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Niels Bohr e Albert Einstein esaminano l'esperimento delle due fenditure. Numero 318 Febbraio 1995 Anno XXVIII Volume LIV N el microcosmo della meccanica quantistica, i fenomeni che sfi- dano apertamente il senso co- mune abbondano. Parecchi di questi effetti rappresentano una conseguenza del principio di complementarità, la cui manifestazione più popolare è la dualità onda-particella. Un oggetto microscopi- co, come un fotone, un atomo o un elet- trone, si comporta, a seconda dei casi, come un'onda che si propaga nell'ac- qua o come una particella discreta. I due aspetti si integrano fornendo una descrizione completa dell'oggetto. Da quando il concetto di complementari- fu enunciato per la prima volta più di 70 anni fa, è stata opinione comune tra i fisici che si trattasse semplicemente di una conseguenza del principio di in- determinazione. Secondo questo princi- pio, due variabili complementari, co- me la posizione e la quantità di moto, non possono essere misurate simulta- neamente oltre un certo limite di accu- ratezza. Il principio di indeterminazione normalmente impedisce che si possa apprendere alcunché sul comportamen- to di un oggetto quantistico. Una delle conseguenze è che non possiamo mai vedere l'oggetto agire simultaneamente come una particella e come un'onda. Recentemente, insieme ai nostri col- leghi, ci siamo dedicati a studi i cui ri- sultati mostrano che l'indeterminazione non è sola nell'imporre la complemen- tarità. Abbiamo escogitato e analizzato LE SCIENZE edi,ione italiana di SCIENTIFIC AMERICAN una serie di esperimenti reali e concet- tuali che aggirano il principio di inde- terminazione, con lo scopo di «inganna- re» gli oggetti quantistici argomento di studio. Tuttavia i risultati ottenuti dimo- strano che la natura salvaguarda sempre se stessa da simili intrusioni: la comple- mentarità rimane intatta anche quan- do il principio di indeterminazione non ha alcun ruolo. La nostra conclusione è che la complementarità abbia origini più profonde di quanto si è ritenuto fi- nora: essa si dimostra più generale e più basilare per la meccanica quantistica di quanto sia il principio di indetermina- zione stesso. I comportamenti da onda o da parti- cella si manifestano chiaramente quan- do vengono analizzati di per sé. L'a- spetto ondulatorio si mostra nelle figure di interferenza. Gettate due pietre nello stesso istante in un lago le cui acque siano calme, e guardate come si sovrap- pongono le onde circolari che appaiono sulla superficie. Esse si rafforzano reci- procamente dove due creste si sovrap- pongono e si elidono dove una cresta si sovrappone a un ventre. Lo stesso effet- to si osserva se si fa passare la luce at- traverso due fenditure, il cui ruolo è a- nalogo a quello delle due pietre. L'onda luminosa viaggia attraverso entrambe le fenditure, così che da ciascuna fuorie- scono due onde più piccole. Queste on- de interferiscono producendo, se proiet- tate su uno schermo, una serie di frange luminose e buie (si veda l'illustrazione alle pagine 22-23). L'aspetto particella- re, al contrario, si manifesta sempre sot- to forma di fotoni, i quali si presentano invariabilmente come entità indivisibili. Anziché registrare l'intensità luminosa, un appropriato rivelatore conta un nu- mero discreto di fotoni. Possiamo ottenere una dimostrazio- ne più convincente delle caratteristiche particellari e ondulatorie della luce se inviamo attraverso le fenditure un foto- ne alla volta. In questo caso ciascun fo- tone dà luogo a una macchia di luce sul- lo schermo. Tuttavia, allorché si raccol- gono i risultati di molti di questi eventi, appare una figura di interferenza cor- relata alla probabilità che il fotone col- pisca un punto dello schermo piuttosto che un altro. La dualità onda-particella, oltre a mettere in difficoltà le nostre capaci- tà intuitive, non rappresenta l'unica ma- nifestazione della complementarità. La maggior parte degli oggetti quantistici ha una struttura interna che può dare o- rigine a proprietà magnetiche. Per esem- pio un atomo di argento si comporta co- me un microscopico «magnete». Oppor- tune misurazioni ci possono dire se i «poli» di questo magnete puntano verso l'alto o verso il basso, a destra oppure a sinistra. Non si osserva mai però uno dei poli puntare «in alto e a destra». La pro- prietà di essere su o giù risulta quindi complementare a quella di essere a de- stra o a sinistra, analogamente a quanto accade per comportamento ondulatorio e comportamento particellare. Un aspetto più sorprendente, e persi- no misterioso, delle caratteristiche com- plementari concerne la loro prevedibi- lità. Supponiamo che grazie a una misu- razione si sia riusciti a stabilire che il microscopico magnete è rivolto verso l'alto. Eseguiamo allora un secondo e- sperimento per decidere se il magnete punta a sinistra oppure a destra. Quello che troviamo è che non si può predire nulla sul risultato: sinistra e destra si presentano ciascuna con una probabilità del 50 per cento. Ci manca forse qual- che informazione che consentirebbe di effettuare le previsioni? No, il caso è più serio: il risultato di una misurazione sinistra-destra non può essere conosciu- to in anticipo. Alla base di questa ignoranza vi è il principio di complementarità. Esso sta- bilisce che non si possono conoscere si- multaneamente i valori di due variabili correlate (cioè complementari, o incom- patibili), quali sono, nel caso del magne- te microscopico, le direzioni sinistra-de- stra e alto-basso. Infatti un'informazione assolutamente precisa su una variabile significa che non si può conoscere nulla sull'altra. I libri di testo spesso illustrano questo principio usando come variabili complementari la posizione e la quantità di moto di una particella in movimento. Più è accurata la misura della posizio- ne, meno è accurata l'informazione sulla quantità di moto, e viceversa. Il principio di indeterminazione di Heisenberg ne è la rigorosa espressione numerica. T l principio di complementarità impli- ca che la conoscenza completa del futuro, così come la si è intesa nella fisi- ca classica, è del tutto inaccessibile. Se una variabile relativa a un oggetto quan- tistico, la quale faccia parte di una cop- pia di variabili complementari, è cono- sciuta con sicurezza, allora non si può avere alcuna informazione sull'altra. Nel caso del sistema a due fenditure, se riusciamo a scoprire in qualche modo attraverso quale fenditura ha viaggiato ciascun fotone (acquisendo perciò infor- mazioni sul cammino), non possiamo ri- costruire la figura di interferenza sullo schermo. Il possesso dell'informazione sul cammino di ciascun fotone sta a indi- care che presso le fenditure deve mani- festarsi la natura particellare dei fotoni, anziché quella ondulatoria necessaria perché si abbiano frange di interferenza. Possiamo dunque ottenere l'informazio- ne sul cammino o la figura di interferen- za, ma non entrambe insieme. (Sebbene si sia detto in precedenza che la natura particellare è sempre manifestata quando si rivelano i fotoni sullo schermo, tale ri- velazione non ci dice nulla sugli eventi che si verificano presso le fenditure, do- ve ha origine la figura di interferenza.) La dualità di materia e luce In meccanica quantistica gli oggetti possono comportarsi come particelle o come onde, e questi due aspetti mostrano una complementarità che sempre più si va rivelando fondamentale di Berthold-Georg Englert, Marlan O. Scully e Herbert Walther 20 LE SCIENZE n. 318, febbraio 1995 LE SCIENZE n. 318, febbraio 1995 21

