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COMBUSTIBILI ———— Ing. Andrea Nicolini Università degli Studi di Perugia

Ing. Andrea Nicolini - CIRIAF - Centro Interuniversitario di … · 2015-10-01 · eventualmentequellocontenutonelcombustibile,reagisce,adalte temperature,generandogliossididiazoto

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COMBUSTIBILI————

Ing. Andrea Nicolini

Università degli Studi di Perugia

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Combustibili

Classificazione fisica

Combustibili solidi

Combustibili liquidi

Combustibili gassosi

Classificazione in base all’origine

Naturali Artificiali

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Combustibili Fossili• SOLIDI, LIQUIDI E GASSOSI • PRODOTTI  DALLA DECOMPOSIZIONE  DI SOSTANZE ORGANICHE • RISORSA NON RINNOVABILE

IN SENSO STRETTO, ANDREBBERO IDENTIFICATI COME COMBUSTIBILI FOSSILI I SOLI COMBUSTIBILI SOLIDI, GENERATI CON PROCESSO CHIMICO FISICO DI PIETRIFICAZIONE O FOSSILIZZAZIONE (ES. PERDITA DI OSSIGENO, IDROGENO  E AZOTO AD OPERA DI ALTE TEMPERATURE O FUNGHI E BATTERI A VANTAGGIO DEL TENORE DI CARBONIO).

NELLA CORRENTE ACCEZIONE INGEGNERISTICA DEL TERMINE VENGONO COMPRESI ANCHE GLI IDROCARBURI.

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CombustibiliUNA SOSTANZA, PER ESSERE CONSIDERATA UN COMBUSTIBILE INDUSTRIALE,DEVE ESSERE:

• ECONOMICA (ESCLUSO IL DIAMANTE)

• LARGAMENTE DISPONIBILE (ESCLUSE LE CERE)

• NON DEVE PRODURRE, NELLA COMBUSTIONE, SOSTANZE DANNOSE (ESCLUSI COMBUSTIBILI AD ELEVATO TENORE DI ZOLFO)

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Combustibili solidiPER COMBUSTIBILI SOLIDI SI INTENDONO IN GENERALE I LEGNI DELLE PIANTEATTUALI ED I RESTI TRASFORMATI DELLE VARIE SPECIE VEGETALI SVILUPPATISI INEPOCHE PIÙ O MENO REMOTE.

IL LEGNO È FORMATO PER L’1% DA SOSTANZE MINERALI ED IL RESTO È MATERIALEORGANICO: CELLULOSA, LIGNINA, CARBOIDRATI, QUANTITÀ VARIABILE DI ACQUA.

IL CARBON FOSSILE È NOTO COME COMBUSTIBILE SIN DALL’ANTICHITÀMA È SOLO DAL 1700 CHE È DIVENUTO UNA FONTE PRIMARIA DI ENERGIA.

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Combustibili solidi

I COMBUSTIBILI SOLIDI POSSONO ESSERE DIVISI IN DUE MACROGRUPPI:

• COMBUSTIBILI NATURALI

• COMBUSTIBILI ARTIFICIALI

• ATTUALI (LEGNO)

• RECENTI (TORBE E LIGNITI)

• FOSSILI (LITANTRACE E ANTRACITE)

• CARBONE DI LEGNA

• SEMICOKE

• COKE

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Combustibile solido (il più importante)

Sostanze complesse ad alta massa molecolare di origine organica che contengono: Carbonio (C), idrogeno (H), azoto (N), zolfo (S), ossigeno (O) minerali (pirite, argilla, calcite)

Carbogenesi

Ammassi di piante decomposte sotto elevate pressioni e temperature e grazieall’ausilio di microrganismi

LE ZONE PIÙ FAVOREVOLI PER LA FORMAZIONE DEL CARBONE SONO LE PIANURECOSTIERE, LE LAGUNE E LE ZONE PALUDOSE.

CARBONE

eliminazione di O e H, rimane il C nOHC 5106Cellulosa Tempo,P,T microorg.

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CARATTERISTICHE DEL CARBONE

È IL COMBUSTIBILE FOSSILE PIÙ ABBONDANTE SULLA TERRA: ENORMI RISERVE SONO PRESENTI INMOLTI PAESI ED È ESTRATTO IN PIÙ DI 70 PAESI.

È STABILE E, PERTANTO, TRASPORTO, STOCCAGGIO E USO NON IMPLICANO GROSSI RISCHI.

È AFFIDABILE POICHÉ LE ENORMI RISERVE SIGNIFICANO APPROVVIGIONAMENTO GARANTITO AD UNPREZZO COMPETITIVO.

LE ATTUALI TECNOLOGIE CONSENTONO DI BRUCIARLO CON RIDOTTO IMPATTO AMBIENTALE.

È ECONOMICAMENTE COMPETITIVO PER LA GENERAZIONE DI ELETTRICITÀ.

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GENESI DEI CARBONILE CARATTERISTICHE DEL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE CAMBIANO A SECONDA DELMATERIALE ORGANICO DI PARTENZA, DELLA PROFONDITÀ, DELLA TEMPERATURA, DELLAPRESSIONE, DELLA DURATA, DELLA COMPOSIZIONE DELL’ACQUA E DELLE ROCCE CON CUIIL MATERIALE È A CONTATTO.

IN AMBIENTE ANAEROBICO, A CAUSA DI PROCESSI DI PUTREFAZIONE DEL MATERIALEORGANICO, DAGLI ORIGINALI DEPOSITI VEGETALI SI HA FORMAZIONE DI IMPASTI VISCOSIGRADUALMENTE SEPOLTI DA DETRITI MINERALI. SUCCESSIVAMENTE SI VERIFICANO IFENOMENI BIOCHIMICI DI CARBOGENESI E LE PRESSIONI PROVOCANO RISTRUTTURAZIONICEMENTANTI DELLE MASSE CHE SI TRASFORMANO IN COMPATTI CARBONI.

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CARATTERIZZAZIONE DEL CARBONE

I CARBONI IN VIA DI FOSSILIZZAZIONE (TORBA E LIGNITE) SONO CARATTERIZZATI COME INORMALI COMBUSTIBILI IN BASE AL POTERE CALORIFICO, ALLA COMPOSIZIONEELEMENTARE, AL CONTENUTO DI CENERI E UMIDITÀ.

I CARBONI FOSSILI VENGONO VALUTATI CON ALTRI PARAMETRI: CONTENUTO DISOSTANZE VOLATILI, INDICE DI LIBERO RIGONFIAMENTO.

CONTENUTO DI SOSTANZE VOLATILI: INSIEME DI GAS E VAPORI CHE SI SVILUPPANO DAUN CARBONE SECCO E PRIVO DI CENERI QUANDO VIENE RISCALDATO A 1000°C INASSENZA DI ARIA.

INDICE DI LIBERO RIGONFIAMENTO: NUMERO CHE VIENE ASSEGNATO QUANDO UNGRAMMO DI CARBONE VIENE SCALDATO FINO A 820°C PROVOCANDONE LAFUORIUSCITA DI GAS E CONSEGUENTE RIGONFIAMENTO (VALORE NUMERICO 1‐9).

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COMBUSTIBILI SOLIDICARATTERISTICHE CHIMICHE

Combustibile C [%] H [%] (O+N) [%] HHV [MJ/kg]

Legno 50 – 54 6 ‐ 6.5 40 – 44 18

Torba 55 – 60 5.5 ‐ 6.5 30 – 40 20 – 23

Lignite 60 – 75 4.5 – 6 20 – 35 23 – 32

Litantrace 75 – 93 4 ‐ 5.5 3 ‐ 20 32 – 38

Antracite 93 ‐ 95 4 – 2 3 35 ‐ 36

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COMBUSTIBILI SOLIDI

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

IL LEGNOIl legno risulta costituito da due parti strutturali, la cellulosa e lalignina.

Il legno può essere considerato a pieno titolo una fonteenergetica rinnovabile ed a emissione nulla di anidridecarbonica, pertanto, mentre in passato il suo utilizzo comecombustibile era limitato al solo impiego domestico, ora siutilizza anche per la produzione di energia elettrica.

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COMBUSTIBILI SOLIDI

LA TORBALa torba è il più recente prodotto di metamorfosi di sostanzevegetali.

La torba estratta nelle torbiere ha un alto contenuto di umidità(70‐90%), risulta quindi necessario procedere a una essiccazioneche ne porta il tasso di umidità a valori prossimi al 50%.L’essiccazione artificiale è in genere sempre antieconomica.

L’alto contenuto di ceneri e la qualità dei fumi generati nellacombustione la rendono un combustibile di scarso pregio.

Utilizzata prevalentemente per alimentare forni da vetro eceramiche o a volte come concime.

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

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COMBUSTIBILI SOLIDI

LA LIGNITELa lignite è un carbone più antico della torba.

Il maggiore difetto della lignite è l’alto contenuto di zolfo, a voltemaggiore del 10%. Non è utilizzabile come combustibile se ilcontenuto di zolfo supera il 2% perché la SO2 che si producenella combustione si ossida ad SO3 e provoca la formazione diacido solforico che causa la corrosione delle lamiere dellecaldaie.

LignitiUmidità[%]

Ceneri[%]

HHV[MJ/kg]

Località

Torbose 50 35 19 Mugello e Val Gandino

Xiloidi 35 25 23 Valdarno e Spoleto

Picee 12 15 30 Bacu‐Abis e Ribolla

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

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COMBUSTIBILI SOLIDI

LITANTRACI E ANTRACITISono i veri carboni fossili, generati da una spinta ditrasformazione sotterranea anaerobica.

La litantrace è il combustibile più importante, per durezza,compattezza, contenuto di sostanze volatili e potere calorifico.

L’antracite ha potere calorifico ancora maggiore della litantracema non è adatta alla distillazione (pirolisi) poiché produce pocogas. La combustione dell’antracite genera pochi fumi.

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

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COMBUSTIBILI SOLIDI

COMBUSTIBILI ARTIFICIALIScaldando ad alta temperatura i combustibili naturali in assenzadi aria si ottiene un residuo carbonioso che, a seconda delcombustibile naturale processato, costituisce i vari combustibiliartificiali.

Legna  Carbone di legna

Torba e Ligniti  Semi Coke

Litantrace e Antracite  Coke

I vantaggi della trasformazione sono:

• Aumento del potere calorifico

• Aumento della compattezza e della resistenza meccanica

• Aumento del potere riducente

• Eliminazione delle sostanze dannose alla metallurgia (ammoniaca, zolfo, acido solfidrico…)

• Creazione di gas e catrami utili e fonti di prodotti chimici 

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

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COMBUSTIBILI SOLIDI

CARBONE DI LEGNAOttenuto dalla pirolisi del legno, oggi caduto in disuso per labassa disponibilità di legno, da intendersi sia come scarsità dellamateria prima sia come conseguenza del fatto che il legno èoggi materia prima richiesta per altri usi.

