Upload
others
View
0
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
Dipartimento di Scienze Politiche Cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali
Il contributo di Carlo Azeglio Ciampi alla
politica estera ed europea italiana
Relatore
Prof. Federico Niglia
Candidato
Francesco Stati
Matricola n. 630192
Correlatore
Prof.ssa Vera Capperucci
Anno accademico 2017 – 2018
Indice
Introduzione
1. La difesa della moneta: gli anni alla Banca
d’Italia
Premessa……………………………………………1
1.1 Contesto storico-economico……………………2
1.2 L’insediamento e le prime misure: il “divorzio”
dal Tesoro……………...…………….………….3
1.3 L’Atto Unico Europeo, il “venerdì nero” della
lira e il rapporto con Craxi……………………...6
1.4 La transizione europea e il Trattato di
Maastricht………………………………………9
1.5 La crisi valutaria del 1992 e il caos politico
italiano.………………………………………...14
1.6 Da Palazzo Koch a Palazzo Chigi……………...23
2. Un tecnico in politica: il Governo Ciampi e
l’incarico al Ministero del Tesoro
2.1 L’azione di governo in politica interna e il
“Protocollo” con le parti sociali………………31
2.2 Gli incontri europei e il “check-point Pasta”….34
2.3 Le tensioni con gli Stati Uniti al
G7 di Tokyo……………………………….....38
2.4 La nuova crisi dello SME, le teorie
monetarie di Ciampi e il viaggio
a Washington…………………..……………..41
2.5 Le privatizzazioni e l’epilogo dell’esperienza
di governo……………………………………43
2.6 Gli incarichi internazionali e l’ingresso nel
Governo Prodi……………………………….46
2.7 Il Dpef 1997-1999, lo SGP e il rientro
italiano nello SME………...………………….49
2.8 Il traguardo della moneta unica: l’ingresso
nell’euro……………………………………...58
3. Il settennato: gli anni al Quirinale
3.1 Un’elezione “plebiscitaria”……………………66
3.2 L’impostazione programmatica e la politica
estera nel settennato Ciampi………..………....68
3.3 La fine del conflitto balcanico, il viaggio a
Berlino, l’idea di Europa……………………...71
3.4 La questione israelo-palestinese e la
commemorazione di Cefalonia……………….76
3.5 L’identità nazionale come strumento di
politica estera: le missioni in Brasile,
Argentina e Uruguay…….……………………79
3.6 Lo scontro con il Governo Berlusconi:
il G8 di Genova e gli interventi militari in
Afghanistan e Iraq………………………….....84
3.7 Le fasi finali: le Tigri Asiatiche e i discorsi
europei……………………………………….94
3.8 Epilogo……………………………………...107
Conclusioni
Bibliografia
Sitografia
I
Introduzione
Carlo Azeglio Ciampi (Livorno, 9 dicembre 1920 – Roma, 16 settembre
2016) è stato uno dei più importanti personaggi del mondo politico ed economico
della storia recente italiana. Egli ha infatti ricoperto le più importanti cariche dello
Stato, nonostante non fosse iscritto a nessun partito: è stato, nell’ordine,
Governatore della Banca d’Italia (incarico ricoperto per oltre 23 anni), Presidente del
Consiglio e Presidente della Repubblica (primo – e attualmente unico – Presidente
della storia repubblicana appartenente alla “società civile”, non essendo mai stato
parlamentare), oltre che Ministro del Tesoro e del Bilancio e della Programmazione
Economica nel cruciale periodo di transizione tra lira e moneta unica (i due dicasteri
non erano ancora stati unificati).
Convinto europeista (si definiva “cittadino europeo nato in terra d’Italia”),
fervente patriota, ha raccolto simpatie e consensi da quasi tutti gli schieramenti
politici e ha rappresentato una figura chiave nella transizione italiana a cavallo fra
1992 e 1994, avendo presieduto l’ultimo esecutivo espressione della cosiddetta
“prima Repubblica”. All’azione del suo settennato si devono la rivalutazione
dell’identità nazionale, la riscoperta dei valori risorgimentali, la massiccia diffusione
dell’inno nazionale e il rinnovamento del Tricolore.
Ma Ciampi, nella sua lunga parabola, ha inoltre svolto un ruolo fondamentale
per la tutela dell’interesse nazionale italiano: quando alla Banca d’Italia si produsse in
una strenua difesa della valuta nazionale, anche durante le numerose tempeste
valutarie che si trovò ad affrontare; quando da Presidente del Consiglio volle cercare
di sottrarre l’Italia dalla spirale dell’inflazione; quando da “Ministro dell’euro” guidò
la Nazione verso un insperato ingresso nella moneta unica nella prima fase della sua
emissione, quando tutta l’opinione pubblica nazionale, europea e internazionale dava
l’Italia per spacciata; quando, salito al “Colle più alto”, difese la Costituzione dalle
tentazioni revisioniste del Governo e cercò di indirizzare l’interesse economico
II
italiano verso Paesi che Palazzo Chigi sembrava ignorare, nonostante
rappresentassero il futuro dell’economia mondiale.
L’intento precipuo di questa tesi è cercare di individuare, attraverso una
disamina del lungo percorso all’interno delle Istituzioni italiane, quale sia stato il
contributo che Carlo Azeglio Ciampi ha fornito alla politica estera italiana, tanto in
ambito europeo quanto in campo internazionale; l’elaborato segue un percorso
strettamente cronologico, diviso per cariche e temi: il capitolo iniziale inerisce
l’incarico nella Banca d’Italia, dagli esordi fino alla conclusione del mandato; il
secondo capitolo comprende l’anno alla guida del Governo e il biennio ai Ministeri di
Tesoro e Bilancio; il capitolo conclusivo riguarda il suo operato da Presidente della
Repubblica.
Egli è stato uno degli attori più importanti del percorso di transizione
dell’Italia da potenza regionale a potenza cardine dell’Europa unita: durante il suo
governatorato nella banca centrale cercò in ogni modo di tenere ancorata la valuta
nazionale al Sistema Monetario Europeo (SME), all’interno di un percorso (guidato
dalla “Commissione Delors”, in cui egli ricoprì un incarico verticistico) che avrebbe
portato alla ratifica del Trattato di Maastricht da parte dei principali Paesi europei e
infine, anche grazie al suo fondamentale contributo, alla moneta unica; si trovò in
prima linea anche quando, non senza sofferenza, fu obbligato dalle circostanze a
fuoriuscire dallo SME a causa delle funeste conseguenze del “mercoledì nero”, da lui
previste, senza tuttavia che i suoi ammonimenti trovassero ascolto presso gli
interlocutori continentali.
Le circostanze politico-giudiziarie che travolsero la classe politica italiana lo
trascinarono nei palazzi del potere: il Presidente della Repubblica Scalfaro gli offrì la
possibilità di diventare il primo Presidente del Consiglio della storia repubblicana di
natura tecnica, incarico che ricoprì nella convinzione che i problemi atavici dell’Italia
avrebbero potuto essere risolti solo ponendo al Paese un vincolo esterno che lo
responsabilizzasse: l’Europa. Ebbe inoltre il grande merito di raggiungere uno storico
accordo economico con le parti sociali, destinato a far uscire l’Italia dalla spirale
inflazionistica di cui era preda da tempo immemore.
III
In questo solco, la sua esperienza e competenza al Ministero del Tesoro, oltre
al prestigio internazionale di cui godeva, furono decisive per poter rendere l’Italia
uno dei Paesi appartenenti alla “fase uno” dell’Euro, i primi che avrebbero visto il
frutto di quel traguardo tanto agognato in circolazione nei propri confini: il Dpef
(Documento di Programmazione Economica e Finanziaria) del 1996, grazie
all’escamotage del “paragrafo-gancio”, fu la sua carta vincente nella partita dell’euro,
abbinata ad alcune misure strettamente tecniche e all’abile lavoro di diplomazia
svolto nel contesto continentale.
Eletto nel 1999 alla prima votazione, Ciampi è stato un Presidente della
Repubblica molto attento alla tutela della Costituzione (specie nella legislatura del suo
settennato in cui Silvio Berlusconi imperversava per Palazzo Chigi), deciso a evitare
lo snaturamento dello spirito dei Padri Costituenti; inoltre, durante la sua
permanenza al Quirinale, il suo interesse fu far proseguire l’Italia nel percorso
virtuoso di “unione politica” dell’Europa, mosso dalla convinzione che gli interessi
cardine del Paese fossero da realizzare all’interno della più grande e prestigiosa
cornice regionale; nondimeno fu data grande importanza al perseguimento
dell’interesse economico nazionale attraverso numerose visite di Stato nei Paesi con
una grande presenza italiana (nell’area latinoamericana) ed emergenti (le “Tigri
asiatiche”), allo scopo di fornire un canale preferenziale alle imprese del tessuto
industriale italiano per favorirne le esportazioni. La rivalutazione del sentimento
patriottico, del Risorgimento e delle effigi della Patria è forse il più importante lascito
del suo servizio alla Nazione. Il suo senso delle Istituzioni fu testimoniato anche dalla
rinuncia, per questioni di opportunità, a un secondo mandato, nonostante le forze
politiche fossero fortemente tentate da una sua riconferma.
Per il lavoro di ricerca si è fatto un uso diffuso delle fonti provenienti
dall’archivio storico del Quirinale, dove sono conservati i diari personali del
Presidente, oltre che tutti i suoi discorsi e il calendario delle sue visite italiane e
internazionali; si sono rivelati di estrema utilità anche l’archivio storico del quotidiano
La Repubblica e alcuni libri redatti da collaboratori di Ciampi e da storici, primo fra
tutti “Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente” (2007, Milano, RCS libri
IV
S.p.A.), scritto dal suo Consigliere per la Stampa e l’Informazione Paolo Peluffo,
ricco di retroscena e confidenze relativi all’intera carriera politico-istituzionale del
Presidente; nondimeno è stato cruciale, per l’impostazione della ricerca concernente
il terzo capitolo, il libro “Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in
cui tutto cambiò” (2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A.), scritto da Antonio Puri Purini,
suo Consigliere diplomatico durante il settennato. Si sono inoltre rivelati
fondamentali per la comprensione del pensiero ciampiano le numerose opere che il
Presidente ha pubblicato negli anni del suo percorso nelle Istituzioni italiane e
internazionali, oltre ad altri libri di carattere biografico sulla sua persona e colloqui
diretti con alcuni suoi collaboratori durante il settennato.
1
Capitolo I
La difesa della moneta: gli anni alla Banca d’Italia
Premessa
Carlo Azeglio Ciampi fa il suo ingresso alla Banca d’Italia nel 1946.
Va sottolineato come egli in realtà non entri nell’istituto per vocazione: la sua
passione era infatti l’insegnamento. Tuttavia, considerata l’instabilità
economica della carriera di docente, su pressione della moglie Franca Pilla
decise di partecipare a un concorso per l’accesso all’istituto, concorso che poi
vinse; sulla vicenda il giornalista Massimo Gaggi dirà: «il giovane docente
abbandonò le Lettere (che lo affascineranno sempre) […] e sposò i Numeri»1.
Dopo quattordici anni da semplice impiegato in varie filiali periferiche (prima
Livorno, poi Macerata), nel 1960 fu chiamato a Roma, all’amministrazione
centrale della Banca, nel “Servizio Studi”. A quel punto iniziò la scalata verso
il vertice di Palazzo Koch: nel 1973 diventò segretario generale, vicedirettore
generale nel 1976 e direttore generale nel 1978. L’anno successivo, in seguito
alle turbolente vicende relative al “Crack Sindona” e allo scandalo
(orchestrato probabilmente da matrice massonica2) che aveva travolto l’allora
presidente Paolo Baffi e il suo vice Mario Sarcinelli, Ciampi fu indicato da
Baffi stesso al Presidente del Consiglio Francesco Cossiga come suo possibile
successore; contribuirono a dare credibilità a tale nomina anche le
segnalazioni in questo senso al Presidente della Repubblica Sandro Pertini e al
Ministro del Tesoro Filippo Maria Pandolfi da parte di due ex governatori
della Banca quali Guido Carli e Donato Menichella3. Nonostante l’iniziale
riluttanza all’assegnazione dell’incarico, le pressioni del futuro Ministro del
1 Dell’Arti G., Cinquantamila Giorni, 2016, Cinquantamila, estratto il 28 dicembre 2018 da: www.cinquantamila.it/storyTellerThread.php?threadId=CIAMPI+Carlo+Azeglio 2 Piccone B. A., Faust e il Governatore, 12 maggio 2011, Linkiesta, estratto il 29 dicembre 2018 da: https://www.linkiesta.it/it/blog-post/2011/12/05/onore-a-paolo-baffi-governatore-di-banca-ditalia-a-100-anni-dalla-nasc/3168/ 3 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 105
2
Tesoro Beniamino Andreatta riuscirono a piegare le resistenze di Ciampi, che
infine accettò il doppio onere di Governatore della Banca d’Italia e di
Direttore dell’Ufficio Italiano Cambi, restando in carica fino al 1993, quando
(in una situazione di forte crisi politica e istituzionale) venne chiamato dal
Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro a formare il “Governo
Ciampi”, il primo della storia repubblicana guidato da «un semplice
cittadino»4.
1.1 Contesto storico-economico
La situazione economica italiana, al momento dell’insediamento di
Ciampi al vertice di Via Nazionale, non era di certo delle più rosee: il II
Shock petrolifero aveva infatti portato l’inflazione a cifre superiori al 20% e i
prezzi al consumo aumentavano almeno del 12% ogni anno da sette anni,
mentre il cambio nominale effettivo della lira aveva perso circa il 50%. Fino a
quella fase storica, il sistema-Paese Italia aveva tratto benefici da una
tendenza inflazionistica dell’economia nazionale, con la gestione del cambio
della lira che teneva la valuta sospesa fra un dollaro debole e un marco
tedesco forte: in questo modo si era riusciti a favorire le esportazioni e a
tenere sotto controllo le rimostranze sindacali «senza interrompere un trend
di crescita del prodotto e della produttività superiore a quello dei maggiori
Paesi europei»5. In sostanza, le industrie riuscivano a crescere non tanto per
un loro ammodernamento e una competitività effettivi, quanto piuttosto
perché godevano della “protezione paternalistica” della Banca d’Italia, che
operava svalutazioni competitive della lira per favorire le imprese italiane nei
confronti dell’estero; tuttavia, se questa pratica da un lato favoriva gli
industriali, dall’altro non faceva che aumentare ulteriormente e
inesorabilmente l’inflazione. Per cercare di porre un argine, il Governo
Andreotti IV decise di far partecipare l’Italia, fin dalla sua istituzione (1979),
4 Ivi, pag. 154 5 Ceccuti C. (a cura di), Ciocca P., Toniolo G., Gigliobianco A., Faucci R., de Cecco M., Guarino G., Pittaluga G.B., Nardozzi G., Governare la moneta. La Banca d’Italia da Einaudi a Ciampi, 2004, Firenze, Polistampa, pag. 93
3
al Sistema Monetario Europeo (SME), nella convinzione (comune anche al
vertice della Banca d’Italia) che un problema atavico come l’inflazione
potesse essere risolto unicamente con un ancoraggio più stringente del tasso
di cambio. L’Italia fu inclusa nell’accordo con una banda di oscillazione della
valuta del ± 6% (la cosiddetta “banda larga”), valore che rimase invariato fino
al 1989, anno in cui la lira entrò nella “banda stretta” (corrispondente al ±
2,25%) seppur per breve tempo.
1.2 L’insediamento e le prime misure: il “divorzio” dal
Tesoro
Fin dal primo testo prodotto come Governatore della Banca d’Italia
(le “Considerazioni finali” del 1980), Ciampi sostenne come l’Europa dovesse
essere «il chiodo al quale l’Italia doveva aggrapparsi con tutte le sue forze»6; in
linea con il pensiero sopra menzionato del governo italiano, egli riteneva che
l’unico modo per eradicare il problema di una società e di un’economia che
non volevano accettare «né vincoli, né discipline»7 fosse legarsi a un vincolo
esterno forte come lo SME. Il Presidente era infatti un convinto europeista, e
già in quegli anni riteneva che la tradizione europea dell’Italia dovesse essere
legata a doppio filo con il passato risorgimentale del Paese, che in quel
preciso momento storico si era affermato come Nazione in un quadro
europeo più ampio. In linea con siffatto principio, le misure economiche che
Ciampi adottò da Governatore furono sempre varate in una prospettiva
tendenzialmente sovranazionale piuttosto che nazionale: è significativo in
quest’ottica il fatto che la prima svalutazione della lira decisa da Ciampi,
decretata nel marzo 1981 in seguito a una grave crisi sindacale scoppiata
all’interno della FIAT che si era trascinata per tutto l’ultimo trimestre del
1980, sia avvenuta nell’ambito di un riallineamento con lo SME, e non in
modo unilaterale. Va sottolineato, per rafforzare questa tesi, il fatto che per
tutto quell’anno il Governatore non cedette alle pressioni avanzategli dagli
6 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 110 7 Ibidem
4
industriali di procedere con una svalutazione unilaterale, ma preferì aspettare
il riallineamento in ambito europeo per sorprendere i mercati: tale iniziativa
lasciava intendere chiaramente che l’approccio “paternalistico” della banca
centrale fosse da considerarsi ormai superato.
Per perseguire il duplice obiettivo di vincere l’inflazione e mantenere
la lira all’interno dello SME, e dunque tenere l’Italia agganciata alle altre
grandi economie europee, il Governatore evidenziò ripetutamente, nelle sue
“Considerazioni finali”, la necessità per l’istituto di Palazzo Koch di
raggiungere l’indipendenza nell’indirizzo della politica monetaria nazionale.
Per ottenere ciò, era necessario che la Banca d’Italia si “sganciasse” dal
Ministero del Tesoro: tale operazione vide la sua realizzazione nel luglio del
1981 con il cosiddetto “divorzio”, che sancì il distacco dell’istituto di
emissione dal dicastero cui esso era dipendente per l’acquisto dei titoli di
Stato invenduti alle aste. La convinzione di Ciampi era che il ritorno a una
moneta stabile richiedesse una “costituzione monetaria”, fondata su tre
pilastri: indipendenza della Banca Centrale (ossia di chi crea moneta da chi
determina la spesa pubblica); procedure di spesa rispettose del vincolo di
bilancio; dinamica salariale coerente con la stabilità dei prezzi (in antitesi con
la cosiddetta “scala mobile”)8. Si voleva, in sostanza, «indurire l’articolo 81
della Costituzione, riducendo la possibilità di aggirare l’obbligo del pareggio
di bilancio con il ricorso al mercato»9.
L’impulso che diede il via all’operazione fu uno scambio epistolare
(concordato) fra l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e il
Governatore: l’episodio, che pur essendo eminentemente circoscritto nei
confini nazionali avrà forti ripercussioni sulla politica estera economica del
nostro Paese, merita una parentesi analitica. Nell’ottobre 1980,
all’insediamento del Ministro, la spirale prezzi-salari è nel pieno del suo corso.
L’idea dell’inquilino del Palazzo delle Finanze è di mutare il regime di politica
economica, ma il clima politico in quel momento non consentiva grandi
8 Ivi, pag. 111 9 Ivi, pag. 113
5
manovre: l’esecutivo stesso, presieduto da Giovanni Spadolini, è
«ossessionato dall’ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi
di interesse reali e da un cambio debole»10. Per aggirare il controllo del
Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, che avrebbe dovuto
dare un’approvazione formale al progetto di Andreatta, il Ministro sceglie la
strada dello scambio epistolare con il Governatore della Banca d’Italia: a
consentirlo, secondo i legali del ministero, è il fatto che la revisione delle
disposizioni date alla Banca d’Italia rientra nella competenza esclusiva del
ministro del Tesoro, come affermato molti anni dopo dallo stesso Andreatta
in un’intervista rilasciata al quotidiano “Il Sole 24 Ore”11.
Nella missiva in questione, il Ministro chiese l’opinione di Ciampi su
una ipotetica modifica del regime esistente, con il fine dichiarato di porre
rimedio all’insufficiente autonomia della Banca nei confronti del Tesoro. Il
vertice di BankItalia si mostrò concorde a riguardo nella sua replica,
affermando come la banca dovesse rispondere «unicamente a obiettivi di
politica monetaria nel regolare il finanziamento al Tesoro»12; un altro aspetto
che fu sottolineato da Ciampi fu la necessità di predisporre «obiettivi
quantitativi di crescita della base monetaria, passo decisivo verso un
cambiamento di strategia monetaria»13. Tralasciando gli effetti sulla politica
nazionale e sull’economia interna, poco utili ai fini della trattazione in questo
elaborato, le conseguenze del “divorzio” sulla politica economica estera
furono senz’altro positivi: i tassi di interesse reali si attestarono su livelli
idonei ai parametri fissati dall’adesione allo SME, congrui ad assicurare il
rientro dell’inflazione sul lungo periodo; il fabbisogno pubblico venne quasi
del tutto finanziato sul mercato, senza creare nuova moneta; la Banca d’Italia
cominciò ad annunciare l’obiettivo di espansione della moneta. In un suo
intervento del 2011 riguardo questo carteggio, l’allora Governatore della
10 Andreatta B., Il divorzio tra Tesoro e Bankitalia e la lite delle comari: uno scritto per il Sole del 26 luglio 1991, 26 Luglio 1991, Il Sole 24 Ore 11 Ibidem 12 Draghi M., Una riflessione a trent’anni dalla lettera del Ministro Andreatta al Governatore Ciampi che avviò il “divorzio” tra il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia, 15 febbraio 2011, Roma, Banca d’Italia, pag. 4, estratto il 2 gennaio 2019 da: www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2011/AREL_150211.pdf 13 Ivi, pag. 5
6
Banca d’Italia Mario Draghi evidenziò come «Tra il 1980 e il 1987 l’inflazione
cade da oltre il 21 per cento a meno del 5; il prodotto interno lordo torna a
crescere del 3 per cento l’anno, in media, fra il 1984 e il 1988. […] La
riduzione dell’inflazione prosegue negli anni Novanta, passaggio essenziale
per consentire la nostra tempestiva partecipazione all’Unione Economica e
Monetaria in Europa»14.
L’episodio del “divorzio” si può dunque storicamente includere
nell’alveo delle idee politiche degli anni Ottanta che hanno funto da radice
all’unificazione monetaria europea. Pilastri di questi propositi furono il fermo
divieto di finanziare il disavanzo pubblico stampando moneta (foraggiando
quindi fenomeni inflazionistici), la stabilizzazione dei prezzi, le misure
comunitarie come lo SME e l’indipendenza delle banche centrali nazionali.
Inoltre, il divorzio ha contribuito fortemente ad aumentare la credibilità della
politica monetaria nazionale verso l’estero e al rafforzamento della resistenza
dell’economia italiana di fronte a shock esogeni.
Tale avvenimento si è dunque rivelato il primo di una lunga serie di
passi decisivi che l’Italia ha poi compiuto nel processo di integrazione
europea, verso la “costituzione europea” che proprio in questi anni prende
forma, al netto di rallentamenti e divisioni comunque esistenti. Per usare le
parole di Mario Draghi, «trenta anni fa, nel nostro Paese, Andreatta e Ciampi
seppero guardare avanti, e lontano»15.
1.3 L’Atto Unico Europeo, il “venerdì nero” della lira e il
rapporto con Craxi
Il 1986 segnò una svolta nel lungo processo di unificazione europea
grazie all’entrata in vigore del cosiddetto “Atto Unico Europeo”: esso si pose
l’obiettivo ambizioso di favorire la creazione del mercato unico europeo
14 Ivi, pag. 6 15 Ivi, pag. 9
7
entro il 1993 e istituì il Consiglio Europeo, che ha formalizzato i vertici dei
capi di Stato o di governo. Ciampi commentò gli eventi che portarono a
questa svolta storica nella consueta “Relazione finale” del 1985: «Il Consiglio
europeo, con l’Atto Unico del dicembre scorso […], propone lo
smantellamento progressivo delle barriere […], e quindi la creazione di un
mercato di dimensione continentale […]. Contemporaneamente, è stato
introdotto il principio del voto a maggioranza per le più importanti decisioni
riguardanti queste materie, prima vincolate all’unanimità. La completa
unificazione dei mercati costituisce il terreno sul quale si misureranno la
capacità della costruzione europea di progredire e quella dei singoli Paesi di
parteciparvi»16. Dalle parole del Governatore si evince come il suo sguardo
verso l’Europa fosse mutato in modo decisivo, passando dal vederla
soprattutto come un vincolo esterno di ancoraggio al considerarla un
progetto di costruzione di una area di interessi comuni e di mercato, in cui
essere parte attiva sarebbe stato cruciale per la tutela degli interessi della
Nazione. La convinzione di Ciampi era, conformemente a quella relativa allo
SME (analizzata nel precedente paragrafo17), che l’unica strada per indirizzare
il Paese verso una nuova “costituzione monetaria” fosse rifugiarsi nell’Europa
(nella fattispecie, nel mercato unico europeo) anche a costo di «perdere per
strada pezzi importanti del sistema»18.
La relazione del vertice di BankItalia con il governo Craxi non fu delle
più felici. Un importante episodio che testimonia la tensione di quel rapporto
è senz’altro il “venerdì nero”: il 19 luglio 1985 la Banca d’Italia si preparava
per il riallineamento della lira allo SME; a decisione già presa, l’Eni richiese
125 milioni di dollari sul mercato finanziario. Considerata la circostanza, la
Banca d’Italia non servì la partita all’ente, ma lasciò che questi ritirasse la
richiesta o trovasse la somma autonomamente sul mercato, assumendo un
atteggiamento attendista. Non trovando tale operazione interlocutori sul
mercato, nelle ore successive la quotazione del dollaro in lire schizzò 16 Ciampi C. A., Assemblea generale ordinaria dei partecipanti – considerazioni finali, 31 maggio 1986, Roma, Banca d’Italia, pag. 8, estratto il 2 gennaio 2019 da: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relazione-annuale/1985/cf85_considerazioni_finali.pdf 17 Supra, pagg. 3-6 18 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 119
8
vertiginosamente «fino a superare il cross-rate con il marco»19, costringendo la
Banca d’Italia a servire la partita e chiudere il mercato. Per contrastare gli
effetti negativi di questo episodio, Ciampi intraprese ancora una volta la
strada europea: durante la riunione del Comitato monetario della CEE a
Basilea, il giorno seguente, si decise la svalutazione della lira del 6% rispetto
all’ECU (la moneta-paniere dello SME) e la corrispettiva rivalutazione del 2%
delle altre valute; la delegazione italiana, guidata da Mario Sarcinelli e dal
Direttore Generale della Banca d’Italia Lamberto Dini, riuscì dunque a
scongiurare ulteriori effetti negativi e a far riassorbire parte del danno.
Nonostante la bontà delle decisioni intraprese in quella difficile contingenza,
tale evento causò non pochi dissapori fra il vertice di Palazzo Koch e
l’esecutivo guidato da Craxi, dissapori che si attenuarono solo dopo la
minaccia di dimissioni di Ciampi e il conseguente rinnovo della fiducia da
parte del leader del Partito Socialista.
Di contro, un’occasione di sinergia positiva con l’Esecutivo si
presentò in occasione del G7 finanziario del 1987 a Parigi. Pur essendo l’Italia
inclusa nella Conferenza al Vertice a partire dal 1985 (il Canada ne diventò
parte nel 1986), continuavano ad avvenire riunioni a cinque prima dei meeting
a sette (cui questi due Paesi non erano evidentemente invitati), e questo fatto
rendeva particolarmente scontento il Governo italiano, determinato a far
cessare definitivamente quell’usanza. Il Ministro del Tesoro Giovanni Goria,
d’intesa con Ciampi, aveva in mente di scatenare un caso internazionale tale
da rendere quella riunione anticipata a cinque l’ultima della sua specie: la
delegazione italiana si presentò nella capitale francese in anticipo rispetto alle
previsioni, proprio durante la cena ristretta, e ciò creò non poco imbarazzo
alla delegazione ospitante, la quale propose all’Italia un incontro dopo il
pasto. Il Ministro delle Finanze francese Éduard Balladur e il Governatore
Jacques de Laroisiére si presentarono nell’albergo della delegazione italiana
all’ora convenuta, minimizzando l’incontro a cinque e rimandando ogni
discussione alla mattina seguente (quando avrebbe avuto luogo il vero e
proprio vertice). Il Ministro e il Governatore italiani furono «volutamente
19 Ibidem
9
evasivi»20: l’indomani infatti Goria si ritirò con Ciampi all’ambasciata italiana
annunciando la non partecipazione dell’Italia a quella conferenza del G7, che
si tenne dunque a sei. L’azione del Governo, con la collaborazione della
Banca d’Italia, ebbe successo: da quel momento in poi non avvennero più
riunioni a cinque.
1.4 La transizione europea e il Trattato di Maastricht
Durante il biennio 1987-1988 e i cambiamenti in sede di governo,
Ciampi trovò nel ministro del Tesoro Giuliano Amato un interlocutore
credibile con cui perorare in sinergia la causa europeista: il Governatore
infatti restava convinto che l’unico modo per correggere gli sperperi della
finanza pubblica italiana fosse agganciare il destino dell’Italia ai vincoli
europei. Amato si rivelò una spalla valida per il perseguimento di questo
scopo: nel 1988 egli presentò un Dpef (Documento di Programmazione
Economica e Finanziaria) di durata quadriennale (i Dpef erano solitamente
basati su un triennio), costruito appositamente per preparare il Paese a
presentarsi al meglio al 1992, anno in cui secondo quanto previsto dall’Atto
Unico Europeo l’Europa sarebbe finalmente diventata un’area di mercato
unico, “senza barriere”. Le previsioni dell’AUE verranno mantenute: nel
febbraio di quell’anno si giungerà infatti alla firma del Trattato sull’Unione
Europea (TUE), o Trattato di Maastricht.
Il documento del Ministro Amato, uscito il giorno precedente
all’assemblea della Banca d’Italia del 1988, pur essendo molto breve (era di
sole 33 pagine) conteneva alcuni aspetti significativi dal punto di vista
economico per preparare al meglio l’Italia a quella storica convergenza:
prevedeva infatti manovre annuali da 0,7% del PIL e, come detto, un arco di
tempo quadriennale anziché triennale. Le considerazioni finali del 1988 del
Governatore Ciampi, che aveva accolto favorevolmente gli interventi del
Ministro, indicarono nell’Europa l’obiettivo presente e futuro dell’Italia: «Le 20 Ivi, pag. 123
10
mete verso le quali sta muovendo l’Europa sono quelle di una Comunità che
sembra ritrovare le ambizioni dei suoi fondatori: la rimozione di ogni
frontiera interna, il superamento dei poteri di veto. […] Si profila un obiettivo
di una vera unione monetaria, di costituzione di una vera banca centrale
europea. […] È l’unica via per non smarrire il filo spezzato in due guerre
mondiali riannodato da chi seppe intuire l’Europa comunitaria. La Comunità
Europea […] deve conciliare mobilità dei capitali e stabilità dei cambi,
intensificando la cooperazione monetaria fino a realizzare una politica unica.
[…] L’adesione dell’Italia a questo disegno è profonda, il suo contributo è
necessario»21.
La nuova struttura dell’Europa portava con sé, insieme alla maggiore
integrazione, una serie di problematiche strutturali non di poco conto,
evidenziate con lungimiranza da Tommaso Padoa-Schioppa con l’espressione
“quartetto inconciliabile”, poi divenuto “trio inconciliabile” (anche noto
come “terzetto incoerente”): egli sottolineo che un insieme di Paesi
eterogeneo come quello europeo avrebbe avuto difficoltà a portare avanti
contemporaneamente quattro obiettivi ambiziosi come il libero commercio
estero, il mantenimento di tassi di cambio fissi e la mobilità dei capitali
mantenendo al contempo politiche monetarie nazionali indipendenti (il
cosiddetto quartetto, per l’appunto), pur essendo per sua stessa ammissione
auspicabile realizzare tutti questi obiettivi singolarmente. Grazie alla creazione
del Mercato Unico, alla fine degli anni ottanta i primi due obiettivi erano stati
raggiunti: bisognava perciò scegliere quale ulteriore strada intraprendere22.
Il tandem italiano Amato-Ciampi aveva tentato di persuadere gli altri
Stati membri di procedere a una armonizzazione delle politiche fiscali di
ciascun Paese prima della completa apertura dei mercati finanziari, al fine di
evitare una potenziale fuga di capitali dovuta a un uso scorretto dei relativi
privilegi fiscali, ricevendo però da Germania, Gran Bretagna e Lussemburgo
21 Ciampi C. A., Assemblea generale ordinaria dei partecipanti – considerazioni finali, 31 maggio 1988, Roma, Banca d’Italia, pag. 32, estratto il 2 gennaio 2019 da: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relazione-annuale/1987/cf87_considerazioni_finali.pdf 22 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 121
11
un fermo diniego. Padoa-Schioppa aveva quindi proposto di eliminare il
quarto fine (le politiche monetarie nazionali indipendenti) per favorire la
creazione di una moneta unica europea, gestita attraverso una “banca centrale
delle banche centrali” europea: il lavoro di Jacques Delors, condensato nel
relativo rapporto dell’aprile 1989, appoggiò questo punto di vista,
proponendo come soluzione un percorso che portasse a una “Unione
Economica e Monetaria dell’Unione Europea” (UEM), con una moneta
unica. La proposta del “Comitato Delors” (creato ad hoc da una decisione del
Consiglio Europeo integrando il Comitato dei 12 Governatori – in cui
Ciampi era presente come rappresentante dell’Italia – con l’aggiunta di tre
esperti europei, fra cui il presidente della Banca dei Regolamenti
Internazionali Lamfalussy, e Delors stesso), ebbe riscontro favorevole fra i
Paesi Membri: Padoa-Schioppa, nella circostanza, si occupò della creazione
della nuova Banca centrale europea (BCE), divenendo uno dei primi membri
del Comitato Esecutivo dell’Istituto.
Ciampi, in qualità di Presidente del Comitato dei 12 Governatori,
ebbe un ruolo determinante nell’organizzazione dei lavori del Comitato e nel
coordinamento con gli altri governatori. In particolare, nel corso dei lavori, vi
furono contrasti con l’omologo tedesco (Karl Otto Pöhl) e con olandesi e
inglesi; l’impasse fu superata con un metodo programmatico teso a cercare di
immaginare prima gli obiettivi e solo in un secondo momento il modo per
raggiungerli (il cosiddetto metodo della “cattedrale”, come verrà ribattezzato
dallo stesso Ciampi): fu stabilito di costruire un sistema di banche centrali con
a capo una banca centrale europea «che operasse come capogruppo federale,
sul modello della Bundesbank»23. La politica monetaria condivisa fu un
concetto largamente partecipato nella commissione, mentre l’esistenza di
un’unica valuta venne considerata come possibile, ma non certa: dopo diverse
discussioni, in cui Pöhl fu il principale oppositore di questo disegno, si
dovette modificare la frase «l’ECU (European Currency Unity) diventerà la
moneta unica europea» in «l’ECU potrà diventare la moneta unica europea»24.
23 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 129 24 Ibidem
12
L’azione del Governatore, per ciò che concerne l’interesse nazionale e il
traghettamento dell’Italia nel sistema europeo, fu giudicata positivamente nei
confini nostrani: significativo a riguardo il commento di Guido Carli che nel
1988, in una sua raccolta di articoli (“Pensieri di un ex Governatore”) regalata
a Ciampi, scrisse come dedica: «A Carlo Ciampi, il Governatore che porterà la
Banca d’Italia a integrarsi nella Banca Centrale Europea»25. Lo stesso Ciampi,
riguardo il successo appena conseguito, ebbe a dire: «il rapporto Delors
sull’Unione Economica e Monetaria è un messaggio chiaro, che non può
essere ignorato. L’Europa comunitaria ha oggi un disegno della costruzione
finale, dei possibili modi per arrivarvi: è frutto della riflessione sulle
esperienze finora fatte, di un’autentica e motivata fede europeistica, della
consapevolezza degli ostacoli da superare»26.
Un ulteriore evento di particolare rilievo per l’Italia verso la
transizione all’UEM, in chiusura del decennio, fu senz’altro l’ingresso della
lira nella “banda stretta” dello SME: già durante diversi interventi tra 1988 e
1989 Ciampi aveva sottolineato la necessità di far rientrare la valuta nazionale
nei parametri più severi del trattato, soprattutto per favorire il risanamento
delle finanze pubbliche italiane. Vale la pena riportare a riguardo alcuni stralci
di un suo discorso del 5 maggio 1989, tenuto in occasione di un convegno
organizzato a Roma dall’Associazione bancaria spagnola, alla presenza
dell’allora governatore della Banca di Spagna, Mariano Rubio Jimenez: «la lira
si avvale tuttora […] di un ampio margine di manovra che ha consentito la
necessaria gradualità nella convergenza dell’economia italiana verso le
condizioni prevalenti negli altri Paesi del sistema; al tempo stesso quella
maggiore flessibilità ha evitato allo SME i pericoli derivanti da troppo
frequenti riallineamenti. L’uso che viene fatto della banda larga è sempre più
limitato: si pone per l’Italia il problema di aderire alla banda stretta. […] Il
momento della decisione è a mio avviso legato all’avvio […] di un’incisiva
azione di risanamento delle pubbliche finanze: lo stato della finanza pubblica
costituisce oggi il problema più rilevante per l’economia italiana e rappresenta
25 Ibidem 26 Morelli E., SME più stretto per l’Italia, 6 maggio 1989, La Repubblica
13
un vincolo alla conduzione stessa di una politica economica mirante a uno
sviluppo duraturo nella stabilità»27.
