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INDICE Volume 1 - Aspetti generali delle osservazioni agrofenologiche Pagina PREFAZIONE 1 PREMESSA 3 Cap. 1 FENOLOGIA VEGETALE 4 § 1.1 Crescita e sviluppo delle piante 4 § 1.2 Relazioni tra clima e sviluppo 5 § 1.3 Modelli di simulazione dello sviluppo fenologico vegetale 6 Bibliografia 11 Cap. 2 LA FENOLOGIA IN AGRICOLTURA 12 § 2.1 Stadi di sviluppo delle piante agrarie 12 § 2.2 Osservazioni fenologiche 14 § 2.3 Variabilità fenologica 15 Bibliografia 16 Cap. 3 SCALE DI RICONOSCIMENTO FENOLOGICO 18 § 3.1 Generalità sulle scale fenologiche 18 § 3.2 Principali scale fenologiche 19 Colture erbacee 20 Colture arboree 35 Bibliografia 49 Cap. 4 LA CONDUZIONE AGRONOMICA ED IL RILEVAMENTO AGROFENOLOGICO NELLE PROVE SPERIMENTALI 54 § 4.1 Introduzione 54 § 4.2 Acquisizione delle informazioni di tipo agronomico ed ambientale 54 § 4.3 Descrizione delle tecniche colturali ed osservazioni agrofenologiche 55 § 4.4 Rilievo delle fasi fenologiche 57 § 4.5 Schede per il rilevamento agrofenologico 57 § 4.6 Rilievi e tecniche colturali adottate nelle prove sperimentali del Progetto Finalizzato Phenagri 62 1

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INDICE Volume 1 - Aspetti generali delle osservazioni agrofenologiche Pagina PREFAZIONE 1

PREMESSA 3

Cap. 1 FENOLOGIA VEGETALE 4

§ 1.1 Crescita e sviluppo delle piante 4 § 1.2 Relazioni tra clima e sviluppo 5 § 1.3 Modelli di simulazione dello sviluppo fenologico

vegetale 6

Bibliografia 11

Cap. 2 LA FENOLOGIA IN AGRICOLTURA 12

§ 2.1 Stadi di sviluppo delle piante agrarie 12 § 2.2 Osservazioni fenologiche 14 § 2.3 Variabilità fenologica 15 Bibliografia 16

Cap. 3 SCALE DI RICONOSCIMENTO FENOLOGICO 18

§ 3.1 Generalità sulle scale fenologiche 18 § 3.2 Principali scale fenologiche 19 Colture erbacee 20 Colture arboree 35 Bibliografia 49

Cap. 4 LA CONDUZIONE AGRONOMICA ED IL RILEVAMENTO AGROFENOLOGICO NELLE PROVE SPERIMENTALI

54

§ 4.1 Introduzione 54 § 4.2 Acquisizione delle informazioni di tipo agronomico

ed ambientale 54

§ 4.3 Descrizione delle tecniche colturali ed osservazioni agrofenologiche

55

§ 4.4 Rilievo delle fasi fenologiche 57 § 4.5 Schede per il rilevamento agrofenologico 57 § 4.6 Rilievi e tecniche colturali adottate nelle prove

sperimentali del Progetto Finalizzato Phenagri 62

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Bibliografia 71

Cap. 5 CRITERI PER LA REAIZZAZIONE DI UNA RETE PER LE OSSERVAZIONI AGROFENOLOGICHE

72

§ 5.1 Introduzione 72 § 5.2 Siti di rilevazione 72 § 5.3 Durata delle rilevazioni 72 § 5.4 Scelta delle specie 73 § 5.5 Metodologie di rilevamento 73 § 5.6 Formazione dei rilevatori 74 § 5.7 Rilevazione fenologica 75 § 5.8 Schede agrofenologiche 80 § 5.9 Esempio di rete agrofenologica 81 Bibliografia 82

Cap. 6 ORGANIZZAZIONE DI DATI FENOLOGICI IN UN DATABASE RELAZIONALE: L'ESEMPIO DELLA BANCA DATI DEL PROGETTO FINALIZZATO PHENAGRI

83

§ 6.1 Introduzione 83 § 6.2 Progettazione del database 84 Bibliografia 93

Cap. 7 ORGANIZZAZIONE IPERTESTUALE DELLE INFORMAZIONI: LA FENOLOGIA DEI CEREALI AUTUNNO-VERNINI

94

§ 7.1 Finalità 94 § 7.2 Contenuti 95 § 7.3 Struttura 96 § 7.4 Modalità di accesso alle informazioni 97 Bibliografia 97

Appendice 1 LA SCALA BBCH 98

Appendice 2 MESSAGGI AGROFENOLOGICI 105

ELENCO DEGLI AUTORI 120

INDICE 121

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PREFAZIONE

Il Ministero delle Risorse Agricole e Forestali ha approvato il Progetto Finalizzato di ricerca “Phenagri: Fenologia per l’Agricoltura”.

L’interesse alla fenologia in Italia è oggi testimoniato dalla presenza di varie attività, quali una rete di rilevazione agrofenologica, ormai estesa su più della metà del territorio nazionale, sostenuta dai Servizi Agrometeorologici Regionali e dagli Enti di Assistenza Tecnica, ed una rete di Giardini Fenologici in via di ampliamento. Nell’ambito del mondo accademico e della ricerca operano associazioni e gruppi interessati alla materia, quali: Gruppo dei bioritmi della Società Botanica Italiana e Società Italiana di Aerobiologia.

Il MiPAF ha finanziato anche un altro progetto di ricerca che affronta tematiche agrofenologiche, è il programma interregionale: "Sistema per l'interscambio di dati, informazioni e prodotti agrometeorologici tra MiPAF e Regioni", che prevede un intenso scambio di informazioni agrometeorologiche tra le Regioni, e tra queste e il MiPAF. Questo progetto ha posto le basi per la realizzazione della Rete Agrofenologica Nazionale, che determinerà un intenso e continuativo scambio di dati nel Paese.

Anche nel campo della modellistica fenologica si è sviluppato un ampio interesse scientifico con la produzione di alcuni risultati interessanti, attinenti sia l’adattamento all’ambiente italiano dei modelli prodotti dalla ricerca internazionale, sia la realizzazione di modelli originali.

Il Progetto Finalizzato “Phenagri: Fenologia per l’Agricoltura” ha recepito l’esigenza di verificare lo stato dell’arte delle conoscenze in fenologia, proponendosi di: • censire e catalogare in maniera ragionata le fonti di informazione

fenologica pregresse, in particolare quelle raccolte da enti di ricerca, costituendo una banca dati che si configuri come un punto di raccolta, di elaborazione e di distribuzione dei dati fenologici;

• effettuare campagne sperimentali di rilievi fenologici, atte a completare le informazioni della banca dati, con particolare riferimento ai dati necessari per lo sviluppo e la calibrazione dei modelli di simulazione fenologica;

• favorire lo sviluppo di uno fenologia “avanzata” dando impulso alle ricerche sui modelli matematici di simulazione dello sviluppo delle colture;

• produrre documentazione di riferimento per contribuire alla standardizzazione delle metodologie di rilevamento agrofenologico.

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Le 16 unità di ricerca che costituiscono il progetto sono state raggruppate in 4 sottoprogetti:

Sottoprogetto 1 – Fenologia delle piante erbacee Sottoprogetto 2 – Fenologia delle piante arboree Sottoprogetto 3 – Sviluppo e taratura di modelli fenologici Sottoprogetto 4 – Metodi e tecniche di documentazione fenologica Durante lo svolgimento del progetto sono sorte necessità di

documentazione che hanno condotto alla preparazione di una collana di informazione fenologica. I volumi riguarderanno i diversi settori di sviluppo del progetto, individuando un approccio alla fenologia progressivamente più specialistico ed indirizzato verso le nuove tecnologie informatiche. Il primo volume in particolare si occupa della introduzione alla materia, definendo il quadro di riferimento internazionale e descrivendo gli standard operativi in ambito sperimentale adottati in Phenagri. I volumi successivi si occuperanno dell’approfondimento della documentazione per i rilievi agrofenologici, delle elaborazioni modellistiche prodotte o validate dalle attività di ricerca, della banca dati costituita per la raccolta delle informazioni agrofenologiche e degli strumenti ipertestuali sviluppati per i cereali autunno-vernini.

La collana assume l’aspetto di un necessario compendio all’attività scientifica e tecnica sviluppata in Phenagri, configurandosi come un insieme di documenti unici nel panorama fenologico italiano ed un importante riferimento per gli interessati alla materia.

Fra gli obiettivi che si intende perseguire nel prossimo futuro vi è quello di una intensificazione della collaborazione con le Regioni per sviluppare una cooperazione stabile fra le istituzioni di ricerca coinvolte nel Progetto Finalizzato, le Amministrazioni pubbliche e gli operatori privati. Tali interazioni sinergiche saranno finalizzate a migliorare la qualità della domanda di ricerca, sviluppando al meglio le attività di formazione, divulgazione ed9 il trasferimento dell’innovazione.

Battista Piras

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PREMESSA

Il volume “Aspetti generali delle osservazioni agrofenologiche” è nato dalla collaborazione tra le diverse unità di ricerca che partecipano al Progetto Finalizzato: “Phenagri: Fenologia per l’agricoltura”, con la finalità di divulgare conoscenze, metodologie di lavoro ed esperienze acquisite nel campo della fenologia.

Le specie considerate non esauriscono tutto il panorama agricolo italiano, ma ne sono sicuramente rappresentative. La maggior parte di esse sono state studiate nei campi sperimentali, allestiti in zone climatologicamente e geograficamente eterogenee da Enti ed Istituzioni partecipanti al Progetto, quali: l’Università di Catania, il COnsorzio per la divulgazione e la sperimentazione delle Tecniche IRrigue - CO.T.IR - di Vasto e l’Azienda Agraria Sperimentale "Vittorio Tadini" di Piacenza. Altre specie, come le pomacee, sono state introdotte nella trattazione in quanto ampiamente diffuse in agricoltura.

Il volume è rivolto a chi si interessa di fenologia. In esso viene esaminata la materia partendo dall’inquadramento teorico fino a giungere alla definizione delle tecniche di rilevamento in campo. In particolare sono esaminate e presentate le scale fenologiche delle principali colture agrarie e vengono date indicazioni procedurali su come allestire e condurre i campi sperimentali nei quali effettuare il rilevamento agrofenologico.

Il testo si indirizza ad un pubblico ampio, raccogliendo le conoscenze provenienti dal mondo accademico e dalla ricerca applicata, per rispondere a più ampie necessità di informazione in ambito fenologico. Tra le finalità del volume si riconoscono quella didattica per lo studente, che voglia correttamente approcciarsi alla conduzione agraria; quella di aggiornamento per il tecnico e per l’imprenditore agricolo, che vogliano fare proprie le pratiche di un’agricoltura sostenibile; quella di formazione per il personale delle amministrazioni pubbliche che si occupa di agricoltura, secondo la filosofia insita nei Programmi Finalizzati del MiPAF rivolta alla maggiore conoscenza e rispetto dell’ambiente.

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CAPITOLO 1 Fenologia vegetale

V. Marletto

1.1 - Crescita e sviluppo delle piante

Nel linguaggio corrente i termini crescita e sviluppo sono spesso usati come sinonimi. Nel linguaggio delle scienze biologiche essi indicano invece fenomeni sostanzialmente diversi, studiati con metodi di osservazione e misura appropriati e tra loro dissimili.

La crescita è legata all'aumento ponderale o dimensionale di un organo o dell'intero organismo ed è misurata tipicamente per mezzo di pesate, eseguendo campionamenti periodici. Nel caso in cui si debba determinare l'incremento di peso secco, i campionamenti sono necessariamente distruttivi. Ovviamente non tutti i metodi di analisi della crescita sono distruttivi: per esempio la misura dell'altezza raggiunta da un pioppeto non richiede l'abbattimento dello stesso!

Per quanto riguarda le piante, l'analisi della crescita (“growth analysis” nei testi anglosassoni) è per l'appunto la disciplina sperimentale che studia l'evolversi nel tempo della massa vegetale umida e/o secca nel corso della stagione o di più stagioni, nel caso di organismi poliennali.

Un tipico prodotto di questa analisi consiste nella determinazione quantitativa dell'accumulo e della ripartizione della biomassa negli organi che caratterizzano i vegetali superiori (radici, fusto, foglie, ecc.).

Lo studio dello sviluppo vegetale comporta invece la rilevazione della comparsa e scomparsa degli organi nonché di altre importanti modificazioni nelle funzioni e nell'aspetto degli organismi viventi durante il loro ciclo vitale.

La fenologia vegetale o fitofenologia è la disciplina che si occupa di queste osservazioni sulle piante spontanee e coltivate. Essa definisce in modo chiaro, per mezzo delle cosiddette scale fenologiche, quali sono i fenomeni da registrare (p.e. la germinazione, la fioritura, la caduta delle foglie ecc.), e fornisce delle tecniche riproducibili e generalmente non distruttive per l'effettuazione delle osservazioni stesse.

Va comunque chiarito che anche la fenologia deve talora avvalersi di tecniche distruttive, p. e. nel caso delle osservazioni sulla fase fenologica - o stadio fenologico - dell'apice vegetativo delle graminacee, che possono comportare la dissezione della pianticella e l'osservazione al binoculare dell'apice stesso (Kirby, Appleyard, 1981; McMaster, 1997).

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1.2 - Relazioni tra clima e sviluppo La ricerca internazionale ha individuato tra le grandezze ambientali che

caratterizzano il clima, quelle che influiscono in modo determinante sullo sviluppo delle piante coltivate. I paragrafi seguenti trattano brevemente degli effetti di ciascuna di esse. 1.2.1 - La temperatura

I vegetali sono organismi pecilotermi, sono cioè incapaci di mantenere la propria temperatura interna a livelli sostanzialmente diversi da quella dell'ambiente in cui si trovano. Tutti i processi fisiologici che condizionano la vita delle piante si svolgono quindi sotto l'influsso diretto della temperatura ambientale.

Per quanto riguarda lo sviluppo, ci interessano in modo particolare le reazioni biochimiche che comportano una modifica al corredo ormonale delle piante e che conducono alle variazioni fenologiche, ovvero al passaggio tra gli stadi di sviluppo successivi.

La teoria corrente prevede la presenza di soglie termiche al di sotto delle quali le reazioni stesse si fermano o procedono così lentamente da essere trascurabili.

Quando la temperatura supera la soglia specifica la reazione procede a velocità generalmente proporzionale alla temperatura finché l'accumulo degli ormoni prodotti raggiunge un livello tale da "catalizzare" il passaggio alla fase di sviluppo successiva.

Naturalmente questo modello riduzionista e meccanicistico dello sviluppo fenologico non rappresenta assolutamente la complessità dei fenomeni che effettivamente si verificano nella pianta e che, sia ben chiaro, non sono affatto compresi pienamente.

Questo modello è però utile a fornire una prima base di accettabilità fisiologica del sistema più antico (risalente addirittura a Réamur!), ma tuttora in voga per cercare di prevedere la fenologia delle piante: la sommatoria dei gradigiorno, di cui si parlerà estesamente più avanti (§1.3). 1.2.2 - Il fotoperiodo

Per fotoperiodo si intende la durata del dì, cioè della parte del giorno nella quale il sole è al di sopra dell'orizzonte.1

1 Il fotoperiodo può essere calcolato facilmente a partire da informazioni semplici quali il

giorno dell’anno (DATE, compreso tra 1 e 365) e la latitudine del sito espressa in gradi e decimi (LAT), per esempio utilizzando le seguenti equazioni, valide tra i due circoli polari:

DEC = -23.4 * COS(2 * PI* (DATE+10) / 365) COSLD = COS(DEC * PI / 180) + COS(LAT * PI / 180) SINLD = SIN(DEC * PI / 180) * SIN(LAT * PI / 180)

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L'idea stessa di effetto fotoperiodico ha faticato non poco ad essere compresa ed accettata dai ricercatori (Evans, 1975), dato che essa implica la capacità delle piante di tenere conto del tempo di soleggiamento a prescindere dalla sua intensità.

In effetti, anche se la giornata è completamente coperta, questo non modifica l'effetto fotoperiodico perché è stato dimostrato ampiamente che, anche a livelli di irraggiamento molto bassi, la pianta sensibile risente comunque del fotoperiodo.

Per molte specie vegetali l'induzione alla fioritura è condizionata dal fotoperiodo. Vi sono casi estremi come alcune varietà di tabacco che, se non vengono esposte ad un fotoperiodo breve, rimangono indefinitamente vegetative e che vengono indotte alla fioritura anche dopo una sola giornata corta seguita da una notte lunga.

In generale il segnale fotoperiodico viene rilevato a livello fogliare e trasferito all'apice vegetativo, che è la sede della formazione degli abbozzi fogliari quando la pianta è vegetativa, e si trasforma nella sede della formazione degli abbozzi fiorali quando la pianta entra nella fase riproduttiva.

Non è nello scopo di queste brevi note entrare nei dettagli della questione, basti rilevare che esistono specie neutre, longidiurne e brevidiurne che rispettivamente non risentono dell'effetto fotoperiodico, oppure sono indotte a fiorire da giorni lunghi o da giorni corti.

L'interazione temperatura - fotoperiodo può essere anche molto complessa, come dimostra la vasta letteratura sperimentale sull'argomento e la modellistica che ne deriva.

1.3 - Modelli di simulazione dello sviluppo fenologico vegetale

La modellazione matematica della fenologia costituisce un importante complemento all'attività di osservazione fenologica: le osservazioni fenologiche di per sé consentono la preparazione dei cosiddetti calendari fenologici che indicano per esempio l'intervallo di fioritura di ogni specie in una certa zona ricavato dai valori medi ed estremi di una serie storica di osservazioni.

Il problema naturalmente è quello di riuscire a migliorare l'attendibilità delle previsioni di fioritura ottenute dai calendari, introducendo in un modello matematico informazioni sui parametri ambientali che si suppone esercitino un'influenza determinante sul fenomeno fenologico.

DL = 12 + (PI + 2 + ASIN(SINLD/COSLD)) / PI

Nelle quali COS, SIN e ASIN sono le funzioni trigonometriche coseno, seno e arcoseno, PI è pi greco (3, 1459 ...), e il fotoperiodo DL risulta espresso in ore e decimi. DEC è la declinazione in gradi e decimi, mentre COSLD e SINLD sono variabili intermedie.

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Ad esempio è noto che le annate più calde coincidono con fioriture precoci mentre le primavere fredde rallentano lo sviluppo delle piante. L'attività di modellazione matematica della fenologia consiste nella ricerca di una rappresentazione quantitativa di questi comportamenti. 1.3.1 - Modelli lineari e variazioni sul tema

La considerazione che lo sviluppo fenologico non può regredire, dato che esso può solo rallentare fino a fermarsi in presenza di condizioni termiche avverse, fornisce un indizio sulla possibile connessione tra lo sviluppo e l'effetto integrato nel tempo della temperatura ambientale.

Il modello lineare, il più semplice tra quelli che pongono in relazione variabili diverse, può essere applicato al problema fenologico nella forma: v aT b= + con v ≥ 0dove v rappresenta la velocità di sviluppo, espressa per esempio in fasi fenologiche per unità di tempo, analogamente al concetto di velocità fisica che è espressa come spazio percorso per unità di tempo, T è la temperatura dell’aria, a e b sono i parametri della retta.

L'integrazione nel tempo della velocità fenologica conduce alla determinazione dello stadio di sviluppo raggiunto dalla vegetazione in esame, così come l'integrazione della velocità di spostamento fisico determina lo spazio percorso dall'oggetto in movimento.

Siccome nel modello lineare la velocità di sviluppo è una funzione semplice della temperatura ambientale T, sarà quest'ultima ad essere integrata, cioè in pratica sommata, nel tempo. E' possibile infatti dimostrare con semplicissime manipolazioni algebriche che il modello lineare suddetto è del tutto equivalente al cosiddetto sistema della somma termica dei gradigiorno, che domina incontrastato la letteratura del settore fenologico. La somma termica si esprime, com'è noto, nella forma:

(∑ −= 0TTS ) con 0TT ≥ dove la sommatoria termica S delle differenze T - T0 tra la temperatura dell'aria e la cosiddetta temperatura di base o di soglia, viene espressa nell'unità di misura dei gradigiorno.

La temperatura di base corrisponde semplicemente all'intersezione con l'asse delle ascisse della espressione lineare vista più in alto. Resta da determinare quale sia l'intervallo temporale nel quale applicare la sommatoria dei gradigiorno: se essa viene estesa dall'inizio alla fine di una fase fenologica ben individuata, il valore di S così ottenuto, insieme al valore della temperatura di base, va a costituire una coppia di caratteristiche fenologiche della specie in

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esame. Essa risulta anche legata da semplici relazioni algebriche alla coppia di parametri a e b che individua il modello lineare. In pratica: a =1 / S, b = - T0 / S.

La selezione dei valori più corretti per i parametri del modello lineare dipende in modo essenziale dalla disponibilità di osservazioni fenologiche condotte secondo criteri ben definiti, in periodi e località diverse e la contemporanea disponibilità di dati termici, raccolti in prossimità dei siti di osservazione fenologica.

Per l'analisi dei dati in questione ci si deve avvalere di procedure statistiche più o meno raffinate ma soprattutto non ci si deve attendere di ottenere sempre, cioè per ogni specie e per ogni fase fenologica, un'attendibile caratterizzazione dello sviluppo in base al modello lineare. Per esempio in uno studio condotto sulla data di fioritura di cinquantacinque specie spontanee prative (Marletto et al., 1992; Marletto e Sirotti, 1993) solo per ventuno tra esse è stato possibile determinare valori stabili per i parametri del modello lineare.

Alcune delle difficoltà nell'applicazione dei modelli lineari possono scaturire dalle stesse modalità di determinazione dei gradigiorno. Mentre non ci sono sostanziali differenze nei risultati se si impiega come temperatura media giornaliera un valore ottenuto dalla media di 24 valori orari o dalla semplice semisomma delle temperature estreme, le differenze nei risultati possono diventare sostanziali nel caso in cui si vogliano valutare correttamente i contributi allo sviluppo dovuti al periodo più caldo della giornata, specie se le soglie termiche si alzano oltre i 4-5 °C.

Un'ottima approssimazione, alternativa all'uso dei valori orari misurati, può essere ottenuta impiegando le temperature estreme giornaliere nella formula seguente:

( )( )nx

xh TT

TTG−−

=2

20

nella quale Tx e Tn rappresentano rispettivamente la temperatura massima e minima del giorno in esame. Questa espressione dovrebbe in effetti essere sempre applicata nei giorni in cui la temperatura di soglia risulta compresa tra la temperature estreme giornaliere in modo da considerare correttamente l’effetto delle ore centrali delle giornata, più efficaci per lo sviluppo fenologico.

Per esempio se la soglia termica è pari a 8 °C e le temperature estreme sono 0 e 16 °C la formula tradizionale darebbe un contributo nullo mentre quella proposta qui sopra fornisce 2 °D (gradigiorno). La formula in questione deriva

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da semplici considerazioni geometriche intorno all'andamento termico giornaliero, schematizzato come un grafico triangolare (Robertson, 1983).

La scelta di una forma lineare nella relazione tra velocità di sviluppo e temperatura ambiente deriva da ragioni di semplicità ma non trova sempre un riscontro nella realtà dei fatti. Sarebbe più corretto quindi esprimere la relazione in questione come una generica funzione: ( )Tfv =la quale potrebbe anche non avere una forma analitica precisa, ma essere per esempio approssimata da una linea spezzata, determinata dal disegno dei dati sperimentali di velocità di sviluppo contro quelli di temperatura media.

Esempi in gran numero di questa relazione sperimentale (o meglio della relazione reciproca tra durata della fase fenologica espressa in giorni e temperatura media durante la fase, relazione denominata curva fenologica) sono, per esempio, disponibili nel testo di A.S. Podolsky del 1984.

In queste curve è di solito visibile un certo grado di dispersione (o "rumore" statistico) dei dati sperimentali, che viene normalmente attribuito alle difficoltà insite nel rilievo delle fasi fenologiche, le quali tendono a presentarsi in momenti diversi anche negli individui presenti in un singolo sito, per cui la valutazione della data di inizio o fine di una fase può essere affetto da un errore di osservazione anche molto ampio.

Non sono comunque da trascurare anche gli errori associati ai valori termici, cui in genere si tende ad attribuire una maggiore oggettività in quanto frutto della lettura di strumenti di misura. E' difficile, specie se le osservazioni fenologiche si sono svolte in un arco di diversi anni, che lo strumento non sia cambiato, che non si debba ricorrere a dati termici di diversa origine, che non vi siano errori sistematici dovuti a scarsa o nulla manutenzione strumentale ecc.

Vale la pena comunque di rammentare che l'attività modellistica in fenologia e più in generale in agrometeorologia deve sempre fare i conti con le indispensabili, anche se spesso estenuanti, operazioni di analisi preliminare dei dati sperimentali che, se tralasciate, possono vanificare gli sforzi di applicazione pratica dei più raffinati modelli teorici.

L'interazione tra lo sviluppo fenologico e variabili ambientali diverse dalla temperatura può essere (e spesso è in effetti) descritta come un'estensione dell'espressione precedente:

( ) ( ) ( ) ( )....PTfVfPfTfv ×= nella quale P rappresenta il fotoperiodo, V la vernalizzazione (cioè lo speciale effetto di induzione fiorale dovuto all'esposizione delle piante alle basse temperature) ed il termine f(T x P) rappresenta un esempio di possibile effetto incrociato tra le due grandezze. Per una descrizione approfondita di questo tipo di modelli v. Robertson (1983).

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1.3.2 - Modelli fenologici dettagliati La ricerca attuale in campo fenologico, con particolare riferimento alla

fenologia delle specie coltivate, si è concentrata sui fenomeni di formazione degli abbozzi fogliari e fiorali localizzati sull'apice vegetativo, dato che sono questi meccanismi a condizionare l'evoluzione fenologica successiva della pianta (p.e. v. McMaster, 1997).

Questa attenzione all'apice vegetativo si è tradotta in una modellistica più esplicita, diretta ad un maggiore dettaglio nell'individuare i passaggi intermedi che portano alla comparsa delle fasi fenologiche tradizionalmente osservate.

