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LA VALUTAZIONE FORMATIVA INTRODUZIONE 1. IL PROBLEMA O “I PROBLEMI” DI UNA VALUTAZIONE SCOLASTICA 2. LA CRITICA ALLA VALUTAZIONE TRADIZIONALE 3. COME RESTITUIRE VALORE ALLA VALUTAZIONE SCOLASTICA 3.1 Quale “nuova” valutazione 3.2 Perché una “nuova” valutazione 4. DALLA TEORIA ALLA PRATICA 5. UNA SOLUZIONE: LA VALUTAZIONE FORMATIVA O VALUTAZIONE PER L’APPRENDIMENTO 6. LA PRATICA DELLA VALUTAZIONE FORMATIVA 1

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LA VALUTAZIONE FORMATIVA

INTRODUZIONE

1. IL PROBLEMA O “I PROBLEMI” DI UNA VALUTAZIONE SCOLASTICA

2. LA CRITICA ALLA VALUTAZIONE TRADIZIONALE

3. COME RESTITUIRE VALORE ALLA VALUTAZIONE SCOLASTICA3.1 Quale “nuova” valutazione3.2 Perché una “nuova” valutazione

4. DALLA TEORIA ALLA PRATICA

5. UNA SOLUZIONE: LA VALUTAZIONE FORMATIVA O VALUTAZIONE PER L’APPRENDIMENTO

6. LA PRATICA DELLA VALUTAZIONE FORMATIVA

6.1 Creare in classe una cultura di apprendimento.6.2 Chiarificare e condividere le finalità dell’apprendimento all’inizio di

ogni unità di apprendimento e di ogni lezione6.3 Coinvolgere gli studenti in un’autovalutazione: far riflettere sul proprio

apprendimento, monitorare ciò che sanno e comprendono.6.4 Fornire un “feedback” immediato, chiaro, descrittivo, fondato su criteri6.5 Indicare il “punto raggiunto e il progresso successivo”6.6 Fare domande opportune e significative6.7 Accrescere la stima di sé dello studente nel momento in cui si parla di

successo scolastico

7. CONCLUSIONI

1. INTRODUZIONE

La pratica della valutazione implica un gran numero di temi per di più eterogenei tra loro: i voti, le insufficienze, la chiarezza, la modalità, la comunicazione, ecc. Il recente ritorno ai voti ha risollevato il dibattito nelle scuole:

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insegnanti favorevoli e altri contrari, genitori che sostengono con favore le nuove decisioni e genitori contro. Le tensioni sono aumentate agli scrutini e alla fine dell’anno quando la valutazione è diventata “selezione” per l’anno successivo.

Chi ha ragione? È probabile che ognuno affermi che quello che pensa è vero, giusto, più importante di altri punti di vista. Ma qual è il problema di una valutazione? Innanzitutto si deve tenere presente che nella scuola sono presenti diversi tipi di valutazione: la valutazione di una interrogazione orale, di un compito di memorizzazione, di un saggio o di un problema, quella di metà anno (o trimestrale), quella di fine anno, di fine ciclo, quella dell’Invalsi. A quale di queste ci si riferisce quando si parla di valutazione a scuola? Non prevedono procedure e scopi molto diversi? Non è prioritario domandarsi per quali scopi si conferisce una valutazione? Per valutare un apprendimento? Per premiare chi studia? Per tenere buoni e impegnati gli studenti? Con quali conseguenze? Per non scoraggiare l’impegno? Per impegnare maggiormente?

La valutazione dell’apprendimento è un tema “spinoso” e trova non pochi motivi di insoddisfazione in chi da essa è coinvolto. Se però si vuole veramente affrontare il problema è bene sforzarsi di chiarirne e definirne i termini per tentare le soluzioni che possano risolverlo.

2. IL PROBLEMA O “I PROBLEMI” DI UNA VALUTAZIONE SCOLASTICA

La valutazione è strumento che può avere innumerevoli valenze e usi. La minaccia di un “brutto” voto può richiamare all’impegno, può castigare un comportamento scorretto, può valutare un apprendimento non conseguito, può avere effetti psicologici emotivi sul senso di autoefficacia o sulla stima di sé, può sviluppare pensieri di non abilità. Un “bel” voto può essere percepito come un segno di capacità, un premio, un riconoscimento di apprendimento avvenuto, un motivo di orgoglio nei confronti di altri, può manifestare un orientamento, può incrementare la motivazione allo studio, può accertare il conseguimento di una competenza.

