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Nella città del Golfo a rischio 3000 posti Industria il Fatto del Golfo O rmai l’Eni non nasconde più le sue intenzioni, non usa mezze frasi: dalla ne di luglio, la raneria di Gela sarà de- classata a deposito costiero di carburanti. Niente più investimenti per 700 milioni di euro, come l’azienda si era impegnata a spendere per realizzare il programma di riconversione e riquali cazione produtti- va di gasoli. Niente più riavviamento delle tre linee produttive di Topping, Coking ed Fcc. a pagina 24 ENI: dramma sociale www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Luglio Anno IV Num. 31 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento FREE PRESS a pagina 18 parola di Michela Stancheris D’Antona e la mission della Pro Loco nissena Fatti in Redazione F. Falci alle pagine 12 e 13 Il 12 luglio del 1954 moriva a Villalba Ca- logero Vizzini conosciuto da tutti come don Calò, il capo dei capi della maa del primo ‘900. Rileggendo la sua storia cri- minale, non mancano analogie con il pre- sente. Don Calò Vizzini capoma a “contemporaneo” Storia & Cultura 2014 ISSN: 2039/7070 A. Giunta F. Infurna Castiglione il vicesindaco che “scuoterà” la cultura in Città... Il turismo in Sicilia di Marco Benanti Marina “cambia rotta” a pagina 15 A. Sardo a pagina 16 www.adpugliese.it A.D. PUGLIESE S.p.a. Concessionaria BMW - MINI Via di Santo Spirito, 102 Caltanissetta

il Fatto Nisseno - luglio 2014

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Page 1: il Fatto Nisseno - luglio 2014

Nella città del Golfoa rischio 3000 posti

Industria

il Fatto del Golfo

Ormai l’Eni non nasconde più le sue intenzioni, non usa mezze frasi: dalla

fine di luglio, la raffineria di Gela sarà de-classata a deposito costiero di carburanti.Niente più investimenti per 700 milioni di euro, come l’azienda si era impegnata a spendere per realizzare il programma di riconversione e riqualificazione produtti-va di gasoli. Niente più riavviamento delle tre linee produttive di Topping, Coking ed Fcc.

a pagina 24

ENI: dramma sociale

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

LuglioAnno IV Num. 31 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

FREE PRESS

a pagina 18

parola di Michela Stancheris

D’Antona e la mission della Pro Loco nissena

Fatti in Redazione

F. Falci alle pagine 12 e 13

Il 12 luglio del 1954 moriva a Villalba Ca-logero Vizzini conosciuto da tutti come don Calò, il capo dei capi della mafia del primo ‘900. Rileggendo la sua storia cri-minale, non mancano analogie con il pre-sente.

Don Calò Vizzini capomafia

“contemporaneo”

Storia & Cultura

2014 ISSN

: 203

9/70

70

A. Giunta

F. Infurna

Castiglioneil vicesindacoche “scuoterà”la cultura in Città...

Il turismo in Sicilia

di Marco Benanti

Marina

“cambia rotta” a pagina 15

A. Sardo a pagina 16

www.adpugliese.it

A.D. PUGLIESE S.p.a.Concessionaria BMW - MINI

Via di Santo Spirito, 102 Caltanissetta

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Lugliowww.ilfattonisseno.it2

Ho la vaga impressione che questo ci stia prendendo per il culo. Non trovo altra più

efficace affermazione se non questa immediata, greve e pacchiana e di questo me ne scuso col lettore. L’ho capito solo adesso? Non lo so ma mi sembra di essere andato allo spetta-colo di un illusionista sapendo quello che tutti sanno: che c’è il trucco nella sua esibizione, ma ci si va lo stesso, pagando, per essere sorpresi e mera-vigliati. E uscendo sarei stato sicuro che mi sarei pentito di esserci stato. Questo il mio stato d’animo attuale.Il nuovo Sindaco, pur non essendosi ancora ambientato, pur non avendo ancora inquadrato il Comune di sua residenza, pur essendo ancora alla cas-sa per il pagamento del noviziato, solo ora, ad elezioni finite, si mostra im-provvisamente debole. Non abbiamo infatti la percezione del cambiamento. Non è sicuro, non è forte, appare con la guardia bassa sul ring della politica.Lo abbiamo votato in pochi, ma quelli che lo abbiamo fatto ci crede-vamo forti, fortissimi, invulnerabili; girandoci attorno abbiamo visto una serie infinita di comitati, partiti, movi-menti, deputati, parroci, associazioni, giornalisti che coccolavano il nostro Giovanni; un’autoconvinzione tenace anche quando ci addormentava nei confronti televisivi e lo vedevamo

in campagna elettorale con quelle quattro anime perse dei suoi asses-sori. Ma nulla, nemmeno le amicizie pericolose dei partiti, ci scalfivano, anzi giusto questo appoggio, ci dava sicurezza. Come quando da ragaz-zino hai l’amico bullo che ti copre le spalle e ti vanti di averlo amico.E qualche conoscente sedicente intel-lettuale, a capo dell’ennesima gruppo di lavoro a favore del Sindaco, ci face-va notare che la vera energia veniva da loro e non certo da quei centocin-quanta candidati che hanno portato i voti. Poi scopriremo che oltre a questi se ne sono aggregati altri non neces-sariamente avendo pagato il bigliet-to dello spettacolo di illusionismo. Sono entrati “a gratis”. Identificati.E la capacità di persuasione del Sindaco nei nostri confronti è sta-ta grande; ci ha convinti che la de-mocrazia partecipata era meglio di una guida autorevole, che il meto-do sarebbe stato vincente rispetto ad una consolidata esperienza, che mettere tutto in rete avrebbe risolto ogni problema invece che spartane e “pratiche” azioni amministrative.Un mese dopo, finito lo spettacolo, messe da parte paillettes e musican-ti, smontato il telone del circo elet-torale, di fronte allo squallore della città e all’impalbabilità dei nisseni, assistendo al teatrino indecente della

conquista della pol-trona di Presidente del Consiglio Co-munale, prenden-do atto che sono sempre i soliti commercianti (o la Confcom-mercio?) che decideranno o non deci-deranno sul piano traffico, meravigliandoci noi della meraviglia di qualche assessore di fronte a quello che non funziona al Comune, dimenticandoci del me-gaschermo per le partite dell’Italia e della proiezione in Piazza delle se-dute del Consiglio Comunale, della vacuità di fritture e “pane cunzatu”, della richiesta sbalorditiva e geniale di far svolgere gli spettacoli in forma gratuita, per questi e non soltanto per questi motivi ci viene l’angoscia a pensare che forse l’abbaglio l’abbia-mo preso davvero. I sogni svanisco-no al risveglio ma non vorremmo che di fronte ai problemi seri che Ruvolo dovrà affrontare (rilancio dell’economia, ricerca dei finanzia-menti, riorganizzazione dei servizi) giusto quei sogni si tramutino in un incubo non nel sonno ma al mattino.Il problema non è legato soltanto al condizionamento dei partiti, intesi

come ogni singolo consigliere (que-sto ostenta e rappresenta ognuno di loro), che sicuramente subirà Gio-vanni Ruvolo, ma riguarda la sua capacità di essere comunque incisivo nelle scelte amministrative. I segnali che arrivano non sono confortanti; non crediamo che basti andare in qualche sacrestia per far capire alla compagnia di giro dei quartieri che si è presenti e sensibili, o ad ogni occa-sione affermare come un vinile rotto che“ bisogna fare rete”, “essere solida-li”, “che questa è la prima città italia-na a “reale democrazia partecipata”, oppure continuare a dire che senza gli “altri” non si va da nessuna parte; ma gli “altri” chi? Chi sono gli “altri”?Ruvolo lo abbiamo votato perché ab-

biamo cre-duto in un rinnova-mento reale che, sia chiaro, non può avvenire in un mese e nemmeno in un anno. Ma ci angoscia non notare atti di grande coraggio e di inversio-ne di tendenza, quelli necessari che il suo avversario prometteva proba-bilmente con presunzione e che ci hanno persuasi a puntare sull’ex boy scout piuttosto che votare l’odiato “fascistone” o andare a mare come tanti (forse gli “altri”?) hanno fatto. Ma un segnale di autorevolezza, sen-za l’input degli ecclesiastici di nome e di fatto e dei suoi amici autorefe-renti intellettuali, forse sarebbe op-portuno. Dott. Ruvolo, forse non l’ha compreso bene ma il Sindaco è lei.

EticoI fatti di

L’illusionista

Fatti & Palazzo del Carmine

“Tutti pazzi per la torta”

A Palazzo del Carmine c’è una guerra silente che coinvolge tutto il personale. C’è una prima

nutrita schiera di impiegati funziona-ri comunali che, a vario titolo, aspira a rivestire una delle tante posizioni orga-nizzative: destinatari possono essere, se-condo la contrattazione collettiva, solo i dipendenti appartenenti all’area apicale di ciascun comparto; ci sono poi alcuni dirigenti che sono sul punto di lasciare la vecchia poltrona per assumere altri incarichi e per finire la truppa del perso-nale comunale, la più numerosa; l’intera categoria dei lavoratori a cui, sono state tolte una serie di idennità a partire an-che dai progetti obiettivi e altre piccole somme di denaro in cambio di presta-zioni, come l’indennità di rischio per gli uscieri o l’indennità di vestiario, mentre resta in piedi l’indennità di risultato per i dirigenti del comune, sulla base di deter-minati parametri, che proprio lo scorso anno ha consentito loro di spartirsi una torta di oltre trecento mila euro. Già tre-

cento mila euro: numeri pesanti a fron-te del normale stipendio che percepisce un comunale di ”basso profilo” che si aggira intorno alle mille euro al mese. Trecento mila euro a favore di pochi dirigenti sulla base di un criterio formu-lato dal cosiddetto “nucleo di valutazio-ne” formato guarda caso, proprio dagli stessi dirigenti con il segretario generale in qualità di presidente e da due esperti. La torta di trecento mila euro sarebbe il premio per i risultato raggiunto; non è un caso se si chiama indennità di ri-sultato anche se agli occhi dei comuni mortali questa rivoluzione nel raggiun-gimento del risultato ha il sapore di una favola: un documento messo in entrata all’ufficio protocollo del comune impie-

g a mediamente da

quindici a trenta giorni prima di arri-vare a destinazione; gare di appalto che non decollano e bandi di gara errati; co-operative che svolgono servizi per conto del comune che rivendicano media-mente il pagamento di diverse mensilità e infine meglio stendere un velo pietoso su altri servizi di cui giornalmente do-vrebbero usufruire i cittadini: anagrafe e stato civile. Ma, non è un caso se il risultato raggiunto viene certificato dal segretario generale del comune Eugenio Alessi che adesso è sul punto di lascia-re la poltrona di Palazzo del Carmine dopo che il sindaco Giovanni Ruvolo, subito dopo il suo insediamento, gli ha dato il ben servito: è iniziato con questo primo atto la rivoluzione del personale

al comune che dovrebbe proseguire con una drastica riduzione delle posizioni organizzative allo scopo di generare un maggiore risparmio da destinare ai progetti obiettivi a vantaggio di tutto il personale. Adesso la torta per i dirigenti è diventata più piccola. dovranno fare i conti con una nuovo sistema di valuta-zione, sulla base di atti certi con i quali sono indicati gli obiettivi da raggiungere secondo le indicazione che provengo-no dalle direttive del sindaco e degli assessori, dall’indirizzo del consiglio con un piano dettagliato degli obiettivi da raggiungere nel corso dell’anno. Suc-cessivamente il nucleo di valutazione sarà chiamato a verificare se gli obiettivi indicati dall’amministrazione sono stati raggiunti e quindi si poterà passare alla relativa attribuzione del punteggio ed infine all’indennità di risultato. Questa volta nella piccola rosa dei dirigenti non ci sarà Eugenio Alessi che a partire dal tredici di agosto prossimo potrà essere “dimissionato” dalla carica di segretario.

La norma consente di sostituire il segre-tario generale non prima non prima dei 60 giorni dall’insediamento del sindaco e non oltre il cento ventunesimo giorno. Con la fuoriuscita del segretario genera-le e l’arrivo di una nuova figura cambie-ranno le regole anche per quanto riguar-da la figura della posizioni organizzative e, potrebbero cambiare anche per i “pro-fili più bassi” nella scala dei valori dei co-munali. Nel conferimento di questi in-carichi un grosso ruolo sono chiamati a svolgere i sindacati che sono stati messi all’angolo dalla passata amministrazio-ne. Adesso, come ama ripetere il nuovo sindaco Giovanni Ruvolo, è il momento della concertazione, della condivisione per cui, seguendo questo criterio, i rap-presentanti dei lavoratori avranno un ruolo chiave da svolgere nella contratta-zione collettiva che riguarda i comunali; sia posizioni organizzative che sem-plici impiegati “ di basso profilo” che guardano con attenzione alle prossime mosse dell’amministrazione comunale.

di Salvatore Mingoia

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Il sogno di affrancarsi da una provincia mai amata, come quella di Caltanissetta, e di poter

ambire al ruolo di comune capofila di un libero consorzio è sfumato, domenica sera, per Gela, quando la bassa percentuale dell’affluenza alle urne, (molto al di sotto del quorum di 50% +1 richiesto) ha confermato il flop del referendum con cui i ge-lesi avrebbero dovuto ribadire l’a-desione al territorio provinciale di Catania.Queste le fredde cifre che sancisco-no il fallimento della tentata seces-sione: 23.725 votanti pari al 36,14% del corpo elettorale. Scontatissima la vittoria dei “Sì” (23.442 voti) che hanno raggiunto la plebiscitaria percentuale del 99,23%, a fronte dei 181 “No”, pari allo 0,77%. Ventuno le schede bianche, 81 le nulle.

Assenti dalla competizione elettorale i partiti politici. In prima linea solo movimenti estemporanei e ammi-nistratori, ma a titolo personale. I cittadini, disertando le urne, hanno vanificato la delibera con cui il consi-glio comunale di Gela aveva sancito, all’unanimità, l’adesione cittadina al libero consorzio di comuni etneo.Amarezza e delusione tra i compo-nenti del “comitato per lo sviluppo dell’area gelese”, diretto da Filippo Franzone, che lavora da anni a un ri-sultato positivo, prima con la ricerca di adesioni di comuni limitrofi a una potenziale nuova provincia regio-nale, poi con la presentazione della prima proposta di legge su iniziativa popolare (bocciata nel 2013 dall’Ars in commissione), infine con gli strumenti messi a disposizione dalle recente legge regionale n. 8/2014 di riforma delle province siciliane.Nel mancato successo referendario ha inciso profondamente la pesante situazione economia ed occupazio-nale determinatasi al petrolchimico con la decisione dell’Eni di revocare gli investimenti annunciando di-smissioni. La prospettiva della perdi-ta del reddito e del lavoro ha distratto i gelesi verso altre tematiche molto più urgenti. Lo dice lo stesso comi-tato per lo sviluppo del territorio ge-lese in una sua nota in cui evidenzia di avere operato “senza il supporto dei partiti, né dei sindacati, con po-chissimi fondi a disposizione e mol-tissimo tempo in meno per il voto” e, polemicamente, con “l’aggravante che (coincidenza) appena pochi gior-ni prima l’ENI minaccia la chiusura della Raffineria di Gela, innescando un enorme problema sociale”.Allora i lettori penseranno che l’av-ventura di Gela è finita e che tutto si è concluso con il flop referendario e il ritorno alla casa-madre Caltanis-setta.E invece no! La partita, secondo gli organizzatori, è ancora tutta da gio-care, tant’è che, insieme con il sinda-co, Angelo Fasulo, hanno presentato ricorso all’assessorato regionale agli

enti locali, avverso l’obbligatorietà del superamento del quorum per la validità del referendum.L’appiglio giuridico è dettato dall’e-sistenza di tre tipi di referendum: l’abrogativo, che prevede il quorum; il consultivo, che lo richiede solo facoltativamente; il confermativo (come nel caso di quello gelese) che non ne contempla la necessità. Per la conferma referendaria della delibera consiliare di adesione ad altri consorzi di comuni, la legge regionale prevede di utilizzare il proprio regolamento comunale che

però a Gela contempla solo il refe-rendum consultivo con obbligo del superamento del quorum. Questa “vacatio” di regole ha indotto gli or-ganizzatori a presentare ricorso e ad appellarsi (se necessario) anche al tribunale amministrativo regionale.Per loro, il referendum di domenica 13 luglio 2014 è valido, e scrivono che i “gelesi hanno preso una deci-sione storica: vanno via da Caltanis-setta per entrare con il Consorzio di Catania”, concludendo solennemen-te che “ una nuova storia inizia, un nuovo futuro ci aspetta”.

Luglio www.ilfattonisseno.it 3

di Franco Infurna

Gela & dintorni

Come mai i politici gelesi di primo piano, deputati regionali, aspiranti tali ed

ex, non si sono mobilitati più di tanto per il referendum che do-veva sancire l’uscita di Gela dalla Provincia (pardon, Libero Con-

sorzio) di Caltanissetta per entrare in

quello di Catania? R e f e -rendum lasciato

alla pro-p a g a n d a

del Comi-tato pro-

motore G e l a -p r o -vincia

( s a -

rebbe stata un’altra cosa) e con-sumato con uno striminzito 36% dei votanti, che, al di là del 99% dei voti per il SI, ha dimostrato quanto, sostanzialmente, ai gelesi, dopo decenni di polemiche cam-panilistiche feroci, in fondo, di lasciare Caltanissetta non importi gran chè?Semplice: perché i politici gelesi nella provincia/collegio elettorale di Caltanissetta hanno la certezza di essere i più votati e quindi gli eletti, cavalcando il campanili-smo frustrato e la solidarietà per qualunque “paesano” (così dicono da quelle parti) che si candidi a qualcosa. Non così sarebbe stato in provincia di Catania e nel mare magnum del suo collegio elettora-le regionale, o peggio, nel collegio circoscrizionale per il Parlamento, che taglierebbe alle spalle ai gele-si l’intero retroterra della Sicilia occidentale per immergerli in un contesto più ampio, metropoli-

tano e policentrico, incon-trollabile al sistema delle alleanze nord-sud che da sempre hanno costruito la

base per la colonizzazione politica del territorio di Caltanissetta.“Meglio primo in un villaggio della Gallia che secondo a Roma” diceva Giulio Cesare, secondo Plutarco, prima della guerra civile.Che Pino Federico, Giuseppe Arancio, Lillo Speziale, Tonino Gagliano, Miguel Donegani, An-gelo Fasulo & C. abbiano letto Plutarco da giovani? In fondo, i deputati eletti nel villaggio di Caltanissetta sono uguali a quelli di Catania, e qui sono certamente più sicuri.

Richelieu

Gela capitale della Gallia

il Fatto di Richelieu

Referendum galeotto, Gela “incatenata a Caltanissetta

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www.ilfattonisseno.it4 Luglio

Rosario Di Salvo era stato un emigrante. Era nato a Bari nel 1946 e

poi si era trasferito a Palermo. Lì si era sposato negli anni “70, quando c’era il boom economico. Sembra-va che tutti stessero diventando più ricchi, eppure Di Salvo e la moglie per lavorare dovettero emigrare in Germania.Fatto un gruzzolo, tornarono a Pa-lermo e Di Salvo decise di aderire al Partito Comunista; entrò a far parte della struttura tecnica e si mise a lavorare al fianco dei leader

della politica siciliana e nazionale, accompagnandoli nei viaggi e svol-gendo un lavoro di ausiliario per il quale certamente non sarebbe mai diventato famoso né avrebbe fatto carriera politica.Un gregario, si direbbe oggi. E forse lo si diceva anche ieri; ma, a bassa voce, sotto la solenne formula di “compagno” che faceva sembrare tutti uguali quelli che stavano nel partito, qualsiasi cosa vi facessero.Nel 1981 Di Salvo vide tornare a Pa-lermo uno che sembrava destinato a diventare un dirigente importante del partito.Era l’on. Pio La Torre. Un militante comunista che aveva fatto la gavet-ta: prima consigliere comunale, poi componente del comitato centrale,

quindi segretario regionale in Sicilia e successivamente – a salire – depu-tato regionale, deputato nazionale, componente di spicco della Com-missione antimafia.Quando sembrava dovere assumere ruoli ancora più importanti, stop. E nel 1981 Pio la Torre ritorna a fare il segretario regionale del partito in Sicilia.Di Salvo si trova subito benissimo con lui e in pochi giorni consoli-dano un’intesa fortissima. Di Salvo non lascerà mai un attimo La Torre, accompagnandolo in giro per tutta

la regione; non era solo un’autista, un amico e un collaboratore. La pi-stola che portava sempre con sé di-ceva che per Pio La Torre era anche una garanzia di sicurezza.“La mafia vi sembra un’onda inar-restabile, ma noi la fermeremo”, diceva il suo amico, il “compagno” segretario. E certamente Di Salvo doveva credere profondamente in quelle parole.Eppure giorno per giorno egli ve-deva e capiva quante difficoltà in-contrava La Torre nel suo lavoro, quanta ostilità, diffidenza e incom-prensione manifestavano persino i suoi compagni di partito, i quali so-stenevano tutti di essere impegnati in maniera incondizionata contro la mafia.