Il carbone di legna, specialmente se ottenuto con il sistemadelle carbonaie, è molto poroso, adatto quindi ad assorbire gase vapori, è povero di ceneri (3.5%) fornito di materie volatili(10%) e con un potere calorifico di circa 33 MJ/kg.

L’alto grado di purezza lo rende ottimo per usi metallurgici, mada questo punto di vista risulta troppo costoso.

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

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COMBUSTIBILI SOLIDI

SEMICOKEOttenuto dal riscaldamento, a circa 500°C, in assenza d’aria dellatorba e della lignite.

Carbone molto friabile e poroso, brucia con poco fumo efiamma lunga poiché ha un relativamente alto contenuto disostanze volatili (20%)

La distillazione genera circa l’80% di semicoke, l’8% di catrame eil 12% di gas.

Il gas ha potere calorifico pari a circa 28‐29 MJ/kg

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

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COMBUSTIBILI SOLIDI

COKEDistillando il litantrace sopra i 900°C si ottiene il gas di cokeria, ilcatrame e un residuo carbonioso (coke)

Il coke è meccanicamente resistente (150 kg/cm2), poroso,infusibile e povero di ceneri.

La densità apparente è pari a circa 0.9 ton/m3 e il poterecalorifico vale circa 30 MJ/kg

Combustibili naturali

Combustibiliartificiali

• Attuali

• Recenti

• Fossili

• Carbonedi legna

• Semicoke

• Coke

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CARBONEITALIA

IN ITALIA L’UNICA RISORSA CARBONIFERA SFRUTTATA È IL BACINO DEL SULCIS IGLESIENSE,A SUD OVEST DELLA SARDEGNA.L’AREA DI COLTIVAZIONE CONTIENE CIRCA 57 Mt CON POTERE CALORIFERO DI OLTRE 20MJ/kg ED ELEVATO CONTENUTO DI CENERI E ZOLFO (6‐7%).ATTUALMENTE DALLA MINIERA VENGONO ESTRATTE CIRCA 200.000 t/a DI CARBONE, INGRAN PARTE DESTINATO ALLA CENTRALE ENEL DI PORTOVESME.

L’ITALIA DEVE IMPORTARE CARBONE DALL’ESTERO, SOPRATTUTTO VIA MARE (CIRCA IL 99%DEL TOTALE). LA NAZIONE DI PROVENIENZA È DIVERSIFICATA IN BASE ALLA QUALITÀ DELCARBONE RICHIESTO E ALL’UTILIZZO INDUSTRIALE CHE SE NE DEVE FARE.I PRINCIPALI PAESI D’IMPORTAZIONE SONO INDONESIA (OLTRE 5Mt DI CARBONE DAVAPORE, quale litantrace), SUD AFRICA (4.7 Mt SOPRATTUTTO DA VAPORE, qualelitantrace), AUSTRALIA (3 Mt, DIVISO PER METÀ IN CARBONE DA VAPORE E DA COKE, ossiametallurgico per produrre acciaio), USA (2.5 Mt, FONDAMENTALMENTE DA COKE),COLOMBIA (2.5 Mt, DA VAPORE) E CINA (1.7 Mt, SOPRATTUTTO COKE E IN PARTE DAVAPORE).

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CARBONESVANTAGGI

IL LAVORO IN MINIERA RESTA PERICOLOSO ANCHE OGGI: I GAS PRODOTTI DAL CARBONEPOSSONO PRENDERE FUOCO CON UNA PICCOLA SCINTILLA ANCHE PER ATTRITO, NELLASOLA CINA MUOIONO OGNI ANNO PIÙ DI 5000 MINATORI, INOLTRE I GAS PRODOTTI DALLEMINIERE DI CARBONE HANNO UN EFFETTO SERRA 23 VOLTE MAGGIORE DELLA CO2.

MOLTI GIACIMENTI SI TROVANO DAI 1500 AI 2000 m DI PROFONDITÀ, PER CUI DIVENTAANTIECONOMICA L'ESTRAZIONE NEI CONFRONTI DEL METANO E ANCHE DEL PETROLIO.

NEL NORD AMERICA SOLO IL 15% DEL CARBONE TECNICAMENTE ESTRAIBILE ÈRECUPERATO, PIÙ DELLA METÀ DEI GIACIMENTI SONO COSTITUITI DA MATERIALE DISCARSA QUALITÀ (TORBA, LIGNITE E LITANTRACE SUB‐BITUMINOSO, ossia umido, conbasso LHV e che produce molto fumo), CON MOLTE SOSTANZE INQUINANTI E LATENDENZA A DECOMPORSI IMMETTENDO METANO IN ATMOSFERA. IN DEFINITIVA ILCARBONE VANTAGGIOSAMENTE ESTRAIBILE NON RAPPRESENTA UNA RISORSA MOLTO PIÙABBONDANTE DEL GAS NATURALE E DEL PETROLIO.

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CARBONESVANTAGGI

NONOSTANTE LE TECNOLOGIE "PULITE" PERMETTANO DI EVITARE ECCESSIVE EMISSIONIIN ATMOSFERA DI INQUINANTI BISOGNA TENERE PRESENTE CHE I FILTRI USATI PERDEPURARE I GAS DOVRANNO ESSERE IN QUALCHE MODO SMALTITI IN DISCARICHE.ESSENDO IL CARBONE UNA MATERIA CHE CONTIENE PARECCHI INQUINANTI IN ORIGINE,LE QUANTITÀ DI QUESTE SOSTANZE DA SMALTIRE NON SONO IRRILEVANTI.

IL CARBONE È LA MAGGIORE SE NON UNICA FONTE RILEVANTE DI CARBONIO NATURALE,LE MODERNE TECNOLOGIE SEMBRANO DIMOSTRARE CHE IN FUTURO DA QUESTAMATERIA PRIMA SI POSSANO OTTENERE INNUMEREVOLI PRODOTTI E TECNOLOGIEIMPORTANTI, QUALI AD ESEMPIO LE FIBRE DI CARBONIO E LE NANOSTRUTTURE, PER CUISEMBRA ANTIECONOMICO E NON RAZIONALE "BRUCIARE" QUESTA RISORSA ESAURIBILE.

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CARBONEINQUINAMENTO

Le principali specie inquinanti prodotte dal carbone sono:

• Particolato

• CO

• SOX

• NOX

PARTICOLATO

La produzione di particolato era un notevole problema delle caldaie concombustione non controllata.

Nelle caldaie attuali, a combustione controllata, tale problema risultasuperato

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CARBONEINQUINAMENTO

Le principali specie inquinanti prodotte dal carbone sono:

• Particolato

• CO

• SOX

• NOX

CO

Il monossido di carbonio è un inquinante che si trova in tutti i processi dicombustione.

Il monossido di carbonio si genera secondo:2 CO2 = 2 CO + O2

La concentrazione di CO dipende dalla temperatura e dalla concentrazionedi ossigeno: maggiore l’ossigeno in ingresso, minore il monossido dicarbonio in uscita

Aumentare l’ossigeno (e quindi l’aria) in ingresso determina però maggioriperdite al camino

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CARBONEINQUINAMENTO

Le principali specie inquinanti prodotte dal carbone sono:

• Particolato

• CO

• SOX

• NOX

SOX

Lo zolfo contenuto nel carbone determina la formazione di SO2 che portapoi alla formazione di:

•SO3

•H2SO4

•Piogge acide

La riduzione del biossido di zolfo richiede processi complessi e costosi

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CARBONEINQUINAMENTO

Le principali specie inquinanti prodotte dal carbone sono:

• Particolato

• CO

• SOX

• NOX

NOX

Durante il processo di combustione con aria, l’azoto presente nell’aria, oeventualmente quello contenuto nel combustibile, reagisce, ad altetemperature, generando gli ossidi di azoto

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CARBONECOMBUSTIONE DEL CARBONE

Contenimento delle emissioni entrolimiti di legge• Controllo del particolato (filtri) • Controllo CO, NOx (dosaggio 

comburente)• Preparazione del combustibile (es. a 

basso contenuto di zolfo controllo SO2)

• Smaltimento ceneri

Valori limite emissioni impianti di potenza (potenza termica P in MW)D. Lgs. 152/2006 TU Ambientale

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CARBONECOMBUSTIONE DEL CARBONE

Controllo e riduzione degli ossidi di zolfo  desolforazione in uno stadio intermedio del processo di combustione Esempio: Combustione a letto fluido

Rispetto alle caldaie tradizionali, i processi di combustione a letto fluidizzato vengono condotti a temperature molto più basse (circa 850°C); questo consente di abbattere in situ la SO2 mediante l’utilizzo di sorbenti calcarei (CaCO3):

calcinazione (endotermica)

solfatazione (esotermica)

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CARBONE

I principali vantaggi dei combustori a letto fluido sono:

• elevata efficienza di combustione

• basso contenuto di incombusti (0,2%‐0,3%)

• buona flessibilità rispetto al carico, 

• ridotto numero di parti meccaniche in movimento quindi minori possibilità dirotture o guasti;

COMBUSTIONE – LETTO FLUIDO

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CARBONE

• Conversione di un qualunque combustibile a contenuto carbonioso in un prodottogassoso con un potere calorifico di interesse tecnico;

• la tecnologia dominante è l’ossidazione parziale che produce un gas di sintesi (syngas,producer gas, etc.) composto principalmente da H2, CO, CO2, CH4, N2 in diversirapporti;

• si differenzia dalla combustione, dove l’ossidazione è completa, e dalla pirolisi, dovenon c’è ossidazione;

• l’ossidante utilizzato può essere indifferentemente aria, ossigeno e/o vapore;

GASSIFICAZIONE

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Air Oxygen Steam

H2 8‐11 28‐35 22‐28CH4 2‐4 4‐8 10‐12CO 10‐15 28‐38 30‐40CO2 12‐20 22‐30 15‐20N2 50‐60 2‐5 2‐5

PCI (MJ/Nm3) 3‐5 8‐12 10‐15YIELD (Nm3/kgdb) 2‐3 1,2‐1,5 ‐

CARBONECARATTERISTICHE DEL SYNGAS

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CARBONECARATTERISTICHE DEL SYNGAS

(Fossile)

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Combustibili

Combustibili Liquidi

Naturali

Petrolio - Greggio

Artificiali

Derivati da processi di cracking o di sintesi di

combustibili solidi

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Valutazione delle riserve di idrocarburiRISERVE = soltanto quella frazione degli idrocarburi contenuti in ungiacimento che può essere estratta (‘recuperata’).

Sulla base delle conoscenze geologiche, geofisiche ed ingegneristichedisponibili in un dato momento si distingue tra riserve accertate,probabili e possibili .‐ Le riserve accertate sono quelle per le quali si ha una ragionevolecertezza di recupero e per le quali il recupero è definito a datecondizioni economiche.

