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7 Aderenza terapeutica: definizione e aspetti generali Presupposto fondamentale per l’efficacia di qualunque trattamento è l’appropriata e regolare assunzione delle cure prescritte dal Medico. La non assunzione dei farmaci se- condo la prescrizione medica, infatti, produ- ce una riduzione del beneficio o un aumento del rischio associato alla terapia, alterando anche significativamente il rapporto rischio/ beneficio. Definizione L’aderenza al trattamento è generalmen- te definita come la misura in cui il paziente assume il farmaco prescritto agli intervalli e ai dosaggi indicati dal Medico prescrittore. Tale termine implica che il paziente abbia un confronto attivo e una buona comunicazio- ne con il personale sanitario, in modo tale da condividere la strategia terapeutica ed è ge- neralmente preferito al più vecchio termine compliance (1). Nella letteratura scientifica anglosasso- ne i termini aderenza e compliance sono utilizzati come sinonimi. In realtà, il termine compliance, preferito fino alla fine degli anni ’90, ha una connotazione negativa in quan- to suggerisce un rapporto autoritario in cui il paziente svolge un ruolo passivo, di sempli- ce recettore acritico delle indicazioni ricevute dal Medico (2). Un aspetto non secondario del termine aderenza, oltre al ruolo attivo del paziente e alla sua partecipazione al trattamento è, inoltre, che esso si riferisce più in generale all’adesione ai consigli ricevuti dai professio- nisti sanitari (compreso il Farmacista) e non esclusivamente dal Medico. Un termine che si avvicina come significa- to ad aderenza è concordanza, introdotto più recentemente. A differenza di compliance o aderenza, concordanza non implica specifi- camente alcun aspetto riguardante l’assun- zione del farmaco, ma si riferisce in generale al grado di alleanza terapeutica che si viene a stabilire tra professionista sanitario (quindi anche il Farmacista) e paziente e, pertanto, assume una valenza più ampia (2). L’aderenza viene misurata su un periodo di tempo e calcolata in percentuale. Nelle valu- tazioni prospettiche l’aderenza è rappresen- tata dalla dose assunta in relazione a quanto prescritto al basale, mentre nelle valutazioni retrospettive dal numero di dosi ridispensate in relazione al tempo di dispensazione. L’a- derenza alla prescrizione è assunta quando il farmaco viene dispensato (3). I risultati del trattamento, peraltro, sono influenzati non solo dall’aderenza, ma anche dal periodo di tempo durante il quale il pa- ziente assume il trattamento, ovvero dalla persistenza, termine con cui viene indicato l’intervallo compreso tra l’inizio e l’interru- zione del trattamento. Pertanto, per caratte- rizzare completamente le modalità di assun- zione del trattamento da parte del paziente, dovrebbero essere definite e misurate sepa- ratamente aderenza e persistenza. La persistenza terapeutica è importante soprattutto per quanto riguarda i trattamenti farmacologici cronici. Un paziente può infat- ti essere persistente, in quanto prosegue la 1.

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Page 1: 1. Aderenza terapeutica: definizione e aspetti generali · 9 Aderenza terapeutica: definizione e aspetti generali inoltre, è frequente che il paziente miglio-ri l’aderenza subito

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Aderenza terapeutica: definizione e aspetti generali

Presupposto fondamentale per l’efficacia di qualunque trattamento è l’appropriata e regolare assunzione delle cure prescritte dal Medico. La non assunzione dei farmaci se-condo la prescrizione medica, infatti, produ-ce una riduzione del beneficio o un aumento del rischio associato alla terapia, alterando anche significativamente il rapporto rischio/beneficio.

■ DefinizioneL’aderenza al trattamento è generalmen-

te definita come la misura in cui il paziente assume il farmaco prescritto agli intervalli e ai dosaggi indicati dal Medico prescrittore. Tale termine implica che il paziente abbia un confronto attivo e una buona comunicazio-ne con il personale sanitario, in modo tale da condividere la strategia terapeutica ed è ge-neralmente preferito al più vecchio termine compliance (1).

Nella letteratura scientifica anglosasso-ne i termini aderenza e compliance sono utilizzati come sinonimi. In realtà, il termine compliance, preferito fino alla fine degli anni ’90, ha una connotazione negativa in quan-to suggerisce un rapporto autoritario in cui il paziente svolge un ruolo passivo, di sempli-ce recettore acritico delle indicazioni ricevute dal Medico (2).

Un aspetto non secondario del termine aderenza, oltre al ruolo attivo del paziente e alla sua partecipazione al trattamento è, inoltre, che esso si riferisce più in generale all’adesione ai consigli ricevuti dai professio-

nisti sanitari (compreso il Farmacista) e non esclusivamente dal Medico.

Un termine che si avvicina come significa-to ad aderenza è concordanza, introdotto più recentemente. A differenza di compliance o aderenza, concordanza non implica specifi-camente alcun aspetto riguardante l’assun-zione del farmaco, ma si riferisce in generale al grado di alleanza terapeutica che si viene a stabilire tra professionista sanitario (quindi anche il Farmacista) e paziente e, pertanto, assume una valenza più ampia (2).

L’aderenza viene misurata su un periodo di tempo e calcolata in percentuale. Nelle valu-tazioni prospettiche l’aderenza è rappresen-tata dalla dose assunta in relazione a quanto prescritto al basale, mentre nelle valutazioni retrospettive dal numero di dosi ridispensate in relazione al tempo di dispensazione. L’a-derenza alla prescrizione è assunta quando il farmaco viene dispensato (3).