Nonostante La Torre fosse stima-to dal segretario del partito Enrico Berlinguer, tra i dirigenti nazionali ce n’erano molti che lo considera-vano un ottimo organizzatore, “un uomo pratico e pieno di iniziative”, ma nulla di più. E alla fin fine non davano molto credito alle sue batta-glie.Ad un politico romano del PCI sen-tirono dire: “Prendiamo con pru-denza le parole di Pio perché è uno abituato a esagerare un po’, dalla ma-fia ormai è ossessionato”.Rosario Di Salvo che era un piccolo gregario invece non la pensava così. Nel mese di aprile del 1982 Di Salvo chiese un colloquio riservato all’on. Adriana Laudani, una dirigente del partito siciliano, e le disse con molta agitazione che non ce la faceva più: non dormiva più, veniva assalito da tremori, viveva nel terrore assolu-to. Le spiegò che lui non poteva più garantire un’adeguata difesa a Pio la Torre e le manifestò chiaro il timore di un pericolo imminente e grave. Un pericolo che la sua buona volon-tà, la sua passione, la sua determi-

nazione e quella sua pistola portata sempre con sé non avrebbero potuto scongiurare.L’on. Laudani aveva sostenuto Pio La Torre in alcune battaglie anche all’interno del suo partito e sapeva di quante volte gli avevano rimpro-verato di drammatizzare troppo e di turbare gli equilibri politici. Tanto che La Torre aveva continuato sulla

sua strada senza più esortare i “com-pagni” a sostenerlo.Di Salvo ebbe subito la promessa dall’on. Laudani che avrebbe riaper-to una discussione con La Torre e con il partito anche sul tema della loro sicurezza.Ma c’era già pronto un commando mafioso che non aveva voglia di aspettare quella discussione.Il 30 aprile del 1982 Rosario Di Sal-vo era alla guida dell’autovettura che accompagnava Pio La Torre alla sede del partito; si passava da una strada strettissima, via Turba, nella

quale era facile bloccare il transito di una macchina.Di Salvo si accorse subito di quello che stava succedendo; anche perchè lo aveva previsto. Fermò la macchi-na e fece scudo al suo segretario, a quello che lui davvero poteva dire essere suo amico e “compagno”; estrasse la pistola che portava con

sé e cominciò a sparare ai killer che erano di più e meglio armati.Il suo gesto eroico non servì a difen-dere Pio la Torre né se stesso; anche questo Rosario lo aveva previsto.Ci fu grande stupore e sconcerto dentro e fuori il partito dopo l’assas-sinio di Rosario Di Salvo e di Pio La Torre; sembrava che nessuno potes-se aspettarselo.Ma Di Salvo se lo aspettava. E fino all’ultimo, anche se non riusciva a dormire la notte, non si era tirato indietro.Se esiste il reato di associazione ma-

fiosa in Italia, se il nostro paese rie-sce a confiscare i beni alla crimina-lità organizzata, è perchè sono state tradotte in legge tante proposte di Pio La Torre.Ma converrà ricordare che il merito è anche di quell’autista con la pisto-la, che fino all’ultimo non lo abban-donò.

Fatti contro la mafiaper non dimenticare

Stor

ia &

Cul

tura

“La mafia vi sembra un’ onda inarrestabile, ma noi la fermeremo”, diceva il suo amico, il “compagno” segretario Pio La Torre

Di Salvo“compagno” autentico di Pio La Torre

Il Gruppo Dirigente Nazionale del PCI rende onore a La Torre e Di Salvo XFFLVL�GDOOD�PD¿D�LO����$SULOH�GHO�����

di Giovanbattista Tona

“Il coraggio consapevole di un uomo che non voleva diventare un eroe

Rosario

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Luglio www.ilfattonisseno.it 5

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www.ilfattonisseno.it6 Luglio

«È evidente che quando un partito emula la vecchia Dc ha un effetto calamita. Ren-

zi ha emulato la vecchia Dc perché ha fatto il percorso inverso di Alcide De Gasperi. Mentre De Gasperi costruiva un partito di centro che guardava a sini-stra, Renzi ha preso in mano un partito di sinistra - addirittura ex comunista - che fa sponda con il centro». Ragiona così Paolo Naccarato, senatore fra le fila del Gal, con un passato da stretto collaboratore di Francesco Cossiga, e fra i migliori dei palazzi del potere ro-mano. Il ragionamento non è affatto peregrino. Basti pensare che per trova-re un precedente con un partito al 40% bisogna risalire alla Dc di Fanfani del ’58, o addirittura a quella di De Gasperi del ’48. Ma il PdR, il partito di Renzi, è una storia a sé. Ha battuto ogni record in termini di percentuale della sinistra italiana: da quello del ’76 di Enrico Ber-linguer a quello più recente del 2008 di Walter Veltroni. Realizzando, per dirla con lo storico siciliano Salvatore Lupo, proprio la «vocazione maggioritaria di veltroniana memoria: il progetto di un grande partito di centrosinistra». Un «grande partito di centrosinistra» capa-ce di sfondare a sinistra, al centro, ma anche a destra. Ex democristiani, come Calogero Mannino - più volte ministro durante gli anni che furono della Prima Repubblica - gli riconoscono un meri-to: «Il Pci è stato salvato dalla congiura di Tangentopoli. Oggi, invece, quel par-tito è stato definitivamente liquidato da Renzi. E tutti i Dc vedono in Renzi lo strumento della nemesi». Ex dirigenti del Pci si lasciano andare dicendo che la sinistra «ha perso i riferimenti cromo-somici, ha rinunciato ad una visione di società e a una cultura alternativa». Salvo poi, fermarsi un attimo, fare un sospiro e domandarsi: «Cosa fare?», «A chi guardare?». Manco a dirlo. Il premier-segretario è la bussola, il cen-

tro-gravità permanente della politica italiana. La corsa all’ex primo cittadino di Firenze - e, quindi, al cosiddetto ren-zismo - è il mood delle settimane che hanno accompagnato il post-elezioni europee dello scorso 25 maggio. È stato così, infatti, per il partito vendoliano, “Sinistra, ecologia e libertà”. All’indo-mani della tornata elettorale si apre una faglia all’interno di SeL. Una «faglia», probabilmente studiata a tavolino,

che porta alla fuoriuscita dal partito di Gennaro Migliore, Claudio Fava, Titti Di Salvo, più un’altra decina di parlamentari. Andranno ovviamente verso Matteo Renzi, «la persona a cui il consenso ha consegnato il ruolo di maggiore responsabile delle sorti del-la sinistra europee». Un partito della

sinistra europea sui generis, però. Se-condo Mannino, infatti, il Pd a trazione renziana «è un partito che sta a sinistra ma non è un partito di sinistra». Una caratteristica che attrae chi, come An-drea Romano, proviene dall’esperienza montiana di Scelta Civica e che pone una riflessione anche all’interno del Ncd di Angelino Alfano. I parlamen-tari del ministro agrigentino sono in-decisi se sposare la causa dell’inquilino

di Palazzo Chigi. O tornare all’ovile fra le braccia dell’ex Cavaliere di Arcore. Ma il ragionamento che impazza fra la maggioranza di loro è il seguente: «For-za Italia non esiste più. Siamo al gover-no con Renzi, guardiamo a lui, provan-do a costituire l’ala destra del premier». Un ragionamento che riporta dritto

per dritto a una massima della corren-te dorotea della democrazia cristiana. «Stare sempre sempre in maggioran-za», amava ripetere con un pizzico di convenienza il doroteo Toni Bisaglia. E

Naccarato, senatore del Gal dopo una parentesi nel Ncd, arriva a sostene-re che «anche a costo di apparire “un renziano”, è necessario che prenda for-ma un raggruppamento, chiamiamo-la l’ala destra di Renzi, con una scelta chiara, con una proposta definitiva, e che metta al centro l’interesse del Pae-

se per superare la fase di emergenza in cui si trova e che abbia il coraggio fin d’ora di dichiarare agli elettori di essere giudicati dentro un’alleanza organica con il Pd di Renzi e con chi ci vuole

stare». Insomma c’è chi vuol fare l’ala destra, e c’è chi vuol fare l’ala sinistra, ma pur sempre della squadra di Mat-teo Renzi si tratta. In una corsa verso il Pd che l’ex socialista Rino Formica legge più come «un corteo dietro un pifferaio. Un corteo dove si annovera-no tante pecore, alcuni cani randagi e qualche ladruncolo di latte di pecora». Del resto, continua Formica, «vedo un corteo anche perché, come ribadito più volte da Renzi, i cittadini hanno votato per l’ultima speranza non per un’idea di partito. Renzi ha introdotto il modello del Salvatore della Patria. E il Salvatore della Patria come un’azien-da dissestata ricorre al superenalotto». Ma, attenzione. Annota l’ex socialista: «In questa fase abbiamo assistito a una convergenza di nomenclatura di un ceto sconfitto, che di fatto è una con-vergenza di disperazione. Non sappia-mo però dove penderà il popolo».

@GiuseppeFalci

La Renzimania all’italiana

Tutti sul carro del vincitore

Politica e Riflessioni

Il premier-segretarioè la bussola, il centrodi gravità permanentedella politica italiana

di Giuseppe A. Falci

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Intendiamoci subito facendo una distinzione fondamentale, che seppur prevista dalla Costitu-

zione italiana è ampiamente passata di moda: una cosa è lo Stato, altra i partiti politici. Lo Stato di per sé non è nemico del cittadino. È stata la partitocrazia e il consociativismo a renderlo tale. «Siamo entrati in una fase pre-Montesquieu», spiegava Leonardo Sciascia citando La Costituzione di carta di Mario D’Antonio (Giuffrè Editore), «i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario, ndr), che dovrebbero restare indipendenti, si sono riunificati nella partitocrazia. Cioè i partiti fanno le leggi, le fanno eseguire e le fanno giudicare. Quan-do c’è questo una democrazia non esiste più».In parlamento, prosegue Sciascia nel video assemblato per YouTube, siedono 600 anime morte. Gente che non è mai intervenuta. E che forse neanche ha un punto di vista

suo personale su quello che vota. Siamo dunque di fronte a una ca-sta e ai suoi fantocci. La situazione peggiore per delegare loro una ri-forma istituzionale, ammesso e non concesso che questa sia cruciale per uscire dalla palude della crisi dove sempre loro ci relegato e ci costrin-gono a restare.E la contingenza è delle peggiori. «La crisi incide sugli assetti sociali della popolazione e sul welfare pubblico. Il ceto medio risulta sempre più fragile, la disoccupazione giovanile ha assunto proporzioni insostenibili e le fasce più anziane della popolazione, vuoi per il prolungarsi della vita media, vuoi per la carenza delle strutture di supporto e per l’impossibilità di molte famiglie di farsene carico, necessitano di assisten-za e protezione».È il quadro, quanto mai preoccu-

pante che emerge dal Rapporto “Un neo-welfare per l’Italia. Autoprote-zione, mutualità e cooperazione”, edito da FrancoAngeli (240 pagi-ne), e commissionato dalla società cooperativa assicurativa Assimoco a Ermeneia, Studi & Strategie di Si-stema. Rapporto presentato lo scor-so 14 maggio presso la Biblioteca della Camera dei Deputati nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macu-to a Roma. E che vuole essere uno strumento scientifico utile a chi de-

sidera trovare risposte concrete per intraprendere un percorso che porti a un rinnovamento della fiducia e a nuove soluzioni di protezione sul piano sociale ed economico.Il grande tema dunque, IlFattoGlo-bale, più di qualsiasi riforma eletto-rale o costituzionale, è la crisi del-lo Stato sociale. Ridotto in passivo

dall’azione congiunta della corru-zione e della speculazione sul debi-to degli Stati sovrani. Chi scrive, ad esempio, a 42 anni sapeva già che non avrà mai una pensione. Un altro dato messo in luce dall’in-dagine e relativo al fatto che «esiste un doppio livello di consapevolezza nella popolazione che, da un lato, ri-conosce i segnali di un cambiamen-to profondo del ciclo di convivenza e, dall’altro, sottolinea la necessità di assumere maggiore responsabilità

in tema di autoprotezione indivi-duale, familiare e collettiva». Il campione di popolazione intervi-stato (2000 questionari validi, rac-colti attraverso un panel telematico, costituto da circa 1000 famiglie ita-liane, nel cui ambito hanno risposto i singoli individui da i 18 anni in su) registra in maniera significativa il passaggio di coesistenza che oggi stiamo vivendo e ciò emerge soprat-tutto considerando tre aspetti. «Il primo riguarda i mutamenti pro-fondi di ciclo che la crisi ha brusca-mente accentuato: il 63,4% degli intervistati riconosce l’inversione di tendenza rispetto alle aspettative so-ciali, ossia è consapevole del fatto che il ciclo precedente si presentava all’insegna della crescita sempre e co-munque (più lavoro, più reddito, più welfare pubblico), mentre quello attua-le suscita aspettative contrarie (meno lavoro, meno reddito, meno welfare pubblico). Il secondo aspetto riguarda la diffusa necessità di porre maggio-re attenzione agli aspetti relazionali e alla solidarietà delle persone (49,5% di

consensi), mentre il mood relativo al precedente ciclo vedeva il prevalere di spinte individualistiche. Il terzo aspet-to è relativo a quel 54% degli intervista-ti che ammette che l’attuale situazione economica problematica ricorda come ogni generazione debba affrontare la discontinuità delle condizioni di vita rispetto alle generazioni precedenti e questo deve servire a trovare modalità diverse di vivere che sfidano il modo di pensare degli italiani, il modo di agire e di fare progetti per il futuro».

E se in Italia la questione è parti-colarmente sentita, per entrambi i motivi che l’hanno determinata, anche all’estero non è da meno. Il Rapporto infatti analizza la situa-

zione in Germania, dove di recente è stata abbassata l’età pensionabile. Mentre negli Stati Uniti d’America fa ancora discute il passaggio dalla sanità privata a quella pubblica con il programma Obamacare.Tante le domande e i dubbi che as-sillano cittadini, tecnici e politici attenti ai mutamenti sociali (invero pochi): lo Stato è ancora in grado di sopportare i costi di un welfare organizzato ancora come ai tempi della rivoluzione industriale? Qua-le modello adottare invece? E an-cora: ci si può fidare delle imprese private nell’espletamento di questi servizi pubblici? O si rischia ancora un darwinismo sociale come quello determinato dalle assicurazioni sa-nitarie private in America?Proprio il Rapporto Assimoco sot-tolinea come «un’organizzazione economica moderna non può più operare senza la consapevolezza di trovarsi di fronte a un consumatore che è al contempo un cittadino e che chiede a voce sempre più alta un’im-presa che sia economica, ma anche

civica».Un fenomeno che esiste già e che è chiamato Corporate Social Re-sponsibility (responsabilità sociale d’impresa), in forza dei cui principi di solidarietà molte aziende, di ogni settore merceologico, che finan-

ziano progetti sociali d’ogni genere (scuola, ambiente, assistenza, sanità, ecc.). E se i più critici dicono che lo fanno solo per un fatto d’immagine e reputazione e per lo stesso motivo che funzionano.Ma una cosa è un progetto filantropico altro gestire la previdenza o l’assisten-za infortuni di un’intera nazione. Per cui è necessario coniugare al meglio profitto e responsabilità sociale. Ed è qui che entra in gioco un patrimonio tutto italiano: le cooperative. Tema a cui dovrebbe essere sensibile l’attuale Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che proprio da quel mondo arriva.Ma il Governo italiano sostiene che per uscire dalla crisi è necessario modificare la Costituzione, rendere il Senato non elettivo e introdurre una legge elettorale identica a quel-la bocciata dalla Corte Costituzio-nale solo sei mesi fa. Strano che in quell’America che tanto piace ai de-mocratici italiani in quasi 250 anni non hanno mai pensato di cambiare la Costituzione, eppure di crisi ce ne sono state.

www.ilfattonisseno.it8 Luglio

Il rapporto Ermeneia:“La crisi incide sugli assetti cociali della popolazione e sul welfare pubblico”

di Rino Del Sarto

Stato ASOCIALELa partiocrazia ne ha fatto un nemico del cittadino

In alto a destra un ritratto di Montesquieu.

Accanto, Barack Obama

Il mondo e le informazioni vanno sem-pre più veloci e complicano una realtà già di per sé mai oggettiva. Servono dunque chia-

vi di lettura e interpretazioni facilmente fruibili. Come quelle che IlFattoGlobale ha offerto dalle pa-gine de IlFattoNisseno a partire dal numero di Feb-braio 2013. Ed è proprio per portarle a un pubblico

più vasto che alla presenza su carta aggiunge un Blog. Un percorso riassunto dal Codice QR che vedete qui accanto. Basta scaricare sul proprio smartpho-ne l’App per leggere il QRCode, aprirla e puntare il telefonino sul codice per essere indirizzati au-tomaticamente su ilfattoglobale.wordpress.com.

Dalla carta al web: IlFattoGlobale diventa un Blog

Sciascia: “I tre poteri di Montesquieu sisono riunificatinella partitocrazia”. La fine della democrazia

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Chi l’avrebbe mai detto che un ente pubblico avrebbe dovu-to proteggersi dalle parole al

vento che viaggiano alla velocità del-la luce su internet? Eppure è così. La giunta municipale di Gela sferra il contrattacco rispetto ai commenti sul suo operato che inondano i social net-work. Sarà perché è stufa delle parole pesanti che tacciano ogni sua inizia-tiva o anche lo stallo amministrativo; sarà perché siamo ad un anno dalle prossime consultazioni elettorali e si sente chiaro nell’aria il senso di un rinnovato vigore che porta l’Ente locale ad uscire fuori con iniziative di spettacoli e cultura che daranno all’estate 2014 un sapore diverso dal-le ultime stagioni. Sarà quel che sarà, di fatto c’è che la giunta municipale ha licenziato un ‘Atto di indirizzo politico per la tutela dell’immagine’. I prodromi di questa iniziativa poggia-no sull’atteggiamento di dipendenti e cittadini che hanno trovato il siste-ma per esternare il loro risentimento contro l’amministrazione. Una sorta di ‘sfogatoio generale’ dove, video-camera alla mano, i gelesi mettono in risalto tutte le incongruenze, le nefandezze e anche le espressioni ri-correnti di sindaco e assessori, in una

campagna elettorale all’incontrario che non fa bene all’immagine che gli amministratori vogliono costruirsi per restare al loro posto di comando per altri cinque anni. E qui si ricordi chi ad ogni attentato incendiario che quasi ogni notte ‘illumina’ la città, i gelesi pubblicano la notizia con un commento rivolto al sindaco sopran-nominato ‘tuttoapposto’. Ogni buca

fotografata e messa in evidenza come prova della disamministrazione. Ogni lavoro che stride con i più elementari metodi architettonici correnti, sezio-nato, criticato e devastato con le paro-le. E l’amministrazione dice ‘basta!’ e passa alle maniere forti, minacciando azioni legali anche di natura penale a chi ‘scrive troppo’. Lo ha fatto anche il Presidente della Regione per limitare i commenti dei siciliani sui giornali on line. Oggi lo fa l’amministrazio-ne Fasulo che “dà mandato a tutti i

dirigenti di procedere a tempestive segnalazioni al Servizio contenzioso dell’Ente di azioni, comportamenti o dichiarazioni poste da qualunque sog-getto INTERNO o ESTERNO all’am-ministrazione finalizzate a ledere l’im-magine, per la conseguente azione di tutte le possibili forme di denuncia in sede penale e le richieste di risarci-mento danni in sede civile”. Le somme ottenute verranno destinate ad atti-vità benefiche. La delibera approvata all’unanimità è stata resa immedia-tamente esecutiva e fa appello all’art. 97 comma 2 della Costituzione per la tutela del diritto all’immagine dell’en-

te e all’articolo 54 della Costituzione che impone ai dipendenti l’obbligo di disciplina rispetto all’Ente presso cui prestano servizio. La delibera pubbli-cata sul sito del Comune di Gela ed all’Albo pretorio ha fatto scatenare i gelesi su Facebook che hanno taccia-to l’amministrazione di mancanza del senso della democrazia, con l’aggra-vante di foto di soldati nazisti che por-tano il dito sulla bocca chiusa in segno di silenzio imposto. Saranno passibili di denuncia? Staremo a vedere…!!!!