‐ Le riserve probabili sono quelle per le quali, anche se non è statoancora messo a punto il progetto di recupero, è verosimile chepossano essere recuperate.

‐ Le riserve possibili sono quelle incerte sul piano della conoscenzatecnica.

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Classificazione dei giacimenti e distribuzione dei baciniGiacimenti a petrolioMegagiant: superiore a 50.000 milioni di barili (pari a 6,8 miliardi di t)Supergiant: da 5.000 a 50.000 milioni di bariliGiant: da 500 a 5.000 milioni di bariliMajor: da 100 a 500 milioni di bariliLarge: da 50 a 100 milioni di bariliMedium: da 25 a 50 milioni di bariliSmall: da 10 a 25 milioni di barili

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Composizione del petrolio

Il petrolio è una miscela naturale composta principalmente da idrocarburi, che siaccumula in giacimenti sotterranei e che può presentarsi allo stato liquido,gassoso o anche solido.

I costituenti di un fluido di giacimento formano uno spettro idrocarburico quasicontinuo dal più leggero, il metano, passando per quelli di peso molecolareintermedio fino alle molecole molto grandi. La proporzione dei diversicomponenti può variare in un ampio intervallo, a cui corrispondono liquidipetroliferi con caratteristiche molto diverse. Il fluido di giacimento più semplice èil gas naturale, mentre le miscele più complesse sono quelle degli oli medio‐pesanti e del bitume. Le proprietà fisiche di un fluido petrolifero sonodeterminate dalla sua composizione e, inoltre, molte di esse variano in modosignificativo in funzione della temperatura e della pressione. Le temperature deigiacimenti petroliferi sono tra quella ambiente e oltre 200 °C e la pressione puòarrivare fino a 150 MPa (1.500 bar).

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I gas prodotti da un giacimento di petrolio sono costituiti principalmente dametano (CH4) ed etano (C2H6) come componenti predominanti.

La fase liquida (olio o petrolio greggio) contiene molecole più grandi e il suoaspetto, la sua composizione e le sue proprietà variano considerevolmente dagiacimento a giacimento. Tuttavia, la composizione elementare dei greggi variaquasi sempre entro intervalli abbastanza ridotti come mostrato dai seguenti valoridi percentuale in peso:

Carbonio: 83,0‐87,0%Idrogeno: 10,0‐14,0%Azoto: 0,1‐2,0%Ossigeno: 0,05‐1,5%Zolfo: 0,05‐6,0%

L’intervallo di variabilità del rapporto carbonio/idrogeno è piuttosto ristretto inquanto il gruppo CH2 è l’unità principale di cui sono composte le molecoleorganiche presenti nei greggi.

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L’origine del petrolio

La composizione estremamente complessa del petrolio (il termine include sia l’oliosia il gas) riflette gli effetti combinati di tutti i processi che sono all’origine degliaccumuli petroliferi e che ne determinano il destino nel corso delle ere geologiche.

Poiché le condizioni geologiche e geochimiche nelle quali tali processi si svolgonopossono variare notevolmente da un luogo all’altro, la composizione del petroliopuò mutare di conseguenza.

Nella sua composizione il petrolio contiene alcuni segnali molecolari checonsentono di ricostruirne l’origine e la storia geologica.

Di regola, il petrolio non ha mai avuto origine nel giacimento da cui lo si estrae, maè il risultato di una lunga serie di processi che ne precedono l’accumulo.

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Fasi:1) formazioni di roccia madre in grado di generare petrolio in presenza di

adeguate condizioni termiche nel sottosuolo,2) compattazione dei sedimenti con conseguente espulsione del petrolio dalla

roccia madre e passaggio nelle rocce serbatoio (migrazione primaria),3) rocce serbatoio dotate di porosità e permeabilità sufficienti a consentire il

flusso del petrolio attraverso il reticolo dei pori (migrazione secondaria),4) accumulazione in una trappola,5) manifestazione in superficie in conseguenza della fratturazione delle rocce di

copertura.

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A differenza della biomassa prodotta dalle alghe e dai batteri, ricca di idrogeno,la materia organica vegetale di origine terrestre si presenta in genere ricca diossigeno.

A SECONDA DELLA PREVALENZA DI MATERIALE ORGANICO DELL’UNA O DELL’ALTRO TIPO, LA ROCCIA MADRE PRODURRÀ 

IDROCARBURI LIQUIDI O GASSOSI.

La materia organica solida contenuta nella roccia madre, insolubile nei solventiorganici a basso punto di ebollizione, è detta kerogene.

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Deposta e stratificata, la materia organica comincia a subire una serie di processigeochimici e mineralogici indotti dai primi aumenti di temperatura e di pressionerelativi alla subsidenza e alla compattazione del sedimento (diagenesi).

La formazione del petrolio

In questa fase si completa la formazione del kerogene, il vero precursore delpetrolio, una sostanza geopolimerica.

Gli idrocarburi liquidi e gassosi sono generati dalla decomposizione termica delkerogene contenuto nei giacimenti di roccia madre. La temperatura di queste roccecresce con l’aumento della profondità e, oltre una certa soglia, la frazionechimicamente labile del kerogene inizia a trasformarsi in composti petroliferi.

Il principale meccanismo di reazione è la rottura (cracking) dei legami tra gli atomidi carbonio, che richiede il superamento di certi livelli minimi nell’apporto dienergia termica (energia di attivazione).

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Nel processo di trasformazione delkerogene provocato dall’aumento dellatemperatura, chiamato maturazione, sidistinguono due fasi, la catagenesi (doveavviene la produzione di idrocarburi liquidi)e lametagenesi.

Anche le modalità della maturazionetermica (il tasso di riscaldamento e il tempodi esposizione alla temperatura) sonofondamentali nel determinare lecaratteristiche dei petroli generati: si haformazione di idrocarburi liquidi soltanto inun limitato intervallo di temperature (80 ÷150°C), la cosiddetta finestra dell'olio.

Una volta formato nella roccia madre, ilpetrolio è pronto per la migrazione verso laroccia serbatoio, processo governato dallapressione e dalle condizioni di permeabilità,porosità e saturazione delle roccesedimentarie attraversate.

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La migrazione del petrolio

La formazione del petrolio attraverso la  decomposizione termica del kerogene è il risultato di una serie di processi chimici governati prevalentemente dalla temperatura. 

La migrazione del petrolio dalla roccia madre in cui ha avuto origine fino alla trappola serbatoio in cui si accumula dipende invece dalle condizioni fisiche e fisico‐ chimiche degli strati sedimentari attraversati dal petrolio durante il suo percorso. 

IL FATTORE CHE INFLUENZA IN MISURA MAGGIORE QUESTO PROCESSO È LA PRESSIONE

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Gli altri fattori fisici e fisico‐chimici che governano la capacità del petrolio dispostarsi attraverso le rocce sono la porosità e la permeabilità.La porosità è il volume di spazi vuoti in rapporto al volume totale di una dataroccia. Il movimento del petrolio è influenzato non solo dalla quantità di poriin un dato volume di roccia, ma anche dalle loro dimensioni.La permeabilità è il grado di interconnessione dei pori

Infine, il movimento del petrolio attraverso i pori della roccia è influenzato da unaltro fattore, la pressione capillare, causata dalla tensione superficiale tra duefasi immiscibili (olio/acqua o gas/acqua).

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Migrazione del petrolio

In seguito a periodi di forte sedimentazione e di subsidenza, il crescente caricogeostatico provoca una progressiva compattazione della roccia madre conconseguente riduzione del suo volume poroso.

I fluidi in essa contenuti vengono quindi parzialmente espulsi (prima l’acqua poi ilpetrolio che va via via formandosi) e migrano in adiacenti strati rocciosi porosi epermeabili chiamati “roccia serbatoio”.

E’ questa la cosiddetta “migrazione primaria” (espulsione) in cui il flusso avvieneprevalentemente in senso verticale ed è limitato a distanze non superiori aqualche centinaio di metri .

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Una volta raggiunti gli strati porosi e permeabili, gli idrocarburi continuano amuoversi all’interno di essi sotto la spinta di galleggiamento e, correndo lungopiani inclinati, cercano di risalire verso la superficie.

Questa seconda fase migratoria, che è chiamata “migrazione secondaria” e che ècaratterizzata da un flusso prevalentemente laterale, può svilupparsi anche sugrandi distanze (talvolta superiori a 1.000 km) e s’interrompe solo quando gliidrocarburi incontrano, durante il loro cammino, particolari configurazioni deglistrati geologici chiamate “trappole”, in grado d’intrappolarli e conservarli,altrimenti essi continueranno il loro cammino fino in superficie e sidisperderanno.

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Perché possa formarsi un accumulo petrolifero è necessario che si verifichino le seguenti condizioni: 

• la presenza di rocce madri nel bacino di sedimentazione ricche di materia organica e sufficientemente mature dal punto di vista termico, in grado di generare idrocarburi; 

• la presenza di una roccia serbatoio porosa e permeabile in grado di contenere gli idrocarburi; 

• la presenza di una roccia impermeabile (tipo argilla o evaporite) al tetto della roccia serbatoio (chiamata roccia di copertura) che ne garantisca la conservazione; 

• la presenza di una trappola che arresti la migrazione degli idrocarburi. 

Accumulo del petrolio

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L’affioramento di petrolio e di gas dal sottosuolo è un fenomeno che si verifica e si è verificato ininterrottamente da moltissimo tempo, in diversi luoghi della superficie terrestre, sia sulla terraferma sia sul fondo degli oceani. 

Le manifestazioni di superficie possono essere costituite da microtrasudamenti, invisibili a occhio nudo e individuabili solo per mezzo di tecniche specifiche, o essere associate a fenomeni macroscopici, come le sorgenti di acqua mista a petrolio, le fosse di catrame e i laghi di asfalto.

Affioramento del petrolio

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L’esplorazione è la prima fase del ciclo petrolifero e comprende tutte le attivitàrelative alla ricerca degli idrocarburi.

L’esplorazione petrolifera comprende una serie di attività che vanno dalla raccoltadi dati e informazioni riguardanti un bacino sedimentario, per verificarnel’eventuale potenzialità petrolifera, ai rilevamenti geologici e geofisici a carattereregionale e di dettaglio, per determinare la presenza di possibili trappole, fino allaperforazione del pozzo esplorativo che può condurre alla scoperta di un giacimento.

Verificare le potenzialità petrolifere di un bacino sedimentario è molto importante(se non ancora esplorato) prima di intraprendere qualsiasi attività di ricerca in unadeterminata zona, in quanto è necessario conoscere se in quel determinato bacinoci sono state le condizioni favorevoli sia per la genesi di idrocarburi, che per il loroaccumulo.

