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Angelo Negro Teoria della Misura Istituzioni di Analisi Superiore a.a. 2000-2001

Istituzioni di Analisi Superiore a.a. 2000-2001webmath2.unito.it/paginepersonali/negro/ist/misura.pdf · mostrazioni rigorose e complete, i principali temi della moderna teoria della

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Angelo Negro

Teoria della Misura

Istituzioni di Analisi Superiore

a.a. 2000-2001

Prefazione

Questa breve monografia si propone di presentare in modo piano e sintetico, ma con di-mostrazioni rigorose e complete, i principali temi della moderna teoria della misura e dellaintegrazione.

Gli enunciati sono moderatamente generali e le dimostrazioni, tra le tante spesso possibili,sono scelte con l’intenzione sia di offrire un percorso “naturale” di comprensione delle costruzionie delle tesi proposte, sia di fornire la traccia per la dimostrazione di risultati piu avanzati, nelcontesto di strutture piu generali o di ipotesi piu deboli.

L’intento e di fornire un materiale didattico sufficientemente avanzato, ma accessibile a stu-denti del secondo biennio del Corso di laurea in Matematica, e anche quello di proporre un brevemanuale di agile consultazione e riferimento.

Moltissime sono le presentazioni della teoria della misura e dell’integrazione, alcune dellequali costituiscono un riferimento fondamentale e irrinunciabile per ogni studioso. Ma non abbi-amo voluto fornire una vasta bibliografia: abbiamo soltanto indicato i testi effettivamente usatiper la redazione di questa monografia e le opere alle quali facciamo esplicito riferimento. Il ma-teriale esposto e tratto essenzialmente da Kolmogorov-Fomin[8], Doob[4], Rudin[10], spesso conconsiderevole elaborazione della presentazione, dei collegamenti e del percorso di dimostrazione.

Il lavoro che presentiamo e collegato al corso di Istituzioni di analisi superiore, che l’autoreha svolto per molti anni accademici presso il Corso di laurea in Matematica dell’Universita diTorino. Agli studenti del corso sono stati offerti brevi fascicoli che coprivano i temi dei sin-goli capitoli, fascicoli frequentemente aggiornati e messi a disposizione anche in rete sul sitodel Dipartimento di matematica. L’aggregazione dei fascicoli concernenti la teoria della misurae dell’integrazione, notevolmente ampliati e piu organicamente interconnessi, ha condotto allaredazione di questa monografia.

L’attuale corso di Istituzioni di analisi superiore e diviso in due moduli. Il primo modulo,rivolto a tutti gli studenti del secondo biennio, oltre a primi elementi di analisi funzionale edi teoria delle funzioni olomorfe, propone le basi della teoria della misura e dell’integrazione,svolgendo essenzialmente il contenuto dei Capitoli 1 e 2 e presentando una sintesi dei risultatidei Capitoli 4 e 6 di questo testo. Il materiale degli altri capitoli e utilizzato, parzialmente, nelsecondo modulo, che ha un carattere piu avanzato e presenta, oltre a complementi di teoria del-la misura, temi concernenti i fondamenti dell’analisi funzionale, alcuni metodi di compattezza,elementi di teoria spettrale e di analisi armonica.

Sono in preparazione altri due testi che, insieme a quello ora presentato, copriranno tutti itemi del corso.

Torino, giugno 2001ANGELO NEGRO

Indice

1 σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili 5

1.1 σ−algebre e spazi misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.2 Misure positive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.3 Funzioni misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.4 Convergenza q.o e in misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2 Integrale di Lebesgue astratto 19

2.1 Funzioni semplici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.2 Funzioni sommabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.3 Proprieta elementari dell’integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.4 Dipendenza dal dominio di integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.5 Passaggio al limite sotto segno di integrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.6 Lo spazio delle funzioni integrabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

2.7 L’integrale in spazi di misura σ-finita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3 Misure con segno 37

3.1 Decomposizione di Jordan e di Hahn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

3.2 Il Teorema di Radon-Nikodym . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

3.3 Decomposizione di Lebesgue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

4 Estensione di misure 43

4.1 Semianelli e algebre generate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

4.2 Misura esterna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44

4.3 Insiemi misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

4.4 Il criterio di Caratheodory . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

5 Misure in R 53

5.1 Misure di Lebesgue-Stieltjes in R . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

5.2 Funzioni a variazione limitata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

5.3 L’integrale di Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

5.4 Insiemi non misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

5.5 Derivate di misure di Borel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

3

6 Misure prodotto e teorema di Fubini 696.1 Misure prodotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 696.2 Rappresentazioni di insiemi misurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 716.3 Il teorema di Fubini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 726.4 σ(A × B) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

7 Spazi Lp 777.1 Il caso 1 ≤ p < +∞ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 777.2 Il caso p = +∞ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 817.3 Risultati di immersione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 817.4 Spazi di successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 827.5 Densita di funzioni continue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 847.6 Il duale di L1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 877.7 Il duale di C([a, b]). Misure di Radon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88

Bibliografia 97

Capitolo 1

σ-Algebre. Misure. Funzioni

misurabili

1.1 σ−algebre e spazi misurabili

Definizione. Una famiglia R di sottoinsiemi di un insieme X (R ⊆ P(X)) costituisce unanello se e solo se R 6= ∅, e, qualsiansi A,B:

A,B ∈ R ⇒ A ∩B, A ∪B, A∆B, A−B ∈ R .

Ricordiamo che x ∈ A−B equivale a x ∈ A e x /∈ B. Inoltre A∆B = (A−B) ∪ (B −A).Dunque un anello e stabile per tutte le usuali operazioni insiemistiche che coinvolgono un nu-

mero finito di suoi elementi. Tuttavia, essendo Ac = X−A, se A ∈ R, Ac ∈ R se e solo seX ∈ R.

Si osservi che e sufficiente chiedere che A ∩B e A∆B appartengano a R. Infatti

A ∪B = (A∆B)∆(A ∩B) , A−B = A∆(A ∩B) .

Ovviamente ∅ = A−A ∈ R.

Il termine anello deriva dal fatto che l’insieme delle funzioni caratteristiche χA degli insiemiA della famiglia, munita delle operazioni di somma e prodotto seguenti:

χA∩B = χA · χB , χA∆B = χA + χB (mod 2) ,

e un anello nel senso algebrico usuale.

Definizione.Una famiglia di insiemi A si dice algebra se e solo se essa e un anello dotatodi unita, cioe se esiste un insieme E ∈ A, detto unita, tale che per ogni A ∈ A si abbia A ⊆ E.In tal caso ovviamente A ⊆ P(E) ed in genere X non interviene ulteriormente. Nel seguitosupporremo E = X e diremo dunque che A e un’algebra se e solo se X ∈ A .

5

6 Capitolo 1. σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili

Veniamo ora alla definizione piu importante.

Definizione. A si dice σ−algebra se e solo se A e un’algebra e

{An}n∈N ⊆ A ⇒ ∪nAn ∈ A .

Di conseguenza si vede facilmente che una sigma-algebra e stabile per tutte le usuali oper-azioni insiemistiche che coinvolgono una infinita numerabile di suoi sottoinsiemi. Ad esempio

∩nAn ∈ A .

Si controlla immediatamente che A e una sigma-algebra se e solo se A 6= ∅ e

A,An ∈ A ⇒ Ac, ∪nAn ∈ A .

Si osservi che, se vale l’implicazione precedente, allora

X = A ∪Ac ∈ A .

Esempio elementare. Sia C una partizione finita o numerabile di X e sia A l’insieme di tutte leunioni finite o numerabili di elementi di C:

C = { Cn}n∈N , A = { ∪j∈JCj}J⊆N .

E immediato verificare che A e una σ-algebra.

Spazio misurabile. La coppia (X,A) , dove A e una σ-algebra in X si dice spazio misura-bile.

Ovviamente in uno stesso insieme X si possono introdurre diverse strutture di spazio mis-urabile, selezionando diverse sigma-algebre in X . Quando non ci possano essere equivoci sullasigma-algebra selezionata, questa viene sottointesa dicendo brevemente che X e uno spazio mis-urabile. Gli elementi della sigma-algebra si dicono insiemi misurabili.

Data una famiglia F di sottoinsiemi, si indica con A(F) o con σ(F) la piu piccola σ-algebracontenete F . Essa viene detta la σ-algebra generata da F . La defnizione e corretta perche

1) se {At}t∈T , dove T e un insieme arbitrario, e una collezione di σ-algebre, allora ∩t∈TAt eancora una σ-algebra.Infatti

∀t A ∈ At ⇒ ∀t Ac ∈ At ⇒ Ac ∈ ∩t∈TAt ;

∀t An ∈ At ⇒ ∀t ∪n An ∈ At ⇒ ∪nAn ∈ ∩t∈TAt .

2) Esiste almeno una σ-algebra contenete F , ad esempio P(X) .Dunque A(F) e l’intersezione di tutte le σ-algebre contenenti F .

Proposizione. Sia f : X → Y una applicazione ovunque definita e A una σ-algebra in Y .Allora f−1(A) e una σ-algebra in X . Dimostrazione. Infatti

A ∈ A e B = f−1(A) ⇒ Ac ∈ A e Bc = f−1(Ac) ,

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 7

∀n An ∈ A e Bn = f−1(An) ⇒ ∪nAn ∈ A e ∪n Bn = f−1(∪nAn) .

Proposizione. Sia f : X → Y una applicazione ovunque definita. Allora

A(f−1(F)) = f−1(A(F)) .

Dimostrazione. Infatti per il punto precedente f−1(A(F)) e una sigma-algebra ⊇ f−1(F) e perogni sigma-algebra AJ ⊇ F (dunque AJ ⊇ A(F) ) risulta che f−1(AJ ) e una sigma-algebratale che

f−1(AJ ) ⊇ f−1(A(F)) ⊇ f−1(F) .

Sia ora B una qualunque sigma-algebra ⊇ f−1(F) . Essa non e necessariamente della formaf−1(AJ ) con AJ ⊇ F e AJ σ−algebra1. In tal caso si ponga

B∗ = {B ∈ B | ∃A ⊆ Y B = f−1(A)} = f−1(A∗) ,

doveA∗ = {A ⊆ Y | f−1(A) ∈ B} .

Controlliamo che A∗ , la quale evidentemente contiene F , e una sigma-algebra:

f−1(A) = B ∈ B ⇒ f−1(Ac) = Bc ∈ B ⇒ Ac ∈ A∗ ,

∀n f−1(An) = Bn ∈ B ⇒ f−1(∪nAn) = ∪nBn ∈ B ⇒ ∪nAn ∈ A∗ .

Dunque ogni sigma-algebra B contenente f−1(F) contiene una sigma-algebra f−1(A∗) conte-nente f−1(A(F)) q.e.d.

Boreliani. Se lo spazio X e gia munito di una struttura di spazio topologico e O e la famigliadegli aperti in X , ha particolare interesse la σ-algebra B = A(O) generata dagli aperti. Essaviene detta la famiglia dei Boreliani di (X,O) (o di X come si dice piu brevemente, sottinten-dendo la topologia). Ovviamente, se F e la famiglia dei chiusi in X si ha B = A(F) = A(O).Dunque B contiene in particolare tutti gli aperti, i chiusi, quindi i compatti, e tutti gli insiemiche si possono ottenere da una infinita numerabile di aperti e chiusi mediante usuali operazioniinsiemistiche. Per esempio, indicando con Fσ le unioni numerabili di chiusi, che in generenon sono chiusi, e con Gδ le intersezioni numerabili di aperti, che ingenerale aperti nonsono, si ha Fσ ⊆ B e Gδ ⊆ B .

1.2 Misure positive

Definizione. Si dice misura positiva sull’algebra A ogni funzione

µ : A → R+

1Ad esempio, se f : Z → N con f(x) = |x|, F = P(D) con D insieme dei dispari naturali e B = P(E) ∪ {Ec}con E insieme dei dispari relativi e dei pari negativi, allora B ⊃ f−1(F) ed e una sigma-algebra in Z (la presenzadi Ec serve perche sia Z = E∪Ec ∈ B), ma ogni elemento di B non simmetrico rispetto a 0 non e controimmaginedi alcun sottoinsieme di N).

Universita di Torino, a.a. 2000-2001

8 Capitolo 1. σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili

non identicamente uguale a +∞ e additiva , tale cioe che, se A1, A2, ..., An ∈ A e Aj ∩Ak = ∅per j 6= k, allora

µ(∪nk=1Ak) =

n∑

k=1

µ(Ak) .

E naturalmente sufficiente che per ogni coppia A,B ∈ A tale che A ∩B = ∅ risulti µ(A ∪B) =µ(A) + µ(B) .

Se A e una σ-algebra e per ogni successione disgiunta A1, A2, ... ∈ A, cioe tale che Aj∩Ak = ∅per j 6= k, risulta

µ(∪+∞k=1Ak) =

+∞∑

k=1

µ(Ak) ,

si dice che µ e una misura σ-additiva.

Definizione. Una terna (X,A, µ) , dove µ e una misura σ-additiva sulla σ-algebra A in X ,si dice spazio di misura.

Nel seguito useremo il termine misura per indicare una misura sigma-additiva.

µ e finita se µ(X) < +∞ ed e sigma-finita se X e unione numerabile di insiemi di misurafinita:

X = ∪jAj , Aj ∈ A , µ(Aj) < +∞ .

Se µ(X) < +∞, allora ν = µ/µ(X) e una misura normalizzata: ν(X) = 1. Le misure normaliz-zate si dicono misure di probabilita, l’insieme X “sample space”, A σ-algebra degli eventie (X,A, µ) spazio di probabilita.

Proprieta delle misure.

1) µ(∅) = 0 . Infatti, preso A misurabile con µ(A) < +∞, si ha

µ(A) = µ(A ∪ ∅) = µ(A) + µ(∅) .

2) µ e monotona:

A ⊆ B con A,B ∈ A ⇒ µ(A) ≤ µ(B) .

Infatti

µ(B) = µ(A ∪ (B −A)) = µ(A) + µ(B −A) ≥ µ(A) .

Si osservi che in questo caso si ha anche

µ(B −A) = µ(B) − µ(A) .

3) µ e continua lungo successioni monotone, nel senso che se

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 9

a) Ai ∈ A , Ai ⊆ Ai+1 e A = ∪iAi , allora

µ(A) = limi→+∞

µ(Ai) , e

b) se Ai ∈ A , Ai+1 ⊆ Ai e A = ∩iAi , allora se almeno una delle Ai , diciamo AN , ha misurafinita2

µ(A) = limi→+∞

µ(Ai) .

Infatti, nel caso a), posto A0 = ∅ , si ha

A = ∪∞0 (Ai+1 −Ai) e, se i 6= j , (Ai+1 −Ai) ∩ (Aj+1 −Aj) = ∅

e dunque

µ(A) =

∞∑

0

µ(Ai+1 −Ai) = limp

p∑

0

µ(Ai+1 −Ai) =

= limpµ(∪p

0(Ai+1 −Ai)) = limpµ(Ap+1) .

Il caso b) si riconduce al caso a), considerando AN −A:

µ(AN ) − µ(A) = µ(AN −A) = µ(∪i>N (AN −Ai) =

limiµ(AN −Ai) = lim

i(µ(AN ) − µ(Ai)) = µ(AN ) − lim

iµ(Ai) .

4) µ e σ−subadditiva:

µ(∪+∞k=1Ak) ≤

+∞∑

k=1

µ(Ak) ,

per qualunque successione di insiemi Ak misurabili. Naturalmente la serie a secondo membropuo essere divergente a +∞ .Infatti µ(A1 ∪ A2) = µ(A1) + µ(A2 − A1) ≤ µ(A1) + µ(A2) . Dunque, per induzione, lasubadditivita vale per un numero finito arbitrario di insiemi, e, per la continuita di µ lungosuccessioni monotone:

µ(∪+∞k=1Ak) = lim

N→+∞µ(∪N

k=1Ak) ≤ limN→+∞

N∑

k=1

µ(Ak) =

+∞∑

k=1

µ(Ak) .

Definizione. Si dice che una misura µ e completa se tutti i sottoinsiemi di ogni insiemedi misura nulla sono misurabili, e quindi di misura nulla:

µ(A) = 0 e A∗ ⊆ A ⇒ A∗ ∈ A e µ(A∗) = 0 .

Si pu‘o sempre “completare” una misura accettando come misurabili (e ovviamente di misuranulla) tutti i sottoinsiemi di ogni insieme di misura nulla. Piu precisamente, se (X,A, µ) e unospazio di misura, esiste una σ−algebra minimale A∗ ⊇ A sulla quale e definita una estensionecompleta µ∗ di µ. Si verifica facilmente che A∗ e costituita da tutti i sottoinsiemi A di X taliche esistono Ai, Ae ∈ A con Ai ⊆ A ⊆ Ae e µ(Ae −Ai) = 0. Necessariamente µ∗(A) = µ(Ai) =µ(Ae).

2In R2 l’insieme Ai = [0, 1/i] × R ha misura di Lebesgue (area) λ(Ai) = +∞, Ai ⊂ Ai+1, ma A = ∩iAi ={0} × R = ∪n{0} × [n,n + 1] e λ(A) = 0.

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10 Capitolo 1. σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili

1.3 Funzioni misurabili

Limiteremo le nostre considerazioni a funzioni a valori reali (o eventualmente complessi).Talvolta considereremo funzioni a valori reali estesi.

Definizione. Sia (X,A) uno spazio misurabile e B la sigma-algebra dei Boreliani di R (oC). f :→ R si dice misurabile se e solo se

∀B ∈ B f−1(B) ∈ A .

f−1(B), che e la minima σ-algebra in X rispetto alla quale f e misurabile, si dice σ-algebragenerata da f e si indica con σ(f).

Si osservi che la definizione di misurabilita non presume alcuna misura, cioe fa riferimentoad una struttura di spazio misurabile, non ad una struttura di spazio di misura.

Se X e uno spazio topologico e A e la σ-algebra dei Boreliani in X , si dice che f e Boreliana.

Proposizione. Sia f : X → R misurabile e g : R → R Boreliana, allora g ◦ f : X → R eancora misurabile.Infatti

∀B ∈ B (g ◦ f)−1(B) = f−1(g−1(B)) ∈ A .

Proposizione. Le funzioni continue, per esempio da R in R, sono Boreliane.Infatti sia

F = {M ⊆ R | f−1(M) ∈ B} .

Allora F ⊇ O (aperti di R) in quanto f e continua. Ma F e una sigma-algebra: R ∈ F (e unaperto), inoltre, se M,Mk ∈ F , allora f−1(M c) = f−1(M)c ∈ B e f−1(∪kMk) = ∪kf

−1(Mk) ∈B. Essendo B la piu piccola sigma-algebra contenete O, ovviamente B ⊆ F .

Teorema. Sia (X,A) uno spazio misurabile. f : X → R e misurabile se e solo se

∀c ∈ R {x | f(x) < c} = f−1(] −∞, c[) ∈ A .

Dimostrazione.1) I Boreliani in R coincidono con la sigma-algebra generata dagli intervalli del tipo ] −∞, c[.Infatti, come ben noto, ogni aperto di R e unione numerabile di intervalli aperti, e

]a, b[=]−∞, b[∩]a,+∞[ ,

]a,+∞[=] −∞, a]c ,

] −∞, a] = ∩+∞n=1] −∞, a+ 1/n[ .

2) Sia F = {M ∈ R | f−1(M) ∈ A}. Allora F e una sigma-algebra. Ma, se essa contiene tuttigli insiemi del tipo ] −∞, c[, allora essa contiene B. q.e.d.

Osservazione. Ovviamente f e misurabile se e solo se tutti gli insiemi del tipo {x | f(x) ≤ c}sono misurabili, oppure se tutti gli insiemi del tipo {x | f(x) > c} sono misurabili, oppure ancora

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 11

se tutti gli insiemi del tipo {x | f(x) ≥ c} sono misurabili.Osservazione. Nel caso di funzioni a valori reali estesi la definizione di funzione misurabile

non cambia ed e bene rilevare che:

{x | f(x) = +∞} = ∩n{x | f(x) > n} ,

mentre

{x | f(x) = −∞} = ∩n{x | f(x) < −n} .

Teorema. Sia M(X,A;R) l’insieme delle funzioni misurabili sullo spazio (X,A) a valorireali. (Spesso si usera la notazione abbreviata M). Allora

f, g ∈ M ⇒ λf + g , f · g , f/g (g 6= 0) , |f | , max(f, g) , min(f, g) ∈ M ,

dove λ e uno scalare arbitrario e g 6= 0 significa che g(x) 6= 0 per ogni x ∈ X . Dimostrazione.1) Basta considerare il caso λ 6= 0 :

{x | λf(x) + g(x) < c} = ∪r∈Q{x | λf(x) < r} ∩ {x | g(x) < c− r} .

Infatti, se per qualche r razionale λf(x) < r e g(x) < c− r, allora λf(x) + g(x) < c e dunque ilsecondo membro e contenuto nel primo.Se λf(x)+ g(x) < c allora per n opportunamente grande λf(x)+ g(x) < c−1/n. Sia r ∈ Q taleche r − 1/n < λf(x) < r, quindi −λf(x) < −r + 1/n e quindi g(x) < c− 1/n− λf(x) < c− r.Allora il primo membro e contenuto nel secondo.Basta ora dimostrare che {x | λf(x) < r} e misurabile per concludere che il primo membro,quale unione numerabile di intersezioni di insiemi misurabili, e misurabile.Ora {x | λf(x) < r} = {x | f(x) < r/λ} , se λ > 0; se invece λ < 0, {x | λf(x) < r} ={x | f(x) > r/λ}. In ogni caso abbiamo la controimmagine di un Boreliano (l’intervallo ]−∞, r/λ[o l’intervallo ]r/λ,+∞[) e dunque un insieme misurabile.

2) Se f e misurabile tale e anche f2, essendo (·)2 continua e pertanto Boreliana. Ma

f · g = 1/4((f + g)2 − (f − g)2)

e dunque f · g e misurabile.

3) Se f e g sono misurabili e g 6= 0,

f/g = f · (ρ ◦ g)

e misurabile, perche ρ : R − {0} → R e continua e dunque Boreliana.

4) La funzione | · | e continua, dunque se f e misurabile, tale e |f | . Oppure: {|f | < c} ={f < c} ∩ {−f < c} .

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12 Capitolo 1. σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili

5) Se f e g sono misurabili, tali sono:

max(f, g) =|f − g| + f + g

2e min(f, g) =

f + g − |f − g|

2.

q.e.d.

Teorema. Se una succsssione di funzioni misurabili converge semplicemente, la funzionelimite e misurabile:

∀nfn ∈ M e ∀x ∈ X limn→+∞

fn(x) = f(x) ⇒ f ∈ M .

Dimostrazione.Basta osservare che

{x | f(x) < c} = ∪k ∪n ∩p>n{x | fp(x) < c− 1/k} .

Infatti, se x appartiene al secondo membro

∃k ∃n ∀p > n fp(x) < c− 1/k ,

e, passando al limite per p→ ∞, si trova f(x) ≤ c− 1/k < c .Se x appartiene al primo membro allora

f(x) < c ⇒ ∃k f(x) < c− 2/k ,

ma per la convergenza

∃n ∀p > n fp(x) < f(x) + 1/k e dunque fp(x) < c− 1/k .

q.e.d.

Per la validita della dimostrazione precedente non e necessario che fn(x) converga a f(x),basta che f(x) = lim supn fn(x) per garantire che per ogni ε si abbia definitivamente fn(x) <f(x) + ε. Considerando la successione −fn si vede anche che lim infn fn(x) e misurabile.Questi risultati si possono ottenere anche utilizzando la

Proposizione. Se le funzioni fn sono misurabili, tali sono supn fn(x) e infn fn(x).Dimostrazione. Basta osservare che

supnfn(x) = lim

Nmax

1≤p≤Nfp(x) ,

ed una relazione analoga vale per infn fn(x) .

Allora segue che

lim supn

fn(x) = limn

supp≥n

fn(x) e lim infn

fn(x) = limn

infp≥n

fn(x)

sono funzioni misurabili.

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A.Negro, Teoria della misura 13

1.4 Convergenza q.o e in misura

Proposizioni valide quasi ovunque (q.o.).Sia (X,A, µ) uno spazio di misura µ completa. Sia P(x) una proposizione dipendente dallavariabile x ∈ X . Si dice che P (x) vale quasi ovunque (q.o.) o per quasi ogni x se e solo se{x | P (x) e falsa} ha misura nulla.

Ad esempio

limnfn(x) = f(x) q.o. ⇔ µ({x | lim

nfn(x) 6= f(x) o non esiste }) = 0 .

In tal caso si dice che fn converge ad f quasi ovunque fn → f q.o. o fn → f a.e. (almost everywhere).

Nel caso di misure di probabilita le funzioni misurabili si dicono variabili aleatorie (v.a.) e laconvergenza quasi ovunque si dice convergenza quasi certa (q.c.) o convergenza con probabilita1: fn → f q.o. o fn → f a.s. (almost surely).

E bene osservare che f = g q.o. e una relazione di equivalenza.

I risultati precedenti sui limiti di funzioni misurabili si possono estendere con il seguente

Teorema. Se fn ∈ M e fn → f q.o., allora f ∈ M .Dimostrazione. Se A = {x | limn fn(x) = f(x)}, si ha per ipotesi A,Ac ∈ A e µ(Ac) = 0 .Allora

{x | f(x) < c} = {x ∈ A | f(x) < c} ∪ {x ∈ Ac | f(x) < c} .

A secondo membro il primo insieme e misurabile per il teorema precedente (con A al posto diX ) e il secondo insieme ⊆ Ac e misurabile (e di misura nulla) essendo µ completa.

Siamo ora in grado di dimostrare un teorema fondamentale sul rapporto tra convergenzasemplice quasi ovunque e convergenza uniforme:

Teorema di Egorov. Sia (X,A, µ) uno spazio di misura, con µ completa e finita: µ(X) <+∞ . Siano fn ∈ M tali che fn → f q.o. . Allora

∀ε > 0 ∃Xε ∈ A

tale che1) µ(X −Xε) < ε ,2) fn |Xε

→ f |Xεuniformemente in Xε .