Per esempio Miglietta (1991a,b,c) presenta una procedura per determinare il numero finale di foglie per il grano tenero già vernalizzato. Il modello assume una differente risposta varietale al fotoperiodo; le varietà che necessitano di vernalizzazione possono ritenersi vernalizzate fin dalle prime fasi di sviluppo, se vengono seminate all'inizio del periodo freddo e in questo caso esse rispondono immediatamente al fotoperiodo.

Il modello si articola nei seguenti passi: • la data di emergenza viene prevista con una funzione della temperatura

dell'aria, ipotizzando che l'umidità del suolo non sia limitante; • al momento dell'emergenza avviene la determinazione del fotoperiodo

attraverso la procedura vista precedentemente; • si procede poi al calcolo del numero finale di foglie in relazione alla

varietà, al fotoperiodo e ad un coefficiente che dipende dalla latitudine; • il modello calcola la comparsa dei primordi fogliari in relazione alla

temperatura e l'emissione delle foglie in relazione al numero di primordi fogliari formati;

• la data di spigatura prevista corrisponde al momento in cui il numero di foglie emesse coincide col numero finale di foglie predeterminato. La procedura è stata testata in diversi ambienti (USA, Inghilterra, Italia),

fra i quali 4 siti dell'Emilia Romagna e sono state osservate solo lievi differenze tra simulato e osservato, probabilmente ascrivibili all'effetto della vernalizzazione. Dalle prove di campo inoltre è emerso che, nelle normali condizioni di coltivazione, il numero di foglie, il loro tasso di emissione e la data di spigatura sono indipendenti dalla concimazione azotata e dallo stress idrico.

Il modello di Miglietta ed altri modelli simili, opportunamente calibrati e convalidati, costituiscono una delle basi dell'attività agrometeorologica operativa di diversi servizi territoriali. E' quindi evidente l'importanza dell'osservazione dettagliata sia delle fasi fenologiche tradizionali che di quelle relative all'apice vegetativo, nonché lo studio di modelli matematici dettagliati,

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che nonostante la loro complessità, consentono di prevedere con maggiore accuratezza le fasi medesime.

Bibliografia Evans L.T., 1975. Daylenght and the flowering of plants. W.A. Benjamin, Inc., 122 pp.

Kirby E.J.M., Appleyard M., 1981. Cereal development guide M.. General Editor: A. Baron Cereal Unit.

Marletto V., 1992. Modelli fenologici. Atti V Convegno Nazionale Associazione Italiana di Aerobiologia "Habitat e salute", Montecatini 14-17 ottobre 1992, 281-289.

Marletto V., Puppi G., Sirotti M., 1992. Forecasting flowering dates of lawn species: application boundaries of the linear approach. Aerobiologia, 8: 75-83.

Marletto V., Sirotti M., 1993. Modelli fenologici e loro limiti previsionali. AER 3/93: 4-10.

McMaster G.S., 1997. Phenology, development and growth of the wheat (Triticum aestivum L.) shoot apex: a review. Advances in Agronomy 59: 63-118.

Miglietta F.,1991a. Simulation of wheat ontogenesis. I. Appearance of main stem leaves in the field. Clim. Res. 1: 145-150.

Miglietta F.,1991b. Simulation of wheat ontogenesis. II. Predicting dates of ear emergence and main stem final leaf number. Clim. Res. 1: 151-160.

Miglietta F., 1991c. Simulation of wheat ontogenesis. III. Effect of variety, nitrogen fertilization and water stress on leaf appearance and final leaf number in the field. Clim. Res. 1: 233-242.

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CAPITOLO 2 La fenologia in agricoltura

G. Puppi, F. Zinoni

2.1 - Stadi di sviluppo delle piante agrarie

Gli stadi di sviluppo sono strettamente influenzati dalla sensibilità delle piante alle condizioni esterne e nel caso delle specie coltivate condizionano le scelte dell’agricoltore.

Le decisioni operative assunte nei vari momenti del ciclo determinano il risultato finale, inteso come aspetto quantitativo e qualitativo del prodotto, e definiscono l’impatto ambientale della tecnica agronomica. Pertanto è evidente l’importanza di conoscere lo stadio di sviluppo della pianta per impostare una corretta pratica agricola.

Una dettagliata conoscenza della fenologia delle piante coltivate, ovvero dei loro stadi di sviluppo, permette di effettuare previsioni sulle ripercussioni di eventi meteorologici più o meno favorevoli e, di conseguenza, di definire le strategie di coltivazione più opportune considerando le reali potenzialità produttive (Gate 1995).

Lo sviluppo della pianta, dal momento della semina o del risveglio vegetativo alla fine del ciclo, avviene secondo regole specifiche, dove gli stadi “codificati” e la velocità con cui evolvono, rappresentano delle firme naturali che caratterizzano il comportamento delle diverse specie.

I processi di sviluppo avvengono in un sistema continuo, dove ogni fase evolve in quella successiva senza soluzione di continuità, come bene si comprende osservando piante erbacee a sviluppo indeterminato o alberi.

Questa asserzione sullo sviluppo delle piante, rigorosa per gli aspetti relativi allo studio e alla ricerca nel campo della fisiologia vegetale, dove ogni momento del ciclo di sviluppo può essere interpretato come un momento appartenente all’insieme sfuocato di un ampio processo all’interno del quale ogni istante è l’evoluzione del momento precedente oppure tende a degenerare nell’istante successivo (Schirone et al., 1989), non si addice ai fini pratici della gestione della pratica agricola.

Per questo motivo sono state introdotte nel corso degli anni una serie di classificazioni che suddividono il ciclo colturale in fasi, più o meno omogenee e più o meno numerose, in relazione all’importanza che la pianta riveste nell’ambito produttivo mondiale. Altro elemento storico importante è costituito dall’affinamento delle tecniche agronomiche nel corso degli anni; lo studio e la produzione di scale fenologiche è stato più attivo per le colture che

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maggiormente hanno beneficiato degli effetti economici ed agronomici legati all’evoluzione della tecnica colturale, con interessamento delle aziende private e degli istituti di ricerca pubblici.

Si è così giunti per la stessa coltura ad una suddivisione del ciclo di sviluppo in un numero di fasi estremamente variabile: ad esempio, nel frumento si va da una suddivisione centesimale (Zadoks, 1974), frutto di una ricerca dettagliata dell’aspetto morfologico dei cereali, scala utilizzata prevalentemente in ambito sperimentale, ad una suddivisione in 21 classi, messa a punto da Baggiolini (1954), per impieghi più operativi che riguardano in modo particolare la difesa fitosanitaria e la concimazione.

Recentemente lo studio dello sviluppo del frumento ha subito un nuovo impulso basato sull’uso di nuove tecniche di osservazione, descrizione e classificazione, messe a punto per la famiglia delle graminacee coltivate, ed in particolare per il gruppo dei cereali.

Sono stati proposti modelli di analisi dello sviluppo della pianta basati sull’osservazione dell’apice meristematico, che costituisce, per una buona parte del ciclo dei cereali, il vero elemento che ne caratterizza lo sviluppo (Kirby e Appleyard, 1981; Kirby, 1988; McMaster, 1997). L’osservazione dell’apice si basa sulla realizzazione di campioni distruttivi (prelievo di piantine) e sull’impiego di tecniche appropriate di sezionamento per la messa a nudo dell’apice vegetativo. Il riconoscimento dei vari componenti del meristema apicale viene effettuato in laboratorio con l’ausilio del microscopio binoculare (Kirby e Appleyard, 1981).

L’osservazione dell’apice meristematico proposta da Kirby, può essere abbinata alla tecnica di rilevazione fenologica tradizionale.

Gate (Gate, 1995) distingue due criteri di osservazione, definendo “agronomici”, quelli tradizionali effettuati in campo senza procedere al campionamento di materiale da sottoporre ad osservazione di laboratorio, e “fenologici” quelli eseguiti sull’apice meristematico. Si intende così, per fenologia della pianta, lo stadio di sviluppo degli organi differenziati sul meristema apicale e non lo stadio determinabile con l’osservazione della morfologia degli organi esterni. Rispetto ai rilievi tradizionali, lo studio della differenziazione dell’apice meristematico meglio si presta a definire la suscettibilità della pianta ad eventi meteorologici avversi ed a valutare l’efficacia degli interventi agronomici.

Al fine di fornire un termine di confronto fra le osservazioni fenologiche tradizionali, eseguite in campo, e la microfenologia, che ha come elemento di osservazione l’apice meristematico, Gate (1995) presenta tabelle comparative delle principali scale fenologiche utilizzate per il grano e l’orzo (scale di Feekes, Baggiolini, Zadoks, Jonard e Kirby).

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Con l’osservazione dell’ontogenesi dell’apice, è possibile distinguere la fase vegetativa del cereale (fase nella quale vengono differenziate le foglie), dalla fase riproduttiva, momento che inizia con la differenziazione della spiga (stadio di double ridge). È inoltre possibile accertare il momento in cui termina la differenziazione della spiga ed inizia la fase di formazione degli organi fiorali, ed altri momenti essenziali dello sviluppo della pianta (Gate, 1995). 2.2. Osservazioni fenologiche

Il ciclo di sviluppo di una pianta si compone di una serie di trasformazioni più o meno visibili all’occhio umano.

A prescindere dal tipo di scala adottata, l’osservazione fenologica classica si basa sull’individuazione di fasi ben precise rilevabili a vista o al tatto, senza operare interventi distruttivi sulla pianta. Questa metodologia prevede l’individuazione di un numero contenuto di piante e l’osservazione del loro sviluppo fino alla fine del ciclo (Barbieri et al, 1987).

La metodologia di rilevazione non si basa solo sulla scelta della scala fenologica di riferimento e sulla sua applicazione, ma deve considerare alcuni elementi importanti per limitare gli errori di rilevazione ed ottenere risultati rappresentativi.

Innanzi tutto è necessario adottare tutti quegli accorgimenti che permettano di omogeneizzare i rilievi effettuati da osservatori diversi e limitare la soggettività dell’osservazione. Allo scopo si utilizzano schede di rilevazione normalmente accompagnate da note metodologiche per l’esecuzione dei rilievi.

Solitamente nelle note delle schede sono definiti i principali criteri da rispettare per la scelta dell’azienda, dell’appezzamento e per la scelta dei siti e delle piante da osservare all’interno dell’appezzamento. Le note sono normalmente integrate con iconografie e immagini fotografiche, che permettono di riconoscere in modo dettagliato lo stadio fenologico della pianta (Barbieri et al, 1987; WMO, 1982).

La necessità di uniformare e standardizzare i metodi e le tecniche di rilevazione fenologica ha suggerito di raccogliere in questo manuale le scale fenologiche maggiormente in uso per le piante coltivate e spontanee di interesse agronomico e di compararle con la scala fenologica BBCH (1997), ispirata alla metodologia proposta da Zadoks (Zadoks, 1974).

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2.3. Variabilità fenologica 2.3.1 - La variabilità fenologica entro l'individuo

La variabilità fenologica si esplica a diversi livelli: tra popolazioni, tra piante e tra singoli organi o parti della stessa pianta. Poiché l'oggetto del rilevamento fenologico generalmente è la singola pianta, è necessario affrontare il problema della variabilità fenologica entro l'individuo.

La scalarità delle manifestazioni fenologiche entro le singole piante può creare dubbi e diversità di interpretazione nei rilevatori, principalmente per quanto riguarda le piante arboree, ove si aggiungono anche difficoltà di osservazione dovute alla grossa taglia. Poiché le variazioni fenologiche entro un individuo non sono casuali, ma dipendono dalla posizione dei vari organi, il rilevatore dovrebbe tenerne conto (Schirone et al. 1988 e 1989): in un albero una valutazione effettuata osservando alcuni rami scelti senza precisi criteri può portare ad errori e a disparità di valutazione tra diversi rilevatori.

Il comportamento fenologico di una pianta arborea può essere visto come quello di una popolazione di fiori o foglie.

A causa della scalarità del manifestarsi degli eventi fenologici nel singolo individuo, è opportuno introdurre il concetto operativo di "unità di osservazione”, che rappresenta ciò che viene osservato dal rilevatore per giungere alla attribuzione della fenofase. L'unità di osservazione può essere la pianta in toto, oppure singoli organi o parti di essa.

Se come unità di osservazione viene scelta la pianta in toto, bisogna adottare chiavi di rilevamento le cui fenofasi permettano di distinguere la variabilità entro l'individuo.

Se si scelgono come unità di osservazione le singole parti di una pianta (gemme, foglie, fiori, frutti) si dovranno effettuare valutazioni quantitative della presenza delle fenofasi mediante percentuali: ad esempio si deve individuare l'inizio di una fenofase (presenza della fenofase in poche unità di osservazione, da 1% a 10%), la fase mediana (in circa metà delle unità di osservazione, cioè tra 40% e 60%) e il completamento del fenomeno (praticamente in tutta la pianta, cioè tra 90% e 100% delle unità di osservazione) (vedi Puppi Branzi in Malossini 1993). 2.3.2 - La variabilità fenologica tra individui

Al fine di assicurare la valutazione della variabilità tra gli individui della stessa specie, è necessario effettuare le osservazioni secondo i metodi e i criteri della fenologia quantitativa; il metodo di rilevamento infatti deve permettere di sottoporre i dati rilevati ad elaborazioni e confronti statistici e consiste nella registrazione delle quantità di individui di una certa specie che si trovano nelle diverse fenofasi.

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Se gli individui di una specie sono molto numerosi e non possono essere osservati tutti, tali quantità possono essere stimate in vario modo: • con valutazioni percentuali, riferite alla copertura o al numero di individui; • con conteggi di un numero prestabilito di individui (utilizzabile nelle

colture); • con conteggi oltre un limite numerico minimo e fino ad un limite numerico

massimo (utilizzabile in prati polifiti o vegetazione spontanea come ad es. in Arrigoni 1977, Arrigoni et al. 1977; Puppi e Speranza, 1983; Puppi, 1989). Questi ultimi due metodi hanno il vantaggio di eliminare la soggettività

dalle valutazioni quantitative. A questo proposito è importante definire, secondo criteri oggettivi, il

numero di individui da osservare per ogni specie in una certa stazione: questa quantità dipende dalla variabilità fenologica della specie e dalla precisione dei dati che si vuol ottenere (Puppi, 1989); in ogni caso è sconsigliabile considerare meno di 5 individui per le piante legnose (almeno 3 piante soltanto nel caso di cloni, vedi Malossini, 1993) e meno di 20 individui per le piante erbacee spontanee (che sono caratterizzate in generale da una certa variabilità genetica): per le piante erbacee coltivate, più omogenee geneticamente, possono essere sufficienti meno di 20 piante. Tuttavia, se non ci sono problemi di reperimento di un numero superiore di esemplari, e’ consigliabile esaminare quantità superiori al minimo sopra indicato: per Graminacee e Leguminose ad esempio si consiglia di osservare da 50 a 100 piante per stazione o parcella (Cenci 1983, 1989). Per quanto riguarda invece le varietà di piante erbacee coltivate, che sono più omogenee geneticamente delle specie spontanee, possono essere sufficienti osservazioni su meno di 20 individui.

Bibliografia AA.VV., 1997. Extended BBCH scale - Compendium of growth stage identification keys for mono and dicotyledonous plants. BBCH publications, 2nd edition 1997, pp 130.

Arrigoni P.V., 1977 - Problemi di ricerca sinfenologica. Informatore Botanico Italiano, vol.9, pp.302-5.

Arrigoni P.V., Lamioni S., Marconcini C., 1977 - Ricerche sinfenologiche in alcuni boschi della Toscana. Webbia, 31, pp.1-33.

Baggiolini M., Keller C., 1954: Les stades repères dans la végétation du blé. Revue Romande d’Agriculture. 10, 17-20

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Barbieri R., Botarelli L., Salsi A., Zinoni F., 1989. Guida alle rilevazioni agrofenologiche ed alla compilazione delle schede di rilevamento per le colture erbacee ed arboree. E.R.S.A., Bologna

Cenci C.A., 1983 – Metodi di rilevamento fenologico in Graminacee foraggere. Quaderni di Bioritmica, n.1, P.M.A., ed.Palombo, Roma

Cenci C.A. 1987 – Tecniche di rilevamento fenologico in Leguminose foraggere. Quaderni di Bioritmica, n.3, P.M.A., ed.Palombo, Roma

Gate P.,1995. Ecophosiologie du ble. Tec e Doc – Lavoisier, ITCF. Pp 429.

Kirby E.J.M., Appleyard M., 1981. Cereal development guide M.. General Editor: A. Baron Cereal Unit.

Malossini A. ed. 1993. Procedure per il rilevamento fenologico nei Giardini Italiani. Gruppo di Lavoro nazionale per i Giardini fenologici. Assessorato Agricoltura, R.E.R.

McMaster GS, 1997. Phenology, development and growth of the wheat (Triticum aestivum L.) shoot apex: a review. Advances in Agronomy 59: 63-118.

Puppi Branzi G., 1989 - Rilevamenti fenologici su piante della flora spontanea. in AA.VV. Metodi di Rilievo e di rappresentazione degli stadi fenologici. IPRA Quaderni metodologici n.12, pp.9-36.

Puppi G., Speranza M., 1983. Considerazioni su un'esperienza di rilevamento sinfenologico in brughiere a mirtillo. Inf. Bot. Ital. 15 (2-3) pp.225-30.

Schirone B., Leone A., Mori A., 1989. I rilevamenti fenologici in bosco. in AA.VV. Metodi di Rilievo e di rappresentazione degli stadi fenologici. IPRA Quaderni metodologici n.12,pp.95-127.

Schirone B., Parlante A., Sandoletti L., Tamantini M., 1988. Prime osservazioni sui ritmi fenologici in una cerreta. Inf. Bot. Ital. 20 pp.704-711.

Zadoks J.C., Chang T.T., Knozak C.F., 1974. A decimal code for growth stage of cereal . Weed Res. 14, 415 – 421.

WMO, 1982: Lecture notes for trining class IV. Agricultural meteorological personnel. N.593

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CAPITOLO 3 Scale di riconoscimento fenologico

E. Bernati, L. Botarelli, G. Nieddu, A. Pasquini, C. Sirca, D. Tomasi.

3.1 - Generalità sulle scale fenologiche

Per poter procedere ad un rilevamento fenologico si deve inizialmente valutare, in funzione dei propri obiettivi, quale scala fenologica di riferimento adottare.

Relativamente a ciascuna specie coltivata esistono una o più scale e, benché sia possibile mettere ciascuna in relazione con le altre, sovente ci si trova nella situazione in cui, stadi fenologici descritti in una, non sono presenti in altre. Ciò accade perché, nel corso del tempo, i diversi autori che hanno approntato una codifica degli stadi fenologici delle piante lo hanno fatto avendo presenti finalità diverse: botaniche, agronomiche, applicative in genere, ciascuna interessata all’identificazione solo di alcuni stadi fenologici delle piante e non di altri.

Nell’ambito del P.F. “Phenagri” ciò ha comportato una rivisitazione delle scale fenologiche esistenti e utili per le osservazioni tanto che, in molti casi, ne sono state create di apposite, indicate con la sigla PFP.

Una scala di efficiente utilizzo, che viene citata nelle descrizioni di tutte le colture di seguito elencate, è la scala BBCH, di cui si parla diffusamente nell’appendice 1. E’ una scala centesimale, strutturata per essere impiegata nella descrizione di qualsiasi pianta monocotiledone o dicotiledone, per la quale può già esistere oppure no una scala fenologica di riferimento.

Ogni scala fenologica è costituita da un insieme di stadi, ognuno dei quali descrive un preciso momento di sviluppo di una pianta o di un suo organo. Un informazione di tipo descrittivo su un determinato stadio fenologico può contenere un aspetto quantitativo. Ad esempio la scala BBCH definisce la “piena fioritura” di una pianta di soia quando il 50% dei fiori sul fusto principale è aperto.

Per descrivere l’andamento dello sviluppo fenologico di un insieme di piante, ovvero una coltura, oltre alle informazioni descrittive è necessario disporre anche di dati quantitativi sul numero di individui che si trovano in quella fase.

L’attribuzione di un determinato stadio fenologico ad un insieme di individui potrà dipendere da: • la prevalenza gerarchica degli stadi, ossia tra eventuali diversi stadi

fenologici concomitanti nell’ambito del campione oggetto dell’osservazione, viene considerato solo quello di ultima comparsa;

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• la prevalenza numerica degli individui (viene indicato lo stadio più recente che interessi oltre il 50% delle unità di osservazione);

• il raggiungimento per l’ultima fenofase di una soglia minima di unità rilevate: ad es. superiore al 25% della popolazione. Quando si voglia rappresentare la gradualità dello sviluppo dei singoli

individui all’interno di una coltura è bene che ad ogni rilevamento siano riportate tutte le fenofasi presenti in campo, accompagnate dalla percentuale di individui che le presentano (classe di appartenenza).

In questo caso la percentuale può essere stimata soggettivamente, facendo riferimento a valori percentuali o classi numeriche di appartenenza, oppure calcolata esattamente, come nel metodo del “limite numerico massimo” suggerito anche dalla World Meteorological Organization (WMO).

Con questo metodo viene specificato analiticamente il numero di piante che si trovano nelle diverse fenofasi, permettendo di eliminare la soggettività nella rilevazione quantitativa, e limitandola alla sola attribuzione dello stadio fenologico del singolo individuo. 3.2 – Principali scale fenologiche

Vengono di seguito riportate le principali scale fenologiche riguardanti tutte le colture erbacee ed arboree di cui si è interessato il P.F. “Phenagri”. Sono inoltre considerate le scale fenologiche di altre colture arboree. Le tabelle comprendono sempre la scala PFP, adottata durante le rilevazioni previste dal P.F. “Phenagri”, e la scala BBCH, di cui si è già detto in precedenza. Qualora esistenti o universalmente riconosciute, sono di volta in volta considerate altre scale fenologiche di comparazione, indicate con il nome degli autori o delle organizzazioni che per primi le hanno proposte ed adottate.

Nelle tabelle di comparazione, per la scala SMR, utilizzata dal Servizio Meteorologico della regione Emilia Romagna, le fasi fenologiche non sono codificate, ma se presenti sono indicate con una “x”.

L’originalità delle scale non ha sempre permesso una comparazione piena e completa tra i codici attribuiti alle singole fasi.

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Colture Erbacee 3.2.1 - Barbabietola (Beta vulgaris L.)

Scale Fasi fenologiche PFP BBCH Heathcote

preemergenza 0 00-08 0 emergenza 1 09 1 2 foglie 2 12 2 4 foglie 3 14 3 6 foglie 4 16 ⎯ 8 foglie 5 18 4 10 foglie 6 19 ⎯ 12 foglie 7 19 ⎯ 14 foglie 8 19 ⎯ 16 foglie 9 19 5 oltre 16 foglie 10 19 ⎯ copertura % del terreno ⎯ 31-39 ⎯

Dimens. idonea alla raccolta ⎯ 49 6

Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: si ha quando fuoriescono dal terreno le due foglie cotiledoni. Due foglie: le foglie che hanno il lembo completamente dispiegato ed orientamento opposto ai cotiledoni. Quattro-sedici foglie ed oltre: ogni fase fenologica successiva alla precedente che si concretizza con la presenza di due nuove foglie con il lembo completamente dispiegato, in posizione diametralmente opposta alle foglie precedenti. Copertura % del terreno: le rosette fogliari coprono progressivamente il terreno. Dimensione idonea alla raccolta: il fittone ha raggiunto le dimensioni commerciali tipiche della varietà.

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3.2.2 - Cereali autunno vernini (Triticum aestivum L., Triticum durum L., Hordeum vulgare L.)

Scale Fasi

fenologiche PFP BBCH Keller-Baggiolini

FeekesLarge Zadoks Haun Roming

preemergenza 0 00-08 ⎯ 0 00 0.0 ⎯ emergenza 1 09 A 1 10 ⎯ ⎯ foglie n. 1-3 2.1-2.3 11-13 B-D ⎯ 11-13 1.0 – 2.+ ⎯ foglie n. 4-9 e oltre 2.4-2.n 14-19 ⎯ ⎯ 14-19 3.+ - 7.+ ⎯

accestimento ⎯ 21-29 E-G 2-4 21-29 ⎯ 2 inizio levata 3 30 H 5 30 ⎯ 3-5 1° nodo ⎯ 31 I 6 31 ⎯ 6 2° nodo 4 32 J 7 32 ⎯ 7 comparsa ultima foglia ⎯ 37 K 8 37 ⎯ 8

ultima foglia ⎯ 39 L 9 39 ⎯ 10 inizio botticella ⎯ 41 M 10 41 8-9 ⎯ fine botticella 6 49 M 10.1 49 10.1 ⎯ inizio spigatura ⎯ 51 N 10.1 51 10.2 14 fine spigatura 7 59 O 10.5 59 11.0 15 inizio fioritura 8 61 P 10.5.1 61 11.4 16 fine fioritura 9 69 Q 10.5.4 69 11.6 ⎯ inizio ingross. cariosside ⎯ ⎯ R ⎯ 71 12.1 18 maturazione lattea 10 73-77 S 11.1 73-77 13.0 19 - 25

maturazione cerosa 11 83-87 T-U 11.2 83-87 14.0 –

15.0 26 -27

maturazione piena 12 89 V 11.3 91 ⎯⎯ 28 - 29

morte pianta ⎯ 92 W 11.4 92 16.0 30

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Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: la prima fogliolina fuoriesce dal terreno; è eretta ed è ancora chiusa. Foglia n.1-3 e 4-9 ed oltre: le foglie che hanno la lamina distesa, al centro della quale compare la parte apicale della foglia successiva. Nella tabella comparativa la distinzione nei due gruppi “foglie 1-3” e foglie “4 – 9 ed oltre” è stata introdotta per una migliore corrispondenza fra scale fenologiche riportate. Accestimento: inizia lo sviluppo dei culmi secondari a partire dalla prima foglia del culmo principale. Inizio levata: la pianta, ultimata la fase di accestimento e completata nel contempo la differenziazione dell'embrione della spiga, inizia l'allungamento degli internodi e lo sviluppo in altezza. La distanza tra la spighetta ed il piano basale all’interno del culmo è pari ad 1 cm. 1°nodo: il primo nodo diventa distinguibile al tatto, l'internodo sottostante ha una lunghezza maggiore di due cm. 2° nodo: il secondo nodo diventa distinguibile al tatto, l'internodo sottostante ha una lunghezza maggiore di due cm. Comparsa ultima foglia: la foglia a bandiera è appena visibile ad ancora avvolta al culmo. Ultima foglia: la foglia a bandiera è completamente dispiegata ed è appena visibile la ligula. Inizio botticella: la lamina della foglia a bandiera si estende verso l’alto. Fine botticella: la guaina della foglia a bandiera si apre e lascia intravedere la spiga; nelle varietà aristate emerge la punta delle reste dalla ligula dell’ultima foglia. Inizio spigatura: inizia la fuoriuscita della spiga al di sopra della ligula dell’ultima foglia, si intravedono solo le prime spighette. Fine spigatura: si ha la completa fuoriuscita della spiga al di sopra della ligula dell’ultima foglia. Inizio fioritura: si identifica con la fuoriuscita delle prime antere dalle spighette a partire dalla parte mediana della spiga. Fine fioritura: l’antesi è completa e tutte le antere sono fuoriuscite. Le foglie inferiori e così pure la parte basale del culmo cominciano a virare di colore.

