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IRA Dopo Superbia e Invidia, l’Ira, terza ed ultima forma del falso amore, quello diretto contro gli altri. L’ira che acceca. Il volto spigoloso come pietra e tagliente come lama, la mano adunca come artiglio, lo sguardo di fuoco, il naso affilato, l’atteggiamento furente come tempesta. Improvvisa si scatena l’Ira, piomba come uccello rapace non contro una persona, ma una sorta di manichino, volendo il pittore sottolineare quanto l’ira sia un moto "gratuito", se non proprio ingiustificato, certo sproporzionato. Gli irosi si arrabbiano per un nonnulla, si scagliano come fulmini talvolta contro incolpevoli oggetti e persone, più spesso contro il destino. L’aria blu è offuscata da minacciose nubi nere e sembra percorsa da una flusso di corrente elettrica, da saette che colpiscono alla cieca. La mente ottenebrata non vede "perché non vuol vedere". Avvolta nel "fummo" più nero del "buio d’inferno" e di una "notte privata d’ogni pianeta", infierisce con violenza. Non ira dunque dovrebbe chiamarsi quella del "Pelide Achille" che "infiniti addusse lutti agli Achei", ma sdegno di fronte alla propria libertà minacciata. E sdegno fu quello di Gesù quando scacciò i mercanti dal Tempio. Lo sdegno - insegna Sant’Agostino - è un’erba

ira

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ira, descrizione a cura della 4ds ora di rel

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IRADopo Superbia e Invidia, l’Ira, terza ed ultima forma del falso amore, quello diretto

contro gli altri.

L’ira che acceca.

Il volto spigoloso come pietra e tagliente come lama, la mano adunca come artiglio,

lo sguardo di fuoco, il naso affilato, l’atteggiamento furente come tempesta.

Improvvisa si scatena l’Ira, piomba come uccello rapace non contro una persona, ma

una sorta di manichino, volendo il pittore sottolineare quanto l’ira sia un moto

"gratuito", se non proprio ingiustificato, certo sproporzionato.

Gli irosi si arrabbiano per un nonnulla, si scagliano come fulmini talvolta contro

incolpevoli oggetti e persone, più spesso contro il destino.

L’aria blu è offuscata da minacciose nubi nere e sembra percorsa da una

flusso di corrente elettrica, da saette che colpiscono alla cieca. La mente

ottenebrata non vede "perché non vuol vedere". Avvolta nel "fummo" più

nero del "buio d’inferno" e di una "notte privata d’ogni pianeta",

infierisce con violenza.

Non ira dunque dovrebbe chiamarsi quella del "Pelide Achille" che

"infiniti addusse lutti agli Achei", ma sdegno di fronte alla propria libertà

minacciata. E sdegno fu quello di Gesù quando scacciò i mercanti dal

Tempio. Lo sdegno - insegna Sant’Agostino - è un’erba che cresce

verdeggiante solo fino a quando la giustizia viene ristabilita. Forse uno

dei mali del nostro tempo è il suo oscillare dalla abulica indifferenza

dell’Accidia, alla cecità dell’Ira, senza la capacità di uno sdegno

animato da un profondo senso di giustizia.