I risultati del trattamento, peraltro, sono influenzati non solo dall’aderenza, ma anche dal periodo di tempo durante il quale il pa-ziente assume il trattamento, ovvero dalla persistenza, termine con cui viene indicato l’intervallo compreso tra l’inizio e l’interru-zione del trattamento. Pertanto, per caratte-rizzare completamente le modalità di assun-zione del trattamento da parte del paziente, dovrebbero essere definite e misurate sepa-ratamente aderenza e persistenza.

La persistenza terapeutica è importante soprattutto per quanto riguarda i trattamenti farmacologici cronici. Un paziente può infat-ti essere persistente, in quanto prosegue la

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Il ruolo del farmacista nel miglioramento dell’aderenza terapeutica del pazienteIl conseguimento degli obiettivi del trattamento, in un’ottica di sostenibilità ed efficienza dei percorsi di cura

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cura nel tempo, ma non aderente, in quan-to assume meno farmaco di quanto viene prescritto, oppure può essere aderente, in quanto assume la dose prescritta, ma non persistente, in quanto interrompe di propria iniziativa il trattamento.

La persistenza può essere riportata come variabile continua in termini di numero di giorni per i quali la terapia è stata disponibile per l’assunzione oppure come variabile dico-tomica misurata alla fine di un intervallo di tempo predefinito, classificando quindi i pa-zienti in “persistenti” e “non persistenti” (4).

Nella Tabella 1 sono riportati la definizio-ne ed il corretto significato dei vari termini.

■ Modelli di aderenza La mancata aderenza al trattamento pre-

scritto può essere espressa sotto varie forme, dalla mancata comprensione o dal frainten-dimento delle indicazioni fornite dal Medico all’attuazione in maniera non corretta della

terapia, alla dimenticanza dell’assunzione del farmaco fino alla completa inosservanza del-la prescrizione medica (5).

Sulla base di dati ottenuti mediante mo-nitoraggio elettronico sono stati identificati 6 modelli di aderenza alla terapia prescritta:

1) vicina all’aderenza perfetta; 2) assunzione di quasi tutte le dosi con

qualche irregolarità nel momento dell’assunzione;

3) dimenticanza occasionale di una singo-la dose di un giorno e qualche irregola-rità nel momento dell’assunzione;

4) prendersi una “vacanza” dai farmaci 3 - 4 volte all’anno;

5) prendersi una “vacanza” dai farmaci ogni mese o più spesso e trascurare spesso di assumerli;

6) assumere poche o nessuna dose.

La maggior parte delle deviazioni dell’as-sunzione della terapia è dovuta a omissioni di dosi o ritardo nell’assunzione della dose;

TABELLA 1. DEFINIZIONE E SIGNIFICATO DI COMPLIANCE, ADERENZA, CONCORDANZA E PERSISTENZA

TERMINE DEFINIZIONE SIGNIFICATO

Compliance Grado con cui un paziente, quando assume una terapia che gli è stata prescritta, rispetta le indicazioni (ad es. posologie e tempi di assunzione) date dal Medico prescrittore

Indica l’adeguamento del paziente alle prescrizioni farmacologiche, riabilitative e/o di stile di vita (viceversa, la “non-compliance” consiste nel non seguire adeguatamente le indicazioni del Medico prescrittore)

Aderenza Grado con cui il paziente che assume un farmaco, rispetta, dopo averle condivise, le indicazioni di un operatore sanitario

Enfatizza “la volontà” da parte del paziente di seguire una terapia condivisa e l’effettiva coincidenza tra il comportamento individuale e le prescrizioni ricevute; il suo opposto è la “non –aderenza”, che viene distinta in volontaria e involontaria

Concordanza Grado di “alleanza terapeutica” tra medico e paziente,non specificamente relazionato all’assunzione dei farmaci, ma che si riferisce al processo di negoziazione che nasce nel rispetto delle esigenze di entrambi

Enfatizza l’aspetto dei valori sociali che il paziente percepisce come importanti durante il processo decisionale

Persistenza Tempo di prosecuzione della terapia, ovvero il tempo intercorrente fra l’inizio e la fine di un trattamento farmacologico prescritto

Rappresenta l’indicazione che il Medico ha dato al paziente di proseguire una terapia fino a quando il Medico stesso non decide e comunica la fine del trattamento

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Aderenza terapeutica: definizione e aspetti generali

inoltre, è frequente che il paziente miglio-ri l’aderenza subito prima e subito dopo un appuntamento con il Medico (o professio-nista sanitario), fenomeno indicato come “aderenza da camice bianco”.

■ Valutazione dell’aderenzaLa valutazione dell’aderenza alla terapia è

complessa e può essere effettuata con me-todi soggettivi (dato fornito dal paziente, impressione del medico) od obiettivi (con-teggio delle pillole, registro di somministra-zione, livelli ematici del farmaco).

Nella pratica clinica, generalmente la va-lutazione è effettuata chiedendo al paziente quali farmaci assume effettivamente in un dato intervallo di tempo. Questo metodo ha lo svantaggio dell’elevata soggettività e può sovrastimare del 20-30% l’effettiva assunzio-ne di farmaci. Il metodo del dato fornito dal paziente, inoltre, che è stato validato in una popolazione (ad esempio, pazienti di Medi-cina generale) può non essere appropriato per un’altra (ad esempio, anziani con deficit cognitivi). Inoltre, il periodo di tempo ottima-le da valutare non è ben stabilito, sebbene qualche studio suggerisca che un intervallo di tempo più lungo consente una valutazione più accurata (6).

Una più accurata valutazione è fornita da questionari somministrati direttamente, co-me la scala di Morisky (Tabella 2) (7).