Dimostrazione. Essendo f misurabile, per i risultati precedenti e la completezza di µ, poniamo:

Xpn = ∩i≥n{x ∈ X | |fi(x) − f(x)| < 1/p} ,

Xp = ∪∞n=1X

pn ... ⊇ Xp

n ⊇ ... Xp2 ⊇ Xp

1 .

Tutti questi insiemi sono misurabili e per la continuita della misura µ(Xp) = limn µ(Xpn),

dunque, essendo µ(Xp) ≤ µ(X) < +∞

∀ε > 0 ∃ν µ(Xp −Xpν ) < ε/2p .

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14 Capitolo 1. σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili

Sia ν(p) un indice per il quale la disuguaglianza precedente vale e poniamoXε = ∩pXpν(p). Allora:

1) Su Xε la convergenza e uniforme, infatti si ha

∀1/p ∃ν(= ν(p)) Xε ⊆ Xpν(p)

e dunque

∀i ≥ ν ∀x ∈ Xε |fi(x) − f(x)| < 1/p .

2) In X − Xp la successione fn non converge, perche se x /∈ Xp, allora ∀n x /∈ Xpn e quindi

∃i ≥ n |fi(x)−f(x)| ≥ 1/p. Cioe esistono infiniti indici i tali che |fi(x)−f(x)| ≥ 1/p e pertantofn(x) non converge. Dunque µ(X − Xp) = 0, essendo X − Xp un sottoinsieme di un insiemeche per ipotesi ha misura nulla. Basta ora osservare che

µ(X −Xε) = µ(X − ∩pXpν(p)) = µ(∪p(X −Xp

ν(p)) ≤

≤∑

p

µ(X −Xpν(p)) =

p

µ(Xp −Xpν(p)) ≤

+∞∑

p=1

ε/2p = ε .

q.e.d.

Un ruolo importante e svolto dal seguente tipo di convergenza.

Definizione. La successione fn di funzioni misurabili converge in misura alla funzione fse e solo se

∀α > 0 limnµ({x ∈ X | |fn(x) − f(x)| ≥ α}) = 0 .

Nel caso di misure di probabilita, si dice che fn converge in probabilita a f .

Se la misura e finita, la convergenza puntuale q.o. implica la convergenza in misura, mentreuna successione puo convergere in misura senza convergere q.o., pur ammettendo certamenteuna sottosuccessione convergente q.o.

Teorema. Sia µ(X) < +∞ e fn convergente q.o. a f . Allora fn converge in misura a f .Dimostrazione. Dato ε > 0, ricorriamo al teorema di Egorov e sia Xε tale che µ(X −Xε) < εe su Xε si abbia convergenza uniforme. Allora, fissato comunque α > 0, per n sufficientementegrande (> ν dipendente da α e ε)

∀x ∈ Xε |fn(x) − f(x)| < α

e quindi l’insieme dove |fn(x)−f(x)| ≥ α e contenuto in X−Xε. Dunque per n sufficientementegrande

µ({|fn − f | ≥ α) ≤ µ(X −Xε) < ε .

q.e.d.

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A.Negro, Teoria della misura 15

Osservazione. L’ipotesi µ(X) < +∞ e essenziale: in R munito della misura standard (diLebesgue) λ, che assegna ad ogni intervallo (a, b) la sua lunghezza b− a , risulta

χ[n,n+1[ → 0 ovunque, ma ∀n λ({ |χ[n,n+1[ − 0| ≥ 1/2}) = 1 ,

Osservazione. Se fn → f in misura, non necessariamente fn → f q.o. Basta fornire uncontroesempio: sia X = [0, 1[ con la misura di Lebesgue λ usuale; sia

χn,k = χ[(k−1)/n,k/n[ n = 1, 2, ... , k = 1, 2, ..., n .

Ordiniamo queste funzioni caratteristiche formando la successione fp = χn,k , p = 1+2+ ...(n−1) + k . Per ogni x ∈ [0, 1[ vi sono infiniti indici p per i quali fp(x) = 1 e infiniti per i qualifp(x) = 0 : quindi la successione fp non converge in nessun punto. Ma ovviamente per ogni0 < α < 1

λ({ |χn,k − 0| ≥ α}) =1

n→ 0

e le fp tendono a 0 in misura.

Teorema. Sia µ(X) < +∞ e fn convergente in misura a f . Allora esiste una sottosucces-sione fnk

converge q.o. a f .Dimostrazione. Siano αn e ηn nomeri positivi tali che

limn→+∞

αn = 0 e

+∞∑

n=1

ηn < +∞ .

Selezioniamo, in virtu dell’ipotesi di convergenza in misura, degli indici n1 < n2 < ... tali che

µ({|fnk− f | ≥ αk}) < ηk .

Siano infineAj = ∪+∞

k=j{|fnk− f | ≥ αk} e B = ∩+∞

j=1Aj .

Si ha Aj+1 ⊆ Aj e, per la continuita della misura,

+∞∑

k=j

ηk ≥ µ(Aj) → µ(B) .

Poiche il resto della serie tende a 0, si ottiene µ(B) = 0. Ma

∀x ∈ X −B limkfnk

(x) = f(x) .

Infatti se x /∈ B esiste j tale che x /∈ Aj , cioe per ogni k ≥ j

x /∈ {|fnk− f | ≥ αk} ovvero |fnk

(x) − f(x)| < αk .

Ma αk → 0 e il teorema e dimostrato.

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16 Capitolo 1. σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili

* * *

La convergenza q.o. in generale non e topologica, almeno nel caso (usuale) in cui la conver-genza in misura non implica la convergenza q.o. (Billingseley [1]).

Supponiamo per assurdo che sia definita una famiglia di intorni V (f) di ogni ogni funzionemisurabile f , tale che fn → f q.o. equivalga a

∀V (f)∃ν∀n > ν fn ∈ V (f) ,

e gn sia convergente in misura a g, ma non converga q.o. a g. Dunque

∃V (g)∀ν∃n > ν gn 6∈ V (g) ,

ovvero esiste una sottosuccessione g∗j di elementi non appartenenti a V (g). Da essa si puo es-trarre un ulteriore sottosuccessione g∗jk

convergente a g q.o. Allora le g∗jkdovrebbero appartenere

definitivamente a V (g) e si giungerebbe ad una contraddizione.

Si osservi che, se una successione fn si puo scomporre in un numero finito o in una infinitanumerabile di sottosuccessioni fp

j convergento q.o. ad f :

fpj (x) → f(x) tranne che per x ∈ Ap e µ(Ap) = 0 ,

allora l’intera successione converge q.o. ad f :

fn(x) → f(x) tranne che per x ∈ A = ∪pAp e µ(A) = µ(∪pAp) = 0 .

Naturalmente, se fn converge in misura a f , esistono infinite sottosuccessioni convergenti q.o. af , ma non necessariamente una infinita numerabile. E un’unione non numerabile di insiemi dimisura nulla puo non avere misura nulla.

La convergenza in misura (considerando soltanto misure finite: µ(X) < +∞) si puo inveceesprimere in termini di una opportuna distanza. Piu precisamente, introducendo nello spazioM(X,A, µ) delle funzioni misurabili la relazione di equivalenza

f ∼ g ⇔ f = g q.o.

e considerando lo spazio quoziente M = M/ ∼, si ha

Teorema. In M(X,A, µ) la funzione

d(f, g) =

X

|f − g|

1 + |f − g|dµ

e una distanza. (Nella formula precedente si ricorre al consueto abuso di indicare con gli stessisimboli f e g sia due classi di equivalenza che due loro arbitrari rappresentanti.)La convergenza secondo la metrica d e equivalente alla convergenza in misura.(M,d) e uno spazio metrico completo (Yosida [11]).

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A.Negro, Teoria della misura 17

Dimostrazione. E immediato controllare che d(f, g) = 0 se e solo se f = g q.o. e che d(f, g) =d(g, f). La disuguaglianza triangolare segue facilmente dalle disuguaglianze

|a+ b|

1 + |a+ b|≤

|a| + |b|

1 + |a| + |b|≤

|a|

1 + |a|+

|b|

1 + |b|.

E bene notare inoltre che la funzione x/(1 + x) per x ≥ 0 e crescente e concava e tende a 1 perx→ +∞.Per vedere che la convergenza nel senso della metrica d e la convergenza in misura sono equiv-alenti basta osservare che, per ogni ε, posto E = { |f − g| ≥ ε}, si ha

ε

1 + εµ(E) ≤

E

|f − g|

1 + |f − g|dµ ≤ (

E

+

X−E

)|f − g|

1 + |f − g|dµ =

= d(f, g) ≤ µ(E) +ε

1 + εµ(X − E) .

Per dimostrare che (M,d) e completo consideriamo una successione fn di Cauchy per d. Vistele disuguaglianze precedenti, possiamo trovare una sottosuccessione fnj

tale che

µ(Ej) ≤ 2−j , dove Ej = { |fnj+1 − fnj| ≥ 2−j } .

Allora la serie

F (x) = |fn1(x)| ++∞∑

j=1

|fnj+1(x) − fnj(x)|

risulta convergente suEc = ∪l ∩j≥l E

cj dove E = ∩l ∪j≥l Ej

e µ(E) = 0. Infatti, se x ∈ Ec, esiste l tale che per j ≥ l i termini sono maggiorati da quellidella serie geometrica di ragione 1/2, mentre

∀l µ(E) ≤ µ(∪j≥lEj) ≤∑

j≥l

µ(Ej) ≤∑

j≥l

1

2j=

1

2l−1.

e quindi, facendo tendere l a +∞, µ(E) = 0.Ma la su Ec, cioe q.o., la serie converge anche semplicemente, ovvero converge la sottosucces-sione fnj

, diciamo ad un limite f misurabile. La convergenza q.o. implica la convergenza inmisura di fnj

a f e quindi d(fnj, f) → 0. La successione iniziale fn e di Cauchy e, ammettendo

una sottosuccessione convergente a f , e essa stessa convergente a f . q.e.d.

& & &

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18 Capitolo 1. σ-Algebre. Misure. Funzioni misurabili

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Capitolo 2

Integrale di Lebesgue astratto

In questa parte considereremo uno spazio di misura (X,A, µ) , supponendo che µ sia completa.Nella prima parte, per semplicita nella presentazione dell’integrale e nella dimostrazione dellesue principali proprieta, supporremo inoltre che essa sia finita (µ(X) < +∞), oppure restrin-geremo le nostre considerazioni a sottoinsiemi A di misura finita. Successivamente accenneremoalla estensione dei risultati conseguiti limitandoci al caso di misure σ-finite. Indicheremo conM = M(X,A;R) la famiglia delle funzioni misurabili a valori reali.

2.1 Funzioni semplici

Definizione. f ∈ M si dice semplice se e solo se f ∈ M e f(X) e finito o numerabile1,ovvero

f(X) = {y1, y2, ..., yn, ...} e f−1({yn}) = An ∈ A .

Per dire che f e semplice scriveremo f ∈ S = S(X,A, µ) .

Teorema. f ∈ M se e solo se esiste una successione di funzioni semplici fn ∈ S convergentiad f uniformemente.Dimostrazione. Per ogni n definiamo fn(x) = k/n quando k/n ≤ f(x) < (k + 1)/n . Si hafn ∈ S e supx |fn(x) − f(x)| ≤ 1/n . Viceversa, se f e limite addirittura uniforme (e quindipuntuale) di funzioni semplici, che sono misurabili, allora f ∈ M . q.e.d.

Osservazione. Talvolta interessa approssimare f con una successione di funzioni semplicinondecrescente. In tal caso basta considerare, per ogni n, intervalli di ampiezza 1/2n e porre

1Seguiremo la presentazione di Kolmogorov-Fomin [8]. Osserviamo tuttavia che la maggior parte degli autoriconsidera funzioni semplici che prendono soltanto un numero finito di valori. Come vedremo al termine delcapitolo, i due percorsi di costruzione dell’integrale sono equivalenti. Con la definizione adottata si ha il vantaggiodi poter sfruttare i risultati noti sulle serie (assolutamente) convergenti, con pero la necessita di conoscere qualcheelemento di teoria della sommabilita, o almeno risultati concernenti il trattamento delle serie doppie.

19

20 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

fn(x) = k/2n quando k/2n ≤ f(x) < (k + 1)/2n. Infatti risulta allora

fn(x) = [k

2]

1

2n≤

k

2n+1= fn+1(x) per

k

2n+1≤ x <

k + 1

2n+1.

Definiamo ora l’integrale per la classe delle funzioni semplici.

Definizione. Sia f ∈ S e A ∈ A di misura finita. Siano yn i valori distinti assunti da f eAn = {x ∈ A| f(x) = yn} . Si dice integrale di f su A la quantita

A

fdµ =

+∞∑

n=1

ynµ(An) ,

se la serie a secondo membro e assolutamente convergente. Se l’integrale esiste (cie se la serieconverge assolutamente) si dice che f e integrabile su A .

Osservazione 1. L’assoluta convergenza e richiesta perche l’integrale non dipenda dall’ordinecon il quale si considerano i valori distinti assunti da f .

Osservazione 2. Se gli insiemi misurabili Bi costituiscono una partizione di A e f = fi su Bi

, essendo fi uno dei valori yn , allora

A

fdµ =∑

i

fiµ(Bi) ,

e questa serie e quella che appare nella definizione sono simultaneamente assolutamente conver-genti.

Osservazione 3. Ovviamente, se ci interessa solo l’insieme A, basta che f sia semplice su A(non hanno rilevanza i valori assunti su Ac, dove f potrebbe anche non essere definita).

Alcune proprieta dell’integrale delle funzioni semplici.1) Se f, g ∈ S sono integrabili su A , ogni loro combinazione lineare e integrabile su A. Inoltrel’integrale e lineare:

A

(λf + g)dµ = λ

A

fdµ+

A

gdµ ,

2) Se f ∈ S e |f(x)| ≤M q.o. in A , allora

|

A

fdµ| ≤Mµ(A) .

Le dimostrazioni sono conseguenza immediata di note proprieta delle serie. Per il punto 1) siconsideri una partizione {Cj}j di A con f e g costanti su ogni Cj .

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A.Negro, Teoria della misura 21

2.2 Funzioni sommabili

Definizione. Sia A ∈ A, con µ(A) < +∞ : f ∈ M si dice sommabile o integrabile suA se e solo se esiste una successione di funzioni semplici fn integrabili su A che convergonouniformemente, su A, ad f . Si pone allora

A

fdµ = limn→+∞

A

fndµ .

Verifica della correttezza della definizione.1) Con le ipotesi fatte, il limite che appare nella definizione esiste ed e finito in quanto

A fndµe una successione di Cauchy:

|

A

fmdµ−

A

fndµ| ≤

A

|fm − fn|dµ ≤ µ(A) supx∈A

|fm(x) − fn(x)| → 0

quando m,n tendono ad infinito.2) Il limite non dipende dalla successione di funzioni semplici approssimanti: siano fn e gn duesuccessioni in S integrabili su A e convergenti uniformemente a f su A . Allora anche hn , conh2n = fn e h2n−1 = gn , ha le stesse proprieta, ma

limn

A

fndµ = limn

A

gndµ = limn

A

hndµ ,

perche∫

A fndµ e∫

A gndµ sono sottosuccessioni della successione convergente∫

A hndµ.3) Se f e semplice ed integrabile su A la definizione concorda con quella precedentemente dataper le funzioni semplici: basta approssimare f con la successione costante fn = f .

Osservazione. Abbiamo definito direttamente l’integrale di una funzione f su un insiememisurabile A . Avremmo potuto equivalentemente, per ora almeno nel caso µ(X) < +∞ ,prima definire l’integrale su tutto lo spazio X e poi porre

A

fdµ =

X

f · χAdµ ,

essendo χA la funzione caratteristica di A .Oppure, dopo aver definito

X fdµ , introdurre l’integrale su A considerando la restrizione dellafunzione f ad A e lo spazio di misura (A,AA, µA), dove AA e la famiglia dei sottoinsiemi di Ache appartengono a A e µA la restrizione di µ a AA:

A

fdµ =

A

f |AdµA .

2.3 Proprieta elementari dell’integrale

Eventualmente considerando integrali di funzioni semplici approssimanti e passando al limitesi ottengono facilmente i seguenti risultati.

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22 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

Teorema.1) Per ogni insieme misurabile A

A

1 dµ = µ(A) .

Infatti la funzione caratteristica di A e semplice.2) Se f e g sono sommbili su A, le loro combinazioni lineari sono sommabili su A e

A

(λf + g)dµ = λ

A

fdµ+

A

gdµ .

Dunque le funzioni integrabili su A formano uno spazio lineare e l’integrale e un funzionalelineare.3) Se f = 0 q.o. in A, allora

A

fdµ = 0 .

Infatti se fn sono funzioni semplici approssimanti f , fnχ{f 6=0} sono ancora funzioni sempliciconvergenti uniformemente a f , con integrale evidentemente nullo.4) E anche vero che

µ(A) = 0 ⇒

A

fdµ = 0 .

5) L’integrale e un funzionale positivo e quindi monotono: se f e sommabile su A e

f(x) ≥ 0 q.o. in A⇒

A

fdµ ≥ 0 ,

quindi

f(x) ≤ g(x) q.o. in A⇒

A

fdµ ≤

A

gdµ .

Infatti se le funzioni semplici integrabili fn approssimano f , essendo |f+n − f+| ≤ |fn − f |,

|f+n | ≤ |fn| e f+ = f q.o. in A , le f+

n sono integrabili e approssimano f .6) f e |f | sono simultaneamente sommabili su A e

|

A

fdµ| ≤

A

|f |dµ .

Infatti se fn e integrabile e approssima f , essendo ||fn| − |f || ≤ |fn − f |, |fn| e una successionedi funzioni semplici integrabili e approssimante |f |.7) Se f e una funzione misurabile e |f | ≤ ϕ q.o. in A, con ϕ sommabile su A , allora f esommabile su A.Infatti, sia fn, ϕn ∈ S, |fn − f | < 1/n, |ϕn − ϕ| < 1/n e ϕn integrabile, allora

|fn| ≤ |f | +1

n≤ ϕ+

1

n≤ ϕn +

2

n

e le fn sono integrabili.

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A.Negro, Teoria della misura 23

2.4 Dipendenza dal dominio di integrazione

Teorema (σ-additivita dell’integrale). Sia {An}n∈N una partizione numerabile di A ,con A,An ∈ A : A = ∪nAn e Aj ∩Ak = ∅ se j 6= k. Allora1) se f e integrabile su A, essa e integrabile su ciscun An e

A

fdµ =∞∑

n=1

An

fdµ .

Inoltre la serie a secondo membro e assolutamente convergente.2) Se f e integrabile su ciscun An, allora

n

An

|f |dµ < +∞ ⇒ f e integrabile su A e

A

fdµ =

∞∑

n=1

An

fdµ .

Dimostrazione.1) Sia f ∈ S e f(X) = {yi}. (E equivalente considerare funzioni semplici definite su tutto X econsiderarne la restrizione a A o considerare funzioni semplici su A e prolungarle, se occorre, atutto X ponendole uguali a zero su Ac). Poniamo

Bi = {x ∈ A | f(x) = yi} e

Bn,i = {x ∈ An | f(x) = yi} = Bi ∩An .

Allora∫

A

fdµ =∑

i

yiµ(Bi) =

(per la sigma-additivita di µ )

=∑

i

yi

n

µ(Bn,i) =∑

n

i

yiµ(Bn,i) =∑

n

An

fdµ .

Lo scambio delle sommatorie e consentito per la sommabilita della famiglia di numeri {yiµ(Bn,i)}).Consideriamo ora una funzione sommabile f qualunque e, dato ε > 0 arbitrario, sia gε ∈ S taleche supx |f(x) − gε(x)| < ε . Allora

A

gεdµ =∑

n

An

gεdµ ,

quindi si vede che f e integrabile su ciascun An e

|

A

fdµ−∑

n

An

fdµ| ≤ |

A

fdµ−

A

gεdµ| + |

A

gεdµ−∑

n

An

fdµ| ≤

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24 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

≤ εµ(A) +∑

n

εµ(An) = 2εµ(A) .

2) Anche per questa implicazione ci si riconduce alle proprieta delle serie assolutamente conver-genti, con funzioni semplici approssimanti. q.e.d.

Osservazione. Non sarebbe sufficiente,per questa seconda parte, chiedere che

∞∑

n=1

|

An

fdµ| < +∞ .

Ad esempio, se si considera l’intervallo ]0, 1] con la misura di Lebesgue dx, le sue partizionicostituite dagli intervalli Xn e rispettivamente Ak definite da

Xn =]1

n+ 1,1

n] , Ak = X2k−1 ∪X2k =]

1

2k + 1,

1

2k − 1] ,

e la funzione

f(x) =

+∞∑

1

(−1)nn(n+ 1)χXn(x) ,

si ha∫

Xn

f(x)dx = (−1)n ,∑

k

|

Ak

f(x)dx| =∑

k

0 = 0 ,

ma f non e integrabile, altrimenti lo sarebbe il suo valore assoluto, mentre

∫ 1

0

|f(x)|dx =∑

n

Xn

|f(x)|dx =∑

n

1 = +∞ .

Per le nozioni fondamentali concernenti la sommabilita rinviamo, per esempio, a Negro [ ],Appendice A.4. Riportiamo di seguito soltanto un breve riassunto dei risultati essenziali, senzadimostrazioni.

* * *

Definizione. Una famiglia {aκ}κ∈K , dove K e un insieme arbitrario, di numeri complessisi dice sommabile se e solo se, indicando con F l’insieme dei sottoinsiemi finiti di K, posto

sF =∑

κ∈F

aκ per F ∈ F ,

esiste un numero complesso s tale che

∀ε > 0 ∃F0 ∈ F ∀F ∈ F F0 ⊆ F ⇒ |s− sF | < ε .

In tal caso s si dice la somma della famiglia e si scrive

s =∑

κ∈K

aκ .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 25

Proposizione. Nel caso di numeri reali non negativi (aκ ≥ 0) si puo equivalentementedefinire s come estremo superiore delle somme finite:

s = supF∈F

sF .

Proposizione. La famiglia {aκ}κ∈K e sommabile se e solo se e sommabile la famiglia{|aκ|}κ∈K .

Proposizione. Sia {Kγ}γ∈Γ una partizione arbitraria di K, allora

κ∈K

aκ =∑

γ∈Γ

(∑

κ∈Kγ

aκ) .

In particolare, seK = Λ×M , si ha, sotto la condizione di sommabilita della famiglia {a(λ µ)}(λ µ)∈Λ×M

la formula di commutazione dei segni di somma:

(λ,µ)∈Λ×M

a(λ,µ) =∑

λ∈Λ

(∑

µ∈M

a(λ,µ)) =∑

µ∈M

(∑

λ∈Λ

a(λ,µ)) .

Nella dimostrazione della σ-additivita dell’integrale serve soltanto la seguente

Proposizione. Se

supM,N

M∑

j=1

N∑

k=1

|ajk| < +∞ ,

allora+∞∑

j=1

+∞∑

k=1

ajk =+∞∑

k=1

+∞∑

j=1

ajk ,

tutte le serie essendo assolutamente convergenti.

& & &

Per le applicazioni future e per il suo intrinseco interesse segnaliamo la seguente disuguaglian-za, che fornisce una stima, non necessariamente accurata, della misura degli insiemi dove unafunzione sommabile assume valori maggiori di un livello prefissato.

Disuguaglianza di Markov. (Talvolta detta di Chebychev) Sia f ≥ 0 q.o. in A e sia c > 0un numero reale positivo arbitrario:

µ({x ∈ A | f(x) ≥ c}) ≤1

c

A

fdµ .

Dimostrazione. Poniamo B = {x ∈ A | f(x) ≥ c} :

A

fdµ =

B

fdµ+

A−B

fdµ ≥ c · µ(B) .

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26 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

q.e.d.

Da questa disuguaglianza si deduce un risultato semplice ma importante.

Proposizione.

∀A ∈ A

A

fdµ = 0 ⇒ f = 0 q.o.

Dimostrazione. Si ha anche

∀A ∈ A

A

|f |dµ =

A∩{f>0}

fdµ−

A∩{f≤0}

fdµ = 0 .

Basta allora osservare che, se An = {|f | ≥ 1/n},

{|f | > 0} = ∪nAn e µ(An) ≤ n

X

|f |dµ = 0 ,

vista la disuguaglianza di Markov. q.e.d.

Teorema (assoluta continuita dell’integrale). Sia f integrabile su A:

∀ε ∃δ > 0 ∀B ∈ A B ⊆ A e µ(B) < δ ⇒ |

B

fdµ| < ε .

E conseguenza del teorema successivo, in quanto

F (B) =

B

|f |dµ per B ⊆ A e B ∈ A

e una misura (sigma-additiva e finita) in A .

Definizione. Sia F : A → R una funzione (d’insieme). Si dice che F e σ-additiva o unamisura (con segno) se:

A = ∪n∈NAn , An ∈ A , Ai ∩Aj (i 6= j) ⇒ F (A) =∑

n

F (An) ,

essendo la serie assolutamente convergente. Lo spazio (X,A, F ), dove A e la sigma-algebra disottoinsiemi di X sulla quale F e definita, si dice spazio di misura con segno.Si osservi che F non prende necessariamente valori non negativi e la convergenza assoluta epretesa al solito perche la somma non dipenda dall’ordine con il quale si considerano gli elemen-ti An della partizione.Si dimostra che esiste una costante C tale che |F (A)| ≤ C per ogni A ∈ A, cioe F e limitata.

Definizione. Sia µ una misura positiva. La misura (con segno) F e µ-assolutamentecontinua se e solo se

∀A ∈ A µ(A) = 0 ⇒ F (A) = 0 .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 27

Vedremo nel capitolo successivo che, se F e µ−assolutamente continua, allora esiste f , univoca-mente definita q.o., tale che F (A) =

A fdµ (teorema di Radon-Nikodym).