Esplorazione petrolifera

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Peso occupato dall’esplorazione nell’arco dell’intero progetto petrolifero, in termini ditempo e di investimenti: 14% in termini di tempo e 7% in termini di investimenti.

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Per ricercare ed estrarre dal sottosuolo gli idrocarburi è indispensabile laconoscenza dettagliata della geologia, della geografia e dell’oceanografia.

Occorre ricostruire l’evoluzione geologica di una regione per stabilire se nel suo sottosuolo esistano:

‐ rocce madri, sepolte a una profondità tale da consentire la formazione diidrocarburi;

‐ una via di movimento che permetta la migrazione degli idrocarburi;

‐ rocce serbatoio sormontata da una copertura impermeabile, che accolga epreservi gli idrocarburi migrati.

Prospezioni geologiche

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La fotogeologia, che consiste nell’interpretazione geologica di fotografie aeree, siè sviluppata nel periodo tra le due guerre mondiali, rivelandosi un metodo dirilevamento efficace e rapido.Oggi la fotogeologia è stata in gran parte sostituita dall’interpretazione delleimmagini satellitari, e la visione stereoscopica ha ceduto il passo alle tecnicheDigital Elevation Models (DEM) per la rappresentazione e visualizzazione 3D, resepossibili dalla grafica computerizzata.

Tuttavia, le basi per l’interpretazione delle immagini satellitari rimangono le stessedella fotogeologia: un’accurata analisi visiva condotta da esperti geologi con unabuona conoscenza del terreno.

Un grande vantaggio della fotogeologia, e soprattutto dei successivi sviluppiregistrati con le immagini da satellite, è l’ampia visione d’insieme fornita daqueste tecniche rispetto a ciò che si può realizzare lavorando a terra.

Fotogeologia

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Le prospezioni geofisiche, che possono essere di tipo gravimetrico,magnetometrico, magnetotellurico e sismico.

Le prime tre sono indagini passive in quanto non richiedono sorgenti d’energiaartificiali e servono a dare alcune utili indicazioni soprattutto a carattereregionale sull’assetto geostrutturale del sottosuolo, mentre le prospezionisismiche, per le quali è invece richiesta una sorgente d'energia in grado digenerare onde acustiche che penetrano nel sottosuolo, sono risultatedeterminanti per l’individuazione e la delimitazione delle trappole.

Prospezioni geofisiche

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I rilevamenti gravimetrici consistono nella determinazione delle anomaliedell’accelerazione di gravità terrestre (misurata in più punti di una determinata zonatramite strumenti chiamati “gravimetri”), provocate da contrasti di densità tra corpipresenti nel sottosuolo, che portano il campo gravitazionale misurato a discostarsi inmodo sensibile dal campo gravitazionale teorico, calcolato per una distribuzioneomogenea delle masse all’interno della Terra e conseguente all’azione combinatadell’attrazione gravitazionale e della forza centrifuga dovuta alla rotazione della Terrastessa.

Un’anomalia positiva segnala la presenza diun corpo con densità maggiore rispetto aquella dell’ambiente circostante ed èindicata da variazioni molto piccole di g,rilevate solo da strumenti molto sensibili.

L’obiettivo della prospezione gravimetricaconsiste dunque nella misura dei segnalilegati alle eterogeneità nella distribuzionedelle masse interne.

L’unità di misura generalmente usata ingravimetria è il Gal (equivalente a 10‐2 m/s2).

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I rilevamenti magnetometrici consistono nel misurare in una serie di punti,tramite strumenti chiamati “magnetometri”, le anomalie locali del campomagnetico terrestre e sono utilizzati già da diversi anni soprattutto per la ricercadei minerali.

Tuttavia essi sono utili anche per le ricerche petrolifere in quanto consentono diottenere informazioni sui caratteri strutturali e sulla profondità del basamentocristallino, permettendo quindi di misurare indirettamente lo spessore della seriesedimentaria giacente su di esso.

Tali rilevamenti consentono inoltre di localizzare e dimensionare corpi vulcanici oplutonici entro la serie sedimentaria.

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I rilevamenti magnetotellurici consistono nel misurare le variazioni temporali delcampo elettromagnetico naturale.

Essi si basano sul principio che le onde elettromagnetiche a bassa frequenza,chiamate anche magnetotelluriche, generate nella ionosfera (parte più altadell’atmosfera terrestre) e nella magnetosfera (regione dello spazio in cui èconfinato il campo magnetico terrestre), penetrando nei terreni del sottosuolovengono influenzate dalle anomalie di resistività e producono un campoelettromagnetico secondario le cui caratteristiche dipendono dall’andamentodella conduttività dei terreni.

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Rilevamento sismico a riflessione e rifrazione

La rifrazione e la riflessione dell’energia elastica sono fenomeni che si verificanoquando un pacchetto d’onde sismiche incontra una superficie di discontinuità(stratigrafica, tettonica o, nell’ambito dello stesso litotipo, per variazioni dicompattazione, fratturazione, ecc.) tra due mezzi diversi.

Le indagini di sismica a rifrazione e/o riflessione consentono di definire lungo unprofilo indagato, tramite la velocità di propagazione delle onde di compressione edi taglio, le unità litologiche presenti, la loro geometria (spessori e superfici dicontatto) ed inoltre consentono di stimare i valori dei moduli elastici dei terreniinvestigati.

La sismica a riflessione analizza itempi che intercorrono tral’istante di generazione di unimpulso elastico e l’istante diricezione in superficie, dopo una opiù riflessioni da parte dialtrettante superfici riflettenti.

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La sismica a rifrazione è un metodo di indagine del sottosuolo che utilizza le ondeacustiche, che hanno subito un fenomeno di rifrazione lungo le superfici didiscontinuità fisica e/o meccanica dei mezzi attraversati.

Le onde sismiche (sonore) viaggiano nel sottosuolo a differente velocità a secondadei litotipi attraversati e subiscono lungo le superfici di discontinuità geologica ifenomeni della riflessione, rifrazione e diffrazione.

Le superfici di confine degli strati geologici, caratterizzati da una differenza divelocità tra lo strato superiore e lo strato ad esso sottostante, producono dei raggirifratti che viaggeranno parallelamente alla superficie di discontinuità (con la stessavelocità dello strato “più veloce”) rifrangendo continuamente verso l’alto (quindiverso lo strato “più lento”) energia elastica.

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I rilevamenti sismici a riflessione/rifrazione sono, fra i metodi d’indagine geofisica,quelli che vengono maggiormente utilizzati nelle ricerche petrolifere, in quantopermettono di ottenere una ricostruzione piuttosto dettagliata dellaconfigurazione geologico‐strutturale del sottosuolo e quindi di individuare edelimitare le possibili trappole per gli accumuli di idrocarburi.

Per la loro esecuzione essi utilizzano una sorgente d'energia, prodottaartificialmente, in grado di generare onde elastiche (sismiche), che penetrando nelsottosuolo ritornano in superficie riflesse da superfici di discontinuitàrappresentate da strati geologici di diversa composizione e registrate conopportuni sensori.

Registrando l’onda riflessa in superficie si è in grado di valutare il tempo da questaimpiegato per il percorso d'andata e ritorno e, conoscendo la velocità ditrasmissione del suono attraverso i vari strati attraversati, di risalire alla profonditàdella superficie riflettente e alla sua pendenza.

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Generazione dei segnali nel rilevamento sismico

In sismica si illuminano le strutture geologiche del sottosuolo inviando segnaligenerati da sorgenti di energia controllate. A terra si possono usare sorgentiimpulsive quali, per esempio, il brillamento istantaneo di cariche di dinamite (dapochi grammi per alte risoluzioni e obiettivi superficiali fino a 30 kg perl’esplorazione petrolifera profonda o dove i terreni siano ritenuti sordi allarilevazione dei segnali).

Le cariche vengono poste in pozzetti perforati aprofondità da 3 fino a 30 m, a seconda dellaquantità di esplosivo impiegato e nel rispetto dellecondizioni di sicurezza e del miglior accoppiamentocon il terreno, con controllo del rumore generato.

Nell’acquisizione marina la sorgente usata èrappresentata da cannoni ad aria compressa, cheagiscono con un’iniezione improvvisa in mare di unabolla d’aria compressa (si opera con pressioni di 170bar o superiori), a profondità da 3 a 10 m.

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Impianti e tecnologie di perforazione

Il termine perforazione indica il complesso di operazioni necessarie perrealizzare pozzi di sezione circolare mediante tecniche di scavo che nonprevedono l’accesso diretto dell’uomo. Per perforare un pozzo è necessarioesercitare contemporaneamente le seguenti azioni:1. vincere la resistenza del materiale roccioso, frantumandolo in particelle

millimetriche;2. rimuovere le particelle di roccia, continuando ad agire su materiale sempre

nuovo;3. mantenere la stabilità delle pareti del foro;4. impedire l’ingresso in pozzo dei fluidi contenuti nelle formazioni attraversate.

Nella perforazione rotary il terreno è perforato mediante un utensile tagliente,detto scalpello, ruotato e contemporaneamente spinto sulla roccia del fondopozzo da una batteria di perforazione.

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Il criterio più semplice per la classificazione degli impianti di perforazione èbasato sul loro ambito d’utilizzo, per la perforazione di pozzi a terra o a mare, esulla loro potenzialità, ossia la profondità di perforazione utile raggiungibile.Secondo questa classificazione gli impianti di perforazione a terra si classificano inquattro gruppi:a) impianti leggeri, fino a 2.000 m;b) impianti medi, fino a 4.000 m;c) impianti pesanti, fino a 6.000 m;d) impianti ultrapesanti, per profondità maggiori.

Un altro criterio di classificazione è la potenza installata sull’impianto, che nellaperforazione petrolifera è dell’ordine di almeno 10 HP ogni 100 ft di profondità,pari a circa 250 W/m. Secondo questo criterio, la classificazione precedentediventa:a) impianti leggeri, fino a 650 HP;b) impianti medi, fino a 1.300 HP;c) impianti pesanti, fino a 2.000 HP;d) impianti ultrapesanti, fino a 3.000 HP e oltre.

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Sistema di sollevamento

Il sistema di sollevamento è il complesso di attrezzature necessarie permanovrare qualsiasi materiale all’interno del pozzo. Esso è costituito da una partestrutturale (sottostruttura e torre di perforazione), dal complesso di taglia egancio, dall’argano e dal cavo di manovra.

La sottostruttura è la base d’appoggio per la torre, l’argano e la tavola rotary, ecostituisce il piano di lavoro, o piano sonda, sopraelevato rispetto al livello delterreno.

