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ISSN: 2039/7070 Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Marzo 2015 Anno V Num. 36 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento FREE PRESS www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it “L’immigrazione non è un male, ma è il sintomo delle ingiustizie nel mondo” L’Arcivescovo di Agrigento, Cardinale Francesco Montene- gro, ha partecipato all’incontro che si è svolto nel capoluogo nisseno, su invito del Vescovo Monsignor Mario Russotto, promosso dalla consulta delle Aggregazioni laicali della Diocesi nissena, sulla “Società globale e cooperazione inter- nazionale”. L’incontro ha originato un interessante dibattito sul tema dell’immigrazione, “gli immigrati non sono tutti terroristi, com non erano tutti maosi i nostri migranti”. a pagina 3 di Rosario Neil Vizzini il Fatto Globale L’intervista Rosario, padre del giovane medico, spiega le ragioni di un impegno Ernesto Torregrossa, l’assist più bello è di papà Lirio Due volte Capitano, le emozioni di Francesco Riggio ANM: il nuovo corso, Palazzo di Giustizia aperto ai cittadini SPORT SETTIMANA SANTA SOCIETA’ a pagina 28 a pagina 16 a pagina 8 Frana Sant’Anna, tra ritardi e burocrazia L’ Antima a in parlamento tra politica e a ari Politica nissena gli ultimi 30 anni: “Graculus superbus et pavo” Territorio Storia P L’ultimo trentennio della politi- ca del nostro territorio sembre- rebbe non aver lasciato tracce di rilievo nelle aule di Montecitorio. Viene subito in mente la favola di Fe- dro ovvero “La cornacchia superba e il pavone”. a pagina 11 a pagina 4 a pagina 2 Post Scriptum di F. Falcone di A. Sardo di G. Tona Aldo Naro Un sorriso per non dimenticare di D. Polizzi a pagina 12

Il Fatto Nisseno - marzo 2015

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Mensile di approfondimento su Caltanissetta e provincia

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Page 1: Il Fatto Nisseno - marzo 2015

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Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Marzo 2015Anno V Num. 36Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

FREE PRESS

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

“L’immigrazione non è un male, ma è il sintomo delle ingiustizie nel mondo”

L’Arcivescovo di Agrigento, Cardinale Francesco Montene-gro, ha partecipato all’incontro che si è svolto nel capoluogo nisseno, su invito del Vescovo Monsignor Mario Russotto, promosso dalla consulta delle Aggregazioni laicali della Diocesi nissena, sulla “Società globale e cooperazione inter-nazionale”. L’incontro ha originato un interessante dibattito sul tema dell’immigrazione, “gli immigrati non sono tutti terroristi, com non erano tutti mafiosi i nostri migranti”.

a pagina 3di Rosario Neil Vizzini

il Fatto Globale

L’intervista Rosario, padre del giovane medico, spiegale ragioni di un impegno

Ernesto Torregrossa,l’assist più bello èdi papà Lirio

Due volte Capitano,le emozioni di Francesco Riggio

ANM: il nuovo corso,Palazzo di Giustizia aperto ai cittadini

SPORTSETTIMANA SANTA SOCIETA’

a pagina 28a pagina 16 a pagina 8

Frana Sant’Anna,tra ritardi

e burocrazia

L’ Antimafia in parlamento tra

politica e affari

Politica nissenagli ultimi 30 anni:

“Graculus superbus et pavo”

Territorio

Storia

PL’ultimo trentennio della politi-ca del nostro territorio sembre-rebbe non aver lasciato tracce

di rilievo nelle aule di Montecitorio. Viene subito in mente la favola di Fe-dro ovvero “La cornacchia superba e il pavone”.

a pagina 11

a pagina 4

a pagina 2

Post Scriptum

di F. Falcone

di A. Sardo

di G. Tona

Aldo NaroUn sorrisoper nondimenticare

di D. Polizzi a pagina 12

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La Collina Sant’Anna è franata a inizio marzo, prima che ini-ziassero i lavori finanziati per 4

milioni di euro, lasciando al momento senza casa numerose famiglie. L’ulti-ma novità in ordine di tempo è che il nuovo responsabile unico del proce-

dimento, l’ingegnere Egidio Marchese dirigente del Genio Civile di Enna ha invitato il direttore dei lavori, dopo la formalizzazione del contratto d’appal-to, a effettuare la consegna parziale dei lavori “che avverrà entro poche setti-mane, a giorni”, assicura Marchese.Una vicenda, quella della collina Sant’Anna e dei relativi ritardi nella consegna dei lavori, che è divenuta

oggetto di un’interrogazione urgente di numerosi consiglieri comunali. Ciò che non si comprende, infatti, è il ribal-tamento dei termini. Individuata un’e-mergenza, come l’elevato rischio idro-geologico nel costone della collina, si procede a lavori di somma urgenza per tamponarla. In questa vicenda, invece dalla somma urgenza, per paradosso, sembra si sia arrivati (non certo per un rapporto di causalità) all’emergenza verificatasi a inizio marzo con la frana.Ritardi nella consegna dei lavori, estro-missione del comune di Caltanissetta

con la sostituzione del Rup, che era in precedenza un funzionario dell’ufficio tecnico, procedure tutte da spiegare ed una domanda: per quale motivo il Comune di Caltanissetta è stato privato delle prerogative di controllo su tempi e modalità di espletamento dei lavori?

Questi gli interrogativi posti dai con-siglieri quasi tutti di opposizione che hanno presentato l’interrogazione. Il progetto generale dei lavori per il con-solidamento della Collina S.Anna fu redatto dall’Ufficio Tecnico Comunale (RUP era l’architetto Armando Amico dirigente dell’ufficio tecnico e respon-sabile della Protezione Civile) e presen-tato il 22 luglio del 2009. Un progetto da sette milioni di euro approvato dal Genio Civile di Caltanissetta e succes-sivamente dalla Regione Siciliana nella conferenza speciale di servizi del 7 no-vembre 2012. Per rendere concreta la possibilità di finanziamento in sede di approvazione del progetto definitivo, il Comune di Caltanissetta con l’Assesso-rato regionale Territorio e Ambiente e il Commissario delegato per il rischio idrogeologico concordarono di sud-dividere in due tranches gli interventi. Così venne deciso di stralciare una pri-ma parte del progetto per un ammon-tare di quattro milioni di euro. L’ufficio tecnico del Comune approntò il pro-getto esecutivo approvato con prescri-zioni nella conferenza speciale di ser-vizi del 31 gennaio 2013. Il decreto del definitivo finanziamento per la messa in sicurezza della Collina Sant’Anna venne firmato dall’Assessorato Territo-rio ed Ambiente il 3 dicembre 2013 e registrato alla Corte dei conti a gennaio 2014, notificato al Comune di Caltanis-setta nel febbraio 2014. Elementi suffi-cienti per annunciare in conferenza stampa, a marzo del 2014, l’imminente gara d’appalto, comunque gestita dal Commissario delegato. “Entro l’estate

la consegna dei lavori per l’avvio del cantiere” si disse. Nel frattempo però il Responsabile del Procedimento, dopo il pensiona-mento del diri-

gente dell’ufficio tecnico di Caltanissetta, veniva individuato nel

dirigente del Genio Civile di Enna, e veniva altresì sostituto l’ingegnere

Edoardo Garito, uno dei redatto-ri del progetto. “Destituendo il

Comune di Caltanissetta nel-la gestione e controllo del

progetto e dei suoi tempi di attuazione”, scrivono

i consiglieri Rino Bel-lavia, Angelo Failla,

Gianluca Bruz-zaniti e Antonio Favata, Walter Do-

rato, Giovanni Magri’, Valeria Alaimo, Oscar Aiello, Calogero Adornetto, Oriana Mannella, Salvatore Petrantoni e Adriana Ricotta nell’in-terrogazione. Non si capisce perché individuare a Enna il Rup del progetto. Pur non di meno a metà ottobre 2014 il Commissario delegato emetteva il Decreto di validazione del proget-to del nuovo Rup, l’ingegnere Egidio Marchese. Poi con determinazione del responsabile del servizio n° 57/14 del 3.11.2014, considerata l’urgenza dei la-vori in questione, veniva disposta una procedura negoziata per l’affidamento. Il 14 novembre 2014 la Commissione di Gara aggiudicava provvisoriamente l’appalto alla ditta Urania Costruzioni s.r.l. con sede in Messina e il 17 novem-bre 2014 il Rup provvedeva ad effettua-re l’aggiudicazione definitiva. Sono pas-

sati più di quattro mesi e non sono stati consegnati i la-vori. Un lasso di tempo in cui è infine accaduto ciò che si doveva evitare con gli stessi lavori, ovvero che la collina

franasse, minacciando tra l’altro le abi-tazioni di via Colonnello Eber in parte ancora sgomberate. Adesso, entro po-chi giorni o comunque poche settima-ne, la consegna sarà effettuata in modo parziale, come conferma l’ingegnere Marchese. Il problema, infatti, sono stati alcuni espropri. Alcuni terreni che non erano ancora disponibili per la consegna del cantiere. Si poteva ef-fettuare una consegna parziale, alla luce dell’urgenza. Una strada percorribile, che alla fine è stata intrapresa.

Marzowww.ilfattonisseno.it2

Direzione EditorialeMichele Spena

Direttore responsabileMarco Benanti

Collaborazioni:Ivana BaiuncoLiliana Blanco

EticoFiorella Falci

Filippo FalconeAnnalisa GiuntaFranco Infurna

Lello LombardoSalvatore Mingoia Donatello Polizzi

Cardinale RichelieuAlberto SardoGiuseppe Taibi

Giovanbattista TonaRosario Neil Vizzini

Disegno grafico eImpaginazioneAntonio Talluto

DistribuzioneGiuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6

Caltanissetta

[email protected]/Fax: 0934 - 594864

pubblicità: 389/7876789

[email protected]

di Alberto Sardo

La burocrazia ha bloccato e rallentato molti progetti di intervento approvati da vari Enti comunali e regionali

La vicenda è oggetto di un’interrogazione urgente di numerosi consiglieri comunali.Ciò non sana anni di disinteresse ed incuria

Collina Sant’AnnaFatti & Territorio

dalla somma urgenza all’emergenza

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAAVVISO DI VENDITA N. 34/2010 R. G. E.

Lotto unico - Comune di San Cataldo (CL), Contrada Torre. Fabbricato con corte su 2 elevazioni f.t. e p. seminterrato insistente su appezza-mento di terreno di mq. 3.015 oltre terreno adiacente di mq. 790 sul quale insistono 6 alberi di ulivo e fabbricato diruto. Prezzo base: Euro 114.282,00 in caso di gara aumento minimo Euro 6.000,00. Vendita sen-za incanto: 05/05/2015 ore 10.00, innanzi al professionista delegato Not. Gaspare Mazzara presso lo studio in San Cataldo, P.zza della Repubbli-ca, 7. Deposito offerte entro le ore 12 del 04/05/2015 presso lo studio del delegato. In caso di mancanza di offerte vendita con incanto: 12/05/2015 ore 10.00 allo stesso prezzo base e medesimo aumento. Deposito do-mande entro l’11/05/2015 ore 12. Maggiori info presso il delegato non-ché custode giudiziario, tel. 0934571264 ogni lun. - mar. e gio. h. 16.30 - 19.30 e su e www.astegiudiziarie.it. (A271427).

AVVISI LEGALI

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAAVVISO DI VENDITA Fall. 19/2012 R. F.

Lotto unico - Comune di San Cataldo (CL) Via Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Immobili composti da: a) Appartamento al p. 5º di vani 6,5. b) Autorimessa al p. terra di mq. 16. c) Locale condominiale al p. terra di mq. 34. Prezzo base: Euro 96.978,00 in caso di gara aumento minimo Euro 5.000,00. Vendita senza incanto: 06/05/2015 ore 16.30, innanzi al Curatore Dott. Paolo Buono presso lo studio in Caltanissetta, Via Kennedy, 46, p. 2º. Deposito offerte entro le ore 12 del 05/05/2015 presso lo studio del Curatore. In caso di mancanza di offerte vendita con incanto: 08/05/2015 ore 10.30 allo stesso prezzo base e medesimo aumento. Deposito domande entro le ore 12 del 07/05/2015. Maggiori info presso il Curatore tel. 093421469 dal lun. al ven. ore 16 - 18 e su e www.astegiudiziarie.it. (A274121).

Page 3: Il Fatto Nisseno - marzo 2015

“Non c’è più religione, nean-che in televisione», canta-va Vasco Rossi in “Cosa

succede in città” già nel 1985. Succede, almeno a Caltanissetta, che invitato dal Vescovo Monsignor Mario Russotto è arrivato nientemeno che il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento – il Vescovo degli immi-grati, lo chiamano – a dire che «negli ultimi 30 anni abbiamo assistito a una drammatica inversione di valori. Con la globalizzazione aumenta la ricchez-

za ma anche la povertà. Questo per-ché industria e finanza non riescono a garantire uno sviluppo equilibrato poiché il mercato mette al centro il denaro, il profitto, l’uomo tecnologico, senza alcun riferimento alla religiosità dell’uomo. La globalizzazione per avere successo deve invece porre al centro la dignità umana”.L’incontro che ha visto la partecipa-zione di Montenegro, inserito nell’am-bito del Corso biennale di formazione all’impegno socio-politico promosso dalla Consulta delle Aggregazioni lai-cali della Diocesi di Caltanissetta, pre-vedeva anche un altro ospite: Sergio Mattarella. «Avevamo fatto due invitati – ha rivelato il Vescovo di Caltanisset-ta – uno non è potuto venire e l’altro eccolo qua: Don Franco Montenegro. Comunque abbiamo portato fortuna a entrambi, perché il primo è stato eletto

Presidente della Repubblica e il secon-do è stato creato Cardinale». «Il giudizio della Chiesa sulla globa-lizzazione si è fatto via via sempre più severo. E oggi siamo all’idolatria della globalizzazione, che come tale preten-de i suoi sacrifici umani. Dopo questo c’è solo il far west e la legge del più for-te. Questa epoca che stiamo vivendo riguarda il destino dell’umanità. Per invertire la rotta e appianare le disegua-glianze è necessaria la globalizzazione della solidarietà. “Il denaro deve servire

ma non governare”, ha detto Papa Fran-cesco».E non solo parla il nuovo linguaggio evangelico introdotto da Papa France-sco ma Montenegro ci aggiunge parec-chio del suo, con riflessioni di grande effetto: «Nessuno è così povero da non poter dare niente, nessuno è così ricco da non poter ricevere nulla. Solidarietà è rispetto delle differenze per costruire una società più giusta e appianare le di-seguaglianze».Ed ecco l’equazione della solidarietà secondo l’Arcivescovo di Agrigento: «Come si calcola l’area di un triangolo? Base per l’altezza e il prodotto diviso due. Noi siamo la base, mentre l’altezza sono i pochi potenti che governano i destini del mondo. Così dovrebbe fun-zionare se la solidarietà fosse globaliz-zata. Ma se questo non avviene, invece di dare la colpa all’altezza dobbiamo

essere noi a cambiare stile di vita, nella convinzione che la sobrietà di ciascuno influisce sul bene comune portando legalità e trasparenza. “Siate il cambia-mento che volete vedere nel mondo”, diceva Ghandi».«Solidarietà non è compassione, non è dare cose, ma è responsabilità, tempo dedicato, partecipazione, prossimità, vicinanza, ascolto, produttività intesa come capacità di dare. Non è carità ser-vire i poveri ma sedersi alla stessa tavo-la e mangiare con loro. L’amore vero è

quello senza guanti, quello che si spor-ca le mani. Infettiamoci, perché l’amo-re è la malattia più infettiva che esista».Secondo Montenegro è bene inizia-re dalla base, dalle nostre parrocchie «che sono diventate dei club per buo-ni, dei comodi rifugi, dei nascondigli. È più facile mettere allo stesso tavolo e d’accordo persone di estrazioni com-pletamente diverse che le associazioni che fanno capo alla stessa parrocchia. Il nostro guaio è che Dio, attraverso Cristo ci ha lasciato il Vangelo. Sareb-be stato molto più comodo se ci avesse lasciato un galateo. Invece abbiamo il dovere di testimoniare».Sull’immigrazione Montenegro è stato molto chiaro, con qualche pun-zecchiatura alla politica, al suo deci-sionismo lasciato a singoli e all’inde-cisionismo: «Sono stato a Bruxelles a parlare di immigrazione, ma non

ho incontrato l’uomo, si parlava solo di denaro. E mi è stato detto che per risolvere il problema bisogna mettere d’accordo tutti i paesi aderenti all’U-nione e che quindi è impossibile. Ma l’immigrazione non è un male, ca-somai è il sintomo di un male, delle ingiustizie che ci sono nel mondo. Quando incontro un immigrato mi fa venire paura di me, del mio egoismo, prima che di lui. Gli immigrati non sono tutti terroristi come non erano tutti mafiosi i nostri emigranti».Eminenza, con questa rubrica, con

questo blog, spesso mi sono occupato di solidarietà e ho registrato l’esistenza di una sorta di ‘partito della solidarietà’, lei ha avuto la stessa percezione?«Non parlerei di partito, perché dà l’i-dea di qualcosa di chiuso, circoscritto, dà l’idea di una contrapposizione. Par-lei invece di uomini che si comportano da uomini».La mia impressione personale è che quest’uomo studia da Papa perché parla la lingua del Papa «chiamato dalla fine del mondo» aggiungendoci parecchio di suo.