E mentre la giunta minaccia l’Eni fa sul serio - David Melfa ha parlato troppo il 5 giugno scorso, la Raffineria di Gela S.p.a., lo ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Gela, chieden-do un risarcimento danno pari ad € 1.000.000,00 per i presunti danni, che l’Azienda avrebbe subito, in ragione di condotte ed affermazioni proferite e ritenute di carattere “diffamatorio” e lesive della immagine di Raffineria. “Prendo atto dell’iniziativa giudizia-ria senza precedenti avviata contro di me – dice Melfa - ed evidenzio di aver affidato mandato per la mia difesa in giudizio all’Avv. Antonio Giardina del

foro di Barcellona P.G. (ME) e all’Avv. Antonella Barbera del foro di Gela – già in prima linea nel territorio con le numerose azioni patrocinate dinanzi all’Autorità Giudiziaria nei confron-ti della stessa Raffineria di Gela, con il supporto proprio dell’associazione ambientalista «Green Antinquina-mento» da me fondata – con la quale sto già lavorando, per apprestare ogni necessaria e più opportuna difesa nel mio interesse. È ovvio che questa co-stituisce un’azione legale sconcertante

e senza precedenti,posta in essere con-tro la mia persona, «in trincea» da 15 anni,per denunziare lo stato di conta-minazione ambientale,che caratteriz-za l’area di Gela, sul quale è evidente e riconosciuto,e tutti lo sappiamo, l’apporto causale determinante della Raffineria di Gela e del proprio ciclo produttivo. Le mie battaglie – portate avanti concretamente ed efficacemen-te anche nelle sedi processuali,con costi trasversali altissimi sulla mia vita e professione,chiedendo l’accer-tamento delle responsabilità proprie della detta Raffineria di Gela – sono sempre state motivate dalla seria

preoccupazione per la vita e la salute della mia famiglia,e del mio territo-rio, messe in pericolo dalla continua ed ininterrotta esposizione agli in-quinanti ambientali,prodotti anche dagli impianti e processi del polo petrolchimico,con gli altissimi costi, che stiamo pagando tutti i gelesi. Il mio attivismo e le mie battaglie per la salvaguardia dell’ambiente e della salute,sono sempre state una «spina nel fianco» “.

La delibera“da incorniciare

Stop al social “sfogatoio”

di Franco Infurna

50%SALDI

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AVVISI LEGALITRIBUNALE DI CALTANISSETTA

Procedimento di divisione endoesecutico 978/2012 R.G.A.C.

Si rende noto che in data 27 ottobre 2014, alle ore 12,30 presso la Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta in Via Libertà si procederà alla vendita senza incanto, dei seguenti immobili:Lotto Uno: La piena proprietà di un appezzamento di terreno sito in agro di Santa Caterina Villarmosa, cda Musciarello, di ha 1.60.19 ricadente in zona E. -Distinto in catasto terreni del predetto Comune al foglio 26, particella 121 (seminativo, cl. 2, di ha 00.19.70) e al foglio 27, particelle 50 (mandorleto, cl. 3, di ha 00.05.60); 121, (seminativo, cl. 4, di ha 00.19.40), 149 (sem. arbor., cl. 3, di ha 1.11.90), 202 (sem. arbor., cl. 3, di ha 0.01.00), 203 (fabbr. rurale della superficie catastale di ha 0.00.54) e 204 (seminativo,cl. 4, di ha 0.02.05). Prezzo base €uro 6.087,22. Offerta minima in aumento €uro 350,00.Lotto Due: La piena proprietà di un fabbricato sito in Santa Caterina Villarmosa via XXVII Maggio,3, 5, 7, composto da un vano a piano terra con accesso dal civico 7, adibito a magazzino, della superficie di mq.17 circa, due vani al primo piano aventi superficie complessiva di mq. 78 circa ai quali si accede dal civico 3 e due vani al secondo piano della superficie complessiva di mq.78. Il fabbricato è stato realizzato in epoca antecedente il 1967 e versa in cattivo stato di manuten-zione. Distinto in catasto al foglio 73, particelle 262 sub 6 (piani 1° e 2°, categoria a/4, classe 1, vani 4) e 262 sub 8 (piano T, categoria C/2, classe 1, mq.17) Prezzo base €uro 19.350,00. Offerta minima in aumento €uro 1.000,00Domande di partecipazione in bollo, contenenti la indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento ed ogni altro elemento utile alla valutazione del-la offerta, da depositare entro le ore 12,30 del giorno precedente la data fissata per la vendita presso la Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta. - Cauzione: non inferiore al decimo del prezzo proposto mediante assegni circolari non trasferibili intestati alla Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta – Sezione Ci-vile – Procedimento di divisione endoesecutivo iscritto al n. 978/2012 RGA-AC Versamento residuo prezzo entro 60 giorni da aggiudicazione.Eventuale vendita con incanto si terrà il 10 novembre 2014 alle ore 12:30, al prezzo base sopra indicato con offerta in aumento non inferiore a € 350,00 per il lotto Uno e ad € 1.000,00 per il lotto Due. Domande di partecipazione in bollo da depositare in Cancelleria entro le ore 12,30 del giorno preceden-te quello stabilito per l’incanto con assegni circolari non trasferibili, intestati come sopra, di importo pari al 10% del prezzo base d’asta suddetto a titolo di cauzione ed in conto prezzo di aggiudicazione. Versamento saldo prezzo entro giorni sessanta dall’incanto, salvo aumento di quinto a norma dell’art. 584 c.p.c. Il tutto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova. Presente avviso, ordinanza di vendita, elaborato peritale ed allegati, consultabili sul sito www.astegiudiziarie.it e sul periodico quindicinale “Aste Giudiziarie”. Per ogni ulteriore informazione rivolgersi alla Cancelleria del Tribunale Civile di Caltanissetta.Caltanissetta lì, 10 – 6 - 2014 Il Funzionario di Cancelleria F.to Maria Cagnina

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Estratto di vendita - Procedura n. 65/13 R.G.E.

Il professionista delegato Avv. Antonietta Calabrese rende noto che in data 07/10/2014 alle ore 17.30 presso il suo studio sito in Caltanissetta Via Sardegna n.17, avrà luogo la vendita senza incanto di:Lotto Unico:-. Piena proprietà di terreno agricolo sito in Sutera Contrada Pia-na della superficie catastale di Ha 8.09.30. Censito al catasto terreni del predet-to Comune al foglio 9 particelle 1, 3, 8, 12, 23, 24, 25, 26, 50, 53.Piena proprietà del terreno agricolo della superficie catastale di Ha 0.79.80. Censito al catasto terreni di detto Comune al foglio 9 particelle 58, 60.Urbanisticamente detti terreni sono destinati dal PRG vigente a Zona Agricola.Le particelle 1, 50, 24, 25, 26, 3, 58 e 60 allo stato sono concessi in locazione giusta contratto di affitto di durata decennale sottoscritto il 25 ottobre 2004 e registrato l’11 novembre 2004..Deposito domande entro il 06/10/2014 ore 12.Eventuale vendita con incanto si terrà il 14/10/2014 ore 17.30. Deposito do-mande entro il 13/10/2014 ore 12. Il prezzo minimo a base dell’offerta di acquisto è di € 88.508,45 con rilancio minimo pari ad € 5.000,00.Maggiori informazioni presso il professionista delegato, tel/fax 0934.553458 e su www.astegiudiziarie.it. Il Professionista Delegato

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Esecuzione immobiliare N. 11/2011 R.G.E.

Lotto 1: appartamento in Caltanissetta Viale Amedeo 126, sito al p. se-minterrato, della sup. lorda di mq 46, composto da un disimpegno, due vani, un cucinino, un bagno (da demolire in quanto abusivo) e un ter-razzo. Lotto 2: appezzamento di terreno agricolo in Caltanissetta C/da Difesa, della sup. catastale di ha 01.29.07, in pendenza da nord-est verso sud-est e ricadente in zona EF5 “Parco territoriale agricolo natu-ralistico”. Vendita senza incanto: 18/09/2014 ore 9.00 innanzi al profes-sionista delegato Avv. Fabio Gallo presso lo studio in Caltanissetta, Via Malta n. 39. Prezzo base lotto uno: Euro 25.781,25; in caso di gara au-mento minimo Euro 2.000,00. Prezzo base lotto due : Euro 11.325,00; in caso di gara aumento minimo Euro 1.000,00. Eventuale vendita con incanto: 25/09/2014 ore 9.00 c/o il suddetto studio, ciascuno dei lotti al prezzo base e con l’aumento minimo sopra indicati. Deposito offerte e/o domande entro le ore 12 del giorno precedente le vendite c/o il sud-detto studio. Maggiori info c/o il delegato nonché custode giudiziario tel. 3331652646 e su www.astegiudiziarie.it. (Cod. A243412, A243413).

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Esecuzione immobiliare R.G.E. N. 42/95

Il 24/09/2014 alle ore 12,30, avanti il G.E.,si procederà alla vendita all’incanto del lotto unico: casa in Riesi (CL) Via Felice Cavallotti, 72 e 74, su quattro elevazioni fuori terra, composta da garage a piano terra, piano primo, cucina, bagno e piccolissima lavanderia a piano secondo, due vani e piccolo riposti-glio a piano terzo; in catasto:foglio di mappa 34, particella 59 sub 1(ctg.C/6) e sub 2 (ctg.A/4).Abusi edilizi sanabili relativi al terzo piano. Il prezzo base dell’incanto in unico lotto è di €.17.504,96. Aumenti €.1.000,00. Maggiori informazioni www.astegiudiziarie.it o tel.0934553544 avv. Claudio Ginevra.

La materia dell’abusivismo fra il 1980 gli anni ’90 è stata la pia-ga di Gela non solo dal punto

di vista urbanistico ma anche come ‘arma’ privilegiata della mafia, con-tinua ad avere strascichi. La proble-matica degli immobili abusivamente realizzati ha da sempre interessato il territorio, una buona parte in passato è stata sanata grazie ai condoni ema-nati ah hoc dai Governi Centrali, al-tri immobili probabilmente costruiti successivamente al periodo ‘di fuoco’ subiscono un procedimento comple-tamente diverso. Accertato il reato di costruzione i comuni tramite gli uffici competenti devono provve-dere alla demolizione dell’immobile in questione, oppure come nei casi analizzati durante il consiglio co-munale del 2011-2012 si può pro-cedere con l’acquisizione ai beni comunali dell’immobile.

Il Comune di Gela ha provvedu-to ad eseguire circa 2/3 demoli-zioni in 5 anni ed a trasmette-re al consiglio comunale circa

40 atti di acquisizione. Il consiglio ne ha esitato la metà mentre l’altra parte è rimasta in stand by perché il Consiglio comunale aveva richiesto un regolamento che disciplinasse la materia. Il regolamento non è mai arrivato, perché forse nessuno dei dirigenti o classe politica vuole pren-dersi questa responsabilità. Ad oog-gi nessuno sa, una volta acquisito l’immobili, e che fine farà, in più la beffa della scorsa settimana quando i consiglieri dall’ufficio di presiden-za una comunicazione prot. 6132 del 17.05.2014 dell’Assessorato Territo-rio e Ambiente della Regione Sicilia-na servizio 5 Unità Operativa 5.4, vi-sti gli atti in giacenza presso l’ufficio di presidenza ( così come indicato dall’ufficio territorio del comune di

Gela giusta comunicazione n° 78636 del 20 giugno 2013) , invita il Consi-glio Comunale di Gela ad adottare i provvedimenti in questione entro 30 giorni, in caso contrario si procede-rà alla nomina di un Commissario ad ACTA. La mancata emissione dei provvedimenti repressivi e san-zionatori in materia di abusivismo

edilizio da parte dell’amministra-zione comunale è stato l’oggetto della denuncia politica del consigliere co-munale di Articolo 4 Terenziano Di Stefano all’assessorato Regionale. “ Il 29 maggio abbiamo ricevuto dall’uffi-cio di presidenza una comunicazione dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana che invitava il Consiglio Comunale di Gela ad adottare i provvedimenti in questione entro 30 giorni – dice Di Stefano in caso contrario si procederà alla no-mina di un Commissario ad ACTA. L’amministrazione anzichè interve-nire spiegando alla Regione Siciliana i motivi delle sue responsabilità inti-ma al Consiglio comunale di adottare tutti i provvedimenti necessari. Circa 2 anni fa dopo aver approvato diversi atti , abbiamo chiesto e continuiamo a richiedere la stesura di un regolamen-to che disciplinasse la gestione degli immobili acquisiti, ad oggi nulla e’ stato fatto e prodotto. Ricordo sempre che è stata l’amministrazione dietro suggerimento degli uffici ad indiriz-zare il Consiglio verso l’immissione in possesso in quanto da una verifica effettuata non vi erano i presupposti per la demolizione. Ma ad oggi nulla, si continua a portare atti in consiglio

caricandoli di responsabilità senza capire che cosa faremo questi immo-bili. Chiedo all’Assessorato Regiona-le, anzichè nominare commissari ad ACTA, che rapprsenta un esborso di denaro pubblico, di aprire un’inchie-sta presso gli uffici dell’Assessorato Territorio e Ambiente del Comune di Gela definendo le responsabilità. Chiedo all’Assessorato regionale di intervenire per gli atti di demolizio-ne eseguiti dall’amministrazione co-

munale ( come l’immobile della via Borsellino) per

c a p i r e

con quale criterio è stato demolito un immobile lasciandone le macerie in quel sito e provocando un danno ambientale senza precedenti. Chie-do al Sindaco e all’amministrazione comunale di capire le ragioni della mancata redazione del regolamento e cosa è accaduto con gli atti già appro-vati dal Consiglio Comunale; se tra questi Vi sono atti pendenti, ovvero in via di sanatoria con la Politecnica.

Non si amministra così una Città, bi-sogna assumersi le responsabilità di questi fallimenti ed avere il coraggio di cambiare rotta, ammettere gli er-rori fa bene alla salute ed alla Città di Gela. Con quale bigliettino da visita dovremmo proporci al nuovo libero consorzio?”

Non si amministra in questo modo, bisogna assumersi le responsabilià ed avere il coraggio di cambiare

Abusivismo a Gelala denuncia politica di Terenziano Di Stefano

di Liliana Blanco

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Il funerale di don Calò Vizzini, lu-glio 1954 a Villalba, poteva stare in un film americano di Francis Ford

Coppola. Una scena classica dei riti e delle simbologie della vecchia mafia della prima metà del ‘900, che molti storici hanno ritenuto definitivamen-te archiviata dall’egemonia stragista

dei Corleonesi e prima ancora dalla riconversione degli interessi mafiosi dalle campagne alle città, dal latifondo alla speculazione edilizia e poi al gran-de traffico degli stupefacenti su scala mondiale.Non era arcaico però Calogero Vizzini, se non esteriormente, nel suo essere il

leader riconosciuto della criminalità organizzata in Sicilia. Imprenditore dei settori più ricchi dell’economia dell’e-poca, le affittanze agrarie, le cooperati-ve e la gestione delle zolfare, collegato con le istituzioni politiche (nonostante i precedenti giudiziari), presente in momenti-chiave anche a livello euro-peo, stimato dalla magistratura del suo tempo, (il Procuratore del Re, quando lo vedeva passare davanti al Circolo dei nobili a Caltanissetta, si alzava dalla sua poltrona e si toglieva il cappello), vive-va circondato da un alone di rispetto timoroso che lo rendeva invisibile sul piano mediatico quanto presente e pe-sante sul terreno concreto degli interes-si e dei poteri forti.Self-made-man, figlio di contadini di una famiglia che aveva cercato il ri-scatto dalla marginalità facendo stu-diare due figli da sacerdoti: uno di loro, Giuseppe, sarebbe diventato docente a Roma negli atenei pontifici e Vescovo di Noto. Calogero non aveva studiato a scuola: rimasto semianalfabeta, si era unito alla cosca del mafioso Varsallona, specializzandosi inizialmente in abige-ati e contrabbando di bestiame, oltre che nell’imposizione del pizzo ai pro-

prietari terrieri per fare da intermedia-rio e reprimere le agitazioni dei conta-dini. Processato e assolto innumerevoli volte per insufficienza di prove, l’impu-nità dalla Giustizia gli aveva costruito addosso il carisma del capo, e all’inizio del ‘900 era diventato imprenditore, in proprio, impegnato a realizzare la finalità ultima e fondativa della mafia: l’illecito arricchimento. Illecito per le modalità corruttrici e violente e le con-nivenze con i poteri, quanto legittimo e rispettabile in teoria.Il mirino era puntato sulle proprietà dell’antica aristocrazia, assenteista e decadente, quei “gattopardi” che non erano mai diventati imprenditori, i cui patrimoni venivano aggrediti dai nuo-vi ricchi di oscuri natali ma di spre-giudicata volontà di potere. Quelli che non avendo un nome altisonante face-vano valere sempre più pesantemente i loro nuovi e sconfinati patrimoni,

sommersi ma conosciuti, e per questo lasciapassare inarrestabile per agire nei piani alti della società, pur senza volere mai farne parte, almeno nei suoi aspet-ti mondani.Nel 1908 don Calò acquista una parte del feudo Belici, mediando un accordo tra l’aristocratico duca Thomas de Bar-berin e la Cassa Rurale (presieduta da un suo zio), e già nel primo dopoguer-ra mondiale, a fronte delle occupazio-ni delle terre incolte dei contadini ex combattenti, costituisce una cooperati-va apposita, “La combattente”, per inse-rirsi nel processo di distribuzione delle terre ai reduci, che il fascismo avrebbe poi archiviato.Anche l’industria dello zolfo entrava nel campo degli affari di don Calò: ga-belloto di una serie di zolfare, sarebbe diventato azionista di maggioranza della Gessolungo, e nel 1922 lo ritro-viamo addirittura a Londra, mem-bro di una delegazione governativa, a trattare con gli americani per un car-tello internazionale dello zolfo, insie-me all’ing. Donegani, fondatore della Montecatini, e a Guido Jung, futuro ministro delle finanze di Mussolini.Era tornato in Sicilia, dopo sei anni di

confino a Chianciano ad opera del pre-fetto Mori, mentre negli USA, (Atlan-tic City 1929) in una apposita riunione organizzata da Frank Costello, il leader del gangsterismo americano, Vizzini veniva nominato capo della mafia si-ciliana insieme con Pasquale Anea di Palermo, in sostituzione di don Vito Cascio Ferro, l’ uomo che aveva ucciso Petrosino e che si trovava in carcere. Il filo rosso con gli States si sarebbe ir-robustito con la seconda guerra mon-diale e l’occupazione anglo-americana. Sbarcati gli Alleati in Sicilia, Vizzini ve-niva nominato dall’AMGOT ( il gover-no militare alleato), sindaco di Villalba, (così come il boss di Mussomeli, Gen-co Russo, nel suo paese), e si schierava con ostentazione con il Movimento In-dipendentista siciliano, che voleva fare della Sicilia la 49° stella della bandiera americana, finanziando l’esercito sepa-ratista (EVIS), e la banda dei Nisceme-

si, guidata dal bandito Rosario Avila, che operava con azioni di guerriglia terroristica compiendo imboscate con-tro le locali pattuglie dei Carabinieri. Ma con i separatisti la mafia, e don Calò, facevano il doppio gioco, in attesa di capire come sarebbe andata a guerra finita. Interessante a questo proposito una lettera del 27 novembre 1944 del console americano a Palermo, Alfred T. Nester: “Durante gli incontri segreti tra il generale Castellano e i capi della mafia, il cav. Calogero Vizzini aveva con sé, come consigliere, il dr. Calogero Volpe, medico [...] Vizzini è il padrone della mafia in Sicilia”. Su quella fase storica, Arrigo Petacco ha scritto: “[La mafia] si risvegliò in-fatti soltanto nel 1943 in coincidenza con l’arrivo degli americani. Molti mafiosi poterono così rientrare dal confino vantando addirittura impro-babili meriti antifascisti. Don Caloge-ro Vizzini, capo supremo della nuova mafia, fu visto percorrere l’isola a bor-do di una carro armato americano: in-dicava agli alleati gli uomini giusti da mettere alla guida dei comuni e delle province.”E’ significativo che l’art. 16 del trattato