La dualità di materia e luce - download.kataweb.itdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1995_318_1.pdf · di una conseguenza del principio di in-determinazione. Secondo

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Niels Bohr e Albert Einstein esaminano l'esperimento delle due fenditure.

Numero 318Febbraio 1995Anno XXVIIIVolume LIV

N

el microcosmo della meccanicaquantistica, i fenomeni che sfi-dano apertamente il senso co-

mune abbondano. Parecchi di questieffetti rappresentano una conseguenzadel principio di complementarità, la cuimanifestazione più popolare è la dualitàonda-particella. Un oggetto microscopi-co, come un fotone, un atomo o un elet-trone, si comporta, a seconda dei casi,come un'onda che si propaga nell'ac-qua o come una particella discreta. Idue aspetti si integrano fornendo unadescrizione completa dell'oggetto. Daquando il concetto di complementari-tà fu enunciato per la prima volta più di70 anni fa, è stata opinione comune trai fisici che si trattasse semplicementedi una conseguenza del principio di in-determinazione. Secondo questo princi-pio, due variabili complementari, co-me la posizione e la quantità di moto,non possono essere misurate simulta-neamente oltre un certo limite di accu-ratezza. Il principio di indeterminazionenormalmente impedisce che si possaapprendere alcunché sul comportamen-to di un oggetto quantistico. Una delleconseguenze è che non possiamo maivedere l'oggetto agire simultaneamentecome una particella e come un'onda.

Recentemente, insieme ai nostri col-leghi, ci siamo dedicati a studi i cui ri-sultati mostrano che l'indeterminazionenon è sola nell'imporre la complemen-tarità. Abbiamo escogitato e analizzato

LE SCIENZEedi,ione italiana di SCIENTIFIC

AMERICAN

una serie di esperimenti reali e concet-tuali che aggirano il principio di inde-terminazione, con lo scopo di «inganna-re» gli oggetti quantistici argomento distudio. Tuttavia i risultati ottenuti dimo-strano che la natura salvaguarda semprese stessa da simili intrusioni: la comple-mentarità rimane intatta anche quan-do il principio di indeterminazione nonha alcun ruolo. La nostra conclusione èche la complementarità abbia originipiù profonde di quanto si è ritenuto fi-nora: essa si dimostra più generale e piùbasilare per la meccanica quantistica diquanto sia il principio di indetermina-zione stesso.

I comportamenti da onda o da parti-cella si manifestano chiaramente quan-do vengono analizzati di per sé. L'a-spetto ondulatorio si mostra nelle figuredi interferenza. Gettate due pietre nellostesso istante in un lago le cui acquesiano calme, e guardate come si sovrap-pongono le onde circolari che appaionosulla superficie. Esse si rafforzano reci-procamente dove due creste si sovrap-pongono e si elidono dove una cresta sisovrappone a un ventre. Lo stesso effet-to si osserva se si fa passare la luce at-traverso due fenditure, il cui ruolo è a-nalogo a quello delle due pietre. L'ondaluminosa viaggia attraverso entrambe lefenditure, così che da ciascuna fuorie-scono due onde più piccole. Queste on-de interferiscono producendo, se proiet-

tate su uno schermo, una serie di frangeluminose e buie (si veda l'illustrazionealle pagine 22-23). L'aspetto particella-re, al contrario, si manifesta sempre sot-to forma di fotoni, i quali si presentanoinvariabilmente come entità indivisibili.Anziché registrare l'intensità luminosa,un appropriato rivelatore conta un nu-mero discreto di fotoni.