Marzo www.ilfattonisseno.it 3

L’Arcivescovo di Agrigento, Cardinale Francesco Montenegro, segue la rotta tracciata da Papa Francesco

L’equazionedella Solidarietà

di Rosario Neil Vizzini

A destra il Cardinale Mons. Francesco Montenegro Arcivescovo di Agrigento con il Vescovo di Caltanissetta Mons. Mario Russotto durante l’incontro svoltosi al Museo Diocesano

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www.ilfattonisseno.it4 Marzo

Già agli inizi della prima legi-slatura della neonata Repub-blica italiana, nel 1948, si co-

minciò a parlare di quella mafia che il fascismo, prima di perdere la guerra con gli americani e i loro alleati, dice-va di avere sconfitto.E l’on. Giuseppe Berti chiedeva l’isti-tuzione di una Commissione parla-mentare d’inchiesta per l’ordine pub-blico in Sicilia, lamentandosi dei rapporti tra i mafiosi, i politici e i “ceti privilegiati”.Nella seconda legislatura altri depu-tati presentarono interpellanze che fecero discutere dei numerosi omici-di che si verificavano a Palermo sen-za che mai se ne identificassero gli autori. Di nuovo fu chiesta una com-missione e di nuovo si parlò di mafia anche nella terza legislatura ma in una prospettiva diversa: il senatore Gatto la definì “una piaga che non è regionale, ma nazionale, se è vero che non è concepibile attività e impunità della mafia senza Roma”.Nel 1961 si cominciò a discutere un disegno di legge di iniziativa del se-natore Parri che prevedeva l’istituzio-ne di una Commissione di inchiesta sul fenomeno della mafia; in molti si dissero contrari. Il senatore Zotta ebbe parole di fuoco e la definì “inu-tile, antigiuridica e inidonea allo sco-po”. Tanto più - disse qualcuno - che il fenomeno mafioso era in evidente diminuzione. E nessuno sembrava ricordarsi del fatto il che 18 gennaio di quello stesso anno nella borgata di Tommaso Natale nel corso di una fai-da mafiosa era stato ucciso persino un tredicenne, Paolino Riccobono, componente dell’omonima famiglia in guerra con i Cracolici.Dimenticare il passato, anche recen-te, non basta ad evitare di fare i conti con il futuro.Le mattanze continuarono e l’Assem-blea Regionale Siciliana votò all’una-nimità una mozione che chiedeva l’istituzione di una Commissione d’inchiesta.A questo punto a dicembre del 1962, con il parere favorevole del Governo, il Parlamento approvò la legge istitu-tiva di quella che da allora in poi sa-rebbe stata chiamata la Commissione antimafia.I suoi lavori ebbero inizio nel 1963, nel corso della quarta legislatura, dopo un’ulteriore grave episodio di violenza mafiosa: il 30 giugno a Cia-culli, borgo dominato dalla famiglia

di Michele Greco, detto il Papa, una Giulietta imbottita di tritolo scoppiò mentre 7 carabinieri, avvisati da una

telefonata anonima, la stavano con-trollando. E li uccise tutti.In fretta e in furia la Commissione antimafia avviò un lavoro minuzioso e alacre che già nel 1966 portò il suo Presidente dell’epoca, Donato Pafun-di, a definire l’archivio dei documenti raccolti “una polveriera”. Ma alla fine della legislatura le attese furono delu-se.Tutti aspettavano una relazione fina-le che facesse il punto sul fenomeno mafioso e in particolare sui rapporti tra le cosche, la politica e l’imprendi-toria. Un capitolo importante del la-voro della Commissione aveva ri-guardato il comune di Palermo, dove già nel 1963 la Regione Sicilia aveva dovuto disporre un’ispezione straor-dinaria per verificare le incredibili anomalie di quello scriteriato svilup-

po edilizio che sarebbe passato alla storia come il “sacco di Palermo”.L’incarico fu affidato ad uno scrupo-loso prefetto, Tommaso Bevivino, il quale nella sua relazione indicò ben 4205 licenze edilizie emesse in soli 4 anni, per lo più rilasciate - senza ri-spettare le procedure e senza nem-meno consultare l’ufficiale sanitario - a cinque costruttori per conto terzi, uno di questi fabbro, l’altro venditore di carbone, l’altro ancora ex carrettie-re e via così: in tutta evidenza dei pre-stanome.Anche la Commissione antimafia ac-quisì documenti e sentì testimoni, funzionari e autorità. Ma la questio-ne dell’edilizia a Palermo finì per are-

narsi e non fu possibile dare alla luce una rela-zione finale.A luglio del 1972, all’i-nizio della quinta legi-slatura, la Commissio-ne fu di nuovo costituita e alla presidenza andò il senatore Luigi Carraro.Tra i componenti fu in-dicato anche l’on. Gio-vanni Matta che veniva da Palermo e che per-tanto molto poteva sa-pere del fenomeno che la Commissione doveva investigare.Matta però era stato già ascoltato dal-la Commissione per via di quell’in-dagine sul comune di Palermo che poi sembrava essersi avviluppata su se stessa e che in molti volevano ri-

prendere. E Matta era stato ascoltato perché era stato assessore ai Lavori pubblici e all’urbanistica, al vertice quindi degli uffici che avevano se-gnato il record delle 4205 licenze edi-lizie ai costruttori fasulli.I parlamentari comunisti dall’opposi-zione sollevarono il problema, ma anche tra i democristiani, compagni di partito di Matta, serpeggiava un certo disagio. Qualcuno pose la questione sul pia-no formale. Chi è stato sentito dalla Commissione antimafia come testi-mone non ne può fare poi il compo-nente.Replicò qualcun altro che allora an-che dagli scranni dei comunisti biso-gnava fare dimettere un componen-te. Era appena entrato in Parlamento, eletto nelle liste del Pci (“quale indi-pendente”, così si diceva allora) Cesa-re Terranova, il giudice istruttore che aveva per primo individuato nei suoi provvedimenti i nuovi assetti della mafia dei corleonesi e i legami delle cosche con la pubblica amministra-zione. Anche Terranova era stato sentito dalla Commissione antimafia

sulle sue indagini nella precedente legislatura e quindi se doveva dimet-tersi Matta, doveva dimettersi pure Terranova.Non erano i tempi di oggi, quindi non furono in molti a convincersi che la posizione di un assessore di un comune oggetto di indagine, chiama-

to a riferire sul funzionamento dei propri uffici, potesse considerarsi uguale a quella di un magistrato che indaga sulla mafia, chiamato a riferi-re sui risultati del proprio lavoro.Ma Matta continuò a resistere e si disse indisponibile a lasciare la Com-missione. Ne andava della sua onora-bilità. Pretendeva che semmai fosse nominata un ‘altra commissione d’inchiesta che avrebbe dovuto inda-gare in posizione di terzietà sul suo operato.Se dall’esito di questa indagine fosse venuto fuori qualche concreto adde-bito contro di lui allora si sarebbe davvero dimesso. Frattanto promet-teva a tutti che per correttezza non avrebbe partecipato ai lavori della Commissione antimafia.Con il linguaggio di oggi, Matta avrebbe potuto dire che si era “auto-sospeso”.Ma ai tempi di allora non lo disse. E non lo poté nemmeno fare.Dinanzi alle tensioni tra chi voleva Matta fuori dalla Commissione e chi lo voleva dentro e dinanzi alle resi-stenze dell’interessato, i gruppi parla-mentari compresero che non poteva-no perdere la faccia tutti quanti per la poltrona di uno solo di loro e i com-ponenti della Commissione si dimi-sero in massa, facendola decadere. E facendo decadere anche Matta.La Commissione fu subito ricostitui-ta nel febbraio 1973, senza Matta ma con Terranova.Non si discusse più dell’incompatibi-lità di Terranova che svolse alacre-mente il suo lavoro e contribuì alla storica relazione di minoranza che firmò insieme a Pio La Torre e che ricostruiva la compenetrazione tra mafia e potere politico nella società dell’epoca.Tornato a Palermo a fare il giudice il 25 settembre 1979 Terranova fu ucci-so insieme alla sua guardia del corpo il maresciallo Lenin Mancuso.Qualcuno aveva detto che, dopo ave-re fatto il deputato in Parlamento e il componente della Commissione an-timafia, poteva non essere opportu-no che Terranova facesse il consiglie-re istruttore a Palermo.Ai tempi d’oggi su questa questione chissà quanto staremmo a dibattere.Ai tempi di allora una calibro 38 e una mitraglietta spensero subito il dibattito e fecero concentrare tutti su quali potessero essere le iniziative più efficaci per contrastare la mafia.

Fatti contro la mafiaper non dimenticare

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Cul

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di Giovanbattista Tona

Affari e politica, i temi sempre difficili per la Commissione antimafia

I primi complicati passidella più notaCommissionedi inchiestadel Parlamentoitaliano

Sopra, l’Onorevole Giovanni Matta A destra, il giudice istruttore Cesare Terranova

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Marzo www.ilfattonisseno.it 5

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www.ilfattonisseno.it6 Marzo

“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nasco-no i fiori…” cantava così

Fabrizio De Andrè in “via del Cam-po”, regalandoci una metafora delle periferie esistenziali che è rimasta famosa e ricorrente, anche per conso-lare gli “ultimi” della vita che qualcosa di buono anche da loro può venire.Cento anni fa, nella Caltanissetta “lontana e sola” in un secolo che ne avrebbe visto il declino, nasceva Ro-sario Assunto (1915/1994), il filosofo dell’estetica del giardino, iniziatore in Italia dell’estetica del paesaggio, raffi-natissimo e colto pensatore, docente di Estetica e di Filosofia nelle uni-

versità di Roma e di Urbino, autore di decine di libri preziosi dai titoli particolarmente evocativi: Forma e destino (1957), La critica d’arte nel pensiero medioevale (1961), Este-tica dell’identità (1962), L’estetica di Kant (1971), Il paesaggio e l’esteti-ca (1973), L’antichità come futuro (1973), Filosofia del giardino (1981), Ontologia e teleologia del giardino (1990), Giardini e rimpatrio (1991), Bellezza come assoluto (1992) tra i più importanti.La bellezza, l’arte e il giardino come archetipo di civiltà sono stati i temi al centro della sua elaborazione filosofica di pensatore controcor-rente, protagonista di un anti-’68 nelle università in cui insegnava, contrastando con soave determina-zione il voto politico, l’insegnamen-to assembleare, gli esami collettivi, guadagnandosi il rispetto di molti

leader del Movimento Studentesco che non ne contestarono le decisioni, apprezzandone la coerenza con una visione aristocratica di qualità ma non socialmente selettiva degli studi universitari. E con lui come con po-chi altri docenti quegli studenti pote-vano dialogare sulla letteratura della beat generation, Kerouac e gli altri poeti della contro-cultura.Appassionato, nella sua mitezza, cul-tore delle contraddizioni, sereno e curioso nel misurarsi con le differen-ze che contrastavano con il suo pen-siero, come nella lunga amicizia con Giulio Carlo Argan, storico dell’arte e sindaco di Roma, molto distante

dalle sue idee politiche ma interlocu-tore costante e ricercato.Nel salotto romano di Elena Croce, (che nel 1956 avrebbe fondato, con altri intellettuali, Italia Nostra), i temi della cultura e della natura tro-vavano spazi inediti di confronto, in anni in cui era l’economia del “mi-racolo economico” a monopolizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei maitre à penser, mentre partiva l’attacco speculativo al territorio ita-liano, urbano, costiero e rurale.L’uomo in rapporto con la natura nella creazione di un equilibrio ma-gico e possibile tra due soggetti, con sapienza ma senza prevaricazioni: antesignano in questo del pensie-ro ambientalista, Rosario Assunto; mentre l’estetica italiana metteva in-vece al centro degli studi la semioti-ca, le sue opere sulle “forme”, sia arti-stiche che concettuali, sul linguaggio

visuale, venivano tradotte e studiate all’estero con grande successo.La sua idea dell’estetica del paesaggio come chiave interpretativa di questo equilibrio umanità/natura lo avreb-be portato a prendere posizione, in tempi non sospetti, su alcune gran-di questioni di tutela dell’ambiente: contro il ponte sullo stretto di Messi-na, per esempio, quando tutta la clas-se dirigente regionale ne faceva un totem della modernizzazione e dello sviluppo, proprio nella sua Sicilia.Il paesaggio nel suo pensiero era sta-to definito “spazio limitato ma aper-to, presenza, e non rappresentazione, dell’infinito nel finito”; così come il

giardino, spazio progettato dall’uo-mo, a somiglianza del primo spazio in cui l’uomo e la donna sono nati, il Gan, il Giardino dell’Eden, progetta-to e scelto dal Creatore per loro.“Siciliano di antica educazione e uomo di animo mitemente gentile”, lo aveva definito Antonio Debene-detti sul Corriere della Sera nel gior-no della sua scomparsa: l’educazione “di chi per carattere, per formazione, per cultura rifugge da ogni aggres-sivita’ e da ogni invadenza. Schivo ma non per impulso di misantropia, poteva e sapeva dimostrare grande cordialita’ e il suo calore, la sua co-municativa affabile nascevano dalla freschezza, trovavano nutrimento nella varieta’ dei suoi interessi.”Con quell’autenticità silenziosa e riflessiva aveva elaborato il senso della contemplazione della bellezza che l’uomo riesce a rappresentare

nel giardino, il kepos della classicità, andando controcorrente negli anni della filosofia dell’azione e poi della cul-tura del “fare”. Bellezza capace di fare riconqui-stare all’uomo tecnologico della società globalizza-ta la sua umanità di essere pensante liberato dalla si-gnoria dell’utile e del produttivo.L’anticonformismo delle idee impopo-lari e la coerenza di sostenerle anche nell’isolamento han-no caratterizzato la sua vicenda di intellettuale in controtendenza, che ha portato sul piano della teoria filosofica un’emergenza dell’an-tropologia contempora-nea come il rapporto tra l’uomo e la natura, andando oltre lo scientismo e il neo-idealismo in cui si era formato e proponendo un approccio di spiritualismo esisten-zialista ancora inedito nei suoi anni, spiazzante, interrogativo. Fino a teorizzare il diritto alla bellez-za per tutti gli esseri umani, oltre la loro collocazione sociale, patrimonio di tutti da contemplare, senza con-sumarla. Sottraendola al suo essere lusso per l’ “otium” delle classi privi-legiate.Un uomo di provincia, venuto dalla periferia dell’Italia, dalla piccola Cal-tanissetta vissuta fino agli anni del Liceo, (il Classico “Ruggero Settimo” in cui si era diplomato brillantemen-te), è riuscito a porre al centro della riflessione della cultura italiana un tema profetico, anacronisticamen-te anticipato (come tutti i profeti di nuove idee). E’ riuscito a farsi ascoltare in tutta Europa, con la sua sobrietà senza clamori, nemica delle spettacola-rizzazioni quanto appassionata nei confronti dialettici, con la sua ela-borazione che aveva come orizzon-te l’intero pianeta, violentato dallo sfruttamento delle risorse ambientali e deturpato dalla sostituzione della bellezza con la speculazione. Pianeta che lui voleva tornasse ad essere lo spazio umanistico in cui l’uomo fa emergere la bellezza dalla natura.Quella “bellezza che salverà il mon-do” che dall’epoca della rivoluzione industriale la sensibilità dei poeti e dei teologi non si è stancata ancora di cercare.