Sessant’anni fa morivadon Calò Vizzini

di Fiorella Falci

Stor

ia &

Cul

tura

Self-made-man, figlio di contadini di una famiglia che aveva cercato il riscatto dalla marginalità facendo studiare due figli da sacerdoti: uno di loro, Giuseppe, sarebbe diventato docente a Roma negli atenei ponti-fici e Vescovo di Noto. Calogero non aveva studiato a scuola: rimase semianalfabeta

Capomafia “contemporaneo”

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di pace firmato dall’Italia alla fine della guerra stabilisca l’impegno dello Stato italiano a non perseguire penalmente coloro che aveva collaborato con gli Alleati. Quando la Commissione An-timafia, vent’anni dopo, chiese di pren-dere visione dell’elenco dei “collabora-tori” allegato al Trattato, non si riuscì più a trovare l’elenco.Nel frattempo, don Calò aveva aderito ufficialmente alla Democrazia Cristia-na, e, ridiventato uomo d’ordine, e di grandi affari, presidiava i latifondi della Sicilia interna dalla minaccia dell’occu-pazione delle terre incolte da parte dei contadini poveri, che i decreti gover-nativi Gullo e Segni sembravano final-mente avere reso disponibili.Questo il nocciolo degli interessi di po-tere che avevano scatenato la strage di Villalba, il 16 settembre del 1944, du-rante il comizio di Girolamo Li Causi, segretario regionale del PCI, il primo atto clamoroso di violenza mafiosa contro la politica del dopoguerra. 14 feriti (tra cui lo stesso Li Causi) vitti-me del lancio di bombe a mano e colpi di arma da fuoco, nel momento in cui Li Causi aveva cominciato a parlare ai contadini villalbesi dell’immenso feudo Miccichè, che la proprietaria, la principessa Lanza di Trabia, aveva affidato proprio a don Calò come ga-belloto.Nel 1949, intuite le “nuove frontiere” dei business della criminalità mondia-le, aveva fatto società col mafioso ame-ricano Lucky Luciano, con una fab-brica di dolci e confetti a Palermo, che esportava confetti negli USA, Canada, Messico, Germania e Francia. Quando, l’11 aprile 1954 il quotidiano “Avanti!” aveva pubblicato un articolo che de-nunciava come nei confetti prodotti nella fabbrica di Luciano e Vizzini “due o tre grammi di eroina potevano pren-dere il posto della mandorla”, quella stessa notte, la fabbrica veniva chiusa e i macchinari smontati e portati via.Don Calò sarebbe morto nel 1954, a 77 anni, per cause naturali, a Villalba, nel suo letto, senza avere scontato un giorno di prigione, neppure per la stra-

ge di Villalba, per cui la condanna a sei anni gli era stata condonata. Nella sua vita aveva concesso una sola intervista: ad Indro Montanelli, per il “Corriere della Sera”, pochi mesi pri-ma di morire, una sorta di testamen-to antropologico sull’identità mafiosa, descritta ma mai nominata. Sul manifesto funebre affisso sulla porta della Chiesa Madre di Villalba, si leggeva: “ Calogero Vizzini / con l’ abilità di un genio / innalzò le sorti del distinto casato, operando sempre il bene e si fece un nome apprezzato / in Italia e fuori. Fu un galantuomo”.Di questa funzione di controllo socia-le in termini positivi del vecchio boss non erano convinti soltanto i parenti e gli amici di Villalba o dell’”onorata società”, ma, sorprendentemente, l’o-maggio post mortem più clamoroso gli venne tributato da un alto ma-gistrato, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, quel Giuseppe Guido Lo Schiavo autore in gioventù

del romanzo “Piccola pretura” da cui era stato tratto il film “In nome della legge”, icona post-bellica del cinema neorealista.

Nell’articolo intitolato “Il regno della mafia”, pubblicato sulla “Rivista dei processi”, Lo Schiavo si compiaceva di far sapere che aveva ricevuto, a suo tempo, nella propria casa Calo-gero Vizzini, e, non pago di questa rivelazione, così proseguiva: “Dalle

Americhe in occasione della morte del commendator Vizzini, avvenuta il 12 luglio scorso, è giunta l’eco della solidarietà al lutto della famiglia: alla famiglia dei congiunti, ed alla grande famiglia che lo aveva sovrano. Tutti i giornali hanno rilevato questo signi-ficativo omaggio che ci rende consa-pevoli dell’esistenza, oltre Oceano, di infiniti legami, che chiameremo sen-timentali, fra la roccaforte della ma-fia e la lontana periferia. Oggi si fa il nome di un autorevole successore alla carica tenuta da don Calogero Vizzini in seno alla consorteria occulta. Possa la sua opera essere indirizzata sulla via del rispetto delle leggi dello Stato e del miglioramento della collettività”.Molti anni prima, il prefetto Mori, fer-mato dal Fascismo nella sua operazio-ne contro la mafia in Sicilia con una nomina a Senatore del Regno, aveva avuto ben altra consapevolezza del rapporto tra mafia, politica e pubblica amministrazione. Aveva dichiarato ad

un suo collaboratore:“Costoro non hanno ancora capito che i briganti e la mafia sono due cose di-verse. Noi abbiamo colpito i primi che, indubbiamente, rappresentano l’aspet-to più vistoso della malvivenza sicilia-na, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrella-re non soltanto tra i fichi d’india, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero.”A 60 dalla sua scomparsa, del capo dei capi della mafia del primo ‘900 si può parlare e scrivere con accenti diversi ri-spetto al panegirico di Lo Schiavo. Ma di quanti intoccabili, poteri for-ti dei nostri giorni, imprenditori di tendenza stimati dalla Giustizia e ben introdotti “negli ambulacri di qualche ministero”, si può parlare oggi dicendo apertamente quello che tutti sanno?Speriamo di non dovere attendere altri 60 anni.

Luglio www.ilfattonisseno.it 13

Nella piazza di Villalba Luigi Lumia rievoca la figura di Calogero Viz-zini, “don Calò”, il capomafia più famoso nella storia dell’ onorata so-cietà: “Era tarchiato, gambe magre, pancia che sporgeva. Portava sem-pre occhiali affumicati, si vede an-che nelle fotografie. E dietro le lenti gli occhi erano semichiusi, come stesse per addormentarsi. La bocca rimaneva aperta, con il labbro infe-riore pendulo. Poteva sembrare un ebete, per chi non lo conoscesse”. “La domenica prendeva il sole il

piazza, mezzo paese gli faceva co-rona intorno, lasciandogli libera la visuale, sul davanti. Ogni tanto aveva una scossa, si sve-gliava, si metteva a fissare intensa-mente qualcuno che aveva attratto la sua attenzione, lo inseguiva con lo sguardo. Nessuno osava fiatare. Poi ‘ lo zio’ , con un gesto lento, si portava la mano verso la faccia come se vo-lesse scacciare un moscerino fasti-dioso. Allora tutti capivano che don Calò aveva visto quello che c’ era da vedere, la corona della gente si di-

sfa-ceva, si poteva tornare al passeggio in piazza: avanti e indietro, avanti e indietro” “Dicono che don Calò non abbia mai detto esplicitamente a qualcuno di uc-cidere qualcun altro. E’ possibile”, continua Lumia. “Lui cercava sem-pre di ‘ aggiustare’ le cose e di ricon-durre gli uomini alla ragione, cioè al modo in cui aveva deciso che gli

uomini e le cose do-

vessero an-dare. Se poi

qualcuno s’ intestardiva...

c o n un gesto, un as-senso, lasciava che i suoi amici si occupassero della questione. Ogni tanto interrompeva: ‘ Ma chi glielo ha fatto fare?’ , ‘ Chissà quale fine farà’ “.

(La Repubblica 17/8/1991)

Tra gli affari di don Calòanche l’industria dello zolfo. Diventò azionista di maggioranza della miniera Gessolungo

La citazione storica di un testimone oculare

Sul suo manifesto funebre si leggeva: “Calogero Vizzini con l’abilità di un genio alzò le sorti del distinto casato, operando sempre il bene e si fece un nome apprezzato in Italia e fuori. Fu un galantuomo“

“ Luigi LumiaLui cercava sempre di “aggiustare” le cose

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Una delle immagini più efficaci sui tragici bombardamenti del ’43 a Caltanissetta ci è data dalle

pagine di Max Polo, riportate in un’anto-logia collettanea su fatti ed episodi della seconda guerra mondiale. In particolare sulla pioggia di bombe cadute sulla città il 9 luglio egli scrive di una Caltanisset-ta avvolta nel fumo, dove la gente fugge impazzita, dove si sentono ovunque gri-da di terrore, appelli disperati di mam-me che cercano i loro figli dispersi, di la-menti accorati di feriti, assieme ai pianti convulsi dei bambini che vagano tra le macerie. Nel terrore che altre bombe possano cadere dall’alto si vedono scene selvagge davanti ai rifugi antiaerei, dove la gente terrorizzata cerca di aprirsi dei varchi di passaggio. Così ci descrive lo scrittore le vie della città in quelle ore: “Lungo le strade, cadaveri accanto a ca-rogne di animali. Sul petto di una don-na, squarciato da una scheggia, piange convulsamente un bambino. Accanto, volantini alla rinfusa, gettati non si sa se prima, durante o dopo il massacro: ‘Si-ciliani, l’ora della liberazione è vicina…’. Dopo aver sganciato il loro carico di morte e ‘liberato’ alcune decine di uomi-ni, donne e fanciulli gli aerei se ne torna-no. Strada facendo, mitragliano alcuni automezzi che si trovano abbandonati da militari tedeschi in fuga”. Ricordiamo che i bombardamenti di Caltanissetta provocarono la morte di circa 350 civili. Ma la ferita inferta alla città, in quella pioggia di bombe - che si protrasse dal 9 al 18 luglio, data dell’ingresso degli americani in città - fu anche quella data ai suoi beni artistici e architettonici, tra essi il palazzo Cascino, attiguo alla cattedrale, completamente distrutto. La stessa cattedrale subì danni assai rilevanti a partire dal tetto, con la di-struzione di una consistente parte della navata centrale e - come ci ricorda W. Guttadauria nel sul libro sui bombar-damenti alleati a Caltanissetta - di alcu-ni affreschi del Borremans (“Il coro dei vergini e delle vergini” e “Il trionfo del-la Religione”, poi rifatti dall’Arduino). In una successiva visita a Caltanissetta, il 19 novembre di quello stesso anno, il ten. coll. Charles Poletti, capo degli Affari Civili in Sicilia sotto l’ammini-strazione alleata, si era recato proprio nella cattedrale per constatarne perso-nalmente i danni e decretare lo stanzia-mento della somma di 500 mila lire. Sorte peggiore era toccata invece alla

chiesa di Santa Lucia, completamente abbattuta sotto le bombe - come d’al-tronde quasi l’intero quartiere - e poi ricostruita nel dopoguerra. Ma, vanno anche ricordati i gravi danni inferti al teatro regina Margherita. Realizzato negli anni settanta dell’Ottocento, dove anticamente era costruita la chiesa di San Giacomo, presenta un’architettu-ra neoclassica, con quattro ordini di palchi e con decorazioni baroccheg-gianti. Seppur di piccole dimensioni, rappresentava per la città, già da allora, un vero e proprio “gioiellino” architet-tonico. Esso, durante le incursioni aeree del 1943, oltre ad essere stato in parte danneggiato, aveva subito anche gra-vi atti di sciacallaggio e saccheggio da

parte della popolazione. Ne era stato asportato gran parte del mobilio: sedie, poltroncine, tendaggi, specchi ecc., che ne costituivano l’elegante arredo otto-centesco. I danni riguardavano anche la parte dell’immobile adiacente la sala del consiglio comunale. Nel 1944 era stata fatta una prima stima dei danni, che venivano fatti ammontare a diver-si milioni di lire; spesa che il Comune, proprietario dell’immobile, in quella fase non aveva. I lavori di restauro ve-nivano dunque rimandati (e così negli anni successivi), per essere ripresi solo agli inizi degli anni ‘70, con definitiva

riapertura al pub-blico nel 1997.Ma, per torna-re alla gravosa questione degli immobili e del-le opere d’arte danneggiate dai bom-bardamen-ti anglo-americani - partico-larmente gravi in Sicilia - durante la stessa

presenza alleata (1943-44) i comandi dell’AMGOT avevano dovuto affron-tare la gravosa questione prendendo alcuni provvedimenti. Il problema si presentava grave e complesso. Uno specifico incarico veniva affidato al tenente statunitense Cott., già condi-rettore del museo d’arte di Worcee nel Massachussetts, incaricato di sovrain-tendere ai monumenti e opere d’arte danneggiate. La prima questione che si poneva era quella di proteggere le opere compromesse, ma anche di di-fenderle da eventuali rapine da parte della popolazione. Vi era poi la que-

stione attinente i restauri degli immo-bili e opere di interesse storico; dipinti di pregio in testa. A Palermo, per fare un solo esempio, da palazzo Sclafani era stato rimosso il grande dipinto de “Il trionfo della morte”, vacillante in uno dei muri del cortile dello storico immobile bombardato, che correva il serio rischio di crollo. L’importante opera - oggi custodita presso la galle-ria regionale d’arte di palazzo Abatellis a Palermo - aveva dovuto essere, con un’operazione delicatissima, accura-tamente rimossa e rimontata in luogo

più sicuro; trattandosi di affresco di grandi dimensioni. Oltre agli edifici e opere d’arte vi era l’altrettanto importante problema degli archivi storici e delle biblioteche. Era stato effettuato, sempre nel ’44, il tra-sporto della Biblioteca nazionale di Pa-lermo dalla sua sede, danneggiata dalle bombe, ad altra più idonea, munendo-la di scaffali e riaprendola al pubblico. Un fatto sconcertante riguardò invece in quel frangente alcuni preziosissimi manoscritti, rubati da diversi archivi pubblici della città, che furono rinve-nuti da soldati alleati al mercato della carta straccia. Si dovette, a quel punto, su disposizione dell’AMGOT, mettere militari a guardia degli immobili dove si trovavano quei beni documentari, per porre fine a simili saccheggi. Nella fase immediatamente successiva, autorevoli esponenti del mondo dell’ar-te inglesi e americani furono chiamati al seguito degli Alleati, per far parte di una apposita commissione (Commis-sione Alleata di Controll), che nominò una sottocommissione per l’ammini-strazione di tutte le opere d’arte della Sicilia e dell’Italia meridionale. Il lavoro fu svolto con la collaborazione delle so-printendenze alle arti, le direzioni delle biblioteche e degli archivi storici dello Stato, finché la situazione non tornò alla normalità.

Le incursioni aeree a Caltanissetta nel luglio 1943

Fatti & POST SCRIPTUM

Bombardamenti alleati in Sicilia e opere d’arte distrutte di Filippo Falcone

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Luglio www.ilfattonisseno.it 15

Di certo gli organizzatori pap-poni siciliani habitué degli assessorati regionali con la 24

ore in pelle e la Porsche parcheggia-ta in una traversa di via Notarbartolo avranno cambiato abitudine di questi tempi. Niente più corsie preferenziali in tema di contributi, niente manna dal cielo di mamma Regione ad aumentare lauti profitti dagli eventi nonostante lo sbigliettamento. Se l’evento funziona vendi biglietti e vai avanti, altrimenti pazienza. Nulla di strano verrebbe da dire, se non fosse che in questa dannata isola, il lecito diventa favore, e l’illecito è privilegio e facile corruttela. C’è aria nuova per quanto riguarda il turismo in Sicilia, almeno per quanto concerne la freschezza di idee e le intenzioni del giovane assessore regionale. Che poi le cose possano cambiare davvero, beh quella è davvero un’altra storia. Alle porte dell’estate non potevo non scambiare due chiacchiere con Mi-chela Stancheris, 33 anni, bergamasca, innamorata della Sicilia, dopo averla conosciuta al fianco del presidente del-la regione Crocetta, dapprima come

assistente parlamentare a Bruxelles, poi come segretaria personale ed adesso in prima linea come assessore. Michela Stancheris, appassionata di sport alpini, ha imparato ad amare la Sicilia anche percorrendola in campagna elettorale e sempre in compagnia del suo picco-lo amico a quattro zampe Alcide. La trovata crocettiana di nome Stancheris pare funzionare, nonostante il bilancio dell’assessorato al turismo abbia detto zero euro sino ad oggi. “Io parto da un assessorato dichiarato senza una lira dal maestro Battiato. In realtà lui è un uomo di spettacolo quindi abituato a vedere le cose dall’altro lato della barri-cata, io ho affrontato l’assessorato come luogo di occupazione. E’ vero che per gli eventi abbiamo fatto un anno po-verissimo, senza un soldo in capitolo e senza la finanziaria. Ma nel 2014 la pro-mozione sui campi internazionali della Regione è partita e sta andando avan-ti alla grande, grazie alla presenza alle fiere, i blog tour, tutti metodi che non hanno l’impatto diretto dell’opinione pubblica come nel caso di un evento, ma che servono ad attrarre investimen-ti esteri e flussi continui. È un segnale importante che contiamo di imple-mentare con la campagna di interna-

zionalizzazione Intensamente Sicilia. È fondamentale però

che l’imprenditoria locale, si adegui. In quest’anno qualcosa di bello è nato, proprio per il fatto che alcune realtà hanno viag-giato in autonomia senza contributo, ed anche me-glio. Dove andavano i soldi, considerando che a Taor-mina i concerti si sono fatti

comunque? ”. Come dire, l’intuizione dell’assessore

non è male, certo è che al momen-

to in

Sicilia per quanto attiene al turismo stiamo all’anno zero, turisti ed opera-tori camminano sulle macerie di una gestione non proprio trasparente di fondi e contributi. Anche nel nisseno ci sono eventi assolutamente autore-ferenziali, che utilizzano il contributo pubblico per pagare ospitalità a tutti gli intervenuti e con un flebile ritorno di immagine della città. Dei circa 300 mila euro per lo svolgimento di una manife-stazione tennistica, quanto ci guadagna la città in termini di pil pro capite? Dav-

vero poco considerando il fatto che l’al-loggio ai tennisti lo pago io con le mie tasse. Ma non è questo l’unico aspetto della vicenda. Serve una analisi della situazione, per questo è stato commis-sionato uno studio, appena presentato ufficialmente a Palermo che fotografa la situazione turismo e percezione in Si-cilia dal titolo Attrattività, performance e potenzialità della Sicilia turistica, una ricerca di marketing finanziata da fondi del Po-Fers 2007/13, e realizzata da “Izi - Metodi, analisi e valutazioni econo-miche” e da “Simulation Intelligence”. Il campione d’indagine è significativo: 9mila turisti effettivi (italiani e stranieri che hanno pernottato almeno una volta nell’Isola) e 16mila potenziali, scelti fra quelli che viaggeranno fuori dalla pro-pria regione o dal proprio Stato, con destinazione Italia, nei prossimi due anni. Per quanto attiene agli eventi, quelli utili a “generare flussi supple-

mentari” sono solo quelli di gran-de rilevanza. I più conosciuti:

Taormina Arte, il Carnevale di Acireale, le

Rappresentazioni classiche di Siracusa e la Sagra del mandorlo

in fiore di Agrigento e le settimane

sante di Caltanis-setta e Trapani. Tutti danno un alto ritorno in termini di immagi-ne. “Occorre guardare la Sicilia con gli occhi dei turi-sti e non con gli occhiali, spesso deformanti, di chi pretende di sapere tutto – afferma l’Assessore - viviamo in due mondi diversi: da una parte quello delle istituzioni e degli addetti ai lavori, dall’altro quello della realtà percepita dai turisti. Possiamo fare molto di più, il

cambiamento è già cominciato e adesso bisogna premere sull’acceleratore. Dare l’ultimo scossone alle cose che non van-no, liberarci per sempre della presenza di quelli del vecchio giro. E investire su

ciò che funziona, con un ritorno im-portante fra i turisti italiani e stranieri”. Cosa mi dice dell’area nissena? “Sull’en-troterra è la zona da cui si hanno meno stimoli e dalla quale ricevo meno pro-

poste. È un’a-rea sulla quale invece punto

moltissimo. Ho incontrato la nuova am-

ministrazione comunale nissena, sono invogliati a voler cambiare il corso

delle cose, ho notato gran voglia di fare così ho garantito che sarò prestis-simo a Caltanissetta. Conosco molto bene Mussomeli, Gela, Niscemi. Sino ad oggi se ci sono zone che non sono cresciute è stata colpa della politica e dei suoi vizi. Se un comune dell’entroterra come Mussomeli o Piazza Armerina, avessero avuto un milione di euro l’anno come l’ha avuto Ibla, beh anche questi comuni sarebbero stati dei gioielli. Biso-gna fare in modo che la generazione dei trentenni si dia delle opportunità, un’i-dea sarebbe ad esempio quella di creare gruppi di giovani guide che associate a dei privati possano creare percorsi ed accompagnare i turisti in visita nei luo-ghi interni, come i castelli o i siti arche-ologici. Ma io non nascondo delle dif-ficoltà di tipo logistico se consideriamo che spesso i tre assessorati non riescono a dialogare come invece dovrebbero. C’è una organizzazione folle: le Attività Produttive hanno i finanziamenti sulla ricettività, io legifero ad esempio sull’al-bergo diffuso, ma se voglio finanziare l’entità alberghiera devo avere a che fare con l’Assessorato alle attività produttive

di concerto con quello ai Beni

Culturali. Occorre fare molto è vero, proprio per questo sono ottimista e vivo ogni giorno questo ruolo come una sfi-da per migliorare le cose”.