Il principale timore del Governatore era che si temporeggiasse troppo
su una misura che, come detto, egli riteneva cruciale per tutelare l’interesse
nazionale in chiave europeista, pensiero che sarà ricorrente per tutta la durata
dei suoi successivi oneri politici e istituzionali, soprattutto durante l’incarico
di Ministro del Tesoro del Governo Prodi I. Solo dopo undici anni
dall’ingresso nella banda larga, l’8 gennaio del 1990, l’Italia poté entrare nella
banda stretta dello SME (± 2,25% di oscillazione rispetto al tasso di parità
centrale). L’impegno inziale fu dunque mantenuto, ma ebbe ovvie
ripercussioni in termini di minori esportazioni e di minore crescita del PIL in
ambito nazionale, dato l’apprezzamento della lira conseguente al
riallineamento. Nonostante ciò, i primi mesi di permanenza nella banda
stretta ebbero sulla valuta nazionale effetti molto positivi, dovuti soprattutto
al grande afflusso di capitali stranieri e investimenti diretti esteri. La lira infatti
guadagnò più dello 0,4% sul marco solo nel primo mese e, per regolarne il
valore nei confronti delle monete più deboli dello SME, la Banca d’Italia (e
conseguentemente Ciampi e il suo staff) dovette intervenire di continuo sui
mercati valutari, soprattutto a causa delle oscillazioni nel confine superiore
nei confronti della corona e del franco belga. Va sottolineato come l’afflusso
di capitali verso l’Italia fosse principalmente dovuto agli elevati tassi di
interesse interni (il differenziale fra lira e marco era poco inferiore al 5%,
mentre il tasso reale era circa del 2%), attestatisi su valori tali da spingere gli
investitori stranieri a investire nel nostro Paese. Di contro, la misura ebbe
riscontri positivi solo nel breve periodo poiché sull’Italia già dal 1990 gravava
l’onere non indifferente del rifinanziamento del debito pubblico (circa
700.000 miliardi in totale, calcolando anche i titoli che sarebbero stati emessi
e quelli che sarebbero scaduti nello stesso anno); secondo quanto osservato
da Il Sole 24 Ore, «il prezzo di questa linea di azione fu il progressivo
apprezzamento del cambio reale della lira. La graduale ma continua perdita di
competitività determinò il peggioramento del saldo delle partite correnti. Le
27 Ibidem
14
imprese erano spinte alla delocalizzazione in Paesi con più bassi costi del
lavoro e minori oneri fiscali al fine di recuperare competitività»28. Ma le
difficoltà più severe per l’economia italiana si sarebbero presentate nel 1992,
anno in cui la nostra valuta (assieme ad altre valute SME, in particolare franco
e sterlina) subì un fortissimo attacco speculativo nel celeberrimo “mercoledì
nero”.
1.5 La crisi valutaria del 1992 e il caos politico italiano
Il 1992 fu un anno di pesante crisi economica per l’Europa, con una
forte recessione dovuta soprattutto a una grave crisi valutaria. Eventi come la
riunificazione tedesca, l’accensione della polveriera dei Balcani
(conseguentemente, fra l’altro, al riconoscimento unilaterale da parte della
Germania unificata dell’indipendenza di Slovenia e Croazia dalla Jugoslavia) e
il graduale avvicinamento al Trattato di Maastricht furono senz’altro fattori
ulteriori di destabilizzazione, ma la vera e propria crisi riguardò le valute del
Sistema Monetario Europeo: prima la lira, poi la sterlina e infine il franco
furono attaccate dagli speculatori, con l’investitore ungherese-statunitense
George Soros a tirarne le fila.
I prodromi della crisi possono essere rintracciati già nel 1991. In
quell’anno venne raggiunta a Maastricht un’intesa fra i capi di Stato e di
Governo della CEE circa la transizione verso la già menzionata29 Unione
Economica e Monetaria; in particolare, nell’intesa venne inserito un termine
massimo entro il quale sarebbe entrata in circolazione la moneta unica (1
gennaio 1999). Avere un termine massimo significava dare tangibilità al sogno
dell’Unione Europea: molte figure di spicco del mondo economico italiano
come Ciampi, Padoa-Schioppa e Carli si mostrarono entusiaste dell’iniziativa.
28 (n. d.), «L’inflazione? Sradicata», 6 giugno 2003, Il Sole 24 Ore 29 Supra, par. 1.4
15
La vera origine della crisi può essere ricondotta alla mossa della
Bundesbank, nel dicembre 1991, di alzare improvvisamente i tassi di
interesse, mutando così la politica monetaria tedesca in senso restrittivo, il
tutto a causa del drastico aumento della domanda interna generato dalla
riunificazione tedesca e dagli sforzi che l’Ovest stava profondendo nei
confronti dell’Est più arretrato, il quale aveva ottenuto dalla classe politica
tedesca un cambio molto favorevole contro il parere della banca centrale.
Questa manovra diede l’impressione (rivelatasi in seguito fondata) agli
speculatori che la lira, il franco, la sterlina e la peseta fossero divenute più
vulnerabili.
Un altro elemento rilevante alla base dei fatti del “mercoledì nero” fu
la bocciatura da parte della popolazione della Danimarca del referendum sul
Trattato di Maastricht, evento che minò le certezze dei Paesi parte sulla
solidità del progetto e che ebbe come conseguenza diretta lo spostamento
dell’attenzione mediatica dal quadro generale al quadro particolare di ogni
singolo Stato. Se per l’Italia la situazione ebbe risvolti negativi e
destabilizzanti, in Francia la politica scelse di dare una risposta netta e decisa:
François Mitterrand, Presidente della Repubblica di area socialista, decise di
rispondere al fallimento della consultazione popolare danese indicendo un
referendum analogo per la Francia. Il termometro del successo di Maastricht
diventarono dunque i sondaggi relativi a questo referendum, soprattutto per
quegli operatori finanziari che scommettevano sulla resistenza francese a un
riallineamento dello SME prima della consultazione decisiva.
Al contempo, in Italia si avviava una delle più gravi crisi istituzionali
della storia repubblicana, scaturita dalle terribili vicende mafiose di Capaci e
Via D’Amelio e dall’inchiesta di “Mani Pulite”: ne fu un sintomo il fatto che
alla relazione annuale del 1992 del Governatore Ciampi, l’ultima della sua
lunga militanza nell’istituto di Via Nazionale, si arrivò senza che fosse
presente un rappresentante del Governo, a causa della sua vacanza. Nella
relazione, il Governatore, coadiuvato da una simulazione economica
elaborata da Ignazio Visco, paventò la necessità di intervenire sull’economia
16
nazionale con una manovra da oltre centomila miliardi e ciò a causa della
grave situazione del bilancio pubblico30; in particolare, secondo quanto
riportato da Paolo Peluffo, «l’idea da cui partivano gli economisti della Banca
d’Italia era che in quella fase vi fosse un’economia privata “drogata”[…], una
stretta ai consumi poteva essere accettabile […] se il Paese avesse risanato i
conti»31. Frattanto la situazione politica andava sempre più precipitando: per
far fronte alla grave crisi istituzionale, il parlamento uscito dalla consultazione
elettorale converse infine, dopo ben sedici scrutini, sul nome del Presidente
della Camera Oscar Luigi Scalfaro per l’incarico di Presidente della
Repubblica; anche Ciampi finì nel calderone iniziale dei possibili candidati, in
virtù della percezione condivisa dai vari schieramenti che al timone del Bel
Paese servisse una figura di spicco del mondo dell’economia che garantisse al
mondo l’immagine di un Paese stabile, tuttavia, almeno in questa occasione, a
prevalere fu infine l’opzione politica.
Nonostante l’opportunità mancata, il Governatore ebbe ugualmente
modo di partecipare attivamente alle concitate vicende istituzionali cui l’Italia
si stava affacciando: come Presidente del Consiglio fu infatti incaricato
Giuliano Amato, con cui Ciampi già aveva avuto modo di collaborare ai
tempi in cui il socialista era l’inquilino del Palazzo delle Finanze. Per ciò che
riguarda l’opinione del Governatore sullo stato dell’economia italiana, egli
riteneva che una svalutazione della lira fine a sé stessa, non coadiuvata da
significativi provvedimenti di finanza pubblica e da misure di politica dei
redditi, sarebbe stata priva di effetti reali e anzi controproducente, poiché non
avrebbe fatto altro che alimentare la spirale costi-prezzi aggravando
l’instabilità economica del Paese: il suo obiettivo era persuadere il Governo
della fondatezza della propria teoria, e Amato in questo senso rappresentava
un interlocutore più che credibile per il Governatore. La prima occasione di
poter lavorare in sinergia con l’Esecutivo si presentò in occasione dei lavori
30 Ciampi C. A., Assemblea generale ordinaria dei partecipanti – considerazioni finali, 31 maggio 1993, Roma, Banca d’Italia, estratto il 2 gennaio 2019 da: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi_governatore/integov1993/rel92_considerazioni_finali.pdf 31 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 134
17
preparatori per il G7 del 3 luglio 1992, che si sarebbe tenuto a Monaco di
Baviera. Il Presidente del Consiglio converse da subito sulla posizione del
Governatore riguardo la svalutazione della lira, ritendo che una svalutazione
non appoggiata da adeguate misure di politica economica sarebbe apparsa ai
mercati, usando le parole di Peluffo, «come un segno di lassismo»32.
Al rientro dall’incontro internazionale, Amato invitò Ciampi nel
primo Consiglio dei Ministri della sua legislatura, con l’obiettivo di rendere
edotti i membri del governo circa il grave contesto economico in cui l’Italia si
muoveva. Nella circostanza, il Governatore non si limitò a spiegare la
situazione con toni drammatici, ma annunciò al Consiglio una drastica misura
che era intenzionato a prendere nell’immediato, con l’approvazione di Amato
stesso: «l’aumento del tasso di sconto di un punto e mezzo, al 13%»33.
L’importanza di questa azione, apparentemente non di grande interesse, è
denotata dal suo essere la prima misura adottata unilateralmente dal vertice di
Palazzo Koch, senza l’approvazione per decreto del Ministero del Tesoro: era
il primo effetto tangibile del “divorzio”. Iniziò con quell’iniziativa un
percorso di manovre di aggiustamento economico in collaborazione con il
Governo, che operò attraverso il prelievo forzoso dello 0,6% sui depositi
bancari e la trasformazione degli “Enti di gestione” (come Eni, Enel, IRI,
ampiamente lottizzati) in S.p.A.. L’obiettivo era quello di risanare i conti
pubblici e di tentare di rasserenare un contesto politico e sociale in
fibrillazione: Ciampi stesso, durante l’aggravarsi della crisi dovuto agli
attentati mafiosi che portarono all’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino, si adoperò con diverse audizioni presso la Commissione Bilancio
nel dialogo con le forze politiche, spronando i parlamentari a profondere il
massimo sforzo possibile in quella fase storica concitata.
Un altro elemento che ebbe ripercussioni importanti fu il successo
(ancorché parziale) del Governo nella contrattazione con le parti sociali per
cercare di superare il meccanismo della “scala mobile”, legando la
predeterminazione dell’inflazione non più a detto meccanismo ma sulla base
32 Ibidem 33 Ivi, pag. 135
18
di una previsione-obiettivo. Tale accordo, che fu siglato il 31 luglio, fu accolto
di buon grado dagli industriali, ma causò una forte spaccatura nei sindacati,
soprattutto nella CGIL; rispetto a questo risultato, per testimoniare
l’approvazione della Banca d’Italia per gli effetti positivi di lungo periodo che
tale accordo avrebbe comportato, Ciampi riunì il direttorio dell’istituto e il 3
agosto abbassò di mezzo punto il tasso ufficiale di sconto. L’effetto di questa
decisione non passò inosservato ai commentatori esteri, tanto che l’indomani
il quotidiano francese Le Monde mise la notizia in prima pagina34.
Nel contesto europeo, nonostante aleggiasse lo spettro di una crisi
valutaria imminente, l’opinione prevalente dei Paesi dell’area SME era di
mostrarsi attendisti circa la modifica dei tassi di cambio, almeno fino allo
svolgimento del referendum francese del 20 settembre. Per ciò che concerne
l’Italia, le preoccupazioni del Presidente della Repubblica Scalfaro trovarono
purtroppo un riscontro positivo nelle opinioni del Governatore della Banca
d’Italia, che in diversi colloqui riservati aveva osservato come ci fosse la
possibilità che oltre alla crisi valutaria potesse sopraggiungere anche una ben
più grave crisi finanziaria, che senza le adeguate contromisure avrebbe
portato il Paese al default, come del resto stava accadendo (e sarebbe in
seguito accaduto) in quegli anni a diversi Paesi dell’America Latina.
La preoccupazione del Governatore trovò di lì a poco conferme: la
situazione precipitò al crepuscolo di agosto, con la convocazione di una
riunione straordinaria a Bercy dei Governatori delle banche centrali e dei
Ministri del Tesoro dei quattro maggiori Paesi europei (Francia, Regno Unito,
Italia, Germania). L’incontro, che si tenne in gran segreto, si svolse in un
clima di grande tensione: i francesi rifiutavano ogni ipotesi di modifica del
cambio per evitare ripercussioni negative sull’imminente referendum, i
tedeschi rifiutavano l’idea di una riduzione dei tassi nel timore di una
possibile spirale inflazionistica. I rappresentanti italiani cercarono di far
comprendere agli omologhi europei la gravità della situazione, che a loro
avviso era da considerarsi come pericolosa per tutti e non solo per i Paesi con
34 Ivi, pag. 137
19
la valuta più debole; per spiegare in modo efficace il contesto che si stava per
venire a creare, secondo la testimonianza di Peluffo, questa «fu la prima
occasione […] in cui Ciampi usò l’immagine degli Orazi e dei Curiazi. […] Se
un singolo Paese avesse deciso di tirarsi fuori da solo da quella crisi, senza un
riallineamento generale dello SME, l’operazione non sarebbe risultata
credibile e, […] come i Curiazi, le monete europee sarebbero state infilzate
una per volta»35. La convinzione di Ciampi e Piero Barucci (l’allora Ministro
del Tesoro) era che una svalutazione unilaterale non avrebbe calmato i
mercati, diversamente da un riallineamento condiviso; tuttavia non si
pervenne a questa conclusione e i due rappresentanti italiani tornarono in
patria con un insuccesso. L’unica piccola vittoria che Ciampi riuscì a ottenere
fu un comunicato congiunto dell’Ecofin volto a tranquillizzare i mercati,
emanato tuttavia solo dopo una telefonata diretta del Governatore al
Cancelliere dello Scacchiere, il britannico Norman Lamont, presidente di
turno in quel momento.
Al termine di agosto, in seguito a una riunione a tre fra Amato,
Ciampi e Barucci, governo e Banca d’Italia concordarono su una strategia
condivisa da adottare in difesa della lira: far salire i tassi di interesse a breve
scadenza se fosse stato necessario, in seguito alzare il tasso di sconto e infine,
solo in caso di emergenza, valutare il riallineamento. Tuttavia, la situazione
già andava precipitando: la prima asta quindicinale dei buoni del Tesoro ebbe
esiti disastrosi, e la contemporanea svalutazione del dollaro e la conseguente
quasi parità con il marco (e il conseguente innalzamento del valore della lira
nei confronti del dollaro stesso) resero il quadro generale estremamente
preoccupante. Interpellato da Scalfaro, il Governatore spiegò durante una
colazione con i presidenti delle Camere (Giovanni Spadolini e Giorgio
Napolitano) come la Banca d’Italia potesse al massimo «guadagnare qualche
giorno, ma con tre o quattro aste di Btp come quella del primo settembre, lo
Stato rischia l’insolvenza»36.
35 Ivi, pag. 138 36 Ivi, pag. 139
20
Nonostante nei giorni immediatamente successivi il tasso di sconto fu
alzato al 15%, i prezzi dei Btp scesero al minimo storico (quota 90);
contemporaneamente, rendendo a tratti quasi profetica la metafora del
Governatore, sia Regno Unito che Svezia adottarono misure a difesa della
propria valuta, isolando di fatto l’Italia. Il consiglio informale dell’Ecofin, che
si tenne il 4 settembre a Bath, confermò l’impossibilità di pervenire a una
soluzione condivisa da parte dei Paesi SME, con Francia e Germania
cristallizzati sulle rispettive posizioni. L’azione di Ciampi proseguì i due giorni
successivi a Basilea durante la riunione della Banca dei Regolamenti
Internazionali: al termine delle riunioni, il 6 settembre, il Governatore
telefonò ad Amato confermandogli la totale riluttanza degli altri Paesi alla
collaborazione, invocando conseguentemente misure urgentissime di finanza
pubblica e ricevendo in risposta la garanzia da parte del Presidente del
Consiglio che entro tre giorni si sarebbero prese delle decisioni in questo
senso. Il tempo però non bastò: l’8 settembre la crisi iniziò a contagiare i
Paesi nordici, che tentarono di agire sui mercati in difesa della propria
moneta.
Il Consiglio dei Ministri italiano si raccolse in mattinata per prendere
delle misure urgenti, ma al termine della lunghissima riunione non si
pervenne a nessuna iniziativa di immediata attuazione, quanto piuttosto alla
proposta da parte del Governo di ottenere una delega triennale dal
parlamento per l’adozione di misure urgenti in ambito finanziario e valutario,
attuabili solo qualora il Governatore della Banca d’Italia avesse ritenuto
credibile l’esistenza di un grave pericolo per l’economia nazionale. L’iniziativa
non ebbe affatto l’esito sperato: la Banca d’Italia non fu entusiasta della
proposta e il Governo non riuscì a individuare la copertura politica necessaria
per l’approvazione dei provvedimenti; i mercati tornarono in fibrillazione. La
Bundesbank, di tutta risposta, contattò l’omologa italiana per concordare un
riallineamento, non essendo più intenzionata a finanziare le iniziative a
sostegno della lira; venerdì 11 settembre fu organizzato un incontro fra
Ciampi, Mario Draghi, Piero Barucci, Lamberto Dini, Francesco Alfonso e
Horst Köler (persona di fiducia del cancelliere Köhl e in seguito Presidente
21
federale tedesco) e Hans Tietmeyer, vicepresidente della Bundesbank. La
riunione ebbe esiti positivi e vide la convergenza di italiani e tedeschi sulla
possibilità di operare una svalutazione della lira, stabilita al 7%, e
sull’abbassamento dei tassi in Germania. In particolare, sulle modalità di
attuazione pratica della svalutazione, si raggiunse un accordo che stabiliva
l’abbassamento del 3,5% della valutazione della lira e un innalzamento del
3,5% della valutazione del marco, in modo da dividere le responsabilità; sul
secondo punto Ciampi si impose sui rappresentanti tedeschi, richiedendo
l’anticipo della riunione del Consiglio della Bundesbank data la criticità della
situazione: inizialmente Tietmeyer si mostrò riluttante, ma dopo le pressioni
del Governatore accettò e si impegnò personalmente a far ridurre di ¼ di
punto i tassi, lasciando la possibilità di aumentare quella cifra in caso di
adesioni di altre monete al riallineamento ivi concordato. Nonostante la felice
riuscita del negoziato, dagli altri Paesi dell’Ecofin non arrivò alcun tipo di
sostegno: pur essendo invero la situazione economica e finanziaria dell’Italia
molto precaria, gli Stati parte dello SME non furono in grado di comprendere
l’entità sistemica della crisi, attribuendo erroneamente al fenomeno una
dimensione esclusivamente locale.
Nella prospettiva di ottenere un qualche effetto positivo sul mercato,
una volta verificata l’avvenuta attuazione delle manovre concordate con la
Germania, Ciampi presentò le sue dimissioni irrevocabili al Presidente della
Repubblica, in quanto questi riteneva che la sua figura fosse eccessivamente
associata dai mercati alla strenua difesa del tasso di cambio; Scalfaro rifiutò le
dimissioni, ma il Governatore restò fermo nelle sue intenzioni, sottolineando
come tale richiesta fosse stata avanzata già dal 198637. Nel frattempo, i
successi di Ciampi nell’opera di costruzione di un progetto europeo con
l’Italia come pilastro vennero riconosciute non in patria, ma all’estero: il
Ministro delle Finanze francese Sapin insignì il Governatore della Legion
d’Onore, con il grado di commendatore. La motivazione ufficiale
dell’assegnazione del titolo onorifico fu «la determinazione straordinaria nel
tenere agganciata l’Italia al progetto europeo, e nel difendere il sistema che
37 Supra, par. 1.3
22
stava pericolosamente oscillando sotto i colpi dei mercati e delle incertezze
sul futuro di Maastricht»38; anche in questa circostanza, Ciampi sottolineò
come alla crisi incombente si dovesse rispondere collettivamente nello SME.
Di lì a poco la situazione precipitò: martedì 15 settembre iniziò
l’attacco degli speculatori alla sterlina, che l’indomani precipitò sui mercati
trascinando con sé la lira e la peseta. Fu disposta la convocazione d’urgenza
del Comitato monetario, ma prima che la riunione cominciasse i delegati del
Regno Unito annunciarono la recessione unilaterale dallo SME, costringendo
l’Italia a intraprendere una decisione analoga per salvaguardare la lira da
fenomeni speculativi potenzialmente ancora più devastanti; la delegazione
italiana sottolineò come la misura fosse da considerarsi come temporanea,
mentre i britannici furono fermi nel dichiararne la natura irrevocabile. Il
giorno seguente il Consiglio dei Ministri provò a tamponare le falle causate
dalle azioni degli speculatori attraverso il varo di una monumentale manovra
finanziaria da 93 mila miliardi, mentre dalla Francia giunse la notizia che tutti
gli europeisti aspettavano, che diede nuova linfa al progetto della moneta
unica: il referendum, anche se con un margine strettissimo (51,04% contro
48,96%), vedeva l’approvazione del popolo francese alla ratifica del Trattato
di Maastricht; tuttavia, nonostante il risultato favorevole delle urne, il giorno
seguente anche il franco entrò nelle mire degli speculatori, che protrassero
per oltre un anno l’attacco nei suoi confronti.
La congiuntura sembrava volgere al peggio: in occasione di un
incontro del Fondo Monetario Internazionale che si stava tenendo in quei
giorni, Sapin organizzò un colloquio bilaterale con Ciampi e Dini per esporre
ai delegati italiani la grave situazione in cui versava il franco; la situazione
mutò solo grazie a un vertice d’urgenza fra Mitterrand e Köhl con il
cancelliere tedesco che, diversamente da quanto fatto qualche mese prima nei
confronti della lira, impose la difesa a oltranza del franco di comune accordo
con l’omologo francese, chiedendo ai cittadini francesi e tedeschi sostegno
incondizionato al progetto europeo. Agli sforzi dei due statisti si unì la
38 Ivi, pag. 145
23
Danimarca, che indisse un nuovo referendum su Maastricht, dando così
nuovo slancio al disegno europeo e salvando lo SME dall’atomizzazione. Se
sul fronte internazionale il vento sembrava dunque iniziare a soffiare a favore,
nei confini italiani, di contro, l’uragano di Tangentopoli stava per abbattersi
sulla classe politica, minacciando seriamente la già precaria stabilità del
Governo Amato I.
1.6 Da Palazzo Koch a Palazzo Chigi
Una volta stabilizzata (seppure a fatica) la situazione sul piano
internazionale, il problema della transizione di Maastricht e della tenuta
economica italiana andava ora affrontato su scala nazionale. Nonostante
l’esito positivo delle trattative europee, infatti, le contingenze comunitarie
avevano scatenato una forte sfiducia negli investitori nei confronti
dell’economia italiana: la conseguenza più immediata fu che le aste dei Btp e
dei Bot rimasero deserte per intere settimane. Alcuni eventi imprevisti (come
la notizia che il 29 settembre 1992 fu diffusa da alcuni giornali circa la corsa al
ritiro dei depositi bancari da parte dei risparmiatori)39 spinsero Amato a
richiedere l’immediata collaborazione di Carlo Azeglio Ciampi, che frattanto
aveva consegnato le proprie dimissioni dall’incarico alla Banca d’Italia40. Le
preghiere del premier di area socialista furono esaudite dal Governatore, che
il 30 settembre, per cercare di tamponare la falla e tranquillizzare il mercato
interno e l’opinione pubblica internazionale, inoltrò una missiva ai presidenti
delle trenta più importanti banche italiane, in cui li invitava a intraprendere
un’opera di rassicurazione per cercare di sedare il panico fra i risparmiatori.
La lettera recitava: «[…] si sono verificati […] comportamenti anomali di
risparmiatori. I timori di operazioni straordinarie sui depositi […] sono del
tutto infondati. La invito a svolgere […] una immediata e decisa opera di […]
rassicurazione sulla sua clientela»41.
39 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 149 40 Supra, par. 1.5 41 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 468
24
L’obiettivo del Governatore, concordato con il Governo, era di
chiudere al più presto la parentesi di uscita italiana dallo SME, cercando in
questo senso di avviare una trattativa sinergica con i principali interlocutori
europei. Si progettarono quindi due viaggi, uno a Parigi e uno a Bonn, per
poter discutere della condizione italiana con francesi e tedeschi; il gruppo fu
costituito da Amato, Ciampi e Barucci (rispettivamente Presidente del
Consiglio, Governatore della Banca d’Italia e Ministro del Tesoro) con
l’obiettivo di incontrare prima gli omologhi di oltralpe e, successivamente, di
recarsi in Germania. La prima tappa fu la capitale francese, dove la
delegazione giunse il 9 ottobre42 per incontrare Bérégovoy, De Laroisière e
Sapin; nonostante le intenzioni del trio italiano fossero orientate verso un
rientro nello SME nel più breve lasso di tempo possibile, i tre omologhi
d’oltralpe obiettarono come l’Italia avesse ottenuto dalla svalutazione di
qualche settimana prima un (involontario?) vantaggio competitivo nei
confronti dell’economia francese43. Lo scontro verbale fu aspro: non
riuscendo a raggiungere un’intesa di massima, si rinviò ogni possibile
discussione in materia all’approvazione della successiva legge finanziaria
italiana in parlamento. Diversa fu la modalità di confronto con i tedeschi, che
avvenne il giorno successivo44: Amato e Barucci si confrontarono con gli
omologhi (Köhl e Waigel) in separata sede, mentre Ciampi raggiunse
Schleisinger direttamente dall’aeroporto alla sua abitazione. Anche in questo
doppio incontro da parte italiana si insistette sul rientro della lira nello SME e
sulla necessità di un appoggio esterno da parte della Germania, senza però
ricevere grandi rassicurazioni a riguardo. Nonostante queste delusioni, i
rappresentanti italiani non si diedero per vinti, riproponendosi di continuare a
seguire questa linea di azione; ciò che animava (e avrebbe animato per molti
anni) lo spirito battagliero di Ciampi e dei governi italiani che si sarebbero
susseguiti in quel periodo storico era la convinzione che una crescente
integrazione europea avrebbe sempre più messo al riparo l’Italia dalle crisi
finanziare che troppe volte in passato la avevano travolta45: per il
42 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 150 43 Ibidem 44 Ibidem 45 Ivi, pag. 151
25
Governatore il percorso europeo andava seguito a ogni costo in funzione di
“nume tutelare” dell’interesse nazionale, e trovò negli esecutivi con cui
collaborò in varie forme sempre una valida sponda di questa convinzione.
Seguendo le considerazioni a riguardo di Paolo Peluffo, «ancora una volta, la
strada che teneva l’Europa sulla via dell’integrazione e l’interesse nazionale
era la stessa»46.
Nel frattempo, entro i confini nazionali, oltre allo spettro di
Tangentopoli anche le iniziative para-eversive di partiti antisistema come la
Lega Nord di Umberto Bossi (che invitava i “lombardi” a non comprare più
titoli di Stato47) fiaccavano la già precaria credibilità dei buoni del Tesoro; per
cercare di arginarne l’erosione della quotazione dei Btp, in concerto con il
Governo, la Banca d’Italia abbassò di mezzo punto il tasso di sconto,
ottenendo tuttavia il modesto risultato di rialzarne la quotazione di sole 3 lire.
A giudizio di Ciampi, per tutelare l’immagine italiana all’estero era necessario
un intervento pubblico che trasmettesse fiducia alla società civile europea:
decise così di concedere al Financial Times (il 12 ottobre 1992) una intervista
dai toni molto accesi. La conversazione, che La Repubblica riportò quasi per
intero in un articolo del 14 ottobre48, faceva leva su alcuni concetti
fondamentali: il monito a non utilizzare la svalutazione della moneta come
panacea di tutti i mali («la svalutazione non risolve i problemi reali»); una
ennesima rassicurazione ai risparmiatori internazionali circa la forza dei titoli
pubblici («sono fuori luogo le apprensioni per le restrizioni sui titoli
pubblici»); lo stato di salute dell’Europa. Il Governatore approfittò dello
spazio concessogli dalla prestigiosa testata britannica di settore per lanciare
alcune stoccate ai suoi omologhi europei sulla questione del mancato aiuto
all’Italia ai tempi dell’uscita della lira dallo SME, oltre che per operare alcune
considerazioni circa l’impellente necessità di concludere il percorso di
transizione verso la moneta unica: «Ciampi ricorda quei giorni con amarezza.
E di nuovo racconta i contatti serrati […] di settembre (la notte tra il 12 e il 46 Ibidem 47 Cronologia degli avvenimenti politici - Gli avvenimenti del 1992, 2 luglio 2018, Bologna, Istituto Carlo Cattaneo, estratto il 18 gennaio 2019 da: https://www.cattaneo.org/2018/02/07/gli-avvenimenti-del-1992/ 48 Polidori E., Ciampi accusa i partner CEE: «Ci avete abbandonato», 14 ottobre 1992, La Repubblica
26
13), le telefonate tra lui e il collega della Bundesbank Helmut Schlesinger, per
definire i termini del riallineamento, la svalutazione italiana, la rivalutazione
tedesca. E gli sforzi (vani) per convincere gli altri partners ad entrare
nell’operazione... “Sfortunatamente […] tutto è stato limitato al rapporto di
cambio tra lira e marco provocando una riduzione solo modesta dei tassi
tedeschi. E questo ha lasciato pieno sfogo al mercato per far crescere ulteriori
attacchi speculativi contro le altre valute”. E infatti […] le monete sono
rimaste sotto scacco, vittime della speculazione. Lo SME ha vacillato;
l’Europa unita, dopo il risicato “sì” francese e le mai sopite perplessità
tedesche, è parsa […] solo un sogno. […] E Ciampi: “Bisogna stringere i
tempi dell’unione. La crisi delle monete deve fare da stimolo perché ha
chiaramente manifestato le difficoltà di mantenere condizioni ordinate per
cinque o sette anni durante l’avanzamento verso la terza fase del progetto”»49.
A chiusura dell’intervista, il Financial Times si sofferma
sull’opportunità o meno di continuare ad avere il Governatore in carica
nonostante le sue dimissioni da tempo annunciate: ciò che risulta dalle
considerazioni della testata, è un significativo attestato di stima nei confronti
di Ciampi. Elena Polidori, sempre nel suo pezzo per La Repubblica, riporta
una traduzione testuale di una larga parte dell’articolo del FT: «Ciampi ha già
superato l’età normale di pensionamento. Ha rinunciato allo stipendio […].
Sostiene di esser pronto ad andarsene quando sia necessario, consegnando
una nave in perfette condizioni. Ma è divenuto un tale simbolo di solidità
istituzionale che è difficile vedere quando si presenterà quest’occasione.
Sarebbe sorprendente se non restasse in carica il prossimo anno, quando la
Banca celebrerà il proprio centenario»50.
La questione delle dimissioni di Ciampi fu affrontata invero da parte
del Governo51 la settimana precedente a questa intervista. Il Governatore
uscente fu infatti contattato da Amato stesso mentre si trovava in
villeggiatura per discutere della sua uscita e di un futuro incarico politico: il
49 Ibidem 50 Ibidem 51 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 151
27
Presidente del Consiglio lo voleva come suo vice per dare un maggiore
credito al percorso di transizione europea52. Inizialmente Ciampi si mostrò
riluttante alla proposta, ma rimandò in un secondo momento l’accettazione di
questo eventuale nuovo incarico a un periodo successivo alle proprie
dimissioni dalla Banca d’Italia. Tuttavia, non ci fu il tempo per pensare a un
incarico di “secondo piano”, perché la crisi istituzionale che si sarebbe di lì a
poco riversata sulla politica italiana, a partire dall’arresto di Mario Chiesa il 17
febbraio 1992, avrebbe decisamente sparigliato le carte del Governatore
uscente.
Per dare sufficientemente la cifra delle motivazioni e del contesto
storico-economico che portarono alla fine del primo Governo Amato,
avvenuta il 28 aprile 1993, è opportuno operare una digressione analizzando
gli eventi di politica interna relativi ai primi mesi del 1992. Carlo Azeglio
Ciampi ha utilizzato nei suoi diari personali (oggi disponibili per la
consultazione presso il Quirinale e riportati diffusamente nel libro “Contro
scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi, 1992-2006”, scritto dallo storico
Umberto Gentiloni Silveri ed edito nel 2013 da Laterza) il termine
“frattura”53, non a caso, per descrivere la delicata fase di transizione che in
quel biennio lo vide (suo malgrado) protagonista. Il sentore che qualcosa
stesse cambiando nel quadro politico-istituzionale era arrivato al Governatore
già nei primi mesi del 1992, quando in seguito a un colloquio privato con
Napolitano annotava sul suo diario personale: «[…] rinnovo le mie consuete
posizioni in merito […] all’Italia nell’Europa […]; il Governo che uscirà dal
nuovo parlamento dovrà adottare una politica economica d’urto»54; pur
riconoscendo la necessità di una linea di indirizzo politico severa sul settore
economico Ciampi si rivela scettico circa l’ingresso di tecnici (e dunque di sé
stesso) in politica, ritenendo che sia compito (ma soprattutto responsabilità)
degli eletti operare riforme55. Coerentemente con il suo proposito di
prendersi un periodo di riposo dagli incarichi pubblici e con la sua sempre 52 Ibidem 53 Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pag. 5 54 Ciampi C. A., Diario, 9 gennaio 1992 55 Ivi, 5 maggio 1992
28
orgogliosamente rivendicata estraneità alla politica, il Governatore uscente
scelse di respingere tutte le proposte di candidatura politica giuntegli56; le
urne, pur rinnovando la fiducia alle formazioni partitiche di governo, ne
sancirono una significativa perdita del consenso in termini di seggi. Nelle
turbolente fasi che seguirono, mentre a scandire le votazioni era l’uccisione a
Capaci di Giovanni Falcone per mano della mafia, Oscar Luigi Scalfaro venne
eletto il 25 maggio Presidente della Repubblica al sedicesimo scrutinio e
pochi giorni dopo, il 28 giugno, il Governo Amato I giurò al Quirinale. In
quei mesi frenetici, come ampiamente menzionato57, Ciampi si prodigò con
l’Esecutivo per cercare di difendere la lira e l’economia nazionale dalle
intemperanze dei mercati esteri; anche il Presidente della Repubblica,
compresa la gravità del contesto economico internazionale, richiese la
consulenza del Governatore: in una colazione a quattro del 2 settembre con i
presidenti di Camera e Senato Ciampi si pronunciò in questi termini sulla
crisi: «[…] Lo Stato può trovarsi a ottobre in una situazione di insolvenza
[…]; la Banca sta tamponando ma la sua azione può guadagnare solo pochi
giorni. Vi è rischio di un caso Italia analogo a quello del Messico 1982. In
caso di crisi per la lira, c’è la via della svalutazione, ma non c’è via di scampo a
una crisi del debito pubblico»58.
Nel periodo che intercorse fra settembre 1992 e gennaio 1993 i
consigli del Governatore sulla politica economica da intraprendere nei
confronti dei mercati internazionali sembrarono essere recepiti dal Governo
Amato I; tuttavia, l’insistenza da parte del Quirinale e del Governo circa la
necessità di un ritiro delle dimissioni da parte di Ciampi irritarono il
Governatore, determinato nel suo intento di uscire da Palazzo Koch59 quanto
prima. La crisi di governo si aprì ufficialmente il 5 marzo 1993 in seguito alla
proposta di un decreto legge inerente la depenalizzazione del finanziamento
illecito ai partiti, percepita come un «colpo di spugna»60 dall’opinione pubblica
56 Ivi, 16 gennaio 1992 57 Supra, pagg. 13-25 58 Ciampi C. A., Diario, 2 settembre 1992 59 Ivi, 18 dicembre 1992 60 Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pag. 17
29
italiana e pertanto non firmato dal Presidente della Repubblica; a quel punto
si fece strada in Ciampi la fondata percezione che la possibilità che Scalfaro si
rivolgesse a lui per il ruolo di Presidente del Consiglio. Sul suo diario
personale, il 7 aprile egli annota: «Vi è il rischio di una crisi finanziaria più
grave di quella del settembre-ottobre 199261 in quanto allora vi era un
governo e una politica. Scalfaro ne è consapevole. […] O politico con tecnici
o Ciampi dopo soluzione in Banca d’Italia»62.
