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ISSN: 2039/7070 Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011 Settembre 2013 Anno III Num. 23 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL Mensile di approfondimento FREE PRESS www.ilfattonisseno.it scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it L’ex biancoscudato Davide La Paglia in tackle sulla SLA Quattro chiacchiere con Gaetano Armao ex assessore regionale L’incontro Salute & società di D. Polizzi Il nisseno gioca la sua partita più importante con- tro la sclerosi laterale amiotroca che lo ha colpito nel 2008: è il “capitano” dell’AISLA Caltanissetta. In questa di cile battaglia al suo anco la moglie Da- niela e le glie Ester e Soa. L’avvocato palermitano che reggeva il dicastero dell’e- conomia durante la giunta Lombardo, analizza i pri- mi dieci mesi del governo Crocetta, la situazione eco- nomica e le roventi polemiche delle ultime settimane. D ieci anni durante i quali lo Spirito ha soato più forte sulla nostra terra e nei nostri cuori: il 27 settembre 2003 veniva tra noi il Vescovo Mario, Mons. Mario Russotto, il vescovo più giovane d’Italia quando era stato scelto personalmente da Giovanni Paolo II come Pastore di Caltanissetta. Consacrato nella nostra Cattedrale (era la prima volta nella storia della Diocesi), alla presenza di tutti i Vescovi della Sicilia che avevano slato tra le navate gremite all’inverosimile con una solennità sconosciuta ai nisseni: ad imporgli le mani il cardinale De Giorgi, primate di Sicilia, e il cardinale Pappalardo, che gli aveva donato l’anello della sua consacrazione episcopale; un passaggio di testimone impegnativo e ricco di signicati, tra il “Vescovo di Sagunto”, simbolo della resistenza civile dei siciliani e il “Vescovo- ragazzino” (come avevano titolato i giornali alla notizia della sua nomina) mandato in una terra dicile e piena di contraddizioni, da troppi anni ripiegata sul proprio declino economico, sociale, culturale, no ad avere abbandonato ormai anche la speranza nel proprio futuro. segue a pagina 4 segue a pagina 22 di P. Falci di S. Mingoia L’INTERVISTA La seconda commissione consiliare dichiara guerra all’assessore Milazzo CHILDREN Fatti & Palazzo del Carmine a pagina 10 a pagina 24 Gli adolescenti vittime del fascino dello spinello Le dimissioni del primo cittadino: polemica innita L’ex ferrarista inamma il pubblico della Coppa Nissena GIOVANI & DROGA SAN CATALDO IL PERSONAGGIO a pagina 20 a pagina 30 a pagina 26 di A. Di Vita di L. Rovetto di M. Benanti Padre Mario L’abbraccio della speranza “ON THE ROAD” Il decennale del vescovo che ama stare tra la gente foto di Lillo Miccichè cettina bivona Caltanissetta

il Fatto Nisseno - settembre 2013

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Mensile di approfondimento su Caltanissetta e provincia

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Direzione Editoriale: Michele Spena - redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta - Tel/Fax: 0934 594864 - Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Settembre 2013

Anno III Num. 23 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CLMensile di approfondimento

FREE PRESS

www.ilfattonisseno.itscrivi alla redazione: [email protected]

L’ex biancoscudato Davide La Paglia in tackle sulla SLA

Quattro chiacchiere con Gaetano Armao ex assessore regionale

L’incontro

Salute & società

di D. Polizzi

Il nisseno gioca la sua partita più importante con-tro la sclerosi laterale amiotro!ca che lo ha colpito nel 2008: è il “capitano” dell’AISLA Caltanissetta. In questa di"cile battaglia al suo !anco la moglie Da-niela e le !glie Ester e So!a.

L’avvocato palermitano che reggeva il dicastero dell’e-conomia durante la giunta Lombardo, analizza i pri-mi dieci mesi del governo Crocetta, la situazione eco-nomica e le roventi polemiche delle ultime settimane.

Dieci anni durante i quali lo Spirito ha so"ato più forte sulla nostra terra e nei nostri cuori: il 27

settembre 2003 veniva tra noi il Vescovo Mario, Mons. Mario Russotto, il vescovo più giovane d’Italia quando era stato scelto personalmente da Giovanni Paolo II come Pastore di Caltanissetta. Consacrato nella nostra Cattedrale (era la prima volta nella

storia della Diocesi), alla presenza di tutti i Vescovi della Sicilia che avevano s!lato tra le navate gremite all’inverosimile con una solennità sconosciuta ai nisseni: ad imporgli le mani il cardinale De Giorgi, primate di Sicilia, e il cardinale Pappalardo, che gli aveva donato l’anello della sua consacrazione episcopale; un passaggio di testimone impegnativo e ricco di signi!cati,

tra il “Vescovo di Sagunto”, simbolo della resistenza civile dei siciliani e il “Vescovo-ragazzino” (come avevano titolato i giornali alla notizia della sua nomina) mandato in una terra di"cile e piena di contraddizioni, da troppi anni ripiegata sul proprio declino economico, sociale, culturale, !no ad avere abbandonato ormai anche la speranza nel proprio futuro.

segue a pagina 4

segue a pagina 22di P. Falci

di S. Mingoia

L’INTERVISTA

La seconda commissione consiliare

dichiara guerra all’assessore Milazzo

CHILDREN

Fatti & Palazzo del Carmine

a pagina 10

a pagina 24

Gli adolescenti vittime del fascino dello spinello

Le dimissioni del primo cittadino: polemica in!nita

L’ex ferrarista in!amma il pubblico della Coppa Nissena

GIOVANI & DROGASAN CATALDO IL PERSONAGGIO

a pagina 20a pagina 30 a pagina 26di A. Di Vita di L. Rovetto di M. Benanti

PadreMarioL’abbraccio della speranza

“ON THE ROAD”Il decennale del vescovo che ama stare tra la gente

foto di Lillo Miccichè

cettina bivonaCaltanissetta

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Direzione EditorialeMichele Spena

Direttore responsabileSalvatore MingoiaCollaborazioni:

Ivana BaiuncoAlessandro M. Barrafranca

Marco BenantiCarlo CampioneRino Del SartoAlberto Di Vita

EticoFiorella Falci

Giuseppe Alberto FalciFilippo Falcone

Salvatore FalzoneAnnalisa GiuntaLeda Ingrassia

Lello KalosDonatello PolizziLucilla RovettoGiuseppe Taibi

Giovanbattista Tona'LVHJQR�JUD¿FRMichele SpenaImpaginazioneClaudia Di Dino Distribuzione

Giuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6

Caltanissetta

[email protected]/Fax: 0934 - 594864

pubblicità: 389/7876789

[email protected]

La corsa alla poltrona di Sindaco di Caltanissetta sembra sempre più assomigliare alla fortunata serie

di cartoni animati, la corsa più pazza del mondo. Pare già di sentire la voce di Ferruccio Amendola che commenta il cartoon preannunciando che ha nastri di parten-za si presentano:con la vettura 00 emblematicamente contrassegnata da questa cifra i nostri

Dick Dastarly e Muttley ossia Alessan-dro Pagano e Michele Campisi. Il ghigno di Muttley, le imprecazioni di Dastardly («Accidenti, doppio e triplo accidenti») e la sua classica vana invocazione d’aiu-to («Muttley, fa’ qualcosa!») sono tratti caratteristici e punti di forza di questo sfortunato duo che si ripresenta ai nastri di partenza inseguendo la vittoria ma adesso pronti ad ogni tipo di scorrettez-za !no al paradosso di tendere trappole agli altri concorrenti aspettandoli lungo

la strada e rinunciando al vantaggio, in verità ormai inesorabilmente perso.Nel ruolo di Rufus Ru!cut,a Spacca-tutto, vettura 10, è occupata da un rude boscaiolo (il cui cognome, in inglese, suona come “taglio approssimativo” (rough cut), idiomatico per “qualcosa fatto alla bell’e meglio”: è, naturalmente, una macchina di legno con al posto delle ruote altrettante seghe circolari in grado di tagliare via gli eventuali ostacoli. Ruo-

lo perfetto per Gioacchino Lo Verme che spera in un successo nel ruolo di outsider.Penelope Pit Stop è Maria Grazia Bonu-ra, la “bella” del cartone, guida la vettura 5: il Vezzoso Coupé, di colore giallo e rosa e dotata di tutti gli accessori per la cura della persona e il trucco. “Pit-stop” signi!ca “sosta ai box”. La celeberrima frase di Penelope Pitstop è: «Oh mio Dio...», ad ogni sosta improvvisa. Sem-bra di sentirla già adesso imprecare con

tono gentile alla continua richiesta di stare buona ai box, per ora, da parte di Lumia e CrocettaIrrompe Peter Perfect. È il damerino della gara, sempre galante e sempre pronto a corteggiare Penelope. La vettura 9, denominata Sei Cilindri o anche

Turbo Terri!c è l’unica vera auto da corsa, simile a un dragster, e

ha la s i n -gola-

re carat-teristica di ripren-

dersi da ogni incidente con una sempli-

ce scrollata, come fosse di gomma. E’

lui, Gianluca Miccichè che non potendosi candidare, essendo deputato regiona-le, si è iscritto alla gara ma senza presentare il condut-tore….Ed ecco L’Insetto Scop-piettante. A bordo della

vettura 8 sta il classico montanaro, Luke, che

sonnecchia quasi tut-to il tempo guidan-do coi piedi, con il nervosissimo e freddoloso orso Blubber (il blub-ber è il grasso che protegge i mammife-ri marini dal freddo) alle

sue spalle. L a

vettura è di legno e mossa da una rudimentale caldaia. Che non somigli a Rudy Mai-

I Fatti di Etico

La corsa più pazza del mondo

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ra?Appaiono più agguerriti che mai Clyde e la sua banda. Sette nani gangster sono gli occupanti della vettura numero 7, la Macchina An-tiproiettile: si tratta di una banda degli anni venti, su auto d’epoca, ca-peggiata dal permaloso boss Clyde. Determinatissimi nella loro corsa, sembrano quelli di Caltanissetta Protagonista con alla guida Miche-le Giarratana, chissà cosa riserverà loro Dick Dasterly!Da non sottovalutare L’Armata Speciale. La vettura 6 è il mezzo militare della corsa: un carro ar-mato, guidato dal soldato Meekly (“meek” signi!ca “mite”) agli ordi-ni del guerrafondaio sergente Blast (ovvero “esplosione”), che per darsi una spinta a volte sfrutta il rinculo del cannone. Il cannone rappresenta eufemisticamente le palle girate della gente mentre sul carro ar-mato sembra di scorgere Gian-carlo Cancelleri, non si intui-sce se sia alla guida o se dia gli ordini!C o n grande forza-tura non es-sendo “max” ma soltanto “red” Red Max è Fau-sto Marchese. È un asso dell’a-viazione (!) che si ispira a due !gure reali: il pilota tedesco della prima guerra mon-diale Maz Immelmann ed il Barone Rosso. La vettura 4, lo scarafag-gio volante, è perciò una specie di aereo, ma capace di semplici balzi di cui il con-corrente si serve per scavalcare avversari e ostacoli. Proverbiale è la sua descrizione da parte della voce fuori campo nei titoli di coda dell’edizione italiana: «Red Max, balzellon balzelloni, avanza spedi-to». Marchese e il suo movimento Renziano Big Bang sembrano anda-re proprio a balzelloni.Ai nastri di partenza anche il profes-

s o r P a t Pending. È lo scienziato pazzo alla guida della vettura 3: la Multiuso capace, con accorgimenti tecnici, di trasformarsi in qualsiasi altro mez-zo di trasporto idoneo a superare gli ostacoli a volte insormontabili che la gara propone. La formula inglese “Pat. Pending” signi!ca “Brevetto in corso di approvazione”. Sergio Iaco-na aspetta l’approvazione da parte di qualcuno, ci riuscirà?I fratelli Slag pilotano la Macigno-Mobile vettura numero 2, una macchina di pietra pilotata da due rozzi cavernicoli: gemelli coperti di lunghi capelli e armati di una clava che usano talvolta per bastonarsi

a vicenda, talaltra per “rico-struire” il mezzo andato

in frantumi in qual-che incidente. Li po-tremmo assimilare a qualcuno che ha interesse nelle tra-

smissioni via etere?

Il Diabolico Coupé richiama invece in qualche modo la loro tetra dimora. Sulla macchina, pilotata da due mostri (i fra-

t e l l i Big e Little Gruesome, “gruesome” signi!ca “orribile, pau-roso”), è montata una sorta di cella campanaria circondata di pipistrelli: un drago al suo interno funge da propulsore dell’auto. In questa fantastica e immaginaria corsa non immaginiamo e non ci auguriamo ci siano mostri per cui il Diabolico Coupè resta ancora senza pilota. Uno strano anticipo sta caratteriz-zando la corsa più pazza della città e purtroppo quel diabolico coupé oggi non si nega a nessuno.

Settembre www.ilfattonisseno.it 3

AVVISI LEGALI

TRIBUNALE DI CALTANISETTAESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE N° 3/2009 R.ES. IMM.

II cancelliere rende noto che all’udienza del 02 ottobre 2013 alle ore 12.30, nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale avanti il Giudice dell’esecuzione avrà luogo la vendita senza incanto del seguente bene immobile:LOTTO UNICOFondo rustico sito in Serradifalco Contrada Cusatino della superfìcie catastale di are 20.27 ricadente in zona E del piano regolatore generale vigente e allo stato incolto.Quota di un mezzo(l/2) di piena proprietà di un terreno costituente strada di accesso al fondo sopra descritto.Distinti al N.C.T. del predetto comune il fondo al foglio 17 p.lla 728, vigneto di 2A, ha 00.20.27 con R.D. £20.94 e R.A. " 7.33 e il terreno , costituente strada di accesso, al foglio 17 p.lla 725, vigneto di 2 A ,ha 00.08.60 con R.D. " 8,88 e R.A. 3,11 e p.lla 727, vigneto di 2A , ha 00.08.70 con R.D. " 8,99 e R.A. "3,15.Prezzo minimo del l’o#erì e " 8.676,00; Inoltre in caso di mancanza di o#erte di acquisto senza incanto ovvero per qualunque altra ipotesi in cui la vendila senza incanto non abbia luogo sì terrà la vendita con incanto il giorno 16 ottobre alle ore 12.30.Il prezzo base d’asta per il lotto è di ". 8.676,00.O#erta minima in aumento ". 500,00.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAESEC. IMM. N. 71/11 R.G.E.

LOTTO UNICO - Comune di San Cataldo, Via Croce Vecchia, 25/27. Fabbrica-to composto da deposito al p. terra e 3 stanze in pessimo stato al p. primo. NCEU Fg 52, p.lla 4430. Prezzo base: Euro 20.700,00. Vendita senza incanto: 15/11/2013 ore 16.30, innanzi al professionista delegato Avv. Rita Iannello presso lo studio in Caltanissetta, Via M. Guttadauria, 6. In caso di mancanza di o#erte, vendita con incanto: 25/11/2013 ore 16.30 rialzo minimo Euro 1.035,00. Deposito do-mande e/o o#erte entro le 12 del giorno non festivo precedente la vendita c/o suddetto studio unitamente al 10% del prezzo o#erto come cauzione. Maggiori info presso studio del delegato ore 16.30-19.30 tel. 0934/565538 e/o su e www.astegiudiziarie.it. (Cod. A239600)

TRIBUNALE DI CALTANISETTAESPROPRIAZIONI IMMOBILIARI

N.79/04 R.ES.IMM. Il cancelliere rende noto che, all’udienza dei 16/10/13 alle ore 12,30 nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale, avanti il Giudice dell’esecuzione avrà luogo la vendita senza incanto dei seguenti beniimmobili: Appezzamento di terreno sito in Vallelunga Pratameno c.da Manca di forma trapezoidale con leggera pendenza, estesa mq. 4.200, coltivato in parte ad uliveto,con insistente fabbricato rurale della super!cie di mq.14 in pessimo stato di conservazione. Il fabbricato non inserito in mappa e realizzato senza le prescritte autorizzazioni,è stato ritenuto sanabile dall’ esperto. Nel catasto terre-ni del predetto comune al fg.12 part. 146, seminativo di classe 2, redd. domini-cale 20,61 ed agrario " 6,51.Prezzo minimo dell’o#erta 8.180,00.Con tutti i diritti, dipendenze, pertinenze, accessori e servitù. Il tutto come me-glio descritto in perizia agli atti. Ognuno, eccetto il debitore è ammesso a fare o#erte personalmente o per mezzo di procuratore legale anche per persona da nominare, a norma dell’art. 579, ultimo comma C.p.c. Le o#erte di acquisto - redatte secondo le modalità- e con l’indicazione contenute nell’ ordinanza di vendila dovranno essere presentate in bollo in busta chiusa indirizzata alla Can-celleria della Sezione Civile del Tribunale di Caltanisetta - U$cio Esecuzioni Immobiliari, entro le ore 12 del giorno precederne la data per l’esame delle of-ferte.Inoltre in caso di mancanza di o#erte di acquisto senza incanto ovvero per qua-lunque altra ipotesi in cui la vendita senza incanto non abbia luogo si terrà la vendita con incanto il giorno 30.10.2013 alle ore 12,30.Il prezzo base d’asta per il lotto è di " 8.180.00O#erta minima in aumento " 500,00Le domande di partecipazione alla vendita con incanto redatte secondo le mo-dalità e con le indicazioni contenute nell’ordinanza di vendita dovranno essere presentate in bollo indirizzata alla Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta - U$cio Esecuzioni Immobiliari, entro le ore 12 del giorno precedente a quello stabilito per l’incanto.Maggiori informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono esse-re fornite dalla cancelleria, (ove è possibile visionare la perizia di stima) e sul sito internet, www.astegiudiziarie.itCaltanissetta 06.08.02013 Il funzionario giudiziario

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di Fiorella Falci

E invece speranza e futuro erano diventate da subito le parole-chiave del magistero del

Vescovo Russotto,nato a Vittoria nel 1957, ordinato sacerdote nel 1981, a Ragusa, dal Vescovo Angelo Rizzo (di origine nissena), che aveva svolto il suo ministero alternando l’impegno pastorale all’approfondimento degli studi teologici e biblici a Roma, proseguiti con la docenza in Sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica di Palermo.Di particolare rilievo nazionale il suo ruolo di Assistente ecclesiastico della FUCI, la Federazione Universitari Cattolici, dal 1991 al ‘98, (in cui aveva avuto un illustre predecessore, Giovan Battista Montini, il futuro PaoloVI).Studioso e intellettuale di straordinaria profondità, aveva diretto a Palermo il Centro Regionale per la formazione permanente del clero, dedicando alla formazione evangelizzatrice decine di pubblicazioni e di saggi, ed un’intensa attività di direzione di corsi biblico-teologici in tutti i continenti (Stati Uniti, Messico, Cuba, Paesi Scandinavi, Polonia, Inghilterra, Estonia), alternando ad essi incontri importanti con personalità internazionali come Lech Walesa e Fidel Castro, su mandato di Papa Wojtila.Da Giovanni Paolo II Mons. Russotto aveva recepito l’autenticità profonda con cui vivere la fede e la coerenza nel testimoniarla, esprimendone la gioia con una comunicazione immediata, fatta di gesti di accoglienza e nello stesso tempo di rigore esigente, così come la disponibilità del cuore nell’autenticità delle relazioni umane, con uno stile amabile e cordiale capace di andare oltre la formalità della cortesia, comunicando la forza del sentimento d’amore comefondativo della stessa fede, e con cui guarda ciascuno, a c c o g l i e n d o l o nell’ascolto e nella condivisione. L’altra eredità i m p o r t a n t e l ’a t t e n z i o n e verso i giovani, interlocutori p r i v i l e g i a t i di tutto il suo m a g i s t e r o e p i s c o p a l e , destinatari, per la prima volta, di una Lettera pastorale a loro dedicata: “Vivere la gioia per dare senso alla vita”.Il tempo da dedicare ai poveri e la responsabilità verso i giovani e la costruzione del futuro hanno animato in questi anni la sua presenza nel nostro territorio, e la sua energia nello spingere con la volontà e con

il cuore la società nissena verso la rinascita, il risveglio delle coscienze, la libertà nella vita e nelle scelte delle persone e delle famiglie, con la passione esigente della coscienza libera e dell’autorità morale, e la tensione etica di chi sa testimoniare sempre coerenza tra valori e comportamenti, tra il pensare e l’agire, tra il dire e il fare.Dello stesso segno l’attenzione costante del Vescovo Russotto per il Seminario e la formazione al sacerdozio dei giovani: 17 nuovi sacerdoti ordinati nel corso di questi 10 anni, (l’ultimo pochi giorni fa), una cura particolare nell’apertura al mondo con viaggi periodici dei seminaristi in tutti i continenti, a contatto diretto con espressioni diverse dell’esperienza cristiana; ordinazioni sacerdotali celebrate in Uganda, in Brasile, proiettando questa nostra piccola diocesi nell’orizzonte di una mondialità spirituale capace di stare dentro il contesto contemporaneo con l’autorevolezza di chi è portatore di una parola di verità, che deve sapere parlare le lingue degli uomini per essere

compresa, interiorizzata e diventare conversione reale della vita.Ed è stata una Chiesa in movimento, quella di Caltanissetta, in questi 10 anni di episcopato del Vescovo Mario, risvegliata dalla sua energia esigente e generosa intorno alla lettura e allo studio della Parola. Una visita pastorale durata quasi tre anni, che lo ha portato a visitare ogni angolo della Diocesi, in un abbraccio di conoscenza intelligente che ha toccato tutti gli ambienti sociali, tutte le età, tutte le condizioni.

Undici lettere pastorali, non documenti rituali e rivolti all’interno della Chiesa-ist ituzione, ma occasioni di comunicazione e di

dialogo autentico con il popolo dei credenti e dei

cercatori di senso e di verità.Cinque nuove chiese

completate e aperte al culto,e un’architettura nuova anche delle coscienze che si va costruendo nel

nostro territorio grazie alla sua azione pastorale: con esperienze innovative come il microcredito per le famiglie in di!coltà e le

microimprese giovanili (l’unico in Italia che fornisce prestiti senza interesse), le cooperative sociali promosse con il Progetto Policoro, le iniziative di accoglienza e di tutela dei giovani a rischio (recente l’apertura della Locanda del Buon Samaritano a S.Cataldo a cura di Nuova Civiltà). Esperienze che puntano a costruire autonomia nei soggetti più fragili, autostima e libertà di coscienza, premesse per una fede matura e per una cittadinanza consapevole, anticorpi di legalità in un territorio profondamente segnato anche dalla presenza della criminalità organizzata.Otto IGF, le Giornate dei Giovani e delle Famiglie, scommessa del dialogo intorno alla ricerca di senso che renda la famiglia ancora una comunità accogliente, luogo dell’ amore solidale e della formazione alla cittadinanza responsabile.Più di cinquanta Aggregazioni Laicali, coordinate da una Consulta Diocesana che anno dopo anno, nei suoi Convegni, approfondisce l’impegno dei laici intorno ai temi dello sviluppo del territorio, del futuro delle giovani generazioni,

della s"da educativa.E in"ne il Biennio Biblico

diocesano, missione capillare di evangelizzazione intorno alla ri#essione sulla Sacra Scrittura, testimonianza viva di quel motto episcopale “In verbistuismeditabor” (Nelle tue parole mediterò) assunto da Mons. Russotto come stella polare di un’azione pastorale profonda, capace di scavare nelle coscienze, di sostenere la speranza, di o$rire un orientamento morale autorevole e accessibile allo stesso tempo.Alla centralità della Sacra Scrittura nell’azione pastorale è stato dedicato un impegno prioritario, con l’introduzione, in tutte le chiese della Diocesi, il giovedì pomeriggio, della Lectio biblica sui testi della Messa della domenica.Il metodo della Lectio biblica gli ha consentito di fondare il suo progetto di evangelizzazione sulla roccia della Parola di Dio e non su una semplice predicazione morale: ai giovani, alle famiglie, agli educatori, ai religiosi e anche ai politici e agli amministratori della cosa pubblica sono stati dedicati cicli di lectio bibliche. Quasi ogni anno, nell’Aula consiliare del Comune di Caltanissetta le sue Lectio hanno scandito un percorso di approfondimento del rapporto tra fede e potere che ha interrogato radicalmente il mondo della politica e delle istituzioni del territorio.Rigoroso e “senza sconti” il suo rapporto con la politica locale; rispettoso dei ruoli istituzionali e della laicità dell’impegno politico anche dei cristiani, ma esigente rispetto alla capacità di dare risposte concrete ai bisogni del territorio: dalle strade al lavoro, dall’acqua alla buona sanità, vere e proprie battaglie etiche e civili, condotte a volte con parole di fuoco, come quando ha lanciato il suo anatema contro la sanità asservita a torbidi interessi politici, che priva i cittadini della dignità nella malattia e del rispetto dei loro diritti.Azione pastorale quindi, quella di mons. Russotto, capace di parlare alle domande della condizione umana nella concretezza della vita quotidiana, ma sempre determinata ad indicare il percorso spirituale, il respiro dell’anima, la “misura alta” della vita cristiana, a partire da una chiesa capace di evangelizzare se stessa per essere credibile nei confronti del suo popolo, capace di a$ascinare e riconquistare i disorientati, i delusi, gli scon"tti, nel condividere un’esperienza religiosa segnata dalla gioia, dalla speranza attiva, dall’impegno.Respiro per l’anima quindi, per irrobustire la coscienza e la responsabilità dei soggetti, per spingerli a prendere nelle mani la propria vita con determinazione, coltivando la fatica e la gioia della speranza con la volontà di uscire dall’indi$erenza e dalla “solitarietà” che spesso spengono il nostro sguardo verso il futuro.Fare crescere un popolo di Dio che sia anche un popolo forte di una propria identità di cittadinanza, superare la rassegnazione, premessa della

sottomissione al clientelismo e del cedimento alla corruzione, costruire una società civile consapevole e matura, capace di interrogarsi e di interrogare costruttivamente le istituzioni, il potere, anche quello della Chiesa.La santità alla portata di tutti i credenti, non come condizione “eccezionale” ma come esperienza accessibile per tutti: alzare l’asticella degli obiettivi del popolo di Dio, ben oltre la devozione e una pratica della vita cristiana burocraticamente trascinata senza trasformare la propria vita. Questo il senso profondo, “popolare”, dell’impegno di Mons. Russotto per la valorizzazione delle esperienze di santità espresse dal nostro territorio: Padre Angelico Lipani, Mons. Intrecciatagli, Marianna Amico Roxas (già venerabile); e poi l’apertura del processo di beati"cazione di Mons. Giovanni Iacono, quinto vescovo di Caltanissetta, di cui è stata già completata la fase diocesana..Valorizzazione della santità ma anche “puri"cazione della memoria”, alla maniera di Giovanni Paolo II, nei confronti di tante pagine poco luminose della storia della chiesa nissena: dai “carusi” morti in miniera (che non ricevevano funerali religiosi "no al 1958) per i quali ha celebrato messa nel loro piccolo cimitero di Gessolungo, a Mons. Ignazio Zuccaro,

terzo vescovo nisseno, protagonista della intensa stagione dei “preti sociali” tra ‘800 e ‘900, vittima di una persecuzione che lo costrinse alle dimissioni, nel 1906, riabilitato da uno studio del prof. Mangiavillano e solennemente riportato, per volontà di Mons. Russotto, nella sua Cattedrale dove è stato sepolto, dopo un secolo, dal cimitero di sant’Orsola, a Palermo, dove giaceva dimenticato.Una voce autorevole e spesso scomoda, quella del nostro Vescovo, mai accomodante con i poteri forti e sempre disponibile all’impegno per la nostra gente, rigoroso nel ricordare ad ognuno le nostre responsabilità, attento alle fragilità sociali e morali, generoso nel coraggio che infonde a tutti, chiedendoci uno sguardo capace di futuro.Grazie, Padre Vescovo Mario, e auguri per tanti altri anni luminosi di episcopato tra noi. Grazie per la speranza che ci ha indicato e per il coraggio con cui la alimenta. Quell’”abbraccio della speranza” con cui ha intitolato la sua ultima lettera pastorale, che sentiamo rivolto con a$etto al cuore di ognuno di noi.

