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www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it a pagina 28 ROSSO & NERO Il sindaco e il paragone che non regge alle pagine 16 e 17 PROFONDO BLU Due nisseni e la loro passione per il mare a pagina 22 e 23 STORIA & CULTURA Place de Milena, dedicata al paese nisseno ISSN: 2039/7070 Elisa Ingala si racconta. “Non solo conti” Nisseni silenziosi aiutano i piccoli della Tanzania SOLIDARIETA’ FATTI & DINTORNI A CASA DI... Pier Amico, il mussomelese che cantò con i big a pagina 14 alle pagine 12 e 13 a pagina 27 di R. Colajanni di D. Polizzi di O. Barba Anno I Num. 5 Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento Giugno FREE PRESS Aldo Rapè e il suo mercato di celluloide Voci e colori dal cuore di Caltanissetta Via Filippo Paladini, 172 - Via Ferdinando I, 63 Caltanissetta Strata a’ foglia di Rosamaria Li Vecchi alle pagine 8 e 9 L ucia Lotti è un magistrato di frontiera. Un giu- dice che non si sente asserragliato in un for- tino, la Procura di Gela, ma che anzi guarda con interesse a quello che accade nelle strade della città del golfo. In questa intervista, data in esclu- siva al “Fatto Nisseno”, Lucia Lotti riconosce la funzione economica che il Petrolchimico conti- nua ad onorare, nono- stante la crisi imperante, e dà conto del ruolo as- solto dalle associazioni antiracket e dalla società civile. Risposte ispirate dal pragmatismo di chi opera in un ambien- te dicile, e suggerite da un certo ottimismo manifestato con la con- sapevolezza di chi cono- sce le prospettive di una terra che non ha mai issato bandiera bianca. E che in fondo non lo farà mai. INTERVISTA ESCLUSIVA Lucia Lotti, il giudice che lotta per liberare Gela CIAK si gira Servizio alle pagine 6 e 7

Il Fatto Nisseno - giugno 2011

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mensile di approfondimento di Caltanissetta e provincia

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Page 1: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

a pagina 28

ROSSO & NERO

Il sindaco e il paragone chenon regge

alle pagine 16 e 17

PROFONDO BLU

Due nisseni ela loro passioneper il mare

a pagina 22 e 23

STORIA & CULTURA

Place de Milena,dedicata alpaese nisseno

ISSN

: 203

9/70

70

Elisa Ingalasi racconta.“Non solo conti”

Nisseni silenziosiaiutano i piccoli della Tanzania

SOLIDARIETA’ FATTI & DINTORNIA CASA DI...

Pier Amico,il mussomeleseche cantò con i big

a pagina 14 alle pagine 12 e 13 a pagina 27di R. Colajannidi D. Polizzi di O. Barba

Anno I Num. 5

Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimentoGiugno

FREE PRESS

Aldo Rapèe il suomercatodi celluloide

Voci e colori dal cuore di Caltanissetta

Via Filippo Paladini, 172 - Via Ferdinando I, 63 Caltanissetta

Strata a’ foglia

di Rosamaria Li Vecchi alle pagine 8 e 9

Lucia Lotti è un magistrato di frontiera. Un giu-

dice che non si sente asserragliato in un for-tino, la Procura di Gela, ma che anzi guarda con interesse a quello che accade nelle strade della città del golfo. In questa intervista, data in esclu-siva al “Fatto Nisseno”, Lucia Lotti riconosce la funzione economica che il Petrolchimico conti-nua ad onorare, nono-stante la crisi imperante, e dà conto del ruolo as-solto dalle associazioni antiracket e dalla società civile. Risposte ispirate dal pragmatismo di chi

opera in un ambien-te di!cile, e suggerite da un certo ottimismo manifestato con la con-sapevolezza di chi cono-sce le prospettive di una terra che non ha mai issato bandiera bianca. E che in fondo non lo farà mai.

INTERVISTA ESCLUSIVA

Lucia Lotti,il giudice che lottaper liberare Gela

CIAK si gira

Servizio alle pagine 6 e 7

Page 2: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

Giuseppe era cresciuto a Brancaccio; nel 1990, quando

arrivò Padre Pino Puglisi alla chiesa di San Gaetano, studiava medicina all’uni-versità ma stava prenden-do una brutta strada. “Ora sono il parroco del Papa”, diceva scherzando don Pino e alludeva al fat-to che in quelle zone aveva spadroneggiato il boss Mi-chele Greco, detto il papa.Ma la ma!a cambia i suoi vertici e quella era diven-tata la parrocchia dei Gra-viano. Di loro Don Pino si preoccupava poco, anche se dal loro clan sarebbe ar-rivato l’ordine di ucciderlo; egli si preoccupava di più dei tanti ragazzi di quel quartiere, come Giuseppe.“La mia esperienza è un po’ particolare” raccontò

Giuseppe a Famiglia cri-stiana nel 1995, “avevo amicizie pericolose e a un certo punto mi accorsi che ero stanco della vita che conducevo. Quando sei in contatto con certa gente, o fai come fanno loro e quin-di ti ritrovi sottoterra, op-pure scegli tutt’altra strada; non ci possono essere vie di mezzo”.Mentre avvertiva un forte senso di vuoto, Giuseppe cominciò a frequentare Pa-dre Puglisi: “con lui non ho mai parlato delle mie ami-cizie, però ho avuto sem-pre la sensazione che lui avesse capito tutto. Adesso ho un solo rimpianto: di non essermi mai confessa-to con lui; non ci sono mai riuscito. Forse avevo pau-ra che rimanesse deluso di me. Ma sono convinto che aveva capito tutto. Lo

sapeva che questa scelta mi pesava, che era di"ci-le rompere con il passato, ma sapeva che io lo vole-vo a tutti i costi. Così mi coinvolse nelle attività del centro sportivo e quell’at-tività riempì tutta la mia vita. Mi accorsi che era una cosa bellissima dedicarsi ai bambini e !nì che cammi-navano sempre con me. Per qualcuno di loro era anche un modo per sfuggire alla logica spietata della strada ed evitare che andassero a rubare. Li portavo con me anche all’università”.Giuseppe scoprirà presto di quanto coraggio c’era bisogno per recuperare il senso della sua vita e per dare un futuro diverso al suo quartiere: “quando fe-cero alcuni attentati, padre Puglisi pronunciò un’ome-lia di fuoco. Ebbi quasi paura. Mi resi conto che il passo che stavamo facendo era molto forte.”

La sera del 15 settembre 1993, i sicari spararono al parroco di Brancaccio nel giorno del suo complean-no e gli sentirono dire che li stava aspettando.Giuseppe non riuscì a re-sistere e pretese di recarsi nella camera mortuaria per vederlo ancora, appro!t-tando della sua iscrizione alla facoltà di medicina.Ma la disperazione di que-gli istanti non lo fermò e continuò a lavorare nella parrocchia di Brancaccio per i suoi bambini.Il 3 giugno del 1994 un falegname di Brancaccio con piccoli precedenti viene ucciso in un ag-guato di ma!a. Giuseppe e un suo amico, Matteo, assistono per caso ad una fase dell’esecuzione e rico-noscono i due killer. Dopo qualche esitazione deci-dono di fare quello che a Brancaccio sembrerebbe incredibile: si recano da-

gli inquirenti e raccontano tutto.Diranno: “la nostra è stata una scelta di coerenza che è maturata nel cammino fatto insieme a padre Pu-glisi”. Prima che la notizia della loro testimonianza si dif-

fonda vengono trasferiti in una località segreta e comincia per loro un’altra vita di clandestinità e di lontananza dal quartiere dove si è nati e dove si po-trebbe morire ammazzati:

una vita da “pentiti” senza avere nulla di cui pentirsi.Giuseppe dal 1995 vive più o meno così; talvolta si arrabbia, talvolta è delu-so, ma non si pente mai di quello che ha fatto; perché il suo sacri!cio è servito anche a dimostrare che don Pino è vivo e perché comunque, se non si fosse lasciato guidare da lui, la sua vita sarebbe stata senza senso.Oggi che tutti si proclama-no combattenti contro la ma!a senza avere soppor-tato nemmeno una parte in!nitesima dei sacri!ci che ha patito lui, nessuno ricorda la storia di Giusep-pe, ma lui è sereno e, in una località che non diremo, lavora per dare compagnia e tranquillità a persone af-fette da malattie psichiatri-che; forse in loro rivede i bambini di Brancaccio che volevano camminare sem-pre con lui.

Giugnowww.ilfattonisseno.it2

LA STORIA. Il coraggio di uno studente di medicina del quartiere Brancaccio

Giuseppe, “testimone”grazie a padre Puglisi

Dopo l’ uccisione del parroco,il protagonista della storianon ha paura della ma!atanto da denunciarel’ omicidio di un falegnameconsumato sotto i suoi occhi.Da quel giornovive in una località segretacome se fosse un pentito

di Giovanbattista Tona

Fatti

per non dimenticarecontro la Ma!a

Il suosacri!cio è servito anche a dimostrare che don Pino è vivo

Page 3: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

Giugno www.ilfattonisseno.it 3

Nessuno ricorda la storiadi questo ragazzo.Adesso lavoracon persone a!ette da malattiepsichiche. Forse in loro rivede i bambini di Brancaccio

A sinistra un giovane padre Puglisi con i bambini di Brancaccio.

Nasce il 15 settembre 1937 a Brancaccio, quartiere periferico di Palermo, da una famiglia modesta (il padre calzolaio, la madre sarta). A 16 anni, nel 1953 entra nel seminario palermitano da dove ne uscirà prete il 2 luglio 1960 ordinato dal cardinale Ernesto Ru!ni. Nel 1961 vie-ne nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del Santissimo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e successivamente rettore della Chiesa di San Giovanni dei Leb-brosi. Nel 1963 è nominato cappellano presso l’orfanotro"o Roosevelt e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi, borgata marinara di Palermo. È in questi anni che Padre Puglisi comincia a maturare la sua atti-vità educativa rivolta particolarmente ai giovani.Il 1º ottobre 1970 viene nomina-to parroco a Godrano un paesino della provincia palermitana che in quegli anni è interessato da una feroce lotta tra due famiglie ma"ose. L’opera di evangelizza-zione del prete riesce a far riconciliare le due famiglie. Rimarrà parroco a Godra-no "no al 31 luglio 1978.Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Ga-etano, nel quartiere Brancaccio di Pa-lermo, controllato dalla criminalità or-ganizzata attraverso i fratelli Graviano, capi-ma"a legati alla famiglia del boss Leoluca Bagarella. Qui inizia la lotta an-tima"a di Don Pino Puglisi. Egli non ten-ta di portare sulla giusta via coloro che sono gia’ entrati nel vortice della ma"a ma cerca di non farvi entrare i bambini che vivono per strada e che considerano i ma"osi degli idoli, persone che si fanno rispettare. Egli infatti attraverso attivita’ e giochi fa capire loro che si può ottene-re rispetto dagli altri anche senza essere criminali, semplicemente per le proprie idee e i propri valori. Don Puglisi tolse dalla strada ragazzi e bambini che senza il suo aiuto avrebbero iniziato con picco-le rapine per poi arrivare allo spaccio. Il fatto che lui togliesse giovani alla ma"a diede molto fastidio ai boss che lo con-sideravano un ostacolo, così decisero di

farlo fuori dopo una lunga serie di mi-nacce di morte di cui don Pino non par-lò con nessuno. Nel 1992 viene nomina-to direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugura a Brancaccio il centro Padre Nostro per la promozione uma-na e la evangelizzazione. Il 15 settembre 1993, il giorno del suo 56º compleanno viene ucciso dalla ma"a, davanti al por-tone di casa. Il 2 giugno qualcuno mura il portone del centro “Padre Nostro” con dei calcinacci, lasciandone gli attrezzi vicino alla porta. Il 19 giugno 1997 vie-ne arrestato a Palermo il latitante Salva-tore Grigoli, accusato di diversi omicidi tra cui quello di don Pino Puglisi. Poco dopo l’arresto Grigoli comincia a colla-borare con la giustizia, confessando 46 omicidi tra cui quello di don Puglisi. Grigoli, che era insieme a un altro killer, Gaspare Spatuzza, gli sparò un colpo alla nuca. Dopo l’arresto egli sembra intra-prendere un cammino di pentimento e conversione. Lui stesso ha raccontato le ultime parole di don Pino prima di essere ucciso: un sorriso e poi un criptico “me lo aspettavo”[1]. Condannato a 16 anni dalla Corte d’Assise di Palermo, è stato scarcerato nel 2000 dopo aver scontato una pena e#ettiva inferiore a due anni di reclusione. Mandanti dell’omicidio furono i capima"a Filippo e Giuseppe Graviano, arrestati il 26 gennaio 1994. Giuseppe Graviano viene condannato all’ergastolo per l’uccisione di don Pu-glisi il 5 ottobre 1999. Il fratello Filippo, dopo l’assoluzione in primo grado, viene condannato in appello all’ergastolo il 19 febbraio 2001. Condannati all’ergastolo dalla Corte d’assise di Palermo anche Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Co-simo Lo Nigro e Luigi Giacalone, gli altri componenti del commando che aspettò sotto casa il prete.Sulla sua tomba, nel Cimitero di Sant’Orsola a Palermo, sono scolpite le parole del Vangelo di Giovan-ni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

IL RITRATTO Il sacerdote fu ucciso il 15 settembre del 1993

Direzione EditorialeMichele Spena

[email protected]

Collaborazioni:Osvaldo BarbaMarco Benanti

Rosamaria ColajanniRosamaria Li Vecchi

Salvatore FalzoneLello LombardoMartina NigrelliDonatello Polizzi

Alberto SardoGianbattista Tona

Michele Spena

ImpaginazioneClaudia Di Dino

Redazione Viale della Regione, 6

[email protected]

Tel/Fax: 0934 - 594864info pubblicità: 333/2933026

Padre Giuseppe Puglisi meglio conosciuto come Pino, (Palermo, 15 settembre 1937 – Palermo, 15 settembre 1993) è stato un pre-sbitero italiano, ucciso dalla ma"a il giorno del suo 56º compleanno a motivo del suo costante impegno evangelico e sociale. Il 15 settembre 1999 il cardinale di Palermo Sal-vatore De Giorgi ha aperto u!cialmente la causa di beati"cazione proclamandolo Ser-vo di Dio.

