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LA LIRICA CORTESE Introduzione 107

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LA LIRICA CORTESE

Introduzione

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La lirica dei trovatori: fondamenti. Guglielmo IX di Aquitania

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La lirica consiste in una parodia della concezione idealizzatadell'amore, e propone una visione materialistica dell'amore edella vita. Tema portante: la parodia del canone dellasegretezza (strofa III e seguenti). Da osservare la parodia delpellegrinaggio (strofe III e IV) e l'affermazione della moralecortese rispetto a quella cristiana e della superiorità delcavaliere sul chierico (strofe I e II).

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Liriche guglielmine “cortesi”

I

Tema centrale: «la donna amata può essere accettata come signore(midons), perché il dono del suo amore ha effetti determinanti per coluiche lo riceve… Alla signora del poeta devono anzitutto essere sottomessitutti gli altri oggetti d'amore (un altro modo di dire: essa è incomparabile)… dopo la lode generica, vengono i “poteri” della donna amata, e questoelenco viene preceduto e seguito da una descrizione degli effetti “magici”che derivano dal suo possesso: qui.l joi de sa amor pot sazir ne avràlunga vita, il suo spirito e il suo corpo non invecchierà. Questeaffermazioni incorniciano una cobla dedicata alle virtutes procedentidalla donna: anzitutto i poteri taumaturgici per il corpo e per la mente poiquello di far vilaneiar el plus cortes ed encortezir el totz vila: pianofisiologico, psicologico, piano soiale sono ugualmente interessati daquesta onnipotenza del joi, di cui la donna è depositaria. Leitmotivdell'opera di Guglielmo non è il motivo del desiderio che si sainappagabile, bensì quello del desiderio che va appagato e può venireappagato, vuoi in virtù del potere derivante da una posizione disupremazia sociale, vuoi entro i compromessi delle regole d'un grupporistretto, pur sempre di privilegiati» (N. Pasero):

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Molt jauzions mi prenc en amarUn joi don plus mi vueill aizir;E pos en joi vueill revertir,Ben dei, si puesc, al meils anar,Quar meillor n’am, estiers cujar,C’om puesca vezer ni auzir.

Eu, so sabetz, no-m dei gabarNi de grans laus no-m sai formir;Mas si anc nuill jois poc florir,Aquest deu sobretotz granarE part los autres esmerarAquest deu sobretotz granarE part los autres esmerarSi com sol brus jorns esclarzir.

Anc mais no poc hom faissonarCar en voler ni en dezirNi en pensar ni en consirAitals jois non pot par trobar;E qui be-l volria lauzarD’un an no-i poiri’ avenir.

Totz jois li deu humeliarE tota ricors obezir,Midons, per son bel acuillirE per son dous plazent esgar;E deu hom mais sent tans durarQui-l joi de s’amor pot sazir.

Per son joi pot malaus sanar,E per sa ira sas morir,E savis hom enfolezirE belhs hom sa beutat mudarE.l plus cortes vilanejar,E.l totz vilas encortezir.

Pus hom gensor no-n pot trobar,Ni hueils vezer, ni boca dir,A mos obs la vueill retenir,Per lo cor dedins refrescarE per la carn renovelar,Que no puesca enveillezir.

Si.m vol midons s’amor donar,Pres soi del penr’e del grazirE del celar e del blandirE de sos plazers dir e farE de son pretz tener en carE de son laus enavantir.

Ren per autrui non l’aus mandar,Tal paor ai c’ades s’azir!Ni ieu mezeis, tan tem faillir,Non l’aus m’amor fort asemblar;Mas ela-m deu mon meils triar,Pos sap c’ab lieis ai a guerir.

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TRADUZIONE

Tutto pieno di gioia, prendo ad amare una gioia, di cui più voglio rallegrarmi; e poichévoglio ritornare verso la gioia, devo bene - se posso – dirigermi verso il meglio. Perchéora, senza dubbio, mi dirigo verso il meglio che si possa vedere o udire.

Io – lo sapete - non devo vantarmi, né so attribuirmi grandi lodi; ma se mai una gioia potéfiorire, questa deve metter frutto più di tutte, e risplendere fra le altre, così come sirischiara un giorno buio.

Mai ci si poté figurare corpo più bello, né nel volere, né nel desiderio, né nel pensiero, nénell’immaginazione; una simile gioia non può trovar pari; e chi volesse cantarne bene lelodi non vi riuscirebbe in un anno.

Ogni gioia le si deve sottomettere, e ogni altro (oggetto di) amore renderle omaggio, allamia Signora, per la sua amabilità e per il suo bello e dolce aspetto; e avrà vita centuplicatacolui che riesce a conquistare la gioia data dal suo amore.

Per la gioia che ne deriva, il malato può risanare; e, per il suo disamore, il sano puòmorire; e il saggio può divenire folle, e l’avvenente perdere la sua avvenenza, e il piùcortese diventar villano, e il perfetto villano farsi cortese.

Poiché nessuno può trovarne una più degna, né occhi possono vederne, né boccanominarne una tale, la voglio tenere solo per me, per rinfrescare il cuore nel suo intimo eper rinnovare il corpo, affinché non invecchi.