10 anni con il vescovo MarioL’ abbraccio della

SPERANZA...Segue dalla prima

Speranza e futuro sono le parole chiave del magistero di Mario Russotto

In 10 anni di episcopato, 11 lettere pastorali e 17 sacerdoti ordinati

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Due lustri alla guida della chiesa nissena. Dieci anni di Mons. Mario Russotto il vescovo “on the road” con chiaro riferimento al mitico Jack Kerouac ed al suo romanzo autobio-gra!co nel quale scrisse: « Dobbiamo andare e non fermarci !nché non siamo arrivati» «Dove andiamo?»«Non lo so, ma dobbiamo andare». Il vescovo non conosce il percorso ma è certo della guida della Provvidenza: la strada è lastricata di prove e di"-coltà ma illuminata dalla fede e dalla Parola di Dio. L’INIZIO. “Io non volevo essere ve-scovo anche se come dice san Paolo ‘desiderare l’episcopato è una cosa buona’. Quando sono arrivato nel capoluogo nisseno, ho vissuto il mio episcopato con pienezza e dedizione, le stesse che mi hanno accompagna-to nel mio essere parroco. Ho sem-pre dovuto cominciare da zero ma quando andavo via, lasciavo le cose

avviate. Quando sono arrivato qua, intanto volevo ascoltare il cuore del-la gente, era una delle poche diocesi che non conoscevo”.Le direttive portanti della sua mis-sione sono ben chiare, un binario saldo su cui Monsignor Russotto si è incamminato per compiere la sua

missione. LE DIRETTIVE. “Tratti portanti del mio agire sono due. Il primo è LA CENTRALITA’ DELLA PAROLA DÌ DIO o si comincia dalla Bibbia oppure facciamo moralismi e chiacchiere inutili, il secondo LA CENTRALITA’ DELLA PERSONA, la dimensione umana. La novità as-soluta del cristianesimo è il primato dell’uomo, Dio si è fatto uomo: l’u-manità diventa la porta del cielo. Il

mio ministero lo vivo con umanità: al di là di ogni scelta di fede, credente o non, cattolico o no”. Superato l’impatto dell’arrivo nel ca-poluogo nisseno e guidato dalla fede,

era il momento di pensare alla casa, all’accoglienza. L’EPISCOPIO. “Al mio arrivo l’ho dovuto restaurare in-teramente era inagibile. Io desidero che la mia porta sia aperta a tutti. La tavola è sempre apparecchiata. Difat-ti non ho voluto nessuno dei miei pa-renti in episcopio, ho chiesto alla Ma-

dre Generale delle suore francescane, due suore per accogliere la gente, per fare in modo che le persone potesse-ro sentirsi a casa. I primi otto mesi ho abitato in seminario. In seguito gra-zie alla Cei e alla Provvidenza, siamo riusciti a renderlo sobrio, accoglien-te ma senza ricercatezze; elemento dominante l’armonia in modo che ognuno possa sentirsi in pace”. Le azioni non sono dettate solo dal-

la volontà degli uomini, ci sono altre parti che ad alcuni possono appari-re casuali ma che per altri sono fa-cilmente identi!cabili e assumono nitidamente e chiaramente i tratti

dell’imperscrutabile volontà divina. Con sapiente arguzia Sua Eccellenza ci racconta una vicenda particolare. IL MOBILE. Molti amici con gene-rosità mi aiutarono ad arredare lo stabile. Un architetto m’inviò un’e-mail in cui mi comunicava che pres-so un antiquario di un paese dell’en-

troterra siciliano vi era un mobile bellissimo, francese, del XIV secolo (ovviamente munito di tutti i certi!-cati del caso) ma dal costo di 29.500 euro; la cifra mi fece sobbalzare sul-la sedia. Mai e poi mai avrei potuto impiegare tanti soldi a tale scopo. Un giorno decisi di mettermi in macchi-na e con 2500 euro in tasca mi recai a vedere tale meraviglia lignea. Trovai un vecchietto scoraggiato, prossimo

a chiudere l’attività poiché da mesi non vendeva uno spillo. Mi presen-tai. A quel punto l’anziano mi chiese di pregare per lui. ‘Io ti regalo 2500 euro per quel mobile. Se tu nei pros-simi giorni dovessi vendere qualcosa, mi porti il pezzo altrimenti tranquil-lamente tieniti pure questa cifra’. Mi prese per pazzo, io gli lasciai il mio biglietto e me ne tornai in città. Nel pregare il Signore gli dissi di non far-mi fare questa brutta !gura. Dopo quattro giorni, l’anziano mi chiamò

singhiozzando, in lacrime, dicendo che il suo negozio era stato preso d’assalto. Puntuale, con un camion mi portò il mobile, e dopo avermi abbracciato, l’indomani mi consegnò inoltre quattro sedie che a suo dire si abbinavano perfettamente con l’arre-damento della stanza”.Adesso è il momento di parlare dei nisseni. L’osservatorio privilegiato di cui gode il nostro interlocutore, può servire a capire meglio gli abitanti di Caltanissetta.DIFETTI DEI NISSENI. “Il difetto maggiore dei nisseni è la rassegna-zione: Questo è un popolo di ras-

segnati. Gli abitanti di questa città non farebbero mai una rivoluzione, aspetterebbero sempre che fossero gli altri a iniziarla e poi si accoderebbe-ro. Credo che ciò accada perché pro-vengono dalla cultura del sottosuolo, con riferimento alle Miniere. Sono stati sempre costretti a subire, ad ac-codarsi ma mai ad alzare la testa o a prendere l’iniziativa. I Nisseni stan-no bene sotto tutti. L’altro difetto dei

nisseni e che sovente non lasciano trasparire mai quello che realmente pensano. Io quello che ho nel cuore, ho nella mente e sulle labbra. Ho fa-ticato a capire che il sì certe volte è no ma non per opposizione. Cama-leontismo”. PREGI. “Il cuore, proprio perché è stata una gente sfruttata, oppressa, ha coltivato un’interiorità profon-da. Hanno bisogno di tempo, non si sbilanciano ma poi ti danno il cuore. Non sono super!ciali, né un popo-lo che si da delle arie. L’altro pregio prominente credo sia la semplicità che pero è incrostata. Cambiano se gli dai le carezze, l’ho imparato stra-da facendo. Hanno bisogno di spe-rimentare la paternità specialmente da parte dell’autorità, che forse qui a qualsiasi livello è sempre stata distan-te dal popolo, un corpo estraneo. Io ho fatto tanti matrimoni e battesimi di gente poverissimi, non osavano neanche chiedermelo. Ero io a o#rir-mi, questo ha spalancato i cuori”. Il parallelismo con il mondo del calcio è agevolato dalla passione che Monsignor Russotto ha per la Juventus,(a tal proposito sul nostro sito racconteremo una vicenda cu-riosa relativa alla maglietta di del Piero): le qualità della sua ‘squadra’ pastorale ossia i sacerdoti. I ‘MIEI’ PRETI. “Li apprezzo sin-ceramente, sono davvero bravi. Si tratta di un Presbiterio un po’ chiuso in se stesso, che si è trincerato anche rispetto ai movimenti post-sessan-tottini. Qui il clero ha saputo creare una trincea. Tutti s’impegnano con dedizione e generosità: un atteggia-mento che mi edi!ca. Certo è ra-

www.ilfattonisseno.it6 Settembre

La centralità della parola di Dio e della

persona, direttive fondamentali del mio

cammino

I pregi dei nisseni: il cuore e la semplicità.I difetti, la rassegnazione e il camaleontismo

di Michele Spena e Donatello Polizzi

Russotto, vescovo “On the road”

50Viale ReginaMargheritaFatti in Curia

La nostra redazione ha incontrato Sua Eccel-lenza il vescovo Mario Russotto nel suo u"cio. Da dieci anni regge le sorti della chiesa Nisse-na: momento di bilancio, analisi e indicazioni per il percorso futuro. L’editore Michele Spena e Donatello Polizzi hanno compiuto un viaggio che ha attraversato alcuni dei momenti salien-ti dell’esistenza di un uomo che, guidato dalla fede e dalla parola di Dio, ha vissuto e vive gior-

ni di grande intensità.In questo numero i Fatti della Curia prendono il posto della rubrica Fatti in Redazione. E’ stato di"cile redigere l’articolo, non si possono con-densare in ‘poche’ righe le emozioni scaturite dall’animo e dal cuore di un Vescovo che ci ha condotti per mano a ‘vivere’ le di"coltà di chi quotidianamente sorretto dalla Provvidenza si confronta con gli uomini e le sue debolezze.

L’Incontro. Un !ume dialettico ‘pieno’ di emozioni: Padre Mario racconta con ...fede

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dicato l’individualismo, di!coltà a mettersi in rete in comunione con gli altri. A ogni ritiro mensile, man-giamo sempre insieme. Vengono ogni mese, da ogni paese per il ritiro spirituale. Ogni anno, da dieci anni, andiamo in due turni da tre giorni: approfondiamo, ci confessiamo. Vi-vono questi giorni con il vescovo: io sono a loro servizio. Io mi spendo per i miei preti, non dico mai di no”. I punti nodali del programma pa-storale e come in"uiscono concre-tamente sullo sviluppo dei rapporti con i fedeli. LE TRE “P”: PAROLA DI DIO, PREGHIERA E POVERI. PARO-LA DÌ DIO. “La Centralità della parola è fondamentale. Siamo l’uni-ca Diocesi in Italia, non so nel resto nel mondo, in cui il giovedì, non vi è messa, perché c’è la lectio biblica: meditazione e preghiera sul brano del Vangelo della domenica succes-siva; si spiega da un punto di vista esegetico. Papa Francesco è rimasto gioiosamente sorpreso di scelta co-raggiosa; analogo stato d’animo ha manifestato Benedetto XVI. Scelta condivisa anche da Enzo Bose, fon-datore della comunità monastica di Bose”.Sua Eccellenza è dotato di un cari-sma percepibile. Ha la capacità di incidere sull’ascolto dell’interlocu-tore, introducendo dei ‘memorabili’ aneddoti che perfettamente attengo-no all’argomento trattato: a proposi-

to della Parola di Dio e della sua pre-minenza. IL SOLIDEO. “Durante la mia ultima visita a Papa Francesco come da inveterata tradizione il ce-rimoniere ponti#cio ha ricordato a tutti i vescovi di sollevare dal capo il Solideo, in segno di saluto. Il so-lideo è lo zucchetto che indossano i vescovi: il suo nome deriva da Soli Deo tollitur (lo si toglie solo davanti a Dio); infatti per evidenziare l’im-portanza dell’eucaristia, il celebrante e concelebranti tolgono dal capo lo zucchetto prima del prefazio e per tutta la liturgia eucaristica. Io ho avvisato il cerimoniere che non era mia intenzione toglierlo dinanzi al Papa: non è una mancanza di rispet-to ma non servono questi atti osse-quiosi, di servilismo. La discussione si ‘accende’, il cerimoniere insiste ma io sono irremovibile. Nel frattempo Papa Francesco arriva e si accorge della discussione in corso e chiede se ci sia qualche problema. Io ho det-to Padre Francesco, io non lo tolgo anche per un altro motivo, non ho la testa da Vescovo. Il mio solideo è fuori misura, anche il più piccolo a me sta enorme. Il Papa mi ha detto, fai bene e mi ha abbracciato caloro-samente”. LA PREGHIERA. “Sono convinto che la chiesa non sia un’associazio-ne di bene#cienza; la chiesa è un mistero, una comunità, un popolo che a$onda le sue radici nel mistero della fede, ci vuole un rapporto pro-

fondo con il Signore. I fedeli non de-vono “sentire la messa”ma vi devono partecipare. La preghiera è lasciarsi accarezzare l’anima dal Signore, sen-tire i brividi nel rapporto con lui: bisogna educare la gente a pregare. La preghiera non è un mero rito devozionale, dire bla bla bla, è una consonanza del nostro cuore con il cuore di Dio, la preghiera come ado-razione. POVERI. “Voglio ricordare tutti i progetti della Caritas. Abbiamo at-tinto ai fondi Cei e coinvolto le am-ministrazioni; realizzato progetti per più di due milioni di euro. Creato quattordici cooperative di giovani. Mi piace citare le ricamatrici di San-ta Caterina, i cui prodotti ho portato al Papa Francesco: tutto quello che serve per l’altare. Era confezionato in una busta di cotone in cui era rica-mato il suo stemma. Il tutto adorna l’altare di Santa Marta in cui il Ponte-#ce celebra la messa. Un cenno me-rita il Microcredito, anche per le fa-miglie; per le imprese con l’uno per cento d’interesse #no a 25.000 mila euro. La gente si accorge che le cose le fai concretamente”.Attenti, immersi nell’ascolto e nella ri"essione che spontanea nasce dai molti spunti o$erti dallo spessore degli argomenti trattati, ci spingia-mo un passo avanti; dalla religione all’etica. Caltanissetta la città della legalità. LEGALITA’. “Prima non si parlava mai di legalità, il parlarne è impor-tante. La gente familiarizza con certi concetti o valori. Ci sono però troppi sbandieratori; siamo in Sicilia, usia-mo concetti e parole per coprire le magagne: ammantato di legalità, ognuno fa quella che vuole. Ho dif-#denza verso i parlatori di legalità, preferisco quelli che si spendono con le opere”.Mario Russotto, è lucido nella sua analisi, consapevole del suo tempo e di come si possa incidere nella

vita dei fedeli, con quali modalità si possa innestare nella Chiesa energia nuova, positiva, catalizzante: “Non possiamo aspettare le persone, dob-biamo andarle a cercare. Tante volte noi uomini di chiesa abbiamo mo-strato tutto tranne il Vangelo. Io amo questa città. Ho ampiamente dimo-strato che non voglio andare da altre parti almeno che non sia il Signore a dirmelo. Per compiere la mia visita pastorale ho impiegato tre anni. Ho

visitato tutte le parrocchie e ho dor-mito in ciascuna per una settimana. Ho portato la comunione a tutti gli ammalati della diocesi, oltre sei mila, sono entrato nelle case di tutti”.

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La preghiera è lasciarsi accarezzare l’anima dal Signore, sentire i brividi del rapporto con Lui. E’ una consonanza del nostro cuore con quello di Dio

Auguri Don Mario, anzi Auguri Sua Eccellenza...e non per scherzo

Ho conosciuto Monsignor Mario Russotto, quando non era Vesco-vo e quando non era nemmeno Monsignore. Io studiavo all’uni-versità di Palermo e facevo parte della Federazione Universitaria Cattolica Italiana negli anni “90, quando Don Mario ne era l’assi-stente nazionale.All’epoca era un semplice giovane prete; semplice, per modo di dire.Noi studenti della FUCI lo consi-deravamo “dei nostri”, alla nostra portata; gli parlavamo con quel poco di irriverenza ma al con-tempo con quel tanto di con#-denza e di #ducia, che magari con un altro sacerdote non avremmo considerato possibile.Eppure lo vedevamo dotato di cultura amplissima, di energia inesauribile, di brillante eloquio e di profonda sapienza. Le sue lezioni sul Vecchio Testa-mento, le sue già numerose pub-blicazioni, la stima di cui godeva negli ambienti del Vaticano, ci facevano avvertire quel rapporto alla pari, come qualcosa di “dissa-crante” nei confronti di una per-sona che avrebbe avuto titolo per farsi considerare un maestro.La nostra ammirazione per le due doti e per il suo prestigio la tra-sformavamo in amichevoli prese in giro che sembrava gradire, co-gliendovi tutto il nostro a$etto.Condivise con noi tanti momenti di approfondimento culturale e teologico, tanti momenti di spi-ritualità e di preghiera comuni-taria, tanti momenti delle nostre

vite personali. Tante volte mediò con le gerar-chie ecclesiali che non sempre vedevano di buon occhio l’in-traprendenza intellettuale della FUCI, ritenuta da molti poco in-cline alla disciplina; mai ci limitò o consentì ad alcuno di limitarci nei nostri percorsi di ricerca.Fu con noi del gruppo della FUCI

di Palermo nel momento più tri-ste, quello dell’assassinio di Padre Puglisi. Lo andai a prendere in aeropor-to e lo accompagnai in giro per Palermo durante quei giorni drammatici: ricordo lo smarri-mento delle nostre conversazioni dinanzi a quell’evento inaspettato, la commozione nel dirsi il perchè era successo e nel confessarsi che non c’eravamo mai immaginati

che sarebbe potuto succedere.Dopo l’università ci rincontram-mo in occasione dell’udienza ge-nerale che Papa Giovanni Paolo II concesse a tutti i “fucini” in occa-sione del Centenario della Fede-razione nel 1996. Poi via via gli incontri si erano fatti più rari, anche se Don Mario era sempre puntuale a Natale con la sua Preghiera e il biglietto di auguri.Gli universitari degli anni “90 se-guivano la loro strada. Don Ma-rio rimase accanto alle nuove ge-nerazioni di “fucini” #no al 1998, fu nominato Monsignore, quindi andò ad insegnare Scare Scritture alla facoltà teologica di Palermo. Ad agosto del 2003 cominciò a circolare la notizia che il nuovo Vescovo di Caltanissetta era lui, Don Mario. Mi telefonarono tanti amici che circa dieci anni prima erano sta-ti nella FUCI e che ora volevano commentare l’evento con me, l’u-nico che risiedeva nella sua nuova Diocesi. Uno di loro, ricordando le nostre goliardate da universita-ri, mi disse: “Ora lo devi chiamare Sua Eccellenza, e non per scher-zo!”Chi lo avrebbe mai detto di ritro-varlo come mio Vescovo!Le vie del Signore sono in#nite e non #niscono mai di stupire; e talvolta sono vie che si incrociano e fanno reincontrare.Durante il suo ministero nella Diocesi nissena, tante volte ho riconosciuto in Mons. Russotto il sacerdote che accompagnava gli universitari nei loro percorsi culturali e spirituali e ho scoperto come quella sua stessa sensibilità fosse e!cace con le persone di ogni condizione e istruzione: da assistente spirituale degli studenti ad assistente spirituale di tutti.E pian piano sono passati dieci anni.Cos’altro potrei dire se non: “Au-guri Don Mario”. Anzi: “Auguri Sua Eccellenza... e non per scherzo!”.

Tre P fondamentali per il mio programma pastorale: Parola di Dio, Preghiera ePoveri

Conobbi Russotto 23 anni or sono.Non è cambiato: inesauribile e brillante

di Giovanbattista Tona

27 settembre 2003 il momento della consacrazione episcopale di Mario Rus-sotto compiuta dal Vescovo consacrante Cardinal De Giorgi

L’assistente spirituale della FUCI Mario Russotto con Giovanni Paolo II (1992)

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Ci chiediamo come sia possibile racco-gliere e poi rendere ‘leggibile’ per i no-

stri lettori un colloquio così esclusivo e appassionante. Il vescovo, ancora una

volta, riesce con il racconto di un epi-sodio a chiarire ‘il senso’ di ciò che ci ha raccontato. “Portavo la comunione in un paese. Nel transitare dinanzi una casa, vengo avvisato, qui vi è un malato terminale, però non possiamo andar-ci, lui non è credente, è anticlericale; il parroco mi avvisa, la moglie ci ha pre-gato di non andarci. Neanche ci penso, suono il campanello, la moglie apre la porta, io la accarezzo e le dico guarda che il parroco ti deve dire una cosa ed io m’in!lo nell’abitazione. Entro in una stanza, un uomo anziano giace semi-addormentato sulla poltrona, con un libro fra le gambe. Gli sussurro ciao, sono il Vescovo. Si sveglia, mi guarda strano. Io insisto, sono venuto a trovar-ti perché so che non stai bene; prova ad alzarsi, io l’aiuto. Mi butta le braccia al collo, e singhiozzante mi mormora, da tanti anni vivo lontano da dio, io lo allontano sempre, oggi lui è venuto a trovarmi in casa mia. L’indomani, ave-

vo iniziato da poco a celebrare la mes-sa e durante, credo la prima lettura, si apre il portone della chiesa ed entra quest’uomo, appoggiato al bastone e sorretto dalla moglie. Me ne accor-go, corro verso di lui, probabilmente

i presenti avranno pensato ‘u vescuvu impazzì’. Gli dissi, tu non puoi uscire o camminare, lui mi rispose ‘dovevo ricambiare la visita al Signore’. Poi il parroco l’ha confessato. Un mese dopo

è morto; la moglie, in seguito mi disse, mio marito è spirato sereno”.Seguono alcuni minuti di silenzio, guardiamo Sua Eccellenza. Ci rendia-mo conto del carico di responsabilità, di emergenze, di umanità dolente che deve portare e sopportare, un fardel-lo immane che potrebbe schiacciare. La domanda è secca, pungente, quasi aspra: come riesce a vivere emozioni così profonde e invasive? “Perché non sono solo, sento davvero che la mis-sione è di Dio che mi dà la forza di reggere. Sono cose di Dio che vanno riconsegnate a Dio. Due vasi comuni-canti lui mi dà la sua forza ed io le mie debolezze. Questa è la bellezza e la ric-chezza delle emozioni che mi fa’ vivere. Amo questa gente alla follia, questa chiesa, questa diocesi, amo il Signore, mi sforzo di amarlo, per tutta la mia gente: 160mila abitanti nella nostra provincia, lo amo centosessantamila volte”.

Ringrazio questo giornale per lo spazio che mi concede nel potere fare pubblicamente gli au-guri, per il suo 10° anno di nomina a reggente della diocesi di Caltanissetta, al nostro vescovo mons. Mario Russotto.Prima della mia elezione a sindaco di questa città non avevo avuto l’opportunità di cono-scerlo personalmente, dopo la mia elezione, tante sono state le occasioni di incontro. Ho avuto modo in questo periodo di apprezzarne la cultura, l’arguzia, l’ironia, il modo con cui ri-esce ad adattarsi al momento, la battuta sempre pronta ed uno straordinario modo coinvolgen-te di narrare le cose. Tanti gli incontri, i semi-nari, gli argomenti trattati, i temi sviluppati che anche quando ritenevo semplicisticamente quei titoli a primo approccio distanti dalle pro-blematiche che quotidianamente a"rontavo, mi trovavo alla conclusione dei lavori a ripen-sare alle sue parole, agli esempi proposti, discu-tendone anche nei giorni successivi in famiglia, nel lavoro quotidiano e commentandole nelle diverse occasioni pubbliche o private che esse fossero ritenendole invece di assoluta attualità.Da ciò il mio convincimento che la statura cul-turale, !loso!ca e teologica del

nostro vescovo è di grande levatura e fu durante una lectio magistralis, fra quelle proposte da Mons. Russotto, che mi venne l’idea di potere realiz-zare un incontro nell’aula consiliare con i consiglieri, i dirigenti comunali e i dipendenti e quindi unitamente al presidente del consiglio lo invitam-mo nella casa comunale. La dispo-nibilità fu totale, realizzammo un incontro a Palazzo del Carmine che ancora oggi ricordo con immenso piacere.Ho avuto il privilegio di averlo ospite nella mia casa. Desideravo fargli conoscere la mia famiglia, mia moglie e miei !gli, non c’era-no altri invitati, è stato un momento piacevole che non dimenticheremo, fatta di semplicità e di aneddoti che ognuno ha voluto raccontare.

