.Infine, così come da programma,è stato dedicato un ampio spa-zio musicale al delicato e quantomai attuale tema dell’acqua.Questo argomento infatti è statoil fulcro del progetto PON sottola guida dell’esperto, prof. Zinnie del docente tutor, professoreBrandi . Gli alunni sono stati gui-dati nella stesura ed elaborazio-ne di cinque testi che, successi-vamente, sono divenuti vere eproprie canzoni armoniosamen-te eseguite dalla band nata du-rante questa esperienza. Un’ odeall’acqua, come presenza univer-sale e indispensabile alla vita,l’acqua come forza inesauribile,come quel bene comune e ditutti che diversi secoli fa permiseal precursore della letteraturaitaliana, S. Francesco, di appel-larla “sor Aqua,molto utile et hu-mile et pretiosa et casta”. La serataè stata allietata anche dalle can-zoni dai temi diversificati delgruppo musicale del prof. Zinni.Ecco , dunque, il valore aggiuntodella scuola che, da luogo di co-noscenza e di erudizione, è an-data trasformandosi in una fuci-na educativo-culturale atta aguidare il percorso formativo deisuoi discenti e, ne siamo certi,pur tra tanto diffuso pessimi-smo, sarà in grado di plasmarlicome cittadini colti, onesti, re-sponsabili e attivi costruttori diuna migliore “Italia futura”. Noialunni del Liceo classico di Terliz-zi ci crediamo.

/Sara De Bartolo Nicolò Ceci

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scuola/cittàgiugno 2011

La Convenzione Internazionaledei diritti dell’infanzia approvatadall’ONU nel 1989 rappresenta undocumento importante in riferi-mento alla tutela dei diritti dell’in-fanzia.Per favorire la conoscenza dei di-ritti dei bambini gli insegnantidella Scuola dell’Infanzia Viale Pa-cecco – 2 Circolo Didattico Terlizzi,in collaborazione con la Fidapa –Sezione di Terlizzi hanno promos-so due giornate di studio in cui ibambini hanno parlato di dirittidell’infanzia, hanno mostrato l’o-puscolo “L’albero dei sogni” in cui i

bambini parlano dei loro diritti.Ognuno ha espresso la sua idea di“diritto”, c’è chi la ritiene “ una pa-rola importante!...è quella degliuomini che fanno le riunioni per-ché i bambini non devono averepaura…”, “sono delle immaginiche stanno su un libricino... dovesta scritto che i bambini devononascere, crescere... giocare, andarea scuola... come facciamo noi...””Tutti dobbiamo avere i diritti eper chi non ce li ha li dobbiamovolere... perchè non è giusto!”.Disegni, riflessioni, colori, emozio-ni, così i piccoli ci hanno racconta-

to i loro diritti: Diritto alla vita, di-ritto alla famiglia, diritto all’istru-zione, diritto al gioco, diritto adavere degli amici... diversi, dirittoalla salute…Un plauso particolare ai bambiniche hanno partecipato all’iniziati-va per la loro capacità di saper tra-durre in modo chiaro la profonditàdel “diritto al diritto” che sembraun gioco di parole ma in realtà èciò che rende l’infanzia il ricordopiù bello o meno bello della pro-pria vita. Ottima è stata la regia delle mae-stre che hanno fortemente voluto

realizzare questo progetto dandovoce ai diritti spesso inespressi deibambini in collaborazione con lefamiglie.Le giornate di studio sono stateorganizzate dalla Fidapa di Terlizzi,rappresentata dalla sig.ra PaolaRutigliano e dalla dott.ssa NiclaMarangella, responsabile dellecommissione “Carta dei dirittidelle bambine”, distretto sud – est.Ci fa piacere osservare comeanche la Fidapa manifesti una cosìgrande sensibilità rispetto ai dirittidelle piccole e dei piccoli cittadini.

/Anna Dicanio

Insegnanti e bambini della scuola dell’infanzia Viale Pacecco – Secondo Circolo Didattico Terlizzi. Foto tratta dalla pubblicazione realizzata dalla scuola con la Fidapa.

NUMERI UTILI

Carabinieri : 112-3510152Polizia Municipale: 3516014Comune: 3517099Enel: 5414009Acquedotto: 3516973Guasti Gas Metano: 3518574Stazione Ferroviaria Bari-Nord: 3512424

SANITÀPronto Soccorso: 3516024Guardia Medica: 3510042Pubblica Assistenza: 3513838Protezione Civile: 3513838

VIGILANZA NOTTURNOCentralino: 3517139Pronto Intervento: 340.9778861Vigilanza Campestre: 3516197

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Finalità generale a cui un Comunedeve puntare, per la realizzazionedi una pista ciclabile è, tra le altre,quella di favorire e promuovere unelevato grado di mobilità ciclistica(e pedonale), alternativa all'uso deiveicoli a motore nelle aree urbane enei collegamenti con il territoriocircostante (Decreto Ministeriale30 novembre 1999, n. 557 ) .È evidente che questa finalità , aTerlizzi, non è stata raggiunta. Per-chè?Col fine di identificare i problemiper cui la pista ciclabile non funzio-na, senza però impelagarci in pe-santi analisi tecniche e giuridiche,ci siamo affidati alla “vox populi”:vero, diretto ed inopinabile stru-mento di misura per una situazio-ne di pubblico interesse come que-sta. A tal proposito abbiamo postola seguente domanda: Per come lapista ciclabile è strutturata edutilizzata, è funzionale al suoscopo? Ecco cosa ci hanno rispo-sto:Il problema non è la pista ciclabi-le strutturalmente, sebbene cisiano alcuni punti non propriofunzionali, ma la mentalità dellepersone. Terlizzi non ha la culturadella pista ciclabile , infatti si par-cheggiano le macchine e diventaimpossibile sfruttare la pista cicla-bile, per il motivo per cui è statacreata.Porzia de Candia, 43 anni, casa-lingaNo perché le macchine non la ri-spettano, parcheggiandosi sopra,impedendo a chi vuole farsi una

passeggiata di utilizzare la pistaciclabile. La Polizia Municipale fapoche multe, inoltre è poco pro-tetta dagli automobilisti, non es-sendoci una parte della stradacompletamente separata dallecorsie per automobilisti, inoltre lasua collocazione è in alcuni puntidi difficile utilizzo, perché le stra-de sono strette e scomode dapercorrere in bicicletta. Pasquale Barile, 39 anni, com-mercianteCredo che sia positivo il fatto chea Terlizzi ci sia una pista ciclabile,perchè è un segno di apertura daparte del Comune. Forse l'unicoproblema è la poca educazionedei cittadini nei confronti di que-sta infrastruttura, soprattutto perchi confonde la pista ciclabile perun parcheggio, mancando di ri-spetto ai veri destinatari. Quindicredo che la pista ciclabile possaessere utile e funzionale ma utiliz-zandola in modo appropriato.Francesco volpe, 22 anni, stu-denteNon viene utilizzata come do-vrebbe, perché non è stata co-struita bene, perché non è como-da da utilizzare, perché il percor-so non è lineare e la corsia è stret-ta, e in ogni caso ci passano lemacchine e ci si parcheggiano,rendendola inutilizzabile.Gaetano Tesoro, 14 anni, stu-denteNo. Per due distinti ma collegatielementi . Il Primo è che: è assen-te sia la segnaletica orizzontale,sia un cordolo che per separare

fisicamente la pista ciclabile dallacorsia per automobilisti .Il risulta-to è che le auto non solo sostanosulla medesima, ma transitanocontinuamente, non garantendoai ciclisti la sicurezza e la tranquil-lità che la pista ciclabile dovrebbeassicurare. In secondo luogo: c’ècomunque una forte mancanzadi senso civico tra cittadini, cheutilizzano il percorso ciclabilecome zona di fermata, di sosta,ma addirittura come zona adibitaal carico e scarico merce, occu-pandola anche per ore.Penso che una pista ciclabile benfatta e funzionale possa esserequella di Trani, peraltro fornita diun’adeguata pavimentazione .Domenico De Sario, 26 anni,studenteL’idea della pista ciclabile è otti-ma, ma purtroppo poco funzio-nale , si può racchiudere il tutto inquesto. La funzionalità non esistepiù allo stato attuale perché par-cheggiano, non viene custoditada chi è addetto al controllo, nonviene mantenuta efficiente a li-vello strutturale.Per quanto riguarda la parte diSovereto per esempio avrebbepotuto destinare, con le dovuteeccezioni e quant’altro, la via“vecchia” a zona ciclabile, inveceche costruirla sulla strada princi-pale , tant’è che i ciclisti utilizzanononostante la pista ciclabile la viavecchia.Gioacchino Altavilla, 55 anni,pensionatoQueste sono alcune considerazioni

forniteci dai cittadini. I “guai” dellastruttura sono evidenti: percorsi,stato delle strada , segnaletica…Ma la cosa che forse più è evidentee più grave è la diseducazione e ilmenefreghismo abbastanza spu-dorato, dei gestori , controllori edegli stessi destinatari che nonpermettono l’utilizzo del percorsociclabile o comunque non fannoniente per renderla anche se per unminimo più utilizzabile. Questa si-tuazione di “basso profilo” credo ri-specchi una situazione di fondoancor più triste dato che è da consi-derarsi pressoché utopistico ,conquesti presupposti, uno sviluppodella città, anche nei più sempliciservizi . Concludendo, credo lamancanza di stimoli provenientisia dall’alto che dal basso porti apensare ad una situazione abba-stanza grottesca che identificacome problema principale di Terliz-zi i terlizzesi stessi, dagli ammini-stratori, ai cittadini.