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Inizio ingrossamento cariosside: le cariossidi cominciano ad ingrossarsi. Maturazione lattea: una cariosside prelevata dalla porzione centrale della spiga può essere facilmente schiacciata comprimendola tra due dita e, alla rottura dell'epidermide, lascia fuoriuscire un liquido biancastro. Maturazione cerosa: le cariossidi hanno virato di colore; una cariosside prelevata dalla porzione centrale della spiga ha una consistenza leggermente pastosa, tale da poter essere ancora incisa con un'unghia. Maturazione piena: una cariosside presa in qualsiasi punto della spiga è difficile da incidere con l’unghia. Con questa fase inizia il periodo utile per la raccolta del prodotto. Morte della pianta: una cariosside presa in qualsiasi punto della spiga presenta una consistenza coriacea schiacciandola con i denti. Il culmo ed il rachide della spiga sono fragili. La pianta è completamente ingiallita.

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3.2.3 - Girasole (Helianthus annuus L.)

Scale Fasi fenologiche PFP BBCH preemergenza 0 00-08 emergenza 1 09 foglie n. 2-9 e oltre 2 12-19 allungamento del culmo ⎯ 30-39 comparsa calatide 3 51 apertura calatide 4 59 inizio fioritura 5 61 piena fioritura 6 65 maturazione cerosa 7 71-79 maturazione fisiologica 8 87 maturazione piena 9 89

Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: i cotiledoni fuoriescono dal terreno. Foglie n.2-9 ed oltre: le foglie che hanno il lembo fogliare di almeno 4 centimetri. Dopo la comparsa dei cotiledoni (emergenza) si ha la comparsa di un numero via via crescente di foglie vere, dapprima opposte una all'altra e successivamente disposte a spirale. Allungamento del culmo: gli internodi del culmo si allungano progressivamente. Comparsa calatide: l'infiorescenza, circondata dalle giovani brattee, diventa visibile se guardata dall'alto; le giovani brattee appaiono come una stella a molte punte. Apertura calatide: l'infiorescenza comincia ad aprirsi. Se vista dall'alto si notano i piccoli fiori ligulati disposti radialmente. Inizio fioritura: l'antesi inizia dai fiori ligulati più esterni e continua verso il centro. I fiori ligulati sono completamente aperti e i fiori tubulosi sono visibili in almeno un terzo della calatide. Piena fioritura: il 50% dei fiori della calatide ha completato l'antesi e contemporaneamente inizia il riempimento dei semi (acheni) più esterni. Maturazione cerosa: le calatidi si inclinano verso il basso e le brattee imbruniscono. Partendo dall’esterno della calatide gli acheni diventano grigi e raggiungono la dimensione finale. La senescenza delle foglie basali è avanzata.

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Maturazione fisiologica: il retro della calatide è imbrunito. I semi sono duri ed hanno raggiunto il 75-80% di materia secca. Maturazione piena: i semi sono duri ed hanno raggiunto l’85% di materia secca.

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3.2.4 - Mais (Zea mays L.)

Scale Fasi fenologiche PFP BBCH Hanway preemergenza 0 00-08 0 emergenza 1 09 1 foglie n. 1-9 ed oltre 2.1-2.n 11-19 2-6 comparsa pennacchio 3 51 7 emissione polline 4 63 8 comparsa sete 5 63 8 senescenza sete 6 67-69 ⎯ ingrossamento cariossidi 7 71 9.1 maturazione lattea 8 73-75 ⎯ maturazione cerosa 9 83-85 9.2 maturazione fisiologica 10 87 9.4 stadio di raccolta 11 89 9.5

Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: la prima fogliolina fuoriesce dal terreno, è eretta ma ancora chiusa. Foglie n 1-9 ed oltre: le foglie che hanno la lamina completamente distesa ed il collare visibile. Comparsa del pennacchio: l'ultima foglia si è ormai aperta e lascia intravedere il pennacchio, ovvero i fiori maschili. Emissione polline: inizia l’emissione del polline che può essere facilmente rilevata scuotendo la pianta. Comparsa sete: dalle brattee che racchiudono la spiga fuoriescono le sete, ovvero gli stili e gli stigmi dei fiori femminili. Senescenza sete: la parte apicale delle sete si presenta imbrunita e di consistenza pagliosa. Ingrossamento cariossidi: inizia subito dopo la fecondazione, in questa fase si osserva il rapido ingrossamento della spiga; le cariossidi al loro interno si presentano bianche. Maturazione lattea: la spiga e le cariossidi (granella) hanno raggiunto la massima dimensione. Alla rottura delle cariossidi, che può essere effettuata con la semplice pressione delle dita, fuoriesce un liquido lattiginoso.

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Maturazione cerosa: si considera raggiunta quando le cariossidi presentano una umidità residua compresa fra il 40% e il 50% del peso totale. Sulle cariossidi compare la cosiddetta "dentatura", cioè la caratteristica concavità della corona. In questa fase la granella può essere facilmente schiacciata con i denti e presenta una consistenza pastosa. Maturazione fisiologica: le cariossidi, se staccate dal tutolo, mettono in evidenza il caratteristico punto nero. L’umidità residua della granella è compresa tra il 30 e il 35% del peso totale. Stadio di raccolta: la granella presenta valori di umidità inferiori al 30%.

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3.2.5 - Patata (Solanum tuberosum L.) Scale

Fasi fenologiche PFP BBCH (codice con 2 o 3 cifre)

preemergenza 1 00-08 emergenza 2 09 foglie n. 1-9 e oltre 3 11-19 (oppure 101-119) foglie su fusti secondari n. ⎯ 1n1 – 1n9

% allungamento del fusto principale ⎯ 31-39

formazione dei tuberi- % dimensione finale ⎯ 40-48

bottoni fiorali 4 51 fioritura 5 65 fioritura sui fusti secondari n. ⎯ 6n5

sviluppo dei frutti ⎯ 700-7n9 ingiallimento foglie basali 6 91 maturazione tuberi 7 49

Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: la giovane piantina originata dal tubero fuoriesce dal terreno. Foglie n.1-9 ed oltre: le foglie composte del fusto principale che hanno il lembo completamente dispiegato. Foglie su fusti secondari n.: le foglie composte dei fusti secondari che hanno il lembo completamente dispiegato. % allungamento del fusto principale: il fusto principale si allunga raggiungendo progressivamente le dimensioni finali di crescita. Formazione dei tuberi - dimensione %: i tuberi si ingrossano progressivamente fino a raggiungere la dimensione ponderale finale. Bottoni fiorali: il primo corimbo di bottoni fiorali appare all'apice del fusto principale. Fioritura: si schiude almeno il 50% dei bottoni fiorali della prima infiorescenza sul fusto principale.

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Fioritura su fusti secondari n.: si schiude almeno il 50% dei bottoni fiorali della seconda infiorescenza (fusto di secondo ordine). Sviluppo dei frutti: comparsa dei frutti e raggiungimento progressivo della dimensione massima. Ingiallimento delle foglie basali: le foglie alla base del fusto diventano di colore giallo grigio ed inizia l'appassimento; la pianta cessa la crescita. Maturazione dei tuberi: graduale ingiallimento delle foglie e dei fusti; ingiallimento delle bacche. La buccia dei tuberi non si stacca più dalla polpa.

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3.2.6 - Pomodoro (Lycopersicon esculentum Mill.)

Scale Fasi fenologiche PFP BBCH

(codice con 2 o 3 cifre) preemergenza 0 00-07 emergenza 1 09 foglie n. 1-9 e oltre 2 11-19 (oppure 101-119) inizio fioritura palco n° (1 – n) 3 61 inizio allegagione palco n° (1 – n) 4 70 (modificato) inizio invaiatura palco n° (1 – n) 5 71 inizio maturazione palco n° (1 – n) 6 81 (10% dei frutti) maturazione completa 7 88

Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: i cotiledoni fuoriescono dal terreno e sono ancora uniti all’apice del tegumento seminale. Foglie n.1-9 ed oltre: le foglie composte sul fusto principale che presentano la lamina completamente dispiegata. Inizio fioritura palco n° 1-n: il primo fiore che si apre sui palchi progressivamente formatisi sull’asse principale della pianta. Inizio allegagione palco n° 1-n: iniziano a cadere i petali dei fiori presenti sui palchi progressivamente formatisi sull’asse principale della pianta. Inizio invaiatura palco n° 1-n: compare la colorazione rossa su una bacca dei palchi progressivamente formatisi sull’asse principale della pianta. Inizio maturazione palco n° 1-n: il 10% delle bacche presenti sui palchi progressivamente formatisi sull’asse principale della pianta assume la completa colorazione rossa. Maturazione completa: almeno l’80% delle bacche presenti sui palchi progressivamente formatisi sull’asse principale ha raggiunto la colorazione rossa di maturazione.

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3.2.7 - Soia (Glycine max (L.) Merr.)

Scale

Fasi fenologiche PFP BBCH

(codice con 2 o 3 cifre)

Fehr Caviness Hanway

preemergenza 0 00-07 0

emergenza 1 09 1 foglie unifogliate 2 11 2

foglie trifogliate n. 1-n 3.1-3.n

12-19 (oppure 102-

119)

3 (2a foglia. -3° nodo)

4 (4a foglia. -5° nodo)

5 (5a foglia. - 6° nodo)

formazione fusti secondari ⎯ 21-29 (oppure

201-2n9) ⎯

inizio fioritura 4 60 R1 6 piena fioritura 5 65 R2 7 inizio formazione baccelli 6 69 R3 8

piena formazione baccelli 7 70 R4 9

inizio ingrossamento semi

8 71 R5 ⎯

completo ingrossamento semi

9 79 R6 ⎯

inizio maturazione 10 80 R7 10 piena maturazione 11 89 R8 11

Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: i cotiledoni fuoriescono dal terreno in posizione eretta e ancora ravvicinati. Foglie unifogliate: le due foglie unifogliate sono originate dal primo nodo e si presentano completamente sviluppate.

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Foglie trifogliate n. 1-n: le foglie trifogliate che hanno la lamina completamente dispiegata. Formazione dei fusti secondari: inizia la formazione dei fusti secondari dai nodi del culmo principale. Il processo continua sui nodi dei fusti secondari. Inizio fioritura: coincide con la presenza di un fiore aperto su un nodo del fusto principale. Piena fioritura: coincide con la presenza di un fiore su uno dei nodi più alti del fusto principale e con lo sviluppo completo della foglia corrispondente. Inizio formazione baccelli: coincide con la presenza di un baccello lungo 5 mm su uno dei quattro nodi più alti del fusto principale. Piena formazione baccelli: si ha con la presenza di un baccello della lunghezza di due centimetri su uno dei quattro nodi più alti del fusto principale e con lo sviluppo completo della foglia corrispondente. Inizio ingrossamento semi: un seme contenuto in un baccello su uno dei quattro nodi più alti del fusto principale presenta un diametro di circa 3 mm. Completo ingrossamento semi: i semi di colore verde riempiono completamente la cavità di un baccello presente su uno dei quattro nodi più alti del fusto principale. Inizio maturazione: si ha quando un baccello normale sul fusto principale assume il tipico colore di maturazione. Maturazione piena: si ha quando il 95% dei baccelli ha raggiunto il tipico colore di maturazione.

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3.2.8 - Sorgo (Sorghum vulgare Pers.)

Scale Fasi fenologiche PFP BBCH preemergenza 0 00-07 emergenza 1 09 foglie n.1-9 ed oltre 2 11-19 botticella 3 43-45 comparsa panicolo 4 51 fioritura 5 61 ingrossamento cariosside ⎯ 71-75 maturazione lattea 6 73-77 maturazione cerosa 7 85 maturazione fisiologica 8 87 stadio di raccolta 9 89

Descrizione delle fasi fenologiche Preemergenza: dalla semina alla emergenza. Emergenza: la prima fogliolina fuoriesce dal terreno, è eretta ma non ancora distesa. Foglie n. 1-9 ed oltre: le foglie del culmo principale che hanno la lamina fogliare distesa ed il collare della foglia visibile. Botticella: la guaina dell'ultima foglia è rigonfia per la presenza del panicolo già formato. Comparsa del panicolo: l'ultima foglia si è ormai aperta e lascia intravedere il panicolo. Fioritura: il panicolo è completamente visibile e nella parte distale inizia la fioritura. Ingrossamento cariosside: le cariossidi (granella) si sviluppano fino al raggiungimento della dimensione massima. Maturazione lattea: la pannocchia ha raggiunto la dimensione massima come pure la granella; le cariossidi della parte distale della pannocchia, possono essere rotte con la semplice pressione delle dita e da esse fuoriesce un liquido lattiginoso.

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Maturazione cerosa: si considera raggiunta quando la granella presenta una umidità residua compresa fra il 40% e il 50% del peso totale. In questa fase le cariossidi possono essere facilmente schiacciate con i denti e presentano una consistenza pastosa. Maturazione fisiologica: le cariossidi offrono una elevata resistenza allo schiacciamento; l'umidità residua della granella è compresa fra il 30% e il 35% del peso totale. Stadio di raccolta: la granella presenta valori di umidità inferiori al 30%.

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Colture Arboree 3.2.9 - Melo ( Malus domestica Borkh.) - Pero (Pyrus communis L.)

Scale Fasi fenologiche Fleckinger BBCH OEPP

(FRG) SMR

gemme in riposo invernale A 00 00 x rigonfiamento gemme B 01 21 x apertura delle gemme (punte verdi) C 07 23 x

orecchiette di topo C3 10 26 x comparsa dei mazzetti fiorali D 53 53 x

bottoni verdi D3 56 55 = bottoni rosa E 57 56 x mazzetti divaricati E2 59 57 x inizio fioritura (apertura del fiore centrale) F 60 61 x

piena fioritura F2 65 65 x inizio caduta petali G 65 66 x fine caduta petali H 69 69 x allegagione I 72 74 x frutto noce ⎯ 74 76 x ingrossamento dei frutti J 74-79 75-78 x frutti completamente sviluppati ⎯ ⎯ ⎯ x

Maturazione di raccolta ⎯ 87 85 x inizio caduta foglie ⎯ 93 91 x

Descrizione delle fasi fenologiche Gemme in riposo invernale: gemme chiuse e ricoperte di scaglie marrone scuro; Rigonfiamento gemme: le gemme si rigonfiano, le scaglie si rigonfiano e mostrano una punteggiatura chiara; sono visibili le scaglie interne, pallide e parzialmente pelose; Apertura delle gemme (punte verdi): le gemme si aprono e si intravedono le punte delle foglioline;

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Orecchiette di topo: le punte delle foglie sono nettamente divaricate, anche se le foglie non sono ancora emerse; le punte delle foglie superano di circa 10 mm le scaglie delle gemme; Comparsa dei mazzetti fiorali: le gemme sono aperte e tra le foglie si intravedono i bottoni fiorali ancora chiusi; Bottoni verdi: i singoli fiori ancora chiusi si separano; Bottoni rosa: i peduncoli dei bottoni fiorali si allungano, i sepali si separano e lasciano intravedere i petali; Mazzetti divaricati: i peduncoli sono allungati ed i bottoni fiorali si separano; Inizio fioritura (apertura del fiore centrale) : il fiore centrale dei corimbi si apre; Piena fioritura: tutti i fiori del corimbo sono completamente aperti; Inizio caduta petali: i petali iniziano a cadere naturalmente; Fine caduta petali: cadono gli ultimi petali; a partire dal fiore centrale i ricettacoli si ingrossano e sono di dimensioni ancora inferiori ai 5 mm; Allegagione: i frutticini si ingrossano sino a raggiungere la dimensione di 10-15 mm; Frutto noce: la dimensione dei frutti è di circa 20-30 mm; Ingrossamento dei frutti: i frutti continuano ad ingrossarsi; Frutti completamente sviluppati: i frutti raggiungono le dimensioni massime tipiche della cultivar; Maturazione di raccolta: i frutti hanno raggiunto il colore caratteristico della maturazione di raccolta; Inizio caduta foglie: le foglie cominciano a cadere.

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3.2.10 - Albicocco (Prunus armeniaca L.)

Scala Fasi fenologiche Baggiolini BBCH 0EPP SMR gemme in riposo invernale A 00 A x

rigonfiamento delle gemme B 01 B x

comparsa dei sepali (bottone rosso) C 55 C x

comparsa dei petali D 57 D x comparsa degli stami (inizio fioritura) E 60 E x

piena fioritura F 65 F x inizio caduta dei petali G 65 G x fine caduta petali G 69 G x allegagione H 71 H x scamiciatura ⎯ ⎯ ⎯ x indurimento del nocciolo ⎯ ⎯ ⎯ x

accrescimento dei frutti I 75-79 I x frutti completamente sviluppati ⎯ ⎯ ⎯ x

maturazione di raccolta ⎯ 87 ⎯ x inizio caduta foglie ⎯ 93 ⎯ x

Descrizione delle fasi fenologiche Gemme in riposo invernale: le gemme brune e coniche sono completamente chiuse; Rigonfiamento delle gemme: le gemme si gonfiano e cominciano ad arrotondarsi; Comparsa dei sepali (bottone rosso): le gemme rigonfie si allungano, le perule si aprono lasciando intravedere i sepali di colore rosso cupo; Comparsa dei petali: i sepali si aprono e lasciano vedere i petali di colore bianco ancora chiusi alla sommità delle gemme; Comparsa degli stami (inizio fioritura): i petali iniziano ad aprirsi lasciando intravedere gli stami; Piena fioritura: almeno il 50% dei fiori sono completamente aperti;

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Inizio caduta dei petali: i primi petali cominciano a cadere e gli stami si piegano; Fine caduta petali: cadono gli ultimi petali, gli stami sono piegati, la base del calice comincia ad essiccarsi; Allegagione: gli ovari si ingrossano ed i frutticini formati spingono verso l’alto il collaretto disseccato del calice; Scamiciatura: il collaretto essiccato del calice si distacca dal frutticino e cade; Indurimento del nocciolo: il nocciolo del giovane frutto offre resistenza meccanica al taglio; Accrescimento dei frutti: i frutti cominciano ad ingrossarsi; Frutti completamente sviluppati: i frutti hanno raggiunto la dimensione tipica della cultivar; Maturazione di raccolta: i frutti hanno assunto il colore caratteristico della cultivar e raggiunto la maturazione di raccolta; Inizio caduta foglie: le foglie cominciano a cadere.

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3.2.11 - Ciliegio (Prunus avium L.)

Scale Fasi fenologiche Baggiolini BBCH OEPP SMR gemme in riposo invernale A 00 A x rigonfiamento delle gemme B 01 B x boccioli visibili C 55 C x bottoni fiorali visibili (bottoni bianchi ) D 57 D x

inizio fioritura (stami visibili) E 60 E x piena fioritura F 65 F x inizio caduta petali G 65 G x fine caduta petali G 69 G x allegagione H 71 H x caduta calice (scamiciatura) I 72 I x accrescimento dei frutti J 75-79 J x frutti completamente sviluppati ⎯ ⎯ ⎯ x

maturazione di raccolta ⎯ 87 ⎯ x inizio caduta foglie ⎯ 93 ⎯ x

Descrizione delle fasi fenologiche Gemme in riposo invernale: le gemme brune ed aguzze sono completamente chiuse; Rigonfiamento delle gemme: le gemme si gonfiano e cominciano ad arrotondarsi; Boccioli visibili: le gemme rigonfie si allungano, le perule si aprono lasciando intravedere i sepali di colore verde; Bottoni fiorali visibili (bottoni bianchi): i sepali si aprono e lasciano vedere i petali di colore bianco ancora chiusi; i bocci fiorali iniziano a separarsi; Inizio fioritura (stami visibili) : i boccioli fiorali sono separati ed i petali iniziano ad aprirsi lasciando intravedere gli stami; Piena fioritura: almeno il 50% dei fiori sono completamente aperti; Inizio caduta dei petali: i primi petali cominciano a cadere e gli stami cominciano a piegarsi; Fine caduta petali: cadono gli ultimi petali, gli stami sono piegati, la base del calice comincia ad essiccarsi;

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Allegagione: gli ovari si ingrossano ed i frutticini formati spingono verso l’alto il collaretto disseccato del calice; Scamiciatura: il collaretto essiccato del calice si distacca dal frutticino e cade; Accrescimento dei frutti: i frutti si ingrossano rapidamente; Frutti completamente sviluppati: i frutti hanno raggiunto la dimensione tipica della cultivar; Maturazione di raccolta: i frutti hanno assunto il colore caratteristico della cultivar e raggiunto la maturazione di raccolta; Inizio caduta foglie: le foglie cominciano a cadere.

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3.2.12 - Pesco (Prunus persica Batsch.)

Scale Fasi fenologiche Baggiolini BBCH OEPP SMR gemme in riposo invernale A 00 A x

rigonfiamento delle gemme B 01 B x

calici visibili C 55 C x bottoni rosa D 57 D x inizio fioritura E 60 E x piena fioritura F 65 F x inizio caduta dei petali G 65 G x fine caduta petali G 69 G x allegagione H 71 H x scamiciatura ⎯ ⎯ ⎯ x indurimento del nocciolo ⎯ ⎯ ⎯ x accrescimento dei frutti I 75-79 I x frutti completamente sviluppati ⎯ = ⎯ x

maturazione di raccolta ⎯ 87 ⎯ x inizio caduta foglie ⎯ 93 ⎯ x

Descrizione delle fasi fenologiche Gemme in riposo invernale: le gemme sono completamente chiuse, ricoperte di perule marroni; Rigonfiamento delle gemme: le gemme si gonfiano e cominciano ad arrotondarsi; Calici visibili: le gemme rigonfie si allungano, le perule si aprono lasciando intravedere i sepali di colore verde chiaro; Bottoni rosa: i sepali si aprono e lasciano vedere i petali di colore rosa ancora chiusi alla sommità delle gemme; Inizio fioritura: i petali iniziano ad aprirsi lasciando intravedere gli stami; Piena fioritura: almeno il 50% dei fiori sono completamente aperti; Inizio caduta dei petali: i primi petali cominciano a cadere e gli stami cominciano ad arrotolarsi;

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Fine caduta petali: cadono gli ultimi petali, gli stami sono arrotolati, la base del calice comincia ad essiccarsi; Allegagione: gli ovari si ingrossano ed i frutticini formati spingono verso l’alto il collaretto disseccato del calice; Scamiciatura: il collaretto essiccato del calice si distacca dal frutticino e cade; Indurimento del nocciolo: il nocciolo del giovane frutto offre resistenza meccanica al taglio; Accrescimento dei frutti: i frutti cominciano ad ingrossarsi; Frutti completamente sviluppati: i frutti hanno raggiunto la dimensione tipica della cultivar; Maturazione di raccolta: i frutti hanno assunto il colore caratteristico della cultivar e raggiunto la maturazione di raccolta; Inizio caduta foglie: le foglie cominciano a cadere.

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3.2.13 - Susino (Prunus domestica L. ssp. domestica)

Scale Fasi fenologiche Baggiolini BBCH OEPP SMR gemme in riposo invernale A 00 A x rigonfiamento delle gemme B 01 B x

boccioli visibili C 55 C x bottoni bianchi D 57 D x inizio fioritura (stami visibili) E 60 E x

piena fioritura F 65 F x inizio caduta petali G 65 G x fine caduta petali G 69 G x allegagione H 71 H x scamiciatura I 72 I x indurimento del nocciolo ⎯ ⎯ ⎯ x accrescimento dei frutti J 75-79 J x frutti completamente sviluppati ⎯ ⎯ ⎯ x

maturazione di raccolta ⎯ 87 ⎯ x inizio caduta foglie ⎯ 93 ⎯ x

Descrizione delle fasi fenologiche Gemme in riposo invernale: le gemme brune sono completamente chiuse; Rigonfiamento delle gemme: le gemme si gonfiano e cominciano ad arrotondarsi; Boccioli visibili: le gemme rigonfie si allungano, le perule si aprono lasciando intravedere i sepali di colore verde chiaro; Bottoni bianchi: i sepali si aprono e lasciano vedere i petali di colore bianco ancora chiusi alla sommità delle gemme; Inizio fioritura (stami visibili) : i petali iniziano ad aprirsi lasciando intravedere gli stami; Piena fioritura: almeno il 50% dei fiori sono completamente aperti; Inizio caduta dei petali: i primi petali cominciano a cadere e gli stami cominciano a piegarsi;

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Fine caduta petali: cadono gli ultimi petali, gli stami sono piegati, la base del calice comincia ad essiccarsi; Allegagione: gli ovari si ingrossano ed i frutticini formati spingono verso l’alto il collaretto disseccato del calice; Scamiciatura: il collaretto essiccato del calice si distacca dal frutticino e cade; Indurimento del nocciolo: il nocciolo del giovane frutto offre resistenza meccanica al taglio; Accrescimento dei frutti: i frutti cominciano ad ingrossarsi; Frutti completamente sviluppati: i frutti hanno raggiunto la dimensione tipica della cultivar; Maturazione di raccolta: i frutti hanno assunto il colore caratteristico della cultivar e raggiunto la maturazione di raccolta; Inizio caduta foglie: le foglie cominciano a cadere.

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3.2.14 - Olivo (Olea europaea L.)