Teorema. Sia F una funzione d’insieme σ-additiva, finita e µ-assolutamente continua, allora

∀ε ∃δ > 0 ∀A ∈ A µ(A) < δ ⇒ |F (A)| < ε .

Ci limitiamo al caso di una misura positiva: F ≥ 0 .Dimostrazione. Per assurdo esistano ε > 0 e An tali che

∀n µ(An) < 1/2n e F (An) ≥ ε .

Poniamo

A = lim supn

An = ∩n ∪p≥n Ap = {x ∈ X | x ∈ An per infiniti indici n } .

Allora∀n µ(A) ≤

p≥n

µ(Ap) ≤∑

p≥n

1/2p = 1/2n−1 .

Dunque µ(A) = 0, ma per la continuita delle misure e la finitezza di F , risulta

F (A) = limnF (∪p≥nAp) ≥ ε ,

che contaddice l’ipotesi di µ-assoluta continuita. q.e.d.

2.5 Passaggio al limite sotto segno di integrale

I teoremi di questo paragrafo sono validi anche nel caso di misure non finite.

Teorema (di Lebesgue o della convergenza dominata). Sia A ∈ A e siano f, fn : A→R funzioni misurabili. Sia ϕ una funzione sommabile su A. Allora

fn → f q.o. in A e |fn(x)| ≤ ϕ(x) q.o. in A⇒

A

fndµ →

A

fdµ .

Dimostrazione. Dato ε > 0,1) per l’assoluta continuita dell’integrale esiste δ > 0 tale che

µ(B) < δ ⇒

B

ϕdµ < ε/4 ;

2) per il teorema di Egorov possiamo scegliere B tale che

µ(B) < δ e su C = A−B fn → f uniformemente ,

quindi esiste N tale che

∀x ∈ C ∀n ≥ N |fn(x) − f(x)| ≤ ε/2µ(C) ;

Universita di Torino, a.a. 2000-2001

28 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

3) si trova allora, per n ≥ N ,

|

A

fdµ−

A

fndµ| ≤

C

|fn − f |dµ+

B

|fn|dµ+

B

|f |dµ < ε/2 + ε/4 + ε/4 = ε .

q.e.d.

Teorema (di Beppo Levi o sulla convergenza monotona): Sia fn una successione difunzioni integrabili su A (A ∈ A) tali che

f1 ≤ f2 ≤ ... ≤ fn... q.o. in A e

n

fndµ ≤ C ,

dove C e una costante (indipendente da n). Allora per q.o. x in A esiste finito il limite

f(x) = limnfn(x) < +∞ ,

la funzione f e integrabile su A e

A

fdµ = limn

A

fndµ .

Dimostrazione. Non e restrittivo supporre f1 ≥ 0 , altrimenti basterebbe studiare la successionefn − f1. Per la monotonia, q.o in A fn converge ad un limite finito o diverge a +∞ .1) Indicando con D l’insieme dove fn diverge, dimostriamo che D ha misura nulla.

D = {x ∈ A | fn(x) → +∞} = ∩k ∪n Dk,n ,

doveDk,n = {x ∈ A | fn(x) > k} .

Per la positivita di fn e la disuguaglianza di Chebychev µ(Dk,n) ≤ C/k . Ma

Dk,1 ⊆ Dk,2 ⊆ ... ⊆ Dk,n... e

∀k D ⊆ ∪nDk,n ,

quindiµ(D) ≤ µ(∪nDk,n) = lim

nµ(Dk,n) ≤ C/k ,

cioe µ(D) = 0.2) Per il passaggio al limite sotto segno di integrale possiamo ricondurci al teorema dellaconvergenza dominata, introducendo una funzione maggiorante ϕ nel modo seguente. Siano

Ak = {x ∈ A | k − 1 ≤ f(x) < k} e ϕ(x) = k per x ∈ Ak .

Ovviamente, essendo f l’estremo superiore delle fn , |fn(x)| ≤ ϕ(x) q.o. in A . Basta alloraverificare che ϕ e sommabile. Se

Bp = ∪pk=1Ak , su Bp |fn(x)| ≤ p .

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A.Negro, Teoria della misura 29

La costante p e sommabile su Bp (stiamo supponendo che la misura sia finita) e quindi su Bp

il teorema della convergenza dominata e applicabile. Inoltre per definizione ϕ(x) ≤ f(x) + 1 ,dunque

p∑

k=1

kµ(Ak) =

Bp

ϕdµ ≤

Bp

fdµ+ µ(Bp) ≤

≤ limn

Bp

fndµ+ µ(A) ≤ C + µ(A) .

Ma allora la serie+∞∑

k=1

kµ(Ak) =

A

ϕdµ

converge (assolutamente) e ϕ e sommabile. q.e.d.

Teorema di Fatou. Siano g, fn funzioni integrabili su A, tali che

g ≤ fn q.o. in A e lim infn→+∞

A

fndµ = C < +∞ .

Allora f = lim infn fn e integrabile su A e

A

fdµ ≤ lim infn

A

fndµ = C .

Dimostrazione. Poniamogn = inf

p≥nfp .

Le funzioni gn sono misurabili e integrabili su A, perche maggiorabili e minorabili mediantefunzioni integrabili:

∀p ≥ n g ≤ gn ≤ fp .

Peraltro,f = lim inf

nfn = sup

ninfp≥n

fp = supngn .

L’ipotesi del teorema sugli integrali delle fn si puo scrivere

supn

infp≥n

A

fpdµ = C < +∞ ,

quindi

∀n infp≥n

A

fpdµ ≤ C .

Ma, essendo

∀p ≥ n

A

gndµ ≤

A

fpdµ ,

risulta

∀n

A

gndµ ≤ C .

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30 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

Basta ora osservare che gn converge q.o. non decrescendo ad f e, applicando il teorema di BeppoLevi, si ottiene che f e integrabile su A e

A

fdµ = limn

A

gndµ ≤ C .

q.e.d.

Una conseguenza quasi immediata del teorema di Fatou, frequentemente utilizzata nelle ap-plicazioni per portare al limite maggiorazionni di integrali, e presentata nel sguente

Corollario. Siano fn funzioni integrabili su A tali che

∀n fn ≥ 0 e fn → f q.o. in A ,

allora

∀n

A

fndµ ≤ C ⇒

A

fdµ ≤ C .

Dimostrazione. Basta porre g = 0 e osservare che

f = limnfn = lim inf

nfn e che lim inf

n

A

fndµ ≤ C ,

ricorrendo quindi al teorema di Fatou.

2.6 Lo spazio delle funzioni integrabili

Sia (X,A, µ) uno spazio di misura. Dunque A e una σ-algebra e µ una misura (σ-additiva),che assumeremo completa. Continuiamo a supporre, soltanto per semplicita delle dimostrazioni,µ(X) < +∞ .Consideriamo l’insieme delle funzioni (a valori reali) integrabili su X e poniamo

L1 = L1(X,A, µ) = {f ∈ M(X,A, µ) |

X

|f |dµ < +∞} .

E immediato verificare che L1 e uno spazio vettoriale su R e che∫

X |f |dµ e una seminorma su L1.

Per operare in uno spazio normato, introduciamo la relazione di equivalenza

f ∼ g ⇔ f(x) = g(x) q.o.

e definiamo lo spazio quoziente

L1 = L1(X,A, µ) = L1/ ∼ .

Si controlla senza difficolta che ‖f‖1 =∫

X |f∗|dµ , dove f∗ e un qualunque rappresentante di f(f∗ ∈ f), e una norma nello spazio vettoriale L1.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 31

Nel seguito, ove non vi siano pericoli di equivoco, tenderemo ad adottare il comune abuso dilinguaggio che confonde rappresentanti e classi di equivalenza. Per esempio diremo “sia f unafunzione di L1” , intendendo che vogliamo considerare una classe di equivalenza ed f indica siala classe che un suo rappresentante, modificabile arbitrariamente su un insieme di misura nulla.

Teorema. (Completezza di L1). L1 munito della norma ‖f‖1 =∫

X |f |dµ e uno spaziodi Banach.Dimostrazione. Sia fn una successione di Cauchy in L1:

∀ε > 0 ∃n0 ∀m,n ≥ n0 ‖fm − fn‖1 ≤ ε .

Possiamo estrarre una sottosuccessione fnktale che

‖fnk− fnk+1

‖1 <1

2k.

Infatti

∀k ∃nk > nk−1 ∀n ≥ nk ‖fn − fnk‖1 <

1

2k.

Consideriamo la serieF (x) = |fn1(x)| + |fn2(x) − fn1(x)| + ... .

Le sue ridotte Fk(x) non decrescono e i loro integrali sono limitati:∫

X Fkdµ ≤ C = ||fn1 ||1 + 1.Applicando il teorema di Beppo Levi, si ottiene che F (x) < +∞ q.o. e che F e integrabile.Allora

fn1(x) + fn2(x) − fn1(x) + ...+ fnk(x) − fnk−1

(x) = fnk(x)

converge q.o. ad un limite finito f(x). Ma |fnk| ≤ F e dunque, applicando il teorema di Lebesgue

sulla convergenza dominata, si ottiene in particolare che f ∈ L1.Vediamo ora che f e limite in L1 di fnk

:

fnk− f → 0 q.o. e |fnk

− f | ≤ 2F ,

dunque, sempre per il teorema di Lebesgue,

‖fnk− f‖1 =

X

|fnk− f |dµ→

X

0 dµ = 0 .

Essendo fn di Cauchy, la convergenza di una sottosuccessione implica la convergenza di tuttala successione: ‖fn − f‖1 → 0. q.e.d.

Corollario. Ogni successione fn convergente in L1 ammette una sottosuccessione cover-gente q.o.Dimostrazione. Ogni successione convergente e di Cauchy. q.e.d.

Osservazione. Se fn → f in L1 non necessariamente fn → f q.o. Basta fornire uncontroesempio: sia X = [0, 1[ con la misura di Lebesgue usuale; sia

χn,k = χ[(k−1)/n,k/n[ n = 1, 2, ... , k = 1, 2, ..., n .

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32 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

Ordiniamo queste funzioni caratteristiche formando la successione fp = χn,k , p = 1+2+ ...(n−1) + k . Per ogni x ∈ [0, 1[ vi sono infiniti indici p per i quali fp(x) = 1 e infiniti per i qualifp(x) = 0: quindi la successione fp non converge in nessun punto. Ma ovviamente

X

fpdx = 1/n→ 0 per n→ +∞

e dunque fp converge a 0 in norma L1.

Se fn converge ad f in L1 e fnke una sottosuccessione convergente ad f q.o., fnk

converge adf in misura (la convergenza q.o. implica quella in misura). Questo risultato puo essere rafforzato.

Teorema. Se fn converge ad f in L1, allora fn (l’intera successione) converge in misura adf .Dimostrazione. Basta applicare la disuguaglianza di Markov:

µ({|fn − f | ≥ c}) ≤1

c

X

|fn − f |dµ→ 0

per n→ +∞.

Teorema. Le combinazioni lineari (finite) delle funzioni caratteristiche degli insiemi misura-bili sono dense in L1. Questa proprieta si esprime dicendo che {χA}A∈A e una famiglia totalein L1.Dimostrazione.1) Le funzioni semplici integrabili sono dense in L1. Infatti se f ∈ L1 esiste una successione difunzioni semplici integrabili fn uniformemente convergente ad f . Ma allora, se |f − fn| < ε pern ≥ ν, si ha

‖f − fn‖1 =

X

|f − fn|dµ < εµ(X)

e quindi fn converge ad f in L1.2) Sia g una funzione semplice integrabile:

g =

+∞∑

k=1

ykχAke

+∞∑

k=1

|yk|µ(Ak) < +∞ ,

dove le yk sono i valori distinti di g e Ak gli insiemi misurabili (disgiunti) sui quali g vale yk.Allora, posto

gN =

N∑

k=1

ykχAk,

si ha

‖g − gN‖1 =

+∞∑

K=N+1

|yk|µ(Ak) → 0

per N → +∞ . Dunque le combinazioni lineari finite di funzioni caratteristiche di insiemi mis-urabili sono dense nell’insieme delle funzioni semplici integrabili, e, per il punto uno, sono dense

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 33

in L1. q.e.d.

Tenendo conto della completezza di L1 , il risultato ora ottenuto permette di stabilire ilseguente criterio di integrabilita.

Teorema. Una funzione f e integrabile se e solo se essa e limite q.o. di una successione fn

di funzioni semplici che assumono solo un numero finito di valori distinti e che costituiscono unasuccessione di Cauchy il L1:

f ∈ L1 ⇔ f = limnfn q.o. , fn =

Nn∑

k=1

ynkχAn

ke

X

|fm − fn|dµ < ε

per ogni ε > 0, purche m ed n siano sufficientmente grandi.Inoltre

X

fdµ = limn

X

fndµ .

Dimostrazione. Se le fn formano una successione di Cauchy in L1, per la completezza di L1 esseconvergono in L1 ad una funzione integrabile f∗ ed una loro sottosuccessione converge q.o. af∗. Dunque f = f∗ q.o. e

|

X

fdµ−

X

fndµ| ≤

X

|f − fn|dµ→ 0 .

Viceversa, per il precedente teorema di densita, ogni funzione integrabile puo essere approssimatacome indicato nell’enunciato di questo teorema. q.e.d.

2.7 L’integrale in spazi di misura σ-finita

Nel caso di misure non finite (µ(X) = +∞) una definizione diretta dell’integrale medianteapprossimazione con funzioni semplici richiederebbe qualche variante. In tal caso infatti laconvergenza uniforme di una successione di funzioni semplici non implica necessariamente laconvergenza dei loro integrali. Ad esempio, con X = R e l’ordinaria misura di Lebesgue dx, siha

fn(x)def=

(−1)n

nχ]−n,n[(x) → 0 uniformemente, ma

X

fndx = 2(−1)n ,

e la successione degli integrali e oscillante.

Avendo gia trattato il caso delle misure finite, volendo conservare la proprieta che una fun-zione e integrabile se e solo se il suo valore assoluto e integrabile, volendo inoltre conservare laσ-additivita dell’integrale, conviene adottare la definizione seguente.

Definizione. Sia µ σ-finita e sia {Xn}n una partizione di X con insiemi disgiunti di misurafinita:

X = ∪nXn , i 6= j ⇒ Xi ∩Xj = ∅ , µ(Xn) ≤ +∞ .

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34 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

Una funzione f : X → R si dice integrabile se e solo se la sua restrizione a ciascun Xn eintegrabile su Xn, dunque il suo valore assoluto e integrabile su Xn, e la serie degli integrali delvalore assoluto converge:

n

Xn

|f |dµ < +∞ .

(Con un abuso di linguaggio, di uso comune, negli integrali precedenti abbiamo scritto f in luogodi f |Xn

.)Si pone allora

X

fdµ =∑

n

Xn

fdµ ,

serie convergente, la cui somma non dipende dall’ordine dei termini.

Osservazione 1. La definizione dell’integrale non dipende dalla partizione considerata. Se infattiYn e un’altra partizione con µ(Yn) < +∞, consideriamo la partizione piu fine Xj ∩ Yk, il cuielemento generico verra indicato con Zn. Per la σ-additivita dell’integrale, che abbiamo studiatonel caso di insiemi di misura finita, e per le proprieta di decomposizione delle somme infinite, sivede facilmente che se una delle famiglie

{

Xn

|f |dµ}n , {

Yp

|f |dµ}p , {

Zq

|f |dµ}q

e sommabile, anche le altre lo sono e

n

Xn

|f |dµ =∑

p

Yp

|f |dµ =∑

q

Zq

|f |dµ .

Osservazione 2. La presenza dei valori assoluti e indispensabile. Ad esempio in R, munito dellamisura di Lebesgue dx, per la funzione

f(x) =∑

n∈Z

(−1)nχ[n,n+1[(x) ,

il cui valore assolto e la costante 1, se

Xj = [2j, 2j + 2[ , Yk = [2k + 1, 2k + 3[ , Zp = [p, p+ 1[ ,

si ha

j

|

Xj

f(x)dx| =∑

k

|

Yk

f(x)dx| =∑

k

0 = 0 ,∑

p

|

Zp

f(x)dx| =∑

p

1 = +∞ .

Osservazione 3. In luogo di partizioni si possono considerare successioni esaustive:

X1 ⊂ X2 ⊂ ... ⊂ Xn... , X = ∪nXn , µ(Xn) < +∞ ,

chiedendo che supn

Xn|f |dµ < +∞ e ponendo allora

X

fdµ = limn

Xn

fdµ .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 35

Ci si riconduce alla definizione precedente considerando la partizione Xn+1 −Xn (X0 = ∅).

Per l’integrale rispetto a misure µ σ-finite valgono la σ-additivita, l’assoluta continuita,il teorema di Radon-Nikodym per misure con segno F finite, i teoremi di Lebesgue, B.Levi eFatou, la completezza di L1, le relazioni stabilite tra la convergenza in L1 e quelle in misura eq.o. e la densita delle combinazioni lineari finite delle funzioni caratteristiche degli insiemi dimisura finita.

Per controllare questa affermazione, basta, fissata una partizione (numerabile) diX in insiemidi misura finita Xn, operare separatamente su ciascun Xn e mettere insieme i risultati parziali,tenendo conto che unioni numerabili di insiemi di misura nulla hanno misura nulla, che, datoε > 0, per ν sufficientemente grande

|n|>ν

Xn

|f |dµ < ε

e che la teoria della sommabilita consente decomposizioni arbitrarie delle somme.

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36 Capitolo 2. Integrale di Lebesgue astratto

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Capitolo 3

Misure con segno

Ricordiamo la

Definizione. Sia A una σ−algebra in X ed F una funzione d’insieme F : A → R. Si diceche F e σ-additiva o che e una misura con segno se:

A = ∪n∈NAn , An ∈ A , Ai ∩Aj (i 6= j) ⇒ F (A) =∑

n

F (An) ,

essendo la serie assolutamente convergente. Lo spazio (X,A, F ), dove A e la sigma-algebra disottoinsiemi di X sulla quale F e definita, si dice spazio di misura con segno.

Abbiamo gia osservato che F non prende necessariamente valori non negativi e la convergenzaassoluta e pretesa, al solito, perche la somma non dipenda dall’ordine con il quale si consideranogli elementi An della partizione.

Proposizione. Esiste una costante C tale che |F (A)| ≤ C per ogni A ∈ A, cioe F e limitata.Dimostrazione. E una conseguenza immediata della decomposizione di Hahn, che verra consid-erata nella sezione seguente.

Ricordiamo ancora la

Definizione. Sia µ una misura positiva. La misura (con segno) F e µ-assolutamentecontinua se e solo se

∀A ∈ A µ(A) = 0 ⇒ F (A) = 0 .

Ricordiamo infine che per le misure assolutamente continue vale il

Teorema. Sia F una funzione d’insieme σ-additiva, finita e µ-assolutamente continua, allora

∀ε ∃δ > 0 ∀A ∈ A µ(A) < δ ⇒ |F (A)| < ε .

37

38 Capitolo 3. Misure con segno

3.1 Decomposizione di Jordan e di Hahn

Per le misure a valori reali (o misure con segno) valgono i seguenti risultati di decom-posizione.

Teorema.

1) Decomposizione di Jordan.Posto, per A ∈ A:

F+(A) = supS⊆A

F (S) , F−(A) = − infS⊆A

F (S) , |F | = F+ + F−,

F+, F−, |F | sono misure positive (su A) dette variazione positiva, negativa e totale di F erisulta

F = F+ − F− .

Inoltre se G ed H sono misure positive tali che F = G−H , allora F+ ≤ G e F− ≤ H .

2) Decomposizione di Hahn. Detto insieme di negativita un insieme A ∈ A per il qualeF+(A) = 0, cioe tale che ogni suo sottoinsieme misurabile abbia misura non positiva, e insiemedi positivita un insieme A ∈ A per il quale F−(A) = 0, cioe tale che ogni suo sottinsiememisurabile abbia misura non negativa, esistono due insiemi disgiunti X+ e X−, rispettivamentedi positivita e di negativita, massimali e unici, a meno di insiemi di misura |F | nulla, tali che

X = X+ ∪X− e F+(A) = F (X+ ∩A), F−(A) = −F (X− ∩A), .

Premettiamo alla dimostrazione la seguente

Osservazione. n sottoinsiemi arbitrari An di X generano una partizione di X in 2n celle Cj ,alcune eventualmente vuote, ognuna delle quali e della forma A∗

1 ∩ A∗2... ∩ A

∗n, dove per ogni k

A∗k = Ak oppure A∗

k = Ack.

(Le Cj sono disgiunte e, per ogni x ∈ X , si ha (x ∈ A1 ∨ x ∈ Ac1) ∧ (x ∈ A2 ∨ x ∈ Ac

2)...)

Dimostrazione del teorema. Per ogni S ⊆ A si ha F (A) = F (S) + F (Sc) e quindi

F+(A) = supSF (S) = F (A) − inf

SF (Sc) = F (A) − inf

SF (S) = F (A) − F−(A) .

Se F = G−H , con G e H misure positive,

F+(A) = supS⊆A

F (A) = supS⊆A

(G(S) −H(S)) ≤ supS⊆A

G(S) = G(A)

e analogamente F−(A) ≤ H(A). Quando avremo stabilito che F+ e F− sono misure avremodimostrato la decomposizione di Jordan. E utile stabilire prima la decomposizione di Hahn.Sia Aj una successione massimizzante, tale che

limjF (Aj) = F+(X) = sup

S⊆XF (S) .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 39

Per ogni n, siano Cjn le celle della partizione generata da A1, ...An e Xn l’unione di quelle di

misura non negativa:

Xn = ∪j∈PCjn dove P = { j | F (Cj

n) ≥ 0} .

Ovviamente F (An) ≤ F (Xn), perche tutte le celle positive di An sono in Xn. Al crescere di n sihanno partizioni sempre piu fini (ogni Cj

n e unione di celle Ckn+1) e dunque Un = Xn ∪Xn+1...

e un successione noncrescente (anche se in generale non si ha Xn ⊆ Xn+p, perche le celle Ckn+p

nelle quali si scompone una cella Cjn di misura ≥ 0 potrebbero non essere tutte di misura ≥ 0).

Poniamo alloraX+ = lim sup

nUn = ∩n ∪p≥n Xp

e controlliamo che X+ e un insieme di positivita massimale. Per ogni n si ha

F (An) ≤ F (Xn) ≤ F (∪p≥nXp) ≤ F+(X) ,

dunque, per la monotonia delle Un e per la continuita di F

+∞ > F (X+) = limnF (Un) = lim

nF (An) = F+(X) ,

cioe X+ e massimale e la variazione positiva finita. Poniamo ora X− = X −X+ e controlliamoche X+, X− formano una decomposizione di Hahn. Infatti

F (X+) ≤ F+(X+) ≤ F+(X) = F (X+)

e dunque F (X+) = F+(X+) = F+(X). Ne segue, essendo F (X+) = F+(X+) − F−(X+), cheF−(X+) = 0, e, essendo F+(X−) + F+(X+) ≥ F+(X), che F+(X−) = 0; cioe X+ e X− sonoeffettivamente insiemi di positivita e negativita.A questo punto e immediato riconoscere che

F+(A) = F (A ∩X+) , F−(A) = −F (A ∩X−) ,

perche F (A) = F (A ∩X+) + F (A∩X−) e per S ⊆ A si ha F (S) ≤ F (S ∩X+) ≤ F (A∩X+) eF (S) ≥ F (S ∩X−) ≥ F (A ∩X−). Pertanto F+ e F− sono misure.Infine, se (Y +, Y −) e un’altra decomposizione di Hahn:

0 ≤ F+(Y + ∩X−) ≤ 0 , 0 ≤ F−(Y + ∩X−) ≤ 0 ,

perche nel primo caso X− e di negativita e nel secondo caso Y + e di positivita. Dunque

F±(Y ± ∩X∓) = 0 , |F |(Y ±∆X±) = 0 .

q.e.d.

Osservazione. Come preannunciato, la decomposizione di Hahn permette di controllare che,se una misura F ha sempre valori finiti, allora essa e limitata. Infatti, per ogni insieme misurabileA si ha

|F (A)| ≤ |F |(A) = F+(A) + F−(A) ≤ F (X+) + |F (X−)| .

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40 Capitolo 3. Misure con segno

3.2 Il Teorema di Radon-Nikodym

Abbiamo gia enunciato, nel capitolo precedente, il seguente risultato fondamentale, reciprocodella assoluta continuita dell’integrale, del quale forniremo ora una dimostrazione.

Teorema (di Radon-Nikodym). Sia F una funzione d’insieme σ-additiva, finita e µ-assolutamente continua. Allora esiste f : X → R misurabile tale che

∀A ∈ A F (A) =

A

fdµ .

f e univocamente individuata, a meno di modifiche arbitrarie su un insieme di misura nulla, esi dice derivata di Radon-Nikodym di F .

Questo teorema, fermo restando il fatto che F sia finita, vale anche se µ e σ-finita.

Dimostrazione del teorema di Radon-Nikodym. Per la decomposizione di Jordan di F ,non e restrittivo supporre che F sia una misura positiva finita. Infatti, se µ(S) = 0 ⇒ F (S) = 0,essendo F+(A) = supS⊆A F (S), si ha µ(A) = 0 ⇒ F+(A) = 0. In modo analogo si vede che F−

e assolutamente continua.Indicando, come sempre, con M la classe delle funzioni misurabili (che dipende da A e non dallesingole misure definite su A), poniamo

G = { 0 ≤ g ∈ M | ∀A ∈ A

A

gdµ ≤ F (A) } .

G ha le proprieta seguenti:

a) Se g1, g2 ∈ G, E ∈ A e g = g1χE + g2χEc , cioe se g = g1 su E e g = g2 su Ec, allora g ∈ G.Infatti 0 ≤ g ∈ M e per ogni insieme misurabile A si ha

A

gdµ =

A∩E

g1dµ+

A∩Ec

g2dµ ≤ F (A ∩ E) + F (A ∩ Ec) = F (A) .