Don Pino, il prete che sorriseai killer che lo ammazzarono

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“Lasciato solo come Falcone”Campisi e il paragone infelice

Stavolta il sindaco Cam-pisi l’ha sparata grossa: davanti alle telecamere di una emittente locale si è

paragonato a Giovanni Falcone e ha puntato il dito contro tutti,

colpe-voli di averlo lasciato solo nella sua battaglia per l a legalità, proprio come solo fu la-sciato il giudice saltato in aria a Capaci. Direte: ma uno non è libero di paragonarsi a chi vuole? Sì, certo. Ma c’ è un limite a tutto, anche ai paragoni… E quello di Campisi, come si dice, non regge. Eh no, proprio non regge. Anzi, è così strampalato, così inverosimile, così poco credibile, così parados-sale, da risultare grottesco, caba-rettistico, comico, per!no auto-

satirico. Non solo. Suona come canzonatorio anche nei confron-ti dei nisseni: ma davvero sono tanto scimuniti da credere che Campisi è come Falcone e che la solitudine dell’uno è assimilabile

a quella vissuta a suo tem-po dall’altro? A parte che il sindaco di Caltanissetta non è

solo (ad accompagnarlo sui sentieri della giustizia è una guida forte e onorevole). Ma almeno dica in cosa con-siste concretamente l’azione contro il mala"are che sta por-

tando avanti e che gli sta facen-do sperimentare un drammatico romitaggio. Ma lo dica a tutti.

E a voce alta, senza sussurrare all’orecchio di alcuno. Denunci pubblicamente, alla luce del sole,

gli illeciti di cui è a conoscenza, faccia nomi e cognomi: e i citta-dini decideranno se stare dalla sua parte oppure no. Non scherziamo con le cose se-rie. Perché se questo pa-ragone fosse davvero fondato, se il sindaco stesse lavorando per ristabilire la legalità e per questo tutti avesse-ro deciso di mollarlo, allora il primo cittadino sarebbe in grave peri-colo. E se le cose stanno così, cos’altro si aspet-ta a tutelarne l’incolu-mità, a dargli

un’auto blu e una scorta? Lasciamo stare. Il paragone fac-ciamolo noi. Diciamo allora che questa sparata è soltanto una gaf-fe, come quella dell’imprenditore

scambiato per sultano. Ridiamoci su. E’

meglio. Altrimenti bisognerebbe ten-tare di rispondere a domande troppo di#cili. Del tipo: si deve per forza es-

sere eroi in questa terra di eroi? Non

è proprio

possibile fare il proprio dovere in silenzio e con sobrietà? Un sindaco non può fare il sindaco e basta? Non può dire: sono quello che sono, cioè un servitore della cosa pubblica, e dunque lavoro onestamente e con trasparenza come ogni primo cittadino do-vrebbe lavorare? Dia retta a noi, signor sindaco: la-sci perdere le strategie di chi, per salvare la propria pelle, è dispo-sto a vendere quella degli altri. E calibri meglio i suoi paragoni. Falcone lascia- molo in pace…

IN TV. Davanti alle telecamere il sindaco si compara al giudice ucciso

di Salvatore Falzone

Dica in cosaconsistela sua azionecontro il mala!are

Page 5: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

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Page 6: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

Procuratore Lucia Lotti, circa un mese addietro lei ha partecipato al fo-rum delle imprese e delle professioni organizzato dall’associazione “dater-reinmezzoalmare”, in cui gli attori e i relatori hanno immaginato, a partire dal presente, la città di Gela nel 2021. Quale futuro attende Gela per il capo della pro-cura? quali presupposti per quale futuro...Tentare una risposta a una domanda così impegnativa impone una premessa sul mio approccio al contesto gelese. Questa città ha una storia densa e pesante, col tempo tradotta nell’imma-gine di un barbaro girone infernale. Sospettando che questa immagine non re-

stituisse la complessità e le sfaccettature del luogo, nel-la prospettiva del lavoro a Gela, ho evitato ogni inda-gine preliminare o voce che potesse generare pre-giudi-zi. Un solo, su!ciente, pre-supposto a base della scelta: Gela ed il suo circondario altro non erano se non parte del territorio dello Stato con un posto vacante di Procu-ratore della Repubblica. Ed in e"etti, occhi e mente sgombri da sovrastrutture valutative mi hanno aiutato a comporre l’analisi – mi au-spico - in aderenza all’artico-

lazione concre-ta ed attuale

d e l l e

dinamiche socio-economi-che, criminali e non. Debbo aggiungere, sempre sul #lo della premessa, che il lavorìo di comprensione del contesto è stato facilitato da tensioni positive che, pur sotto traccia, serpeggiano in città. Gela, nonostante le tante questioni ancora irri-solte, è comunicativa ed è percorsa incessantemente da uno spirito che, pur so-vente misconosciuto, è aper-to e vivace. Sta di fatto che, sia nell’u!cio giudiziario che nel contesto cittadino, è stato possibile stabilire da subito un rapporto diretto, fattivo, concreto, propositi-vo. E ci tengo a dire che lo stesso avviene per tutti i col-leghi che giungono qui: test non è di poco conto, poichè negli ultimi tre anni ben sei magistrati si sono avvicen-dati in Procura. Il prodotto dell’analisi svi-luppata #no ad oggi e la relazione interattiva con il contesto hanno permesso di de#nire la conformazione sempre più variegata e dut-tile delle aree di illecito e ri-velato una sempre maggiore a!nità di queste con tipolo-gie ovunque rintraccia-bili. In sintesi, balza oggi agli occhi ciò che, più che distin-guere, assimila le dinamiche di Gela a quelle di tante altre

realtà urbane, a nord come a sud. Volendo ragionare in termi-ni di chance per il futuro, si può partire da questo dato: quanto a patologie sociali la realtà di Gela oggi non so"re trend di decisa peculiarità. E’ chiaro, da un lato, che sta dando i suoi frutti l’inces-sante attività di contrasto alla criminalità organizzata e, dall’altro, che il localismo segna il passo ovunque e a tutti i livelli, di fronte a sem-pre più massicce interazioni tra realtà territoriali, anche distanti tra loro. La conce-zione del luogo come entità prede#nita, astratta e statica ha perso consistenza e non può essere valido punto di partenza metodologico ove si tratti di progettare il fu-turo. Piut-

tosto vale dipanare il coa-cervo dei punti di forza e dei nodi da sciogliere, de#nire dinamicamente e con deci-sione le carte che in concre-to il territorio è – oggi - in grado di giocare. La massiccia presenza indu-striale, con le sue luci e le sue ombre, è comunque oggetti-vamente un propulsore, ha prodotto know-how e ne-cessariamente collega ad al-tri orizzonti. Alla pesantezza criminale della storia, Gela ha dimostrato di saper reagi-re. La collocazione geogra#-ca è strategica e tutt’altro che marginale, tanto più ove si prospetti il ra"orzamento delle infrastrutture. Il parco di intelligenze giovanili è da fare invidia e vi è un bacino di energia sommersa che preme per vedere la luce. A Gela la crisi economica non ha s!ancato il corpo sociale al punto da azzerare il confronto ed il dibattito socioculturale come forse è accaduto a Caltanissetta. Vi è un grande fermento e spesso, sullo sfondo, nel bene e nel male, vi è il polo industriale e quella vecchia idea di sviluppo perseguito

nel secolo scorso che prose-gue in forme diverse oggi. Il polo industriale è sem-pre protagonista ma cosa è cambiato oggi? Il polo industriale costituito dalla ra!neria e dall’indotto ha visto progressivamente ridurre negli anni il numero degli occupati, ma è ancora oggi una realtà importante del contesto gelese e lo sarà nel prossimo futuro, avendo evidentemente il sito una sua ragion d’essere sotto il pro#lo strategico-economi-co. E’ un epicentro con cui la città deve continuare a fare i conti quotidianamente e quando pensa al proprio destino. Il tema è di grande complessità e richiederebbe ben altro spazio. Uno spun-to di ri$essione vorrei però lanciarlo: l’esigenza di strut-turare il rapporto tra città e ra!neria in forme quanto più possibile evolute e line-ari. I guasti socio-economici

e ambientali che possono derivare da processi in-dustriali non pilotati nelle forme più adeguate ed una visione passiva e statica da parte del contesto in cui si inseriscono sono oramai – nel mondo - sotto gli occhi di tutti. Ma oggi vi sono tutti gli strumenti, culturali e tecnologici, per governare altrimenti tali processi ad opera di tutti i protagonisti in campo. Sembra così ine-ludibile porre la questione del superamento della lo-gica – sottaciuta, ma ancora pressante – della dipenden-

za della sopravvi-

venza della città dallo ‘stabi-limento’. Il contesto cittadino può esprimere, come attore e arte#ce del rapporto, in virtù dell’esperienza incame-rata, non poche potenzialità e passare da una posizione (passiva) di fruitore-vittima ad una posizione (impren-ditoriale) in grado di investi-re e fornire in modo quali#-cato e moderno prestazioni competitive nei confronti non solo del suo epicentro produttivo, ma anche di al-tre realtà. Al polo industriale il compito di concretizzare forme d’impresa evolute, e!cienti e responsabili ver-so un territorio che davvero molto ha dato. Il fermento su questi temi c’è ed è auspicabile che faccia da traino a strategie e pro-gettualità concrete, anche nella prospettiva – appunto - della diversi#cazione degli investimenti sul territorio e del recupero di tante possi-bilità in settori sinora trop-po poco considerati.Ha de!nito i luoghi comu-ni su Gela, la criminalità, l’irredimibilità, come un muro di cui prendere atto come una gabbia e andare oltre, magari scavalcan-dolo. Dove inizia il luogo comune, ad esempio par-lando della di"usione della criminalità e dove il riscat-to da questa immagine?I luoghi comuni sono trap-pole che o"endono l’intel-ligenza e frenano processi costruttivi. Quelli che ri-guardano Gela spero siano sul viale del tramonto; ora-mai stridono con gli e"etti positivi del lavoro che socie-tà civile e istituzioni hanno fatto negli anni nel contrasto alle varie forme di illegalità. Il cliché produce danni mol-to seri, non solo culturali: taglia alla radice lo sviluppo dell’analisi e, conseguente-mente, la progettualità seria. Ed inoltre perpetua alibi per tutti coloro che non hanno né l’interesse, né la volontà di leggere e governare la realtà per quello che è, con i pro e i contro, ed a trattarla quindi con lungimiranza, coraggio e responsabilità nelle scelte.

Giugnowww.ilfattonisseno.it6

Magistrato di frontiera parla di economia, riconosce il ruolo assunto dal Petrolchimico e dell’ impegno delle associazioni antiracket

L’ INTERVISTA.

Redazione

Sopra il nuovo tribunale di Gela. Accanto il petrolchimico.Sotto il Procuratore Lucia Lotti

Lucia Lotti,il giudice che credenella rinascita di Gela

L’incessanteattività di contrastoallacriminalitàsta dandobuoni frutti

“Il poloindustrialeè ancorauna realtàimportantee lo sarànel futuro

Page 7: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

Il luogo comune, in sintesi, è la più solida base delle non-scelte e, dunque, dell’inevi-tabile declino di positività e prospettive. Il danno è incal-colabile.Dunque non ci si può at-tardare su parole vuote. Ed i gelesi per primi debbono de!nitivamente uscire da questa trappola, declinando senza titubanze gli spunti che il dibattito attuale pro-pone in proposizioni con-crete e soluzioni operative, senza perdere occasione al-cuna. L’immagine va rovesciata, partendo da nuovi e concre-ti punti di vista, con la forza della storia e dell’esperienza maturata. Il territorio, già preda di plurime scorrerie, va risanato ed occupato sta-bilmente con nuove forme: urbane, socio-economiche, culturali e comportamenta-li. E non è certo solo una que-stione di immagine, giacchè solo tale prospettiva può arginare i pericoli della devianza che alligna nel di-sagio sociale e nella povertà di fasce di popolazione e può contrastare il possibile ricrearsi di dinamiche cri-minali ricalcanti un passato ancora troppo recente. Pas-sato che, pur in presenza della sostanziale destruttu-razione delle organizzazioni criminali di natura ma!osa per e"etto della sistematica azione di contrasto e della

crescita complessiva del tes-suto civile, ancora produce e"etti, con una scia di forme di illecito di"use, pericolo-se e di forte allarme sociale. Il coinvolgimento dell’area giovanile desta preoccupa-zione e non basta lo sfor-zo giudiziario e delle forze dell’ordine: si impone una crescita complessiva.I fenomeni delinquenzia-li, di qualsiasi natu, sono in buona parte aggredibi-li, ma i risultati diventano realmente solidi quando il contesto sociale - ed in pri-mo luogo l’amministrazione pubblica - danno prova di sapersi muovere in sinto-nia con questa prospettiva e traducono in fatti il valore dell’agire legale, trasforma-no la capacità di rifuggire da comportamenti deviati e devianti in vera e propria

risorsa, valore aggiunto del territorio, premessa per sviluppare ed attrarre inve-stimenti e, con essi, lavoro ed opportunità.L’ azione di alcune forze politiche, in campo per la legalità e contro il racket, è

servita da volano per lasocietà civile e l’impresa oppure è stato il contrario? la lotta antiracket è della politica o della societàcivile? Il ruolo dell’associazionismo antiracket e di tanti momen-ti di confronto sul tema è stato ed è importante. Non è pensabile che i processi di cambiamento passino per la sola via giudiziaria. Con-cepire e vivere l’agire quo-tidiano nella propria realtà socio-economica e civile ritenendo le varie forme di sopra"azione e coartazione un elemento di inaccettabile pregiudizio segna un muta-mento che tocca le radici e, dinamicamente, i processi razionali e psicologici di ogni passaggio decisionale.Si tratta di un mutamento che segna il recupero della dimensione del cittadino portatore di diritti civili e sociali, di legittime aspetta-

tive, di un cittadino libero di intraprendere le proprie iniziative economiche. E’ il dogma dell’immodi!cabili-tà di certi schemi compor-tamentali e sociali che deve essere de!nitivamente ab-bandonato in contesti per-meati da pervasive presenze criminali. Ed è un passaggio la cui re-sponsabilità non può essere a#data al solo coraggio del singolo. La singolarità del-la reazione inevitabilmente espone, laddove i processi

collettivi, sulla base della garanzia data dal scrupolo doveroso e dall’e#cienza de-gli accertamenti giudiziari, ra"orzano il singolo, infon-dono !ducia ed al contempo divengono un potente pro-pulsore per sedimentare lo stabile ri!uto di ogni forma di relazione con le dinami-che criminali illegali. Questa esperienza a Gela è oramai storia, fa parte del tessuto cittadino e lo ha reso paradigmatico. Così come è un fatto di positi-va, determinante in$uen-za il parallelo mutamento di rotta - di portata storica - avvenuto nel distretto ad opera di Con!ndustria nis-sena. Anche qui un processo non indolore, ma collettivo e trainante.Altrettanto evidente che il lavoro da compiere da ora in avanti è forse ancor più arduo. Smantellato gran par-