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Per garantire la stabilità del pozzo e il completo isolamento idraulico dei vari stratiattraversati, al termine della perforazione il foro viene rivestito con un tubod'acciaio (casing) e cementato alle spalle con malta di cemento tramite unatecnica che prevede lo spiazzamento di questa dall’interno del casing, dove erastata immessa in fase semifluida, verso le spalle ad opera del fango in pressione.

Rivestimento del pozzo

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Fluidi di perforazione

Il fluido di perforazione, detto anche fango, è un fluido a base di acqua, di olio odi gas.

‐ Rimozione e trasporto a giorno dei cutting generati dallo scalpello. Di solito èsufficiente una velocità minima di risalita dell’ordine di 0,8‐1 m/s, che deveessere verificata nella sezione di maggior area di flusso.

‐ Bilanciamento della pressione di formazione. Questa funzione ha il fine diimpedire l’ingresso in pozzo di fluidi di strato. Ciò si ottiene mantenendo lapressione idrostatica della colonna di fango sempre più alta della pressione deipori.

‐ Ostacolo al franamento delle pareti del pozzo.‐ Blocco della ricaduta dei cutting quando si arresta la circolazione. Un buon

fluido di perforazione, passando dallo stato di moto alla quiete, deve gelificarerapidamente per rallentare o bloccare la ricaduta dei cutting in sospensione.Se ciò non avviene, la batteria di perforazione potrebbe incastrarsi per lasedimentazione dei cutting a fondo foro.

‐ Raffreddamento e lubrificazione delle attrezzature di perforazione.‐ Fonte di informazioni geologiche e stratigrafiche.

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Il completamento di un pozzo

Una delle fasi più interessanti dei pozzi petroliferi è senz’altro quella riguardanteil loro completamento, dotando cioè i pozzi dopo la perforazione di particolariattrezzature necessarie per consentire la produzione in superficie degliidrocarburi.

Il completamento di un pozzo può essere eseguito sia in foro scoperto sia in forotubato.

• Nel primo caso il casing è fissato nello strato di copertura della formazioneproduttiva, la quale quindi rimane priva di rivestimento; è questo il caso diformazioni dure e di quelle fratturate che sarebbero danneggiate seinteressate da rivestimenti e cementazioni.

• Nel secondo caso, che è il più frequente, anche la formazione mineralizzata ècoperta da casing e cemento e garantisce una maggiore sicurezza del foro eun maggior controllo della produzione.

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Perforazione direzionata

Fra le tecniche e tecnologie maggiormente sviluppate nel campo della perforazione c’è sicuramente quella riguardante i pozzi deviati, i pozzi orizzontali e quelli multilateral (più tratti orizzontali a partire da uno stesso pozzo verticale).

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La perforazione direzionata trova applicazione in numerose situazioni operative, le più ricorrenti delle quali sono di seguito elencate.

Perforazione di più pozzi da un’unica postazione. Tale soluzione viene adottata sia in mare che a terra. Nel caso della perforazione in mare, in cui viene sistematicamenteutilizzata da moltissimi anni, la ragione principale è legata alla necessità di minimizzare i costi di perforazione e di coltivazione di un giacimento in quanto daun’unica piattaforma si può perforare un numero consistente di pozzi (anche più di trenta).

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La perforazione offshoreNel campo tecnologico anche la perforazione in mare ha registrato notevoliprogressi. Infatti, spostandosi le ricerche petrolifere dalla terraferma a fondalimarini sempre più profondi, è stato necessario sviluppare tecniche e tecnologiesempre più complesse per raggiungere obiettivi posti a migliaia di metri sotto ifondali marini. Le prime perforazioni in mare in acque relativamente basse (fino a50 m) furono eseguite con impianti di perforazione montati su pontoni, chevenivano rimorchiati sul sito di perforazione e ivi fatti affondare fino a poggiaresul fondo allagando la parte di scafo galleggiante.

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In acque più profonde, in ogni casonon oltre i 150 m circa, vengonoutilizzate piattaforme di perforazioneautosollevanti chiamate Jack‐up.

I jack‐up sono scafi galleggianti apianta triangolare o rettangolare,dotati di lunghe gambe mobili posteai vertici dello scafo. Le gambe(solitamente 3 o 4) possono scorrereverticalmente rispetto allo scafo,grazie a sistemi di sollevamento conmartinetti (jack) oppure conmeccanismi a pignone e cremagliera,che permettono di far poggiare icassoni di carico sul fondo marino efar quindi sollevare lo scafo sopra illivello del mare.

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Per profondità del mare superiori ai 100‐110 m non è più possibile operare conimpianti appoggiati sul fondo, quindi sono state progettate piattaforme diperforazione galleggianti, caratterizzate da strutture natanti sulle quali èmontato l’impianto di perforazione.

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Meccanismi di spinta

La produzione di idrocarburi è detta primaria quando avviene grazie all’energiapropria del sistema, ovvero sfruttando la pressione del giacimento.

L’insieme delle forze che agiscono sugli idrocarburi presenti in giacimento, ingrado di provocarne il movimento attraverso la roccia serbatoio e quindi direnderne possibile la produzione in superficie, sono detti meccanismi di spintanaturali o meccanismi di produzione primaria.

La conoscenza di questi meccanismi è fondamentale per poter prevederecorrettamente il comportamento produttivo del giacimento e stimare laquantità di idrocarburi che può essere recuperata rispetto a quella inizialmentepresente in giacimento, ovvero il cosiddetto fattore di recupero primario degliidrocarburi.

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In generale il recupero primario di gas è piuttosto elevato, in quanto il gas è unfluido molto comprimibile, mentre il recupero primario di olio può risultaremolto basso.

Per ottenere una quantità di olio aggiuntiva rispetto a quella recuperabilenaturalmente, è necessario fornire energia al sistema mediante iniezione diacqua o di gas in fase non miscibile (o, in alcuni casi, di entrambi) con lo scopo disostenere in tutto o in parte la pressione del giacimento e di favorire lospiazzamento dell’olio verso i pozzi produttori.

Storicamente il recupero di olio ottenuto grazie all’iniezione di fluidi ingiacimento veniva detto secondario, mentre si indicava come recupero terziariola quantità di olio che poteva essere ulteriormente prodotta grazie al ricorsoall’iniezione di gas in fase miscibile (con cui si riduce la viscosità e si tendono adannullare le saturazioni residuali dell’olio), ai metodi termici (con cui si forniscecalore al sistema per ridurre la viscosità dell’olio) e ai metodi chimici (con cui sipossono alterare le caratteristiche dei fluidi di giacimento o le caratteristiche diinterazione tra i fluidi di giacimento e la roccia serbatoio).

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L’insieme delle forze che agiscono sugli idrocarburi, in grado di provocarne ilmovimento attraverso la roccia serbatoio verso il pozzo vengono chiamatimeccanismi di spinta o semplicemente meccanismi di produzione. Talimeccanismi comprendono: la compattazione della roccia al diminuire dellapressione, l’espansione degli idrocarburi contenuti, l’espansione del gas dicappa (se presente), l’espansione del gas disciolto nell’olio, l’espansionedell’acquifero sottostante all’accumulo e l’espansione dell’acqua interstiziale(acqua irriducibile).

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Possiamo avere quindi giacimenti che producono per semplice espansione, checonsentono recuperi molto bassi (2‐5 %) nei giacimenti ad olio e molto alti (80‐90 %)nei giacimenti a gas (in quanto il gas è un fluido molto comprimibile ed espandibile);giacimenti che producono per l’espansione del gas disciolto, in cui l’abbassamentodella pressione provoca la liberazione del gas disciolto e il relativo spiazzamentodell’olio dai pori nei quali è contenuto (tale meccanismo permette recuperi pari al 15‐20 % dell’olio in posto); giacimenti che producono per spinta del gas cap, in cui il gas dicappa espandendosi esercita un’azione di spinta sull’olio sottostante verso i pozziproduttori (tale meccanismo permette recuperi pari al 25‐30 %); giacimenti cheproducono per l’espansione dell’acquifero, quando l’acquifero sottostante è moltoesteso (tale meccanismo risulta di solito il migliore e permette un recupero pari al 30‐50 % dell’olio in posto).

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Il trasporto degli idrocarburi è una voce molto importante nella valutazionedell’economicità di un progetto di sviluppo di un giacimento petrolifero ed è parteintegrante del progetto stesso.

Infatti, per poter affermare di aver scoperto un giacimento è necessario dimostrareche esso è economicamente sfruttabile ed il costo del trasporto del fluido dalgiacimento ai luoghi d’utilizzo e di commercializzazione molto spesso incidefortemente sull’economicità del progetto, specialmente se il giacimento si trova inzone remote.

La necessità di trasportare gli idrocarburi su lunghe distanze viene solitamenteaffrontata proponendo due soluzioni:

‐ il trasporto mediante cisterna, via terra (su strada e su ferrovia) e via mare (sunave);

‐ il trasporto mediante condotta attraverso il territorio, lungo le direttrici delmercato ‘disponibilità‐domanda’.

Trasporto

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La scelta tra le due tecnologie di trasporto dipende dal costo di investimento e diesercizio e dalla sicurezza dell’approvvigionamento di energia nel tempo, sia intermini tecnici (con particolare riguardo all’affidabilità della infrastruttura), sia intermini strategici, in relazione alle crisi politiche verificatesi all’inizio del terzomillennio nelle regioni della Terra più ricche di idrocarburi (Medio Oriente, Russiae altri paesi ex sovietici).

La soluzione cisterna si presenta flessibile, con costi di investimento contenuti, inparticolare grazie alla disponibilità di infrastrutture quali strade e ferroviesufficientemente adeguate, cui fanno comunque riscontro costi di esercizio moltoelevati.

È spesso adottata per trasportare su distanze terrestri medio‐brevi gli idrocarburiliquidi e, sempre più estensivamente in questi ultimi anni, sulle lunghe distanzeoceaniche il gas naturale liquefatto.

È necessariamente adottata per trasporti terrestri su lunga distanza di prodottiliquidi, tra le regioni continentali remote e l’utenza costiera, predisponendo leinfrastrutture dedicate per trasporto su ruota e rotaia.

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La soluzione condotta è certamente un’opzione rigida rispetto alla precedente erichiede un investimento iniziale molto elevato, a fronte di costi di esercizio nonparticolarmente onerosi.

In ragione della staticità della infrastruttura di trasporto, un fattore decisivo nellascelta della opzione condotta è rappresentato dalla stabilità politica dell’areaattraversata. Infatti, se pur interrata o sottomarina (in misura minore), unacondotta risulta sempre vulnerabile, essendo fissa, riconoscibile ed estesa inlunghezza, il che rende inapplicabile una protezione attiva efficace attraversoterritori ostili.

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LA RAFFINAZIONE

Il complesso delle lavorazioni eseguite sul greggio per ottenere la gamma diprodotti desiderati viene definito, genericamente, raffinazione del greggio; leraffinerie sono di conseguenza gli stabilimenti industriali dove si svolgono questelavorazioni.