La valutazione, inoltre, può avere scopi e momenti diversi. Si può valutare per selezionare, per controllare la comprensione conseguita come per accertare l’efficacia di un metodo di insegnamento, per verificare l’apprendimento, per certificare una abilità o competenza, per mantenere costante un impegno. Vi sono dunque valutazioni diagnostiche e altre certificative. Di questo tipo è la valutazione propria dello Stato volta appunto a “certificare” competenze che hanno un valore sociale oppure verificare le politiche nazionali. Esiste poi una valutazione di competenza della scuola che riguarda il singolo insegnante in una determinata disciplina e si articola in più momenti del percorso di apprendimento. C’è infine

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una valutazione collegiale che riguarda più insegnanti soprattutto alla fine di un anno o alla fine di un ciclo.

Vi sono valutazioni che si fondano su informazioni raccolte con modalità diverse. La forma di raccolta di informazioni non è indifferente perché il giudizio si fonda sulle informazioni che lo strumento suggerisce e fornisce. Vi sono anche valutazioni che hanno processi particolari. Dalle diverse valutazioni – quali i compiti scritti, le interrogazioni orali, i compiti di gruppo, le prove oggettive o altre informali – si traggono valutazioni sommative, ma una valutazione derivata da una eterogeneità di valutazioni fondata su una eterogeneità di compiti o prestazioni può essere precisa? Si pensi a una sequenza di voti che derivi da composizioni scritte (letterario, introspettivo, saggistico, narrativo, storico) diverse tra loro nei processi e conoscenze che richiedono. Oppure, si faccia riferimento a quando si deve attribuire una valutazione unica derivata da un giudizio orale e da uno scritto. In che senso una valutazione derivata da informazioni eterogenee è ancora accettabile? Si pensi inoltre a due studenti che alla fine di un quadrimestre vengono valutati su una sequenza di compiti (uno con voti come: 6-4-6-7-9; e un altro con voti: 8-6-6-7-5). Se si ricorre alla “media dei voti”, i due studenti potrebbero ottenere la stessa valutazione, ma se si guardasse la serie di tali valutazioni si può osservare che sono diverse. Una è in crescita e una in diminuzione.

Le valutazioni possono anche variare in base alla tipologia di classe e agli obiettivi che gli insegnanti si prefiggono. Si può pensare, a parità di livello scolastico, che le valutazioni in italiano in tre classi, una in una scuola a rischio, un’altra in una di condizione sociale medio-alta, una terza in una classe con 8 ragazzi di recente immigrazione su 25, abbiano lo stesso valore? Vi sono molti aspetti che giustificano il dubbio. Fa parte dell’esperienza di qualsiasi insegnante che le classi subiscono delle variazioni da un anno all’altro. Non è forse vero, giusto e giustificato che la valutazione si adatti alla situazione? Talvolta in modo bonario e scherzevole gli anziani dicono che se, quando frequentavano la scuola, ci si fosse attenuti a criteri di valutazione attuali, avrebbero ottenuto il massimo dei voti!

Da queste osservazioni potremmo trarre alcune conclusioni immediate che ci possono far riflettere:

1) la valutazione scolastica è una situazione molto variegata e complessa che non si può certo affrontare e migliorare solo con interventi semplici: voti “sì”, voti “no”.

2) Si incorre forse in troppi errori se si parla di valutazione scolastica in modo generico senza “specificare” a quale valutazione, a quale scopo, a quale strumento di raccolta di informazioni si fa riferimento.

3) La valutazione è e rimane sempre un processo che si sviluppa da obiettivi di conoscenza che si vogliono conseguire, per ottenere la quale si predispongono strumenti adatti a raccogliere informazioni pertinenti e

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coerenti con quello che si intende valutare. Infine, la valutazione è una “inferenza” o “giudizio” che si fonda sulle informazioni raccolte. Possibilità di errore nello sviluppo del processo possono sempre verificarsi e invalidare l’ “inferenza” finale che si esprime.

4) Sebbene la valutazione possa avere molte valenze, bisogna riconoscere che alcune sono improprie. La valutazione è un processo per ricavare informazioni sullo sviluppo dell’apprendimento dello studente e non uno strumento disciplinare, né uno strumento per suscitare o per stimolare la competizione o per minacciare.

5) Sarebbe bene che per ogni valutazione ci si chiedesse: a) Perché si valuta? (Qual è lo scopo? Chi utilizzerà i risultati delle

informazioni raccolte? Gli studenti? Gli insegnanti? L’istituto scolastico? Lo Stato? Con quali differenti intenzioni e interpretazioni? Con quali diversi effetti e conseguenze?)

b) Si valuta che cosa? (Quali sono gli obiettivi dell’apprendimento? Sono chiari? Sono importanti e giusti?)

c) In che modo si compie la valutazione? (Con quale metodo? Con quali strumenti? Come si pensa di controllare eventuali tendenziosità?)

d) Come saranno comunicati i risultati? (Come si gestiranno le informazioni? Come le si riferirà?)