Possiamo ottenere una dimostrazio-ne più convincente delle caratteristicheparticellari e ondulatorie della luce seinviamo attraverso le fenditure un foto-ne alla volta. In questo caso ciascun fo-tone dà luogo a una macchia di luce sul-lo schermo. Tuttavia, allorché si raccol-gono i risultati di molti di questi eventi,appare una figura di interferenza cor-relata alla probabilità che il fotone col-pisca un punto dello schermo piuttostoche un altro.

La dualità onda-particella, oltre amettere in difficoltà le nostre capaci-tà intuitive, non rappresenta l'unica ma-nifestazione della complementarità. Lamaggior parte degli oggetti quantisticiha una struttura interna che può dare o-rigine a proprietà magnetiche. Per esem-pio un atomo di argento si comporta co-me un microscopico «magnete». Oppor-tune misurazioni ci possono dire se i«poli» di questo magnete puntano versol'alto o verso il basso, a destra oppure asinistra. Non si osserva mai però uno deipoli puntare «in alto e a destra». La pro-

prietà di essere su o giù risulta quindicomplementare a quella di essere a de-stra o a sinistra, analogamente a quantoaccade per comportamento ondulatorioe comportamento particellare.

Un aspetto più sorprendente, e persi-no misterioso, delle caratteristiche com-plementari concerne la loro prevedibi-lità. Supponiamo che grazie a una misu-razione si sia riusciti a stabilire che ilmicroscopico magnete è rivolto versol'alto. Eseguiamo allora un secondo e-sperimento per decidere se il magnetepunta a sinistra oppure a destra. Quelloche troviamo è che non si può predirenulla sul risultato: sinistra e destra sipresentano ciascuna con una probabilitàdel 50 per cento. Ci manca forse qual-che informazione che consentirebbe dieffettuare le previsioni? No, il caso èpiù serio: il risultato di una misurazionesinistra-destra non può essere conosciu-to in anticipo.

Alla base di questa ignoranza vi è ilprincipio di complementarità. Esso sta-bilisce che non si possono conoscere si-multaneamente i valori di due variabilicorrelate (cioè complementari, o incom-patibili), quali sono, nel caso del magne-te microscopico, le direzioni sinistra-de-stra e alto-basso. Infatti un'informazioneassolutamente precisa su una variabilesignifica che non si può conoscere nullasull'altra. I libri di testo spesso illustranoquesto principio usando come variabilicomplementari la posizione e la quantitàdi moto di una particella in movimento.Più è accurata la misura della posizio-ne, meno è accurata l'informazione sullaquantità di moto, e viceversa. Il principiodi indeterminazione di Heisenberg ne èla rigorosa espressione numerica.

T l principio di complementarità impli-ca che la conoscenza completa del

futuro, così come la si è intesa nella fisi-ca classica, è del tutto inaccessibile. Seuna variabile relativa a un oggetto quan-tistico, la quale faccia parte di una cop-pia di variabili complementari, è cono-sciuta con sicurezza, allora non si puòavere alcuna informazione sull'altra.

Nel caso del sistema a due fenditure,se riusciamo a scoprire in qualche modoattraverso quale fenditura ha viaggiatociascun fotone (acquisendo perciò infor-mazioni sul cammino), non possiamo ri-costruire la figura di interferenza sulloschermo. Il possesso dell'informazionesul cammino di ciascun fotone sta a indi-care che presso le fenditure deve mani-festarsi la natura particellare dei fotoni,anziché quella ondulatoria necessariaperché si abbiano frange di interferenza.Possiamo dunque ottenere l'informazio-ne sul cammino o la figura di interferen-za, ma non entrambe insieme. (Sebbenesi sia detto in precedenza che la naturaparticellare è sempre manifestata quandosi rivelano i fotoni sullo schermo, tale ri-velazione non ci dice nulla sugli eventiche si verificano presso le fenditure, do-ve ha origine la figura di interferenza.)

La dualitàdi materia e luce

In meccanica quantistica gli oggetti possono comportarsicome particelle o come onde, e questi due aspetti mostrano

una complementarità che sempre più si va rivelando fondamentale

di Berthold-Georg Englert, Marlan O. Scully e Herbert Walther

20 LE SCIENZE n. 318, febbraio 1995

LE SCIENZE n. 318, febbraio 1995 21

L'indeterminazione a sostegno della complementarità

Nel corso di una conversazione immaginaria, Niels Bohr

sostiene che il rivelatore di cammino progettato da Al-bert Einstein non potrebbe funzionare: sarebbe incompati-bile con il principio di indeterminazione. Qui di seguito spie-ghiamo quantitativamente il perché.

Per prima cosa, indichiamo con Ax la distanza tra la ban-da luminosa centrale e la prima banda laterale. La posizio-ne della lastra con le fenditure rispetto allo schermo deveessere nota in modo assai preciso - vale a dire con una in-determinazione Sx notevolmente più piccola di Ax. Diversa-mente non si avrebbe la figura a frange caratteristica del si-stema a due fenditure, ma apparirebbe la figura dovuta alladiffusione da una singola fenditura.