Scale Fasi fenologiche PFP BBCH Azzi WMO SMR Parlati

riposo vegetativo 1 (A) 00 x ⎯ x A

ripresa vegetativa 2 (B1 e B2) 01 x ⎯ x B

comparsa nuove foglie ⎯ 10 - 19 ⎯ a-b ⎯ ⎯

formazione dei grappoli fiorali ⎯ 51 ⎯ c ⎯ C

mignolatura 3 (C) 53 - 56 ⎯ ⎯ x D differenziazione delle corolle ⎯ 57 - 59 ⎯ ⎯ ⎯ E

inizio fioritura ⎯ 60 x d x F piena fioritura 4 (D) 65 ⎯ ⎯ ⎯ F1 caduta petali ⎯ 67 – 69 ⎯ ⎯ ⎯ G allegagione 5 (E) 71 x ⎯ x H accrescimento dei frutti ⎯ 72 ⎯ ⎯ x I-I1

inizio indurimento nocciolo

⎯ 75 ⎯ ⎯ x ⎯

completo indurimento nocciolo

6 (F) 77 - 79 ⎯ ⎯ x ⎯

invaiatura 7 (G) 81 x ⎯ x L maturazione di raccolta ⎯ 87 x e x M

cascola naturale 8 (H) 89 ⎯ ⎯ ⎯ ⎯

Descrizione delle fasi fenologiche Riposo vegetativo: la pianta ha cessato l’attività di accrescimento dei germogli e si mantiene in riposo fino alla ripresa vegetativa. Ripresa vegetativa: le gemme apicali (B1) e le gemme laterali (B2) si ingrossano.

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Comparsa nuove foglie: il rivestimento delle gemme si apre e compaiono le nuove foglie (a). Le nuove foglie fuoriescono e raggiungono due centimetri di lunghezza (b). Formazione dei grappoli fiorali: all’ascella delle foglie compaiono gli abbozzi fiorali. Mignolatura: dalle gemme a frutto compaiono le infiorescenze a grappolo; i bocci fiorali si rigonfiano ed iniziano a distanziarsi. Differenziazione delle corolle: le corolle prima di aprirsi virano di colore dal verde al bianco. Inizio fioritura: il primo bottone fiorale si apre e si distinguono gli organi riproduttivi. Piena fioritura: almeno il 50% dei fiori è aperto. Caduta petali: dopo l’imbrunimento, i primi petali cominciano a cadere. Allegagione: i petali sono completamente caduti e si distinguono gli ovari ingrossati sulla parte calicina. Accrescimento dei frutti: le giovani drupe cominciano ad ingrossarsi. Inizio indurimento nocciolo: il nocciolo comincia ad offrire resistenza al taglio. Completo indurimento nocciolo: la drupa non è più sezionabile con un taglierino. Invaiatura: le drupe iniziano a virare dal colore verde al viola cupo. Maturazione di raccolta: le drupe hanno raggiunto la maturazione idonea alla raccolta. Cascola naturale: una parte delle drupe tende naturalmente a cadere al suolo.

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3.2.15 - Vite (Vitis vinifera L.)

Scale Fasi fenologiche PFP

(Baggiolini) BBCH Eichhorn e Lorenz SMR

gemme in riposo invernale A 00 01 x

rigonfiamento gemme ⎯ 01 02 x

gemme cotonose B 05 03 x punte verdi C 07 05 x apertura gemme D 08 07 x foglie distese E 11-19 09 x germogli lunghi 10 cm ⎯ ⎯ ⎯ x

grappoli visibili F 53 12 x grappoli separati G 55 15 x bottoni fiorali separati H 57 17 x

fioritura I 61-69 19-25 x allegagione J 71 27 x mignolatura ⎯ 73 29 x sviluppo grappolo ⎯ 75 31 x chiusura grappolo ⎯ 77 33 x invaiatura ⎯ 81 35 x maturazione ⎯ 89 38 x inizio caduta foglie ⎯ 93 43 x

Descrizione delle fasi fenologiche Gemme in riposo invernale: le gemme chiuse sono appuntite o rotondeggianti a seconda della varietà; Rigonfiamento gemme: le gemme si rigonfiano e le perule sono ancora chiuse; Gemme cotonose: le gemme sono rivestite da vistosa lanugine; Punte verdi: le perule si aprono mostrando la punta del futuro germoglio; Apertura gemme: compaiono le prime foglie riunite in rosette; Foglie distese: le prime foglie sono completamente aperte; Germogli lunghi 10 cm: i germogli raggiungono la lunghezza di 10 cm;

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Grappoli visibili: i grappoli rudimentali appaiono alla sommità del germoglio, 4-6 foglie distese; Grappoli separati: i grappoli si allontanano e si spaziano sul germoglio; Bottoni fiorali separati: i bottoni fiorali dell’infiorescenza a grappolo sono nettamente isolati; Fioritura: le corolle a forma di cappuccio (caliptre) si distaccano dal ricettacolo e sono spinte verso l’alto dagli stami; Allegagione: ingrossamento dell’ovario, completa caduta dei residui fiorali; Mignolatura: acini delle dimensioni di un granello di pepe; Sviluppo grappolo: acini delle dimensioni di un pisello; Chiusura grappolo: gli acini iniziano a toccarsi; Invaiatura: gli acini perdono di consistenza ed iniziano ad assumere il colore tipico della varietà; Maturazione: i grappoli sono pronti per la raccolta (fine dell’accumulo fisiologico degli zuccheri); Inizio caduta foglie: le foglie cominciano a cadere.

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Bibliografia delle colture erbacee

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Cereali autunno vernini Feekes W., 1941: The tarwe en haar milieu Versl. techn. Tarwe Comm.: 12, 523-888 e 17, 560-561.

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Girasole Lancashire P. D., Bleiholder H., Langeluddecke P., Stauss R., Van Den Boom T., Weber E., Witzenberger A., 1991: An uniform decimal code for growth stages of crops and weeds. Ann. Appl. Biol. 119, 561-601.

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Weber E., Bleiholder H., 1990: Erläuterungen zu dem BBCH-Dezimal-Codes für die Entwicklungsstadien von Mais, Raps, Faba-Bohne, Sonnenblume und Erbse – mit Abbildungen. Gesunde Pflanzen. 42, 308-321.

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Weber E., Bleiholder H., 1990: Erläuterungen zu den BBCH-Dezimal-Codes für die Entwicklungsstadien von Mais, Raps, Faba-Bohne, Sonnenblume und Erbse – mit Abbildungen. Gesunde Pflanzen. 42, 308-321.

Patata Hack H., Gall H., Klemke Th., Klose R., Meier U., Stauss R., Witzenberger P., 1993. Scale for phenological growth stages of potato (Solanum tuberosum L.). Proceedings of 12 Dreijahrestatung der Euro. Gesell. Für Kartoffelforschung. Paris, 153-154.

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Munger P., Bleiholder H., Hack H., Hess M., Stauss R., Van Den Boom T., Weber E.,:1997. Phenological growth stages of the soybean plant (Glycine max (L.) Merr.) – Codification and description according to the BBCH scale – with figures. Jour. of Agron. and Crop Sci.

Sorgo Neild R.E., Logan J., Cardenas A., 1983: Growing season and phenological response of sorghum as determinated from simple climatic data. Agric. Meteorol., 30, 35-48.

Bibliografia delle colture arboree Melo e Pero Berning A., Graf H., Martin J., Meier U., Kennel W., Zeller W., 1987: Entwicklungsstadien von Kernobst zum Gebrauch für das Versuchswesen, die Beratung die Praxis im Pflanzenbau. BBA Merkblatt nr. 27/15.

Fleckinger J., 1948: Les stadies vegetatifs des arbres fruitiers, en rapport avec le traitements. Pomologie Francaise, Supplement 81-93.

Grunert C., Hamann W., Schmidt H. H., 1980. Methodische Anleitung zur Duchführung von Versuchen mit Pflanzenschutzmitteln und Mitteln zur Steuerung biologischer Prozesse unter Frieland- und Gewächshausbedingungen 5-1, p. 21. Institut für Pflanzenschutzforschung Kleinmachnow (DD).

Meyer U., Graf H., Hack H., Hess M., Kennel W., Klose R., Mappes D., Seipp D., Stauss R., Streif J. Van den Boom T., 1994: Phänologische Entwicklungsstadien des Kernobstes (Malus domestica Borkh. und Pyrus communis L.), des Steinobstes (Prunus-Arten), der Johannisbeere (Ribes-Arten) und der Erdbeere (Fragaria x ananassa Duch.). Nachrichtenbl. Deut. Pflanzenschutzd.

Albicocco Baggiolini M., 1980: Stades reperes de la abricotier- Stades repères de la pêcher. Stades reperes du ceresier - Stades repères du prunier. ACTA. Guide pratique de defense des cultures. Paris.

Meyer U., Graf H., Hack H., Hess M., Kennel W., Klose R., Mappes D., Seipp D., Stauss R., Streif J. Van den Boom T., 1994: Phänologische Entwicklungsstadien des Kernobstes (Malus domestica Borkh. und Pyrus communis L.), des Steinobstes (Prunus-Arten), der Johannisbeere (Ribes-Arten)

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und der Erdbeere (Fragaria x ananassa Duch.). Nachrichtenbl. Deut. Pflanzenschutzd.

Pesco Baggiolini M., 1980: Stades reperes de la abricotier- Stades repères de la pêcher. Stades reperes du ceresier - Stades repères du prunier. ACTA. Guide pratique de defense des cultures. Paris.

Meyer U., Graf H., Hack H., Hess M., Kennel W., Klose R., Mappes D., Seipp D., Stauss R., Streif J. Van den Boom T., 1994: Phänologische Entwicklungsstadien des Kernobstes (Malus domestica Borkh. und Pyrus communis L.), des Steinobstes (Prunus-Arten), der Johannisbeere (Ribes-Arten) und der Erdbeere (Fragaria x ananassa Duch.). Nachrichtenbl. Deut. Pflanzenschutzd.

Ciliegio Baggiolini M., 1980: Stades reperes de la abricotier- Stades repères de la pêcher. Stades reperes du ceresier - Stades repères du prunier. ACTA. Guide pratique de defense des cultures. Paris.

pratique de defense des cultures. Paris.

Meyer U., Graf H., Hack H., Hess M., Kennel W., Klose R., Mappes D., Seipp D., Stauss R., Streif J. Van den Boom T., 1994: Phänologische Entwicklungsstadien des Kernobstes (Malus domestica Borkh. und Pyrus communis L.), des Steinobstes (Prunus-Arten), der Johannisbeere (Ribes-Arten) und der Erdbeere (Fragaria x ananassa Duch.). Nachrichtenbl. Deut. Pflanzenschutzd.

Susino Baggiolini M., 1980: Stades reperes de la abricotier- Stades repères de la pêcher. Stades reperes du ceresier - Stades repères du prunier. ACTA. Guide pratique de defense des cultures. Paris.

Meyer U., Graf H., Hack H., Hess M., Kennel W., Klose R., Mappes D., Seipp D., Stauss R., Streif J. Van den Boom T., 1994: Phänologische Entwicklungsstadien des Kernobstes (Malus domestica Borkh. und Pyrus communis L.), des Steinobstes (Prunus-Arten), der Johannisbeere (Ribes-Arten) und der Erdbeere (Fragaria x ananassa Duch.). Nachrichtenbl. Deut. Pflanzenschutzd.

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Olivo Azzi G., 1938: Rapporti tra suoli e olivo in regioni climatiche diverse. La meteorologia pratica; vol. 1.

Morettini A., 1972: Olivicoltura. REDA. Padova

Parlati M.V., 1986: La coltivazione dell’olivo. Inf. Agr. n.13.

WMO, 1982: Lecture notes for training class IV. Agricultural meteorological personnel. N.593. Geneve.

Vite Baggiolini M., 1952. Stades reperes de la vigne. Rev. Romande Agric. Vitic. Arboric., 1: 4-6.

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Lorenz D.H., Eichhorn K.W., Bleiholder H., Klose R., Meier U., Weber E., 1994: Phänologische Entwicklungsstadien der Weinrebe (Vitis vinifera L. ssp.vinifera). Vitic. Enol. Sci. 49, 66-70.

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Bibliografia Generale A.A.V.V., 1997: Compendium of growth stage identification keys for mono- and dicotyledonous plants. Extended BBCH scale. BBA, BSA, IGZ, IVA, AgrEvo, BASF, Bayer, Novartis.

Barbieri R., Botarelli L., Salsi A., Zinoni F., 1989. Guida alle rilevazioni agrofenologiche ed alla compilazione delle schede di rilevamento per le colture erbacee ed arboree. E.R.S.A., Bologna.

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CAPITOLO 4 La conduzione agronomica ed il rilevamento agrofenologico nelle prove sperimentali

E. Bernati, L. Botarelli, S. Cosentino, A. Ferraresi, G. Nieddu, C. Sirca,

4.1 - Introduzione

Il rilevamento agrofenologico comprende l’annotazione delle fasi fenologiche delle specie vegetali oggetto di interesse, così come visto nel capitolo precedente, nonché l’osservazione e la misura di parametri di tipo agro-ambientale e colturale.

Le informazioni sono raccolte secondo quanto prescritto da un protocollo operativo, affinché i dati rilevati risultino omogenei, significativi e confrontabili. 4.2 – Acquisizione delle informazioni di tipo agronomico ed ambientale

Sui siti sperimentali di rilevamento agrofenologico è utile raccogliere informazioni che descrivano compiutamente l’ambiente pedoclimatico. Queste informazioni riguardano: • latitudine e longitudine: indicano la localizzazione geografica del sito di

rilevamento secondo le coordinate geografiche. • altitudine: è la quota rispetto al livello del mare. • pendenza: rappresenta il dislivello massimo dell’appezzamento; • esposizione: si riferisce ai punti cardinali secondo la direttrice di massima

pendenza; • terreno: è descritto con le seguenti caratteristiche pedologiche ed

idrologiche: 1. classe tessiturale: si fa riferimento al triangolo della Soil Taxonomy

(U.S.D.A.); 2. analisi chimica: i dati si riferiscono ad analisi effettuate entro gli ultimi

cinque anni. Si indicano i valori di azoto totale, di fosforo assimilabile, di potassio assimilabile, di calcio carbonato, di sostanza organica, e pH;

3. profondità della falda: è rilevata in corrispondenza di almeno due fasi fenologiche critiche per la coltura;

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4. costanti idrologiche: sono misurate direttamente in campo o in laboratorio mediante camera a pressione. I parametri rilevati sono i seguenti: a. capacità idrica di campo, b. punto di appassimento,

5. sistemazione e drenaggio: si indica l’efficienza drenante del terreno, rilevando l’eventuale presenza di ristagni d’acqua e la velocità di disseccamento del suolo.

4.3 – Descrizione delle tecniche colturali ed osservazioni agrofenologiche

Nel P.F. Phenagri le tecniche agronomiche e le osservazioni agrofenologiche condotte nelle prove sperimentali seguono criteri comuni per tutte le colture. Gli elementi considerati sono: • orientamento della coltura: è realizzato in modo da evitare il più possibile

ombreggiamenti. Le file vanno disposte in direzione NORD–SUD. Le parcelle con le colture a taglia bassa vanno collocate a sud di quelle con le colture più alte;

• scelta delle varietà: le varietà sono scelte tra quelle più rappresentative della coltura e maggiormente adatte alle differenti aree di sperimentazione;

• preparazione del letto di semina: sono eseguite le lavorazioni più consone alle caratteristiche pedologiche del terreno sul quale si svolge la prova;

• epoca di semina: la prima epoca di semina è realizzata, rispetto a quelle normalmente in uso nella zona di localizzazione delle parcelle sperimentali, nel momento più precoce possibile. Le semine successive sono scaglionate, mediamente, a 14 giorni di distanza l’una dall’altra, in funzione della specie, dell’andamento climatico e delle risultanze delle semine precedenti;

• quantità di seme: si utilizza la quantità necessaria a raggiungere l’investimento finale richiesto dal protocollo operativo;

• investimento: nel paragrafo successivo, per le diverse colture, è indicato quello previsto nel protocollo operativo del P.F. Phenagri;

• lavorazioni del terreno: si effettuano secondo le pratiche colturali abitualmente svolte nell’area in cui si colloca la parcella sperimentale;

• concimazione: le parcelle sono concimate secondo le indicazioni dei “disciplinari di produzione integrata” in essere nella regione in cui si trova il sito sperimentale;

• irrigazione: le prove vanno condotte in condizioni idriche del terreno ottimali; qualora l’insufficiente umidità del terreno risulti di ostacolo alla

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germinazione del seme e/o all’emergenza della coltura, è opportuno provvedere alla somministrazione di adeguati quantitativi idrici per favorire una rapida ed omogenea emergenza della parcella. E' pertanto opportuno predisporre le attrezzature necessarie per effettuare interventi irrigui in caso di assenza di piogge durante il ciclo colturale. Preferibilmente la somministrazione idrica va effettuata mediante sistemi di irrigazione che contengano il più possibile le eventuali perdite per deriva e/o percolazione. I turni irrigui ed i volumi di adacquamento vanno determinati in funzione delle costanti idrologiche e della profondità del terreno prevedendo di mantenere il livello di acqua utile nel terreno sempre al di sopra del 60%. La profondità di terreno sulla quale calcolare i volumi da restituire va contenuta in 20 cm durante il periodo dalla semina fino al completo insediamento della coltura, per poi passare ad una profondità variabile in funzione del tipo di coltura2.

• controllo delle infestanti, degli agenti patogeni e dei fitofagi: il controllo si effettua secondo le indicazioni contenute nei “disciplinari di produzione integrata” in essere nella regione in cui si trova il sito sperimentale. Lo sviluppo delle erbe infestanti e gli attacchi parassitari vanno segnalati sulle schede di rilevamento agrofenologico solo nel caso in cui costituiscano uno stress biotico in grado di influire sullo sviluppo delle colture. Nelle parcelle con colture sarchiate, per il controllo delle infestanti, sono consigliate solo le lavorazioni del terreno completate da scerbature manuali; per i cereali autunno-vernini, ove indispensabile, si può intervenire anche con prodotti chimici. E’ inoltre opportuno dare una valutazione dello stato sanitario della parcella eseguendo un rilievo sulle piante oggetto delle osservazioni

2 Il volume di adacquamento può essere calcolato secondo la seguente formula:

V= 2/3 (C.C.-P.A.) x φ x 10.000 x profondità terreno dove:

V = volume di adacquamento C.C. = capacità di campo P.A = punto di appassimento φ = densità apparente

Tale valore, espresso in mm, definisce anche la soglia dell'intervento irriguo calcolato in

funzione dell'evapotraspirazione massima (Etm) giornaliera calcolato sulla base dell'evaporato da vasca evaporimetrica di classe "A" e dei coefficienti colturali delle diverse specie (Doorembos e Pruitt, 1977).

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fenologiche. L’avversità parassitaria va segnalata dalla comparsa fino all’eventuale scomparsa di quei sintomi che ne segnalano la presenza. Qualora si verifichino danni causati da agenti meteorici o da fattori contingenti, sulle schede di rilevazione va indicata l’entità dell’evento;

• aspetto generale della parcella: è una valutazione soggettiva da effettuare ad ogni rilievo sullo stato sanitario della parcella.

4.4 – Rilievo delle fasi fenologiche

Le fasi fenologiche sono rilevate osservando un numero di piante utile a rappresentare il sito. I rilievi vanno eseguiti sempre sulle stesse piante. Ogni volta che si esegue un rilievo fenologico va annotata la data di osservazione e, oltre alla fase, va indicata la classe che la rappresenta quantitativamente. Per i dettagli sulle scale fenologiche si rimanda al Capitolo 3. 4.5 – Schede per il rilevamento agrofenologico

La tipologia delle informazioni che vengono raccolte nei rilevamenti agrofenologici è duplice: da una parte vengono rilevate informazioni che rimangono invariate lungo tutto l’arco del ciclo colturale (sia che si tratti di una coltura erbacea che di una coltura arborea) e, pertanto, sono annotate una sola volta; dall’altra vengono rilevate informazioni che presentano una variabilità nel tempo e, quindi, vanno annotate sulle schede periodicamente, con una frequenza dipendente dal ritmo del ciclo biologico della coltura esaminata.

Le schede solitamente fanno ricorso anche a descrizioni codificate, che vengono esplicitate da apposite note.

Si riportano di seguito alcuni esempi di schede di rilevazione proposte nel 1989 e utilizzate nella rete agrofenologica regionale dell’Emilia Romagna.

La scheda iniziale per il rilevamento delle colture arboree è stata elaborata appositamente per l’actinidia.

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ESEMPIO DI SCHEDA INIZIALE PER LE RILEVAZIONI DELLE COLTURE ERBACEE (1989) 1 - IDENTIFICAZIONE DELLA COLTURA

S.A.L. ………..……….… ( _ _ ) Data del rilievo _ _ / _ _ / _ _ Rilevatore ……………..…………( _ _ _)

Azienda …………… ( _ _ _ _ _ _ _) Coltura ………………….. ( _ _) Varietà ……………………………( _ _ )

Epoca di semina [A/1] [P/2] Tipo di impianto [S] [T] Età di impianto: anno [1°][2°][3°][4°] [5°] 2 - DATI GENERALI A. RIGUARDANTI L’APPEZZAMENTO

Comune ……………………( _ _ _ ) Zona ………………….. ( _ _ ) Altitudine m s.l.m _ _ _ _

Latitudine _ _: _ _ N Longitudine _ _: _ _ E Esposizione _

Ubicazione _ _ Sup. appezzamento: ha _ _ , _ Pendenza % _ _

Precessione colturale 1( _ _) 2( _ _) 3( _ _) u( _ _) B. RIGUARDANTI LA COLTURA PRECEDENTE Data di raccolta _ _ / _ _ / _ _ Concimaz. Azotata _ Produzione _ Interramento residui [SI] [NO] C. RIGUARDANTI IL TERRENO: Tessitura S _ _ / L _ _ / A _ _ Classe tessiturale _ _

Analisi chimica: N _ , _ / P2O5 _ _ _ / K2O _ _ _ / Ca _ _ / S.O. _ _ , _ / pH _ _, _

Fertilità _ Profondità cm. _ _ _ Lavorazione tipo _ / prof. cm. _ _ _ Affinamento _

Sistemazione e drenaggio _ Profondità delle scoline cm. _ _ _ Produz. ordinaria aziendale ql/ha _ _ _ D. RIGUARDANTI LA SEMINA

Data di semina o trap. _ _ / _ _ / _ _ Quantità di seme Kg/ha _ _ _ , _ N° semi o piantine /m2 _ _ , _

Seme impiegato: confettato [SI] [NO] / pre-conciato [SI] [NO] Stato idrico del terreno alla semina _

Distanza tra le file cm. _ _ Distanza tra le bine cm. _ _ Distanza sulla fila cm. _ _ Profondità di semina cm. _ _ 3 - OPERAZIONI COLTURALI Irrigazione: Carenza idrica [ ] Altri scopi [ ] Data dell’irrigazione _ _ / _ _ / _ _ m3 / ha _ _ _ Tipo irrigazione _ Lavorazioni del terreno: Erpicatura [ ] Rullatura [ ] Altro [ ] Data della lavorazione _ _ / _ _ / _ _ 4 - CONCIMAZIONE Tipo Data Nome commerciale Titolo Dose Kg / ha

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. / …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. / …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. / …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _ 5 – TRATTAMENTI

Tipo Data Avversità controllata Formulato commerciale gr / hl hl / ha gr / ql Kg / ha ( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) .……..….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _ 13 - NOTE………………………………………………………………………………………

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ESEMPIO DI SCHEDA INIZIALE PER LE RILEVAZIONI DELLE COLTURE ARBOREE (1989) 1 - IDENTIFICAZIONE DELLA COLTURA S.A.L. ………..……………..… ( _ _ ) Data del rilievo _ _ / _ _ / _ _ Rilevatore ……………..…………( _ _ _)

Azienda …………… ( _ _ _ _ _ _ _) Specie ………………….. ( _ _) Cultivar ……………………………( _ _ )2 - DATI GENERALI A. RIGUARDANTI L’APPEZZAMENTO Comune ……………………( _ _ _ ) Zona ………………….. ( _ _ ) Altitudine m s.l.m. _ _ _ _

Latitudine _ _: _ _ N Longitudine _ _: _ _ E Esposizione _

Ubicazione _ _ Sup. appezzamento: ha _ _ , _ Pendenza % _ _

Sistemazione _ Terreno: Tessitura S _ _ / L _ _ / A _ _ Classe tessiturale _ _

Analisi chimica: N _ , _ / P2O5 _ _ _ / K2O _ _ _ / Ca _ _ / S.O. _ _ , _ / pH _ _, _

Fertilità _ Profondità cm. _ _ _ Drenaggio artificiale [SI] [NO]

Produzione anno precedente ql/ha _ _ _ Produzione ordinaria aziendale ql/ha _ _ _ B. RIGUARDANTI L’IMPIANTO Anno di impianto _ _ Piante da talea [ ] innesto [ ] micropropagate [ ] portainnesto ………… ( _ _ )

Forma di allevamento ……………… ( _ _ ) Distanza tra le fila cm _ _ _ Distanza sulla fila cm _ _ _

Rapporto piante femminili / impollinatori _ _ Cultivar impollinatrice…………..………… ( _ _ )

Stato del terreno filare lavorato [ ] inerbito [ ] diserbato [ ]

interfilare lavorato [ ] inerbito [ ] diserbato [ ]

Rete antigrandine [SI] [NO] Frangivento [SI] [NO] 3 - OPERAZIONI COLTURALI Irrigazione: Carenza idrica [ ] Altri scopi [ ] Data inizio irrigazione _ _ / _ _ / _ _ Durata intervento irriguo ore _ , _

N. interventi irrigui _ _ m3 / ha _ _ _ Tipo irrigazione [1] [2] [3] [4] [7] Lavorazioni del terreno: Sarchiatura [ ] Altro [ ] Data della lavorazione _ _ / _ _ / _ _ Potatura secca: data _ _ / _ _ / _ _ Protezione del tronco : [SI] [NO] Materiale impiegato: paglia [ ] altro [ ] data inizio _ _ / _ _ / _ _ 4 - CONCIMAZIONE Tipo Data Nome commerciale Titolo Dose Kg / ha

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. / …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. / …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. / …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _ 5 – TRATTAMENTI