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città/politica

/Michelangelo Bellomo

Avete notato che nella nostracittà di politica seria da parec-chio tempo purtroppo non se neparla? Gli stessi fogli locali prefe-riscono trattare d’altro. Sarà uncaso? Indubbiamente non c’èmolto su cui confrontarsi e di-scutere. Quello cui si assiste è, ditanto in tanto, qualche scara-muccia all’interno della stessamaggioranza, figlia forse di quel-la litigiosità che pare proprioconnaturale al centrosinistra. Tal-volta sembra che chi governastia lì lì per tirar le cuoia, ma subi-to dopo si riprende, e così conti-nua a vivacchiare più che a fare. Certo che se la legislatura finissein anticipo sarebbe un granmale, considerata la tranquillitàe il grande spazio di manovrache l’attuale legge elettorale ga-rantisce a chi vince. Che però do-

vrebbe sempre ricordarsi delletante speranze che in quella vitto-ria erano state riposte, propriocome segno di discontinuità con ilpassato. Per cui sarebbe stato logi-co attendersi, non dico uno sforzosovrumano, ma almeno un mode-sto tentativo di avviare l’attesocambiamento.Dal canto loro quelli dell’opposi-zione stanno alla finestra, com’èinevitabile sempre per le stesse re-gole elettorali, indubbiamente at-tenti a ciò che accade, ma prontisolo a criticare or questo or quello,secondo l’ormai invalsa brutta abi-tudine italica che quanto decide osolo dice la parte avversa sia daconsiderare sbagliato o vada co-munque demonizzato. A menoche non attendano sulla riva delfiume che prima o poi passi il ca-davere dell’odiato nemico…

Di solito si dice - e anch’io piùvolte l’ho sottolineato - che nelprimo mandato un’Amministra-zione non riesce a far granché pro-prio per la brevità del periodo a di-sposizione, mentre continuano afarsi sentire gli effetti, talvolta ne-fasti, delle decisioni precedenti.Però, con un secondo mandato,c’erano sia il tempo sia la possibi-lità per lasciare un segno tangibiledel proprio passaggio. Cosa ècambiato invece a Terlizzi? Davve-ro poco! Non è il caso di fare un elenco. Manemmeno al Sindaco, che l’ha an-nunciato, credo convenga. Abreve, comunque, sarà troppotardi per far qualcosa di concreto.Anche per non scontentare - altrostorico assillo che non viene maisottovalutato - gli elettori. Soprat-tutto se qualcuno ha in mente ilgran salto verso cieli più alti, dicia-mo nell’empireo parlamentare.Trascurando però il piccolo parti-colare che lo scontento per quan-to non realizzato può portare ad

un inversione del consenso,molto più facile a livello locale,proprio com’è già avvenuto duevolte fa.Tutto questo nel panorama diestrema confusione che ormai datempo caratterizza la politica a li-vello nazionale. Dove qualsiasibenpensante ha quotidianamen-te un buon motivo per inorridire,giorno dopo giorno. Passandodall’arroganza di chi comanda al-l’insipienza dell’opposizione.Tanto che ha fatto benissimo ilCapo dello Stato a bacchettaresia gli uni, per i troppi e interessa-ti imbrogli, sia gli altri, perchépoco credibili, affidabili e pratica-bili. Ma un cambio di rotta lo sivuole davvero? I numeri, con unamaggioranza rabberciata quantorisicata, ci dicono che sarebbestato possibile in più di un’occa-sione. Eppure tutto resta comeprima. Sarà solo un caso?

/Giuseppe Gragnaniello

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città e storiagiugno 2011

Ut nihil non iisdem verbis reddere-tur auditum Così che, nulla di ciòche è stato ascoltato potrà essereraccontato con le stesse parole.

La gettata del solaio dei laboratoriera iniziata tre giorni prima; manca-va il pietrisco e bisognava trovareassolutamente il modo di approvvi-gionarlo. Si riuscì a recuperare untraino per il trasporto ma non ba-stava, qualcuno si inventò un pic-colo mezzo d’assalto, una vespache trainava un cassonetto capacedi appena mezzo metro cubo dipietrisco. Con questi mezzi si riuscìa scongiurare il rischio di restaresenza la materia occorrente per ef-fettuare il getto dei solai. Né erapossibile dilatare i tempi: alcunioperai prestati per l’esecuzione del-l’opera sarebbero dovuti rientrareal lavoro presso le loro sedi. Biso-gnava assolutamente terminare illavoro entro i tempi stabiliti. Il terzogiorno gli operai erano stremati. Cisi rese conto che con quei ritmi nonsarebbe stato possibile terminare illavoro. Bisognava chiedere aiuto.Ma a chi? la voce iniziò a correre nelpaese, un passaparola tra gli allievidel Centro che corsero al cantiereper mettersi a disposizione; inizia-rono a trasportare ordinatamente ilpesante impasto per la gettata. Infila dalla betoniera su per la rampafino alla copertura dei laboratori.All’inizio quasi tutti in silenzioascoltavano ed eseguivano gli ordi-ni. La tensione era palpabile. Poi leprime battute di spirito, alcune risa-te. Ci si rendeva conto che il ritmoche si era stabilito avrebbe consen-tito di terminare l’opera. Il lavorodurò fino al giorno dopo. Erano le14,15 del quinto giorno dall’iniziodel getto. Gli ultimi pesanti secchipieni d’impasto cementizio pratica-mente volarono quasi senza esseretoccati dalle molte mani che se lipassavano fino alla copertura del-l’edificio. L’operaio su in alto si giròverso la fila dei giovani sudati, alzòle braccia al cielo con le mani aper-te incrociandole tre, quattro volte. Illavoro era completato; ci fu un atti-mo di silenzio e subito dopo scop-piò un fragoroso applauso; pochelacrime di gioia non trattenute se-gnarono le guance di alcuni ragaz-zi. Non è la sceneggiatura di un filmneorealista. È quello che accaddeil 18 settembre del 1959 a Terlizziquando fu completato il getto deisolai dei laboratori del Centro diAddestramento Professionale. Co-s’era il Centro? Il Centro di Adde-stramento Professionale, gestitodall’Ente Meridionale di Educazio-ne Popolare e di Cultura Professio-