Einstein avrebbe voluto osservare il rinculo della lastra perricavare l'informazione sul cammino. Un fotone ha una quan-tità di moto uguale a hu/c, dove h è la costante di Planck, u èla frequenza del fotone e c la velocità della luce. (La quantità

/I\ QUANTITÀ DI MOTO

DEL RINCULO

Af

ONDA PIANA LASTRA CON FENDITURE SCHERMO

di moto del fotone ha tre componenti spaziali, ma noi siamointeressati a come cambia la componente parallela alla la-stra dotata di fenditure.) Il valore della quantità di moto che ilfotone trasferisce alla lastra dovrebbe dipendere dalla fendi-tura attraverso la quale esso è passato (perché, per raggiun-gere il primo massimo laterale, il fotone dovrebbe essere de-viato di più da una delle fenditure che dall'altra). Usando unpo' di algebra, si dimostra che le quantità di moto trasferitealle due fenditure differiscono di h/Ax.

Per identificare il cammino del fotone, dobbiamo conosce-re la quantità di moto della lastra con una precisione, 5p, no-tevolmente più piccola di questa differenza. Esprimiamo larelazione in forma matematica come dp <h/Ax. Poiché 8x e6p devono essere molto minori rispettivamente di Ax e h/Ax,il loro prodotto Sx8p deve essere molto minore della costantedi Planck h, vale a dire Sxdp <<h. Siamo così giunti a unacondizione che contraddice chiaramente la nota relazione di

indeterminazione di Heisen-berg dxep > h147r, la quale de-ve essere soddisfatta in qual-siasi circostanza.

Per finire, o Sx è troppogrande perché si possa for-mare una figura di interferen-za, oppure Sp è così grandeda impedire che si possa di-stinguere un cammino dall'al-tro. Il ragionamento appareparticolarmente convincentedal momento che la condizio-ne finale 5x6p << h non dipen-de dai dettagli della figura diinterferenza, anche se lagrandezza Ax - la spaziaturatra le frange - entra in gioco

ONDA PARTICELLA nei passaggi intermedi.

ESPERIMENTO CONCETTUALEDI EINSTEIN

CAmmilvo

CAMMINO 2

REGIONEDI INTERFERENZA

LASTRA

L'esperimento della doppia fenditura fa uso di onde luminose, collimate da lenti, che vannoa illuminare una lastra con due sottili fenditure. Queste si comportano come sorgenti di on-de sferiche che interferiscono e producono frange alterne luminose e buie. In questo esperi-mento i fotoni vengoni inviati uno alla volta, sicché la figura a frange si forma al cresceredella quantità di fotoni registrati. I colori che si producono sullo schermo corrispondono al

LENTE

DEBOLESORGENTEDI RADIAZIONE

La complementarità fa parte della vi-ta e siamo pertanto costretti a conviver-ci. Il fisico danese Niels Bohr, più di o-gni altro, insistette proprio su questo, esi deve a lui se la complementarità è o-ra accettata come una verità fondamen-tale. Questo concetto non si è affermatofacilmente; le resistenze che furono op-poste a Bohr da eminenti avvocati deldiavolo come lo stesso Albert Einsteinfurono eccezionali. La controversia siconcentrò sulla possibilità di misuraresimultaneamente variabili complemen-tari. Quella che segue è una trascrizio-ne immaginaria di uno dei molti dialo-ghi chiarificatori tra i due fisici:

Bohr: Vedo che stai progettando unnuovo esperimento a due fenditure. Ache cosa stai pensando questa volta?

Einstein: Solo un attimo, Niels, e hofinito. Stai a sentire (si veda la finestranella pagina a fronte). Un'onda lumi-nosa piana illumina una lastra che hadue fenditure attraverso le quali la lucepuò raggiungere uno schermo. Purchéla geometria del sistema sia giusta, sul-lo schermo appare una figura di interfe-renza, una serie di bande chiare e scure.

B: Questo è ciò che insegnamo ai no-stri studenti. Qual è la novità?

E: Abbi pazienza. Prima di presenta-re la nuova idea, lasciami esporre i vec-chi fatti per essere sicuro che almeno suquelli si sia d'accordo. Tu non hai nullada obiettare all'affermazione che la fi-gura di interferenza dimostra la naturaondulatoria della luce?

B: Certo che no.E: Sarai anche d'accordo che quella

che tu chiami complementarità implica,in questo caso, l'impossibilità di sapereattraverso quale fenditura ciascun foto-ne raggiunga lo schermo per dare il suocontributo alla figura di interferenza.

B: Proprio così.E: Bene, tu sai che ho sempre avuto

difficoltà a credere che Dio giochi a da-di con l'universo. Arrivo dunque alla

mia nuova idea. Contrariamente a quan-to si è appena affermato, io sono in gra-do di stabilire attraverso quale fenditu-ra passa il fotone. Supponiamo di avervisto il fotone colpire lo schermo nelpunto del primo massimo laterale - cioèuna delle due bande luminose più vici-ne al centro della figura. Per arrivare lì,il fotone deve essere stato deflesso dallafenditura che ha attraversato.

Ma, come ci ha insegnato Isaac New-ton, non c'è azione senza reazione. Co-sì, quando la lastra con la fenditura de-via il fotone, a sua volta essa subisce unurto da parte del fotone stesso. E l'in-tensità dell'urto dipende da quale delledue fenditure il fotone abbia attraver-sato. Sospendendo la lastra con le fen-diture in modo da consentirle di oscilla-re, se ne può misurare, in linea di prin-cipio, il rinculo. La forza dell'urto midice attraverso quale fenditura è passatoil fotone.