Sebbene non sia specifica per ogni parti-colare patologia, in genere la soglia per con-siderare il paziente aderente al trattamento è l’assunzione di almeno l’80% del farmaco prescritto.

La soglia ottimale di aderenza, peraltro, può variare tra i farmaci come conseguenza di differenze delle proprietà farmacocineti-che e farmacodinamiche.

È inoltre concepibile che in alcuni contesti clinici, come nel caso dell’utilizzo della terapia antiaggregante piastrinica immediatamente successiva allo stenting arterioso coronarico, la soglia ottimale di aderenza debba essere più elevata ed avvicinarsi anche al 100%.

In altri ambiti, come nel caso dell’utilizzo delle statine in pazienti a basso rischio car-diovascolare, la soglia clinicamente rilevante per definire il paziente aderente può essere considerevolmente più bassa (6).

Ai fini del miglioramento dell’aderenza, non va sottovalutato il contributo che può essere dato dalle nuove tecnologie multi-mediali, tramite l’utilizzo di smartphone e sistemi informatizzati di “remind”, che con-sentono di ricordare e di monitorare anche a distanza l’assunzione dei farmaci da parte dei pazienti. In tale ambito, un ruolo essen-ziale come “attori” può essere svolto sia dai familiari dei pazienti che dal Farmacista ter-ritoriale, il quale può facilitare l’utilizzo e/o spiegare il funzionamento di questo tipo di strumenti informatizzati per il miglioramento dell’aderenza.

TABELLA 2. SCALA DI ADERENZA TERAPEUTICA DI MORISKY

1. Si è mai dimenticato di assumere i farmaci?

2. Ha mai avuto problemi a ricordare di assumere i farmaci?

3. Quando si sente meglio, a volte interrompe la terapia?

4. Quando si sente peggio, a volte interrompe la terapia?

– Ogni risposta positiva ha un punteggio di 0 ed ogni negativa un punteggio di 1.

– Il punteggio è compreso nel range 0–4.

– I pazienti con punteggio di 0-2 sono considerati non aderenti; quelli con punteggio di 3-4 sono considerati aderenti.

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Fattori che influenzano l’aderenza terapeuticaDifferenze tra “brand” e bioequivalenti (eccipienti, farmaci LASA, biocreep)

L’aderenza del paziente al trattamento pre-scritto dal Medico è un processo comporta-mentale complesso e può essere influenzata da molteplici fattori, raggruppati dall’Orga-nizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in 5 classi: fattori socioeconomici, fattori correlati al paziente, fattori correlati alla condizione clinica, fattori correlati al sistema sanitario e al team di operatori sanitari, fattori correlati alla terapia. I principali fattori che possono ridur-re il grado di aderenza terapeutica, secondo l’OMS, sono riassunti nella Figura 1 (1).

In particolare, sono predittori di una scar-sa aderenza al trattamento farmacologico, per quanto riguarda i fattori correlati al pa-ziente, l’età avanzata, il genere femminile,

la negazione della malattia, i convincimenti personali, la scarsa comprensione della te-rapia, le aspettative, i deficit cognitivi, vi-sivi o acustici, mentre per quanto riguarda i fattori correlati alla condizione clinica, sia sintomi non evidenti o molto lievi, sia sinto-mi molto severi, possono determinare una ridotta aderenza.

Complessità del regime terapeutico, fre-quenza elevata di somministrazione, prepa-razione difficoltosa, effetti indesiderati dei farmaci e reazioni avverse ai farmaci (Adverse Drug Reaction, conseguenza ad esempio di assunzione della terapia in maniera inappro-priata o non rispetto delle modalità corrette di conservazione del medicinale, uso off label,

2.

FATTORI LEGATI AL PAZIENTE

Dimenticanza, negazione della malattia, credo religioso, scarsa comprensione della terapia

FATTORI LEGATI ALLA CONDIZIONE CLINICA

Sintomi non evidenti o molto lievi o addirittura molto severi, stato confusionale

FATTORI LEGATI AL TIPO DI TERAPIA PRESCRITTA

Preparazione difficoltosa, regime complesso, frequenza elevata di assunzione, effetti indesiderati e reazioni avverse ai farmaci

FIGURA 1. Fattori che, secondo l’OMS, possono influenzare l’aderenza terapeutica.

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Fattori che influenzano l’aderenza terapeutica

sovradosaggio) e il costo del farmaco (o del ticket per i non esenti) sono fattori legati al tipo di terapia prescritta che possono ridurre il grado di aderenza.

Ai fini pratici, le principali cause di non aderenza sono riassunte in 2 categorie: man-cata aderenza intenzionale e mancata ade-renza non intenzionale.

La forma intenzionale deriva da una scelta consapevole del paziente, il quale decide di non assumere la terapia per convinzioni per-sonali (ad es. sulla non efficacia dei farmaci, timore di effetti tossici della terapia), costo della terapia prescritta o anche per una ri-sposta emotiva alla malattia ed alla terapia.

Nella mancata aderenza non intenzionale il paziente incontra difficoltà a seguire la tera-pia per motivi indipendenti dalla sua volontà (ad es. può incontrare difficoltà a procurarsi la terapia o non essere in grado di assumerla autonomamente).

Gli studi hanno dimostrato che molti dei fattori alla base della mancata aderenza in-tenzionale possono svolgere un ruolo anche nella mancata aderenza non intenzionale. Ad esempio, pazienti che dubitano dell’efficacia dei farmaci o ne temono gli effetti dannosi hanno maggiori probabilità di seguire meno coscienziosamente (ovvero dimenticare) l’as-sunzione della terapia e talora ometterla vo-lontariamente (2).