nale, operava a Terlizzi dalla primametà degli anni Venti del ‘900. Ilsuo carattere era quello di unascuola superiore: la Scuola perMaestranze. La vecchia gloriosaScuola per Maestranze, che forma-va artigiani di ottimo livello, stavasubendo sul finire degli anni ’50una trasformazione. Non più qual-cosa di simile alla bottega rinasci-mentale con stucchi, spatole, stec-che, pennelli. Diventava più similead un’officina con tornii scintilleferri. I gravissimi problemi econo-mici in cui versava soprattutto que-st’area del Paese rendevano neces-saria una conversione dell’istruzio-ne professionale. Si dovevano for-mare operai qualificati. La situazio-ne economica di Terlizzi in queglianni, così come nella gran partedell’Italia meridionale, è tragica. L’a-gricoltura è l’unico sbocco occupa-zionale. La disoccupazione deva-stante, il lavoro minorile una rego-la. Il censimento del novembre ‘51registra che sette terlizzesi su diecisono impegnati in agricoltura; datirelativi al livello di istruzione dico-no che un cittadino ogni quattro èanalfabeta, uno ogni quattro saleggere e firmare, meno della metàdei cittadini ha la licenza elemen-tare, quattro ogni cento hanno lalicenza media inferiore, meno didue ogni cento cittadini la mediasuperiore. 76 cittadini su poco piùdi ventimila hanno una laurea. Il Centro che, prima della guerra,operava all’interno del vecchioSeminario, fu trasferito in alcunilocali della Pinacoteca De Napoli.Presto questa destinazione si rivelòinsufficiente ad accogliere gli allieviche avrebbero voluto frequentarnei corsi: i 110 metri quadrati di super-ficie a disposizione del Centroerano troppo pochi, scarsa l’illumi-nazione e mancavano i servizi igie-nici. Era pertanto indispensabilecostruire un nuovo edificio destina-to alla scuola. Impresa nient’affattosemplice poiché mancavano deltutto i fondi necessari alla costru-zione dell’edificio. Il nuovo diretto-re del Centro, Paolo De Leo, mise incampo il suo entusiasmo, il suo co-raggio, la sua tenacia ed il suosenso civico capace di vivere la po-litica come arte del possibile, comedialettica del reale. Conosceva unoper uno i suoi ragazzi, le loro fami-glie, le enormi difficoltà che grava-vano sulla loro vita quotidiana;tutto questo divenne lo stimolo in-dispensabile per affrontare le diffi-coltà che si sarebbero presentate.La realizzazione del Centro, iniziatacon lo scavo per le fondazioni del-l’edificio eseguito dagli allievi delCorso Carpentieri per adulti disoc-

cupati, si protrasse per circa seianni e si rivelò un’avventura formi-dabile resa possibile grazie alla col-laborazione di tutti coloro che ave-vano visto nella creazione dellascuola la possibilità di un futuro. Unfuturo fatto di lavoro, lavoro qualifi-cato, e quindi di dignità. La creazio-ne del Centro fu un’emozionanteopera collettiva dura e faticosa dienorme importanza per Terlizzi.Permise a tanti di affrontare ilmondo del lavoro a testa alta.Anche coloro che dovettero emi-grare lo fecero non più come sem-plici manovali ma come operaiqualificati. La storia del Centro è un pezzodella storia di Terlizzi. MauriceHalbwachs nel suo “ La Memoirecollective” scrive: “ Quando ungruppo è inserito in una parte dellospazio, la trasforma a sua immagi-ne, ma al tempo stesso si piega e siadatta a dei fatti materiali che gliresistono. L’immagine dell’ambien-te esterno e dei rapporti che ha sta-bilmente con esso, acquista unruolo essenziale nell’idea che ilgruppo si forma di sè.”È probabile che questo valore dellastoria, come memoria collettiva, in-tesa quindi come rapporto dellacollettività con il luogo e con l’ideadi esso, ci dia o ci aiuti a capire il si-gnificato della nostra individualità.La quale individualità risulta così le-gata al fatto originario, al principioche è evento ed è forma. E così l’u-nione tra il passato ed il futuro ènell’idea stessa della città che per-corriamo, come la memoria percor-re la vita delle persone, e che sem-pre per concretarsi deve conforma-re ma anche conformarsi alla realtà.E questa conformazione permanenei suoi fatti unici, nell’idea che diessi abbiamo. Il progetto elaborato dall’ufficiotecnico comunale nell’ambito delProgramma Integrato di Rigene-razione Urbana prevede la de-molizione del Centro di addestra-mento professionale progettatogratuitamente dall’architetto Mi-chele Gargano nel 1956. Per unastrana coincidenza, lo stesso Co-mune di Terlizzi indice un concorsodi progettazione per la valorizza-zione di piazzetta Amendolagine, adue passi dal Centro, indicando lelinee guida da seguire per svilup-pare il progetto; al primo punto sichiede di riqualificare l’area e diprevederne una ricomposizione ar-chitettonica in previsione dell’in-stallazione nella stessa area del mo-numento bronzeo “Memoria eIdentità”. Al secondo punto si ri-chiede, tra le altre cose, la valorizza-zione delle qualità storiche dell’a-

rea. È chiara la contraddizione tra ilprogetto che demolisce un edificionon riconoscendone le valenze sto-riche e identitarie (e non ci soffer-miamo qui sul valore architettoni-co) e la decisione di installare, apochi metri di distanza dall’edificioda demolire, il monumento bron-zeo “Memoria e Identità” insiemealla richiesta della valorizzazionedelle qualità storiche dell’area. Nelle intenzioni degli amministra-tori, il progetto si attiene alla logicaoperativa della Legge Regionalen.21, rigenerando il contesto conl’obiettivo di stimolare la crescitasociale e culturale della comunità. Èbene qui sottolineare che l’articolo2 della citata legge recita al primocomma: “I programmi integrati di ri-generazione urbana sono strumentivolti a promuovere la riqualificazio-ne di parti significative di città e siste-mi urbani mediante interventi orga-nici di interesse pubblico. I program-mi si fondano su un’idea-guida dirigenerazione legata ai caratteriambientali e storico-culturali del-l’ambito territoriale interessato,alla sua identità e ai bisogni e alleistanze degli abitanti. Essi compor-tano un insieme coordinato d’inter-venti in grado di affrontare in modointegrato problemi di degrado fisicoe disagio socio-economico che, in re-lazione alle specificità del contestointeressato, includono: a) la riqualificazione dell’ambien-te costruito, attraverso il risana-mento del patrimonio edilizio edegli spazi pubblici, garantendola tutela, valorizzazione e fruizio-ne del patrimonio storico-cultura-le, paesaggistico, ambientale; b)…. “.Sarà compito dei cittadini terliz-zesi, se vorranno riconoscersi neivalori storici, civici ed identitaridel Centro, condizionare le sceltedell’Amministrazione che li rap-presenta partecipando attivamen-te alla definizione di un progetto al-ternativo che preveda il risanamen-to del Centro, inserendolo all’inter-no del progetto di riqualificazionedell’area. Rivitalizzarlo con nuoveattività di ricerca in collaborazionecon l’EPCPEP d’intesa con gli ammi-nistratori regionali, che permetta-no nuove sperimentazioni per tor-nare a risolvere i gravi problemi chestanno interessando il lavoro dellenuove generazioni esprimendonetutte le reali potenzialità.È soltanto la capacità di legare il no-stro passato alla realtà che consen-tirà la costruzione di un futuro mi-gliore per le giovani generazioni.Ne saremo capaci? é ancora in noila scelta che ci permetta di nondover pronunciare le parole: oratutto questo è perduto.

/Graziano De Leo - architetto“

Il Centro di Addestramento Professionaledi Terlizzi

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città

Un augurio speciale ad Antonello De Robertis, che l’8 Marzo scorso, nella "Sala della Caccia" delCastello del Valentino - sede della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino - ha consegui-to la Laurea in Scienze dell'Architettura. Ha discusso la tesi storica sulla Chiesa di San Ferraolodi Agrosso (TO). Relatore della tesi è stato il prof. Carlo Mario Tosco. Un gioioso augurio che spe-riamo non abbia il sapore di un malinconico addio - con il romantico fazzoletto di seta biancoal vento - ad un nuovo giovane terlizzese emigrato al Nord in cerca di fortuna – e di lavoro!

/Nicolò Marino Ceci

Cristina Tajani entra a far partedella Giunta Pisapia al Comunedi Milano. E’ assessore alle politi-che per il lavoro, sviluppo econo-mico, università e ricerca. Nata a Terlizzi nel 1978, vive daanni a Milano.Nel 2003 ha conseguito la laureain Discipline Economiche e So-ciali presso l’Università Commer-ciale “L. Bocconi”, discutendo unatesi in economia politica. Nel 2007 ha conseguito il titolodi dottore di ricerca in Scienzedel Lavoro, presso l’UniversitàStatale di Milano. Ha partecipato a diverse ricer-che, facenti capo ad Università ecentri di ricerca (Università di Mi-

lano, Università Bicocca, Istituto diRicerca Sociale, IRS).Oltre all’attività accademica e distudio è impegnata in politica enel sindacato. Dal 2003 è funzio-naria della Camera del Lavoro diMilano, con incarichi di studio e ri-cerca. In questa funzione ha cura-to i 5 rapporti intitolati "Il lavoro aMilano" dell'osservatorio congiun-to Assolombarda-Cgil-Cisl-Uil.Attualmente è membro della se-gretaria della FLC-Cgil di Milano, ilsindacato dei lavoratori della co-noscenza, con delega all'univer-sità.A Lei i migliori auguri di buon la-voro dalla redazione del Il Con-fronto.