Rosario Assuntoil filosofo del “giardino” e del diritto alla bellezza

di Fiorella FalciCento anni fa nascevaStoria & Cultura

L’ideale del Paradiso Terrestre, quale modello di un paesaggio in cui gli interventi dell’uomo non siano interventi-per-la-pro-duzione, interventi utilitari, ma siano interventi-per-la-contem-plazione, interventi estetico-me-tafisici, è l’ideale di una completa coincidenza di paesaggio e giar-dino: tutto il paesaggio come un giardino. (…) Al polo opposto di questo ideale, sta, come sap-piamo, la prospettiva di una ter-ra interamente sottratta così al paesaggio come al giardino, una terra dalla quale l’urbanizzazio-ne totale abbia fatto scomparire ogni residuo di paesaggio. (…)Una terra senza paesaggio, per-ché interamente urbanizzata ed industrializzata, è anche (non ci dovrebbe esser bisogno di dirlo) una terra senza giardini, giacché l’urbanizzazione totale, la totale industrializzazione non soppor-tano la destinazione di più o meno ampie porzioni del suo-lo, sia esso pubblico o privato, alla modellazione della natura come materia d’arte – e cioè a quel non produttivo, e perciò antieconomico, autofinalizzarsi dell’apparenza come oggetto di contemplazione avente valore in se stesso e per se stesso, che è la meta cui aspira chiunque fac-cia arte. (…) Nella città dell’uo-mo, quando questi abbia iden-tificata la propria essenza con la fabbrilità, e si sia ridotto alla

Il paesaggio come opera d’arte e il mondo senz’arte

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esclusiva statura del proprio essere faber, non si può fare posto ai giardini, questi luoghi nei quali il fare è fine a se stes-so, e non serve.Visto però che di aria ed erba ed acque e piante e fiori anche l’homo faber, per continua-re a produrre con efficienza, in buona salute e senza fru-strazioni, continua ad avere bisogno, come del cibo, del sonno, della bevanda, nella città dell’uomo-produttore-assoluto, homo faber, il posto che all’interno della città sto-rica pre-tecnologica era dei giardini, e tutt’intorno ad essa era del paesaggio, viene pre-so, come abbiamo visto, dagli spazi verdi. Ed è un concetto, questo, di spazi verdi, aree verdi, zone verdi di cui è ve-nuto il momento di inoltrare la confutazione a suo tempo abbozzata, registrando in esso la proposta di surrogare il pa-esaggio (natura come arte) ed il giardino (arte come natura), con uno strumento utilitario, indifferente al giudizio esteti-co (…).Giardino e paesaggio, infatti, sono i due poli, ormai lo sap-piamo, di una relazione parite-tica e amorosa dell’uomo con la natura, e quindi, essendo l’uomo ragione e natura insie-me, di quell’armonia interiore dell’uomo con se stesso e in se stesso (…). Nelle zone verdi, invece, negli spazi verdi, nelle aree verdi (che già nella loro definizione tradiscono uno scadimento della natura e dei suoi colori, delle sue forme, al di qua di quella che abbiamo a suo tempo definita la meta-spazialità del paesaggio, il suo essere più che spazio soltanto: una immagine della tempo-ralità assoluta) il problema di una esteticità in sé autofinaliz-zata, non si pone più di quan-to non si ponga, di solito, nella progettazione delle raffinerie o delle trafilerie, o delle fonde-rie, degli stabilimenti chimici: accanto ai quali, a distanza più o meno scrupolosamente cal-colata, gli spazi verdi sono im-piantati (quando ci sono) con funzioni subalterne rispetto alla produttività. La produttività, infatti, è per il mondo moderno, un surro-gato di religione, del quale gli impianti industriali sarebbero i templi e le cattedrali. E la fun-zione delle aree verdi è quella di promuovere l’efficienza degli uomini-produttori, e quindi di assicurare la continuità e il buon livello della produzione. Una funzione, in definitiva, questa delle aree verdi, che sta alla realtà del paesaggio e del giardino, come all’unione amorosa verace sta l’accoppia-mento dei vecchi con le fan-ciulle pneumatiche (…): nella sua fuga in avanti rispetto alla natura, in quella fuga in avanti (verso il nulla della vita?) che è nei programmi dell’urbanizza-zione totale, della industrializ-zazione totale; e che si traduce, in realtà, in una degradazione dell’uomo, sua riduzione ad un livello meccanico, di qua della natura, e non, come si crede, oltre la natura.

tratto da: ROSARIO ASSUNTO, Il Paesaggio e l’Estetica, Palermo 1994.

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“Dobbiamo aprire ai cittadi-ni le porte del palazzo di Giustizia”. E’ perentoria

l’affermazione di Fernando Asaro, Sostituto Procuratore Generale pres-so la Corte d’Appello di Caltanissetta e presidente della sezione distrettua-le dell’Associazione Nazionale Magi-strati. Nel frattempo prende il sigaro, si avvicina ed apre la finestra del suo studio, un’involontaria ma significa-tiva tendenza “all’apertura” che inter-pretiamo come favorevole auspicio, timoroso che l’odore acre del manu-fatto in tabacco possa infastidirci.Avrebbe dovuto essere un’intervista sull’attività associativa della magi-stratura e sulle attività che pone in essere, ma ci immergiamo in una piacevole discussione che tratta del tema giustizia e giudici con un re-spiro ampio e coinvolgente. Asaro è un passionale, riversa il suo caratte-re nelle parole.“Noi siamo al servizio della collet-tività, siamo una risorsa per la col-lettività. Noi ci siamo impegnati, e continueremo a farlo, ad aprire il palazzo di Giustizia, a renderlo una componente aperta alla cittadinan-za, da utilizzare dalla comunità per temi legati alla legalità, come luogo di risorsa culturale, che possa essere un volano della e per l’attività cultu-rale com’è stato per i “Dialoghi della magistratura con la società”. Vedere il Palazzo pieno di cittadini dopo le 20 è stato un’emozione”.Non cavalca l’infido destriero dell’autocelebrazione. Non esita a fare autocritica. “In passato siamo stati percepiti come una categoria au-torevole ma distaccata. Una visione sacerdotale, una casta. Noi dobbia-mo far valere la nostra autorevolezza non come casta ma come ruolo, fun-

zione che ci conferisce la costituzione. Siamo consapevoli dei nostri errori, in Italia ci sono circa novemila ma-gistrati, sicuramente non mancano le ‘pecche’. Nel mio ruolo professiona-le ricordo il processo a carico dell’ex giudice di Termini Imerese, Luigi Urso condannato ad un anno e set-te mesi per associazione a delinquere dai giudici della corte d’ Appello di Caltanissetta”.Vira, non apre parentesi, s’immerge nella sua esperienza e quindi pesca a pieni mani dai suoi ricordi. “Quan-do con Anm svolgiamo le commemo-razioni, non ci limitiamo semplice-mente a ricordare chi non c’è più, ma vogliamo che siano loro a parlarci, tramite i loro scritti, del lavoro, dell’a-more per la società, della vita. Falco-ne, Borsellino, Livatino, Costa, Chin-nici, Saetta, continuano a parlarci. Abbiamo fatto leggere ai ragazzi dei licei i pensieri di questi uomini, ab-biamo visto giovani commossi e par-tecipi. Ecco il significato che vogliamo conferire alle commemorazioni”. Gli scritti spesso svelano e regalano un’attualità che potrebbe apparire sconvolgente. I magistrati in poli-tica, tema scottante sul quale il 17 dicembre 2014 venne emesso un comunicato congiunto dalle sezioni distrettuali siciliane di Anm, nel qua-le si legge anche: ”Necessario avviare un confronto ed una seria riflessione sul tema della partecipazione dei ma-gistrati alla politica attiva; permane una preoccupante disattenzione del legislatore sul tema che ha assunto rinnovata attualità e che ha rilevan-za fondamentale per il prestigio della politica e della giustizia”.Ecco cosa scrisse in proposito Ro-sario Livatino, Asaro ci porge un libro: “Sarebbe quindi sommamente

opportuno che i giudici rinunciassero a partecipare alle competizioni elet-torali in veste di candidato o, qualora ritengano che il seggio in Parlamento superi di molto in prestigio, potere ed importanza l’ufficio del giudice, effettuassero un’irrevocabile scelta, bruciandosi tutti i vascelli alle spalle, con le dimissioni definitive dall’ordine giudiziario”.Finiamo di leggere e il presidente di Anm aggiunge “che senso ha ricorda-re Livatino se poi dimentichiamo ciò che ci dice”. Il nostro taccuino si ri-empie di note, asterischi, numeri che rimandano a passaggi precedenti, Asaro spazia senza però mai abban-donare la strada maestra, la passione per il lavoro e il ruolo di Anm.Antimafia, argomento di scottan-te attualità. “Oggi siamo tutti bravi a salire sul carro dell’Antimafia in qualsiasi ambito e categoria, compre-sa la nostra. Quasi, quasi, sbaglia chi non parla di Antimafia. Abbiamo di-menticato quando non esisteva il 416 bis, quando non esistevano i collabo-ratori di giustizia ed invece dobbia-mo ricordare per dire noi siamo con-tro quell’apatia, contro quel silenzio, contro quel modo passivo di vivere anche la funzione di magistrato”. Bisogna tornare indietro ripercorrere la storia a ritroso, ritrovare il senso, le motivazioni, la passione. “Mi sono formato in quegli anni, conclusi la scuola nel 1983. Ero un ragazzino di Palermo di buona famiglia. Vivevo la mattanza quasi quotidiana di magi-strati, politici, appartenenti alle forze dell’ordine, cittadini. Il 30 aprile 1982 l’assassinio di Pio La Torre, il 2 set-tembre dello stesso anno fu trucidato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e poi, dopo appena dieci giorni il par-lamento approvò il 416 bis (Associa-

zione di tipo mafioso) che oggi è pane quotidiano. Dobbiamo uscire dalla lo-gica delle leggi e scelte emergenziali”. Caltanissetta, le esigenze del terri-torio che talvolta si congiungono a quello della magistratura, leggasi la “salvezza” della Corte d’Appel-lo. “Con Anm e il prezioso supporto dell’avvocatura il primo agosto 2014 abbiamo emanato il comunicato congiunto per salvare la Corte d’Ap-pello, siamo stati i primi in Sicilia. Poi è giunto il comunicato congiunto

di tutte le Anm Sicilia del 29 novem-bre 2014 promosso da noi. La chiu-sura sarebbe motivata dalla spen-ding review, nei due anni successivi quanto lo Stato avrà eventualmente risparmiato; non ci sono state for-nite le cifre che avevamo chiesto su questo paventato risparmio”. Cita il Fondo Unico Giustizia: “Vi con-fluiscono i soldi, titoli e cash, seque-strati o definitivamente confiscati: un fondo di oltre due miliardi di euro. Oltre 12mila immobili in tutta Ita-lia. Si potrebbe ad esempio decidere un quarto di questa cifra (500 mln) al ministero della Giustizia, invece riceviamo solo 100 milioni. S consi-deri che oltre il 40% di questo fondo proviene da misure dei magistrati si-ciliani. E poi ad esempio qui i locali del giudice di pace li prendiamo in

affitto….”.Non solo autocritica ed attività, ma anche un modo nuovo di comuni-care e di far intendere cosa sia re-almente e che ruolo fondamentale svolga nello stato democratico, la magistratura. “Noi siamo un pezzo delle istituzioni. In Europa siamo considerati all’avanguardia per le no-stre norme. Il Csm, unico in Europa, garantisce, tenta di farlo, autonomia e imparzialità. La nostra magistra-tura cerca di salvaguardare questi

principi. La Commissione europea per l’efficienza per la giustizia, ci col-loca al primo posto nel penale ed al secondo nel civile. Deputati o presi-denti del Consiglio che denigrano la magistratura, denigrano se stessi. Noi non siamo così male come vorrebbe-ro farci apparire ecco perché voglia-mo aprire il palazzo di Giustizia, la magistratura non è il cancro della democrazia, ma è la democrazia. Le critiche della gente alla magistratu-ra vanno valutate, affrontate, anche questo vuol dire aprire alla gente. I cittadini devono avere fiducia nella magistratura. Non serve l’ap-plauso, non cerchiamo consenso ma fiducia”. Alzo lo sguardo la finestra è ancora aperta: “l’aria” è cambiata al Palazzo di Giustizia.

Le priorità: la battaglia per il mantenimento della Corte d’Appello di Caltanissetta, la forte presa di posizione sui magistrati in politica e rendere le commemorazioni spunto positivo

al Palazzo di Giustizia“Porte aperte” di Donatello Polizzi

Fatti & istituzioni L’intervista

Fernando Asaro, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta e presidente della Sezione distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati

L’ANM di Caltanissetta coinvolge la cittadinanza: lo stabile di via Libertà risorsa e volano di attività culturali

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Accade durante la parabola politica di un sindaco ad un certo punto come per

incantamento che il primo cittadi-no si stacca da terra e comincia a librarsi nell’aere. È accaduto al sin-daco Salvatore Messana, a Michele Campisi ed anzitempo sta succe-dendo a Giovanni Ruvolo. Solita-mente questa assunzione in cielo avviene a metà del mandato quan-do il potere è consolidato ed anche una certa autorevolezza, se non altro dettata dal ruolo, comincia a prendere realmente corpo. La me-tafora vuole significare che, quando si comincia a pensare di avere “l’im-primatur “ divino, di non sbagliare mai, che sentire è meglio che ascol-tare ; prima o poi si va a sbattere. Perchè dal cielo si cade a terra e più in alto si è arrivati con l’autostima e più precipitosamente si fa una vo-lata verso il basso fino al doloroso impatto con il suolo. Accade che, lo stuolo di “ lecchini e ruffiani del re”, di solito questa situazione di beati-tudine del primo cittadino invece di riportarla alla realtà la alimenta-no, con i famosi rinforzi, in psico-logia si chiamano così, attestati di compiacimento e incoraggiamento eccessivo che dannosamente ac-crescono l’ego, che già soltanto per essere sindaco a volte è smisurato. Nessuno mai oserebbe dire: guarda-ti attorno, vedi quanta insoddisfa-zione, e neanche un anno è passato dall’elezione, mettiti in discussione,

rifletti su ciò che gli altri ti dicono, i tuoi avversari soprattutto, e magari correggi il tiro. Durante la campagna elettorale in molti hanno creduto al sogno di città, un sogno che nelle parole si concretizzava, a quei sorrisi puliti e smarriti della squadra di neofiti che si sarebbero messi a vangare la terra amministrativa per piantare semi che sarebbero diventati germogli. Forse piacevano tanto agli ingenui ed ai sognatori.Quei sorrisi adesso sono diventati ghigni, a tratti espres-sioni altere supponenti, in alcuni addirittura saccenti. L’ondata di ci-vismo che ha travolto le anguste au-stere stanze di palazzo del Carmine avrebbe dovuto cambiare anche l’o-dore dell’aria di un Comune troppo burocratizzato in mano agli alti ver-tici dirigenziali. La politica non la si sarebbe più dovuta rimpiangere, invece in meno di un anno si cerca, si anela, ad un ragionamento poli-tico che abbia dietro non solo un progetto ma la concretezza di po-terlo realizzare senza dichiarazioni su dichiarazioni, senza errori gros-solani di forma e di sostanza.Pro-messe smentite dal tempo, i lavori della Grande Piazza sono l’esempio più eclatante. Risposte inoppor-tune e scomposte a 21 consiglieri che chiedono per diritto e vedono scritto nero su bianco il loro risul-tato elettorale sezione per sezione, documenti che escono dalle stanze preposte per essere pubblicati sui

social prima che venvano istituzionaliz-zati e conse-gnati ai legitti-mi interessati. Il civismo non è amministrare alla “ volemose bene”, è condi-visione con tutti amici e nemici, maggioranza e opposi-zione. In altro caso quella si chiama politica, e bisogna anche saperla fare. Chiedere scusa e sorridere è un atto di forza e non di debolezza. A volte bisogna saper leggere non solo i libri, ma anche la gente ed i segni che ciascuno porta addosso. L’istituzione in quanto tale non do-vrebbe mai personalizzare. Se tutti, ma proprio tutti, comprendessero che si è di passaggio su questa ter-ra, come nei corridoi di palazzo del Carmine e ciascuno lo ricordasse ogni volta che pensa che gli attac-chi sono personali,probabilmente numerosi incidenti di percorso che si sono susseguiti nel corso dei mesi sarebbero stati evitati. Se ci si convincesse che chiedere consiglio può essere utile a mi-gliorare le cose e che dinnanzi ad un problema ci sono più soluzioni possibili e non solo quella propria , si comprenderebbe come la media-zione ex ante eviterebbe le inutili riunioni conciliatrici ex post. Si po-trebbe impostare una dissertazione colta sulla differenza tra fare seria-

mente le cose e prendersi troppo

sul serio quando si rive-ste un ruolo. Un bel ba-

gno di umiltà sarebbe auspicabile, soprattutto quando si è neofiti e di questa verginità si è fatto vessillo e bandiera del cambiamento, un bel bagno di umiltà quando sino a qualche mese addietro quelli che adesso governano non conosceva-no neanche l’odore delle stanze del potere, il colore delle pareti, il nu-mero dei cassetti della scrivania del primo cittadino. Un bagno di umil-tà anche nei confronti della politica che per quanto vituperata ha per-messo al nuovo di avanzare, un pò di rispetto per chi ha voluto pren-dere il proprio potere elettorale e regalarlo facendo un salto nel buio. A proposito di politica; spesso rim-provero ad un mio amico segrata-rio di un partito di sottovalutare gli altri. Adesso questa considerazione si potrebbe estendere anche al go-verno della città. È finito il tempo in cui il popolo bue votava e subiva. Il mondo è cambiato, vengono su-bito scoperti i principi dell’inganno, i cittadini sono diventati pensanti e non è facile convicerli con discorsi demagogici, e la dimostrazione è

che l a società civile è entrata nel- l e stanze dei bot- toni. Ma quando si passa al di là del faro ci si mette poco tempo a dimenticare come si stava dall’al-tro lato. Il voto ormai èdiventato lo strumento fondamentale per giudicare, bocciare o promuovere. Abbiamo visto passare decine di aspiranti politci rampanti spariti nell’arco di una stagione ed outsid-er che sono arrivati molto in alto. Abbiamo visto tanto in questi anni ed ormai non ci stupiamo più di nulla. Però non ci stancheremo mai di scrivere e raccontare ciò di cui gli altri non si accorgono foss’anche per un solo lettore, l’ultimo, conti-nueremo a scrivere.