Quella sera accadde un simpatico episodio: posseggo un vecchio biliardino messo in ter-razza, l’ho preso perché rappresenta un mo-mento rilassante e giocoso durante il tempo libero da trascorrere con i !gli, con gli amici di sempre. Vedendo il biliardino (calciobalilla), il nostro vescovo, accompagnato in quell’occa-sione da don Pino La Placa, non ha esitato ad invitarci a fare una sana partita. In quel mo-mento mi sembrò di essere ritornato agli anni della mia gioventù, quando all’interno della chiesa sant’Agata (Collegio) con il prete di allo-ra si giocava insieme a #ipper o a biliardino. Io e mio !glio pensavamo di vincere facilmente e quindi iniziammo a giocare con timore reve-renziale, tuttavia i nostri sforzi furono vani e a segnare con continuità erano il nostro Vescovo

e Don Pino La Placa a quel punto l’impegno da parte nostra fu massimo e malgrado ciò (le tentammo tutte) non riuscimmo a segnare ne a capovolgere il risultato. Conclusione: siamo stati sonoramente battuti. Per renderci meno amara la scon!tta, con un accenno di sorriso ci disse che in fondo loro erano in tre perche avevano avuto l’aiuto di qualcuno “da lassù in

alto molto forte”. Spero quanto prima in una rivincita. Al nostro vescovo auguro un mondo di bene e di potere realizzare ciò che porta nel suo cuore.

Michele Campisi

Nel mese di Agosto del 2003 Caltanissetta si preparava ad accogliere il nuovo Vescovo, e la comunità diocesana attendeva con trepidazio-ne di conoscere il nuovo Pastore. Il 27 Settem-bre con l’ordinazione alla Cattedra episcopale del nuovo Vescovo si sarebbe aperta una nuo-va pagina per la diocesi nissena e per tutta la comunità, che per molti anni era stata sapien-temente guidata da Mons. Alfredo Garzia. Un giovane nuovo Vescovo ne avrebbe raccolto il testimone. Conobbi Mons. Mario Russotto in occasione di una riunione promossa da Mons. Garzia per l’organizzazione della sua ordinazione e fui subito colpito dal carisma e dalla simpatia che quel giovane sacerdote immediatamente riuscì

a trasmettere a ciascuno di noi. Ci salutò con semplicità, modestia e grande spontaneità, si mise umanamente alla pari con ciascuno di noi e si presentò come il Pastore della chiesa nissena, umile e autorevole, doti che lasciavano

trasparire in !ligrana, già al primo approccio, una profonda fede coniugata ad una sapienza dotta ma mai cattedratica.Il giorno della ordinazione del nuovo Vescovo fu per la comunità diocesana e per la città di

Caltanissetta un momento emozionante in oc-casione del quale tutta la comunità cittadina e diocesana si raccolse accanto al suo nuovo Ve-scovo, abbracciandolo con il suo a"etto.A me Sindaco spettava il compito di presentar-gli la città e di dargli il benvenuto a nome di tutti. Lo feci con grande emozione e deferenza, in nome di ciascun cittadino. In quella occa-sione al Vescovo Mario, ma anche al Cardinale De Giorni, al Cardinale Pappalardo, ai Vescovi siciliani volevo umilmente o"rire il mio impe-gno per inaugurare una nuova stagione di soli-darietà e cooperazione, di tolleranza e gratuito impegno, di amore per il prossimo. E su queste corde è iniziato l’episcopato di Mons. Russotto, che, con un gesto ennesimo di

umiltà decise, nel suo primo giorno da Vescovo di rendere visita al Co-mune di Caltanissetta per incontra-re la rappresentanza istituzionale e simbolicamente tutta la cittadinanza. Venne in un giorno davvero partico-lare e suggestivo, infatti, per un grave guasto alla rete elettrica italiana, quel giorno in gran parte d’Italia e quindi anche a Caltanissetta mancò la cor-

rente elettrica. Accolsi, insieme agli assessori e ai consiglieri comunali, il Vescovo all’imbruni-re, con il Comune illuminato dalla luce delle candele, senza microfoni e particolari sfarzi, ma, con la solennità che si deve alle occasioni importanti. Quella particolare coincidenza era forse un presagio che voleva dirci di andare sempre alla ricerca della sostanza, oltre ogni formalismo. Oggi sono trascorsi dieci anni nei quali molte cose sono cambiate, ma quel messaggio rima-ne ancora attuale e il Vescovo Russotto se ne fa quotidianamente testimone.Il Vescovo Mario e’ stato in questi anni guida spirituale per i credenti e riferimento morale e culturale per tutti, giorno dopo giorno percor-rendo il sentiero di una nuova evangelizzazio-ne delle anime e delle coscienze.

Salvatore Messana

www.ilfattonisseno.it8 Settembre

Russotto in questi anniguida spirituale per icredenti ma ancheriferimento morale e culturale per tutti

Lectio Magistralis a Palazzo del Carmine,non esitò ad accettare il nostro invito

La sua prima visita in Comune,“incontro” a lume di candela

“Mi scon!sse a calciobalilla,ero convinto di vincere”

Il nostro rapporto, non solo...fotoLillò Miccichè è onorato di aver potuto immortalare in diverse

occasioni le vicende del Vescovo Mario Russotto. “Avevo seguito Mons. Alfredo Maria Garsia e nello svolgere la mia attività profes-sionale, ero presente nell’occasione in cui i due si diedero il cambio. Casualmente mi ritrovai in cattedrale per la consacrazione di Rus-sotto, lui dopo l’indicazione di un collaboratore, mi venne incontro, salutandomi. Si era ricordato di me. Nacque un rapporto diretto, sincero, profondo, schietto com’è nel carattere di Sua Eccellenza. Un rapporto che non si è mai interrotto”.

SALVATORE MESSANA. A me l’onore del benvenuto MICHELE CAMPISI. La cena a casa mia: ricordo indelebile

Due vasi comunicanti: Lui mi dà la sua forza ed io gli consegno le mie debolezze. Amo questa gente alla follia

...Segue da pagina 7

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L’assessore Milazzo sotto attacco

Da più parti è richiesto a gran voce di tagliare la spesa pub-blica, ma non ho sentito nè

esponente politico nè economista che abbia indicato con precisione quale voce del bilancio andrebbe tagliata. Devo anzitutto precisare che da più parti sento fare delle a!ermazioni che mi lasciano veramente sorpreso. Da politici ed economisti sento dire che su una spesa complessiva del bilancio dello stato di " 800 miliardi circa, ba-sterebbe tagliare il 2/00 per ottenere ri-sparmi per circa 16 miliardi. C’ è addi-rittura chi sostiene che il governo Letta tra le cose che dovrebbe fare vi sarebbe anche quella di tagliare del 10/00 la spesa pubblica che supera gli 800 mi-liardi e quindi di ben 80 miliardi. Altri sostengono che dentro gli 805 miliardi di euro di spesa pubblica ci siano circa 60 miliardi di sprechi che è possibile eliminare. Mi sono posto allora una domanda: da dove vengono fuori que-sti numeri? Diciamo subito che, pren-dendo a base il bilancio dello stato di previsione di competenza 2013, a fron-te di entrate #nali per " 548,641miliar-di, si contrappongono spese #nali per " 561,058 miliardi, con un saldo netto

da #nanziare per " 12,415 miliardi. Le spese per rimborso di prestiti al titolo III delle spese per " 204, 556, e l’accen-sione di prestiti al titolo IV delle entrate per " 216,971 nulla hanno a che vedere con le spese #nali ed entrate #nali an-che se sono indicate nelle spese totali ed entrate totali e non riesco a capire che cosa si possa tagliare su queste voci. Le spese su cui eventualmente potere ragionare non sono pari allora ad " 800 miliardi circa ma a 561,056. Ma ai 561,056 miliardi, vanno sottratti cer-tamente tutte le spese imprescindibili. Orbene, le spese indicate nel bilancio di previsione 2013 sono costituite da: 1) redditi di lavoro dipendente per " 85, 756 miliardi; 2) consumi intermedi per " 10,333 miliardi; 3) trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche per " 230,210 così distinte: a) ammini-strazioni centrali per " 8,628; b) ammi-nistrazioni locali per 107,675;c) enti di previdenza ed assistenza sociale per " 113,906; 4) trasferimenti a società’ di servizi pubblici 2,388; 5 ) trasferimen-ti ad imprese per " 3, 185 6) trasferi-menti a famiglie ed istituzioni sociali private per " 3,843; 7) istituzioni sociali private 1,624; 8) interessi passi i per "

89,683; 9) altre spese correnti 6,064; 9) poste correttive delle entrate per " 24,598; 10) altre spese correnti per " 6,064. Considerando imprescindibili le spese relative al personale , ai trasferi-menti alle amministrazioni pubbliche, agli interessi passivi, alle spese corret-tive delle entrate che sommano a " 430,247 miliardi, si potrà’ allora parlare di potere incidere sulla di!erenza tra le spese #nali per " 561,056 e le spese obbligatorie sopraindicate in " 430,247 e cioè su " 130, 806. Il 2/00 allora su

130,806 corrisponderebbe ad " 2,62 miliardi ben poca cosa allora rispetto alle previsioni troppo ottimistiche da più parti sventolata. Naturalmente sul l’eventuale taglio delle spese andrebbe-ro considerati gli e!etti negativi recessi-vi e quindi di ulteriore incremento del tasso di disoccupazione. A meno che non si voglia tagliare ancora sui trasfe-rimenti correnti alle amministrazioni pubbliche, ovvero sui trasferimenti alle imprese che tra spese correnti per " 3,185 miliardi e contributi agli inve-

stimenti alle imprese per " 5,976 mi-liardi e trasferimenti alle imprese per " 14,979 così distinti: 1) poste 477 mi-lioni; 2) ferrovie dello stato 4,834 mi-liardi ; 3) crediti di imposta " 3,506; 4) incentivi alle imprese industriali 1,918 per citare i più importanti e si potrebbe forse arrivare a tagliare i 10 miliardi in-dividuati dal rapporto Giavazzi.Le spese in conto capitale sono com-plessivamente indicate in " 43,725 miliardi e sono costituiti da 5,563 per investimenti #ssi, di cui 3,575 miliardi per la difesa; contributi agli investi-menti ad amministrazioni pubbliche per " 10,459; contributi agli investi-menti alle imprese per " 5,976 miliardi e altri trasferimenti in conto capitale per " 16,217 miliardi di cui 14,495 sono destinati ai fondi e principalmen-te al fondo di sviluppo e coesione per " 10,267 miliardi. Come si vede, la strada sotto questo aspetto è veramente stretta e se si riu-scisse comunque a tagliare i trasferi-menti alle imprese per 10 miliardi così come proposto e destinare gli stessi 10 miliardi alla riduzione del carico #sca-le per le imprese, sarebbe già un buon risultato.

La seconda commissione con-siliare permanente prepara la dichiarazione di guerra contro

l’assessore all’Urbanistica Andrea Mi-lazzo. Un pretesto per chiedere anche l’azzeramento dell’attuale esecutivo. La dichiarazione è stata già consegnata nelle mani del presidente del consiglio comunale Calogero Zummo e sotto-scritta da alcuni consiglieri. Chiedono la immediata ed urgente convocazione del consiglio comunale per dare vita ad una seduta politica del consiglio comunale con l’obiettivo di sviluppare un vero e proprio atto di accusa nei confronti dell’assessore che si è reso colpevole di avere ritirato la proposta di delibera riguardante la perimetra-zione del centro storico, atto prelimina-re, unitamente alla delibera della carta del rischio degli immobili dei quartieri antichi, per dare vita al progetto pilo-ta di riquali#cazione di una parte del quartiere Provvidenza. Detto per inci-so il progetto pilota di riquali#cazione del quartiere prevede la costruzione di

alcuni alloggi da destinare a giovani coppie o ai senza tetto. Progetto osan-nato da pochi e criticato da chi parla il linguaggio dell’urbanistica. Perchè quindi la richiesta di convocazione del consiglio comunale, sede istituzio-nale, in cui consegnare l’atto di guerra nei confronti dell’assessore Milazzo del quale sono state anche chieste le dimis-sioni? Presto detto. Il pretesto è quello di dare una severa lezione all’assessore Milazzo che sarebbe stato l’ispiratore di una lettera scritta dal segretario gene-rale del comune, Eugenio Alessi indi-rizzata, al presidente del consiglio, (lo dico alla suocera per farlo sentire alla nuora), ma rivolta ai componenti della seconda commissione con cui ha stig-matizzano i ritardi da parte della com-missione nell’esame ed approvazione della proposta di delibera di perime-trazione del centro storico. Il segretario generale rilevava che la delibera non era stata ancora approvata nonostante quattro sedute di consiglio comunale andate e vuoto e ben 44 sedute di com-

mis-s i o -

ne, agitando contestualmente lo spettro di un

possibile danno erariale. Apriti cielo. La lettera non è piaciuta non solo ai componenti della seconda commis-sione, ma anche ai capigruppo che hanno considerato la missiva del se-gretario generale una vera e propria interferenza nell’attività politica dei consiglieri, mentre il compito e la fun-zione istituzionale del segretario, come è chiaramente a tutti noto, sarebbero riconducibili solamente a compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico amministrativa nei confronti degli organi dell’ente. La missiva del se-gretario generale è stata letta in chiave politica. Alessi, che è stato chiamato a

giusti#carsi, nel corso di un program-mato incontro con i componenti della seconda commissione consiliare, ha semplicemente a!ermato che quella missiva era soltanto un atto dovuto per sollecitare la commissione ad appro-vare la proposta di delibera superando quindi quella fase di riunioni che lui ha de#nito “infruttuose”. Mentre si consumava questo braccio di ferro tra segretario e componenti della commissione, l’assessore all’Urba-nistica Andrea Milazzo con un colpo di teatro decide di ritirare la proposta di delibera di perimetrazione del cen-tro storico con il proposito di portarla direttamente all’esame del consiglio, sottraendola così alla competenza ed all’esame della commissione consilia-re. Adesso con la prossima seduta del

consiglio richiesta dai consiglieri si aprirà il processo politico contro l’as-sessore Milazzo con il chiaro obietti-vo di chiederne le dimissioni, volute dall’opposizione, ma anche caldeggiate da alcuni consiglieri che sostengono l’amministrazione con il segreto pro-posito di dare vita ad un nuovo esecu-tivo di stretta fede politica. Non si può arrivare alle prossime elezioni ammi-nistrative e chiedere voti in nome di un governo di tecnici. Fuori i tecnici e dentro iscritti e con-siglieri del Pdl; una giunta che com-prenda quella parte della politica che ha portato alla elezione del sindaco Michele Campisi, ma che #no ad oggi è rimasta a guardare o che stanca di aspettare ha deciso di passare all’oppo-sizione. Più che la fede potè il digiuno.

di Salvatore Mingoia

di Alessandro Pilato

Il taglio della spesa pubblica,soluzione condivisa ma criteri dubbi

in ComuneG u e r r aFatti & Palazzo del Carmine

Economia & !nanza

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Quando, quel 19 agosto 1839, Francois Arago si presentò nella prestigiosa Accademia

delle Scienze dell’Istitut de France, a Parigi, per illustrare l’invenzione di Louis Mandé Daguerre, prototipo della fotogra!a, la folla - racconta-no le cronache del tempo - arrivava sin sulle rive della Senna. Di"usasi, infatti, la notizia che quel marchin-gegno riusciva a !ssare ogni tipo di immagine, si era prodotta una così tale meraviglia che oggi noi - così abituati al mezzo fotogra!co - non saremmo neanche in grado di comprendere. L’uomo di allora stentava a credere che si potesse catturare e !ssare la visione così fugace di un solo atti-mo. La Chiesa, su quella no-vità, sentiva addirittura “puz-za di sortilegio”. L’invenzione della fotogra!a, da lì a poco, in-vece avrebbe segnato un punto fondamentale di trasformazione nella storia dell’intera umanità.In Sicilia la prima foto arrivò nel gennaio dell’anno successi-vo (esattamente cinque mesi dopo l’invenzione parigina), per il felice capriccio di un giovane blasonato palermitano, il principe Romual-do Trigona di Sant’Elia che, con un apparecchio fotogra!co francese, scattò il primo “clic” alla cattedrale di Palermo. La fotogra!a via via si di"use un po’ ovunque tanto da arrivare - per tra-mite di qualche “cattura immagini” itinerante - anche nella aree più in-terne e arretrate dell’isola.

Certo, per quanto riguarda le nostre zone, dovette passare qualche anno. Ad esempio, un primo gruppo di foto della collezione privata che chi scrive ha raccolto negli anni, sono datate tra il 1860 e il 1870 e ritrag-gono soggetti come giovani militari del periodo post-unitario, famiglie della borghesia benestante, gente per le vie del paese. Questo materia-le foto-

graf ico recentemente è

stato esposto in una mostra dal titolo “Gente di paese” che si è tenuta a Sommatino.Più in generale, il signi!cato che si è voluto dare a quel percorso fotogra-!co è stato quello di tracciare un se-colo circa di storia della gente e del territorio dell’ex area zol!fera della Valle del Salso.

Si è trattato della scelta di un “territorio-cam-pione” poiché, le diverse decine di foto esposte, miravano a raccontare, più in generale, un secolo e mezzo di mutamenti sociali ed antropolo-gici dell’intera Sicilia. La ragione principale dell’iniziativa

è stata quelle di cercare di non di-sperdere un pezzo di quel patri-monio che è il nostro passato e che ben aveva capito Leonardo Sciascia quando, citando Savi-nio, a"ermava che la memo-ria dovrebbe essere la nostra religione. Si riferiva, evi-dentemente, alla memoria storica e al suo profondo valore etico. Il materiale fotogra!co ha tenuto mostra dal 29 luglio al 13 agosto, nel-le sale del Museo Et-nogra!co di palazzo Cigno a Sommatino, gestito dall’Associa-zione culturale “La Fenice - o#cina

del sapere” e diretto dall’Arch. Francesco Tricoli.

Si è trattato solo di una parte, sele-zionata per l’occasione, di una più vasta collezione da anni paziente-mente raccolta dallo scrivente, al !ne di documentare, attraverso le foto, quella che è stata l’evoluzione dei costumi di quell’area-tipo di cui parlavo: appunto l’entroterra sicilia-no. Il sottoscritto, tra l’altro, aveva in passato già donato all’archivio dell’I-stituto Gramsci Siciliano di Palermo

(di cui è socio), una collezione di circa 500 foto sulle occupazioni delle terre e le lotte minerarie, frutto di ricerche per alcune sue pubblica-zioni sull’argomento, che rappresen-tano la “coralità” (per dirla col Ver-ga) delle lotte del popolo siciliano nel secondo dopoguerra. In questa mostra invece si è prefe-rito esporre (ed è questa la vera ori-ginalità dell’iniziativa) le immagini della “umanità” più profonda della gente, ritratta soprattutto nei pri-mi piani. Ed ecco volti di borghesi e contadini, lavoratori e possidenti, notabili e zolfatari, quasi a volere entrare nella loro anima.

E, a proposito di anima e fotogra!a, - scusandomi per la digressione - mi viene in mente un bel libro di James G. Frazer “Il ramo d’oro” (Borin-ghieri, Torino 1973), che racconta di un esploratore che in un villaggio del basso Yukon aveva messo in po-sizione il suo apparecchio fotogra!-

co per immortalare gli indigeni del luogo. Il capo villaggio si era avvici-nato ed aveva voluto osservare cosa si vedesse sotto il panno nero di quel marchingegno. Aveva visto, ov-viamente, tutte le !gure dei soggetti da immortalare, che si muovevano sullo sfondo. Uscito da sotto quel macchinario si era messo a gridare a squarciagola che quella “scatola” contenesse le anime degli abitan-ti del villaggio. Tutti, a quel punto, erano scappati terrorizzati nelle loro capanne. Ed, in e"etti, a pensarci bene, quel capo villaggio non aveva poi così tanto torto. Il senso della nostra mostra, infatti,

era proprio quello di cercare di en-trare nell’anima di quei soggetti im-mortalati nello scorrere inesorabile del tempo. Certo le immagini sono di una vita

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Sciascia citando Savinio a"ermava: “La memoria dovrebbe essere la nostra religione”

Fotografia come letturadella storia

In mostra a Sommatino un secolo di scatti fotogra!ci del territorio della Valle del Salso

Fatti & POST SCRIPTUMdi Filippo Falcone

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che non c’è più. Di un mondo e di una società scomparse - quella dei due secoli passati, ‘800 e ‘900 - ma l’in-tendo era proprio quello di rivolgere lo sguardo a quel passato; cosa utile oggi nei tempi confusi che stiamo vi-vendo. Chissà se quei pezzi di “vita vissuta” (e non solo semplici fotogra!e), pos-sono essere oggi strumento per leg-gere quel comune passato e cercare di progettare un futuro che sia più a dimensione d’uo-mo. In quella car-rellata di foto, alcune svilup-pate da vecchie lastre di vetro, vi erano tanti volti: di bambini, giova-ni, uomini, donne, anziani. Erano quei primi piani, quelle foto semplici, a rappre-sentare testimonianza di un modo di vita, di una cultura popolare, or-mai lontane, ma che hanno ancora oggi tanto da dirci. Vi erano poi le scene degli avvenimenti nello scorrere d e l tempo: le due guerre, la povertà, il fa-scismo, il ritorno alla democrazia, i momenti di festa, e con essi la quoti-dianità della vita. Il periodo interessato, dicevamo, ab-bracciava un arco di tempo che an-dava dagli anni ’60 dell’800 sino agli anni ’70 del ‘900. Le foto erano ac-compagnate da testimonianze docu-mentarie coeve: giornali d’epoca, vo-lantini, manifesti, che ne arricchivano e ne spiegavano l’esposizione.Quelle foto, inevitabilmente, raccon-tavano anche le modi!cazioni dei nostri luoghi. Spesso tra la cosiddetta “antica civiltà” - raccontata in questa mostra - ed i “tempi moderni” (per citare Chaplin), non sempre questi ultimi ne escono vincenti, si pensi, ad esempio, al degrado del nostro pae-saggio. Le foto esposte raccontavano anche questo. Una sorta di viaggio nel tem-po, dunque, anche nelle modi!cazioni

urbanistiche e culturali della gente. Mutamenti sociali a cui non si sono sottratte neanche real-tà periferiche come quelle di Sommati-no, Riesi, Ravanusa e di tutto l’ex baci-no zol!fero della Trabia Tallarita.

La !nalità che ci si pre-!ggeva in questo percorso foto-

gra!co mirava soprattutto ad emozio-nare il visitatore, accompagnandolo in un labirinto del passato. Una sorta di recupero della memoria smarrita, del-la identità di un territorio e della sua gente. Ma anche il recupero di quella storia di cui siamo parte e di cui spes-so ci scordiamo di esserne. La mostra ha chiuso i battenti, con qualche giorno in più rispetto al pre-visto, per le numerose richieste, il 13 agosto. Molti dei visitatori - tra cui an-che molti emigrati presenti per le fe-rie estive - hanno rivisto, immortalati tra quei scatti, loro amici, parenti, avi. Molti altri sono più volte ritornati a ri-vedere le centinaia di foto esposte, te-mendo che fosse sfuggito loro qualche immagine, un particolare, una sfu-matura. Lo scopo, quindi, pare essere proprio stato raggiunto. Si era voluto impostare quel percorso di immagi-ni come un grande libro collettivo da guardare e leggere insieme. Il risulta-to, a modesto giudizio di chi scrive, è stato ampiamente raggiunto.