La spallata definitiva al già precario equilibrio sul quale ormai si
reggeva il Governo Amato I la diede il risultato del referendum del 18 e 19
aprile 1993 (promosso da Mariotto Segni), che sancì la modifica in senso
maggioritario della legge elettorale che per oltre quarant’anni era stata di tipo
proporzionale: il Presidente del Consiglio rassegnò le dimissioni al Quirinale
il 22 aprile. Nonostante la speranza di Amato di riottenere l’incarico per
proseguire il percorso di politica economica già tracciato nel suo breve
percorso di governo, la Presidenza della Repubblica si indirizzò su due nomi
in particolare: Mariotto Segni, in auge grazie alla sua incessante opera di
perorazione del referendum sul sistema elettorale, e Romano Prodi,
economista di fama internazionale di area politica contigua ad Amato; tuttavia
i due si rivelarono non interessati all’incarico. Considerata la grave
contingenza economico-finanziaria internazionale che l’Italia si trovava ad
attraversare, Scalfaro pensò di rivolgere le proprie speranze verso il
Governatore Ciampi, un uomo che in quel momento godeva di grande
prestigio e considerazione sulla scena politica europea e italiana e che ispirava
grande credibilità e fiducia ai mercati: nel futuro inquilino del Quirinale,
secondo il giudizio di Scalfaro, risiedevano tutte le caratteristiche idonee a
tutelare l’interesse nazionale in quella concitata fase storica.
Nonostante l’iniziale riluttanza, testimoniata da alcune pagine del
diario personale in cui vengono riportati i colloqui telefonici avvenuti con
61 Supra, pagg. 22-26 62 Ciampi C. A., Diario, 7 aprile 1993
30
Scalfaro nell’ultima settimana di aprile63, il 26 di quel mese Ciampi interruppe
l’ormai consueto lavoro di scrittura delle “Considerazioni finali del
Governatore della Banca d’Italia”64 e lasciò per l’ultima volta la sede
dell’istituto di via Nazionale per recarsi nella residenza privata del Presidente
della Repubblica (sull’Aurelia)65: alla presenza di Gaetano Gifuni e di Giuliano
Amato, Ciampi accettò l’incarico, mantenendo in ogni caso dubbi circa il suo
status di “tecnico non politico” e sulla tenuta di un parlamento gettato ormai
nel caos da quei giorni frenetici. Al termine di un lungo e laborioso processo
di consultazioni con i partiti (che portò il Partito Democratico della Sinistra
ad accettare la partecipazione all’esecutivo con tre dicasteri salvo poi ritirarne
i ministri pochi giorni dopo il giuramento) il Governo Ciampi giurò al
Quirinale il 29 aprile 1993: fu il cinquantesimo esecutivo della storia della
Repubblica Italiana nonché l’autentico spartiacque fra le cosiddette “prima” e
“seconda” repubblica.
63 Ivi, 25 aprile 1993 64 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 157 65 Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pag. 21
31
Capitolo II
Un tecnico in politica: il Governo Ciampi e
l’incarico al Ministero del Tesoro
2.1 L’azione di governo in politica interna e il “protocollo”
con le parti sociali
Il discorso di insediamento di Ciampi, pronunciato il 6 maggio 1993 e
riportato fedelmente nel suo diario personale66, conteneva in nuce tutti gli
obiettivi di respiro nazionale e internazionale che quel Governo atipico si
apprestava a intraprendere. Il Presidente, per cercare di stabilizzare il sistema
Italia e dare un’impronta europeista alla sua azione, sottolineò fin dal suo
primo intervento a Montecitorio la volontà di ridurre il debito pubblico
attraverso gli interventi sul mercato, cercando di evitare di agire con manovre
impopolari e gravose come il prelievo forzoso sui risparmi; se riguardo la
sfera della politica nazionale il capo del Governo insistette molto sulla
necessità di assecondare il popolo italiano nella sua forte richiesta di
cambiamento, per ciò che concerne l’indirizzo di governo in politica estera
Ciampi evidenziò l’importanza di mantenere salde le storiche alleanze in cui
l’Italia era partecipe e di rafforzare con vigore la «costruzione dell’Unità
Europea»67 di cui egli stesso, in veste di Governatore, era sempre stato attore
coprotagonista.
Archiviata la lunga e sofferta fase di successione alla Banca d’Italia
con la nomina il 5 maggio di Antonio Fazio in suo luogo68, Ciampi poté
dedicarsi totalmente al suo nuovo incarico di responsabilità. La prima
emergenza che nell’immediato fu affrontata dal Governo Ciampi fu quella
66 Ciampi C. A., Diario, 6 maggio 1993 67 Ibidem 68 Signoretti F. M., Un cattolico mite col culto per la moneta, 6 maggio 1993, La Repubblica
32
scaturita dalla decisione dell’agenzia di rating Moody’s, sempre il 5 maggio, di
avviare la procedura per declassare (per la terza volta in un anno) la
valutazione dell’Italia come emittente sovrano di valuta, il tutto il giorno
prima delle dichiarazioni programmatiche del nuovo Governo; l’indomani
anche Standard&Poor’s mise sotto osservazione l’Italia, ma un analista di
quest’ultima, come riportato dalla giornalista Elena Polidori su Repubblica, si
pronunciò negativamente circa l’eventualità di un imminente declassamento
italiano da parte dell’agenzia americana69. Per tutelare l’economia italiana da
eventuali manovre speculative internazionali, sentiti il Ministero del Tesoro e
la Banca d’Italia, Ciampi decise di diramare una nota informale per
condannare tale azione, che appariva come apertamente ostile non solo nei
confronti dello Stato italiano, ma anche dei risparmiatori nazionali.
Per ciò che riguarda le politiche sociali, all’indomani della manovra
finanziaria del 21 maggio (con cui si operò una sostanziosa correzione del
deficit) Ciampi dedicò la sua attenzione al raggiungimento di un accordo
negoziale con le parti sociali per il costo del lavoro. Era una misura che già il
Governo Amato aveva tentato di intraprendere, con l’appoggio convinto
dell’allora Governatore, un anno prima, con l’accordo di base del 31 luglio
199270, ma la successiva crisi politico-istituzionale che aveva travolto
l’esecutivo aveva spento la possibilità di proseguire su quel percorso sul
nascere. Nonostante i duri colpi che gli ordigni di matrice mafiosa esplosi a
Firenze, Roma e Milano infersero alla tenuta dell’esecutivo, il Governo
Ciampi rispose con fermezza agli attacchi, scegliendo di continuare con
decisione la via dell’accordo con le parti sociali. È significativa in questo
senso la scelta del Presidente di fare leva sulla prospettiva internazionale
dell’Italia per persuadere le parti a trovare un punto di incontro: in una
riunione nella Sala Verde di Palazzo Chigi del 25 Maggio, secondo la
testimonianza di Peluffo, «Ciampi fece un appello appassionato alla
responsabilità, […] sulla necessità dell’integrazione europea, sulla base del
Trattato di Maastricht. Per fare questo, l’Italia doveva esserci e pesare.
69 Polidori E., Moody’s fa lo sgambetto a Ciampi, 6 maggio 1993, La Repubblica 70 Supra, pag. 17
33
Altrimenti avremmo avuto un’Europa darwiniana, dove il più forte
prevaleva»71; riferendosi ai sindacati e agli industriali che avevano reso
possibile l’accordo del 1992, fece loro un plauso perché a suo giudizio
avevano tutelato gli interessi internazionali del Paese. L’obiettivo di Ciampi
era di arrivare al Consiglio Europeo di Copenaghen (21-22 giugno 1993, dove
si sarebbero stabiliti i “criteri di Copenaghen”72) con l’accordo con le parti
sociali raggiunto, in modo da poter esprimere la posizione italiana circa le
strategie per arginare i fenomeni recessivi con maggiore vigore e fermezza;
tuttavia, la trattativa si concluse in leggero ritardo rispetto gli auspici del
Presidente (precisamente il 26 luglio) a causa dei rallentamenti scaturiti dai
sopra menzionati attentati dinamitardi e dalle inevitabili tensioni fra
industriali e sindacati che un accordo di simile portata aveva acceso. Il
principale merito di questo risultato, raggiunto dopo laboriose e serrate
trattative73 mediate da figure di spicco del panorama lavorativo, economico e
industriale nazionale come Gianni Agnelli, Carlo De Benedetti, Franco
Modigliani e Sergio Antonio D’Antoni74, fu quello di porre le basi per poter
abbandonare del tutto la politica inflazionistica che aveva da sempre
tratteggiato la strategia economica dei governi italiani, pensionando
definitivamente meccanismi atavici come la “scala mobile”; riguardo questo
traguardo, l’Esecutivo, all’interno dell’introduzione al “Protocollo sulla
politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche
del lavoro e del sostegno al sistema produttivo” (questo il nome completo
dell’accordo), si pronunciò in questi termini: «il Governo, d’intesa con le parti
sociali, opererà […] all’ottenimento di un tasso di inflazione allineato alla
media dei Paesi comunitari economicamente più virtuosi; […] alla riduzione
del debito e del deficit dello Stato e alla stabilità valutaria. L’attuale fase
d’inserimento nell’Unione Europea sottolinea la centralità degli obiettivi
indicati […] attraverso il rafforzamento dell’efficienza e della competitività
delle imprese, con particolare riferimento ai settori non esposti alla
71 Ivi, pag. 165 72 Guerrieri P., Copenaghen, criteri di - Dizionario di Economia e Finanza, 2012, Roma, Treccani, estratto il 20 gennaio 2018 da: http://www.treccani.it/enciclopedia/criteri-di-copenaghen_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/ 73 Ciampi C. A., Un metodo per governare, 1996, Bologna, Società editrice Il Mulino, pagg. 18-24 74 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri, pag. 171
34
concorrenza internazionale […]. Le parti ritengono che azioni coerenti di
politica di bilancio e di politica dei redditi, quali quelle sopra indicate,
concorreranno ad allineare il costo del denaro in Italia con quello del resto
d’Europa»75. Ciampi stesso, nella dichiarazione pubblica che seguì di qualche
ora la firma, sottolineò: «Abbiamo insieme posto un punto fermo, centrale,
che offre una nuova moderna cornice istituzionale per i rapporti tra le parti
sociali. Ma l’accordo è importante anche al di là dei suoi contenuti specifici
[…]. È un’intesa che consente di guardare al futuro con più serenità, che
accresce la credibilità del Paese. Più in particolare l’accordo sul costo del
lavoro è il fondamento della politica economica del governo: dà fiducia ai
mercati, offre certezze agli investitori, favorisce il processo di riduzione dei
tassi di interesse. Ora possiamo abbattere l’inflazione al livello dei paesi
europei più virtuosi: già per la fine dell’anno prossimo proponiamo un
traguardo del 2,5%. In questo modo si ridà competitività all’industria italiana,
si creano le condizioni per combattere la disoccupazione. L’Italia, se sapremo
bene operare, è il Paese che può essere tra i primi ad uscire dalla fase
recessiva […]. Ve ne ringrazio»76. Pur lavorando apparentemente sul fronte
interno, risulta evidente come anche in questa storica iniziativa per
l’economia e la politica sociale nazionale lo sguardo del Presidente fosse
sempre rivolto all’orizzonte italiano in Europa.
2.2 Gli incontri europei e il “check-point Pasta”
La prima azione di politica estera che Ciampi intraprese come capo
del Governo fu la richiesta di un colloquio formale con il Segretario di Stato
statunitense, Warren Christopher: egli aveva appreso che l’americano aveva
organizzato un viaggio europeo di visite istituzionali per il 7 e l’8 maggio
presso Parigi e Bonn, ma non aveva in programma nessuna sosta in Italia;
75 Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e del sostegno al sistema produttivo, estratto il 24 gennaio 2019 da: http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2072:protocollo-sulla-politica-dei-redditi-e-delloccupazione-23-luglio-1993&catid=55:1993&Itemid=61#Verbale_di_intesa 76 Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pagg. 32-33
35
questo per Ciampi era inaccettabile vista la determinante partecipazione
italiana alle missioni NATO dell’imperante crisi bosniaca, oltre all’ormai
prolungato impegno dei soldati italiani nel contingente di pace dell’ONU a
Mogadiscio. Il Presidente si mise dunque in contatto con il Presidente degli
Stati Uniti, Bill Clinton, con il quale conversò assistito da un interprete: gli
argomenti toccati furono molteplici, dagli auguri di insediamento da parte del
Presidente americano alla richiesta dell’omologo italiano di inviare al più
presto il nuovo ambasciatore a Roma (in quel momento la sede era vacante)
per restituire all’Italia un interlocutore diretto e autorevole con la potenza
statunitense77; nelle fasi conclusive della conversazione, Ciampi espresse il
disappunto del governo italiano circa la scarsa considerazione di cui il
contingente nazionale godeva all’interno delle posizioni di comando delle
missioni NATO e ONU, richiedendo inoltre spiegazioni circa la mancata
sosta italiana del Segretario di Stato. La risposta della Casa Bianca non si fece
attendere: poche ore dopo una nota del Dipartimento di Stato comunicò al
Ministero degli Affari Esteri l’intenzione di Warren Christopher di visitare
l’Italia il 7 maggio e di organizzare una conferenza congiunta con l’omologo
italiano (Andreatta) e il Presidente Ciampi stesso78. L’incontro, secondo
quanto riporta l’allora capo ufficio stampa di Palazzo Chigi, Paolo Peluffo,
riguardò la strategia da seguire nella crisi bosniaca e «l’atteggiamento della
Russia […], lo sforzo che poteva fare per spingere i serbi a un atteggiamento
più collaborativo»79. Nell’ambito della crisi balcanica, Ciampi ricevette in
seguito (l’11 giugno80) la visita del Presidente bosniaco Alja Izetbegović,
accompagnato da una delegazione variopinta; egli chiese allo Stato italiano di
non imporre un blocco alla vendita di armi nei confronti della Bosnia-
Erzegovina per non creare uno svantaggio tattico al suo contingente, già
fortemente fiaccato dal conflitto balcanico. Ciampi, evitando accuratamente
di pronunciarsi in merito all’embargo, sottolineò la necessità di riprendere la
77 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pagg. 162-163 78 Ciampi C. A., Un metodo per governare, 1996, Bologna, Il Mulino, pag. 64 79 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 163 80 Ibidem
36
strada di risoluzione politica e pacifica del conflitto, garantendo il sostegno
diretto dell’Italia qualora si fosse proceduto in quella direzione81.
Nei giorni successivi alla visita del Segretario di Stato americano, più
precisamente fra 13 e 17 maggio, Ciampi ebbe modo di conversare con il
Primo Ministro francese Balladur e con il Cancelliere tedesco Köhl. Nella
telefonata con il collega d’oltralpe si discusse dell’auspicio di una pronta
ripresa dei lavori negoziali dell’Uruguay Round e delle rinnovate turbolenze
dello SME82, mentre con l’omologo teutonico ebbe modo di porre le basi per
una visita diplomatica a Bonn e di discutere circa i rischi per la tenuta del
progetto di Maastricht dovuti al secondo referendum danese sul Trattato83.
Queste telefonate diedero la sensazione al Presidente del Consiglio che fosse
necessario un intervento deciso e pronto sull’economia nazionale per poter
difendere al meglio l’interesse nazionale nei confronti delle storiche
perplessità degli alleati europei e delle ataviche intemperanze dei mercati; in
questo senso sarebbe tornato utile il rapido conseguimento dell’accordo con
le parti sociali, che occorse come già menzionato il 26 luglio84. La visita di
Stato in Germania avvenne il 15 giugno85: ad accogliere Ciampi fu il
Presidente Federale Ernst von Weizsäcker, che espresse grande sollievo circa
la volontà dell’ex Governatore di essersi assunto il gravoso onere di guidare
l’Italia in una fase così delicata. Nonostante la cordialità dei toni e le lusinghe
del Presidente Federale, che dimostrava di vedere nel collega italiano una
figura di garanzia della serietà nazionale nei confronti delle potenze europee,
Ciampi percepì come siffatte affermazioni nascondessero in realtà la
percezione negativa dei colleghi continentali circa il futuro del Paese.
L’incontro con Köhl, che avvenne alla presenza di un interprete, fu occasione
per il Presidente del Consiglio di confrontarsi con il cancelliere sulle rispettive
visioni dell’Europa: secondo la testimonianza di Peluffo, Ciampi disse in
merito che «l’Europa è destinata a integrarsi in ogni caso. Ci stiamo già
integrando. Ma se non lo faremo istituzionalmente, attraverso accordi, 81 Ibidem 82 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 164 83 Ibidem 84 Supra, pagg. 30-32 85 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 167
37
trattati, organismi comuni, allora l’Europa si integrerà in modo disordinato,
sulla base di forze casuali, magari attorno all’egemonia della Germania, ma
senza pesi e contrappesi. Questa non è la maniera giusta. Prima o poi questo
processo creerà risentimenti, reazioni. Nessuno ci assicura che non
riappaiano, a un certo punto del futuro, i fantasmi degli anni Venti e
Trenta»86; Köhl si mostrò pienamente concorde rispetto a siffatte
affermazioni. La restante parte del colloquio verse su questioni economiche e
di rassicurazione dell’alleato tedesco da parte di Ciampi, che gli illustrò il suo
programma di accordo sul costo del lavoro; il cancelliere fu talmente
entusiasta del progetto dell’omologo italiano che lo esortò, in caso di
successo, a intervenire al Bundestag «per spiegarlo ai parlamentari tedeschi»87
e a «venire in Germania per farne uno uguale»88.
Qualche mese dopo, il 3 luglio, contestualmente alla conclusione dei
lavori del già citato “Protocollo”89, Ciampi si trovò ad affrontare le
conseguenze del primo scontro di carattere militare dai tempi della seconda
guerra mondiale che coinvolgesse un contingente italiano: la “Battaglia del
Pastificio”90 o di “check-point Pasta”, che vide scontrarsi il contingente di
peace keeping italiano con le truppe ribelli dell’Alleanza Nazionale Somala. I
miliziani ribelli organizzarono un’imboscata ai reparti italiani vicino a un
pastificio abbandonato della Barilla, a Mogadiscio; i soldati della Folgore,
stretti in una morsa e circondati dal fuoco nemico, reagirono come poterono
e richiesero anche l’aiuto del contingente statunitense, ma al termine dello
scontro a fuoco (che durò diverse ore) vi furono tre caduti: il sergente
maggiore Stefano Paolicchi, il sottotenente Andrea Millevoi e il parà Pasquale
Baccaro. Ciampi, nonappena ebbe concluso l’accordo con le parti sociali (che
verrà formalizzato come detto il 26 luglio), andò ad accogliere le salme
all’aeroporto di Ciampino; i funerali si tennero due giorni dopo ed ebbero
86 Ivi, pagg. 167-168 87 Ibidem 88 Ciampi C. A., Diario, 15 giugno 1993 89 Supra, Pagg. 30-32 90 Nigro V., Somalia, la battaglia al check-point Pasta. Il racconto del generale Loi vent’anni dopo, 5 luglio 2013, La Repubblica, estratto il 24 gennaio 2019 da: https://www.repubblica.it/esteri/2013/07/05/news/somalia_anniversario_battaglia_check-point_pasta-62413996/
38
grande partecipazione popolare91. L’episodio scatenò grandi tumulti in
parlamento, dove i partiti si divisero come di consueto fra interventisti e
pacifisti: il punto centrale del dibattito politico a riguardo fu la necessità,
secondo numerose forze politiche, di superare definitivamente il concetto di
peace keeping per passare a un meno militarmente impegnativo peace enforcing
(all’epoca non ancora adottato in seno alle Nazioni Unite); inizialmente la
reazione del Governo fu affidata a una nota informale che recitava: «Si tratta
di una missione umanitaria e di pacificazione. L’Italia è intenzionata a
mantenere la natura originaria di quella missione»92; fece seguito poco dopo
una nota della Presidenza del Consiglio, in cui si affermava l’intenzione di
riportare al più presto la missione sui binari della trattativa diplomatica e
politica93.
2.3 Le tensioni con gli Stati Uniti al G7 di Tokyo
Nell’ottica di valorizzare le eccellenze italiane agli occhi delle più
grandi potenze mondiali e di migliorare l’immagine internazionale del Bel
Paese, il 6 luglio Ciampi (contro il parere dello staff del MAECI) indicò come
sede del G7 del 1994 (a presidenza italiana) la città di Napoli. La scelta, che
oggi probabilmente non desterebbe eccessivo clamore, ebbe per l’epoca una
rilevanza notevole: va ricordato in merito come il Comune di Napoli fosse in
quel momento commissariato e ci fosse un fenomeno estremamente
endemico di disoccupazione che creava una fortissima tensione sociale; l’idea
del Presidente fu quella di rendere Napoli un volano per lo sviluppo di tutto il
Paese, cosa che a suo avviso sarebbe di certo avvenuta se la città partenopea
avesse sfruttato a dovere l’opportunità fornitale94. Ciampi inviò a tale scopo
Leonardo Visconti (consigliere diplomatico della Presidenza del Consiglio e
capo del cerimoniale diplomatico della Repubblica nel crepuscolo del suo
settennato) a fare un sopralluogo sui luoghi prescelti per vertice e alloggio dei
91 Mafai M., E l’Italia scopre che soldato è bello, 6 luglio 1993, La Repubblica 92 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 173 93 Ibidem 94 Ibidem
39
capi di Stato, rispettivamente il Palazzo Reale e il lungomare di Castel
dell’Ovo: l’esito della ricognizione fu favorevole e la scelta venne resa
definitiva. In merito a questa vicenda, Ciampi ebbe a dire: «La mia decisione,
d’impulso, fu convinta, politica. Scegliendo una “capitale del Sud” intesi
richiamare l’attenzione internazionale sui problemi del Mediterraneo, rilevanti
per il mondo intero […]; sul ruolo che l’Italia è naturalmente chiamata a
svolgere in quell’area»95.
Il 7 luglio la delegazione italiana partì alla volta di Tokyo, dove si
sarebbe tenuto il G7 a presidenza giapponese. A capo della delegazione erano
Carlo Azeglio Ciampi, Beniamino Andreatta e Piero Barucci; nella
circostanza, Ciampi annunciò pubblicamente la sua intenzione di organizzare
il G7 successivo a Napoli, suscitando curiosità e stupore fra le altre
delegazioni presenti. Parallelamente alla conferenza multilaterale, fu
organizzato un vertice bilaterale con il Presidente Clinton: con l’occasione,
Ciampi chiese al collega d’oltreoceano di guardare con occhio favorevole il
nascente processo di integrazione europea che, a suo giudizio, avrebbe
«contribuito alla semplificazione del sistema monetario mondiale e
all’imminente apertura dei commerci internazionali»96; altro punto focale del
vertice fu la situazione del contingente internazionale in Somalia, che secondo
il parere del comando italiano era assolutamente caotica e confusa: Ciampi
tornò a chiedere con fermezza la partecipazione dell’Italia alla catena di
comando, ritenendo incomprensibile il protrarsi dell’assenza di rappresentanti
nazionali in relazione alla massiccia presenza di militari italiani nel
contingente internazionale. La soluzione proposta dal Presidente italiano alla
questione somala era quella di riportare la missione di pace sui binari del
dialogo, fermando il deragliamento conflittuale che stava sempre più
caratterizzando le azioni dei peace keepers, proponendo di lanciare a tale scopo
un appello al disarmo97. L’incontro si concluse con una conferenza stampa,
occasione nella quale Clinton invitò formalmente Ciampi alla Casa Bianca per
il settembre successivo; tuttavia, la turbolenta situazione a Mogadiscio
95 Ciampi C. A., Un metodo per governare, 1996, Bologna, Il Mulino, pagg. 64-65 96 Ivi, pag. 174 97 (n. d.), Ciampi: «Va riconsiderata la missione in Somalia», 7 luglio 1993, Il Messaggero
40
costrinse i due leader a prolungare il loro incontro: Scalfaro telefonò da Roma
alla delegazione italiana, informando il Presidente del Consiglio che il
contingente statunitense pretendeva una risposta italiana all’attacco subito al
check-point Pasta e una riconquista dello stesso. Ciampi e Andreatta si
incontrarono nuovamente con Clinton e Christopher, minacciando gli
americani di disubbidire all’ordine se non si fosse risolta la situazione per altre
vie; i due americani acconsentirono e, attraverso intensi negoziati presso le
Nazioni Unite, la situazione venne risolta pacificamente qualche giorno dopo
e gli italiani riacquistarono senza combattere la postazione perduta, trattando
direttamente con i ribelli98. Tuttavia, i contrasti continuarono anche con gli
altri alleati delle Nazioni Unite, in quanto la strategia dell’Esecutivo
propendeva più verso la via dei negoziati mentre il contingente dei Caschi Blu
a trazione statunitense era più incline a intraprendere azioni di carattere
bellico; dello stesso avviso era anche il Segretario Generale ONU Kofi
Annan, che aveva minacciato a riguardo l’Italia senza troppi giri di parole in
una conferenza stampa convocata il 13 luglio99.
Nel prosieguo della conferenza istituzionalizzata furono approfondite
molte altre questioni, fra le quali la situazione sempre più frammentaria
dell’ex Jugoslavia e l’incertezza diplomatica nutrita dai G7 verso la Russia, che
tuttavia negli ultimi anni peraltro aveva operato un graduale e costante
avvicinamento allo status di full member del vertice delle grandi potenze
mondiali. Nell’ottica di una maggiore integrazione europea, Ciampi e
Andreatta, d’intesa con le potenze francesi e tedesche, spinsero molto nei
negoziati con la Russia affinché si desse un seguito al progetto “Partnership
for Peace”, con l’intenzione di rendere ancora più europea la NATO (e
contemporaneamente di gestire con più efficacia il teatro di guerra balcanico,
specie dopo il “cessate il fuoco”) preparando il terreno per l’ammissione delle
ex repubbliche socialiste dell’Est Europa: il piano di collaborazione pensato
98 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 175 99 Ivi, pag. 176
41
in questa sede venne in seguito approvato al vertice dell’Alleanza Atlantica
del 1 gennaio 1994 a Bruxelles100.
100 Ivi, pag. 177
42
2.4 La nuova crisi dello SME, le teorie monetarie di
Ciampi e il viaggio a Washington
Nel periodo immediatamente successivo agli attacchi mafiosi di
Milano e Roma si verificò una nuova crisi del Sistema Monetario Europeo,
con il franco che finì per l’ennesima volta sotto attacco speculativo. Éduard
Balladur, Presidente del Consiglio francese, chiese e ottenne un incontro con
l’omologo italiano, che avvenne il 30 luglio101. Nella circostanza, le pressioni
di Ciampi (che rimproverò Balladur di non aver ascoltato la sua “profezia dei
Curiazi” dell’anno precedente102) si indirizzarono verso il proposito di mutare
il meccanismo dello SME, riadattandolo in modo tale da predisporre la
transizione europea verso la moneta unica. Tale visione fu riaffermata in una
lettera che il Presidente inoltrò alla Commissione Delors e ai componenti del
Consiglio Europeo: «Ho lungamente riflettuto sulle recenti vicende che
hanno seriamente inciso sugli equilibri in seno al Sistema Monetario
Europeo. […] il difficile momento […] dovrebbe indurre tutti coloro che
credono in una Europa più unita ad intensificare gli sforzi per superare le […]
difficoltà. […] Da tempo […] il Sistema Monetario Europeo presenta molte
debolezze. Un suo rafforzamento appare necessario. […] Le parità fra le
monete vanno determinate di comune accordo; periodicamente, occorre
riesaminarle e valutare se debba intervenire un’intesa per modificarle; la
responsabilità per la difesa delle parità concordate deve essere congiunta.
Solo così potrà modificarsi la logica di “sistema”, che non permetta di
attaccare le varie monete una alla volta»103.
Il 17 settembre la delegazione italiana si recò a Washington per la
visita diplomatica alla Casa Bianca. Al suo arrivo, il 16 settembre, prima di
una serata di gala organizzata presso l’ambasciata italiana per l’occasione, il
Presidente fu accolto da una lettera piena di allarmismo e preoccupazione a
firma dei corrispondenti italiani negli Stati Uniti, alla quale Ciampi rispose
101 Ciampi C. A., Diario, 30 luglio 1993 102 Supra, pag. 18 103 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 475
43
spiegando il suo “metodo di governo”, basato sul restaurare lo spirito della
Costituzione e riportare partiti e Istituzioni al loro luogo naturale, nelle
«posizioni dovute: […] la Costituzione assegna ruoli distinti al Governo, al
Parlamento e ai partiti, ma questi ultimi avevano stravolto il sistema a proprio
vantaggio, esautorandone […] il Governo e, quando potevano, […] persino il
Parlamento»104. È inoltre interessante notare come, secondo il giudizio dell’ex
direttore de La Stampa Gaetano Scardocchia, fosse mutata la percezione
giornalistica del rapporto fra Italia e Stati Uniti: «la crisi somala aveva […]
dato l’impressione che il ruolo dell’Italia come “ancella” degli Stati Uniti era
un’immagine ormai legata al passato»105. L’indomani il Presidente Clinton
accolse l’omologo italiano con una nutrita delegazione, con il Governo quasi
al completo: l’iniziativa statunitense fu incentrata principalmente
sull’obiettivo americano di perseguire la liberalizzazione del commercio
internazionale, con particolare attenzione verso l’Asia e il Pacifico; Ciampi di
contro propugnò con il solito vigore la causa dell’integrazione europea e della
moneta unica, cui Clinton riservò particolare attenzione nonostante il diffuso
scetticismo dell’opinione pubblica del suo Paese a riguardo. Secondo il
Presidente, che vedeva la prospettiva di un’Unione Europea come proiezione
di maggior prestigio e considerazione internazionale per lo Stato italiano, era
«anche nell’interesse degli Stati Uniti avere una Unione Europea forte, coesa,
con Istituzioni e regole chiaramente condivise, che contribuisca alla stabilità
economica e politica nel mondo»106; contestualmente, a margine dell’incontro,
Ciampi invitò Clinton a visitare l’Italia in occasione del cinquantesimo
anniversario della fine della II Guerra Mondiale, viaggio che tuttavia si
concretizzò con un diverso Presidente del Consiglio in carica. Al termine del
meeting, nella conferenza stampa di rito, il POTUS espresse parole di stima nei
confronti del collega italiano, soprattutto per le manovre di politica interna, a
testimonianza del riverbero internazionale che queste causarono: «Le riforme
interne che sono state introdotte nel mandato del primo ministro Ciampi
sono davvero impressionanti. […] Mi congratulo con il popolo italiano per il
104 Scardocchia G., Non solo una foto ricordo, 18 settembre 1993, La Stampa 105 Ibidem 106 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 185
44
raggiungimento di una più solida stabilità finanziaria, ponendo le fondamenta
per una crescita futura»107.
Di significativa importanza per comprendere la prospettiva di
interesse nazionale in chiave europea di Ciampi è il testo di un suo discorso
del 22 ottobre 1993 all’Università di Bonn (della quale era stato studente in
gioventù), in occasione del centosettantacinquesimo anniversario
dell’Istituzione tedesca. Nel suo libro “Un metodo per governare”, nel quale
riporta il contenuto integrale dell’intervento, egli afferma: «Che ruolo e che
interessi ha l’Italia in questa Europa? […] È nell’interesse dei tedeschi che la
costituzione europea non sia sbilanciata verso la Mitteleuropa […]. Senza una
forte e stabile componente mediterranea, culturale e strategica, l’Europa si
sarebbe trovata impreparata ad affrontare il confronto politico, economico,
sociale fra la civiltà occidentale e quella islamica, che è già in atto e che ha
come punto centrale il bacino del Mediterraneo. La presenza dell’Italia e del
“fronte Sud” nel nucleo forte dell’Unione Europea è nell’interesse
dell’Europa e della Germania. […] L’Italia sapeva risanare il suo bilancio,
sapeva vincere l’inflazione, sapeva trovare momenti di coesione sociale da
portare a modello per gli altri Paesi europei»108.
2.5 Le privatizzazioni e l’epilogo dell’esperienza di
governo
L’ultima grande operazione di risanamento economico che il
Governo Ciampi si apprestò a varare, una volta concluso l’intenso periodo di
visite diplomatiche, fu il progetto di porre una base giuridica alle
privatizzazioni, necessarie per migliorare l’immagine italiana nei confronti
degli altri Paesi europei che stavano imbarcandosi per la transizione di
Maastricht; secondo le parole di Paolo Peluffo «la capacità di privatizzare una
parte delle imprese pubbliche, creare un mercato finanziario più moderno,
107 Ibidem 108 Ciampi C. A., Un metodo per governare, 1996, Bologna, Il Mulino, pagg. 51-52
45
diffondere la proprietà mobiliare tra i cittadini, ridurre con ciò il debito
pubblico erano una prova alla quale l’Unione Europea attendeva l’Italia.
Anche se questo aspetto […] non atteneva ai parametri di Maastricht, era
tuttavia decisivo per dimostrare sincera volontà di ridurre il debito
pubblico»109. Il percorso fu affidato al raccordo fra le figure del Ministro del
Tesoro Barucci, il ministro dell’Industria Paolo Savona e il Presidente dell’IRI
Prodi, affiancati da un “Comitato di Consulenza Globale e di Garanzia per le
Privatizzazioni”, composto da esperti di questioni di finanza e di diritto,
istituito da Ciampi e supportato giuridicamente da Carmela Decaro, in quel
periodo addetta al Servizio Studi, ricerche e statistiche parlamentari;
l’architettura istituzionale preparata con precisione dal Presidente si completò
con un decreto legge di natura tecnico-esplicativa, il n. 389 del 27 settembre
1993110. Al netto di diverse turbolenze, in particolare dovute alle divergenze
fra Savona, Prodi e lo stesso Ciampi, il percorso delle privatizzazioni fu
portato a compimento a partire dalla prima dismissione significativa (Credito
Italiano, dicembre 1993).
In quel momento maturò nel Presidente il pensiero di poter
finalmente far rientrare la lira nello SME, dato che il valore della valuta
nazionale si era stabilizzato intorno a 950 lire per marco111; tuttavia, l’avvio
della crisi di Governo non rese possibile questo passaggio chiave: nel
dicembre 1993, superato il momento di maggior tensione sociale e archiviata
la nuova legge elettorale (legge Mattarella, composta dalle leggi 4 agosto 1993
n. 276 e n. 277112, anche nota come “Mattarellum”), le forze politiche si
trovarono concordi nell’esigenza di sciogliere le Camere e indire nuove
elezioni. La crisi del Governo Ciampi fu avviata da un’iniziativa parlamentare,
una mozione di sfiducia del 23 dicembre promossa da Marco Pannella con
150 deputati e 37 senatori firmatari113, prevalentemente appartenenti agli
schieramenti che sostenevano il Governo; Ciampi, sentiti i Presidenti di
Camera e Senato e il Presidente della Repubblica, dichiarò loro che il piano di 109 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag.186 110 G. U. Serie Generale, 2 ottobre 1993, n. 232 111 Ciampi C. A., Un metodo per governare, 1996, Bologna, Il Mulino, pag. 59 112 G. U. Serie Generale, 20 agosto 1993, n.195, Suppl. Ordinario n. 77 113 (n. d.), Il Governo: «sì al dibattito sulle mozioni di sfiducia», 23 dicembre 1993, La Repubblica
46
governo era ormai concluso e che, in caso di rinnovata fiducia parlamentare,
si sarebbe aspettato da Montecitorio e Palazzo Madama un nuovo
programma. Il 12 gennaio 1994 fu il giorno della presentazione in aula della
mozione di sfiducia; Ciampi intervenne nel dibattito alle ore 15. Come punto
saliente del suo orgoglioso discorso, è opportuno menzionare in particolare
questo passaggio: «Il problema del debito pubblico, che a giudizio di molti
imponeva, per la sua gravità, interventi traumatici anche se devastanti per la
nostra immagine, è stato così avviato a soluzione per via di mercato: una via
che esige certo ulteriori sacrifici, ma che è l’unica per mantenere intatta, anzi
per rafforzare, la ragione di credito, il prestigio del Paese»114; il Presidente salì
al Quirinale il giorno successivo, il 13 gennaio, rassegnando le proprie
dimissioni. Il Presidente della Repubblica Scalfaro, nonostante le intenzioni di
Ciampi, decise di respingere le dimissioni e contemporaneamente di sciogliere
le Camere, dando quindi al Governo i pieni poteri fino alle elezioni che
sarebbero avvenute il 27 e 28 marzo. L’Esecutivo di Carlo Azeglio Ciampi
terminò la sua attività l’11 maggio 1994, quando a giurare al Quirinale fu
Silvio Berlusconi con il suo primo governo.
Per tratteggiare un bilancio sintetico ma complessivo dell’esperienza
di Ciampi a Palazzo Chigi, cui egli stesso darà forma in prima persona nel suo
libro “Un metodo per governare” (1996, Il Mulino), è opportuno riportare
alcuni stralci del diario personale del Presidente, alle date 27 e 28 dicembre
1993, quando già era chiaro l’imminente epilogo dell’incarico: «Vi era il
pericolo che mentre si costruiva il ponte della legge elettorale, si sprofondasse
nel vuoto […]. Questo pericolo è stato sventato. Di questo il merito
principale va a due protagonisti. Il Parlamento e le parti sociali. Il Governo ha
fatto la sua parte, con un’azione a tutto campo, svolta all’estero e in Italia;
azione fatta di presenza attenta e calibrata, di fatti più che di parole: […]
recupero di fiducia, di credibilità, di prestigio»115. La tutela dell’interesse
nazionale e dell’immagine dell’Italia verso gli alleati europei e negli scenari
multilaterali internazionali è stata il perno dell’operato di un esecutivo tanto
114 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 192 115 Ciampi C. A., Diario, 27-28 dicembre 1993
47
breve quanto virtuoso; un ulteriore discorso di grande valore circa il
discernimento dell’idea ciampiana secondo la quale l’interesse nazionale
italiano fosse legato indissolubilmente a Maastricht è quello tenuto dal
Presidente presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI) il 14 marzo 1994, a
ridosso delle elezioni politiche: «Il Trattato di Maastricht […] resta la scelta di
fondo, che ha dato un disegno istituzionale agli ideali unitari. La capacità di
attrazione che il progetto di integrazione esercita […] ha trovato […]
conferma nella positiva conclusione del negoziato sull’allargamento
dell’Unione Europea all’Austria, alla Finlandia e alla Svezia […]. Un’Unione,
che già a 12 soffre di una Commissione pletorica e di un uso eccessivo della
regola dell’unanimità, rischia di bloccarsi se non è capace di accompagnare
l’ingresso dei nuovi membri con la riforma e il rafforzamento della propria
struttura. […] Dopo il 1989, con l’apertura dell’Est, il futuro economico,
politico, sociale dell’Europa ha assunto una nuova prospettiva. Dobbiamo
essere capaci di gestire insieme […] questo mutamento. Altrimenti il
mutamento avverrà ugualmente, ma in modo casuale, […] con la possibilità
di squilibri ancor più gravi sul piano politico»116. Nelle fasi conclusive del
discorso, Ciampi tenne a sottolineare ancora una volta l’importanza strategica
della partecipazione italiana nella NATO per instaurare un clima pacifico e di
dialogo sia nei Balcani, sia ampliando la traccia negoziale con Paesi di
interesse strategico come Siria, Giordania e Libano117.