La natura multifattoriale della scarsa ade-renza terapeutica implica 4 possibili approcci al problema, ognuno dei quali si propone di modificare tali fattori:

1) domande dirette ai pazienti su quali so-no le cause della sua mancata aderenza alla terapia;

2) correlazione delle caratteristiche del paziente all’aderenza (ad esempio, età, sesso, contesto socioeconomico, credo religioso, scolarità, razza, tipo di ma-lattia, comorbilità, costi della terapia, ecc.);

3) correlazione delle caratteristiche dei farmaci con l’aderenza (ad esempio, numero di dosi giornaliere, numero di farmaci concomitanti, tasso di effetti collaterali ed efficacia percepita);

4) correlazione delle caratteristiche dell’in-terazione paziente–medico e paziente–sistema di cura con l’aderenza (ad esem-pio, supporto educazionale, frequenza delle visite, promemoria, servizi della Farmacia, ecc.).

■ Le problematiche correlate all’impiego dei farmaci bioequivalentiTra i fattori che possono influenzare l’ade-

renza non vanno trascurate le problematiche correlate all’impiego dei farmaci generici (o bioequivalenti).

Infatti, sempre più spesso, al momento dell’acquisto del medicinale in Farmacia, i pazienti sono soggetti alla sostituzione del “farmaco brand” con il “farmaco generico”, fermo restando il principio attivo.

I farmaci generici, secondo la definizione dell’OMS, hanno una biodisponibilità simile, ovvero velocità di assorbimento e percentua-le di assorbimento analoghe a quelle della specialità di riferimento, per cui sono consi-derati farmaci “bioequivalenti” (3).

La normativa per l’immissione in commer-cio di un farmaco generico prevede per le aziende produttrici il solo obbligo di fornire la documentazione che certifica la “bioequi-valenza” del generico al prodotto origina-le, in quanto generico e prodotto registrato hanno lo stesso principio attivo.

Attualmente, si intende per bioequivalen-te “Un medicinale che ha la stessa compo-sizione qualitativa e quantitativa di sostan-ze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento, nonché una bioe-

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quivalenza con il medicinale di riferimento, dimostrata da studi appropriati di biodispo-nibilità” (art. 10, comma 5 D.Lgs n. 219/06; art. 10, comma 2 Direttiva europea 2001/83/CE e successive modificazioni).

Gli studi di bioequivalenza

La bioequivalenza si verifica quando due forme farmaceutiche, somministrate alla stes-sa dose molare e in condizioni sperimentali simili, non presentano differenze significative in termini di velocità e grado di assorbimento (biodisponibilità). In pratica, dopo la sommi-nistrazione della stessa dose molare, il farma-co generico deve rilasciare nella circolazione sistemica la stessa quantità di farmaco nello stesso intervallo di tempo rispetto al farmaco di riferimento, in modo da non comportare differenze significative in termini di efficacia e sicurezza.

Gli studi di bioequivalenza effettuano un confronto statistico tra i parametri farmaco-cinetici che caratterizzano la biodisponibilità dei due prodotti: l’area sotto la curva con-centrazione plasmatica in rapporto al tempo (AUC), la concentrazione massima del farma-

co nel plasma (Cmax) ed il tempo in cui tale concentrazione viene raggiunta (tmax). Tali parametri devono rientrare in intervalli ben definiti (Figura 2) (3).

In termini statistici, un farmaco è conside-rato bioequivalente se l’intervallo di confi-denza al 90% della sua biodisponibilità rien-tra nell’80%-125% del farmaco di riferimento (Figura 3) (3).

Il prodotto generico (testato) e quello ori-ginale (standard) sono definiti bioequivalenti se la differenza tra le loro biodisponibilità ri-entra nel range compreso tra –20% e +20%, limite convenzionale prefissato con accordo internazionale. La scelta del valore ± 20% è basata sull’assunzione che la variabilità interindividuale e intraindividuale possa arri-vare ad un valore vicino al 20% ovvero tale valore esprime la variabilità “fisiologica” del-la risposta farmacocinetica.

Tuttavia, un intervallo di bioequivalenza di tale ampiezza, non differenziato in base alla categoria terapeutica e alla classe farmaco-logica, potrebbe essere troppo ampio per alcuni farmaci ed eccessivamente stretto per altri. Tale problema riguarda in particolare i farmaci ad indice terapeutico ristretto (ad esempio, antiaritmici, warfarin) ovvero tera-pie in cui, per la vicinanza tra concentrazione terapeutica e concentrazione tossica, picco-le variazioni di biodisponibilità tra il prodot-to “brand” e il generico possono produrre sensibili variazioni di efficacia e sicurezza. Per queste categorie di farmaci dovrebbero es-sere effettuati studi di bioequivalenza con in-dici di variabilità più ristretti e possibilmente con dosi ripetute (4).

Gli attuali studi di bioequivalenza, inoltre, consentono di stimare una “bioequivalenza media di popolazione”, non una “bioequiva-lenza individuale” con la conseguenza che, nel singolo paziente, il risultato terapeutico può essere diverso da quello atteso.

FIGURA 2. Parametri farmacocinetici valutati nella bioequivalenza.

Conc

entra

zione

Cmax

AUC

Tempotmax

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Fattori che influenzano l’aderenza terapeutica

Va ricordato, inoltre, che i soggetti anzia-ni sono esclusi dagli studi di bioequivalenza, il che limita la trasferibilità dei risultati alla popolazione anziana, in cui le modificazioni della composizione corporea e della funzio-ne degli organi coinvolti nel metabolismo e nell’escrezione dei farmaci correlate all’in-vecchiamento e/o alla presenza di patologie concomitanti determinano importanti varia-zioni farmacocinetiche (5).