te del potenziale operativo delle aggregazioni criminali che per anni hanno vessato il territorio, adesso si tratta non solo di contrastare ogni perdurante forma più o meno tradizionale di malaf-fare, per evitare il ricrearsi di inquinamenti sistematici e garantire la sicurezza della popolazione, ma di declina-re la capacità di aggregazio-ne e di contrasto in vera e propria risorsa del territorio. E’ indispensabile, va ribadito ancora una volta, andare ol-tre il lodevole contrasto del-la illegalità e il sostegno alle vittime. La nuova dimensio-ne sociale e culturale che si è prodotta deve produrre ca-pacità della comunità e delle sue espressioni amministra-tive, politiche, istituzionali ed economiche di agire con rigore ed e#cienza, di as-sumersi la responsabilità di scelte all’altezza dei tempi e della propria storia.In tema di “servizio giusti-zia”, come lo ha de!nito, lei ha auspicato che il Palazzo di Giustizia sia visto come la casa comune degli inte-ressi di tutti gli attori so-ciali. Sempre che abbia in-terpretato bene, ci spieghi cosa intendeva con questo concetto. L’ attività giudiziaria è un servizio per la cittadinan-za a tutela di beni giuridici violati, individuali o colletti-vi. Si tratta di una funzione necessariamente interattiva, mai neutra quando ad e"etti prodotti e perciò densa di responsabilità. L’incisività e la prontezza degli interven-ti, il grado di rispondenza alle più pressanti esigenze hanno molte implicazioni e possono connotare più o meno positivamente un certo ambito. All’u#cio giu-diziario e alla Procura della Repubblica in primo luogo è oggi richiesto di analizzare attentamente il territorio e le sue dinamiche, di concre-tizzare strategie e#caci nei diversi settori di illecito, di strutturate l’organizzazione dell’u#cio in modo funzio-

nale rispetto agli obbiettivi che si intendono raggiunge-re, di presentare agli utenti il proprio bilancio sociale. I risultati dell’attività svolta entrano dunque nel patri-monio della collettività in cui si collocano e le cono-scenze incamerate possono contribuire a far meglio co-noscere caratteri, potenziali-tà e rischi di un determinato contesto.Il momento giudiziario, ove si guardino tali aspetti, può divenire così una compo-nente positiva nel momen-to in cui il territorio viene valutato nella prospettiva dello sviluppo imprendito-riale. In poche parole, avere Tribunali e Procure che fun-zionano signi!ca non solo

la tutela e"ettiva dei singoli diritti, ma rendere il territo-rio stesso, nel suo comples-so, maggiormente sicuro e concretamente più attraente per investimenti che siano nel segno della correttezza e della liceità. Torniamo per le strade di Gela. Quando la società civile, nella sua capacità di analisi e confronto dialetti-co, è avanti alla politica, ge-neralmente signi!ca che c’è un gran fervore culturale e sociale. C’è davvero questo fossato tra società e politi-ca a Gela?Alla politica, in un contesto come quello di cui abbiamo parlato, spetta un compito arduo: rispondere con scel-te concrete e coraggiose ad aspettative pressanti di un territorio percorso, accanto ai problemi, da intelligen-ze ed energie di#cilmente eguagliabili. Non è sempli-ce, ma è davvero auspicabile che la s!da venga raccolta

Giugno www.ilfattonisseno.it 7

Il magistratocrede cheuna rispostaall’ illegalitàdebba arrivaredalle istituzioni,capaci di agirecon rigoreed e!cienza,ed assumersila responsabilitàdelle scelte

Ilcambiamentonon passasolo perla viagiudiziaria

Alla politicaspettaun compito:a"rontaredelle sceltecoraggiose

Page 8: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

le cose: insomma, tanti nisseni si sono messi insieme e hanno dato vita a questo lavoro, che ridà vita a spazi dimenticati, restituisce al mercato storico la sua dignità di luogo importante di incontro, dialogo, confronto”.Ma quale è stata la reazione dei commercianti? “E’ stata di totale collaborazione – dice l’attore e re-gista nisseno – con quasi sessanta comparse che hanno partecipato attivamente e gratuitamente ac-canto a protagonisti. Tantissimi i venditori della Strata a’ foglia che hanno accettato di farsi riprende-

re mentre gli abitanti dei quartieri storici dove abbiamo girato alcune scene hanno condiviso la lavora-zione passo per passo, o!rendoci allacci elettrici, simpatia e meravi-gliose tazze di ottimo ca!é: c’è una umanità da brivido, nel senso mi-gliore del termine, trovi davvero amore e tanta passione per tutto ciò che riguarda Caltanissetta e penso che il recupero del centro storico di questa città passi anche da questo”.Bel momento di partecipazio-ne cittadina, dunque, nel segno dell’arte per il cortometraggio

ambientato da Aldo Rapé nella sua città natale. “Non è solo arte – precisa – ma è anche imprendi-toria: gli attori, i tecnici, le mae-stranze coinvolte in questo corto-metraggio confermano che può anche essere un lavoro ed oggi posso dire che abbiamo forma-to una bella squadra, che adesso a!ronterà altre importanti pro-ve”. Molti degli attori che hanno preso parte al cortometraggio di Rapé, infatti, reciteranno anche nel corto "nanziato dalla Regio-ne sul tema dell’integrazione di cui il regista nisseno comincerà a breve le riprese a Porto Palo di Capo Passero.E intanto comincerà a breve la post produzione di “Strata a’ fo-glia”, che dopo il montaggio sarà presentato, in anteprima nazio-nale, proprio a Caltanissetta per poi entrare nel circuito dei festi-val nazionali ed internazionali. Ma è stato molto lungo il lavoro preparatorio, come sottolinea an-cora Rapé, che ha letteralmente “riscoperto” la sua città. “Un anno di passeggiate – dice – mi è ser-vito per trovare i luoghi giusti, anche nuovi spunti, per scoprire prospettive inedite e bellissime

di Caltanissetta. Ma ho anche ri-#ettuto sul fatto che siamo noi che dobbiamo cambiare: abbiamo sempre chiesto qualcosa alle am-ministrazioni, ora dobbiamo ca-pire che tocca a noi andare avanti, tutti insieme, tutti uniti”.Prevista nei prossimi mesi, prima della presentazione u$ciale del

cortometraggio, alcune iniziative destinate a valorizzare i singo-li momenti che hanno condotto alla realizzazione del lavoro, dalla mostra itinerante con foto di sce-na nei vicoli dove è stato girato il corto a dibattiti sulle motivazioni della scelta del soggetto, dell’am-bientazione, della storia. La proie-zione si terrà alla Strata a’ foglia, all’aperto, come nella migliore tradizione delle piazze siciliane di un tempo.

E’ una piccola grande storia di integrazione quella da cui prende le mosse il cortometrag-

gio “Strata a’ foglia”, progetto cine-matogra"co nato da un’idea del regista e attore nisseno Aldo Rapé e realizzato dall’associazione cul-turale Prima Quinta in collabo-razione con Vertigo Imaging Pu-glia, io contributo della Camera di Commercio ed il patrocinio di Con"ndustria Caltanissetta, Pro Loco, Slow Food Caltanissetta ed associazione “Strata ‘a foglia”. Ma è anche un appassionato segno di amore per una delle tradizioni più caratteristiche di Caltanissetta, il mercato stori-co cittadino, dove si intreccia-no da secoli i richiami dei ven-

ditori, che portano ancora con sé, mille anni dopo, la memoria dei melismi arabi

e l’identità di un popolo che ritrova se stesso, giorno dopo

giorno, nel contatto con fra-telli che raccontano l’Oriente del terzo millennio. Oggi il mercato storico nisseno, infatti, ospita an-che tanti venditori stranieri, ara-bi, cinesi, che condividono spazi, suoni, colori con i nisseni che qui da generazioni sono l’anima

dell’economia locale.“Era un progetto – dice Aldo Rapé – che tenevo nel cassetto da anni, scritto e riscritto, limato e rivisto, e che non avevo mai sentito l’esi-genza di realizzare, per altri impe-gni. Poi, in uno dei miei soggiorni a Caltanissetta, ho avvertito forte la necessità di un recupero, possi-bile, del centro storico, del merca-to, ho ascoltato i venditori che si lamentavano ed allora ho presen-tato il progetto, che è stato accolto dalla CCIAA. Ed è stato tantissi-mo l’entusiasmo con cui si è lavo-rato, confermando che anche con pochi soldi si possono fare le cose belle”.“Strata a’ foglia” è una commedia “dolceamara”, delicata e leggera, che prende spunto da un fatto di cronaca locale (il suicidio di chi ha scelto la via di fuga di fronte ai cattivi a!ari in tempi di crisi) ma

ha un lieto "ne e si snoda intor-no all’amicizia tra due ragazzini, un siciliano ed un arabo, che di-venta solidarietà e sostegno, inno ai valori importanti della lealtà e dell’aiuto reciproco, nonostante le di!erenze di etnia, di religione, di tradizioni. Gli attori sono tutti nisseni (ci sono anche stranieri che però vivono a Caltanissetta) come tutto nisseno è lo sta! che ha lavorato al cortometraggio.“Abbiamo scoperto – dice Rapé – che a Caltanissetta c’è una for-za fatta di persone, di talenti, di gente che vuole farle veramente

Giugnowww.ilfattonisseno.it8 Giugno www.ilfattonisseno.it 9

CIAK SI GIRA. Nel !lm di Aldo Rapè un omaggio al mercato e al mondo che vi ruota attorno

Le scusedel regista

“Strata a’ foglia”, il cortoche dichiara amore alla città

Il cortometraggio racconta una storia di integrazione. L’ amicizia tra due bambinidi religione diversavissuta tra i vicolidi antichi rioni.

di Rosamaria Li Vecchi

I venditori hanno accettatodi farsi riprenderee gli abitantihanno condivisola lavorazione

A Caltanissetta c’è una forza fatta di persone, di talenti, di gente che vuole fare

Fatti & Celluloide

A sinistra e sopra due momenti delle riprese del cortometraggio “Strata a’ foglia”

Questa è una lettera di scuse. Ho da poco concluso le riprese del mio nuovo short "lm “Strata a’ foglia”, ed ho da poco compreso realmente, me ne rammarico e chiedo scusa a tutti i miei concittadini, quanto sia bella questa Caltanissetta. Ho lavorato nel cuore di Caltanissetta, nel centro sto-rico, dove senti ancora i battiti della nostra città, le pulsazioni più intime, quelle più vere. I venditori ambulanti che trasformano la mia sceneggiatu-ra nella loro stessa storia, la nonnina signora Sollami che agli Angeli ci mette a disposizione la sua casa per due giorni e due notti, i cani nisseni che hanno abbaiato quando c’era da abbaiare e sono rimasti in silenzio quando sul set chiedevamo il silen-zio. Uno tra i tanti che si è sempre lamentato ma che in questa occasio-ne si è posto seriamente una doman-da: cosa ho fatto io per la mia città? Sino ad oggi poco o niente ma con questo piccolo "lm spero che Cal-tanissetta abbia accettato le mie più sincere scuse. Un atto d’amore per la città che mi ha regalato sempre tanto amore, senza mai chiedere nulla in cambio.

Aldo Rapè

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le cose: insomma, tanti nisseni si sono messi insieme e hanno dato vita a questo lavoro, che ridà vita a spazi dimenticati, restituisce al mercato storico la sua dignità di luogo importante di incontro, dialogo, confronto”.Ma quale è stata la reazione dei commercianti? “E’ stata di totale collaborazione – dice l’attore e re-gista nisseno – con quasi sessanta comparse che hanno partecipato attivamente e gratuitamente ac-canto a protagonisti. Tantissimi i venditori della Strata a’ foglia che hanno accettato di farsi riprende-

re mentre gli abitanti dei quartieri storici dove abbiamo girato alcune scene hanno condiviso la lavora-zione passo per passo, o!rendoci allacci elettrici, simpatia e meravi-gliose tazze di ottimo ca!é: c’è una umanità da brivido, nel senso mi-gliore del termine, trovi davvero amore e tanta passione per tutto ciò che riguarda Caltanissetta e penso che il recupero del centro storico di questa città passi anche da questo”.Bel momento di partecipazio-ne cittadina, dunque, nel segno dell’arte per il cortometraggio

ambientato da Aldo Rapé nella sua città natale. “Non è solo arte – precisa – ma è anche imprendi-toria: gli attori, i tecnici, le mae-stranze coinvolte in questo corto-metraggio confermano che può anche essere un lavoro ed oggi posso dire che abbiamo forma-to una bella squadra, che adesso a!ronterà altre importanti pro-ve”. Molti degli attori che hanno preso parte al cortometraggio di Rapé, infatti, reciteranno anche nel corto "nanziato dalla Regio-ne sul tema dell’integrazione di cui il regista nisseno comincerà a breve le riprese a Porto Palo di Capo Passero.E intanto comincerà a breve la post produzione di “Strata a’ fo-glia”, che dopo il montaggio sarà presentato, in anteprima nazio-nale, proprio a Caltanissetta per poi entrare nel circuito dei festi-val nazionali ed internazionali. Ma è stato molto lungo il lavoro preparatorio, come sottolinea an-cora Rapé, che ha letteralmente “riscoperto” la sua città. “Un anno di passeggiate – dice – mi è ser-vito per trovare i luoghi giusti, anche nuovi spunti, per scoprire prospettive inedite e bellissime

di Caltanissetta. Ma ho anche ri-#ettuto sul fatto che siamo noi che dobbiamo cambiare: abbiamo sempre chiesto qualcosa alle am-ministrazioni, ora dobbiamo ca-pire che tocca a noi andare avanti, tutti insieme, tutti uniti”.Prevista nei prossimi mesi, prima della presentazione u$ciale del

cortometraggio, alcune iniziative destinate a valorizzare i singo-li momenti che hanno condotto alla realizzazione del lavoro, dalla mostra itinerante con foto di sce-na nei vicoli dove è stato girato il corto a dibattiti sulle motivazioni della scelta del soggetto, dell’am-bientazione, della storia. La proie-zione si terrà alla Strata a’ foglia, all’aperto, come nella migliore tradizione delle piazze siciliane di un tempo.