di Ivana BaiuncoOrnamenti

I finti sorrisi buonisti di palazzo del Carmine

I Fatti di EticoChi non ha peccato scagli la prima pietra

L’ Italia che impartisce lezioni di moralità è uguale a ogni latitu-dine; tutti sempre pronti a dare

lezioni, a dispensare giudizi e ad emet-tere sentenze. Anche noi nisseni sia-mo sempre pronti a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato, noi nisseni, italiani, non solo commissari tecnici, ora an-che chef esperti fra i fornelli, critici in servizio permanente, ma soprattut-to costantemente giudici degli altri.Scrittori, giornalisti, sindacalisti, po-litici di destra e di sinistra e demo-cristiani, magistrati, massaie, operai, preti, professionisti, commercianti, industriali, studenti, tutti, ma pro-prio tutti, hanno una loro verità ed emettono giudizi definitivi su quel-lo che vedono o che spesso voglio-no vedere. Tutti, ma proprio tutti, sono depositari di verità assolute,

di ricette magiche ma soprattutto si considerano candidi, puliti, one-sti e privi di ogni forma di peccato.Del resto se l’interpretazione stretta del Vangelo di Giovanni esclude che possa essere autentica la parabola in cui ha origine la frase “Chi non ha peccato scagli la prima pietra”, perché ne dobbiamo tenere conto? Ma evitata quindi la tempesta di pietre resta il problema della nostra coscienza. L’ipocrisia imperante, la falsità strisciante e la scaltrez-za cinica e sempre opportunista di ogni membro della nostra società l’hanno minata alle fondamenta.Se si parcheggia anche in terza fila, se si prega l’amico per farsi togliere una multa, se si cerca costantemente la raccomandazione, se ogni angolo di strada è pieno di cacca di cani, se

i bagni pubblici delle autostrade e de-gli aeroporti sono sempre sporchissi-mi, se si guarda con occhio languido perfino la donna del nostro migliore amico, se non si sa cosa sia la coda, se si butta la chewingum per strada, se non si rispetta la privacy di alcuno, se si alza la voce ovunque, se si parla al cellulare al ristorante, se si viola in costantemente il codice della strada, se si rinnegano i figli, se si tradisce con disinvoltura, se non ci si lava e si puzza, se si esclude il merito, se si isolano i più bisognosi, se, in un solo concetto, non si ha rispetto per gli altri e per se stessi, volete spiegarmi chi, in questa società ha il diritto di giudicare, criticare e condannare?Siamo noi quelli li, mica altri! E se siamo noi quelli li chi sono quelli che eleggono politici e amministra-

tori ? Non so altri e non sono di-versi da quello che noi siamo: sono semplicemente nostra espressione.Invece assistiamo continuamente a tronfi interventi, a requisitorie e sen-tenze che non ammettono replica. Non occorre guardare i mille talk show della tv, basta andare dal macel-laio, al bar o dal barbiere per apprez-zare il perfetto spaccato dell’italiano. Tutti in possesso di verità assolute e non certo ispirati da Einstein il quale affermava che è più importante co-noscere la strada che porta alla verità che non essa stessa. Qui sono sbaglia-te le premesse (non è stato richiesto a nessuno di giudicare), impresenta-bili i soggetti (sono tutti quelli delle malefatte quotidiane sopra elenca-te), nemmeno richiesto l’oggetto (di cosa parlano se non sanno nulla?).

Potremmo semplicemente indicare che il rispetto delle più elementa-ri regole della buona educazione, un piccolo sforzo teso alla lettu-ra di qualche libro, il tendere la mano ed esprimere un sorriso o un emozionante carezza a chi ci sta accanto e ai nostri cari, l’impe-gno ad essere discreti e riservati, lo slancio di manifestare un normale senso civico e il sacrosanto dirit-to di rivendicare i propri diritti ed espletare i proprio doveri, possano essere il viatico di un miglioramen-to della nostra civiltà. Non prima di aver guardato all’interno della nostra coscienza ed aver verifica-to che proprio puri non siamo e che sarebbe opportuno evitare di impartire lezioni di moralismo ed emettere sentenze non richieste.

e la tracotanza del potere

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Ripercorrendo la storia dei parlamentari nisseni degli ultimi trent’anni, viene subi-to in mente quella favola di

Fedro dal titolo “Graculus superbus et pavo” (ovvero “La cornacchia superba e il pavone”).La favola racconta di una cornacchia gonfia di inutile superbia che, rac-colte le piume cadute ad un pavone, si camuffa, intrufolandosi nella bella

comitiva, prendendo a disprezzare i suoi simili. Scoperta dai pavoni questi la scacciano a beccate. Malconcia, non le resta che tornare dai suoi simili, dai quali, giustamente, viene da quel mo-mento disprezzata.In effetti, tornando ai nostri “statisti” di provincia, erettisi a novelli falsi pa-voni, della loro presenza nelle patrie istituzioni - e soprattutto della loro rap-presentanza nel territorio - oltre a non lasciar traccia materiale, difficilmente ne lasceranno in quella della storia

locale (se non per le mensili prebende transitate nei loro conti bancari). Chis-sà, magari la moderna scienza riuscirà anche a dimostrare che non sono mai esisti; che sono stati solo frutto di im-maginazione.Ma, a parte le battute, questo nostro territorio ha nel passato anche saputo esprimere politici di elevato livello cul-turale e morale: si pensi a Napoleone Colajanni, Agostino Lo Piano, Rosario

Pasqualino Vassallo, Salvatore Aldisio, Giuseppe Alessi, Pompeo Calajanni, Guido Faletra, Emanuele Macaluso, che hanno saputo, in diverse fasi, rap-presentare al meglio questo nostro lembo di Sicilia, con autorevolezza e con ammirazione di compagni ed av-versari. Il loro impegno, nei diversi de-cenni, ha spaziato dall’anticorruzione di Napoleone Colajanni, all’antifasci-smo di Pompeo Colajanni, all’impegno per la ricostruzione nel secondo dopo-guerra di Salvatore Aldisio e Giuseppe

Alessi, sino alle battaglie a favore degli zolfatari e dei contadini di Guido Fale-tra, Emanuele Macaluso ed altri. Figure di politici, dunque, credibili, di presti-gio, di spessore, amati dai propri elet-torati; insomma di livello certamente superiore a quelli di oggi. Nella stagione della grande politica, so-prattutto quella del secondo dopoguer-ra, i gruppi parlamentari maggiori era-no strutturati a più livelli. Il primo era

quello costituito dai dirigenti di spicco, quelli con cariche nazionali, al secondo appartenevano quelli che svolgevano la loro azione nei territori. Ma, il loro ruo-lo non era affatto secondario rispetto ai primi, anzi forse era ancor più prezio-so; comunque di grande autorevolezza. Oggi i nostri parlamentari rappresen-tano solo un numero, un’indennità, non sono nemmeno gregari. A guardare le pagine del parlamentari-smo nisseno di quest’ultimo trentennio viene davvero lo sconforto. Basterebbe

fare una carrellata su quello che si la-sciano alle spalle: strade e collegamenti viari da regie trazzere di periodo bor-bonico (vedi il Vallone, lasciato nel medesimo stato disastrato di cui è da decenni, al di là dei ciclici convegni e passerelle politiche a cui nessuno crede più). C’è poi chi spazia, ad ampio rag-gio, tra l’assillo dei temi etico-religiosi sino alle questioni Tav, ma sulla sua presenza in parlamento e nel territorio nessuno si è mai accorto. Infine chi, in carica sino a poco tempo fa, oltre alla figura barbina sugli schermi televisivi nazionali, gli si contestano somme per “fini istituzionali” non sufficientemen-te giustificate (tra cui, finanche, cele-brazioni di messe).

Costoro, assieme a tutte le altre comparse che si sono affacciate a quelle cariche negli ultimi lustri - compreso chi oggi guida la Regione siciliana, con la sua “morale elasti-ca” (vedi le trivellazioni a mare, i bo-schi ceduti ai privati per centrali a biomasse, sino alle posizioni Mous) - ci consegnano, diciamocelo fran-camente, una terra dalle speranze di cambiamento sempre più labili, in un collasso quasi definitivo, dove c’è davvero ben poco da sperare e da cui aspettarsi. Mancano le risorse (si dice spesso: “poche e mal gestite”), ma mancano soprattutto le istitu-zioni e finanche i fondamenti psico-logici per condurre nuove battaglie: quelle di civiltà, di giustizia, di de-mocrazia, di sviluppo (alla Danilo Dolci per intenderci). E’ ormai tutto un caos. E’ tutto un magma indi-

stinto, dove è impossibile districarsi persino tra mafia e antimafia. La Si-cilia sembra ormai un motore fuso. Gli ultimi noiosi e ripetitivi dati sul-la disoccupazioni ci forniscono cifre da catastrofe sociale.E allora l’unica cosa utile che i nostri vari parlamentari potrebbero fare, per questa terra dalle ferite ormai in-sanabili, sarebbe quella di impegnar-si su provvedimenti che incoraggino l’emigrazione dei nostri giovani. So-stenere cioè, con fondi pubblici, - vi-sto che la stragrande maggioranza delle famiglie siciliane ormai non se lo può più permettere - la partenza dei giovani. I giovani potrebbero tra-sferirsi, grazie a questi aiuti, nei paesi

esteri più sviluppati per cercare, al-meno lì, un futuro più dignitoso. Le prime spese sarebbero a carico delle istituzioni pubbliche (che almeno in questo caso servirebbero a qualco-sa). Si tratterebbe d’altronde di spese di solo andata e di primo soggiorno. L’idea che potrebbe sembrare provo-catoria, a dire il vero, è già stata pro-posta in Sardegna, dove un sindaco ha detto: “Qui i nostri ragazzi non hanno più possibilità e allora perché non aiutarli a trovare un’alternativa altrove?”. D’altronde, oggi, in Sarde-gna, come in Sicilia, con i tassi di di-soccupazione che ci ritroviamo assai poche sono le speranze per le giovani generazioni. Ed in questo “andamento lento” il presente si stratifica nella rassegna-zione di un futuro che si propone all’infinito.

Fatti & POST SCRIPTUM

di Filippo Falcone

Parlamentari nisseni degli ultimo 30 anni:la moderna scienza dimostrerà che non sono mai esistiti

“Casta tumensinani superbia”

La classe politica ci consegna una terra dalle speranze di cambiamento sempre più labiliin un collasso quasi definitivo, dove c’è dav-vero ben poco da sperare e da cui aspettarsi

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“Regalava un sorriso me-raviglioso”. Le lacrime gli rigano il volto, Ro-

sario Naro non riesce a trattenerle. Un freddo e piovoso pomeriggio di marzo, siamo nell’ufficio di Rosario Naro, colon-nello dei Carabinieri, padre di Aldo, bar-baramente assassi-nato il 14 febbraio in una discoteca di Palermo. Le pareti sono piene di crest militari, attestati, foto; sullo sfondo la bandiera italia-na. Rosario è se-duto di fronte a noi, voce rotta dall’emo-zione; non siamo qui per parlare di cronaca, ma “solo” per racconta-re di un ragazzo sano, puli-

to, il cui percorso terreno è stato in-terrotto troppo presto e la cui morte ha dato vita ad un movimento po-polare di dimensioni imprevedibili e inaspettate.“Nell’omelia del funerale il Vescovo

Russotto ha detto che Aldo è andato via da vincente. Io

credo fermamente sia così, non corrotto, giovane, sorridente. Mi ha la-scito un’eredità; solita-mente sono i padri che lasciano eredità ai figli,

io da Aldo ha impa-rato a vivere. Aldo ci sta dando una grossa eredità, da padre po-trei anche sbagliare,

ma le parole, i ricordi, i racconti degli amici, te-stimoniano tutto questo.

Con il suo esempio di vita, ha fatto riflettere tut-

ti. Ha dato un e s e m -

p i o .

Quello che sta succedendo, è un fatto empirico, lui sta facendo qualcosa”. Difficile condensare le mille emozioni che scaturiscono dal dialogo, il dolore non soffocato ma rielaborato da un padre che si assegna una missione, non cedere al dramma, non precipita-re nell’abisso, ma mantenere in vita il ricordo e l’esempio illuminante di un ragazzo speciale.“Dal 14 febbraio la nostra vita di pri-ma non esisteva più. La notizia, ina-spettata e imprevedibile, di ciò che era accaduto e il rivedere mio figlio quando non era più vivo, aveva spa-lancato dinanzi a me le porte di una vita in cui vedevo solo disperazione. Invece Aldo sta riuscendo in manie-ra sublime a farci capire che oggi lui vive più di prima, in una dimensione escatologica. Non possiamo fare a lui il torto di interrompere questa mera-vigliosa vita che deve continuare; non avrei pace se dovessi chiudermi in me

lasciando andare defini-tivamente Aldo: la

sua vicenda deve con-tinuare”.Aldo era

un ragazzo diligente nel-

lo studio, laurea con 110 e lode in

medicina, generoso, simpaticamente casi-

nista, divertente, puli-to, amichevole; doti che

emergono dagli innumere-voli racconti dei tanti amici.

Partiamo dall’amicizia. “Dopo la tragedia, la mia

casa si riempì di giovani; erano

davvero tan-ti, troppi. Allora chie-si ma siete tutti amici

di Aldo? La risposta fu

univoca e po-sitiva. Anzi mi

avvisarono, stanno arrivando da Mila-

no, Bologna; addirit-tura un ragazzo giunse

dall’Inghilterra. Conside-riamo che alcune di queste

amicizie erano frutto di va-canza estive, ciò testimonia il le-game che riusciva ad instaura-

re. Tutti lo rimpiangono. Ho avuto la cifra di questa stima e amore, il gior-no dei funerali: una partecipazione addolorata, urlavano al cielo il nome di Aldo. Si sentiva nella loro voce, il dolore di non averlo più, dolore vero autentico. Uno sfogo contro questa ingiustizia”.Lo studio. “Per lui lo studio era se-rio, appassionato, una scelta di vita, non certo. Ricordo che dopo l’esame di maturità allo scientifico ‘A. Volta’, per superare i test per accedere in me-dicina, continuò a studiare. Ottenuto

l’accesso alla facoltà, tirò avanti sino ai primi esami universitari dell’estate successiva, ma tutto ciò non gli pesa-va. Nei suoi esami, l’unico dubbio che avevamo era relativo alla lode se ci fosse stata o meno”.Lo sport aveva un ruolo rilevante nella sua vita: “Grande tifoso della Juventus, amava il calcio e non si faceva mai mancare una partita con gli amici. Teneva molto al suo fisico e frequentava assiduamente la pale-stra. Aveva anche praticato karatè. Nell’attività fisica riversava il suo de-siderio di raggiungere gli obiettivi, di competere con caparbia, per raggiun-gere il miglior risultato possibile”. Le parole scorrono fluide. Difficile restare lucidi, ascoltando un genito-re che ha perso il figlio in maniera tragica: affronta il dolore con forza, lo ricaccia nell’angolo, tenta di non farsi sopraffare dalla perdita. Il mes-saggio è chiaro, fare in modo che la morte di Aldo non sia vana. Portare un insegnamento che possa indicare ad altri giovani la strada da seguire. “Con il suo esempio di vita, ha fatto riflettere tutti. Ha dato un esempio, soltanto in questo modo può avere una spiegazione. Non so perché ma raccontando di Aldo le persone riflet-tono, è una lezione di vita, non è una frase fatta. Quando siamo stati invi-tati allo Zen per il trigesimo, vedere

una chiesa in lacrime, quelle persone così vicine a noi, in un ambiente così particolare, è stata l’ulteriore con-ferma che tutto è stato per lui. Aldo mi ha insegnato, ci ha insegnato, che non è vero quello che si dice, nulla si deve dare per scontato; la solidarie-tà che ho visto in quell’occasione ha stupito me e mia moglie: quest’ uma-nità così vera, questo dispiacere così autentico, l’accoglienza che ci hanno riservato, per questo modo di venirci incontro, per questo affollarsi intorno a noi. Eravamo allo Zen, in un conte-

sto particolare, ma non è mancata la compartecipazione al nostro dolore”. Una famiglia chiamata ad una prova suprema. Rosario vuole tenere vivo il ricordo di Aldo, aiutare ed essere aiutato da Anna Maria Ferrara (la madre) e da Chiara, la sorella mi-nore dello sfortunato giovane. “Che peccato non l’abbiate conosciuto, re-galava quel sorriso unico. Le parole non fanno capire chi era Aldo. Ci ha aperto nuovi orizzonti, sta dando un nuovo senso alla nostro percor-so terreno. Lui sta insegnando alla famiglia, agli altri giovani, al mon-do intero, quale deve essere il modo, lo spirito, l’atteggiamento che deve muovere un giovane nelle sue scelte, nella sua vita”.Un barlume di luce, dove il buio sembra imperare opprimente ed invincibile. Un padre, nobilmen-te infaticabile, che mantiene vive il fulgore del ricordo di un figlio, che, nonostante il barbaro assassinio, di-venta portatore di un messaggio che si spera possa diventare “guida” per i ragazzi. Nel chiudere il taccuino, la sensazione, in questo piovoso e uggioso pomeriggio, di aver toccato con mano, per alcuni istanti, l’essen-za dell’umanità: il legame profondo tra un padre vivo e un figlio defunto che supera la morte e si trasforma in un insegnamento di speranza.