@BenantiMarco

Rivoluzione TurismoMichela StancherisFatti & Regione

l’intervista

Occorre guardare la Sicilia con gli occhi dei turisti e non con gli occhiali, spesso deformanti, di chi pretende di sapere tutto

di Marco Benanti

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L’assessore Marina Castiglione, Vicesindaco della giunta Ru-volo, è l’assessore le cui com-

petenze, sport e cultura, comportano il maggior numero di relazioni inter-istituzionali e di confronti con una va-sta platea di soggetti. Dalle scuole alle società sportive, dalle parrocchie ai comitati di quartiere, dagli artisti sin-goli e associati alle compagnie teatrali, dai gruppi musicali a quelli di promo-zione turistica, solo per fare alcuni esempi. Una trama complessa per chi intende apportare un nuovo metodo.L’assessore alla Cultura che ha le idee chiare sul metodo, sul programma e sui requisiti della programmazione, ha dovuto fare i conti anche con le ristrettezze di bilancio. Sulla Cultura quasi tutte le risorse sono state impe-gnate prima del suo insediamento. Con la “chiamata alle arti”, che è stato un primo momento di incontro as-sembleare con tutti i soggetti del mon-do associativo, culturale e artistico del capoluogo, la giunta ha voluto impri-mere movimento e partecipazione, a partire dall’organizzazione dell’estate nissena. Ma quando le chiediamo, a quanto ammontano le poche risorse rimaste fino a fine anno, il vicesindaco sorvola: non vuol farne una questione meramente economica, ma la cifra è esigua.“Non abbiamo ancora il bilancio di previsione, abbiamo solo le cifre in base al PEG, in dodicesimi. Poi ver-ranno integrate. Ma la chiamata alle Arti prescinde dallo stato necessità e ha più relazione con un metodo pro-posto nel programma che è la condi-visione e la partecipazione che punti sulla bontà dei progetti”. La bontà come si misura?“Partiamo da una cosa che non c’è: la Programmazione. In una program-mazione a breve termine, si agisce sotto l’impulso dell’urgenza e nell’ur-genza si possono fare scelte non legate ad un obiettivo ma alla contingenza. Noi abbiamo iniziato la nostra attività politica considerando la necessità che ci sia un momento di passaggio, un interregno in cui cominciare a mette-re in moto processi che andranno poi collaudati nel medio e lungo termine. Processi che vanno verso una pro-grammazione condivisa. Proprio nell’ottica di una programmazione partecipata, vanno condivise le esi-genze dei diversi tipi di pubblico. Nella nostra idea, c’è l’intenzione di lavorare su progetti che diano visibili-tà culturale alla città e siano incentivo per percorsi turistici ed economici, con una forte spinta alla visibilità re-

gionale e possibilmente nazionale. Per fare questo non si può lavorare sotto la pressione della proposta isola-ta, perchè tutte le proposte abbracciate dall’amministrazione, fermo restando la libertà imprenditoriale e di inizia-tiva di ciascuno, devono essere legate da un percorso di senso”.Un quadro coerente che fino ad oggi non c’è stato?“Da cosa nasce l’isolamento e la man-

cata tessitura, se non dal fatto che non c’è un progetto culturale per la città. E dunque nella mancanza di un orien-tamento, ciascuno legittimamente, si è mosso in base alle proprie com-petenze ed ai propri talenti, ai propri obiettivi, culturali e anche economici. In sostanza l’ultima amministrazione, aveva sinora sposato ciò che veniva spontaneamente dalle associazioni o dai singoli, senza un inquadramento di politica culturale. La precedente amministrazione probabilmente si è concentrata su altri aspetti politico amministrativi”. E per voi come sarà caratterizzato il progetto culturale?“Quando pensi a Spoleto, pensi al ‘festival dei due mondi’ e se ci sono risorse, quell’amministrazione le fa convergere verso quell’evento che è rappresentativo nell’immaginario nazionale, di quel singolo centro. Ov-viamente il Festival di Spoleto è una proposta amministrativa su cui si ag-ganciano le più diverse competenze territoriali, e questo presuppone che tutti quanti ci si riconosca all’interno di un’idea di progetto culturale forte”. Questa idea, qual è per Caltanisset-ta?“Si deve prendere in considerazione almeno un anno di tempo per mette in moto processi e progetti che non potranno prescindere dalla gestione degli spazi culturali della città”. Ecco, a proposito di spazi culturali. Come pensate di gestirli, dopo alcune

contestazioni del mondo della cultu-ra alla passata amministrazione?“In questo primo mese sto svolgendo dei sopralluoghi, spesso accompagna-ta dal personale dell’ufficio tecnico, per valutare sia lo stato di questi im-pianti (sportivi e culturali), sia le atti-vità che concretamente vi si svolgono. E in alcuni casi anche le associazioni che al momento vi operano”. Il riferimento è al centro Abbate?

“Il Centro Abbate dovrebbe essere de-stinato alla sua funzione primaria, un centro polivalente per i giovani, per come era stato pensato da Michele Abbate e dove i giovani possano fare attività musicali, artistiche e teatrali,

ritrovandosi in uno spazio che è ido-neo alla manifestazione dei loro talen-ti e di tutte le loro forme espressive. Sia per gli impianti sportivi che per gli impianti culturali, per noi è meglio aspettare piuttosto che agire in manie-ra frettolosa e non utile. Considerare

diverse ipotesi, per giungere a quella che ci consente la massima fruibilità.Io penso comunque a gestioni con-divise perchè l’amministrazione già vive con difficoltà il problema della custodia degli spazi e degli impianti. Gli impianti sportivi restano aperti in fasce orarie precise e non in altre, perchè Caltanissetta ha in atto sol-tanto quattro custodi ai quali non è stato pagato neanche lo straordinario

dell’anno scorso. La città va responsabilizzata, è anche un problema di informazione, la cit-tà deve essere messa al corrente delle difficoltà di bilancio, delle difficoltà del personale”.

Ci siamo spostati nel campo dello Sport, l’altra sua delega che riguarda proprio la gestione degli spazi.“Moltissime società sportive voglio-no incontrare l’assessore allo sport, proprio in riferimento alla gestione di alcuni spazi sportivi e di alcuni im-pianti. Anche in questo caso la rispo-sta non potrà esser oggi per domani, perchè qualunque progettualità do-vrà essere condivisa in primo luogo

con il CONI, con le federazioni, con le società, con le associazioni, con gli enti di promozione, affinchè tutti pos-sano avere pari condizioni di fruibilità degli impianti, fermo restando la ne-cessità di interventi di manutenzione sugli impianti stessi”.Lei certamente sa che molte società sportive hanno contestato le tariffe imposte dal suo predecessore.“L’amministrazione non è in grado di reggere i costi, le tariffe sono ne-cessarie, soprattutto quando i costi di gestione, da ora ai prossimi anni, lieviteranno sempre di più, perchè le nostre strutture non hanno avuto la manutenzione ordinaria e men che meno quella straordinaria. Da lunedì, dopo 25 anni, è iniziata la manuten-zione straordinaria del manto erboso

www.ilfattonisseno.it16 Luglio

L’intervista

Cultura,Spazio a tutti ma in un’ottica di sistema

si cambia!

.Il vicesindaco traccia le linee del-la programmazione, partendo da una mappatura dell’esistente.

Al primo punto la comunicazio-ne interna tra uffici e il censi-mento delle strutture. .Per la gestione degli impianti sportivi si pensa ad un affida-mento congiunto, ma si dovrà rispettare anche la vocazione delle squadre nei campionati più im-portanti. .Per i campi di quartiere è ancora prematuro, ma si apre anche a parrocchie e comitati.

di Alberto Sardo

Sopra, il nuovo impianto sportivo di “Portella della Ginestra”; accanto il centro culturale Michele Abbate.

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dello stadio Tomaselli. E questi sono costi. Le società sportive hanno ragio-ne nel ritenere che le tariffe siano una corresponsione dovuta, nel momento in cui gli impianti siano nelle condi-zioni ottimali, per le attività di al-lenamento e quelle federali. Dalla prossima settimana l’ufficio tecni-co che ne cura la manutenzione, provvederà a redigere schede tecniche sullo stato dei singoli impianti: coperture, campi di gioco, servizi igienici, spoglia-toi, sicurezza. Abbiamo avuto un incontro con i dirigenti ed i funzionari. Lo scopo è dare decoro, ma prima di tutto sicurezza, che va ga-rantita ai nostri ragazzi e alle squadre che vengo-no da fuori.In base alle schede e al bilancio, si penserà a un piano di manuten-zione straordinaria in or-dine di priorità. Dopo i sopralluoghi ho chiesto se nel prossimo bilancio si potrà aprire un capitolo legato alla piccola manutenzione. L’ufficio sport si avvale soltanto di personale ammi-nistrativo, e tutti gli interventi vanno sempre riferiti all’ufficio tecnico. Se l’assessore allo sport vuole riparare un neon del palazzetto, non può farlo, ma deve riferirsi sempre all’ufficio tecnico che di operai, a causa della spending review, ne ha pochi”.Quindi quale idea di gestione degli impianti, farete un bando?“Per la gestione degli impianti spor-tivi, appena avremo un quadro orga-nico dei problemi tecnici e gestionali, ci sarà una convocazione assembleare di tutto il mondo dello sport nisseno, sulla scia della chiamata alle arti”. “Se si pensa ad esempio ad un affi-damento congiunto, questo significa che le società devono parlare. Il cor-to circuito è antropologico, culturale e questo vale per lo sport, la cultura, nel privilegiare le propria attività a di-scapito delle altre, non nell’ottica di un sistema integrato. Il criterio sarà unitario, in cui tutti i soggetti si rendano conto che quel tipo di gestione sarà la migliore possi-bile per quella disciplina o quel parti-colare impianto. Ma prima di tutto ci dovrà essere un opera di ripristino tecnico delle con-dizioni di vivibilità, strutturale e di at-trezzature. Non servono gli interventi spot o tampone. Ci sono impianti in condizioni molto

precarie, la cui priorità è data da un fatto strutturale, che potrebbe addirit-tura inficiarne la praticabilità, come al Chiarandà, le cui infiltrazioni al tetto sono tali che tra qualche anno do-

vremmo chiuderlo.Poi c’è una valu-

t a -

zione che riguarda i campionati in cui le squadre giocano. Se una squadra gioca in serie A2 , si deve consentire che le squadre che arrivano in trasfer-ta, vengano accolte in una struttura dignitosa. E questo quindi è un altro criterio di priorità negli interventi di manutenzione.E sugli impianti di quartiere come vi muoverete? La Parrocchia, può essere un’idea, oppure i Comitati. La parrocchia per-

mette di avere sempre il presidio sul territorio e garanzie di pari oppor-tunità all’accesso per tutti, ma non è detto che sia questa la soluzione. Po-trebbero essere i comitati di quartiere, ma prima vanno regolati dal punto di vista statutario. Sugli impianti di quartiere, ho chie-

sto all’ufficio tecnico di progetta-re una soluzione per

riattivare

l’impianto, anche se ormai è un’area indistinta, del quartiere Angeli, il campetto. Per consentire ai bambini e ai giovani, ed ai meno giovani del cen-tro storico di avere in prossimità della propria residenza uno spazio di frui-zione sportiva e ricreativa che manca.Paradossalmente abbiamo parecchi campetti di quartiere, in condizioni di fruibilità diverse, nella parte nuova della città. La condizioni di via Dal-mazia, non sono quelle di Portella

della Ginestra, che in atto è l’impianto più bello e gradevole. Credo che tutti gli impianti che rica-dono in aree diverse, di quartiere, do-vranno essere gestiti secondo un uni-co criterio di affidamento che stiamo studiando. Partiamo dalla necessità però per creare delle regole”.Scuola e sport, come rinsaldare il bi-nomio?“Bisogna lavorare come agenzia for-mativa per le giovani generazioni che parta dalla scuola, per cui le attività scolastiche dovranno essere messe in rete, e consentire a tutti i bambini di accedere a diverse offerte sportive in diversi spazi della città. Perchè senza i vivai non ci potrà essere neanche ago-nismo in futuro, senza cultura dello

sport, non ci saranno risultati su cui investire”. Lei ha detto che la comunicazione deve riguardare in primis gli uffici, perchè?“Se noi non comunichiamo rischiamo di replicare un’iniziativa, magari la-sciando scoperto un altro ambito, op-pure di rallentare ulteriormente una macchina che già burocraticamente è lenta.Ci sono persone che lavorano senza

orologio, e io questo lo devo dire alla città. Premialità e segnalazione di ina-dempienze, saranno un meccanismo di autocontrollo”. Neanche si è insediata, e qualche po-lemica c’è già stata.“Non mi sento libera solo rispetto al programma firmato dal Sindaco e condiviso dalla maggioranza dei cit-tadini della città. Per il resto sono li-bera e se non dovessi esserlo non avrei

problemi a fare quello che ho sempre fatto, perchè questa fase della mia vita è una fase che io consegno come ser-vizio alla mia città. Come ulteriore servizio politico, perchè come servi-zio professionale, io sono stata sempre presente, nei progetti Pon, Prof, atti-vità di volontariato, quando abbiamo fondato quel piccolo giornale che era “Caffè Caltanissetta”, adesso sono pre-sente in veste istituzionale ma è una esperienza a tempo limitato”.

Luglio www.ilfattonisseno.it 17

Estate nissena: poche risorse, il Comune offre servizi e uno spazio in cui esibirsi. Gli eventi strettamente correlati all’isola pedonale limitata a un tratto di corso Umberto. Si inizia il 19 luglio.“

In questi giorni è montata la polemica di alcune as-sociazioni, compagnie teatrali, imprenditori dello spettacolo, con l’amministrazione del sindaco Gio-vanni Ruvolo e l’assessore alla cultura Castiglione, per le esigue risorse che il Comune impiegherà per gli eventi dell’estate.Il Comune metterà a disposizione un palco grande che verrà allestito nello spiazzo antistan-te la Chiesa del Collegio, pagando service audio, punto luce e Siae. Due palchi piccoli (4 x 6 me-tri) saranno montati in diverse location a richie-

sta, ma l’organizzatore deve pagare trasporto e montaggio. Condizioni che hanno fatto storcere il naso a chi promuove eventi con artisti di un certo livello, o ha già investito per allestire spettacoli e si ritrova a do-ver pagare anche alcuni servizi per esibirsi. Molti non hanno gradito il richiamo “a fare un sacrificio” perchè chi promuove eventi, cultura e spettacolo a livello professionale – è stato detto - si relaziona con artisti e maestranze il cui lavoro va pagato. La critica più ricorrente è dunque questa: come si fa a

promuovere il meglio della città, se ci si affida solo alla gratuità? L’amministrazione, dal canto suo, ha messo in chiaro che questo problema riguarda solo l’imme-diato presente. Le risorse rimaste per la cultura, ammonterebbero a 20 mila euro fino a fine anno. Con tale cifra, non rimaneva altro che aprire “uno spazio pubblico” al grande movimento di chi vuole cimentarsi, emergere ed esibirsi, come dimostrano le decine di istanze già presentate, ferma restando la libertà di iniziativa privata.