/Maria Teresa De Scisciolo

Giunta Pisapia al Comune di Milano. In basso da destra, la seconda è Cristina Tajani.Foto tratta da: “Corriere della Sera” di sabato 11 giugno 2011

A Napoli unbusto perl’on. DomenicoColasanto

Venerdì 8 Giugno a Napoli, in oc-casione del convegno organizza-to dalla Cisl: “Un nuovo Welfare amisura di cittadino” è stato inau-gurato un busto del concittadinoon. Domenico Colasanto. Uno deipadri fondatori della Cisl.E’ intervenuto tra gli altri, il segre-tario nazionale Cisl Raffaele Bo-nanni.

L’on. Domenico Colasanto

Antonello De Robertis, con il papà, la mamma e la sorellina, festeggiala laurea, appena conseguita.

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sportgiugno 2011

Fine delle trasmissioni. La BarileFlowers Service Nike Terlizzi è in CRegionale. La squadra del presi-dente Vito Altieri entra nellaprima serie pugliese della pallaca-nestro dopo aver dominato inlungo e in largo i playoff a chiusu-ra di una vera e propria cavalcatatrionfale. Solo una sconfitta in tra-sferta in tutta la stagione poi gliostacoli nei giochi per la vittoriafinale, Cisternino ai quarti e Ba-sket Lecce in semifinale, superaticon un secco 2-0. Una BarileFlowers Service Nike Terlizzi im-

peccabile lontano dal parquet delpalaChicoli. Solo una sconfitta intrasferta. Proprio lontano da casala Nike Terlizzi ha costruito la pro-mozione in C segno di un gruppocon carattere e determinazione.Finalmente BrunoDe Nicolo, un pas-sato con la casaccadella Nike Terlizzi equest’anno artefi-ce di un traguardocosì prestigiosoper il club dellacittà dei fiori chenon era mai arriva-ta così lontana, silascia andare allagioia per la promo-zione. “Come terliz-zese ed ex giocato-re della Polisporti-va Nike del presi-dente Vito Altierisono soddisfattoper quello che ab-

biamo ottenuto. La nostra vittoriaè l’esempio di quella che si chia-ma forza del gruppo bravo nel gi-rone di ritorno a non far sentire leassenze di Rinaldi e Sicolo e resoancor più competitivo con l’arrivodi Pretto”.La promozione sfumata all’ultimagiornata della regoular seasonper soli quattro punti nonostanteil colpo sul campo della corazzataLucera non ha per nulla influitosulla voglia di arrivare sino infondo della Barile Flowers ServiceNike Terlizzi. “Ho lavorato congente motivata che aveva chiaroin mente l’obiettivo di tagliare untraguardo importante. La vittoria

di Lucera ci ha reso consapevoli diavere in mezzi per affrontarequalsiasi avversario anche lonta-no da casa e i playoff lo hannoconfermato”.La Barile Flowers Service Nike Ter-lizzi si gode la festa per la storicapromozione in C ma il domani ègià alle porte e la voglia di pianifi-care la prossima stagione è forte.“Mi auguro che l’entusiasmo chesi è creato intorno alla squadracresca sempre di più. Vorrei vede-re sempre più persone al palaz-zetto. Questo è uno dei primiobiettivi che ci siamo prefissati invista del prossimo campionato”.

/Adriana Gesmundo

“ Traguardo storico al termine di una cavalcatatrionfale. Solo uno stop in trasferta

Barile Flowers ServiceTerlizzi festeggiala serie C

Decessi

Il giorno 15 maggio 2011 èvenuto a mancare il GiudiceMichele Scagliola. Lo ricordia-mo a quanti lo hanno cono-sciuto e formuliamo sincerecondoglianze alla famiglia.

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politica

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Anno XXIV n. 5/207 - Giugno 2011Editore: Coop. Radio Terlizzi Stereo - Direttore Responsabile: Maria Teresa De Scisciolon. 239 reg. stampa Tribunale di Trani - Spedizione in Abbonamento Postale 70% autoriz. Filiale di BariAllegato del numero Ottobre Fondato nel 1988 da GEROLAMO GRASSI

Una premessa. Le tradizionali pro-tesi mobili, più prosaicamente chia-mate “dentiere” nel linguaggio co-mune, hanno ormai fatto il lorotempo: in un passato per la veritànon tanto lontano, esse hanno rap-presentato, nel bene e nel male,una necessità, ma anche un suppli-zio, un’angoscia, una vera ossessio-ne per chi sfortunatamente non nepoteva fare a meno.In effetti quelle protesi avevanogrossi limiti funzionali, masticatorie fonatori, che incidevano profon-damente sia nella vita di relazioneche nel vissuto psico-emozionaledei pazienti. Un’autentica tortura,un bel grattacapo, si diceva, unasofferenza ed una frustrazioneascrivibili, dal punto di vista psi-chiatrico, ai disturbi “ossessivo-compulsivi” che poi, molto spesso,degeneravano in una forma di de-pressione cosiddetta da “disadatta-mento”: ed era questa l’amara sortedi chi era affetto dalla “sindromegeriatrica” (leggi vecchiaia).Dal punto di vista dinamico, infatti,le “dentiere” erano grandi, ingom-branti e scomode, per cui risultava-no poco accette e tanto poco grati-ficanti da essere scarsamente tolle-rate: da ciò un rapporto conflittualefatto di tensione, di insofferenza, diamarezza, di delusione, di disagio edi disabilità che travolgevanoanche le migliori intenzioni.Insomma un meccanismo perversodi impotenza, un nervo scoperto,un tormentato rapporto “dentista-paziente”, un basso livello di auto-stima che danneggiava la salutepsico-fisica della gente comune,portandola alla esasperazione.Il problema principale era la stabi-lità della protesi e la infiltrazionedel cibo che ristagnava sotto la pro-tesi stessa: la dentiera “balla”, “simuove” era il grido disperato edrammatico quando si superava lasoglia della sopportazione, mentresul piano biologico il danno mag-giore era causato dalla sofferenzadelle gengive, i cosiddetti “decubi-ti”, ossia le irritazioni dolorose do-vute all’attrito della protesi controle gengive.

Che tristezza! Spesso poi questi di-sturbi erano anche la causa di moltinostri “fallimenti” professionali, nelsenso che le protesi, anche se con-fezionate a regola d’arte, venivanomalinconicamente relegate nel di-menticatoio, nel fondo del cassettodei ricordi, praticamente mai utiliz-zate!Da sapere. Ma i tempi cambiano, è

quindi l’ora di aprire una riflessionesu questo problema: senza fare ul-teriore dietrologia, si intuisce chel’impiego della classica dentiera po-teva essere vissuta come una sortadi invalidità permanente, collegatafatalmente al decadimento fisicodell’anziano. Si capisce anche daqueste brevi, ma necessarie, consi-derazioni quanto sia stata deva-

stante, comunque sgradevole emortificante, questa dolorosa espe-rienza che comprometteva i riflessiantropologici più antichi ed ance-strali quali quelli della nutrizione edella formazione: per dirla tutta unvero calvario, un tormento ed unapreoccupazione latente, un sensodi inadeguatezza chiamata dagliesperti anche “psiconevrosi fobica”