2.6 Gli incarichi internazionali e l’ingresso nel Governo
Prodi
Durante i due anni successivi all’esperienza di governo, oltre a
dedicarsi alla stesura del volume “Un metodo per governare”, Ciampi fu
chiamato a ricoprire un incarico di rilievo europeo: fu Presidente del
“Gruppo di lavoro per la competitività del sistema economico europeo”
(Competitiveness Advisory Group), su indicazione di Enzo Moavero
116 Ciampi C. A., Un metodo per governare, 1996, Bologna, Il Mulino, pagg. 66-67 117 Ivi, pag. 75
48
Milanesi118, capo gabinetto di Mario Monti alla Commissione Europea. Si
occupò di problematiche relative al “terzo settore”, nella convinzione che
uno sviluppo del settore del volontariato avrebbe potuto, in prospettiva
futura, fare da volano per la crescita del Paese, se corroborato dall’ingresso
nel compartimento di figure provenienti dal mondo dell’economia119. Nello
stesso periodo assunse la presidenza dell’Ente per gli studi monetari, bancari
e finanziari “Luigi Einaudi” e un ulteriore incarico in seno al Fondo
Monetario internazionale120. In seguito alla crisi di governo che portò
Lamberto Dini (un’altra figura tecnica) a prendere il posto di Berlusconi a
Palazzo Chigi e all’ennesima tempesta valutaria che si abbatté sulla lira nel
1995, figure di spicco della società civile e soprattutto del settore industriale
italiano invocarono a gran voce un intervento diretto in politica di Ciampi,
che tuttavia si mostrò poco propenso a partecipare ai tumulti di una
campagna elettorale data la sua età avanzata e le sue condizioni di salute, oltre
al fatto che a suo giudizio una simile eventualità avrebbe causato un ulteriore
problema di opportunità istituzionale («ne andrebbe di mezzo la Banca
d’Italia»121); si dichiarò tuttavia disponibile ad assumersi incarichi di
responsabilità qualora riguardassero un recupero di credibilità in chiave
europea, considerato che in quel momento storico l’Italia non rispettava
nessun parametro di Maastricht. Secondo l’analisi di Paolo Peluffo «I prezzi al
consumo […] avevano sfiorato il 7% a fine 1995, quelli alla produzione […]
si erano avvicinati al 10%. Era la diretta conseguenza della svalutazione della
lira del 25%»122. L’idea di Ciampi, vicina alle teorie proposte in quegli anni dal
Premio Nobel per l’Economia Franco Modigliani (con cui intrattenne lunghi
– e non sempre pacifici – rapporti personali)123, era che l’Italia avrebbe
dovuto prendere parte al progetto della moneta unica dalla sua genesi e non
in un secondo momento, il tutto per beneficiare del “premio” di minor spesa
derivante da una riduzione dei tassi di interesse (propria dei Paesi della
118 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 198 119 Ciampi C. A. (a cura di), Sfida alla disoccupazione. Rafforzare la competitività europea, 1996, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pagg. 5 e ss. 120 Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pag. 65 121 Ciampi C. A., Diario, 19 febbraio 1996 122 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 200 123 Ivi, pag. 201
49
“prima ondata” dell’euro) e per evitare i costi in termini di tagli alla spesa
sociale che un ingresso ritardato avrebbe avuto. Ci fu un tentativo di matrice
politica di rinviare le elezioni per costituire un Governo di grandi riforme di
carattere economico-istituzionale e a tale scopo si sondò la possibilità che a
presiederlo ci fosse una figura gradita a tutti gli schieramenti parlamentari: si
fecero i nomi di Ciampi e Antonio Maccanico, ma l’operazione non produsse
risultati e così si andò a nuove elezioni, che si tennero il 21 aprile del 1996.
Lo schieramento vincitore fu la coalizione dell’Ulivo, guidato da
Romano Prodi e composto da PdS, Ppi, Verdi, Socialisti Italiani,
Rinnovamento italiano, PRI e altre formazioni minori; a sostenere e
partecipare all’Esecutivo, anche se con un “accordo elettorale di desistenza”,
era anche Rifondazione Comunista di Fausto Bertinotti. Il Governo Dini
ancora in carica aveva intenzione di varare una manovra correttiva inerente la
finanza pubblica prima di passare il testimone, ma Ciampi e Andreatta si
mostrarono contrari al progetto ritenendo che una misura di quella portata
sarebbe stata più opportuna se assunta da un esecutivo con una forte
legittimazione popolare e all’interno di una programmazione economica più
strutturata, basata su un arco di tempo più lungo; in particolare, Ciampi (che
si apprestava a entrare nel nascente Esecutivo) aveva in mente di accelerare
sulle tempistiche di ingresso italiano nell’euro previsto dal Documento di
Programmazione Economica e Finanziaria del 1995, puntando come detto124
di far entrare l’Italia nella moneta unica a partire dal 1997, nonostante la
situazione dei conti pubblici italiani in quella fase storica non fosse di certo
favorevole al suo ambizioso proposito.
Il 18 maggio 1996 il Governo Prodi I giurò al Quirinale; Ciampi entrò
a far parte della squadra dell’Esecutivo come Ministro del Tesoro e Ministro
del Bilancio e della Programmazione Economica (la struttura non fu
uniformata in principio: Ciampi ricoprì entrambe le cariche fino al 1998, anno
della formale unificazione dei dicasteri), una collocazione congeniale alle sue
qualità e al suo obiettivo principale, al suo ideale di interesse nazionale:
124 Supra, pag. 46
50
portare l’Italia nell’euro, dal principio. Per la sua partecipazione al progetto,
secondo quanto riporta egli stesso nei suoi diari, fu decisiva la sinergia fra
Prodi e Scalfaro, determinati ad avere una figura di garanzia e
internazionalmente rispettata a presiedere il Palazzo delle Finanze125; tuttavia
Ciampi subordinò l’accettazione dell’incarico ad alcune condizioni, quali il
riconoscimento della sua condizione di tecnico e l’accettazione da parte di
Prodi della sua volontà di rimanere estraneo ai giochi politici. Significativa in
questo senso è la testimonianza resa dal Ministro allo storico Umberto
Gentiloni Silveri riguardo lo svolgimento del primo Consiglio dei Ministri in
cui egli prese parte: «Affermai fra la sorpresa di tanti che non facevo parete
politicamente dell’Esecutivo e che mai sarei intervenuto su questioni di
strategia generale. Il mio compito, condiviso da tutti, era legato alla missione
sull’ingresso dell’Italia nell’euro. […] In questa maniera acquistai
autorevolezza, prestigio e soprattutto autonomia»126.
2.7 Il Dpef 1997-1999, lo SGP e il rientro italiano nello
SME
La prima iniziativa intrapresa da Ciampi nel suo nuovo incarico di
Ministro del Tesoro e del Bilancio fu la programmazione del Dpef del 1997-
1999: fra le misure più significative, egli decise di abbassare il parametro-
obiettivo dell’inflazione dal 3,5% al 2,5%. Con un tale provvedimento, che
avrebbe portato i salari dei lavoratori a un aggiustamento più basso di quanto
questi avessero previsto, era inevitabile il verificarsi di contrasti con i sindacati
e Rifondazione. In particolare, la compagine di Bertinotti iniziò a votare
contro le iniziative del Governo nelle commissioni parlamentari e Sergio
Cofferati, segretario della CGIL, si adoperò per far pervenire all’Esecutivo
tutta la sua contrarietà al progetto, sostenendo come questa decisione avrebbe
avuto forti effetti sperequativi. Il compromesso fu raggiunto attraverso il varo
125 Ciampi C. A., Diario, 17 maggio 1996 126 Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pag. 70
51
di una risoluzione127 avente come oggetto la difesa del potere di acquisto dei
redditi fissi: la manovra ebbe gli effetti sperati, l’inflazione scese e i contrasti
con Cofferati si risolsero positivamente. Per rendere più efficace e funzionale
il percorso di ingresso nella moneta unica, oltre che per creare una struttura
logistica per il previsto cambio di valuta, fu costituito su iniziativa di
Francesco Alfonso un “Comitato Strategico per l’euro”, autorizzato
direttamente da Romano Prodi; un’ulteriore iniziativa, studiata dall’allora
Direttore della Comunicazione del Ministero del Tesoro Paolo Peluffo, fu
quella di creare un bollettino mensile riguardo lo stato dei conti pubblici, la
cui carenza di informazione in merito era spesso motivo di agitazione sui
mercati internazionali: anche questo progetto contribuì in modo determinante
alla discesa dei tassi di interesse.
Lo staff del Ministero concentrò la sua attività sull’osservazione del
“differenziale” fra i Btp e i Bund tedeschi (il cosiddetto “spread”), elemento
ritenuto essenziale per poter portare con successo a compimento la
“rincorsa”. Il rapporto con la Germania fu fitto e determinante per il
progetto ciampiano fin dalle prime fasi del suo incarico. La prima occasione
di incontro avvenne nelle fasi preparatorie del primo Dpef del suo mandato,
precisamente il 4 luglio 1996: quel giorno fu programmato fra Ciampi e Theo
Waigel (uno dei principali autori del “Patto di Stabilità e Crescita”, o SGP),
suo omologo tedesco, un vertice a Bonn; per cercare di portare il collega dalla
sua parte, Ciampi gli disse: «Per entrare fin da subito nell’euro all’Italia serve
per quest’anno una manovra da 4,5% del PIL, che sono 80.000 miliardi […].
Siccome non voglio andare al manicomio, ma in Europa, abbiamo in mente
una strategia per fasi successive. In un primo momento, confermiamo per il
1997 l’obiettivo di ridurre il disavanzo al 4,5%, partendo da oltre il 7% di
oggi. Lo facciamo […] in modo da renderci credibili. Se i mercati ci seguono,
abbassando i tassi di interesse, […] possiamo proporci l’obiettivo del 3%»128;
127 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 204 128 Ivi, pagg. 206-207
52
egli tenne inoltre a precisare l’intenzione di far rientrare la lira dal “sofferto
esilio129”, ovvero nell’accordo SME, entro la fine dell’anno.
Ciampi trovò numerosi alleati sulla scena internazionale nella sua
battaglia per la partecipazione italiana all’euro dal principio: il suo vecchio
collega De Laroisière, in quel momento Presidente della BERS, che lo visitò
personalmente al Ministero; Jean Claude Juncker, allora Primo Ministro e
Ministro delle Finanze del Lussemburgo; Michel Camdessus, allora Direttore
Generale del Fondo Monetario Internazionale. L’incontro con Juncker
avvenne in occasione di una conferenza tripartita sull’occupazione, che ebbe
luogo presso la Farnesina a partire dal 15 giugno 1996130. Nella circostanza, il
lussemburghese chiese un incontro a Ciampi, il quale gli spiegò l’intenzione
italiana di rientrare nello SME e di essere da parte subito del progetto euro,
che a suo avviso non doveva essere rimandato per nessun motivo; Juncker,
colpito dalle sue intenzioni e dalla sua determinazione, inoltrerà in seguito
una lettera al Ministro, contenente queste parole: «Ho altamente apprezzato le
vostre spiegazioni sulle coraggiose misure che il governo italiano si appresta a
prendere per rispondere alle sfide europee»131. Per ciò che concerne i rapporti
con Camdessus, l’incontro avvenne in occasione del G7 di Lione del 27-29
giugno 1996, in albergo; il Ministro spiegò anche al Direttore Generale il suo
piano delle fasi successive (operato scomponendo il deficit italiano nelle sue
componente fondamentali) e il francese fu così colpito dalle parole di Ciampi
da voler convocare seduta stante una conferenza stampa di sostegno all’Italia.
Dopo le parole di supporto del Managing Director, il Ministro sottolineò: «La
lira sta recuperando valore. […] Il venir meno dell’inflazione sta producendo
dei risultati in termini di riduzione dei tassi di interesse dei mercati che, a loro
volta, ridurranno la spesa per interessi». L’obiettivo del Ministro di intrecciare
una rete di alleati internazionali dell’Italia per la buona riuscita del progetto e
per tutelarne l’interesse nazionale stava prendendo forma.
129 Ivi, pag. 198 130 Sivo V., La ricetta di Prodi sull’occupazione: «Più flessibilità», 15 giugno 1996, La Repubblica 131 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 207
53
Per cercare di accelerare il processo di avvicinamento del Paese al
traguardo, fu effettuato dai tecnici del Ministero del Tesoro uno scrupoloso
lavoro di scrittura del Dpef; in particolare, per guadagnare credito nei
confronti dell’opinione pubblica europea e per trovare un escamotage giuridico
che permettesse un maggior margine di manovra, si cercò di inserire una
attestazione scritta della strategia “a fasi” prospettata da Ciampi nel
Documento stesso, per ottenerne una legittimazione attraverso un voto
parlamentare. Il lavoro si concentrò sul paragrafo IV.10 del Dpef132 (il
“paragrafo gancio”), intitolato “Un rapporto fabbisogno-Pil più basso del
4,5% nel 1997”, che ricevette ben cinque versioni diverse prima di quella
definitiva. Pur riaffermando la volontà di ridurre il deficit al 4,5%, la parte
finale del Documento affermava: «La ferma volontà dell’Esecutivo di
raggiungere gli obiettivi secondo il calendario previsto dal Consiglio europeo
di Madrid lo impegna a verificare in autunno, in relazione all'andamento della
congiuntura e dei mercati finanziari, la possibilità di accelerare i tempi del
rispetto dei criteri di convergenza»133. Il Ministro, in un discorso di fronte
all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) il 20 giugno 1996,
disse a riguardo: «Il Governo è impegnato a costruire un quadro economico
con compatibile con l’ingresso pieno, duraturo del nostro Paese nell’ultima
fase dell’Unione Economica e Monetaria. […] Per l’Italia, partecipare al
gruppo costitutivo dei Paesi europei che avranno la moneta unica è
fondamentale. Rimanere, anche temporaneamente “fuori” avrebbe effetti,
ripercussioni, che andrebbero al di là delle pur rilevanti conseguenze
economiche, finanziarie, monetarie. Non vi è bisogno di dire di più. Ognuno
di noi nel proprio intimo lo sa, lo sente»134. Nonostante gli sforzi, non tutti
notarono l’abile mossa del Ministro e del suo staff: in sua intervista al
Corriere della Sera135, Mario Monti si mostrò scettico circa le speranze italiane
di essere tra i Paesi di partenza dell’euro in quanto il vecchio obiettivo del
132 Documento di Programmazione Economico-Finanziaria per gli anni 1997-1999, pag. 20, estratto il 27 gennaio 2019 da: http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/DPEF-1997-1999.pdf 133 Ibidem 134 Ciampi C. A., Pascucci F. (a cura di), Italia, Europa, economia, e banche – Gli interventi alle assemblee dell’Associazione Bancaria Italiana, 2018, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pag. 115 135 Bonanni A., Monti: «Che delusione. Così non si va in Europa», 28 giugno 1996, Corriere della Sera
54
4,5% era sostanzialmente riconfermato, mostrando di non essersi accorto del
già menzionato art. IV.10. Nel dibattito parlamentare del 16 luglio relativo
all’approvazione della manovra, Ciampi sottolineò la necessità di fare ricorso
all’orgoglio nazionale e patriottico per vincere la sfida: «Deve unirci uno
spirito di orgoglio nazionale, perché l’obiettivo è largamente condiviso. […]
Senza l’Italia l’Europa unita sarebbe squilibrata sotto ogni profilo. L’Italia in
quattro anni ha quasi annullato il suo debito con l’estero. […] Un Paese così
non merita di essere escluso dal passaggio fondamentale verso il nuovo
assetto politico ed economico del Continente»136.
L’episodio che sancì con decisione il cambio di marcia del Governo
sul piano europeo fu il Vertice di Valencia del 16-17 settembre 1996 fra Italia
e Spagna; la delegazione italiana, particolarmente nutrita, si trovò a sostenere
diversi incontri bilaterali con i corrispettivi ministri dell’Esecutivo iberico.
Nello specifico, Ciampi, coadiuvato da Mario Draghi, Francesco Alfonso e
Paolo Peluffo (che riportò fedelmente la trascrizione della conversazione),
ebbe modo di confrontarsi con il collega spagnolo, Rodrigo de Rato; il tema
principale era ovviamente l’integrazione europea, ma furono operate anche
alcune pianificazioni relative alla strategia congiunta da adottare in relazione
al costituendo SGP, che le due potenze mediterranee e la Francia stavano
cercando di alleggerire per fare da contrappeso alla Germania di Waigel e
Stark. Il Ministro del Tesoro si espresse in questi termini: «Occorre accordarsi
su un Patto di stabilità [SGP]; aver prefigurato le linee di questo patto […]
favorisce la credibilità dell’intero sistema»137. Ciampi si dichiarò
sostanzialmente d’accordo con tutti i punti cui si era pervenuti relativamente
al negoziato in corso per la formalizzazione del Patto, tuttavia si trovava in
disaccordo relativamente l’automatizzazione del meccanismo sanzionatorio,
ritenendo più opportuno costituire uno strumento da applicare dopo una
valutazione di una specifica commissione, pensiero sul quale trovò d’accordo
il collega spagnolo; tuttavia, relativamente la questione principe, ossia
l’ingresso dall’inizio nell’euro, si trovò preso in contropiede da De Rato, che
136 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 481 137 Ivi, pag. 212
55
lo informò che la Spagna si sarebbe espressa contro ogni forma di sconto sul
fatidico 3% di Maastricht (Ciampi, di contro, si aspettava a riguardo un
margine di flessibilità di almeno mezzo punto percentuale138). Il risultato dei
restanti incontri lasciò negli altri Ministri italiani la stessa impressione, così si
decise di comune accordo un’accelerazione sulla strategia per l’euro: Ciampi,
Andreatta e Prodi, riunitisi la mattina successiva informalmente139, ne
sancirono l’immediata attuazione. L’incontro fra Prodi e Aznar lasciò degli
strascichi: qualche mese dopo, Aznar rischiò di causare un incidente
diplomatico rivelando (esagerando i fatti) di un presunto “patto
mediterraneo” fra Italia e Spagna per alleggerire i criteri di Maastricht,
venendo seccamente smentito da Prodi a mezzo stampa sia nell’immediato
sia molti anni dopo140.
Pochi giorni più tardi (20 settembre), Ciampi partecipò al vertice
Ecofin di Dublino, all’interno del quale una nota informale del commissario
De Silguy rischiò di creare delle turbative sui mercati: nell’elenco delle
proiezioni dei Paesi che avrebbero fatto parte dell’euro dall’inizio l’Italia era
informalmente esclusa; Ciampi protestò vibratamente, ottenendo la
cancellazione della stessa. Nel vertice, come prevedibile, si parò dei
meccanismi sanzionatori del SGP, e il Ministro insistette lungamente sulla sua
contrarietà all’automatizzazione del meccanismo, sostenendo la necessità che
un simile potere punitivo fosse conferito piuttosto al Consiglio Europeo;
nelle fasi successive, Ciampi svelò ai colleghi europei il piano di accelerazione
italiano, ottenendo il sostegno del Governatore della Banca d’Italia Antonio
Fazio141: ne nacque una collaborazione intensa, raccontata con vivacità da
Elena Polidori: «“Ho intenzione di rafforzare la Finanziaria, facendo fare tagli
strutturali e non rinvii di spesa”, spiega Ciampi. E il governatore:
“Benissimo”. “Ho anche intenzione di usare i fondi Cee per gli investimenti e
le grandi opere: sono 106 mila miliardi”. “Molto bene”»142.
138 Ivi, pag. 213 139 Ciampi C. A., Diario, 17 settembre 1996 140 Prodi R., «Prodi: mai chiesto ad Aznar di ritardare l’ingresso nell’Euro», 17 gennaio 2019, Il Sole 24 Ore 141 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 217 142 Polidori E., Un tandem che pedala sulla via di Maastricht, 22 settembre 1996, La Repubblica
56
A quel punto il fronte europeo si proiettò verso un dibattito nella
maggioranza di governo, con Prodi e Ciampi che riuscirono a persuadere
Bertinotti ad appoggiare un incremento della manovra finanziaria a 62.500
miliardi. Inoltre, il Ministro notò una incongruenza nei calcoli del disavanzo
pubblico: nonostante una situazione ai suoi occhi non così drammatica, si
accorse che su tutti i dati finali si registrava un peggioramento dei conti
italiani; inoltre, non erano presenti tracce di partite a favore dell’Italia. Egli
decise pertanto di avviare una scrupolosa fase di riconteggio con i tecnici
della ragioneria dello Stato, ottenendo un riscontro di fondamentale
importanza: si registrò un guadagno di circa 12.500 miliardi: ciò ebbe effetti
significativi sul deficit di partenza, che passava dal 7,4% al 6,5%, un guadagno
cruciale per il successo del progetto di rincorsa, il tutto senza incidere
sull’economia reale. Furono subito informati Prodi, cui fu chiesto di tenere
segreta la notizia, e De Silguy, cui fu chiesta una verifica da parte
dell’Eurostat del risultato italiano: il 3 febbraio 1997143 l’analisi fu completata,
dando ragione a Ciampi e ai suoi tecnici; l’impatto sul progresso del
riallineamento italiano a Maastricht fu tangibile. L’intuizione del Ministro,
seppur di natura squisitamente tecnica, fu fondamentale per instillare fiducia
negli alleati europei; la scelta di non comunicare nell’immediato agli alleati di
Governo della lieta notizia fu parimenti utile a mantenere al massimo lo
sforzo congiunto, evitando i rallentamenti che sarebbero potuti scaturire da
facili entusiasmi.
Nel frattempo, il 27 settembre la delegazione italiana volò a
Washington per partecipare al vertice del Fondo Monetario Internazionale,
con l’intento di preparare il terreno per il rientro italiano nello SME (che
andava operato entro il 24 dicembre dell’anno per poter rientrare nei
parametri stabiliti a Maastricht). Fu organizzato per l’occasione da Mario
Draghi un vertice bilaterale con la delegazione tedesca per decidere con quale
valore la lira si sarebbe riallineata: Ciampi insistette molto sui risultati positivi
raggiunti dall’Italia in quei mesi intercorsi dal precedente colloquio144 con
143 (n. d.), UE: «Un mezzo sì ai conti del ‘97», 3 febbraio 1997, La Repubblica 144 Supra, pag. 49
57
Waigel a Bonn, riconfermando l’intenzione di operare la correzione
aggiuntiva di cui aveva già parlato in quella sede; Waigel e Tietmeyer posero
diverse domande ai loro interlocutori riguardo l’entità delle misure che si
sarebbero operate, sostenendo come il Governo avrebbe potuto incontrare
difficoltà nel far passare siffatta manovra finanziaria attraverso il dibattito
parlamentare. Un altro appunto che fu rilevato dai tedeschi fu inerente
l’eccessivo vantaggio competitivo che l’Italia in quella fase otteneva dal tasso
di cambio della lira, rimandando un rientro dell’Italia nello SME soltanto a un
momento successivo all’approvazione della manovra finanziaria; Ciampi
chiese alla Germania di riconsiderare il poter anticipare i tempi, ottenendo in
risposta dagli omologhi svevi un atteggiamento tiepidamente possibilista.
Durante la riunione del FMI peraltro si verificò un incidente diplomatico con
la Francia, con Chirac che in un comizio elettorale in patria attaccò la
valutazione della lira in quanto troppo bassa, ritenendo che le svalutazioni
competitive non facessero parte di una strategia compatibile con l’ingresso
nella moneta unica; se Prodi reagì con veemenza, Ciampi, in una intervista
televisiva su Rai2 rilasciata durante una pausa del vertice, dichiarò: «Nessuno
possiede la patente di esaminatore, tantomeno unico. […] Questo vale per
l’Italia e vale per tutti»145. Al termine del vertice, chiese e ottenne che si
organizzasse un summit formale per il “ritorno dal sofferto esilio”; nel
frattempo, in un ulteriore incontro bilaterale organizzato con la Francia, il
Ministro si occupò di informare i colleghi delle intenzioni di rientro italiano
nello SME al fine di rassicurarli e preparare il terreno per un appoggio
francese alla causa italiana: Ciampi, che sfruttò a suo vantaggio le parole
funeste di Chirac, disse al suo omologo Jean Arthuis: «Se la lira fluttuante vi
ha creato problemi, aiutateci a rientrare nello SME e poi nell’euro, con il che
la possibilità di svalutazioni competitive viene meno di per definizione»146.
La congiuntura per il rientro nel Sistema Monetario Europeo volgeva
alle fasi conclusive: dopo alcuni incontri bilaterali di preparazione con le
delegazioni francesi e tedesche, avvenuti nel mese di ottobre in Italia, nei
145 Ciampi C. A., Diario, 1 ottobre 1996 146 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 223
58
quali la squadra italiana si prodigò per rassicurare gli alleati europei della
solidità del progetto e della serietà del Paese, la questione fu discussa in via
definitiva al vertice Ecofin straordinario convocato a Bruxelles il 24
novembre 1996; negli incontri preparatori si era discusso molto su quale fosse
la valutazione di rientro della lira nei confronti del marco, con tedeschi e
olandesi che spingevano per quota 925, spagnoli e francesi che propendevano
per 950 e il Governo italiano che poneva come base di trattativa quota 1000,
con la speranza di sospingere la valutazione della lira almeno fino a quota
970. Il dibattito fu aperto da un lungo e accorato intervento del
sottosegretario Alfonso, che racchiuse tutto il percorso italiano dall’uscita dal
Sistema al presente, riaffermando la forte volontà di entrare nell’euro dalla
porta principale. La proposta che propugnò, in relazione al tasso di mercato
della lira, fu di 1000-1010 lire per marco, sottolineando a sostegno della stessa
come la credibilità delle analisi italiane e del percorso intrapreso dal Governo
fossero testimoniate da un tasso di inflazione sceso di due punti e mezzo in
un solo anno147. La discussione fu sospesa, e nei contatti che seguirono si
ipotizzò un cambio oscillante fra 1000 (sostenuto solo dalla Francia, dall’Italia
e parzialmente dalla Spagna) e 970, su cui si attestava la restante parte
dell’Ecofin; nei colloqui successivi, la linea comune che i ministri francese,
italiano e spagnolo trovarono fu quella di avanzare una proposta comune su
quota 990: nonostante alcuni tentennamenti da parte tedesca, il risultato fu
ottenuto e l’accordo di rientro fu siglato su quella cifra148. Ciampi, orgoglioso
dello straordinario risultato ottenuto in sede di trattativa europea, tenne
molto a sottolineare l’impatto positivo che questo cambio avrebbe fornito
non solo agli industriali, ma soprattutto ai risparmiatori italiani: in una
intervista a Massimo Gaggi del Corriere della Sera, resa telefonicamente il 26
novembre, dichiarò a riguardo: «Guardi il comunicato finale di Bruxelles. […]
Dice che il rientro della lira è un fattore di rafforzamento per lo SME. […]
Porta forza, non debolezza. […] Se quello di Bruxelles era un esame, lo
abbiamo passato a pieni voti»149. Con il rientro nello SME finalmente
147 Ivi, pagg. 231-233 148 (n. d.), Il rientro dopo quattro anni - Ciampi: La lira conquista lo Sme a 990 - Dura lotta con Bonn, poi il verdetto, 24 novembre 1996, La Stampa 149 Ivi, pag. 235
59
avvenuto, la fase conclusiva del 1996 vide la partecipazione italiana all’ultimo
vertice Ecofin relativo all’approvazione definitiva del SGP, che grazie al
determinante voto congiunto italo-francese fu, come prospettato qualche
mese prima dai ministri dei due Paesi, meno stringente di come la Germania
desiderasse (fu il Presidente Chirac a insistere per l’inserimento della parola
“crescita” nel nome dell’accordo). Il commento più significativo, una
autentica attestazione di stima e sintomatico del prestigio che Ciampi aveva
acquisito nei confronti della comunità internazionale per la sua battaglia per la
difesa dell’interesse nazionale, fu quello comparso sul Financial Times del 26
novembre, a firma di Lionel Barber: «Ciampi ha realizzato il capolavoro della
sua vita. […] Se un qualsiasi altro ministro europeo avesse tentato la
medesima operazione, lo avrebbero buttato dalla finestra»150.
2.8 Il traguardo della moneta unica: l’ingresso nell’euro
Conclusa la fase di riavvicinamento verso gli obiettivi preliminari per
la partecipazione italiana alla fase uno dell’euro, il Governo italiano
abbandonò la strategia della sorpresa, del lavoro sottotraccia, che aveva
caratterizzato il percorso del 1996, e iniziò a giocare a carte scoperte (del
resto, ormai, era chiaro sia all’opinione pubblica nazionale che a quella dei
Paesi europei come l’Italia stesse lavorando per l’ingresso in circolazione
dell’euro entro i confini già dal 1 gennaio 1999): fu Prodi a suonare la carica,
con una dichiarazione politica pronunciata nei momenti successivi al rientro
italiano nello SME: «sull’ingresso nell’euro mi gioco il Governo: se non ci
riesco mi dimetto»151; il già citato ricalcolo del deficit della bilancia
commerciale italiano152 , reso noto pubblicamente nel mese di febbraio, fu
peraltro di grande supporto all’iniziativa dell’Esecutivo, con Ciampi e il suo
staff intenti nei mesi a venire a calmare i facili entusiasmi per non smorzare
l’impegno profuso. Nonostante queste notizie positive, tuttavia, gran parte
degli osservatori internazionali si mostrava scettica riguardo la possibilità che 150 Barber L., The quest for EMU: Italy home but not dry, 26 novembre 1996, Financial Times 151 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 238 152 Supra, pagg. 54-55
60
l’Italia potesse farcela: in particolare, fu il Financial Times a dare voce alle
indiscrezioni più critiche nei confronti del Bel Paese, parlando di retroscena e
situazioni dubbie che avrebbero “convinto” l’Italia a entrare in un secondo
momento nell’euro153 o, ancora, attraverso gli strali di alcuni suoi editorialisti.
Più precisamente, il Lex Columnist Hugo Dixon riteneva che la strategia
italiana basata sul differenziale Btp-Bund fosse in realtà un Trojan Horse per
persuadere i mercati con una solidità falsamente dimostrata per poter
accedere all’«Holy Grail» (l’Unione Monetaria)154; secondo l’autorevole
giornalista, il vero problema era rendere gli italiani consapevoli
dell’irragionevolezza del loro proposito. Alla lunga serie di pareri negativi si
aggiunse una nutrita schiera di detrattori proveniente dal World Economic
Forum di Davos: il banchiere tedesco Ulrich Cartellieri sostenne che «Se
l’Italia fosse ammessa costituirebbe una bomba a orologeria all’interno
dell’Unione»155, mentre Horst Siebert, all’epoca direttore dell’Istituto per
l’economia internazionale di Kiel, affermò: «C’è una sola possibilità, lasciare
partecipare solo i Paesi a Nord delle Alpi […] oppure lasciare perdere
tutto»156; non meno aggressive furono le reazioni di molti altri partecipanti,
soprattutto quelle provenienti dagli esperti economici di area tedesca. Ciampi
e Prodi protestarono a mezzo stampa contro queste indiscrezioni e
dichiarazioni, e la classe politica della Germania dovette profondere tutti gli
sforzi possibili per spegnere sul nascere la polemica; in particolare, il Ministro
del Tesoro, ben consapevole di dover tutelare l’interesse nazionale non tanto
nei confronti del Governo tedesco (già ampiamente persuaso nei negoziati di
Bruxelles157) quanto piuttosto nei confronti dell’opinione pubblica sveva,
decise di rilasciare una lunga e dettagliata intervista al Der Spiegel, imperniata
su due concetti chiave: in primo luogo, l’Italia non avrebbe chiesto un
trattamento di favore per accedere alla moneta unica; in secondo luogo, un
euro senza le democrazie mediterranee sarebbe stato un insuccesso. Riguardo
l’immagine italiana in Germania, fra le altre cose, egli affermò: «Aiutateci a
correggere questa fama! L’Italia ha definitivamente chiuso con la vecchia 153 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 238 154 Dixon H., Prodi’s Purgatorio, 5 febbraio 1997, Financial Times 155 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 239 156 Ibidem 157 Supra, pagg. 55-56
61
mentalità […]. Abbiamo accettato la […] Kultur der Stabilitaet»158. In soccorso
al Ministro venne la tanto attesa riclassificazione dell’Eurostat sui conti
italiani che, come detto159, portò a una sensibile rivalutazione delle speranze
italiane: l’opinione pubblica internazionale iniziò a riconsiderare le proprie
posizioni, e il Financial Times stesso (con un articolo di Barber160) sottolineò
come l’incidenza del ricalcolo sulle speranze italiane fosse ragguardevole,
portando questa a un miglioramento in termini di disavanzo sul PIL oscillante
fra i 0,5 e i 0,7 punti percentuali; analoghe considerazioni furono elaborate
dal quotidiano francese Le Monde161.
Il rivolgimento diede una spinta significativa anche all’incontro
bilaterale fra la delegazione italiana e quella tedesca che si tenne il 7 febbraio a
Bonn e proseguì, per ciò che concerne i dipartimenti del Tesoro, l’8 febbraio
a Francoforte. L’incontro fra Waigel e Ciampi fu caratterizzato dall’enorme
sorpresa che i tecnici svevi mostrarono verso quello 0,5% di margine che
l’Italia aveva guadagnato grazie alla riclassificazione di Eurostat, dato del
quale non erano a conoscenza; il giorno successivo, in conferenza stampa,
Ciampi e Draghi annunciarono che si sarebbe dovuto intervenire con una
manovra finanziaria per perseguire al meglio l’obiettivo, toccando anche la
previdenza sociale, elemento che portò a uno scontro nella maggioranza che
Prodi dovette spegnere smentendo il proprio stesso ministro162. Fu deciso, al
rientro in Italia e dopo diverse stime, di portare la dimensione di detta
manovra a 15.500 miliardi di lire, una cifra ragguardevole e difficile da far
approvare alle Camere; nel frattempo oltreconfine si rincorrevano le voci di
piani segreti per estromettere l’Italia e la Spagna, a costo di perdere pezzi già
dati per certi nel puzzle dell’UEM come il Belgio; per cercare di stabilizzare la
situazione, anche Prodi scese in campo con diverse interviste ad autorevoli
testate internazionali: in particolare, in un intervento concesso all’Herald
Tribune, egli stuzzicò i tedeschi riguardo l’ingresso italiano: «Will you be
158 (n. d.), «Die Italiener sind zu Opfern bereit» - Carlo Azeglio Ciampi, Roms Minister fu r Wirtschaft und
Finanzen, u ber den Euro und die Teilnahme seines Landes an der Wa hrungsunion, 3 febbraio 1997, Der Spiegel 159 Supra, pag. 53 160 Barber L., Boost to Italy’s bid to be in first EMU wave, 4 febbraio 1997, Financial Times 161 (n. d.), Eurostat donne sa bénédiction à Rome, 4 febbraio 1997, Le Monde 162 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 241
62
ready?»163; Ciampi invece si prodigò in fitti contatti con l’establishment
economico tedesco, ricevendo parole di apprezzamento164. In questa densa
rete di contatti diplomatici, in un incontro a Roma con il presidente di turno
dell’Ecofin Gerrit Zalm il Ministro sottolineò come l’Italia non avrebbe
chiesto sconti e che presto avrebbe varato una importante finanziaria,
incassando così anche il supporto e la fiducia dell’olandese165. Nonostante ciò
la maggioranza di governo appariva divisa circa questo ulteriore sacrificio
verso l’Unione Monetaria, mostrando segnali di sostegno e di scetticismo a
macchia di leopardo; la stampa stessa si divise, alternando plausi a feroci
critiche. Ciampi rispose emettendo la prima storica tranche di titoli
denominati in euro, gli “Eurobond”, a rimarcare la fermezza del suo
proposito e della linea del Governo, cercando inoltre di persuadere il politico
più contrario alla manovra, il segretario del PRC Bertinotti, a passare dalla sua
parte: la circostanza è raccontata in un editoriale del fondatore di La
Repubblica, Eugenio Scalfari, in cui questi afferma come alle parole
persuasive del Ministro («Abbiamo ridotto l’inflazione dal 6% al 2% in nove
mesi, […] abbiamo ridotto i tassi di interesse di cinque punti»166) facessero da
contraltare le perplessità di Bertinotti, che si poneva (coerentemente con i
suoi interessi di partito) a difesa delle istanze dei lavoratori, esprimendo
inoltre timori riguardo al fatto che una misura tanto onerosa avrebbe potuto
essere lesiva nei confronti degli investimenti in manodopera degli industriali.