Gli eccipienti

La normativa europea consente che le for-mulazioni generiche contengano eccipienti diversi rispetto a quelli utilizzati nel prodotto originatore, purché siano bioequivalenti. Per-tanto, è possibile che farmaco brand e pro-dotto generico, pur essendo tra loro equiva-lenti dal punto di vista del principio attivo, si differenzino anche notevolmente per quanto riguarda gli eccipienti.

Questa differenza può comportare con-seguenze di ordine farmacocinetico, modifi-cando il rilascio del principio attivo, e tradursi in un diverso effetto terapeutico.

Inoltre, gli eccipienti non sempre sono sostanze inerti, per cui differenti eccipienti possono esporre a rischio di reazioni allergi-che o di intolleranza, problema di particolare rilevanza in soggetti come quelli con intolle-ranza al lattosio ed i celiaci.

Il problema degli eccipienti, inoltre, ri-chiede una sempre maggiore attenzione, alla luce dell’aumentata diffusione di patologie che impongono restrizioni alimentari o la controindicazione all’uso di determinate so-stanze.

Ad esempio, l’aspartame è controindica-to nei pazienti affetti da fenilchetonuria e la saccarina può indurre allergia crociata con i sulfamidici (6,7).

I farmaci LASA

Quando si sostituisce un farmaco brand con un medicinale equivalente, un’altra pro-blematica da prendere in considerazione, per la stretta correlazione con l’aderenza e i ri-schi di errori terapeutici, è rappresentata dai farmaci indicati con l’acronimo LASA (dall’e-spressione inglese Look-Alike/Sound-Alike”). I LASA sono farmaci che, a causa della somi-glianza grafica della confezione (Look Alike -LA) e/o fonetica (Sound Alike- SA) del nome, possono essere scambiati per altri medicinali. Tali farmaci rappresentano un problema par-ticolarmente rilevante nei pazienti anziani in politerapia (8).

L’anziano, infatti, spesso identifica e distin-gue i farmaci che deve assumere in base al colore o alla grafica della confezione e, que-sta abitudine, a cui spesso si aggiunge anche la presenza di deficit visivi legati all’età, favo-risce gli errori terapeutici, come lo scambio

FIGURA 3. Un medicinale è considerato bioequivalente se l’intervallo di confidenza al 90% della sua biodisponibilità rientra nell’80% - 125% di quella del farmaco di riferimento. Nell’esempio presentato nella figura, il prodotto B non è bioequivalente al farmaco di riferimento, in quanto la media rientra nel range accettabile, ma l’intervallo di confidenza al 90% della sua AUC cade al di fuori dell’80% - 125% del farmaco di riferimento.

Prodotto ABioequivalente

Farmaco di riferimento

Prodotto BNon Bioequivalente

%

125

100

80

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Il ruolo del farmacista nel miglioramento dell’aderenza terapeutica del pazienteIl conseguimento degli obiettivi del trattamento, in un’ottica di sostenibilità ed efficienza dei percorsi di cura

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di un prodotto con un altro o l’assunzione di doppie dosi, segnalati con i medicinali LASA. Inoltre, è stato dimostrato che la sostituzio-ne di prodotti brand che al paziente risultano familiari, con generici di diverso nome e con differenti caratteristiche fisiche (ad esempio, caratteristiche della confezione, delle dimen-sioni, della forma e del colore delle formula-zioni farmaceutiche) può contribuire ad una riduzione dell’aderenza terapeutica.

Contesti in cui tale rischio andrebbe preso in particolare considerazione, ad esempio, è quello delle terapie cardiovascolari, data la criticità dell’aderenza al trattamento e la di-sponibilità di numerosi prodotti equivalenti per alcuni principi attivi, e il trattamento del paziente anziano, che generalmente ha mol-teplici terapie in atto e pertanto è esposto a un maggior rischio di errori (9). Il contributo del Farmacista per ovviare alla problematica dei farmaci LASA può consistere, ad esem-pio, nel verificare quali formulazioni siano state distribuite in precedenza e nel fornire suggerimenti.

Il bio-creep

Un’ulteriore problematica associata ai me-dicinali equivalenti è quella della sostituibili-tà tra due diversi farmaci bioequivalenti dello stesso “originator”, che determina il “feno-meno biocreep” (10).

Tale fenomeno è la conseguenza del fatto che negli studi di bioequivalenza un singolo prodotto generico viene confrontato con il suo corrispondente prodotto originale, men-tre non è effettuato un confronto tra i diversi prodotti equivalenti.

Pertanto, in assenza di un confronto diret-to, non è esatto ritenere che due prodotti, ognuno bioequivalente rispetto allo stesso standard di riferimento (brand), siano neces-sariamente bioequivalenti tra di loro.

Per esempio, supponendo che un generi-co abbia una biodisponibilità (AUC) +15% ed un altro una biodisponibilità –13%, entrambi sono bioequivalenti al farmaco di riferimen-to, ma non sono tra loro bioequivalenti.

Di conseguenza, la sostituibilità potrebbe avvenire tra originale e generico, ma non tra generico e generico.

Lo switch (passaggio) da un generico all’altro, infatti, può determinare un insucces-so terapeutico o una maggiore incidenza di eventi indesiderati, in particolare nel caso di prodotti equivalenti con una biodisponibilità ai limiti del range tra –20% e +20% rispetto al prodotto di riferimento e/o in caso di farmaci con indice terapeutico ristretto.