In particolare g1 ∨ g2 ∈ G: basta prendere E = {g1 > g2}. Piu in generale il massimo tra unnumero finito di funzioni in G e ancora in G.

b) Se F non e identicamente nulla, esiste una funzione h ∈ G non q.o. nulla rispetto a µ. Infatti,posto Fn = F − µ/n, sia Xn l’insieme di positivita di una decomposizione di Hahn relativa aFn: Fn(Xn) = F+

n (X). Dunque

0 ≤ F (Xcn) ≤

µ(X)

n→ 0

La successione Xn e oviamente nondecrescente e la successione Xcn noncrescente e quindi

F (∩nXcn) = lim

nF (Xc

n) = 0 e F (∪nXn) = F (X) > 0 .

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A.Negro, Teoria della misura 41

Allora esiste N tale che µ(XN ) > 0, altrimenti, per l’assoluta continuita di F , si avrebbeF (Xn) = 0 per ogni n. Basta ora prendere h(x) = χXN

(x)/N , perche per ogni A, essendoFN (A ∩XN ) ≥ 0 (XN e di positivita per FN ), risulta

A

hdµ =

A∩XN

N=µ(A ∩XN )

N≤ F (A ∩XN ) ≤ F (A)

e h ∈ G, mentre h non e µ-q.o nulla.

Sia

M = supg∈G

X

gdµ ≤ F (X) , gn ∈ G e limn

X

gndµ = M .

Poniamo fn = g1 ∨ g2 ∨ ...∨ gn. Si ha fn ∈ G e gn ≤ fn ≤ fn+1. Allora, per il teorema di B.Levie la scelta delle gn:

fn → f < +∞ µ− q.o. e

X

fndµ→

X

fdµ = M .

Controlliamo che, per ogni A e g ∈ G, si ha∫

A

gdµ ≤

A

fdµ ≤ F (A)

e dunque f ∈ G. Infatti∫

A

fdµ = limn

A

fndµ ≤ F (A)

e se esistessero A e g ∈ G tali che∫

A

fdµ <

A

gdµ < F (A) ,

posto ψ = gχA + fχAc , si avrebbe ψ ∈ G e∫

X

ψdµ =

A

gdµ+

Ac

fdµ >

A∪Ac

fdµ = M ,

in contraddizione con la definizione di M . Ora finalmente siamo in grado di stabilire che F (A) =∫

A fdµ. Infatti, se cosi non fosse, la misura Φ(A) = F (A) −∫

A fdµ, assolutamente continuarispetto a µ, non sarebbe identicamente nulla ed esisterebbe una funzione h non µ-q.o. nullatale che

∀A ∈ A

A

hdµ ≤ Φ(A) .

Ma allora f + h ∈ G, perche∫

A

(f + h)dµ ≤

A

fdµ+ Φ(A) = F (A)

e si giungerebbe all’assurdo che

M = supg∈G

X

gdµ <

X

(f + h)dµ .

q.e.d.

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42 Capitolo 3. Misure con segno

3.3 Decomposizione di Lebesgue

Una situazione diametralmente opposta all’assoluta continuita di una misura con segno Frispetto ad una misura positiva µ e descritta nella seguente

Definizione. La misura con segno F si dice singolare rispetto alla misura (positiva) µ se esolo se esiste un insieme A tale che µ(A) = 0 e |F |(Ac) = 0, ovvero se F puo essere diversa da0 solo su insiemi di misura µ nulla.Osservazione 1. |F | e singolare rispetto a µ se e solo se µ e singolare rispetto a |F | e si usaindicare tale relazione riflessiva con µ ⊥ |F |.Osservazione 2. Piu in generale si puo definire F ⊥ G per due misure con segno e risulta

F ⊥ G⇔ |F | ⊥ |G| .

Osservazione 3. Se F e simultaneamente singolare e assolutamente continua rispetto a µ alloraF ≡ 0.

Teorema (Decomposizione di Lebesgue). Sia (X,A, µ) uno spazio di misura ed F unamisura con segno definita su A. Allora esistono due misure con segno Fa e Fs, univocamentedeterminate, tali che Fa e assolutamente continua rispetto a µ, Fs e singolare rispeto a µ eF = Fa + Fs.Dimostrazione. Basta considerare il caso in cui F sia una misura positiva. SiaM = sup{ F (A) | µ(A) =0 }. Se M = 0, allora F e µ-assolutamente continua. Se M > 0, sia An una successione diinsiemi tali che

µ(An) = 0 e limnF (An) = M .

Poniamo S = ∪nAn. Ovviamente

µ(S) ≤∑

n

µ(An) = 0 e ∀n F (An) ≤ F (S) .

Per la prima disuguaglianza µ(S) = 0 e dunque F (S) ≤M . Per le altre disuguaglianze F (S) ≥M e dunque F (S) = M . Ponendo

Fa(A) = F (A ∩ Sc) e Fs(A) = F (A ∩ S) ,

si ottiene una decomposizione di Lebesgue. Infatti, Fs e concentrata su un insieme di misuraµ nulla e quindi e singolare; e Fa e assolutamente continua, perche µ(A) = 0 implica µ(S ∪(A ∩ Sc)) = 0 e, se fosse Fa(A) = F (A ∩ Sc) > 0, si avrebbe F (S ∪ (A ∩ Sc)) > F (S) = M , incontraddizione con la definizione di M .Se F = Ga +Gs e una qualunque decomposizione di Lebesgue, allora Fa −Ga = Gs −Fs. Ma laprima differenza e assolutamente continua e la seconda singolare; dunque entrambe le differenzesono nulle, e cio dimostra l’unicita della decomposizione. q.e.d.

Esempi semplici ma significativi saranno presentati studiando le misure di Lebesgue-Stieltjesin R.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

Capitolo 4

Estensione di misure

4.1 Semianelli e algebre generate

Definizione. Una famiglia S di sottoinsiemi di un insieme X si dice semianello se e solo se1) ∅ ∈ S;2) Se A,B ∈ S allora A ∩B ∈ S;3) Se A,B ∈ S e B ⊂ A allora A si puo ottenere come unione disgiunta di un numero finito dielementi di S, uno dei quali e B:

A = ∪nk=1Bk , Bk ∈ S , Bi ∩Bj = ∅ se i 6= j , B1 = B .

Gli elementi di S sono in genere insiemi “semplici” ai quali e “naturale” associare una misura“elemntare” m. La struttura di semianello serve per estendere m a famiglie pi‘u ampie ed in-teressanti di sottoinsiemi di X .

Ad esempio gli intervalli di Rn , cioe gli insiemi della forma (a1, b1)× (a2, b2)× ...× (an, bn), dove (p, q) indica un intervallo di R che puo essere aperto, chiuso o semiaperto, costituisconoun semianello.

Se esiste X ∈ S tale per ogni A ∈ S risulta A ⊆ X si dice che X e l’unita di S .

Ad esempio i sottointervalli di un intervallo fisso I di Rn costituiscono un semianello conunita I.

Sia S un semianello con unita X e R l’insieme delle unioni finite di elementi di S:

B ∈ R ⇔ B = ∪Nk=1Bk , Bk ∈ S .

E facile verificare che R e un’algebra. Si dice che R e l’algebra generata da S.In virtu della proprieta 3) dei semianelli, ogni B ∈ R si puo scrivere come unione disgiunta diun numero finito di elementi di S.

43

44 Capitolo 4. Estensione di misure

Sia m : S → [0,+∞[ (per ragioni di semplicita nel seguito assumeremo che m(X) < +∞ )una misura su S , cioe una funzione additiva.(Ad esempio

m(

n∏

k=1

(bk − ak)) =

n∏

k=1

(bk − ak) .)

Proposizione. Esiste un’unica misura su R che prolunga m, ancora indicata con m, ed edefinita da

m(B) =N

k=1

m(Bk) se B = ∪Nk=1Bk , Bk ∈ S e Bi ∩Bj = ∅ se i 6= j .

La dimostrazione e elementare, bisogna pero verificare che la somma non dipende dalla sceltadella decomposizione di B in insiemi elementari appartenenti ad S:se B e unione digiunta degli insiemi Cl ∈ S, l = 1...M , allora gli insiemi Ak,l = Bk ∩ Cl sonouna partizione di B in insiemi elementari e per l’additivita di m su S :

N∑

k=1

m(Bk) =N

k=1

M∑

l=1

m(Ak,l) =M∑

l=1

m(Cl) .

4.2 Misura esterna

Definizione. Per ogni sottoinsieme A di X (A ∈ P(X)) si pone

µ∗(A) = inf{+∞∑

k=1

m(Bk) | A ⊆ ∪+∞k=1Bk , Bk ∈ S} .

La funzione µ∗ : P(X) → [0,+∞[ si dice misura esterna.La misura esterna e una valutazione di A in termini di “costo minimo” (cioe

k m(Bk)) perricoprire A con una successione “ottimale” di elementi semplici Bk. In generale il minimo nonesiste e non vi e un ricoprimento ottimale. Si considera allora l’estremo inferiore dei “costi”possibili.In generale una misura esterna non e una misura perche non e necessariamente additiva. Tut-tavia vale la

Proposizione. µ∗ e σ-subadditiva:

A ⊆ ∪+∞n=1An ⇒ µ∗(A) ≤

+∞∑

n=1

µ∗(An) .

In particolare µ∗ e monotona: A ⊆ B ⇒ µ∗(A) ≤ µ∗(B) .Dimostrazione. Dato ε > 0, siano Bk

n ∈ S con

An ⊆ ∪kBkn e

k

m(Bkn) ≤ µ∗(An) +

ε

2n.

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A.Negro, Teoria della misura 45

Allora A ⊆ ∪n ∪k Bkn e

µ∗(A) ≤∑

n

k

m(Bkn) ≤

n

µ∗(An) + ε . q.e.d.

Si noti che µ∗(∅) = 0 , essendo ∅ ∈ S .

Osservazione. La funzioned(A,B) = µ∗(A∆B)

e una pseudometrica in P(X). Infatti:

d(A,B) ≥ 0 , d(A,A) = 0 , ma d(A,B) = 0 non implica A = B ;

d(A,B) = d(B,A) ;

d(A,B) ≤ d(A,C) + d(A,B) .

Infatti A∆A = ∅ , ma vi possono essere insiemi non vuoti di misura esterna nulla. InoltreA∆B = B∆A . Infine A∆B ⊆ (A∆C) ∪ (C∆B), perche se (x ∈ A ∧ x /∈ B) ∨ (x /∈ A ∧ x ∈ B)allora o x ∈ C e quindi (x ∈ C ∧ x /∈ B) ∨ (x ∈ C ∧ x /∈ A) , oppure x /∈ C e quindi(x /∈ C ∧ x ∈ A) ∨ (x /∈ C ∧ x ∈ B). Per la subadditivita di µ∗ si ottiene

µ∗(A∆B) ≤ µ∗(A∆C) + µ∗(C∆B) .

Osserviamo ancora che per ogni pseudo metrica d si ha

|d(x, z) − d(z, y)| ≤ d(x, y)

e quindi, essendo E∆∅ = E :

|µ∗(A) − µ∗(B)| ≤ µ∗(A∆B) .

Nel seguito supporremo che m sia σ-additiva su S ,cioe

B,Bk ∈ S , B = ∪+∞k=1Bk , Bi ∩Bj = ∅ se i 6= j

implica

m(B) =

+∞∑

k=1

m(Bk) .

Proposizione. µ∗|R = m. Di conseguenza, essendo m additiva e µ∗ sigma-subadditiva, me σ-additiva su R.

Ricordiamo che in generale additivita finita e σ-subadditivita implicano σ-additivita: se A el’unione disgiunta degli Ak,

∀n m(∪nk=1Ak) =

n∑

k=1

m(Ak) ≤ m(A) ≤+∞∑

k=1

m(Ak) .

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46 Capitolo 4. Estensione di misure

Basta allora passare al limite per n→ +∞ per verificare che l’ultima disuguaglianza e in effettiuna uguaglianza.

Dimostrazione della Proposizione.1) In primo luogo vediamo che µ∗ = m su S, perche risulta

B ⊆ ∪+∞k=1Bk , B,Bk ∈ S ⇒ m(B) ≤

+∞∑

k=1

m(Bk) .

Poniamo infatti Ck = Bk ∩B ∈ S. B e unione in generale non disgiunta dei Ck. Poniamo alloraDk = Ck − ∪k−1

j=1Cj ∈ R. I Dk sono disgiunti e

B = ∪+∞k=1Dk , m(Dk) ≤ m(Ck) ≤ m(Bk) .

Essendo Dk ∈ R, si puo scrivere Dk = ∪nk

i=1Eik, con gli Ei

k ∈ S disgiunti. Allora B e unionedisgiunta degli Ei

k e, per la σ-additivita di m su S, si trova

m(B) =

+∞∑

k=1

nk∑

i=1

m(Eik) =

+∞∑

k=1

m(Dk) ≤+∞∑

k=1

m(Bk) .

2) Sia ora A = ∪nk=1Ak ∈ R, con gli Ak ∈ S disgiunti. Ovviamente

µ∗(A) ≤n

k=1

m(Ak) = m(A) .

Per ogni ricoprimento A ⊆ ∪+∞j=1Bj , Bj ∈ S, se poniamo Cj

k = Ak ∩Bj , risulta

Ak ⊆ ∪+∞j=1C

jk , m(Ak) ≤

+∞∑

j=1

m(Cjk) ,

∪nk=1C

jk ⊆ Bj ,

n∑

k=1

m(Cjk) ≤ m(Bj) .

Pertanto

m(A) =n

k=1

m(Ak) ≤n

k=1

+∞∑

j=1

m(Cjk) =

=

+∞∑

j=1

n∑

k=1

m(Cjk) ≤

+∞∑

j=1

m(Bj) .

Per l’arbitrarieta delle Bj si ha m(A) ≤ µ∗(A). q.e.d.

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A.Negro, Teoria della misura 47

4.3 Insiemi misurabili

Si puo considerare una classe in genere piu ampia di R, ma in genere piu ristretta di P(X),tale che la restrizione di µ∗ ad essa sia una misura.

Definizione. A ∈ P(X) si dice misurabile se e solo se

∀ε > 0 ∃B ∈ R d(A,B) < ε .

Indicheremo con L la famiglia dei sottoinsiemi di X misurabili nel senso ora indicato. Ovvia-mente R ⊆ L . Per A ∈ L si pone

µ(A) = µ∗(A) cioe µ = µ∗|L .

Le Proposizioni 1 e 2 seguenti saranno precisate dalle successive Proposizioni 3 e 4.

Proposizione 1. L e un’algebra.Dimostrazione.1) Ovviamente la definizione implica che R ⊆ L.2) Se A ∈ L e Bε ∈ R, con d(A∆Bε) < ε, essendo

A∆Bε = (A ∩Bcε) ∪ (Ac ∩Bε) = Ac∆Bc

ε

e Bcε ∈ R, si ha Ac ∈ L.

3) Se A1, A2 ∈ L e B1,ε, B2,ε ∈ R, con d(Aj∆Bj,ε) < ε, j = 1, 2, essendo B1,ε ∪B2,ε ∈ R,

(A1 ∪A2)∆(B1,ε ∪B2,ε) ⊆ (A1∆B1,ε) ∪ (A2∆B2,ε)

e dunque, per la monotonia e subadditivita di µ∗:

d((A1 ∪A2), (B1,ε ∪B2,ε)) ≤ d(A1∆B1,ε) + d(A2∆B2,ε) < 2ε ,

si ha A1 ∪A2 ∈ L.4) X ∈ R e quindi X ∈ L. q.e.d.

Proposizione 2. µ e additiva su L .Dimostrazione. Siano A1, A2 ∈ L disgiunti. Basta verificare che

µ(A1) + µ(A2) ≤ µ(A1 ∪A2) ,

prche gia sappiamo (subadditivita di µ∗) che

µ(A1) + µ(A2) ≥ µ(A1 ∪A2) .

Siano B1, B2 ∈ R, tali che d(Aj∆Bj) < ε, j = 1, 2 e poniamo A = A1 ∪ A2, B = B1 ∪ B2.Allora, come nella proposizione precedente d(A,B) < 2ε. Inoltre, essendo A1 ∩ A2 = ∅, cioeAc

1 ∪Ac2 = X , si ha

B1 ∩B2 ⊆ (A1∆B1) ∪ (A2 ∩B2) e m(B1 ∩B2) < 2ε .

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48 Capitolo 4. Estensione di misure

Ricordando che in generale µ∗(P ) − d(P,Q) ≤ µ∗(Q), otteniamo

µ(A) ≥ µ(B) − 2ε ≥ m(B1) +m(B2) −m(B1 ∩B2) − 2ε ≥

≥ µ(A1) − ε+ µ(A2) − ε− 2ε− 2ε .

E, per l’arbitrarieta di ε, la disuguaglianza iniziale e con essa la proposizione e dimostrata.

Proposizione 3. L e una σ-algebra.Dimostrazione. Dati Ak ∈ L, sia A = ∪+∞

k=1Ak. Definendo

A′k = Ak − ∪k−1

j=1Aj ∈ L ,

si ha A = ∪+∞k=1A

′k, con unione disgiunta, e quindi, per la monotonia di µ∗ e la finita additivita

di µ, per ogni nn

k=1

µ(A′k) = µ(∪n

k=1A′k) ≤ µ∗(A) .

Allora∑+∞

k=1 µ(A′k) ≤ µ∗(A) e, dato ε > 0, esiste N tale che

k>N µ(A′k) < ε. Inoltre CN =

∪Nk=1A

′k ∈ L e dunque esiste Bε ∈ R tale che

µ∗(CN∆Bε) = d(CN , Bε) < ε .

Ma, se DN = ∪k>NA′k:

A∆Bε = (CN ∪DN )∆Bε ⊆ (CN∆Bε) ∪DN

e, per la subadditivita di µ∗,

d(A,Bε) = µ∗(A∆Bε) ≤ ε+∑

k>N

µ(A′k) < 2ε .

Cioe A ∈ L. q.e.d.

Proposizione 4. µ e σ-additiva su L .Dimostrazione. µ e finitamente additiva e σ-subadditiva su L e gia sappiamo che queste dueproprieta implicano la σ-additivta di µ. q.e.d.

Proposizione 5. µ e completa su L .Dimostrazione. Si osservi che se µ∗(A) = 0 allora A ∈ L:

∅ ∈ R e ∀ε > 0 µ∗(A∆∅) < ε .

Dunque se µ(A) = 0 e B ⊆ A, si ha µ∗(B) = 0 e pertanto B ∈ L. q.e.d.

Possiamo allora riassumere i risultati precedenti nel

Teorema. Sia S un semianello con unita X e m una funzione non negativa, finita e σ-additiva su S, allora (X,L, µ) e uno spazio di misura completo (ovvero L e una sigma-algebra

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A.Negro, Teoria della misura 49

in X e µ e una misura (finita) sigma-additiva e completa su L ).

Osservazione. L’estensione σ−additiva µ della misura elementare m e unica, nel senso chese λ e una qualunque estensione σ−additiva di m e A ∈ L appartiene al dominio di definizionedi λ allora λ(A) = µ(A). Infatti, sull’algebra R generata da S λ, µ e m coincidono, ma per ogniε > 0 esiste B ∈ R tale che µ(A∆B) < ε e dunque

|µ(A) − µ(B)| = |µ(A) −m(B)| = |µ(A) − λ(B)| < ε .

Osservazione. Le affermazioni precedenti valgono anche per misure σ-finite. In particolare,se si parte da una misura (σ-additiva) m σ-finita su un’algebra A, poiche L contiene σ(A) (laσ-algebra generata da A), si verifica che m ha un’unica estensione ad una misura µ σ-finita suσ(A), risultato noto come teorema di Hahn-Kolmogorov.

4.4 Il criterio di Caratheodory

La famiglia degli insiemi misurabili, nel senso della definizione introdotta nella sezione prece-dente, puo essere anche caratterizzata dal seguente

Criterio di Caratheodory. A ⊆ X e misurabile se e solo se per ogni S ⊆ X si ha

µ∗(S) = µ∗(S ∩A) + µ∗(S ∩Ac) .

Dimostrazione.1) Supponiamo che A sia misurabile. Sia P un insieme misurabile (ad esempio una unionedisgiunta e numerabile di elementi del semianello iniziale) tale che S ⊆ P e µ∗(S) ≤ µ(P ) ≤µ∗(S) + ε, allora

µ∗(S) + ε ≥ µ(P ) = µ(P ∩A) + µ(P ∩Ac) ≥ µ∗(S ∩A) + µ∗(S ∩Ac) .

Per l’arbitrarieta di ε si ha

µ∗(S) ≥ µ∗(S ∩A) + µ∗(S ∩Ac) .

Essendo µ∗ subadditiva, si ottiene l’uguaglianza desiderata

µ∗(S) = µ∗(S ∩A) + µ∗(S ∩Ac) .

2) Supponiamo ora che A soddisfi il criterio di Caratheodory e controlliamo che A e misurabile.Sia P una unione disgiunta e numerabile di elementi del semianello iniziale, P = ∪kIk, tale cheA ⊆ P e

µ∗(A) ≤ µ(P ) =∑

k

µ(Ik) ≤ µ∗(A) + ε .

Siano poi n e B tali che P ⊇ B = ∪nk=1Ik e µ(P ) − ε ≤ µ(B). Allora abbiamo

A ⊆ B ∪ (P −B) , A∆B = (A−B) ∪ (B −A) ⊆ (P −B) ∪ (P −A) ;

µ(P −B) ≤ ε e

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50 Capitolo 4. Estensione di misure

µ(P ) = µ∗(P ∩A) + µ∗(P ∩Ac) = µ∗(A) + µ∗(P −A) ≤ µ∗(A) + ε ,

dunque µ∗(P −A) ≤ ε. Finalmente

µ∗(A∆B) ≤ µ∗(P −B) + µ∗(P −A) ≤ 2ε ,

per ogni ε > 0; quindi A e misurabile. q.e.d.

* * *

Viceversa, data una misura esterna, si puo usare il criterio di Caratheodory per definire gliinsiemi misurabili. Riassumiamo i principali risultati, rinviando per una trattazione piu det-tagliata e per le relative dimostrazioni a Federer[5] e Hewitt-Stromberg[7].

Definizione. Una funzione M : P(X) → [0,+∞] si dice misura esterna su X se e solose soddisfa alle condizioni seguenti:1) M(∅) = 0, e quindi non e identicamente uguale a +∞,2) A ⊆ B ⇒M(A) ≤M(B), cioe M e monotona non decrescente, e3) per ogni successione di insiemi Ak disgiunti si ha

M(∪+∞k=1Ak) ≤

+∞∑

k=1

M(Ak) ,

cioe M e σ-subadditiva.

Definizione. A ⊆ X si dice misurabile (secondo Caratheodory) se e solo se per ogniS ⊆ X si ha

M(S) = M(S ∩A) +M(S ∩Ac) .

Indichiamo con AM la famiglia degli insiemi misurabili (secondo Caratheodory) e con µ la re-strizione di M a AM .

Teorema. AM e una σ-algebra, µ una misura σ-additiva e completa, cioe (X,AM , µ) e unospazio di misura completo.

Vi sono molti tipi di procedimenti per generare misure esterne: nella sezione 2 abbiamo vistoun metodo di definizione naturale basato su una misura elementare (ma σ-additiva) data su unsemianello; nell’ultimo paragrafo del capitolo 7 vedremo misure esterne (di Radon) definite sullabase di un funzionale lineare e positivo sullo spazio delle funzioni continue a supporto compatto.In uno spazio metrico, un procedimento per definire misure esterne di grande importanza, teoricae applicativa, e il seguente:Sia X uno spazio metrico separabile, O la famiglia degli aperti e m un numero reale positivo.Per δ > 0 arbitrario, dato un qualunque sottoinsieme S di X , poniamo

µm,δ(S) = inf{+∞∑

k=1

(diamOk)m | Ok ∈ O, diamOk ≤ δ, S ⊆ ∪kOk } ,

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A.Negro, Teoria della misura 51

e quindiµm(S) = lim

δ→0µm,δ(S) = sup

δ>0µm,δ(S) .

Si vede che µm e una misura esterna detta (eventualmente introducendo un opportuno fattoremoltiplicativo) misura di Hausdorff m-dimensionale. Se µm(S) < +∞ e n > m allora µn(S) = 0.Per un sottoinsieme S, l’estremo superiore d dei numeri reali m > 0 per i quali µm(S) = +∞ sidice dimensione di Hausdorff di S. In Rn la misura di Lebesgue e proporzionale a µn. (Per unatrattazione approfondita di questi temi si veda ad esempio Federer[5]).

Definizione. Una misura esterna M si dice regolare se per ogni sottoinsieme S esiste unsottoinsieme A misurabile (cioe A ∈ AM ) tale che

S ⊆ A e M(S) = M(A) = µ(A) .

Si dimostra che, se M e regolare, non esistono estensioni proprie σ-additive, e neppure finita-mente additive, di µ concordanti con M , cioe non esiste una σ-algebra A contenete propriementeAM tale che M ristretta ad A sia additiva.

La misura esterna µ∗ generata da una misura elementare m σ-additiva su un semianello eregolare. Infatti per ogni S ⊆ X e per ogni n > 0 esiste per definizione una unione An numer-abile di elementi del semianello che ricopre S e tale che µ(An) ≤ µ∗(S)+1/n. Allora A = ∩nAn

e misurabile, contiene S e µ∗(S) = µ(A).Dunque la σ-algebra degli insiemi misurabili definita nella sezione 3 e massimale, sotto il vincolodi essere una restrizione di µ∗.

Anche le misure esterne (di Radon) definite sulla base di un funzionale lineare e positivosullo spazio delle funzioni continue a supporto compatto, alle quali acceneremo nel capitolo 7,sono regolari.

& & &

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52 Capitolo 4. Estensione di misure

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Capitolo 5

Misure in R

5.1 Misure di Lebesgue-Stieltjes in R

Ricordiamo che una funzione F nondecrescente in R ammette in ogni punto limite destroe limite sinistro:

F (x− 0) = limt→x−

F (t) = supt<x

F (t) ≤ F (x) ≤ infx<t

F (t) = limt→x+

F (t) = F (x + 0) .