E’ una piccola grande storia di integrazione quella da cui prende le mosse il cortometrag-

gio “Strata a’ foglia”, progetto cine-matogra"co nato da un’idea del regista e attore nisseno Aldo Rapé e realizzato dall’associazione cul-turale Prima Quinta in collabo-razione con Vertigo Imaging Pu-glia, io contributo della Camera di Commercio ed il patrocinio di Con"ndustria Caltanissetta, Pro Loco, Slow Food Caltanissetta ed associazione “Strata ‘a foglia”. Ma è anche un appassionato segno di amore per una delle tradizioni più caratteristiche di Caltanissetta, il mercato stori-co cittadino, dove si intreccia-no da secoli i richiami dei ven-

ditori, che portano ancora con sé, mille anni dopo, la memoria dei melismi arabi

e l’identità di un popolo che ritrova se stesso, giorno dopo

giorno, nel contatto con fra-telli che raccontano l’Oriente del terzo millennio. Oggi il mercato storico nisseno, infatti, ospita an-che tanti venditori stranieri, ara-bi, cinesi, che condividono spazi, suoni, colori con i nisseni che qui da generazioni sono l’anima

dell’economia locale.“Era un progetto – dice Aldo Rapé – che tenevo nel cassetto da anni, scritto e riscritto, limato e rivisto, e che non avevo mai sentito l’esi-genza di realizzare, per altri impe-gni. Poi, in uno dei miei soggiorni a Caltanissetta, ho avvertito forte la necessità di un recupero, possi-bile, del centro storico, del merca-to, ho ascoltato i venditori che si lamentavano ed allora ho presen-tato il progetto, che è stato accolto dalla CCIAA. Ed è stato tantissi-mo l’entusiasmo con cui si è lavo-rato, confermando che anche con pochi soldi si possono fare le cose belle”.“Strata a’ foglia” è una commedia “dolceamara”, delicata e leggera, che prende spunto da un fatto di cronaca locale (il suicidio di chi ha scelto la via di fuga di fronte ai cattivi a!ari in tempi di crisi) ma

ha un lieto "ne e si snoda intor-no all’amicizia tra due ragazzini, un siciliano ed un arabo, che di-venta solidarietà e sostegno, inno ai valori importanti della lealtà e dell’aiuto reciproco, nonostante le di!erenze di etnia, di religione, di tradizioni. Gli attori sono tutti nisseni (ci sono anche stranieri che però vivono a Caltanissetta) come tutto nisseno è lo sta! che ha lavorato al cortometraggio.“Abbiamo scoperto – dice Rapé – che a Caltanissetta c’è una for-za fatta di persone, di talenti, di gente che vuole farle veramente

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CIAK SI GIRA. Nel !lm di Aldo Rapè un omaggio al mercato e al mondo che vi ruota attorno

Le scusedel regista

“Strata a’ foglia”, il cortoche dichiara amore alla città

Il cortometraggio racconta una storia di integrazione. L’ amicizia tra due bambinidi religione diversavissuta tra i vicolidi antichi rioni.

di Rosamaria Li Vecchi

I venditori hanno accettatodi farsi riprenderee gli abitantihanno condivisola lavorazione

A Caltanissetta c’è una forza fatta di persone, di talenti, di gente che vuole fare

Fatti & Celluloide

A sinistra e sopra due momenti delle riprese del cortometraggio “Strata a’ foglia”

Questa è una lettera di scuse. Ho da poco concluso le riprese del mio nuovo short "lm “Strata a’ foglia”, ed ho da poco compreso realmente, me ne rammarico e chiedo scusa a tutti i miei concittadini, quanto sia bella questa Caltanissetta. Ho lavorato nel cuore di Caltanissetta, nel centro sto-rico, dove senti ancora i battiti della nostra città, le pulsazioni più intime, quelle più vere. I venditori ambulanti che trasformano la mia sceneggiatu-ra nella loro stessa storia, la nonnina signora Sollami che agli Angeli ci mette a disposizione la sua casa per due giorni e due notti, i cani nisseni che hanno abbaiato quando c’era da abbaiare e sono rimasti in silenzio quando sul set chiedevamo il silen-zio. Uno tra i tanti che si è sempre lamentato ma che in questa occasio-ne si è posto seriamente una doman-da: cosa ho fatto io per la mia città? Sino ad oggi poco o niente ma con questo piccolo "lm spero che Cal-tanissetta abbia accettato le mie più sincere scuse. Un atto d’amore per la città che mi ha regalato sempre tanto amore, senza mai chiedere nulla in cambio.

Aldo Rapè

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Ricordare la !gura prestigio-sa del Prof. Antonino Edge signi!ca, per me, rievocare gli anni più signi!cativi, non solo ai !ni della mia forma-zione culturale e metodo-logica, ma anche umana,di allieva prima, e di docente poi. Correva l’anno scolasti-co 1961-1962 e nella sede, austera e suggestiva, dell’ex Collegio gesuitico, dove era ubicato il Liceo-Ginnasio “ Ruggero Settimo” di Calta-nissetta, ho avuto il privilegio di avere come docente di la-tino e greco, appunto, il sud-detto Maestro. Proveniente dalla provincia di Catania e nisseno di adozione si pre-sentava ai suoi allievi signo-rile nel tratto, dotato di una tempra granitica, grazie alla sua elevata e profonda cul-tura nonchè ad una imme-diata comunicativa; le note caratteriali erano improntate ad una schiettezza di fondo,

all’irruenza garbata,

all’ironia, al rispetto, ma an-che ad una polemica sempre viva e costruttiva.La nostra classe rimase su-

bito conquistata dalla sua personalità e dalla sua di-dattica innovativa, in que-gli anni in cui l’istituzione

scolastica si presentava, a noi studenti, ingessata nel suo immobilismo e rigore, basata su una preparazione

manualistica,improntata a criteri informativi e,talvolta, banalmente convenzionali.Gli inizi non furono certa-mente facili, ma non ci volle molto per capire la rilevanza di tale cambiamento. Come dimenticare le sue lezioni su Lucrezio, Cicerone, Orazio, Virgilio, Seneca, altrettanto suggestive e stimolanti quel-le su Omero, sui lirici greci, sulla tragedia o sulla storio-gra!a.La sua preparazione spazia-va mirabilmente e, inchio-dando la nostra attenzione, ci guidava nello studio e nell’analisi esegetica dei te-sti, facendoci ri"ettere sulla problematicità di temi ed aspetti della civiltà classica, che appariva ai nostri oc-chi non più così remota, ma straordinariamente viva ed attuale. Era sempre vicino ai giovani e soprattutto tutelava i più deboli,i più fragili, per-ché bisognevoli di maggiore attenzione.Conclusosi il mio ciclo di studi liceali, ho avuto modo di rivedere il rimpianto do-cente negli anni 1966/67, allorché il Preside Francesco Saverio D’Angelo mi chiamò per e#ettuare alcune sup-plenze al Liceo (la cui sede si era trasferita, frattanto, dal centro storico nell’attuale,

in via Rosso di S. Secondo). Particolare emozione pro-vai, quando fui chiamata a sostituire, non ancora laure-ata, il mio docente di latino e greco, perché impegnato nel concorso a Preside. In cuor mio, non condividevo questa sua scelta, perché pensavo che le generazioni dei giova-ni avrebbero avuto tanto bi-

sogno di insegnanti della sua levatura.Agli inizi degli anni settanta, in qualità di docente di ruo-lo, feci il mio ingresso presso il Liceo Classico, ritrovando, come Preside, il Prof.Antoni-no Edge.Nell’espletare le sue funzioni direttive e, quindi, all’apice della carriera, coglievo in lui una certa insoddisfazione, un cupo pessimismo e, con tristezza, pensavo, tra me e me, che potesse rimpiangere il proprio ruolo di docente, poichè più si confaceva alla sua forma mentis. Il suo li-bero pensiero ormai tarpato e circoscritto ad una logica di bilanci, ad una gestione am-ministrativa, che disponeva di fondi sempre più irrisori, ad un sistema scolastico che, reduce dai fermenti del ses-santotto, tentava di concilia-re faticosamente il passato e il presente. In tale contesto la sua creatività ritrovava, gra-zie all’hobby per la fotogra-!a, il suo antico entusiasmo. Indubbiamente la sua pre-senza, nell’ambito culturale nisseno e nel mondo della scuola, è stata altamente qua-li!cante, incisiva, stimolante, nella misura in cui mi riesce di$cile dare un’idea adegua-ta. Sull’esempio dell’impegno !lologico e critico trasmesso ai suoi allievi e di ciò che oggi resta valido come magistero di metodo e acquisizione di competenze, a nome delle generazioni che si sono sus-seguite, al Maestro di cultura e di vita, voglio dire una sola parola: Grazie!

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L’ OMAGGIO. Una !gura del passato che rivive nella mia memoria. Ricordi sparsi dedicati ad un grande maestro. Un garbato uomo d’ altri tempi.

Antonino Edge,il preside gentiluomo

Intelligente e colto insegnantedi latino e greco

negli anni ‘70 da preside diresse il Liceo classico

“Ruggero Settimo”

di Lina Burgio Mastrosimone

Era semprevicinoai giovaniSoprattuttotutelavai più debolie i più fragili

Fatti & Uomini di una volta

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Sono occhi profondi ed in-tensi che hanno già vissuto forti esperienze quelli dei bambini della Tanzania,

un ricordo indelebile, come una fotogra!a, nella mente dei giovani volontari del “Gruppo Missiona-rio San Damiano”, che sono partiti per l’Africa poco più di un mese fa, per portare in Tanzania materiale sanitario, farmaci e lo spirito di so-lidarietà di chi ha fatto del volonta-riato una scelta forte di vita. E’ nel 2002, su iniziativa di don Pino La Placa, allora parroco dell’Abbazia di Santo Spirito, che inizia il cam-mino di fede del gruppo di giovani (e meno giovani), di età compresa tra i 25 e i 50 anni, che prenderà il nome di “Gruppo missionario San Damiano”, promotore di una serie di iniziative tra cui il “Concerto sotto le stelle”, che si svolge ogni anno a !ne luglio ed è destinato a raccogliere fondi per le missioni. Con questa ed altre attività annuali e con i numerosi viaggi e"ettuati si è via via creata una rete di solida-rietà tale da riuscire ad adottare 90 bambini a distanza, a far nascere a Ipogoro una scuola professionale e a Morogoro una o#cina ortopedi-ca in cui si realizzano tutori per gli arti, situata all’ interno del centro di riabilitazione e case per i bambini

disabili e le loro famiglie. Il Fatto Nisseno ha intervistato una componente del gruppo Luisa Giannavola, che si reca spesso con altri volontari nelle varie missioni presenti in Tanzania, tra cui quel-la di Ismani, legata alla Diocesi di Agrigento e guidata da padre An-gelo Burgio.“Lì sono nati – dice Luisa Giannavo-la - una falegnameria, dove i ragazzi imparano un mestiere che li rende-rà autonomi, un centro ricreativo

legato alla missione e case-famiglia per bambini malati di Aids. Nove piccole casette, vicine l’una all’al-tra, con la presenza, in ogni nucleo abitativo, di 2 genitori-volontari locali che si prendono cura di 9-10 bambini orfani. Ammirevole è sta-ta la disponibilità dimostrata dagli adulti del luogo nel farsi carico delle necessità dei piccoli malati, dei bi-sogni della parte più disagiata della comunità, consapevoli che è il pri-

mo gradino di un vero riscatto sociale”.Tra le regioni più po-

vere dell’Africa, con una po-polazione costituita da 120 etnie (come gran parte dei paesi africani), la Tanzania è a$itta, oltre che da una serie di problemi di natura economica e sociale, an-che dall’Aids, con una per-centuale di soggetti colpiti che si aggira intorno al 7% della popolazione adulta, in particolare nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 34 anni. Sono molti i bambini che nascono sieropositivi da genitori malati (il tasso di mortalità infantile nei primi cinque anni di vita si aggira intorno al 10%, con una for-

Giugnowww.ilfattonisseno.it12

SOLIDARIETA’. Il “Gruppo San Damiano” in missione in Africa

Tanzania, quando la solidarietà parla siciliano Il racconto

di alcuni volontaridel gruppo, impegnati

a portare aiutialla popolazione

In alto un’ immagine dei bambini nella missione di Ipogoro. Da sinistra le volontarie Alessandra Fine e Chiara Curatolo.Nella pagina a !anco padre Angelo con in braccio una bambina malata di Aids. (Foto Claudia Di Dino)

di Rosamaria Colajanni

Ad Ismanisono presenti case famigliaper i bimbimalati di Aids

Page 13: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

te incidenza anche della malaria) ma anche questa terribile patolo-gia, se diagnosticata in tempo, ben curata e sostenuta da una corretta

alimentazione, può evolvere favo-revolmente. L’ esperienza spirituale e umana vissuta dai componenti del “Grup-po Missionario San Damiano” va comunque al di là del volontariato, è un vero “incontro” di culture in cui gioca un ruolo importante la ospitalità della popolazione locale e l’ intensità del rapporto che si crea con le famiglie tanzaniane e i loro bambini, piccoli semplici e sempre sorridenti nell’ accogliere con gioia gli “amici” di Caltanissetta.Chiara Curatolo, una delle volon-tarie che è partita per la Tanzania qualche mese fa, ha ancora nel cuo-re Morogoro dove, grazie al contri-buto di alcune famiglie nissene, è arrivato in dono del materiale sani-tario e parasanitario, dai tutori alle sedie a rotelle, di!cile da reperire

per l’ elevato costo ma indispensa-bile per la cura delle patologie di cui so"rono le persone spesso a causa della malnutrizione. Chiara e le altre volontarie sono state ospiti in una comunità di suore italiane ed hanno visitato le scuole della par-rocchia in cui ragazzi volenterosi sono seriamente impegnati nello studio perché in esso vedono l’uni-ca possibilità di costruire una vita migliore. Ci racconta ancora Chia-ra l’importanza del nostro sostegno per i missionari che sono chiamati a vivere questa realtà giorno per giorno, attraverso la condivisione della loro quotidianità, seppur per brevi periodi e soprattutto attraver-so la preghiera. “Siamo rimaste col-pite dal comportamento dei fedeli, dal loro fervore, e dalla loro sentita partecipazione alle celebrazioni re-ligiose”.Non solo l’ Africa, dunque, resterà nel cuore dei volontari tornati dalla Tanzania ma soprattutto l’abbrac-cio fraterno con cui hanno salutato i loro amici che vivono al di là del Mediterraneo, oltre il grande deser-to. Amici che rivedranno.

Giugno www.ilfattonisseno.it 13

Le diocesidi Agrigento

e Caltanissettaunite per dareuna speranza

ai bambinisieropositivi

di una delle nazioni

più povere del pianeta

Sopra Luisa Giannavola mentre insegna ad un bambino l’ uso corretto dello spazzolino da denti

Il sognoè di renderedisponibili le cureapplicatenei Paesi ricchi

I bambini adottatia distanza

I viaggi fatti dal 2002

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Giugnowww.ilfattonisseno.it14

Se qualcuno volesse pro-vare ad inserire il nome di Elisa Ingala su uno dei tanti motori di ricerca del web, si vedrebbe proiettare sul-lo schermo del computer molteplici pagine dedica-te a questa stimata e seria professionista, che è stata

chiamata a gestire la liqui-dazione dell’Ato Ambiente Cl1. Un numero sproposi-tato di articoli e siti che la identi!cano nello scomodo ruolo di “Caronte” (N.d.R. traghettatore) con speci!co riferimento alla società che si occupa dell’igiene am-

bientale della nostra città. Abbiamo voluto scoprire la donna che si cela dietro l’esaminatrice di bi-lanci, conti, media-zioni, spese, fatture e numeri.“La mia passione principe è la cucina: adoro i fornelli.