Oltre alla problematica evidenziata si deve aggiungere anche che in questi anni varie cose sono cambiate a proposito del modo di intendere e di praticare la valutazione. Gli interrogativi (“Con gli strumenti che si usano si può veramente affermare di valutare l’apprendimento?” e “È corretto nella valutazione prestare tanta attenzione alla oggettività e molto meno alle conseguenze motivazionali che essa può determinare?) hanno portato molti a rivedere e a ripensare profondamente concetto e obiettivi di apprendimento, strumenti e pratica didattica.

3. LA CRITICA ALLA VALUTAZIONE TRADIZIONALE

Il bisogno di rinnovare la valutazione tradizionale è stato sollecitato da numerose critiche che, pur partendo dalle prove oggettive, si sono estese alla pratica della valutazione in scuola, consentendo di definire meglio i problemi che qualsiasi intervento innovativo dovrebbe risolvere.

Il modo (strumenti, tempi, chi, scopo, ecc.) con cui si compie la valutazione condiziona che cosa, come e quanto lo studente apprende. È risaputo che gli studenti prima di accingersi ad apprendere vogliono sapere come saranno interrogati e studiano in funzione della modalità di esame o della prova a cui saranno sottoposti. Se questo può sembrare un atteggiamento di “realismo” da parte

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dello studente, dal punto di vista educativo si deve ammettere che questa forma non produce apprendimento nel senso più significativo del termine, piuttosto induce ad adattarsi a come l’insegnante vuole che si conosca la sua disciplina.

La valutazione dell’apprendimento deve riferirsi a una assimilazione significativa e non scolastica della conoscenza. Molta valutazione scolastica verifica per lo più accumulazione di conoscenza che rimane inerte ed è diventata un sistema autoreferenziale (in giustificazione di se stessa). La scuola, ormai una istituzione autonoma e indipendente rispetto al mondo reale, ha costruito un sistema di conoscenze che insegna e delle quali controlla l’apprendimento, senza a sua volta verificare se rispetto al mondo reale o rispetto a ciò a cui essa dovrebbe preparare è ancora adeguata. D’altra parte il mondo reale in questi anni è notevolmente cambiato richiedendo sempre meno memorizzazioni di conoscenze e sempre più capacità di pensare critico, di soluzione di problemi complessi, di metacognizione, di apprendimento continuo, di ragionamento e di flessibilità, di lavoro collaborativo, di transfer, di creatività, e di altro ancora.

Come vari ricercatori hanno osservato, spesso la valutazione scolastica con i mezzi e le forme in cui si attua è solo “controllo di ciò che è stato insegnato”, e senza una giustificazione che ciò che è stato insegnato e appreso “debba” essere tale e che, quanto è controllato, abiliti realmente rispetto alle esigenze del mondo reale. Per lo più, molte conoscenze rimangono “incapsulate” nel contesto di classe in cui vengono apprese in funzione del rito dell’esame (Bereiter & Scardamalia, 1985; Perkins, 1999; Whitehead, 1929).

Storicamente, si è venuta via via perdendo la distinzione tra valutazione formativa (oggi più esplicitamente indicata come valutazione ‘per’ l’apprendimento) e sommativa (oggi indicata come valutazione dell’apprendimento). La valutazione scolastica formativa, confusa con quella sommativa, comporta pesanti effetti motivazionali, non è vissuta come un indicatore a partire dal quale sviluppare ulteriore apprendimento, è percepita principalmente con scopi selettivi e terminali. Molti studenti percepiscono nella valutazione un’indicazione che può minacciare o affermare il proprio valore e cadono in una motivazione da prestazione. Nei colloqui con gli insegnanti, i genitori sono interessati non tanto ai progressi che i loro ragazzi hanno conseguito o alle carenze sulle quali concentrare gli sforzi quanto invece alle possibilità di passare alla classe superiore. Anche gli stessi insegnanti talvolta sollecitano l’apprendimento dietro minaccia di non promuovere. In questo modo, il valore vero della valutazione che è quello di descrivere “dove” lo studente è per comprendere quale strada debba intraprendere, e “dove” debba arrivare, non mostra più il significato del suo “esserci”.