B: Ah! Tu allora avresti informazionisul cammino per ogni singolo fotone eosserveresti, nel corso dello stesso espe-rimento, una figura di interferenza.

E: Esattamente.B: Ma questo è incompatibile con la

complementarità.E: E vero.B: Tentativo interessante. Temo però

che tu abbia trascurato qualcosa, vale adire le proprietà quantistiche della lastradotata di fenditure. Potrei esporre il mioragionamento attraverso espressioni ma-tematiche (si veda la finestra nella pagi-na a fronte). Tuttavia l'essenza del di-scorso è che la posizione della lastra conle fenditure deve essere determinata inmodo alquanto preciso se si vuole osser-vare la figura di interferenza.

E: Certamente, in caso contrario in-fatti non si avrebbe la figura di frangeprodotte da due fenditure e noi osserve-remmo una figura diffusa come quelladovuta a una fenditura singola.

B: Orbene, per distinguere un tragit-to dall'altro dobbiamo anche conoscere

in modo piuttosto preciso la quantità dimoto della fenditura che rincula. Si puòinfatti dimostrare che la figura di inter-ferenza compare solo quando l'incer-tezza sulla posizione della lastra e sullasua quantità di moto durante il rinculoè così piccola da essere incompatibilecon il principio di indeterminazione.

E: D'accordo, Niels, hai vinto. Am-metto che non è possibile ricavare dal-medesimo esperimento l'informazionesul cammino e la figura di interferenza.Hai perfettamente ragione nell'afferma-re che anche la lastra con le fenditure ri-spetta le leggi della meccanica quanti-stica. Mi compiaccio per questa dimo-strazione della complementarità.

B: Un momento. Ritieni che il princi-pio di Heisenberg - come esposto soprao in una sua variante - sia l'unico mecca-nismo che impone la complementarità?

Possiamo solo avanzare ipotesi suquale sarebbe stata la risposta di Ein-stein a questo ultimo quesito. La nostrapersonale risposta è negativa. I vincoliimposti dal principio di indeterminazio-ne non costituiscono l'unico meccani-smo attraverso il quale la natura imponela complementarità. La risposta negati-va è giustificata dalla nostra recenteconstatazione del fatto che è possibilecostruire rivelatori di cammino che nonincidono in modo significativo sul motodegli oggetti osservati. Siamo cioè per-fettamente in grado di concepire rivela-tori di cammino capaci di aggirare ilprincipio di indeterminazione.

L'idea del nuovo rivelatore di tragit-to deriva da una variante del sistema adue fenditure. Richard Feynman ha di-scusso questa variante nella mirabile in-troduzione alla meccanica quantisticacontenuta nel terzo volume delle sueLetture di fisica. Feynman ha fatto l'in-teressante osservazione che, se si usas-sero elettroni al posto di fotoni, si di-sporrebbe di un ulteriore strumento perlo studio dell'interferenza tra particelle.

numero di fotoni che l'hanno colpito: da u-no a nove (blu), da 10 a 99 (rosso), 100 e ol-tre (giallo). L'esperimento è stato ideato daGerhard Birkl del Max-Planck-InstitutQuantenoptik di Garching, in Germania.

Questo perché gli elettroni stessi, pro-prio come la luce, presentano caratteri-stiche ondulatorie e dunque, in un espe-rimento a due fenditure, darebbero ori-gine a una figura di interferenza. Poi-ché gli elettroni sono però particelle ca-riche, esse interagiscono con i campi e-

lettromagnetici, luce inclusa. Ne conse-gue che è possibile indurli a diffondereluce allo scopo di ricavare informazio-ne sul cammino.

Feynman ha proposto un metodo par-

ticolare per ottenere questa infor-mazione: si tratta di collocare una sor-gente di luce (nella fattispecie un fasciolaser) in una posizione simmetrica ri-spetto alle due fenditure. La direzionedi moto dei fotoni diffusi dagli elettro-ni comunicherebbe agli sperimentatoriquale delle due fenditure sia stata attra-versata dalle particelle.

L'analisi del processo di collisione e-lettrone-fotone condotta da Feynman siconcentra su due variabili. La prima diesse è la quantità di moto conferita al-l'elettrone. La seconda è l'indetermina-zione nella precisione con cui viene mi-surata la posizione dell'elettrone. Ana-logamente a quanto avviene nell'espe-rimento concettuale progettato da Ein-stein, se si desiderano sia l'informazionesul tragitto sia la figura di interferenza,entrambe le grandezze devono esseremolto piccole, più piccole di quanto siaconsentito dal principio di indetermina-zione di Heisenberg.

Il nuovo rivelatore di cammino segue

la proposta di Feynman ma, grazie al-l'allestimento che abbiamo concepito,aggira il problema della quantità di mo-to. Il nostro esperimento concettuale u-tilizza, come particelle che interferisco-no, atomi anziché elettroni. Noi ponia-mo una piccola cavità - essenzialmenteuna scatola - davanti a ogni fenditura,cosicché ciascun atomo deve passareattraverso una di esse prima di raggiun-gere le fenditure (si veda l'illustrazionea pagina 24 in alto). Negli ultimi annisperimentatori dell'Università di Mona-co di Baviera, del Max-Planck-Institutftir Quantenoptik di Garching, della Ya-le University e dell'École Normale Su-périeure di Parigi hanno fatto enormiprogressi nello sviluppo delle necessa-rie tecniche sperimentali. Essi sono orain grado di condurre esperimenti in cuisingoli atomi attraversano regolarmentele cavità.