Allegato de “Il Confronto delle Idee” Giugno 2011

/Nino Giangregoriogià Primario e Specialista in Odontoiatria e Stomatologia

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speciale salute

che non abbandonava mai l’utentee ne comprometteva la salute fisicae mentale.Altri tempi, si dirà, tempi ormai lon-tani: in effetti serviva un cambio dirotta, un cambiamento legato alprogresso. Infatti oggi, per fortuna,lo scenario è cambiato in modo po-sitivo ed esponenziale per cui mutala prospettiva e si può “investire”nelle nuove tecnologie; pratica-mente è la fine della rassegnazionee della passività, è la consacrazionedi una nuova “era”, oltre ogni ragio-nevole dubbio.Infatti negli ultimi anni la tecnolo-gia ha messo a disposizione degliodontoiatri una grande evoluzione:gli impianti, per cui possiamo direche è finita un’epoca sotto unaspinta innovatrice.Un occhio, dunque, alle nuove tec-niche che sono un valore aggiuntoproprio perché hanno rivoluziona-to l’approccio “dentista-paziente”, eche stanno diventando ormai l’em-blema di un nuovo “status” esisten-ziale, un nuovo marchio di confor-to, di sicurezza e di gradimento: unargomento, quindi, che riteniamointeressante e molto sentito, chevogliamo sottoporre all’attenzionedi chi legge, specie per i “matusa”,come si diceva un tempo.Si tratta, infatti – quella dell’implan-tologia – di una innovazione chepuò certamente cambiare la qualitàe lo stile di vita, proprio dell’anzia-no, una nuova filosofia del benesse-re che può migliorare le cose piùsemplici e primitive dell’esistenzaumana: la masticazione e la fona-zione.Buone notizie, dunque, che segna-no la fine di una grande mortifica-zione: scusate se è poco!È facile immaginare i vecchi porta-tori di protesi mobili curvi sotto ilpeso degli anni e delle malattie se-nili, a rischio di una vita grama fattadi isolamento, di emarginazione, diipocondria per non essersi maiadattati alle vecchie protesi e, final-mente, tirare un sospiro di sollievoe adeguarsi alle nuove terapie in-centrate sugli impianti; una soluzio-ne che ha dato alla nostra Specializ-zazione una dimensione umana esociale.Nella nostra società, infatti, l’eden-tulismo, cioè la perdita dei denti siaparziale che totale e la conseguen-te richiesta di sostituzione, è moltoelevato, come dimostrano recentistudi epidemiologici condotti sianelle zone rurali che urbane; le cifresono veramente alte ed impietose.A ciò si aggiunga che l’allungamen-to della vita e il miglioramentodella salute sono ormai beni irri-nunciabili per cui il dentista deveattendersi una proporzionale ri-chiesta di riabilitazioni sempre piùmoderne ed efficaci da parte di unaclientela sempre più esigente ed in-sofferente alle protesi tradizionali.In questo contesto, come vedremo,gli impianti rivestono oggi un ruolodi primaria importanza perché rap-presentano un simbolo del rinno-

vamento tecnologico, della vogliadi cambiare in meglio e dell’eman-cipazione socio-culturale.Il punto sugli impianti: un temache sta a cuore soprattutto agli an-ziani, i veri destinatari del nostromessaggio.Entrando nel merito, si tratta di unapratica emergente, ma consolidata,una valida risposta ai problemi pro-tesici della gente comune, unanuova realtà che è entrata “plenojure” nella casistica e nelle preroga-tive di molti dentisti che si sonoadeguati ed attrezzati per le nuoveesigenze.Va subito chiarito che, dal punto divista applicativo, gli impianti ven-gono applicati nelle ossa dei ma-scellari, sia superiori che inferiori(mandibole) e sono finalizzati allasostituzione dei denti mancanti. Laloro caratteristica principale, unavolta inseriti, è quella di poter esse-re utilizzati sia come pilastri di pro-tesi fisse, sia come supporti per leprotesi mobili per le quali agisconocome ancoraggi per rendere i dentipiù stabili: proprio quello che lagente desidera. In sintesi, rappre-sentano, senza “se” e senza “ma”, lospecchio dei tempi, una innovazio-ne ed una alternativa alle vecchieed ormai obsolete dentiere; si trattadi una conquista della nostra pro-fessione più specialistica e menogeneralista.A questo riguardo c’è da dire che èormai in via di estinzione il dentista“generalista”, mentre assume mag-gior riconoscimento lo specialistain senso stretto, chi, cioè, si occupadi un particolare settore della no-stra disciplina come, ad esempio, irestauri conservativi (la cura e laconversazione dei denti), la exo-donzia (l’estrazione dei denti, ormaiin declino), l’ortodonzia (il raddriz-zamento dei denti stessi) e l’im-plantologia, la metodica, appunto,emergente ed innovativa, in gran-de crescita esponenziale, non unaseconda scelta, ma una priorità.Evidentemente si tratta di un passoavanti della nostra professione, unrisveglio dopo anni di deprimenteanonimato e di oscurantismo cultu-rale, per un mestiere a torto ritenu-to strettamente tecnico-meccanico,senza considerare tutte le sue decli-nazioni.Ora le nuove conquiste tecnologi-che, gli impianti in particolare, sonogià ampiamente considerati un og-getto del desiderio, soprattutto, loripetiamo, da parte degli anziani,una risorsa che sta conquistandonuovi spazi nella nostra pratica, eche sta modificando profondamen-te l’ “ars odontoiatrica”.Non solo: queste metodologiesono ragionevolmente sicure, of-frono ottimi risultati anche dalpunto di vista estetico e da quellofunzionale, permettendo di recupe-rare il senso della normalità masti-catoria e fonetica. Nel tempo poi,c’è da dire, si sono progressivamen-te sviluppate nuove strategie cherendono la terapia operatoria più

sicura, più semplice e più attrattiva,specie per quei soggetti affetti daedentulia totale, cioè della totalemancanza dei denti, un retaggio –ahimè – dell’età matura. Infatti sistima che la richiesta di questanuova chirurgia protesica sia in ra-pida ascesa ed orientata verso il fu-turo con la scoperta di nuovi mate-riali che hanno ormai raggiuntoelevati livelli di sicurezza e di affida-bilità; per semplificare, si può direche gli impianti, in campo odon-toiatrico, rappresentano un’esigen-za insopprimibile della nostraepoca, al punto che si può dire: gra-zie di esistere!Da ultimo va sottolineato che oggi,rispetto al passato, è possibile prati-care questi interventi anche neglistudi privati, una prerogativa cheha contribuito a divulgarli non solo,ma anche ad affinare le tecnichegrazie anche ai cosiddetti “bio ma-teriali”, cioè compatibili biologica-mente con i tessuti osteo-gengivaliove vengono impiantati, ragion percui non provocano reazioni di in-compatibilità e di rigetto.Si realizza, cos’, il cosiddetto “goldstandard” degli Autori americani,vale a dire il pieno recupero ed il ri-pristino dei parametri fisiologicidell’apparato fonetico e masticato-rio. Pertanto si è liberi di mordere,di masticare correttamente, liberi disorridere e di parlare con una cor-retta formulazione dei suoni e delleparole che non vengono distorte: ilrisultato finale è che la protesi suimpianti è psicologicamente rassi-curante e ben tollerata: in definiti-va, è cambiato il rapporto dell’uo-mo con la “dentiera”!Bocca e narcisismo. È arcinoto chela bocca è un organo di senso cheeccita le fantasie sessuali e perciòva conservata e tutelata nella suaintegrità biologica così come nellasua efficienza e attrattiva per gliaspetti legati all’estetica. Ed è que-sto il motivo per cui gli psicologi di-fendono la sua “sacralità” e gli estetila sua bellezza e il candore deidenti; ormai la cultura del corpo èstrisciante, non si fa altro che parla-re di diete e botulismo, in altre pa-role il mondo celebra oggi l’appari-re più dell’essere. Un tempo si na-sceva con un corpo e quello rima-neva a vita e a nessuno veniva inmente di cambiarselo come – si faper dire – per un cappotto o un’au-to; invece oggi molti, uomini edonne, vogliono “rifarsi” ed a que-sta regola non sfugge appunto labocca con i suoi annessi. Un bell’a-spetto, con un sorriso smagliante, èquasi un imperativo per tutti, senzadistinzione di sesso o di classe so-ciale, visto che la bocca stessa è ilbiglietto da visita con cui ci relazio-niamo con gli altri, insomma perpiacersi e piacere!È interessante anche notare che,dal punto di vista evoluzionistico, labocca è un organo in grado di assi-curare la sopravvivenza dell’uomograzie agli stimoli primitivi comemangiare, masticare, nutrirsi e di-