Nella accezione originaria il termine era più rispondente al significato diprocedimento atto a depurare una materia prima (o prodotto grezzo), perrenderla più idonea all’utilizzo. In passato, infatti, dal greggio si otteneva, perdistillazione ed eventuale trattamento chimico, un solo prodotto: il petrolioilluminante (cherosene).

Queste operazioni, di impegno tecnologico modesto, costituivano appunto laraffinazione.

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Caratterizzazione del greggio

La classificazione di un greggio è fatta determinando alcune sue proprietà fisichecome la Densità, la Viscosità, le Proprietà Ottiche, la Volatilità, e le ProprietàTermiche.

Densità: nell’industria petrolifera è comunemente usata la Specific Gravity che èil rapporto tra la massa di un olio a 60 °F (15.5 °C) e la massa di un ugualevolume d’acqua anch’essa a 60 °F. In America viene anche usata la A.P.I. Gravity(o gradi API) che è nel seguente rapporto con la Specific Gravity:

A.P.I. = 141.5 / Specific Gravity – 131.5

Le Specific Gravities dei prodotti petroliferi variano da 0.6 per le benzine ditesta, a poco sopra 1.0 per i composti naftenici pesanti, e quelle dei greggi fra0.65 e 1.06. Più è alta la gravità API più è leggero il greggio. Per esempio, ungreggio con basso contenuto in Carbonio, alto contenuto di Idrogeno, alto valoredi API è un greggio paraffinico (che tende a produrre più benzine e prodottipetroliferi leggeri); mentre greggi con alto contenuto di Carbonio, bassocontenuto di Idrogeno e basso valore API sono generalmente ricchi in aromatici(naftenici).

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Viscosity Index: Questo parametro che tiene conto della variazione della viscositàdi un olio lubrificante con la temperatura, fu proposto da Dean e Davis nel 1929.Poiché è noto che gli olii naftenici mostrano un maggiore coefficiente Viscosità/Temperatura rispetto a quelli paraffinici, pur per pari Viscosità e Temperature,Dean e Davis assegnarono il valore zero ad un olio della Costa del Golfo(naftenico) e 100 ad un tipico olio della Pennsilvania (paraffinico). Il ViscosityIndex di un olio a comportamento medio tra i due di riferimento, potrà venirericavato dalla formula:

Viscosity Index = (L ‐ U) / (L ‐ H) x 100

in cui L e H sono le viscosità cinematiche degli olii di riferimento zero e 100 (aventientrambi la stessa viscosità a 212° F, 100°C), e U la viscosità dell’olio in esame,tutti a 104° F (40°C).

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Punto di Ebollizione (Boiling Point): in linea di massima, il peso molecolare limiteper una distillazione a pressione atmosferica è 200, quello per una distillazionesotto vuoto convenzionale è 500, e quello per una distillazione molecolare(sottovuoto spinto oltre 1.3x10‐6 MPa) è 1.200. Praticamente il limite delladistillazione atmosferica è quello dove inizia il cracking termico.

Nella tecnologia del petrolio è molto usata la curva di distillazione TBP (TrueBoiling Point), questa rappresenta i punti di ebollizioni di composti praticamentepuri. Questa analisi viene realizzata in un complesso apparato di distillazionebatch con centinai di piatti di equilibrio e con un alto rapporto di riflusso.

Un grafico della temperatura in funzione del volume distillato mostrerebbe unaserie di gradini, con un’ampiezza di ciascun gradino corrispondente al volume diun componente specifico e con un’altezza del gradino corrispondente al suopunto di ebollizione. Nel greggio sono presenti di fatto migliaia di componenti,con isomeri che presentano punti di ebollizione molto vicini. Ne consegue che lacurva a gradini diventa quasi regolare e continua.

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Cut‐point è la temperatura, riferita alla TBP, che rappresenta il limite dellafrazione che si vuole produrre. Così, il range di ebollizione compreso tra i 100 e200 °F rappresenta la frazione del 10% (30% ‐ 20%) rispetto al totale.End‐point è l'effettivo limite di temperatura della frazione prodotta. Infatti, sesottoponessimo la frazione considerata, ad ulteriore distillazione, la temperaturainiziale e finale sarebbero diverse da quelle definite dai suoi cut‐point, in quantoè impossibile separare perfettamente i componenti di una singola frazione.

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I prodotti della raffinazione possono essere raggruppati in alcune classi principali: 

a) combustibili industriali e domestici (gasoli, oli combustibili, Gas di PetrolioLiquefatto o GPL);

b) carburanti per autotrazione (benzine, diesel, cherosene, GPL);

c) basi per l’industria chimica e petrolchimica (virgin naphtha, GPL, olefine);

d) altri prodotti (oli lubrificanti, bitumi, paraffine, solventi, zolfo).

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I vari processi possono essere suddivisi nelle seguenti tipologie: 

a) unità di separazione, che ottengono dal petrolio greggio le diverse frazioni(intermedi) destinate, in genere, a successive lavorazioni; tale separazione èottenuta soprattutto tramite processi di distillazione e altri processi di tipofisico;

b) unità di conversione (cracking) delle frazioni pesanti in frazioni più leggere, alfine di aumentare la resa in determinati prodotti (per esempio, benzina);

c) unità per migliorare la qualità di alcune frazioni (o ‘tagli’), mediante azionisulla composizione chimica dei loro costituenti;

d) unità per la rimozione di componenti indesiderati (per esempio, zolfo);

e) unità per la produzione degli oli lubrificanti (presenti solo in un numerolimitato di raffinerie).

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Unità di separazione

Le più importanti e diffuse unità di separazione fisica sono quelle di distillazione.Tutte le raffinerie possiedono almeno una unità di distillazione atmosferica(distillazione primaria o topping) che suddivide il greggio in varie frazioni condiverso intervallo di ebollizione.

Concettualmente semplice, trattandosi di una separazione fisica elementare,l’unità è complessa dal punto di vista impiantistico, in quanto comprende tuttauna serie di recuperi termici e ingloba anche la dissalazione del greggio; essa èl’unica unità che tratta tutto il petrolio di alimentazione ed è quindi importanteanche dal punto di vista delle dimensioni.

Generalmente, alla distillazione atmosferica fa seguito la distillazione sottovuoto (vacuum), al fine di recuperare dal residuo del topping (ottenuto a circa350‐380 °C) ulteriori distillati, senza incrementare le temperature; infatti, a piùalte temperature, si avrebbe la rottura incontrollata (cracking) delle molecoledegli idrocarburi più pesanti.

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Unità di conversione

Non tutte le raffinerie sono dotate di unità di conversione; tradizionalmente,infatti, esse venivano suddivise in raffinerie a ciclo semplice e raffinerie diconversione, con riferimento soprattutto agli impianti di cracking catalitico.

La conversione può essere di tipo solo termico e riguardare i residui delladistillazione (unità di visbreaking, di coking) o i distillati (thermal cracking). Lavera conversione riguarda però soprattutto gli impianti catalitici di cracking,tradizionalmente impiegati per trattare le frazioni più pesanti ottenute dalladistillazione sotto vuoto (ma in parte anche i residui), e di hydrocracking.

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Pur tenendo presente che difficilmente esistono due schemi uguali di raffinazione,si può tentare una suddivisione nei seguenti cicli tipici:

a) ciclo semplice (hydroskimming);b) ciclo di conversione termica;c) ciclo di conversione catalitica;d) ciclo di conversione spinta: schema con idroconversione dei residui e schema

con deasphalting e gassificazione;e) produzione di lubrificanti.

CICLI DI RAFFINAZIONE

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PROCESSI DI DISTILLAZIONE

Il greggio, ossia il petrolio, è una miscela molto complessa di migliaia di speciediverse di componenti chimici.

Il numero di atomi di carbonio nei componenti varia da uno a quattro per i gas,mentre gli oli pesanti e le cere possono averne cinquanta o più e gli asfalti nehanno centinaia.La temperatura di ebollizione a pressione atmosferica dei diversi componentivaria da 162 °C a oltre 500 °C.

Anche i prodotti della distillazione del greggio sono essi stessi miscele complesse,al contrario di quanto avviene in molti processi che producono sostanzechimiche, dove la distillazione è usata per separare dalle miscele prodotti puri oad alto indice di purezza. I prodotti della distillazione del greggio sono di solitocaratterizzati dall’intervallo di ebollizione e le rese di questi prodotti variano inmodo marcato a seconda dell’origine della materia prima.

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Le colonne di distillazione in una raffineria di solito sono di taglia molto elevata.Non è raro che una singola colonna di distillazione di greggio tratti più di250.000 barili di greggio al giorno (circa 12.5 milioni di t/a).

Queste colonne sono usate per la distillazione atmosferica e sotto vuoto delgreggio e per il frazionamento dell’effluente gassoso dal cracking catalitico etermico.

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Struttura del Prezzo medio dei prodotti petroliferi in Euro/lt (Giugno 2015, MSE)

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GPLIl gas liquido usato in campo residenziale è costituito prevalentemente dapropano (C3H8) e butano (C4H10), tuttavia può contenere anche piccolequantità di etano e di isopentano.Si ottiene per il 60% dall’estrazione di gas naturale e petrolio, per il 40% dallaraffinazione del greggio.Di solito il gas imbombolato viene odorizzato mediante aggiunta, in dosilimitatissime, di composti solforati dotati di forte odore spiacevole, chedenunzierebbero eventuali perdite di gas, limitando così il pericolo diesplosione delle miscele aria/gas.Il GPL viene usato anche per autotrazione; esso ha un alto N.O., e non produceresidui carboniosi nelle camere di scoppio dei veicoli.

Proprietà UnitàLimiti

Min Max

N.O. 89.0

Zolfo totale mg/kg 100

Corrosività rating Classe 1

Pressione di vapore a 40°C kPa 1550

Acqua libera Assente a 0°C

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BenzinaLa benzina è costituita da una miscela di idrocarburi da C4 a C12, che bollononell’intervallo di temperatura compreso tra 40 e 200°C e che, nelle normalitemperature d’utilizzo, deve essere capace di “esplodere” nei motori a scoppio ilcui rapporto di compressione (4.25 nel 1920!) è maggiore di 10.

L’evoluzione del rapporto di compressione ha richiesto un affinamento nellecaratteristiche delle benzine, pertanto i parametri controllanti sono: intervallo didistillazione, tensione di vapore, gomme potenziali, zolfo, corrosività, contenutoin aromatici e Numero di Ottano.

Il Numero di Ottano, N.O., è un indice di resistenza alla detonazione. Vienedeterminato, sotto differenti condizioni operative raffrontando ilcomportamento alla detonazione della benzina in esame con una miscela, a paricomportamento, di n‐eptano e iso‐ottano. Per convenzione si è assegnato al n‐eptano il N.O. pari a 0 ed all’iso‐ottano il N.O. pari a 100.