L’amore di un padre,

“Non posso fare a mio figlio il torto di interrompere la sua meravigliosa vita che deve continuare. Non avrei pace se dovessi chiudermi in me lasciandolo andare definitivamente”

L’impegno di Rosario Naro affinchè la breve vita di Aldo possa essere d’esempio per i giovani

di Donatello Polizzi

Fatti & Territorio L’intervista

piu forte della crudeltà

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Diciamoci la verità, spesso cri-minalità e mafia, ci vedono più lungo dello Stato. Men-

tre il trend dell’economia e degli stili di vita degli italiani tendono verso il terziario, l’industria e l’artigianato, con le nuove generazioni sempre più convinte che si debba lavorare solo dietro una scrivania, senza sporcarsi le mani, ebbene proprio in questo contesto, le lungimiranti organiz-zazioni criminali han-no capito invece che l’economia vera, quella cioè su cui si può gua-dagnare ha base proprio tra i campi e le stalle. La storia stessa della mafia siciliana racconta che i signorotti dei campi si riunivano in una sorta di associazioni o comunità (spesso di sangue) volte all’aiuto e alla solidarietà verso i deboli ed i meno fortunati e strutturalmente legate ai latifondi. La deriva che ha preso poi la mafia, la conosciamo benissimo. Oggi sta accadendo proprio questo, la mafia torna nelle campagne laddove era partita e lo fa stroz-zando un comparto che prova a rialzare la testa sebbene gambiz-zato dalle leggi del libero merca-to avallate anche dai politici siciliani che siedono in Europa. Così i numeri della criminalità verde sono da capo-giro. A denunciarlo sono gli allevatori e gli agricoltori il più delle volte però nel silenzio assordate dei media. Se-condo l’annuale rapporto di Legam-biente sulle ecomafie, anche il racket degli animali vede crescere il numero di crimini commessi. Tra commercio illegale di specie protette, bracconag-gio, abigeato, allevamenti illegali, pe-sca di frodo, combattimenti clandesti-

ni e maltrattamenti – solo per citare le tipologie di reati più diffusi ai danni degli animali di affezione e/o di reddi-to – nell’ultimo anno si sono contate 8.504 infrazioni, in crescita rispetto al 2012 del 6,6%. La Sicilia si mantiene stabilmente in vetta della classifi-

ca per numero di reati accertati,

con 1.344, seguita dalla Campania, 1.075, dalla Puglia, 953, dalla Calabria dove si sono registrati 725 casi. Cosa sta succedendo in sostanza? Succede che sempre più spesso e con cadenza e metodi scientifici, dalle stalle degli allevatori siciliani spariscano di notte o di giorno, centinaia di capi di be-stiame, questi vengono caricati sui ca-mion e portati soprattutto in Calabria per essere rivenduti o macellati clan-destinamente. Un vero e proprio busi-ness portato avanti da una organizza-zione con metodi ben diversi da quelli

dei “rubagalline”. Caricare decine di ovini su un camion non è cosa sem-plice, occorrono dei basisti, uomini e mezzi capaci di passare inosserva-ti alle forze dell’ordine. Un camion di vacche o pecore che cammina in autostrada nella notte lo si potrebbe facilmente notare, ma invece ciò av-

viene raramente. L’allevatore che subisce il furto e denuncia, dopo pochi giorni si trova l’eventuale fermato tranquillamente a piede libero e si rassegna a subirne le ritorsioni. Ciò premesso proprio in Sicilia, tra il nisseno e l’ennese, un gruppo di allevatori, stanchi dei continui furti di bestiame e danneggiamenti dei mezzi

agricoli, ha deciso di alzare la testa, rimboccarsi le maniche e fare “scru-sciu” costituendosi in associazione con tanto di statuto, assistenza legale, stilando protocolli con le prefetture e sensibilizzando politica, forze dell’or-dine e cittadinanza e costituendosi parte civile nei procedimenti per reati legati alle ecomafie. È stata presentata proprio a Calta-nissetta poche settimane addietro Ala, l’Associazione Libera Allevatori, proprio in quell’occasione l’Assessore regionale all’agricoltura Nino Caleca, ha ribadito che “la recrudescenza di reati contro il comparto dell’agricol-

tura e dell’allevamento in Sicilia sono il frutto di una organizzazione crimi-nale che, contrariamente a quanto fa lo Stato, si è accorta che nelle cam-pagne siciliane si fa economia. Que-sti reati vanno però combattuti dagli stessi soggetti che combattono la ma-fia e con strumenti adeguati come le

intercettazioni”. Alla presentazione cui ha preso parte anche il presidente della Commissione Antimafia all’Ars Nello Musumeci, hanno partecipato decine di allevatori ed imprenditori provenienti da tutta l’isola tra cui il noto imprenditore Salvatore Zap-palà. “Siamo tornati indietro di 100 anni – ha dichiarato il presidente della commissione antimafia all’Ars

Nello Musumeci – quando era la mafia a controllare le campagne. Eb-bene oggi purtroppo dobbiamo la-

vorare per fare in modo che la mafia termini di essere più efficiente dello Stato”. A presiedere l’associazione composta già da decine di allevato-ri di San Cataldo, Santa Caterina ed altri comuni del nisseno, dell’enne-se, agrigentino e palermitano è un giovane allevatore piazzese, Stefa-no Di Maria, anch’egli protagonista suo malgrado di furti di bestiame e danneggiamenti nella sua azien-da agricola. A raccogliere il grido d’allarme degli allevatori siciliani il deputato dell’NCD Alessandro Pagano che a Montecitorio ha pre-sentato una apposita interrogazione al Governo Renzi sulla necessità di un maggiore presidio sul territorio con la richiesta di potenziamento di organico delle forze dell’ordine. “Ri-sulta chiaro – ha dichiarato Pagano - che la criminalità organizzata sta andando a colpire laddove ha capito che si produce reddito. Dietro tali reati ci sono azioni ben pianificate che occorre individuare e reprimere con pene certe”. “Non vogliamo es-sere lasciati soli in questa battaglia – dichiarano gli allevatori – chi de-nuncia un furto, dato che nel nostro paese non ci sono pene certe, corre sempre il rischio di trovarsi i malvi-venti dietro casa la sera. Chiediamo per questo motivo un intervento immediato delle forze dell’ordine, un maggiore controllo del territorio ma auspichiamo che le forze di polizia abbiano i mezzi ade-guati per poterlo fare, sia in termini di numero che di equipaggiamento”. L’associazione Ala intanto prosegue il proprio percorso continuando a promuovere una serie di incontri in tutta la Sicilia per accogliere al-levatori ed agricoltori colpiti da tali fenomeni criminosi. Informazioni e contatti dell’associazione sono di-sponibili sulla pagina Facebook di Ala: https://www.facebook.com/As-sociazioneLIberaAllevatoriALA

Fatti & Territorio

Racket degli animali : cresce il numero dei crimini commessi

L’assessore regionale Caleca:“Se ne occupi la direzionedistrettuale Antimafia e si utilizzino le intercettazioni”

di Marco Benanti

La criminalità vede più lontano dello StatoNasce a Caltanissetta l’associazione regionale ALA contro l’abigeato ed i furti nelle campagne

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Una profonda fede religiosa, valori saldi e una grande umiltà: così si presenta Fran-

cesco Riggio Capitano della Real Maestranza 2015, accompagnato nella nostra redazione dall’amico di sempre Giuseppe Giordano in pas-sato suo apprendista e dipendente. Una nomina inaspettata per Riggio, appartenente alla categoria dei fab-bri, voluta all’unanimità dai membri dell’Associazione Real Maestranza e dell’Associazione capitani per supe-rare la querelle che per mesi ha ani-mato il ceto dei marmisti tra le aule del Tribunale e lunghe riunioni del direttivo. “Il lutto di mio fratello, soltanto sei mesi fa, mi aveva frenato nell’accet-tare – dichiara il Capitano della Real Maestranza - ma ricordando il suo amore e la sua dedizione per questa istituzione e la gioia che ne sarebbe scaturita ho cambiato idea. Nel ricordo di Gaetano, al quale ero molto legato e con cui ho lavorato a stretto contatto per anni, ho così deciso di indossare il suo v e s t i t o

di capitano: sarà come sfilare accanto a lui”.Un tuffo nel passato dunque per il capitano che 36 anni fa guidò il cor-teo del mercoledì Santo, che rivivrà questa esperienza assieme ad altri capitani emeriti chiamati a ricoprire le altre cariche: lo scudiero Angelo Iannello Capitano della Categoria Idraulici nel 1991; il portabandiera Pasquale Tramontana Capitano del-la Categoria Calzolai e Tappezzieri nel 1998 e l’alfiere maggiore Gioac-chino Ricotta Capitano della Catego-ria Barbieri nel 2012. “Quando fui eletto capitano nel 1979 avevo 39 anni – afferma Riggio – oggi ne ho 75 anni, un’esperienza vissuta a distanza di anni in modo diverso anche per la maturità rag-giunta. Se in passato la mia nomina è stato un momento di grande gioia

che ho condiviso assieme a mia moglie, ai miei quattro figli

ancora piccoli e ai mie fratelli, ora sto rivivendo questo mo-mento nel ricordo di chi non c’è più con un mag-gior fervore spirituale - sostenuto anche dai miei generi, nuore e otto nipoti - consapevole del significato religioso del-le manifestazioni legate alla Settimana Santa e dell’importanza di alcuni

momenti salienti vissuti dai membri della Real Maestranza e dalla carica capitanale come portare il crocifisso in processione per le strade”.Proprietario dal 1986 del piccolo gruppo sacro “Sinedrio”, il capitano Francesco Riggio, da anni cavaliere ufficiale della Repubblica è stato in-signito del titolo di commendatore durante la cerimonia al Teatro Regi-na Margherita per il passaggio delle

consegne capita-nali, onorificenza

che si aggiunge alla “Croce

pro ecclesia et pontefice”

della Santa Sede. Nessuna voglia di apparire e di protagonismo si

intravede nel ca-pitano della Real Maestranza nono-

stante le prestigiose onorificenze ricevute

e la consapevolezza dell’incarico affidatogli, il quale af-ferma: “sebbene questi titoli siano prestigiosi preferisco essere chiama-to Francesco, mi sento l’amico di tut-ti. Quel che conta non sono i titoli o i riconoscimenti ma essere fieri della propria personalità e umiltà”. Francesco Riggio, in pensione da 12 anni anche se continua a seguire con

dedizione i figli nell’at-tività lasciata in eredità, rimarca l’importanza della rivalorizzazione della figura dell’arti-giano, sottolineando il ruolo fondamentale svolto dall’apprendista-to: “i giovani ormai si avvicinano ai mestieri a conclusione di un per-corso di studi e a un’età avanzata con la necessi-tà di guadagnare subi-to. Una situazione che mette in difficoltà da un lato i gio-vani e dall’altro la ditta che non può retribuire in modo adeguato persone senza esperienza, con la conseguente scomparsa dell’apprendistato, prassi fondamentale per la formazione del vero artigiano”. “Sia io, sia Giuseppe Giordano, mio apprendista e dipen-dente fino a quando non è diventato

maestro – prosegue – abbiamo fre-quentato e conseguito il titolo di stu-di rilasciato dalla scuola professiona-le, un percorso che ci ha permesso di mettere a frutto nella gestione della nostra attività quello che abbiamo appreso”. “Invito, dunque, i giovani - aggiunge - pur seguendo la loro pas-sione a scegliere un percorso di studi che offra loro più possibilità e che

possa essere utile nel mondo lavora-tivo a prescindere dal traguardo che si spera di raggiungere al consegui-mento del titolo, oltre che a riscopri-re gli antichi mestieri e l’artigianato”. Una carenza di giovani nel settore artigianale che rischia di riflettersi anche sulla Real Maestranza met-tendo a repentaglio le antiche tra-dizioni. “Occorrono dei sacrifici

– dichiara Riggio – per mantenere questo legame con le tradizioni e tra-smettere i valori religiosi alle giovani generazioni. Ricordo che nel 1959 la mia categoria pur esistendo nelle file dell’Associazione della Real Ma-estranza aveva ritirato la bandiera dalle processioni. Grazie all’impegno di un gruppo di giovani, tra cui io e mio fratello, riuscimmo a tornare a far sfilare i fabbri nelle processio-

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Porterò il Crocifisso in processione pensando a mio fratello Gaetano scomparso di recente.Indosserò il suo vestitodi capitano

6Viale dellaRegione

Fatti in Redazione

Non solo la Real Maestranza nella sua storia. Una grande passione lo lega alla Settimana Santa: dal 1986 è proprietario della Variceddra “il Sinedrio”“

Capitano e GentiluomoA Francesco Riggio le chiavi della città,torna ad indossare la feluca dopo 36 anni

In alto Gaetano Riggio, fratello di Francesco. A destra la Variceddra “il Sinedrio”.

Nella pagina accanto Francesco Riggio con Giuseppe Giordano

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Foto che raccon-tano un culto tra-mandato attraver-

so i secoli, che trasmettono a chi le osserva le emozioni dei riti e delle processioni della Settimana Santa quelle scattate da Diego Avanzato, fotografo della Real Maestranza

dal 1989.“Fotografare i momenti salienti, cogliere le emozioni di chi da anni sfila e vive con un gran fervore reli-gioso le processioni legate alla Pa-squa – afferma il fotografo nisse-no - inizialmente è stata una sfida con me stesso che mi ha portato a coniugare le tecniche fotografiche con l’aspetto emozionale”.Una passione quella per la foto-grafia di Diego Avanzato, sposato

con Ma-ria Ro-saria e

padre di Annalisa e Antonio, cominciata da

bambino. Dopo essersi diplomato nel 1981 all’istituto statale d’arte “F. Juvara” decise nel 1983 di aprire il suo studio fotografico. Il mondo digitale lo attrae fin dall’inizio ed è uno dei primi a cimentarsi nel settore. L’attenzione per le ombre e i riflessi, la ricerca di un punto di vista inusuale caratterizzano i suoi scatti a cui cerca sempre di dare un’impronta personale.“Quando ho iniziato – racconta – la Settimana Santa prendeva il via con il passaggio delle consegne dei capitani e vedeva impegnate le cate-gorie appartenenti all’associazione per il Sabatino, il mercoledì santo, il venerdì santo e la domenica di Pa-squa, processione durante la quale i componenti della Real Maestranza si recano dal Vescovo in Seminario per poi accompagnarlo in cattedra-le. Una processione, quest’ultima, che molti nisseni non conoscono. Con gli anni la Real Maestranza è cresciuta e si è messa in eviden-za, grazie anche al contributo di tante persone che si sono spese e continuano a spendersi per la riuscita delle manifestazio-ni legate alla tradizione della Settimana Santa nissena. Negli anni ho visto delle generazioni alternarsi per portare avanti la tradizione, bambini che accompa-gnavo con entusiasmo i loro padri nelle sfilate oggi uomini e a loro volta padri.”.“Una settimana – prosegue – che personalmente vivo con malin-conia. Ricordo quando assieme ai miei genitori scendevo in piaz-za per seguire le processioni; un ricordo che rivivo con tristezza non avendo più i genitori con me, tuttavia la visione del Signore mi

dona una serenità interiore”. In merito alle polemiche che quest’anno hanno accompagnato l’elezione del capitano afferma “ri-entrano della tradizione, una tem-pesta affinchè tutto possa alla fine riuscire bene poiché ognuno degli artigiani appartenenti alle diver-se categorie vuole dare il proprio contributo per la buona riuscita delle stesse. Si tratta di persone le-

gate alle tradizioni, con

una profonda fede religiosa, che amano queste processione e che lasciano sole le loro famiglie a casa pur di onorare questa grandissima festa”.Ventisei anni di ricordi quelli di Diego Avanzato legati alla Real Maestranza e alla Settimana Santa. “ Il momento più emozionante per me è stata la visita di Papa Wojtyla a Caltanissetta nel 1993. Da foto-grafo della Real Maestranza – di-

chiara Avanzato, mostrandoci con orgoglio l’al-bum fotografico con i suoi scatti e una foto appesa al suo studio del Papa – ho avuto l’onore di trovar-mi a pochi passi di distanza e di fo-tografare Giovan-ni Paolo II mentre dava la comunione al Capitano Alfonso Bingo della categoria dei pittori e decora-tori”. “L’emozione è stata così forte – con-tinua – che c’è stato un momento durante il quale avrei voluto ab-bandonare la mia mac-china fotografica per abbracciare quel grande uomo. Altro momento indelebile nella mia me-moria e nella storia della Real Maestranza è stata

la visita del Presidente della Re-pubblica Carlo Azelio Ciampi, di cui conservo degli scatti unici del picchetto d’onore”.Un archivio fotografico quello della Real Maestranza quello ac-cumulato in questi anni che Diego Avanzato, spera di poter conti-nuare a seguire e incrementare nel futuro, intende lasciare in eredità all’Amministrazione Comunale.