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Una fede che si rinnova e si protrae nel tempo quella che lega la città di Caltanissetta al suo celeste pro-tettore San Michele, le cui feste, in programma per la !ne del mese, troveranno il loro culmine nella consueta processione della statua dell’Arcangelo, quando l’intera po-polazione si ritroverà ai piedi del seicentesco simulacro, opera dello scultore nicosiano Stefano Li Volsi.Questa inscindibile fede, che ha lasciato nel corso dei secoli segni

tangibili sul territorio, ha !nito per in"uenzare profondamente gli usi, i costumi e la vita quotidiana della popolazione, con svariate e singo-lari sfaccettature intrise di genuina devozione.In città il culto per San Michele, difatti, vissuto abitualmente con forme strettamente private, è in al-cune occasioni palesato e ostentato pubblicamente, come nel caso delle processioni, con forme di culto par-ticolarmente curiose e stravaganti.Fra queste, un posto di rilievo è as-sunto dall’originale abitudine che un tempo aveva il popolo nel far di-pingere sui mezzi di trasporto – in qualche caso fonte di sostentamen-to per il nucleo familiare – l’imma-gine dei santi cari alla devozione locale, fra i quali, indubbiamente,

!gurava quella dell’Arcangelo.Tale pratica - variopinta testimo-nianza di una società d’altri tempi - trae origine dalla consuetudine, molto in voga sul !nire del XIX se-colo, di dipingere le sponde dei car-retti siciliani con immagini tratte dall’iconogra!a sacra e poste come ex voto o in segno di protezione.Queste icone con il loro linguaggio religioso speci!co che si radica nel-la articolata tradizione della pietà popolare, enunciano, attraverso

l’invocazione al santo, una risposta di fede e di ricono-scenza allo stesso, esprimen-do al contempo una richiesta d’aiuto attraverso non solo le parole, ma mediante l’o#erta di un segno durevole e visi-bile.Per tale ragione, le decora-zioni dei carretti vennero ri-servate, almeno inizialmente, ai soli concetti che testimo-niavano la devozione della comunità, ai quali, in seguito, si aggiunsero ra$gurazioni inerenti i più disparati temi che abbracciarono i racconti epici dei paladini di Francia

e quelli della Cavalleria Ru-sticana.

L’avvento e la diffusione

d e i m e z z i di loco-mozione a motore, nell’im-mediato dopo-guerra, spinse i tanti carrettieri ad adeguarsi alle nuove esigenze di trasporto, che in buona parte stra-volsero e cancellaro-no un mondo lavo-rativo a loro familiare.Questi tuttavia, legati ad antichi costumi, trasferiro-no parte di quelle usanze, perdute a causa del progresso, nel nuovo ambito lavorativo. Fu in tal modo che furgoni, camion e Api Piaggio vennero istoriate come

sponde di carretti, quasi a voler continuare quel folklore tipico della società del passato.Fra le innumerevoli ra$gurazioni goliardiche non mancarono, dun-que, le immagini del Santo protet-tore. Queste, vere e proprie opere d’arte a carattere popolare, erano realizzate dall’artista nisseno Luigi Mastrosimone - noto in città per la plasmazione di caricature umoristi-che - il quale, a seguito della com-missione, dipingeva direttamente sulla carrozzeria immagini che si rifacevano a modelli iconogra!ci classici palesanti una trattazione del disegno semplice e dai tratti quasi stilizzati. La piccola icona dalle cro-mie vivacissime – tradizionalmente adoperate per le !gure riprodotte sui carretti - era spesso accompa-gnata da una frase che inneggiava alla gloria del santo “designato” alla protezione del conducente.Un mezzo di trasporto, quindi, che accumuna alla sua funzionalità an-che una reale trasmissione del culto popolare reso palpabile attraverso un’antica arte la quale, rimarcando ancora una volta l’appartenenza ad un territorio, ne mostra la sua pro-fonda radice devozionale.

Dai carri ai furgoni, i disegni della Fededi Alessandro Maria Barrafranca

Romualdo Trigona di Sant’Elia.

A sinistra la copertina del libro di James G. Frazer “Il ramo d’oro”

Una stampa di San Michele sulla parte anteriore di una Moto Ape

USI E COSTUMI. L’iconogra!a sacra sui mezzi di trasporto

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Non è a!atto semplice squa-drare IlFattoGlobale del momento. Perché c’è grande

confusione nel mondo, grandissima. E soprattutto c’è chi questo stato di cose vuole continuare ad alimen-tarlo, creare il caos per governarlo è infatti il metodo più intrinseco e dia-bolico del potere e di chi lo esercita senza scrupoli. E le sue manifesta-zioni sono le più innumerevoli: dal seminare zizzania tra due persone o inoculare un contrasto interiore nel singolo "no all’instabilità politica e all’adombrare scenari di guerra. Ma proprio quando questo progetto per molti versi demoniaco sembrava giunto a compimento è successo il miracolo, il risveglio delle coscienze. Un "ore, piccolo e delicato, da pro-teggere e lasciar crescere, è sbocciato tra le macerie materiali e morali cre-ate del relativismo e dell’individuali-smo. Ed è questo IlFattoGlobale del momento, che ancora una volta vede il protagonismo delle donne. Così come Eva contravvenendo con intu-ito tutto femmineo al divieto divino diede origine alla specie umana, così milioni di donne nel mondo hanno contravvenuto al sistema di valori che le opprimeva scuotendo le co-scienze e ridando nuova linfa all’u-manità.Ma il punto più basso è stato toccato diversi mesi fa, con le dimissioni di

Benedetto XVI. La stanchezza "sica e psichica, umanamente e cristiana-mente comprensibile, e la rinuncia del rappresentante di Dio in terra di fronte all’aggressione delle forze del male. Un passaggio storico fonda-mentale questo per comprendere la situazione odierna. La Chiesa, con la sua storia e il suo patrimonio mora-le e materiale, messa di fronte a una scelta de"nitiva. Ed è proprio qui che si è innestato il miracolo, il colpo di reni, l’indicazione e l’ispirazione divina che ha portato all’elezione di Papa Francesco, che "n dal primo momento ha proposto uno stile nuo-vo, dentro e fuori dall’organizzazione ecclesiastica: dalla croce in ferro an-ziché in oro indossata "no dalla pri-ma apparizione in pubblico "no al ri-torno e alla difesa accorata e arcigna dei valori primari dell’umanità e del Cristianesimo.Un fenomeno questo che non è sol-tanto cristiano e soltanto italiano. Sollecitato da singole donne o da movimenti femminili organizzati il risveglio attraversa tutto il mondo. In Israele, per esempio, in Terra Santa, il movimento Woman of #e Wall (le donne del muro) dopo mesi di prote-ste paci"che e di occupazioni ha ot-tenuto il diritto di pregare e svolgere i servizi religiosi presso il Muro del Pianto prima interdetto alle donne e considerato il luogo più sacro dell’E-

braismo, il Tempio di Gerusalemme. E questo anche grazie all’avallo dei rabbini più ortodossi, avvenuto a po-che settimane dall’elezione dei nuovi rabbini capo d’Israele, uno dei qua-li ha solo 47 anni, che pur apparte-nendo alla frangia più conservatrice dell’ebraismo hanno lanciato un se-gnale di distensione contraddicendo addirittura la Corte Suprema che aveva già condannato le Woman of #e Wall.Qualcosa del genere accade anche in Iran dopo la recente elezione del nuovo presidente Hassan Rouha-ni, un religioso, un uomo di fede, a di!erenza del suo predecessore, che ha impresso una decisa e repentina svolta all’immagine del suo Paese nel mondo: parlando via social net-work, assumendo un atteggiamento moderato e paci"catore durante il ri-schio di guerra in Siria, scarcerando attivisti dei diritti umani, togliendo il blocco a Twitter, nominando una donna quale suo portavoce e avvian-do relazioni diplomatiche per"no con gli Stati Uniti con cui non se ne vedevano dal 1980, 33 anni, gli anni di Cristo. E tutto con il beneplacito degli Ayatollah e della guida Supre-ma Khamenei, successore di Kho-meini. Il tutto è riassumibile come un ritorno ai valori più antichi dell’I-slamismo, il misticismo, il senso di appartenenza a una comunità bene-

detta da Allah e aperta senza pregiu-dizio a chi quella fede non ha, con il senso di ospitalità e di accoglienza e di grande rispetto e cerimonia tipico

dell’Islam e di tutti i paesi, compreso il meridione d’Italia, che nei secoli sono stati o sono ancora sotto la sua in$uenza.Sono questi in fondo esempi alti di comunità che si rinnovano nella tra-dizione, che provano a riportare al

centro della società la persona uma-na liberata dagli eccessi del materiali-smo e dell’individualismo. Restituen-do ai singoli diritti e libertà. Dando

"ducia a chi più "ducia non ha. Per stanarci dalla solitudine e dal deserto morale in cui siamo stati incarcerati da decenni di dissennata e diabolica strategia dell’odio e della separazio-ne. Per tornare ad assaporare e respi-rare la libertà di stare insieme.

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Hassan Rohani

Dobbiamo stanarci dalla solitudine e dal deserto morale in cui siamo stati incarcerati da decenni di diabolica strategia dell’odio e della separazione

di Rino del Sarto Liberi di stare insieme

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La franchezza del co-lonnello EberIppolito Nievo, compo-nente dello stato mag-giore garibaldino, scrive-va nel 1860 con una certa franchezza: “adesso noi dobbiamo farla da carabinieri contro i no-stri alleati di ieri!”

Ma il colonnello Ferdinando Eber, l’uf-!ciale ungherese che guidò le truppe di Garibaldi !no a Caltanissetta, cercò di smascherare l’ipocrisia dei legalitari del nuovo regime: “non vi è dubbio

che le antiche squadriglie hanno avuto in passato e forse hanno anche oggi

l’abitudine di vi-vere alle spalle degli altri: per essere giusti però bisogna dire che è a loro che si deve se la rivolu-zione fu tanto viva e non a quelli che non fanno altro che

lamentarsi”. Eber descriveva una cate-goria di privilegiati che, mentre non avevano fatto nulla o avevano fatto molto poco per contrastare i Borboni e anzi forse avevano consolidato privi-legi alla loro ombra, ora pretendevano di conservarli, facendo facili applausi ai vincitori del momento e colpendo tutti i possibili loro avversari. “Abbia-mo ad ogni passo prove”, proseguiva il colonnello Eber, “che queste cose sono molto esagerate dal timore e dalla im-maginazione di quella gente”. Non gli dettero ascolto.Frattanto però i grandi proprietari che denunciavano i pericoli derivanti dalle “squadriglie”, stabilmente organizza-

In alto Ippolito Nievo. A sinistra il Colonnello Ferdinando Eber.Renato Guttuso “La battaglia di Ponte dell’ammiraglio”

Fatti contro la ma!aper non dimenticare

Stor

ia &

Cul

tura

di Giovanbattista Tona

Il Risorgimento italiano fu accom-pagnato dalla celebrazione dei moti popolari che concorsero alla

cacciata dei Borboni dal Regno di Napoli e i gruppi rivoluzionari che favorirono l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia erano de!niti patrioti.Delle truppe borboniche si diceva in-vece che erano piene di briganti e di

ma!osi; e questo in parte era vero. Ma i moti popolari furono animati da squadre armate variamente com-poste che spesso si !nanziavano im-ponendo con la forza il pagamento di somme di denaro ai municipi e ai proprietari di beni. Dopo l’unità, l’on. Colonna, duca di Cesarò, ammise onestamente che “quella che ora si

chiama ma!a” aveva contribuito a fare da “lievito delle rivoluzioni”.Oggi si chiamerebbero “in!ltrazio-ni”; gli organi del nuovo governo unitario se ne accorsero, quando al-cuni nobili e diversi borghesi facolto-si cominciarono a lamentarsi delle scorribande dei “rivoluzionari” nelle loro proprietà.

Quando i potenti dell’Italia unita vedevano la ma!a solo tra i propri avversari

Quelli che lottarono la ma!a senza assecondare l’antima!a di governo

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vano le “controsquadre”; assoldavano ai propri servigi i più pericolosi delin-quenti, li munivano di armi e ne copri-vano ogni malefatta per assicurarsi la difesa dei propri beni.Quando nel 1865 il prefetto di Palermo Filippo Gualtiero inviò al Ministro un rapporto riservato sulla ma!a in Sicilia, dovette ammettere che il di"ondersi di quella “associazione malandrinesca” era dovuto alla capacità di intessere di-rette relazioni con la politica. E con onesta equidistanza scrisse: “I liberali nel 1848, i Borboni nella restaurazione, i garibaldini nel 1860 si macchiarono tutti della istessa colpa”.Tuttavia poi, per compiacere il governo della Destra, all’epoca in carica, quando dovette descrivere la composizione del “partito della ma!a” in quel momento mise insieme i veri ma!osi, i borbonici e gli ex garibaldini democratici che non ritenevano conclusa la rivoluzione e che davano fastidio a Cavour.

Diego Tajani, il procuratore che resistette ai potentiUn campione della battaglia legalitaria in Sicilia era il questore di Palermo Giuseppe Albanese che, dall’alto della sua formazione di funzionario sabau-do, nel 1869 si lamentava della scarsa “educazione” degli isolani: “l’azione della pubblica sicurezza non basta a porre un freno all’innata abitudine che hanno qui di portare le armi...”Per contro Albanese si circondò dei più loschi !guri della ma!a locale, che a modo loro lo aiutavano ad imporre l’ordine. E per ottenere la loro fedeltà, tollerò illegalità talmente eclatanti da giusti!care numerose iniziative della magistratura, che, nonostante i tempi, si mostrò indipendente dal potere poli-tico e per questo fu accusata di “spirito di parte”.Quando il Procuratore generale di Pa-lermo Diego Tajani indagò su un furto di preziosi al Museo Nazionale, con un’abile mossa investigativa, riuscì a trovare la refurtiva nella casa di tale Ciotti, uno dei poliziotti del gabinetto particolare del Questore Albanese. Ma gli frapposero tanti ostacoli che l’istrut-toria non riuscì ad andare a termine.Quando nel 1865 due giovani latitanti presero contatti riservati con i magi-strati per consegnarsi e riferire circo-stanze utili a ricostruire le collusioni tra la criminalità e i funzionari di pubblica sicurezza, il giorno concordato per l’in-contro furono trovati uccisi. Stavolta furono raccolte prove schiaccianti su Ciotti, Albanese e altri pseudo-poli-ziotti da lui reclutati. Dovette intervenire il Ministro degli interni, Giovanni Lanza, a difendere il questore del Regno, che fu costretto a dimettersi, ma il mandato di cattura a suo carico non fu fatto eseguire.

Dopo un lungo processo Ciotti fu con-dannato insieme a qualcun altro, men-tre Albanese e i suoi più diretti collabo-ratori furono assolti per insu#cienza di prove.Al Procuratore Tajani, scon!tto e di-leggiato, o"rirono un posto in Cassa-zione; ma lui ri!utò promozione e con-testuale rimozione e lasciò amareggiato

la magistratura. Frattanto nel governo del Regno d’Ita-lia alla Destra subentrò la Sinistra, che tanto aveva criticato il collateralismo degli avversari politici con la ma!a.Solerti nel vedere tali collusioni !no a portare Tajani in Parlamento quasi a risarcirlo dei torti subiti, i governanti della nuova era mostrarono invece meno attenzione quando i ma!osi cer-carono di entrare nelle loro !la.

La nota riservata dei Carabinieri su MazzarinoIn quel periodo vennero legittimate le guardie campestri, cui veniva di fatto a#data la sicurezza pubblica, ma che replicavano i metodi delle controsqua-dre di poco grata memoria. Per limi-tarsi ad un solo esempio, nel 1894 i ca-rabinieri di Terranova (oggi Gela) avevano informato con preoccupazio-ne le autorità che le guardie campestri di Mazzarino erano state “parte carce-rate, parte processate per reati diversi e che erano circondate dalla massima s!ducia della popolazione”. Non risul-tano riscontri.Invece il Ministro degli Interni Gio-vanni Giolitti si preoccupava nel 1893 delle tante associazioni di contadini, i Fasci siciliani, che minacciavano gli in-teressi delle classi più abbienti e più vi-cine al Governo.Tanti maggiorenti siciliani si a"rettaro-no a fare sapere alle autorità che i Fasci erano delle associazioni di pregiudica-ti e ma!osi e che pertanto dovevano essere perseguite.Giolitti, che pure non aveva disdegnato

di circondarsi di personale politico vi-cino alle organizzazioni ma!ose dei vari territori siciliani, diramò una nota riservata a tutti i prefetti invitandoli a predisporre l’elenco di tutti i pregiudi-cati che facevano parte dei Fasci, non senza nascondere che questo censi-mento doveva servire ad un’azione in-cisiva contro quei gruppi criminali.

L’imparzialità del prefetto ColmayerEra vero che nei Fasci entrarono diver-se persone legate alla ma!a; ma nella provincia di Caltanissetta tra i soci riu-scirono a censire circa mille pregiudi-cati, sol perchè considerarono tale an-che chi era stato segnalato per avere partecipato alla manifestazione del 1° maggio.Tuttavia nella burocrazia di quel tempo c’era gente che voleva servire lo Stato, senza essere servo del Governo, e che preferiva la verità alla lotta politica.Prefetto di Palermo era un gentiluomo napoletano, Vincenzo Colmayer, che, pur sapendo di non fare piacere a Gio-litti, gli scrisse schiettamente: “dopo un attento esame portato sui singoli fasci ho rilevato che i condannati messi a confronto col numero piuttosto consi-derevole dei consoci, sono un’insigni!-cante minoranza ed è perciò che non mi sembra che si possa, sotto questo

riguardo, adottare un provvedimento di rigore a carico dei Fasci”.I Fasci furono poi colpiti diversamente

e frattanto nessuno dei Governi che volevano ria"ermare la legalità, sem-brò occuparsi di quelli che lo storico e uomo politico del tempo, Gaetano Mosca, chiamava gli “onorevoli, usi a trescare colle cosche ma!ose”.Sembrava che, nelle alterne vicende della storia, il potente di turno vedesse ma!osi tra le !la dei suoi avversari e tutelasse i “pezzi di ma!a” che si erano alleati con lui.

I “funzionari di coscienza elevata”Frattanto, come scriveva Mosca, capi-tava che qualche funzionario di co-scienza elevata concentrasse i propri sforzi “nel distruggere una singola co-sca di ma!osi, che egli giudica più peri-colosa delle altre”, per “lasciare bene!ca traccia del suo passaggio, strappando qualcuna delle spine che a$iggono la provincia: tanto sa benissimo che, se si provasse a svellerle tutte, altro risultato non conseguirebbe che quello di insan-guinarsi inutilmente le mani, e, nel caso di#cilissimo che riuscisse, altro premio non avrebbe che quello di la-sciare ai prefetti, ai questori dell’avveni-re le rose da cogliere”. Eppure se qualche passo in avanti dav-vero si fece nel contenere la ma!a tutta, quella vera, quella di governo e quella di opposizione, quella dei maggiorenti dell’oggi e quella dei maggiorenti di ieri, lo si deve ai non tanti (ma nemme-no pochi) che fecero il proprio dovere senza esseri servi del potere.

Settembre www.ilfattonisseno.it 17

Diego Tajani

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Cento anni fa il 21 settembre 1913 moriva Michele Tripiscia-no, qui, nella sua città, dove era

sceso come quasi ogni anno da Roma, per trascorrere qualche settimana di riposo nei giorni della festa di San Mi-chele.Lo aveva colpito una polmonite fulmi-nante, e prima di morire aveva lasciato in dono al Comune tutte le opere del suo studio, ed i suoi libri alla Biblioteca Comunale. Dopo una vita a Roma, ric-ca di successi e di notorietà, aveva volu-to ritrovare le sue radici qui, nel cuore della Sicilia più lontana. E per rimanere presente allo sguardo dei nisseni, aveva lasciato anche seimila lire ad un artista suo amico, il Quattrini, perché realiz-zasse il busto con il suo ritratto, quello che ci sorride ancora oggi, ironico, tra le palme della piazzetta Tripisciano.Sua la scultura del Tritone sulla fontana al centro di piazza Garibaldi, ormai un simbolo di Caltanissetta, sua la statua di Umberto I al Collegio, suo il busto di Vittorio Emanuele alla Villa Ame-deo. Ma quanti nisseni conoscono il nome e il valore di questo concitta-dino che lontano da qui era diventato un artista famoso e stimato in tutta Europa?Era nato nei giorni delle camicie rosse a Caltanissetta: 13 luglio 1860, mentre i garibaldini stavano “facendo l’Italia” e la Sicilia sperava di non essere più “irredimibile” come il suo paesaggio riarso descritto da Tomasi di Lampe-dusa, e si pensava che con l’Italia, nel futuro, qualcosa potesse cambiare.Aveva accompagnato con la sua vita e la sua vicenda artistica i primi cin-quant’anni del nostro Paese, la sua ricerca di un’identità collettiva, la co-struzione di un rapporto autentico tra centro e periferia, l’impegno ad elabo-rare una cultura nazionale sul crinale tagliente che separava la retorica della committenza pubblica dalla passione civile di chi voleva !nalmente pensare in grande, proiettarsi in una dimensio-ne europea.Tutti i grandi artisti del primo secolo della storia dell’Italia unita come Tri-pisciano provenivano dalle periferie della penisola: Verga, Pirandello, Sve-vo, Ungaretti, Quasimodo. L’Italia del-la cultura aveva saputo costruire una identità e una rappresentazione del Paese paradossalmente in “controten-denza” rispetto al centralismo politico-istituzionale dello Stato sabaudo.Le sculture di Michele Tripisciano sono disseminate ben oltre i con!ni della monumentalità u"ciale italiana:

a Parigi, sul frontone di Notre Dame e poi al Louvre, la Madon-na col Bambino, a New York, Chicago, Buenos Aires, Liverpool, Windsor, così come a Milano e a Roma, la nuova capitale del regno dove Tripisciano si era formato, alla scuola di Fabio Altini, e si era integrato nei circoli degli artisti meno “allineati”, amico di Trilussa e di Valeri.Nella capitale, al Vittoriano, totem patriottico della celebrazione del 50° dell’Unità, la Sicilia veniva rappre-sentata da un altorilievo rigoroso ed elegante del nostro scultore. E molti altri luoghi della capitale sono stati se-gnati dalla sua produzione: Il Palazzo di Giustizia con le statue marmoree di Paolo e Ortensio sullo scalone, l’Aula Magna della Corte di Cassazione con gli stucchi all’ingresso, il Pantheon, l’O-spedale militare del Celio, il Cimitero del Verano, la piazza di Trastevere de-dicata al Belli.Non è senza ragione che proprio la

scultura abbia caratterizzato la produ-zione artistica più quali!cata da Cal-tanissetta tra ‘800 e ‘900: non solo Tri-pisciano infatti, ma anche Frattallone, Scarantino, una generazione di “comu-nicatori della forma” avevano scelto la plasticità della materia per esprimersi.L’800 nisseno era stato il secolo dello zolfo, che aveva trasformato Caltanis-setta da paese feudale in città svilup-pata e borghese che si dava un assetto “monumentale” e una dotazione di edi!ci civili e pubblici di rappresentan-za delle sue funzioni amministrative di capoluogo di provincia, prima con i Borboni e poi con i Savoia.

La città era entrata così nella moder-nità, e il rapporto

con i materiali della terra era qua- si scontato che oltre all’economia, potesse determinare un’e-laborazione culturale, un’espressione artistica che potessero parlare al mon-do e viaggiare lontano quanto i pani di zolfo che dai caricatoi partivano per mare ad alimentare l’industria e la ric-chezza di paesi lontani.Artigiano della terracotta, “cretaio”, suo padre, Ferdinando, casa e bottega nelle poche stanze tra la Saccara e la Ba-dia (che il Comu- n e aveva acquistato dieci anni fa per farne una “casa Museo”): lo ave-va ostacolato nella sua pre-disposizione a modellare l’argilla, !no a quando il

barone Lanzirotti lo aveva mandato a Roma a studiare la scultura.Tripisciano era stato “scoperto” come giovanissimo artista dal barone Gu-glielmo Luigi Lanzirotti, fondatore e per decenni Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta, Sin-daco della città, imprenditore e uomo-chiave della società nissena post-uni-taria, uomo di riferimento di Filippo Cordova (ministro dell’economia nei primi governi della Destra storica) e delle forze economiche e sociali che nella seconda metà del XIX secolo gui-davano nel nostro territorio la #orida economia della società dello zolfo.