Da evitare in ogni caso è, inoltre, il con-tinuo passaggio da brand a generico e da generico ad altro generico (cosiddetto “zap-ping” farmaceutico), che può esporre a rischi da sovra- o sottodosaggio del farmaco non-ché comportare una riduzione dell’aderenza terapeutica (11).

Le implicazioni cliniche ed economiche complessive dello switch sono raramente prese in considerazione dalle analisi di costo-efficacia, che considerano esclusivamente i costi legati alla spesa per i farmaci.

Va considerato, peraltro, che le differen-ze tra brand e bioequivalenti possono es-sere sfumate e avere conseguenze a lungo termine che ancora non sono note. Inoltre, lo switch deve essere considerato dalla pro-spettiva del paziente, che può diventare non aderente al trattamento dopo il cambiamen-to del medicinale (12).

L’attuale normativa italiana incentiva la scambiabilità tra il prodotto brand e l’equi-valente. La legge n. 149/2005 di conver-sione del Decreto Legge n. 87/2005 (art. 1) stabilisce che “Il farmacista al quale venga presentata una ricetta medica che contenga la prescrizione di un farmaco appartenente

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Fattori che influenzano l’aderenza terapeutica

alla classe di cui alla lettera c) del comma 10 dell’articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dalla legge 30 di-cembre 2004, n. 311, è obbligato sulla base della sua specifica competenza professio-nale ad informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, non-ché forma farmaceutica, via di somministra-zione, modalità di rilascio e dosaggio unita-rio uguali.

Qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostitu-ibilità del farmaco prescritto, il farmacista, su richiesta del cliente, è tenuto a fornire un medicinale avente prezzo più basso di quello del medicinale prescritto. Ai fini del confron-to il prezzo è calcolato per unità posologica o quantità unitaria di principio attivo.

Pertanto, il Medico deve apporre sulla ricetta la dicitura “non sostituibile” quando ritiene che, per varie ragioni, la sostituzione del medicinale prescritto possa recare danni al paziente. Se il Medico omette l’annotazio-ne “non sostituibile” sulla prescrizione di un

farmaco originale a brevetto scaduto, il Far-macista può dispensare un farmaco generico equivalente dopo aver acquisito il consenso informato dell’assistito.

Al Medico è consentito di apporre la nota “non sostituibile” anche sulla prescrizione di un medicinale equivalente di un produttore che ritiene più affidabile; in tale circostanza, il Farmacista, a parità di costo, è tenuto a di-spensare esattamente il farmaco prescritto.

Al fine di una corretta acquisizione del consenso informato alla sostituzione del far-maco originale con il farmaco equivalente (o generico), il Farmacista può dire all’assistito che il farmaco equivalente è simile, non che è uguale all’originale.

Dichiarare, infatti, che il medicinale ge-nerico sia uguale al farmaco brand orienta in modo non corretto la scelta autonoma dell’assistito, in quanto tale affermazione non corrisponde al vero e, quindi, potrebbe ap-parire come una pubblicità ingannevole, vie-tata anche dalla legge n.49/2005 sulla pub-blicità ingannevole e dal D.Lgs. 216/2006 sulla pubblicità ai farmaci (13).

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Aderenza terapeutica: importanza ai fini del conseguimento degli obiettivi di trattamento

Alcune ricerche suggeriscono che l’ade-renza terapeutica è già di per sé benefica ai fini del conseguimento degli obiettivi tera-peutici. A tale riguardo, una metanalisi che ha incluso 21 studi a cui avevano partecipato 46847 pazienti, ha dimostrato come la man-cata aderenza alla terapia sia un importan-tissimo fattore di rischio per mortalità, indi-pendentemente dall’indicazione del farmaco valutato; in particolare, la scarsa aderenza sembrerebbe associata ad un aumento di al-meno il 50% della mortalità per qualunque causa (1).

Alla luce di tali dati, risulta ancora più ov-vio che il risultato terapeutico sia compro-messo, quando il paziente non attua rego-larmente e scrupolosamente l’assunzione dei farmaci che dovrebbero guarirlo o almeno, come avviene per alcune condizioni, consen-tire una efficace gestione della malattia da cui è affetto.

Le conseguenze della mancata aderenza possono essere estremamente gravi e ad esempio, per i pazienti affetti da/o a rischio di malattia coronarica, la mancata aderenza al trattamento farmacologico può mettere a rischio la sopravvivenza.

La mancata aderenza, inoltre, può rap-presentare un fattore confondente il quadro clinico in un paziente in trattamento, con la conseguenza di fare attribuire al paziente un profilo di rischio più elevato.

La mancata aderenza, pertanto, non solo non consente il conseguimento dei benefici

del trattamento ma espone ai rischi derivan-ti dall’uso di un farmaco e di scelte di do-saggio non ideali. Quando il Medico, infatti, presume erroneamente che il paziente stia assumendo il farmaco secondo la sua prescri-zione può essere indotto dai non soddisfa-centi risultati del trattamento a ritenere inap-propriato il farmaco prescritto e/o i dosaggi utilizzati e, di conseguenza, a intensificare il trattamento o a cambiare il farmaco, con il risultato di esporre il paziente al rischio di an-dare incontro ad eventi avversi, complicazio-ni della malattia e conseguimento di risultati terapeutici subottimali (2).

Un ulteriore rischio da non sottovalutare nel contesto della mancata aderenza è quello dell’aumento di nuove malattie; ad esempio, in un paziente che non segue la terapia anti-biotica prescritta si può verificare lo sviluppo di infezioni batteriche antibiotico-resistenti.