La polemica corre su facebook: spontaneismo contro professionalità

Un ricordo particolarmente inten-so della vita di Marina Castiglione. Era il 10 ottobre 1982 quando la sedicenne ginnasta Marina, vinci-trice dei Giochi della Gioventù, in-contò Giovanni Paolo II nella sala Nervi in Vaticano.

cettina bivonaCaltanissetta

50%

SALDI

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www.ilfattonisseno.it18 Luglio

Un dialogo costante con gli at-tori, siano essi enti pubblici, privati o associazioni che con-

tribuiscono alla valorizzazione e alla crescita del territorio, questa la mission della Pro Loco di Caltanissetta, dal 2 aprile del 2013 presieduta da Giuseppe D’Antona 65 anni, subentrato dopo la scomparsa di Salvatore Rovello.Una grande esperienza maturata ne-gli anni contraddistingue il Presidente della Pro Loco che in passato è stato funzionario delle ferrovie, segretario provinciale dei trasporti per la Cigl, consigliere comunale e assessore pro-vinciale prima allo sviluppo economi-co e poi alla cultura. La sua filosofia di vita può essere racchiusa e descritta in questa frase: “Fra tutte le strade possi-bili ne ho scelto una sem-pre soltanto: la mia”. Un percorso impor-tante quello svolto dalla Pro Loco che opera da oltre cinquant’anni sul territorio nisseno, uno dei pochi ca-poluoghi di pro-vincia dove è

presente, caratterizzato dalla presiden-za di due figure storiche che ne hanno delineato il cammino: Michele Giam-musso e Salvatore Rovello. Era infatti il 1957 quando un gruppo di cittadini si riunirono nello studio del notaio Ielo per dare vita alla Pro Loco, termine derivante dal latino “ pro loco “ che significa letteralmente “a favore del luogo”, con l’obiettivo di incrementare

e incoraggiare le attività culturali, promuovere la conoscenza delle bellezze del territorio attraendo

turismo. Il compito principale della Pro Loco è infatti quello di comuni-

care, non solo in ambito provinciale ma anche all’esterno, il valore

del territorio, oltre che di partecipare e suggerire

agli enti preposti even-tuali interventi per migliorare l’attrattività del territorio e valo-rizzare il patrimonio artistico, culturale e ambientale. Rispet-to ad altre associa-zioni, infatti, la Pro Loco ha una certa rilevanza giuridi-ca e autorità poi-

ché iscritta all’albo regionale delle Pro Loco, coordinate a li-

vello nazionale dall’Unpli (Unione nazionale Pro Loco d’Italia) che ha di-sciplinato e facilitato con apposite normative i rapporti con gli enti pubblici, tant’è che del direttivo fa parte anche

il sindaco e il bilancio

dell’associazione e tutte le attività vengono controllate dalla provincia.“Spesso - afferma il presidente della Pro Loco – la gente non vede la Pro Loco come un’associazione ma l’i-dentifica come un’istituzione, un or-gano di sottogoverno del Comune. In effetti non è così anche se tutelata da normative precise nel quadro

normativo delle regole turistiche dall’Assessorato regionale”. “Da subito – prosegue Giuseppe D’An-tona – ho cercato di lavo-rare in piena sinergia con tutte le associazioni che concorrono alle attività che si svolgono nel terri-torio perché ritengo che la Pro Loco debba essere l’orecchio e la voce della cittadinanza in modo da trasferire agli altri, soprat-tutto fuori Caltanisset-ta, un’informazione che presenti meglio il nostro territorio. Stiamo lavo-rando alla progettazione e alla realizzazione di un sito web della Pro Loco per fare conoscere Calta-nissetta e le sue bellezze; mentre abbiamo già rea-

lizzato quello della Settimana Santa e del museo Tripisciano”. Tra le attività portate avanti in questo primo anno di presidenza di D’Anto-na, oltre al contributo prestato per le iniziative legate al periodo natalizio e alla “Settimana Santa”, l’ottenimento da parte della giunta Campisi della delibera per intitolare a Palazzo Mon-

cada, divenuto sede della Pro Loco, come museo civico Michele Tripisciano e l’organizzazione di nu-merose manifestazioni legate al cen-tenario dalla morte dell’artista nisseno tra cui un concorso rivolto alle scuole. Museo che è stato affidato alla direzio-ne della professoressa Rosanna Zaffu-

to Rovello, coadiuvata da un apposito comitato scientifico formato da Fran-co Spena, Lillo Giuliana e Calogero Barba. “Palazzo Moncada – commenta D’An-tona - sino a oggi location di svariate mostre, anche di qualità, se opportu-namente valorizzato può diventare la porta della cultura della Sicilia. In pas-sato reggia dei Moncada non può che essere destinata ad eventi importanti, scopo che può essere raggiunto grazie al contributo di chi vuole investire nella cultura e alla collaborazione di altri musei di un certo livello. Scambi che possono essere da richiamo turi-stico per il nostro territorio”.In merito alla possibilità paventa-ta da molti di rilanciare il turismo sfruttando le miniere D’Antona affer-ma: “È un grande bluff, le miniere da noi hanno portato solo povertà e tra-gedie; che ci sia qualcuno che abbia il coraggio di smentire che possano essere utilizzate come museo. Non ha senso che un turista venga a visitarle se poi non può andare nel sottosuo-lo”. “L’attrattiva maggiore che abbia-mo in città - aggiunge - è il mu-seo mineralogico e bisogna fare uno

sforzo enorme per renderlo maggior-mente visibile. Può essere punto di attrazione se messo in rete con altre realtà al fine di far diventare Calta-nissetta una sorta di città dei musei”. “Anche la Settimana Santa – prosegue

– può fare la sua parte per rilanciare il turismo, trovando una sua dimen-sione ordinata, sia a livello istituzio-nale sia a livello di volontariato. Inol-tre occorre che sia opportunamente sponsorizzata sotto l’attenta regia del Comune, della Soprintendenza e del Vescovado”.Questo l’invito alla cittadinanza: “Caltanissetta ha un numero di agen-zie turistiche sproporzionato al nu-mero degli abitanti, ciò significa che i nisseni amano viaggiare pertanto li inviterei ad essere più accoglienti, a guardare con occhio positivo il patri-monio locale e a valorizzarlo collabo-rando anche con la Pro Loco”.

6Viale dellaRegione

Fatti in Redazione

I cittadini hanno un ruolo importante per la valorizzazione del territorio. Occorrecollaborazione

Pro Loco di CaltanissettaVoce e ascolto per il rilancio del turismo

L’associazione nissena è guidata da poco più di un anno da Giuseppe D’Antona. Tanta passione al servizio della città“

Il Museo Mineralogico Paleontologico e della Zolfara “Sebastiano Mottura”

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Luglio www.ilfattonisseno.it 19

L’eccellenza della sanità e della bellezza nel cuore della Sicilia, a Caltanissetta. Il capoluogo

nisseno vanta la preminenza offerta dalla Sedita s.r.l. – studio di Terapia Fisica e riabilitazione. Il centro, ubicato nella nuova sede di via Luigi Monaco 12, si occupa di riabilitazione abbracciandone i vari settori: rieducazione neuro-motoria per utenti affetti da patologie vasco-lari congenite, degenerative, post traumatiche, o acquisite; patologie ortopediche degenerative, congeni-te, post traumatiche, cardiologiche, respiratorie, oncologiche, disturbi dell’alimentazione e nutrizione cli-nica.Lo studio nasce nel 1993 come cen-tro di Fisiokinesiterapia, e negli anni si evolve come struttura finalizzata al raggiungimento della salute fisica e psichica attraverso le varie attività riabilitative finora conosciute. Dal 2006 è accreditato con il Sistema Sanitario Nazionale, dal 2010 è con-venzionato.La professionalità del personale, l’inveterata tradizione della struttu-ra, la funzionalità della nuova sede impreziosita da un’estetica che rende l’insieme semplice, ma accogliente, sono soltanto alcuni degli elementi che pongono il centro all’avanguar-dia della sanità in Sicilia anche come strumentario.

Offre consulenze specialistiche or-topediche, fisiatriche, neurologi-che, cardiologiche, pneumologiche, neurochirurgiche, nutrizionali, psi-cologiche, estetiche e di chirurgia plastica.Si effettuano anche esami elettro-miografici.L’offerta si amplia con l’innovativa

strumentazione LPG, macchina ri-voluzionaria, che sfrutta al massimo la futuristica tecnica rimodellante e massaggiante del Lipomassage (massaggio con rulli motorizzati in-dipendenti e suzione di una plica at-

traverso grazie ad un vacuum ) che permette di attivare i pro-cessi finalizzati all’eliminazio-ne del grasso (lipolisi) e, di conseguenza, gli accumuli adiposi e le imperfezioni lo-calizzate. La stimolazione meccanica dei ROLL LPG stimola ri-

sposte biologiche in profondità e la riattivazione dell’eliminazione del grasso e della produzione di col-lagene ed elastina. L’esclusività del servizio è testimoniata dal fatto che di queste macchine in Sicilia ve ne siano soltanto tre: Catania, Palermo e Caltanissetta. La conferma della preminenza della struttura nissena è testimoniata dal fatto che essa è anche centro di formazione. L’Endermologie è la scienza del-la stimolazione tessutale, ideata e messa a punto da LPG e convalidata da oltre 110 studi scientifici .Gra-zie al principio della meccano-sti-mulazione, la pelle viene stimolata in superficie per riattivare risposte biologiche in profondità in modo indolore e non invasivo. Notevoli, smisurate, le sue applica-zioni terapeutiche, che spaziano da trattamenti mirati, globali del viso (lifting dell’ovale del viso e della ruga dell’amarezza, riduzione del doppio mento, zona peri-orbitale), all’intero corpo (anticellulite, tratta-mento delle asimmetrie, trattare la fibrosi cicatriziale, recuperare la for-ma fisica dopo la gravidanza). Sono soltanto alcuni dei benefici ottenibi-li contemporaneamente durante le sedute del trattamento. I risultati sono percepibili sin dalla

prima seduta: le zone trattate appaiono meno spesse, meno gonfie, decongestionate. La pelle è più liscia e morbida. Dopo le se-dute concordate, i ri-sultati sono concre-ti: la pelle a buccia d’arancia è scom-parsa, la silhouette è ridisegnata e più tonica. I risultati dura-no nel tempo. Dopo un ciclo di trat-tamenti iniziale, una seduta al mese è sufficiente per mantenere gli effetti dei trattamenti LIPOMASSAGE.Inoltre il centro Sedita srl in appog-gio offre anche una Terapia Alimen-tare (dieta) personalizzata che viene rilasciata in seguito a specifiche ana-

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Esperiena, professio-nalità del personale e macchinari all’a-vanguardia i punti di forza del centro

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Lo studio nasce nel 1993 e negli anni si è evoluto come struttura finalizzata al raggiungimento della salute fisica

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www.ilfattonisseno.it20 Luglio

Ha da poco compiuto un mese l’Amministrazione presieduta da Giampiero

Modaffari, vincente alle elezioni del 9 e 10 giugno 2014. Si insedia un Sin-daco che ha saputo attirare attorno a sé un consenso diffuso, senza avere mai amministrato “posti di potere”. Una approvazione fondata essenzial-mente su due aspetti: l’infaticabile e zelante lavoro di opposizione svolto in circa 15 anni di frequentazione dei banchi di minoranza, e la vicinanza assidua, paziente e diligente alla gen-te comune.Il primo mese di lavoro si è svilup-pato sui percorsi già individuati in fase di campagna elettorale, anzitut-to sul decoro urbano: che la Città di San Cataldo vivesse in uno stato di incuria inaccettabile era evidenza

che molti cittadini lamentavano da tempo. Parchi giochi e strutture pub-bliche, strade e scalinate, interi quar-tieri sono stati messi sotto i riflettori di una più attenta e accurata pulizia.L’operazione ha avuto un risvolto importante: tanti gli apprezzamenti dei cittadini che, spinti anche da uno spirito di emulazione, hanno messo a disposizione mezzi, strutture e ma-nodopera per consentire che alcuni beni comuni tornassero nella piena fruibilità del cittadino e che avesse-ro un aspetto decoroso. Eclatante il caso del parco giochi in Via Mimiani o della Villa Malavasi nel quartiere di Santa Fara (completamente ripulita soprattutto grazie all’intervento, a ti-tolo gratuito, di un privato cittadino che ha messo a disposizione i propri mezzi), così come il ripristino della pavimentazione esterna della Scuola Cattaneo nel quartiere di Cristo Re, avvenuto in questi giorni e anche qui con l’intervento a titolo gratuito di un gruppo di cittadini.Dal punto di vista più strettamente politico, si è registrata l’elezione del

Presidente del Consiglio. L’opposi-zione non è riuscita a individuare un componente che potesse essere espressione di tutta (o quasi) quella parte del consiglio comunale, così si è proceduto con l’elezione di un con-sigliere tra i banchi della maggioran-za. Sfumata l’occasione anche di un messaggio politico e etico di grande

rilevanza, dall’Amministrazione e dai consiglieri è arrivato un altro gesto che si affianca ai tanti espressi in pre-cedenza: all’interno di un consiglio comunale composto da 10 donne, 14 under-40, 16 neo-eletti, è stata scelta una persona rappresentante anche di queste “maggioranze”, il consigliere Roberta Naro, 30 anni, neo-laureata e specializzanda in scienze cognitive, eletta nelle fila di “Riprendiamoci la Città”; vicepresidente Epifanio “Sal-vatore” Mistretta.Dai banchi dell’opposizione qual-che subbuglio. In apparenza ha 3 anime diverse: due consiglieri eletti nelle fila del PD (Marianna Guttilla e Paola Giammusso), quattro tra le liste che sostenevano l’ex candidato sindaco Giuseppe Scarantino (Enzo Calabrese, Valeria Valenti, Flavia La Ferrera, Felice Favata) e due eletti tra le fila del centrodestra (Alice Fa-sciane e Salvatore Pirrello). In realtà, come dimostrato dalla composizione dei gruppi di minoranza (ben 5, con Calabrese e Favata a fare gruppo a sé stante), composta da un eccesso

di eterogeneità: alla seconda seduta, il consigliere Calabrese ha già preso nettamente le distanze, affermando di sentirsi lontano dalla compagine di minoranza e di volere assumere una posizione di “centro” tra mag-gioranza e opposizione.A pochi giorni di distanza, definiti i gruppi consiliari, ben 9: oltre ai 5 già descritti, la compagine di Modaffari sceglie di sezionare i propri consi-glieri in 4 gruppi da 3 (rappresentati da Mistretta, Grazia Giamporcaro, Angelo Macaluso e Serena Arcarese). Al momento di chi vi scrive, manca solo l’ultimo passaggio per far partire le operazioni del Consiglio Comuna-le, ovvero la definizione delle com-missioni consiliari permanenti.Tanti gli argomenti che saranno af-frontati a brevissimo: iniziative per

gli incentivi edilizi in Centro Storico, gestione condivisa dei beni comuni, incentivi per lo smaltimento di sfab-bricidi, lotta al randagismo, regola-mentazione delle emissioni sonore da parte dei pubblici esercizi, inizia-tive volte a eliminare gli sprechi, re-golamento comunale sul commercio, istituzione della De.Co. (Denomina-zione Comunale, ovvero un marchio di garanzia che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare in materia di valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali) e via discor-rendo.Il tutto durante un periodo di quasi fisiologica luna di miele. Inoltre, sul voto sono anche mancate le letture politiche di una volta e, in qualche situazione, un risultato elettorale modesto è stato persino considerato buono o di prospettiva. Forse è uno di quei tanti aspetti che ci ha regalato questa campagna elettorale, così in-solita e fuori dagli schemi, dai toni così bassi da sembrare persino tran-quilla (se si fa eccezione per l’ultima settimana: “colpo di coda” quasi na-

turale).Un ambiente in cui l’Amministra-zione può lavorare con più serenità rispetto al passato e i gruppi di mino-

ranza (compresi quelli rimasti fuori dal consiglio comunale) ricostruire con pazienza e attenzione. Il dato elettorale è stato eclatante, e quello che viene fuori per prima è l’asten-sionismo del secondo turno: compi-

to della politica di oggi, e di questa Amministrazione, deve essere anche il recupero di questo elettorato che non è più soltanto insoddisfatto o diffidente, ma lascia intravedere se-gni palesi di sconforto ben oltre il pessimismo. Tanta, troppa gente non ci crede più, forse anche per il perio-do di personale difficoltà economica

estrema, forse perché non trova più referenti con cui interloquire; oppure perché questo ambiente così scarso di ideologie, di pensieri forti, di fi-

losofie politiche vicine a un progetto di società, ha creato una scollatura quasi insanabile tra il cittadino, che ha anche bisogno di credere in un progetto, e i partiti e la politica, or-mai quasi incapaci di offrirla.È il dato più consistente dell’ultima elezione a San Cataldo: non vince soltanto una persona, un accentra-tore di attenzione e di voti (senza il quale, va da sé, comunque non sarebbe stato possibile questo risul-tato) ma vincono soprattutto idee e progetti che sono sembrati chiari e definiti sin dal principio, fondate anche su un linguaggio più vicino alla gente, lontano dal politichese, pur rispettoso di tutte le realtà po-litiche avverse. La vittoria di Modaf-fari appiattisce tante cose, costringe tutti i protagonisti della politica a rivedere le proprie posizioni: sarà un quinquennio in cui, c’è da scom-metterci, nasceranno tanti gruppi politici, dove potrebbe essere più in fibrillazione ciò che è rimasto fuori dal consiglio comunale e dal Comu-ne.

Fatti & San Cataldo

Ventata di positività tra i cittadini. Forte lo spirito di collaborazio-ne e d’iniziativa a favo-re del decoro urbano

L’elezione di Modaffaricostrige tutti i protago-nisti della vita politica a rivedere le proprie posizioni

Post Elezioni

Una politica tutta da scoprireLa nuova Amministrazione tra certezze e interrogativi

di Alberto Di Vita

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Fatti & musica

L’estate non è solo tempo di mare, divertimento, sole e spiaggia, è anche tempo di

musica. Nell’assolata afa nissena, serve qualcosa che abbassi la tem-peratura e alzi il livello dello spirito: nulla è più adatto dei Merce Fresca. La Band è nata nel 2005, da allora tanta “Merce” è passata sotto i ponti. La formazione musicale è composta da sette giovani musicisti: Lorenzo Ciulla alla voce, Donato Emma alla batteria, Leandro Emma alle tastie-re, Michele Gangi al sax, Gianlu-ca Genova alla chitarra, Massimo Mascara alla tromba e Giuseppe Sferrazza al basso. Le canzoni, i concerti, le ospitate, le etichet-te discografiche, il percorso c a n o n i -co delle band che aspirano ad uscire dal gara-ge in cui sono, spes-so, nate per p o s i z i on a r s i più a lungo pos-sibile, nel go-tha della musi-c a

ed in cima alle classifiche di ven-dita. Non sempre sono rose e fiori, sovente le rose pungono, si rivelano cosparse di spine e i fiori si trasfor-mano in “ortaggi”. I “Merce Fresca” sono una rara eccezione mai hanno

abdicato la loro natura, la loro creatività, la loro spontanei-

tà, la loro nissenità a favo-re del tanto conclamato

s t ar- s y s t e m . Lorenzo Ciul-

la, voce, artista poliedrico, dalle

istrioniche pitture, ci racconta il vivere la e di musica.Cosa significa esse-re un artista?Non lo so, dovreste chiederlo ai profes-soroni. Per quanto mi riguarda scrive-re e cantare canzoni non è un lavoro per me, ma un naturale processo creativo da inseguire. Mi basta-

no la mia creatività e il piacere di fare ciò che

riesco a fare. Musica indipendente o Contratto discografico?

L’intera vita è una corsa all’indipendenza. Si inizia

da bambini quando strap-piamo il cucchiaio di plastica

dalla mano della mamma per portarlo alla bocca da soli, e si finisce da anziani quando ci ribelliamo al volere appren-sivo dei figli diventati adulti (almeno per i più fortunati), pur di concederci una passeg-giata in solitudine nonostante il nostro cuore sia diventa-to pigro. Adesso provate ad

immaginare quanto sia difficile quando la merce di scambio di un contratto discografico sono la tua ispirazio-ne, l’arte, la musica, e la tua libertà, quella di poter decidere per te, di poter suonare quanto o dove ti pare. Quando devi chiedere il permes-so per poter parlare, per concede-re un’intervista come questa, o per bere una birra sul palco, diventa na-turale rispondere alla domanda con “meglio l’indipendenza per l’intera vita!”, ma è anche vero che esistono contratti e contratti, etichette disco-grafiche e prigioni di fumo, mana-ger validi e truffatori. Se per i Merce Fresca arrivasse una nuova proposta discografica da un’etichetta?La valuteremmo attentamente tutti insieme. Il mio parere, vista anche

la pessima esperienza avuta negli scorsi anni, è che alle etichette di-scografiche serie si arriva solo con il duro lavoro e la gavetta, o forse non si arriva mai. In ogni caso, con la maturità acquisita in questi anni, ho capito che stare sotto contrat-to vuol dire comunque rinunciare a parte della tua libertà espressiva, ma se si riesce ad avere un obiettivo comune - tra etichetta e band - che sia commerciale o artistico, la mu-sica diventa lavoro e le rinunce si trasformano in sacrifici necessari. In parole semplici prima di firmare qualsiasi contratto bisogna calcola-re bene se il gioco vale la candela, e vi assicuro che per registrare il tuo nuovo singolo e realizzare un vide-oclip non ne vale proprio la pena. Tanto vale che si facciano sacrifici, suonando un anno il più possibile e raccogliendo i soldi necessari per autofinanziare il progetto, e creando una piccola squadra di lavoratori che ti supporti nell’uscita e nel lan-cio. È vero, fai il doppio della fatica ma le soddisfazioni sono tante e tut-te tue, esattamente come è successo per il singolo della rinascita Merce Fresca “Mollo Tutto”. Comunque è tutta una questione di qualità.La qualità nella musica ripaga? Ripaga sempre la qualità, che poi sia una ricompensa in soddisfazioni personali poco importa. Sono cre-sciuto nell’era di Internet, dunque so

b e ne che c’è un modo completamen-te diverso di ascoltare la musica e tanta gente che non paga più per sentirla. Per essere musicista nel 2014 bisogna ingegnarsi, riflettere su come rimanere creativi senza poter contare innanzitutto sui guadagni delle vendite. Ecco perché per band emergenti, come i Merce Fresca, di-venta importantissimo offrire live di qualità, non solo avere un reperto-rio inedito accattivante e valido, ma è necessario curare ogni aspetto del-lo spettacolo: dalla scenografia alla scaletta, dal service agli accessori. Il nostro Concerto sul Camion, ad esempio, è stato dettato dall’esigenza

di proporre qualcosa di particolare, non dico innovativo perché, in re-altà, questa è un’idea ripresa da al-cuni artisti degli anni ‘70/’80, ma il vintage, oggi, va di moda ed infatti la nostra idea ha attirato l’attenzione di molti. Il problema poi, quando hai la qualità artistica, diventa far

capire a chi organizza i concerti che un live di inediti o ri-arrangiamenti personali, rispetto a quello di cover band (che poi anche tra questa cate-goria c’è da distinguere tra band di qualità e band improvvisate) - solo per far un esempio - ha un valore economico da corrispondere. La qualità artistica e il guadagno eco-nomico nel settore musicale emer-gente, oggi, non sono direttamente proporzionali, ed è così che per una pura legge statistico-matematica, ci sorbiamo tanta musica live di scarsa qualità quando andiamo a bere una

birra nei locali.Manca la domanda di mercato per i live?Assolutamente no! Ormai i gestori di quasi tutte le attività ristorative nissene (e della provincia) hanno notato che se si propone un live il pubblico aumenta e di conseguenza aumentano i guadagni della serata. Quindi tutti, anche i locali dove non c’è spazio sufficiente, propongono musica live la sera. Il problema, se-condo me, risiede nel fatto che pur

di fare musica dal vivo si applica la maledetta legge massima resa per minima spesa, di conseguenza la band e i cantautori che fanno inedi-ti, avendo un costo più elevato non trovano spazio nei locali, e di contro ci sono tanti musicisti che per pochi spicci suonano per ore e ore, cover di Ligabue e Vasco Rossi. Senza nulla togliere ai due più famosi cantautori viventi italiani o ai musicisti che si propongono con questo repertorio, ma nessuno, almeno dei miei amici e conoscenti, credo abbia voglia di ascoltare ogni sera le stesse canzoni eseguite da gruppi differenti in ogni locale della città. Tanto vale ascolta-re una playlist su Spotify, ecco. Come promuovere la musica live inedita, allora?La prima idea che mi viene in men-te è che visto che il costo, spesso, risulta troppo elevato per un solo gestore, magari in quelle situazioni dove ci sono due o più locali vicini (e sono tante), si potrebbe andare a fare rete tra i proprietari, mettere un budget comune, stilare un calenda-rio di eventi musicali (e non) unico, montare un piccolo palco e quindi creare uno spazio fisso con appun-tamenti differenziati durante l’inte-ra stagione, ad esempio. Oppure si potrebbero cercare sponsor, legati sempre al settore ristorativo magari, e creare dei piccoli festival dedicati alla musica emergente.