Il Consiglio dei Ministri relativo alla manovra fu turbolento, ma la legge fu
infine approvata; l’indomani la stampa nazionale fu molto critica a riguardo,
mentre i mercati risposero positivamente all’intento italiano.
La difficoltà successiva fu costituita dal consiglio Ecofin del 12
maggio 1997, durante il quale Ciampi si trovò ad affrontare l’eco di alcune
indiscrezioni trapelate sui giornali167 riguardo una procedura di infrazione che
sarebbe stata avviata nei confronti dell’Italia. La delegazione italiana reagì
protestando formalmente durante il vertice, ottenendo una riscrittura della 163 Ivi, pag. 242 164 Ibidem 165 Ibidem 166 Scalfari E., Una cena speciale tra Ciampi e Bertinotti, 23 marzo 1997, La Repubblica 167 Rampini F., Europa, Ultimatum all’Italia, 11 maggio 1997, La Repubblica
63
lettera inerente la politica economica del Governo e una ridiscussione della
questione che avrebbe avuto luogo il mese successivo168; a riguardo, Ciampi
ebbe a dire: «certo non siam venuti qui […] per fare duelli, né per parlare di
bocciature»169. Un ulteriore ostacolo che si frappose fra l’Italia e l’euro fu
derivante da una impropria traduzione della locuzione “residui passivi”
relativa ai bilanci italiani, un elemento economico che, nonostante fosse
trascurabile, destò sospetti nella stampa internazionale; Ciampi si dovette
prodigare in diversi incontri per spiegare la natura meramente formale della
voce di bilancio, specie con l’omologo tedesco Waigel170, riuscendo nel suo
intento al netto di qualche turbolenza. Un aiuto inaspettato ai propositi
italiani fu un imprevisto rivolgimento politico in Francia, dove il tentativo di
Chirac di rafforzare il suo sostegno parlamentare indicendo delle elezioni si
rivelò un boomerang e portò alla ribalta i socialisti di Lionel Jospin,
nettamente più vicino alle posizioni italiane rispetto al Presidente francese in
carica. Ciampi ebbe dunque un nuovo importante alleato nel neo-eletto
governo francese, soprattutto nel suo omologo Dominique Strauss-Kahn;
riteneva inoltre che l’alleanza con la Francia fosse fondamentale per il
perseguimento dell’interesse nazionale italiano sia per ciò che concerneva la
prospettiva dell’ingresso nell’euro, sia riguardo al fatto che solo trasponendo
in ambito europeo la discussione di importanti questioni come la riforma
della previdenza sociale queste avrebbero potute essere affrontate con piena
efficacia in ambito nazionale, e a tale scopo servivano alleati forti come i
cugini d’oltralpe. In soccorso dell’Italia venne anche la Spagna, che dopo il
vertice bilaterale di Bologna del 10 e 11 settembre 1997 si persuase della
bontà dei conti pubblici italiani. Per dare ancora più stabilità al progetto
europeista, Ciampi mandò una delegazione del Ministero del Tesoro (Vittorio
Grilli, Roberto Nigido, Fabrizio Saccomanni, Umberto Vattani, i cosiddetti
“Ciampi Boys”171) in giro per le capitali europee con un rapporto da lui
coordinato volto a rassicurare gli altri Stati della Comunità riguardo la solidità
del bilancio italiano, consapevole del fatto che servissero quanti più alleati
168 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 248 169 (n. d.), La tela di Ciampi, 13 maggio 1997, La Repubblica 170 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 252 171 Ivi, pag. 255
64
possibili per rendere realizzabile il suo intento. Frattanto, nell’ambito della
comunicazione, per rafforzare l’immagine di un’Italia coesa, egli decise
insieme al suo staff anche di incaricare l’istituto di ricerca Abacus di Nando
Pagnoncelli di effettuare una ricerca statistica riguardo l’apprezzamento
dell’Italia da parte del popolo tedesco, olandese e spagnolo, ottenendo un
riscontro favorevole172 (specie dal popolo tedesco) e dunque un’arma in più
da usare nei confronti dei detrattori; contemporaneamente si organizzò una
campagna pubblicitaria di successo sul fronte interno grazie alla
collaborazione dell’attore Nino Manfredi, campagna che ottenne anche
grande riscontro della critica in Italia e in Europa173, vincendo svariati premi.
Per aumentare il coinvolgimento della popolazione fu inoltre disposto che
fossero i cittadini italiani a scegliere le facciate nazionali della moneta, e ciò fu
reso possibile grazie a un televoto organizzato alla trasmissione televisiva
Domenica In condotta all’epoca da Fabrizio Frizzi: l’operazione ebbe un
successo straordinario sia in Italia, con più di un milione di telefonate ai
centralini, sia in Europa, dove il Parlamento Europeo espresse un plauso
all’esempio di democrazia fornito dall’Italia nella circostanza.
Il 2 gennaio 1998 arrivò il dato ufficiale del fabbisogno del settore
statale del 1997: 2,7%. Questo elemento consentiva all’Italia di poter credere
con una maggiore determinazione nella riuscita del proprio piano e di poter
negoziare con le controparti della costituenda Eurozona con più sicurezza;
l’esame dei conti italiani in seno al Consiglio Ecofin del 19 gennaio 1998
andò in direzione favorevole all’Italia, cui però venne richiesto di anticipare il
Dpef a maggio. Il viaggio decisivo per vincere le residue resistenze sveve fu
quello del 5 febbraio 2018 in Germania, dove era previsto un incontro tra
Ciampi, Tietmeyer e Wolfgang Schäüble, Presidente del gruppo parlamentare
CDU/CSU. Quest’ultimo confermò l’appoggio pieno del suo partito ed
espresse parole di stima nei confronti del ministro italiano e dell’Italia («Siete
l’esempio che il Trattato di Maastricht ha agito nel senso della stabilità»174),
mentre il Direttore della Bundesbank, pur esprimendosi favorevolmente
172 Ivi, pag. 256 173 Ibidem 174 Ivi, pag. 264
65
all’ingresso italiano, chiese al Ministro uno sforzo per far approvare quanto
prima dalle Camere la manovra finanziaria; i giornali italiani titolarono
entusiasti riguardo gli esiti del vertice175. Al consiglio dell’Ecofin fu affrontato
l’ultimo vero ostacolo, la perplessità dell’olandese Zalm: egli subordinò il suo
benestare all’approvazione parlamentare del Dpef 1999-2001 contenente la
riduzione del debito pubblico ivi esposta, rimandando ogni decisione a
quando ciò sarebbe avvenuto. Il 2 maggio la manovra fu approvata in
Commissione Bilancio, e così nello storico Consiglio Europeo di Bruxelles
l’Italia fu ufficialmente ammessa fra i Paesi della fase uno dell’euro,
realizzando di fatto un’impresa ragguardevole e su cui pochi osservatori si
erano espressi positivamente circa la sua realizzazione. Grande merito venne
reso a Ciampi, che grazie alle sue doti di tecnico ma soprattutto di consumato
politico internazionale seppe tessere una fitta rete di amicizie funzionali
all’interesse italiano di essere un pilastro europeo, al pari di Francia e
Germania e non in loro subordine. A tal riguardo, nel suo ultimo intervento
all’assemblea annuale dell’ABI il 24 giugno 1998, sottolineò: «Oggi l’obiettivo
non è “restare in Europa” ma “contare in Europa”; l’Italia, con la sua identità
nazionale, con la sua forza economica, sarà fondamentale nel realizzare il
disegno europeo»176.
L’azione di Ciampi, che amava definirsi “cittadino europeo nato in
terra d’Italia”, fu svolta nella convinzione che l’interesse del Paese potesse
essere tutelato soltanto in una cornice ampia come quella europea. In una
conversazione privata con Peluffo, intercorsa nel maggio 1997, egli affermò
sulla questione: «Portare l’Italia nell’Euro significa salvare l’Italia, cancellare il
rischio […] di una crisi finanziaria che spazzi via i risparmi di generazioni, che
crei povertà. […] Io questo Paese voglio portarlo nell’Euro a tutti i costi
perché quando sarà nell’Euro, i rischi gravi della catastrofe finanziaria non li
correrà più. […] Poi toccherà a voi giovani. Noi […] abbiamo cercato di
costruire l’Europa e di tenerci dentro l’Italia. Voi dovrete dimostrare quello
175 Giannini M., Ciampi conquista i tedeschi, 6 febbraio 1998, La Repubblica 176 Ciampi C. A., Pascucci F. (a cura di), Italia, Europa, economia, e banche – Gli interventi alle assemblee dell’Associazione Bancaria Italiana, 2018, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pag. 136
66
che sapete fare, in un contesto che non sarà di rose e fiori»177. Parole in un
certo senso profetiche, alla luce della violenta crisi economico-finanziaria che
avrebbe poi investito l’Italia e l’Europa a partire dal 2008. Nondimeno
appaiono profetiche, nell’ottica della difesa degli interessi italiani in relazione
al contesto comunitario, le esternazioni espresse dal Ministro a Schäüble in
occasione del loro incontro in Germania178: «Credo che ormai sia evidente
che i problemi del secolo che sta per nascere sono soprattutto i problemi
della relazione Nord-Sud, e quando parlo di Sud intendo […] l’Africa. Questo
è un confronto tra civiltà diverse, di popolazioni che hanno una situazione
economica e demografica completamente diversa. Il problema
dell’immigrazione è solo un aspetto […]: bisogna affrontarlo insieme»179.
177 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 246 178 Supra, pag. 61-62 179 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 264
67
Capitolo III
Il settennato: gli anni al Quirinale
3.1 Un’elezione “plebiscitaria”
La “grande rincorsa” era dunque giunta al traguardo: l’Italia era
entrata nell’euro dall’inizio e con pieno merito. La riuscita dell’operazione
aveva conferito a Ciampi un prestigio non indifferente, sia entro confine che
all’estero. In particolare, anche grazie a una significativa operazione
diplomatica di Mario Draghi, il Ministro fu scelto dal Fondo Monetario
Internazionale per presiedere il suo Interim Committee (oggi International
Monetary and Financial Committee o IMFC), un organo dell’Istituzione di
Bretton Woods in cui siedono i Ministri del Tesoro (o figure equivalenti) con
competenze di politica monetaria, una sorta di “direttorio ufficioso” del
Fondo. La sua candidatura venne discussa e approvata il 25 settembre 1998
con il sostegno fondamentale dei colleghi europei Waigel, Strauss-Kahn e
Gordon Brown: la nomina avvenne il 2 ottobre. In questo incarico, che
ricoprì per breve tempo, l’iniziativa più significativa sarebbe stata quella di
avviare un progetto di riconversione del debito dei Paesi Meno Avanzati
(PMA), anticipata in una intervista pubblicata dal quotidiano L’Avvenire il 25
aprile 1999180 e mai realizzata, a causa dell’incarico di responsabilità che
sarebbe frattanto sopravvenuto entro confine.
In quei mesi, infatti, iniziarono a circolare delle voci in ambito
nazionale che alludevano alla possibilità che a succedere a Scalfaro, ormai a
fine mandato, potesse essere proprio il “Ministro dell’euro”, che godeva di
rispetto e prestigio da entrambe le sponde del Parlamento. La crisi politica era
alle porte: dopo mesi di tensione con la componente estremista della
maggioranza, il 9 ottobre Bertinotti decise di far cadere il Governo Prodi I 180 Ivi, pag. 283
68
per un solo, determinate, voto; a quel punto l’opinione pubblica e la stampa
italiana e internazionale, oltre a fazioni politiche appartenenti a entrambi gli
schieramenti parlamentari, spinsero fortemente per un Esecutivo “Ciampi
II”. Lo stesso Ciampi era ben consapevole della possibilità, tanto che aveva
predisposto già una lista di ministri e una bozza di discorso da leggere alla
stampa qualora fosse occorsa una chiamata dal Colle: la sua convinzione era
che un’occasione del genere per impostare una solida politica economica non
dovesse essere gettata alle ortiche a causa di un atto che giudicava gravemente
irresponsabile181; tuttavia, nonostante la possibilità fosse concreta, a giurare al
Quirinale fu Massimo D’Alema. A quel punto, Ciampi giudicò che la sua
parabola politica fosse al tramonto e, dopo aver chiesto privatamente al
nuovo Presidente del Consiglio di essere sostituito, iniziò a lasciare intendere
questo proposito tramite alcuni discorsi pubblici182; nonostante questo
intendimento, tuttavia, non smise di promuovere gli interessi dell’Italia: si
adoperò concretamente nei vertici europei cui prese parte per tenere alta la
reputazione del Paese, guadagnata con l’attività degli anni precedenti, facendo
leva sul prestigio personale ivi acquisito. Frattanto, in Italia, si discuteva
dell’elezione del Presidente della Repubblica, ipotizzando una successione
“cattolica” alla presidenza “socialista” di Scalfaro; a questa fattispecie si
contrapponeva la proposta di eleggere Ciampi183, appoggiata prevalentemente
dai gruppi parlamentari di Alleanza Nazionale e Forza Italia184, che con il
passare delle ore acquisì un seguito trasversale. La votazione, che ebbe luogo
il 13 maggio, fu un autentico plebiscito: l’elezione avvenne al primo scrutinio,
con 707 preferenze sui 990 votanti185 delle Camere in seduta plenaria; il
giuramento ebbe luogo il 18 maggio.
Iniziava così nel migliore dei modi l’incarico più prestigioso
dell’onorata carriera istituzionale di Ciampi, incarico nel quale si sarebbe
dedicato con determinazione e intensità alla rilettura del ruolo della
181 Ivi, pagg. 278-279 182 Ivi, pag. 281 183 Giannini M., La mediazione del premier per proteggere il governo, 12 maggio 1999, La Repubblica 184 Giannini M., L’investitura di Carlo Azeglio: «Spero di essere all’altezza», 13 maggio 1999, La Repubblica 185 Carlo Azeglio Ciampi, Risultati della votazione, 1° scrutinio, 13 Maggio 1999, Roma, estratto il 4 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/cia-elezione.htm
69
Presidenza della Repubblica negli affari interni e internazionali dell’Italia, con
la tutela dell’interesse nazionale e la rilettura in chiave patriottica del
Risorgimento al primo posto della sua fitta agenda presidenziale.
3.2 L’impostazione programmatica e la politica estera nel
settennato Ciampi
Per comprendere appieno l’interpretazione costituzionale che Ciampi
adoperò per determinare il raggio di azione della sua linea in politica estera,
occorre fare alcune doverose precisazioni. La prima significativa
interpretazione della Costituzione riguardo onori e oneri della Presidenza
della Repubblica per ciò che concerne gli Affari Esteri venne operata durante
il turbolento settennato di Giovanni Gronchi, che cercò di realizzare una
discussa politica di equidistanza dai due blocchi della Guerra Fredda: si stabilì
che il Presidente della Repubblica avrebbe avuto il diritto di essere messo al
corrente di ogni aspetto degli affari dello Stato, inclusi gli atti del Ministero
degli Affari Esteri, di cui avrebbe ricevuto ogni rapporto riservato; il quadro
normativo si completava con uno scambio di informazioni da parte del
Quirinale, oralmente e per iscritto186. Ciampi, consapevole della necessità di
muoversi nel massimo rispetto del dettato costituzionale e deciso a operare
una politica estera “ancillare” a quella degli Esecutivi che si sarebbero
succeduti nel suo settennato, decise di elaborare una “lettera di intenti”
concernete una chiarificazione del proprio ruolo e delle proprie
responsabilità, lettera che fu inoltrata a Giuliano Amato nel 2000 e
successivamente a Silvio Berlusconi nel 2001. La missiva (riportata per sommi
capi da Antonio Puri Purini), meritevole di una profusa menzione data la
peculiare rilevanza ai fini della trattazione successiva, affermava: «I principi
generali dell’ordinamento […] non limitano le responsabilità del Presidente
della Repubblica in materia di Affari esteri ai tre adempimenti indicati nel
citato articolo 87. […] Non vi è dubbio che, con particolare riferimento
186 Varsori A., Mazzei F. (a cura di), Giovanni Gronchi e la politica estera italiana (1955-1962). Atti del Convegno di studi (Pontedera, 13-14 novembre 2015), 2017, Pisa, Pacini editore, pag. 10 e ss.
70
all’evoluzione delle relazioni internazionali, la rappresentanza dell’unità
nazionale abbia uno specifico contenuto sostanziale. Vi è da considerare,
inoltre, che il settore della politica estera è quello dove maggiormente si
avverte un’essenziale esigenza di continuità, per assicurare la quale il
Presidente della Repubblica ha […] una responsabilità specifica. La politica
estera […] non è soggetta alle mutazioni che […] caratterizzano il succedersi
degli esecutivi. In mancanza di espressa previsione costituzionale, il
coinvolgimento del Presidente della Repubblica nella politica internazionale –
che postula un dovere di informazione costante nei suoi confronti, affinché
egli sia sempre in condizione di poter esprimere giudizi, esortazioni e
valutazioni prima che determinate decisioni vengano adottate in sede
governativa – non può avvenire che attraverso contatti tra il capo dello Stato
e il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Affari Esteri, […] in ragione
degli eventi che li rendano necessari o opportuni. Grazie ai frequenti incontri
con capi di Stato e personalità straniere, ho così potuto accogliere
testimonianze di altissimo livello sulle maggiori problematiche internazionali
a beneficio dell’azione di politica estera del Governo […]. Nell’ambito dei
miei poteri, ho avuto modo di suggerire linee di pensiero e iniziative
specifiche su diversi argomenti, assicurando una coesione interna come base
per far maturare e sostenere un dialogo esterno»187. Questo documento fu di
grande aiuto nell’azione del Presidente, poiché gli consentì di chiarire le sue
competenze e di esercitare con una base solida i frequenti richiami alla
responsabilità che, soprattutto durante i Governo Berlusconi II e III, Carlo
Azeglio Ciampi fu costretto a eseguire.
Significativo per la comprensione dell’operato del Presidente è
parimenti il contenuto del suo discorso di insediamento del 18 maggio, di
fronte alle Camere in seduta plenaria, contenente una summa di tutte le
considerazioni programmatiche del settennato. Il testo, imperniato sui valori
costituzionali e pieno di esortazioni verso i parlamentari al perseguimento dei
valori della pace e dell’integrazione dei popoli europei come vocazione e
187 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pagg. 35-36
71
interesse della Patria, così recita: «Oggi in quest’aula non sento soltanto la
voce della comunità italiana che vive ed opera nei confini della Repubblica.
Sento anche quella degli italiani che vivono la loro cittadinanza nel territorio
dell’Unione, rappresentata dal Parlamento europeo. E, non meno nitida e
forte, sento la voce della più larga comunità italiana diffusa nel mondo, in
fiduciosa attesa di più dirette vie di partecipazione politica e sempre pronta a
dare alla madre patria una ricchezza di cultura, di conoscenze, di
riconoscenza. Di questa pienezza di unità nazionale voi vi siete resi interpreti
con la votazione che mi ha eletto. E io mi adopererò per far perdurare questa
significativa convergenza costituzionale da voi creata. […] L’unità nazionale
che dovrò rappresentare e perseguire impone che si volga lo sguardo verso
quello che sarà il destino degli italiani nel secolo che sta per cominciare. […]
L’unità degli italiani è oggi specialmente necessaria per […] operare
concretamente per la pace, sempre e in ogni luogo. L’aggressione contro gli
innocenti, l’estirpazione dei popoli dalla loro terra natale hanno riportato in
Europa l’orrore dell’odio razziale. È contro questo odio che si è determinata
l’inevitabilità del ricorso alle armi. […] Urge che si facciano ancor più forti la
voce della politica e la tenacia del negoziato, affinché garanzia del rispetto dei
diritti umani e premesse certe di una pace vera siano subito e insieme
stabilite. La dura lezione del conflitto balcanico spinge ad ampliare, a rendere
più lungimirante la nostra concezione europea. Ogni focolaio bellico nel
nostro continente è ferita inferta alla stessa Unione europea e ai suoi valori.
La pace duratura può raggiungersi solo allargando i confini dell’Unione. Essa
si fonda sul principio dell’inclusione e non dell’esclusione. È questa l’idea-
forza, la “pax” europea tra uguali che dobbiamo offrire, con iniziative
immediate e concrete, ai popoli dell’Europa che sono fuori dell’Unione. La
sicurezza, l’avvenire della regione balcanica […] risiedono nel disegno di un
percorso di estensione, graduale nel tempo ma certo nella conclusione, della
cittadinanza europea ai popoli che nel continente hanno vissuto e vivono la
loro identità storica. Questo sforzo europeo per una pace che non sia solo un
armistizio deve vedere in prima linea noi italiani. […] La creazione della
moneta unica europea, grande evento politico e non solo economico, ci
impone di far sì che l’economia italiana risponda sempre più alle
72
caratteristiche del modello di sviluppo europeo che insieme con gli altri paesi
dell’Unione stiamo disegnando […]. Viva la Repubblica italiana! Viva
l’Unione Europea! Viva l’Italia!»188.
3.3 La fine del conflitto balcanico, il viaggio a Berlino,
l’idea di Europa
A fare da apripista alle iniziative concernenti la politica estera italiana,
in conformità con quanto enunciato nel suo discorso di insediamento, fu un
messaggio a reti unificate (il primo del settennato) che il Presidente
pronunciò il 10 giugno 1999, in occasione dell’annuncio della fine delle
ostilità fra NATO e Serbia e l’accordo per istituire una amministrazione
provvisoria in Kossovo (La “United Nations Interim Administration Mission in
Kosovo” o UNMIK) cui avrebbero preso parte anche le truppe italiane. Il
discorso, concentrato sul significato sociale e politico della pace nei Balcani e
ricco di richiami alla responsabilità italiana inclusa in quella collettiva europea,
recitava: «Le persecuzioni contro gli inermi sono finite. […] Non è stato
facile far forza a noi stessi e decidere il ricorso alle armi. Lo abbiamo fatto
perché consci che non vi era altra via per far cessare violenze ancor più
inaccettabili: quella orrenda violenza che va sotto il nome di “pulizia etnica”.
Al tempo stesso abbiamo operato per lenire le sofferenze degli oppressi e
perché la pace tornasse al più presto a trionfare. […] Il senso di liberazione
che in queste ore proviamo si unisce alla consapevolezza del compito enorme
che abbiamo di fronte: di presenza attiva, con le nostre Forze Armate, nel
martoriato territorio del Kosovo, perché l'accordo di pace venga realizzato
appieno. […] La ricostruzione deve essere non solo materiale, ma anche e
soprattutto della società civile, della vita democratica di tutti i popoli della
regione: anche del popolo serbo, che non abbiamo mai considerato nostro
nemico. La pace europea deve affermarsi durevolmente nei Balcani. È
188 Ciampi C. A., Messaggio al Parlamento del Presidente della Repubblica, 18 maggio 1999, Roma, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=9614
73
responsabilità comune dell’intera Unione Europea»189. Il giorno successivo fu
organizzata una visita lampo al contingente italiano d’istanza in Albania, a
sottolineare sia la vicinanza del Presidente alle truppe italiane, sia la
prospettiva di rinnovata proiezione nel territorio albanese (nel quale stava
fiorendo un dinamico – quanto abusivo – settore edilizio) dell’interesse
nazionale economico italiano; non mancò tuttavia occasione per pronunciare
un accorato discorso sul valore della tolleranza religiosa190.
La prima visita ufficiale che Ciampi ebbe modo di effettuare all’estero
fu quella del 14-15 luglio 1999 in Germania, nella Berlino piena di cantieri
pronti a renderla una prestigiosa capitale europea: nonostante la maggior
parte delle istituzioni statali operasse ancora a Bonn, infatti, da poco più di
due settimane il popolo tedesco aveva riportato formalmente nella sua storica
collocazione il suo centro di potere. La scelta fu significativa: l’alleanza
europeista italo-sveva (che Ciampi aveva sempre coltivato con grande cura191,
consapevole dell’importanza per l’interesse nazionale della solidità dell’asse
Roma-Bonn) era di fondamentale interesse per la costituenda Eurozona, e il
Presidente lo sottolineò diventando il primo capo di Stato a visitare
ufficialmente la nuova capitale tedesca; Ciampi era inoltre persuaso dall’idea
che l’Europa fosse necessariamente una entità a trazione tedesca, e che l’Italia
avrebbe dovuto agganciarsi a questa se avesse voluto un ruolo centrale nelle
istituzioni europee; in quella circostanza la delegazione italiana tese a
sottolineare come il Paese fosse pienamente al fianco della Germania nel
perseguire un rafforzamento dell’Unione, allo scopo di dimostrare al
contempo di essere per gli svevi un alleato solido e affidabile. Dal canto suo,
la Germania, nelle persone del Presidente federale Johannes Rau e Gerhard
Schröder, cercava un sostegno per la sua linea circa l’indipendenza della
neonata Banca Centrale Europea rispetto alle altre Istituzioni europee, linea
che trovò pieno appoggio nell’ex banchiere centrale, che era di simile avviso;
189 Ciampi C. A., Dichiarazione a reti unificate dopo l’annuncio della fine della guerra nei Balcani, 10 giugno 1999, Roma, estratto da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=9624 190 Ciampi C. A., Valona – Incontro con la stampa, 11 giugno 1999, Valona, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ElenchiCiampi.aspx?tipo=discorso 191 Supra, capp. I-II
74
si discusse anche del pacificando contesto balcanico, di crescita economica e
della necessità di creare una politica economica comune nell’Eurogruppo192.
L’esito della visita fu favorevole agli auspici italiani, ma fu anche utile a porre
le basi per un rimarchevole progetto di collaborazione italo-tedesca in chiave
europeista portato avanti dallo stesso Ciampi e da Rau, che l’anno successivo
sarebbe sfociato (grazie al lavoro di raccordo operato dal Consigliere
diplomatico della Presidenza della Repubblica Antonio Puri Purini e dal suo
omologo Henrik von Schmiegelow193) in un comunicato congiunto dei due
che auspicava la nascita di una nuova costituzione europea194, pronunciato a
margine di un incontro all’Università di Lipsia195 e frutto di mesi di lavoro; il
discorso, di natura programmatica, così recitava: «I due Presidenti hanno
deciso di concedere il patronato congiunto alla conferenza sulla possibile
struttura della costituzione europea che sarà organizzata su iniziativa
dell’Istituto di studi di politica internazionale in collaborazione con altri
istituti di ricerca europei nel mese di novembre a Milano. […] Il presidente
Ciampi e il Presidente federale Rau concordano che il dibattito sulla
Costituzione Europea non dovrà più essere condotto in una prospettiva di
“se” ma di “quando” e di “come”. Essi hanno espresso l’auspicio che la
discussione avvenga con un ampio coinvolgimento della società civile
europea. La conferenza […] si propone di offrire un foro di discussione sulle
tre componenti essenziali di una costituzione europea: la Carta dei Diritti
fondamentali, civili e sociali dei cittadini europei; l’elenco delle competenze
europee, con una chiara delimitazione rispetto alle competenze nazionali e
tenendo conto del principio di sussidiarietà; una nuova struttura delle
Istituzioni europee, che assicuri sia la legittimazione democratica che la
capacità d’azione operativa dell’Unione Europea allargata».
192 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pagg. 71-72 193 Ivi, pag. 75 194 Ciampi C. A., Rau J., Dichiarazione congiunta dei Presidenti Ciampi e Rau al termine del colloquio, 6 luglio 2000, Lipsia, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=12585 195 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 77
75
Queste iniziative testimoniano come l’intenzione principale che
muoveva l’azione europea di Ciampi fosse rendere il concetto di “pax
europea” (già presente nel suo discorso di insediamento196 e riaffermato in
una sua conferenza stampa nella visita ufficiale a Helsinki il 28-29
settembre197) un pilastro fondamentale dell’Europa del futuro: egli era mosso
dalla convinzione che l’Unione Europea avrebbe dovuto essere un punto di
ancoraggio per i Paesi limitrofi, con specifica attenzione per la situazione
atavicamente tumultuosa del Medio Oriente. In particolare, riguardo gli
interessi italiani ed europei nel settore, egli riteneva che l’affermazione
dell’Europa come mediatore principale del conflitto israelo-palestinese, con
l’obiettivo di favorire la nascita di un autonomo stato della Palestina, sarebbe
stata la certificazione dell’ascesa a “potenza politica” dell’Unione, con riflesso
prestigio per l’Italia; uno strumento significativo di aiuto e di affermazione
politica in questo senso (secondo quanto peraltro suggeritogli dal Re di
Giordania ʿAbd Allāh II198 durante la sua visita ufficiale a Roma199 del 13
luglio 1999) sarebbero stati gli aiuti economici che l’Europa avrebbe potuto
offrire nell’area per finanziare infrastrutture chiave. Secondo Ciampi, l’Italia,
soprattutto nel settore degli investimenti diretti e degli scambi commerciali,
avrebbe dovuto cogliere l’opportunità e operare in primo piano. Un’ulteriore
occasione di azione politica per il Presidente Ciampi fu offerta dai funerali del
Re del Marocco Ḥasan II, per le cui esequie (tenutesi il 25 luglio 1999)
presenziò in rappresentanza dell’Italia la massima carica dello Stato. In quella
circostanza si programmarono diversi incontri diplomatici che sarebbero
avvenuti nel prossimo futuro: la visita del Presidente della Repubblica
Algerina Democratica e Popolare ʿAbd al-ʿAzīz Bū Teflīqa a Roma, che si
concretizzò il 15 novembre200 e in cui si parlò di scambi commerciali e
questioni economiche, oltre che di accordi strategici e di terrorismo (all’epoca 196 Supra, pag. 70 197 Ciampi C. A., Helsinki: incontro con la stampa, 29 settembre 1999, Helsinki, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=9675 198 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 387 199 Visita di Sua Maestà Re Abdullah II di Giordania, 13 luglio 1999, Roma, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&key=11273 200 Ciampi C. A., Brindisi in onore del Presidente della Repubblica Algerina Democratica e Popolare Bouteflika, 15 novembre 1999, Roma, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=9719
76
non ancora ritenuto una minaccia globale); la visita di Stato in Belgio, su
invito del Re Alberto II, che si sarebbe realizzata solo nel 2002 e in cui il
Presidente ebbe modo di far sentire la presenza italiana all’estero nei
confronti dei concittadini rendendo omaggio alle vittime del tragico evento di
Marcinelle201, sottolineando inoltre come il disastro della miniera fosse il
primo esempio di risposta europea a una emergenza nazionale; ultimo, ma
non meno importante, l’incontro (a diversi anni di distanza dal primo) con il
Presidente Clinton, che lo introdusse al Primo Ministro dello Stato di Israele
Shimon Peres, oltre che a diversi capi di Stato arabi. La questione della pace
israelo-palestinese sembrava in quella fase storica essere vicina a una
risoluzione pacifica, e il Presidente Ciampi, unitamente al Governo, riteneva
che l’Europa e l’Italia avrebbero dovuto fare la loro parte per ottenere rilevo
e prestigio nella comunità internazionale. La visita italiana del Presidente
dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yāsser ʿArafāt, avvenuta il 4 settembre
1999, fu accolta dalle Istituzioni come un’occasione per riaffermare questa
convinzione; il leader palestinese chiese a Ciampi l’amicizia dell’Italia e
dell’Europa, invocando un intervento congiunto nello scenario mediorientale;
in particolare, riferendosi agli italiani, affermò: «Dovete essere presenti ai
negoziati, direttamente. Voi siete la nostra seconda patria»202; il Presidente
rispose congratulandosi con questi e gli israeliani per gli sforzi profusi per la
pacificazione dell’area203.
3.4 La questione israelo-palestinese e la commemorazione
di Cefalonia 201 Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato nel Regno del Belgio, in occasione dell’incontro con i rappresentanti della comunità italiana e le vedove e gli orfani delle vittime di Marcinelle, 17 ottobre 2002, Martinelle – Bois du Caziere, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=20564 202 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 387 203 Ciampi C. A., Dichiarazione al termine dell’incontro con il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Yāsser ʿArafāt, 4 settembre 1999, Castelporziano, estratto il 5 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=9659
77
Maturata durante la visita in Marocco, l’idea di estendere i contatti
italiani in Medio Oriente venne sviluppata a partire da Israele, a testimonianza
della volontà del Quirinale di dare forza al dialogo più che alle armi. Inoltre, il
Presidente operò nei primi anni del settennato un più convinto e deciso
sostegno allo Stato israeliano, nella convinzione che fosse necessario fornire a
quell’alleato strategico un sostegno forte e alternativo a quello statunitense,
soprattutto sul comparto economico; a suo modo di vedere, il processo di
pace avrebbe infatti favorito la componente europea più vicina a quell’area, e
cioè i Paesi mediterranei, nello sviluppo economico e nell’affermazione come
partner geopolitici preferenziali dei vari Paesi del Vicino Oriente. La prima
occasione di attuare questo articolato e poliforme progetto si presentò
durante la visita di Stato in Israele e nei territori dell’Autonomia Palestinese,
svoltasi fra l’11 e il 13 ottobre 1999; Ciampi è stato il primo Presidente della
Repubblica a intraprendere questa scelta, per l’epoca di grande impatto
politico e mediatico, e tenne a richiedere personalmente la possibilità (poi
accordatagli) di avere un incontro anche con le autorità di Ramallah. Il
Presidente, accolto dalle massime autorità israeliane, fu anche il primo italiano
ad avere il privilegio di parlare davanti alla Knesset, il Parlamento israeliano:
nella circostanza sottolineò nuovamente l’interesse italiano di poter divenire
un ponte fra Medio Oriente ed Europa («Israele e Italia devono ravvivare il
cordone ombelicale fra Mediterraneo ed Europa, fra Mediterraneo e
Comunità Atlantica»204). Nonostante gli auspici del Presidente Ciampi, i
colloqui di pace si sarebbero rilevati infruttuosi, così come gli incontri su tale
questione con i leader israeliani che si sarebbero succeduti durante il resto del
suo settennato. D’altronde, la residua parte della visita di Stato – in
particolare il passaggio fra Israele e i territori autonomi della Palestina – aveva
fornito già indicazioni significative in questo senso, data la forte sorveglianza
militare che si verificava al check-point fra le due aree. Il colloquio con Arafāt
confermò le sinistre impressioni: «Non concederanno mai la proclamazione
dello Stato di Palestina, abbiamo bisogno di aiuto da voi, serve una forza di
204 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 220
78
interposizione europea»205. La delegazione italiana se ne andò con la
sensazione che fosse difficile trovare una soluzione in tempi brevi alla
questione, con i soli Ciampi e Gifuni a riporre speranze residue nell’ipotesi di
mediazione di matrice italiana, in considerazione del rispetto di cui la Nazione
godeva da parte di entrambe le compagini206.
Altre tre circostanze significative in cui si discusse della questione
israelo-palestinese furono la visita ufficiale in Egitto, la visita ufficiale in
Russia e la visita ufficiale in Giordania. La sortita egiziana, che si tenne fra il
15 e il 17 febbraio del 2000, fu occasione per Ciampi di incontrarsi con il
Presidente Mubārak, che ammonì la delegazione italiana sul fatto che la pace
in Medio Oriente fosse molto lontana dal verificarsi («Si sta tornando a
diffondere tra la popolazione un clima di odio, è svanita ogni fiducia verso
Israele»207). Il confronto fu occasione per constatare l’opinione che gli attori
africano-mediorientali avevano nei confronti dell’Europa unita: alle parole del
Presidente, che insisteva sulla presenza europea come necessaria per la
pacificazione dell’area, Mubārak ribatté: «Lei parla di Europa, però io vedo i
francesi che vengono da me e dicono […] mettetevi d’accordo con noi e non
con i tedeschi. Poi vengono i tedeschi e mi dicono […] mettetevi d’accordo
con noi e non con i francesi. Siete sicuri che l’Europa esista, come soggetto
politico?»208; Ciampi a sua volta rispose: «L’Europa diventerà per forza un
soggetto politico, è la logica della storia. Abbiamo fatto l’euro, quando la
moneta circolerà uguale nelle tasche di tutti gli europei ci sarà una spinta
fortissima a realizzare politiche integrate. […] Io ragiono da europeo, perché
penso che questo sia anche nell’interesse del mio Paese». La visita in Russia,
fra 26 e 29 novembre209, diede invece modo all’inquilino del Colle di discutere
con il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin sull’opportunità di
spedire un contingente delle Nazioni Unite per stabilizzare l’area della Striscia
di Gaza, ipotesi osteggiata dalla compagine israeliana. La missione in
205 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 393 206 Ivi, pag. 395 207 Ivi, pag. 397 208 Ivi, pag. 388 209 Visita di Stato nella Federazione Russa, 26-29 novembre 2000, Mosca, estratto il 6 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&key=13644
79
Giordania, che ebbe luogo fra 14 e 16 febbraio 2001210, doveva fungere da
segnale di presenza europea in quell’area, quantomeno nelle idee di Ciampi; il
Re ʿAbd Allāh II esternò al Presidente tutte le sue preoccupazioni relative al
neoeletto Primo Ministro israeliano Ariel Sharon, sostenendo la necessità di:
«pensare a una forza di osservatori che garantisca la separazione fra i due
popoli»211. Nonostante le premure del Presidente di dare forza e rilievo
all’Europa nel teatro mediorientale, tuttavia, pareva che il Vecchio Continente
fosse talmente provato dallo sforzo collettivo della moneta unica che non
avesse sufficienti forze per reagire; analogamente, entro confine, lo
stravolgimento politico che sarebbe occorso in Italia in seguito alle elezioni
del 13 maggio 2001 avrebbe dato a Ciampi ben altre problematiche a cui
pensare, e la questione palestinese dovette essere messa in secondo piano per
diverso tempo.