Un punto x e di discontinuita per F se e solo se F (x + 0) − F (x − 0) > 0, differenza che in talcaso si dice salto di F in x.Una funzione nondecrescente ha al piu un’infinita numerabile di salti (su ogni intervallo finito,ad esempio [−p, p], il numero N di punti con salti ≥ 1/n e limitato da n(F (p) − F (−p)).E bene osservare che i punti di salto possono essere distribuiti in modo arbitrario, ed eventual-mente costituire un sottoinsieme denso. Ad esempio, considerando per semplicita un intervallolimitato [a, b[, sia {xn} un sottoinsieme numerabile arbitrario di [a, b[ e {pn} una successione divalori positivi associati ai punti xn, tale che

n pn < +∞. Allora la funzione

F (x) =∑

xn<x

pn

e monotona nondecrescente e continua a sinistra nell’intervallo [a, b[. I punti xn sono i suoi puntidi salto ed i valori pn sono i salti corrispondenti: F (xn + 0) − F (xn) = pn. Si dice che F e unafunzione di salti.

Se µ e una misura in R definita almeno sulla σ-algebra dei Boreliani B(R) e limitata sugliinsiemi limitati, ad essa si puo associare una funzione monotona nondecrescente, definita inmodo univoco a meno di una costante additiva, ponendo per a < b:

F (b) − F (a) = µ([a, b[) .

Per le proprieta di continuita delle misure lungo successioni crescenti di insiemi, F risultacontinua a sinistra: F (x− 0) = F (x). Infatti, fissato a < x,

F (x) − F (a) = µ([a, x[) = limnµ([a, x −

1

n[) = F (x− 0) − F (a) .

53

54 Capitolo 5. Misure in R

Per le proprieta di continuita delle misure lungo successioni decrescenti di insiemi, F e discon-tinua in x se e solo se µ({x}) 6= 0, che in tal caso e il salto di F in x:

µ({x}) = F (x+ 0) − F (x) = limnµ([x, x+

1

n[) .

Se x e un punto di discontinuita di F si ha

µ([t, x]) = µ([t, x[) + µ({x}) = F (x+ 0) − F (t) 6= µ([t, x[) .

Ovviamente

µ(]t, x[) = F (x) − F (t+ 0) , µ(]t, x]) = F (x+ 0) − F (t+ 0) .

Se la misura e finita, e usuale selezionare la costante arbitraria ponendo F (x) = µ(] −∞, x[) ein tal caso, per le proprieta di continuita delle misure, F (−∞) = 0 e F (+∞) = µ(R).

Vale un risultato reciproco:

Teorema. Sia F una funzione nondecrescente e continua a sinistra su R. Si consideri ilsemianello S degli intervalli semiaperti del tipo [x, y[ ([x, y[= ∅ se y ≤ x), che ha unita R, e sidefinisca su S la funzione additiva m nel modo seguente:

m([x, y[) = F (y) − F (x) se x < y , m(∅) = 0 .

Allora m e σ-additiva su S e si puo quindi estendere, per il teorema di Hahn-Kolmogorov, aduna misura σ-additiva e completa definita su una σ-algebra LF contenente B(R).Dimostrazione. Per semplicita ci limitiamo a considerare il caso di misure finite generate dafunzioni monotone definite su un intervallo [a, b[ limitato.Verifichiamo la σ-additivita di m su S. Sia: I = [x, y[, In = [xn, yn[ e I = ∪nIn, l’unione essendodisgiunta.1) Essendo m finitamente additiva e dunque monotona (sull’algebra generata da S), per ogni prisulta

∪pn=1In ⊆ I ⇒

p∑

n=1

m(In) ≤ m(I) ,

e dunque∑+∞

n=1m(In) ≤ m(I).2) Dato ε > 0, considerata la continuita a sinistra di F , si possono trovare y∗ e x∗n, x < y∗ < ye x∗n < xn, tali che

F (y∗) ≤ F (y) < F (y∗) + ε , F (x∗n) ≤ F (xn) < F (x∗n) +ε

2n.

Allora per gli intervalli K = [x, y∗[ e Ln = [x∗n, yn[ si ha

m(I) ≥ m(K) ≥ m(I) − ε , m(In) ≤ m(Ln) ≤ m(In) + ε/2n .

L’aderenza Ka di K e compatta e ricoperta dagli interni L◦n degli Ln, dunque e sufficiente un

numero finito di aperti L◦j1, L◦

j2, ...L◦

jNper ricoprire Ka e allora

K ⊆ Ka ⊂ ∪Nk=1L

◦jk

⊆ ∪Nk=1Ljk

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 55

implica

m(I) − ε ≤ m(K) ≤N

k=1

m(Ljk) ≤

+∞∑

k=1

m(Lk) + ε .

Per l’arbitrarieta di ε e per il punto 1) si ottiene la σ-additivita. q.e.d.La misura ottenuta si dice misura di Lebesgue-Stieltjes generata da F .

Osservazione. Se F (x) = x si ha m([a, b[) = b− a e l’estensione di m e la classica misuradi Lebesgue su R.Le proprieta della funzione F (x) = x e il procedimento di costruzione che conducono all’estensionedi Hahn-Kolmogorov mostrano chiaramente che la misura di Lebesgue su R ha la proprieta diinvarianza per traslazioni:

∀x ∈ R ∀A ∈ L(R) λ(x +A) = λ(A) .

Osservazione. La σ-algebra LF puo variare con F , tuttavia si ha sempre B ⊆ LF . Adesempio, se F (x) = 0 per x ≤ c e F (x) = 1 per c < x, F genera la misura di Dirac δc sullaσ-algebra massimale P([a, b[):

c /∈ A⇒ δc(A) = 0 , c ∈ A⇒ δc(A) = 1 .

Invece la misura di Lebesgue ordinaria, generata da F (x) = x, e definita,come vedremo succes-sivamente (insiemi non misurabili) su una σ-algebra strettamente contenuta in P([a, b[).

Ossevazione. Si potrebbe in modo equivalente lavorare con funzioni monotone continue adestra. Ad esempio, data µ, si potrebbe porre F (x) = µ(] −∞, x].

L’integrale di Riemann-Stieltjes. Ci limitiamo a considerare il caso di un intervallolimitato semiaperto [a, b[.

1) Se F e una funzione monotona non decrescente e continua a sinistra su [a, b[ e µ e la misurada essa generata, risulta corrispondentemente definita una classe di funzioni f sommabili e illoro integrale, detto di Lebesgue-Stieltjes su [a, b[, si scrive in una delle forme equivalenti

[a,b[

fdµ =

[a,b[

f(x)dµ(x) =

[a,b[

f(x)µ(dx) =

[a,b[

f(x)dF (x) .

2) Data una funzione f definita in [a, b[, in analogia con la definizione dell’integrale classicodi Cauchy-Riemann, si possono considerare le partizioni finite di [a, b[ formate dagli intervalli[xk−1, xk[ (a = x0 < x1 < x2... < xn = b), scegliere dei punti arbitrari tk in ogni intervallo ecostruire le somme integrali

n∑

k=1

f(tk)(F (xk) − F (xk−1)) .

Se queste somme amettono un limite I quando max |xk − xk−1| → 0, indipendentemente dallascelta dei punti tk, allora I si dice integrale di Riemann-Stieltjes di f su [a, b[ e si indica con

∫ b

a

f(x)dF (x) .

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56 Capitolo 5. Misure in R

Osservazione. L’ultima notazione presuppone di aver precisato di voler intendere l’integralesull’intervallo semiaperto [a, b[. Se si volesse introdurre l’integrale sull’intervallo chiuso [a, b], chesi indica con la stessa notazione, si dovrebbe disporre anche di un valore per F (b+ 0), maggioreo uguale a F (b), e, se questo fosse diverso da F (b) = F (b − 0), le somme integrali dovrebberoessere incrementate della quantita f(b)(F (b+0)−F (b)), che si ritroverebbe al limite eventuale.

Proposizione. Se f e una funzione continua su [a, b], essa ammette su [a, b[ un integrale diRiemann-Stieltjes coincidente con il suo integrale di Lebesgue-Stieltjes, sempre su [a, b[.Dimostrazione. Le funzioni, costanti a tratti, uguali a f(tk) su [xk−1, xk[, sono funzioni semplicie le somme integrali sopra considerate sono i loro integrali di Lebesgue-Stieltjes. Tali funzioniconvergono uniformemente a f e quindi, per la definizione stessa dell’integrale di Lebesgue, iloro integrali convergono ad un limite I, che e l’integrale di Lebesgue di f .

5.2 Funzioni a variazione limitata

Nella sezione precedente abbiamo studiato misure positive di Lebesgue-Stieltjes, generateda funzioni monotone. Possiamo introdurre misure con segno Λ di Lebesgue-Stieltjes comedifferenza di due misure positive di Lebesgue-Stieltjes µ e ν. Consideriamo, per semplicita unintervallo limitato [a, b[. Allora, se

G(x) = µ([a, x[) , H(x) = ν([a, x[)

e dunque G(a) = µ(∅) = H(a) = ν(∅) = 0, le funzioni G e H , monotone non decrescenti econtinue a sinistra, generano le due misure µ e ν. La loro differenza f = G −H genera, sullaσ-algebra LG ∩ LH ⊇ B, la misura Λ. Si ha

Λ([x, y[) = µ([x, y[) − ν([x, y[) = G(y) −G(x) − [H(y) −H(x)] = f(y) − f(x) .

Se G∗ e H∗ sono altre funzioni monotone per le quali f = G∗−H∗, per tutti gli insiemi di BorelB si ha

Λ∗(B) = µ∗(B) − ν∗(B) = µ(B) − ν(B) = Λ(B) ,

perche la famiglia dei B tali che Λ∗(B) = Λ(B) e una σ−algebra, contiene la famiglia degliintervalli [x, y[ e quindi tutti i Boreliani.Dunque, per i Boreliani, tutte le decomposizioni di f come differenza di due funzioni monotonesono equivalenti.

La classe delle funzioni che possono essere rapresentate come differenza di due funzioni mono-tone coincide con la classe delle funzioni a variazione limitata(a valori reali).

Definizione. Si dice che una funzione f e a variazione limitata sull’intervallo [a, b] se e solose esiste una costante M tale che per ogni suddivisione

a = x0 < x1 < ... < xn = b

dell’intervallo risultan

j=1

|f(xj) − f(xj−1)| ≤M .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 57

L’estremo superiore delle somme precedenti, al variare di tutte le suddivisioni finite di [a, b], sidice variazione totale di f sull’intervallo [a, b] e si indica con V (f, [a, b]):

V (f, [a, b]) = sup

n∑

j=1

|f(xj) − f(xj−1)| .

L’insieme delle funzioni a variazione limitata su [a, b] verra indicato con BV ([a, b]).

Osservazione. Ovviamente ogni funzione monotona e a variazione limitata e, se f e monotona,V (f, [a, b]) = |f(b) − f(a)|.

Proposizione. BV ([a, b]) e uno spazio vettoriale (su R¯

) e in esso V (f, [a, b]) e una seminor-ma:1) V (f, [a, b]) ≥ 0 e V (f, [a, b]) = 0 se e solo se f e costante;2) V (λf, [a, b]) = |λ|V (f, [a, b]);3) V (f + g, [a, b]) ≤ V (f, [a, b]) + V (g, [a, b]).Dimostrazione. I punti 1) e 2) seguono immediatamente dalla definizione di variazione totale.Il punto 3) segue dall’osservazione che per ogni suddivisione dell’intervallo

n∑

j=1

|(f + g)(xj) − (f + g)(xj−1)| ≤n

j=1

|f(xj) − f(xj−1)| +n

j=1

|g(xj) − g(xj−1)| .

Osservazione. Se si fissa il valore delle funzioni in un punto, ad esempio se si considerano soloil sottospazio BV 0([a, b]) delle funzioni a variazione limitata f tali che f(a) = 0, si ottiene unospazio vettoriale normato, e si puo facilmente dimostrare che esso e completo.(Per g ∈ BV 0 sia ||g|| = V (g([a, b]). Se fn e una successione di Cauchy allora, per ogni x, fn(x)e di Cauchy in R, perche |fn+p(x) − fn(x) − (fn+p(a) − fn(a))| ≤ ||fn+p − fn||. Sia f il limitepuntuale delle fn:

n∑

j=1

|(f − fn)(xj) − (f − fn)(xj−1)| = limp

n∑

j=1

|(fn+p − fn)(xj) − (fn+p − fn)(xj−1)| .

Ma, qualunque sia ε > 0, per n sufficientemente grande e per ogni p si ha ||fn+p − fn|| < ε,e, prendendo l’estremo superiore del primo membro al variare di tutte le suddivisioni, si trova||f − fn|| ≤ ε.)

Proposizione. Per la variazione totale di una funzione su un intervallo valgono le affer-mazioni seguenti:1) Se a < c < b allora V (f, [a, b]) = V (f, [a, c]) + V (f, [c, b]);2) La funzione v(x) = V (f, [a, x]) e monotona nondecrescente;3) Se, in un punto z, f e continua a sinistra o a destra, allora, in z, anche v e continua a sinistrao a destra.Dimostrazione. Introduciamo la seguente notazione: sia P una partizione di un intervalloformata dai punti xj , allora poniamo

S(f, P ) =

n∑

j=1

|f(xj) − f(xj−1)| .

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58 Capitolo 5. Misure in R

Osserviamo che aggiungendo punti di suddivisione la somma non decresce.Siano P ′ e P ′′ partizioni di [a, c] e [c, b] tali che

V (f, [a, c]) ≤ S(f, P ′) + ε , V (f, [c, b]) ≤ S(f, P ′′) + ε

e sia P la partizione di [a, b] unione delle partizioni P ′ e P ′′. Allora

V (f, [a, c]) + V (f, [c, b]) ≤ S(f, P ) + 2ε ≤ V (f, [a, b]) + 2ε .

Per l’arbitrarieta di ε

V (f, [a, c]) + V (f, [c, b]) ≤ V (f, [a, b]) .

Viceversa, se P e una partizione di [a, b], che non e restrittivo supporre abbia c come suo puntodi suddivisione, allora P si puo pensare unione di P ′ e P ′′ partizioni di [a, c] e [c, b]. Dunque

S(f, P ) = S(f, P ′) + S(f, P ′′) ≤ V (f, [a, c]) + V (f, [c, b]) .

Per l’arbitrarieta di P , passando all’estremo superiore

V (f, [a, c]) + V (f, [c, b]) ≥ V (f, [a, b]) .

Il punto 1) e dimostrato.Essendo V (f, [x, y]) non negativa il punto 2) segue dal punto 1).Se f e continua a sinistra in z, sia

z − δ < x < z ⇒ |f(x) − f(z)| < ε .

Sia P una partizione di [a, z] con x ultimo punto di suddivisione prima di z e V (f, [a, z]) <S(f, P ) + ε. Allora, se P ′ e la suddivisione di [a, x] ottenuta da P togliendo z, si ha

V (f, [a, z]) < S(f, P ′) + |f(z)− f(x)| + ε < V (f, [a, x]) + 2ε

e, per l’arbitrarieta di ε e la monotonia di v, si ottiene il punto 3) nel caso della continuita asinistra. Per la continuita a destra la dimostrazione e analoga.

Per quanto concerne il punto 1), conviene osservare che, se µ e una misura di Lebesgue-Stieltjes e F una funzione monotona continua a sinistra che la genera, si ha

µ([a, b[) = F (b) − F (a) = V (F, [a, b]) .

Per avere µ([a, b]) occorre disporre del valore F (b+ 0): µ([a, b]) = V (F, [a, b]) +F (b+ 0)−F (b).Per una generica funzione a variazione limitata e continua a sinistra f , alla quale sia associatoun valore f(b+ 0), poniamo

V (f, [a, b+ 0]) = V (f, [a, b]) + |f(b+ 0) − f(b)| .

Teorema. La classe delle funzioni a variazione limitata su [a, b] coincide con la classe dellefunzioni rappresentabili come differenza di due funzioni monotone nondecrescenti.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 59

Dimostrazione. Ovviamente la differenza di funzioni monotone e a variazione limitata. Vicev-ersa, se v(x) e la variazione totale di f su [a, x] e w = v − f , si ha f = v − w, con v monotonanon decrescente, per la proposizione precedente, e anche w monotona non decrescente, perche

y < x ⇒ f(x) − f(y) ≤ |f(x) − f(y)| ≤ v(x) − v(y) .

Osservazione. La decomposizione proposta ha anche la proprieta che v e w sono continue adestra o a sinistra dove f e continua a destra o a sinistra.

Osservazione. Si possono introdurre le funzioni variazione positiva e variazione negativa

v+(x) = V +(f, [a, x[) = supn

j=1

max(f(xj) − f(xj−1, 0) ,

v−(x) = V −(f, [a, x[) = sup

n∑

j=1

−min(f(xj) − f(xj−1, 0) ,

dove il sup e preso su tutte le partizioni finite di [a, x[. Si vede allora che

v(x) = v+(x) + v−(x) , f(x) = v+(x) − v−(x)

e dunque w = 2v−. Considereremo canonica questa decomposizione di f come differenza di duefunzioni monotone e, se µ+ e µ− sono le misure positive generate da v+ e v−, diremo che fgenera la misura Λ = µ+ − µ−.Ricordiamo che, se ci si limita a considerare insiemi di Borel, tutte le decomposizioni di f comedifferenza di due funzioni monotone sono equivalenti, nel senso che le differenze delle misure daesse generate coincidono su B.

Si puo facilmente dimostrare che, se Λ e la misura di Lebesgue-Stieltjes con segno generatada f su B, le misure di Lebesgue-Stieltjes positive generate da v, v+ e v− sono |Λ|, Λ+ e Λ−,dove (Λ+,Λ−) e la decomposizione di Jordan di Λ. Infatti, se S ⊆ A = [x, y[, con S ∈ B, S puoessere approssimato a meno di un errore in misura inferiore ad un ε > 0 arbitrario mediante unaunione finita disgiunta U di intervalli Ik = [xk, yk[; dunque

Λ+(A) = supS⊆A

Λ(S) = supU

Λ(S) = supU ′

Λ(S) = V +(f, [x, y[) ,

dove U ′ indica le unioni tali che f(yk)− f(xk) ≥ 0 per ogni k. Considerazioni analoghe valgonoper la variazione negativa e la variazione totale.

Si definisce in modo naturale l’integrale di Lebesgue-Stieltjes rispetto ad una fun-zione a variazione limitata f scrivendo f come differenza di due funzioni monotone nonde-crescenti: f = F −G e ponendo

∫ b

a

ψ(x)df(x) =

∫ b

a

ψ(x)dF (x) −

∫ b

a

ψ(x)dG(x) .

E facile verificare che il risultato e indipendente dalla decomposizione di f .

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60 Capitolo 5. Misure in R

Si puo anche definire l’integrale di Riemann-Stieltjes rispetto ad una funzione a vari-azione limitata f contunua a sinistra, sull’intervallo [a, b[, come limite, se esiste, delle sommeintegrali

n∑

k=1

ψ(tk)(f(xk) − f(xk−1)) ,

quando maxk |xk − xk−1| → 0 (tk e un punto dell’intervallo [xk, xk−1[).

Come nel caso delle funzioni monotone, si dimostra che se ψ e continua su [a, b] allora il suointegrale di Riemann-Stieltjes esiste e coincide con quello di Lebesgue-Stieltjes. Inoltre vale lamaggiorazione

|

∫ b

a

ψ(x)df(x)| ≤ ||ψ||V (f, [a, b]) ,

dove ||ψ|| = maxx |ψ(x)|. Infatti, per ogni partizione, si ha

|∑

k

ψ(tk)(f(xk) − f(xk−1))| ≤∑

k

|ψ(tk)||f(xk) − f(xk−1)| ≤

≤ ||ψ||∑

k

|f(xk) − f(xk−1)| ≤ ||ψ||V (f, [a, b]) .

Passando al limite, quando la finezza della partizione tende a zero, si trova la maggiorazioneproposta.

5.3 L’integrale di Riemann

L’integrale di Lebesgue estende l’integrale nel senso di Riemann. Precisamentesi ha ilTeorema. Sia f una funzione reale integrabile nel senso di Riemann sull’intervallo [a, b].

Sia λ la misura di Lebesgue (su [a, b]), allora f e integrabile nel senso di Lebesgue e

∫ b

a

f(x)dx =

[a,b]

fdλ ,

dove il primo membro e il classico integrale di Riemann.Dimostrazione. non e restrittivo limitarsi al caso [a, b] = [0, 1]. Consideriamo delle partizionisempre piu fini di [0, 1] ottenute per suddivisioni successive in 2, 4, 8... parti eguali. Per ogniintero n sia

f in(x) = inf

t∈Ink

f(t) , per x ∈ Ink = [

k

2n,k + 1

2n[ ,

con k = 0, 1...2n − 1, e analogamente

fsn(x) = sup

t∈Ink

f(t) , per x ∈ Ink = [

k

2n,k + 1

2n[ .

La definizione di f in e di fs

n in 1 non e rilevante. Risulta ovviamente

∀n f in ≤ f ≤ fs

n

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 61

e, per l’integrabilita nel senso di Riemann di f , si ha

limn

∫ 1

0

f in(x)dx =

∫ 1

0

f(x)dx = limn

∫ 1

0

fsn(x)dx .

Nel contesto dell’integrazione nel senso di Lebesgue abbiamo due successioni monotone di fun-zioni semplici, che assumono un numero finito di valori distinti, con integrali limitati (superior-mente o inferiormente) e coincidenti con i loro integrali nel senso di Riemann (somme integrali).Il teorema di B.Levi e applicabile e dunque esistono due funzioni f i e fs q.o. finite tali che

limnf i

n = f i ≤ f ≤ fs = limnfs

n q.o.

e

limn

[0,1]

f indλ =

[0,1]

f idλ =

∫ 1

0

f(x)dx =

[0,1]

fsdλ = limn

[0,1]

fsndλ .

Allora la funzione non negativa fs − f i ha integrale nullo e quindi fs = f = f i q.o. Ne segueche f e integrabile nel senso di Lebesgue e il suo integrale di Lebesgue coincide con quello diRiemann. q.e.d.

5.4 Insiemi non misurabili

L’estensione di una una misura elementare in X , inizialmente definita su un semi-anello,conduce ad una σ-algebra L(X) che, in generale, risulta molto ampia ma non coincidente conP(X). Vediamo il caso particolare della misura classica di Lebesgue λ su un intervallo di R, cheper semplicita, supporremo sia [0, 1[.

Teorema. Nello spazio di misura ([0, 1[,L, λ) esistono insiemi non misurabili.Dimostrazione. Sia ω un numero irrazionale e introduciamo in X = [0, 1[ la seguente relazionedi equivalenza

x ∼ y ⇔ x = y + jω +m , per qualche coppia (j,m) ∈ Z2 .

Necessariamente −m deve essere la parte intera di y + jω : m = −[y + jω]. E immediatoverificare che ∼ e una relazione di equivalenza. Allora X puo essere scomposto in classi diequivalenza (disgiunte). Osserviamo che, se x ∼ y, vi e un unico intero j tale che, per qualchem, x = y + jω +m: infatti

x = y + jω +m ∧ x = y + kω + n⇒ (j − k)ω +m− n = 0

e, se fosse j 6= k, allora ω non sarebbe irrazionale.Dunque X e unione di classi (disgiunte), ciascuna delle quali e un insieme numerabile (se xappartiene ad una classe, tutti gli altri elementi della classe sono x+ jω − [x+ jω], j ∈ Z).Scegliendo un elemento, ed uno solo, in ciascuna classe, formiamo un insieme W . Quindi, perogni n ∈ Z, consideriamo gli insiemi Wn ottenuti da W aggiungendo nω e sottraendo la parteintera.Dall’osservazione sulla struttura delle classi di equivalenza si deduce immediatamente che gli

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62 Capitolo 5. Misure in R

insiemi Wn sono disgiunti ed hanno unione tutto X .Se W fosse misurabile, tutti gli insiemi Wn avrebbero la stesa misura, perche la misura diLebesgue eredita dalla misura elementare degli intervalli l’invarianza per traslazioni. (W + nωe contenuto in un intervallo [p, p + 2[ e si scompone in due insiemi, contenuti in [[p, p + 1[ e[p+ 1, p+ 2[, che vengono successivamente traslati di −p e −(p+ 1).)Per la σ-additivita, dovrebbe essere

1 = λ(X) =∑

n

λ(Wn) =∑

n

c ,

ma la serie converge solo per c = 0, e in tal caso converge a 0. Dunque gli insiemi Wn nonpossono essere misurabili. q.e.d.

Osservazione. Le inclusioni

B(R) ⊂ L(R) ⊂ P(R)

sono proprie. Si puo dimostrare che B(R) ha la potenza del continuo, mentre L(R) ha la stessapotenza di P(R). In questo senso i Boreliani sono una classe estremamente ristretta rispetto aquella di tutti gli insiemi misurabili secondo Lebesgue (Hewitt-Stromberg[7]).Una sottoclasse importante di insiemi misurabili, contenente tutti i Boreliani, e costituita dagliinsiemi analitici o insiemi di Souslin, che si ottengono come immagini di spazi metrici separabilie completi (Bourbaki[?], Federer[5]).Esistono estensioni σ-additive µ della misura di Lebesgue λ a σ-algebre M molto grandi, checonservano anche la proprieta di invarianza per traslazioni. Esse tuttavia coincidono con lamisura esterna λ∗ indotta da λ soltanto su L (Hewitt-Stromberg[7]).

5.5 Derivate di misure di Borel

La derivabilita di una funzione monotona nondecrescente e continua a sinistra F si puostudiare, e conviene studiarla, considerando la misura µ di Lebesgue-Stieltjes ad essa associata,definita da

µ([a, b[) = F (b) − F (a) .