Tipo Data Avversità controllata Formulato commerciale gr / hl hl / ha Kg / ha ( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) .……..….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _ 13 - NOTE………………………………………………………………………………………

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ESEMPIO DI SCHEDA PERIODICA PER LE RILEVAZIONI DEI CEREALI AUTUNNO-VERNINI (1989) 1 - IDENTIFICAZIONE DELLA COLTURA

S.A.L. ………..……………..… ( _ _ ) Data del rilievo _ _ / _ _ / _ _ Rilevatore ……………..…………( _ _ _)

Azienda …………… ( _ _ _ _ _ _ _) Frumento [A] / [P] Orzo [A] / [P] Varietà ………………( _ _ ) 3 – OPERAZIONI COLTURALI IN COPERTURA Lavorazioni del terreno: Sarchiatura [ ] Assolcatura [ ] Rullatura [ ] Data della lavorazione _ _ / _ _ / _ _ 4 - CONCIMAZIONE Tipo Data Nome commerciale Titolo Dose Kg / ha

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _

( __ ) _ _ / _ _ / _ _ ……………………….. …………………..… ( _ _ _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ , _ 5 – TRATTAMENTI

Tipo Data Avversità controllata Formulato commerciale gr / hl hl / ha gr / ql Kg / ha ( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) .……..….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _

( _ _ ) _ _ / _ _ / _ _ …….… ( _ _ _ _ _ ) [ + ] …….… ( _ _ _ _ _ ) _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ , _ _6 – FASI FENOLOGICHE Classe Classe Classe Classe

Preemergenza ________ 3° foglia _________ Ultima foglia ________ Ingross. cariosside _________

Emergenza ________ 4° foglia _________ Botticella ________ Maturazione lattea _________

1° foglia ________ Inizio levata _________ Spigatura ________ Maturazione cerosa _________

2° foglia ________ 2° nodo _________ fioritura ________ Maturaz. completa _________7 – AVVERSITA’ PARASSITARIE

% Piante colpite classe

Gravità classe

% Piante colpite classe

Gravità classe

Mal del piede __________ __________ Ruggine bruna __________ __________

Elmintosporiosi __________ __________ Ruggine nera __________ __________

Rincosporiosi __________ __________ Nanismo giallo __________ __________

Septoria __________ __________ afidi __________ __________

Carbone __________ __________ Lema melanopa __________ __________

Oidio __________ __________ ( _ _ _ _) …….. __________ __________

Ruggine gialla __________ __________ __________ __________ Oidio Ruggine gialla Ruggine bruna Ruggine nera Diffusione della

malattia < 25 % >25% < 25 % >25% < 25 % >25% < 25 % >25% Parte basale _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ Terzultima foglia _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ Penultima foglia _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ Ultima foglia _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ Spiga _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ _______ 8 – ALTRE AVVERSITA’ 9 - INFESTANTI

Tipo % piante % danno Generiche pres fase fen

Allettamento _ _ _ _ _ _ Monocotiledoni _ _

Ristagni idrici _ _ _ _ _ _ Dicotiledoni _ _

Grandine _ _ _ _ _ _ Particolari

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Gelo _ _ _ _ _ _ sfuggite resistenti nuove

Siccità _ _ _ _ _ _ ( _ _ _ ) ……….. [ ] [ ] [ ]

( _ _ ) _ _ _ _ _ _ ( _ _ _ ) ……….. [ ] [ ] [ ] 10 – PER USI AGROMETEOROLOGICI 11 – PRODUZIONE

Investimento p / mq _ _ _ N. semi / spiga _ _ _ qualità 1: W _ _ _ P / L _ _ _

Investimento sp / mq _ _ _ Peso mille semi _ _ qualità 2 : bianconatura _ _ _

Altezza pianta cm _ _ _ Data di raccolta _ _ / _ _ / _ _ volpatura _ _ _

Prof. falda cm _ _ _ Umidità % _ _ , _ Sup. appezzamento ha _ _ _ , _

Nitrati ppm _ _ _ Produzione ql / ha _ _ _ , _ Sup. totale coltura ha _ _ _ , _

peso Kg / hl _ _ _ , _ Sup. aziendale ha _ _ _ , _ 12 – ASPETTO GENERALE DELLA COLTURA ____________________ 13 - NOTE………………………………………………………………………………………

4.6 – Rilievi e tecniche colturali adottati nelle prove sperimentali del Progetto Finalizzato Phenagri

Nel P.F. Phenagri, oltre alle informazioni generali di tipo ambientale, agronomico e colturale, per ciascuna specie agraria, si è definito un protocollo contenente le tecniche colturali specifiche da adottare ed i parametri per il rilevamento fenologico in senso stretto e biometrico. Di seguito sono riportate queste indicazioni per ciascuna coltura. 4.6.1 - BARBABIETOLA DA ZUCCHERO Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: semina a postarella e successivo diradamento delle

piante nate. • Densità di semina: distanza fra le file 50 cm; distanza sulla fila 20 cm (10

piante/m2). • Dimensione della parcella: 3 file lunghe 5 metri (n. 75 piante).

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante osservate è 20. Sono rilevate

le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi sono eseguiti con una frequenza dipendente dal ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: è rilevato nell’area occupata dalle piante sulle quali viene osservato lo sviluppo fenologico ed è espresso in piante/m2.

• Ricaccio vegetativo: è indicata la percentuale di piante che presentano l'emissione di nuove foglie dalla rosetta centrale, al fine di evidenziare l’eventuale grado di depauperamento in saccarosio delle radici.

• Prefioritura: è indicato il numero delle piante prefiorite presenti nella parcella. Successivamente si provvede al loro espianto.

Rilievi biometrici

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Diametro massimo, lunghezza e peso dei fittoni: i rilievi sono realizzati ogni venti giorni su 5 o 6 piante per parcella, prelevando due piante per fila a partire da due mesi prima della presumibile raccolta e superando la stessa di venti giorni. In corrispondenza dell’epoca della raccolta, il rilievo viene effettuato sulle venti piante oggetto del rilevamento fenologico.

4.6.2 - CEREALI AUTUNNO VERNINI

Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: la semina è a fila continua; si impiega una quantità di

seme che garantisce il raggiungimento della densità prevista. • Densità di semina: si adotta una distanza fra le file pari a 15 cm (densità

finale per il frumento tenero 350 piante/m2, per il frumento duro 300 piante/m2 e per l’orzo 250 piante/m2).

• Dimensione della parcella: la dimensione è pari ad otto file lunghe 5 metri (da 1500 a 2100 piante per parcella a seconda della specie).

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante da osservare è 10. Sono

rilevate le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi devono essere eseguiti secondo il ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: va rilevato nell’area occupata dalle piante sulle quali viene osservato lo sviluppo fenologico ed è espresso in piante/m2.

Rilievi biometrici • Altezza delle piante: si misura alla sommità delle spighe escludendo le

reste (se presenti) e va espressa in cm. Il rilievo riguarda unicamente i culmi principali.

• Umidità delle cariossidi: si misura con frequenza decadale su dieci spighe per parcella a partire da trenta giorni prima della presumibile data di raccolta.

• Numero delle spighe, peso della pianta (s.s.), peso ed umidità della granella: si rilevano in corrispondenza della maturazione commerciale sulle dieci piante utilizzate per la rilevazione fenologica.

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4.6.3 - GIRASOLE

Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: si consiglia la semina a postarella ed il successivo

diradamento delle piante nate. • Densità di semina: distanza fra le file 75 cm; distanza sulla fila 25 cm (5,3

piante/m2). • Dimensione della parcella: due file lunghe 5 metri (n. 40 piante). • Difesa dagli uccelli granivori: a partire dal momento della maturazione

lattea, e almeno per la quota necessaria alle rilevazioni fenologiche, si provvede alla copertura delle parcelle con adeguate reti di protezione.

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante da osservare è 10. Sono

rilevate le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi devono essere eseguiti secondo il ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: va rilevato nell’area occupata dalle piante sulle quali viene osservato lo sviluppo fenologico ed è espresso in piante/m2.

• Altezza media delle piante: si rileva alla raccolta sulle piante utilizzate per i rilievi fenologici.

Rilievi biometrici • Umidità degli acheni : si misura con frequenza decadale su cinque calatidi,

a partire da dieci giorni dopo la maturazione cerosa. • Peso della pianta (s.s.), peso ed umidità degli acheni: si misurano in

corrispondenza della maturazione commerciale sulle dieci piante utilizzate per la rilevazione fenologica.

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4.6.4 - MAIS

Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: si consiglia la semina a postarella ed il successivo

diradamento delle piante nate. • Densità di semina: distanza fra le file 75 cm; distanza sulla fila 17 cm (7,8

piante/m2). • Dimensione della parcella: due file lunghe 5 metri (n. 60 piante).

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante da osservare è 5. Sono

rilevate le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi devono essere eseguiti secondo il ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: va rilevato nell’area occupata dalle piante sulle quali viene osservato lo sviluppo fenologico ed è espresso in piante/m2.

• Riemissione delle sete: si rileva l’eventuale nuova emissione di sete quando la maggior parte di quelle emesse in precedenza si presenta imbrunita.

Rilievi biometrici • Altezza della pianta: è misurata sulle piante utilizzate per la rilevazione

fenologica dopo l'emissione della spiga. • Umidità delle cariossidi: è determinata con frequenza decadale su tre

spighe a partire da 15 giorni dalla senescenza delle sete, fino a quando l’umidità delle cariossidi raggiunge il 25%.

• Peso della pianta (s.s.), peso e umidità delle cariossidi: sono misurati in corrispondenza della maturazione commerciale sulle cinque piante utilizzate per la rilevazione fenologica.

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4.6.5 - PATATA

Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: si consiglia la semina con tuberi interi. • Densità di semina: distanza fra le file 75 cm; distanza sulla fila 20 cm (6,7

piante/m2). • Dimensione della parcella: due file lunghe 5 metri (n. 50 piante).

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante da osservare è 6. Sono

rilevate le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi devono essere eseguiti secondo il ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: va rilevato nell’area occupata dalle piante sulle quali viene osservato lo sviluppo fenologico ed è espresso in piante/m2.

• Grado di copertura: la valutazione è eseguita a vista. Si intende raggiunto il 100% di copertura sulla fila, quando le piante chiudono gli spazi tra loro esistenti lungo il filare. Si intende raggiunto il 100% di copertura del campo quando è chiuso anche lo spazio tra le file.

Rilievi biometrici • Numero e peso dei tuberi: su un campione di tre piante, ogni quindici

giorni, è realizzato un campionamento della parte ipogea nell’intervallo temporale compreso tra l’inizio della formazione dei tuberi e la loro maturazione.

• Peso della parte ipogea (s.s.), numero e peso dei tuberi: il rilievo è realizzato ogni trenta giorni a partire dall’inizio della maturazione dei tuberi sulle sei piante utilizzate per la rilevazione fenologica.

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4.6.6 - POMODORO

Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: si procede alla semina diretta in campo con la semina

a postarella ed il successivo diradamento. • Densità di semina: distanza fra le file 150 cm; distanza sulla fila 18 cm (3,7

piante/m2). • Dimensione parcella: una fila lunga 5 metri (n. 28 piante).

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante da osservare è 6. Sono

rilevate le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi devono essere eseguiti secondo il ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: va rilevato nell’area occupata dalle piante sulle quali viene osservato lo sviluppo fenologico ed è espresso in piante/m2.

• Grado di copertura: la valutazione deve essere eseguita a vista. Si intende raggiunto il 100% di copertura sulla fila quando le piante chiudono gli spazi tra loro esistenti lungo il filare. Si intende raggiunto il 100% di copertura del campo quando è chiuso anche lo spazio tra le file.

Rilievi biometrici Peso della parte epigea (s.s.), numero e peso delle bacche: sono misurati alla maturazione completa, sulle sei piante utilizzate per la rilevazione fenologica. I rilievi sulle bacche sono effettuati distinguendo tra prodotto commerciabile, verde e marcio.

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4.6.7 - SOIA

Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: si consiglia la semina a fila continua con almeno il

doppio del seme che si ritiene normalmente necessario e provvedendo, successivamente, al diradamento delle piante nate.

• Densità di semina: distanza fra le file 50 cm; distanza sulla fila 6 cm (33 piante/m2).

• Dimensione della parcella: tre file lunghe 5 metri (n. 250 piante).

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante osservate è 10. Sono rilevate

le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi sono eseguiti con una frequenza dipendente dal ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: va rilevato nell’area occupata dalle piante sulle quali viene osservato lo sviluppo fenologico ed è espresso in piante/m2.

• Nodulazione: si osserva sulle radici di cinque piante contigue a quelle scelte per la rilevazione fenologica dopo l’ultima irrigazione.

Rilievi biometrici Peso della pianta (s.s.), peso e umidità dei semi: sono rilevate alla maturazione piena sulle dieci piante utilizzate per i rilievi fenologici.

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4.6.8 - SORGO

Tecniche colturali • Tecnica d’impianto: si consiglia la semina a fila continua con almeno il

doppio del seme normalmente necessario, provvedendo successivamente al diradamento delle piante nate.

• Densità di semina: distanza fra le file 50 cm; distanza sulla fila 5 cm (40 piante/m2).

• Dimensione della parcella: tre file lunghe 5 metri (n. 300 piante). • Difesa dagli uccelli granivori: a partire dalla maturazione lattea è

indispensabile provvedere alla copertura delle parcelle con adeguate reti di protezione.

Rilievi • Fasi fenologiche : il numero minimo di piante osservate è 10. Sono rilevate

le fasi fenologiche riportate nel Cap. 3 (scala PFP). I rilievi sono eseguiti con una frequenza dipendente dal ciclo di sviluppo della coltura.

• Investimento: deve essere controllato in due periodi, il primo al termine dell'emergenza e il secondo in prossimità della raccolta.

• Panicoli immaturi (%): al momento della maturazione fisiologica va segnalata la percentuale di piante con culmi secondari di accrescimento aventi panicoli non maturi.

Rilievi biometrici • Altezza piante: è misurata sulle piante utilizzate per la rilevazione

fenologica; il rilievo va effettuato alla fioritura, riportando la distanza dal terreno alla sommità del panicolo.

• Umidità delle cariossidi: è determinata con frequenza decadale su tre panicoli, a partire dalla maturazione lattea e fino a quando l’umidità della granella raggiunge il 25%.

• Peso della pianta(s.s.), peso e umidità delle cariossidi: alla maturazione vengono rilevati sulle dieci piante utilizzate per la rilevazione fenologica.

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4.6.9 – OLIVO

Tecniche colturali • Materiale vegetale: si consiglia l’uso di piantine coetanee, uniformi,

geneticamente certificate, possibilmente autoradicate per eliminare l’influenza del portinnesto.

• Sesto d’impianto: in rettangolo; distanza tra le file 5-6,5 m, distanza sulla fila 5-6 m.

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante osservate è 5. I rilievi sono

eseguiti con frequenza dipendente dalla fase fenologica in esame.

Rilievi biometrici • Altezza delle piante: è misurata sulle piante utilizzate per la rilevazione

fenologica; il rilievo va effettuato a cadenza annuale dal piano del terreno alla cima della pianta.

• Altezza e diametro della chioma: è misurata sulle piante utilizzate per la rilevazione fenologica; l’altezza corrisponde a quella della pianta intera meno l’altezza del tronco nudo; il diametro corrisponde a quello della proiezione della chioma sul terreno.

• Cascola naturale: da determinare con l’ausilio di reti poste sotto le piante in osservazione, a partire dalla fine dell’indurimento del nocciolo.

• Produzione: è determinata su ciascuna pianta utilizzata per la rilevazione fenologica

• Peso fresco e secco delle drupe: è misurata sulle piante utilizzate per la rilevazione fenologica; i rilievi vanno effettuati ogni 15 giorni su 30 ÷50 drupe per pianta a partire dall’indurimento del nocciolo. Il dato va mediato tra le piante.

• Resa in olio: è determinata a cadenza quindicinale, su un campione minimo di drupe rappresentativo, a partire dall’inizio dell’invaiatura con metodo Soxlet o comunque con metodologia comune ai diversi centri di osservazione.

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4.6.10 – VITE

Tecniche colturali • Materiale vegetale: si osservano piante coetanee coltivate nello stesso

ambiente microclimatico, uniformi, geneticamente certificate, con lo stesso portainnesto per le cultivar a confronto e sottoposte alle stesse modalità di conduzione agronomica quali allevamento e potatura.

• Sesto d’impianto: variabile a seconda della forma di allevamento e dell’ambiente in cui si opera.

Rilievi • Fasi fenologiche: il numero minimo di piante osservate è 5. I rilievi sono

eseguiti con frequenza dipendente dalla fase fenologica in esame. • Carica delle gemme: è osservata sulle piante utilizzate per la rilevazione

fenologica al termine del riposo vegetativo.

Rilievi biometrici • Curva di maturazione: si costruisce analizzando un campione di almeno 15

grappoli o 200 acini prelevati su individui adiacenti alle piante sulle quali si eseguono le osservazioni fenologiche, a partire dal raggiungimento dell’invaiatura da parte del 50% degli acini.

• Produzione per pianta e peso medio dei grappoli: sono determinati su ciascuna pianta utilizzata per la rilevazione fenologica.

Bibliografia Barbieri R., Botarelli L., Salsi A., Zinoni F., 1989. Guida alle rilevazioni agrofenologiche ed alla compilazione delle schede di rilevamento per le colture erbacee ed arboree. E.R.S.A., Bologna.

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CAPITOLO 5 Criteri per la realizzazione di una rete per le osservazioni agrofenologiche

E. Bernati, L. Botarelli, A. Brunetti, A. Pasquini

5.1 - Introduzione

Le reti agrofenologiche sono costituite da un insieme di siti, ovvero campi coltivati, nei quali si effettuano osservazioni su specie agrarie secondo appositi protocolli di rilevamento. Le informazioni derivanti dalle reti consentono di impostare, in aree anche di dimensioni nazionali, una comune politica volta alla gestione sostenibile degli agroecosistemi attraverso la riduzione dell’impatto ambientale causato dalle attività agricole. I dati agrofenologici possono inoltre essere utili per indirizzare, a livello territoriale, la programmazione dei finanziamenti a sostegno o meno dell'introduzione di una coltura.

5.2 - Siti di rilevazione

I siti in cui si effettuano le rilevazioni agrofenologiche sono rappresentativi delle caratteristiche morfologiche, pedologiche e climatiche delle aree individuate come “unità territoriali minime”, siano esse una regione agraria o un’area omogenea dal punto di vista colturale.

La dimensione dei siti deve essere proporzionata alla maglia fondiaria; pertanto, maggiore è la parcellizzazione del territorio, minori sono le dimensioni dei siti. Tenendo anche conto del tipo di coltura esaminata, i limiti dimensionali considerati come ottimali vanno solitamente da 0,5 ha a 1 ha.

I siti vanno rintracciati in aziende agricole che abbiano preferibilmente le caratteristiche di conduzione ordinaria o avanzata e che permettano la continuità di rilevazione nel tempo.

Per ridurre i costi di gestione della rete è auspicabile che nell’azienda siano coltivate più specie o varietà oggetto di interesse.

La presenza di una stazione meteorologica nelle vicinanze del sito è un fattore importante di preferenza.

5.3 - Durata delle rilevazioni

Fino al momento in cui non si disponga di strumenti di modellistica in grado di poter elaborare dati che possano sostituire quelli rilevati con le osservazioni dirette in campo, è necessario mantenere in essere la rete di rilevazione con le caratteristiche di dettaglio originarie.

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La durata delle rilevazioni può dipendere dall’esigenza di verificare la rispondenza alla realtà di campo dei modelli di simulazione già disponibili in letteratura, per tararne i risultati in base alle reali osservazioni sul territorio.

Raggiunta la finalità di taratura, è possibile ridimensionare il numero dei siti di rilevazione mantenendo quelli più rappresentativi, semplificare eventualmente la scala fenologica di riferimento per le osservazioni e considerare nei rilievi solo le varietà con durata media del ciclo vegetativo.

Quando ad esempio non siano ancora disponibili modelli di simulazione per la previsione delle produzioni e per lo sviluppo delle colture o dei loro parassiti, la raccolta di informazioni agrofenologiche a supporto della produzione integrata è continuativa nel tempo e prosegue secondo cadenze stabilite. 5.4 - Scelta delle specie

Le specie agrarie da considerare nei siti della rete agrofenologica sono quelle maggiormente rappresentative per occupazione di suolo, produzione lorda vendibile, o perché costituenti una specificità agricola (ad es. la ciliegia di Vignola). Possono essere di interesse anche quelle specie la cui gestione agronomica comporti l'adozione di tecniche ad elevato impatto ambientale.

E’ opportuno rilevare più varietà per ciascuna coltura, al fine di accrescere le conoscenze sulla variabilità fenologica intraspecifica ed ottimizzare l’utilizzo delle risorse ambientali.

In un territorio amministrativo molto vasto, le rilevazioni su colture di interesse generale devono esser condotte anche in aree dove siano presenti solo marginalmente, per meglio caratterizzarne le potenzialità ambientali e definirne l'attitudine ad ospitare specie presenti, ma non ancora diffuse.

5.5 - Metodologie di rilevamento

In relazione alle finalità della rete, nel rilevamento agrofenologico si utilizzano le metodologie più consone per l’osservazione e la descrizione degli aspetti biologici ed agronomici delle colture.

Le metodologie di rilevamento devono potersi accordare con i tempi realmente disponibili per l’esecuzione delle osservazioni, senza pregiudicarne l’oggettività e la validità.

Particolare importanza riveste la scelta delle scale fenologiche da adottare, che devono essere adeguate a descrivere il ciclo vegetativo e riproduttivo delle specie.

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Le scale fenologiche possono essere scelte tra quelle già esistenti, oppure essere appositamente elaborate. Il livello di dettaglio scaturisce dalle ragioni che motivano la raccolta ed il successivo utilizzo dei dati. Per dettaglio si intende il grado di accuratezza con il quale vengono osservati, descritti e riportati gli eventi fenologici.

Nel caso si vogliano utilizzare i dati fenologici per la predisposizione o la validazione territoriale di modelli previsionali, è richiesta una maggiore frequenza dei sopralluoghi in campo, essendovi la necessità di rilevare le esatte date di comparsa di tutti gli stadi previsti.

La rilevazione dello stadio fenologico avviene sulla unità di osservazione, che può essere rappresentata dall’intero individuo o da una sua parte.

Nella singola pianta la fase fenologica può manifestarsi in tempi diversi, a seconda della parte anatomica considerata: ad esempio, nella soia la comparsa dei primi baccelli avviene sui palchi più bassi; nelle colture arboree la schiusura dei fiori può seguire un andamento acropeto o basipeto.

In generale, può risultare utile evidenziare le unità di osservazione in modo tale da velocizzare i successivi rilevamenti: ad es. nel caso del mais si rivela utile identificare le foglie (ad es. apponendovi un segno di riconoscimento) una ogni tre emesse. Si facilita in tal modo il loro conteggio evitando errori e perdite di tempo, tanto più probabili quando, con l’avanzare dello sviluppo della pianta, le prime foglie disseccano perdendo riconoscibilità.

Queste caratteristiche devono quindi essere opportunamente riportate nelle note descrittive delle chiavi fenologiche o nelle linee guida che le accompagnano.

I dati ottenuti dovrebbero essere in grado di delineare correttamente lo stato fenologico del sito ed essere il meno possibile influenzati dalla soggettività del rilevatore. 5.6 - Formazione dei rilevatori

La formazione del personale rappresenta un elemento fondamentale per la conduzione di una valida rete di rilevamento, in quanto una elevata qualità dei dati si raggiunge solo con l’applicazione coerente delle metodologie di osservazione.

I dati da rilevare riguardano la descrizione dell’azienda, del campo, della coltura e delle pratiche agronomiche, secondo il dettaglio richiesto dalla scheda di rilevamento e secondo le metodologie adottate.

Le osservazioni fenologiche sono un aspetto a cui va prestato particolare interesse. Ai rilevatori deve essere chiara e ben definita la scala fenologica e l’unità fenologica da osservare, ovvero la parte morfologica della pianta nella

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quale si manifesta la variazione fenologica, sia essa un organo singolo (ad es. le bacche nel caso dell’invaiatura del pomodoro), un insieme di organi (ad es. ultimi palchi nella soia), o l’intera pianta (ad es. le colture erbacee nella fase di disseccamento).

La stima oggettiva dello stadio fenologico della pianta si ottiene attraverso la comparazione tra la scala fenologica e lo stato dell’individuo.

Il rilevamento fenologico prevede, inoltre, l’osservazione e l’annotazione, tramite valori percentuali o classi di appartenenza, di quanti individui si trovano nelle diverse fasi fenologiche accertate.

Se adeguatamente istruiti, i tecnici possono anche essere in grado di individuare l’evento fenologico con valutazioni che escludano l’esame delle singole piante.

Nella formazione dei rilevatori possono essere utili test visivi per l’attribuzione quantitativa di una determinata caratteristica nell’ambito di una popolazione o di una superficie. Risulta comunque fondamentale il confronto in campo tra i tecnici e l’esperienza acquisita dai singoli.

5.7 - Rilevazione fenologica Per rappresentare la realtà del sito risulta indispensabile individuare criteri

che stabiliscano: • la localizzazione in campo delle varie aree di rilevamento; • il numero di aree di saggio da osservare; • il numero di individui (piante) costituenti il campione; • la frequenza dei rilievi. 5.7.1 - Localizzazione in campo delle aree di rilevamento

Nell’individuare le aree di campionamento, vanno escluse quelle in cui possono essere presenti eventuali effetti perturbanti, dovuti a cause di tipo distributivo (quali la prossimità ai bordi del campo), pedomorfologico (quali la presenza di avvallamenti), biologico (quali attacchi parassitari).

Nelle colture ad elevata densità di individui per unità di superficie, come ad esempio i cereali autunno-vernini o l’erba medica, è preferibile stabilire la dimensione e la forma di ciascun’area di saggio da rilevare.

Nelle specie aventi una minore densità di impianto, quali le erbacee a semina di precisione o le arboree, si può dare una indicazione sul numero di individui che definisce l’estensione dell’area di saggio (ad es. area costituita da tre file affiancate, ognuna delle quali comprendente cinque individui, per un totale di quindici piante per singola area di rilevamento). Sarebbe opportuno definire aree di campionamento trasversali rispetto all’andamento delle file o dei filari.