Un viaggio di significativa importanza per comprendere l’azione di
Ciampi nel suo settennato fu quello del primo marzo 2001 a Cefalonia,
rappresentante un connubio fra l’idea di presenza all’estero della Nazione e
l’idea di ricostruire un’identità nazionale perduta attraverso la memoria storica
e il patriottismo, passando nei luoghi dove la presenza italiana aveva lasciato
tracce tanto importanti quanto dolorose. Il viaggio, annunciato
contestualmente al ripristino della Festa della Repubblica durante il discorso
di fine anno del 2000212, fu occasione per commemorare l’eccidio di matrice
nazista di Punta Telegrafo, dove in seguito all’armistizio di Cassibile persero
la vita la maggior parte dei soldati italiani d’istanza nell’isola, non volendo
questi arrendersi ai nazisti. In quel luogo, simbolo della Resistenza al
fascismo, egli ebbe modo di pronunciare un accorato discorso, alla presenza
dell’omologo greco Kostas Simitis, all’interno del quale toccò sia la tematica
dell’Europa unita («Rappresentiamo due popoli uniti nella grande impresa di
costruire un’Europa di pace, una nuova patria comune di nazioni sorelle, che
210 Visita di Stato in Giordania, 14-16 febbraio 2001, Amman, estratto il 6 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&key=14215 211 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 399 212 Ciampi C. A., Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi agli italiani, 31 dicembre 2000, Roma, estratto il 6 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/continuaciampi.aspx?tipo=discorso&key=13827
80
si sono lasciate alle spalle secoli di barbari conflitti»213) sia quella del
patriottismo, rivolgendosi ai reduci della Divisione Acqui come fossero dei
compagni d’armi. La rilevanza mediatica che tale visita istituzionale ebbe nel
panorama nazionale fu il sintomo dell’efficacia dell’azione del Presidente
Ciampi e del suo nutrito staff: era ormai in stato avanzato di consolidamento
l’idea di una identità nazionale, da indirizzare verso l’interno per cementare la
coesione nazionale (altro esempio in questo senso furono le iniziative portate
avanti negli anni per la rivalutazione del Tricolore, di cui egli stesso ridefinì i
colori principali, e la diffusione dell’Inno di Mameli e Novaro, soprattutto
nelle rappresentative sportive nazionali dove prima quasi nessun atleta
conosceva il testo) per proiettare poi questa identià oltre confine. Un’altra
visita dal grande significato politico-patriottico fu quella alla città di Fiume
(oggi Rijeka), durante la missione in Croazia del 9-10 ottobre 2001; pur priva
di significativi risvolti internazionali, sottolineò l’interesse del Presidente
(primo nella storia a effettuare tale visita) alla conservazione della memoria
storica nazionale e la sua vicinanza nei confronti dei tanti italiani esuli che nel
passato erano stati costretti a fuggire a causa degli orrori della guerra («Vi
sento italiani nel midollo delle ossa»214, disse loro), orrori che un futuro e
auspicato ingresso della nazione balcanica nell’Europa allargata – unitamente
a un rafforzamento delle tutele riservate alle minoranze linguistiche nel Paese
– avrebbe aiutato a suo giudizio a superare con più slancio e vigore.
3.5 L’identità nazionale come strumento di politica estera:
le missioni in Brasile, Argentina e Uruguay
Nonostante la presenza di foltissime comunità italiane desse
l’impressione di poter essere potenzialmente un terreno fertile per la
proiezione oltreoceano dell’interesse nazionale italiano, il Sud America non
213 Ciampi C. A., Discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla commemorazione dei Caduti italiani della Divisione “Acqui” a Cefalonia, 1 marzo 2001, Cefalonia, estratto il 6 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=14351 214 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 257
81
era mai stato approcciato con la dovuta attenzione dalla diplomazia italiana,
specie dagli anni Novanta in poi. La Spagna, che condivideva con i Paesi
latino-americani la lingua e parte delle radici culturali, era molto attiva nella
regione, diversamente dall’Italia che nel corso del tempo non aveva
valorizzato le opportunità che quella zona del mondo offriva: il Presidente
Ciampi, consapevole della necessità di estendere il novero degli interessi
politico-economici italiani, tentò – nella limitata portata dei suoi poteri in
politica estera – di creare una testa di ponte italiana nel Sud America, nella
speranza (disattesa, invero) che i Governi nazionali sfruttassero tale volano
per inserirsi in quell’area strategica. Il progetto, che venne preparato sin dalle
fasi iniziali del settennato dal Consigliere diplomatico Puri Purini215, trovò la
sua realizzazione nel biennio 2000-2001, con tre visite di Stato in Brasile,
Argentina e Uruguay; facendo leva sulla rilanciata identità nazionale,
l’obiettivo era quello di costruire delle opportunità che non fossero
meramente istituzionali, ma vere e proprie occasioni per proiettare in quei
Paesi gli interessi economici e politici (oltre che culturali) dell’Italia,
organizzando dei lunghi soggiorni in modo da poter effettuare un’azione
quanto più incisiva possibile: a tal guisa furono organizzati degli eventi che,
secondo le parole di Puri Purini, «permettessero discorsi impegnativi,
marcando la nostra decisa volontà di presenza. I temi da affrontare
riguardavano il recupero della solidarietà, il rilancio economico e culturale, il
coinvolgimento europeo»216.
La prima visita fu quella organizzata tra 9 e 14 maggio 2000217 nella
Repubblica Federativa del Brasile e, conformemente ai propositi iniziali, fu
una delle più lunghe e articolate del settennato. I brasiliani con origini italiane
erano nell’ordine di 30 milioni, tuttavia avevano conservato della madrepatria
poco più che un ricordo nostalgico: l’obiettivo di Ciampi era quello di
rinsaldare questo legame che con gli anni si era sempre più fiaccato, cercando
di mettere una base per instaurare un rapporto più proficuo con quell’enorme 215 Ivi, pag. 239 216 Ivi, pag. 240 217 Visita di Stato nella Repubblica Federativa del Brasile, 9-14 maggio 2000, Brasilia, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&key=11288
82
numero di italiani; fra i discorsi tenuti in questa visita, fu significativo
l’intervento al Parlamento brasiliano, in cui sottolineò con varie metafore e
riferimenti storici la vicinanza culturale del Brasile con il Vecchio Continente,
oltre alla presenza di comuni interessi economici da parte dei due Paesi :«È
utile richiamare alcuni dei fattori che spingono Italia e Brasile a un’autentica
partnership: la riscoperta brasiliana delle radici italiane e la valorizzazione
italiana della grande comunità di connazionali in Brasile; una solida
comunanza di valori democratici, civili e sociali; l’identità di vedute sui
principi della legalità internazionale; l’interesse a collaborare su temi
fondamentali: dalla lotta alla povertà, alla criminalità organizzata, ai traffici di
droga e di armi, alla tutela dell’ambiente; l’accelerazione del dialogo fra
Europa e America Latina nel quadro della sfida della globalizzazione
nell’economia mondiale; le nuove tecnologie, dalle telecomunicazioni
all’informatica, dall’aeronautica allo spazio, che dischiudono nuovi filoni di
lavoro congiunto, in Brasile e in Italia»218; a questo discorso seguì una lunga
serie di incontri con i rappresentanti delle comunità italiane in Brasile.
Parte conclusiva del progetto del rilancio degli interessi nazionali in
Sud America fu la visita di Stato nella Repubblica Orientale d’Uruguay e nella
Repubblica Argentina fra 11 e 17 marzo 2001; la problematica che risultò
evidente a Ciampi e al suo staff fu la povera condizione economica dei
residenti, testimoniata anche dalla fatiscenza delle infrastrutture di prima
necessità che il Presidente si trovò a visitare nel suo giro fra i gruppi di italiani
nei due Paesi, specie in Uruguay. Non mancò occasione, nella visita alla “Casa
degli Italiani” di Montevideo, di tenere un accorato discorso sulle radici
comuni, sul patriottismo risorgimentale e sull’importanza dell’istaurazione di
un legame di tipo politico-economico con l’Europa: «Il rapporto fra Italia e
Uruguay non può esaurirsi in una dimensione bilaterale: anche voi avete
bisogno, per crescere, dell’impulso creativo di una grande comunità euro-
americana in grado di rafforzare i rapporti fra Europa ed America Latina
intorno ai valori della dignità, della libertà, dell’uguaglianza, della solidarietà,
218 Ciampi C. A., Brasilia: allocuzione del Presidente Ciampi al Congresso, 12 maggio 2000, Brasilia, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=9794
83
della cittadinanza, della giustizia. L’Italia, membro autorevole dell’Unione
Europea, […] protagonista dell’economia mondiale, […] contribuirà a questo
storico processo. Dall’incontro con Voi nasce spontaneo il ricordo di quanto
l’intreccio fra la Storia dell’America del Sud, dell’Europa e dell’Italia sia stato
intenso e fecondo. 140 anni fa si compiva, […] l’atto di nascita dell’Italia
unita e indipendente. Uno dei suoi Padri, Giuseppe Garibaldi, contribuì a
scrivere una pagina importante della Storia di questo Paese, portandovi
l’anelito e la fede per la libertà, i valori del Risorgimento italiano»219.
Nella sua visita in Argentina, diversamente da quanto accadde in
Brasile, fu evidente il forte sentimento di amore per la Patria dei cittadini
argentini di origine italiana, testimoniato dal calore con il quale il Presidente
venne accolto in tutte le circostanze in cui ebbe modo di pronunciare discorsi
pubblici. Anche in questo frangente le tematiche principali dei suoi interventi
verterono sul sentimento nazionale e sull’importanza dell’istaurazione di un
legame più saldo fra i due Paesi. Nel discorso davanti al Congresso riunito in
seduta plenaria, Ciampi fece leva sulla necessità di un accordo economico più
proficuo, da perseguire dagli organi competenti: «Sono convinto che per i
nostri due Paesi sia giunto il momento di fare una scelta coraggiosa e
lungimirante: impegnarci a costruire un’alleanza di governi e di popoli. Non è
un traguardo scontato, è una sfida; una sfida che dà corpo alla fiducia e alle
aspettative delle nostre nazioni e delle future generazioni italiane e argentine.
Mi sprona il lavoro fatto in questi ultimi anni. Abbiamo definito una fitta rete
di accordi per una cooperazione intensificata, in tutti i campi e a tutto campo.
[…] La “relazione speciale” è oggi legge dei nostri due Paesi. Ma non
dobbiamo confondere le norme con i seguiti operativi. Il cammino verso
un’effettiva e proficua partnership inizia adesso. […] Spetterà ai Governi farsi
carico degli adempimenti previsti dagli accordi, in particolare la sollecita
riunione della Commissione Mista prevista dal Protocollo esecutivo del
Trattato di amicizia e collaborazione e il secondo Foro di dialogo italo-
219 Ciampi C. A., Discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato nella Repubblica Orientale d’Uruguay, in occasione dell’incontro con la collettività italiana, 11 marzo 2011, Montevideo, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=14489
84
argentino. Non dobbiamo tradire le aspettative degli operatori economici, dei
milioni di italo-argentini, fra i quali 600 mila doppi cittadini, e delle società
civili dall’una e dall’altra parte»220. Nell’intervento presso la collettività italiana
di Rosario, di contro, egli fece maggiormente leva sull’importanza della
identità nazionale e sull’italianità intrinseca dei cittadini argentini: «Voi siete
l’approdo di un viaggio, cui tenevo particolarmente: iniziato lo scorso anno in
Brasile, proseguito in Uruguay e Argentina visitando città, San Paolo,
Montevideo, Buenos Aires e oggi Rosario, che hanno congiunto i destini
dell'Italia e dell’America Latina. In questo luogo sacro alla Nazione argentina,
dove il Generale Manuel Belgrano, figlio di esuli italiani, […] istituì la
bandiera dello Stato, […] rendo omaggio all’intreccio di valori che sin dagli
albori dell’Indipendenza argentina e del Risorgimento italiano, hanno unito
Argentina ed Italia in una generosa fraternità. […] La memoria del passato e
dei valori condivisi è la base per rendere salda la nostra comunità del futuro.
[…] Voi siete uniti in un saldo rapporto con la madrepatria che guarda a voi
con fiducia e con rinnovata consapevolezza della propria responsabilità»221; di
simile tenore, con maggior enfasi sulla necessità di una comunione di intenti
in ambito economico, era stato il discorso tenuto durante l’incontro con la
collettività italiana di Buenos Aires: «Consentitemi di ripetere con Voi, per
essere sicuri di essere sulla stessa lunghezza d’onda, alcuni obiettivi essenziali:
rinsaldare, nella lealtà alla Vostra nuova patria, gli essenziali legami tra Italiani;
raccordare con la società argentina il patrimonio storico, economico e
culturale di cui siete portatori; consolidare un’indispensabile collaborazione
economica; operare per la salvaguardia della identità culturale, proteggere le
fasce deboli della nostra collettività»222.
220 Ciampi C. A., Discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato nella Repubblica Argentina, al Congresso riunito in seduta plenaria, 15 marzo 2001, Buenos Aires, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=14496 221 Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato nella Repubblica Argentina, in occasione dell’incontro con la collettività italiana di Rosario, 16 marzo 2001, Rosario, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=14502 222 Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato nella Repubblica Argentina, in occasione dell’incontro con la collettività italiana, 14 marzo 2001, Buenos Aires, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=14478
85
Nonostante l’intensità degli interventi e dei colloqui reciprocamente
soddisfacenti con le massime autorità nazionali dei tre Paesi, il viaggio di
Ciampi in Sud America non ebbe i risultati sperati, forse anche a causa del
deciso cambio di rotta che il Governo Berlusconi II, formatosi in ragione del
risultato elettorale del 13 maggio 2001, aveva deciso di operare in direzione
anglo-americana: del resto, sebbene il Governo Amato II avesse pienamente
recepito l’importanza delle opportunità create in quelle visite («Ciampi scrisse
al Presidente del Consiglio, segnalando le insoddisfazioni raccolte, indicando
le potenziali prospettive a favore della diffusione della cultura e della lingua
italiana, se solo ci fosse stato un impegno maggiore»223), secondo la
testimonianza di Puri Purini «il governo di centrodestra non aveva nessun
interesse verso l’America Latina, che scomparve dal radar dell’Italia durante il
resto del settennato»224.
3.6 Lo scontro con il Governo Berlusconi: il G8 di Genova
e gli interventi militari in Afghanistan e Iraq
La fase più turbolenta del settennato di Carlo Azeglio Ciampi fu
indubbiamente quella che lo vide contrapposto a Silvio Berlusconi: durante i
due Esecutivi del Cavaliere (Berlusconi II e Berlusconi III) le incomprensioni
sulla strategia di politica estera, le continue dichiarazioni al vetriolo da parte
dei politici di centrodestra e i contrasti con Berlusconi stesso e molti dei suoi
ministri resero la XIV Legislatura (30 maggio 2001 - 27 aprile 2006) ricca di
inediti contrasti fra Presidenza del Consiglio e Presidenza della Repubblica. In
questa sede, si ritiene opportuno tralasciare la pur ricca disamina degli eventi
relativi alla politica interna, preferendo operare un approfondimento specifico
sulle questioni di politica internazionale.
In questo ambito, la prima occasione di confronto fu relativa
all’organizzazione e alla gestione del G8 a presidenza italiana, che si sarebbe
223 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 243-244 224 Ibidem
86
tenuto a Genova fra il 20 e il 22 luglio 2001. Il contesto di preparazione di
quel vertice, pur essendo per Berlusconi non un inedito (era già “entrato in
corsa” nelle fasi preparatorie del G7 di Napoli organizzato da Ciampi quando
era Presidente del Consiglio225), vedeva un contesto mutato rispetto al
passato, un contesto fatto di contestazioni e di movimenti aggressivamente
antagonisti rispetto alla globalizzazione. Le misure di sicurezza prese,
ancorché imponenti (area del Vertice totalmente isolata, intere colonne di
reparti delle Forze dell’Ordine schierate in tutta la città), si sarebbero rivelate
insufficienti a gestire l’afflusso imprevisto dei contestatori armati (i “Black-
block”) arrivati anche da oltre confine a causa degli scarsi controlli alla dogana.
In occasione del Vertice, Ciampi partecipò fornendo un contributo operativo
tramite una colazione serale il 20 luglio con numerose personalità
internazionali, allo scopo di favorire il varo di un fondo speciale per l’AIDS e
le malattie epidemiche; inoltre, l’idea del Presidente era quella di promuovere
una sorta di “Piano Marshall europeo” nei confronti dell’Africa, da attuare
d’intesa con il Presidente del Sud Africa Thabo Mbeki226; i tragici eventi del
pomeriggio di quella giornata, che videro la morte del manifestante Carlo
Giuliani (ucciso da un colpo partito dalla pistola dell’agente dei Carabinieri
Mario Placanica, mentre brandiva un estintore nell’intenzione di colpire a
volto coperto un mezzo non blindato dei Carabinieri), resero l’organizzazione
di quell’incontro dai temi significativi sfortunatamente marginale. Per dare un
segnale di fermezza, nella circostanza, Ciampi decise di organizzare un
comunicato televisivo alla presenza del Presidente del Consiglio, comunicato
che venne diramato la sera stessa dei tragici eventi, nonostante non fossero
ancora chiare le dinamiche relative all’uccisione di Giuliani; la partecipazione
di Berlusconi fu, secondo il giudizio del Presidente della Repubblica, un
modo per costringere il Governo ad assumersi la responsabilità dell’accaduto
agli occhi dell’opinione pubblica italiana e internazionale, considerando che
l’irresponsabilità costituzionale del Presidente della Repubblica avrebbe
potuto rendere tale comunicazione inefficace senza la contemporanea
presenza dell’Esecutivo, di contro pienamente responsabile. Di riflesso,
225 Supra, pagg. 37-38 226 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 404
87
quello che risultò fu un sostegno implicito nei confronti del Governo da
parte della più alta carica dello Stato, ma tale rischio (calcolato) fu ritenuto da
Ciampi funzionale al tutelare l’immagine dell’Italia nel grave contesto che si
era venuto a creare durante un vertice avente echi in tutto il mondo.
L’intervento del Presidente alla colazione serale – cui parteciparono anche i
rappresentanti delle potenze del “Political Eight” – fu imperniato soprattutto
sulla necessità di un’azione congiunta nel continente africano, al fine di
favorire uno sviluppo dell’economia e della tutela dei diritti umani nell’area:
«È compito del Vertice darsi carico della correzione delle più gravi distorsioni
create dalla globalizzazione per riuscire a governarla; occorre poi assicurare
che alle decisioni politiche seguano progetti, realizzazioni, verifiche dei
risultati. Ho incontrato pochi giorni fa alcune eminenti personalità, guidate
dall’Alto Commissario per i Diritti Umani Signora Mary Robinson, testimoni
attivi dei problemi della povertà. È in loro forte l’aspettativa che da Genova
emergano decisioni concrete ai fini dell’alleggerimento del debito, di un più
libero accesso ai mercati dei Paesi avanzati, dell’orientamento degli
investimenti verso i Paesi meno sviluppati, della salvaguardia
dell’ambiente»227.
Pochi mesi dopo si verificò uno degli eventi più significativi della
storia recente delle Relazioni Internazionali: due aerei di linea, dirottati da un
manipolo di terroristi islamici, si schiantarono contro le torri gemelle del
World Trade Center di New York, in un attacco terroristico di matrice
fondamentalista senza precedenti. Ciampi e il suo staff, intuendo la gravità
della situazione e convinti che la reazione americana sarebbe stata tanto
perentoria quanto immediata, decisero di supportare l’alleato strategico con
ogni mezzo possibile; egli disse all’incaricato di affari americani William Pope:
«L’Italia non avrà alcuna indulgenza nei confronti di questa nuova, terribile
minaccia. […] Siamo al vostro fianco»228. Nel successivo giro di visite e di
colloqui privati che Ciampi ebbe modo di tenere, in particolare con i capi di 227 Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione del pranzo in onore dei Capi di Stato dei Paesi del G8, e dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi ospiti e dei Vertici delle Organizzazioni Internazionali, 20 luglio 2001, Genova, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=15497 228 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pagg. 412-413
88
Stato di Egitto e Tunisia e con il capo dell’ALP Arafāt, apparve evidente
come nella società islamica il risentimento verso l’Occidente si stesse sempre
più facendo strada fra le popolazioni locali, testimoniato anche dall’enorme
aumento dei nuovi nati chiamati “Osama”229; le ostilità iniziarono nella
cornice NATO, quando il 17 ottobre 2001 fu avviata un’azione militare nei
confronti dell’Afghanistan controllato dai talebani: le azioni militari erano
costruite allo scopo di eradicare i campi di addestramento terroristici
dell’organizzazione fondamentalista islamica Al Qaeda, capeggiata da Osama
Bin Laden, che si era attribuita la paternità degli attacchi dell’11 settembre.
L’Italia partecipò fin da subito alle operazioni, che essendo incluse in una
cornice di carattere internazionale furono pienamente supportate dalla
Presidenza della Repubblica.
Tuttavia, Ciampi dovette riscontrare la presenza di un fenomeno
inedito nei rapporti istituzionali e internazionali: l’azione di Berlusconi, teso a
ricercare prestigio internazionale, fu quella di privilegiare i rapporti personali
con i leader delle superpotenze mondiali (Putin e Bush in testa),
concedendogli un’attenzione particolare anche durante le loro visite ufficiali
in Italia, rispetto all’ordinario dialogo all’interno delle classiche regole della
diplomazia internazionale; ciò portò al raffreddamento dei rapporti fra
Ciampi e i due leader, che pure negli anni precedenti erano stati profittevoli e
cordiali230, oltre a uno snaturamento dei rapporti internazionali fra l’Italia e
questi due Paesi. Secondo quanto dichiarato a Ciampi allo storico Umberto
Gentiloni Silveri, «in Parlamento non ci furono ricadute particolari, ma
l’azione del Governo, in primis del Presidente del Consiglio, mirava a costruire
una linea diretta con la Casa Bianca senza tener conto di analisi e strategie di
intervento promosse dalla Farnesina. […] Vengo estromesso da tutto, non ho
neanche le informazioni basilari, resto ai margini di una trasformazione che
diventerà importante, forse decisiva per la nostra comunità nazionale. […] Si
trattava di una rottura vera e sul momento non me ne resi conto. Non si può
impostare una politica estera su base personale senza neppure comunicarla a
229 Ivi, pag. 416 230 Supra, pag. 75
89
chi ha le prerogative istituzionali per condurla e implementarla. […] Le
istituzioni non contano, la Costituzione diventa da stella polare un intralcio
che rallenta il corso delle cose»231. I riverberi di questo personalismo
imperante nella politica estera nazionale dei governi Berlusconi ebbero un
riflesso importante anche all’interno dell’Esecutivo stesso, con il Ministro
degli Affari Esteri Renato Ruggiero (ex Direttore Generale della World Trade
Organization) che si dimise il 5 gennaio 2002 proprio a causa del suo
esautoramento, oltre che per ulteriori contrasti dovuti all’atteggiamento
spregiudicato di Berlusconi nelle sue dichiarazioni nei vari vertici
internazionale cui prendeva parte (in particolare è bene riportare la celebre,
quanto grave, «Ruggiero è un ministro tecnico, il responsabile della politica
estera sono io»232). Significativa in questo senso, a riprova del mutamento
dell’approccio in politica estera del Governo, è un’annotazione che Ciampi
(ben consapevole da molto prima delle dimissioni formali dei rapporti tesi tra
Ruggiero e Berlusconi) scrive nel suo diario, alla data 16 dicembre 2001:
«Berlusconi replica che quel ministero ha bisogno di un mutamento di
mentalità»233. Il ministero sarebbe passato ad interim nelle mani di Berlusconi
dal 6 gennaio al 14 novembre 2002: a succedere a Ruggiero sarebbe stato
Franco Frattini.
Un ulteriore scontro fra la linea del Quirinale e quella di Palazzo Chigi
si presentò quando il conflitto si allargò anche all’Iraq. La questione di un
attacco nei confronti dello Stato retto dal regime baathista di Ṣaddām Ḥusayn
si iniziò a porre già il 30 gennaio 2002 nel famoso discorso del Presidente
Bush sullo Stato dell’Unione, nel quale il POTUS affermò di fronte al
Congresso l’esistenza di un “Asse del male” («axis of evil»234) di Paesi
fiancheggiatori del terrorismo costituito da Iran, Iraq e Corea del Nord. Per
cercare di comprendere quale fosse la migliore strategia possibile da
231 Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli, pagg. 160-163 232 (n. d.), Ruggiero getta la spugna “Divorzio consensuale”, 5 gennaio 2002, La Repubblica, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://www.repubblica.it/online/politica/euroscettici/chigi/chigi.html 233 Ciampi C. A., Diario, 16 dicembre 2001 234 (n. d.), Text of President Bush’s 2002 State of the Union Address, 29 gennaio 2002, The Washington Post, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://www.washingtonpost.com/wp-srv/onpolitics/transcripts/sou012902.htm
90
intraprendere in quell’inedito scenario, Ciampi decise di organizzare delle
visite di Stato nei Paesi arabi vicini all’Occidente, con particolare riguardo nei
confronti dell’Egitto e del Marocco: durante la visita a Rabat, oltre agli usuali
interventi su questioni strategiche quali l’immigrazione e i rapporti economici
bilaterali, il Presidente fece un appello alla pace al Re nella sua veste di
«discendente del Profeta e Presidente del comitato per la tutela dei luoghi
santi di Al Quds»235, auspicando al contempo la convocazione di una
conferenza di pace sulla questione con a capo l’Europa unita, gli Stati Uniti, la
Russia e le Nazioni Unite, ipotesi che trovò in seguito pieno supporto nel
presidente egiziano Mubārak, che in occasione della visita di Ciampi al
sacrario militare di El Alamein del 20 ottobre 2002 espose al Presidente della
Repubblica la sua idea di costituire due conferenze internazionali – una sul
Medio Oriente, l’altra sul terrorismo internazionale – da attuare
nell’immediato. L’idea del Presidente Ciampi, inoltre, era quella di cercare di
affrontare la questione irachena operando attraverso un coordinamento delle
posizioni degli Stati europei nella cornice delle Nazioni Unite, e in tale ottica
diede istruzioni al rappresentante italiano permanente presso l’ONU Sergio
Vento236.
Dal canto loro, gli Stati Uniti, forti dell’appoggio del Regno Unito,
erano più che mai decisi a operare un intervento militare per rovesciare il
regime iracheno; a tale scopo, iniziarono ad attuare un’operazione massiccia
di persuasione nei confronti degli alleati europei, con particolare riguardo nei
confronti di Italia e Spagna (Germania e – in particolare – Francia si
rivelarono da subito ostili all’operazione in quanto organizzata al di fuori del
quadro ONU/NATO). Se gli iberici furono ben disposti a collaborare, in
Italia si registrò una significativa spaccatura fra Quirinale e Palazzo Chigi: se
da una parte Berlusconi, nei suoi numerosi viaggi internazionali (inclusi due
incontri con Bush), si era mostrato favorevole a un’alleanza a ogni costo con
gli Stati Uniti, già molto tempo prima dello scoppio ufficiale delle ostilità
Ciampi aveva sottolineato – privatamente e pubblicamente – l’indisponibilità
235 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 417 236 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 183
91
dell’Italia a partecipare a un’azione di carattere militare non autorizzata ex
capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite o in una cornice multilaterale
come la NATO, operando a tale scopo un’interpretazione letterale
dell’articolo XI della Costituzione. In particolare, nei mesi precedenti l’attacco
congiunto anglo-americano, l’ambasciatore statunitense in Italia Mel Sembler
tentò di esercitare indebite pressioni nei confronti del Colle: egli,
sottolineando la felicità degli Stati Uniti circa la registrata vicinanza fra Bush e
Berlusconi, comunicò ad Antonio Puri Purini la convinzione da parte
americana che non si dovesse dare ascolto ai sentimenti pacifisti e
antiamericani diffusi in determinati Paesi d’Europa, a suo dire contrastanti
con la generale approvazione dell’operazione da parte dell’opinione pubblica
internazionale. La distanza fra la posizione di Ciampi e le richieste americane
era netta: il Quirinale non era disposto a cedere né sul rispetto dell’articolo
XI, né sulla necessità di subordinare un intervento militare a un mandato del
Consiglio di Sicurezza, né su una eventuale presenza italiana, che sarebbe
stata in caso limitata alla fase di ricostruzione del Paese237. La risposta che fu
data a Sembler da Puri Purini rispecchiava queste tre convinzioni; inoltre,
sottolineava come l’Italia fosse attenta, nella sua veste di potenza
mediterranea, a tutelare le relazioni con i Paesi arabi moderati.
Frattanto, Stati Uniti e Regno Unito tessevano la loro tela di alleanze
usando qualsiasi mezzo, lecito o illecito che fosse: fu fatta pervenire a Puri
Purini una documentazione (rivelatasi in seguito del tutto falsa238) intitolata
“Iraq’s Weapons of Mass Destruction – The Assesment of the British
Government”239 , nella quale si asseriva al fatto che Ṣaddām Ḥusayn fosse in
possesso di svariate armi chimiche e batteriologiche, oltre a testate nucleari e
ICBM (Intercontinental Balistic Missiles); la natura del documento sortì in Ciampi
l’effetto opposto a quello sperato, portando la Presidenza della Repubblica a
un irrigidimento della sua posizione. L’8 novembre fu approvata la
237 Ibidem 238 Ibidem 239 Iraq’s Weapons of Mass Destruction – the Assessment of the British Government, estratto il 7 febbraio 2019 da: https://fas.org/nuke/guide/iraq/iraqdossier.pdf
92
risoluzione 1441/2002240 del Consiglio di Sicurezza, accettata dall’Iraq il 13
novembre, contenente un ammonimento perentorio nei confronti dello Stato
arabo circa il disarmo delle armi chimiche, che sarebbe dovuto avvenire sotto
il coordinamento degli Ispettori ONU; iniziò dunque la ricerca (ovviamente
infruttuosa) del presunto arsenale nascosto di Ṣaddām con la collaborazione
dello Stato iracheno. A questo punto l’asse Londra-Washington tentò di
ottenere che fosse messa ai voti una seconda risoluzione del Consiglio di
Sicurezza che li legittimasse ad attaccare, ma l’opposizione strenua di
Germania e Francia – che avrebbero preferito che gli ispettori portassero
avanti la loro indagine – non rese possibile la realizzazione di questo scenario;
le due potenze anglofone cercarono dunque di coinvolgere nell’operazione
militare della “Coalition of the Willing”241 i Paesi NATO, Italia in testa. I timori
del Presidente circa questa iniziativa, registrati da Puri Purini, erano che una
diversità di vedute con Francia e Germania avrebbe potuto causare delle
difficoltà all’Italia nell’imminente Semestre Europeo a presidenza italiana,
oltre che uno stravolgimento politico in senso fondamentalista del mondo
arabo moderato242. Iniziato il Semestre Europeo, la speranza che il conflitto
potesse essere evitato attraverso un’iniziativa collettiva europea fu per un
momento foraggiata da un comunicato congiunto del Consiglio Europeo del
27 gennaio 2002243; tuttavia, il 30 gennaio, balzò agli onori delle cronache una
lettera firmata da otto Paesi europei – Italia compresa – in cui si affermava la
necessità di intervenire militarmente per scongiurare l’uso di armi di
distruzione di massa per mano irachena244: la spaccatura nel Vecchio
Continente era ormai emersa. Anche in questo caso il Quirinale (così come la
Farnesina) fu tenuto all’oscuro dell’iniziativa, e si causò di fatto una frattura
(ulteriore) anche all’interno delle Istituzioni italiane.
240 Resolution 1441 (2002), 8 novembre 2002, New York, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://www.un.org/Depts/unmovic/documents/1441.pdf 241 Schifferes S., US names «Coalition of the Willing», 18 marzo 2003, BBC, estratto il 7 febbraio 2019 da: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/2862343.stm 242 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 185 243 Ivi, pag. 187 244 (n. d.), La guerra divide l’UE: appello di 8 Paesi pro-USA, 30 gennaio 2003, Corriere della Sera, estratto l’8 febbraio 2019 da: https://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/01_Gennaio/30/manifesto.shtml
93
La commissione di controllo delle Nazioni Unite non trovò alcuna
prova dell’esistenza delle famigerate armi di distruzione di massa, così gli Stati
Uniti decisero di fabbricare l’evidenza con un colpo di teatro: il 5 febbraio
2003 il Segretario di Stato Colin Powell, di fronte al Consiglio di Sicurezza,
affermò (sventolando una provetta contenente dell’antrace245) che gli Stati
Uniti erano entrati in possesso di prove schiaccianti che dimostravano
l’esistenza delle testate batteriologiche. La strada verso la guerra era ormai
spianata. Ciampi ebbe anche un colloquio privato con il Segretario Generale
dell’ONU Kofi Annan, il quale riferì all’inquilino del Colle con rassegnazione
che le speranze residue di una soluzione pacifica erano affidate alla
collaborazione fra gli ispettori e il regime iracheno246; la posizione del
Presidente rimase per tutto l’arco di svolgimento degli eventi quella
dell’intervento nella cornice delle Nazioni Unite, in linea con quella che
all’epoca era l’opinione prevalente della società civile italiana e internazionale,
oltre che fedele al rispetto dell’articolo XI in senso letterale (volontà ribadita
dallo stesso Ciampi durante il discorso di fine anno del 2002247). Americani e
inglesi proposero una risoluzione al Consiglio di Sicurezza relativa
all’autorizzazione all’uso della forza ex Capitolo VII della Carta delle Nazioni
Unite, ma il possibile veto congiunto russo-francese affossò tale risoluzione: a
quel punto l’azione militare fu svolta ugualmente, ma all’esterno della cornice
ONU, a partire dal 20 marzo 2003 da Stati Uniti, Regno Unito e i loro alleati,
ma l’Italia – soprattutto per merito dell’opposizione strenua di Ciampi – non
prese parte al conflitto armato. Lo stratagemma adottato dal Presidente della
Repubblica, disponendo questi di scarse informazioni circa il grado di
impegno promesso dalla Presidenza del Consiglio agli alleati statunitensi, fu
quella di convocare il 19 marzo il Consiglio supremo di Difesa, un organo di
rilevo costituzionale costituito per dirimere questioni di sicurezza nazionale e
internazionale; la decisione fu presa allo scopo di costringere il Governo ad
245 (n. d.), Colin Powell e l’antrace, 30 agosto 2013, Il Post, estratto l’8 febbraio 2019 da: https://www.ilpost.it/2013/08/30/colin-powell-fiala-antrace-onu-iraq/ 246 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 189 247 Ciampi C. A., Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi agli italiani, 31 dicembre 2002, Roma, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=16590
94
assumere qualsiasi decisione all’interno di uno specifico organismo presieduto
dal Presidente della Repubblica, colmando così la mancanza di informazioni
che aveva reso problematica la gestione della crisi irachena entro confine.
All’interno della riunione, per cercare di dirimere le controversie interne, egli
decise di proporre due distinti comunicati. Egli si rivolse a Berlusconi e
Gianni Letta (sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri) e diede al Presidente del Consiglio due opzioni, riportate fedelmente
da Puri Purini: «Da un lato, un testo sulle caratteristiche dell’impegno italiano,
che escludesse scelte in contrasto con il dettato costituzionale; dall’altro, un
comunicato di maniera, che sarebbe stato seguito da un messaggio al
Parlamento contenente le riserve del capo dello Stato sulla partecipazione
all’intervento militare, con la precisazione che l’entrata in guerra era contraria
all’articolo XI della Costituzione»248; Berlusconi, messo all’angolo e timoroso
delle conseguenze che un comunicato parlamentare avrebbe potuto generare,
accettò la posizione di Ciampi e scelse la prima opzione, dichiarando che il
contingente italiano sarebbe stato presente solo in seguito a una specifica
risoluzione delle Nazioni Unite.
Nonostante questo piccolo successo, si verificò un ulteriore episodio
che generò dissapori: il 26 marzo alcuni aerei americani decollarono dalla base
di Aviano verso l’Iraq, trasportando 3000 paracadutisti; Ciampi, che
nemmeno in questa circostanza era stato avvertito dall’Esecutivo, interpretò
quel gesto come «una violazione della sovranità di uno Stato con cui l’Italia
non era in guerra, sottolineando che il comunicato del Consiglio supremo
limitava l’uso delle basi solo alle esigenze di transito, rifornimento e
manutenzione»249. Riguardo i contrasti e i sotterfugi che il Governo
Berlusconi utilizzò in questa e altre occasioni per aggirare il fermo divieto
dell’uso della forza da parte di Ciampi, è bene riportare quanto affermato in
un articolo di La Repubblica dell’11 marzo 2011, in cui viene menzionato un
documento classificato dell’ambasciatore Sembler desegretato dalla ONG
Wikileaks: «Quando [Ciampi] ha visto in televisione che la partenza della
248 Ivi, pag. 191 249 Ivi, pag. 192
95
173sima brigata aviotrasportata da Vicenza per l’Iraq era descritta come
un’operazione offensiva […] il suo primo pensiero è stato che il Governo
aveva violato i patti. L’esecutivo a quel punto ha lavorato a stretto contatto
con noi per mettere a punto tattiche per essere certi che Ciampi non mettesse
in discussione la costituzionalità della partenza dei militari e ci ha chiesto una
lettera con lo scopo di fermare un possibile intervento dello stesso Ciampi»250.