Diego Avanzatola Real Maestranza

in un click

FOTOGRAFIA

Dal 1989 è il fotografo ufficiale del corteo. Il ricordo più bellolo scatto a Wojtyla

ni della Settimana Santa nissena ottenendo dopo 10 anni l’elezione del capi-tano con Cosimo La China. Ora tocca a chi come me fa parte delle categorie da anni mettersi un po’ da parte per lasciare spazio ai giovani, of-frendo loro l’esperienza matu-rata, invogliandoli e aiutandoli a mantenere vive le tradizioni e a tramandarle”.Ricordando che le processioni le-gate alla Settimana Santa rappre-sentano un momento di grande fede religiosa e non un evento folkloristi-co, sin dall’inizio della sua investitu-ra il capitano Francesco Riggio ha annunciato di voler rinunciare agli sprazzi e agli eccessi. Una proces-sione composta, in un momento di grande crisi economica e di valori, per far emergere l’aspetto religioso che da decenni la Real Maestranza

vuole ribadire.“Invito la cittadinanza – conclude Francesco Riggio – a partecipare più assiduamente alle processioni per ri-scoprire la passione vissuta da Gesù dopo la flagellazione. Portare il peso della croce per le strade è come vo-lere sostenere, alleviare le sofferenze di Gesù Cristo patite per salvare tutti noi. Il mio augurio è che il Signore faccia trascorrere a tutti noi le feste pasquali nella serenità familiare”.

Il fabbro invita la cittadinanza a partecipare con devozione alle processioni

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OfficineTaratatà

Un gruppo di persone volen-terose, con tanta voglia di fare, con molto entusiasmo

e anche un pizzico di follia. Questo il mix di cui si compone l’Associazio-ne culturale Officine Taratatà. Nata a Caltanissetta da qualche mese, ope-ra nel settore dell’education, degli eventi e dell’animazione formativa.Il Presidente, Tiziano La Marca, è da sempre impegnato nell’ideazione e realizzazione di eventi culturali, musicali e di spettacolo; il socio fon-datore, Giovanni Russo, si occupa di marketing, pianifica attività di comunicazione e lavora quotidia-namente nel mondo delle relazioni pubbliche e dei media; il secondo socio fondatore, Rino Liotta, è un art director impegnato nel modo delle creatività grafica, web designer e fumettista.Questo lo zoccolo duro dell’asso-ciazione culturale Officine Taratatà composta da altre figure che condi-vidono la passione per l’education, la comunicazione, gli eventi di anima-zione formativa e culturale.

L’obiettivo primario dei Taratatà – afferma il presidente Tiziano La Marca - è quello di rendere la vita dei nostri bimbi quanto più diver-tente possibile facendolo con attività

che siano culturalmente elevate e legate al territorio in cui i bambi-ni vivono e crescono di giorno in giorno. L’Associazione è impegnata nell’i-deazione e diffusione di attività culturali, mezzi e strumenti di co-municazione che sono propedeuti-ci al raggiungimento dell’obiettivo formativo dei bambini e dei genito-ri al fine di migliorare il benessere sociale della vita di ognuno. Sono promossi eventi di tipo culturale, di

animazione territoriale e scolastica, d’intrattenimento di tipo educativo, nonché viaggi e visite a tema nei luo-ghi tradizionali della Sicilia che sia-no culturalmente validi e formativi”.

Le nostre tematiche sono d’attualità e d’interesse sia per i bambini che per i genitori, analizzate attraver-

so una prospettiva locale e globale insieme, valorizzando il territorio siciliano”.“Il nostro staff – Conclude il Presi-dente La Marca - si avvale di esperti in ambito comunicativo e culturale sui temi della formazione scolastica, esperti animatori e intrattenitori, giornalisti e comitati scientifici che saranno creati ad hoc per affrontare al meglio i percorsi educativi pro-gettati.Innovazione sociale, utilizzo dei new media, attività didattiche, even-ti e animazione.Questi i capisaldi su cui si fonda l’associazione Taratatà, il tutto con la partecipazione attiva dei genito-ri, delle scuole e dei partner che di volta in volta sposeranno i progetti dell’associazione.

Il giornale dei Tara-tatà ha come obiet-tivo quello di realiz-zare uno strumento educativo/formativo rivolto agli alunni della classi IV e V delle scuole prima-rie della Provincia di Caltanissetta contenente le se-guenti tematiche: la sana alimenta-

zione, la salute e il benessere fi-sico, le professioni ed i mestieri, le tradizioni e la cultura del territoro nisseno, lo Sport, l’ambiente e gli animali.Il team di lavoro è composto da professionisti operanti nel settore education con espe-rienza decennale. Il team si avvale di tre progettisti se-nior specializzati ognuno nelle seguenti aree: ideazio-ne e scrittura dei contenuti Education, giornalismo e ufficio stampa, Ideazione e realizzazione della gra-fica editoriale, disegno fumetti e cartoon, web design, ideazione e re-alizzazione di eventi di animazione nelle scuo-le, scenografie, musiche e intrattenimento. In base ai contenuti sarà valutata la presen-za di comitati scienti-fici che ne arricchi-scano la qualità dei contributi testuali e fotografici. Il giornale dei Tara-tatà sarà distribuito gratuitamente a tutti gli alunni delle classi IV e V delle scuole pri-marie dei Comuni di Caltanisset-ta, San Cataldo, Delia, Sommati-no, Riesi, Mazzarino, Serradifalco e Santa Caterina.Il giornale dei Taratatà nel primo numero (marzo 2015) conter-rà - come Edizione speciale - un fumetto, composto da 22 tavole raffiguranti una storia per bam-bini che si svolge nella città di Caltanissetta alla scoperta delle tradizioni e delle attività che si svolgono durante le celebrazione della Settimana Santa nissena.Obiettivo del fumetto è quello di consentire ai più piccoli di essere

maggiormente coinvolti durante la visione delle processioni re-ligiose e delle numerosi attività realizzate nel periodo più signifi-

cativo dell’anno per la città di Cal-tanissetta.L’associazione culturale Officine

Taratatà trova le for-

ze economiche per la realizzazione del Giornale dei Taratatà nel fondamentale contri-buto di partners privati. Di fonda-mentale rilevanza per la riuscita del progetto editoriale formativo è la collaborazione con l’Ufficio Provinciale scolastico di Caltanis-setta, diretto dal nuovo dirigente Filippo Ciancio, che consentirà al giornale di essere distribuito gratuitamente in tutte le scuole Primarie dei Comuni elencati e le stesse avranno opportunità di inviare al giornale i loro contri-buti inerenti attività ed iniziative svolte.

Education, animazione formativaed impegno sul territorio

L’iniziativa: nasce il giornale dei ragazzi curiosi

Un fumetto sulla Settimana Santaall’interno del primo numero

Scarica il primo numero di Taratatà con il Qr-code

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Scarica il volantinocon il QR code

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Si è parlato di primarie del cen-trosinistra, di Governative del centrodestra per indicare i can-

didati e dopo mesi di consultazioni i partiti sembra che siano arrivati ad una conclusione univoca. Ci sarà un candidato per ogni coalizione. Alme-no si spera. Dopo mesi di consultazio-ni, pare che il quadro politico di stia delineando, pur senza negare il plura-lismo di altre correnti. Il candidato del Pd è uno e si chiama Angelo Fasulo, non c’è motivo di parlare di primarie. Non ci sono correnti dissidenti. Chi si candida nonostante l’orientamento del partito di appartenenza, non ha

più motivo di sventolare la bandiera del Pd. Dopo l’ultimo l’incontro con la stampa locale alla presenza del de-putato regionale Giuseppe Arancio, del segretario provinciale Giuseppe Gallè e del vice segretario Giampaolo Alario, l’assessore all’Ambiente, Giu-seppe Ventura, il segretario del circo-lo Gela Centro, la coordinatrice del I Circolo, Claudia Caizza e tutti i diri-genti del partito che hanno ricoperto cariche istituzionali. Il deputato Aran-cio e il segretario hanno confermato l’appoggio del partito ed un principio fondamentale: quello che chiunque si vuole candidare no può farlo con il Pd che ha già un suo candidato quin-di lo deve fare con un altro simbolo. Di conseguenza è fuori dal partito. Il riferimento chiaro è ad Enrico Vella che ha già creato un gruppo di lavoro che da anni rappresenta l’opposizione in seno al consiglio comunale e cerca alleanze con chi ha voltato le spalle a

Fasulo. Lo ha affermato lo stesso Vella che sta discutendo con il partito dei Siciliani capitanato dal deputato Fede-rico. Ma questa ipotesi è guardata con dolore dai massimi vertici del partito che non lanciano strali contro nes-suno e che sperano che torni l’unità come è sempre avvenuto nel centrosi-nistra che, nella storia, con questo me-todo, ha mantenuto il potere rispetto al centrodestra frastagliato e litigioso. Del resto le alleanze ci sono già. Pd, Polo civico, Udc, Megafono e listone, è il quadro politico che sosterrà la can-didatura del sindaco uscente Angelo Fasulo. “Dovrebbero essere espulsi

dai partiti coloro che ne mortificano l’esistenza, che non riuniscono gli or-ganismi, che non si confrontano con gli iscritti, che si svegliano qualche settimana prima del voto e pensano di essere leader”. A commentare le di-chiarazioni rese da Arancio e Gallè è il consigliere Rocco Giudice - Ma smet-tetela di scherzare con l’intelligenza dei cittadini e parlate la lingua della sincerità”. C’è un problema: modello amministrativo non convincente ma se al deputato piace non mancherà a loro fare 3-4 liste forti, competitive e ricche di entusiasmo nel comunicare il programma elettorale. Nel centro sinistra resta candidato di Art 4 Giu-seppe Di Dio . “ Art4 non si scioglie – dice Di Dio - e si mettano in pace i tanti gufi o gobbi, la nostra è una proposta di governo x la città e non subirà alcun mutamento ne alcuna interferenza esterna o interna. Non è certo art4 che ci da una identità, sia-

mo noi a dare una identità ad art4, ed i gruppo, il quadro dirigente, la nostra azione politica e la nostra proposta di governo rimane tale e quale, chiara e limpida,senza se e senza ma, lasciamo agli altri i voli pindarici. Abbiamo le mutande di latta e ci siamo preservati anche contro le crociate, non dimenti-cate che nasciamo come “liberi e gele-si” e tali saremo con art4 o senza art4, ma lo faremo con art4. Spero di avere anche un sostegno x la mia coerenza e x la sfida lanciata sopratutto da chi fa il tifo perche’ io continui, ma non deve tifare ciò solo perche’ ne può trarre vantaggio elettorale ma perche’ crede

alla proposta di gover-no e quindi conseguen-temente sostenerla”. Poi ci sono altri due candi-dati a sindaco: Elio Arancio e Saverio Di Blasi storico ambienta-lista che h a

com-b at - t u t o contro l ’ i n q u i -namento industria- l e . Antonio Ventura candida- to a sindaco con una lista civica; Antonio Giudice correrebbe con ‘Noi con Sal-vini’ in cerca di alleanze con i partiti del centrodestra e orientato positiva-mente a partecipare alla Governati-ve di marzo. Nessuna esitazione nel Movimento cinque stelle che mette in

campo l’ingegnere informatico Do-menico Messinese. In questo mara-sma la giunta municipale assume un nuovo volto. Due posti restano vuoti. Gli assessori Fortunato Ferracane e Giuseppe D’Aleo in municipio per presentare le loro dimissioni dalle ca-riche di vicesindaco e assessore. Le minacce del parlamentare regionale e leader del Pds Giuseppe Federico prendono corpo e adesso sono state ratificate ritirando la delegazione in giunta. L’accordo con il Partito dei si-ciliani dopo cinque anni, si è concluso. La frattura è stata dovuta alla diversa posizione dei due partiti rispetto alla scelta del sindaco di firmare il proto-collo Eni del 6 novembre scorso che , secondo il partito dei siciliani rappre-senta un tradimento per il territorio rispetto alla promessa di una possibile candidatura. Vella affila le armi e cor-teggia il PdS, nella speranza di una candida- t u r a condivisa. “ E’ una d e c i s i o - n e c h e non h a nulla

a l l a b a s e :

né uno scontro, né

una polemi-ca, quindi me

lo spiego come una decisione di

strategia – ha detto il sindaco - Mentre

si parla di Raffine-ria, di Agroverde, di

illuminazione grandi progetti che hanno carat-

terizzato la nostra politica arriva questa decisione non

trova alcuna giustificazione. E’ un grande passo indietro e una

grande opportunità persa per la città ma mi fa pensare che privilegia percorsi di tipo personale. Mi venga a dire qualcuno che i percorsi non sono stati condivisi: la fantasia fino ad oggi non si era spinta fino a tanto,

quantomeno avrebbero cercato un pretesto. Sono stati rappresentanti in maggior numero: tre rappresentanti in giunta li ha avuti sono il Pds. Sul protocollo Eni hanno dato indicazio-ni come le garanzie occupazionali, ri-cerca scientifica a supporto sono stati sempre presenti ed hanno condiviso il progetto per cui non si parli in que-sti termini di questo argomento. Mai nessuno del Partito dei siciliani ha mosso alcuna opposizione . Per so-stenere il mondo dell’imprenditoria si è candidato Maurizio Melfa. Si stringe il cerchio del centrodestra verso una candidatura unica. Al ver-

tice celebrato alla presenza del coor-dinatore regionale di Forza Italia, se-natore Gibino, il capogruppo all’Ars Marco Falcone, la situazione si è con-troversa. Fuori il supposto candidato a sindaco Falvo e Scrivano che non si è presentato all’incontro. La com-petizione resta fra Lucio Greco ripe-scato da Forza Italia e voluto dal de-putato Falcone e Pellitteri, sostenuto dal sen. Gibiino. ‘In merito alle voci circa la candidatura a sindaco dell’Al-ternativa moderata al ventennio del PD a Gela, alternativa che ad oggi comprende le liste civiche riconduci-bili a me ed a quella di Forza Italia –

afferma Pellitteri desidero precisare, confermando quanto dichiarato più volte al sen. Enzo Gibiino, che ho ri-messo la decisione della scelta della candidatura a sindaco di Gela nelle sue mani di coordinatore regionale di Forza Italia, in quanto ritengo che il valore simbolico della vittoria su Gela sia per Forza Italia più impor-tante delle velleità personali di ogni aspirante. Ribadisco, che, pur berlu-sconiano dal 1994, le liste civiche, fra cui quella che fa riferimento al PLI, sono nate per dare rappresentativi-tà alla società civile, al mondo della scuola, della cultura e del lavoro e che quella con Forza Italia è un’alle-anza politica per dare a Gela, dopo vent’anni, un’Alternativa moderata che rifugge da rabbie improduttive e disimpegni antidemocratici’. Poi arriva il senatore di Forza Italia Gio-vanni Toti che vieta qualunque for-ma di elezione interna al partito per cercare un candidato unico: ““Nes-sun dirigente, amministratore o par-lamentare di Forza Italia – ha detto il consigliere politico - e’ mai stato autorizzato dal partito e tantomeno dal Presidente Silvio Berlusconi a partecipare o collaborare, in qualsia-si forma e a qualunque titolo, a com-petizioni interne ad altri movimenti politici atte a selezionare candidati per le prossime elezioni amministra-tive”. A due mesi e mezzo dalle ele-zioni c’è tante carne al fuoco ma tutto da giocare: si vota il 31 maggio e 1 giugno.