Per le funzioni noncrescenti ci si riporta al caso precedente con un cambiamento di segno. Neipunti nei quali una funzione e derivabile la funzione e continua, dunque la limitazione a fun-zioni continue a sinistra non ha alcun rilievo per quanto concerne lo studio della differenziabilita.

Proposizione. F e derivabile in x e F ′(x) = L se e solo se, indicando con I un genericointervallo aperto ]a, b[ tale che x ∈ I, si ha

∀ε > 0 ∃δ > 0 ∀I |µ(I)

l(I)− L| < ε ,

dove l e la misura di Lebesgue classica in R.Dimostrazione.1) Se F e derivabile, dato ε esiste δ tale che

|c− x| < δ ⇒ |F (c) − F (x) − L(c− x)| ≤ ε|c− x| .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 63

Allora, per a < x < b, a e b sufficientemente prossimi a x e n sufficientemente grande, si ha

F (b) − F (a+1

n) = F (b) − F (x) − L(b− x) + L(b− a−

1

n)+

+F (x) − F (a+1

n) − L(x− a−

1

n)

e dunque

|F (b) − F (a+1

n) − L(b− a−

1

n)| ≤ ε(b− x) + ε(x− a−

1

n) .

Passando al limite per n→ +∞ si trova

|F (b) − F (a+ 0) − L(b− a)| ≤ ε(b− a) ⇔ |µ(]a, b[)

l(]a, b[)− L| ≤ ε .

2) Se µ(I)/l(I), con x ∈ I, converge, allora, essendo µ({x}) ≤ µ(I), risulta µ({x}) = 0. Dunqueµ([x, b[) = µ(]x, b[) e F e continua in x. Dalle relazioni

0 < b− x < δ , n ≥ ν ⇒ |µ(]x − 1/n, b[)

l(]x− 1/n, b[)− L| ≤ ε

e [x, b[= ∩n]x− 1/n, b[, passando al limite per n→ +∞, si trova

|µ([x, b[)

l([x, b[)− L| = |

F (b) − F (x)

b− x− L| ≤ ε

e F ha derivata destra in x uguale a L. Analogamente, considerando intervalli I =]a− 1/n, x+1/n[, con a < x sufficientemente prossimo a x e n sufficientemente grande, poiche

[a, x] = ∩n]a− 1/n, x+ 1/n[ , µ([a, x]) = µ([a, x[) = F (x) − F (a) ,

passando al limite per n→ +∞, si vede che L e la derivata sinistra di F in x. q.e.d.

Un risultato fondamentale concernente le funzioni monotone (dovuto a Lebesgue) e ilsguente

Teorema. Una funzione f monotona e q.o. derivabile e la sua derivata f ′ e sommabile.La dimostrazione risultera dallo studio della derivabilita di misure.

Ci occuperemo dunque della derivabilita, o differenziabilita, di una misura di Lebesgue-Stieltjes (non necessariamente positiva), dunque definita sui Boreliani e limitata sui limitati. Cioccuperemo soltanto della sua restrizione ai Boreliani; dunque studieremo soltanto misure diBorel σ-finite, che appunto significa definite sulla σ-algebra dei Boreliani e limitate sui limi-tati. In genere, per semplicita, ci limiteremo allo studio della misura su un intervallo limitato.

Definizione. Si dice che µ e derivabile (o differenziabile) in x se e solo se esiste unnumero reale L tale che, indicando con I un generico intervallo aperto ]a, b[ tale che x ∈ I, si ha

∀ε > 0 ∃δ > 0 ∀I |µ(I)

l(I)− L| < ε .

Universita di Torino, a.a. 2000-2001

64 Capitolo 5. Misure in R

In tal caso L si dice la derivata di µ in x e si scrive (Dµ)(x) = L.

E utile far ricorso alle derivate superiori e inferiori. Poniamo allora, per ogni r > 0,

Dr(x) = sup{µ(I)

l(I)| x ∈ I , l(I) < r }

e definiamo la derivata superiore come

(Dµ)(x) = limr→0

Dr(x) .

Il limite esiste, essendo Dr(x) non crescente come funzione di r.In modo analogo si definisce la derivata inferiore(Dµ)(x) come limite delle quantita Dr(x) posteuguali all’estremo inferiore dei rapporti µ(I)/l(I).Ovviamente si ha sempre (Dµ)(x) ≤ (Dµ)(x).La misura µ e derivabile in x se e solo se le derivate superiore e inferiore sono finite e coincidono.In questo caso

(Dµ)(x) = (Dµ)(x) = (Dµ)(x) .

Osserviamo che Dµ(−µ)(x) = −Dµ(x) e che, viste le proprieta degli operatori inf e sup, si hain ogni punto x

Dµ+Dν ≤ D(µ+ ν) ≤ Dµ+Dν ≤ D(µ+ ν) ≤ Dµ+Dν ,

come si controlla immediatamente. Dunque, se µ e ν sono derivabili in x, si ha (D(µ+ ν))(x) =(Dµ)(x) + (Dν)(x).

Osservazione. Se µ e una misura di Lebesgue-Stieltjes, allora Dµ e una funzione Boreliana.Infatti, se Dr(x) > c, esiste un intervallo aperto I tale che x ∈ I , l(I) < r e µ(I)/l(I) > c; equindi Dr(y) > c per ogni y ∈ I. Pertanto {Dr > c} e aperto e quindi Dr e Boreliana. EssendoDµ = limr→0Dr, la derivata superiore e misurabile rispetto alla σ-algebra dei Boreliani.

La proposizione seguente svolge un ruolo essenziale.

Proposizione. Per ogni B ∈ B(R), se µ(B) = 0, si ha (Dµ)(x) = 0 l-q.o. (cioe q.o. rispettoalla misura di Lebesgue ordinaria) su B.Dimostrazione. Basta considerare il caso in cui B e limitato e, vista la decomposizione di Jor-dan, il caso in cui µ e positiva. Essendo, per la positivita di µ, 0 ≤ Dµ ≤ Dµ, basta dimostrareche l’insieme Boreliano P = {Dµ > 0} ∩B ha misura di Lebesgue nulla.

Il seguito della dimostrazione dipende da una osservazione e da un lemma.

Osservazione. La misura µ, almeno se ristretta alla σ-algebra dei Boreliani, e regolare, comedimostreremo nel capitolo 7, studiando il problema della densita di funzioni continue in L1.

Lemma di ricoprimento. Sia I una famiglia finita di intervalli aperti Ik =]ck−rk, ck+rk[,che supporremo per comodita numerata per lunghezza non crescente: l(I1) ≥ l(I2)... ≥ l(IN )

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 65

e sia A = ∪kIk. Esiste una sottofamiglia J = {Ikl} disgiunta tale che, se A∗ = ∪kl

Ikl, allora

l(A) ≤ 3l(A∗).Dimostrazione del lemma. Poniamo k1 = 1 e quindi scegliamo progressivamente kl come ilprimo indice > kl−1 tale che Ikl

non incontri ∪i<lIki, finche cio sia possibile. Consideriamo gli

intervalli ausiliari Jl =]ckl− 3rkl

, ckl+ 3rkl

[, per i quali si ha ovviamente l(Jl) = 3l(Ikl). Per

ogni Ik ∈ I esiste Ikl∈ J tale che Ik ∩ Ikl

6= ∅, con kl ≤ k < kl+1, e dunque Ik ⊆ Jl. Possiamodunque concludere che

l(A) = l(∪kIk) ≤ l(∪lJl) ≤∑

l

l(Jl) ≤ 3∑

l

l(Ikl) = 3l(A∗) .

q.e.d.

Seguito della dimostrazione della proposizione. Supponiamo per assurdo che non sia l(P ) = 0,allora esiste un intero n e un Boreliano N ⊆ P tale che x ∈ N ⇒ Dµ(x) > 1/n e l(N) > 0. Perla regolarita di µ esiste un compatto K ⊆ N con l(K) > 0. Per ogni δ e per ogni x ∈ K ⊆ Nesiste un intervallo aperto I tale che x ∈ I, l(I) < δ e 1/n < µ(I)/l(I). Tali intervalli formanoun ricoprimento aperto del compatto K, e, tenuto conto del lemma precedente, possiamo trovareun numero finito di questi intervalli, I1, I2...Im, a due a due disgiunti e tali che

l(K) ≤ 3∑

j

l(Ij) .

Sia Kδ l’insieme dei punti a distanza da K minore o uguale a δ, allora, essendo Ij ⊆ Kδ, si ha

µ(Kδ) ≥ µ(∪jIj) =∑

j

µ(Ij) >1

n

j

l(Ij) ≥1

3nl(K) .

Prendiamo ora δ = 1/p, osserviamo che µ(K) = limp µ(K1/p) e passiamo al limite nella relazioneprecedente:

µ(K) ≥1

3nl(K) > 0 ,

in contraddizione con il fatto che K ⊆ A e µ(A) = 0. Dunque l(P ) = 0. q.e.d.

Il seguente teorema presenta i risultati fondamentali di questa sezione.

Teorema. Sia µ una misura di Borel limitata sui limitati. Allora µ e differenziabile l−q.o.Sia µ = µa + µs e la decomposizione di Lebesgue di µ. La derivata (Dµ)(x) coincide con laderivata f(x) di Radon-Nikodym della parte assolutamente continua µa. Dunque (Dµ)(x) eintegrabile per l = dx e per ogni Boreliano B risulta

µ(B) = µs(B) +

B

(Dµ)(x)dx .

Dimostrazione. Essendo µs singolare, esiste un Boreliano A tale che µs(A) = 0 e l(Ac) = 0.Per la proposizione precedente Dµs(x) = 0 q.o. su A e, ovviamente, su Ac, dunque Dµs(x) = 0

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66 Capitolo 5. Misure in R

l-q.o.Se f e la derivata di Radon-Nikodym di µa, si ha per ogni Boreliano B

µa(B) =

B

f(x)dx .

Basta allora dimostrare che Dµa(x) = f(x) l-q.o.Vediamo che

Dµa(x) ≤ f(x) l − q.o.

Infatti, indicando con r un generico razionale, si ha

Z = { x | f(x) < Dµa(x) } = ∪rZr , dove Zr = { x | f(x) < r < Dµa(x) }

e si vede che l(Zr) = 0: a tal fine poniamo

R = { x | r ≤ f(x) } , ν(B) =

B∩R

(f(x) − r)dx ,

dove B e un Borelliano arbitrario. ν e una misura di Borel e ν(Rc) = 0, dunque, per laproposizione precedente, Dν = Dν = 0 q.o. su Rc, dove f(x) < r. Ma

µa(B) ≤ ν(B) + rl(B) e Dµa ≤ Dν + r ,

dunque Dµa(x) ≤ r q.o. su Rc, il che appunto implica l(Zr) = 0.Essendo −f la derivata di Radon-Nikodym di −µa, avremo anche D(−µa) ≤ −f q.o. , cioe

f(x) ≤ D(−µa)(x) l − q.o.

Dunque finalmente f = Dµa l-q.o. q.e.d.

Corollario. Se f e una funzione monotona non decrescente continua sinistra si ha

∫ b

a

f ′(x)dx ≤ f(b) − f(a) .

La dimostrazione e immediata, considerando la misura generata da f .

Se la parte singolare della misura generata da f e nulla, allora vale il segno di uguaglianza.Questo risultato vale piu in generale per le funzioni a variazione limitata e puo essere presentatoin una forma particolarmente utile. Introduciamo la seguente

Definizione. Una funzione f si dice assolutamente continua sull’intervallo [a, b] se esolo se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per per ogni successione finita a ≤ a1 < b1 < a2 <b2...an < bn ≤ b si abbia

k

(bk − ak) < δ ⇒∑

k

|f(bk) − f(ak)| < ε .

Si vede, ovviamente, che le funzioni assolutamente continue sono a variazione limitata. Sidimostra facilmente che una funzione a variazione limitata genera una misura con parte singolare

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 67

nulla se e solo se essa e assolutamente continua. Dunque per le funzioni assolutamente continuesi ha

∫ b

a

f ′(x)dx = f(b) − f(a) .

Una funzione a variazione limitata, e in particolare una funzione monotona, ha in generepunti di discontinuita; ma anche se e continua non necessariamente e assolutamente continua.Un esempio celebre di funzione nondecrescente continua ma non assolutamente continua e for-nito dalla funzione di Vitali, monotona nondescescente e costante sull’insieme di Cantor.

L’insieme di Cantor. Si divide l’intervallo [0, 1] in 3 parti uguali, e si toglie l’intervalloaperto centrale A1

1 =]1/3, 2/3[ . Si divide ciascuno dei due intervalli chiusi rimanenti in 3 partiuguali, e si tolgono i due intervalli aperti centrali A2

1 =]1/9, 2/9[, A22 =]7/9, 8/9[ . Si procede

indefinitamente suddividendo ad ogni passo ciascuno degli intervalli chiusi rimasti. Al passo n sitolgono dunque 2n−1 intervalli aperti An

k (di ampiezza 1/3n). L’insieme di Cantor C e il chiusocomplementare dell’aperto costituito dall’unione A degli aperti disgiunti An

k :

C = Ac, A = ∪+∞n ∪2n−1

k=1 Ank .

L’aperto A ha misura di Lebesgue 1:

l(A) =

+∞∑

n=1

2n−1∑

k=1

l(Ank ) =

+∞∑

1

1

3(2

3)n−1 = 1 .

Dunque C ha misura nulla.C non e vuoto: ad esso appartengono almeno gli estremi degli intervalli An

k , detti punti diprima speciedell’insieme di Cantor. I punti di prima specie formano un insieme numerabile,ma C ha la potenza del continuo. Infatti i punti x dell’intervallo [0, 1] si possono rappresentarein base 3: x = .c1c2c3..., cioe

x =c13

+c232

+c333

+ ... ,

con ck uguale a 0,1 oppure 2, e le successioni c1c2c3... per le quali si abbia sempre cn 6= 1 sonoin corrispondenza biunivoca con i punti di C (le successioni con cn definitivamente uguale a0 o 2 corrispondono ai punti di prima specie). Tali successioni formano un insieme che ha lapotenza del continuo. I punti di C non di prima specie si dicono di seconda specie e si possonoapprossimare tanto bene quanto si vuole con punti di prima specie, cioe i punti di prima speciesono un sottoinsieme numerabile denso in C.

La funzione di Vitali. Definiamo la funzione v(x) di Vitali nel modo seguente. Sia Bnk la

chiusura di Ank e B l’unione delle Bn

k :1) se x ∈ B1

1 si pone v(x) = 1/2, se x ∈ B21 si pone v(x) = 1/4 e se x ∈ B2

2 si pone v(x) = 3/4, ...In generale in ogni Bn

k il valore di v(x) scende di 1/2n rispetto al valore assunto nell’intervalloBn−1

j che lo segue immediatamente o sale di 1/2n rispetto al valore assunto nell’intervallo Bn−1j

che lo precede immediatamente;2) i punti di prima specie di C sono in B e se x e un punto di seconda specie si pone v(x) =

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68 Capitolo 5. Misure in R

limn v(zn), dove zn e una successione di punti di prima specie convergente ad x (si controllafacilmente che il limite esiste e non dipende dalla successione approssimante).Si vede che v(x) e monotona nondecrescente e continua; ovviamente ha derivata q.o. nulla egenera una misura singolare rispetto alla misura di Lebesgue. In particolare

∫ 1

0

v(x)dx = 0 < v(1) − v(0) = 1 .

Dal teorema sulla diferenziabilita delle misure segue immediatamente la seguente

Proposizione. Sia f una funzione integrabile sull’intervallo [a, b] per la misura di Lebesguel = dx (f ∈ L1([a, b])), allora, indicando al solito con I un intervallo (aperto) al quale appartienex, risulta

1

l(I)

I

f(t)dt → f(x) l− q.o ,

quando l(I) → 0.Dimostrazione. Basta osservare che la misura µ(B) =

B f(t)dt e assolutamente continua e lasua derivata Dµ coincide q.o. con la derivata di Radon-Nikodym, e quindi con f .

Vale in effetti un risultato piu forte, dovuto a Lebesgue.

Teorema. Se f ∈ L1([a, b]), allora si ha

1

l(I)

I

|f(t) − f(x)|dt → 0 l − q.o ,

ovvero, per q.o. x e per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni intervallo I con x ∈ I e l(I) < δil primo membro e inferiore ad ε.I punti x per i quali la precedente relazione di limite vale si dicono punti di Lebesgue di f .Dimostrazione. Per ogni razionale r, f(x) − r e integrabile e, in virtu della proposizioneprecedente, esiste un insieme eccezionale Zr tale che l(Zr) = 0 e

x /∈ Zr ⇒1

l(I)

I

|f(t) − r|dt → |f(x) − r| .

Sia Z = ∪rZr: l(Z) = 0. Sia x /∈ Z e r tale che |f(x) − r| < ε. Allora x /∈ Zr e dalladisuguaglianza |f(t) − f(x)| ≤ |f(t) − r| + |f(x) − r| si ricava immediatamente

1

l(I)

I

|f(t) − f(x)|dt ≤1

l(I)

I

|f(t) − r|dt+ ε ≤ 2ε ,

per l(I) sufficientemente piccolo. Dall’arbitrarieta di ε > 0 segue la tesi. q.e.d.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

Capitolo 6

Misure prodotto e teorema di

Fubini

6.1 Misure prodotto

Seguiremo la presentazione di Kolmogorov-Fomin[8], che considera soltanto misure prodottocomplete, e per semplicita si limita a trattare misure finite. Non e difficile estendere i risultatifondamentali al caso di misure sigma-finite.

Proposizione 1. Siano S1 e S2 due semianelli di sottoinsiemi, rispettivamente di X1 e diX2 . Allora S = S1 × S2 , cioe la famiglia degli insiemi della forma

A1 ×A2 , A1 ∈ S1 , A2 ∈ S2,

e un semianello di sottoinsiemi di X = X1 ×X2.Dimostrazione. Praticamente immediata, ricordando la definizione di semianello:Siano A,B ∈ S, allora A = A1 ×A2, B = B1 ×B2, A1, B1 ∈ S1, A2, B2 ∈ S2.a) Essendo A1 ∩B1 ∈ S1 e A2 ∩B2 ∈ S2, si ha

A ∩B = (A1 ∩B1) × (A2 ∩B2) ∈ S .

b) Sia B ⊂ A, e dunque B1 ⊂ A1 e B2 ⊂ A2. Allora

A1 = ∪pj=1Cj , C1 = B1 , A2 = ∪q

k=1Dk , D1 = B2 ,

tutte le unioni essendo disgiunte, con Cj ∈ S1, Dk ∈ S2. Allora, se B = B1 ×B2, si ha

A = A1 ×A2 = B ∪ (∪j,k,j+k>2Cj ×Dk) .

q.e.d.

Per induzione, il risultato si estende al prodotto di un numero finito arbitrario di semianelli.

69

70 Capitolo 6. Misure prodotto e teorema di Fubini

Un esempio importante e costituito dagli intervalli n−dimensionali di Rn, potenza n−esimadel semianello degli intervalli di R.

Si osservi che anche se S1 e S2 sono algebre, e quindi in particolare semianelli, possiamo soloaffermare che il loro prodotto e un semianello.

Definizione. Siano µ1 e µ2 due misure sui semianelli S1 e rispettivamente su S2. Allora,ponendo

µ(C) = µ1(A) × µ2(B) , se C = A×B ,

si definisce una misura sul semianello S = S1 × S2 .

Giustificazione. Occorre naturalmente controllare che la funzione µ e effettivamente additiva:sia allora

C = A×B = ∪nCn , Cn = An ×Bn ,

con unione finita e disgiunta, e con A,An ∈ S1 e B,Bn ∈ S2 . Viste le proprieta dei semianelli,si possono presentare A e B come unioni finite e disgiunte di elementi dei rispettivi semianelli:

A = ∪kXk , B = ∪lYl ,

in modo che C e tutti i Cn si possano scrivere come unioni finite e disgiunte di insiemi della formaXk × Yl . (Nel caso di un rettangolo del piano con i lati paralleli agli assi, si tratta dell’usualeprocedimento di far intervenire tutte le ascisse e tutte le ordinate degli estremi dei segmenti An

e Bn per ottenere una suddivisione piu fine). A questo punto il controllo dell’additivita diventaimmediato.

Proposizione. Se le misure µ1 e µ2 sono sigma-additive sui rispettivi semianelli, allora lamisura µ sopra definita e sigma additiva su S.Dimostrazione. Sia

C = A×B = ∪nCn , Cn = An ×Bn ,

con unione numerabile e disgiunta, e con A,An ∈ S1 e B,Bn ∈ S2. Per x ∈ A introduciamo lefunzioni

fn(x) =

{

0 x 6∈ An ,µ2(Bn) x ∈ An .

Per ogni x ∈ A si ha {x} ×B ⊆ C e dunque, posto

J(x) = { j | x ∈ Aj } , risulta ∪j∈J(x) Bj = B .

Si osservi che le Cn sono disgiunte, ma le An e Bn in generale non sono disgiunte.Dunque

n

fn(x) =∑

j∈J(x)

fj(x) =∑

j∈J(x)

µ2(Bj) = µ2(B) ,

per la sigma-additivita di µ2 . Ricorriamo ora alla sigma-additivita di µ1 e consideriamo la suaestensione di Lebesgue λ1. Le funzioni non negative fn(x) sono integrabili e

A

fn(x)dλ1(x) = µ2(Bn)µ1(An) = µ(Cn) ,

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A.Negro, Teoria della misura 71

inoltre si puo applicare il teorema di Beppo Levi alle ridotte della serie delle fn:

n

µ(Cn) =∑

n

A

fndλ1 =

A

n

fndλ1

A

µ2(B)dλ1 = µ2(B)µ1(A) = µ(C) .

q.e.d.

Possiamo allora considerare l’estensione di Lebesgue di µ, che indicheremo con µ = µ1 ⊗ µ2.In generale

Definizione. Siano µ1 , µ2 ... µn misure sigma additive sui semianelli S1, S2 ... Sn in X1 ,X2 ... Xn. Si dice loro prodotto l’estensione di Lebesgue di µ1×µ2...µn , definita sul semianelloprodotto, alla σ-algebra L(X), dove X = X1 ×X2 × ...×Xn e si indica con la notazione

µ = µ1 ⊗ µ2 ⊗ ...⊗ µn .

Osservazione. Non si esclude che Sk sia una σ-algebra, cioe che (Xk,Sk, µk) sia uno spaziodi misura.

Come si e detto all’inizio, i risultati precedenti sono stati dimostrati nel caso di misure finite,ma valgono anche per misure σ-finite e dunque questa definizione si estende al caso di misureσ-finite.

In particolare, se λ e la misura classica di Lebesgue su R, allora λ ⊗ λ... ⊗ λ, con n fattoripresenti, e la misura di Lebesgue su Rn.

6.2 Rappresentazioni di insiemi misurabili

Ogni insieme misurabile, a meno di un insieme di misura nulla, si puo ottenere medianteun’infinita numerabile di operazioni relativamente semplici e controllabili a partire dagli insiemielementari del semianello S in X , sul quale e inizialmente definita la misura µ sigma-additiva.Precisamente:

Teorema. Sia R l’anello generato da S (unioni finite di elementi S) Si indichi ancora conµ l’estensione di Lebesgue della misura σ-additiva inizialmente definita sul semianello e con Lla σ-algebra ottenuta mediante il prolungamento. Allora, per ogni A ∈ L, esiste B ∈ L tale cheA ⊆ B, µ(A) = µ(B) e con la seguente struttura

B = ∩nBn , B1 ⊇ B2 ⊇ ... ⊇ Bn ⊇ ... ,

Bn = ∪kBnk , Bn1 ⊆ Bn2 ⊆ ... ⊆ Bnk ⊆ ... ,

dove ogni Bnk ∈ R .Dimostrazione. Per ogni p esiste Rp ∈ R tale che

µ(A∆Rp) <1

p

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72 Capitolo 6. Misure prodotto e teorema di Fubini

e quindi si puo trovare Zp unione numerabile di elementi di S tale che

A ⊆ Zp e µ(A) ≤ µ(Zp) < µ(A) +1

p.

Possiamo allora prendere Bn = ∩np=1Zp , ottenendo una successione noncrescente, con inter-

sezione un insieme B di misura uguale a quella di A . Ma gli insiemi Bn si possono pre-sentare come unioni numerabili di elementi del semianello: Bn = ∪jSnj , Snj ∈ S , e prendendoBnk = ∪k

p=1Snj si ottiene una successione nondecrescente di elementi di R, con unione Bn. q.e.d.

Osservazione. Ovviamente, se B ha la forma sopra indicata e C = B −A, allora A e C sonodisgiunti, A = B − C e µ(C) = 0.Nel caso del semianello degli intervalli di Rn, l’insieme B e un Boreliano.

6.3 Il teorema di Fubini

Per gli integrali rispetto ad una misura prodotto vale un risultato analogo alla formula diriduzione degli integrali multipli, nota per l’integrale di Cauchy-Riemann in Rn. Ci limitiamoal caso del prodotto di due fattori, potendosi dedurre il caso generale per induzione.

Per sottoinsiemi A di un prodotto X × Y , converra utilizzare le notazioni seguenti

Ax = { y | (x, y) ∈ A } ,

Ay = { x | (x, y) ∈ A } .

Ax e la proiezione su Y della sezione di A ottenuta intersecando A con {x}×Y . Un’affermazioneanaloga vale per Ay.

Teorema (di Fubini). Siano µx e µy due misure σ-additive complete e finite (o σ-finite)negli spazi X e Y . Sia µ = µx ⊗µy il loro prodotto e f(x, y) una funzione valori reali integrabilesu un insieme A ⊆ X × Y . Allora:1) Per µx-q.o. x ∈ X la funzione f(x, ·) e integrabile su Ax, e per µy-q.o. y ∈ Y la funzionef(·, y) e integrabile su Ay, cioe esistono gli integrali

I(x) =

Ax

f(x, y)dµy , J(y) =

Ay

f(x, y)dµx ,

2) Definendo I(x) = 0 o J(y) = 0 , quando x non appartiene alla proiezione di A su X o quandoy non appartiene alla proiezione di A su Y , la funzione I risulta integrabile su X e la funzioneJ risulta integrabile su Y , cioe esistono gli integrali

X

I(x)dµx ,

Y

J(y)dµy ;

3) Vale la “formula di riduzione”∫

A

f(x, y)dµ =

X

(

Ax

f(x, y)dµy)dµx =

Y

(

Ay

f(x, y)dµx)dµy .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

A.Negro, Teoria della misura 73

Il teorema di Fubini si puo dedurre da un suo caso particolare, quello in cui f(x, y) e la fun-zione caratteristica χA dell’insieme A e allora gli integrali su Ax e Ay di f sono rispettivamenteµy(Ax) e µx(Ay).