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Le aree di rilevazione devono essere appositamente segnalate, in modo da effettuare tutti i rilievi sempre sulle stesse piante; queste devono essere abbandonate e sostituite con altri individui solo qualora le condizioni di rappresentatività venissero a decadere (ad es. per effetto di localizzati attacchi parassitari). 5.7.2 - Numero di aree di saggio da osservare

Il numero di aree sulle quali eseguire il rilievo va stabilito a priori. Tale numero è legato alla variabilità che caratterizza la popolazione e risulta essere tanto maggiore quanto maggiore è l’eterogeneità presente in campo.

L’adozione di questo criterio conduce ad un contenimento delle influenze di condizioni locali particolari sui risultati, conseguendo una maggior rappresentatività del rilievo.

Nella gestione ordinaria dei rilievi di campagna si consiglia solitamente di scegliere nel sito almeno tre aree di rilevamento, quanto più possibile rappresentative dello stato della popolazione.

Sono da considerare, al contempo, le dimensioni minime delle aree di saggio in funzione diretta delle dimensioni degli individui ed in funzione inversa della densità della popolazione.

All’interno delle singole aree di campionamento si esegue il rilievo su di un uguale numero di individui, pari ad un sottomultiplo del campione complessivo da esaminare. 5.7.3 - Numero di individui costituenti il campione

Sulla base di considerazioni di tipo statistico, la determinazione della numerosità del campione da osservare dipende dai seguenti elementi: • grado di variabilità della popolazione da indagare. Se non già noto, potrà

essere stimato sulla base di altre esperienze condotte sulla stessa popolazione oppure attraverso un esperimento preliminare;

• grado di precisione che si desidera avere. Si può esprimere come minima differenza che si vuol essere in grado di discriminare lungo la scala fenologica;

• livello di significatività che si vuole adottare per il rilievo. Rappresenta la probabilità di commettere un errore nell’attribuire il dato campionario all’intero campo. Sostanzialmente il numero di individui che dovranno costituire il campione

sarà tanto maggiore quanto più alte saranno la variabilità della popolazione e la precisione che ci si prefigge e quanto minore è il livello di significatività che si sceglie.

Ad esempio, laddove ci si trovi in presenza di popolazioni geneticamente molto omogenee, quali potrebbero essere i cloni arborei, sarà sufficiente, a parità di altre condizioni, un numero relativamente ridotto di esemplari da

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esaminare per dare indicazione dello stadio raggiunto, in quanto la variabilità della risposta ecofisiologica tra tali individui sarà minima.

Pertanto, considerando le modalità di campionamento e di descrizione quantitativa adottate, il numero totale di individui presenti nell’insieme dei campioni (aree di saggio) deve essere adeguato a rappresentare la realtà fenologica del campo, ma nello stesso tempo non deve costituire un impedimento alla veloce rilevazione da parte del personale tecnico solitamente addetto anche ad altre mansioni.

Nella pratica della rilevazione sono adottate strategie che, pur tenendo conto dell'errore soggettivo apportato dal rilevatore, spesso si affidano all'impressione desunta dal semplice colpo d'occhio. Tale tecnica, che è particolarmente utilizzata per le colture arboree, prevede comunque degli accorgimenti, quali l'esclusione delle file marginali e delle piante collocate alle testate dei campi.

Le rilevazioni sulle colture erbacee sono invece maggiormente sottoposte a specifiche metodologie di campionamento. Le aree di saggio possono variare soprattutto per la forma del campione: aerale o lineare, in senso longitudinale o diagonale alla coltura. I diversi servizi territoriali adottano inoltre un numero di aree di saggio per campo esaminato alquanto variabile.

Nella tabella sottostante sono riportati esempi di metodologie di campionamento adottate nelle reti agrofenologiche di tre regioni.

Emilia Romagna Lombardia Sardegna

Colture Erbacee

Metodologia: Campionamento Campionamento Campionamento frumento 3 aree di 1 m2 3 aree di 1 m2 10 replicazioni di 1

m2

orzo 3 aree di 1 m2 3 aree di 1 m2 riso 3 aree di 1 m2 barbabietola 3 aree di 10 m2 3 campioni di 10

piante

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Emilia Romagna Lombardia Sardegna

Colture Erbacee

Metodologia: Campionamento Campionamento Campionamento mais 3 aree con 15 piante

ciascuna rilievo a vista fino alla 4a foglia, quindi si rompe la 4a foglia su 10 piante su tre file e svengono seguite le fasi successive su di esse

sorgo 3 aree con 15 piante ciascuna

soia 3 aree di 2 m2 3 campioni di 10 piante

pomodoro 3 aree di 15 piante ciascuna

10 replicazioni di 5 piante ciascuna

patata 3 aree di 20 piante girasole 4 file di 5 m con

almeno 15 piante

erba medica 3 aree di 1 m2 cipolla 4 aree con 25 piante

ciascuna

carciofo 10 replicazioni di 5 piante ciascuna

cocomero 3 aree di 20 piante melone 3 aree di 20 piante fagiolino 4 file di 2 m pisello 4 file di 2 m

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Emilia Romagna Lombardia Sardegna

Colture Arboree

Metodologia: a vista per quasi tutte le colture

rilevate

a vista controllata e campionamento campionamento

actinidia 10 piante (con proporzione maschi/femmine)

melo a vista a vista su almeno 3 filari per cultivar

pero a vista a vista su almeno 3 filari per cultivar

pesco a vista a vista su almeno 3 filari per cultivar

vite a vista 10 piante rappresentative

2% delle piante presenti in 1 Ha

olivo a vista a vista su almeno 3 filari per cultivar

6 piante nei vecchi impianti, 14 piante nei nuovi impianti

arancio 6 piante nei vecchi impianti, 14 piante nei nuovi impianti

5.7.4 - Frequenza dei rilievi

Un’ultima considerazione riguarda la periodicità dei rilievi, definibile soprattutto in base alla conoscenza dei ritmi biologici della specie. Nelle regioni a clima più freddo la stasi vegetativa rende superfluo il sopralluogo durante gran parte della stagione invernale. Nel corso dei mesi primaverili ed estivi, invece, la rilevazione va programmata con una cadenza molto più ravvicinata e comunque non superiore alla settimana, a motivo dell’elevato tasso di sviluppo delle colture in tali epoche.

La periodicità dipende inoltre dai fini della rete di rilevamento. La cadenza può essere fissa o variabile, anche in considerazione della necessità di disporre di dati su tutti gli stadi fenologici o solo su parte di essi.

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5.8 - Schede agrofenologiche Le schede di rilevamento devono permettere una facile consultazione e

compilazione. Le informazioni richieste sono relative alla descrizione dell’azienda, del campo, della coltura e delle pratiche agronomiche.

La scheda deve essere impostata in modo da ridurre la manualità proponendo per quanto possibile domande a risposta chiusa, con opzioni a casella. L’adozione di codici va ridotta al minimo; ove risulti indispensabile, la legenda degli stessi deve essere allegata alla scheda.

L’aspetto grafico della scheda deve agevolare una facile identificazione delle aree da compilare e della loro sequenza, consentendo di ridurre i tempi morti di interpretazione e gli errori di compilazione.

Una impostazione oculata delle schede di rilevamento permette, inoltre, una più facile registrazione dei dati in archivi informatizzati.

I dati che devono essere sempre riportati in una scheda riguardano i seguenti elementi: 1. AZIENDA 2. CAMPO (SITO):

• comune (pertinenze amministrative), latitudine e longitudine, altitudine, esposizione, pendenza

• caratteristiche pedologiche (quali: classe tessiturale, composizione chimica

3. COLTURA • Specie • Cultivar

4. OPERAZIONI COLTURALI (PRATICHE AGRONOMICHE) PER LE SPECIE ERBACEE: • semina o anno di impianto (data e quantità di semente/numero di semi

o di piantine, distanze tra e sulle file) • lavorazioni del terreno • interventi di irrigazione • interventi di concimazione (tipo e quantità) • avversità riscontrate e trattamenti di difesa • stadio fenologico (qualitativo e quantitativo) • dati produttivi • breve descrizione dell’aspetto del campo rilevato

5. OPERAZIONI COLTURALI (PRATICHE AGRONOMICHE) PER LE SPECIE ARBOREE: • anno di impianto • origine delle piante (modalità di propagazione) • eventuale portainnesto

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• lavorazioni del terreno • forme di allevamento • cultivar impollinatrice (se presente) • interventi di irrigazione • interventi di concimazione (tipo e quantità) • avversità riscontrate e trattamenti di difesa • stadio fenologico (qualitativo e quantitativo) • dati produttivi • breve descrizione dell’aspetto del campo rilevato Varie tipologie di schede sono state finora elaborate da diversi Enti (vedi

Cap. 4), che hanno attivato le rilevazioni agrofenologiche sul territorio di competenza ma, a prescindere dalla forma grafica, le notizie richieste ai rilevatori presentano solo una lieve diversificazione rispetto a quelle precedentemente definite come fondamentali.

Nelle schede, il diverso livello di approfondimento delle informazioni richieste, come ad esempio quelle riguardanti le pratiche di conduzione agronomica, deriva dalle finalità della rete e dalle sue necessità operative.

Rispetto alle valutazioni di tipo quantitativo, si osserva una certa omogeneità di situazioni nelle modalità della loro registrazione. 5.9 - Esempio di rete agrofenologica

Di seguito, schematicamente, si riportano le azioni da intraprendere nella fase iniziale di costituzione di una rete di rilevamento agrofenologico: • scelta delle finalità dei dati; • scelta della specie e della varietà oggetto dei rilievi; • scelta della scala fenologica di riferimento, eventualmente elaborata

appositamente; • scelta dei siti più rappresentativi della zona di coltivazione della specie; • scelta delle aziende in cui compare nella successione colturale la/le varietà

più comune/i e diffusa/e della specie; • scelta del campo che meglio rappresenti la realtà agraria dell’area di

coltivazione per le caratteristiche morfologiche, pedologiche e topografiche;

• scelta del numero delle aree di campionamento e del numero di individui su cui effettuare le rilevazioni;

• scelta della cadenza con cui effettuare i rilievi (settimanale o variabile).

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Bibliografia Barbieri R., Botarelli L., Salsi A., Zinoni F., 1989. Guida alle rilevazioni agrofenologiche ed alla compilazione delle schede di rilevamento per le colture erbacee ed arboree. E.R.S.A., Bologna. OMM- Recueil de notes de cours pour la formation professionelle du personnel agrometeorologique de classe IV. A cura di A.V. Todorov. Quaderno OMM n. 593. Ginevra, Svizzera

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CAPITOLO 6 Organizzazione di dati fenologici in un database relazionale: l'esempio della banca dati del Progetto Finalizzato Phenagri

A. Calì, G. Dal Monte

6.1 - Introduzione

Le informazioni provenienti da una rete di rilevamento fenologico, annotate di solito su schede di campagna, necessitano di una organizzazione per poter essere utilizzate al meglio. E’ opportuno, allora, che tali informazioni affluiscano in una banca dati (o database) che permetta una loro consultazione facile e veloce. Prima ancora di dedicarsi alla realizzazione della banca dati, però, é fondamentale assicurarsi che le informazioni provenienti dalla rete siano il più possibile omogenee nel tempo e nello spazio. Ciò vuol dire che, in tutti i siti di rilevamento che compongono la rete, i rilievi devono avvenire secondo gli stessi criteri (per es. utilizzo della stessa scala fenologica per la descrizione delle fasi), e questi ultimi devono rimanere, per quanto possibile, invariati nel tempo. Pertanto molta attenzione dovrà essere rivolta all’impostazione dei protocolli di rilevazione e alla formazione del personale addetto. Lo sforzo compiuto in questa fase è garanzia per una più spedita organizzazione della banca dati e permette di avere un insieme di dati confrontabili, che aumenta il suo valore con l’allungarsi della serie storica.

La maggior parte dei software attualmente disponibili per la realizzazione di banche dati sono del tipo definito “relazionale” (RDBMS: Relational DataBase Management System -Sistema di gestione di banche dati relazionali), anche se comincia a suscitare interesse e a diffondersi un altro tipo di database, definito "orientato agli oggetti" (OODBMS: Object-Oriented DataBase Management System). I database relazionali sono caratterizzati dalla capacità di mettere in relazione informazioni che si riferiscono ad argomenti diversi ma collegati, ciascuno memorizzato separatamente. Tramite queste “relazioni”, ogni gruppo di informazioni può essere memorizzato una volta sola, per poi essere richiamato e collegato agli altri gruppi di informazioni tutte le volte che ciò risulta necessario. I vantaggi che ne conseguono sono relativi al ridotto tempo di immissione dei dati, al risparmio di memoria e ad una gestione dei dati più veloce e flessibile.

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6.2 - Progettazione del database In base all’esperienza condotta nell’ambito del Progetto Finalizzato

Phenagri (P.F.), la fase di progettazione di un database (DB) relazionale vede i seguenti passaggi fondamentali: 1. definizione dello scopo 2. definizione delle tabelle 3. definizione dei campi 4. definizione delle relazioni 5. verifica e revisione della struttura 6.2.1 - Definizione dello scopo

Definire lo scopo per il quale si vuole realizzare una banca dati significa definire il tipo di dati da memorizzare e le domande alle quali, tramite questi dati, si vuole dare risposta.

I dati dei rilievi agrofenologici, prodotti sia dal P.F. che all'esterno, raccolti su diverse specie, località e anni, sono organizzati nel DB Phenagri per i seguenti scopi: a) confrontarli in modo ragionato, sia nel tempo (ad es. comportamento di una

stessa specie nelle diverse annate in uno stesso sito) che nello spazio ( ad es. comportamento di una stessa specie nella stessa annata ma in località diverse ), anche in parallelo con i dati meteorologici;

b) effettuare delle specifiche elaborazioni (ad es. durata in giorni dell'intervallo tra due fasi, anticipi o ritardi rispetto alla norma, etc.);

c) validare i modelli di sviluppo delle colture; d) trasporli in un GIS (Sistema Informativo Geografico).

In concreto l'obiettivo del DB è stato quello di permettere: 1. l'immissione e l'organizzazione, direttamente dalle schede di campagna, dei

dati rilevati; 2. la consultazione e l’estrazione dei dati secondo criteri opportuni; 3. il trasferimento dei dati fenologici ad altri software, quali i GIS, i modelli

fenologici di sviluppo delle colture e i fogli elettronici. 6.2.2 - Definizione delle tabelle

Per la corretta impostazione del DB è necessaria una analisi approfondita dei dati da archiviare, al fine di stabilire gruppi di informazioni omogenee. Ciascuno gruppo si deve riferire ad un tema specifico all'interno dell'argomento generale trattato nel database.

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I gruppi di informazioni omogenee sono organizzati in tabelle e i legami logici che le uniscono (“relazioni”) costituiscono la struttura portante del database, sulla quale si appoggiano gli altri elementi, come query, maschere, report, etc..

I dati da memorizzare vengono inseriti nelle tabelle, tante quanti sono gli argomenti su cui il database si articola. Una tabella è composta da righe e colonne, similmente ai fogli elettronici: le righe costituiscono i “record” del database e le colonne i “campi” ( Fig. 1 ).

Fig. 1: Esempio di tabella creata con il programma MS Access con “campi” (colonne) e “record” (righe).

La corretta definizione delle tabelle, e delle relazioni che le uniscono, rappresenta il “cuore” del DB stesso.

Se questo aspetto risulta ben progettato (non a caso si parla di “architettura” del DB), le informazioni contenute nella banca dati saranno facilmente disponibili per qualsiasi tipo di elaborazione.

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Per il DB Phenagri, l’analisi dei dati ha evidenziato tre tipologie di

informazioni: 1. anagrafiche: relative alla localizzazione del sito di osservazione, alle sue

caratteristiche topografiche, geografiche e pedologiche, all’ente o persona responsabile dei rilievi, alla stazione meteorologica di riferimento;

2. sull’unità elementare di osservazione (tesi): informazioni riguardanti il materiale biologico (famiglia, specie, varietà) e le pratiche colturali (regime irriguo, epoca di semina, ...);

3. sui rilievi: informazioni relative ai rilievi fenologici veri e propri e agli argomenti correlati, come dati di laboratorio (pH, acido tartarico, acido malico, contenuto in olio, etc.), dati agronomici (avversità, trattamenti, produzione etc.) e dati meteorologici (temperatura massima, temperatura minima, precipitazioni, etc.).

E’ importante sottolineare che, mentre il primo tipo di informazioni di

norma rimane fisso nel tempo, gli altri due gruppi sono variabili e quindi soggetti ad aggiornamenti ed integrazioni.

Nel DB Phenagri le tabelle in cui i dati sono stati raggruppati sono nove, e cioè: ENTE, SITO, STAZIONE_METEO, RILIEVI_METEO, TESI, DATI_AGRONOMICI, REPLICA, RILIEVI_FENO, RILIEVI_ACCESSORI. 6.2.3 - Definizione dei campi

Stabilire i campi che devono entrare a far parte di ogni tabella significa individuare preliminarmente quali sono gli attributi necessari per definire in modo compiuto l'argomento a cui la tabella si riferisce.

Per il Progetto Finalizzato Phenagri, ad esempio, l'argomento "Ente responsabile dei siti di rilievo fenologico", trattato nella tabella ENTE, viene compiutamente descritto dai 10 campi visibili in figura 2.

E’ opportuno citare alcuni criteri da seguire per la definizione dei campi, e cioè: - devono essere effettivamente attributi relativi all’argomento trattato dalla

tabella; - devono descrivere compiutamente in tutti i suoi aspetti l’argomento di ogni

tabella; - devono essere distinti per ogni elemento di informazione, in modo da

suddividere il più possibile le informazioni: ad esempio, può essere opportuno creare due campi distinti "NOME" e "COGNOME" piuttosto che inserire i due elementi in un unico campo;

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- non devono contenere dati derivanti da calcoli, perché sarà il DB stesso ad effettuare i calcoli quando necessario;

- uno stesso campo non può essere contenuto in più tabelle.

Fig. 2: Struttura di una tabella creata con il programma MS Access.

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6.2.4 - Definizione delle relazioni Per garantire un corretto funzionamento del DB, ogni tabella deve

contenere almeno un campo che identifichi in modo univoco ciascun record memorizzato in quella tabella; un campo soddisfa questa condizione se, per ciascun valore assunto dal campo, esiste uno, ed uno solo, record con quel valore.

Tra i vari campi che possono presentare queste caratteristiche è necessario sceglierne uno e definirlo come “chiave primaria” di quella tabella: ciò servirà per associare e raggruppare rapidamente dati provenienti da tabelle diverse. Ad esempio, in una tabella che memorizzi informazioni su una categoria di persone, il campo "nome" e il campo "cognome" non possono garantire, né singolarmente né combinati tra di loro, l'univocità del loro contenuto. Il campo "codice fiscale", invece, offre questa garanzia e rappresenta pertanto un campo che può diventare “chiave primaria” della tabella di cui fa parte.

Se una tabella di un DB non contiene alcun campo o combinazione di campi con le caratteristiche di chiave primaria, può risultare utile inserire un campo ad hoc, tramite il quale si assegna un numero identificativo ad ogni record di quella tabella. Questo è ciò che é stato fatto nel DB Phenagri: poiché in alcune tabelle non risultavano presenti campi con le caratteristiche di univocità richieste, si è deciso di aggiungere in ogni tabella un apposito campo ID (identificativo) che contiene un numero progressivo per individuare in maniera univoca ogni record di ciascuna tabella. Così l'ID_RilievoFeno, ad esempio, è un campo che contiene un numero progressivo con il quale è identificato ciascun rilievo fenologico non appena viene memorizzato nel DB.

Una volta scelte le chiavi primarie di ogni tabella del DB, si può dire di aver completato la prima parte della progettazione, quella in cui si è esplicitato dettagliatamente quali saranno gli argomenti del DB (tabelle), quali saranno gli attributi di ciascun argomento (campi) e qual è l'attributo che identifica l'argomento in maniera univoca (chiave primaria).

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Fig. 3: Schema relazionale del DB Phenagri.

A questo punto si può passare alla fase successiva, quella in cui bisogna individuare i rapporti che sussistono tra i diversi argomenti del DB, cioè bisogna analizzare i dati di ciascuna tabella e stabilire le relazioni che intercorrono tra le informazioni contenute nelle diverse tabelle del DB.

Con questa operazione vengono messe in connessione le tabelle l'una con l'altra e vengono attivati i collegamenti tra le informazioni. Il software di gestione del DB si servirà di queste relazioni per ricercare le informazioni

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correlate, memorizzate nel DB, e per effettuare le operazioni di aggiornamento, ricerca, elaborazione, estrazione e confronto richieste dall'utente. 6.2.5 - Verifica e revisione della struttura

Una volta definite le relazioni del DB, per completare il processo di progettazione è necessario sia analizzare di nuovo nel dettaglio ogni singolo elemento, sia dare uno sguardo d'insieme a quanto realizzato, per verificarne la coerenza logica e funzionale. Per garantire l'efficacia di questa verifica è opportuno controllare che il DB sia conforme a due criteri fondamentali, l'”integrità” e la “normalizzazione”.

L'integrità del DB è garantita dal rispetto di due regole generali, valide indipendentemente dal software utilizzato per la gestione del DB: l’integrità dell'entità e l'integrità referenziale.

La prima stabilisce che una chiave primaria non può contenere valori nulli né valori duplicati, mentre la seconda serve ad assicurare che le relazioni tra i record delle tabelle correlate siano valide e che non vengano eliminati o modificati per errore i dati correlati.

La normalizzazione di un DB è un processo che mira a raggiungere tre scopi: eliminare informazioni ridondanti, incrementare l'integrità dei dati e rendere il sistema più efficiente. Una volta effettuata la revisione, si può considerare esaurita l'attività di progettazione della struttura portante del DB. 6.2.6 - Interrogazione dei dati

Il vero scopo finale di una banca dati non è tanto quello di contenere ed organizzare i dati, quanto, piuttosto, quello di fornire risposte adeguate alle interrogazioni effettuate dagli utenti. La parte del DB dedicata a rendere possibili le interrogazioni è la parte che finalizza e dà visibilità a tutto il lavoro precedentemente realizzato; è, di solito, l’unica parte con la quale l’utente finale ha un contatto diretto.

Da qui l’importanza di curarne la facilità di utilizzo e la flessibilità dei criteri di ricerca dei dati di interesse.

Un DB ben progettato dal punto di vista logico permetterà un accesso flessibile ai dati, rispondendo in maniera puntuale alle interrogazioni degli utenti.

Lo strumento tramite il quale vengono effettuate le interrogazioni all’interno di un DB viene definito, con il termine inglese, “query” (domanda, interrogazione). Le query sono uno strumento fondamentale in qualsiasi sistema di gestione di DB. Possono essere utilizzate, ad esempio, per selezionare gruppi di specifici record, per raggruppare e successivamente visualizzare informazioni provenienti da differenti tabelle.

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Il DB Phenagri è stato impostato in modo da permettere l’interrogazione parallela dei dati fenologici e dei corrispondenti dati meteorologici. Le interrogazioni vengono costruite dall’utente all’interno di una maschera (Fig. 4), che lo guida nelle scelte da effettuare di volta in volta: i criteri di selezione dei dati da consultare vengono inseriti tramite menù a tendina, scegliendoli tra tutti quelli disponibili.

Il punto di partenza dell’interrogazione è costituito dalla scelta dell’ente responsabile delle osservazioni in campo.

Fig. 4: Maschera di consultazione dati. Poiché un ente può gestire più di un campo o azienda sede di rilievi fenologici, è possibile scegliere l’azienda di interesse, tra quelle afferenti all’ente già

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selezionato in precedenza. Se il sito prescelto è associato ad una stazione meteorologica di riferimento, si attiverà nella maschera anche una sezione che consentirà all’utente di scegliere, tra i dati meteorologici disponibili, quelli che maggiormente interessano.

Successivamente è necessario indicare l’intervallo temporale (data di inizio e data di fine) su cui effettuare la ricerca e una serie di informazioni (varietà, epoca di semina, regime idrico e numero di pianta), che consentono di individuare la tesi sperimentale della quale si vogliono esaminare i dati.

L’informazione sul numero della pianta è resa necessaria dal fatto che, nell’ambito di Phenagri, il rilievo della fase fenologica non è relativo ad una parcella o ad un appezzamento nel suo complesso, ma è relativo a singoli individui scelti a caso all’inizio della campagna di rilevamento; di conseguenza, l’utente può selezionare la pianta (o le piante) di cui vuole avere i rilievi fenologici, oppure tutte le piante (il numero varia da 5 a 20 a seconda della coltura).

Dopo che l’utente ha inserito tutte le opzioni previste, il DB visualizza il risultato della interrogazione in due maschere separate, una per i dati fenologici e l’altra per i dati meteorologici, all’interno delle quali è possibile: effettuare una stampa dei dati visualizzati; trasferire i dati su foglio elettronico Excel (l’indirizzo in cui viene salvato il file con formato *.xls viene comunicato all’utente tramite un apposito messaggio).

Tornando alla maschera di interrogazione dati, con un apposito pulsante si possono poi annullare le selezioni precedentemente effettuate e procedere così ad una nuova interrogazione.

Note Si riportano alcuni siti Internet che contengono informazioni e spiegazioni

per la realizzazione di un DB http://www.athree.com/ http://support.microsoft.com/support/kb/articles/Q88/6/57.asp>

Nella realizzazione del DB Phenagri sono stati presi come riferimento le strutture dei DB agrofenologici del Servizio Meteorologico Regionale dell'Emilia Romagna e del Servizio Agrometeorologico Regionale della Sardegna.

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Bibliografia 1994."Microsoft Access v. 2.0. Manuale dell'utente". Microsoft Corporation, 956 pp. Atzeni P., Ceri S., Paraboschi S., Torlone R., 1999. “Basi di dati”. Mc Graw-Hill, Milano, 620 pp. Bechini L.,1999. “Le strutture di database come elemento del sistema di qualità in agrometeorologia”. Atti del workshop nazionale di agrometeorologia AIAM 99 “Agrometeorologia e qualità dei dati”, 66-73. Gardin L, Napoli R., Costantini E. A. C., 1996. "Architettura di un database relazionale per un sistema informativo pedologico". Atti del Convegno "Contributi della scienza del suolo allo studio e alla difesa dei territori montani e collinari", Bollettino della società italiana di scienza del suolo, n° 8, dicembre 1996, 165-182. Gauthier, L., Guay, R., 1998. "Using object-oriented database management technology in agricultural decision support software". Canadian Agricultural Engineering Vol. 40, n° 3, 219-226. Jennings R.,1997. "La Grande Guida ACCESS 97". Jackson libri. 921 pp.