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A due mesi e mezzo dalle elezioni c’è tanta carne al fuoco ma tutto da giocare: si vota il 31 maggio e 1 giugno

Da destra a sinistra, correnti, controcorrenti e “giravolte”

Corsa alla fascia tricolore

Gela & dintorni

di Liliana Blanco

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Si chiama “Caffè e confronto” ed è un incontro che il sindaco Giam-piero Modaffari organizza tutte le

mattine in uno dei bar di San Cataldo secondo un ca-lendario ben preciso che ha messo a punto per affrontare direttamente con i cittadini la que-stione legata alla tassa sui rifiuti, la famigerata Tari. Lo fa nella manie-ra più singolare ma non per questo spontanea possibile: i n c o n -trando-li di-

r e t -tamente al Bar ed avviando con ognuno di loro un confronto tra-sparente, sereno e costruttivo sulla tanto vituperata tassa rifiuti Tari che tante po-lemiche ha innescato in queste ultime settimane a livello politico e tra la gente. Lo fa sedendosi in un tavolino come qualsiasi altro avventore. Lo fa discuten-do davanti al bancone o sorseggiando un caffè assieme al cittadino al quale cerca di fornire spiegazioni. Arriva con tutto l’occorrente il sindaco, soprattutto con le tabelle e i prospetti per consen-tire ai cittadini di usufruire di eventuali agevolazioni o sgravi. Non gli manca so-prattutto la voglia di confrontarsi aperta-mente su un problema che altri sindaci, probabilmente, avrebbero già liquidato dicendo che le tasse purtroppo, vanno pagate e che, possibilmente, non è colpa loro se sono così alte. Frasi fatte e risapu-te di una politica vicina ai cittadini solo in campagna elettorale e poi lontana quando c’è da soddisfare una semplice domanda o una aspettativa. Dinamiche che emergono anche alla luce di un rap-porto tra cittadini e istituzioni nel quale i cittadini devono sempre e comunque fare i conti con una burocrazia farra-ginosa e statica. Giampiero Modaffari i cittadini non li riceve solo al Comu-ne, ma va lui a cercarli nei luoghi della loro quotidianità. Lo fa con la massima

spon-taneità e di- sponibilità, senza pregiudizi o pre concetti, consa-pevole che potrebbe anche ritrovarsi oggetto di critiche pesanti perché quan-do si parla di mettere mani al portafogli per pagare le bollette dei rifiuti, non è argomento piacevole per nessuno. Per

la cronaca, il primo incontro “Caffè e confronto” è stato al Bar Miraglia. Un incontro che ha destato curiosità ed interesse tra i cittadini che, certamente, non erano mai stati abituati a discutere direttamente con il sindaco di questio-ni riguardanti le tasse locali. Un modo nuovo per affrontare direttamente con i cittadini le questioni più spinose evitan-do che gli stessi cittadini possano esse-re in qualche misura strumentalizzati,

spie-g a n d o

quelle che sono le questioni legate alla tassa sui rifiuti. Per il sindaco Giampiero Modaffari, che dopo l’incontro al Bar Miraglia, ha avuto un secondo incontro al Bar Miserendino e un terzo al bar Imera, si tratta di un mo-

mento di confronto con i cittadini, di un vero e proprio ponte per creare un rap-porto diretto tra cittadini ed istituzioni facendo in modo che si possa creare un dialogo e non il classico quanto im-produttivo muro contro muro. Al bar il sindaco è sempre disponibile a discutere con tutti ed ognuno, senza preclusioni di sorta. A tutti i cittadini dice di portare le loro bollette per verificare insieme la correttezza e le possibili riduzioni e/o

agevolazioni. Certo, la tassa sui rifiuti va pagata. Lo sa il sindaco e lo sanno i cittadini. E non è tra le meno care del-la Provincia. Tuttavia, è altrettanto vero che l’amministrazione comunale dimo-stra la massima vicinanza, sensibilità e disponibilità verso i cittadini e questo . Con riscontri certamente positivi. An-che perché l’iniziativa di Giampiero Modaffari, al di la dell’esito finale, è stata ben accolta da tanti cittadini. C’è quando una bolletta è esatta e non ci

sono riduzioni da ap-p o r -

t a r e , ma accade anche, in numerosi casi, che ci siano modifiche da apportare per cui alla fine c’è chi ri-esce ad ottenere una riduzione della tariffa sui rifiuti. E poi la gente cerca di capire, si fa spiegare, è interessata. La gente guarda con favore soprattutto alla disponibilità del primo cittadino che si alza di buon mattino (questi incontri solitamente iniziano alle 7 del mattino) per rispondere alle loro domande senza sottrarsi al confronto come fanno altri sindaci in ogni parte d’Italia. Giampie-ro Modaffari, invece, affronta in prima persona i cittadini, ci discute, si con-fronta con loro, raccoglie le loro idee, le lamentele, le proposte. Risponde alle loro esternazioni, controbatte agli sfoghi e i suoi occhi sono felici quando riesce a fare qualcosa per ridurre le loro bollette! Annuncia che sarà creata la tracciabilità dei rifiuti e che si punterà sulla raccolta differenziata per far diminuire il carico fiscale. E lo fa non all’interno della sede

istituzionale per eccellenza che è quel-la della sala consiliare di “Palazzo delle spighe”, ma anche dentro quei bar che sono luoghi di quotidianità che spesso non sono stati tenuti in considerazione alcuna da parte di tanti politici che sono stati anzi soliti etichettare certi discorsi come “da bar”, come se all’interno di un bar non fosse possibile mettere a pun-to alcun discorso costruttivo e di un certo spessore. Giampiero Modaffari, invece, ha dimostrato che in un bar si può parlare, si può creare un confron-to tra il sindaco e i suoi concittadini,

ma soprattutto si può creare, attraverso un

rapporto i mp r o n -tato sulla trasparenza e sulla di-sponibilità, una dina-mica nuova rispetto al pas-sato. In tutto questo c’è una rottura di taluni schemi tradizio-nali e consunti, c’è la rottura con una politica fatta dentro le stanze del potere che non parla alla gente e che discute solo tra sé e sé. C’è il senso di un nuovo modo di fare politica avvici-

nandosi alla gente e avendo il coraggio di confrontarsi senza tanti patemi d’a-nimo. Un modo nuovo e diverso di fare politica che tanti sancataldesi hanno mostrato di apprezzare. “Trasparenza e voglia di confronto per evitare inutili speculazioni, vi aspetto”: è questo che il sindaco dice ai suoi cittadini quando li invita agli incontri al bar. E i cittadini, nonostante le bollette, apprezzano il suo sforzo, e lo eleggono a icona di am-mirazione. Uno di loro, su facebook, ha commentato così la sua iniziativa “Caffè e confronto”: “Inutile discutere, ammiro il mio sindaco giorno dopo giorno. Sono fiero di essere rappresen-tato da persone così, con tanta voglia di dare alla collettività, ma se proprio devo essere sincero, ammiro la forza che hai, in tutto. E cerco soprattutto di prenderne vantaggio. Sei un esempio di vita. Il Sindaco della gente”.

Fatti & San Cataldo

Il Primo Cittadino è sempre disponibile a discutere con tutti: “Portate le vostre bollette e verifichiamo insieme la correttezza, le possibili riduzioni e agevolazioni”

I caffè di ModaffariIl sindaco parla di tasse con i cittadini al bar

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Totò Cardinale riparte dal suo paese d’origine: Mussomeli. A maggio testerà la sua ulti-

ma creatura, il Pdr, il Patto dei de-mocratici riformisti. Un movimen-to nato come ala del Pd; più di una corrente, un partito satellite il cui obiettivo, mai nascosto, è di attirare non solo i cosiddetti moderati(una classificazione che vuol dire tutto e il suo contrario), ma soprattutto di traghettare i classici votanti del cen-trodestra all’altra sponda del fiume. Un Caronte ai tempi di Crocetta e di Renzi. E l’obiettivo di Cardina-le sembra, su scala mussomelese, cominciare a funzionare. Bastava vedere le facce della prima fila nel giorno dell’inaugurazione della nuova sede del Pdr di via Palermo lo scorso 13 maggio. Intere fami-glie, fino a poco tempo fa date per certe negli ambienti della destra, da un momento all’altro si sono ri-scoperte progressiste. Ed anche la componente junior del Pdr è piena di rampolli di famiglie tutt’altro che rosse. Una strategia chiara e valida a rodere preferenze su preferenze ai discendenti della vecchia casa delle libertà. Alle prossime elezioni am-ministrative, salvo capovolgimenti, il centrodestra si presenterà diviso.

D’altronde la frantumazione è la peculiare caratteristica dell’intero fronte. Troppe guerre fra bande, troppi generali e pochi soldati. Per dirla tutta, troppe teste e l’assenza di una strategia collegiale. E nemmeno l’opposizione comune al sindaco Sal-vatore Calà e al suo Pd è servito da collante alla coalizione. Sono emer-se vecchie ruggini, dissapori mai so-

piti, e asce di guerra non sepolte del tutto. Alla fine a maggio dovrebbero esserci due candidati sindaci d’area. Da un lato Giuseppe Catania, qua-rantenne esperto del mondo delle cooperative, sostenuto da Ncd e in ordine sparso da personaggi gravi-tanti nell’area liberale. Dall’altro lato Mario D’Amico, attuale presidente del Consiglio comunale, leader indi-scusso del fronte dei “misurachiani”, per capirci i fedelissimi dell’ex parla-mentare Filippo Misuraca. D’Amico potrà contare sul sostegno di Salva-tore Mancuso, in passato consiglie-re provinciale e direttore sanitario dell’Asp nisse-na, detentore di una buona riserva di voti. Divisioni che finiranno ineso-rabilmente per avvantaggiare il centrosinistra. Compatto, uni-to, solido. Una corazzata e che affida il progetto di riconfermare la guida del mu-nicipio ad Ame-deo Cumella,

avvocato sessantenne, da sempre vicino al Pd. Partito che non verrà fagocitato dalla forza travolgente del Pdr, tanto che verrà presenta-ta una lista di chiara fede demo-cratica. Un tandem messo in piedi per rilanciare un’opa sul palazzo di città con l’obiettivo di continuare a gestire il potere conquistato cinque anni fa con la vittoria di Calà. Per

Cardinale la sfida ha una valenza simbolicamente preponderante; battezzare con un trionfo nel suo stesso paese la sua ultima invenzio-ne politica risulterebbe un successo personale importante, una medaglia da appuntarsi al petto quando si sie-derà negli ambienti palermitani che contano, lui che oramai è diventato uno degli azionisti di maggioranza del governo Crocetta. D’altronde le strategie democratiche di recente stanno prendendo una piega molto “ecumenica”. Ad Agrigento le pri-marie del Pd le ha vinte un uomo di Forza Italia, a Ragusa pezzi della

destra sono emigrati nelle fila piddi-ne. Nell’epoca in cui i partiti hanno perso il legame con le ideologie, mi-tizzando gli uomini più che le idee, tale deriva pare più che giustificata. Cardinale, che ha nel suo dna pure il dono della premonizione, ha da sempre teorizzato aperture verso destra necessarie a portare voti al suo schieramento. Il nuovo corso renziano venivano teorizzate anni fa dall’ex ministro delle Comunicazio-ni. E i risultati sembrano dargli ra-gione. Le fila piddine all’Ars cresco-no, nonostante i mugugni dei duri e puri, di coloro che agognano un Pd “de sinistra”. E seguendo questa scia, anche a Mussomeli il fronte pro-gressista imbarca ex forzisti, cen-tristi orfani di padrini, conservatori

di assoluta fedeltà. Una strategia, basata sulla forza dei numeri, che potrebbe risultare vincente. Per la cronaca, il panorama dei candidati alle prossime elezioni del 31 maggio e del primo giugno non si esaurisce con i nomi di Cumella, Catania e D’Amico. Bisogna annotare anche la presenza di un ingegnere ventino-venne, Rino Genco, portavoce del comitato politico Pensare solidale. Un minuscolo Davide contro tre mastodontici Golia.

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Dal Vallone

In queste elezioni si frantumano i partiti principali: molti eserciti, troppi generali e pochi soldati

Verso le AmministrativeA Mussomeli l’esperimento del nuovo Patto dei democratici riformisti

acchiappa i voti di destraCardinale

Le elezioni di fine maggio sa-ranno di sicuro social. La cam-pagna elettorale verrà combat-

tuta a colpi di post. E Facebook già diventa luogo di scontro tra fazioni avverse. Oramai ogni gruppo ha il suo profilo, ogni candidato elargisce commenti al mondo della rete, e ti-fosi di ogni risma si stuzzicano lan-

ciando stilettate a destra e a manca. E nell’era della tecnologia, dove ognu-no, grazie ausili di ultima generazio-ne, si trasforma in cronista d’assalto, allo scopo di creare casi, di urlare contro presunti scandali, “leggerez-ze” solite nel passato non possono di certo passare inosservate. Come quando la sera del 13 marzo, gior-no dell’inaugurazione della sede del Pdr, l’auto blu dell’assessore regionale al Territorio Maurizio Croce è rima-sta posteggiata per ore in divieto di

sosta, in prossimità del crocevia più trafficato della città , quello tra via Palermo, via Madonna di Fatima e il viale Sorce. E l’auto blu, con tanto di lampeggiante assicurato sul tet-to, ha provocato non solo problemi alla circolazione, ma ha indispettito e imbufalito il mondo del web. Qual-che internauta ha pure immortalato

la berlina ferma all’incrocio e imme-diatamente l’ha postata su Facebook, provocando le ire funeste della cla-que anti-casta. Una ridda di com-menti contro il “politico che si infi-schia delle regole seguite dai comuni cittadini”. E qualcuno se l’è presa pure contro i vigili urbani, rei di non avere elevato una contravvenzione all’auto blu dell’assessore giunto da Palermo e a quanto pare a digiuno delle più elementari regole della circolazione stradale.

L’auto Blu dell’assessore in divieto di sosta

La polemicaLA RETE NON PERDONA. SCOPPIA IL CASO SULLA BERLINA DI CROCE

di Giuseppe Taibi

Il candidato a Sindaco Amedeo Cumella

Con il Pdr

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Torregrossa, sinonimo di cal-cio a San Cataldo: storia di una dinastia che si perpetua

nel segno del gol, dal padre, il mitico Lirio, al figlio, il promettente Erne-sto, in forza al Crotone in serie B. La provincia nissena fucina di “poten-tati” sportivi che hanno come mini-mo comun denominatore il succes-so frutto di passione e sacrifici in un territorio in cui fare sport è un’im-presa; abbiamo raccontato dei Sca-rantino (Giovanni e il figlio Mirko), adesso è il turno dei Torregrossa.Lirio, 47 anni, una stagione in serie A nel Torino 85/86 allenato da Luigi Radice e poi il ritorno a San Cataldo per scrivere una delle più belle pa-gine del calcio dilettantistico sicilia-no, con la Sancataldese che grazie ai suoi gol volò dalla seconda categoria alla Serie D. Oggi nel raccontare di suo figlio, esordisce: “Per me la cosa più importante è che si comporti bene, che ovunque è stato abbia la-sciato un ricordo positivo più per le sue doti uma- ne che per quelle tec-niche. Io non sape-vo, quan-do lui era ado-l e s c e n -te, se avesse

avuto la possibilità di approdare nel calcio che conta. La scorsa stagio-ne con i 13 gol in lega Pro nel Lu-mezzane, già ero felice per lui. Lui caparbio e testardo, si è migliorato e quest’anno in serie B già ha rea-lizzato 8 reti. Io spero per lui dieci anni di B, che mantenga i piedi per terra: nel calcio i contratti finiscono. Poi, ovviamente, se dovesse ancora progredire nella sua carriera ne sare-mo felici”.Lirio, si dibatte nel ruolo di padre rigoroso, ex-allenatore ed ex cal-ciatore, amorevole verso la famiglia e i figli, ma mai accondiscendente. “Una volta scherzando gli dissi, ma come tuo fratello Raul (il fratello mi-nore gioca a calcio negli allievi) calcia destro e sinistro, e tu ancora no?Lui mi ha risposto, certo quando io eri piccolo tu eri sempre in giro a gio-care. Questo dimostra l’equilibrio ed il realismo di mio figlio che praticamente da quando ha 15 anni, vive solo. Allorà si trasferì a Lucca, società che poi fallisce. Si palesa un in-teressamento della Juve, poi sembra sul punto di volare in America per una tournèe con gli Allievi Nazionali dell’Inter, ma giunge un telefonata dell’U-dinese e ci rechiamo in

F r i u l i p e r

parlare con l’allora direttore sportivo dei bianconeri, Pietro Leonardi. Io gli dissi, Ernesto, hanno un settore gio-vanile fantastico, non badare ai soldi. Fecero un’offerte rilevante per il suo cartellino e gli offrirono un contratto per cinque anni. Ricordo ancora la scena, inizialmente temporeggiamo. Uscimmo dalla stanza, e dopo es-serci allontanati dalla sede, sicuri di non essere visti, ci abbracciamo felici come due bambini. Poi il resto è sto-ria recente. Nel 2010 Mauro Gibellini lo porta a Verona. A gennaio passa al Siracusa. Nel 2011/2012 passa al Monza, 4 reti. Nel 2012/2013 il pas-saggio al Como, sempre in serie C1, ma qui resta fino a gennaio, quando poi passa al Lumezzane, dove dopo un periodo di ambientamento esplo-de nella stagione successiva: segna 13

gol in campionato e 2 in Coppa Italia”.

Lirio, lottatore di campi in terra battuta, pronto sempre alla bat-taglia agonistica

n e l l a s u a

carriera, tenta di infondere questo spirito ad Ernesto. “Ricordo che ne primi giorni a Lucca, una mattina mi telefonò dicendomi, che non tro-vava la scuola. Gli dissi, che faccio salgo in macchina? Ti vengo a pren-

dere io? Ti accompagno. Chiuse il telefono,era il mio modo di spro-

narlo”. Fioccano gli aneddoti. “Mia moglie, la sua fan più

accanita, un giorno mi con-vinse ad andarlo a vedere.

La sera a casa, Karina, mi stuzzicò affinchè giudi-cassi la sua prova; non puoi giocare, cerchi solo numeri, tunnel, non vai mai in profondità. Fu un pianto generale. Gli spiegai il calcio è divertimento, ma an-che sacrificio per chi vuole andare avan-ti”. Si illuminano gli occhi, Lirio rac-conta senza sosta di

u n a famiglia unita, di sua moglie Karina, di Erne-sto, di Raul che gioca a calcio, senza dimenticare la piccolina, la bellissi-ma Dominique. “Ora ogni volta che viene a casa, o quando ci sentiamo

di Donatello Polizzi

Fatti & Sport

Lirio re di San Cataldo, Ernesto principe di Crotone

la dinastia del golTorregrossa

A sinistra Lirio Torregrossa con la moglie Karina Rezzonico.Sopra, l’esultanza del giovane Ernesto dopo un gol con la maglia del Crotone.In alto a destra Ernesto, Lirio, Raul e la piccola Dominique.