La valutazione dell’apprendimento dovrebbe esprimere elementi di predittività su ciò che lo studente sa fare qualora si trovasse nel mondo reale con le conoscenze apprese. Studenti che sviluppano un notevole livello di conoscenze non

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esprimono un pari livello di abilità nel pensare critico, nel transfer o nel pensiero creativo. Un diffuso tipo di valutazione tradizionale premia chi ha buona memoria, buona capacità di lettura e di comprensione del testo scritto, chi riesce a “riprodurre molto bene” la conoscenza o le abilità insegnate in classe, ma non è in grado di valutare chi rielabora le conoscenze in modo personale oppure sviluppa altre conoscenze che non siano quelle stabilite in anticipo.

È noto che la valutazione fornisce informazioni soprattutto su ciò che lo studente sa (conoscenza dichiarativa) o sa fare (conoscenza procedurale), ma tali informazioni possono rimanere prive di significato se non sono accompagnate da informazioni altrettanto importanti circa il possesso di disposizioni ovvero di inclinazioni e di prontezza a mettersi in azione ogni qualvolta una situazione richieda quelle particolari abilità insegnate.

La valutazione (in particolare quella ‘per’ l’apprendimento) è un processo e uno strumento di grande valore e potenzialità educativi. Il suo modo di realizzarsi dovrebbe promuovere un processo di autovalutazione (cioè essere responsabilizzante). Autovalutarsi nel proprio apprendimento sembrerebbe la naturale conclusione dello stesso processo di apprendimento. La valutazione scolastica ha invece separato i compiti. Lo studente apprende ma chi valuta il suo apprendimento è l’insegnante. Se la scuola deve avere fra i suoi principali fini educativi quello di portare gli studenti ad apprendere per tutta la vita, verrà meno a tale scopo se fuori di essa lo studente non saprà autovalutarsi nel suo continuo processo di apprendimento/riapprendimento.

La valutazione per essere più pienamente efficace dovrebbe prevedere la collaborazione di studenti e genitori e quindi essere il più possibile trasparente. Gli obiettivi, le modalità di valutazione, i criteri, la scala di valutazione dovrebbero essere condivisi. È confermato da molti autori, che, gli studenti quando conoscono con chiarezza e in anticipo gli obiettivi e i criteri di valutazione, accrescono il loro impegno e accettano più facilmente i giudizi di valutazione del loro prodotto e si impegnano a migliorarlo. Molto più problematica diviene la situazione quando questi aspetti non vengono osservati: più di frequente sorgono contestazioni, si rilevano tendenziosità di giudizio, non vi è disponibilità al miglioramento.

Le modalità di valutazione devono essere coerenti e allineate alle modalità di insegnamento. Nella valutazione tradizionale spesso questo aspetto viene trascurato. Ad una didattica “trasmissiva” corrisponde talvolta una valutazione di “pensare critico” o di “applicazione” o di “soluzione di problema”. La mancanza di allineamento è certamente a scapito di buoni risultati. Quando obiettivi e modalità di valutazione non sono chiaramente definiti e palesi ‘prima’ dell’insegnamento, è anche molto probabile che il processo di insegnamento non sia “allineato” con gli obiettivi di apprendimento tanto da invalidare gli stessi risultati dell’apprendimento conseguito.

In conclusione, possiamo dire che l’ampia critica a cui è stata sottoposta la

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pratica della valutazione ha portato a scoprire il suo valore educativo strumentale, la complessità degli aspetti che essa sottende, l’attenzione e la professionalità con cui essa va applicata, le modalità che la rendono efficace o inefficace. Ma il dibattito ha anche evidenziato che, se un intervento legislativo di richiamo o di innovazione dovesse essere introdotto nella pratica tradizionale della valutazione, la sua validità e qualità dovrebbero essere messe a confronto con i problemi che la valutazione tradizionale manifesta. Non basta introdurre innovazione per dire che “finalmente qualcosa di buono arriva!”. Il “nuovo” potrebbe peggiorare i problemi se non ha chiaro che cosa intende correggere o migliorare.

4. COME RESTITUIRE VALORE ALLA VALUTAZIONE SCOLASTICA

I problemi fin qui descritti potrebbero avere risposte molteplici in due direzioni diverse. Alcune sono istituzionali o di sistema. È importante definire con precisione gli ambiti di esercizio e il valore della valutazione a seconda di “colui che valuta”. Le valutazioni di Stato (Invalsi e Ministero dell’Istruzione) devono definire chiaramente il loro scopo e le loro intenzioni distinte da quelle ordinarie e quotidiane degli insegnanti.