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CAPITOLO 7 Organizzazione ipertestuale delle informazioni: la fenologia dei cereali autunno-vernini

I. Faccini, A. Libè, F. Zinoni

7.1 - Finalità

Nell'ambito del P. F. Phenagri è stato attivato il sottoprogetto Metodi e tecniche di documentazione il cui obiettivo principale è costituito dalla valorizzazione dei risultati e delle conoscenze prodotte dalla ricerca.

I risultati di un progetto di ricerca si identificano sovente nelle nuove acquisizioni tecnologie e di sapere che, se pur difficilmente quantificabili all'inizio di ogni progetto, sono il momento culminante di un lavoro paziente e sistematico alla cui base c’è la raccolta più completa possibile di notizie sull'argomento trattato.

In campo fenologico le informazioni organizzate sono spesso un fabbisogno insoddisfatto. Informazioni e dati, troppo semplici o troppo complessi, troppo specifici per alcuni aspetti del ciclo colturale e troppo generici per altri, dispersi in lingue diverse e su riviste di settore, costituiscono un ostacolo alla diffusione della materia in ambito formativo, culturale e tecnico.

Da queste considerazioni è nata l'esigenza di valorizzare il patrimonio di conoscenze prodotte all'interno del progetto finalizzato con la realizzazione di un ipertesto, concentrando la ricerca sui cereali autunno vernini, un gruppo di colture importanti sia per la distribuzione mondiale della produzione, sia per la qualità e la quantità degli studi effettuati.

L'ipertesto è uno strumento per organizzare informazioni, per elaborare nuove tecniche di comunicazione e nuove strategie di apprendimento. La prima idea di un sistema ipertestuale assistito da un calcolatore è stata esposta nel 1945 da Vannevar Bush pensando all'importanza che, nella comunità scientifica mondiale, avrebbe assunto col tempo il problema della trasmissione rapida e della consultazione agevole delle informazioni.

Gli ipertesti, noti anche come softcopy e più in generale come ERD (Documenti di Riferimento Elettronici) sono strumenti conoscitivi più duttili ed efficaci rispetto ai testi cartacei. Gli ERD utilizzano la potenza del computer per gestire le informazioni e trovare rapidamente risposte ai vari quesiti.

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7.2 - Contenuti L’ipertesto “Fenologia dei cereali autunno-vernini” ha lo scopo di fornire a

studenti, tecnici ed agricoltori uno strumento che raccoglie in modo organico le conoscenze sulla fenologia dei cereali autunno-vernini evidenziando le differenze morfologiche fra le varie specie di cereali, spiegandone la crescita e lo sviluppo e descrivendone la risposta all’ambiente ed alla conduzione agronomica.

Come ampiamente visto nei primi capitoli di questo manuale, lo sviluppo delle piante avviene attraverso una serie ordinata di fasi fenologiche che sono l’espressione morfologica di processi biochimici e fisiologici caratteristici di ciascuna specie. All’interno dell’ipertesto come “unità di base” è stata scelta la “fase fenologica” a partire dalla quale è possibile acquisire informazioni di tipo didattico o di tipo gestionale.

Le diverse fasi fenologiche dipendono dalle condizioni ambientali e dal genotipo e non è possibile prevederne precisamente la comparsa e la durata se non attraverso l'osservazione diretta dell'apice del germoglio o della spiga in formazione.

La conoscenza degli stadi di sviluppo consente la corretta previsione dei tempi di intervento così da aumentare l’efficacia delle pratiche agronomiche, quali la concimazione, il diserbo e l’applicazione dei trattamenti fitoiatrici, nonché permette di prevedere gli effetti degli stress biotici e abiotici sulle caratteristiche qualitative e quantitative della granella.

Per descrivere in modo conciso lo sviluppo dei cereali autunno-vernini sono state messe a punto numerose scale o chiavi fenologiche codificate. Alcune scale si basano sull'aspetto esteriore della pianta descrivendo tutti gli stadi fenologici; altre individuano solo gli stadi di sviluppo potenzialmente critici per la coltura. Queste ultime, di solito, si affidano a misure di parti della pianta, come nel caso della tecnica di osservazione della “spiga ad un centimetro” messa a punto da agronomi francesi nel 1980.

Il manuale fornisce una dettagliata descrizione della morfologia e della fisiologia di ogni singola fase della pianta, documentandola ampiamente con supporti visivi (immagini, schemi e filmati) e fornendo la comparazione fra le 5 scale maggiormente utilizzate (Haun, Keller-Baggiolini, Roming, Feekes, Zadoks). Per ogni fase vengono descritte le interazioni tra l’evoluzione della pianta e le condizioni climatiche e vengono illustrati i presupposti su cui si basano i principali modelli previsionali sviluppati per la simulazione dello sviluppo dei cereali.

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7.3 - Struttura L'ipertesto “Fenologia dei cereali autunno-vernini” risponde a tre diversi

sistemi organizzativi: • è un sistema macroletterale, ovvero se utilizzato in Internet raggruppa

grandi librerie di documenti attraverso collegamenti in rete supportati da server diversi;

• è un sistema “browsing” perché consulta un discreto numero di documenti sul proprio CD;

• è un sistema “multipurpose” perché adotta la tecnologia ipertestuale per attività formative. Le informazioni e le immagini contenute nell’ipertesto sono organizzate in

moduli informativi autosufficienti, detti nodi di conoscenza, collegati fra loro mediante connessioni logiche dette “link”.

Le tipologie dei link attualmente utilizzate dagli autori di ipertesti sono sostanzialmente tre: lineare, gerarchico e referenziale.

Nella tipologia lineare i link sono collegati tra loro in modo sequenziale come i capitoli di un libro e l'autore stabilisce una lettura logica delle varie parti del testo secondo uno schema rigidamente definito da lui.

Nella organizzazione gerarchica i nodi di conoscenza sono collegati in uno schema ad albero.

La terza tipologia, meno diffusa delle precedenti negli ipertesti distribuiti su CD-Rom, è definita referenziale e i link non seguono una costruzione logica definita dall’autore, ma permettono al lettore di leggere l’ipertesto partendo da qualsiasi nodo.

La tipologia dei link referenziali è alla base del World Wide Web di Internet, un ambiente ipertestuale e multimediale, sviluppato presso il CERN di Ginevra, che integra risorse diverse situate ovunque sulla rete.

Il presente manuale è riconducibile ad un modello integrato-misto fra la struttura lineare e la struttura gerarchica. Tale struttura consente di utilizzare l’ipertesto come un manuale cartaceo con una linearità di sviluppo che rispecchia il susseguirsi delle fasi fenologiche della coltura; nel contempo, le informazioni relative a ciascuna fase sono strutturate ad albero consentendo al lettore di reperire rapidamente l’informazione ricercata con un massimo di due salti di livello.

Ogni fase fenologica presenta un sommario degli argomenti trattati in quella unità didattica affinché il lettore possa scegliere se scorrere tutte le pagine del modulo, oppure soffermarsi su una determinata sezione del testo, della documentazione fotografica, o della bibliografia. Sia la documentazione fotografica che la bibliografia di approfondimento sono raggiungibili con link

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dedicati; è tuttavia lasciata al lettore la possibilità di scorrere tutte le immagini contenute nel documento e visualizzare tutta la bibliografia riportata. 7.4 - Modalità di accesso alle informazioni

L’ipertesto è stato realizzato in due versioni: una versione per PC su supporto CD-Rom; una versione per accesso in rete mediante Internet.

Per maggiori dettagli sulle caratteristiche del sistema si rimanda allo specifico Volume della collana “Ipertesto della Fenologia dei Cereali” in fase di realizzazione.

Per facilitare la consultazione dei risultati conseguiti nel corso del progetto finalizzato nella versione Internet sono stati ipotizzati e proposti i seguenti percorsi di consultazione: • Sintesi dei risultati • Modelli matematici e Banche dati • Manuale fenologico

Nella sezione “Sintesi dei risultati” sono disponibili i risultati a cui è pervenuto il P.F. Phenagri. Nella sezione “Modelli matematici e Banche dati” è possibile connettersi con un server nel quale effettuare simulazioni di crescita, oppure consultare le banche dati fenologiche. Selezionando la sezione “Manuale fenologico” si accede ad una sintesi del manuale proposto su CD-Rom. In tale sezione è possibile, inoltre, accedere ad altri manuali ipertestuali disponibili in rete nei siti dello United States Department of Agriculture (USDA) o di altri Istituti o Associazioni. E’ previsto anche un indirizzo di posta elettronica a cui collegarsi per inviare agli autori dell’ipertesto suggerimenti sul manuale o segnalazioni su nuovi siti di interesse reperibili in Internet.

Bibliografia Bolter J., 1993: Lo spazio dello scrivere. Vita e Pensiero, Milano

Calvani A., 1990: Dal libro stampato al libro multimediale. La Nuova Italia, Firenze

Cesareni D., 1995: Ipertesti ed apprendimento. Garamond, Roma

Corcione D., Di Tonto G., 1989: Dal testo all’ipertesto. Teoria, utilizzo e aree applicative. Jackson, Milano

Landow G., 1993: Ipertesto, il futuro della scrittura. Baskerville, Bologna

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Nelson T., 1990: Hypertext & Hypermedia. Academic Press Inc., Boston, London

Pfaffenberger B., 1996: The Elements of Hypertext Style. Academic Press Inc., Boston , London

Tway L., 1993: Multimedialità. Come costruire un’applicazione. Tecniche Nuove, Milano

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APPENDICE 1 La scala BBCH

La scala BBCH - Biologische Bundesanstalt, Bundessortenamt and CHemical industry (Compendium of Growth Stage Identification Keys for Mono- and Dicotyledonous Plants – Extended BBCH scale; 2nd Edition, 1997) è un sistema ideato per codificare uniformemente stadi fenologici di sviluppo analoghi, osservabili sia in specie monocotiledoni che dicotiledoni. La sua struttura permette di racchiudere tutte le scale già esistenti; inoltre è possibile utilizzarla anche per tutte quelle specie per le quali attualmente non sono disponibili scale apposite.

La scala è scaturita da un lavoro di gruppo tra: German Federal Biological Research Centre for Agriculture and Forestry (BBA); German Federal Office of Plant Varieties (BSA); German Agrochemical Association (IVA); Institute for Vegetables and Ornamentals in Grossbeeren/Erfurt, Germany (IGZ).

La scala BBCH, che si basa sulla ben conosciuta scala di Zadoks (1974), è divisa in stadi di sviluppo primari e secondari. Ogni stadio viene indicato tramite un codice composto da due cifre.

Principi base della scala • L’intero ciclo biologico delle piante è suddiviso in dieci stadi di sviluppo

principali indicati con i numeri da 0 a 9 (figure 1a e 1b; tabella 1). • All’interno degli stadi principali possono essere individuati stadi secondari

che definiscono momenti di sviluppo molto brevi. Come gli stadi principali sono indicati usando i numeri da 0 a 9. Gli stadi di sviluppo secondari corrispondono ai rispettivi numeri ordinali o a valori percentuali. Per esempio lo stadio 3 può rappresentare: la terza foglia, il terzo culmo, il terzo nodo, il 30% della lunghezza finale, il 30% della fioritura.

• Eseguendo un rilievo fenologico, se si osserva che due o più stadi di sviluppo principali procedono in parallelo, è possibile indicarli entrambi, utilizzando una linea obliqua (esempio 16/22 – sei foglie e due germogli laterali visibili). Se si vuol riportare un solo stadio di sviluppo, dovrà essere indicato quello la cui fase è maggiormente avanzata, oppure sarà indicato quello che presenta un maggiore interesse.

• Dalla combinazione dei numeri degli stadi di sviluppo principali e secondari, risulta un codice composto da due cifre che permette di definire precisamente gli stadi di sviluppo fenologico per la maggior parte delle specie vegetali.

• Nel caso di alcune specie come cetriolo, cipolla, patata, soia e pomodoro è possibile utilizzare una scala a tre cifre. In questo caso la prima cifra è riferita allo stadio fenologico principale, la seconda si riferisce al fusto principale o all’ordine della ramificazione su cui si trova l’organo osservato, la terza si riferisce al grado di sviluppo dell’organo, espresso come valore ordinale o come percentuale. Ad esempio, per la patata, lo stadio 631 indica che la fioritura (6) su una ramificazione laterale di 3° ordine (3) riguarda il 10% (1) dei fiori.

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Figure e 1b 1a – Suddivisione del ciclo di sviluppo delle piante in stadi principali e secondari (a) e in stadi principali, mesostadi e stadi seco ari (b). I mesostadi sono inseriti tra gli stadi princ

ndipali e quelli secondari.

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• La semina o la messa a dimora delle piantine è codificata con 00. La post-raccolta• o i trattamenti di stoccaggio sono codificati con 99.

definire gli stadi di sviluppo di un campo à essere applicabile almeno al 50% delle

piante. La breve durata delle fasi di sviluppo in alcune piante può essere uesti casi due codici sono uniti da un

la .

TA LA 1 nci

S io

• Se la scala è utilizzata percoltivato, la descrizione dovr

definita indicando due stadi. In qtrattino. Così, per esempio il codice 51-69 descrive una fase di sviluppo che va dalla comparsa della prima infiorescenza o del primo bocciolo fiorale fino al fine della fioritura

BELtad

- riP pali stadi di crescita Descrizione

0 Germ naz elle gemme i ione / germogliamento / sviluppo d1 S po vilup delle foglie (fusto principale) 2 Formazione dei germogli laterali / accestimento

3 Allungam cipale o crescita della rosetta / sviluppo del germo

ento del fusto pringlio principale

4 S o degli organi per la propagazione botticella (c pr

vilupp delle parti vegetative che andranno raccolte o sviluppovegetativa / stadio di

incipale) ulmo5 Em genzer a delle infiorescenze (fusto principale) / spigatura 6 F ra (ioritu fusto principale) 7 S po vilup dei frutti 8 Maturazione dei frutti e dei semi 9 S enzenesc a, inizio della dormienza

Le defini de

riferite ai seguenti gruppi di piante: D cotiledon ndic

getative o da organi per la propagazione

• n a• te pere , ind

Sta princi ale dGerminazione, germogliamento, sviluppo delle gemme

Codice Gruppo

zioni lle fasi fenologiche riportare nelle tabelle seguenti sono

i i, i ate con D • • Monocotiledoni, indicate con M • Piante che si sviluppano da parti ve

indicate, con V Grami acee, indic te con G Pian nni icate con P

dio p i crescita: 0

Descrizione dello stadio 00 Semina

P,V i riposo Dormienza invernale o periodo d01 Inizio dell’imbibizione dei semi

P,V Inizio del rigonfiamento delle gemme 03 Imbibizione dei semi completata

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P,V Fine del rigonfiamento delle gemme 05 Emergenza della radichetta dal seme

P,V perennanti Formazione delle radici da organi

0 6 Allungamento della radice, formazione dei peli radicali e/o delle radici laterali

07 ariosside G Fuoriuscita del coleoptile dalla c

D oglio rompono la parete , M Ipocotile con i cotiledoni o il germesterna del seme

P,V rtura delle gemme Inizio del germogliamento o ape

08 D ono verso la superficie del Ipocotile con i cotiledoni crescterreno

P,V Crescita del germoglio verso la superficie del terreno

09 G Emergenza: il coleoptile emerge attraverso la superficie del terreno

D, M Emergenza: il coleoptile emerge attraverso la superficie del terreno (con eccezione per la germinazione ipogea)

D,V Emergenza: germoglio/foglia emerge attraverso la superficie del suolo

P La gemma mostra la punta verde Stad o princ le dSvil o delle glie

Codice Gruppo stadio

i ipa i crescita: 1 upp fo (fusto principale)

Descrizione dello 10 G Prima foglia vera che emerge dal coleoptile

D ,M Cotiledoni completamente dischiusi P Prime foglie separate

11 Prima foglia vera, paio di foglie o verticillo dischiuso P Prime foglie dischiuse

12 2 foglie vere, 2 paia di foglie o 2 verticilli dischiusi 13 3 foglie vere, 3 paia di foglie o 3 verticilli dischiusi

1…. ….. Gli stadi continuano fino a19 9 o più foglie vere, 9 paia di foglie o 9 verticilli dischiusi

Stadio principale di crescita: 2 Formazione dei germogli laterali / accestimento

Codice Gruppo Descrizione dello stadio 21 Primo germoglio laterale visibile

G Primo culmo di accestimento visibile 22 2 germogli laterali visibili

G 2 culmi di accestimento visibili 23 3 germogli laterali visibili

G 3 culmi di accestimento visibili 2 ….. Gli stadi continuano fino a …..

29 9 o più germogli laterali visibili G 9 o più culmi di accestimento visibili

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Stadio principale dAllu amento l fu germoglio principale

Codice Gruppo

i crescita: 3 ng de sto principale o crescita della rosetta / sviluppo del

Descrizione dello stadio 31 Fusto al 10% della lunghezza finale o rosetta al 10% del

diametro finale G 1 nodo distinguibile

32 Fusto al 20% della lunghezza finale o rosetta al 20% del diametro finale

G 2 nodi distinguibili

33 lunghezza finale o rosetta al 30% del diametro finale Fusto al 30% della

G 3 nodi distinguibili 3 …… Gli stadi continuano fino a …..

39 Raggiungimento della lunghezza massima del fusto o raggiungimento tta del diametro finale per la rose

G 9 o più nodi distinguibili Stad o princ le dSviluppo delle parti vegetative che andranno raccolte o sviluppo degli orga i per l rop lmo

rincipale) ione dello stadio

i ipa i crescita: 4

n a p agazione vegetativa / stadio di botticella (cup

Codice Gruppo Descriz40 Le parti vegetative destinate alla futura raccolta o gli organi

per la propagazio pparsi ne vegetativa iniziano a svilu41 G foglia a bandiera Estensione della guaina della

43 Le parti vegetative destinate alla futura raccolta o gli organi

vegetativa hanno raggiunto il 30% delle i

per la propagazione loro dimensioni final

G lia a bandiera è appena visibilmente La guaina della foggonfia (stadio di media botticella)

45 Le parti vegetative destinate alla futura raccolta o gli orper la propagazione vegetativa hanno raggiunto il 50% delle

gani

loro dimensioni finali

G La guaina della foglia a bandiera è rigonfia (stadio finale di botticella)

47 Le parti vegetative destinate alla futura raccolta o gli organi per la propagazione vegetativa hanno raggiunto il 70% delle loro dimensioni finali

G Apertura della guaina della foglia a bandiera

4 ani

anno raggiunto le loro 9 Le parti vegetative destinate alla futura raccolta o gli orgper la propagazione vegetativa hdimensioni finali

G Prime reste visibili

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Sta princi ale dEmergenza delle infio

Codice Gruppo

dio p i crescita: 5 rescenze (fusto principale) / spigatura

Descrizione dello stadio 51 Infiorescenza o gemme fiorali visibili

G Inizio della spigatura 55 Primi fiori visibili (ancora chiusi)

G Emergenza di metà delle infiorescenze (metà spigatura) 59 Primi petali dei fiori visibili (nelle forme con petali)

G Emergenza completa delle infiorescenze (fine spigatura) Sta princi ale dFio ra (fusto princ

Codice Gruppo Descrizione dello stadio

dio p i crescita: 6 ritu ipale)

60 Primi fiori aperti (sporadici) 61 Inizio della fioritura (10% dei fiori aperti) 62 20% dei fiori aperti 63 30% dei fiori aperti 64 40% dei fiori aperti 65 Piena fioritura: 50% dei fiori aperti, primi petali caduti

67 Termine della fioritura; la maggior parte dei petali sono caduti o disseccati

69 Fine della fioritura, allegagione visibile

tadio principale di crescita: 7

ione dello stadio

SSviluppo dei frutti

DescrizCodice Gruppo 71 Il 10% dei frutti ha raggiunto le dimensioni finali, oppure i

frutti hanno raggiunto il 10% delle loro dimensioni finali G Cariossidi in maturazione acquosa

72 Il 20% dei frutti ha raggiunto le dimensioni finali, oppure i 0% delle loro dimensioni finali frutti hanno raggiunto il 2

73 Il 30% dei frutti ha raggiunto le dimensioni finali, oppure i frutti hanno raggiunto il 30% delle loro dimensioni finali

G Inizio maturazione lattea

74 Il 40% dei frutti ha raggiunto le dimensioni finali, oppure i frutti hanno raggiunto il 40% delle loro dimensioni finali

75 Il 50% dei frutti ha raggiunto le dimensioni finali, oppure i frutti hanno raggiunto il 50% delle loro dimensioni finali

G Metà maturazione lattea

76 Il 60% dei frutti ha raggiunto le dimensioni finali, oppure i frutti hann delle loro dimensioni finali o raggiunto il 60%

77 Il 70% de to le dimensioni finali, oppure i i frutti ha raggiunfrutti hanno raggiunto il 70% delle loro dimensioni finali

G Fine maturazione lattea

78 L’80% dei frutti ha raggiunto le dimensioni finali, oppure i frutti hanno raggiunto l’80% delle loro dimensioni finali

79 Quasi tutti i frutti hanno raggiunto le dimensioni finali

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Stadio principale di crescita: 8 Maturazione dei frutti e dei semi

Codice Gruppo Descrizione dello stadio 81 Inizio della maturazione o della colorazione dei frutti 85 Maturazione avanzata o colorazione avanzata dei frutti

G Maturazione cerosa

87 I frutti cominciano ad ammorbidire (specie carnosi)

con frutti

89 Piena maturazione: i frutti mostrano il colore della piena maturazione; inizio dell’abscissione dei frutti

Stadio principale di crescita: 9 Senescenza, Inizio della dormienza

Codice Gruppo Descrizione dello stadio 91 P Sviluppo del fusto completato, chioma ancora verde 93 Inizio della caduta delle foglie 95 50% delle foglie cadute

97 Fine della caduta delle foglie, la parte epigea delle piante è morta o dormiente

P Piante in riposo o dormienti 99 Prodotto raccolto

Bibliografia BBA, BSA, IGZ, IVA, AgrEvo, BASF Bayer, Novartis. 1997: Compendium of Growth Stage Identification Keys for Mono- and Dicotyledonous Plants – Extended BBCH scale; 2nd Edition

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APPENDICE 2 Messaggi agrofenologici

A. Brunetti

Premessa

I messaggi meteorologici in codice (SYNOP, METAR, TEMP, ecc.) sono utilizzati da tempo, sistematicamente nella pratica meteorologica. Senza il loro

non sarebbe possibile lo scambio internazionale dei dati, il volo aereo e le isioni del tempo, perché solo con una codifica riconosciuta universalmente possibile scambiare velocemente le informazioni dalle stazioni

uso prevè

eteorologiche ai centri di calcolo, e

perm

dallaLavsuggcodi

° 65 - 1996),

odifica dei dati specifiche caratteristiche di tali Paese e che si riferivano e si

scam

ternazionali.

ernazionali di allerta e di monitoraggio elle produzioni alimentari. Ma anche localmente si avverte la necessità di

m poi tra questi, fino agli utilizzatori, con una corretta comprensione, senza tenere conto della lingua e in un formato che

ette di elaborare i dati con sistemi automatici. I codici meteorologici sono riportati nel manuale WMO N° 306, della

World Meteorological Organization (WMO), che è regolarmente revisionato Commissione dei Sistemi di Base (CSB) su segnalazione del Gruppo di

oro sulla Rappresentazione dei Dati e sui Codici (WGDRC), ma anche su erimento di gruppi di utenti che possono raccomandare la modifica di ci o di procedure delle quali hanno una particolare competenza.

lo di recente a proporreIn agrometeorologia, invece, si è cominciato sol'uso di messaggi. Uno dei primi esempi di codifica è il messaggio METAG descritto nel rapporto “Agrometeorological Data Management” della

eport, nCommissione di Meteorologia Agricola (WMO-CAgM Rdi seguito illustrato in dettaglio.

La scarsa attenzione prestata nel passato alla cagrometeorologici trovava giustificazione nelledati, in genere molto diversificati da Paese a

biavano solo all'interno dell'area geografica nella quale erano originati. Inoltre la loro utilizzazione non richiedeva una velocità elevata di scambio, le informazioni biologiche erano in numero limitato, almeno se confrontate con quelle meteorologiche e potevano essere scambiate in chiaro, senza i vincoli, gli obblighi e le semplificazioni connessi con accordi in

Tali condizioni si vanno ora modificando, come dimostrato dall'interesse della CAgM al problema. L'esigenza di codifica delle informazioni agrometeorologiche è da mettere in relazione con l'attuale, crescente, circolazione globale delle informazioni anche agrometeorologiche, come ad esempio avviene con i programmi intd

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introdurre sistemi di standardizzazione e codifica per l'interscambio delle ni, attività facilitata, ed imposta, a volte, dalle disponibilità di nuovi

e più

inalizzato "Phenagri: fenologia per

ioni disponibili; •

cono informazioni agrometeorologiche che possono essere utilmente scambiate;

fas a interregionale "Sistema per l'interscam orologici tra MiPAF e Regioni", che prevede un intenso scambio di informazioni

teo lla RETE AGROFENOLOGICA NAZIONALE tenso e continuativo scambio di dati nel Paese.

vi è una buona tradizione nella osservazione fenologica anche attraverso Società Botanica Italiana;

si riscontr• è molto at liana di Aerobiologia.

In tale con gio agrometeorologico METAG, che iene descritto di seguito così come elaborato dall’apposito Gruppo di Lavoro ella CAgM, si propongono qui per la prima volta due nuovi messaggi

PHENAG G, in gruppi di formazioni, ma con adattamenti per meglio rispondere all'esigenza di

nto, la parte relativa alle sservazioni meteorologiche è stata sostituita con il solo identificativo della

informazio efficienti sistemi informatici e tecnologici. In particolare in Italia si vanno realizzando condizioni che suggeriscono la

necessità di predisporre modalità codificate di scambio di dati agrometeorologici, con una particolare attenzione a quelli agrofenologici, da usare già nei programmi nazionali ed interregionali in fase di attuazione.