Teorema. Siano µx e µy due misure σ-additive complete e finite (o σ-finite) negli spazi Xe Y . Sia µ = µx ⊗ µy il loro prodotto e A un sottoinsieme misurabile di X × Y . Allora:1) Per q.o. x l’insieme Ax e misurabile e per q.o. y l’insieme Ay e misurabile;2) IA(x) = µy(Ax) e JA(y) = µx(Ay) sono integrabili;3) Vale la formula

µ(A) =

X

µy(Ax)dµx =

Y

µx(Ay)dµy .

Dimostrazione. Basta dimostrare la prima uguaglianza. Per insiemi del semianello S prodotto

A = A1 ×A2 , e dunque Ax = A1 , Ay = A2 ,

il risultato e evidente. E immediato estenderlo agli elementi dell’anello R generato da S. Perinsiemi misurabili generali ricorriamo alla rappresentazione esposta nella sezione 2:

A = B − C , µ(A) = µ(B) , µ(C) = 0

e B e intersezione monotona noncrescente di unioni monotone nondecrescenti di elementi di R.Per quanto concerne B il risultato si estende usando il teorema di B. Levi, essendo

IBn(x) = lim

kIBnk

(x) , IB(x) = limnIBn

(x) ,

IBn1(x) ≤ IBn2(x) ≤ ... , IB1 ≥ IB2 ≥ ... ,

per ogni x, in vitu della continuita delle misure.Per quanto concerne C possiamo trovare un insieme D con una struttura analoga a quella di B,tale che µ(D) = µ(C) = 0 . Allora, essendo ID(x) integrabile e non negativa, si ha µy(Dx) = 0q.o. Ma Cx ⊆ Dx implica µy(Cx) = 0 q.o., per la completezza delle misure. Pertanto

µ(C) = 0 =

X

µy(Cx)dµx .

Per differenza si ottiene il risultato della tesi per A. q.e.d.

Questo teorema permette di ottenere, nel quadro della teoria generale della integrazione, laclassica interpretazione “geometrica” dell’integrale.

Proposizione. Sia A un insieme misurabile per la misura µx e f(x) una funzione non-negativa integrabile su A. In Y = R consideriamo la misura standard di Lebesgue µy = λ eprendiamo in X × Y la misura prodotto µ = µx ⊗ λ. Poniamo infine

V = { (x, y) | x ∈ A , 0 ≤ y ≤ f(x) } .

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74 Capitolo 6. Misure prodotto e teorema di Fubini

Allora

µ(V ) =

A

f(x)dµx .

Dimostrazione. Immediata, in quanto per ogni x ∈ A risulta

µy(Vx) = f(x) .

Grazie a questa proposizione, siamo ora in grado di dimostrare il teorema di Fubini.

Dimostrazione del teorema di Fubini. Consideriamo prima il caso di funzioni nonnegativef(x, y) ≥ 0. In Z = R consideriamo la misura standard di Lebesgue λ e prendiamo in E =X × Y × Z la misura prodotto

ν = µx ⊗ µy ⊗ λ = µ⊗ λ = µx ⊗ ξ ,

dove ξ = µy ⊗ λ. Posto

V = { (x, y, z) | (x, y) ∈ A , 0 ≤ z ≤ f(x, y) } ,

risulta∫

A

fdµ = ν(V ) =

X

ξ(Vx)dµx =

X

(

Ax

f(x, y)dµy)dµx .

Per funzioni generali si procede preliminarmente alla decomposizione in parte positiva e partenegativa: f = f+ − f−. q.e.d.

L’esistenza di∫

X

(

Ax

f(x, y)dµy)dµx o di

Y

(

Ay

f(x, y)dµx)dµy ,

o anche di entrambi e la loro uguaglianza, non e sufficiente per concludere che f e integrabile suA in X × Y . Rafforzando un poco l’ipotesi si ottiene un criterio di integrabilita.

Teorema di Tonelli. Sia∫

X

(

Ax

|f(x, y)|dµy)dµx = C ≤ +∞ .

Allora |f(x, y)| e integrabile in A; dunque f(x, y) e integrabile su A e il Teorema di Fubini eapplicabile.Osservazione. f(x, y) e |f(x, y)| sono simultaneamente integrabili su Ax, ma le due funzioni dix risultanti per integrazione rispetto ad y sono in generale diverse e l’integrabilita della primasu X non implica l’integrabilita della seconda.Dimostrazione. Per ogni N naturale poniamo gN = max(|f |, N) (troncamento di |f | a livelloN). Poiche stiamo trattando il caso di misure finite, le funzioni gN sono integrabili in quantomisurabili e limitate. Applicando il teorema di Fubini e considerando che gN ≤ |f | si ha

A

gN (x, y)dµ =

X

(

Ax

gN(x, y)dµy)dµx ≤ C.

InoltregN ≤ gN+1 ≤ |f | = lim

NgN .

Allora e applicabile il teorema di B.Levi e |f | risulta integrabile su A. q.e.d.

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A.Negro, Teoria della misura 75

6.4 σ(A× B)

Siano A e B due σ-algebre definite rispettivamente in X e Y . Puo essere importante consid-erare nello spazio prodotto X × Y la piu piccola σ-algebra contenente tutti gli elementi A× Bdi A× B, cioe la σ-algebra σ(A× B).

Se su A e B sono definite due misure µ e ν σ-additive, la misura prodotto µ ⊗ ν e definitasu una σ-algebra L(X × Y ) che ovviamente contiene σ(A × B).

Per le sezioni degli elementi di σ(A × B) vale il risultato interessante seguente:

Teorema. Sia S ∈ σ(A × B), allora, per ogni x ∈ X , risulta Sx ∈ B, e simmetricamente,per ogni y ∈ Y , risulta Sy ∈ A.Dimostrazione. Consideriamo la famiglia S dei sottoinsiemi S tali che per ogni x ∈ X , risultaSx ∈ B. Essa contiene tutti i prodotti P = A×B, con A ∈ A e B ∈ B, perche Px = ∅ se x /∈ Ae Px = B se x ∈ A. Basta allora controllare che S e una σ-algebra. Infatti:1) X × Y ∈ S,2) (Sc)x = (Sx)c e quindi S ∈ S ⇒ Sc ∈ S,3) (∪nSn)x = ∪n(Sn)x e dunque Sn ∈ S ⇒ ∪nSn ∈ S.q.e.d.

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76 Capitolo 6. Misure prodotto e teorema di Fubini

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Capitolo 7

Spazi Lp

7.1 Il caso 1 ≤ p < +∞

Sia (X,A, µ) uno spazio di misura. Analogamente a quanto abbiamo fatto per p = 1 nelCapitolo 2, poniamo

Lp(X,A, µ) = {f ∈ M(X,A, µ) |

X

|f(x)|pdµ(x) < +∞} .

In considerazione della ovvia disuguaglianza

(a+ b)p ≤ (2 max(a, b))p ≤ 2p(ap + bp) ,

valida per ogni coppia (a, b) di numeri non negativi, si vede che, se f, g ∈ Lp, allora f + g ∈ Lp,e dunque Lp e uno spazio vettoriale.

Osserviamo che in effetti vale la disuguaglianza piu precisa

(a+ b)p ≤ 2p−1(ap + bp) ,

che si ottiene come conseguenza immediata della disuguaglianza di Holder.

Definiamo in Lp la seminorma

||f ||p = (

X

|f(x)|pdµ(x))1/p .

Si tratta effettivamente di una seminorma, perche e non negativa, si annulla per f = 0 e sod-disfa la disuguaglianza triangolare, come e ovvio per p = 1 e come risultera dalle disuguaglianzenotevoli che ora prenderemo in considerazione per p > 1.

Disuguaglianza di Young. Sia p > 1 e si definisca l’esponente coniugato q nel modoseguente

1

p+

1

q= 1 .

77

78 Capitolo 7. Spazi Lp

E evidente che p e a sua volta l’esponente coniugato di q, che 1/2 e coniugato di se stesso e cheq tende a +∞ quando p tende a 1.Conviene anche osservare che

1

q= 1 −

1

p=p− 1

p,p

q= p− 1 ,

q

p= q − 1 =

1

p− 1.

Per a e b reali nonnegativi arbitrari risulta

ab ≤ap

p+bq

q.

Dimostrazione. Se a o b e uguale a 0 la disuguagianza e ovvia. Altrimenti dividiamo per ab edotteniamo la disuguaglianza equivalente

1 ≤1

p

ap−1

b+

1

q

bq−1

a.

Poniamo

x =ap−1

b=ap/q

be dunque

bq−1

a= x−q/p ,

f(x) = 1 −x

p−x−q/p

q.

Risulta

f(1) = 0 , f ′(x) = −1

p+

1

px−q/p−1 , f ′(1) = 0 , f ′′(x) = (−

q

p− 1)

1

px−q/p−2 ≤ 0 .

Dunque f(x) e concava, assume il valore massimo 0 per x = 1 e per ogni x positivo si haf(x) ≤ 0, q.e.d.

Disuguaglianza di Holder. Se f ∈ Lp e g ∈ Lq , dove 1 < p < +∞ e p, q sono esponenticoniugati: 1/p+ 1/q = 1 , allora

|fg| ≤|f |p

p+

|g|q

q∈ L1 e ||fg||1 ≤ ||f ||p||g||q .

Dimostrazione. La disuguaglianza si verifica immediatamente se f = 0 o g = 0. Supponiamoallora f e g non nulli. Normalizziamo f e g, ponendo

u =f

‖f‖p, v =

g

‖g‖q,

allora, per la disuguaglianza di Young

|u(x)||v(x)| ≤|u(x)|p

p+

|v(x)|q

q

e integrando su X si trova

‖uv‖1 ≤‖u‖p

p+

‖v‖q

q=

1

p+

1

q= 1 .

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A.Negro, Teoria della misura 79

E per la positiva omogeneita delle funzioni ‖ · ‖p si ottiene il risultato, che scriviamo in formaesplicita:

X

|fg|dµ ≤ (

X

|f |pdµ)1/p

X

|g|qdµ)1/q q.e.d.

Se X e un insieme finito e tutti i suoi elementi hanno misura 1, le funzioni sono sucesionifinite e gli integrali diventano somme ordinarie.In particolare se X ha solo due elementi 0 e 1, f(0) = a ≥ 0, f(1) = b ≥ 0 e g e costante ugualea 1:

a+ b ≤ (ap + bp)1/p(1q + 1q)1/q e (a+ b)p ≤ 2p−1(ap + bp) .

Dalla disuguaglianza di Holder segue la disuguaglianza di Minkowski (o disuguaglianzatriangolare): se f, g ∈ Lp allora

||f + g||p ≤ ||f ||p + ||g||p .

Dimostrazione. Se f + g = 0 il risultato e immediato. Altrimenti:

X

|f + g|pdµ ≤

X

|f + g|p−1|f |dµ+

X

|f + g|p−1|g|dµ ≤

≤ (

X

|f + g|q(p−1)dµ)1/q ((

X

|f |pdµ)1/p + (

X

|g|pdµ)1/p) .

Ma essendo q(p− 1) = p, si trova

(

X

|f + g|pdµ)1−1/q ≤ (

X

|f |pdµ)1/p + (

X

|g|pdµ)1/p) . q.e.d.

Per ottenere uno spazio normato, introduciamo la relazione di equivalenza

f ∼ g ⇔ f(x) = g(x) q.o. in X

e definiamo Lp(X,A, µ) come spazio quoziente di Lp rispetto a tale relazione di equivalenza:Lp = Lp/ ∼ . Come per L1 le classi di equivalenza vengono spesso, con abuso di linguaggio,dette funzioni e indicate con un loro rappresentante. Tutti i rappresentanti di una classe hannola stessa seminorma e per F ∈ Lp si pone

||F ||p = ||f ||p dove f ∈ F .

Teorema. Lp e uno spazio normato completo cioe uno spazio di Banach. Inoltre da ognisuccessione convergente in norma || · ||p si puo estrarre una sottosuccessione convergente q.o. inX (l’intera successione potrebbe non convergere q.o.).Cenno di dimostrazione. Si procede come nel caso di L1 , considerando le ridotte FN (x) dellaserie

F (x) =

+∞∑

j=1

|fnj(x) − fnj−1(x)| ,

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80 Capitolo 7. Spazi Lp

dove si pone fn0 = 0 e le fnjsono scelte in modo che ||fnj

− fnj−1 ||p < 1/2k, per j > 1 . Per ladisuguaglianza triangolare

||FN ||p ≤N

j=1

|||fnj− fnj−1 ||p ≤ C .

Cioe∫

X|FN |pdµ < Cp e alle F p

N , che costituiscono una successione nondecrescente, e pertantoapplicabile il teorema di B.Levi: esse convergono q.o. ad una funzione integrabile G, la serieconverge e ovviamente F = G1/p . Si deduce allora che esiste una funzione f tale che

fnj(x) → f(x) q.o. , |fnj

|p, |f |p ≤ G , f ∈ Lp e ||fnj− f ||p → 0 .

q.e.d.

Teorema. Le combinazioni lineari (finite) delle funzioni caratteristiche degli insiemi mis-urabili sono dense in Lp, ovvero {χA}A∈A e una famiglia totale in Lp.Dimostrazione.1) Le funzioni semplici in Lp sono dense in Lp . Infatti se f ∈ Lp e se si pone

per f(x) ∈ [k/n, (k + 1)/n[ : fn(x) = k/n o (k + 1)/n ,

secondo che |k|/n < |k+1|/n o |k|/n > |k+1|/n , risulta: fn e semplice, |fn|p ≤ |f |p e fn ∈ Lp,fn converge uniformemente ad f e dunque

||fn − f ||pp =

X

|fn(x) − f(x)|pdµ ≤ µ(X)/np → 0 ,

per n→ +∞ e quindi fn converge ad f in Lp .2) Sia g una funzione semplice in Lp:

g =

+∞∑

k=1

ykχAke

+∞∑

k=1

|yk|pµ(Ak) < +∞ ,

dove yk sono i valori distinti di g e Ak gli insiemi misurabili (disgiunti) sui quali g vale yk .Allora, posto

gN =

N∑

k=1

ykχAk,

si ha

||g − gN ||pp =

+∞∑

K=N+1

|yk|pµ(Ak) → 0

per N → +∞ . Dunque le combinazioni lineari finite di funzioni caratteristiche di insiemi mis-urabili sono dense nell’insieme delle funzioni semplici in Lp, e per il punto 1) sono dense in Lp.q.e.d.

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A.Negro, Teoria della misura 81

7.2 Il caso p = +∞

Per f misurabile, introduciamo la quantita (essential supremum)

||f ||∞ = ess.supx∈X |f(x)| = inf{M ≥ 0 | |f(x)| ≤M q.o.} =

= infN∈N

supx/∈N

|f(x)| ,

dove N e la famiglia dei sottoinsiemi di X di misura nulla.

Definizione:L∞(X,A, µ) = {f ∈ M(X,A, µ) | ||f ||∞ < +∞} .

Osservazione. Se f ∈ L∞ allora |f(x)| ≤ ||f ||∞ q.o. ed esiste N ∈ N tale chesupx/∈N |f(x) = ||f ||∞.Infatti sia

|f(x)| ≤ ||f ||∞ +1

nsu X −Nn , Nn ∈ N .

Allora

∀n |f(x)| ≤ ||f ||∞ +1

nsu X −N , N = ∪nNn ∈ N ,

e quindi |f(x)| ≤ ||f ||∞ su X−N . Per la definizione di ||f ||∞, non puo essere supx∈X−N |f(x)| <||f ||∞.

Considerando la solita realzione di equivalenza ∼ che pone in una stessa classe funzioni ugualiq.o., si definisce allora

L∞(X,A, µ) = L∞(X,A, µ)/ ∼ .

Se F ∈ L∞ e f ∈ F si pone ||F ||∞ = ||f ||∞ (tutti i rappresentanti di F hanno la stessa semi-norma). Ovviamente ||F ||∞ e una norma in L∞.

Teorema. L∞ e uno spazio normato completo, cioe uno spazio di Banach.Dimostrazione. Sia Fn una successione di Cauchy in L∞ e fn ∈ Fn :

|fn(x) − fm(x)| ≤ ||fn − fm||∞ su X − Yn,m Yn,m ∈ N ,

e quindi su X − Y , con Y = ∪n,mYn,m ∈ N . Pertanto fn converge uniformemente in X − Yad una funzione linite f limitata, che puo essere prolungata arbitrariamente a Y ottenendo unelemento di L∞. Se F = [f ],

F = limnFn in L∞ .

q.e.d.

7.3 Risultati di immersione

Teorema (di immersione). Sia µ(X) < +∞ e 1 ≤ q ≤ p ≤ +∞ allora

Lp(X) ⊆ Lq(X) e ||f ||q ≤ µ(X)1/q−1/p||f ||p ,

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82 Capitolo 7. Spazi Lp

(per p = +∞ in luogo di 1/p si deve porre 0 )Cioe Lp e immerso con continuita in Lq; in particolare la convergenza in norma Lp implica quellain norma Lq.Inoltre

limq→+∞

||f ||q = ||f ||∞ .

Dimostrazione. Per p = +∞ e per p = q l’immersione e la sua continuita sono evidenti. Se1 ≤ q < p < +∞ , usando la disuguaglianza di Holder:

||f ||qq =

X

1 · |f |qdµ ≤ (

X

(|f |q)sdµ)1/s(

X

1s′

dµ)1/s′

,

dove si e posto

s =p

q,

1

s+

1

s′= 1 , s′ =

s

s− 1=

p

p− q.

Dunque

||f ||qq ≤ ||f ||qp · (µ(X))p−q

p .

Infine, se f ∈ L∞, da un lato si ha

lim supq→+∞

(

X

|f |qdµ)1/q ≤ lim supq→+∞

(µ(X))1/q||f ||∞ = ||f ||∞ ,

dall’altro, per definizione di “ess.sup”, per ogni ε , esiste un insieme misurabile A con µ(A) > 0sul quale |f(x)| ≥ ||f ||∞ − ε, e quindi

lim infq→+∞

(

A

|f |qdµ)1/q ≥ lim infq→+∞

(µ(A))1/q(||f ||∞ − ε) = ||f ||∞ − ε .

Per l’arbitrarieta di ε, si trova ||f ||∞ = limq ||f ||q. q.e.d.

Se la misura non e finita non vale il precedente teorema di immersione.

7.4 Spazi lp

Gli spazi lp(C) di successioni a valori in C si definiscono nel modo seguente. Per 1 ≤ p < +∞si pone:

lp = {a = (a0, a1, ...) ∈ CN |+∞∑

n=0

|an|p < +∞} ,

con

||a||p = (+∞∑

n=0

|an|p)1/p .

Per p = +∞ si pone

l∞ = {a = (a0, a1, ...) ∈ CN | supn

|an| < +∞} ,

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A.Negro, Teoria della misura 83

con

||a||∞ = supn

|an| < +∞ .

Se si considera lo spazio discreto N munito della sigma-algebra di tutti i suoi sottoinsiemi edella misura δ che ad ogni insieme costituito da un solo punto n associa il valore 1: δ({n}) = 1, si puo identificare lp con Lp(N,P(N), δ) . Infatti ogni successione definisce una funzionemisurabile a(n) = an e:

+∞∑

n=0

|an|p =

N

|a|pdδ .

Il risultato di completezza degli spazi Lp vale anche se la misura non e finita e quindi gli spazilp sono spazi di Banach.

La completeza di lp si puo dismostrare direttamente: sia an = (an0 , a

n1 , ...) una successione

(di successioni) di Cauchy in lp. Dato ε > 0, per n,m sufficientemente grandi:

+∞∑

k=0

|ank − am

k |p ≤ ε .

In particolare, per ogni k risulta |ank − am

k |p ≤ ε e {amk }k e una successione di Cauchy in C. Sia

ak = limm amk . Per ogni K si ha

K∑

k=0

|ank − am

k |p ≤ ε

e passando al limite per m→ +∞

K∑

k=0

|ank − ak|

p ≤ ε .

Dunque per K → +∞+∞∑

k=0

|ank − ak|

p ≤ ε .

Poiche per n sufficientemente grande an − a ∈ lp, essendo an ∈ lp, si ottiene a ∈ lp (si ricordiche per x, y ≥ 0 si ha (x+ y)p ≤ 2p−1(xp + yp)). Allora, per l’arbitrarieta di ε

limn→+∞

||an − a||p = 0 .

q.e.d.

Per gli spazi lp vale un risultato di immersione sostanzialmente contrario a quello visto nelcaso di misure generali ma finite.

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84 Capitolo 7. Spazi Lp

Teorema. Sia 1 ≤ q ≤ p ≤ +∞ . Allora lq ⊆ lp con immersione continua, e precisamente

||a||p ≤ ||a||q .

Dimostrazione. Per p < +∞ sia c = a/||a||q :

+∞∑

k=0

|ck|q = 1 .

Allora, essendo per ogni k |ck| ≤ 1 , si ha |ck|p ≤ |ck|q e

+∞∑

k=0

|ck|p ≤ 1 .

Quindi ||c||p ≤ 1 , da cui segue immediatamente la tesi.Se q < p = +∞ e a ∈ lq si ha |ak| → 0 per k → +∞ . Sia allora j tale che |aj | = maxk |ak| . Siha immediatamente

||a||∞ = supk

|ak| = |aj | ≤ (∑

k

|ak|q)1/q = ||a||q .

q.e.d.

Osservazione. Le disuguaglianze ottenute valgono ovviamente anche per successsioni finite.Dunque se x1, x2...xn sono numeri non negativi e q ≤ p si ha

(xp1 + xp

2 + ...+ xpn)q ≤ (xq

1 + xq2 + ...+ xq

n)p .

7.5 Densita di funzioni continue

Vediamo ora un risultato importante di densita nel caso in cui lo spazio X e strutturato siacome spazio di misura che come spazio metrico.

Teorema. Nelle ipotesi1) (X,A, µ) e uno spazio di misura (µ(X) < +∞);2) (X, d) e uno spazio metrico;3) La famiglia B dei Boreliani (per la topologia indotta dalla distanza d) e contenuta in A :B ⊆ A ;4) Ogni insieme misurabile puo essere approssimato in misura, tanto bene quanto si vuole,mediante aperti contenenti e chiusi contenuti: indicando con O e F gli aperti e chiusi di X ,

∀ε > 0∀A ∈ A ∃Oε ∈ O∃Fε ∈ FFε ⊆ A ⊆ Oε e µ(Oε − Fε) < ε ,

o come si dice la misura µ e regolare. Allora, per 1 ≤ p < +∞, le funzioni continue e limitate(Cb) in X costituiscono un sottospazio denso in Lp:

Cb(X ;R) e denso in Lp(X,A, µ;R) .

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A.Negro, Teoria della misura 85

(In generale non tutte le funzioni continue hanno potenza p-esima integrabile).Dimostrazione. Ricordando che le funzioni caratteristiche χA degli insiemi misurabili formanouna famiglia totale in Lp , e sufficiente approssimare tali funzioni con funzioni continue. Infattise f ∈ Lp , dato ε > 0, esistono ν, ck, Ak tali che

||f −ν

k=1

ckχAk||p < ε/2 .

Se e possibile trovare φk continua e limitata tale che ||χAk− φk|| < ε/2|ck|ν , allora

||f −ν

k=1

ckφk||p < ε .

Siano dunque: A misurabile, ε positivo, Oε e Fε un aperto ed un chiuso con le proprieta indicateal punto 4) delle ipotesi. Poniamo

φε(x) =d(x,X −Oε)

d(x, Fε) + d(x,X −Oε),

dove, come abitualmente, d(x,E) e definita da

d(x,E) = infy∈E

d(x, y)

e risulta continua, perche

infy∈E

d(x, y) ≤ infy∈E

(d(x′, y) + d(x, x′)) ,

da cui d(x,E) ≤ d(x′, E) + d(x, x′). Scambiando x con x′ si ha d(x′, E) ≤ d(x,E) + d(x′, x) equindi

|d(x,E) − d(x′, E)| ≤ d(x, x′) .

La funzione φε e ben definita, continua, assume valori compresi tra 0 e 1, vale 1 su Fε e 0 sulcomplementare di Oε, che e chiuso. Infine

X

|χA − φε|pdµ ≤ 1 · µ(Oε − Fε) < ε .

q.e.d.

Proposizione. In uno spazio metrico, se la σ-algebra A coincide con la σ-algebra deiBoreliani B, allora la misura e regolare.Dimostrazione. Sia F la famiglia dei sottoinsiemi di X che si possono approssimare tanto benequanto si vuole mediante chiusi contenuti e aperti contenenti. Se F e chiuso allora F ∈ F .Infatti, dato ε > 0, si puo prendere Fε = F e, in virtu della continuita della misura (finita)lungo successioni decrescenti, trovare un aperto Oε con le proprieta richieste tra gli insiemiaperti An = { x | d(x, F ) < 1/n }, i quali appunto formano una successione decrescente conF = ∩nAn. Basta allora dimostrare che F e una σ-algebra, essendo B la minima σ-algebra a

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86 Capitolo 7. Spazi Lp

cui appartengono tutti i chiusi. Sia dunque An ∈ F e si scelgano Fn, chiusi, e On, aperti, taliche

Fn ⊆ An ⊆ On , µ(On − Fn) <ε

2n+1.