La frequenza del fascio laser va scel-ta in modo che ogni atomo che lo attra-versa si porti in un determinato stato ec-citato. Vale a dire, l'atomo assorbe unfotone di piccola lunghezza d'onda dalfascio e si sposta in uno stato di energiapiù alta. La geometria delle cavità è taleche gli atomi eccitati sono costretti a e-mettere un fotone di lunghezza d'onda

SCHERMO

22 LE SCIENZE n. 318, febbraio 1995 LE SCIENZE n. 318, febbraio 1995 23

ATOMICOLLIMATI

LASTRACON FENDITURE

ONDA PIANADI ATOMI

COLLIMATORE

FASCIOLASER SCHERMO

Il rivelatore di cammino utilizza un fascio laser per eccitare atomi collimati (che ap-paiono come onde). Gli atomi passano a stati di energia più bassa emettendo un foto-ne nella cavità che attraversano. Poiché l'emissione non perturba il moto dell'atomo,il principio di indeterminazione non si applica; tuttavia considerazioni teoriche indi-cano che l'informazione sul cammino esclude la comparsa di frange di interferenza.

CAVITÀSUPERIORE LASTRA

CON FENDITURE

FASCIO LASER

ATOMICOLLIMATI

FOTO-RIVELATORE

CAVITÀINFERIORE SCHERMO

Il cancellatore quantistico è una variante del rivelatore di cammino. Quando un atomocolpisce lo schermo, si aprono gli otturatori. Se il rivelatore assorbe il fotone nella ca-vità, la traccia sullo schermo è marcata in rosso, altrimenti in verde. Le macchie rosseproducono frange di interferenza; quelle verdi generano una figura complementare.

FENDITURAINFERIORE

FENDITURASUPERIORE

FENDITURA SUPERIORE

FENDITURA INFERIORE

maggiore di quella iniziale (paragona-bile a quella della radiazione di un for-no a microonde). La rivelazione del fo-ione di lunghezza d'onda maggiore in-dicherebbe la cavità, e quindi la fendi-tura, attraverso la quale è passato un da-to atomo. Questo apparato non è vitti-ma del principio di indeterminazione diHeisenberg, poiché l'emissione del fo-tone nella cavità non perturba il movi-mento dell'atomo. Al fine di minimiz-zare i segnali provenienti dall'esterno,negli esperimenti reali le cavità dovreb-bero essere tenute a temperature estre-mamente basse. Dovrebbero inoltre a-vere pareti superconduttrici per garanti-

Le due curve tracciate su un piano rap-presentano gli atomi che passano rispet-tivamente attraverso la fenditura su-periore e quella inferiore (in alto). Lefrange di interferenza corrispondono aipunti di intersezione tra le curve. Seperò si stabiliscono delle correlazioni (inbasso), si trova che le due curve giaccio-no su piani diversi. Esse non si interse-cano più e non c'è quindi interferenza.

re un lungo tempo di immagazzinamen-to dei fotoni al proprio interno.

Poiché il meccanismo di rivelazionenon incide sul moto dell'atomo, è lecitosupporre che esso sia ancora in posses-so della sua capacità di interferire. Secosì fosse, avremmo sia l'informazionesul cammino, la quale connota la naturaparticellare dell'atomo, sia la figura diinterferenza, correlata alle sue caratteri-stiche ondulatorie.

Questa ingenua supposizione si è ri-velata errata. I nostri studi mostrano cheanche in questo caso l'informazione sulcammino e la figura di interferenza si e-scludono reciprocamente. Una volta ot-tenuta l'informazione sul cammino, lafigura a frange scompare. Al suo postovi è un'ampia macchia al centro delloschermo. È possibile aggirare il princi-pio di indeterminazione di Heisenberg,ma non il principio di complementaritàdi Bohr.

I fattori che mantengono la comple-mentarità sono piuttosto complessi, e ri-siedono essenzialmente in correlazionitra la libertà di movimento dell'atomo ei fotoni della cavità responsabili dellascomparsa della figura di interferenza.E come se gli atomi recassero in bellavista etichette che indichino attraversoquale fenditura sono passati, e gli ato-mi che attraversano la fenditura supe-riore non interferissero con quelli cheattraversano la fenditura inferiore. L'e-tichetta è costituita dal fotone «spia» e-messo all'interno della cavità. Lo scher-mo sul quale si manifestano le proprietàdi interferenza può trovarsi a qualsiasidistanza dalle cavità che fungono da ri-velatori di cammino: questo non fa al-cuna differenza. Infatti, una volta che lecorrelazioni tra un atomo etichettato ela cavità in cui entra sono stabilite, esserimangono inalterate.

A questo punto il paladino dell'intui-

zione classica, che chiameremo IC, nonriesce più a mantenere la calma e si ri-volge animosamente al suo amico MQ,convinto sostenitore della meccanicaquantistica.