Lanzirotti aveva visto i primi lavori di Tripisciano ragazzo, !glio delcretaio della Badia, e aveva deciso di !nan-ziarne gli studi !no al trasferimento a Roma, nella nuova capitale del Regno. Due uomini molto diversi, quindi, ave-vano segnato con il loro incontro una fase fondativa dell’identità collettiva della nostra città, solidamente lega-ta all’economia ed insieme capace di promuovere la cultura e l’investimento sull’intelligenza e sulla creatività delle sue risorse umane.Nella Roma da pochi anni capitale d’Italia Tripisciano aveva studiato la tecnica e la storia della sua arte, si era

incontrato con un immaginario artistico millenario

prestigioso e ben p r e c e -d e n t e

a l l ’u n i -ficazione

nazionale, aveva os-

servato ad ogni angolo

della città eterna immagini plastiche ra"nate e popolari e in quel contesto si era a$ermato realizzando le sue ope-re vincendo concorsi, partecipando ad esposizioni internazionali (Barcellona, Mosca, Pietroburgo, Monaco, primo premio all’esposizione USA nel 1890 con “Cristoforo Colombo”), entrando nel circuito importante della commit-tenza pubblica senza asservirsi ai no-tabili.Lavorava per lo Stato e per la Chiesa allora in con#itto (Fontana di Carpine-to per il Papa Leone XIII), si specializ-zava nella ritrattistica con rara capacità antiretorica (deliziosa la terracotta del Quirinale con Umberto e Margheri-ta a passeggio), rappresentava !gure

mitiche e soggetti religiosi, icone clas-siche e personaggi contemporanei, con purezza di linee, con dinamismo e autenticità, senza la sovrabbondanza compiaciuta del Decadentismo ormai imperante.Aveva realizzato monumenti civili e

religiosi, ma il suo successo più grande era stato il monumento al Belli, il più romano dei poeti, che domina la piaz-za omonima in Trastevere come un af-fresco plastico a 360°, in cui il popolo di Roma si vedeva rappresentato nello spirito sagace della sua anima popo-lare, ma con una capacità di cogliere l’interiorità dei soggetti che lo faceva emergere dal realismo positivista tutto esteriore che caratterizzava la maniera di quel tempo. “Nazionale-popolare” in senso gramsciano questa capacità di Tri-pisciano di rappresentare il popolo senza populismo, rendendone l’ironia e la forza come dati antropologici, uni-versali, nella sua dimensione collettiva con la stessa profondità con cui sapeva rappresentare i sovrani, senza il pro-vincialismo di chi venendo dalla pe-riferia dimentica la propria origine e cerca di omologarsi con il potere.Questa capacità di comunicare l’im-materiale attraverso la plasticità della materia è un patrimonio culturale da valorizzare ancora oggi, ben al di là del desiderio di celebrare una “gloria cittadina”, per tematizzare, attraverso Tripisciano, l’identità, la memoria, la rappresentazione di sé che Caltanis-setta ha generato nel periodo della sua massima espansione.Oggi la produzione di ricerca e di sape-ri sostiene l’economia dei beni imma-teriali con fondamenta robuste quanto alternative rispetto ai tradizionali con-notati industriali che hanno caratteriz-zato i modelli economici del passato. Non c’è niente di più solido dell’imma-teriale, quando è ben radicato nell’im-maginario collettivo: è una delle fron-tiere della contemporaneità più ricca di prospettive, se si riesce a conquistarla.

www.ilfattonisseno.it18 Settembre

Michele Tripiscianolo scultore dell’Italia unita

Artgiano della terracotta, “cretaio” il padre Ferdinando ne aveva ostacolato il talento e i sogni

di Fiorella Falci

Fatti & cultura Il centenario

Sopra il bozzetto della “Madonna col bambino” che si trova a palaz-zo Moncada; l’opera originale si trova al Louvre di Parigi.

A sinistra il monumento a Gioac-chino Belli, realizzato in travertino e posto a Trastevere, nella piazza dedicata al grande poeta romane-sco.

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Genitori sempre più permissivi e sempre più cedevoli

verso i !gli consumatori

Provate a chiedere ad un ge-nitore di un adolescente se il !glio faccia uso di droghe. La

risposta sarà un no secco, senza re-plica. Eppure i dati nazionali dicono che 4 adolescenti su dieci fanno uso di cannabinoidi.Non fa eccezione Caltanissetta, con

picchi di consumo nei paesi vicinio-ri, dove gli adolescenti uccidono la noia, facendosi un “cannone”, se pos-sibile, pure nel cortile della scuola. Il connubio tra droghe leggere e mi-norenni è sempre più stretto mentre ignari genitori, distratti dal lavoro o da una vita familiare sempre più di-sgregata, non incapaci a cogliere che i !gli sono assuntori, sebbene occa-sionali, ma sempre consumatori di

d r o g h e . I punti di s p a c c i o in città sono davvero tanti, triplicati dalla presenza di extraco-munitari che, disperati, cedono alle lusinghe dello smercio facile, sa-pientemente addestrati dalla mala-vita locale. Basta fare un giro a tarda sera nelle viuzze laterali di piazza Garibaldi e del centro storico, per vedersi a"ancare da qualcuno che ti chiede “se vuoi erba”. C’è poi l’area della piazzetta del Marinaio all’in-terno della quale gravitano spac-ciatori di “fumo”. Di contro ci sono

giovanissimi, pronti a fumarla dappertutto, e

altrettanto pronti a negare di farne uso: la triturano, la rullano e la fu-mano dove capita. Non solo. Nello slargo, di un supermercato, in zona periferica, agli avventori ritardata-ri che si a#rettano a fare la spesa, due ragazzi di colore, o#rendosi di riporre il carrello con dentro la mo-netina di un euro, !no a poco tempo fa, corredavano il servizio con l’of-ferta di droga, marijuana o hashish, pronti ad assecondare i gusti dei clienti più adulti. C’è poi il capitolo scuole cittadine.Negli istituti superiori del capoluo-

go, nei mesi scorsi le unità cino!le, arrivate da Palermo, hanno e#ettua-

to alcuni controlli, cosiddetti di rou-tine, trovando in un istituto tecnico, uno spinello in classe. La segnalazio-ne proveniva dal preside che, aveva coraggiosamente aveva sollecitato la Polizia di Stato ad intervenire, in via preventiva. Dirigente attento che, invece di ricevere elogi e incorag-giamento dagli scrupolosi genitori,

si è visto piombare critiche da ogni dove. E non sono mancate nemme-

In costante crescitail pericoloso connubio fra under 14 e sballo di gruppo

di Lucilla Rovetto

Sogni in “Fumo”Pericolo cannaQuattro adolescentisu dieci, fanno usodi droghe leggere

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no le bordate di chi ha parlato di poter arrecare danno al buon nome della scuola. Insomma tutti seria-mente preoccupati della reazione incontrollabile dei genitori. Dice-vamo c’è spaccio perché c’è richie-sta con un mercato !orente dalla domanda in crescita e poi, perché l’”erba” costa relativamente poco, si consuma in gruppo e “rinsalda” tra i più giovani l’appartenenza malata ad un gruppo. I controlli antidro-ga vengono e"ettuati dalle forze dell’ordine, nell’arco dell’anno sco-lastico, per scongiurare l’utilizzo delle sostanze stupefacenti all’in-terno delle scuole o all’esterno de-gli edi!ci delle superiori. Ma quale è l’età dei consumatori di droga in città. Il più piccolo pizzicato dalle Volanti, a fumare marijuana, ave-va da poco compiuto 13 anni. In Prefettura, un apposito u#cio con-serva gelosamente tutti i nomi dei soggetti “beccati”a utilizzare, per uso personale, droghe. Un elenco sempre più lungo, purtroppo in crescita. Nel consumo collettivo non mancano nemmeno i nisseni non più giovani che, per diluire lo stress e le incalzanti amarezze quo-tidiane, nel !ne settimana, tra ami-ci, adeguatamente selezionati, si fanno una “canna”. Genitori, sem-pre più permissivi, tolleranti con se stessi e sempre più cedevoli verso i !gli consumatori, certi che la droga “leggera” non faccia male.Le statiche nazionali di"use dal Di-partimento politiche antidroga del-la presidenza del Consiglio dicono che negli ultimi dodici mesi, lo 0,12% del campione rappresentati-vo della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha dichiarato di aver assunto eroina (-0,12% rispetto al 2010), lo 0,60% cocaina (-0,29%), lo 0,12% stimolanti (-0,16%), lo 0,19% allu-cinogeni (0,02%). Il 4,01% (l’1,32% in meno) ha consumato cannabi-

noidi, ma la percentuale sale tra i 15-19enni dal 19,14% dell’anno scorso al 21,43% di quest’anno. Tra la popolazione studentesca di 15-19 anni quest’anno i consuma-tori (anche occasionali) sono stati il 2,01% per la cocaina (1,86% nel 2012), lo 0,33% per l’eroina (0,32%

nel 2012), l’1,33% per stimolanti metamfetamine ed ecstasy (1,12% nel 2012) e il 2,08% per allucinoge-ni (1,72%) nel 2012. Nessuno, però, avrebbe voluto es-sere al posto dei sette nisseni, ben sette padri e/o madri, chiamati in Questura in un’afosa notte di !ne agosto. Erano da poco trascorse le 2,25 del 31 agosto,quando in uno dei viottoli di Piano Geraci, sette ragazzini tra i 13 e 15 anni, accom-pagnati da un diciottenne, si danno appuntamento per una “fumata di gruppo”. Dal bauletto di uno sco-oter saltano fuori 40 grammi di marjuana. Uno di loro è pure in possesso di un coltello vietato. Una volante della Polizia scorge il grup-petto di ragazzini intenti al consu-mo e li porta in Questura. Sono tutti adolescenti che hanno voglia di crescere in fretta e tutti segnala-ti per uso di sostanze stupefacenti, mentre uno solo è stato denunciato per spaccio. Un’amara sorpresa che è il segno tangibile di una realtà da monitorare con l’attenzione neces-saria.

Continua a calare in Italia il nume-ro di chi assume droghe ma cresce (del 2,29%) la percentuale di con-

sumatori di cannabis tra i giovani. E’ quanto emerge dalla “Relazione al Parlamento 2013 sull’uso di so-stanze stupefacenti e tossicodi-pendenze in Italia”, elaborata dal Dipartimento politiche antidroga della presidenza del Consiglio.Negli ultimi dodici mesi, lo 0,12% del campione rappresentativo della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha dichiarato di aver assunto eroina (-0,12% rispetto al 2010), lo 0,60% cocaina (-0,29%), lo 0,12% stimo-lanti (-0,16%), lo 0,19% allucino-geni (0,02%). Il 4,01% (l’1,32% in meno) ha consumato cannabinoi-di, ma tra i 15-19enni - in contro-tendenza - la percentuale sale dal 19,14% dell’anno scorso al 21,43% di quest’anno. Il calo dei consumi, comune all’area europea, viene confermato anche dalle analisi del-le acque re$ue eseguite dal Dpa.Nel 2012, il numero totale di con-sumatori (compresi quelli occasio-nali) e’ stimato in oltre 2 milioni e 237mila persone: il 95,04% della popolazione under 64 non ha assunto alcu-na sostanza s t u p e f a -cente negli ultimi dodici mesi. La cocai-na, sottolinea la Relazione, “dopo un tendenziale aumento che ca-ratterizza il primo periodo sino al 2007, segna una costante e continua contrazione della prevalenza di con-sumatori sino al 2012” mentre il consumo di eroi-na e’ “in costante e continuo

calo sin dal 2004, anno in cui si e’ osservata la prevalenza di consu-mo piu’ elevata”: negli ultimi anni il fenomeno si e’ stabilizzato.Tra la popolazione studentesca di 15-19 anni quest’anno i consuma-tori (anche occasionali) sono stati il 2,01% per la cocaina (1,86% nel 2012), lo 0,33% per l’eroina (0,32% nel 2012), l’1,33% per stimolanti metamfetamine ed ecstasy (1,12% nel 2012) e il 2,08% per allucinoge-ni (1,72% nel 2012).Nel giro di meno di cinque anni, dal 2008 a oggi, il numero dei siti internet tematici che o"rono can-nabis o ne promuovono il consu-mo sono quadruplicati, passando

da circa 200mila ad oltre 800mila (dato “sottostimato”).“Dai siti ai blog personali, passan-do per gli shop on line e le pagine sui social network, gli utenti di tutto il mondo acquistano semi, si scambiano indicazioni circa la

coltivazione e forniscono pareri sugli e"etti delle diverse piante”. Il

picco di 960mila toccato a maggio del 2013 - avvertono gli esperti - ha “una proiezione in crescita del 2% entro !ne anno”.Sono oltre 250 le “nuove droghe” identi!cate dal Sistema nazionale di allerta precoce del Dipartimento politiche antidroga. A segnalarlo e’ l’ultima Relazione al Parlamento sull’uso di sostanze stupefacenti in Italia, che parla di “nuovo mercato in espansione, quasi esclusivamen-te gestito via internet” sebbene “at-tualmente sotto controllo”. Si tratta per lo piu’ di cannabinoidi sintetici, catinoni, fenetilamine, piperazine e metossietamine, spesso spacciate - sul web o, in misura minore, ne-gli smart shop - per sali da bagno, incensi, fertilizzanti, prodotti natu-

rali ed erbe mediche: pro-dotti per lo piu’ preparati artigianalmente in labora-tori fatiscenti e a bassissi-ma qualita’ igienica.

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On-line 800 mila siti “vetrina”

Aumenta lo spaccio a Caltanissetta anche per la presenza di extracomunitari

BUSINESS. Internet, nuovo mercato per l’acquisto degli stupefacenti

LO SCORSO ANNO, 2 MILIONI 237 MILACONSUMATORI IN ITALIA

IDENTIFICATE OLTRE 250 NUOVE MOLECOLE SINTETICHE

390 MORTI PER OVERDOSE NEL 2012 UMBRIA REGIONE CRITICA

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È rimasto un attento osservatore della vicende politiche siciliane. Non scenderà in campo, «io

non sono un politico, resto un tec-nico e voglio restare tale». Di certo, Gaetano Armao, assessore all’Econo-mia della “Sicilia bedda” nel regno di Ra!aele Lombardo da Granmichele, continuerà a pungolare il governo presieduto da Rosario Crocetta con intelligenza e con un pizzico di sar-

casmo. In un bar a pochi metri da Montecitorio incontriamo l’elegante avvocato palermitano Gaetano Ar-mao. Abito di sartoria, occhiale da intellettuale, ipad sul tavolo per essere sempre sul pezzo. Per circa mezz’ora discutiamo con l’ex assessore regiona-le sui dieci mesi del governo Crocetta, e sui conti siciliani, e sulla polemiche delle ultime settimane. Iniziamo dal governo regiona-le. Un governo che siede a Palazzo d’Orleans da più di dieci mesi, un governo che, per usare espres-sione crocettiana, avrebbe dovuto «rivoluzionare» la Sicilia. E invece siamo sempre alla solite: gli indicatori economici sono ne-gativi, e da settimane il governatore è im-

pegnato in un braccio di ferro con il Pd sul rimpasto che probabilmente non si concretizzerà. Insomma re-gna il caos, direbbe qualcuno. Sostanzialmente tra i pasti di pochi e rimpasti incompiuti il governo Cro-cetta è al palo. Il famoso cerchio ma-gico sta perseguendo alcuni obiettivi. Per il resto, per i siciliani c’è poco e niente. Ma la cosa grave è che in un anno non si sia vista nessuna misura anticongiunturale sulla crisi econo-mica, nessuna misura a sostegno del-le imprese, nessuna misura a sostegno del lavoro. Nulla di nulla. Non si è nemmeno vista la riduzioni dei costi della politica che era stata strombaz-zata.A proposito di riduzioni dei costi della politico Antonello Cracolici si è dimesso qualche giorno fa da Presidente della Commissione sulla spending review. Prova provata che nel frattempo quel-la che viene de"nita “spentik reviiut”, come era stata propalata all’intero mondo, come una cosa già fatta, non esiste e non esisterà. Guardi, io sono molto preoccupato perché la Sicilia continua a perdere credibilità e posi-zioni. Per esempio, è stata strombaz-zata come una grande vittoria quella che è l’addizionale Irpef, che si è li-berata grazie anche al lavoro sul risa-namento portato avanti dal governo

Lombardo, e di cui si è immedia-tamente appropriato il gover-

no Crocetta. In realtà qui il merito non è di nessuno, ma era semplicemente do-veroso farlo. Il tema è che

quelle risorse che oggi sarebbero libere e sareb-be il caso di destinare in

investimenti, invece sono utilizzate per il cosiddetto pagamento dei debiti ver-

so le imprese. Non si comprende

perché

nel resto del Paese questa operazio-ne sia fatta a carico "scale dello Sta-to, mentre in Sicilia sia tutto a carico della Regione, sopratutto, se questi pagamenti non serviranno a pagare imprese regionali ma serviranno a pa-gare imprese non regionali. Ciò rap-presenta un paradosso: perché nelle altre regioni questa operazioni è a carico dello Stato, mentre da noi deve essere a carico della regione?Avvocato, i maligni le potrebbero dire: la Sicilia è una regione a Statu-to speciale...E io le potrei contro-obiettare che non riceviamo l’intero gettito "sca-le perché una parte viene trattenuta dallo Stato. Quindi tutto ciò risulta assai singolare. Per non parlare della svendita dell’art.37 che è stata fatta. O del negoziato sul federalismo "scale rimasto bloccato. L’altro grande tema sul quale si è di-battuto in questi mesi di governo è l’abolizione delle province. La regio-ne avrà tempo !no al 31 dicembre per legiferare. Del resto le province ad oggi non sono state abolite, ma

sono state semplicemente commis-sariate. Dal primo gennaio cosa suc-cederà?Guardi, sull’abolizione delle province si è svolta la parte destruens senza la parte costruens. Insomma è tutti im-pantanato a Palazzo d’Orleans. Un’al-tro tema cardine, legato certamente al tema delle province, è il ddl sulla riforma delle aree metropolitane. Un ddl lanciato senza parlarne con nes-suno. Invece queste riforme hanno un senso se vengono costruite, chiaro che ci saranno dei dissenzienti, ma tu,

governo, devi costruire un consenso attorno a riforme di questa portata. Armao, ci dica una cosa in qualità di tecnico, e di ex assessore regio-

nale all’Economia. Come stan-no i conti siciliani? I conti siciliani sono conti di#-cili, il compito del mio succes-sore è un compito di#cilissi-mo che lui sta svolgendo con grande attenzione anche se

a mio avviso con un cuore più a Roma che a Palermo. Di fatto la nomina del suo successore, mi riferisco all’assessore Luca Bianchi,

è una nomina romana. L’allora se-gretario del Pd Pier Luigi Bersani spinse su Bianchi proprio per vigi-lare sui conti siciliani. La Sicilia, di-cono gli economisti, è una regione a rischio default. Ma noi non abbiamo bisogno di un assessore all’Economia importato, noi abbiamo bisogno di un assessore siciliano credibile a Roma. E ciò, mi consenta, è un’altra cosa. Non capisco perché Crocetta abbia ritenuto che le questioni "nanziarie andassero af-frontate alzando il cappello e ponen-dolo sul tavolo dell’interlocutore. Non è questo il modo di a!rontare una questione delicata come quella "nan-ziaria. Invece sarebbe stato necessario seguire tre direttrici: risanamento, credibilità, ma anche consapevolezza delle prerogative della Regione. Ad esempio, noi abbiamo fatto decine di ricorsi in Corte Costituzionale, nella gran parte dei casi vittoriosi, o co-munque con sentenze interpretative di rigetto, che sono sentenze che van-no a ragione alla Sicilia. Che io sappia da un anno, basta veri"carlo, sono stato proposti o uno o due ricorsi in Corte Costituzionale. A quel tempo noi siamo fummo accusati di eccessi-va belligeranza. Tuttavia, io credo che una regione abbia fra le prerogative quella di difendere le proprie posizio-ni per attrarre più risorse.Lei ritiene che questo modo di pro-cedere non porti da nessuna parte. E allora cosa succederà nei prossimi mesi? Questo immobilismo non aiuta la Sicilia. Anzi. Avremo un autunno pe-santissimo. Peraltro si prospetta un de"cit rilevante in quanto il bilancio del 2013 è stato predisposto su pre-visioni di incremento del Pil di 0.5%. E non c’è analista "nanziario che da febbraio 2013 non dica che la Sicilia non abbia un Pil negativo fra il 2 e il 3%. Come si colmerà il buco che si verrà a creare?Nel frattempo il governatore Cro-cetta continua a galleggiare. Tirato per la giacca dal Pd, che chiede a più ripreso un rimpasto, e da Con!n-dustria, big sposor del governatore, che chiede un cambio di passo. A mio avviso Crocetta la prima cosa che avrebbe dovuto fare, conscio della sua debolezza, era quella di proporre una modi"ca della legge elettorale per andare ad elezioni con una legge con il doppio turno. Invece prima ha sbandierato il mo-dello Sicilia, alleanza sulle riforme con il M5s, e poi si ha chiesto aiuto al gruppo dei democratici riformi-sti, costituito per larga parte da ex lombardiani ed ex pidiellini. Intanto avrebbe dovuto non avvia-re quel negoziato, terribile, crean-do quel mercato del vacche. La cosa

grave è che per ra!orzare questa sua maggioranza inesistente si è avviato un meccanismo di accaparramento di consenso in aula che ha portato a mercanteggiare sulle cose più assurde: sulle nomine nelle Asp, addirittura sulla composizione del Consiglio di Giustizia Amministrativa. Non è pos-sibile che una nomina come quella del Cga, passi da un negoziato politico per un passaggio di un parlamentare da una fazione ad un’altra. Questo svi-

lisce l’istituzione giudiziaria. Questa come tante altre si è avviata con una logica corruttiva, una logica per cui tutto è negoziabile. Il messaggio è il seguente: basta andare a Palazzo d’Or-leans o a Tusa e negoziare. La mia sen-sazione è che qui si negozi tutto. Con l’aggravante che Crocetta si comporta come se avesse ottenuto un consenso plebiscitario. Poi c’è il capitolo nomine, alcune della quali, come quella del consi-glio di amministrazione dell’Irsap, hanno sollevato un polverone anche all’interno della stessa maggioranza. Dalla vicenda Cicero ai trombati del Megafono il cliché è stato sempre lo stesso. E poi non dimentichiamo i no-minati nelle Camere di Commercio. Quello che stupisce è che non ci sia un alzata di scudi da parte delle imprese di fronte ad un commissariamento di fatto delle Camere di Commercio, non fatto da funzionari del sistema amministrativo, ma da uomini che vengono messi lì o perché trombati alle elezioni, o perché uomini di parti-ti. La Camera di Commercio è la casa delle imprese, ed è impensabile che per gestirla il commissario non sia un dirigente regionale, o un funzionario regionale, ma un soggetto che non ab-bia nulla a che vedere con le imprese. A ciò si unisce il forte legame fra questo governo regionale e i vertici di Con!ndustria Sicilia. Questo non lo so. Certamente è inaccettabile quello che è avvenuto, ovvero che l’Irsap sia stata iscritto a Con"ndustria. Ma è inaccettabile non solo che l’Irsap sia stato iscritto a Con"ndustria, ma che Con"ndustria abbia accettato l’iscrizione di un ente pubblico. Francamente non riesco a comprendere la logica di tutto questo.

Twitter: @GiuseppeFalci

www.ilfattonisseno.it22 Settembre

Abolizione delle provincie svolta la parte destruens, manca la parte costruens.Tutto è impantanato

Avremo un autunno pesantissimo, si prospetta un de"cit rilevante. I conti della Sicilia sono di#cili

Analisi tecnica ma pungente dei primi dieci mesi del governo presiedutoda Rosario Crocetta

Gaetano Armao, avvocato, assessore dell’ex governatore Lombardo

Governo regionale“Tanto rumore per nulla”

di Giuseppe Alberto Falci

L’intervista

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Page 24: il Fatto Nisseno - settembre 2013

www.ilfattonisseno.it24 Settembre

Il sorriso di Davide vale più di centomila parole. E’ seduto ac-canto a me, Daniela (sua mo-

glie) dal lato opposto, le !glie Ester e So!a gironzolano per casa: un pomeriggio qualunque con una fa-miglia normale. Non tutto però ri-entra nel consuetudinario. Davide La Paglia, è immobile sul divano, la Sla l’ha colpito nel 2008: una ma-lattia terribile che gli ha corroso il corpo ma non il sorriso. Lotta sen-za sosta, un guerriero, la storia di un’ex-atleta che vuole essere esem-pio positivo. L’inizio del calvario, Daniela racconta: “I primi sintomi nel luglio di cinque anni or sono. Accusa una fascicolazione (N.d.R. è la contrazione spontanea, rapida e a intervalli regolari di una o più unità motorie. Le fascicolazioni sono vi-sibili e avvertite dal soggetto come guizzi improvvisi di una parte di un qualunque muscolo) al braccio destro. Il medico di famiglia aveva diagnosticato una carenza di potas-sio. Purtroppo la fascicolazione au-mentava, !no a giungere al pollice che era quasi bloccato. A settembre, si sottopose all’elettromiogra!a che evidenziò la so"erenza del moto-neurone. Ricoveri, viaggi, so"eren-ze, speranze deluse: uno stillicidio, nessuno ti da certezze, arriva un po’ alla volta, ti sconvolge”. Guardo Davide, con gli occhi accompagna le parole di Daniela, annuisce, ricorda particolari, dettagli, ripercorre un sentiero doloroso e conosciuto ma è evidente la sua ferrea volontà di non cedere. “Questo cambiamento non è stato repentino. E’ una malattia

degenerativa ma che a seconda del soggetto ha una variabilità di"eren-te. Abbiamo inizialmente a"rontato un percorso di psicoterapia: abbia-

mo imparato che dobbiamo vedere le cose non a lungo termine. Credo che non valga solo per noi ma sia un messaggio condivisibile da tanti.

Oggi viviamo al momen-to: non pensiamo più in là di quello che può ac-cadere in una settimana.