gerire meglio. Come ben si vede, iltermine “sacralità” è appropriato: in-fatti nella concezione “taoista” labocca è considerata la “sorgentedella vita”.Bisognerebbe aggiungere che, sulpiano psico-dinamico, con la boccacomunichiamo sorrisi, emozioni, fe-licità, passioni per cui – questo ècerto – deve essere sempre fresca,attraente e seduttiva; per farlabreve, bisogna sottoporsi periodi-camente, è importante sottolinear-lo, ad un “tagliando” di controlloprofessionale per mantenerla effi-ciente. Infatti anche nel regno dellaseduzione la bocca ha un ruolocentrale: baciarsi, ad esempio, è ilprincipale indicatore del“feeling”erotico-sentimentale diuna coppia, ancor più del desideriosessuale, per quanto ne sia difficil-mente separato. Il bacio, si sa, è ra-dicato da sempre, nella nostra cul-tura amorosa, con esso inviamo alcervello messaggi eccitanti e grati-ficanti che scatenano, o modulano,sensazioni uniche di piacere, disoddisfazione e di appagamento.È anche utile ricordare che nellastoria dell’umanità il bacio ha as-sunto connotazioni diverse: a parteil bacio “infame” di Giuda, quello as-sociativo dei mafiosi, il “lesbo kiss”,ossia il bacio saffico, il riverente ba-ciamano ai superpotenti come attodi contrizione o il baciamano alle si-gnore per galanteria, dal sapore an-tico e ormai “demodé”, parliamo quidel bacio amoroso.Un bassorilievo nel tempio indianodi Khajuradi, da noi visitato, attesta,ad esempio, che nel 2500 a. C. già cisi baciava; successivamente la “vispoetica” dei Latini definì il bacio“linguae longe mellitum”, cioèdolce come il miele…! Per Cyranode Bergerac – lo sanno tutti – è “l’a-postrofo rosa tra le parole ti amo”,mentre per Cementano, più prosai-camente, “il bacio è come unrock…!”.Comunque, sia esso frivolo, esaltan-te, amichevole, appassionato, ilbacio rimane un fenomeno estre-mamente diffuso, specie tra i giova-ni molto sensibili a queste dinami-che. Non solo: si pensi che propriodal punto di vista dinamico unbacio intenso, prolungato, pene-trante e gratificante, cosiddetto“alla francese”, coinvolge 150 mu-scoli facciali, e scusate se è poco!Di questa rivisitazione del bacio e diquesto excursus il motivo è prestodetto: un messaggio propositivoper sensibilizzare chi ci legge aquella che gli antichi chiamavano“salus oris”, cioè lo stato di salute edi conservazione della bocca, perevitare anche gli “odori” sgradevoli,un eufemismo per citare “l’alitosi”delle bocche…trascurate. E, giac-ché ci siamo, vogliamo sottolineareche anche le labbra hanno un altotasso attrattivo e di sensualità; oggi,infatti, per accentuarne il fascino edil sex appeal, vengono spesso ritoc-cate. Classica, ad esempio, l’accen-tuazione dell’ “arco di Cupido”, cioè

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il sollevamento al centro del labbrosuperiore per coniugare – si fa perdire – il fascino con la sensualità…!Altro esempio del fascino legatoalla bocca: Marilyn Monroe, la “popstar” americana, era considerata un“sex symbol” non solo per la pro-rompente sensualità che emanavail suo forte ancheggiamento, maanche per la tendenza a tenere labocca semi aperta, testimonianzadi una disponibilità “sensuale” di cuihanno parlato i pubblicitari e glioperatori della moda.Su queste basi il dentista di oggi èdiventato un “estetista”, cioè non sioccupa solo della cura dei denti, maanche del loro miglioramento este-tico per far apparire più belli e informa. È risaputo che, una volta, adoccuparsi dei canoni estetici erano ipoeti, gli esteti, gli animi sensibili, ipittori, ecc.; ora, invece, se ne occu-pano soprattutto i medici, tra iquali, ad esempio, i chirurghi plasti-ci, che con i loro ritocchino a basedi collagene, di silicone e di acidoiarulonico migliorano l’estetica delviso, delle labbra e, più in generale,del corpo umano con risultati rite-nuti eccellenti.Per noi odontoiatri ci sarebbe dadire che il “top” della professionalitàl’abbiamo raggiunta con pieno di-ritto – questo è certo! – con i bennoti trattamenti correttivi: una di-sciplina chiamata “ortodonzia” chesi occupa dell’allineamento deidenti quando sono accavallati op-pure molto storti. In tempi più re-centi, la chirurgia implantologica,con l’integrazione dei denti man-canti, ha procurato benessere e be-nefici per la salute, determinandoun netto miglioramento della qua-lità della vita.Gli impianti, infatti, si stanno grada-tamente sostituendo alle vitupera-te protesi mobili che sino ad oggihanno regalato più delusioni chesoddisfazioni, ed è per questo chequesti nuovi impianti vanno dimoda.A questo riguardo le neuroscienzeinsegnano che una protesi fissa chesi avvantaggia della sostituzionedei denti con impianti, oppure conprotesi mobili stesse, ma ben anco-rate a pilastri di sostegno a base diimpianti stessi, hanno buone pro-babilità di essere risolutive; secon-do gli analisti, si incentiva l’autosti-ma degli utenti, si placano l’ansiaed il nervosismo di chi ha perdutola calma interiore, si acquisiscesempre più padronanza della pro-pria immagine corporea, si acquistapiù visibilità e sicurezza nella vita direlazione, si stimola, inoltre, la se-crezione di “endorfine”, sostanzeche a livello cerebrale hanno uncomprovato effetto euforizzante edantidepressivo, una strategia cheaiuta a combattere le “neurodege-nerazione”, in primis l’Alzheimer, ilterribile morbo che annulla il pas-sato!Per ultimo, ma non per importanza,si riacquistano la soddisfazione ed ilbuonumore legati alla certezza, o

quanto meno all’ottimismo e allasperanza, di migliorare la mastica-zione e digerire meglio. Tutto giu-sto, dunque: in pratica si reagisce esi accetta la vita con maggiore sere-nità, con meno tensioni e più rilas-sati; in parallelo, come già accenna-to, si riducono l’impatto emotivo ele fibrillazioni umorali legate allavecchiaia. Perciò ben si addice aglianziani il motto “non si è mai trop-po vecchi per sentirsi giovani”; vice-versa, quando l’approccio con lavecchia dentiera era sbagliato, nonsoddisfacente ed inadeguato, si ge-nerava spesso una bufera ormonaleche, in sostanza, provocava nel san-gue un aumento del “cortisolo”,ossia l’ormone detto dello “stress”che, nel nostro caso, era da disadat-tamento con il conseguente rifiutodella protesi stessa.In questo senso il nostro messag-gio, questa nostra “lectio magistra-lis” sugli impianti si ultima genera-zione acquista anche una impor-tante valenza sociale, istruttiva epedagogica: può, ce lo auguriamo,stimolare l’interesse vero questanuova pratica che interessa soprat-tutto gli anziani motivati dalla ne-cessità.Comunque, per rifarci all’impiegodi queste procedure oggetto delnostro studio, è importante sapereche ne esistono diverse tipologie:un carattere comune a tutti gli im-pianti è che hanno bisogno di ossosufficiente – in medichese “cresta”ossea, per poterli ben posizionarenell’osso sottostante. In parole po-vere è come far germogliare unapianta in un comune vaso di terra-cotta: il seme attecchirà e si svilup-perà meglio se il contenitore saràsufficientemente capiente. La sem-plificazione è approssimativa, marende l’idea. Un altro elemento disuccesso è l’utilizzo di materiali non“biodegradabili”: in genere si ado-pera il titanio, un materiale di natu-ra inerte che ha la capacità di “le-garsi” biologicamente con la strut-tura ossea. Questo fenomeno,come ben sanno gli esperti, si chia-ma “osteogenesi” o “osteointegra-zione”, paragonabile, per certi versi,al callo osseo che consolida le co-muni fratture.Un altro parametro da tener pre-sente è che gli impianti di qualsiasitipo, essendo dispositivi medici, peressere sicuri e ben tollerati, richie-dono una igiene accurata ed unaperiodicità delle visite di controllo;con la nuova diagnostica radiologi-ca, poi, è possibile valutare prelimi-narmente la fattibilità stessa di unimpianto.Infine, è estremamente importanteil controllo dell’articolazione, cioè ilrapporto tra l’arcata mascellare su-periore e quella inferiore al fine diridurre i contatti occlusali eccessivi:se questi “rialzi” non vengono elimi-nati, ne derivano danni alle artico-lazioni temporo-mandibolari chepossono compromettere l’interaoperazione-Ciò premesso, per fare chiarezza e