IC: Sono stato ad ascoltare paziente-mente molto a lungo, ma questo è dav-vero troppo. Accetto gli argomenti pre-cedenti basati sul principio di indeter-minazione di Heisenberg e concordosul fatto che la presenza dell'informa-zione sul cammino esclude la compar-sa della figura di interferenza. Ma certa-mente ciò accade perché, nell'ottenerel'informazione sul cammino, lo speri-mentatore disturba il moto della parti-cella, la quale perde così anche la suacapacità di interferire.

MQ: Quando parli di disturbi, inten-di una sorta di sobbalzo incontrollabile?

IC: Sì, naturalmente.MQ: Allora sei in errore. L'esempio

delle cavità di rivelazione dimostra chesi può avere l'informazione sul cammi-no senza questi disturbi meccanici.

IC: Seguo il tuo ragionamento, maaiutami a comprenderne il risultato. Co-me può accadere che la particella noninterferisca più, sebbene il suo motonon sia stato perturbato?

MQ: Il trucco sta nelle correlazioniche si sono instaurate.

IC: Mi spiace, ma il termine «corre-lazioni» non mi aiuta.

MQ: Bene, allora può essere utile u-na analogia. Rappresentiamo le due al-ternative - l'atomo che attraversa la fen-ditura superiore o quella inferiore - condue curve irregolari disegnate su unpiano orizzontale (si veda l'illustrazio-ne in questa pagina in basso). Le duecurve interferiscono tra loro quando siintersecano. Tracciamo le curve in mo-do che ciò accada molte volte.

IC: D'accordo, continua pure.MQ: Ora introduciamo un grado di

libertà aggiuntivo, la terza dimensione.Le correlazioni sono simboleggiate dalsollevare una delle curve su un altropiano, pochi centimetri al di sopra delprimo. Allora le due curve non si inter-secano più, ovvero non interferisconopiù. E nota che trascurare le correla-zioni, ignorando la terza dimensione eproiettando entrambe le curve su unpiano comune, fa sembrare che le curvesi intersechino, sebbene esse in realtàgiacciano una al di là dell'altra.

IC: Ah, ora finalmente penso di es-sermi fatto un'idea intuitiva di quantoaccade. Riassumendo, la figura di inter-ferenza viene perduta perché l'informa-zione sul cammino è divenuta disponi-bile, e questo non è assolutamente do-vuto a una indeterminazione nella posi-zione delle fenditure o a un urto incon-trollato subito dall'atomo.

MQ: Sì, non vi è alcun contributo dicarattere casuale.

Considerando la trattazione storicadi quest'argomento, ricca di discussioni

da manuale che invocano il principio diindeterminazione, molti seri colleghi sisono dichiarati scettici a proposito dellanostra analisi. Essi hanno sollevato in-gegnose obiezioni alla conclusione cheil moto dell'atomo non sia perturbato.Tuttavia calcoli accurati e un recenteesperimento realizzato presso il labora-torio di David J. Wineland, del NationalInstitute of Standards and Technology(NIST) di Boulder, in Colorado, hannodimostrato in maniera convincente chetutte queste obiezioni non sono valide.Il principio di complementarità è senzaalcun dubbio più basilare del principiodi indeterminazione.

Dato che l'informazione sul cammi-no esclude la comparsa di figure

di interferenza, si può porre una doman-da opposta sulla complementarità. Sup-poniamo di cancellare l'informazionesul cammino assorbendo in qualchemodo il fotone spia. Non dovrebbe rie-mergere la figura di interferenza?

La cancellazione quantistica sembre-rebbe aver senso, sebbene la sempliceeliminazione dell'informazione non siasufficiente per riavere la figura di inter-ferenza. E vero che una figura di inter-ferenza indica la mancanza di informa-zione sul cammino; allo stesso modo,l'informazione sul cammino impediscela formazione della figura di interferen-za. Ma la conclusione che la mancan-za di informazione sul cammino impli-chi la presenza di una figura di interfe-renza non è consequenziale. La rispo-sta al quesito se la figura di interferen-za riemergerà è perciò positiva, a pattoche la cancellazione porti con sé nuo-ve correlazioni. Si deve quindi cancel-lare l'informazione in circostanze bencontrollate.

La realizzazione sperimentale di uncancellatore quantistico è un'impresa e-stremamente difficile e non è stata an-cora compiuta. Noi presentiamo inve-ce un esperimento concettuale che, purcoinvolgendo varie idealizzazioni, tienecorrettamente conto di tutti gli elementipiù importanti.

Nell'apparato che abbiamo immagi-nato un fotorivelatore è posto tra le ca-vità, separate l'una dall'altra per mezzodi otturatori (si veda l'illustrazione inquesta pagina). Fino a che gli otturatorisono chiusi, si ha a che fare con il rive-latore di cammino che abbiamo discus-so in precedenza.

L'esperimento ha inizio con le cavitàvuote e gli otturatori chiusi. Attraversol'apparato si invia un atomo, che emetteun fotone in una delle cavità. Natural-mente ciascuna delle cavità ha una pro-babilità del 50 per cento che il fotonevenga emesso al proprio interno. Men-tre il fotone resta in una delle cavità,l'atomo raggiunge lo schermo e vi la-scia una traccia. Non appena ciò avvie-ne, si aprono simultaneamente gli ottu-ratori, trasformando le due cavità in unasola più grande.