Dimostrazione dolorosa ma pratica: la morte del fratello di Davide che per noi era un sostegno fondamen-tale. Si è ammalato ed è morto in un mese. Importante l’a"etto e la vici-nanza degli amici: Giovanni, Ange-lo, Massimo non posso nominarli tutti: sono strabilianti impagabili, meravigliosi”. Il sostegno di enti am-ministrativi? “L’Asl o"re il Servizio Adi: assistenza domiciliare infer-mieristica. Il comune ci presta 4 o 6 ore settimanali di servizio igienico sanitario, pulizia sul malato o degli ambienti in cui vive. Fisioterapia e logopedia giungono da casa Roset-

ta a cura dell’Asl. La regione è assolutamente assente a di"erenza di altre: vedi Lombardia o Sardegna, in cui l’assistenza è totale. Esiste an-che un Fondo na-zionale. Questo è un fondo a !ne scorte, che !nanzia il ‘cargiver’ (che può essere anche un familiare) ossia la !gura cui il malato fa riferimento, la persona che sostituisce le braccia e le gambe di chi sof-fre di Sla”. L’assistenza è necessaria 24 ore al giorno, un impegno !sico, mentale e in particolare economi-co che non tutti possono sostenere. Esempi se ne possono fare tanti, Daniela ne sceglie uno: “Il malato di Sla è tracheostomizzato ed è ne-

di Donatello Polizzi

La storia dolorosa di un ex atleta che vuole essere esempio positivo e di speranza

Fatti, salute & territorio Di SLA si vive,l’amore della mia famiglia è la medicina più e#cace.Viviamo con intensità il momentonon ha spento

il mio sorriso

La SLA

Page 25: il Fatto Nisseno - settembre 2013

cessario che la cannula (operazione da cinque minuti che può compiere soltanto un medico di rianimazio-ne) sia cambiata una volta al mese. Alcuni ammalati possono essere trasportati solo con l’ambulanza: chiedono 70 euro a viaggio. Stessa cosa per l’ossigenazione del sangue, esame che può farsi solo in ospeda-le. Tutte spese, insieme a tante altre, che gravano sulle famiglie”.Ci sono anche segnali positivi. Gra-zie alla sezione Sla di Caltanissetta, fondata nel 2010 da Davide insieme agli altri malati, si sono ottenuti dei risultati incoraggianti. Da segnalare l’interessamento della dott. Marcella Santino. Citiamo l’Hospice di San Cataldo, realizzato all’interno dell’o-spedale “Raimondi”, con due stanze a disposizione dei malati di Sla. Una ‘casa sollievo’ che può essere utiliz-zata dalle famiglie che devono, per cause di forze maggiore, lasciare il paziente, per uno o più giorni.

L’Aisla, presieduta a livello na-zionale dall’ex calciatore Massi-

mo Mauro, è un’associazione che funge da anello di con-

giunzione fra i malati e i loro cari. La possibilità di consigliarsi, con!darsi,

confortarsi e aiutarsi nell’espletamento dei

tanti iter burocratici che necessitano per accedere alle varie

forme di assisten-za. L’esplosione

della mediatici-tà tragica della

Sla si è avuta con il caso

di Stefano Borgono-vo.Ci scon-volge ap-

prendere che alcune persone si

vergognano di ammettere la propria malattia. L’esempio di

Davide, al!ere e capitano coraggio-so, vuole essere una luce che infonde speranza e coraggio; la sua famiglia lo circonda, coccola e a"erma: “Di Sla si…vive, l’amore è la migliore medicina!”

Settembre www.ilfattonisseno.it 25

Sul versante della ricerca lo sforzo

è duplice: conoscere le cause della patologia

e trovare terapie efficaci“La Sclerosi Laterale Amiotro!ca (SLA) è una patologia neurode-generativa a decorso progressivo e prognosi infausta, causata dalla degenerazione dei motoneuroni centrali e periferici e caratterizzata clinicamente da una progressiva ri-duzione di forza, tro!smo e funzione muscolare !no alla completa paralisi”. Il neurologo Paolo Volanti, referente del Centro di Riferimento Regionale per il management riabilitativo e lo studio della SLA, ci illustra il volto ‘atroce’ di una malattia terribile. “Pos-sono essere presenti, inoltre, di#coltà nell’articolazione della parola (disar-tria) e nella deglutizione (disfagia) nonché secondaria compromissione respiratoria (sindrome restrittiva). Oltre la comune forma sporadica, che comprende circa il 90% dei casi di malattia, si distingue una forma familiare che rappresenta il restan-te 5-10%. Il decorso è rapidamente progressivo, con accumulo di severa disabilità e, sebbene la progressione di malattia possa essere di"erente tra i vari soggetti, la sopravivenza media dall’esordio della sintomatologia è di circa 3 anni. La morte sopravviene di solito per insu#cienza respiratoria. Al momento, ad eccezione del riluzo-lo (farmaco che in media rallenta la progressione di malattia dai 3 ai 6 mesi) non esiste una terapia speci!ca, ma trattamenti sintomatici (farma-cologici e riabilitativi), trattamenti di supporto (PEG e ventilazione mec-canica) e cure palliative terminali. L’approccio più e#cace (rallentata progressione di malattia - miglio-ramento della qualità della vita) è quello derivante da una “presa in ca-rico globale” del paziente da parte di strutture assistenziali articolate (Cen-tri di Riferimento) multidisciplinari, in un “continuum” assistenziale che ha inizio subito dopo la comunica-zione diagnostica e si conclude con la gestione degli stadi terminali” La situazione statistica (termine fred-do e crudo), l’Epidemiologia (inci-denza, prevalenza, mortalità) ed etio-patogenesi (cause/fattori di rischio) della SLA.“L’incidenza annuale (numero di nuovi casi/anno) di malattia è va-riabile, tra 0.6 e 2.6/100.000 abitan-

ti, aumenta proporzionalmente in funzione dell’età con un picco tra i 55 ed i 75 anni ed una predominan-za nel sesso maschile. La prevalenza (numero totale dei casi in un deter-minato periodo) è compresa tra 0.8 e 7.3/100.000 abitanti. Ad eccezione della Sardegna, dove si sono eviden-ziati tassi di incidenza oltre il triplo della media italiana, gli studi epide-miologici !nora condotti in Italia hanno dimostrato dati complessivi di incidenza, prevalenza e mortali-tà (1 su 7-800) sostanzialmente so-vrapponibili a quelli degli altri paesi occidentali. Anche un recente studio condotto su 5 province siciliane (tra le quali Caltanissetta) ha evidenziato dati di incidenza (1.6/100.000) e pre-valenza (6/100.000) equivalenti. A proposito della provincia di Caltanis-setta, in!ne, è in corso un importante studio sulla frequenza delle forme familiari (da evidenze preliminari più alta dell’atteso) e della mutazione C9ORF72. Le cause speci!che della malattia sono ancora sconosciute, ma si è ormai concordi nel ritenere la SLA una patologia multifattoria-le, derivante da una interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali. Diverse sono le ipotesi etiopatogenetiche (eccitotossicità, autoimmunità, de!cit di fattori neu-rotro!ci, stress ossidativo, etc.), così

come i possibili fattori di rischio ipo-tizzati (attività !sica intensa, fumo, enterovirus, residenza in aree rurali/montane, agenti tossici, etc)”. Qual’ è lo stato attuale della ricerca? “Sul versante della ricerca lo sforzo è duplice: conoscere le cause della patologia e trovare delle terapie e#-caci. In riferimento al primo punto, nel corso degli ultimi anni i dati più

interessanti sono emersi dalla ricerca cosiddetta “genetica”, con la scoperta di diversi (oltre il già noto SOD-1) nuovi geni coinvolti nella malattia, alcuni dei quali (C9ORF72) anche in una percentuale rilevante (4-10%) di forme sporadiche. A proposito delle principali terapie sperimentali attualmente in corso in Italia, inve-ce, ricordo lo Studio sul trapianto di cellule staminali umane neurali nella SLA” (cosiddetto protocollo Vescovi) e lo Studio basato sul trattamento con alte dosi di ciclofosfamide seguito dalla reinfusione di cellule stamina-li ematopoietiche precedentemente prelevate (cosiddetto protocollo Me-lazzini)”.La sua incontrovertibile esperienza, professionalità e conoscenza dela Sla a servzio della fondazione Maugeri. “Da oltre 20 anni la Fondazione Mau-geri ha sviluppato un modello di assi-stenza multidisciplinare per i pazienti a"etti da SLA, tuttora di riferimento in ambito nazionale e internazionale. In Sicilia, presso l’U.O. di Neuroriabi-litazione Intensiva di Mistretta (ME) è operativo il “Centro di Riferimento Regionale per il management riabili-tativo e lo studio della SLA”. Il Centro, che opera in stretta collaborazione

con altri Centri di riferimento regio-nali e nazionali, si avvale di un team multidisciplinare e si occupa di: a) presa in carico assistenziale post-diagnostica (trattamenti sintomatici e di supporto, riabilitazione speci!ca multidisciplinare, rilascio piano tera-peutici e prescrizioni); b) attività di ricerca (sperimentazione farmacolo-gica - trials clinici, studio dei modi-!ers genotipici e fenotipici di malat-tia). Il Centro, in!ne, collabora con le Associazioni dei pazienti (AISLA) in tutte le fasi di programmazione delle iniziative di formazione e di informa-zione”.Il suo contatto quotidiano con i pa-zienti, la convivenza continuativa con la loro so"erenza. “La vita può esse-re bella e interessante, nonostante la malattia. Anzi, anche “grazie” ad essa. L’a#ancare e supportare, per quanto di mia competenza, i malati e i fami-liari nel loro slogan “Contro la SLA, per godere ogni minuto del mira-colo della vita”, è la cosa per me più grati!cante. Da medico e da uomo. Nonostante la SLA che ci ha fatto in-contrare, ringrazio Davide, Michele, Osvaldo, Amalia, Paola e tutti gli altri ‘amici’, per avermi insegnato a guar-dare la vita con occhi diversi”.

Sclerosi Laterale Amiotroficasconosciute le cause

Nel 2010 a Caltanissetta ha fondato la sezione dell’AISLAdella quale è il referente

Il neurologo Volanti: “I pazienti mi hanno insegnato a guardare la vita con occhi diversi”

Paolo Volanti, neurologo referente regionale Centro SLA “S.Maugeri”

CHILDREN

Fall/Winter 2013-14New Collection

cettina bivonaCaltanissetta

Page 26: il Fatto Nisseno - settembre 2013

LOTTO N. 25:Autovettura FIAT Panda 1.2 Dynamic ben-zina, 60 cv (44 KW), targata CJ 473 XZ, di colore giallo limone, 4/5 porte, immatrico-lata il 30.04.2004, Km. 115.157

Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 2.560,00.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTAAVVISO DI VENDITA DEI BENI DEL FALLIMENTO N. 15/2012 R. FALL.

L’Avv. Marco Vizzini, con studio in Caltanissetta, Via Libertà n. 114, nella qualità di Cu-ratore del fallimento n. 15/2012 R. Fall., giusta autorizzazione alla vendita del Giudice Delegato Dr. Calogero Cammarata, rende noto che in data 30 ottobre 2013 alle ore 10,00 presso il suo studio, avrà luogo la vendita dei seguenti beni mobili, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano:

LOTTO N. 27: Autovettura FORD Mondeo 2.0 TDCi, gasolio, 115 cv (103Kw) targata DH 345 GV di colore grigio scuro, immatricolata il 20.07.2007, Km 322.374, cambio ma-nuale. Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 6.600,00. LOTTO N. 28: IVECO FIAT 35 8 23HP modello Daily, gasolio, targato AO 204927, di colore bianco, immatricolato il 03/02/1992, con cabina allungata (9 posti) e cassoneIl prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 4.500,00. LOTTO N. 29: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Daily, gasolio, targato CL 191337, di colore bianco, immatricolato il 16/01/1989, con cabina allungata (7 posti) e cassone ribaltabile trilaterale. Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 3.500,00.LOTTO N. 30: AUTOCARRO FIAT 35101G, modello Turbo Daily, gasolio, targato CL 205492, di colore bianco, immatricolato il 02/03/1990, con cabina allungata (7 posti) e cassone. Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 3.500,00.LOTTO N. 31: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Turbo Daily, gasolio, targato CA 529058, di colore bianco, immatricolato il 15/04/1987, con cabina allungata (9 posti) e cassoneIl prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 3.000,00.LOTTO N. 32: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Turbo Daily, gasolio, trovato in parte smontato e privo di targa, di colore bianco, immatricolato il 20/04/1992 (con targa AO 208026), con cabina allungata (7 posti) e cassone, del quale non si è venuti in possesso del libretto di circolazione ma soltanto del certi!cato di proprietà. Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 300,00.LOTTO N. 33: FORD TRANSIT EBBCDS, autovettura per il trasporto di persone, avente n° 12 posti, a gasolio, targato CT A70883, immatricolato il 03/09/93, del quale non si è venuti in possesso del libretto di circolazione ma soltanto del certi!cato di proprietà.Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 3.000,00.LOTTO N. 43: ponteggio di 90,00 mq circa in cattivo stato e non a norma. Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 400,00.LOTTO N. 46: gru a torre marca “Fuochi-Milanesi & C. s.a.s.”, del 1980, tipo 1235 AM, n° fabbr. 7380; macchinario in postazione !ssa su stabilizzatori, forza motrice 380 volt – 50 Hz, portata max 2.350 Kg (carico base 30.000 Kg), ultima veri!ca ASL e"ettuata in data 26/03/07. Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 4.500,00.LOTTO N. 47: gru elettrica a torre marca “Benazzato” serie 1.500 del 1990, mod. 24/28/600, n° fabbr. 2185; macchinario in postazione !ssa su quattro lati poggianti su plinti in cls, portata max 1.500 Kg (carico base 18.000 Kg). Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 3.500,00.

MODALITA’ E CONDIZIONI:

1) La vendita avverrà, sulla base del prezzo minimo sopra indicato pari al valore attribu-ito dal Coadiutore del fallimento Arch. Chiara Di Natale nella propria relazione di stima; ai superiori importi andrà aggiunta l’IVA come per legge.2) Le o"erte di acquisto, IN BOLLO, dovranno essere presentate in busta chiusa, entro le ore 12,00 del giorno precedente la data !ssata per la vendita, presso lo studio del Curatore Avv. Marco Vizzini; 4) L’o"erta dovrà contenere: A) nome, cognome, luogo e data di nascita, codice !scale, residenza o domicilio del soggetto o"erente unitamente alla copia del documento di ri-conoscimento. Se l’o"erente è una società o altro ente dovrà essere allegato idoneo certi-!cato del registro delle imprese da cui risulti l’attuale vigenza della persona non !sica con enunciazione della spettanza dei poteri di rappresentanza legale; B) i dati identi!cativi del bene per il quale l’o"erta è proposta; C) l’indicazione del prezzo o"erto, che non potrà essere inferiore al prezzo minimo sopra indicato a pena di ine#cacia dell’o"erta; 6) Le o"erte di acquisto dovranno essere accompagnate dal deposito, mediante asse-gno circolare non trasferibile intestato a “FALLIMENTO EDILSTRUTTURE SRL”, di una somma, a titolo di cauzione, pari al 10% del prezzo o"erto per il lotto cui si intende par-tecipare;11) In presenza di più o"erte relative al medesimo lotto, il Curatore inviterà immediata-mente gli o"erenti presenti ad una gara sulla base del prezzo più alto tra quelli o"erti con rilancio in aumento pari al 5% del prezzo a base d’asta. Il bene verrà aggiudicato a chi avrà e"ettuato il rilancio più alto.12) L’aggiudicatario dovrà depositare il residuo prezzo, oltre oneri, diritti e spese di ven-dita detratto l’importo della cauzione entro 7 (SETTE) giorni dall’aggiudicazione a mezzo di assegni circolari non trasferibili intestati a “FALLIMENTO EDILSTRUTTURE SRL”i. In caso di inadempimento l’aggiudicatario sarà dichiarato decaduto e sarà pronunciata la perdita della cauzione versata a titolo di multa.13) Sono a carico dell’aggiudicatario tutte le spese derivanti dalla vendita comprese quelle relative al passaggio di proprietà delle autovetture nonché quelle occorrenti per il prelievo dei beni dai luoghi in cui sono custoditi.Informazioni sul sito www.ilfattonisseno.it o al Curatore Avv. Marco Vizzini 0934/595069.

Caltanissetta, lì 20.09.2013Il Curatore

Avv. Marco Vizzini

LOTTO N. 26:Autovettura BMW 530 D Gasolio, targata DS 235 YY, di colore grigio, immatricolata il 30.01.2009, Km. 36.065, cambio automatico

Il prezzo a base d’asta è !ssato in Euro 20.000,00.

Se la ricorderanno in tanti questa edizione della coppa nissena. Già la coppa nissena! È forse una tra le poche espressioni dell’iden-

tità cittadine. Caltanissetta, la città degli estero!li, bistrattata, spesso odiata, la città degli ultimi po-sti in classi!ca e toh?! chi ti capita di incontrare lungo le vie di Capodarso? Niente meno che il presidente della Fia la Federazione Internazio-nale dell’Automobile, quello che per intenderci era l’uomo della rinascita Ferrari in Formula 1, quello che oggi vediamo dialogare con Bernie Ecclestone pronto a decidere ogni cosa sul blaso-nato circus dei motori. Proprio lui si, Jean Todt in compagnia della moglie, la splendida attrice malese Michelle Yeoh, tenendosi per mano come due innamorati qualunque. Qualche aneddoto. Il comitato organizzatore aveva fortemente vo-luto la presenza di mister Todt insieme a quella dell’Automobile Club Italia Angelo Sticchi Da-miani che è anche il vice presidente della Fia. Questo per suggellare una edizione della Coppa Nissena che sarà certamente ricordata a lungo. La Coppa Nissena è non solo patrimonio dei nisse-ni per l’appunto ma dell’automobilismo italiano, essendo prova di Campionato Italiano Velocità Montagna oltre che una tra le gare più antiche del mondo, insieme alla Targa Florio. Mister Todt arriva a Caltanissetta intorno alle 11.30 a bordo di una mono volume coi vetri oscurati, lui sta seduto dietro, al centro tra il presidente dell’automobile club Italia Sticchi Damiani ed il presi-dente dell’aci nissena Carlo Alessi, davanti siede la signora Yeoh, che con la sua fotocamera immortala

tutto e tutti, (compresi forse i cumuli di spazzatu-ra del villaggio Santa Barbara!), l’auto si ferma di-nanzi alla ex caserma dei carabinieri dove Damia-ni apre la portiera e scambia un saluto con il capo della comunicazione di ACI Sport, anche Todt fa un sorriso a Luca Bartolini, visto a Monza appena due settimane prima. Come da programma Todt sarà sulla linea di partenza a Capodarso tra la pri-ma e la seconda manche, ad attenderlo il classico bagno di folla, ma essendo l’automobilismo uno sport seguito da gente perbene, le forze dell’ordi-ne non hanno poi faticato troppo a fare ordine pubblico. Padri, madri, bambini e ragazzi tutti a strappare una foto ed un sorriso a mister Todt, in pochi magari sapevano che quello che stavano in-contrando per la prima volta non era solo il mai dimenticato direttore della Ferrari, ma il numero 1 della FIA! Stretta di mano poderosa e scambio di battute tecniche sulla manifestazione col diret-tore di gara Claudio Di Maria (i due di motori pare ne capiscano qualcosa...) e poi ancora foto, saluti e strette di mano. I piloti in gara, ma anche meccanici ed accompagnatori non avrebbero mai pensato di trovare in giro per il paddock di una gara di Civm il team principal del cavallino. Todt non si è sottratto a foto, scambi di battute, ha visto le macchine, ha parlato coi piloti, ha dispensato consigli ed apprezzamenti, ad una intervista per una tv regionale però tirato le orecchie ad un componente della direzione gara per aver girato più volte in motorino il tracciato senza indossare il casco. L’intervista e’ andata poi in onda tagliata, per non fare fare brutta !gura alla manifestazio-ne. Come da programma poi mister Todt e si-

gnora sono saliti sulla Alfa Romeo Giulia bianca scoperta, dell’ingegner Vincenzo Calandruccio presidente del comitato organizzatore, al quale saranno saltate le coronarie perché mister Todt, una volta innestata la prima e’ schizzato via a ruo-te fumanti. Lungo il percorso i signori Todt han-no raccolto applausi, mentre la signora salutava il pubblico con la mano aperta a dita serrate, come una première dame! Ad attenderlo al parco chiu-so dell’arrivo tanti cronisti per le interviste di rito, coordinati dalla squadra di Aci Sport Italia. Scesi dalle auto, il presidente Sticchi Damiani e Jean Todt si sono intrattenuti ancora con pubblico e piloti mostrando una sensibilità ed una semplicità che proprio non ti aspetti da uno così ed invece.... Prima delle interviste l’apoteosi: un signore anzia-no, dal viso solcato di rughe, prende letteralmente a braccetto Jean Todt e lo accompagna dritto drit-to al camioncino dell’ambulante che prepara gu-stosi panini con carne e salsicce, in mezzo al fumo della brace. I due si intrattengono in una conver-sazione di cui però sconosco il contenuto. Sotto lo splendido palco delle premiazioni allestito dal co-mitato organizzatore, Todt e Damiani concedono

interviste, preziose per il loro contenuto. Da li a poche ore, Caltanisset-ta sarebbe divenuta nota sulle agenzie di stampa grazie ad importanti dichiarazioni sul mondiale e lo sport in Sicilia rese dal numero uno della FIA. Durante i brevi spostamenti tra gli appassionati mister Todt chiamava la moglie, chiedendo la sua mano in italiano, “amove, amove, andiamo di la” con quella erre moscia che sa di Trousou, misto però all’immagine di Alvaro Vitali, sottolineata da tanti nisseni che quando se lo son visto passa-re davanti hanno commentato: “picciu’ e’ preciso Pierino!”. Todt e’ persona attenta alla sicurezza ed apprezza molto il lavoro delle forze dell’ordine così non si è sottratto alla foto con gli agenti del-la polizia stradale di Caltanissetta diretti dal capo Maria Grazia Milli, anche lei volto noto a livello nazionale per essere stata l’”Agente per amico” della trasmissione Rai Easy Driver. Durante la foto, mister Todt ha tolto il berretto ad uno dei poliziotti e lo ha indossato. Obietti-vo degli organizzatori era regalare agli sportivi una edizione da ricordare e di fatti così sarà per anni. Grazie allo sport motoristico, Caltanissetta si è fatta conoscere ed apprezzare anche per il suo spirito semplice. Todt e compagna hanno mostrato di apprezzare non solo il lusso dei pan!li e mega yacht del Gp di Monte Carlo, ma anche il camioncino fumante di salsiccia e patatine di Santa Barbara. Caltanis-setta e’ anche questo, e’ solo questione di identità. Le agenzie di stampa hanno battuto: Jean Todt a Caltanissetta “se sono qui c’è un motivo....”. Per un attimo la città si ritrova unita in qualcosa, e se ca-pita per lo sport meglio ancora.

www.ilfattonisseno.it26 Settembre

In alto Jean Todt e la moglie, l’attrice Michelle Yeoh a bordo di un’Alfa Romeo Giulia spider del 1963. A destra il vincitore della 59ª edizione della Coppa Nissena Simone Faggioli, il presidente della FIA ed il presidente dell’ACI Angelo Sticchi Damiani

COPPA NISSENA. Non sono mancati i grandi personaggi

Jean Todtil “reuccio” di Capodarso

AVVISI LEGALI

di Marco Benanti

Page 27: il Fatto Nisseno - settembre 2013

Settembre www.ilfattonisseno.it 27

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“Riscatto” è la storia Gennaro Fle-ris, che da bambino non pronun-ciava bene il suo nome e lo riduce-va a Genni, e che da ragazzo aveva inseguito troppi sogni. Un siciliano di indole mite, un ergastolano coi bronchi malati, come altri cristi che soggiornano nelle patrie ga-lere, unico detenuto in un’ex ton-nara trasformata in penitenziario nell’isola di Marsia, brulla, piatta e senz’alberi, costretto tra le pareti di una cella e l’agognata ora d’aria di un cortile dove un tempo squarta-vano i tonni. “La vita è stata cru-dele con me” con!da Genni al se-

condino, anche lui meridionale. L’ambiente carcerario è desolante, ma carico di un fascino misterio-so. Melo Freni, l’autore di questo romanzo (Paoline, pag. 174, euro 13), noto giornalista e scrittore, lo descrive con rapide pennellate e gli assegna quasi la funzione di so-stegno all’intreccio e soprattutto al tema della storia: il paradosso della morte che dà la vita. Al di là della nervatura teologica tra memoria, dolore e attesa che percorre le pa-gine del libro, non mancano motivi tipici della narrativa dello scrittore siciliano. Tra questi, per esempio,

il discorso sulla Sicilia (si legga il dialogo tra Genni e il cappellano, un frate palermitano dalla lunga barba) che porta inevitabilmente alle imposture che da sempre cor-rodono l’Isola, una terra “maligna”. Colpa della storia, forse, ri"ette Genni. “La Sicilia – gli risponde il religioso - è frutto del suo ca-rattere, tra il dormiveglia della sua coscienza e la passione del suo or-goglio”. Nella metaforica isola di Marsia Genni ripercorre dolorosamente la sua vita, parlando col francescano, la cui presenza suscita nel carcerato una calda e salvi!ca speranza. Con il ritmo galoppante delle carrellate cinematogra!che con cui Freni ha abituato i suoi lettori, comincia il viaggio in treno del ventenne Gen-ni, dalla Sicilia a Roma, città che lo folgora con le sue maestose sugge-stioni: nella capitale, recandosi una sera a teatro a vedere “Il piacere dell’onestà”, scopre per esempio che Pirandello non può essere ridotto a “I vecchi e i giovani” di scolastica memoria. E poi il lavoro nell’agenzia di

viaggi, setto-re ferroviario, di proprietà della signora Greta (con la quale il p r o t a g o -nista si l a s c i a a n d a r e a una furtiva r e l a -zione) d o v e Genni continua a sognare incrociando orari e de-stinazioni. E poi ancora il ritorno in paese per la festa del patrono, richiamato dal gusto amarognolo della granita di mandorla. Un ritorno che è l’inizio della !ne. Perché in Sicilia s’innamora di Er-silia, che di lì a poco diventerà sua moglie, e s’impantana in una storia di violenza: la donna viene uccisa e lui sparerà contro i ma!osi che gli hanno rubato l’amore, prima di costituirsi.