■ Patologie cardiovascolari L’aderenza è direttamente associata a ri-

sultati terapeutici favorevoli in una varietà di condizioni croniche. Considerando in parti-colare le malattie cardiovascolari, una mag-giore aderenza ai trattamenti farmacologici si associa ad una prognosi sostanzialmente migliore rispetto all’interruzione della terapia o alla inappropriata riduzione dei dosaggi, nell’ambito sia della prevenzione primaria che di quella secondaria.

Una buona aderenza in pazienti affetti da ipertensione si è dimostrata associata ad una

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Aderenza terapeutica: importanza ai fini del conseguimento degli obiettivi di trattamento

riduzione del rischio di insufficienti risultati terapeutici e in un aumento del controllo de-gli elevati livelli di pressione arteriosa. Poi-ché l’obiettivo del trattamento dell’iperten-sione è quello di prevenire lo sviluppo delle complicazioni cardiovascolari derivanti dagli elevati valori pressori e una scarsa aderen-za al trattamento influenza negativamente il controllo pressorio, una buona aderenza in-fluenza anche i risultati a lungo termine della terapia.

L’aderenza alla terapia antipertensiva ri-sulta infatti associata non solo ad un miglior controllo dei livelli di pressione arteriosa, ma anche ad un minore rischio di malattia coro-narica, infarto del miocardio, scompenso car-diaco e ictus.

Secondo quanto riportato nell’ultimo report dell’OMS sull’aderenza alla terapia nelle malattie croniche, il trattamento dell’i-pertensione può determinare una riduzione del 30%–43% del rischio di ictus e del 15% di quello di infarto miocardico, nonché una riduzione del rischio di numerose altre condi-zioni croniche.

Questo favorevole effetto dell’aderenza è stato confermato dai risultati di numerosi stu-di, in cui i pazienti che erano aderenti ai regi-mi terapeutici prescritti hanno presentato un più basso rischio relativo previsto di outcome cardiovascolari negativi in confronto a quelli non aderenti.

Un’elevata aderenza (definita come assun-zione di almeno l’80% del farmaco prescritto) alla terapia antipertensiva è risultata associa-ta ad una più elevata probabilità di controllo dei livelli pressori (odds ratio 1.45, intervallo di confidenza 95% tra 1.04 e 2.02) rispetto ad un’aderenza media o bassa. Allo stesso mo-do, ogni aumento incrementale del 25% del-la quota di giorni con copertura statinica si è tradotta in una riduzione di circa 3.8-mg/dL della concentrazione plasmatica del coleste-rolo LDL (3).

Una meta-analisi di 147 studi randomizzati (4) ha osservato una riduzione del 22% degli eventi coronarici e del 41% dei casi di ictus tra i pazienti che seguivano il trattamento antipertensivo. Le misure per favorire l’ade-renza dei pazienti al trattamento farmacolo-gico, secondo le conclusioni di un’altra meta-analisi (5) potrebbero avere effetti sulla salute superiori a quelli di qualunque trattamento individuale.

Per esempio, una review ha stimato che una migliore aderenza al trattamento anti-pertensivo potrebbe prevenire ogni anno 89000 morti premature negli Stati Uniti.

Un recente studio canadese (6) su un da-tabase di 83267 soggetti ipertesi nuovi trat-tati di età compresa tra 45 e 85 anni, relativo ad un periodo di 5 anni, ha dimostrato una significativa riduzione del rischio di malattia cerebrovascolare, che è risultato ridotto del 22% nei pazienti con elevata aderenza alla terapia (≥80%) rispetto a quello rilevato nei pazienti con tassi di aderenza più bassi.

In uno studio italiano (7), che ha incluso un totale di 31306 pazienti con recente dia-gnosi di ipertensione arteriosa di entrambi i sessi (48.0% uomini) dell’età media di 60.2 anni ±14.5 anni, in prevenzione primaria, il rischio di morte per tutte le cause, ictus o infarto miocardico acuto è risultato signifi-cativamente più basso nei pazienti con buo-na aderenza al trattamento antipertensivo rispetto a quello registrato nei pazienti con scarsa aderenza.

Allo stesso modo, in uno studio che ha utilizzato dati ottenuti da 400 Medici di me-dicina generale relativi a oltre 18000 pazienti con recente diagnosi di ipertensione arterio-sa, che sono stati seguiti per una media di circa 5 anni, l’elevata aderenza alla terapia farmacologica si è dimostrata associata ad una riduzione del 38% del rischio di eventi cardiovascolari (sindrome coronarica acuta, ictus, ischemia cerebrale transitoria), in con-

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Il ruolo del farmacista nel miglioramento dell’aderenza terapeutica del pazienteIl conseguimento degli obiettivi del trattamento, in un’ottica di sostenibilità ed efficienza dei percorsi di cura

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fronto con quello osservato nei pazienti con scarsa aderenza (8).

La terapia statinica, assunta su base rego-lare, si è dimostrata in grado di ridurre signifi-cativamente morbilità e mortalità nei pazien-ti con malattia coronarica e nei pazienti con iperlipidemia.

Negli studi clinici, i benefici di tale tera-pia sono stati evidenziati solo dopo 1-2 anni di trattamento. Pertanto, come per i farmaci antipertensivi, anche per le statine la mag-giore aderenza, in prevenzione sia primaria che secondaria, si associa ad una significativa riduzione del rischio di eventi cardiovascolari fatali e non fatali, di ospedalizzazione e mor-talità per tutte le cause.

Oltre alle ovvie implicazioni cliniche della mancata aderenza terapeutica, rappresenta-te da concentrazioni plasmatiche di coleste-rolo LDL più elevate e da un aumento della percentuale di eventi coronarici nei pazienti non aderenti alla terapia statinica, la mancata aderenza può comportare una scarsa qualità di vita e un incremento dei costi sanitari asso-ciati alla gestione della malattia (9).