C u -c i n a re ed anche sperimen-tare ma sempre con gli ingredienti che sono con-soni ai miei gu- s t i . Quando preparo i piatti per i miei amici cerco sempre di proporre qualcosa di nuovo o di rivisitato. Sono un po’ le mie cavie: ma !no ad ora nessuno si è mai lamentato, anzi spesso ha richiesto una seconda porzione”.“Ovviamente per scaricare le molte tensioni professionali e per bilanciare le tante ca-lorie che vengono prodotte dalla mia cucina, mi accosto con costanza allo sport. Da ragazza prediligevo la rit-mica ma adesso, con impe-gno non indi"erente, vado in la palestra. Quest’anno, con mia !glia, ho frequen-tato un divertente e salutare corso di aereostep. Massi-mo risultato: allenamento e dialogo con la mia piccola. La mia famiglia è la pietra miliare della mia vita. Sono sposata da 21 con mio ma-rito, Sergio: assoluto, primo ed unico amore. Sono stata fortunata nell’incontrare un uomo così meraviglioso e nell’avere due !glie splen-dide: Monica, 19 anni, fre-quenta con ottimi risultati il

primo anno del corso di laurea in Econo-

mia Aziendale presso l’universi-

tà Luigi Bocco-ni di Milano;

Cristina, 14 anni, ha

a p p e n a conclu-

so, in m a -

niera ottimale, il quarto ginnasio al

liceo classico Ruggero Set-timo”.Elisa si rivela una fucina ine-sauribile di argomenti ed in-teressi: “Tra lavoro, famiglia e sport, le mie giornate sono molto impegnative. Ogni tanto mi concedo qualche !lm comico (per rilassarmi) e talvolta thrilling, genere che mi a"ascina. Non riesco mai a !nire un libro; i quoti-diani !nanziari e le riviste di settore e, di aggiornamento professionale, mi assorbono

completamente”.Un dubbio ci assale: ma non ti fermi mai?“Il mio momento di sva-go assoluto e di recupero delle energie, lo a#do alle vacanze. Adoro viaggiare, nella maniera migliore e più comoda possibile. Visi-tare paesi e luoghi lontani,

ritengo sia uno strumento di accrescimento culturale unico ed insostituibile, oltre che un’occasione per condi-videre piacevolmente (senza stress lavorativo) del tempo con la mia adorata famiglia. Però, chissà perché, il ricor-do speciale rimane ancorato a Singapore, alla $ailandia ed a Bali (isola dell’Indone-sia), tappe del mio viaggio

di nozze”.Parafrasando il titolo di una celebre telenovela di

tanti anni fa, scopriamo con piacere che “Anche i com-mercialisti hanno un cuore”.“Mi piace la musica. Indi-menticabile Lucio Battisti, sempre attuale Riccardo Cocciante ma un’emozio-ne particolare è legata agli Ostacoli del cuore di Elisa e Ligabue”.Ci congediamo con una do-manda che riteniamo inevi-tabile: ma se potessi tornare indietro, accetteresti nuo-vamente l’incarico di com-missario liquidatore dell’Ato Ambiente Cl1?“Qualche mese fa, per le tante di#coltà avute, ti avrei riposto no. Ma è nel mio carattere a"rontare i proble-mi e risolverli; non mi sono mai tirata indietro ed non intendo farlo adesso. Sono convinta di poter assolvere con perizia e pro!cuamente all’incarico a#datomi”.

Il commissario dell’ Ato Ambiente Cl1 si racconta. Tra lavoro e vita privata.

L’ INTERVISTA.

Professionista seria,chiamata a traghettareuna nave che rischia di a!ondare.Ma chi si cela dietro alla donna del salvataggio?

di Donatello Polizzi

Elisa Ingala, la signora del “bilancio”

Amola cucina,la musicae mi rilassoguardando!lm comici

Elisa Ingala nata a Caltanissetta l’ uno gennaio 1963.

Diploma consegui-to alla ragioneria con il voto di 60/60.

Laurea in Econo-mia e Commercio presso l’ università di Palermo con 110 e lode.

Per 4 anni assisten-te volontaria di dirit-to Commerciale.

Subito dopo la laurea, nel 1986 consegue l’ abili-tazione di dottore commercialista e si getta a capo!tto nell’ attività profes-sionale.

1970

a casa di...

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Nascere “uomini di mare” in una città dove non c’é la spiaggia né gli scogli è una s!da quasi impossibi-le che Leonardo Guida e Antonio Fiandaca non si spaventano di co-gliere. Leonardo è un giurista, che sulla scrivania ha il codice civile e delle riviste settoriali che tratta-no come argomento il mare. Tutte le m a t t i - ne va in tribuna- le e non v e d e l’ora di “s c ap - p a -

re” in piscina per l’allenamento quotidiano. “Ho una grande pas-sione – a"erma Guida – mi alleno con costanza perchè grazie a questo sport mi sento vivo”. E’ un “sessantottino ribelle” che pratica la pesca in apnea “Non si tratta di una disciplina – aggiunge Guida – ma di uno stile di vita, devi ave- re il giusto atteggia-

mento mentale, devi seguire una sana dieta

e soprattutto bisogna alle-

narsi parecchio”.Un’amore, scon!-nato, per il mare

ereditato da uno zio che da bambino lo

portava nelle acque di Gela a ve-dere i fondali. “Allora ero talmente piccolo che mi battevano i denti per il freddo – dice Guida -, non avevo l’attrezzatura, ma ero curioso”. E’ così che “un tu"o dopo l’altro” ha fatto diventare la curiosità per l’ap-nea una grande passione. Infatti, Leonardo, quando si toglie di dosso i panni dell’avvocato diventa un ap-neista di caratura nazionale. Sott’ac-qua, riesce a stare oltre cinque mi-nuti stando fermo, invece, in apnea dinamica, riesce a nuotare per oltre quattro vasche, senza mai tirare su

la testa. A#anca spesso campioni nazionali come Maurizio Mazzotti e Umberto Pellizzari, che collabora anche nella gestione dei corsi pratici organizzati dalla “Apnea Academy”, inoltre impartisce lezioni tecniche

nelle acque della piscina comunale. “Iniziai a “fare sul serio” da univer-sitario, feci una vacanza in Corsica dove seguivo un corso di pesca. Mi divertii tantissimo e l’anno seguen-te tornai di nuovo, poi piano piano,

cominciai a stringere amicizia con altri appassionati, tra questi c’erano anche Umberto e Maurizio e grazie alle belle opportunità che mi han-no dato ho fatto diventare questa passione in una specie di secondo

lavoro”.E’ sposato ma a"erma “mia moglie sa che se mi tolgono il mare sono come un “pesce fuori dall’acqua,

LE STORIE. Uno è campione di apnea l’ altro è un asso negli sport estremi

Guida e FiandacaDue uomini di mare di una città senza scogli

Guida:Senza il maresono comeun pescefuoridall’ acqua

di Martina Nigrelli

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dovrei farle una statua – conclude - .Fare apnea signi!ca conoscere bene il proprio corpo, i propri limiti ma è soprattutto un lavoro di con-

centrazione e rilassamento”. Antonio Fiandaca, invece, è uno che ama il mare, il vento, la mon-tagna e tutti gli sport “estremi”. Da

adolescente ha fatto free climbing sotto il ponte di “Capo d’Arso”, ha disceso sul gommone le acque del !ume Salso come se fosse il Gran Canyon, una volta si è arrampica-

to su per il castello di Lombardia a Enna. “Ho provato tutto, – a"erma Fiandaca – con un con amico ci “imbarcavamo” in queste imprese folli. Poi sono cresciuto e all’amore per l’”estremo” si è aggiunta l’esi-genza di “campare” - continua -. A quel punto ho deciso di prendere il brevetto per insegnare surf. Dopo andai alle Maldive”. Dopo le Mal-dive anche le Canarie, in Venezue-la, alla Isla Margarita, in Svizzera, insomma ha girato tutti i cinque continenti, parla tre lingue e non si è ancora stancato. Tra le tante espe-rienze c’ è anche una parentesi con il parapendio, al !anco di Angelo D’Arrigo. Antonio non si è rispar-

miato adrenalina, e adesso “faccio kitsurf perchè è uno sport per an-ziani – a"erma – paradossalmente ti impegna poco il corpo, è meno pesante di altri sport dove i muscoli sono sotto pressione. Adesso sono papà, lavoro di giorno nello studio di un !sioterapista e il pomeriggio o nel mio tempo libero mi occupo di un progetto “Deep life””. Si tratta di un’associazione sportiva nauti-ca e aeronautica che ha fondato. “Faccio parapendio, immersioni e kitsurf – conclude– organizzo corsi per aspiranti allievi - .Ho an-cora l’entusiasmo di quando avevo ventidue anni e per partire decisi di vendere la moto”.

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Nella pagina a !anco Leonardo Guida con il campione del mondo Umberto Pellizzari, pluricampione del mondo di apnea. In basso Antonio Fiandaca si lascia trascinare in immersione da un del!no

Antonio Fiandaca ciba una manta alle Maldive

Fiandaca:Ho ancoral’ entusiasmodi quando avevo22 anni

Due sportivi che per la loro passionehanno girato il mondo.Centrando di!cili obiettivi.

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Sabato 21 maggio al “Marco Tomaselli”, una squadra for-mata da Vip ha a!rontato una selezione di “Vecchie

Glorie” calcistiche nissene e cani-cattinesi in una contesa (denomi-nata “partita del cuore”) il cui sco-po era di devolvere in bene"cenza l’incasso della gara. Un’apprezzabile kermesse sportiva all’insegna della generosità si è trasformata, per tut-

ta una serie di ragioni

che analiz-zeremo, in una circostanza dalle mille amletiche sfaccettature; an-diamo con ordine.Nella locandina che inizialmente pubblicizza l’evento, vengono inse-rite le foto di personaggi celebri di fama nazionale: Marco Borriello, Ficarra e Picone, Raul Bova, Teo Mammuccari, Pino Insegno ed al-tri big di caratura notevole. Questo fattore, aumenta esponenzialmente l’interesse dei cittadini nei confron-

ti di questa iniziativa e si inizia a di!ondere la curiosità di vedere alle prese con la sfera di cuoio i prota-gonisti del mondo dello spettacolo e dello sport. Inoltre le "nalità be-ne"che della manifestazione in-ducono i nisseni a mostrarsi ben disposti nei confronti di questa partita del cuore. A poco meno di due settimane dalla data "ssata per lo svolgimento della gara, le lo-candine vengono repentinamente modi"cate: spariscono alcuni dei

volti italici di maggiore rilevanza

e vengono sostituiti da tutta una serie di protagonisti di diverse edizioni del “Grande Fratello”, tra i quali Pietro Titone, Raul Tulli, Ferdinando Giordano, Georg Leonard, a cui ven-gono a#ancati (tra gli altri) l’attore Tony Sperandeo, Totò Schillaci ed Antonio Zequila. Questi sono sta-ti gli e!ettivi protagonisti (un totale di 16 vip) della

contesa, disputata sul manto erbo-so un po’ spelacchiato dello stadio comunale nisseno, alla quale hanno assistito più di mille spettatori.Per quanto attiene all’incasso con riferimento ad una delle associa-zioni presunte destinatarie l’Aisla (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotro"ca), non vi è stata alcuna elargizione. Situazione sulla quale occorre fare chiarezza. Sin dall’inizio gli organizzatori ave-vano a!ermato che qualora non fosse stata e!ettuata la vendita di un

certo numero di ta-gliandi (che avrebbe consentito di copri-re le spese dell’even-to) non vi sarebbe stata la devoluzione del provento: poi-ché tale soglia non è

stata rag-

g iunt a , è venuta meno

l a "nalità "lantropica. Da sottolineare che il gruppo di nisseni che si sono occupati della vendita dei biglietti nel capoluogo di pro-vincia, e che hanno iniziato ad ope-rare dopo l’a#ssione del “secondo”

manifesto, avevano ottenuto comunque un euro a fa-

vore dell’Aisla per ogni ticket smerciato nella città di Caltanissetta, indipendentemente dal

raggiungimento della

collocazione della cifra di base pre"ssa-ta di biglietti, per consentire all’associazio-ne di trarne almeno un bene"cio mi-nimo sicuro.Vi abbiamo voluto raccon-tare analiticamente lo svolgersi di questa vicenda particolare: ognuno ne tragga le proprie conclusioni.

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La controversa partita del cuore

IL CASO. Allo stadio “Marco Tomaselli” il 21 di maggio va di scena una gara solidale che ha suscitato alcune perplessità. Ecco cosa non ci ha convinto

di Donatello Polizzi

A sinistra la prima locandina apparsa in città che promuoveva l’evento con la presen-za di “star da capogi-ro” tra cui Raul Bova e “Ficarra e Picone”

A sinistra Tony Sperandeo con Giovanni Italia

Sopra il tagliando d’ ingresso alla manifestazione....ma la SIAE ?

CHI LI HA VISTI?

?“

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“Sono una persona con la testa sulle spalle, amo la mia famiglia e coltivo la mia più grande pas-sione con ostinazione”. E’ quan-to a!erma Roberta Curatolo, la ventiquattrenne passata agli onori della cronaca per il suo talento per la conduzione. Ha iniziato il suo percorso artistico all’istituto per periti aziendali, dove frequentava il corso di lin-gue e il pomeriggio si dedicava al teatro. “Con la scuola abbiamo fatto dei bei lavori – dice – abbia-mo messo in scena una tragedia

greca a Palazzolo Acreide”. Ma il “volo”, Roberta, l’ha “spiccato” grazie alla compagnia del Teatro stabile che ha frequentato per un paio di anni, allora coordinata da Giuseppe Speciale. “Con loro – aggiunge - ho fatto recitazione e soprattutto un corso di dizio-ne”. Nonostante la sua giovane

età e l’umiltà che la contraddi-stingue, è uno dei volti “noti” di Caltanissetta. Vanta un lungo curriculum, ha collaborato con le televisioni private, da “Tcs” a “Tfn” a conduzioni radio per “Radio Cl 1”,“Ho fatto l’inviata per un programma di “inchieste” - aggiunge - , in stile “Striscia la notizia”, questo è stato il primo incarico che mi hanno dato, poi

nel 2008 ha iniziato la conduzio-ne di un programma dal titolo “Musica, pensieri e parole”. Le

porte della notorietà, per questa ragazza “acqua e sapone”, si sono aperte, grazie all’occhio lungimi-rante di Tony Maganuco che due anni fa ha insistito per averla al suo "anco nella conduzione del diciannovesimo “Festival di Cal-tanissetta”, riconfermandola an-che per l’ultima edizione, vinta dai ciociari “Plastica”. Per lei il “Festival” è stata un’otti-ma vetrina perchè trasmesso in diretta sul canale Sky Mediterra-neo, emittente televisiva con cui ha poi collaborato per altre diret-te nazionali. Nonostante si pren-da molto sul serio riesce bene anche a intrattenere un uditorio più scanzonato, infatti, la scorsa estate ha presentato la tournée dei “Tafano broters”, ma ha an-che frequentato un laboratorio di “cabaret” tenuto dalla “Tramp spettacoli” di Palermo. Ma Ro-berta non è tutta “microfono e

palcoscenico”, perchè nel privato è una studentessa universitaria, prossima alla laurea, che studia con passione la psicologia che è anche riuscita a portare in scena con lo spettacolo “Quattro paro-le e quattro mosche” di cui si è

parlato molto qualche tempo fa. Oltre la conduzione e lo studio, cova anche altre passioni: “Am-metto - dice Roberta - di avere una passione smodata per i miei quattro nipoti”. Il suo sorriso è solare, e il suo viso, da “ragazza

della porta accanto”, non si di-mentica facilmente. Le sue pri-me conduzioni le sperimentava davanti allo specchio, in età in-fantile, quando a guardarle c’era-no solo i suoi genitori che ancora le ricordano i tempi in cui con le “Barbie” si scatenava in spetta-coli privati nella sua cameretta. Adesso dopo avere avuto la “be-nedizione” del pubblico nisseno auspica ad un “posticino” nella televisione regionale. E’ conosciuta e soprattutto è “ri-cosciuta” e nonostante tutto non si è montata la testa neppure per un istante “Credo di essere una persona con dei saldi principi - dice Roberta – inoltre, ritengo che per fare carriera in questo ambito bisogna fare un pas-so alla volta, costruire mattone su mattone ed è così che voglio esprimere il mio talento, piano, senza fretta.”