avvicinare i possibili utenti a questapratica che, come si vedrà, non èun’utopia, ma una realtà, ci occupe-remo “in extenso” soltanto degli im-pianti di ultima generazione, cosid-detti “mini invasivi” per il loro cali-bro ridotto, che hanno molti van-taggi rispetto agli impianti tradizio-nali, cioè sono di facile esecuzionee più sicuri; sono assolutamenteconvenienti e confortanti non solo,ma sono alla portata di qualsiasitasca e che consentono di direaddio alla vecchia dentiera. Pratica-mente, andare dal dentista senzaspendere un patrimonio, “low cost”,cioè a prezzi calmierati.Dal punto di vista operativo alcunicenni che serviranno a chiarire leidee.L’intera procedura consiste effetti-vamente nel posizionare l’impiantoa forma di sfera e dal diametro ri-dotto nello spessore della “cortica-le” dell’osso alveolare: questo spes-sore si ottiene non incidendo lagengiva, ma perforandola con unafresa, dello stesso diametro dell’im-pianto, montata in uno strumentoche in gergo viene chiamato “mani-polo”.Appena inseriti, questi impiantipossono essere utilizzati come pila-stri di sostegno e di supporto alleprotesi mobili confezionate, comesi usa, in resina siliconoica opportu-namente adattata, ribassata e ridot-ta nello spessore: vale a dire unconforto ed una stabilità maggiore.Tali sostegni sono principalmentesono principalmente indicati per leprotasi mobili inferiori che, nellageneralità dei casi, sono instabili,“ballerine” come suol dirsi, pratica-mente scarsamente funzionali acausa dei micro spostamenti chesubiscono durante la masticazione.È anche noto che nella parte supe-riore della bocca la protesi mobileaderisce al palato come una “vento-sa” che assicura una tenuta maggio-re e, conseguentemente, una mag-giore adattabilità.È evidente, così, che i “micro im-pianti” sono particolarmente indi-cati per quei pazienti abitualmenteconsiderati “difficili”, insofferenti odemotivati.Ma le potenzialità dei suddetti im-pianti non finiscono qui: il protocol-lo operatorio, infatti, non prevede,per i motivi già accennati, alcunaincisione o tagli o scollamenti dellagengiva per cui vi è minor sangui-namento, niente punti di sutura,minor gonfiore post operatorio,scarsità del dolore, minor rischio ditrombosi vasale che può, in alcunicasi, pregiudicare o aggravare leprecarie condizioni generali del-l’anziano.Oggi, poi, con la chirurgia “compu-ter guidata” e la TAC, la precisionedell’intervento è millimetrica – “chi-rurgica”, si suol dire – soprattuttonel collocare gli impianti in “situ”:una tecnica che gli esperti chiama-no “flapp less”, cioè senza ricorrereappunto ad estese incisioni gengi-vali per cui, come insegna una

norma della chirurgia classica,“meno tagli, mano fai male!”.Anche il pericolo delle infezioni siriduce quasi a zero ed è per questoche gli impianti sono detti “mini in-vasivi”.Un altro dato confortante è che sipossono applicare in un’unica se-duta, evitando, così, le storiche, lun-ghe sedute dal dentista.Ma c’è di più: è sufficiente solo unaleggera anestesia locale e una se-dazione cosciente per ottenere unbuon rilassamento del paziente;inoltre un altro aspetto di notevoleimportanza è legato al cosiddetto“carico immediato” che, pratica-mente, vuol dire che si può masti-care anche subito, senza lunghitempi d’attesa.Ma attenzione: per usare una locu-zione latina “minus non est minor”gli impianti, cioè, pur essendo dipiccole dimensioni, offrono ugual-mente una forte resistenza ai trau-mi masticatori: infatti sono realizza-ti con un materiale, il “titanio” o,ancor meglio, lo “zirconio”, un me-tallo duro come l’acciaio e bio com-patibile come il titanio: l’acidità delcavo orale e la saliva non li intacca-no e non ne minano la stabilità.Un altro elemento di spessore e de-cisivo per la riuscita di questa pro-cedura innovativa è che i micro im-pianti, al contrario degli impianticonvenzionali, si possono applicareanche in condizioni di atrofia osseao – come diciamo noi – con crestemolto sottili; detto con parole piùcomprensibili, quando l’osso deimascellari è carente: è questa laperformance più convincente e ba-silare per coinvolgere le persone esegnatamente gli anziani, notoria-mente affetti da una notevole ed ir-reversibile recessione ossea.E va chiarito anche un altro “bonus”:la fine di quel tormentone costitui-to dagli “adesivi”, cioè i collantisotto forma di cuscinetti o di poma-te che facilitano e prolungano lastabilità e l’adesività delle protesimobili ai tessuti gengivali, e cheaiutano anche a prevenire l’infiltra-zione del cibo, fastidiosi sfrega-menti e dolorose irritazioni.Ebbene, per decenni intere genera-zioni di pazienti hanno utilizzatoquesti prodotti farmaceutici di cuinon potevano proprio fare a meno,pur essendo causa di sofferenzaunita al disgusto.È innegabile, quindi, che l’avventodegli impianti e l’esperienza a livel-lo psicologico risultano confortantie “anti age”, cioè fanno sentiremeno il peso degli anni, e non èpoco!Certo bisogna vincere una certa dif-fidenza, ma questo è un altro capi-tolo: si sa che la “paura” ha radici an-tiche, antropologiche, è considera-ta una costante che da semprerende conflittuale il rapporto denti-sta-paziente. Secondo gli psicanali-sti la paura del dentista è un riflessocondizionato di autodifesa con ilquale ci difendiamo dagli stimoliesterni che minacciano la nostra sa-

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lute e la nostra integrità psico-fisi-ca; di come vincerla o, quantomeno, di come dominarla si parlerànel capitolo che segue!Infine i costi: lo zoccolo duro, la“magna quaestio” e la meno “at-traente” delle cure odontoiatriche.C’è subito da dire che in base aduna legge di mercato, la grande dif-fusione e l’autentica esplosione diconsensi hanno determinato uncalo dei costi degli impianti in ge-nerale e dei micro impianti in parti-colare, che così si sono resi accessi-bili alla gente comune, praticamen-te a tutti; non più un lusso metro-politano, appannaggio di un ristret-to ceto elitario, ma una scelta pertutte le categorie sociali, la cosid-detta “popolazione rurale” a bassoreddito, i “minus habentes”! Natu-ralmente con qualche sacrificioeconomico, perché, come insegnala Bibbia, “non si vive di solo pane”.Tuttavia quello che si spende ècompensato dai risultati che, comeampiamente chiarito, sono estre-mamente interessanti, finalizzatialla eliminazione delle vecchie den-tiere, croce e delizia di tempi ormaisorpassati, con il ritorno ad unanormalità che mancava da anni. La(quasi) mancanza di dolore acuiscel’interesse e la disponibilità: diceva-no, infatti, i filosofi greci che “biso-gna curare senza nuocere e guariresenza soffrire”, una massima cheoggi fa parte dei concetti fonda-mentali delle Scienza umane e so-ciali, una corrente di pensiero di cuisiamo stati – detto per inciso – mo-desti cultori: la nostra esperienza èstata questa!A queste problematiche etico-mo-rali, che dovrebbero essere il corre-do di ogni medico, si aggiungono,per motivi di completezza, anchegli aspetti medico-legali dell’im-plantologia, vale a dire il cosiddetto“consenso informato”, la consape-volezza, la condivisione e il consen-so del paziente all’atto medico chenon è solo un obbligo cartaceo oun atto puramente formale e buro-cratico, ma è un impegno deonto-logico richiesto dalla legge.Data l’importanza dell’argomento,ricordiamo – per chi ha memoriascolastica – che la parola “consen-so” deriva dal latino “consensus” edal corrispondente verbo “consen-tire” che, dal punto di vista etimolo-gico significa “essere d’accordo”, ap-provare un atto (medico nel nostrocaso), insomma il diritto del pazien-te all’autodeterminazione o liberoarbitrio, una risorsa disponibile permigliorare il rapporto di fiducia conil proprio medico. Il consenso all’at-to medico come è concepito dal le-gislatore per quanto riguarda la suavalenza “etico-filosofica” ha interes-sato la Medicina sin dagli albori: in-fatti già Platone (427-347 a. C.) nelle“Leggi” ne sottolineava l’importan-za quale elemento fondamentaledella buona “ars medica”.Ritornando agli impianti nella lorogeneralità, per esperienza persona-le di vecchio “mestierante” acquisita