Nelle malattie cardiovascolari come in al-tre condizioni, la mancata aderenza è stata associata ad un aumento della morbilità sot-to forma di resistenza al trattamento, com-plicazioni delle malattia, ospedalizzazioni e disabilità, nonché ad un aumento della mor-talità.

Per quanto riguarda in particolare la pre-venzione secondaria in pazienti affetti da cardiopatia ischemica, uno studio su 31455 pazienti (10) ha dimostrato una correlazione positiva tra aderenza terapeutica e sopravvi-venza.

Infatti, nel corso dell’anno successivo ad un infarto miocardico è stato osservato che un’aderenza moderata alla terapia con sta-tine risultava associata ad un aumento del rischio relativo di mortalità del 12%, in con-fronto con un aumento del rischio del 25%

nei pazienti che presentavano un’aderenza scarsa. Nei pazienti non aderenti al tratta-mento, le complicazioni cardiovascolari di ipertensione, iperlipidemia e diabete com-portano sostanziale disabilità, morbilità e mortalità. Per esempio, per ogni incremento di 20 mmHg della pressione sistolica e per ogni incremento di 10 mmHg della pressio-ne diastolica il rischio di ictus e cardiopatia ischemica si raddoppia.

Nei pazienti con coronaropatia, la non aderenza ai farmaci per la cardioprotezione (beta-bloccanti, statine e ACE-inibitori) è ri-sultata associata ad un incremento dal 10% al 40% del rischio di ospedalizzazione per cause cardiovascolari e ad un incremento dal 50% all’80% del rischio di mortalità.

Sempre nell’ambito della terapia cardio-vascolare, è stato dimostrato che i pazienti che interrompevano la terapia con clopido-grel entro 1 mese dalla dimissione dopo un ricovero per infarto miocardico e posiziona-mento di stent medicato presentavano un ri-schio significativamente più elevato di even-ti sfavorevoli, inclusi ri- ospedalizzazione e morte, nei successivi 11 mesi.

■ Malattie respiratorie cronicheL’aderenza del paziente alle prescrizioni

mediche è una delle condizioni critiche per il successo del trattamento di malattie respira-torie croniche come l’asma e la BPCO, nelle quali gli obiettivi della terapia sono rappre-sentati da un adeguato controllo dei sinto-mi, dalla prevenzione delle riacutizzazioni e dalla riduzione della disabilità del paziente.Peraltro, in tali patologie l’aderenza tende ad essere non elevata, il che si traduce in un aumento della progressione della malattia, in un aumento delle complicazioni, in una ridot-ta sopravvivenza e in un aumento dei costi sociosanitari.

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Aderenza terapeutica: importanza ai fini del conseguimento degli obiettivi di trattamento

Uno dei principali problemi dell’aderenza terapeutica in tali condizioni è convincere il paziente della necessità di continuare a se-guire la terapia di fondo dopo la risoluzione dei sintomi acuti.

In uno studio condotto in Olanda su pa-zienti asmatici adulti e su pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (11), è stato rilevato che il 20% dei pazienti che as-sumevano la terapia farmacologica riferiva di non sapere bene quali fossero i dosaggi gior-nalieri, il 29% riteneva che i farmaci assunti giornalmente sarebbero stati utilizzati solo “a breve termine” o “al bisogno” e solo il 51% dei pazienti percepiva che il farmaco doveva essere assunto con regolarità.

Per quanto riguarda in particolare l’asma, è noto che nella maggior parte dei pazienti è controllabile. Tuttavia, nel 5-10% dei casi la malattia è più difficile da controllare, i pa-zienti presentano sintomi persistenti e vanno incontro a frequenti riacutizzazioni. Questi pazienti mostrano una morbilità elevata e so-no a più alto rischio di riacutizzazioni mortali e quasi mortali (12).

In molti soggetti la causa del difficile controllo della malattia è rappresentata dall’aderenza subottimale ai farmaci prescrit-ti dal Medico. A tale riguardo, una recente indagine su adulti affetti da asma ha infatti dimostrato che la maggior parte dei pazien-ti con asma difficile da controllare presenta un’aderenza terapeutica subottimale, che

comporta risultati terapeutici negativi e au-menta il rischio di asma quasi fatale.

La forma più comune di non adesione ai trattamenti dell’asma è rappresentata da una sottoutilizzazione cronica del farmaco, per esempio l’assunzione di dosaggi notevol-mente più ridotti rispetto a quanto prescrit-to. L’adesione inoltre può essere variabile nel tempo, risultando completa quando la malattia è sintomatica e parziale o assente quando è asintomatica.

Va considerato, inoltre, che l’efficacia del-la terapia inalatoria richiede un corretto uso del dispositivo.

Nei pazienti con BPCO, una rigorosa ade-renza terapeutica si associa ad una minore frequenza di riacutizzazioni e ad un tasso di mortalità inferiore rispetto a quello registrato nei pazienti con scarsa aderenza terapeutica (11.3% versus 26.4%, rispettivamente); i dati dello studio TORCH dimostrano inoltre che tale associazione era presente per un perio-do di tre anni, indipendentemente dal tipo di trattamento farmacologico (13).

Nel complesso, una scarsa aderenza alla terapia inalatoria che, in base ai dati dispo-nibili e di comune riscontro nei pazienti con BPCO, comporta un inadeguato controllo dei sintomi ed una riduzione della qualità della vita correlata allo stato di salute, gene-ralmente a causa di un aumento delle riacu-tizzazioni e del peggioramento della sinto-matologia (14).