PostoOε = ∪nOn , Fε = ∪n<NFn ,

con N tale che µ(∪nFn − Fε) < ε/2, si ottengono un aperto ed un chiuso tali che

Fε ⊆ ∪nAn ⊆ Oε e µ(Oε − Fε) < ε .

Dunque F e chiuso rispetto alle operazioni di unione numerabile, ed essendo ovviamente chiusoper operazioni di passaggio al complementare, e una σ-algebra. q.e.d.

Proposizione. La misura di Lebesgue l su un intervallo limitato di Rn e regolare.Dimostrazione. Sia A misurabile. Allora esiste B, unione finita di intervalli Rj disgiunti, e Cunione numerabile di intervalli Sk disgiunti, tali che

l(A∆B) < ε , B = ∪Nj=1Rj , A∆B ⊆ C = ∪+∞

k=1Sk , l(C) < ε .

Consideriamo degli intervalli aperti Raj e Sa

k ottenuti per dilatazione degli intervalli Rj e Sk inmodo che

l(Raj −Rj) <

ε

N, l(Sa

k − Sk) <ε

2k.

Allora, postoBa = ∪jR

aj , C

a = ∪kSak , O = Ba ∪ Ca ,

si hal(Ba −B) < ε , l(Ca − C) < ε , l(Ca) < 2ε ,

O = Ca ∪B ∪ (Ba −B) ⊇ (A∆B) ∪B ⊇ A , O −A ⊆ Ca ∪ (A∆B) ∪ (Ba −B) .

Dunque O e un aperto contenente A e l(O −A) < 4ε.In modo analogo possiamo trovare un aperto O∗ contenente Ac tale che, indicando con F ilchiuso complementare di O∗, ovviamente contenuto in A, si abbia l(O∗ −Ac) = l(A− F ) < 4ε.E la proposizione e dimostrata.

La densita delle funzioni continue integrabili in L1 permette di stabilire un legame impor-tante tra le funzioni misurabili e le funzioni continue, presentato nel seguente enunciato.

Teorema (Lusin). Sia µ una misura completa, finita e regolare in uno spazio metrico X .Data una funzione reale f misurabile ed un numero ε > 0, esiste un sottoinsieme Z tale che larestrizione di f a Z e continua e µ(X − Z) < ε.Dimostrazione. Posto En = { |f | > n }, essendo f ovunque finita, si ha

∅ = ∩nEn , En+1 ⊆ En , limnµ(En) = 0 .

Sia allora Y = EcN , con µ(EN ) < ε/2. Y e un sottospazio metrico di X e, essendo misurabile,

la restrizione di µ a Y e ancora completa, finita e regolare. Infatti la σ-algebra dei sottoinsiemimisurabili di Y contiene tutti gli aperti relativi, traccia degli aperti di X su Y , e, se

A ⊆ Y, F ⊆ A ⊆ O , µ(O − F ) < η ,

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A.Negro, Teoria della misura 87

con F chiuso inX e O aperto inX , allora F e chiuso in Y , O′ = O∩Y aperto in Y e µ(O′−F ) < η.La restrizione g di f a Y e limitata e quindi in L1. Sia gk una successione di funzioni contineintegrabili convergente in L1(Y ) a g. Sia g∗k una sottosuccessione di gk convergente q.o. in Ya g. Per il teorema di Egorov esiste Z ⊆ Y tale che µ(Y − Z) < ε/2 e la convergenza dellefunzioni continue g∗k su Z e uniforme. Allora la restrizione di g e quindi di f a Z e continua. q.e.d.

Osservazione. Nella dimostrazione precedente si e vista la conservazione della regolaritapassando ad un sottospazio. Tale tema poteva essere omesso, considerando la funzione gN

uguale a g su Y e ad N su X − Y , e approssimandola in L1(X) mediante funzioni continuein X . Estraendo una sottosuccessione convergente q.o. in X e restringendola a Y , si potevaconcludere, sempre in vitu del teorema di Egorov, solo sulla base del fatto che la restrizione diµ a Y e completa e finita.

7.6 Il duale di L1

Ogni funzionale lineare e continuo F (f) da L1 in R, cioe ogni elemento del duale topologico(L1)′ di L1, puo essere rappresentato mediante l’integrale del prodotto dell’argomento f conun elemento g di L∞ univocamente associato a F . Questo risultato, che si dimostra facilmentericorrendo al teorema di Radon-Nikodym, puo essere utilmente confrontato con il classico teo-rema di rappresentazione di Riesz negli spazi di Hilbert.

Teorema. Sia (X,A, µ) uno spazio di misura σ-finito, L1 = L1(X,A, µ;R), e F ∈ (L1)′ =L(L1;R). Allora esiste un unico elemento g ∈ L∞ = L∞(X,A, µ;R) tale che

∀f ∈ L1 F (f) =

X

fgdµ e ‖F‖∗ = ‖g‖∞ .

Viceversa, se g ∈ L∞, l’applicazione

F : f 7→

X

fgdµ

definisce un elemento di L(L1;R), con ‖F‖∗ = ‖g‖∞.

Dimostrazione. Supporremo, solo per semplicita, che la misura sia finita.Osserviamo in primo luogo che se F (f) =

Xfgdµ si ha

|F (f)| ≤

X

|f |‖g‖∞dµ = ‖g‖∞‖f‖1

e quindi F e lineare e continuo con ‖F‖∗ ≤ ‖g‖∞.Essendo, per ogni insieme misurabile A

|

X

χAgdµ| = |F (χA)| ≤ ‖F‖∗‖χA‖1 = ‖F‖∗µ(A) ,

si ha |g| ≤ ‖F‖∗ q.o. Infatti, per ogni ε > 0, si ha

‖F‖∗‖χ{ g≥‖F‖∗+ε }‖1 ≥

X

gχ{ g≥‖F‖∗+ε }dµ ≥ (|F‖∗ + ε)‖χ{ g≥‖F‖∗+ε }‖1

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88 Capitolo 7. Spazi Lp

e dunque µ({ g ≥ ‖F‖∗ + ε }) = 0. In modo analogo si vede che µ({ −g ≤ −(|F‖∗ + ε) }) = 0.Dunque, posto Gn = { |g| ≥ ‖F‖∗ + 1/n } e G = { |g| > ‖F‖∗ }, si ha µ(G) = µ(∪nGn) ≤∑

n µ(Gn) = 0.Allora ‖F‖∗ = ‖g‖∞ e la seconda parte della tesi e dimostrata. Inoltre e immediato verificareche l’applicazione g 7→ F e iniettiva: se g e g∗ individuano lo stesso funzionale, si deve avere perogni f ∈ L1

X

(g − g∗)fdµ = 0 e dunque

X

(g − g∗)2dµ = 0 ,

cioe g = g∗ in L∞.Dato ora F lineare e continuo, introduciamo la misura

φ(A) = F (χA) , A ∈ A .

Se A = ∪nAn, con unione disgiunta, per la σ-additivita di µ o dell’integrale rispetto a µ, si ha

µ(A) = ‖χA‖1 =∑

n

‖(χAn)‖1 =

n

µ(An)

e la serie χA =∑

n χAnconverge, oltre che puntualmente, in L1. Per la linearita e comtinuita

di F ,

φ(A) = F (χA) =∑

n

F (χAn) =

n

φ(An)

e φ e una misura σ-additiva. Inoltre φ e assolutamente continua rispetto a µ, perche

|φ(A)| = |F (χA)| ≤ ‖F‖∗‖χA‖1 = ‖F‖∗µ(A) .

Per il teorema di Radon-Nikodym esiste g ∈ L1 tale che

F (χA) = φ(A) =

A

gdµ =

X

gχAdµ .

Ma allora, per la densita delle combinazioni lineari finite delle χA in L1, i due funzionali linearie continui F (f) e

X fgdµ coincidono. q.e.d.

Abbiamo quindi un isomorfismo, cioe una bijezione lineare e isometrica, tra (L1)′ e L∞. Piuin generale vale il

Teorema. Per 1 ≤ p < +∞ il duale topologico di Lp e isomorfo a Lq, dove q e l’esponenteconiugato di p (per p = 1 si ha q = +∞).

7.7 Il duale di C([a, b]). Misure di Radon

Ogni funzionale lineare e continuo su C([a, b]) si puo rappresentare come un integrale di Stielt-jes sull’intervallo [a, b] rispetto ad una misura con segno generata da una funzione a variazionelimitata. Questo risultato, che verra enunciato precisamente in seguito, si ottiene facilmente dalseguente teorema di rappresentazione.

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A.Negro, Teoria della misura 89

Teorema di Riesz. Sia L un funzionale lineare positivo su C([a, b]), cioe tale che f ≥0 ⇒ L(f) ≥ 0. Allora L e limitato ed esiste un’unica misura (positiva) di Lebesgue-Stieltjesµ, generata da una funzione monotona non decrescente continua a sinistra F e da un valoreF (b+ 0), tale che per ogni f ∈ C([a, b])

L(f) =

[a,b]

fdµ =

∫ b

a

f(x)dF (x) =

[a,b[

f(x)dF (x) + f(b)(F (b+ 0) − F (b)) .

F e F (b + 0) sono individuati da L a meno di una costante additiva. Inoltre ||L|| = µ([a, b]) =F (b+ 0) − F (a).Dimostrazione. Essendo L positivo, esso e monotono e quindi, per ogni f , si ha

−|f | ≤ f ≤ |f | ≤ ||f || ⇒ |L(f)| ≤ L(|f |) ≤ L(1)||f || .

Dunque L e limitato e ||L|| = L(1).Osserviamo che C = C([a, b]) e somma diretta del sottospazio Cb delle funzioni che si annullanoin b e del sottospazio K, di dimensione 1, delle funzioni costanti: f = f b + f(b). Per la linearitaL(f) = L(f b) + f(b)L(1).Definiamo la funzione

F (x) = sup0≤f≤χ[a,x[

L(f) .

Naturalmente F (a) = 0, essendo χ[a,a[ = χ∅ ≡ 0 e L(0) = 0.F (x) risulta monotona nondecrescente. Infatti, se y < x, la funzione g ≥ 0 continua, uguale a 1tra a e y, lineare (decrescente) in [y, x] e nulla in [x, b] maggiora χ[a,y[ ed e maggiorata da χ[a,x[.Dunque F (y) ≤ L(g) ≤ F (x).Inoltre F e continua a sinistra. Infatti, dato ε > 0 arbitrario, sia

0 ≤ g ≤ χ[a,x[ tale che F (x) − ε < L(g) ≤ F (x)

e sia gh(x) = g(x+ h) la traslata di g di −h, con 0 < h < δ e δ sufficientemente piccolo in modoche ||gh − g||∞ < ε, come possibile per la continuita uniforme di g. Allora si ha

0 ≤ gh ≤ χ[a,x−h[ , |L(gh) − L(g)| < ||L||ε e

F (x) ≥ F (x − h) ≥ L(gh) ≥ L(g) − ||L||ε ≥ F (x) − (1 + ||L||)ε .

La funzione monotona F induce su [a, b[ una misura di Lebesgue-Stieltjes µ, che si puo estenderea [a, b] ponendo F (b+ 0) = F (b+ 0) − F (a) = L(1).Si osservi che se O e un intervallo aperto ]x, y[ e g e una funzione continua tale che g ≤ χO

allora L(g) ≤ µ(O). Infatti, per ogni ε > 0, sia gh ∈ C (h > 0 sufficientemente piccolo)con 0 ≤ gh ≤ χ]x+h,y[, ||g − gh|| < ε, dunque |L(g) − L(gh)| ≤ ||L||ε, e sia fh ∈ C con0 ≤ fh ≤ χ[a,x+h[ tale che F (x+h)− ε < L(fh) ≤ F (x+h). Allora fh e gh si annullano in x+he 0 ≤ fh + gh ≤ χ[a,y[. Pertanto

µ(]x, y[) ≥ µ([x + h, y[) = F (y) − F (x+ h) ≥ L(fh + gh) − F (x+ h) ≥

≥ L(gh) − ε ≥ L(g) − ||L||ε− ε .

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90 Capitolo 7. Spazi Lp

Per l’arbitrarieta di ε si ha, come preannunciato, µ(O) ≥ L(g).Per ottenere una rappresentazione in forma integrale di L basta verificare che per ogni f ∈ C

L(f) ≤

[a,b]

f(x)dF (x) ,

perche in tal caso si ha anche

−L(f) = L(−f) ≤

[a,b]

(−f(x))dF (x) = −

[a,b]

f(x)dF (x)

e dunque vale il segno di uguaglianza.Ricordiamo che per la funzione continua f l’integrale di Lebesgue-Stieltjes

[a,b[fdµ, coincide

con quello di Riemann-Stieltjes, limite di somme integrali.Sia allora: ε > 0, |f(y)−f(z)| < ε per |y−z| < 3h, [a, b[= ∪n

j=1Ij , Ij = [xj−1, xj [ per 1 ≤ j ≤ n,xj = a+ jh, nh = b− a, tj ∈ Ij , yj = f(tj) e

|

[a,b[

f(x)dµ(x) −∑

j

yj(F (xj) − F (xj−1))| < ε .

La misura µ e regolare sui Boreliani e quindi possiamo considerare degli aperti di [a, b[ Oj ⊃ Ijtali che µ(Oj−Ij) < ε/n. Possiamo prendereOj =]xj−1−δ, xj [ per 1 < j ≤ n, O1 = I1 = [x0, x1[,con δ < h, sufficientemente piccolo, e tale che si abbia anche F (b) − F (b − δ) < ε.Sia, per 1 < j ≤ n, gj la funzione continua, uguale a 1 su ]xj−1, xj − δ[, lineare a tratti in Oj

e nulla fuori di Oj . Sia inoltre: g1 continua, uguale a 1 su [x0, x1 − δ], lineare in [x1 − δ, x1] enulla oltre x1; e gn+1 continua, nulla fino a b− δ, tale che gn+1(b) = 1 e lineare in [b− δ, b].Si verifica immediatamente (basta tracciare i grafici delle gj) che

j gj ≡ 1. Dunque∑

j gjf = fe gjf ≤ (yj + ε)gj. In particolare gn+1 = 1 − σ, con

σ =n

k=1

gk , e L(gn+1) = L(1) − L(σ) ≤ F (b + 0) − F (b− δ) ≤ F (b + 0) − F (b) + ε ,

perche χ[a,b−δ[ ≤ σ.Possiamo allora concludere, ponendo s = F (b+ 0) − F (b):

L(f) =∑

j

L(gjf) ≤∑

j

(yj + ε)L(gj) ≤n

j=1

yjµ(Oj) + yn(s+ ε) + εL(1) ≤

≤∑

j

yjµ(Ij) +∑

j

yjε

n+ yn(s+ ε) + εL(1) ≤

j

yjµ(Ij) + yns+ (2||f || + L(1))ε =

=∑

j

yj(F (xj) − F (xj−1)) + yn(F (b + 0) − F (b)) + (2||f || + L(1))ε ≤

[a,b[

f(x)dµ(x) + f(b)(F (b+ 0) − F (b)) + (1 + s+ 2||f || + L(1))ε .

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Per l’arbitrarieta di ε, si trova

L(f) =

∫ b

a

f(x)dF (x) =

[a,b]

fdµ .

Infine, per ogni f ∈ C,

|L(f)| ≤ ||f ||(F (b + 0) − F (a)) = µ([a, b])||f ||

e dunque ||L|| ≤ µ([a, b]). Ma per f ≡ 1 si ha L(1) = µ([a, b]) e quindi

||L|| = L(1) = µ([a, b]) = (F (b + 0) − F (a)) .

q.e.d.

* * *

Il risultato precente riguarda un intervallo compatto dell’asse reale, ma puo essere estesoa qualunque spazio localmente compatto (quindi separato). Proponiamo,senza dimostrazione,per la quale si rimanda per esempio a Rudin[10], il segeuente teorema. Ricordiamo che C0(X)indica lo spazio delle funzioni continue (che ci limiteremo a considerare a valori reali) in tuttoX e a supporto compatto. Naturalmente se X e compatto C0(X) = C(X).

Teorema. Sia Sia X uno spazio topologico localmente compatto (ogni punto di X ammetteun intorno compatto) e σ-compatto (X e unione numerabile di insiemi compatti; si dice ancheche X e numerabile all’infinito). Sia L un funzionale lineare e positivo su C0(X). Allora esisteuna σ-algebra A contenente la famiglia B dei Boreliani ed esiste un’unica misura positiva µ suA tali che:

1) per ogni compatto K si ha µ(K) < +∞;2) µ e regolare, nel senso che per ogni A ∈ A e per ogni ε > 0 esistono un aperto O ed un chiusoF tali che

F ⊆ A ⊆ O e µ(O − F ) < ε ;

3) per ogni A ∈ Aµ(A) = inf{ µ(O) | A ⊆ O , O aperto } ;

4) per ogni A ∈ A, se µ(A) < +∞ o, anche se, pur non avendo misura finita, A e un Boreliano

µ(A) = sup{ µ(K) | A ⊇ K , K compatto } ;

(le proprieta 3) e 4) sono conseguenza della regolarita; alcuni autori dicono regolare una misurase per essa le proprieta 3) e 4) valgono per tutti i Boreliani);5) (X,A, µ) e uno spazio di misura completo;6) L si rappresenta mediante µ, nel senso che

∀f ∈ C0(X) L(f) =

X

fdµ .

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92 Capitolo 7. Spazi Lp

Osservazioni. Un risultato lievemente meno forte si ottiene anche se X non e σ-compatto. Seinvece si suppone che, non soltanto X sia σ-compatto, ma che ogni suo sottoinsieme aperto siaσ-compatto, allora si puo dimostrare che ogni misura positiva su B e regolare, risultato analogoa quello visto per misure finite in spazi metrici.Ovviamente ogni spazio compatto e σ-compatto. Invece uno spazio σ-compatto potrebbe nonessere localmente compatto, come potrebbe ammettere dei sottoinsiemi aperti non σ-compatti.

Cenni relativi alla costruzione di A e µ. Per semplicita consideriamo uno spazio X compatto.In primo luogo si definisce µ per ogni aperto O di X nel modo seguente:

µ(O) = sup0≤f≤χO, f∈C(X)

L(f) .

Si introduce quindi la corrispondente misura esterna, ponendo per ogni sottoinsieme S di X

µ∗(S) = infA⊆O

µ(O) ,

dove O e un arbtrario insieme aperto. Si constata che effettivamente µ∗ e σ-subadditiva. Risultaσ-additiva sulla famiglia dei compatti e piu in generale sulla famiglia A degli insiemi A per iquali

µ∗(A) = supK⊆A

µ∗(K) ,

dove K e un arbitrario insieme compatto. Tutti gli aperti O sono in A e per essi µ(O) = µ∗(O).Si verifica che A e una sigma-algebra e che la restrizione µ di µ∗ ad A e sigma-additiva. Lospazio (X,A, µ) ha tutte le proprieta elencate nella tesi del teorema.

Ricordiamo la seguente definizione (Federer[5]).

Definizione. Una misura (o una misura esterna) µ su uno spazio X localmente compattoe separato si dice misura di Radon se e solo se valgono le proprieta seguenti:1) µ(K) < +∞ per ogni compatto di X ,2) per ogni aperto O di X si ha

µ(O) = sup{ µ(K) | K e compatto e K ⊆ O } ,

3) per ogni insieme A misurabile (o per ogni sottoinsieme A di X) si ha

µ(A) = inf{ µ(O) | O e aperto e A ⊆ O } .

Le misure sopra associate a funzionali lineari positivi sono dunque misure di Radon.

& & &

Lo spazio C = C([a, b]) e parzialmente ordinato dalla relazione f ≤ g (ovvero per ogni x di[a, b] f(x) ≤ g(x)). Piu precisamente esso e uno spazio di Riesz (Bourbaki[2]).

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Definizione. Uno spazio vettoriale X su R e uno spazio di Riesz se e solo se:1) X e munito di una relazione d’ordine (parziale) compatibile con la struttura di spazio vetto-riale, cioe:i) qualsiansi x, y, z ∈ X si ha x ≤ y ⇒ x+ z ≤ y + z,ii) qualsiansi x, y ∈ X e λ > 0 si ha x ≤ y ⇒ λx ≤ λy;2) qualsiansi x, y ∈ X esistono in X x ∨ y = sup(x, y) e x ∧ y = inf(x, y). (sup(x, y) e definitocome (unico) elemento che maggiora x e y ed e ≤ di ogni maggiorante di x e y; inf(x, y) e definitoanalogamente.)

In uno spazio di Riesz si pone, come usuale:

x+ = x ∨ 0 , x− = −(x ∧ 0) , |x| = x+ + x−

e quindi ogni elemento x si puo presentare come differenza di due elementi positivi, essendocanonica la presentazione:

x = x+ − x− , x+ ≥ 0 , x− ≥ 0 .

Ogni funzionale L lineare e continuo su C si puo scrivere come differenza di due funzionalipositivi.Infatti, poniamo per f ≥ 0

L+(f) = sup0≤g≤f

L(g) .

Allora si ha1) |L+(f)| ≤ ||L||||f ||, perche |L(g)| ≤ ||L||||g|| e 0 ≤ g ≤ f ⇒ ||g|| ≤ ||f ||;2) per λ ≥ 0 risulta L+(λf) = λf ;3) L+(f + f ′) = L+(f) + L+(f ′), perche

sup0≤h≤f+f ′

= sup0≤g≤f

sup0≤g′≤f ′

(L(g) + L(g′)) ,

in quanto per ogni h tale che 0 ≤ h ≤ f + f ′ si ha h = f ∧ h+ (h− f) ∨ 0 con 0 ≤ f ∧ h ≤ f e0 ≤ (h− f) ∨ 0 ≤ f ′.Estendendo poi L+ mediante la formula

L+(f) = L+(f+) − L+(f−) ,

si ottiene un funzionale lineare e positivo.Inoltre, posto, per f ≥ 0:

L−(f) = − inf0≤g≤f

L(g) ,

e L−(f) = L−(f+) − L−(f−) per f generica, si vede in modo analogo che L− e un funzionalelineare e positivo. Vale allora la decomposizione

L(f) = L+(f) − L−(f) ,

che basta verificare per f ≥ 0:

L+(f) − L(f) = sup0≤g≤f

(L(g) − L(f)) = sup0≤g≤f

−L(f − g) =

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94 Capitolo 7. Spazi Lp

= − inf0≤h≤f

L(h) = L−(f) .

Siamo ora in grado di precisare e giustificare l’enunciato presentato all’inizio della sezionesul duale di C([a, b]).

Teoema. I funzionali lineari e continui L su C = C([a, b]) (a valori reali), cioe gli elementidel duale topologico C′ di C sono in corrispondenza biunivoca con le misure di Lebesgue-Stieltjessu [a, b]. Se µ e la misura corrispondente a L, si ha

∀f ∈ C L(f) =

[a,b]

f(x)dµ(x)

e la norma di L e uguale alla variazione totale di µ: ||L|| = |µ|([a, b]).Essendo ogni misura di Lebesgue-Stieltjes generata da un’unica funzione a variazione limitata Fcontinua a sinistra e nulla in (ad esempio) a, e da un unico valore F (b+0), le formule precedentisi possono scrivere nella forma

∀f ∈ C L(f) =

[a,b]

f(x)dF (x) , ||L|| = V (F, [a, b+ 0]) .

(La funzione F , e quindi la sua variazione totale, e continua a sinistra: abbiamo allora posto,come nella sezione 2 del capitolo 5, V (F, [a, b+ 0]) = V (F, [a, b]) + |F (b + 0) − F (b)|.)Dimostrazione. Se F e a variazione limitata e continua a sinistra (con F (a) = 0) ed associata alvalore F (b + 0), allora, come si e visto al capitolo 5, per ogni funzione continua f :

|

[a,b[

f(x)dF (x) + f(b)(F (b + 0 − F (b))| ≤ ||f ||V (F, [a, b+ 0])

e dunque L(f) =∫

[a,b]f(x)dF (x) e un funzionale lineare e continuo con ||L|| ≤ V (F, [a, b+ 0]).

In effetti vale il segno di uguaglianza. L’integrale, per la continuita di f , si puo vedere comeintegrale di Riemann-Stieltjes e dunque come limite di somme integrali. Ricordando che lavariazione totale e continua a sinistra, sia P una partizione di [a, z], z sufficientemente prossimoa b, con N punti di suddivisione xk (xN = z), tale che

S(F, P ) =∑

k

|F (xk) − F (xk−1)| ≥ V (F, [a, b]) − ε

e per ogni xk sia yk < xk tale che

S(F, P ′) =∑

k

|F (yk) − F (xk−1)| ≥ S(F, P ) − ε e

V (F, [yk, xk]), V (F, [z, b]) ≤ ε/(N + 1) ;

e sia infine f(t) = segn(F (yk) − F (xk−1)), per xk−1 ≤ t ≤ yk, f(b) = segn(F (b + 0) − F (b)), ef(t) lineare in [yk, xk] e [z, b], dunque ||f || = 1. Allora

[a,b]

fdF =∑

k

(

[xk−1,yk[

+

[yk,xk[

+

[z,b[

)fdF + f(b)(F (b+ 0) − F (b))

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≥ S(F, P ′) − (N + 1)||f ||ε/(N + 1) + |F (b + 0) − F (b)| .

Pertanto∫

[a,b]

fdF ≥ V (F, [a, b+ 0]) − 3ε ,

e infine

||L||||f || = ||L|| ≥

[a,b]

fdF = V (F, [a, b+ 0]) .

Viceversa ogni funzionale lineare e continuo si scrive come differenza di due funzionali L+ e L−

positivi, ai quali il teorema di Riesz associa due funzioni F+ e F− nondecrescenti, continue asinistra e nulle in a, e due valori F+(b+0) e F−(b+0). La differenza F = F+−F− e a variazionelimitata, continua a sinistra e nulla in a, ed e associata al valore F (b+0) = F+(b+0)−F−(b+0),in modo tale che

L(f) =

[a,b]

f(x)dF (x) .

La corrispondenza tra misure di Lebesgue-Stieltjes e funzionali lineari e continui e dunqueisometrica e suriettiva, dunque biunivoca. q.e.d.

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Bibliografia

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