La questione irachena, nonostante l’inclusione del contingente italiano nella
missione di pace a trazione ONU istituita al termine delle ostilità, continuerà
a essere motivo di contrasti per tutta la restante parte del settennato, sia con
l’Esecutivo, sia con gli ambasciatori statunitensi che si avvicenderanno sul
suolo italiano in quegli anni.
3.7 Le fasi finali: le Tigri Asiatiche e i discorsi europei
Nelle ultime fasi del settennato, l’attività di Ciampi si dedicò in modo
sostanziale al difficile ruolo di garante della Costituzione, date le numerose
intemperanze del Governo Berlusconi su questo tema. Per ciò che concerne
la sua attività in politica estera, due sono gli ambiti significativi della sua
azione: i viaggi nell’Estremo Oriente, per cercare di favorire gli interessi
economici delle imprese italiane, e l’attività per un rafforzamento
dell’Unione Europea, allo scopo di rendere l’Europa un soggetto politico
importante e credibile della politica internazionale.
L’idea di organizzare delle visite ufficiali in Cina sorse già nel 2003,
nel periodo immediatamente successivo ai viaggi di Ciampi in Sud
America251: il progetto si incanalava infatti nella strategia del Quirinale di
valorizzare le componenti italiane in quei Paesi che si stavano affermando
nel panorama internazionale come economie emergenti, cercando di
colmare il vistoso ritardo in questo senso accumulato nei confronti degli
250 (n. d.), Berlusconi e la guerra in Irak «Paese contrario, scontro con Ciampi», 14 marzo 2011, La Repubblica, estratto l’8 febbraio 2019 da: https://www.repubblica.it/politica/2011/03/14/news/berlusconi_guerra_irak-13575754/ 251 Supra, par. 3.5
96
altri Stati europei; Ciampi era già stato due volte nel Paese come
governatore della Banca d’Italia, fra 1983 e 1992252, e conosceva bene
l’importanza del colosso asiatico: era fondamentale, a suo giudizio, fare
quantomeno un tentativo per cercare di proiettare gli interessi degli
imprenditori italiani anche in quel contesto, già in quegli anni
economicamente dinamico e in continua crescita. Se nel caso sudamericano
il gancio su cui basare le visite di Ciampi era stato il patriottismo, grazie alla
presenza di numerosissime comunità di italiani, l’avvicinamento alla Cina si
basava su due elementi: la presenza di oltre cinquecento imprese italiane sul
suolo cinese e il fatto che, nonostante il grave gap nei confronti dei Paesi
europei, l’Italia fosse il terzo fornitore della Cina nel Vecchio Continente. Il
viaggio ebbe luogo fra 4 e 9 dicembre 2004; al seguito del Presidente erano
Luca Cordero di Montezemolo (all’epoca Presidente di Confindustria) e
oltre duecento industriali, a riprova dell’importanza economica che
assumeva quella missione per il Paese. Nella conferenza stampa che seguì il
colloquio privato con il Presidente cinese Hu Jintao, egli disse a riguardo:
«Sono in Cina per la terza volta per dare un nuovo vigore ad un tradizionale
sentimento di amicizia fra due Paesi depositari di culture millenarie. […]
Oggi sono testimone dell’avanzamento compiuto e della continua ascesa
pacifica della Cina. Nei colloqui con il Presidente Hu Jintao abbiamo gettato
le basi per avvicinare ancora di più i nostri due Paesi; abbiamo verificato
ampie sintonie sui grandi temi internazionali. L’Italia vuole essere più
presente in Cina, dare sistematicità e coerenza ai nostri rapporti in tutti i
settori. […]. In questo spirito ho voluto che, in occasione di questa mia
visita di Stato, l’Italia si presentasse in Cina nella sua complessità ed
unitarietà di Paese moderno e competitivo. Questa coesione renderà più
efficace e produttiva l’affermazione di ogni singola impresa, di ogni singolo
settore. Questa tendenza positiva riceverà ulteriore impulso dalla comune
decisione che il 2006 sarà l’anno dell’Italia in Cina e dalla presenza in Cina
252 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 206
97
di un’importante delegazione di imprenditori italiani»253; un’ulteriore
occasione di sostenere pubblicamente l’inserimento in Cina delle imprese
italiane si presentò l’8 dicembre, a Shangai, durante il Forum imprenditoriale
“Made in Italy in Cina”, organizzato da Confindustria e Istituto nazionale
per il Commercio Estero (ICE). L’idea di Ciampi era quella di favorire lo
sviluppo del “prodotto” “Made in Italy” più peculiare del tessuto industriale
italiano, i “distretti industriali” (agglomerati di PMI che, nello stesso luogo,
possono mettere in comune strutture produttive o specializzarsi
singolarmente in più fasi della produzione di un unico bene), modello di
produzione che già in Europa dell’Est e in Nord Africa veniva esportato
con discreti risultati. L’intervento fece leva sulla tradizione mercatile italiana
e sugli interessi economici europei e nazionali nei confronti del gigante
asiatico: «Il modello di sviluppo italiano […] è caratterizzato da un assetto
solido, diversificato, agile proprio per la sua struttura. Sulla capacità di
aggregazione e di specializzazione si è costruito nel tempo il successo della
nostra industria manifatturiera. Sono stati creati sistemi produttivi locali
omogenei ed altamente competitivi: è la realtà degli oltre 100 distretti
industriali, che alcuni imprenditori avveduti hanno iniziato a replicare in
Cina, per meglio affrontare questo vasto mercato. Nel settore dei beni di
investimento, l’industria italiana offre macchinari ad alto contenuto
tecnologico, a basso consumo energetico e di materie prime; rivestono
particolare interesse per il sistema produttivo cinese, che ha fortemente
bisogno di ottimizzare l’uso delle risorse. Non si parte da zero; lo
dimostrano i fatti. […] La presenza di tante piccole e medie aziende
testimonia la capacità dei nostri imprenditori di muoversi con successo nel
mercato globale. Oltre 500 imprese italiane operano oggi in Cina; nuove
importanti iniziative industriali e commerciali sono in fase di definizione;
numerosi i progetti scientifici e tecnologici. Tutto ciò dimostra la
disponibilità dei cinesi nei nostri confronti: il Presidente della Repubblica e
il Primo Ministro cinesi mi hanno ribadito la volontà della Cina di
253 Ciampi C. A., Dichiarazione alla stampa del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato nella Repubblica Popolare Cinese, al termine del colloquio con il Presidente Hu Jintao, 6 dicembre 2004, Pechino, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=26016
98
sviluppare i rapporti con l’imprenditoria italiana, in particolare le medie e
piccole imprese, e la loro fiducia nella capacità dell’Italia di contribuire allo
sviluppo dell'economia cinese. Non mancano, a noi italiani, il talento, la
creatività, la determinazione, lo spirito d’innovazione e di adattamento che
servono per farsi strada in questo immenso Paese. […] Fra Cina e Italia va
costruita con pazienza, ma determinazione, una trama di collegamenti
materiali e immateriali. […] Nel Medio Evo e nel Rinascimento, non c’era
città europea dove i nostri mercanti e i nostri banchieri non fossero
presenti. Ad essi non mancò l’ardire di raggiungere il lontano Oriente.
Questa tradizione va oggi rinnovata. Il rilancio della capacità dell’Italia di
competere sul mercato globale passa anche dalla Cina: città per città,
provincia per provincia, settore per settore. Una volta radicati in Cina,
competeremo meglio nel mondo; rimanendo ai margini del mercato cinese,
perderemmo inevitabilmente peso nell’economia globale. […] L’Unione
Europea ha un forte interesse a una crescita dell’economia cinese in un
quadro di stabilità e di collaborazione internazionale. Mi rivolgo in
particolare all’industria italiana. Il mio è un convinto messaggio di fiducia:
nelle vostre capacità, nei progetti delle singole imprese e nelle iniziative
congiunte. Il positivo sviluppo dei nostri rapporti dipende in gran parte
dall’imprenditoria italiana: so che ne ha la capacità e la volontà. […] Con
questi sentimenti formulo i migliori auspici per il futuro delle relazioni tra
l’Italia e la Cina, tra la Cina e l’Unione Europea»254.
Il viaggio in India fu una delle ultime visite di Stato del settennato
(12- 16 febbraio 2005); oltre al Presidente Ciampi, la delegazione italiana era
formata da duecentocinquanta imprese italiane con in testa il Presidente di
Confindustria Montezemolo e dai ministri Gianfranco Fini, Antonio
Marzano, Letizia Moratti, Giuliano Urbani, a testimonianza dell’importanza
strategica che aveva per il Paese questa missione diplomatica. Nonostante in
passato la presenza italiana nel Paese fosse stata massiccia, grazie all’attività
254 Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato nella Repubblica Popolare Cinese, al Forum imprenditoriale “Made in Italy in Cina” organizzato dalla Confindustria e dall’ICE, 8 dicembre 2004, Shanghai, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=26037
99
nell’area di grandi imprese come Pirelli, Piaggio e FIAT255, in quegli anni si
stava assistendo a una marginalizzazione della loro attività: l’obiettivo di
Ciampi e del suo nutrito seguito fu dunque quello di ricostruire e ampliare la
presenza italiana nell’area: a tale scopo furono organizzate numerose tavole
rotonde fra imprese italiane e indiane per dimostrare la forte volontà da
parte dell’Italia di far seguire alle belle parole dei fatti concreti. Anche in
questo viaggio, l’occasione per pronunciare un discorso che desse corpo alle
intenzioni si presentò in un Forum imprenditoriale, organizzato da
Confindustria e ICE, con la collaborazione dell’ABI; egli, cercando di
sottolineare l’importanza strategica che l’India rivestiva per il Bel Paese e la
necessità da parte delle imprese italiane di affermarsi in quell’area strategica,
disse: «La consuetudine di una presenza congiunta all’estero, di istituzioni e
di imprese, in occasione di visite di Stato, è ormai ben collaudata. In
America Latina, […] da ultimo in Cina, abbiamo affinato un impegno
comune: ampliare gli orizzonti del nostro sistema industriale e tecnologico;
farne conoscere le potenzialità; diffonderne la qualità; approfondire le
possibilità di iniziative congiunte. Abbiamo ormai due certezze: il sistema
produttivo italiano, dinamico e vitale, potrà reggere la competizione
internazionale solo riuscendo ad affermarsi anche sui mercati emergenti; per
poterlo fare, l’azione combinata e concreta di tutte le componenti del
sistema produttivo e delle istituzioni pubbliche è un requisito essenziale. È
[…] sempre più chiaro - guardando agli scenari dei prossimi vent’anni - che
una quota crescente della domanda globale deriverà dallo sviluppo asiatico.
L’ingresso dell’India e della Cina sulla scena mondiale ne sta radicalmente
modificando gli assetti politici ed economici. Per il futuro dell’Europa,
costruire rapporti solidi con queste realtà è una priorità assoluta. […] Le
relazioni fra l’Italia e l’India vanno viste nell’ambito di questi orizzonti più
vasti: le relazioni fra grandi aree regionali; i rapporti fra grandi protagonisti
della vita internazionale, come sono i nostri due Paesi. […] Per l’Italia,
l’India è una grande occasione. Fra i nostri due Paesi esiste uno spazio
naturale di collaborazione: i vantaggi competitivi del sistema produttivo
255 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 211
100
italiano – fortemente orientato sulla produzione manifatturiera – e i
vantaggi competitivi del sistema indiano […] si integrano perfettamente.
Vista dalla prospettiva italiana l’India, a differenza di altri mercati emergenti,
è un caso in cui i fattori di cooperazione superano nettamente quelli di
competizione. […] La realtà attuale è inferiore alle aspettative. Le
dimensioni dei rapporti economici bilaterali, infatti, non corrispondono alle
potenzialità dei nostri sistemi produttivi. […] L’ammontare degli
investimenti italiani in India è irrisorio. Duole dover constatare che eravamo
più presenti in questo Paese quando le condizioni esterne erano difficili e
l’economia italiana assai meno robusta di quella di oggi. […] Malgrado
inadeguati sistemi di comunicazione, difficoltà di circolazione di merci,
capitali e persone, le nostre aziende intuirono e seppero cogliere le
potenzialità del mercato indiano. Questa tradizione di presenza industriale
deve oggi servirci da sprone. Siamo in ritardo. Dobbiamo colmare questo
ritardo. Proviamo, noi italiani, a pensare ai risultati che potremmo
raggiungere muovendoci in India con lo spirito di ieri, ma con le risorse e le
capacità di oggi. Questo è il momento di far rivivere la visione coraggiosa di
quegli anni; tornare con nuovo impegno in un Paese reso attraente dalla sua
nuova apertura internazionale, dalle straordinarie trasformazioni
economiche e sociali in corso. […] L’India è un mercato di consumo in
espansione per il made in Italy. […] L’India è un naturale destinatario di
produzioni […] in cui l’Italia eccelle e che possono rispondere ai costumi e
allo stile di vita di crescenti strati della popolazione indiana. […] Le
possibilità sono a portata di mano: vanno colte con coraggio, tenacia,
umiltà. Dobbiamo far perno sui nostri distretti industriali, sulla loro capacità
di “fare squadra”, di coordinare gli sforzi delle singole imprese e modulare i
processi di produzione sulle esigenze di specializzazione espresse dai
mercati. […] L’Italia, i suoi imprenditori non possono assolutamente
permettersi di perdere l’opportunità straordinaria di creare un collegamento
duraturo con questo Paese lanciato verso il futuro. Un rinnovato impegno
in India vuol dire ridare vigore all’ardimento imprenditoriale, tornare a
101
guardare il mondo con l’animo di quegli italiani che per primi si
affacciarono in questo grande Paese»256.
Secondo la testimonianza di Puri Purini, l’esito di tali missioni ebbe
ben altro esito rispetto alle visite di Stato in America Latina257: «Le visite
avevano lasciato un segno. […] L’Italia era riuscita nell’intento di voltare
pagina nei rapporti con i due giganti asiatici, gettando le basi per superare
l’episodicità degli anni passati»258. Le visite di Ciampi furono essenziali per la
tutela degli interessi economici nazionali, e furono un esempio significativo
di come un’attività di politica internazionale accompagnata dai
rappresentanti delle imprese potesse essere terreno fertile per una fruttuosa
relazione bilaterale commerciale, oltre che per favorire lo sviluppo
economico nazionale.
Un ulteriore fronte su cui si mosse l’azione in politica estera del
Ciampi Presidente della Repubblica fu il rafforzamento dell’Unione
Europea, giudicato da questi indispensabile per l’affermazione dell’Europa
come attore credibile sulla scena delle relazioni internazionali. L’iniziativa
aveva preso le mosse già nel 2000, quando Ciampi – nella convinzione che
una maggiore integrazione europea dovesse essere promossa in primo luogo
dai sei Paesi fondatori – avviò alcuni contatti con il vecchio amico Jacques
Delors, ex Presidente della Commissione europea, che era del suo stesso
avviso. Negli anni successivi la linea de Quirinale si sarebbe sviluppata su
quattro direttrici: favorire il rapporto con i Paesi fondatori, specie con la
Germania; migliorare il coordinamento delle politiche economiche;
aumentare il dialogo con l’opinione pubblica; rafforzare le istituzioni
continentali259. Finché al governo vi furono le coalizioni di centro-sinistra
quest’azione ebbe esiti significativi; tuttavia, il difficile rapporto con Silvio
256 Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato nella Repubblica d’India, in occasione del Forum imprenditoriale di Confindustria, Associazione Bancaria Italiana e Istituto Nazionale per il Commercio Estero, 15 febbraio 2005, New Delhi, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=26468 257 Supra, par. 3.5 258 Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò, 2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A., pag. 211 259 Ivi, pag. 108
102
Berlusconi260 ridusse sensibilmente il raggio di azione del Presidente.
L’intervento di Ciampi all’Università di Lipsia261, di cui già è stata fatta
menzione, fu il culmine di questo ambizioso processo.
La stima di cui il Presidente della Repubblica godeva in tutta Europa
(guadagnata grazie alle azioni che avevano portato l’Italia nella moneta
unica) era ragguardevole: un’attestazione significativa del prestigio di cui
godeva la sua persona fu, il 5 maggio 2005, il conferimento del Premio
“Carlo Magno”, attribuito a personalità con meriti particolari in favore
dell’integrazione e unione in Europa. Il discorso seguente alla premiazione
fu caratterizzato da un forte senso di europeismo e di inclusione italiana nel
disegno continentale, oltre che da una difesa del disegno della Costituzione
Europea, contrapposti a un ammonimento rivolto ai governi europei
riguardante le carenze del sistema economico continentale. Egli disse:
«Sento con forza particolare il messaggio di unità che il Premio Carlo
Magno da decenni trasmette a tutte le Nazioni europee. Lo raccolgo nel
nome dell’Italia, nel ricordo della lunga storia che ne fece per tanti secoli il
cuore dell’Europa, e che la rese aperta ai messaggi di civiltà che lanciava ora
l’uno ora l’altro popolo del nostro continente, di volta in volta
portabandiera di una ininterrotta, unica storia di progresso. […] Fra quattro
giorni, ricorre il sessantesimo anniversario della fine della Seconda Guerra
Mondiale. […] Noi, i sopravvissuti, vedemmo allora tutto attorno a noi uno
sconfinato paesaggio di rovine: rovine materiali; rovine morali. Dalla visione
di quel panorama di distruzioni, nacque una rivolta delle coscienze.
L’Europa, per sopravvivere, doveva cambiare radicalmente. I Padri
fondatori intuirono che, per garantire pace e progresso ai popoli che con
tanta ferocia si erano scontrati, non sarebbero bastati trattati di pace,
promesse di collaborazione fra Stati nazionali. Per la palingenesi di quella
Europa di morte, per la rinascenza di un’Europa di pace e di fraternità fra le
Nazioni, occorreva uno slancio creatore, che desse gradualmente vita a una
nuova architettura di istituzioni di governo, e fosse animato da un forte,
260 Supra, par. 3.6 261 Supra, pag. 71
103
condiviso sentimento di pace, di fratellanza, di libertà. Nacque così l’“esprit
communautaire”. Il principio della sovranità condivisa […] combinato con il
metodo del coordinamento intergovernativo, divenne l’architrave del
sistema comunitario, che andò da allora delineandosi. […] Abbiamo
raggiunto, in un arco di tempo di meno di mezzo secolo, traguardi, noi da
giovani, che potevamo soltanto sognare. Gli ideali dei Padri fondatori ci
hanno accompagnato lungo il nostro cammino. Essi rimangono attuali e
necessari. […] Abbiamo operato perché si affermassero e consolidassero i
valori e le istituzioni della libertà e della democrazia, il rispetto dei diritti
delle minoranze. Crediamo in principi e regole che proteggano il benessere
dei cittadini europei. Essi sono oggi orgogliosi di proclamarsi tali.
Respingiamo gli egoismi nazionali. Proponiamo a tutti i nostri popoli non
soltanto diritti, ma anche doveri. […] L’Unione Europea non è ancora in
grado di parlare al mondo, in ogni circostanza, con una sola voce. Ma è
sempre più consapevole della necessità di darsi istituzioni capaci di dare una
interpretazione unitaria dei suoi ideali, e dei suoi interessi. Ci uniscono
valori comuni, la volontà di diffondere nel mondo i principi di democrazia,
di libertà, di tolleranza, che sono il frutto della nostra lunga storia. […]
Questo bilancio, così oggettivamente positivo, oggi si scontra, nondimeno,
con titubanze e timori. Dobbiamo porci il problema di come ravvivare la
fede nell’idea europea, perché essa rimanga la nostra stella polare. […] Il
Trattato Costituzionale approvato dai governi – l’Italia, prima fra i sei Paesi
fondatori, lo ha già ratificato, e ne sono orgoglioso – mira a migliorare le
strutture di governo dell’Europa unita, a rafforzarne le istituzioni, a
mantenere un giusto equilibrio tra di esse. […] Ma senza un’autentica
volontà politica comune dei popoli europei, senza una comunione degli
spiriti e della fiducia nell’Europa, nemmeno la Costituzione sarà garanzia
della necessaria governabilità. Senza la piena consapevolezza di un destino
comune, senza l’adesione a un forte e sempre rinnovato spirito comunitario,
nessuna riforma istituzionale basterà a sostenere lo sviluppo
dell’Unione.[…] Tre anni orsono, quando, in questa stessa sala, ebbi l’onore
di pronunciare la laudatio per il conferimento del Premio Carlo Magno alla
moneta unica, l’euro, lamentai i danni di non aver fatto seguire
104
all’unificazione monetaria un incisivo coordinamento delle politiche
economiche dei singoli Stati e l’introduzione, a tal fine, di nuove procedure
operative. Da allora, non è stato compiuto alcun vero avanzamento in
questa direzione. All’adozione della moneta unica e alla creazione di una
Banca Centrale Europea non sono seguite le decisioni istituzionali e
regolamentari necessarie per consentire l’indispensabile dialettica costruttiva
fra politica monetaria e politica di bilancio. Non ci si può dunque
rammaricare se gli effetti positivi dell’euro si sono manifestati solo
parzialmente»262.
Un momento di grande delusione per il Presidente Ciampi fu la
bocciatura, da parte dei popoli francese e olandese, del referendum per la
Costituzione Europea, nei giorni immediatamente successivi al
conferimento del Premio Carlo Magno. A riguardo, egli ebbe modo di
pronunciare un accorato discorso davanti alla stampa durante una visita di
Stato della Presidente della Repubblica di Lettonia, Vaira Vīķe-Freiberga:
«Nei prossimi mesi l’Unione Europea affronterà prove impegnative che
richiedono un’assunzione di responsabilità: le prospettive finanziarie; il
futuro del Trattato costituzionale; l’azione comune da compiere per
stimolare, nei Paesi dell’Unione, produttività, competitività, capacità di
crescita economica. Tutte queste questioni vanno affrontate con spirito
equilibrato, nella consapevolezza che i membri dell’Unione Europea hanno
compiuto la scelta irrevocabile di vivere insieme, condividendo sovranità e
risorse per il raggiungimento di obiettivi comuni. Vi è un problema reale di
comunicazione fra l’Unione e i cittadini. Abbiamo un debito verso di loro,
abbiamo delle responsabilità verso le generazioni future. È giusto che i
cittadini europei insistano sul raggiungimento di risultati concreti. D’altra
parte questi possono essere conseguiti solo attraverso la coesione e
l’unitarietà dell’Europa: non rifugiandosi dietro fragili muri protezionistici.
Solo così potremo affrontare i problemi non facili che abbiamo, con i quali
ci confrontiamo e sviluppare le politiche comuni necessarie ad affrontare le
262 Ciampi C. A., Allocuzione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione del conferimento del Premio Internazionale Carlo Magno, 5 maggio 2005, Aquisgrana, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=26990
105
incognite della globalizzazione, stimolare la competitività europea,
raggiungere obiettivi concreti di crescita e di occupazione. […] La difesa
dell’identità culturale europea, l’affermazione dei suoi valori fondanti – la
libertà, il dialogo, l'uguaglianza, il diritto – costituiscono un baluardo contro
il riemergere dei nazionalismi; consentono agli europei di realizzare i propri
valori, di perseguire i propri interessi»263. Privatamente, disse alla Presidente:
«Di fronte all’Europa sconcertata per l’esito del referendum in Francia e nei
Paesi Bassi […] ogni pessimismo è ingiustificato. Abbiamo alle spalle i
successi di un cinquantennio di integrazione. […] Le ragioni che ci
indussero a intraprenderlo rimangono valide ancora oggi»264.
L’ultimo grande discorso che il Presidente Ciampi ebbe modo di
tenere in ambito europeo fu quello del 5 luglio 2005, di fronte al Parlamento
Europeo; si tratta di una vera e propria “summa teologica” del pensiero
europeista di matrice ciampiana. L’occasione, offertagli dal Presidente
dell’Europarlamento Josep Borrell al fine di far ascoltare ai parlamentari di
Strasburgo una prestigiosa voce europeista in un momento di forte crisi
delle Istituzioni europee, fu preparata nei minimi dettagli dallo staff del
Quirinale, con l’intento di lanciare il messaggio della necessità di un’Europa
più compatta, più “organismo politico”; l’intervento fu pensato sia come
elogio dell’Europa patria dei diritti, sia come critica a quei governi che
attribuivano alle Istituzioni europee la colpa di ogni male all’interno dei
propri confini. Durante l’intervento di Ciampi, tuttavia, alcuni facinorosi –
nello specifico, gli europarlamentari leghisti Mario Borghezio, Matteo
Salvini e Francesco Enrico Speroni – iniziarono a urlare contro il Presidente
degli slogan («Libertà! Padania libera!»265), venendo conseguentemente
espulsi da Borrel. Nonostante l’eco della contestazione fiaccò
significativamente le speranze di Ciampi di veder risaltare il suo intervento
263 Ciampi C. A., Dichiarazione alla stampa del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al termine dell’incontro con il Presidente della Repubblica di Lettonia Vaira Vīķe-Freiberga, 27 giugno 2005, Roma, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=27376 264 Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A., pag. 101 265 (n. d.), Ciampi contestato, leghisti espulsi, 5 luglio 2005, Il Sole 24 Ore, estratto l’8 febbraio 2019 da: https://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=686720&chId=30&artType=Articolo&back=0
106
dalla stampa, vale la pena riportarne alcuni passaggi: «Sento con emozione
l’onore di parlare nel luogo più alto della democrazia europea. Di far sentire
la voce della Repubblica italiana, nel punto centrale del sistema
costituzionale dell’Unione. Uso con convinzione
l’aggettivo “costituzionale” perché tale è l’ordinamento giuridico che
abbiamo costruito insieme da 50 anni, trattato dopo trattato. L’Unione
Europea non è - e non può essere - soltanto una zona economica di libero
scambio. Essa è soprattutto […] un organismo politico; una terra di diritti;
una realtà costituzionale, che non si contrappone alle nostre amate
Costituzioni nazionali, ma le collega e le completa. È un organismo politico
che non nega l’identità dei nostri Stati nazionali, ma li rafforza di fronte alle
grandi sfide di un orizzonte sempre più vasto. Da questo punto dobbiamo
andare avanti, tutti assieme: sia gli undici Stati che, come l’Italia, hanno già
ratificato il Trattato costituzionale, sia gli Stati che ancora devono farlo, sia i
due Stati che hanno detto no. Ci lega in maniera irreversibile un quadro
istituzionale unitario. Esso è già abbastanza forte per consentire di fare
assieme molte cose per i nostri cittadini; per recuperare il consenso
popolare che in alcuni Paesi è mancato al Trattato; per consolidare le nostre
istituzioni ereditate da un passato di successo. Proprio perché siamo già
un’entità politica e costituzionale, possiamo anzi valutare con realismo il
senso del rigetto verificatosi in due Paesi legati fin dalle origini alla vicenda
europea. Ancora pochi mesi orsono […] il progetto unitario era circondato
da un generale consenso. In pochi mesi si è fatto strada il timore che i
cittadini fossero esclusi da decisioni cruciali per il loro futuro; si sono
accentuate le preoccupazioni per la mancata crescita economica. Ma è
davvero giustificato interpretare l’esito dei referendum come disaffezione
nei confronti dell’unità europea? Se alziamo lo sguardo, il Trattato di Roma
dell’ottobre 2004 ci appare piuttosto il capro espiatorio di un malessere
diffuso che riguarda non tanto l’assetto istituzionale quanto le politiche di
governo dell’Unione. […] Ecco perché ora noi dobbiamo pensare alle
politiche di avvenire dell’Unione, senza però abbandonare il disegno
costituzionale tracciato dall’operosa Convenzione. Che cosa già chiede con
urgenza l’avvenire alla nostra Europa?
107
Chiede, innanzitutto, per dirla con Ortega y Gasset, che l’Unione sia
vertebrata da iniziative di coesione politica; di coesione fisica; di coesione
sociale. Il principio fondamentale della sussidiarietà deve essere interpretato
come principio di coesione politica: consente la partecipazione dal basso alle
decisioni comunitarie, cominciando dai mille e mille municipi della nostra
Unione. L’Europa […] ha bisogno di coesione sociale: non possiamo
tollerare che perdurino vistose disparità di tenore di vita tra i territori e
quindi tra popoli ai quali la nostra personalità internazionale dà una
rappresentanza unitaria. L’Europa chiede, di conseguenza, che lo storico
obiettivo della convergenza e della coesione sia raggiunto con appropriate
politiche di governo dell’economia. […] È la mancanza di volontà politica
dei governi nazionali che impedisce un efficace coordinamento delle loro
politiche di bilancio. Ciò rende difficile che sia l’Unione ad intervenire, con
un fondo comune […] per le grandi infrastrutture di interesse europeo, per
le grandi iniziative comuni di ricerca e di innovazione, per costituire un
patrimonio di beni pubblici comunitari. La strategia di Lisbona è il primo
anello di una catena che dovrà portare alla governabilità dell’economia
europea.
[…] Guardiamo con fiducia anche alla capacità di iniziative dell’Eurozona,
ora presieduta da Jean Claude Juncker, al quale invio, anche in nome di una
vecchia amicizia e collaborazione, un cordiale saluto. L’euro costituisce la
manifestazione più avanzata della volontà unitaria dei popoli europei; una
forza trainante dell'integrazione politica. […] I benefici tangibili derivanti
dalla partecipazione alla moneta unica sono sotto gli occhi di tutti [qui la
contestazione leghista, N. d. R.]: difesa dagli squilibri sul mercato dei cambi;
bassi tassi d’interesse; rafforzamento della competitività in quei Paesi della
zona euro che hanno adottato politiche virtuose. Dobbiamo registrare come
straordinari successi sia l’affermazione dell’euro sui mercati internazionali,
sia la politica di stabilità dei prezzi perseguita dalla Banca Centrale Europea.
Ma non possiamo accontentarci più a lungo di questa situazione.
Il confermato, giusto rigore del patto di stabilità non è di per sé garanzia di
crescita, se perdura l’inerzia. I positivi effetti dell’euro continueranno a
manifestarsi con difficoltà, se mancherà una gestione coordinata sia dei
108
bilanci nazionali sia dell’orientamento delle politiche economiche degli
Stati.
Solo su queste basi l’Unione potrà realizzare appieno la capacità, di cui si è
dotata con la moneta unica, di essere attore economico globale e di
consolidare un blocco economico-monetario in grado di far valere gli
interessi dei cittadini e i ritmi di un suo equilibrato sviluppo. […]
È positivo un aperto, franco confronto politico sulle priorità delle azioni
dell'Unione. Ma è necessario approvare quanto prima un bilancio
comunitario che […] sia basato su obiettivi coerenti e solidali. […] Infine,
l’avvenire della nostra Europa chiede politiche di sicurezza e di pace.
La visione internazionale dell’Unione Europea […] suscita aspettative e
speranze nel mondo intero. Ma soltanto unita l’Europa potrà incidere sugli
equilibri internazionali. Agendo da soli saremmo in balia di eventi più grandi
di noi, eventi che minacciano la pace e la sicurezza europea.
Coerentemente con questa impostazione il Parlamento europeo si è posto
da tempo il problema della rappresentanza unitaria dell’Europa alle Nazioni
Unite. La risoluzione […] stabilisce che il seggio unico dell'Unione Europea
nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU è l’obiettivo che l’Europa deve
prefiggersi. Questa chiarezza di visione fa onore al Parlamento Europeo. La
consapevolezza delle nostre comuni radici e la memoria condivisa del bene
e del male della nostra storia attestano l’esistenza di un interesse europeo
superiore che armonizza gli interessi nazionali, li protegge dagli eccessi che
hanno tormentato il nostro passato, li proietta in una visione comune dei
rapporti con il mondo. […] Lo spazio comune di principi, valori, regole
espressi dall’Unione Europea è oggi ben identificato. […] Tra non molto
terminerò il mio mandato come Presidente della Repubblica Italiana. Sei
anni fa dopo il giuramento, conclusi il mio discorso innanzi al Parlamento
italiano con un grido di saluto, d’impegno verso l’Italia e l’Unione Europea
a cui credo di essere stato fedele in questi anni densi di storia e di
mutamenti. È un impegno che mi è grato ora rinnovare qui davanti a
voi. Viva l’Unione Europea»266.
266 Ciampi C. A., Allocuzione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al Parlamento Europeo, riunito in sessione plenaria, sul tema “L’Unione Europea di fronte alle sue responsabilità”, 5 luglio 2005, Strasburgo,
109
3.8 Epilogo
Nei mesi conclusivi del settennato, da più parti della politica
arrivarono proposte insistenti presso il Quirinale relative a un secondo
mandato di Ciampi. Tuttavia, il Presidente si espresse negativamente
riguardo questa ipotesi, spegnendo ogni residua speranza parlamentare con
il suo ultimo messaggio di fine anno267 e con sibilline dichiarazioni
pubbliche rilasciate negli ultimi incontri ufficiali cui prese parte. Egli tenne a
precisare formalmente alle forze politiche e alla stampa la sua indisponibilità
di essere rieletto con un comunicato diramato il 3 maggio 2006: «Sono
profondamente grato per le molteplici dichiarazioni in favore della mia
rielezione a Presidente della Repubblica, anche perché esse implicano una
valutazione positiva del mio operato quale capo dello Stato, garante
dell’unità nazionale e custode dell’ordine costituzionale. Interpreto questa
convergenza di parti politiche diverse sul mio nome come disponibilità a
quel civile confronto che – al di là delle naturali asprezze della dialettica
politica, acuite dal recente momento elettorale – è premessa e condizione,
indispensabili, della saldezza delle istituzioni e, quindi, della salute della
Repubblica. Tuttavia tali dichiarazioni mi inducono, per una esigenza di
doverosa chiarezza, a confermare pubblicamente la mia “non disponibilità”
ad un rinnovo del mandato, anticipata nel messaggio di commiato di fine
anno. Non ritengo infatti, data l’età avanzata, di poter contare sulle energie
necessarie all’adempimento, per il lungo arco di tempo previsto, di tutte le
gravose funzioni proprie del Capo dello Stato. A ciò si aggiunge una
considerazione di carattere oggettivo, che ho maturato nel corso del
mandato presidenziale: nessuno dei precedenti nove Presidenti della
Repubblica è stato rieletto. Ritengo che questa sia divenuta una
estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso&key=27405 267 Ciampi C. A., Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi agli italiani, 31 dicembre 2005, Roma, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/continuaciampi.aspx?tipo=discorso&key=28351
110
consuetudine significativa. È bene non infrangerla. A mio avviso, il rinnovo
di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle
caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato»268.
268 (n. d.), Il comunicato di Ciampi, 3 maggio 2006, La Repubblica, estratto l’8 febbraio 2019 da: http://www.repubblica.it/2006/04/sezioni/politica/nuovo-presidente/testo-ciampi/testo-ciampi.html
I
Conclusioni
Il cursus honorum istituzionale di Carlo Azeglio Ciampi ha
indubbiamente lasciato una traccia significativa nella storia politica, europea
ed economica italiana. In base a quanto si evince dall’analisi degli eventi
esaminati in questa tesi, risulta chiaro come egli – soprattutto negli anni alla
Banca d’Italia e al Ministero del Tesoro – sia stato attore cruciale non solo
dell’integrazione italiana in Europa, ma dell’integrazione europea stessa. Lo
testimoniano i continui attestati di stima, la saldezza delle relazioni umane, i
numerosi premi europei e internazionali, le lauree honoris causa, il rispetto di
cui Ciampi ha goduto sia entro confine (è bene ricordare il fatto che la sua
elezione a Presidente della Repubblica sia avvenuta con una convergenza di
voti ragguardevole, per di più alla prima votazione e – caso unico nella
storia repubblicana – senza essere mai stato parlamentare) sia all’estero,
dove grazie al prestigio guadagnato con la forza delle sue azioni seppe dare
all’Italia una rappresentanza autorevole, favorendo con la sua azione il
perseguimento dell’interesse nazionale nei vari momenti storici in cui si
trovò a rivestire incarichi istituzionali.
Risulta evidente, da quanto emerge in questo elaborato, come il
Presidente Ciampi sia stato attore cruciale della fase storica più pregna
dell’Europa unita. Da Governatore della Banca d’Italia, si rese protagonista
insieme a Beniamino Andreatta del “divorzio” fra Banca e Tesoro; fu
presente durante la fondamentale svolta del Sistema Monetario Europeo,
nel quale (pur con un largo margine di oscillazione) venne inserita la lira; fu
in quegli anni protagonista insieme a Goria della protesta formale che portò
il G7 a riunirsi sempre e solo in formazione completa, senza essere
preceduto da un vertice a cinque; lavorò in sinergia con il ministro Amato
per la partecipazione italiana al Trattato di Maastricht, nella convinzione che
l’interesse nazionale fosse da perseguire nella più ampia cornice europea,
per ragioni tanto economiche quanto politiche; seppe gestire con fermezza e
pragmatismo la grave crisi valutaria del 1992.
II
Gli incarichi del quinquennio 1993-1998 sono stati cruciali per il
perseguimento degli obiettivi strategici italiani del suo tempo: da Presidente
del Consiglio, per cercare di stabilizzare il Paese e portare la sua iniziativa di
governo in un solco europeo, sottolineò fin dal suo discorso di
insediamento a Montecitorio come l’obiettivo cardine della sua azione di
governo fosse l’abbassamento del debito pubblico attraverso interventi sul
mercato, tentando di non varare manovre impopolari e gravose come il
prelievo forzoso sui risparmi; al fine di rassicurare gli alleati europei della
bontà delle intenzioni italiane, oltre che per tutelare maggiormente gli
interessi economici e sociali del sistema-Paese, si adoperò con successo nel
raggiungimento dello storico “Protocollo sulla politica dei redditi e
dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e del
sostegno al sistema produttivo”, autentica pietra miliare della contrattazione
sindacale. Se la sfera della politica nazionale fu basata sull’assecondare la
grande richiesta di cambiamento che perveniva nei palazzi del potere dalla
società civile, l’indirizzo di governo in politica estera fu basato sul
mantenere salde le storiche alleanze in cui l’Italia era partecipe in campo
internazionale e sovranazionale, rafforzando con vigore la costruzione
dell’unità europea di cui egli stesso, in veste di Governatore, era stato
partecipe attivamente. Fu inoltre ideatore del G7 di Napoli e promotore
degli interessi italiani nelle missioni di pace della NATO e delle Nazioni
Unite.