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Roberta Curatoloun “vulcano” di bravura

di Martina Nigrelli

Ho deisaldi principiVoglio esprimereil mio talentosenza fretta

“Sonouna personacon la testasulle spalleche amala sua famiglia

A 24 anniè una promessadel palcoscenico.Ha iniziatocol teatro,poi radio e tv!no all’ approdoal “Festival”al !anco di Tony Maganuco.

Fatti & Rossetto

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Anna Di Sciac-ca, che que-sto mese c ompi e

22 anni, si è fatta ammirare sulle cronache re-gionali per e s s e r e

s t a t a una delle 52

bellissime !nali-ste del concorso internazionale Miss Mondo 2011; la ker-messe con-clusiva di questa im-portante manife-stazione di regi-nette del fascino, si è svol-ta a Gal-lipoli in P u g l i a a l c u n i giorni or-sono. Ma

chi è Anna Di Sciacca? L’abbia-mo incontrata

all’indomani d e l l ’e sp e -r i e n z a salentina e subito siamo sta-ti stregati, oltre che dalla sua bellezza (era inevitabile!), s o pr at t u t -to dalla sua naturalezza; una ragazza alla mano insomma, con delle punte di autoironia e sempli-cità che a primo im-patto non ti aspetti. Alta 1.76,

!sico da m o d e l l a ,

con due occhi chiari e sinceri, studentessa di Psicologia alla Università Kore di Enna, Anna ci racconta della sua vita di ragazza della porta accanto, sof-fermandosi sugli studi, la

famiglia ed i sentimenti. “Mi riten-go una persona genuina- a"erma Anna- senza grilli per la testa, mi piace stare in giro con le mie ami-che ed apprezzo moltissimo i gesti naturali, come prendere un ca"è e scambiare due chiacchiere con una persona che magari non vedi da tem-po, o con g l i

ami-ci di s e m -pre, po-chi, ma s e l e z i o -natissimi. Preferisco circondarmi di persone veraci, non mi piacciono gli in-dividui costruiti, falsi e !nto perbe-nisti come ahimè ne trovo parecchi in questa città”. “Mio fratello Raimondo è il mio grandissimo amo-re”, esordisce così la bella nissena parlandoci della sua famiglia e continua: “Per lui darei la mia vita, mentre mia madre rappresenta il mio modello di donna, una per-

sona buona e forte al tempo stes-so, che ci tira su facendoci capire l’importanza dei valori sani e che le cose belle si conquistano con sa-cri!cio”. La musica italiana la sua preferita, con Battisti in testa “In quelle canzoni -dice Anna- emer-ge una ragazza corteggiata e quasi eterea, un modello ben lontano dalla visione che la donna si è gua-dagnata, anche per suo demerito, nella odierna società”. Prevedibil-mente la moda e la fotogra!a sono l e più grandi passioni

di Anna, che in quest’ultimo pe-riodo ha colle-zionato diversi

book fotogra!-ci soprattutto di talentuosi

f o t o g r a f i nisseni che

nei loro s c a t t i l’hanno

i m -mor-tala-

t a i n

tutto il suo splendore.

Per mantenere la linea Anna confessa ancora una vol-

ta con il candore che la contraddi-stingue di non fare alcun sacri!cio, mangiando di tutto senza proble-

mi e senza ingrassare, “Forse un desiderio per molte donne, una tragedia per me, che non riesco a metter su peso!”. A proposito dei concorsi di bellezza, che tra l’altro non ama particolarmente Anna si dice molto critica: “Non amo i concorsi, anche se devo ammette-re che se si vuol crescere in questo settore è una tappa quasi obbliga-ta, anche se io mi tengo ben alla larga dalla vuota competizione che spinge tante ragazze a barat-tare spesso la propria dignità, pur di far in qualche modo strada in tale ambito. E’ chiaro le che s!late e le passerelle dell’alta moda che erano il mio sogno da bambina sono un desiderio che però vedo lontano, dato che i miei traguardi sono ben altri: sogno di avere una famiglia numerosa e di realizzarmi nel campo professionale, per que-sto studio con impegno, e sto già facendo esperienza e"ettuando il tirocinio presso un psicoterapeuta nisseno”.

DONNE. Studentessa di 22 anni è stata selezionata per le !nali italiane di “Miss Mondo”

di Martina Nigrelli

Nei concorsimi tengo alla largadalla vuotacompetizione

ANNAdi sciacca

Una bellezza semplicesoggetto degli scattidi molti talentuosi

!otogra!.Si racconta

parlando di sè,della sua famiglia

e dei suoi tanti sogni.

La miss dellaporta accanto

Foto Silvio Zaam

i

Foto Barbara Geraci

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Il più emozionato era lui, Carmelo Ar-none, gioiosamente smarrito in quel-la piazza, tra tanti giovani venuti da Milena per fare festa in occasione

dell’intitolazione di una piazza di Aix-les-Bains (Savoia, Francia) alla consorella ita-liana Milena, gemellata con la cittadina francese ormai da quasi vent’anni. Carme-lo Arnone giunse per primo ad Aix-les-Bains nel lontano 1946: era !nita la guerra da poco e cominciava l’emigrazione meri-dionale verso la Francia, la Germania, il Belgio, l’Inghilterra: tante braccia utili al lavoro nei campi, nell’edilizia, nel terziario, nell’industria, nelle miniere, avanguardia di una nuova Europa, quella del lavoro e dell’economia, che andava politicamente de!nendosi grazie alla lungimiranza di uo-mini politici come Adenaur, Schumann, De Gasperi.Carmelo Arnone non credeva ai suoi oc-chi, quando vide che proprio la piazza di

quella stazione ferroviaria dov’era arrivato carico di speranze sessantacinque anni pri-ma veniva dedicata al suo paese di origine: Place de Milena si leggeva nella targa col-locata in bella vista accanto al bel cippo di granito rosa del Brasile riproducente la Si-cilia, con la scritta “Milena” al suo interno. Oggi i milenesi di Aix-les-Bains sono arri-

vati alla terza generazione (e già fa capoli-no la quarta), ben inseriti nel tessuto socia-le e produttivo della cittadina francese, stimati e rispettati, ben organizzati e pre-senti nel territorio con le loro iniziative im-prenditoriali.A chi va in giro per la città, fa una piacevo-le impressione poter leggere, agli incroci delle strade della periferia, le indicazioni di tante ditte che richiamano cognomi molto familiari a Milena; se si vuol fare una cosa gradita ai milenesi di Aix-les-Bains, si deve accettare di buon grado di fare un lungo giro con loro per poter ammirare la casa di tizio che si è fatto avanti nell’edilizia o di caio che opera con successo nel commer-cio; che poi sono magni!che ville immerse

nel verde, con l’immancabile al-bero di ciliegio nel giardino.Il 20 Maggio scorso, un centi-

naio di milenesi (“milucchisi” li chiamano ancora i vecchi di Aix che parlano solo il dialetto o il francese) hanno invaso la citta-

dina della Savoia, magni!camente accolti dal sindaco Dominique Dord (che è anche parlamentare nazionale), da Esther Rossi-glion consigliere municipale ai gemellaggi, da Yosette Cannella presidente dell’asso-ciazione “Milena mia”, da Evelyne Caccia-tore responsabile del comitato per il ge-mellaggio.Della delegazione di Milena, guidata dal sindaco Giuseppe Vitellaro, facevano parte il presidente del consiglio comunale Salva-tore Tona, gli assessori Filomena Falletta e Giuseppe Ingrao, vari consiglieri della maggioranza e della minoranza, il delegato del sindaco per il gemellaggio Carmelo Ci-polla, l’arciprete Rosario Castiglione, il preside della locale scuola media Vincenzo Nicastro. Ospiti d’onore, tanti emigrati ori-ginari di Milena che risiedono ad Asti, Como, Basilea e in tanti altri centri.

Milena aveva già dedicato ad Aix-les-Bains una propria piazza: “Noi dovevamo da parte nostra, in nome della nostra amici-zia, ricambiare il gesto e battezzare a nostra volta una piazza Milena - ha esordito il sin-daco Dord nel suo saluto -. E quale miglio-re simbolo che la stazione per signi!care questo trasferimento di popolazione”. Il dato che ha colpito maggiormente in que-sta occasione è stata la presenza di oltre cinquecento milenesi alla cerimonia, tra cui tanti giovani, che hanno animato scam-bi culturali, studenteschi, musicali, gastro-nomici. E’ un passaggio di consegne tra le prime generazioni dell’emigrazione conta-dina e tanti giovani che oggi rischiano di essere protagonisti involontari di una nuo-va emigrazione, quella intellettuale, che al posto della valigia di cartone porta con sé un computer e la stessa voglia di riscatto.

Quel giorno, si è fatta festa !no a tarda sera nel centro congressi; un gruppo di !sar-monicisti di Aix ha fatto da colonna sono-ra ai balli; prodotti tipici di Milena (vino, olio, mandorle) sono stati donati agli amici francesi, ma anche le maglie della neopro-mossa squadra di calcio di Milena; doni sono stati o"erti anche dai rappresentanti delle tante associazioni venute da Milena a fare corona ai propri compaesani: l’Adas, la banda municipale, il gruppo folkloristico che ha fatto da colonna sonora alle manife-stazioni; e poi, bravissimi, le ragazze e i ra-gazzi della scuola media.Anche i canti popolari di Milena, recente-mente recuperati da un sicuro oblio, sono sbarcati in Francia: i francesi hanno ap-prezzato molto il dono di un opuscolo con-

tenente i canti della tradizione di Milocca-Milena tradotti per l’occasione da Rossana

Pintus, docente presso il liceo classico di Caltanissetta e curati da Antonio Vitellaro, che ha voluto leggerne una strofa al sinda-co Dord: Bedda mi lu ‘n!ammasti lu ma cori / mi lu ‘n!ammasti di forti amuri / mi lu ‘n!ammasti dintra e di fori / astutari un si po chiù stu forti arduri / ci voli un nestu di lu to valuri / pi putìri carmari sti caluri / si mùaru lassu dittu du paroli / ca mùaru p’un putiri parlari. Il sindaco Dord ha ri-sposto in francese: Belle tu as en#ammé mon coeur / Tu me l’as en#ammé d’un amour fort / Tu me l’as en#ammé dedans et de hors / On ne peut plus èteindre cette passion forte / Il faut une gre"e de la ta va-leur / Pour apaiser ces bouillonnements / Si je meurs, je lasse ces deux mots / Que je meurs pour ne pas etre capable de parler.

Il più emozionatoCarmelo Arnoneil primo a emigrarenel borgodella Savoianel lontano 1946

IL GEMELLAGGIO. Una cittadina francese dedica una piazza al paese nisseno

Stor

ia &

Cul

tura

di Antonio Vitellaro

Il sindaco Dominique Dord legge un canto popola-re di Milena tradotto in francese

Il sindaco di Milena Giuseppe Vitellaro scopre la targa

Pietro Mantione

Lo scultore Giuseppe Tona

Place de Milena,l’ amicizia che fal’ Europa unita

Il cippo riproducente la Sicilia che adorna la place de Milena è opera di Giuseppe Tona, scultore milenese re-sidente ad Aix, che per l’occasione ha ricevuto la medaglia d’oro dal Sindaco Dord; è una scultura ra$nata come

tante altre di questo scultore per pas-sione, che per tanti anni ha lavorato il marmo per adornare le tombe gentili-zie della città. Abbiamo visitato il suo laboratorio scoprendo magni!ci lavori fortemente stilizzati, che rivelano una

forte sensibilità artistica; ma lui non vuole essere chiamato scultore e a chi gli propone di fare una mostra delle sue opere, risponde, schernendosi, con un netto ri!uto.

Uno scultore milenese a Aix-les-Bains

Pietro, partigiano milenese in SavoiaIl partigiano milenese di Aix-les-Bains.Ti può capitare anche questo, visitando la co-munità milenese di Aix: di scoprire che lì vive, ancora lucido nonostante i suoi novantuno anni, un partigiano, orgoglioso dei suoi ricordi, che vuole raccontare a tutti prima di andarsene; e perché non se ne perda la memoria, lui intanto li ha raccolti in bella gra!a, in un italiano misto di echi dialettali e francesi, in un suo quadernone lindo e ben curato, che mostra con orgoglio a chi va a fargli visita; come ha fatto il sindaco di Mile-na accompagnato da Antonio Vitellaro: a Pietro Mantione, questo il nome del partigiano mile-nese, il sindaco ha promesso di pubblicare le sue memorie e di fargli una grande festa a Milena, perché della sua esperienza resti memoria.

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Breve sinossi: Ryan Perry conduce una vita meravigliosa: soldi a mai !nire e una !danza-ta stupenda. Un giorno scopre di essere a"etto da una malformazione cardiaca che gli lascia molto poco da vivere. Da quel momento, so-prattutto a causa di una lunga serie di fobie, il terrore si impadronisce di Ryan, !nché in-contra una donna dagli occhi a mandorla che nasconde un’atroce verità, e che è più vicina al cuore di Ryan di quanto lui stesso possa im-maginare.Il mio punto di vista: Ho letto tanti libri di Koontz e devo riconoscere che è uno dei più grandi scrittori contemporanei. Solitamente scrive due tipo- logie di libri: i thriller basati su avvenimen-ti “possibili” e quelli basati su storie un po’ più fan-tasiose. Pre-messo che preferisco i primi, Koontz sa s cr ivere anche i secondi. Il pro-t a g o -nista , m a -l a t o di cuore, pen- s a che qualcuno sta attentando alla sua salute e per 170 pagine, anche se la let-tura scorre piacevolmente, la situazione non cambia; non c’è nulla che possa far fremere il lettore. Solo sfarzo (Jet privati del protago-nista, automobili come se fossero caramelle), bellezza (la !danzata stupenda), sport (Ryan è un ser!sta) ed elucubrazioni. Ma ecco che, proseguendo con la lettura viene fuori il vero Koontz. Cominciano ad accadere cose strane a casa Perry e la lettura diventa molto intri-gante. Tra l’altro, si aggiunge l’interesse per la sua storia con Samantha (nel dopo operazio-ne non stanno più insieme). La seconda parte del libro fa capire quanto siano importanti le prime 170 pagine per l’economia del racconto. Non posso aggiungere altro per non togliervi il piacere di leggerlo. Confermo che Koontz è un grande e i 400 milioni di libri venduti !no-ra sono di per sé un’importante referenza.