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a telefono, mi racconta i dettagli del movimento, del tiro, di come si è li-berato. Anzi per evitare che mi possa perdere qualche sua giocata, mi ha regalato Sky per la B e se non guardo la partita sono…guai”.Ernesto, conosce il carattere del pa-dre e ne apprezza ogni sfumatura. “Io ho amato il calcio sin da piccolo, da quando all’asilo giocavo durante la ricreazione. Il mio idolo è, è sem-pre stato, mio padre. Già so che pri-ma mi sottolinea sempre gli errori, come avrei dovuto fare per rendere al meglio e poi, qualche volta, ma solo qualche volta – lo rimarca sorriden-do – mi fa qualche complimento”. La prima stagione nella serie cadetta per Ernesto si sta rivelando positiva. Merito della sua caparbietà e pro-fessionalità, ma anche del Crotone. La società calabra è un piccolo gio-iello “sportivo” che con professio-nalità e parsimonia, affronta la serie cadetta. Dal presidente Pasquale Vrenna al tecnico Massimo Drago, un modo sano di intendere il calcio.

Ernesto ha realizzato il suo primo gol

in serie B il 12 ottobre 2014 nel-la gara persa dai calabri tra le mura amiche per 4 a 1. “Adoravo Gabriel Omar Batistuta, sia per i capelli lun-ghi e per i gol. Molte torte dei miei compleanni, riportavano la sua effi-ge”. Il legame con la famiglia, un’i-sola felice, è davvero saldo: “Non nego che mi pesa tanto stare lontano dai miei genitori, ma anche loro, gio-coforza, hanno imparato a conviver-

ci”. I gol per una punta sono tutto. “Ricordo ancora 5 reti segnate quan-do indossavo la maglia dell’Invicta in una gra contro la Juve Nissa, mio papà era in tribuna a guardarmi”.Il presente è a tinte rossoblù. “Il mio obiettivo è ottenere la salvezza con il Crotone e segnare gol ‘importanti’. Il mio carettere socievole ed estroverso mi ha consentito di ambientarmi su-bito. Ho legato molto con Gian Mar-co Ferrari e Stefano Padovan”. Ov-viamente non solo calcio nelle sue giornate. “Insieme a loro, organiz-ziamo spesso cene. Giochiamo alla playstation, (giochi preferiti Fifa 15 e Call of Duty). Trascorriamo il tempo come fanno normalmente i ragazzi. Non manca la musica, prediligo DJ Ax, una passione trasmessami da mio cugino Lillo con cui ho un rap-porto preferenziale. Adoro le polpette crotonesi, sono una specialità succu-lenta”. Bomber anche di cuori? “No, sono felicemente fidanzato, quando lei è con me, pizza, passeggiate sul lungomare, cerchiamo di trascorrere più tempo possibile insieme”.La sensazione è che nella dinastia Torregrossa sul trono di bomber

stia per sedersi il

giovane Ernesto. Chiediamo a Lirio, non hai paura di essere spodestato? Sorride, guarda le pareti, piene di foto che lo ritrag-gono in maglia verdeamaranto e conclude: “A San Cataldo, per quello che ho fatto per questa maglia che ho nel cuore, Torregrossa sarà sempre…Lirio”.

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Quando i genitori si trasformano in UltrasIl trevigiano Silvio Maras costrin-

geva il figlio, notizia da prima pagina di numerose testate dello

scorso anno, giovane promessa del nuoto, a subire continue pressioni psicologiche e allenamenti parti-colarmente intensi e, non pago, gli imponeva di assumere grandi quan-tità di integratori proteici, creatina e aminoacidi ramificati, al fine di mi-gliorarne le prestazioni. Complimen-ti e premi se vinceva, parole dure e maltrattamenti se perdeva. Parte una denuncia da parte di amici e parenti: il tribunale toglie la patria potestà a entrambi i genitori, patteggia con il padre aguzzino due anni di detenzio-ne e il ragazzino viene affidato ai ser-vizi sociali. Forse si tratta di un caso

estremo, ma se ci capita di assistere a qualche competizione sportiva giovanile di qualsiasi disciplina, non possiamo evitare di accorgerci come

frotte di mamme e papà amorevoli e normalmente perbene, riescano a trasfor-marsi, abbarbicati alle reti di un campetto di calcio o scom-postamente seduti sulle tribu-ne di un palazzetto, in fanatici urlatori che insultano tutto e tutti, compresi i propri figli, se le loro performance non corri-spondono alle loro aspettative. E così lo sport che per i giovani è so-prattutto passione, socializzazione e divertimento, diviene solo fonte di ansie, paure, tensioni per timore di non soddisfare le ambizioni del loro principale punto di riferimen-to, la famiglia.GENITORI IN VERSIONE ULTRAS Questi spettacoli, non certo edificanti, sono in genere offerti da adulti che nel loro passato giovanile hanno avu-to ben poco a che fare con lo sport o che, perché poco dotati, a loro volta sono stati pressati da genitori altret-tanto esigenti. Madri e padri che ri-versano sul figlio tutte le frustrazioni e le insoddisfazioni collezionate nel corso della vita precedente la sua na-scita e che tramite il figlio vivono un prolungamento della loro personali-tà, in termini di aspirazioni realizzate attraverso la loro riuscita. E così se si ritrovano un piccolo atleta un po’ dotato, ecco che pretendono da lui che diventi un Pirlo o una Pellegrini, quando si sa che, se va bene, solo uno su cinquantamila vedrà mai scritto il suo nome su un qualsiasi palmares. Ma può anche accadere che il picco-lo faccia una gran fatica e sia scarso. Situazione, per altro, molto comune e affatto disdicevole. Ma in questa so-

cietà così competitiva siamo talmen-te abituati all’idea di eccellenza che, quando si verificano situazioni non proprio ottimali, tendiamo subito a sminuirle ulteriormente. Se un bam-bino di appena sei anni non fa mai canestro, allora non sarà mai un cam-pione. Ciò è quanto pensano molti adulti quando il rendimento dei loro generati non risponde alle loro aspet-tative più o meno manifeste. Genitori che non hanno capito che con l’alle-namento e la costanza si assiste spes-so a miglioramenti impensabili e, soprattutto, che se il figlio è contento di essere lì e svolgere quello specifico sport, non devono di certo essere i genitori a insinuare insicurezza, dub-bi o paure. Se si divertono e si fanno

nuovi amici correndo e saltando, ca-pendo cosa sia il lavoro di gruppo, responsabilizzandosi e crescendo con sani principi e in salute, perché

levare loro questa possibilità, solo per un atto egoistico di chi, prima di loro, non è riuscito a conseguire le grati-ficazioni tanto agognate. Insomma, i genitori devono imparare a vivere lo sport in modo tranquillo e sere-no, rendendo l’agonismo un oggetto interessante e piacevole, ricordando che si tratta sempre e comunque di un gioco. Il genitore utile allo sport… e allo sviluppo psichico e motorio del figlio.

IL DECALOGOOra riassumeremo, in una sorta di decalogo, i comportamenti e atteg-giamenti che ogni genitore dovrebbe assumere, seguendo le linee guida di psicologia sportiva attuali, in modo che possano rendere l’attività spor-tiva del proprio figlio il più efficace, divertente e soddisfacente possibile.1. I genitori, conoscendo e capendo il proprio figlio per le qualità, i limiti, le intenzioni, i desideri, i bisogni, gli errori e gli insuccessi devono stimo-lare e incoraggiare la pratica spor-tiva, lasciando che le scelte e i ritmi dell’attività siano condivisi e accettati dai figli.

2. I genitori stimano il figlio nono-stante gli errori e i limiti, cercando di non sottolineare più del dovuto una gara mal riuscita ed evitando nel modo più assoluto rimproveri, perché producono solo ansia da pre-stazione.3. I genitori devono incitare i figli a migliorare, facendo capire che l’im-pegno negli allenamenti sarà una fu-tura fonte di soddisfazioni. Devono evidenziare i miglioramenti, sdram-matizzando gli aspetti negativi e in-coraggiando quelli positivi.4. I genitori devono aiutare i figli a stabilire tappe e obiettivi realistici e adeguati alle loro reali possibilità.5. I genitori devono fare capire che saper perdere è difficile, ma che nel

contempo è più importante che sa-per vincere, perché nello sport, così come nella vita, il più delle volte non si vince. L’importante dopo una ca-

duta è rialzarsi.6. I genitori devono tener conto che l’attività sportiva è svolta da bambi-ni e non da adulti e che i compagni e gli avversari dei propri figli sono anche loro bambini da rispettare e, come tali non si devono offendere con paragoni o giudizi di qualsiasi genere.7. I genitori devono trasmettere i concetti di rispetto delle regole, di rispetto dei compagni e degli impe-gni, collaborando al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dagli istruttori e dalla società.8. I genitori devono stimolare la cre-scita del proprio figlio, sviluppando lo sviluppo della sua indipendenza ed evitando di essere onnipresenti in tutte le situazioni.9. I genitori non devono interferire nelle scelte tecniche e nelle decisioni degli istruttori. Devono imparare e insegnare a rispettare il ruolo dei tec-nici e a collaborare con loro, evitando di esprimere rimostranze o critiche.10. I genitori devono rispettare le vo-tazioni dei giudici o arbitri, che devo-no essere assolutamente insindacabi-li, seppure talvolta sbagliate.

Lo sport e i figli

In questa società, resa ancora più com-petitiva dalla crisi, troppo spesso madri e padri riversano le loro frustrazioni sui figli che praticano sport

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In auto, viaggiando sotto la piog-gia tra buche e fanghiglia, pen-savo sarebbe stata un’intervista

tra le più difficili e complesse. E in-vece tutti i timori si sono sciolti in pochi minuti seduto in un elegante salotto affacciato sul castello arabo-normanno di Delia e davanti a un buon caffè. Grazie a Lina Riccobe-ne, donna di molte virtù, interessi e iniziative – un personaggio unico e raro nel panorama della provin-cia di Caltanissetta – insomma un vulcano. Ma rassicurante, che non travolge, che non distrugge. Anzi, costruisce, coinvolge e diverte. Os-servazioni le sue sempre puntuali,

circostanziate e illuminanti.Un mix tanto inestricabile quanto convincente di esperienza da inse-gnante elementare, di psicologa, di saggezza popolare, di commedia brillante, di poesia e non ultima di mamma e nonna. Un esempio lam-pante è il suo pensiero sulla questio-ne femminile, quella per cui questa stessa rubrica è nata: «Sì è vero – dice – il ruolo delle donne è cam-biato. Ma anche noi sbagliamo. E il primo nemico della donna è la don-na stessa. Proprio per questo è ne-cessario che ci assumiamo le nostre responsabilità senza scaricarle sugli uomini. Io ho grande rispetto per l’uomo. La figura maschile è fonda-mentale per la donna. La quale pur essendo diventata attiva, dinamica, intraprendente e perche no anche dominante ha sempre bisogno di sentirsi rassicurata, protetta ».Ero venuto solo per una cosa ma trovo una quantità sconfinata di interessi. Cominciamo dalle com-medie. Quando ha iniziato a inte-ressarsi di teatro?«Ho iniziato quando facevo la ma-estra elementare, per fini didattici come si suol dire. Avevo notato che i bambini erano svogliati verso l’ap-prendimento della Storia. E allora per renderla appetibile ho riscritto

la storia dal Risorgimento ai nostri giorni sotto forma di commedia dia-lettale. Il successo è stato, inatteso anche per me: i bambini, tutti di 10 anni, calandosi nei panni dei grandi personaggi della storia – Garibaldi, Mazzini, Cavour, Mussolini, Hitler, fino a Pertini – hanno introiettato la materia in modo straordinario. E’ stato così che io stessa, grazie a loro, ho scoperto di avere questa vena te-atrale che oggi mi permette di espri-mere le tante sfaccettature della mia personalità».Quante commedie ha scritto?«Tredici. Ma con farse, scenette e musical andiamo oltre le 24 opere teatrali. Più tredici libri di poesie. Quadretti storici e dialettali della nostra civiltà contadina, per quanto riguarda il teatro, mentre le poesie sono in italiano».Nella commedia che ho visto ho notato un grande protagonismo femminile nonostante non sia am-bientata in tempi recenti.«È così in tutte le mie commedie. E questo perché ho sempre vissu-to a Delia, un paese agricolo, dove in passato gli uomini uscivano alle quattro del mattino per andare in campagna e tornavano la sera. Era-no le donne che gestivano tutto il resto, erano forti, avevano carattere”.Cosa ci guadagna da questa attivi-tà letteraria?«Nulla di materiale. Anzi a volte ci rimetto di tasca mia. Ma non im-porta. Quando presento i miei libri invito anche dei critici affermati, ma a fine evento i libri li regalo. I senti-menti non si vendono».E l’amore per la psicologia quando è iniziato invece?«Sempre quando facevo la maestra, notando che molti bambini avevano problemi di comunicazione. Non di relazione, ma di comunicazio-ne. Secondo me vuoi per timidezza vuoi per situazioni familiari Aveva-no difficoltà ad esprimere se stessi, finendo per essere prevaricati dai pochi estroversi, quelli che noi oggi chiamiamo bulli. Così presentai un progetto di comunicazione. E dopo, con il desiderio di approfondire, mi iscrissi, di nascosto dagli altri col-leghi insegnanti, a Psicologia con-seguendo la laurea. Ho finito una seduta psicologica poco prima che arrivasse lei. Mi creda, le famiglie e le coppie veramente serene si conta-no sulle dita di una mano».Come è stato che le sue commedie sono arrivate fino in Canada?

«Ah okkei okkei, ìu ora faciri te-lephon a lu paisi pi truvari una bra-va gherlafrienda. Ah ìu aviri bonu job a lu Canadà, aju unu carru di cca finu a ccà e unu build cu la yarda da-vanti, ezzò»Uahahahahahah…«Questo è Charlie Mangiapane, il protagonista di Matrimonio per procura che parla in Italiese. E’ nato tutto con questa commedia, nata a sua volta da poco più di una ventina

di termini anglo-siciliani che avevo appuntato da piccola sentendo par-lare i parenti tornati dal Canada in vacanza a Delia. La commedia, mes-sa in scena una serata organizzata da un’Associazione di emigranti de-liani è sta presa in esame da Michael Lettieri, Preside del Dipartimento di Italianistica dell’Erindale College di Mississauga, anche grazie a Sal-vatore Bancheri, deliano di origine e Rettore della Toronto University. Lettieri ha ritenuto la commedia di alto valore socio-culturale facendola studiare e mettere in scena dai suoi allievi. E così sono stata invitata ad assistere alla rappresentazione. Una soddisfazione e soprattutto un di-vertimento vedere tutti quegli emi-grati ridere della loro stessa lingua. Potevo sapere io che da sole 24 pa-role avevo inventato una lingua? Da lì poi la commedia è passata negli Stati uniti d’America, in Vermont. E adesso stiamo vedendo di portarla in Germania.Come?«Giustamente lei non sa che qui

a Delia non siamo rimasto fermi. Abbiamo fondato l’Associazione “Amici per di(a)letto” per rappre-sentare le commedie, ma abbiamo anche messo su un Laboratorio te-atrale per bambini e adolescenti, il Gruppo Folkloristico chiamato “Per bambini da 6 a 40 anni”, la scuola di danze tradizionali. E da ieri sera (25 febbraio, ndr) sono impegnata an-che in politica».Con chi?

«Sono stata nominata presidente dell’Udc di Delia. Ma ho accettato solo per un motivo. Perché vedo tanti giovani disamorati verso la po-litica, arrabbiati, e non hanno torto, voglio aiutarli a ritrovare una co-scienza politica, a tornare a credere che l’impegno in politica è dovere che abbiamo verso gli altri».Sulla strada del ritorno invece ri-pensavo alla “Strada degli scritto-ri”: www.stradadegliscrittori.it. Un progetto di cui si parla poco, a parte qualche iniziativa di piccolo cabo-taggio a livello locale, ma cruciale per l’area di Sicilia che interessa, le province di Caltanissetta e Agrigen-to. Si tratta, sulla carta, di un per-corso turistico-letterario, ma anche enogastronomico, antropologico,

sociologico. Ma a parte Andrea Ca-milleri (che sta a Roma) e Simonetta Agnello-Hornby (che sta a Londra) gli altri autori sono tutti morti: Leo-nardo Sciascia, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Luigi Pirandello, Pier Maria Rosso di San Secondo, Anto-nio Russello.IlFattoFemminile ne ha trovato in-vece uno vivo, donna, che non si è mai allontanata dalla sua terra ed è un vulcano di iniziative culturali.

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il Fatto Femminile

La “Strada degli scrittori”Femminaè

Lina Ricobene è un vulcano creativo: tredici commedie, undici opere teatrali, tredici libri di poesia

A Delia abbiamo fondato un’associazione, un laboratorio e un gruppo folkloristico

di Rosario Neil Vizzini

A sinistra Lina Riccobene in Canada con Michael Lettieri, Preside del Dipartimento di Italianistica dell’Erindale College di Mississauga, e il Rettore della Toronto University Salvatore Bancheri

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