Solo una piccola quantità di benzina commerciale deriva dalla distillazioneprimaria del petrolio, la maggior parte dei componenti, soprattutto quelli conelevati Numeri di Ottano, proviene dai successivi processi petroliferi qualicracking catalitico e reforming.

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Diesel

Viene definita gasolio Diesel (Diesel Oil), la frazione idrocarburica che distilla tra180° e 385° C. Il parametro più importante è la sua tendenza all’accensione, che èfunzione della sua composizione idrocarburica. Se l’accensione non è rapida ilcarburante si accumula nella camera di scoppio, e quando si accende può causareirregolarità nella marcia del motore, depositi carboniosi nella camera dicombustione, diminuzione dell’efficienza, ed emissione di incombusti dalloscappamento.

Così come il N.O. è un parametro caratterizzante per le benzine, così il Numero diCetano (N.C.) caratterizza i carburanti Diesel. Il N.C. è quella miscela di n‐esadecano o cetano (al quale per convenzione è stato assegnato il valore difacilità all’accensione, dato dal ritardo tra fase di iniezione e fase di accensione, di100) e di a‐metil‐naftalina (alla quale è stato assegnato il valore 0) che in unmotore Diesel standard, si comporta come il carburante in esame.

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Jet Fuel

I motori aerei a turbina a gas producono lavoro per mezzo dell’aria riscaldata.L’aria atmosferica, compressa nel motore, viene riscaldata in una sezione dicombustione e quindi si espande in una turbina, dopodiché viene espulsanell’atmosfera attraverso opportuni ugelli di scarico. Se l’energia della turbinaviene utilizzata per muovere le eliche l’apparecchio è chiamato a Turboelica. NeiTurbojet una certa energia della/e turbina/e viene utilizzata per comprimerel’aria atmosferica nella camera di combustione (e la ventola nei Turbofan, cheormai hanno soppiantato i Turbojet per motivi di rendimento), mentre lamaggior parte dei gas espulsi dal reattore serve a far muovere l’aeromobile.

Nei primi motori a turbina a gas si usò il cherosene, grazie alla sua bassa volatilità(Temp. eboll. 150‐300°C), al suo basso costo, ed alle sue caratteristiche chimico‐fisiche sufficientemente costanti. Il primo Jet Fuel usato dall’Aviazione Militare fuil JP1, un cherosene con basso Freezing Point (Punto di Congelamento).

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Questi fuels non devono dar luogo, durante la combustione a depositi carboniosie non devono lasciare scie di incombusti (come i carburanti ad elevato tenore diaromatici) e, alle basse temperature, non devono separare paraffine solide chepotrebbero, alle condizioni estremamente critiche del volo a quote elevatissime,intasare gli ugelli della camera di combustione. Il tenore d’acqua deve esserebassissimo, per evitare che l’acqua anche in minime quantità possa, gelando,creare inconvenienti. Al carburante viene addizionato il monometil‐etere, glicoletilenico che, miscelandosi con l’acqua eventualmente presente, ne inibisce lacristallizzazione a ghiaccio a temperature ben al disotto dello zero.

Alcuni esempi di intervalli di distillazione prescritti per i singoli jet Fuel sono:JP1=210‐300°C, JP3=116‐243°C, JP4=143‐243°C; JP5=204‐288°C, JP6=138‐260°C.

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Oli combustibili

Gli oli per riscaldamento possono suddividersi in due categorie:1. Distillati, preparati da tagli di gasolio leggero e di gasolio pesante;2. Residui, preparati da frazioni pesanti residuate dalla distillazione di prodotti ad

esempio del cracking, miscelati con tagli leggeri per diminuirne la viscosità.

Quelli distillati possono essere:• Tipo cherosene, costituiti da frazioni che distillano nell’intervallo di

temperatura 170‐280°C.• Tipo gasolio, costituiti da frazioni che distillano nell’intervallo di temperatura

175‐380°C.

I combustibili liquidi presentano, rispetto a quelli solidi, un maggior poterecalorifico per unità di peso, una efficienza chimica maggiore durante lacombustione, ed infine il minor tasso di ceneri e di zolfo.

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Cracking termico

Il primo processo di questo tipo risale al 1913. Il processo di cracking termicorompe (cracks) le molecole più pesanti, ovvero con punti di ebollizione piùelevati, in composti più leggeri che hanno un maggior valore commerciale. Larottura avviene per effetto della temperatura e della pressione. La carica,costituita da residuo da vuoto o atmosferico, viene riscaldata e mantenuta inrecipienti ad alta pressione fino ad ottenere composti leggeri e coke.

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Cracking catalitico (Fluid Catalytic Cracking)

L’FCC può essere considerato il cuore di una moderna raffineria per laproduzione di distillati leggeri, principalmente benzine. Ciò è dovutoall’introduzione, nei primi anni del 1960, di due sviluppi del processo:‐ utilizzo di catalizzatori molto attivi (zeoliti);‐ introduzione del riser (rigeneratore, dove il catalizzatore, sul quale si deposita ilcoke prodotto dal cracking, viene recuperato mediante combustione delcarbonio).Con l’avvento dell’FCC, i processi di cracking termico hanno ridotto la loroimportanza perché con l’FCC è possibile produrre più benzine e con una qualitàmigliore. Il processo consiste di un reattore e di un rigeneratore tra di lorointerconnessi.

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Hydrocracking

Sebbene il processo di idrogenazione (cracking in presenza di idrogeno) sia unodei processi più vecchi utilizzati in raffineria (venne sviluppato nel 1927 perconvertire la lignite in benzina), solamente negli ultimi anni il processo diHydroCracking è diventato importante. Ciò è dovuto a diversi fattori tra i quali:accresciuta richiesta di prodotti di qualità più leggeri, la disponibilità a basso costodell’idrogeno e lo sviluppo di nuovi catalizzatori che hanno permesso di diminuirela severità delle condizioni operative.I vantaggi dell’utilizzo dell’HydroCracking sono:‐ maggiore produzione di benzine;‐ aumento della qualità (numero di ottano) delle benzine;‐ bassi tenori di zolfo e azoto, eliminati in composti gassosi;‐ basso contenuto di aromatici.

Nelle moderne raffinerie il Cracking Catalitico e l’HydroCracking lavorano intandem. Infatti, il primo può lavorare gasoli medio pesanti da distillazioneatmosferica e da vuoto, il secondo lavora, preferibilmente, gasoli pesantiaromatici.

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Reforming catalitico

La richiesta di benzine ad alto numero di ottano e le restrizioni, per problemiambientali, all’utilizzo di additivi contenenti piombo, ha promosso lo sviluppo diprocessi per il loro ottenimento.

Nel processo di Reforming Catalitico non c’è, in pratica, variazione del range ditemperature di ebollizione della carica, non avvengono processi di cracking, senon in quantità trascurabili, ma quello che avviene è un riarrangiamento dellemolecole: produzione di aromatici con elevato numero di ottano.

Per questa ragione il Reforming Catalitico non aumenta la produzione in benzinama, aumenta la qualità della benzina. La carica, al Reforming Catalitico, ècostituita da una naphta da Topping con punto di ebollizione compreso tra gli 80 e190°C.

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Combustibili

Combustibili Gassosi

Naturali

Metano ed altri idrocarburi

a basso peso molecolare

Artificiali

Gas di gasogeno, gas di cokeria ,

di raffineria ecc.

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Giacimenti a gasSupergiant: superiore a 850 miliardi di m3

Giant: da 85 a 850 miliardi di m3

Major: da 17 a 85 miliardi di m3

Large: da 8,5 a 17 miliardi di m3

Medium: da 4,2 a 8,5 miliardi di m3

Small: da 1,7 a 4,2 miliardi di m3

Classificazione dei giacimenti e distribuzione dei bacini

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Caratteristiche del gas naturale 

Per poter inquadrare le tecnologie di trasporto del gas naturale è utile descriverebrevemente le sue caratteristiche e le forme in cui si presenta.

Il gas naturale si trova sempre nei giacimenti di idrocarburi, sia in forma associataagli oli sia in forma non associata. Nel gas si distinguono usualmente le frazioni piùleggere, costituite da metano ed etano (gas naturale commerciale), e le frazioniintermedie, formate da propano e butano e identificate commercialmente con ilGPL (Gas di Petrolio Liquefatto, o LPG, Liquefied Petroleum Gas), in quantoliquefacibile a temperatura ambiente con modeste pressioni.

Il GPL, insieme alle frazioni più pesanti, forma i liquidi di gas naturale o condensatinoti anche come gasoline; esso si trova allo stato liquido a temperatura ambientee a una pressione di circa 15 bar.

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Gas naturale da riserve non convenzionali

1) SHALE GAS: da argille

Negli USA nel 2008 40% di gas naturale prodotto da riserve a bassa permeabilità

PROBLEMI AMBIENTALI:‐ Impiego di elevate quantità di acqua nel processo di recupero‐ Rischi di inquinamento acque superficiali e acquifero da parte dei fluidi (e

soprattutto degli additivi chimici) impiegati per la fratturazione della roccia(fracking)

‐ Emissioni fuggitive di gas metano che sfuggono al processo estrattivo‐ Rischi sismici (rocce a 2000‐4000 m di profondità)

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Gas naturale da riserve non convenzionali

2) IDRATI

FORMATI DA MOLECOLE DI ACQUA CHE, A BASSA TEMPERATURA E ALTEPRESSIONI, HANNO INTRAPPOLATO GAS METANO (AREE PERMAFROST E MARGINICONTINENTALI DEGLI OCEANI, DOVE ERA PRESENTE MATERIA ORGANICA).

Rilevati mediante sismica a riflessione

Enormi riserve (stimati in almeno mille volte il consumo annuo mondiale)

Problemi:‐ Difficoltà di estrazione (stimolazione termica, chimica o iniezione di CO2 che

sostituisce il metano)‐ Rischi di infiammabilità ed esplosione (es. golfo del Messico, 2010)‐ Rischi di instabilità marina (maremoti o bolle di gas)

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Petrolio da riserve non convenzionali

Shale Oil: kerogene (solido) recuperato dalle oil shales (rocce sedimentarie a grana fine) da convertire in petroli con processi di pirolisi, idrogenazione e dissoluzione termica.