Un intenso e signi!cativo scam-bio culturale è stato realizzato tra gli alunni della scuola media “Lu-igi Pirandello” di Milena e i loro colleghi del collegio “Marlioz” di Aix-les-Bains, secondo lo spirito più genuino del gemellaggio tra le due cittadine. L’anno scorso, le famiglie di Milena avevano ospitato gli alunni francesi; nel maggio scorso alcune famiglie

francesi hanno accolto gli alunni italiani, i quali hanno potuto fre-quentare corsi di lingua francese, conoscere i luoghi e la storia di quel territorio che più di cento-cinquant’anni fa faceva parte del-lo stato sabaudo. Animati dalle premure dei loro insegnanti Del-!na Scozzaro, Angela Calamera e Aldo La Lumia, e guidati da loro preside Vincenzo Nicastro,

questi ragazzi hanno partecipato attivamente alle cerimonie del gemellaggio, cantando gli inni nazionali francese ed italiano e i canti popolari italiani e francesi. Questa esperienza li ha arricchiti dal punto vista sociale e relazio-nale ed ha consentito loro di raf-forzare vincoli di amici zia tra le due comunità e anche personali.

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La delegazione di Milena

Gli alunni della scuola media Luigi Pirandello

Al centro il cippo riproducente la Sicilia collocato a Place de Milena. Sopra un’opera dello scultore Giuseppe Tona

La recensione del mese

I ragazzi della Pirandello testimonial dell’ intesa

La !ne delle certezzenell’ opera di Koontz

di Salvatore Paci

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E’ un “amarcord” tutto nisseno la storia della famiglia Gruttadau-ria, uno dei nomi di riferimento nel panorama dell’abbigliamento a Caltanissetta: una storia che, a poco più di un anno dalla scom-parsa del commendatore Michele Gruttadauria, fondatore insieme al fratello Carmelo del nego-zio di corso Vittorio Emanuele, continua. Era il 1937 quando un appena diciottenne Michele Gruttadauria, cresciuto insieme a quattro fratelli e con genitori tutt’altro che benestanti, avvia una piccola attività commercia-le come venditore ambulante di merceria. È un periodo storico diametralmente opposto a questi nostri anni, con ritmi ed esigenze ben diversi rispetto a quelli odier-ni, in cui anche il super!uo viene considerato necessario: allora ba-stava una bancarella, piccole co-lorate cose per decorare la bian-cheria di casa, e un sorriso, quelli di cui era capace il Commendato-re. Così, mettendo da parte gior-no dopo giorno il frutto di quel

piccolo ingegnoso commercio, Michele Gruttadauria apre nel 1940 un negozietto nel centralis-simo corso Umberto, che lascia però una volta scoppiata la guer-ra perché richiamato alle armi. A

prendere le redini del piccolo ne-gozio è allora il fratello Carmelo, anch’egli giovanissimo, che con una oculata gestione trasforma la merceria in negozio di tessuti. Ma durante i bombardamenti la famiglia Gruttadauria è colpita da un grave lutto: sotto le macerie della casa crollata muoiono i ge-nitori e le due sorelle. Il negozio diviene così per il giovane Car-melo anche il luogo dove dormi-re con il fratellino scampato alla

tragedia. Intanto Michele torna dalla guerra e durante il periodo della ripresa economica aumen-tano le fortune del commercio, così i due Gruttadauria insieme alle mogli acquistano un negozio in Corso Vittorio Emanuele, co-struendo poi di "anco la via XX Settembre uno stabile di sette pia-ni dove lavoreranno ben 40 per-sone, rappresentando un punto di riferimento per l’intera Sicilia, e forse il primo centro commer-ciale dell’abbigliamento. Quella di Michele Gruttadauria è la sto-ria di un uomo dedito oltre che al commercio anche alla famiglia ed alla cooperazione, una visione pionieristica per quei tempi, oggi una necessità per il commercio, ovvero quella di cercare sinergie, essendo stato negli anni ’60 il fon-datore della prima Associazione dei Commercianti, oggi Con-fcommercio. Nel 1971 Michele Gruttadauria, con un decreto a "rma Gronchi-Fanfani, viene in-signito dell’onori"cenza di Cava-liere del Lavoro mentre nel 1975

diviene Commendatore. A racco-gliere il testimone di tanta storia "gli e nipoti, tra i quali Antonio Gruttadauria, che non senza un pizzico di orgoglio ci racconta del padre e della sua lungimiranza. “In uomo – dice Antonio – con una “visione”, la stessa visione che oggi spero di poter trasmettere ai miei "gli perché questa “eredità” giunga alla sua terza generazio-ne”. Un auspicio più che legittimo quello di Antonio Gruttadauria

che si inserisce in un contesto, quello del capoluogo nisseno, la cui vocazione al commercio - no-nostante la crisi economica - resta sempre al primo posto tra le atti-vità produttive, con una massiccia presenza delle migliori gri#e per l’abbigliamento che la collocano, a livello regionale, quasi allo stes-so livello di città come Catania e Palermo, con il punto a favore di essere una città più vivibile ed a misura d’uomo.

Gruttadauria, la famigliache ha vestito una città

di Marco Benanti

COMMERCIO. Dagli anni ‘40 !no al successo dei giorni nostri

A fondareil marchioMichele,cavaliere e poicommendatore

Dalla piccolamerceria

al negoziodi tessuti

!no allo stabiledi sette piani.

L’ epopea di una

famiglia vissuta attraverso

la crescitadi una realtà

imprenditoriale.

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BANCA DI CREDITO

COOPERATIVO DEL NISSENO

di Sommatino e Serradifalco

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Page 26: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

Dalla !nestra del Palais du Rais, ad Algeri, la nissena Maria Anna Bona"ni ha assapo-

rato il profumo ed il colore del Mediterraneo dall’altra spon-da, quella dell’Africa, ospite ap-prezzatissima (e rappresentante

dell’Italia insieme ad una colle-ga) della seconda edizione del Festival National de la Crèation

Feminine, organizzato dal Mini-stero della cultura algerina. (Mi-nistro Khalida Toumi)Ma la ricamatrice nissena ha avuto modo di farsi apprezza-re anche per i laboratori che ha dedicato anche in Algeria ai più piccini, sulla scorta dell’espe-rienza maturata con il progetto “Ricamiamo giocando” porta-to avanti dal 2009 nelle scuole elementari di Caltanissetta. Un progetto dove i bambini sono liberi di lasciare spaziare la pro-pria fantasia: il tratto della matita viene infatti sostituito dalle cate-nelle all’uncinetto che poi diven-tano paesaggi, farfalle, pallonci-ni, cuori, incollati su cartoncino colorato.“Ho lasciato metà del mio cuore là, dai miei bambini di Algeria – dice Maria Anna sorridendo, ancora emozionata per l’acco-glienza ricevuta in Algeria – ed ho vissuto così intensamente le giornate del festival che non mi sono resa conto davvero di ciò che stava accadendo”.

Ma è stata innanzitutto una s!-da con se stessa, come ammette, a farle accettare l’invito che le è stato rivolto dall’organizzazione del festival tramite la direttrice dell’istituto culturale italiano ad Algeri Maria Battaglia (che ha selezionato i lavori della Bonaf-

!ni, visti sul sito web del-la ricamatrice). “Mi sono confrontata con me stessa – dice ancora Maria Anna - e mi sono messa alla pro-va, sia come stilista rica-matrice sia come curatrice del progetto “Ricamiamo Giocando”, che ha molto incuriosito sia gli organiz-zatori del festival in Algeria sia la gente di là: sono state tantissime le donne algerine che, dopo avermi visto nei servizi sul festival realizzati dalla tv nazio-nale algerina, mi hanno portato i loro bambini perché insegnassi loro a lavorare con l’uncinetto”. Maria Anna Bona"ni ha presen-tato nella manifestazione inter-nazionale due bellissimi abiti da sposa e un sontuoso abito ispirato alla fontana del Tritone, simbolo di Caltanissetta, proposto in an-teprima assoluta ad Algeri. “Ma ho anche avuto – dice - la possi-bilità di avere un angolo esposi-tivo per i miei manufatti mentre in un’altra ala del palazzo c’erano i laboratori, dove ho avuto modo di fare conoscere il progetto “Ri-camiamo Giocando”, con un ri-scontro estremamente positivo: ho trascorso ogni giorno tantis-sime ore con le bambine ma an-che con le signore, che chiedeva-no di imparare nuovi punti, con l’uncinetto ma anche con i ferri e con l’ago da ricamo”. “Adesso nei miei progetti c’è innanzitutto la crescita di “Ricamiamo Gio-cando”, possibilmente con una di#usione a livello nazionale e,

perché no, anche internazionale. E poi anche la creazione di una collezione completa di abiti, che non sono però solo abiti da sera: la mia idea è quella di dare vita a creazioni artistico-culturali, legate cioè alle peculiarità stori-che di ogni città, come ho fatto con l’abito ispirato alla nostra bellissima fontana. E ovviamen-te potere far conoscere fuori da Caltanissetta e dalla Sicilia i miei manufatti, perché io sono innan-zitutto una ricamatrice”.Un’avventura cominciata casual-mente, lontano da Caltanisset-ta. “A casa mia nessuno sapeva ricamare ma io ho incontrato quest’arte un giorno a Milano, quando, ospite di parenti, ho vi-sto la vicina lavorare all’uncinet-

to e ho fatto in modo di impara-re, poco a poco, tutti i segreti del mestiere. Sono comunque un’au-todidatta: sono convinta che cer-

te attitudini noi le portia-mo nel Dna ed aspettano solo il momento giusto per venire fuori”.E ritorna a !ne agosto l’appuntamento in città con il ciclo estivo di “Ri-camiamo Giocando”: una serie di incontri dedicati sono infatti già program-mati alla villa Amedeo, che ospiterà il laboratorio curato come di consueto da Maria Anna Bona"ni, a"ancata dalle collabo-ratrici Sonia Lo Giudice, Mariella Ciraulo, Albina Occhipinti, esperte for-matesi dopo la frequenza del corso specialistico promosso nel 2009 dalla Provincia Regio-nale di Caltanissetta.

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ARTIGIANATO. La nissena ha partecipato al Festival national de la Crèation di Algeri

Anna Bona!ni e i suoi ricamiche hanno conquistato l’Algeria

Nella foto sotto Maria Anna Bonaf!ni con il ministro della cultura algerina Khalida Toumi. In alto l’abito presen-tato alla manifestazione ispirato alla fontana del Tritone

www.feminalgerie-creation.org

Tante donnemi hanno portato i loro bambini per insegnarea lavorare l’ uncinetto

di Rosamaria Li Vecchi

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Nell’edizione del ‘Paler-mo Pop Festival’ del 1970 - giudicata dal ‘re’ dei ‘press agents’ inglesi

Tony Hall come”il più grande festi-val d’Europa dell’anno” – svoltosi allo stadio della Favorita, al quale parteciparono 80.000 spettatori,tra i 300 artisti stranieri ed italiani che vi presero parte, vi era anche un mussomelese doc: Salvatore Amico in arte Piero.Il festival fu realizzato grazie alla produzione artistica di-

Joe Napoli, italo-americano nato a Brooklyn e morto qualche anno fa in Sicilia, che nel contempo era produttore di Piero Amico, all’epo-ca cantante famoso e di successo.

Quel sabato 18 luglio del 1970, sotto un solleone degno del torrido caldo siciliano, un giovane quanto accla-matissimo Piero Amico, incantò gli 80.000 partecipanti, accalcati in quello che era il vecchio stadio della Favorita, per la mezz’ora concorda-ta come da programma dalle ore 17 alle 17,30. Così come per gli altri artisti, anche la performance di Piero Amico fu seguita da otto stazioni radio-tele-visive: le tv di Belgio, Olanda, Bra-sile, Francia, la West DeutscheRun-dfunk, l’inglese BBC ela RAI .Piero visse forse inconsapevolmen-te, la brezza di aver partecipatoad un evento oggi ancora impresso nella memoria di tanti ultracin-quantenni siciliani.L’edizione del 1970 del ‘Palermo Pop Festival’, fece ri!ettere sulla Si-cilia la ribalta dei grandi concerti all’aperto della hippy generation, da Monterey a Woodstock ed all’isola di Wight.Quello che si svolse sul prato e sugli spalti del vecchio stadio della Favo-rita fu uno dei più importanti radu-ni organizzati in quegli anni in Ita-lia, insieme ai romani ‘Festival Pop di Caracalla’, ‘Villa Pamphili 1972’ e ‘Controcanzonissima’, al ‘Re Nudo Pop Festival’ di Lecco ed al ‘Festival della Musica d’Avanguardia e Nuo-ve Tendenze’ di Viareggio.Sembra quasi irreale, ma Piero Ami-co fu indiscusso protagonista di un festival a cui parteciparono autenti-che stelle del "rmamento musicale di sempre: Duke Ellington, Kenny Clarke, Phil Woods, Tony Scott ed Aretha Franklin. La regina del rythm and blues, atterrò a Palermo con notevole ritardo rispetto ai pro-

grammi degli organizzatori: il suo concerto - il primo di un tour italia-no - attirò quasi 15.000 spettatori. A tal proposito esiste un aneddoto, documentato da foto, circa l’amici-zia nata tra Aretha e Piero. Avendo avuto per pura casualità, i camerini uno accanto all’altro, i due ebbero-modo di interloquire serenamente. Nell’occasione, ad Arethafu regalato un quadro dell’allora artista scono-sciuto Pino Petruzzella, oggi pittore di fama internazionale, ra#gurante il Castello di Mussomeli . Per do-vere di cronaca va segnalato che in quel festival, gli unici artisti nazio-

nali presenti, a parte Piero Amico erano:Giuny Russo (all’epoca Giusy Romeo)Bobby Solo, i Ricchi e Pove-ri, Nino Ferrer, Lucio Battisti, Enzo Randisi e Tony Cucchiara. Dopo quella parentesi e qualche disco, non volendo Piero seguire in Ame-rica Joe Napoli che voleva aprirgli le porte artistiche della Grande Mela, la sua carriera si interrup-pe. Oggi Piero, che è un impiegato della Zecca dello Stato in pensione, vive serenamente la sua vita, con un grande sogno ancora da realizzare: Il Premio Chiaramontano. Secon-do il progetto, da anni proposto da Piero a tutte le amministrazioni che

si sono susseguite, il premio da istituire a Mussomeli e da realizzarsi nella splendi-da cornice del Castello omo-nimo, dovrebbe avere come "nalità, quella di premiare le celebrità mondiali del mondo dello spettacololegati in un cer-to qual modo a Mussomeli. Piero ha già in mente i primi tre nomi: “Francesco Ca"so, anche Claudio Gioè e ed il mussomelese doc Vin-cenzo Ricotta, attore di fama mon-diale che in arte è Vincent Riotta.Un’operazione a sfondo pura-mente pub-bl ic itar io e di grande

impatto comunicazionale che Pie-ro continua ostinatamente a soste-nere, forte di un’esperienza di vita personale che lo ha formato anche su questo versante. In attesa che ciò possa accadere, rimarrà a futura

memoria l’esperienza, seppur bre-ve, di un cantante mussomelese che ha segnato indelebilmente, la storia della nostra comunità, che purtrop-po, come spessa capita,viene quasi sempre dimenticata.