La qualità artistica premia, purtroppo per la musica emergente il guadagno economico non è proporzionale

La musica è come la vita, è una corsa per l’indipendenza. Forse è meglio non avere un contratto discografico

Merce frescaMusica, è tempo di...

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Ormai l’Eni non nasconde più le sue intenzioni, non usa mezze frasi: dalla fine

di luglio, la raffineria di Gela sarà declassata a deposito costiero di carburanti.Niente più investimenti per 700 mi-lioni di lire, come l’azienda si era im-pegnata a spendere per realizzare il programma di riconversione e riqua-lificazione produttiva di gasoli. Niente più riavviamento delle tre linee pro-duttive di Topping, Coking ed Fcc.Il prezzo che Gela dovrebbe pagare a questo atto di vera scelleratezza indu-striale è la perdita secca di tremila posti di lavoro senza alternativa. Un dram-ma sociale ed economico di dimensio-ni bibliche, un genocidio morale.

La gente, incredula, per qualche giorno è rimasta a riflettere frastor-nata. Nessuno pensava realmente alla esatta portata del pericolo an-nunciato.In fin dei conti, se si esclude la chiu-sura della centrale per la vicenda del pet-coke, mai lo stabilimento è stato mai seriamente minacciato di chiu-sura. Tagli di impianti, sì, perdita di posti di lavoro, pure. Ma mai chiu-sura dello stabilimento, nemmeno durante i tempi più difficili della chimica di base. Piuttosto, ricorso agli ammortizzatori sociali, pre-pensionamenti, cassa integrazione e incentivi in denaro che, scanda-losamente, hanno fatto registrare una folle corsa all’esodo, persino

utilizzando lo strumento della rac-comandazione.Ma oggi le cose stanno andando in modo diverso. Stavolta si chiude. E i cosiddetti progetti alternativi sem-brano dei volgari bluff. Lo ha detto il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, di ritorno da Roma: l’Eni offre i posti nella ricerca dei giaci-menti e nella perforazione dei poz-zi di petrolio in territorio siciliano. E sapete quanti? Appena 200. Una goccia di lavoro in un mare di disoc-cupazione. E allora i lavoratori del diretto e dell’indotto hanno risposto spontaneamente, senza aspettare le direttive del sindacato, in difesa del lavoro, del salario, del sostentamen-to per le proprie famiglie.

Blocchi sono stati organizzati lungo le vie di accesso al petrolchimico, ai centri-oli dove viene raccolto il petrolio estratto dai pozzi gelesi e ragusani, allo stabilimento di im-bottigliamento del gas a Piana del Signore, e per ultimo anche attorno alla stazione di approdo del gasdotto con la Libia, Greenstream.L’obiettivo dei dimostranti è stato quello di manifestare la protesta e la rabbia di una città, di un popolo contro lo strapotere e l’arroganza dell’Eni, che ha sfruttato le risorse, incassato e trasferito ricchezza, de-vastato l’ambiente del territorio e ora fugge lasciando la distruzione, senza preoccuparsi minimamente di bonificare suolo e sottosuolo. Se programmasse e finanziasse questi interventi doverosi, ci sarebbero al-meno altri 10 anni di lavoro per cen-tinaia, forse migliaia di dipendenti.Ma il sindacato non vuole nemmeno sentir parlare di dismissione e di bo-nifica perché sembrerebbe rinuncia-re a battersi e precludere la strada a un possibile successo. D’altra parte, L’Eni ha annunciato scelte che por-terebbero alla chiusura di quattro raffinerie su cinque (Gela, Taranto, Livorno e Marghera) e messo in di-scussione il petrolchimico di Priolo.Ecco perché si vuole dare battaglia trasformando il caso Gela in una

vertenza nazionale, la “Vertenza Eni”, perché Gela (lo ha detto il se-gretario nazionale della Filctem-Cgil, Emilio Miceli) viene vista come “la metafora di una rinuncia anche alla raffinazione dopo la can-cellazione della chimica”.E scattano le contromosse. Cgil, Cisl e Uil annunciano scioperi e mani-festazioni popolari, a Gela come a livello nazionale nelle aziende del gruppo. Il governatore Crocetta mi-naccia la revoca delle concessioni di ricerca e di estrazione di gas e pe-trolio. I lavoratori alzano barricate e prendono d’assedio il metanodotto libico. “Se volete la guerra – dicono – sarà guerra totale, senza esclusione di colpi”. Anche qui, come in Ucrai-na, il gas rischia di diventare il “ca-sus belli”. Se Greenstream si ferma, all’Europa mancheranno 10 miliardi di metri cubi di metano all’anno, che sommato alle riduzioni del confine russo potrebbero diventare insoste-nibili per l’occidente europeo.Intanto, anche la chiesa prende po-sizione e con una lettera aperta del vescovo Gisana, si appella ai vertici dell’Eni perché si scongiuri il peri-colo della chiusura della raffineria e della perdita dei posti di lavoro.Filctem, Femca, Uiltec e Ugl dicono: “siamo pronti a confrontarci, a esa-minare la situazione della raffinazio-

di Franco Infurna

passo e.... CHIUDOPronto, ENI ?

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Sono in arrivo a Gela una serie di agevola-zioni fiscali e previdenziali per rilanciare il settore imprenditoriale ed incentivare

la crescita occupazionale nelle piccole e nuo-ve imprese. La costituzione della Zona Franca Urbana, progetto atteso da anni, consentirà alle aziende di trovare degli aiuti in più per conti-nuare ad investire sul territorio. E’ scaduto il 23 maggio scorso il bando di par-tecipazione per la ZFU di Gela ed il Ministero dello Sviluppo Economico ha diramato il report che contiene i dati relati alle istanze acquisite: 419 domande per un valore di 72 milioni e 337 mila euro, oltre 58 milioni di euro in più rispet-to all’intero importo finanziato e nelle disponi-bilità delle casse, che è di 13 milioni e 846 mila euro.La sfida sembra aver catturato l’attenzione di molti. Tra le istanze pervenute, ci sono anche quelle che riguardano l’imprenditoria in rosa e le attività di nuova formazione.Tutte le domande pervenute saranno supervi-sionate per verificarne l’idoneità che decreterà l’ammissione alle agevolazioni previste in base al decreto ministeriale del 10 aprile 2013.Il piano prevede: l’esenzione dalle imposte sui redditi (Irpef, Ires); l’esenzione dall’imposta re-gionale sulle attività produttive (Irap); l’esenzio-ne dall’imposta municipale (Imu); l’esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.A Gela il comune ha deciso di attivare uno sportello informativo sulle misure regionali e nazionali e l’amministrazione sta lavorando ad un possibile aiuto, finanziato con fondi comu-nali, che diventi un supporto utile per gli im-prenditori e per la creazione di nuovi posti di lavoro. In tutto sono 6.692 le imprese che hanno aderito al bando per l’accesso nelle 18 zone franche ur-bane. Il boom si è registrato a Messina, dove le domande sono state 792. Ci si aspettava di poter calcolare numeri da capogiro tra Brancaccio e Librino, ma le aspettative del Governo regiona-le per queste zone sono state disattese. Ci sono state delle richieste ma il dato si è fermato a 160 domande per Brancaccio e 218 per Librino. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha definito “preoccupante la bassa adesione a Pa-lermo e Catania, dove occorrerebbe insistere più di quanto si sia fatto fino ad ora”.Per il resto il governo si dice “soddisfatto dell’andamento complessivo che potrà consen-

tire di creare diverse migliaia di posti di lavoro in 18 aree della Sicilia e contribuire alla nascita di nuove imprese”. Nelle linee della nuova pro-grammazione, si intende ora riproporre la mi-sura anche per altre aree della regione.Più in generale, le Zone Franche Urbane sono considerate delle aree infra-comunali di picco-la dimensione e prende spunto dall’esperienza francese cominciata nel lontano 1996. Oggi ha consentito uno sviluppo complessivo che coin-volge circa 100 quartieri. Se in Sicilia avrà un suo successo lo si potrà constatare solo nel tem-po. La complessità dei bisogni di un territorio di certo non potrà trovare le soluzioni a tutti i problemi attraverso questo strumento che è di certo una boccato d’ossigeno per molte realtà economiche. Intanto, dell’argomento abbiamo parlato con il sindaco di Gela, Angelo Fasulo, che ha definito i dati relativi alla presentazione delle domande “il segno della voglia di cambia-mento di una città che ha delle potenzialità ine-spresse che vanno incentivate”.Sindaco, che tipo di sviluppo potrà garantire la zona franca urbana nella città di Gela?“Garantirà in primo luogo un aiuto concreto per tutte quelle piccole attività che rappresen-tano il tessuto economico del nostro territorio. L’artigiano, il piccolo commerciante, le piccole aziende potranno sopravvivere con maggiore serenità o potranno avviare nuove attività sa-pendo di poter contare su una riduzione effetti-va della pressione fiscale”.Quante nuove aziende potrebbero sorgere?“Su Gela sono pervenute 419 domande per un valore di 72 milioni e 337 mila euro, oltre 58 milioni di euro in più dell’intero importo finan-ziato disponibile che è di 13 milioni e 846 mila euro. Sono tutte istanze che riguardano l’im-prenditoria femminile e le attività di nuova

formazione. Queste istanze saranno ora sotto-poste al vaglio per l’ammissione alle agevola-zioni e ci auguriamo che ne vengano ammesse quanto più possibile”. Non c’è il rischio di veder elargire finanzia-menti a pioggia senza un concreto migliora-mento delle condizioni di impresa?“Nessun rischio. Il sistema della Zona Franca Urbana è uno strumento collaudato in tutta Europa. L’intervento agevolativo interviene direttamente sulle somme dovute allo Stato. Il tutto è legato al fatturato certificato e al nume-ro di dipendenti effettivo. È una logica legata ai numeri effettivi, del tutto diversa da quella del semplice contributo. Sono certo che porterà risultati molto positivi”.Accantonando questo progetto, cosa sta facen-do il comune per rilanciare l’economia in città e contribuire ad uno sviluppo che superi il si-stema produttivo industriale?“Stiamo già lavorando da tempo alla riduzione dei tributi e alla realizzazione di opere pub-bliche e di servizi per migliorare la vivibilità. Questa Amministrazione ha avviato un dialo-go intenso con le categorie professionali e nel redigendo bilancio interverremo con un aiuto economico per i settori più deboli dell’impren-ditoria”.

Zona franca urbanadi Lorena Scimé

ne in Italia e in Europa, ma lo po-tremo fare a condizione che prima si mettano in marcia gli impianti di Gela. Non possiamo ripetere l’erro-re di Termini Imerese dove la Fiat ha chiuso e mai più rimesso in pro-duzione lo stabilimento”.E siccome risposte non ne arrivano, è stato deciso di intensificare la lot-ta, serrare i blocchi e non far passa-re più nessuno.Siamo al muro contro muro, una sorta di resa dei conti. Come finirà? Difficile fare previsio-ni. Ci si affida solo al buon senso e alla responsabilità di Eni e governo nazionale per scongiurare rivolte popolari, scontri con le forze dell’or-dine e incontrollabili moti di piazza dalle imprevedibili conseguenze. Rabbia e disperazione non sono buone consigliere. Meglio spegnerle subito.

Si è al muro contro muro, una sorta di resa dei conti. È difficile prevedere come finirà.

“Tanto entusiamo, segnodella voglia di cambiamento”

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La città ha scelto un sindaco civico, un’esponente della società civile che però non

ha disdegnato la collaborazione dei partiti. La città ha scelto di voltare pagina e di passare dal blu al giallo all’arancione, colori che il sindaco Ruvolo ha voluto per la sua squadra. La città ha scelto di dare un calcio alla vecchia classe dirigente in parte, per crede-re in una nuova che verrà e che quest’ondata di civismo potrà co-struire, con tutti i limiti dei movi-menti civici che lo stesso Ruvolo riconosce. Saranno i movimenti creati dai cittadini a traghettare i vecchi partiti verso il nuovo con-sociativismo ed anche loro stessi se ne sono resi conto, hanno preso atto e si sono dovuti aggregare per rispondere alla domanda di novi-tà che è partita direttamente dai cittadini, anche se la vecchia clas-

se dirigente continua a tessere la tela nell’ombra travestita di nuovo, con alleanze da prima repubblica e metodi talmente vetusti che in confronto Giolitti sarebbe un’a-vanguardista. L’elezione del pre-sidente del consiglio comunale è stata una chiara lezione teorico pratica di applicazione non riusci-ta di vecchie regole, di giochi d’au-la maldestri. Ma torniamo al sin-daco. In realtà Giovanni Ruvolo è il sindaco di tutti, dei movimenti e dei partiti, della gente comune e della borghesia . Di tutti quei po-chi che sono andati a votare, gli al-tri non hanno creduto in nessuno. Non esercitare il diritto di voto vuol dire non rispettare il sangue sparso, quel sangue che e’ valso una scelta di libertà e di democra-zia. Dietro quella scelta di demo-crazia ci stanno, le vite, le storie di uomini e donne che hanno credu-

to che dare alle generazioni future la possibilità di esprimere il proprio diritto di incidere nelle scelte istituzionali poteva valere la loro vita. Intanto il dato è netto 74,5 degli astenuti. Se è vero che questa città non è pronta a scelte nette e anche vero che questa città un tentativo di cambiamento ha provato a farlo, pur nel segreto dell’urna, senza troppi proclami e prese di posizione a viso aper-to, quasi vergognandosi di voler cambiare, perché il politico che promette, illude, esercita potere, è più rassicurante di chi dice subito no, e però l’esigenza intrinseca di cambiamento questa volta è stata più forte. Caltanissetta rimane un centro piccolo borghese nel qua-le si spia da dietro le tapparelle. Sono le tapparelle di un modo di pensare ancorato all’apparenza, fi-glio delle cambiali, pur di andare

in vacanza o dell’abito firma-to a costo fare la

spesa nel discount più economico. Un modo di pensare ancorato al non detto, ai sorri-si a mezza bocca, ai club service retaggio del gruppo dei pari di Proust e sfiderei chi dei pari, finti intellettuali decadenti, ha letto al-meno una pagina di Proust. Ed in questo contesto in cui l’emancipa-zione culturale quella vera ancora non è arrivata, in questo contesto in cui, sei qualcuno se hai un ruo-lo apicale nella società, e se no, non sei niente e non importa se sei una brava persona, una perso-na per bene, arriva lui, il nuovo sindaco. Che sorride a tutti, che dice di non credere all’ipocrisia ed al conformismo, che dice che farà scelte chiare nette. Ha comin-ciato scrivendo su facebook ogni

sera i suoi pensieri e le iniziative della giunta e dell’amministra-zione maestro di self marketing. Convoca le giunte nei quartieri della città, precettando tutti i diri-genti ad essere presenti. Và dai più chich, a quelli di frontiera, ed esce con applausi scroscianti quando ci si aspettano le barricate. La ri-unione alla Provvidenza ne è un esempio lampante. Lo hanno defi-nito il Pifferaio Magico in campa-gna elettorale. Troppo presto per dargli addosso, sicuramente anco-ra è in corso la cosiddetta luna di miele con la città. Il giorno dopo l’elezione al bar chi commentava diceva frasi del tipo, tutto cambia per restare com’è di gattopardiana memoria. Risposta di apertura di credito:” fatelo lavorare per un anno e poi cominciate a giudica-re”, così da subito non c’e’ nean-che gusto nella critica.