L'apertura degli otturatori ha unostrano effetto sul fotone. Si potrebbe as-sumere che il fotone possa ora essereovunque, cosicché il rivelatore dovreb-be comunque registrare un segnale. Mail fotone è un «animale» quantistico eha proprietà ondulatorie: prima dell'a-pertura degli otturatori, esso ha la stes-sa probabilità di essere in ciascuna del-le cavità. Un altro modo di vedere la si-tuazione consiste nell'immaginare chel'onda associata al fotone sia costituitada due onde parziali, una in ciascunacavità. Quando si aprono gli otturatoril'onda associata al fotone si altera peradattarsi alla nuova e più grande cavità.L'alterazione può essere descritta comeuna «fusione» delle due onde parziali inuna singola onda finale.

La fusione può avvenire in modi di-versi. Se le due onde parziali si raffor-zano reciprocamente nel punto in cui èstato collocato il fotorivelatore, lo stru-mento registra il fotone. Viceversa, sein quel punto le onde parziali si cancel-lano, il rivelatore non può individuareil fotone. Entrambi i casi sono ugual-mente probabili e impossibili da con-trollare o da prevedere. Per tale ragio-ne, lo strumento ha il 50 per cento diprobabilità di rivelare il fotone rimastodopo l'apertura degli otturatori.

Se il rivelatore assorbe il fotone, latraccia sullo schermo viene marcata inrosso per indicare che il fotone nella ca-vità è stato cancellato; se invece non rie-sce a rivelare alcunché, la traccia vienecontrassegnata in verde. Poi si ricomin-cia con l'atomo successivo. Metà degliatomi contribuirà all'insieme delle mac-chie rosse, l'altra metà all'insieme dellemacchie verdi.

Che tipo di figura prenderà formasullo schermo? Alla fine tutte le mac-chie rosse producono la figura di inter-ferenza che si otterrebbe da un siste-ma a due fenditure privo del rivelatoredi cammino costituito dalle cavità. Per-

ciò cancellando il fotone spia si riottie-ne la figura di interferenza. L'insiemedelle macchie verdi invece va a costi-tuire la figura complementare: i massi-mi di intensità verdi si troveranno lad-dove ci sono i minimi rossi e vicever-sa. Una fotografia in bianco e nero nonmostrerebbe la figura di interferenza.Solo correlando gli atomi alla reazionedel fotorivelatore la figura di interfe-renza può essere letteralmente «portataalla luce».

Usando l'analogia introdotta da MQ,relativa alle curve che si intersecano suun piano, si potrebbe affermare che du-rante la cancellazione è stato ricono-sciuto che le curve delle fenditure su-periore e inferiore sono costituite di ra-mi rossi e verdi. Questi rami sono spo-stati su piani equivalenti, cosicché i ra-mi rossi interferiscono l'uno con l'al-tro; la stessa cosa accade per quelli ver-di. Ma poiché rami rossi e rami verdinon interferiscono tra loro, essi vannoconsiderati separatamente perché vi siala possibilità di identificare la figura diinterferenza.

Dal momento che la figura di inter-ferenza si forma dopo che un atomoha colpito lo schermo, la cancellazionecertamente non ha influenza sul motodegli atomi. La scelta spetta dunque a-gli sperimentatori: si vuole sapere se siè registrato un atomo «della fenditurasuperiore» o uno «della fenditura infe-riore», oppure si è interessati alla pro-prietà complementare di aver eccitato(rosso) o meno (verde) il rivelatore difotoni? Non sono consentite simulta-neamente entrambe le cose: attaccareinsieme etichette come «fenditura supe-riore» e «rosso» è impossibile, esatta-mente come non è permessa la dicitura«in alto e a sinistra» nella descrizionedelle proprietà magnetiche di un atomodi argento. La complementarità si oppo-ne a questo.

Lo schema di cancellazione appena

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descritto ha il vantaggio di poter essereallestito e studiato facilmente. Le cosestanno diversamente per l'esperimentovero e proprio, per il quale ci vorrannoancora un paio di anni. La difficoltàprincipale risiede nella relativa «fragi-lità» degli atomi eccitati, che vengonofacilmente distrutti.

Nel primo esperimento di cancella-zione potrebbero non esservi atomi cheinterferiscono; anzi, molti degli interfe-rometri più avanzati non fanno neppureuso di fenditure. Per studiare questi pro-blemi molti ricercatori fanno interferirecoppie di fotoni. Tra questi studiosi fi-gurano membri dei gruppi di ricerca diRaymond Y. Chiao dell'Università del-la California a Berkeley, di James D.Franson della John Hopkins University,di Leonard Mandel dell'Università diRochester, di Yanhua Shih dell'Univer-sità del Maryland e di Anton Zeilingerdell'Università di Innsbruck. Il recen-te esperimento del NIST, che abbiamomenzionato in precedenza, utilizza unrivelatore di cammino privo di rinculoche individua luce diffusa da due atomianziché da due fenditure. Una modificadi questo apparato consentirebbe di ef-fettuare un esperimento di cancellazio-ne quantistica.

Tuttavia non ci aspettiamo di certorisultati tali da sconvolgere la meccani-ca quantistica; il mondo quantistico siè accuratamente protetto da contraddi-zioni interne, e un risultato inaspettatosarebbe da imputare più probabilmen-te a un errore presente nell'apparato dimisurazione piuttosto che nella mecca-nica quantistica. Nonostante l'ingegno-sità sperimentale degli uomini, certa-mente la natura continua a essere alme-no un passo avanti.

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