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Fu uno dei pochiad esibrisi al “Palermo pop festival”dividendo il palcocon artisti del calibrodella Franklino di Duke Ellington

Fatti & Dintorni

L’artista mentre canta dinanzi al pubblico della Favorita. Era il 1970.

di Osvaldo Barba

Pier Amico, il piccolo divoche cantò con miss Aretha

ALTRI TEMPI. Negli anni ‘70 l’artista mussomelese mieteva successi

Piero Amico con Aretha Franklin

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Costume & Società

Come ogni anno torna l’estate, an-che se il sole, !no ad ora, si è visto ben poco - la splendida primavera è scappata chissà dove. Tuttavia,

torna, in abbinamento all’estate, come ogni anno, il tormentone della “prova costume” e delle diete dimagranti. Insomma, prima di andare in spiaggia con qualche chilo di trop-po vi mettono la pulce nell’orecchio: sarà bene fare qualche rapida dieta? Secondo una ricerca Agi/Adiconsum sulle trasmis-sioni televisive “il 20% ha parlato di ali-mentazione e delle varie problema-tiche connesse, con particolare riferimento alle diete e all’ali-mentazione sana ed equili-brata. Cio’ trova spiega-zione con l’avvicinarsi dei mesi estivi e la crescita di at-tenzione da parte de-gli italiani verso la forma !sica e l’alimentazione corretta, che coin-cide con un aumento della domanda di diete e cure alimentari in grado di far superare la “prova costu-me”. “Che ci si curi dell’alimentazione, ma per tutto l’anno, e per mantene-re una buona salute, è sicuramente importante. L’alimentazione e la qualità degli alimenti ingeriti è de-terminante per la prevenzione delle malattie (cancro, diabete, pressione alta e tutte le altre), anche se trova-re cibo in condizione tali da essere veramente salutare sta diventando

un’impresa non facile, è giusto non perdersi d’animo.La prova-costume, invece, che signi!ca? chi si è inventato questa specie di esame estivo?Meglio non farsi troppe paranoie per la pro-va costume, pensare alla salute tutto l’anno, e ricor- dare che il sovrappeso ecces-sivo non fa bene alla salute, ma

il sottopeso forse è an-che più pericoloso e

dannoso.

Secondo il Codacons sono 8 milioni gli

italiani che, in vista dell’estate

oramai alle porte, hanno deciso di met-tersi a dieta o di presta-re maggiore

attenzione ai consumi ali-

mentari, così da arrivare pronti alla

prova-costume.Il dato emerge da uno studio condotto nell’ambito del progetto CODACONS-AGI denominato ‘Sentinelle della Salu-te’, !nalizzato a monitorare le abitudini degli italiani in materia di salute.4,4 milioni di donne (il 55% del totale) contro 3,6 milioni di uomini (45%), a dimostrazione che oramai la dieta non è più prerogativa femminile, e anche il sesso forte presta particolare attenzione alla forma !sica - spiega l’associazione - Per entrambi i sessi, la fascia d’età dove si registra una maggiore incidenza di cittadini a dieta è quella compresa tra i

30 e i 45 anni (44%), mentre nella fascia 18-30 anni la percentuale di persone a regime alimentare controllato scende al 29%, contro il 18% della fascia 45-60 e il 9% degli over 60.Di questi 8 milioni, tuttavia, la stragran-de maggioranza (circa il 70%) segue diete ‘fai da te’, reperendo informazioni su internet, seguendo i consigli di ami-ci e parenti o assimilando informazioni frammentarie recepite sui giornali o in tv. Solo il 30% consulta un medico o un dietista. Si tratta di una scelta assai rischiosa - spiega il Codacons - Mol-to spesso, infatti, le diete pubblicate sul web, specie quelle che promettono grandi risultati in poco tempo, non hanno alcuna base scienti!ca, e posso-no risultare rischiose per chi le segue, provocando squilibri e alterazioni con conseguenti danni alla salute.Per questo l’associazione invita il Mi-nistero della salute ad eseguire un con-trollo sulle informazioni reperibili sul web, al !ne di disporre l’oscuramento di quelle pagine che, consigliando diete pericolose e prive di fondamento scien-ti!co, possono provocare danni ai cit-tadini.

Giugnowww.ilfattonisseno.it28

Arriva l’ estate,tutti a dieta per la “prova costume”

Il 70% degli italianiricorre a diete estive “fai da te”

ALIMENTAZIONE. Cresce l’attenzione degli italiani verso la forma !sica

I DATI CODACONS:

Gli italiani che, in vista dell’ estatehanno deciso di mettersi a dieta

Sono le donne (55%)

Sono gli uomini (45%)

E’ la fascia di età con maggiore incidenza di cittadini a dieta (44%)

8 Milioni

4,4 Milioni

3,6 Milioni

30/45 anni

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Caltanissetta. I cortili ed i resti dei giardini medievali che anco-ra oggi punteggiano

alcuni quartieri del centro, le vive prospettive rinascimen-tali, la ostentazione dei poteri propria del barocco, le cortine di rappresentanza e le strutture pubbliche della città ottocente-sca, il composto decoro civile di certa edilizia agevolata ed i viali

del novecento, che incarnano in maniera quasi commovente tutta l’aspirazione per una città nuova, che si lasciasse alle spalle l’indi-genza del passato (il tragitto dal nodo-Grazia a piazza Europa non si dovrebbe misurare in me-tri, ma in secoli!): ogni periodo

ha lasciato ben chiara l’impronta della propria identità, il proprio marchio sul volto della città. E lo ha fatto consapevolmente.Poco importa a noi oggi delle lotte intestine, delle oppressioni, dello sfruttamento che spesso costituivano l’humus sul quale cresceva la città: sono divenute storia. A noi, a tutti noi, percor-rendo la città rimangono oggi i frutti positivi di quelle vicende, e ironicamente, proprio la soprav-vivenza delle costruzioni a chi le volle certi!ca di questi le e"me-re, transeunti illusioni.Ma oggi le chiese, i palazzi, i viali larghi ed alberati sono lì per tutti, perché tutti ne possano godere. Un lascito da non sottovalutare, anzi da esaminare, comprende-re, interpretare con ogni miglio-re intenzione al !ne di dare noi, adesso, adeguata prosecuzione a questo processo. La domanda è: quale città si vuo-le, quale città si sta apprestando? Quali idee, quali concetti può voler rappresentati nella città la nostra società che si de!ni-sce democratica, e come? Uno dopo l’altro molti concetti-guida si stanno rivelando miti eva-nescenti, non più utilizzabili: il progresso, il futuro, appaiono so#ocati dagli e#etti della pre-sente crisi economica, e persino l’idea romantica di ritornare al passato si sgretola di fronte alla evidenza dei fatti: il passato della città è ridotto ad un cumulo di macerie.Sembra un paradosso, ma pro-

prio oggi che la tecnologia appli-cata alle costruzioni permette di

realizzare tutto ed il suo contra-rio, a mancare sono i signi!cati: ci sono i mezzi e le conoscenze, ma difettano le idee, i program-mi. Anzi questi è come se si risolvessero nell’episodico ap-proccio a speci!ci problemi, in mancanza di una visione com-plessiva della città, quale che sia, comunque un indirizzo generale alla cui realizzazione tendere, un volto che la possa identi!care. Si vede infatti, a meno che non si giudichino diversamente tali condizioni, che la semplice ap-plicazione di norme e regola-menti non ha condotto ad una città omogenea, legata, unitaria, sempre più vivibile dai propri cittadini, ma anzi nei decenni ha generato evidenti squilibri, dal

centro storico ad una viabilità urbana sempre meno sostenibi-le, per citare gli esempi più evi-denti. Io sono convinto che il nostro pe-riodo abbia da portare a termine un compito preciso: restaurare progressivamente l’unità della città, che è anche unità della co-munità che la abita. E questo si fa, ovviamente, a partire dal cen-tro storico: ridare un volto ed un signi!cato al centro storico, vuol dire anche ridare un senso al re-sto della città. Quale può essere l’idea guida di questo processo? Semplice: quali sono i capisaldi della società democratica? Un certo equilibrio sociale, pari di-gnità, e tutto quanto sintetica-mente potremmo ascrivere sotto il concetto più ampio di civiltà. Ed allora: portare civiltà in quei vicoli, garantire pari dignità a chi li abita o avesse intenzione di far-lo. Come? Abbandonando un approccio ec-cessivamente rigido e conserva-tivo, ma piuttosto studiando in-nanzitutto il modo di superare i vincoli, o meglio i limiti !sici che hanno portato a tali condizioni e che sono causa dell’abbandono di quelle costruzioni, dando magari la possibilità di totali rimodula-

zioni all’interno degli isolati, ri-proponendo per esempio sempre all’interno degli stessi il sistema dei cortili e dei giardini, proprio di quelle parti di città, comunque sostituendo tutto quanto è fati-scente, nel rispetto dei volumi e delle altezze, con abitazioni de-gne di tale nome. Si tratta a mio avviso di interventi che vanno necessariamente integrati con altri volti a migliorare l’accessi-

bilità a detti isolati, magari con risalite, o altro, e che comunque credo debbano essere e#ettua-ti nell’ambito di un programma pubblico o comunque volto a realizzare una !nalità generale di tipo pubblico, garantendo ad ogni costo la permanenza della popolazione residente.

Michele Lombardo

Giugnowww.ilfattonisseno.it30

ocus & [email protected]

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L’architetto Michele Lombardo già Presidente della Sezione di Caltanissetta di Italia Nostra (2008-2010) e Tutor di Storia della città e del territorio (2002-2006)

L’APPELLO. Ri!essioni a voce alta dell’ architetto Lombardo

Bisogna trovare la ricettaper salvare il centro storico

Ridando un voltoal centrostoricoridaremosenso alla città

La tecnologiapermette tuttoma mancanoi signi"catiCi sono i mezzi ma difettano le idee

Page 30: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

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Riceviamo & Pubblichiamo

I piani alti di mediaset a Co-logno Monzese, quelli che si occupano della !nanza creativa, dei bilanci (anche

falsi!cati,m tanto non è più reato), dei capitali all’estero tramite ac-quisti con fatturazioni falsate (tan-to poi arriva uno scudo !scale che sana tutto), brulicano di esperti, fantasiosi, inventivi, spregiudicati, ma timorosi, addirittura spaventa-ti, ma cercano di non farlo capire.Ci pensa il povero Confalonie-ri a rassicurare con proclami con i quali vengono vantati risultati straordinari del gruppo, ma non gli crede più nessuno.Ma con i numeri c’ è poco da scher-zare… Le quotazioni Mediaset hanno toccato il minimo storico, con una perdita, in un solo mese, del 20%, come inequivocabile se-gnale di s!ducia nel titolo che è tutt’uno con il suo inventore.In nessun altro caso di azioni quo-tate in borsa il destino è legato alle sorti dell’azionista di riferimento, come accade con mediaset. Il segnale è grave, perché dimostra che si tratta dei grandi investitori che non credono più nel futuro dell’azienda di casa Berlusconi.Le rilevazioni trimestrali peggio-rano le previsioni future, in quan-to anche la raccolta pubblicitaria di Publitalia 80, segna una calo sensibile che non lascia spazio alle invenzioni parolaie, esibendo una realtà nuda e cruda.La scon!tta elettorale non è stata la causa di un tale calo, ma è stata la conseguenza di una perdita di credibilità dell’azionista di rife-rimento, più dedito ai vizi privati che alle pubbliche virtù, più dedito alla difesa dai suoi processi che al dovere di amministrare una na-zione guardando al bene comune.La palese debolezza politica e il mancato strapotere, ha, di fatto, allontanato i grandi inserzionisti pubblicitari, nonché i grandi azio-nisti che sono stati costretti a cede-re azioni delle proprie aziende in cambio di azioni mediaset, allet-tati da provvedimenti legislativi e attività internazionali che li avreb-bero favoriti, e si ritrovano con le loro azioni che lievitano quotidia-namente (ENI, ENEL, Finmecca-nic, Impregilo), mentre le azioni mediaset in caduta libera, con un 20% di perdita netta nell’ultimo mese, malgrado le continue trasfu-sioni di liquidità da parte di altre aziende del gruppo per rallentare il continuo scivolone, o ritardarne l’esito !nale.Non viene descritto dalla stampa compiacente, ma anche l’investi-mento spagnolo di Cuatro, net-work acquisito dalla controllata

Telecinco, ha dato esiti a dir poco disastrosi.Quindi l’acquisizione di 1.500 torri di trasmissione televisiva di DMT , che avrebbe garantito al gruppo

mediaset il monopolio delle in-frastrutture delle reti telefoniche e TV, è stata bloccata dalla Consob a seguito della semplice minaccia da parte di Telecom Italia Media, di ricorso all’Antitrust.Aleggia ancora, come la nota ci-liegina sulla torta, anche la sen-tenza d’appello sul lodo Monda-dori, nel quale il cavaliere è stato

già condannato in primo grado al pagamento di 750 milioni di euro come risarcimento donni alla CIR di De Benedetti (difeso dall’avv. Pisapia…!); nella ipotesi più favo-

revole al cavaliere la penale potrà solo essere ridotta a 500 milioni di euro, che provocherebbe lo stato di insolvenza tanto della persona che del gruppo, pur nelle sue mol-teplici articolazioni, in quanto il grosso della liquidità con cui po-trebbe essere pagata l’ammenda, si trova ben lontano dalle grin!e dei creditori.

De Benedetti ha anticipato che si servirebbe di quei quattrini per acquistare “La 7” e richiamare tut-ti i presentatori e giornalisti sgra-diti al cavaliere.

Anche Murdock non mostra più interesse per un’OPA su Mediaset; con la prossima concorrenza de La 7, il titolo pilota del clan Ber-lusconi, scenderà sotto i limiti, anche del suo valore reale, per cui potrebbe anche andare in vendita fallimentare.

Rosario Amico Roxas

Il gruppo Mediasettravolto dal panico

La perdita del titolo è il segnale della s!ducia in Berlusconi

Page 31: Il Fatto Nisseno - giugno 2011

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