Tight oil: petrolio in forma liquida intrappolato in rocce porose e a bassa permeabilità. La produzione del petrolio da scisti, cioè estratto dalle formazioni rocciose, fratturando la materia con acqua, sabbia o ceramica e agenti chimici proiettati con grande forza, è stata avviata negli Stati Uniti e può aggiungere l’equivalente di un grande Paese del Golfo persico alla produzione mondiale di petrolio: più dell’attuale produzione iraniana. (stesse problematiche dello shale gas)

Oil sands: sabbie bituminose contenenti petrolio (in Canada e Venezuela)

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Trasporto del gas via nave

Le crescenti richieste di gas e le previsioni di un suo utilizzo sempre piùmassiccio, anche perché costituisce una fonte di energia abbastanza pulita,hanno spinto le compagnie petrolifere e di trasporto a migliorare le tecniche e letecnologie di trasporto via nave di questo prodotto in modo da poter competere,anche dal punto di vista economico, con il trasporto in condotta.

Le tecniche finora utilizzate sono state: quella del trasporto del gas compresso(CNG, Compressed Natural Gas) e quella del trasporto del gas liquefatto (LNG,Liquefied Natural Gas; in italiano GNL, Gas Naturale Liquefatto).

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La tecnica di trasporto CNG è la più antica e presenta costi relativamente più bassirispetto alla GNL; permette però di trasportare minori quantità di gas, su distanzeinferiori e soprattutto risulta più pericolosa, dovendo il gas essere trasportato innavi cisterna a pressioni comprese tra 200 e 250 bar (tecniche più modernepermettono comunque di abbassare tale valore di pressione raffreddando il gasfino a – 30° C).

La tecnica di trasporto GNL è senz’altro oggi quella maggiormente utilizzata, inquanto permette di trasportare ingenti quantità di gas (avendo un fattore diriduzione di 610 volte, rispetto alle 200‐250 volte del CNG). Essa consiste nelliquefare il gas con sistemi di refrigerazione multipli o in cascata a – 162° C e neltrasportarlo a tale temperatura e a pressione atmosferica con navi cisternaadeguate, aventi serbatoi ben coibentati.

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Durante il trasporto tuttavia è inevitabile che a causa dello scambio termico tral’interno e l’esterno dei serbatoi si verifichi una vaporizzazione del GNL liberandogas.

Tale vaporizzazione risulta comunque contenuta in 0,1 – 0,2 % del carico e il gasvaporizzato può essere utilizzato per i servizi di bordo e per la propulsione dellanave se questa impiega turbine a vapore.

Se invece la nave impiega motori diesel il gas vaporizzato (al netto dell’utilizzo peri servizi di bordo) viene ri‐liquefatto sulla nave. Di particolare interesse è ilprocesso noto come LNG/LIN Concept (Liquefied Natural Gas/LIquid Nitrogen) checonsente di produrre GNL in mare aperto attraverso l’impiego di azoto liquidoprecedentemente caricato a bordo della nave.

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Il trasporto del GNL per mezzo di metaniere è iniziato negli anni Sessanta ed èdecollato negli anni Settanta. Due sono state le linee di progettazione, basate sudue diverse concezioni e ancora oggi adottate: i serbatoi contenenti il GNL sonostrutturalmente integrati con il doppio scafo della nave, sul quale vengonoscaricati gli sforzi indotti dal carico; i serbatoi sono indipendenti dalla strutturadella nave e quindi devono essere autoportanti.

I due sistemi di tecnologia a serbatoi integrati più diffusi sono quello sviluppatodalla Technigaz e quello dalla Gaztransport, società che nel 1994 si sono fuse nellaGaztransport & Technigaz e che attualmente sono state acquisite dal gruppo Eni.

Nel sistema Technigaz i serbatoi sono costituiti da una barriera primaria elastica,che si appoggia sullo scafo per mezzo di un isolante termico, e da una barrierasecondaria, che ha lo scopo di proteggere lo scafo della nave da un’eventuale fugadi GNL.

Trasporto del gas via nave

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Altri sistemi di trasporto del gas

Un sistema allo studio per il trasporto del gas, in alternativa al CNG e al GNL, è ilcosiddetto GTS (Gas To Solid), cioè la trasformazione del gas in idrati di metano(solidi), il trasporto e la successiva riconversione in gas nelle aree di ricevimento.

Altre tecniche riguardano invece la trasformazione del gas in un’altra forma dienergia, trasportando e utilizzando poi questa come tale. Ci riferiamo alle tecnicheGTL (Gas To Liquid), cioè alla trasformazione del gas in combustibili di sintesi comeil cherosene, la nafta e il gasolio (nel 2004 due impianti di questo tipo erano inproduzione rispettivamente in Sud Africa e in Malaysia) o in prodotti chimici comeil metanolo e il dimetiletere e quelle GTW (Gas To Wire) alla trasformazione cioèdel gas in energia elettrica e al relativo trasporto di questa via cavo.

Sia per quanto riguarda il GTL che il GTW si tratta in genere di quantitativi di gaslimitati e dispersi (generalmente in forma di gas associato all’olio) chenormalmente vengono bruciati in fiaccola e il cui utilizzo attraverso un’altra formadi trasporto sarebbe difficoltosa e non economica.

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Il trasporto del GPL

I gas di petrolio liquefatto sono miscele di idrocarburi costituite essenzialmente dapropano e butano nella proporzione di 30 a 70.

Le temperature critiche del propano e del butano sono molto superiori allatemperatura ambiente, per cui è possibile liquefare questi gas e le loro miscele apressioni modeste (al massimo 15 bar).

Ovviamente, se la temperatura viene mantenuta al di sotto di quella ambiente lepressioni di liquefazione possono essere anch’esse inferiori.

In corrispondenza a tali processi sono state costruite navi per il trasporto del gasdi petrolio liquefatto, sia in pressurizzazione e a temperatura ambiente, sia incondizioni semirefrigerate, sia infine in condizioni completamente refrigerate e apressione ambiente.

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I primi trasporti marini di GPL consistevano nel trasporto di bombole per usodomestico sistemate sulle coperte delle navi da carico e contenenti gas liquefattoper sola compressione (pressione di esercizio di circa 18 bar).

Con l’aumento delladomanda e delledistanze ditrasporto sonostate trasformatenavi da carico giàesistenti allo scopodi ospitare serbatoidi dimensioni varieper il contenimentodel GPL inpressione.

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LO STOCCAGGIO DI GAS NATURALE IN SOTTERRANEO E SUE PROBLEMATICHE

Lo stoccaggio di gas in sotterraneo è un argomento di grande attualità inquanto esercita un ruolo determinante nello sviluppo del mercato del gas enella sua stabilizzazione.

Lo stoccaggio di gas inoltre è importante sia per la regolazione stagionale delleforniture di gas sia per il mantenimento delle riserve strategiche.

Ma che cosa è in realtà lo stoccaggio?

Esso non è altro che l’immagazzinamento in strutture geologiche delsottosuolo di una quantità di gas importato in eccesso durante il periodo diminor consumo (solitamente l’estate), per essere poi utilizzata nel periodo dimaggior consumo (l’inverno).

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Più del 70 % dello stoccaggio di gas viene effettuato nei giacimenti esauriti osemiesauriti gassiferi, sia perché questi richiedono minori investimenti, siaperché in essi è garantita la tenuta avendo già contenuto gas.

I risparmi sugli investimenti per tali tipi di stoccaggi sono relativi ai costiesplorativi, praticamente inesistenti e alla possibilità di utilizzo sia di pozziesistenti (anche se dovranno essere ricompletati ad hoc) sia di impianti ditrattamento già costruiti e che dovranno subire solo piccole modifiche.

Lo stoccaggio negli acquiferi è invece più costoso in quanto richiede alti costiesplorativi per la ricerca della trappola e test approfonditi per verificare la tenutadella copertura, per la perforazione di tutti i pozzi necessari, oltre che per lacostruzione degli impianti di superficie (centrali di compressione e ditrattamento).

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I sistemi di stoccaggio sono collegati alla rete principale di trasporto del gas (cheopera a livello nazionale), costituita da tubi di grande dimensione, capace ditrasportare ingenti volumi di gas e operata a pressioni che possono superare i 75bar, a differenza della rete di distribuzione (quella che opera a livello locale) cheè costituita da tubi di piccole dimensioni e che è operata a pressioni molto piùbasse (massimo 5 bar).

Lo scopo principale dello stoccaggio è quello di garantire il cosiddetto“bilanciamento della rete”, cioè il mantenimento nei gasdotti di un livellominimo di pressione grazie a un adeguato volume di gas, chiamato line‐pack cheassicura un flusso ininterrotto.

In caso di reti di trasporto molto estese, costituite da tubi di grande diametro, ilcontributo del line‐pack in termini di richiesta di punta giornaliera puòraggiungere livelli significativi (alcune decine di milioni di metri cubi, a fronte diun abbassamento di pressione di qualche bar).

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Normalmente il line‐pack viene utilizzato negli orari di massimo consumo per usocivile (mattina e sera) e viene ricostituito durante le ore notturne.

Nel mondo ci sono oggi oltre 580 siti di stoccaggio, di cui più del 70 % negli StatiUniti e gli altri in Europa, Russia e Canada: la disponibilità mondiale di stoccaggio èpari a 286 miliardi di m3 di working gas, con una portata di punta giornaliera amassimo invaso di 5 miliardi di m3/giorno.

Poiché nel trentennio 2000‐2030 è prevista una crescita del consumo di gas del 2,4% all’anno, passando da circa 2500 miliardi di m3 nel 2000 a circa 5000 miliardi dim3 nel 2030, si prevede anche una crescita della capacità di stoccaggio.

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La maggior parte dei siti di stoccaggio europei di elevate dimensioni è statarealizzata in giacimenti di gas esauriti o semiesauriti; l’80% circa del working gastotale e della portata di punta giornaliera è concentrato in 40 giacimenti su 103siti complessivi. Al momento la Germania risulta al primo posto, seguitadall’Italia, come disponibilità di working gas e di portata di punta giornaliera.

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Combustibili fossili ‐ sintesiCarbone‐ uso massiccio dopo l’invenzione della macchina a vapore;‐ combustione relativamente difficile (oggi si usa polverizzato);‐ contiene molto carbonio (produce molta CO2);‐ è solido, quindi il trasporto è relativamente costoso.

Petrolio‐ elevata densità di energia  economico lo stoccaggio e il trasporto

via oleodotto o via nave;‐ viene convertito in prodotti diversi (olio pesante, gasolio, benzina,

ecc.); si presta ad usi diversi;‐ brucia con maggiore facilità e produce meno CO2 del carbone.

Gas naturale‐ bassa densità di energia  costoso lo stoccaggio e il trasporto

via gasdotto (stato gassoso) o via nave (liquefatto);‐ brucia con facilità e produce meno CO2 del petrolio.

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Poteri calorifici (inferiori) dei combustibili

Combustibile LHV (MJ/kg)

Legno (secco) 15

Coke 30

Benzina normale 43.6

Cherosene 43.5

Gasolio 43.3

Petrolio greggio 39.8‐46.1

Metano 50

Biogas 27.2

Gas naturale 47.7

GPL 45.1

Propano 46.3

Idrogeno 141.8