D o p o trent’anni

di carcere scatta in lui

la molla irre-sistibile che lo porterà a rivi-

talizzare un’esi-stenza distrutta.

Ottenuta la gra-zia dal Presidente

della Repubblica (ma la vera grazia

è quella concessa da Dio), parte vo-

lontario per il Kenia (lo strappo dell’aereo

gli fa provare la sensazione di “un vuoto in cui tutto della sua vita trascorsa precipitava”), ospite di una missione cattolica: Gen-ni, che ha vissuto “nell’ombra dei giorni” ed è stato testimone di una colpa feconda, anela al riscatto e trova la morte. Un agguato conclude la parabola, umana e cristiana, della discesa agli inferi e della risalita, resa pla-sticamente grazie alla forza ricrea-trice di una prosa essenziale.

www.ilfattonisseno.it28 Settembre

di Salvatore Falzone

Una storia in Sicilia Terra “maligna” e corrosaUn siciliano che aveva inseguito troppi sogni

Con “Riscatto”, suo undicesimo romanzo, Freni conferma la propria presenza nel panorama della grande letteratura cattolica del dopoguerra

R.N. MOTORSSPAAgrigento via Unità d’Italia - Tel. 0922 603640

Caltanissetta via Empedocle,1 - Tel. 0934 582250

Page 29: il Fatto Nisseno - settembre 2013

C’è una matrioska che gira, gira, gira… tutta rossa e colorata, la si vede nella

home-page di ciò che non c’è più. Si legge se ci clicchi sopra: “Dopo sette anni il “Rossofestival” è stato annullato”. Il direttore artistico del “Rossofestival” era Emma Dante e lo è stata per sette anni con immense di!coltà, incomprensioni tra lei ed i borghesi benpensanti, mentre la città l’ha amata. In questa rubrica io racconto sempre la genesi delle mie ri"essioni e dunque, ho avuto tanta voglia di scrivere questo pezzo dopo aver ricevuto un’agenzia che raccon-tava di sette minuti di applausi al festival del cinema di Venezia alla #ne della proiezione per la stampa di “Via Castellana Bandiera” il #lm di Emma Dante. Ho sorriso, ma più che un sorriso è stata una sana e grassa risata, che voleva dire, alla fac-cia di chi non ha capito, alla faccia di chi l’ha vituperata, derisa, snobbata. Ebbene si non era la prima volta che provavo quella sensazione, la prima vera volta e’ stata alla prima della scala con la “Carmen”, non lo posso dimenticare, ho ancora le copie di “Repubblica” e “Corsera” che recen-sivano l’opera di questa strana regista siciliana, coraggiosa e dirompente

che aveva avuto la forza di disegna-re una “Carmen” diversa ancora più gitana se si può. Adesso a distanza di un po’ di anni di nuovo quella sen-sazione di piacere mista a soddisfa-zione, quel brivido lungo la schiena che poche volte si prova. Eppure se avessimo capito che Emma Dante non era una “pazza visionaria” del teatro una sopravvalutata com’ è sta-ta de#nita, ma soltanto un’artista che aveva tanto da dire e stava trovando il modo a lei più familiare per farlo, adesso in molti di più potrebbero dire, c’ero. L’abbiamo accolta a Calta-nissetta al teatro Regina Margherita quando Palermo non la voleva più. Quando un teatro lei non ce l’aveva e lo cercava. Le prove degli spettacoli le faceva in un garage, uno scanti-nato, che dopo, con il tempo ed il denaro, si è trasformato in uno spa-zio teatrale libero a Palermo, la “Vi-caria”. Caltanissetta le ha dato una casa artistica che le ha permesso in contemporanea di fare tanto altro e lei ha ricambiato regalando alla città un’esperienza unica, conoscere l’es-senza del teatro. Va bene, va bene, parliamo di un’ altra forma di teatro, quello di ricerca, dove i suoni sono parole, il corpo è il palcoscenico e la musica è magia. Nello stesso perio-

do, proprio in quei momenti in cui l’a$abulazione scenica creava l’arte, dagli scranni del con-siglio comunale alcuni bacchettoni benpensanti e pseudo borghesi tuo-navano sull’ immoralità di spettacoli come la “Scimmia” dove uomini nudi recitavano, c h e scandalo!!! Più volte fece gridare allo scandalo la signora Dante, mettendo in scena “Le Pul-le” e raccontando a tutti , ciò che si fa ma non si dice. Non solo, le leggen-de metropolitane si susse-guivano, si diceva di venti spettatori ad ogni rappre-sentazione, di una volta che non c’era nessuno o meglio solo due persone. Io ero li con il mio taccuino e non ho mai so$erto di solitudine. Il pubblico non era numeroso come quello delle commedie popolari, ma “nulla questio”, il teatro di ricerca è di nicchia come la musica jazz ed il tartufo, non è popolare, ma pazien-za. Avessi però visto una sola volta qualcuno di quelli che sparavano numeri presenti ad uno spettaco-lo. Parlare per “de relato” è troppo

facile non ci scomoda dalla pol-

trona di casa e si fa #nta di sapere tutto, vezzo

nisseno. Se avessimo capito non l’avremmo cacciata via, come una #danzata traditrice, con un ostra-cismo delirante con la convinzione che cancellare è più semplice che costruire. E pur vero che però la gra-titudine non alberga nell’animo di tutti, infatti da quando si è consuma-ta la rottura con la regista palermi-tana, “Rossofestival”, il suo percorso

e Caltanissetta, non esistono più nel vocabolario di Emma Dante, non c’è un’intervista nella quale menziona quel periodo in cui è stata adottata dal teatro Margherita, certo parlare dell’esperienza parigina fa più chic. Non c’è traccia del “Rosso” nella sua biogra#a, nè nelle sue parole, nè nei suoi scritti. Anche se lo strappo è stato forte, la riconoscenza è la me-moria del cuore, non voglio pensare che chi scrive certe cose, chi è capace di certi pensieri, chi fa poesia, ha un cuore smemorato.

Settembre www.ilfattonisseno.it 29

di Ivana BaiuncoOrnamenti

Emma Dante una scoperta postuma

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www.ilfattonisseno.it30 Settembre

Si è chiusa con un sonoro tonfo l’esperienza della amministrazio-ne Raimondi, e quello che più

volte era stato presentato come il pri-mo vero, epocale, inequivocabile atto dell’inizio di una nuova era di paci!-cazione sociale !nisce in una gazzarra di cui, a dire il vero, potevamo farne a meno. Per il momento storico, politico e sociale delicatissimo, per la dignità individuale dei coinvolti: e perché alla !ne, lo sappiamo, chi paga è sempre il cittadino.La stretta, freddissima, cronaca ci rac-conta di un Franco Raimondi che il 9 settembre 2013, ad appena 474 gior-ni di mandato (dal 23/05/2012), an-nuncia alla Giunta comunale di avere maturato la decisione di dimettersi. Il giorno dopo, con una risolutezza mai vista nei precedenti 475 giorni, conse-gna all’u"cio protocollo del Comune una lettera di dimissioni con la quale chiude una esperienza tanto cercata, tanto sognata, appena appena s!orata in passato. Da quel momento, San Ca-taldo è di fatto senza Sindaco e aspetta che sia un commissario a stabilirne le attività !no alle prossime elezioni, tra le quali la delicata vicenda del bilancio di previsione 2013.La semplice cronaca, però, non ci rac-conta praticamente nulla di quello che i giorni successivi invece ci svelano: uno scenario da commediola all’ita-liana, dove tutti insultano tutti, dove ciascuno è migliore dell’altro, in cui il fallimento è sempre e comunque re-sponsabilità d’altri. A partire proprio da quella lettera-bomba con cui Raimondi lancia il suo j’accuse alla sinistra sancataldese, rea a suo dire di ripetuti e insistenti ricatti per ottenere una poltrona (o due) in più. Da lì, una serie di comunicati, co-municatini, correzioni, risposte, conte-stazioni, repliche, che però hanno un

e#etto collaterale non calcolato nell’an-sia del momento, dominata dalla sola strenua idea di difendersi e proteggere la propria !gura: ogni parola dei prota-gonisti ci racconta di 475 vissuti senza armonia, con un distacco e una con-$ittualità negate al di là delle evidenze, della logica, di quel sentire del popolo che raramente sbaglia. Ci racconta di una classe politica incapace di leggere segnali sociali fortissimi che hanno già decretato la !ne della !ducia nella politica.Ci racconta di Amministrazione e Maggioranza lontanissime dai concetti di “paci!cazione sociale”, “integrazio-ne”, “condivisione”, “politica parteci-pata” e altro che era stato dispiegato pubblicamente a giusti!cazione di una

alleanza contro natura, arti!ciosa, sen-za altra logica che il semplice arrivare al risultato ad ogni costo. Una unione che appariva scellerata agli occhi di chi semplicemente osservava già dal suo primo pro!larsi all’orizzonte: a tutti, tranne che agli interessati.È tutto qui il motivo del fallimento, e in quel lunedì dopo il primo turno elettorale in cui si sanciva un patto po-litico fuori dai canoni, privato da ogni di assennatezza e possibile argomen-tazione di politica concreta: come ha potuto Raimondi pensare che funzio-nasse? Gli sia da ricordo: avrebbe vinto comunque. E quella che lui de!nisce

“strepitosa vittoria”, lo sappia, è molto meno strepitosa di quello che sareb-be stata se avesse avuto il coraggio di rischiare e proporre un cambiamen-to vero. Rischioso, ma almeno rinnovamento che non era solo slogan politico a giusti!care l’ingiusti!cabile.Ci abbiamo sperato comunque, perché i tempi che stiamo vivendo non ci re-galano sogni di alta levatura e dobbia-mo accontentarci di sperare che le persone facciamo il loro dovere con il massimo della re-sponsabilità e del senso civico: perché dietro a ogni cittadino c’è almeno una so#erenza, una di"coltà (in molti casi, ben più d’una) e chi amministra non può non tenerlo a mente ogni giorno, a ogni atto politico, a ogni parola, a ogni occasione. Evidentemente erano trop-po diversi, troppo distanti persino per le più disperate speranze di cui siamo capaci oggi.E quanto fa male leggere adesso l’in-tervista che questo giornale ha fatto al Sindaco Raimondi? Dove tutto era bello, lustro, felice, in cui non c’era trac-cia di di"coltà, in cui i componenti la maggioranza erano persone care, vici-ne, responsabili, che condividevano il programma e lo portavano avanti. Per

il bene di San Catal-do. Forse, per far sì che

l’impossibile connubio potesse quan-tomeno funzionare nella realtà quoti-diana di un paese, è mancato proprio questo: il dirsi le cose con chiarezza, ammettere sin da subito le di"coltà, le controversie, rendendo pubblica quella che in una democrazia sana è sanissima dialettica politica. Così da rendere tutti responsabili da subito.In questo, l’ex Sindaco Raimondi è stato impalpabile, evanescente. Anche l’at-to !nale delle dimissioni è, per quan-to gesto di grande dignità personale, un’occasione mancata di trasparenza e rispetto nei confronti della Città: altre strade potevano essere percorse, altri metodi utilizzati, azioni di forza per fare assumere a ciascuno la responsa-bilità almeno da quel momento in poi.Mancato anche questo, in questa sagra delle occasioni mancate che si è presto

trasformata nella più ra#azzonata gara della ricostruzione di una verginità po-litica di cui, in verità, non ne abbiamo neanche sentito l’odore.Non ci rimane che fare da spettatori e assistere a quel che produrranno gli “schizzi”: perché tanto è più fragorosa la caduta, tanto più in alto arrivano i getti dei liquami che ristagnavano al di sotto. È qualcosa che, francamente, ci vorremmo risparmiare: il “mi sono dimesso prima io”, “no io”, “tu eri quel-lo che”, “mi ricattavate”... scene da pic-cola e improvvisata commedia di !ne estate che non ci piace e che speriamo si chiuda al più presto. Perché stride, stride troppo questa vecchia, vecchissi-ma politica che era stata spacciata per cambiamento, innovazione. Perché San Cataldo aveva bisogno di altro: di entusiasmo, partecipazione, condivi-sione. E che non si abusasse in questo modo delle speranze dei cittadini.

Il fallimento dell’amministrazione,uno scenario da commedia all’italiana

Fatti & San Cataldo

The endCronaca di una morte annunciata

di Alberto Di Vita

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Il titolo richiama uno dei libri di Philip Dick, uno dei massimi autori di fantascienza: sottotitolato “Come ce la siamo cavati dopo la bomba”. E se la situazione contingente non fosse gravissima, sarebbe persino spassoso mettersi sugli spalti di quello che è stato un vero palcosce-nico virtuale in cui, tra balletti, ri-picche, accuse, frecciate, insulti, co-municati e comunicatini, quella che hanno tentato in tutti i modi di far passare come una maggioranza feli-ce e unita: “hanno accettato il mio programma e lo stanno rispettando fedelmente”, ci diceva il Sindaco a inizio maggio parlando della mag-gioranza che lo sosteneva.Rileggendo i comunicati abbiamo

trovato anche motivi per sorride-re amaramente, per quell’anno e mezzo speso conducendo una mac-china amministrativa a colpi di im-provvisazione. Quello che ne resta, purtroppo, sono solo parole. Ne abbiamo fatto una selezione delle più signi!cative, delle più pungenti, eliminando dal contesto tutto quel-lo che serviva a sostenerle: si evin-

ce che tutti avevano ragione, fedeli all’italianissima linea del “hanno torto loro”. L’impressione, da que-sta parte, è invece che abbiano tutti torto.Raimondi: “È venuto meno, da un po’ di tempo, quello spirito di grup-po e di servizio che ‘incondiziona-tamente’ doveva portare avanti un Programma ambizioso per la Città.”Raimondi: “Le forze politiche aggre-gate al secondo turno [...] ricono-scevano che alle due liste e alle real-

tà politiche che al primo turno e !n dall’inizio avevano sostenuto il mio progetto politico andava garantita in ogni caso la presenza in Giunta”Bonsignore&Culora: “Il vero ricatto è iniziato al contrario”Scarciotta a Raimondi: “Mostra di essere capace di spogliarti di quella presunzione che ti porta a pensare di essere l’unico ed il solo vincitore e di poter relegare tutto il resto della truppa al ruolo di !guranti”PD: “A noi questo modo di ammini-strare non piace, quindi non lo con-dividiamo”Raimondi: “Ho amministrato[...] Ho ridotto[...] Ho iniziato[...] Sta-vo portando[...] Ho eliminato[...] Ho dato l’indirizzo[...] Stavo av-viando[...] Ho preso l’iniziativa[...] Ho fatto in modo[...] Ho intensi!-cato[...] Ho partecipato[...] Ho in-contrato[...] Ho stabilito[...] Sono andato[...] Questa mia presenza continua e costante”Scarciotta a Raimondi: “voglio però dirti come il voler ricondurre a te ed a te solo la responsabilità del gover-

no della nostra città, ti pone in con-dizioni di obiettivo isolamento e di di"coltà estrema”@gimus: “È veramente paradossale che Franco Raimondi si sia dimesso per eccessi della maggioranza”Scarciotta a Raimondi: “Mi ero di-messo prima io” (non testuale)Raimondi a Scarciotta: “Non ho mai ricevuto alcuna lettera di dimissio-ni”Rifondazione: “Se non si trattasse del Sindaco, de!nirei tale metodo infantile e arrogante”Raimondi: “dopo la mia strepitosa vittoria al secondo turno”Scarciotta a Raimondi: “creduto che un sindaco espressione e mentore con i suoi voti di un polo civico al-trimenti scon!tto[...]”Raimondi: “’Nulla a pretendere’ mi era stato assicurato”Bonsignore&Culora: “La presunta gratitudine per qualcuno doveva trasformarsi in assoluta acquiescen-za”Raimondi: “Sono stato politicamente generoso. Ma purtroppo in politica non si è mai riconoscenti e spesso non si ha rispetto delle persone e non vengono mantenuti gli impegni e gli accordi presi”Scarciotta a Raimondi: “In occa-sione delle due tornate di voto per le regionali e per le politiche, han-no preso ciascuno la propria stra-da, morti!cando con indecorosa super!cialità la sensibilità politica dell’altra parte e calpestando impu-nemente il tacito impegno politico derivante dall’apparentamento.”Raimondi: “Nessun uomo di buon senso e che tiene al rispetto della propria persona può accettare que-sti condizionamenti che nulla di buono fanno presagire per il futuro della Città”Scarciotta a Raimondi: “palesi !bril-lazioni a#iggono da tempo la tua lista di riferimento che, attraverso l’agire spregiudicato di alcuni com-ponenti palesemente mediocri”Raimondi: “Per la realizzazione di questo mio progetto serve una mag-gioranza forte e coesa mentre inve-ce, come ben si comprende, non esi-ste più nemmeno la maggioranza”

Rifondazione: “oltre che stig-matizzare un basso pro!lo politico del Signor Sindaco, ha evidenziato una di"coltà relazio-nale dalla quale nascono le diver-genze”Scarciotta a Raimondi: “Il tutto sen-za tralasciare il continuo prodursi in farneticanti dichiarazioni o in scelte autonome e divergenti rispetto ai deliberati della stessa maggioranza”Raimondi: “Continuare a queste condizioni non fa certo bene alla Città”Raimondi: “È necessario che ciascu-no si dedichi sinceramente alla città, mettendo da parte ogni altro inte-resse politico personale o di parte”Scarciotta a Raimondi: “N posso ne-garti come troppo spesso con te ed in giunta mi sono sentito un convi-tato avulso dal contesto, un estraneo scomodo ed ostile, una presenza in-gombrante ed aliena”Scarciotta a Raimondi: “Sono [...] le tue trattative sottobanco con gli uomini e le formazioni politiche

dell’opposizione, i ricatti di bassa lega ai quali troppo spesso hai mo-strato di soggiacere”Scarciotta al Sacco: “Nell’ultimo foglio di un paio di mesi fa di un periodico che si occupa go$amente e faziosamente della politica locale”Scarciotta a Raimondi: “Il tuo ar-roccamento su posizioni di assoluta indisponibilità a ragionare di ambe-due gli aspetti della rivendicazione e la tua intransigenza nel voler di-fendere il pro!lo civico della tua co-alizione, che ormai da tempo non è

più tale per l’innaturale

divenire poli-tico tuo”

Scarciotta a Rai-mondi: “Fai una

volta per tutte a meno delle cellule infette ed elimina il cancro del ricat-to che ha colto qualche scarso me-

stierante tra i tuoi consiglieri della prima ora”Raimondi a chiosa: “La lettera dell’ing. Scarciotta costituisce l’en-nesima prova del ricatto politico or-dito nei miei confronti”Giannone&Mangione: “Siamo arri-vati alla pura menzogna e alla so!-sticata fantasia “Giannone&Mangione: “ e solite facili illazioni denigratorie fatte da perso-ne senza dignità politica”

PD: “Il Sindaco [...] sottopone all’ap-provazione degli assessori il regola-mento sul commercio ambulante. Regolamento a noi sconosciuto”

Settembre www.ilfattonisseno.it 31

Cronache del dopobombaDimissioni����������

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www.ilfattonisseno.it32 Settembre

“Eccomi, sono qui” è il titolo del musi-cal che racconta la vita della Madonna come mai nessuno aveva fatto prima.Un’ora di brani pop/rock interamente cantati dal vivo e accompagnati da co-reogra!e dinamiche ed accattivanti.“Non è solamente uno spettacolo - af-ferma Michele Albano coautore dei testi - il musical è la parte visibile di un progetto più complesso che punta alla crescita e valorizzazione dei tanti gio-vani talentuosi che può vantare il no-stro territorio.”Tutto ruota intorno all’associazione culturale Metanoeite e ad essa si ag-giungono artisti provenienti da tante altre realtà associative e parrocchiali della città e della provincia intera.“Le collaborazioni nascono per far fronte al comune desiderio di miglio-rare e nel tentativo di creare qualcosa di unico ed originale” - è quanto racconta Corrado Sillitti autore delle musiche. E’ proprio l’originalità e la freschezza dei brani a caratterizzare l’opera; ogni me-lodia si lega perfettamente al testo cu-rato nei minimi particolari. Il mix che si genera conduce il pubblico dentro ad un percorso di conoscenza umana e spirituale di una delle !gure più amate dai credenti e non solo.“Un’esperienza straordinaria che ci ac-compagna da circa un anno e intorno alla quale ruotano più di settanta per-sone tra giovani e famiglie. Il pubblico ci segue con stupore e grande attenzio-ne e ciò è per noi motivo d’orgoglio” -

questa la testimonianza di Francesco Miceli, coautore dei testi e regista dello spettacolo.Dopo la prima, tenutasi al Teatro Mar-gherita di Caltanissetta nel dicembre 2012, la compagnia di “Eccomi, sono qui” ha continuato con una tournée che si è arricchita di date ed eventi.“Rappresentare il musical a Siracusa, in occasione dei festeggiamenti per il

60* anniversario della lacrimazione della Madonnina, è stata un’esperien-za indimenticabile così come Termini Imerese o le altre tappe - è il ricordo commosso di Corrado Sillitti.“Come cantare dinnanzi alla propria mamma che ti osserva con benevolen-za ed ammirazione - replica Francesco Miceli - Per chi è credente tutto ciò ha un valore ben superiore rispetto alla

semplice grati!cazione umana.”“Eccomi, sono qui” verrà rappresenta-to a Padova nella primavera del pros-

simo anno in quanto l’Associazione Metanoeite è risultata vincitrice della Rassegna Teatri del Sacro nella catego-ria per le giovani compagnie.“Un’ulteriore conferma che ci inco-raggia e sprona a voler continuare nel percorso intrapreso - conclude Mi-chele Albano - Bisogna insistere con il lavoro in sinergia creando ancora altri contatti e collaborazioni con quanti a

Caltanissetta e dintorni sono mossi da buona vo-lontà e desiderio di dimo-strare che la nostra è una terra ricca di talenti e virtù. Vorremmo che tanti altri giovani possano unirsi a questo progetto.”Hanno il tono dell’invito ma anche dell’esortazione le parole di Albano. Vi si legge, infatti, la con-

sapevolezza circa la necessità che cia-scuno, nei propri ruoli e funzioni, si responsabilizzi al !ne di promuovere realmente il territorio, le attività, le idee e soprattutto le persone che lo abitano.Oltre agli artisti già citati, meritano menzione le meravigliose coreogra!e di Nadia Mancuso magistralmente in-terpretate dalle ragazze del suo Labora-torio ArteDanza.Curati all’inverosimile ed appropria-ti gli oltre 200 costumi di Annamaria Nunziatini.La realizzazione e montaggio delle sce-ne è stato il frutto dell’impegno di due tra i più giovani della compagnia: Mar-co Maira e Marco Tumminelli.

L’a"ascinante disegno luci studiato da Tiziano La Marca con l’ausilio dell’ot-timo service Dietro le Quinte di Aldo Miserandino.Un plauso particolare ai cantanti che hanno prestato le loro splendide voci per dare risalto ai personaggi che ruo-tano intorno alla vita di Maria. Tutti hanno interpretato il ruolo asse-gnato con amore e grandissima profes-

sionalità, creando un gruppo unito che si è esibito con modestia e passione. Sono Chiara Tumminelli, Giorgia An-zalone, Simona Carbone, Laura Gallo, Marco Carlino, Enrico Provinzano, Si-mone Polidoro, Marianna Sillitti, Mar-tina D’Antoni, Romina Curto, Giaco-mo D’Agostini, Fabrizio Dellutri, Piero Cara’, Bruno Burruano e Carla Albano.Tappa dopo tappa il cast si è ingrandito con l’organizzazione di Serena Mice-

li e grazie all’inserimento dei ragazzi dell’Oratorio della Cattedrale e dei bimbi del laboratorio teatrale “Il vaso di Pandora” accompagnati da alcuni genitori che si sono resi parte attiva nelle varie incombenze logistiche.Insomma...”Eccomi, sono qui”, ad oggi, ha coinvolto tanti giovani e famiglie che con spirito associativo, buona vo-lontà e risorse personali hanno voluto e continuano a dimostrare che Caltanis-setta e i suoi cittadini possono diventa-re un’oasi di creatività ed estro in grado di non s!gurare di fronte a platee e piazze importanti.E’ con questo auspicio ma soprattutto con questa convinzione che l’associa-zione Metanoeite invita quanti voles-sero vivere un’esperienza simile ad at-tivare un contatto con la stessa al !ne di ampliare questa rete di sinergie e collaborazioni.Michele Albano coautore dei testi

Tutto ruota intorno all’associazione culturale Metanoeite, adesso si aggiungono artisti e ragazzi provenienti da altre realtà associative e parrocchiali della città e della provincia intera

Eccomi sono quiIl musical sulla vita della Madonna

Fatti & spettacoli

L’opera ha vinto la “Rassegna Teatri del Sacro” nella categoria giovani compagnie

AVVISI LEGALI

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA ESECUZIONE IMMOBILIARE N. 45/2011 R.G.ES

Lotto 1: fondo rustico sito in territorio di Santa Caterina Villarmosa, c.da Manca, caratterizzato da giacitura valliva con caratteristiche col-turali attive rispecchianti la qualità e la classi!cazione catastale, censito al N.C.T. al foglio di mappa n. 32 particelle nn: 21 seminativo, 30 se-minativo, esteso are 43.80 16 seminativo,22; al foglio di mappa 33 particelle 1 seminativo e 317 seminativo esteso are 1.21.90. Prezzo base # 12.500,00 rialzo # 625,00.Lotto 2: fondo rustico sito in territorio di Santa Caterina Villarmosa c.da Palombara caratterizzato da giacitura collinare con caratteristiche coltu-rali attive rispecchianti la qualità e la classi!cazione catastale, censito al N.C.T. del predetto comunce al foglio di mappa 60 particelle 51, man-dorleto, classe 4 di Ha 00.08.10 53 uliveto, classe 2 di Ha 00.01.30; 54 uliveto classe 2 di Ha 00.02.10, 255 mandorleto classe 4 di Ha 00.00.60 e 256 uliveto classe 2 di Ha 00.02.80. Prezzo base # 1.300,00.rialzo # 65,00.lotto 3 : fondo rustico sito in territorio di Caltanissetta c.da Fagaria ca-ratterizzato da giacitura in modesto pendio con caratteristiche colturali attive censito al N.C.T. del predetto comune al foglio di mappa 30 par-ticella 29 seminativo, classe 4 di Ha 02.23.30.Prezzo base # 14.500,00. Rialzo # 725,00.Vendita senza incanto: 20.11.2013 ore 16.30 dinanzi al professionista de-legato Avv. Giuseppe Di Legamicon studio in Riesi via Volturno, 9. In caso di mancanza di o"erte vendi-ta con incanto il 27.11.2013 alle ore 16.30. deposito domande ed o"erte entro le ore 12 del giorno non festivo precedente la vendita c\o il suddet-to studio unitamente al 10% del prezzo o"erto come cauzione. Maggiori info preso studio del delegato tel: 0934/920594 o 338/1035845 e\o su WWW. Astegiudiziarie. It.