Da Ministro del Tesoro e Ministro del Bilancio e della
programmazione economica (incarichi in cui, in virtù della sua indipendenza
politica, poté operare in piena autonomia), egli si spese con energia e perizia
nella difficile operazione di riavvicinamento dell’Italia ai parametri di
Maastricht, necessari per far entrare il Paese nel novero delle Nazioni che
avrebbero goduto della circolazione della moneta unica sin dal suo varo
ufficiale. A tale scopo, egli operò attraverso una fitta rete di relazioni umane
oltre confine per cercare di trovare un “gancio politico” all’iniziativa italiana,
lavorando soprattutto per convincere i tedeschi della bontà delle intenzioni
italiane; organizzò inoltre numerosi colloqui con gli altri Paesi europei per
III
allargare la base degli alleati italiani. Entro i confini, fu decisiva la sua
conoscenza della materia economica per favorire un ricalcolo del disavanzo
pubblico che fece guadagnare all’Italia quasi un punto percentuale nel
cruciale parametro del rapporto disavanzo pubblico annuale/PIL, oltre
all’inserimento di un “paragrafo-gancio” (il IV.10) all’interno del Dpef
1997-1999 che permise di fatto la possibilità di una manovra aggiuntiva
rivelatasi determinante per il perseguimento dell’obiettivo italiano di
ingresso nell’euro dal suo varo, obiettivo che secondo Ciampi era di
fondamentale importanza per tutelare l’interesse nazionale nonché gli
interessi economici italiani.
I sette anni trascorsi al Quirinale furono dedicati a tre obiettivi
fondamentali: favorire la rinascita di un sentimento patriottico autentico,
attraverso la riscoperta dei valori della Patria e del Risorgimento;
rappresentare gli interessi italiani nel contesto europeo, sostenendo un
aumento dell’integrazione continentale attraverso diversi interventi pubblici
e il lancio di una costituente europea d’intesa con il Presidente federale
tedesco Rau; tutelare gli interessi nazionali e gli interessi economici del
mondo imprenditoriale italiano, organizzando in collaborazione con gli
industriali diverse visite di Stato nei Paesi dove storicamente le imprese
italiane avevano difficoltà a inserirsi. Nonostante i ripetuti contrasti con i
governi presieduti da Silvio Berlusconi, tanto in politica nazionale quanto in
politica estera (significativa la querelle relativa alla partecipazione dell’Italia al
conflitto iracheno), il suo operato fu di fondamentale importanza per
mantenere salda l’immagine italiana all’estero (venendo questi considerato
dall’opinione pubblica internazionale, in ragione del suo percorso nelle
Istituzioni, un vero e proprio simbolo di sicurezza e autorevolezza) e per
difendere la Costituzione dagli attacchi dell’Esecutivo.
Al termine di questo elaborato, si può di certo affermare come la
figura di Carlo Azeglio Ciampi abbia fornito un apporto non solo cruciale,
quanto decisivo, alla politica estera ed europea italiana: egli, grazie alla sua
profonda esperienza e alla bontà delle sue iniziative, seppe guidare con
IV
successo l’Italia verso una dimensione europea, nella ferma convinzione che
solo in un contesto sovranazionale gli interessi della Nazione avrebbero
potuto essere degnamente soddisfatti.
Bibliografia
Peluffo P., Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente, 2007, Milano, RCS libri S.p.A.
Ceccuti C. (a cura di), Ciocca P., Toniolo G., Gigliobianco A., Faucci R., de Cecco
M., Guarino G., Pittaluga G.B., Nardozzi G., Governare la moneta. La Banca d’Italia da
Einaudi a Ciampi, 2004, Firenze, Polistampa
Andreatta B., Il divorzio tra Tesoro e Bankitalia e la lite delle comari: uno scritto per il Sole del
26 luglio 1991, 26 Luglio 1991, Il Sole 24 Ore
Morelli E., SME più stretto per l’Italia, 6 maggio 1989, La Repubblica
(n. d.), «L’inflazione? Sradicata», 6 giugno 2003, Il Sole 24 Ore
Polidori E., Ciampi accusa i partner CEE: «Ci avete abbandonato», 14 ottobre 1992, La
Repubblica
Gentiloni Silveri U., Contro scettici e disfattisti – Gli anni di Ciampi 1992-2006, 2013,
Roma/Bari, Gius. Laterza e figli
Ciampi C. A., Diario
Signoretti F. M., Un cattolico mite col culto per la moneta, 6 maggio 1993, La Repubblica
Polidori E., Moody’s fa lo sgambetto a Ciampi, 6 maggio 1993, La Repubblica
Ciampi C. A., Un metodo per governare, 1996, Bologna, Società editrice Il Mulino
Mafai M., E l’Italia scopre che soldato è bello, 6 luglio 1993, La Repubblica
(n. d.), Ciampi: «Va riconsiderata la missione in Somalia», 7 luglio 1993, Il Messaggero
Scardocchia G., Non solo una foto ricordo, 18 settembre 1993, La Stampa
G. U. Serie Generale
(n. d.), Il Governo: «sì al dibattito sulle mozioni di sfiducia», 23 dicembre 1993, La
Repubblica
Ciampi C. A. (a cura di), Sfida alla disoccupazione. Rafforzare la competitività europea, 1996,
Roma/Bari, Gius. Laterza e figli
Sivo V., La ricetta di Prodi sull’occupazione: «Più flessibilità», 15 giugno 1996, La
Repubblica
Ciampi C. A., Pascucci F. (a cura di), Italia, Europa, economia, e banche – Gli interventi alle
assemblee dell’Associazione Bancaria Italiana, 2018, Roma/Bari, Gius. Laterza e figli
Bonanni A., Monti: «Che delusione. Così non si va in Europa», 28 giugno 1996, Corriere
della Sera
Prodi R., «Prodi: mai chiesto ad Aznar di ritardare l’ingresso nell’Euro», 17 gennaio 2019, Il
Sole 24 Ore
Polidori E., Un tandem che pedala sulla via di Maastricht, 22 settembre 1996, La
Repubblica
(n. d.), UE: «Un mezzo sì ai conti del ‘97», 3 febbraio 1997, La Repubblica
(n. d.), Il rientro dopo quattro anni - Ciampi: La lira conquista lo Sme a 990 - Dura lotta con
Bonn, poi il verdetto, 24 novembre 1996, La Stampa
Barber L., The quest for EMU: Italy home but not dry, 26 novembre 1996, Financial
Times
Dixon H., Prodi’s Purgatorio, 5 febbraio 1997, Financial Times
(n. d.), «Die Italiener sind zu Opfern bereit» - Carlo Azeglio Ciampi, Roms Minister fu r
Wirtschaft und Finanzen, u ber den Euro und die Teilnahme seines Landes an der
Wahrungsunion, 3 febbraio 1997, Der Spiegel
Barber L., Boost to Italy’s bid to be in first EMU wave, 4 febbraio 1997, Financial Times
(n. d.), Eurostat donne sa bénédiction à Rome, 4 febbraio 1997, Le Monde
Scalfari E., Una cena speciale tra Ciampi e Bertinotti, 23 marzo 1997, La Repubblica
Rampini F., Europa, Ultimatum all’Italia, 11 maggio 1997, La Repubblica
(n. d.), La tela di Ciampi, 13 maggio 1997, La Repubblica
Giannini M., Ciampi conquista i tedeschi, 6 febbraio 1998, La Repubblica
Giannini M., La mediazione del premier per proteggere il governo, 12 maggio 1999, La
Repubblica
Giannini M., L’investitura di Carlo Azeglio: «Spero di essere all’altezza», 13 maggio 1999,
La Repubblica
Varsori A., Mazzei F. (a cura di), Giovanni Gronchi e la politica estera italiana (1955-1962).
Atti del Convegno di studi (Pontedera, 13-14 novembre 2015), 2017, Pisa, Pacini editore
Puri Purini A, Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò,
2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A.
Sitografia
Dell’Arti G., Cinquantamila Giorni, 2016, Cinquantamila, estratto il 28 dicembre 2018
da:
www.cinquantamila.it/storyTellerThread.php?threadId=CIAMPI+Carlo+Azeglio
Piccone B. A., Faust e il Governatore, 12 maggio 2011, Linkiesta, estratto il 29 dicembre
2018 da: https://www.linkiesta.it/it/blog-post/2011/12/05/onore-a-paolo-baffi-
governatore-di-banca-ditalia-a-100-anni-dalla-nasc/3168/
Draghi M., Una riflessione a trent’anni dalla lettera del Ministro Andreatta al Governatore
Ciampi che avviò il “divorzio” tra il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia, 15 febbraio 2011,
Roma, Banca d’Italia, estratto il 2 gennaio 2019 da:
www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-
governatore/integov2011/AREL_150211.pdf
Ciampi C. A., Assemblea generale ordinaria dei partecipanti – considerazioni finali, 31 maggio
1986, Roma, Banca d’Italia, estratto il 2 gennaio 2019 da:
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relazione-
annuale/1985/cf85_considerazioni_finali.pdf
Ciampi C. A., Assemblea generale ordinaria dei partecipanti – considerazioni finali, 31 maggio
1988, Roma, Banca d’Italia, estratto il 2 gennaio 2019 da:
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relazione-
annuale/1987/cf87_considerazioni_finali.pdf
Ciampi C. A., Assemblea generale ordinaria dei partecipanti – considerazioni finali, 31 maggio
1993, Roma, Banca d’Italia, estratto il 2 gennaio 2019 da:
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi_governatore/integov1993/rel9
2_considerazioni_finali.pdf
Cronologia degli avvenimenti politici - Gli avvenimenti del 1992, 2 luglio 2018, Bologna,
Istituto Carlo Cattaneo, estratto il 18 gennaio 2019 da:
https://www.cattaneo.org/2018/02/07/gli-avvenimenti-del-1992/
Guerrieri P., Copenaghen, criteri di - Dizionario di Economia e Finanza, 2012, Roma,
Treccani, estratto il 20 gennaio 2018 da: http://www.treccani.it/enciclopedia/criteri-
di-copenaghen_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/
Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del
lavoro e del sostegno al sistema produttivo, estratto il 24 gennaio 2019 da:
http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2072:p
rotocollo-sulla-politica-dei-redditi-e-delloccupazione-23-luglio-
1993&catid=55:1993&Itemid=61#Verbale_di_intesa
Nigro V., Somalia, la battaglia al check-point Pasta. Il racconto del generale Loi vent’anni dopo,
5 luglio 2013, La Repubblica, estratto il 24 gennaio 2019 da:
https://www.repubblica.it/esteri/2013/07/05/news/somalia_anniversario_battaglia
_check-point_pasta-62413996/
Documento di Programmazione Economico-Finanziaria per gli anni 1997-1999, estratto il 27
gennaio 2019 da:
http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progam
mazione/documenti_programmatici/DPEF-1997-1999.pdf
Carlo Azeglio Ciampi, Risultati della votazione, 1° scrutinio, 13 Maggio 1999, Roma,
estratto il 4 febbraio 2019 da: http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/cia-elezione.htm
Ciampi C. A., Messaggio al Parlamento del Presidente della Repubblica, 18 maggio 1999,
Roma, estratto il 5 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=9614
Ciampi C. A., Dichiarazione a reti unificate dopo l’annuncio della fine della guerra nei Balcani,
10 giugno 1999, Roma, estratto il 5 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=9624
Ciampi C. A., Valona – Incontro con la stampa, 11 giugno 1999, Valona, estratto il 5
febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ElenchiCiampi.aspx?tipo=discorso
Ciampi C. A., Rau J., Dichiarazione congiunta dei Presidenti Ciampi e Rau al termine del
colloquio, 6 luglio 2000, Lipsia, estratto il 5 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=12585
Ciampi C. A., Helsinki: incontro con la stampa, 29 settembre 1999, Helsinki, estratto il 5
febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=9675
Visita di Sua Maestà Re Abdullah II di Giordania, 13 luglio 1999, Roma, estratto il 5
febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&k
ey=11273
Ciampi C. A., Brindisi in onore del Presidente della Repubblica Algerina Democratica e Popolare
Bouteflika, 15 novembre 1999, Roma, estratto il 5 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=9719
Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato
nel Regno del Belgio, in occasione dell’incontro con i rappresentanti della comunità italiana e le
vedove e gli orfani delle vittime di Marcinelle, 17 ottobre 2002, Martinelle – Bois du Caziere,
estratto il 5 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=20564
Ciampi C. A., Dichiarazione al termine dell’incontro con il Presidente dell’Autorità Nazionale
Palestinese Yāsser ʿArafāt, 4 settembre 1999, Castelporziano, estratto il 5 febbraio 2019
da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=9659
Visita di Stato nella Federazione Russa, 26-29 novembre 2000, Mosca, estratto il 6
febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&k
ey=13644
Visita di Stato in Giordania, 14-16 febbraio 2001, Amman, estratto il 6 febbraio 2019
da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&k
ey=14215
Ciampi C. A., Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi agli
italiani, 31 dicembre 2000, Roma, estratto il 6 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/continuaciampi.aspx?tipo=discorso
&key=13827
Ciampi C. A., Discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla
commemorazione dei Caduti italiani della Divisione “Acqui” a Cefalonia, 1 marzo 2001,
Cefalonia, estratto il 6 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=14351
Visita di Stato nella Repubblica Federativa del Brasile, 9-14 maggio 2000, Brasilia, estratto
il 7 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=visita&k
ey=11288
Ciampi C. A., Brasilia: allocuzione del Presidente Ciampi al Congresso, 12 maggio 2000,
Brasilia, estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=9794
Ciampi C. A., Discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato
nella Repubblica Orientale d’Uruguay, in occasione dell’incontro con la collettività italiana, 11
marzo 2011, Montevideo, estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=14489
Ciampi C. A., Discorso del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato
nella Repubblica Argentina, al Congresso riunito in seduta plenaria, 15 marzo 2001, Buenos
Aires, estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=14496
Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato
nella Repubblica Argentina, in occasione dell’incontro con la collettività italiana di Rosario, 16
marzo 2001, Rosario, estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=14502
Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in visita di Stato
nella Repubblica Argentina, in occasione dell’incontro con la collettività italiana, 14 marzo 2001,
Buenos Aires, estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=14478
Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione del
pranzo in onore dei Capi di Stato dei Paesi del G8, e dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi
ospiti e dei Vertici delle Organizzazioni Internazionali, 20 luglio 2001, Genova, estratto il 7
febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=15497
(n. d.), Ruggiero getta la spugna “Divorzio consensuale”, 5 gennaio 2002, La Repubblica,
estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://www.repubblica.it/online/politica/euroscettici/chigi/chigi.html
(n. d.), Text of President Bush’s 2002 State of the Union Address, 29 gennaio 2002, The
Washington Post, estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://www.washingtonpost.com/wp-srv/onpolitics/transcripts/sou012902.htm
Iraq’s Weapons of Mass Destruction – the Assessment of the British Government, estratto il 7
febbraio 2019 da: https://fas.org/nuke/guide/iraq/iraqdossier.pdf
Resolution 1441 (2002), 8 novembre 2002, New York, estratto il 7 febbraio 2019 da:
http://www.un.org/Depts/unmovic/documents/1441.pdf
Schifferes S., US names «Coalition of the Willing», 18 marzo 2003, BBC, estratto il 7
febbraio 2019 da: http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/2862343.stm
(n. d.), La guerra divide l’UE: appello di 8 Paesi pro-USA, 30 gennaio 2003, Corriere della
Sera, estratto l’8 febbraio 2019 da:
https://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/01_Gennaio/30/manifesto.sht
ml
(n. d.), Colin Powell e l’antrace, 30 agosto 2013, Il Post, estratto l’8 febbraio 2019 da:
https://www.ilpost.it/2013/08/30/colin-powell-fiala-antrace-onu-iraq/
Ciampi C. A., Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
agli italiani, 31 dicembre 2002, Roma, estratto l’8 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=16590
(n. d.), Berlusconi e la guerra in Irak «Paese contrario, scontro con Ciampi», 14 marzo 2011, La
Repubblica, estratto l’8 febbraio 2019 da:
https://www.repubblica.it/politica/2011/03/14/news/berlusconi_guerra_irak-
13575754/
Ciampi C. A., Dichiarazione alla stampa del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi,
in visita di Stato nella Repubblica Popolare Cinese, al termine del colloquio con il Presidente Hu
Jintao, 6 dicembre 2004, Pechino, estratto l’8 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=26016
Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato
nella Repubblica Popolare Cinese, al Forum imprenditoriale “Made in Italy in Cina” organizzato
dalla Confindustria e dall’ICE, 8 dicembre 2004, Shanghai, estratto l’8 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=26037
Ciampi C. A., Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato
nella Repubblica d’India, in occasione del Forum imprenditoriale di Confindustria, Associazione
Bancaria Italiana e Istituto Nazionale per il Commercio Estero, 15 febbraio 2005, New
Delhi, estratto l’8 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=26468
Ciampi C. A., Allocuzione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione del
conferimento del Premio Internazionale Carlo Magno, 5 maggio 2005, Aquisgrana, estratto l’8
febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=26990
Ciampi C. A., Dichiarazione alla stampa del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
al termine dell’incontro con il Presidente della Repubblica di Lettonia Vaira Vīķe-Freiberga, 27
giugno 2005, Roma, estratto l’8 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=27376
(n. d.), Ciampi contestato, leghisti espulsi, 5 luglio 2005, Il Sole24Ore, estratto l’8 febbraio
2019 da:
https://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=686720&chId=30&artType=Artic
olo&back=0
Ciampi C. A., Allocuzione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al Parlamento
Europeo, riunito in sessione plenaria, sul tema “L’Unione Europea di fronte alle sue
responsabilità”, 5 luglio 2005, Strasburgo, estratto l’8 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/ContinuaCiampi.aspx?tipo=discorso
&key=27405
Ciampi C. A., Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
agli italiani, 31 dicembre 2005, Roma, estratto l’8 febbraio 2019 da:
http://presidenti.quirinale.it/Ciampi/dinamico/continuaciampi.aspx?tipo=discorso
&key=28351
(n. d.), Il comunicato di Ciampi, 3 maggio 2006, La Repubblica, estratto l’8 febbraio
2019 da: http://www.repubblica.it/2006/04/sezioni/politica/nuovo-
presidente/testo-ciampi/testo-ciampi.html
1
Riassunto
Carlo Azeglio Ciampi (Livorno, 9 dicembre 1920 – Roma, 16 settembre
2016) è stato uno dei più importanti personaggi del mondo politico ed economico
della storia recente italiana. Egli ha infatti ricoperto le più importanti cariche dello
Stato, nonostante non fosse iscritto a nessun partito: è stato, nell’ordine,
Governatore della Banca d’Italia (incarico ricoperto per oltre 23 anni), Presidente del
Consiglio e Presidente della Repubblica, oltre che Ministro del Tesoro e del Bilancio
e della Programmazione Economica nel cruciale periodo di transizione tra lira e
moneta unica (i due dicasteri non erano ancora stati unificati).
Convinto europeista (si definiva “cittadino europeo nato in terra d’Italia”),
fervente patriota, ha raccolto simpatie e consensi da tutti gli schieramenti politici ed è
stato una figura chiave nella transizione italiana a cavallo fra 1992 e 1994, avendo
presieduto l’ultimo esecutivo espressione della cosiddetta “prima Repubblica”.
All’azione del suo settennato si devono la rivalutazione dell’identità nazionale, la
riscoperta dei valori risorgimentali, la massiccia diffusione dell’inno nazionale e il
rinnovamento del Tricolore.
Il cursus honorum istituzionale di Carlo Azeglio Ciampi ha indubbiamente
lasciato una traccia significativa nella storia politica, europea ed economica italiana. In
base a quanto si evince dall’analisi degli eventi esaminati in questa tesi, risulta chiaro
come egli – soprattutto negli anni alla Banca d’Italia e al Ministero del Tesoro – sia
stato attore cruciale non solo dell’integrazione italiana in Europa, ma
dell’integrazione europea stessa. Lo testimoniano i continui attestati di stima, la
saldezza delle relazioni umane, il rispetto di cui Ciampi ha goduto sia entro confine (è
bene ricordare il fatto che la sua elezione a Presidente della Repubblica sia avvenuta
con una convergenza di voti ragguardevole, per di più alla prima votazione e – caso
unico nella storia repubblicana – senza essere mai stato parlamentare) sia all’estero,
dove grazie al prestigio guadagnato con la forza delle sue azioni seppe dare all’Italia
una rappresentanza autorevole, favorendo con la sua azione il perseguimento
2
dell’interesse nazionale nei vari momenti storici in cui si trovò a rivestire incarichi
istituzionali.
L’intento di questa tesi è cercare di individuare, nel lungo percorso all’interno
delle Istituzioni italiane, quale sia stato il contributo che Carlo Azeglio Ciampi ha
fornito alla politica estera italiana, tanto in ambito europeo quanto in campo
internazionale; l’elaborato segue un percorso strettamente cronologico, diviso per
cariche e temi: il capitolo iniziale inerisce l’incarico nella Banca d’Italia, dagli esordi
fino alla conclusione del mandato; il secondo capitolo comprende l’anno alla guida
del Governo e il biennio ai Ministeri di Tesoro e Bilancio; il capitolo conclusivo
riguarda il periodo da Presidente della Repubblica.
La situazione economica italiana, al momento dell’insediamento di Ciampi al
vertice di Via Nazionale, non era di certo delle più rosee: fino a quella fase storica, il
sistema-Paese Italia aveva tratto benefici da una tendenza inflazionistica
dell’economia nazionale, con la gestione del cambio della lira che teneva la valuta
sospesa fra un dollaro debole e un marco tedesco forte. In sostanza, le industrie
riuscivano a crescere non tanto per un loro ammodernamento e una competitività
effettivi, quanto piuttosto perché godevano della “protezione paternalistica” della
Banca d’Italia, che operava svalutazioni competitive della lira per favorire le imprese
italiane nei confronti dell’estero; tuttavia, se questa pratica da un lato favoriva gli
industriali, dall’altro non faceva che aumentare ulteriormente e inesorabilmente
l’inflazione.
Per cercare di invertire questa tendenza, da Governatore della Banca d’Italia
Ciampi si rese protagonista di diverse iniziative. Fu fautore insieme a Beniamino
Andreatta del “divorzio” fra Banca e Tesoro, le cui conseguenze sulla politica
economica estera furono senz’altro positive: i tassi di interesse reali si attestarono su
livelli idonei ai parametri fissati dall’adesione allo SME, congrui ad assicurare il
rientro dell’inflazione sul lungo periodo; il fabbisogno pubblico venne quasi del tutto
finanziato sul mercato, senza creare nuova moneta; la Banca d’Italia cominciò ad
annunciare l’obiettivo di espansione della moneta. Fu inoltre in quegli anni
protagonista insieme a Goria della protesta formale che portò il G7 a riunirsi a
partire dal 1987 sempre e solo in formazione completa, senza essere preceduto da un
3
vertice a cinque in cui l’Italia era esclusa: il suo appoggio alla diserzione decisa dal
Governo Craxi fu determinante per la buona riuscita dell’operazione. Durante il
biennio 1987-1988 e i cambiamenti in sede di governo, Ciampi trovò nel ministro del
Tesoro Giuliano Amato un interlocutore credibile con cui perorare in sinergia la
causa europeista: le misure congiunte del Tesoro e della Banca d’Italia in quella fase
storica resero possibile la partecipazione europea al Trattato di Maastricht, operata
nella convinzione che l’interesse nazionale fosse da perseguire nella più ampia
cornice europea, per ragioni tanto economiche quanto politiche. Il 1992 fu un anno
di pesante crisi economica per l’Europa, con una forte recessione dovuta soprattutto
a una grave crisi valutaria; questa riguardò soprattutto le valute del Sistema Monetario
Europeo: prima la lira, poi la sterlina e infine il franco furono attaccate dagli
speculatori. Italia e Regno Unito dovettero uscire dallo SME, ma per tutto il tempo
del “sofferto esilio” (durato ben quattro anni) l’obiettivo di Ciampi sarebbe stato far
rientrare la lira nel più breve tempo possibile.
Gli incarichi del quinquennio 1993-1998 sono stati cruciali per il
perseguimento degli obiettivi strategici italiani. Le circostanze politico-giudiziarie che
travolsero la classe politica italiana lo trascinarono nei palazzi del potere: Scalfaro gli
offrì nel 1993 la possibilità di diventare il primo Presidente del Consiglio di natura
tecnica, incarico che ricoprì nella convinzione che i problemi atavici dell’Italia
avrebbero potuto essere risolti solo ponendo al Paese un vincolo esterno che lo
responsabilizzasse: l’Europa. Nel 1996, con la coalizione di centro-sinistra al
Governo, Prodi lo volle con sé nella grande rincorsa verso la moneta unica,
operazione che si può a buon diritto considerare il capolavoro politico di Ciampi.
Il discorso di insediamento di Ciampi, pronunciato il 6 maggio 1993,
conteneva in nuce tutti gli obiettivi di respiro nazionale e internazionale che quel
Governo atipico si apprestava a intraprendere. Il Presidente, per cercare di
stabilizzare il sistema Italia e dare un’impronta europeista alla sua azione, sottolineò
fin dal suo primo intervento a Montecitorio la volontà di ridurre il debito pubblico
attraverso gli interventi sul mercato, cercando di evitare di agire con manovre
impopolari e gravose come il prelievo forzoso sui risparmi; se riguardo la sfera della
politica nazionale il capo del Governo insistette molto sulla necessità di assecondare
4
il popolo italiano nella sua forte richiesta di cambiamento, per ciò che concerne
l’indirizzo di governo in politica estera Ciampi evidenziò l’importanza di mantenere
salde le storiche alleanze in cui l’Italia era partecipe e di rafforzare con vigore la
costruzione dell’unità europea di cui egli stesso, in veste di Governatore, era sempre
stato attore coprotagonista. Al fine di rassicurare gli alleati europei della bontà delle
intenzioni italiane, oltre che per tutelare maggiormente gli interessi economici e
sociali del sistema-Paese, si adoperò con successo nel raggiungimento dello storico
“Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle
politiche del lavoro e del sostegno al sistema produttivo”, autentica pietra miliare
della contrattazione con le parti sociali, grazie anche al cruciale contributo fornito alla
causa da industriali e sindacati.
Se la sfera della politica nazionale fu basata sull’assecondare la grande
richiesta di cambiamento che perveniva nei palazzi del potere dalla società civile,
l’indirizzo di governo in politica estera fu fondato sul mantenere salde le storiche
alleanze in cui l’Italia era partecipe in campo internazionale e sovranazionale,
rafforzando con vigore la costruzione del processo di integrazione comunitario di cui
egli stesso, in veste di Governatore, era stato partecipe attivamente. Egli intervenne
con fermezza nella questione balcanica, affermando come l’Italia avrebbe dovuto
avere maggiore considerazione all’interno della catena di comando del contingente
NATO; si trovò inoltre ad affrontare le conseguenze del primo scontro di carattere
militare dai tempi della seconda guerra mondiale che coinvolgesse un contingente
italiano: la “Battaglia del check-point Pasta”, che vide fronteggiarsi il contingente di
peace keeping italiano con le truppe ribelli dell’Alleanza Nazionale Somala e in cui
persero la vita tre soldati italiani. Tale occasione diede modo al Presidente di far
valere la voce italiana anche all’interno del contesto di pacificazione delle Nazioni
Unite, dove fino a quel momento si era riscontrata una emarginazione da parte del
comando ONU del contingente italiano. Una ulteriore iniziativa di rilievo storico-
economico operata nel suo breve mandato a Palazzo Chigi fu la creazione della
struttura normativa necessaria ad avviare il cruciale processo di privatizzazioni delle
aziende controllate dallo Stato.
5
Da Ministro del Tesoro e Ministro del Bilancio e della programmazione
economica (incarichi in cui, in virtù della sua indipendenza politica, poté operare in
piena autonomia), egli si spese con energia e perizia nella difficile operazione di
riavvicinamento dell’Italia ai parametri di Maastricht. Il Palazzo delle Finanze si rivelò
una collocazione congeniale alle sue qualità e al suo obiettivo principale, al suo ideale
di interesse nazionale: portare l’Italia nell’euro, dal principio. Per la sua
partecipazione al progetto della moneta unica, fu decisiva la sinergia fra Romano
Prodi e Oscar Luigi Scalfaro (suo predecessore al Quirinale), determinati ad avere
una figura di garanzia e internazionalmente rispettata a presiedere il dicastero del
Tesoro; tuttavia Ciampi subordinò l’accettazione dell’incarico ad alcune condizioni,
quali il riconoscimento della sua condizione di tecnico e l’accettazione da parte di
Prodi della sua volontà di rimanere estraneo ai giochi politici, condizioni rivelatesi poi
cruciali per l’esito positivo dell’operazione.
Per conseguire il suo obiettivo, egli operò oltre confine attraverso una fitta
rete di relazioni umane per cercare di trovare un “gancio politico” all’iniziativa
italiana, lavorando soprattutto per convincere i tedeschi della bontà delle intenzioni
italiane (a tale scopo, furono significativi i ripetuti contatti con Francia e Spagna);
trovò numerosi alleati sulla scena internazionale nella sua battaglia per la
partecipazione italiana all’euro dal principio: il suo vecchio collega De Laroisière, in
quel momento Presidente della BERS; Jean Claude Juncker, allora Primo Ministro e
Ministro delle Finanze del Lussemburgo; Michel Camdessus, allora Direttore
Generale del Fondo Monetario Internazionale.
Entro i confini, fu cruciale la sua conoscenza della materia economica per
favorire un ricalcolo del disavanzo pubblico che fece guadagnare all’Italia quasi un
punto percentuale nel fondamentale parametro di Maastricht relativo al rapporto
disavanzo pubblico annuale/PIL. Un errore nel conteggio, individuato e corretto
grazie a una intuizione di Ciampi, fece fare un enorme balzo in avanti all’Italia verso
l’integrazione europea: si registrò un guadagno di circa 12.500 miliardi, e ciò ebbe
effetti significativi sul deficit di partenza, che passava dal 7,4% al 6,5%, il tutto senza
incidere sull’economia reale. L’intuizione del Ministro, seppur di natura squisitamente
tecnica, fu fondamentale per instillare fiducia negli alleati europei; la scelta di non
6
comunicare nell’immediato agli alleati di Governo la lieta notizia fu parimenti utile a
mantenere al massimo lo sforzo congiunto, evitando i rallentamenti che sarebbero
potuti scaturire da facili entusiasmi. Per cercare di accelerare il processo di
avvicinamento del Paese al traguardo, fu effettuato dai tecnici del Ministero del
Tesoro uno scrupoloso lavoro di scrittura del Dpef; in particolare, per guadagnare
credito nei confronti dell’opinione pubblica europea e per trovare un escamotage
giuridico che permettesse un maggior margine di manovra, si cercò di inserire una
attestazione scritta della strategia “a fasi” prospettata da Ciampi ai colleghi europei
nel Documento stesso, per ottenerne una legittimazione attraverso un voto
parlamentare. Il lavoro si concentrò sul paragrafo IV.10 del Dpef 1997-1999, il
cosiddetto “paragrafo-gancio”, che permise di fatto la possibilità di operare una
manovra aggiuntiva nello stesso anno che si rivelò determinante per il perseguimento
dell’obiettivo italiano di ingresso nell’euro dal suo varo, scopo che secondo Ciampi
era di fondamentale importanza per tutelare l’interesse nazionale nonché gli interessi
economici italiani. Il rientro nella banda stretta dello SME, operato con un rapporto
di cambio lira-marco di 990 lire per marco, fu un’altra azione decisiva in questo
senso.
Il 2 gennaio 1998 arrivò il dato ufficiale del fabbisogno del settore statale del
1997: 2,7%; in seguito all’approvazione della legge finanziaria del 1998, nello storico
Consiglio Europeo di Bruxelles del 2 maggio l’Italia fu ufficialmente ammessa fra i
Paesi della fase uno dell’euro, realizzando di fatto un’impresa ragguardevole e su cui
pochi osservatori si erano espressi positivamente circa la sua realizzazione. Grande
merito venne reso a Ciampi, che grazie alle sue doti di tecnico ma soprattutto di
consumato politico internazionale seppe tessere una fitta rete di amicizie e iniziative
funzionali all’interesse italiano di essere un pilastro europeo, al pari di Francia e
Germania e non in loro subordine.
I sette anni trascorsi al Quirinale furono dedicati a tre obiettivi fondamentali:
favorire la rinascita di un sentimento patriottico autentico, attraverso la riscoperta dei
valori della Patria e del Risorgimento; rappresentare gli interessi italiani nel contesto
europeo, favorendo un aumento dell’integrazione attraverso diversi interventi
pubblici e il lancio di una costituente europea d’intesa con il Presidente federale Rau;
7
tutelare gli interessi nazionali e gli interessi economici del mondo imprenditoriale
italiano, organizzando in collaborazione con gli industriali diverse visite di Stato nei
Paesi dove storicamente le imprese italiane avevano difficoltà a inserirsi. Un ulteriore
cardine che muoveva l’azione europea di Ciampi era rendere il concetto di “pax
europea” un pilastro fondamentale dell’Europa del futuro: egli era mosso dalla
convinzione che l’Unione Europea avrebbe dovuto essere un punto di ancoraggio
per i Paesi limitrofi, con specifica attenzione per la situazione atavicamente
tumultuosa del Medio Oriente. In particolare, riguardo gli interessi italiani ed europei
nell’area, egli riteneva che l’affermazione dell’Europa come mediatore principale del
conflitto israelo-palestinese, con l’obiettivo di favorire la nascita di un autonomo
stato della Palestina, sarebbe stata la certificazione dell’ascesa a “potenza politica”
dell’Unione, con riflesso prestigio per l’Italia; tuttavia, nonostante una enorme
quantità di visite di Stato in Paesi arabi moderati, l’aggravarsi della crisi israelo-
palestinese e gli attacchi dell’11 settembre resero quel progetto meno incisivo delle
pur ottime premesse.
Nonostante i ripetuti contrasti con i governi presieduti da Silvio Berlusconi,
tanto in politica nazionale quanto in politica estera, il suo operato fu di fondamentale
importanza per mantenere salda l’immagine italiana all’estero (venendo questi
considerato dall’opinione pubblica internazionale, in ragione del suo percorso nelle
Istituzioni, un vero e proprio simbolo di sicurezza e autorevolezza) e per difendere la
Costituzione dagli attacchi dell’Esecutivo. Il suo fermo diniego della possibilità di una
partecipazione italiana al nascente conflitto iracheno al di fuori di una cornice di
cooperazione internazionale, operato in forza di una interpretazione letterale
dell’articolo XI della Costituzione (nonostante Governo e diplomazia statunitense
pressassero in senso opposto), risultò un forte punto di rottura con le politiche
personalistiche e poco ortodosse del Governo Berlusconi. Il suo senso delle
Istituzioni fu testimoniato anche dalla rinuncia, per questioni più di opportunità che
anagrafiche, a un secondo mandato, nonostante le forze politiche fossero
estremamente tentate da una sua riconferma.
Per il lavoro di ricerca si è fatto un uso diffuso delle fonti provenienti
dall’archivio storico del Quirinale, dove sono conservati i diari personali del
8
Presidente, oltre che tutti i suoi discorsi e il calendario delle sue visite italiane e
internazionali; si sono rivelati di estrema utilità anche l’archivio storico del quotidiano
La Repubblica e alcuni libri redatti da collaboratori di Ciampi e da storici, primo fra
tutti “Carlo Azeglio Ciampi – L’uomo e il presidente” (2007, Milano, RCS libri
S.p.A.), scritto dal suo Consigliere per la Stampa e l’Informazione Paolo Peluffo,
ricco di retroscena e confidenze relativi all’intera carriera politico-istituzionale del
Presidente; nondimeno è stato cruciale per l’impostazione della ricerca concernente il
capitolo III il libro “Dal Colle più alto – Al Quirinale con Ciampi negli anni in cui
tutto cambiò” (2012, Milano, Il Saggiatore S.p.A.), scritto da Antonio Puri Purini, suo
Consigliere diplomatico durante il settennato. Si sono inoltre rivelati fondamentali
per la comprensione del pensiero ciampiano le numerose opere che il Presidente ha
pubblicato negli anni del suo percorso nelle Istituzioni italiane e internazionali, oltre
ad altre opere di carattere biografico sulla sua persona e colloqui intercorsi durante
tutta l’elaborazione della tesi con personalità che hanno lavorato a stretto contatto
con il Presidente durante la sua permanenza al Quirinale.
Al termine di questo elaborato, si può di certo affermare come la figura di
Carlo Azeglio Ciampi abbia fornito un apporto non solo cruciale, quanto decisivo,
alla politica estera ed europea italiana: egli, grazie alla sua profonda esperienza e alla
bontà delle sue iniziative, seppe guidare con successo l’Italia verso una dimensione
europea, nella ferma convinzione che solo in un contesto sovranazionale gli interessi
della Nazione sarebbero stati sufficientemente soddisfatti.