In Italia infatti: • è in fase di completamento il progetto f

l'agricoltura" che ha previsto, tra l'altro, la raccolta sistematica delle informazioni fenologiche prodotte dal Progetto e da altri Enti sul territorio nazionale, e la successiva messa a disposizione ad altri utenti delle informazi Servizi Agrometeorologici Regionali e il Sistema Informativo Agricolo Nazionale producono e gestis

• è in e di attuazione il programmbio di dati, informazioni e prodotti agromete

agrome rologiche tra le Regioni e tra queste e il MiPAF e ha posto lebasi per la realizzazione deche pure determinerà un in

Tutto ciò è reso possibile anche dal fatto che in Italia: •

l'attività del Gruppo Bioritmi della• a la vivace attività dei Giardini fenologici;

tiva la l'Associazione Ita I messaggi METAG, PHENAG e FLOWER

testo, in aggiunta al messagvdfenologici: PHENAG e FLOWER, nella convinzione che possano facilitare loscambio di dati e di informazioni di agrofenologia.

e FLOWER sono strutturati, come METAinscambiare i soli dati agrofenologici. In essi, pertaostazione meteorologica di riferimento.

108

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METAG

eteorologia Agricola ell'OMM ha MO-CAgM Report

n° 65 - 1996), ar fronte alle sigenze di scambio di dati dei Paesi aderenti all'OMM. Esigenze molto

con quelle ei Paesi ad agricoltura avanzata. La struttura del messaggio è, pertanto,

te con lIl messaggio si basa sul presupposto che le osservazioni agronomiche e

a stazione meteorologica, come sigliato, d

dell’OMM. Il messag

relativi a un pe

Un gruppo di lavoro della Commissione di Md suggerito l'uso e la diffusione di METAG (W

un messaggio agrometeorologico predisposto per fedifferenziate, dovendo conciliare quelle dei Paesi in via di sviluppo dcoeren a sua valenza sovranazionale.

fenologiche siano effettuate nei pressi dellcon 'altra parte, dalla Guida delle pratiche di agrometeorologia

gio è diviso in sezioni e riporta i rilievi meteorologici e biologici riodo di 10 giorni:

Sezione 0 M M M M Y M M Y Y II iii i i j j d b b Elementi per l’identificazione del METAG Sezione 1 Tx Tx Tx Txe Txe Rt Rt Rt Rx nd Ra Ra Ra Ra Wd T T T T T E E E S S H H M Sn n n ne ne v v v h h s s h p (Sn Rt Rt Rt nd) Dati meteorologici riguardanti gli scambi globali Sezione 2 (222 Co Co Bs P Gs) Dati agronomici riguardanti colture, fasi fenologiche e stato delle

colture Sezione 3 (333 Ad Co Co Eg Wa) Perdite di raccolto e danni

e sezioni presentano le sNel dettaglio l eguenti caratteristiche: Sez Mione 0 i Mi Mj Mj Yd M M Yb Yb I I iii Dati riguardanti l’identificazione del METAG Gruppo Mi Mi Mj M - Identificativo del METAG. Gruppo Yd M M Y b - Identificativo della data.

j

b Y

109

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Yd decade alla quale ME isce. E’ 1 se il periodo va dal 1° al 10° giorno; 2 se il periodo va dall’11° al 20° giorno;

3 s il periodo d 0/31° giorno MM mese dell’anno. E’ 01 e febbraio, ecc.

bYb decine d unità d ’an 2000, 01 se 2001, ecc.

ppo II iiiI atore regionale definisce

l’area nella quale è localizzata la stazione di rilevamento. E’ n territorio, ad una parte di territorio o a due o più

iii e. Questo indice trinumerico viene assegnato da ogni Servizio Meteorologico (si veda il Volume A della pubb azione WMO n° 9).

La com inazione de ico della

stazione (iii) costituisce l’ ione.

il TAG si rifer

e va al 21° al 28/29/3

se gennaio, 02 s

Y e ell no. E' 00 se Gru - Identificativo della stazione.

Indicatore della regione. Questo indicI

relativo ad uterritori in una stessa regione (si veda il Volume A della pubblicazione WMO n° 9).

Indice numerico della stazion

lic

b ll’indicatore regionale (II) con l’indice numeridentificativo della staz

Sezione 1 Rt R t R T T Tx Txe Txe t R x d a a a a d x x n R R R R W Tn T nTn pnT e ne v v v h h s sT E E E S S H H Mh S Sn R t Rt R t d n Dati eteo m rologici riguardanti gli scambi globali

Gruppo Rt Rt Rt Rx nd

Rt R Ammontare delle precipitazioni cadute durante la decade

Ammontare delle precipitazioni più abbondanti, nel corso di 24 ore, durante la decade. Viene espresso dai seguenti codici:

Codice

t Rtespresso in millimetri.

Rx

0 < 10 mm 1 10 ÷ 19 mm

110

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2 20 ÷ 29 mm

5 50 ÷ 99 mm 6 100 ÷ 149 mm

9 mm

a Ra ne piovosa, espresso in millimetri.

ei danni. Viene

Codice

3 30 ÷ 39 mm 4 40 ÷ 49 mm

7 150 ÷ 199 mm 8 200 ÷ 249 mm 9 > 24

nd Numero dei giorni, durante la decade, con precipitazioni uguali o

maggiori di 1 mm (9 = 9 o più giorni). Gruppo Ra R R R Wa a a d

Ra Ra R Ammontare delle precipitazioni che sono cadute dall’inizio della stagio

Wd Condizioni del tempo che hanno causato despressa dai seguenti codici:

2 Nevicate abbondanti 5 Gelate (tem eratura dell’aria < 0°C) 6 Al r 7 Siccit pre ) 8 Incendi (su prati, arbusteti, foreste) 9 Vento cco empesta di sabbia)

Se si verifica più di un evento mimportante

report. Gruppo TxTxTx Txe xe

TxTxTx La temperatura dia a, durante la decade, arroto ata al pi ici er indicare temperature negati si aggiu e 5

0 Nessuna condizione sfavorevole 1 Vento forte, tempesta, uragano (7 della scala

Beaufort)

3 Piogge abbondanti 4 Grandinate moderate o pesanti

pate tempe ture (temperatura dell’aria > 35°C) cipitazioni < 0,1 mmà (

se (scirocco, harmatan, t

eteorologico si indica il codice di quello più mentre il secondo per importanza viene aggiunto alla fine del

Tme giornaliera più alt

nd ù v no grado Celsius (p00). ve ng

111

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uppo TnTnTn TneTne

nTnTn La temperatura media giornaliera più bassa, nella decade,

ge 500).

Tne ggiunge 50).

ruppo EvEvEv ShSh

o razione, durante la decade, espresso in

hSh Percentuale dell’insolazione durante la decade.

Gruppo HsHsHs ella

decade, espressa come percentuale. Se questa misura non viene fa s il sim o

M o per id o a profondità. Viene espressa enti cod

odic

TxeTxe La temperatura più alta, nella decade, in gradi e decimi Celsius (per indicare temperature negative si aggiunge 50).

rG

Tarrotondata al più vicino grado Celsius (per indicare temperature negative si aggiun

Tne La temperatura più bassa, nella decade, in gradi e decimi Celsius

(per indicare temperature negative si a GEvEvEv Amm ntare dell’evapo

mm.

S

s Mh Sp

H Umidità del suolo (media calcolata) a 20 cm di profondità, n

tta H Hs viene codificato con bol “ // ”. Mh etod usato misurare l’um

dai seguità del suol

ici: 20 cm di

C e 1 Resisten a elet a 2 eutro 3 Tensiometro 4 ravim i

U ità super lo. V espressa dacodici:

ic

zonda a n

tricni

S

Metodo g etr co

Sp mid alla ficie del suo iene i seguenti

Cod e 1 Eccessiva umidità del suolo 2 olto u o 3 ido oco um

Suolo m mid Suolo um

4 Suolo p ido

112

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5 Suolo secco

può essere incluso (uno per ciascuna stazione secondaria). N ro o ia di = 0

t A on c ds so in mm.

N ro dei giorni durante la decade con precipitazionsuperiori a 1 mm (9 più).

Gruppo Sn RtRtRt nd. Questo gruppo è opzionale. Al di sopra di 10 gruppi

Sn ume della stazi ne secondar rilevamento (n , 1, 2, 3,).

RtR Rt mm tare delle precipitazioni adute durante la ecade

e pres n d ume i uguali o

= 9 giorni o

Sezio (2 oCo Bs P Gne 2 22 C s) Dati agronomici riguar colt fenologiche e danti diverse ure, fasi

stato de e colture ll CoCo Coltura osservata. Paesi con aree agricole che producono colture

non contemplate nel codice possono richiedere alla CAgM di

00 Cereali 10 Oleaginose 20 30 Papaia 40 Frutta secca

includerle nella lista. Le colture sono codificate come segue:

Frutta

01 Orzo 11 Ricino 21 41 Mandorlo Avocado 31 Ananas

02 Mais 12 Palma 22 2 Noce di Acagiù Banana 32 Melo e pero 4

03 Miglio 13 RavizzonColza 23 Bacche Frutta con e 33 nocciolo 43 Nocciolo

04 Avena 14 Sesamo 24 i cocco 44

Noce americano

Agrumi 34 Noce d

05 Riso 15 Soia 25 Datteri 35 45 Pistacchio

06 16 Girasole 26 Fico 36 46 Noce Frumento07 Sorgo 47 17 Arachide 27 Vite 37

08 Segale 18 Pero delle 38 48 28 Indie

09 19 29 39 49 Mango 50 Vegetali 60 Pomodoro 70 80 Tabacco 90 Animali Varie

113

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freschi da cortile

51

Piselli verdi e fagioli

61 Pepe dellGiamaica 71 81 Canna da

zucchero 91 Bovini

a

Fagioli secchi

52 Varietà di cavolo 62 Melanzan 72 82 Barbabietola

da zucchero 92 Vacche da latte a Lenticchia

53 Cocurbitac 63 73 Cacao 83 Ceci 93 Suini

54 64 74 Caffè 84 94 Ovini Verdure infoglia

55 Radici 65 75 Cotone 85 Foraggi 95 Caprini

56 Manioca 76 Olivo 86 Foraggi s 96 Pollame 66 elezionati

57 Cipolla 6 Spezie 87 Fordinari 97 7 77 oraggi

58 Patata 6 Albero della gomma 88 Pascoli 98 8 78

59 Patata dolce Te 89 99 69 79

Bs Fasi b ologiche più signii ficative. Vengono espresse dai seguenti

codici: Codice

0 Riposo

Semina, trapianto

lla maturazione

P Percentual se

indic a in

1 Preparazione del suolo 2 3 Crescita, formazione delle foglie

4 Accestimento 5 Levata 6 Formazione delle spighe, fioritura

7 Inizio de 8 Maturità

9 Raccolta

e della coltura osservata che ha raggiunto la fa B . Vat

s iene espressa dai seguenti codici:

Codice

2 20 ÷ 29

0 0 ÷ 9 1 10 ÷ 19

114

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3 30 ÷ 39 4 40 ÷ 49

5 50 ÷ 59

s Stato della coltura. Nell’ambito della sezione questo gruppo può e sere ante volte quanto risulta rio per d la fase e lo lla colt espresso dai seguenti codici:

Precoce ormale Tardivo

6 60 ÷ 69 7 70 ÷ 79 8 80 ÷ 89 9 90 ÷ 100

G

s ripetuto t necessaura. Vieneescrivere stato de

N

B 1 2 uono 3

M 4 5 edio 6

Povero 7 8 9 Sezione 3 (333 Ad CoCo Eg Wa) Gruppo Ad CoCo Eg Ad Perdite nel raccolto o danni. Vien eguenti codici:

Codice

Wa

e espresso dai s

0 tre ltura o gli animali 1 ete ltura 2 im ione, fertilizzazione,

erm e, ecc. 3 lle o 4 an durante lo

stoccaggio)

6 Riduzione delle rese (colture, latte, uova) 7 Danni alle piante o agli alberi (germogli, fiori,

foglie, ecc.) 8 Danni causati da parassiti

S ss per la coD rioramento della co

zL itaz. nell’impollinag inazionA ttamentD ni alla produzione (in campo o

5 Cascola o rimozione di frutti, capsule, foglie, semi, ecc.

115

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9 Morte (gelate, asfissia, incendio, siccità,

CoC

Le perdite

Locale Generale

grandinate, forti piogge)

o Colture o animali soggetti alla malattia o al danno. Viene espresso dai codici del gruppo CoCo della Sezione 2

Eg Estensione e intensità della perdita o del danno.

vengono espresse dai seguenti codici:

Estensione Gravità

Lieve 1 2

Moderata 3 4

Intensa 5 6 W Condizioni del tempo che hanno causaa to le perdite agricole o i

ti codici: danni. Vengono espresse dai seguen

Codice

0 Pioggia (o eccessiva umidità) 1 Vento 2 Neve, ghiaccio

ento 3 Allagam4 Grandine 5 Basse temperature 6 Alte temperature

ella sezione questo gruppo può essere ripetuto tutte le volte che è necessario a escrivere la perdita o il danno causato alle colture.

7 Siccità 8 Fuoco 9 Venti secchi (bassa umidità)

Nd

116

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PHENAG Il messaggio PHENAG intende favorire lo scambio delle informazioni

azione, he può essere rappresentata dall’intero individuo o da una sua parte in lazione alle caratteristiche distintive tra piante erbacee e piante arboree,

a contemporanea o scalare. I messagg fasi fenologiche

portate sono 10. Il m la seguente form

HENAG, P CCC LgLgLg LgLg I iii, GG SS, V , NiNi .

HENAG ome d ai m

ruppo PPP CCC - L ito

CCC Codice ISTAT dei comuni d'Italia.

ruppo LtLt tLt L Lg AtAtAtAt Es - Georeferenziazione del ito di osserv one. tLt LtLt LatitgLgLg LgLg LongtAtAtAt Altits Esposizione: N (nord), S (sud), E (est), W (ovest), F (pianura).

II a OMM di riferimento. Per l'Italia è IY

iii Codice della stazione Gruppo GGG SS VVV - Codice identificativo della specie considerata. GGG Indica le prime tre lettere del genere; SS Indica le prime due lettere della specie; VVV Numero progressivo della lista di varietà.

agrofenologiche. La rilevazione dello stadio fenologico avviene sulla unità di osserv

cremonocotiledoni e dicotiledoni, a fioritur

i sono riferiti alla data di osservazione. Leri

essaggio ha a simbolica:

P PP , LtLt LtLt , AtAtAtAt Es, IG VV , Ph, DD MM YYYY

P N el messaggio. Figura in testa essaggi d'osservazione.

GPPP

ocalizzazione topografica del sAT delle provincie d’Italia

di osservazione. Codice IST

G L gLgLg Lgs aziLL

udine in gradi e primi. itudine in gradi e primi.

AE

udine in metri.

Gruppo II iii - Nome della stazione meteorologica di riferimento

Nome del Paese o area geografic

117

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Gruppo NiNi - Indica il numero di individui o di elementi biologici osservati. NiNi Numero di individui o di elementi biologici osservati.

- s c r t o e r tiv la s e lo o er ta

Codice Ph Fasi fenologiche considerate

Gruppo Ph Fa e fenologi a osse va a Ph C dic ela o al fa e f no gica ss va .

Erbacee Arboree 0 Germinazione Ripresa vegetativa 1 Sviluppo delle foglie 2 Accestimento Formazione dei

germogli laterali 3 Levata (culmo principale) Allungamento del fusto

principale 4 Botticella (culmo principale) Sviluppo delle parti

vegetative che andranno raccolte

5 Spigatura (culmo principale) Emergenza delle infiorescenze

6 Fioritura Fioritura 7 Sviluppo dei frutti Maturazione 8 Maturazione dei frutti e dei

semi

9 Senescenza, inizio della dormienza

Gruppo DD MM YYYY - Indica la data, in giorno, mese e anno, di

osservazione della fase fenologica.

118

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teo di rifer

P CCC LtLt LtLt LgLgLg LgLg AtAtAtAt Es II iii GGGSS VVV NiNi Ph DD MM YYYY

Esempio di messaggio: PHENAG della vite, cultivar Pinot, a Treviso, 1999. Stazione me

imento Treviso Istrana PHENAG PP

026 086 45 4 011 59 0015 S IY 229 VITVI 005 06 1 010 04 1999 5

2 02 05 1999

3 10 05 1999

4 18 05 1999

5 25 05 1999

6 03 06 1999

7 20 06 1999

8 05 07 1999

9 30 07 1999

FLOWER

La fioritura

egetativo a quel ed essendo di preparazione alla fecondazione ondiziona direttamente la produzione finale. Alla fioritura delle piante sono

stano attenzione a questo momento della vita delle piante , in relazione alla produzione del polline per le

m seguente scambio di informazioni sulla iante può essere favorito dalla standardizzazione degli archivi e

anca dati, elaborazione e scambio) si o codificato.

Il messag OWER, cui seguono 6 ti descr

. nome del sito di osservazione;

ecie osservata; . il numero di individui osservati;

è tra le fasi fenologiche più osservate. Nel ciclo di vita delle piante coltivate costituisce la fase visiva più evidente del passaggio dal periodo

lo riproduttivo,vcquindi certamente interessati gli operatori agricoli, ma anche altri settori della società prespecialmente, ad esempiopossibili for e di allergia. Il confioritura delle pdalla codifica dei dati. Pertanto per la migliore gestione di tali osservazioni (raccolta, archiviazione in una bsuggeriscono, di seguito, gli elementi di un messaggi

gio è composto dal nome di codice FLelemen ittivi: 12. la georeferenziazione del sito di osservazione; 3. la stazione meteo di riferimento; 4. nome della sp56. la data di osservazione della fase fenologica;

119

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Come in PHENAG la rilevazione dello stadio fenologico avviene sulla unità di osservazione. La fioritura viene considerata completata quando si è

ntesi del 50% delle piante o delle gemme fiorali esaminate. a o u o im o

O E , P P, C Lt L L L L g A tA t , II iii, GGG SS VVV, NiNi, DD MM YYYY FLOWER Identificativo del me essaggi

d'osservazione.

Gruppo P P CC del s o se az nePPP Codice ISTAT elle r in ie l

CC Codice ISTAT dei comuni

zione del

g Lg Longitudine in gradi e primi. t At At At Altitudine in metri. s Esposizione del sito: N (nord), E (est), S (sud), W (ovest), F

(flat, pianura).

.

Gruppo DD MM YYYY - Indica la data espressa in giorno, mese e anno alla quale viene osservata la fioritura.

realizzata l’aIl mess ggi ha la seg ente f rma s b lica:

FL W R P CC , Lt t t Lg gLg gL tA tA Es

ssaggio. Figura in testa ai m

P C – Localizzazione it di os rv io . d p ov c d’Ita ia

C Gruppo LtLt LtLt LgLgLg LgLg AtAtAtAt Es - Georeferenziasito di osservazione. Lt Lt Lt Lt Latitudine in gradi e primi. Lg Lg Lg LAE

Gruppo II iii - Indica la stazione meteorologica di riferimento (Vedi METAG). I Paese I

iii Codice della stazione Gruppo GGG SS VVV - Codice identificativo della specie, coltivata o pontanea, oggetto di osservaziones

GGG Indica le prime tre lettere del genere. S S Indica le prime due lettere della specie.

VV Numero progressivo della lista di varietà. V Gruppo Ni Ni - Indica il numero di individui osservati. Nel caso dei fruttiferi si riporta il numero delle gemme fiorali. Quando il numero degli individui supera

9 si riporta 99. 9

120

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Esempio di messaggio:

t Es II iii

FLOWER PPP CCC LtLt LtLt LgLgLg LgLg AtAtAtA GGGSS VVV NiNi DD MM YYYY

071 024 41 27 015 33 0076 F IY 225 TRIDU 010 99 10 04 1996

TRIDU 010 99 22 04 1997

19 04 1998 TRIDU 010 99

04 1999 TRIDU 010 99 30

ORISA 003 50 12 04 1996

ORISA 003 50 16 04 1997

ORISA 003 50 05 04 1998

04 1999 ORISA 003 50 11

Decodifica del messaggio: Fioritura del grano duro e dell'orzo, nel com

e meteorolola.

Bibliogr

l data man tural Meteorology .

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121

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122

anno collaborato alla stesura del volume:

nnio Bernati

– mail: [email protected]

ucio BoRPA – ico della gione Eiale Sil ologna

ntonio i CEA - engraria ia del C a -mail: a @

driana Calì CEA - cio Cen

-mail: u sh

alvator tinniversit itituto d mia Vald voia, 5 –

E-mail: [email protected]

CEA - engraria ia del C a -mail: u a@flash

thos Ferraresi RPV - C ntro Rice egetali

Albino LAmministrazione provinciale di

aborato romAzienda enoc. Gar 027

E-mail: agromet_pc

Vittorio Marletto

Viale ani, 6 – 40122 Bologna E-ma [email protected]

Giovanni Nieddu Università di Sassari Dipar mento di Economia e Sistemi Arbo A Via E De Nicola, 1 – 07100 Sassar

[email protected]

ndra Pasquini cologia

Via del Caravita 7/a – 00186 Roma E-mail: [email protected]

na P pi ità d ologna

i Biologia Evoluzionisti

a Irnerio, 42 – 40126 Bologna E-mail: [email protected]

Costantino Sirca Università di Sassari

n ia e Sistemi ESA

De Nicola, 1 – 07100 Sassaail: [email protected]

Diego Tomasi Istituto Sperimentale per la Viticoltura Viale XXVIII Aprile, 26 – 31015 Conegliano Veneto (TV) E-mail: [email protected]

della regione Emilia Romagna Viale Silvani, 6 – 40122 Bologna E-mail: [email protected]

H EARPA – Servizio Sistemi Ambientali

ia San Siro, 74 – 29100 Piacenza ARPA – Servizio meteorologico della regione Emilia Romagna V

E

LA

tarelli Servizio meteorolog

reV

milia Romagna vani, 6 – 40122 B

E-mail: [email protected]

AU

BrunettUfficio C trale di Ecologia E-mail:

AVE

aravita 7/brunetti

– 00186 Roma politicheagricole.it

UCEA - Ufficio Centrale di EAgraria

AU Uffi trale di EcologiaAgraria Via del Caravita 7/a – 00186 Roma

GiovanUnivers

E cea@fla net.it Dipartimento derimentale S e Cosen o Sp

ViUIs

à di Catani Agrono

a ia

V isa 95123 Catania

Giovanni Dal Monte Dipartimento di Eco

U Ufficio C trale di Ecologia Arborei - DVia EnricoA

V aravita 7/ – 00186 Roma E-m

E ce net.it

ACV

e rche Produzioni

Via EmilE-mail: fe

ia Levante, 18 – 40026 Imola (BO) [email protected]

ibè Piacenza

Franco Zinoni ARPA – Servizio meteorologico

L ri di Ag eteorologia c/o l’L

Sperimiga – 29

tale “Vittorio Tadini” – Podenzano (PC) @mail.enjoy.it

Silvil:

tirei - DESnrico i

Alessa

upi B

ca

om

ri

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INDICE Volume 1 - Aspetti generali delle osservazioni agrofenologiche

Pagina AZ

PREME 3

Cap.1 FENOLOGIA VEGETALE 4

5 ulazione dello sviluppo fenologico

ap. 2 N A

te agrarie e

ap. 3 CALE CIMENTO FENOLOGICO

19 20 35

ap. 4 CO ICA ED IL ILEVA GROFENOLOGICO NELLE

54

54 elle informazioni di tipo agronomico

ntale 54

PREF IONE

SSA

1

§ 1.1 Crescita e sviluppo delle piante § 1.2 Relazioni tra clima e sviluppo

4

§ 1.3 Modelli di simvegetale

6

Bibliografia 11

C LA FE OLOGIA IN AGRICOLTUR 12

§ 2.1 Stadi di sviluppo delle pian 12 § 2.2 Osservazioni fenologich 14 § 2.3 Variabilità fenologica 15 Bibliografia 16

C S DI RICONOS 18

§ 3.1 Generalità sulle scale fenologiche § 3.2 Principali scale fenologiche Colture erbacee Colture arboree

18

Bibliografia 49

C LA NDUZIONE AGRONOMR MENTO APROVE SPERIMENTALI

§ 4.1 Introduzione § 4.2 Acquisizione d

ed ambie

123

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§ 4.3 elle tecniche colturali ed osservazioni

he § 4.4 logiche § 4.5 § 4.6 tate nelle prove

alizzato Phenagri Bibliografia 71

Cap. 5 CRITERI PER LA REAIZZAZIONE DI UNA RETE PER LE OSSERVAZIONI AGROFENOLOGICHE

72

§ 5.1 Introduzione 72 § 5.2 Siti di rilevazione 72 § 5.3 Durata delle rilevazioni 72 § 5.4 Scelta delle specie 73 § 5.5 Metodologie di rilevamento 73 § 5.6 Formazione dei rilevatori 74 § 5.7 Rilevazione fenologica 75 § 5.8 Schede agrofenologiche 80 § 5.9 Esempio di rete agrofenologica 81 Bibliografia 82

Cap. 6 ORGANIZZAZIONE DI DATI FENOLOGICI IN UN DATABASE RELAZIONALE: L'ESEMPIO DELLA BANCA DATI DEL PROGETTO FINALIZZATO PHENAGRI

83

§ 6.1 Introduzione 83 § 6.2 Progettazione del database 84 Bibliografia 93

Cap. 7 ORGANIZZAZIONE IPERTESTUALE DELLE INFORMAZIONI: LA FENOLOGIA DEI CEREALI AUTUNNO-VERNINI

94

§ 7.1 Finalità 94 § 7.2 Contenuti 95

Descrizione dagrofenologic

55

Rilievo delle fasi feno 57 Schede per il rilevamento agrofenologico Rilievi e tecniche colturali adot

57 62

sperimentali del Progetto Fin

124

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125

§ 7.3 Struttura 96 § 7.4 Modalità di accesso alle informazioni 97 Bibliografia 97

Appendice 1 LA SCALA BBCH 98

Appendice 2 MESSAGGI AGROFENOLOGICI 105

ELENCO DEGLI AUTORI 120

INDICE 121