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Page 34: il Fatto Nisseno - settembre 2013

Ventinove gli spettacoli por-tati in scena in tutta la Sici-lia: questo il bilancio della

stagione estiva 2013 del Teatro Sta-bile Nisseno.“Un bilancio piuttosto positivo – af-ferma il direttore artistico Giuseppe Speciale - vista la crisi dilagante che ha colpito i Comuni e di ri!esso tutte le compagnie teatrali e le altre attività culturali promosse dagli enti pubblici, anche se negli anni passati riuscivamo a portare in scena per la

stagione estiva circa 40 spettacoli”. “Una crisi - prosegue – che stia-mo riuscendo a fronteggiare grazie a un’o"erta diversi#cata delle nostre rappresentazioni : dalle #abe, agli spettacoli più grandi con il coin-volgimento di 10-12 personaggi a quelli più piccoli con 4-5 personaggi che comportano un costo inferiore rispetto ai primi. Inoltre da tre anni a questa parte proponiamo anche i concerti live grazie a musicisti e cantanti che fanno capo al Teatro Stabile Nisseno”.Una lunga storia quella del Tea-tro Stabile Nisseno nato nel 1996 in prosecuzione di quello che fu il “Piccolo teatro Stabile Nisseno”, con oltre 43 anni di attività ininterrotta e di esperienza nel mondo del teatro.

Dal 2010 casa del Teatro Stabile nisseno è l’Oasi della Cultura, una struttura che un tempo ospitava l’ora-torio dei sale-siani Don Bosco.“Per noi - af-ferma Giuseppe Speciale - è stato importante avere questo spazio . Cinquemila metri quadra-ti di cultura a 360 gradi: non solo teatro, ma anche mu-sica e canto. Una strut-

tura che ha al suo interno un teatro dove ogni anno si svolge la stagione di prosa denominata ‘Domenica pomeriggio a teatro’, la rassegna di #abe teatra-le e quella di cabaret. Un teatro che nel febbraio 2012 ha ospitato il duo Ficarra e Picone che hanno scelto l’Oasi della cultura, motivo di orgo-glio per noi, come uno dei due teatri siciliani, l’altro è stato Pace del mela, per provare il loro spettacolo ‘Apriti cielo’”.Un grosso investimento per il tea-

tro stabile nisseno che richiede tanto sacri#cio e passio-ne, ma al quale Cal-

tanissetta e i nisseni in gene-rale sembrano non rispondere

positivamente.“Il detto ‘Nemo propheta in pa-tria’ – a"erma Speciale – non si smentisce mai. Se il teatro Stabi-le Nisseno dovesse vivere grazie alla sua città non esiterebbe più già da diversi anni. La nostra

compagnia ha il grosso degli eventi e degli spettacoli fuori Calta-nissetta. Questa città preferisce dare spazio agli altri e non agli artisti nis-seni in generale, mettendoli in se-condo piano o chiedendogli di fare dei sacri#ci. Un’idea che non condi-vido”. “Valorizzare gli artisti nisse-ni - aggiunge – dovrebbe essere un dovere delle istituzioni pubbliche e non so #no a che punto è stato fatto in questi ultimi 15 anni”.Cosa ne pensa del fatto che una compagnia come la vostra debba in-

vestire su una struttura privata piut-tosto che utilizzare quelle presenti in città?“Io dico sempre che sono onori ed

oneri – dichiara il direttore artisti-co del Teatro Stabile Nisseno – Se era giusto che la Nissa essendo la prima squadra della città avesse a disposizione Pian del Lago e le al-tre squadre minori si allenassero al Palmintelli, allo stesso modo il Te-atro Stabile Nisseno essendo la pri-ma compagnia di Caltanissetta, non solo per gli anni di attività ma anche per la sua storia, avrebbe dovuto avere a disposizione il teatro Mar-gherita non solo per le prove, ma anche per la messa in scena degli spettacoli. Purtroppo in questi ulti-mi 15 anni non sono riuscito a far capire questo discorso alle istituzio-ni pubbliche e quindi noi paghiamo un a$tto ai salesiani, che comunque ci stanno venendo incontro mentre altre strutture rimangono chiuse e non utilizzate”.Intanto il Teatro Stabile Nisseno si

prepara ad a"rontare la stagione 2013-2014 con la produzione di tre nuove #abe teatrali per la regia di Cinzia Maccagnano: “Il principe e i

pianeti”, il cui debutto è previsto a #ne ottobre; “La famiglia Addams”, debutto a febbraio e “Robin Hood”, debutto ad aprile. Per la prosa due le nuove produzioni: “Se devi dire una bugia dilla grossa” per la regia di Angelo Tosto, debutto a novem-bre e “Angeli e demoni” per la re-gia di Giuseppe Speciale, debutto a maggio. Sarà inoltre riproposto a novembre, dopo il successo degli scorsi anni, lo spettacolo “Toti, To-nino e la mala femmina” per la regia di Antonello Capodici. Il 24 novem-bre riprenderà la stagione “Domeni-ca pomeriggio a teatro”, mentre da dicembre sarà riproposta la stagione teatrale di “Di #aba in #aba”. Aper-te anche le iscrizioni per il secondo anno della scuola di teatro con corsi per bambini dai 5 ai 10 anni, ragazzi dagli 11 ai 16 anni e per gli adulti da 17 anni in su.

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Fatti & spettacoli

Avremmo dovuto avere a disposizione il Margherita, non solo per le prove. Istituzioni “sorde”

Stabile NissenoPeppe Speciale: “Nemo propheta in patria”

di Annalisa Giunta

Page 35: il Fatto Nisseno - settembre 2013

Per molti musicisti fare musica è troppo spesso imbracciare una chitarra, appoggiare le

dita su un pianoforte, sedersi per suonare la batteria, imparare a suo-nare dei pezzi e poi eseguirli con il proprio gruppo.Un approccio onesto ma al qua-le manca buona parte dell’essenza stessa della musica: raccontare, cioè, interi periodi storici, luoghi, tradi-zioni, culture. Conoscere le origini delle canzoni, come si intrecciano con la società che le ha viste nascere, sono tutte cose che cambiano l’ap-proccio alla musica e il modo stesso di suonare.È una delle verità che la cantante e musicista nissena Patrizia Capizzi sembra avere imparato alla perfe-zione.Capizzi nasce 35 anni fa in provin-cia di Palermo, a Petralia Sottana. L’incontro con la musica avviene da giovanissima, quando a 12 anni riceve una chitarra con la quale co-mincia a strimpellare i primi accor-di. Un paio di anni dopo comincia un percorso musicale all’apparenza più classico, con lezioni di pianofor-te che durano !no alla maggiore età.Già all’epoca, la voglia di esplorare

il mondo musicale è più forte del-le convenzioni e degli schemi, così Capizzi prosegue il suo percorso artistico seguendo cammini che di volta in volta il suo gusto e la sua curiosità le suggeriscono: da auto-didatta si avvicina alla musica folk americana. Le prime esperienze in gruppo sono interessanti, con i Ku-baita e i Blueberry Jam, con le quali si esibisce da cantante, chitarrista e percussionista.

Gli studi del periodo (lingue e lette-rature straniere, ad indirizzo antro-pologico) la portano anche a intrec-ciare l’interesse musicale con quello degli studi, lasciandosi attrarre in particolar modo dalla cultura afro e dalle contaminazioni che la musi-ca africana è riuscita a determinare nell’ambito delle culture e della mu-sica di luoghi come gli Stati Uniti, Cuba e Brasile, cioè alcuni dei paesi a più alta concentrazione di persone di origine africana: diventerà il !lo conduttore delle successive espe-rienze.

Dal “lato statunitense”, inevitabile l’approccio al Gospel e allo Spiritual, genere che esplora alla guida del coro gospel “Good News Voices” e, successivamente, la spinge a fondare i “Seeds of Faith”, gruppo ancora in attività. Dal “lato afro”, intensa la ricerca sulla musica etnica, fatta di percus-sioni e dal legame stretto e intenso tra musica e ballo, comunicazio-ne col linguaggio del corpo e della

musica. Ed è in questo !lone che si innestano i progetti “African Soul” e”Dundunbà”, a"ascinante esperi-mento di musica e danza tribale, con abiti e strumenti tipici.Nel 2010, assieme alle cantanti Va-lentina Romano e Josephine Gia-done, prepara uno spettacolo speri-mentale denominato “Long Walk to Freedom” (che è il titolo della auto-biogra!a di Nelson Mandela): anche qui voci, percussioni, danze caratte-ristiche e sperimentazione musicale con insoliti oggetti sonori fanno da sostegno al racconto di quella che è

de!nita “disapora africana” e dei ri-svolti umani e sociali della stessa, in un viaggio che ci racconta delle dif-!coltà di integrazione, delle schiavi-tù, della lotta per i diritti civili: un progetto ambizioso e di larghissimo e profondo respiro culturale.Nel 2011 sembra arrivare una svol-ta decisiva. Oltre agli studi di ap-profondimento di percussioni e tamburo a cornice, si interessa con sempre più convinzione alla musica e alla cultura brasiliana. A"ascinata dall’inestricabile mix di malinconia,

bellezza, speranza e amore, tipiche della musica che nasce soprattutto nelle zone più povere del Brasile, tra seminari, incontri, scambi cul-turali, la musica brasiliana diventa il motivo conduttore delle esperienze successive: nascono così gli “Acusti-co Bahia”, con Antonio Inglima e il marito Roberto Vitale, formazione che si concentra soprattutto sulla musica baiana, esplorandone i di-versi ritmi e anche i risvolti culturali diversi. Poi è la volta di “Som Legal”, con Michele Territo alla batteria e Antonio Alaimo al basso. Entrambe le formazioni si esibiscono live con un sound che è essenzialmente acu-

stico.Sempre nell’ambito della musica brasiliana, dà vita a un altro pro-getto, per certi versi più estremo: “Italia Brasil A/R” con la splendida Manola Micalizzi, cantante catanese di straordinario talento e molto ap-prezzata, duo capace di o"rire uno spettacolo suggestivo e di forte im-patto emotivo, che permette alle due cantanti anche di esibirsi con brani inediti.Ultimo arrivato in questa moltitu-dine di esperienze musicali, il duo “Black Co"ee”, con il contrabassista Massimiliano Amico. Un esperi-mento di grande interesse che prova a fondere i classici del jazz e della folk music statunitense con ritmi di-versi, bossa nova, samba e altro.Una vita dedicata alla musica, per la quale ha anche rinunciato ad at-tività lavorative più certe e stabili. Una occasione per raccontare vite ed esperienze proprie e altrui, per contaminare e contaminarsi con storie di vissuto individuali e collet-tive: la musica come opportunità di incontro e crescita, con una passio-ne che scon!na dallo stretto ambito del “suonare” e a"onda in un discor-so culturale che innerva i repertori delle varie formazioni, gli arran-giamenti, le scelte musicali, e che le ha consentito un percorso artistico variopinto, intenso e, per tanti, invi-diabile. Così, gli spettacoli o"erti da Capizzi, e dai musicisti che di volta in volta l’a#ancano, non sono mai banali, possono essere gustati come “semplice intrattenimento” (che è la prima, necessaria funzione dell’arte in genere) oppure come approfon-dimento, curiosità, esplorazione di spazi umani, emozioni, scambi che lasciano un messaggio universale di accoglienza e integrazione.

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I suoi spettacoli non sono semplice “intrattenimento” ma un messaggio di accoglienza e integrazione

Patrizia Capizzi35 anni, incontra le note da giovanissima.Una vita dedicata al pentagramma,ha rinunciato ad attività lavorative certe e stabili per realizzare il suo sogno

Musica...che passioneCHITARRA & VOCEsound afro-brasiliano

di Alberto Di Vita

Page 36: il Fatto Nisseno - settembre 2013

C’è l’ex presidente del Consi-glio fuggito in esilio in Tu-nisia; c’è il leader del parti-

to di destra nato all’indomani della Repubblica; c’è anche il prete ucciso dai sicari di Cosa nostra, il sindacali-sta della Cgil ammazzato dalla ma!a e persino il “reuccio” della canzone italiana che un giorno, sull’anonimo palco di un altrettanto anonimo pa-esino siciliano, si beccò una scarica di ortaggi. Ecco a voi il totocandi-dati all’intitolazione di una strada di Mussomeli. In principio, a lanciare la prima proposta fu Enzo Guada-

gnino, consigliere comunale del Pid, ma intimamente socialista. Anzi, a dirla tutta, socialista !no al midol-lo, proprio come il suo capogruppo di partito, Pasquale Mistretta, il cui simbolo di famiglia da sempre è il garofano rosso. Secondo i due, se

si mette mano alla toponomastica, non si può non dedicare un vicolo, una strada, un viale, una piazza, un qualsiasi angolo della città a Betti-no Craxi. Lo hanno scritto nero su bianco in un’interrogazione inviata a Giunta e Consiglio, prenotando per l’ex capo del Governo un lembo di Mussomeli. “E’ necessario intitolare una via o una piazza al patriota e sta-tista, morto in esilio, Bettino Craxi, a"nché questo piccolo gesto, tributo alla vita e al lavoro di un uomo pro-fondamente libero, ricordi alle gene-razioni presenti e future la necessità

di lottare e di vegliare contro ogni forma di totalitarismo illiberale e antidemocratico”.Tra i compagni di cordata, c’è chi si dice pronto a “dige-rire” la proposta solo se venga preso in considerazione il proprio can-didato. Toti Nigrelli, consigliere del Gam, ragazzo dalle salde idee nazionalistiche e patriottiche, non ha dubbi nel suggerire il suo nome preferito: “Craxi non rispec-chia il mio ideale di politico, ma bi-sogna anche rispettare i socialisti che hanno fatto la storia di questo Paese. Se dovessi proporre di dare un nome

ad una strada, ma non ho intenzio-ne di farlo nell’immediato, lo farei

esclusivamente per un politico che ha mostrato serietà, correttezza e

non ha mai tradito i suoi elettori. Questo, a mio parere, è stato Giorgio Almirante”. Bisogna anche registra-re che il consigliere Guadagnino ha in serbo un secondo nome, una se-conda carta stavolta bipartisan e che indubbiamente troverà un universale placet: don Pino Puglisi. Per il prete ammazzato dalla ma!a Guadagnino pensa più che ad una strada, ad una struttura comunale da dedicargli. E restando in tema di martiri nella lotta a Cosa nostra, il segretario della Ca-mera del lavoro Salvatore Cardinale lancia una proposta: “Si renda omag-gio a Placido Rizzotto, il sindacalista di Corleone massacrato dai ma!osi del suo paese perché combatteva a !anco degli agricoltori e dei poveri lavoratori contro la sopra#azione dei potenti”. Idea avanzata a pochi mesi dai funerali di Stato riservati all’eroe della Cgil a cui lo stesso Cardinale non ha mancato di parteciparvi. Ma

il nome più insolito, nella rosa dei candidati, è quello di Claudio Villa, il “reuccio” della canzone italiana che a Mussomeli toccò forse uno dei punti più bassi della sua carriera. Altro che

applausi, nel suo concerto mussome-lese della !ne degli anni ’60, si beccò una selva di !schi, una profusione di buu e improperi, e soprattutto una gragnola di ortaggi. Fu subissato da primizie che lo rag-giunsero sul palco; una batteria di pomodori sparata dalla platea. Il can-tante pagò la modernità e l’introdu-zione del playback nei live. Scelta che non gli fu perdonata dai suoi fans. Dovettero intervenire i carabinieri per calmare la folla inferocita che aveva gremito il Cinema Manfredi. L’annunciato trionfo dell’artista si ri-velò invece una dèbacle. Il mondo dell’arte e della cultura lancia, a più di 40 ani di distanza, un’ipotesi buona a riconciliare Mus-someli con il proprio passato, attra-verso l’intitolazione di una via pro-prio a Claudio Villa. “Il reuccio- ricorda il cantante Piero Amico- quando negli anni ’70 si esibì

al Cinema fu duramen-te contestato perché cantò senza orchestra e con una base. Villa fu duramente provato da quella serata. Inti-tolandogli una strada potremmo riconciliar-ci con la sua memoria. Penso anche che quan-do verrà inaugurato il Cinetratro, per lo stes-so motivo, dovremmo invitare la !glia del reuccio”. L’importante che Ma-nuela, la sua erede mu-sicale, venga a cantare dal vivo, senza play-back. I nipoti dei contesta-tori potrebbero avere ancora dei pomodori a portata di mano.

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Fatti & vallone

Ecco a voi il toto candidati all’intitolazione di una strada

La guerra dei nomiToponomastica: bagarre a Mussomeli

di Giuseppe Taibi

?

Claudio Villa in concerto a Mussomeli scortato dai carabinieri (!ne anni 60)

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Fatti & quartieri

L’Associazione per la Creatività Urbana (ACU) Graphia, in colla-borazione con il Comune di Calta-nissetta, ha ideato un format dedi-cato all’arte pubblica, coinvolgendo street artist e gra!ti artist di fama internazionale. Nel capoluogo nis-seno, dal 2 al 20 Settembre, sono stati previsti, quattro interventi, di questi già tre sono stati realizzati: in via Ferdinando I (su un muro della Scuola Luca Pignato), in via Amico

Valenti e in via Carlo Alberto Dalla Chiesa (quartiere San Luca). Nella Parrocchia di San Pio X, invece, il parroco, don Alessandro Giambra, ha commissionato a Giulio Gebbia (in arte Rosk) e a Mirko Cavallotto (in arte Mirko Lost), sul muro della Chiesa, il ritratto del Santo, in oc-casione dei festeggiamenti del 50° Anno dalla costituzione della par-rocchia che coincidono con il cen-

tenario dalla morte di San Pio X. Un’i-niziativa co-raggiosa ma c e r t am e nt e prodromica di un’arte in evoluzione che interpreta il segno dei tempi. “La parrocchia di San Pio X, - a"erma don Alessandro Giambra - è una parrocchia nuova nata sotto il tempo del Concilio. Le Chiese devono, come sempre, rivelare l’arte incarnata nell’uomo. Un’arte che parla con il linguaggio dei giovani perché, noi educatori, parliamo sempre dei giovani ma non li facciamo parlare mai. Dob-biamo renderli protagonisti della loro vita. Non dobbiamo spegnere la speranza che con il loro coraggio ci garantisce un futuro meno cupo”. GRAFFITI HEART, è un progetto per rileggere un fenomeno (oramai consolidato anche in ambito stori-co-artistico) e confermarlo, da pre-sunto segno di deturpamento del contesto urbano, in viva opportuni-tà di miglioramento e di recupero di zone a rischio, degradate, o super#-ci comunali incomplete che neces-sitano di riquali#cazione o ancora vuoti urbani che lasciano spazio alla “inutilità”. Potenziali luoghi del bello, di ciò che è “utile”, possono

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di Carlo Campione

Assalto ai muri cittadiniil trionfo dei JUDIÀWL

Da presunto segno di deturpamento urbano a viva opportunità di miglioramento estetico

A Caltanissetta dal 2 al 20 settembre si è svolto un format d’arte pubblica

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accogliere azioni atte a rendere vi-sivamente piacevoli porzioni intere di città. Luigi Muratore (in arte Rap-tuz), non è altro che un pittore che ha disegnato una Chevrolet Ben Air del 1957, un’auto che ha fatto epoca, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa (Quartiere San Luca). La scelta del quartiere San Luca non è stata fatta a caso. “San Luca”, infatti, è un quar-tiere dedicato ad illustri pittori: San Luca stesso era un pittore, molte vie del quartiere sono dedicate a pittori famosi (via Tintoretto, via Cimabue, via Michelangelo ecc..). Raptuz, vive a Milano è regolarmente sposato, la moglie è un’impiegata, ha lavorato con i Gemelli Diversi, con DJ AX, vanta una collaborazione con la

Walt Disney Italia e ha convinto i nisseni a dare un giudizio positivo sull’arredo urbano. Raptuz con il suo stile che egli de!nisce vicino al futurismo con dei tratti di cubismo ha lavorato sette giorni di seguito. L’obiettivo del progetto è abbellire la propria città, attraverso un’ arte nuova, un’ arte espressione di un mondo che cambia, un mondo che cambia sempre attraverso l’intra-prendenza dei giovani. Perche il fu-turo è dei giovani che si esprimono secondo criteri che alcune volte le generazioni più mature non capi-scono. Ma è stato sempre così, lo è stato per Giotto, Caravaggio e Pi-casso. È Giotto, infatti, che introdu-ce lo spazio in pittura. Il cubismo di Picasso frantuma i visi e gli oggetti permettendo così di raggiungere una visione totale e di creare un oggetto estetico estre-

mamente strutturato. I Murales di-ventano arte quando nella propria forma creativa trasmettono emo-zioni e messaggi di un’attività este-tica frutto di studio ed esperienza. Abbiamo chiesto a Raptuz cosa fos-se per lui il bello, la risposta è stata immediata; “bello è: colore. Mi pia-ce pensare alle città come musei a cielo aperto”. I writer, quei ragazzi che trent’anni fa imbrattavano i muri illegalmente, oggi svolgono un lavoro in giro per il mondo e come ogni artista più sono bravi più sono richiesti. Il rispetto delle mura cittadine sta alla base del loro lavoro. Le città diventano la propria casa. La loro attività ormai è riconosciuta e valorizzata dalle

Amministrazioni lo-cali per combattere il degrado urbano. Una proposta che ha un senso con i tempi che de-vono adeguarsi a un’idea nuo-va di arte, po-trebbe essere quella che i Consigli C o m u n a l i m e t t a n o come one-re di urba-nizzazione, nella creazione ai palazzi di nuova costruzione, la realizzazione di un murales che magari rappresenti la città o il quartiere. A Santa Barba-ra che ha tanti muri vuoti e ridotti in cattive condizione potrebbero essere rappresentati, per esempio, i “carusi” che lavoravano in miniera e che hanno caratterizzato la storia e la cultura del quartiere. E perché no Caltanissetta potreb-be essere conosciuta come la città dei gra"ti. L’Associazione Graphia continuerà ad abbellire i muri della città, con gli ultimi interventi previ-sti proprio a Santa Barbara e in via Aldo Moro. Miguel Angel Belinchon, writer spagnolo (in arte Belin), ha lavora-to in via Ferdinando I, nella parete della Scuola Luca Pignato dove ha

rappresentato il volto di due super eroi. Belin è conosciuto nel mondo per i suoi personaggi caricaturati, scene surreali, ritratti improbabili, animali umanizzati. Andrea Sergio (in arte Wany), Mir-ko Cavallotto (in arte Mirko Lost) e Giulio Gebbia (in arte Rosk), hanno abbellito il muro di via Amico Va-lenti nella parte che conduce alla via Redentore: viene rappresenta-to l’alter ego di Andrea che con lo spray lancia lettere.

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A sinistra l’opera che adorna una parete nel quartiere San Luca eseguita da Luigi Muratore in arte Raptuz: si tratta di una Chevrolet Ben Air del 1957. Sotto Andrea Sergio in arte Wany, rappresenta il suo alter ego che con lo spray lan-cia lettere: via Amico Valenti nella parte che conduce a via Redentore.In fondo a destra, la parete dello stabile che ospita una scuola privata cittadina, su cui Miguel Angel Belinchon in arte Belin, ha rappresentato il volto di due supereroi.A destra le opere di Mirko Cavallotto in arte Mirko Lost e Giulio Gebbia in arte Rosk.

Padre Alessandro Giambra ha commissionato il ritratto di San Pio X

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