di Ivana BaiuncoOrnamenti

La voglia di rinnovamento e la vergogna del cambiamento

Sorridente, un po’ schivo, lon-tano dal cliché del notabile siciliano (quello – per non

andare troppo lontano – del pa-dre Bernardo e del suocero Lauro Chiazzese). Piersanti Mattarella fu soprattutto un politico perbene, un uomo di fede. Addirittura un “martire”, come suggerisce Andrea Riccardi nella prefazione della pri-ma biografia completa del presi-dente della Regione Sicilia, scritta da Giovanni Grasso, giornalista parlamentare e storico, e pubbli-cata dalle edizioni San Paolo. Un martire politico, per l’esattezza. “Certo – precisa Riccardi – il suo non fu un martirio come quello di don Pino Puglisi. Ma credo che bisogna avere il coraggio di usare questa espressione. Il martire è co-lui che non abbandona il suo po-sto, anche quando dinnanzi a lui si profila la minaccia della morte. Stabilire un legame tra Puglisi, il prete, e Mattarella, il politico laico, può sembrare forzato. Li uniscono Palermo, la lotta alla mafia, la mor-te violenta. Rappresentano due storie diverse, combattono la mafia con strumenti differenti, in qua-dranti diversificati. Eppure c’è una forza di speranza nella loro azione che germina dal terreno cristiano”. In poco meno di duecento pagine,

l’autore ricostruisce l’esistenza di Piersanti e racconta i misteri sulla sua esecuzione, avvenuta il 6 gen-naio 1980 davanti agli occhi dei familiari, mentre a Roma la Came-ra stava per discutere la fiducia al governo di solidarietà nazionale e a Palermo divampava una gravis-sima crisi politica. Si tratta di un ritratto a tutto tondo, svelato an-che grazie ai documenti dell’archi-vio privato per la prima volta resi disponibili alla consultazione. Ne

esce fuori il profilo di un democri-stiano riformista, allievo e amico di Aldo Moro, che ha ostacolato la mafia con i fatti più che con le pa-role. E che – inutile dirlo - è stato lasciato solo nella sua battaglia di pulizia del governo isolano negli angoscianti Settanta. Il libro resti-tuisce soprattutto il lato umano e

familiare di Mattarella: l’infanzia a Castellammare, il contesto del-le amicizie paterne (erano di casa tra gli altri Giuseppe Alessi, Pietro Mignosi, Salvatore Aldisio, Gior-gio La Pira), il Gonzaga, le lezioni di violino e l’Azione Cattolica, gli anni romani, il ritorno a Palermo, il cursus honorum, l’assessorato alla presidenza con delega al bilan-cio nella giunta di centrosinistra guidata dal diccì Mario Fasino, l’esperienza della presidenza del-la Regione dopo le dimissioni di Bonfiglio e la conseguente lunga crisi di governo. A proposito, Mat-tarella fu eletto con 77 voti: il ri-sultato più alto nella storia dell’As-semblea siciliana, grazie ai voti dei deputati di Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli e (altro primato storico) Pci. Il volume prende atto anche delle carenze di un percorso processua-le che non ha mai condannato gli esecutori materiali del delitto, la-sciando aperti dubbi lancinanti. Le indagini si rivelarono farraginose fin da subito, incagliate tra mafia e terrorismo, e le carte processuali hanno poi fotografato solo la su-perficie degli eventi. Chi sparò al presidente? E perché i pentiti non sono riusciti a indicare i nomi di chi partecipò all’omicidio? “Ci fu – scrive Grasso - qualche esterno che

r a p p r e -sentò alla C o m -missione di Cosa Nostra l a -gnan-ze o prote s te per i propri interessi danneggiati dall’opera di moraliz-zazione del presidente della Regio-ne?”. E, in complicità con la mafia, hanno agito centri occulti di po-tere e pezzi di Stato deviati? Tutte domande senza risposta. Certo è che “la morte di Mattarella – ag-giunge l’autore – sembrò seppellire per sempre una stagione irripeti-bile di rinnovamento ai vertici po-litici-amministrativi della Sicilia, che ripresero le antiche e opache consuetudini. Ben presto molte vi-cende e molti altri morti eccellenti si sovrapposero alla figura del gio-vane presidente, finendo per stem-perarne il ricordo”. Ma in conclusione Grasso affronta anche un tema che tocca il mondo ecclesiale: e cioé le ragioni che han-no offuscato la memoria di Matta-rella all’interno della Chiesa, di cui Piersanti si sentiva figlio devoto e ap-passionato. “Della dimenticanza –

con-tinua l’autore - si è avuto sentore anche durante la recente cerimonia di beatificazio-ne di don Pino Puglisi: accanto alla figura del prete di Brancaccio sono stati citati tra gli applausi Falcone, Borsellino e Livatino. Ma non Mat-tarella. Perché?”. La risposta, sostie-ne Grasso, è che le gerarchie sono state colte impreparate dalla fine della Democrazia Cristiana. Ade-rendo alla logica del nuovo bipola-rismo, la Chiesa ha finito per accen-tuare la netta presa di distanza dai “colpevoli” di Tangentopoli, senza alcuna ulteriore elaborazione, quasi che la Dc non fosse nel bene e nel male figlia del cattolicesimo ita-liano. Così si è risvegliato l’antico timore che rivendicare l’apparte-nenza di uomini politici compro-mettesse il suo ruolo super partes e ne indebolisse la forza politica.

di Salvatore Falzone

Piersanti Mattarella “Un martire politico”

Il democristiano riformista che ostacolava la mafia con i fatti e non con le parole

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I fondali di Gela custodiscono reperti dal valore inestimabile. Vasi, monete, navi e testimo-

nianze di reperti militari. Il grande patrimonio di cui la città è dotata dovrebbe consentire a Gela di di-ventare una delle tappe fisse da vi-sitare per i turisti che arrivano in Sicilia. Eppure, né la presenza di un prestigioso museo, né l’eccezionale conservazione delle fortificazioni greche, note come Mura Timoleon-tee, sono state in grado di attecchire nei grandi circuiti turistici. Anche la

collocazione geografica della città rappresenta un punto di forza perché ben collegata ad impor-tanti località: da Siracusa a Ragusa, da Catania ad Agrigento. Nonostante ciò si continua a lavorare per migliorare le condi-zioni del territorio per renderlo allettante e competitivo. Già nei prossimi mesi potrebbe far ritorno a casa la nave greco arcaica recuperata cinque anni fa dai fonda-li del mare di Gela. Abortito il pro-getto di realizzazione di un museo del mare, dopo lo studio del relitto ed il suo recupero, dovrebbe essere tutto pronto per avviare la sua col-locazione all’interno del Museo che l’accoglierà nella sala “Eschilo”, fino ad oggi utilizzata come auditorium. Sarà realizzato un sistema di con-tenimento che garantirà l’adeguata conservazione dei resti della nave. “E’ stato il sedimento fluviale a pre-servare per 26 secoli il relitto delle nave dall’azione distruttrice della flora e dalla fauna del mare, in par-

ticolare dalla teredine, un mollusco marino che scava delle minuscole gallerie nel legno distruggendolo” racconta il presidente dell’Archeo-Club Nuccio Mulè che all’argomento ha dedicato uno spazio di approfon-dimento sul sito dell’associazione. “Era una nave da trasporto a propul-sione mista (remi e vela), costruita con la tecnica a guscio ovvero col fasciame inserito sulla chiglia e con l’ossatura di rinforzo inserita nello scafo. Ma la caratteristica più impor-tante di questo antico reperto, finora unico esempio al mondo di relitto di nave greca del VI secolo a.C., sta pro-prio nel rapporto di contiguità tra le tavole del fasciame; infatti, esse, oltre

ad essere collegate col già conosciu-to antico sistema del tenone con la mortasa (rispettivamente una spor-genza ed un incavo), presentano an-che un sistema di cucitura realizzato con corde vegetali. Evidentemente, il sistema a fasciame cucito, che si conosce soprattutto dal Medioevo e in particolare dalle navi vichinghe, è molto più antico, anzi anteriore a quello a noi noto. Se si pensa che fino ad oggi in tutto il mondo è stato recuperato un solo consistente relitto di nave greca lun-go 12 metri, quello di Kyrinia del IV secolo a.C. (recupero realizzato nel 1971 al largo dell’isola di Cipro e di-retto dal prof. Michael Katzev dell’U-niversità di Pennsylvania), il nostro,

a confronto, assume senza dubbio un’importanza maggior non solo per la datazione, che come già riferito e più antica di due secoli, ma anche per la lunghezza stessa, che già si attesta intorno ai 18 metri (larghezza circa 7 metri), e per alcuni particolari co-struttivi navali di cui fino ad ora si sapeva poco”.Fondamentale fu la partecipazione degli ambientalisti dell’associazione Sviluppo e ambiente, retta da Fran-co Cassarino, che insieme agli stu-diosi della Soprintendenza e ad al-cuni privati lavorarono per rendere possibile recupero.Nelle scorse settimane la Soprinten-denza del Mare, l’associazione Svi-

luppo e Ambiente e la Capitaneria di porto, invece, hanno recuperato un piccolo cannone. Le operazioni di recupero sono state monitorate da Stefano Zangara, dirigente dell’u-nità operativa quarta, esperto in re-cupero e responsabile dell’area che si estende tra Catania e Caltanissetta per la Soprintendenza del Mare.“Il reperto dovrebbe essere un’arma utilizzata nelle imbarcazioni che

solcavano queste acque nel 1500 -. Spiega Zangara – Molto probabil-mente, dal calibro di 50 millimetri, si tratta di uno smeriglio da piom-bo. Un’arma leggera che equipag-giava la prua delle imbarcazioni per colpire o per garantire un adeguato sistema di difesa”.“Ovviamente l’ultima parola spet-ta sempre alla Soprintendenza del Mare dopo aver proceduto alla pu-lizia del reperto anche se sono stati gli archeologi della stessa a definirla come arma. In conclusione – spiega Nuccio Mulè – dovrebbe trattarsi di un’arma di ferro (ma potrebbe

e s s e r e anche di bronzo) del XVI secolo appartenente ad un’im-barcazione, nelle vicinanze esistono numerosi resti lignei e altri reperti, compresa una palla di granito, uti-lizzata in antico come proiettile. D’altro canto non sarebbe una cosa rara la presenza dei resti di una nave pirata nel nostro mare, dal momen-to che per diversi secoli la nostra costa è stata oggetto di invasioni pi-ratesche della marineria magrebina. Quindi un cannone di piccole di-mensioni, cioè una colubrina di 2,7 metri, a canna lunga; inoltre, quasi al centro, lateralmente, possiede un perno che in origine serviva a in-serire la colubrina su un supporto ligneo sul bordo della nave; tale per-no consentiva all’arma di ruotare e indirizzare il tiro a 180 gradi”.L’arma, una volta recuperata, è sta-ta portata in pieno centro storico a Gela per consentire una “consegna” simbolica alla città del ritrovamento che sarà ora interessato da studi e operazioni di recupero.

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Nuccio Mulé, presi-dente dell’Archeo-Club; a destra Stefa-no Zangara, dirigente dell’Unità operativa IV per la Soprintenden-za del Mare.

di Lorena Scimè

AVVISI LEGALI

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAProcedura n. 34/2010 R.G.Es .

Il Notaio delegato dott. Gaspare Mazzara, con studio in San Cataldo, Piazza della Repubblica n. 7, professionista delegato nell’esecuzione immobiliare n. 34/2010 R.G. Es., avvisa della vendita senza incanto 16/09/2014 ore 10.00 dei seguenti beni immobili: LOTTO UNO: Fabbricato con corte, sito in San Cataldo C.da Torre, il quale si sviluppa su due elevazioni fuori terra e un piano seminterrato e un appezza-mento di terreno di mq 3.015 su cui insiste il fabbricato, oltre terreno adiacente di mq 790, qualità mandorleto, classe 2, sul quale insistono 6 alberi di ulivo ed un fabbricato diruto. Il fabbricato risulta censito nel Nuovo Catasto Edilizio Urbano del Comune di San Cataldo al foglio 38, con le particelle: 408 sub. 1, corte comune ai subalterni di mq 231; 408 sub. 4, categoria A/3, classe 1, con-sistenza 4,5 vani; R.C. €. 122,01; 408 sub. 5, categoria A/3, classe 1, consistenza 3,5 vani; R.C. € 94,90; 408 sub. 6, categoria C/2, classe 2, consistenza 119 mq, R.C. € 196,67; mentre il terreno risulta censito nel Nuovo Catasto Terreni del Comune di San Cataldo al foglio 38, con le particelle: 407 di Are 30.15, qualità seminativo, classe 1, R.D. €. 17,91, R.A. €. 4,67; 204 di Are 07.90, qualità man-dorleto, classe 2, R.D. €. 4,49, R.A. €. 2,45; 199 di Are 00.20, fabbricato rurale. Prezzo base dell’offerta Euro 203.168,00. Offerta minima in aumento in caso di gara Euro 10.000,00. LOTTO DUE: Appezzamento di terreno sito in San Cataldo C.da Torre Scar-lata, di complessivi mq 13.810, censito nel C.T. al Foglio 39 con le particelle: 96, qualità uliveto, classe 2, Are 58.60, R.D. €. 25,72, R.A. €. 18,16; 97, qualità seminativo, classe 1, Are 79.50, R.D. €. 47,22, R.A. €. 12,32;Prezzo base dell’offerta Euro 79.000,00. Offerta minima in aumento in caso di gara Euro 4.000,00. Presentare offerte il giorno 15 Settembre 2014 alle ore 12:00 presso lo studio del Notaio Gaspare Mazzara. All’offerta dovrà essere allegato un a/c n.t. inte-stato all’ordine del professionista delegato, pari al 10% del prezzo offerto, a titolo di cauzione. Eventuale vendita con incanto il giorno 23 settembre 2014 (martedì) alle ore 10:00.Ulteriore informazione presso lo Studio del Notaio Gaspare Mazzara, quale professionista delegato nonché custode giudiziario nominato sito in San Ca-taldo, Piazza della Repubblica n. 7, ogni lunedì, martedì e giovedì dalle ore 16,30 alle ore 19,30 (telefono 0934/571264). Il presente bando, la consulenza di stima e l’ordinanza di delega sono visiona-bili sui siti internet www.astegiudiziarie.it e www.asteannunci.it

I tesori del mare di Gela

Presto la nave grecoarcaica recuperata 5 anni fa, dovrebbe rientrare a Gela ed essere esposta

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In principio fu l’installazione della croce di Dozulè, poi toccò alla pro-posta di cambiare il nome di piazza

del Popolo in piazza San Giovanni, poi ancora la vendita di un terreno vicino alla parrocchia, infine il varo di una ma-nifestazione. Mai i rapporti tra Chiesa e Comune sono stati così tesi. E dire che a Mussomeli la laicità delle istituzioni si è

sempre fusa con la religiosità del mon-do clericale. La longa manus talare ha condizionato le scelte politiche. Anzi, il palazzo comunale ha sempre odorato di sacrestia. Ma qualcosa sembra essere cambiato. I rapporti tra le due istitu-zioni, soprattutto con la Giunta Calà, si sono incrinati. L’origine dello scon-tro coincide con l’autorizzazione data

tre anni fa all’installazione della Croce di Dozulè sul suolo pubblico e che su-scitò le ire del vescovo di Caltanissetta Russotto, ostile al culto di Dozulè: una pratica ancora non riconosciuta dal Va-ticano. Dopo il biasimo ufficiale della Diocesi, gli amministratori, per ricucire lo strappo con la curia nissena, dovet-tero abbatterla. Se la pace fu raggiunta

sulla croce, non si può affermare la stes-sa cosa su un altro argomento, il futuro dell’area di pertinenza della parrocchia di Cristo Re che il parroco, don Salva-tore Tuzzeo, vorrebbe concessa gratui-tamente. Ma il sindaco in questi ultimi mesi è sembrato piuttosto chiaro: “l’area non si regala- ha sentenziato- il terreno si vende”. Una doccia fredda che ha in-

dispettito il sa-cerdote. Ma la vera contrappo-sizione, tra un uomo di fede ed un politico e che può essere fa-cilmen-te ac-costa-bile al sem-p i -t e r n o confronto tra don Camillo e Peppone, si combat-te tra il palazzo di città e qualche coor-dinata più in bassa, all’altezza del San-tuario e della parrocchia di San Gio-vanni. Colui che più facilmente in que-sti ultimi anni è paragonabile al prete di Brescello, è proprio il rettore della Ma-donna, don Ignazio Carrubba, il quale qualche mese fa lanciò la proposta di cambiare il nome storico di piazza del Popolo in piazza San Giovanni, susci-tando l’irritazione del mondo laico. Il sindaco, a differenza di come era acca-

du-to per piazza San Domenico (che su invito dello stesso prete fu ribattezzata piazza Maria Santissi-ma dei Miracoli) in questo caso non ha espresso immediatamente il sì, ma ha chiesto tempo, lanciando persino la proposta di un referendum tra i re-sidenti e di fatto bloccando (per il mo-mento) ogni ipotesi di modifica topo-nomastica. Ma l’apice della querelle si è

toccato all’indo-mani del lancio di

una manifestazio-ne lodevole quanto

ambiziosa: Giovani in piazza 2014. Dopo

la conferenza stam-pa, il primo cittadino

ed in maniera più ir-ruenta l’assessore allo

Spettacolo Enzo Nucera, lanciarono pesantissime

accuse contro don Carru-ba, incolpato di non avere

coinvolto l’esecutivo locale nella realizzazione dell’inizia-tiva. I giornali in questi ultimi

giorni hanno ospitato l’acceso scambio di opinioni tra il reli-

gioso e i rappresentanti dell’Am-ministrazione. Una polemica, col sen-no del poi rivelatasi inutile, conside-rato che alla vigilia dell’inaugurazione l’evento è stato annullato. Chissà quale sarà la prossima storia in una Musso-meli che assomiglia sempre di più all’e-miliana Brescello.

La vita professionale ed una pa-rentesi della sua carriera rac-contata da un libro che ambisce

a diventare la bibbia della storia della musica a Palermo. Pier Amico, artista arcinoto negli anni ’70, è stato anno-verato tra i personaggi pro-tagonisti di un passato seppur recente. Il suo nome, i suoi concerti e le sue foto sono finite nel libro “Paler-mo al tempo del vinile“(Flaccovio Editore) scritto da

Daniele Sabatucci, esperto di comu-nicazione. Un’opera completa in cui viene ripercorsa la storia dei gruppi e delle produzioni musicali da 50 anni ad oggi partorite o comunque attec-chite all’ombra di monte Pellegrino. E tra i grandi eventi non poteva non

essere riportato il Festival Pop ’70 che portò sul palco del capoluogo siciliano molte stelle internazionali, fra tante Aretha Franklin e Duke Ellington. Su quel

palco, tra i pochi ita-liani vi salì pure il

cantante

mussomelese. Insomma un ottimo motivo per ritagliarsi un posto nel li-bro. “Credo- dice oggi orgoglioso Pier Amico- che quello sia stato l’evento più importante di Palermo negli anni ’70. Uno dei più importanti in Italia. Fu tutto merito di un’intuizione del produttore italoamericano Joe Napoli che scelse Palermo per uno spettacolo unico in Sicilia e tra i più celebri or-ganizzati in Europa in quel periodo”. Piero ammette che la sua fortuna musicale era legatissima ai suoi anni trascorsi a Palermo. “Fui adottato dal capoluogo. Strinsi una fortissima ami-cizia con Giuni Russo con cui, in più

occasioni, divisi pure il pal-co”. Ma Amico divise le sce-ne pure con altri artisti del

calibro di Little Tony, di cui ancora serba un vivido ricor-

do. “Little Tony scherzava pa-recchio con me. Per via dei miei

capelli biondi e dei miei occhi chiari non credeva che fossi sici-

liano, allora per convincersi mi chiedeva di parlargli in dia-letto. Dopo il Festival pop ’70 partecipai al Disco Primavera,

con una doppia serata al Teatro Biondo presentata da Daniele

Piombi”. Negli anni a seguire Pier lavorò prima nelle

tv private panor-mite, realizzando talk show divenu-ti cult, poi passò alla Rai Sicilia dove collaborò nella consu-lenza musi-cale. “Quelli furono anni straordina-ri per la Si-cilia, ricchi di grandi eventi significativi. Anni appas-sionati, dove c’era una forte volontà di realizzare manifestazioni importanti”. ”Oggi- sottolinea amaramente l’arti-sta- la Sicilia è orfana dei grandi even-ti, e questo è un male. La Sicilia ha l’arte, il turismo, peccato che tutto ciò che riguarda lo spettacolo è completa-mente assente”. Da Mussomelese doc, Amico, con le dovute proporzioni tira un parallelo con la sua città. “Serve un progetto per Mussomeli che bisogna realizzarlo con il fondamentale ap-porto dei privati e in cui al centro ci sia l’amore per il paese”. Il cantante lan-cia inevitabilmente i proprio j’accuse contro chi gestisce in città le attività artistiche e culturali. Innegabile l’allu-sione all’Amministrazione comunale.

“Ave-v o

propo-sto l’isti-

tuzione del pre-

mio Chia-ramontano,

un premio, con tanto

di statuette del castel-lo in argento,

da assegnare a personaggi im-

portanti della cultura, dell’arte, della mu-sica”. Una proposta ancora inascolta-ta: “Ho trovato una porta stretta, non voglio fare contestazioni, ma ancora i mei messaggi, in cui chiedo maggiore impegno per promuovere Mussome-li non vengono accolti”. Infine ecco il sassolino che Piero “Pier” Amico vuole togliersi dalle scarpe: “Si parla sempre di dare spazio ai giovani, ma più che dare attenzione all’età anagra-fica bisogna pensare alle professiona-lità, alle competenze e alle conoscenze a prescindere dal numero degli anni. Bisogna tenere in considerazione chi ha creatività. Spero insomma che questa porta per me si apra presto”.

Fatti & Vallone

Rapporti tesi tra l’Amministrazione comunale e la Chiesa locale, tra nomi di piazze, croci abbattute ed eventi cancellati

Don Camillo e Peppone

Mussomeli come Brescello

Pier Amicouna vita a 45 giri

di Giuseppe Taibi

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