a suo tempo frequentando “stages”di apprendimento e di perfeziona-mento in Italia e all’estero, corsiconsiderati per convenzione i piùaccreditati dell’epoca, possiamo te-stimoniare e confermare la validità,la sicurezza e la versatilità degli im-pianti nel risolvere molte situazionidi precarietà per la mancanza par-ziale o totale dei denti.Naturalmente in quei tempi il con-testo storico, sociale, culturale edeconomico (bassi redditi) non eracertamente roseo e per nulla para-gonabile ai tempi attuali; ma da al-lora, per fortuna, molta acqua, èpassata sotto i ponti dell’informa-zione, della divulgazione e della di-sponibilità economica, per cui c’èstata una vera “attrazione” versol’implantologia da parte di commit-tenti più competenti, informati e di-sponibili al cambiamento. Il perchéè presto detto: un’emancipazioneindividuale e generalizzata della so-cietà attuale capace di scuotere lecoscienze dal disinteresse, dall’im-mobilismo, dal qualunquismo vec-chia maniera, dal populismo equant’altro, che sono fuorvianti edannosi perché alimentano nel tes-suto sociale paure, incertezze, fibril-lazioni, fenomeni di rigetto a qual-siasi cura, anche la più ordinaria.Come recita uno spot pubblicitario,si è, oggi, “liberi di mordere, liberi disorridere”.Su queste basi niente pregiudiziideologici sommari, niente terrori-smo psicologico, niente dramma-tizzazioni e distorsioni di una realtàincontestabile perché ormai la chi-rurgia impiantare nel suo comples-so e i micro-impianti in particolare,dal punto di vista eugenetico edapplicativo, offrono veramente lemigliori aspettative, per vincere lainstabilità e l’intolleranza delle pro-tesi mobili, una pratica, se ci è con-sentito, che ha trovato in chi scrive,che ama i contatti umani, un con-vinto anticipatore, un fautore ed unmotivatore.Le radici della paura: il fattorepsicologico: è questo il vero auten-tico problema, un altro parametrofondamentale del rapporto denti-sta-paziente. Una paura “ontologi-ca”, la più antica, la più arcaica, lapiù incontrollabile che si annidanell’immaginario più profondo del-l’essere umano. Premesso, quindi,che non è mai facile gestire un pa-ziente odontoiatrico e che convin-cere un soggetto fobico o ansioso èsempre un’impresa, in chirurgia im-piantare la componente emotivaassume un’importanza determi-nante. Un parametro che è alla basedi qualsiasi trattamento, come si sa,è la cosiddetta “ansia anticipatoria”,quella sindrome compulsiva e con-flittuale che in psichiatria vieneanche definita “odontofobia” o“dental auxiety” degli autori anglo-sassoni, una emotività che carica dinegatività sia l’ambiente che la fi-gura del dentista.Questa sindrome genera, appunto,ansia, nervosismo, preoccupazione,

insofferenza maniacale, intolleran-za a sedersi per qualche temposulla poltrona dell’operatore, prati-camente una “chiusura” ossessivaalle cure: pertanto si ha la sensazio-ne sgradevole di sentirsi prigionieridella poltrona stessa ed in baliadegli eventi, una “postura” moltosofferta, ma obbligata ed inevitabi-le, uno stato d’animo che altera lapercezione stessa del dolore, ingi-gantendolo. Tuttavia, ad onor delvero, i progressi legati all’anestesiaed alla sedazione cosciente riesco-no in parte ad attenuare questostato di allerta, inibendo i fattori ne-gativi come l’ansia e la paura.Pertanto i pregiudizi ideologici, leriserve mentali, le insofferenze nonsono, a nostro avviso, più tollerabilioltre una certa misura, anche per-ché spesso sono “scuse” o fanno co-modo per sottrarsi alle cure. In que-sti casi, per demitizzare la paura efidelizzare il paziente, è necessarioagire sul “sommerso” psicologicocon il cosiddetto “mental training” o“approccio psicologico motivazio-nale” che agisce direttamente sullastruttura della personalità di ognisingolo soggetto. Come? Incre-mentando le dinamiche relazionalicon il sorriso, con i colloqui infor-mativi, con il dialogo, mostrandomateriale illustrativo con parolesuadenti e rassicuranti: insommauna “full immersion” nel subconsciodel paziente per informare e moti-vare. Se poi il clima dello studio èdistensivo, ancor meglio.Da ultimo, per avere successo sulpiano squisitamente tecnico, l’im-plantologia – è necessario ribadirlo– si basa sul binomio: qualità deimateriali e capacità, perizia, profes-sionalità ed esperienza di chi opera,il dentista.Sui materiali si è già fatto cenno;per quanto riguarda chi opera, èbene sottolineare che l’implantolo-gia è una tecnica chirurgica e cometale può essere usata bene o male,dipende da coloro che la praticano,dalla loro preparazione e dal loropercorso formativo. In generale do-vrebbe essere un personaggio dispicco, un peso specifico di espe-rienza superiore a quello di altri col-leghi, se si vuole essere competitivi.Considerato, poi, che la “pressione”emotiva è negativa ed altissima,sono necessari cautela, un approc-cio psicologico integrato, cioè unrapporto simbiotico con il paziente,tendente a ridurre quella che glipsicologi chiamano “percezione se-lettiva”, cioè la percezione negativadi tutto ciò che si teme possa arre-care danno o paura, al limite del-l’ossessione. In altri termini un ap-proccio attrattivo, la cosiddetta“captatio simpatiae” di cui parlaOrazio, il famoso poeta latino.Sul versante tecnico vale il mottoaltrettanto significativo ed esplicito“non multa, sed multum”, pratica-mente più qualità che quantità;oggi, purtroppo, dilaga la cultura, ilfanatismo il “delirium tremens” disaper fare tutto e subito, per cui

molti si improvvisano esperti perpura imitazione, senza alcuna pre-parazione di base o senza aver fre-quentato corsi di perfezionamento.Il requisito essenziale, dunque, ènon andare oltre le proprie capa-cità, la propria competenza e ri-spettare sempre quell’ “etica dellaresponsabilità” di cui parla il socio-logo Max Weber, ovvero prudenzae cautela, tenendo sempre contodelle possibili conseguenze negati-ve che comportano tutti gli inter-venti chirurgici, anche quelli piùsemplici e meno invasivi.Non sono i nostri suggerimenti di-scriminatori verso chiunque – il co-dice etico ce lo impedisce – masemplicemente un invito alla tra-sparenza ed alla consapevolezzadei propri limiti di tutti gli odon-toiatri. Perciò, cari lettori, “en garde”,come dicono i Francesi, fate atten-zione e scegliete figure di alto livel-lo professionale, con un pédigréecollaudato di affidabilità, esperien-za e simpatia, e, per intenderci,senza la voglia di strafare e senzamanie di protagonismo, perché –scriveva San Tommaso – “la pruden-za è la prima delle virtù”: in altre pa-role senza tradire il “Giuramento diIppocrate” che ammonisce di cura-re sempre secondo scienza e co-scienza…!Morale. E siamo così giunti ai titolidi coda e al giudizio finale per legit-timare – almeno abbiamo provato!– questa nuova risorsa più moder-na, innovativa, più sicura, la più pra-tica e alla portata di tutti: i micro-impianti. Un argomento interessan-te che non tutti conoscono e chemerita di essere approfondito. Perconcludere, abbiamo cercato dicombattere lo scetticismo, la di-sinformazione, le prevaricazioni, ilrelativismo culturale, il nichilismoesasperato esponendo i fatti, leprocedure, le metodologie comerealmente sono, con parole sempli-ci, essenziali, pragmatiche, com-prensibili, responsabili, insomma“pro veritate”, con lo scopo preci-puo di sdoganare la “paura”, questoautentico “totem” che rende sem-pre e comunque estremamente dif-ficile ed esasperato il nostro lavoro. La chiave di lettura del metodomini-invasivo ha, a nostro avviso,una matrice psico-sociale – il chenon guasta – per convincere i ritro-si, i timorosi, gli incerti sulla possibi-lità effettiva di eliminare finalmenteil disagio e l’intolleranza alla dentie-ra ormai “dépassé” per cui, comeesperti di “psico-odontoiatria” il no-stro interesse è, come sempre èstato, il benessere psicologico deipazienti.Ed è stato questo il fine ultimo e loscopo di questo contributo: comeammoniva Platone, il padre dellaLogica, “conoscere per capire”, ov-vero più si conoscono le cose emeno si temono.Capito? Passaparola!