Se la mia Signora mi vuol far dono del suo amore, sono pronto ad accettarlo e aringraziare, e a esser discreto e a dirle cose gentili, e a dire e fare ciò che a lei piace, e atener caro il suo pregio, e a innalzare le sue lodi.

Non oso inviarle nulla per tramite d’altri, tale paura ho che subito si adiri; né oso io stessodichiararle il mio amore apertamente, tanto timore ho di fare un passo falso. Ma ella devescegliere per me il meglio, perché sa che ho da trovar salute per opera sua.

II

Tema centrale: «regole “cortesi” da osservare, pena l'insuccesso, l'esclusionedalla cerchia dei fedeli d'amore…» (Pasero). Nelle stanze quinta e sesta “sicomprende chiaramente che i comandamenti d'amore consistono in una serie diregole di comportamento sociale: l'etica dell'amore va osservata a corte, nelrapporto che il fin amador ha, non solo e non tanto con la sua donna, ma con gliaaltri soggetti dell'universo cortese. Già da questo si comincia a capire comel'amore non sia inteso, nella poesia cortese, come un fatto privato e individuale,ma come invece chiami in causa la società e la condotta degli individui nelmondo. Deriva da ciò il carattere più o meno scopertamente didattico della liricatrobadorica: il poeta comunica alla cerchia del suo pubblico (a destinatari, siricordi, sempre presenti in carne e ossa) la sua esperienza, ponendosi a modello ea esempio…[Nella settima stanza] Guglielmo si autoelogia per la bellezza dellasua canzone, sintesi inscindibile di motz, di parole, e di son, di melodia, e,soprattutto chiama direttamente in causa gli ascoltatori, affermando che la poesiaaumenta di pregio se viene bene intesa, in ogni suo aspetto, da un pubblicocompetente (C. Di Girolamo):

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Pos vezem de novel florirPratz, e vergiers reverdezir,Rius e fontanas esclarzir,Auras e vens,Ben deu chascus lo joi jauzirDon es jauzens.

D’amor non dei dire mas be.Quar no-n ai ni petit ni re?Quar ben leu plus no m’en cove!Pero leumensDona gran joi qui be-n manteLos aizimens.

A totz jorns m’es pres enaisiC’anc d’aquo c’amei no-m jauzi;Ni o farai, ni anc non ho fi;C’az essiensFauc maintas ves que-l cor me di:Tot es niens.

Per tal n’ai meins de bon saberQuar vueill so que non puesc aver;E si-l reprovers me ditz ver,SertanamensA bon coratge bon poder,Qui-s ben sufrens.

Ja no sera nuils hom ben fisContr’amor, si non l’es aclis,Et als estranhs et als vezisNon es consens,Et a totz sels d’aicels aizisObediens.

Obediensa deu portarA motas gens qui vol amar,E cove li que sapcha farFaitz avinensE que-s gart en cort de parlarVilanamens.

Del vers vos dic que mais ne vauQui be l’enten, e n’a plus lau:Que-ls motz son faitz tug per egauComunalmens,E-l sonetz, ieu meteus m’en lau,Bos e valens.

A Narbona, mas ieu no-i vau,Sia-l prezensMos vers, e vueill que d’aquest lauSia guirens.

Mon Esteve, mas ieu no-i vau,Sia-l prezensMos vers, e vueill que d’aquest lauSia guirens.

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TRADUZIONE

Poiché vediamo rifiorire i prati e rinverdire i giardini, rischiararsi fiumi e sorgenti, aure eventi, ciascuno deve gioire della gioia di cui gioisce.

Dell’amore non devo dire altro che bene. Perché non ne ho né poco né nulla? Perchécertamente non me ne spetta di più! Eppure esso dona facilmente gran gioia, se se neosservano le regole.

E’ sempre stata mia sorte di non gioire di ciò che ho amato: non lo farò, né lo feci mai;perché è certo che lo faccio, molte volte che (invece) il cuore mi dice: “Tutto è vano”.

Per questo ne ho meno diletto: perché voglio ciò che non posso ottenere. Eppure lamassima mi dice il vero: “Certamente la buona volontà ha buon esito, se sa ben soffrire”.

Nessuno sarà mai veramente fedele ad amore, se non vi è sottomesso, e non ècompiacente a stranieri e vicini, e non si pone al servizio di tutti quelli di tale cerchia.

Chi vuol essere amante deve far obbedienza a molti; e gli si addice il ben comportarsi, el’evitare di parlar da villano a corte.

Del mio vers vi dico che chi lo capisce bene ne ha maggior profitto e lode; ché le parolesono tutte quante nel giusto ritmo, e la musica – di cui io stesso mi vanto – è di granpregio.

A Narbona, poiché io non ci vado di persona, le sia presente il mio vers, e voglio chegarantisca per me di questa lode.

Mio Stefano, poiché io non ci vado di persona, le sia presente il mio vers, e voglio chegarantisca per me di questa lode.

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(v. pag. 163)

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