Risulta compromesso il valore di un giudizio di Stato formulato da insegnanti che conoscono da anni gli studenti. Non si può infatti mettere gli insegnanti in una condizione di “doppio legame” dove, da una parte, essi sono stretti dalla volontà dei genitori, da quelle dello Stato che intende dare “certificazioni” e dall’altra dalla conoscenza degli studenti che può contraddire le prove di Stato. È ovvio che, se dovranno operare e valutare nel ruolo dello Stato (ad esempio, nell’esame di Stato), gli insegnanti tenderanno a “correggere” le prove sulla base della conoscenza degli studenti durante gli anni. Se poi le valutazioni di Stato intendono “giudicare” l’insegnamento e l’apprendimento, ciò non potrà essere fatto che a certe condizioni ben definite e circoscritte. Non è possibile valutare tutti rispetto agli stessi standard di apprendimento, se questi non sono in qualche modo definiti e pubblici e non costituiscono un obiettivo ‘categorico’ per l’insegnante (naturalmente la categoricità va definita con attenzione perché non tutte le situazioni scolastiche partono dalle stesse condizioni di insegnamento e apprendimento).

Abbiamo accennato a questo argomento, non per affrontarlo e approfondirlo, ma per richiamare lo sfondo sul quale dipingere un nuovo paesaggio di una valutazione diversa.

Se si deve, tuttavia, intervenire a livello istituzionale, non è detto che tale intervento produca da solo una valutazione efficace se non si cambiano anche la cultura o la pratica della valutazione descrivendo quale valutazione si ritiene migliore e più efficace e se, con attenzione ad essa, non si modifica il modo in cui si raccolgono informazioni sull’apprendimento dello studente, e se non si

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introducono pratiche di valutazione flessibile attenta al miglioramento e alla motivazione in grado di costruire una valutazione finale attendibile e accettabile.

4.1 Quale “nuova” valutazione

Prima di descrivere che cosa fare nella pratica, forse è bene descrivere quale tipo di valutazione si vuole tener presente. Non è possibile qui esaminare questa serie concatenata di riflessioni che hanno portato a questa descrizione. È una riflessione estesa proveniente da molte fonti e prospettive. Vi accenniamo solo per descrivere il contesto e lo sfondo significativo che giustifica ciò che in seguito diremo.

Negli ultimi due decenni è avvenuto un profondo rinnovamento del modo di concepire la scuola relativamente alle aree dell’istruzione (contenuto, metodi, obiettivi), dell’apprendimento (responsabilizzazione e attivazione dello studente), della valutazione (strumenti e significato), della motivazione.

Per svolgere tutte le sue funzioni, e le sue possibilità ed essere efficace, la valutazione deve preoccuparsi di essere educativa, autovalutativa, predittiva, centrata sullo studente, estesa alle disposizioni della mente, profondamente connessa al mondo reale, ai processi richiesti dalla nuove condizioni storiche, continua, motivante, rispettosa dei processi reali di apprendimento, non ripetitiva, non terminale, non selettiva, trasparente, responsabilizzante. In altre parole, come l’istruzione deve coinvolgere gli studenti in apprendimenti essenziali orientati a obiettivi di livello elevato (problemi complessi, pensare critico, creativo), in prestazioni reali, significative che lo sfidano e richiedono da lui l’integrazione di conoscenze e di abilità in prestazioni o prodotti complessi, ecc., così la valutazione deve controllare lo studente in compiti che non richiedono di ridire una conoscenza, ma invitano ad applicarla a problemi mal strutturati, in contesti reali simili a quelli in cui lavorano gli adulti, nell’integrazione di più routine in abilità complesse (Wiggins, 1998).

Questa nuova prospettiva della valutazione tende a cambiare profondamente i ruoli degli studenti, dell’insegnante e dei genitori.

Lo studente deve essere più attivo e responsabile rispetto al suo apprendimento. Discute con l’insegnante i suoi obiettivi di apprendimento. Progetta attività che tendono a evidenziare i suoi punti forza ma anche i suoi punti deboli. Riprogetta il proprio lavoro a partire dalla percezione degli aspetti che gli risultano facili e da quelli che sono per lui una sfida da superare tramite un percorso che documenti la crescita e quindi recuperi l’autostima. L’apprendimento, più che riproduttivo di conoscenze memorizzate, è una sfida a cercare e a utilizzare informazioni per risposte a domande e a interrogativi, per valutazioni e transfer a nuovi contesti. Lo studente si impegna ed è valutato su problemi aperti per i quali deve trovare una

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soluzione o più soluzioni ragionevoli.L’insegnante, più che rivestire il ruolo di colui che controlla, che usa strumenti

apparentemente oggettivi per verificare se lo studente ha “appreso” quello che gli è stato insegnato, o è in grado di “proseguire”, progetta obiettivi significativi da conseguire in ambienti di apprendimento simili a quelli reali, propone prestazioni sfidanti, assiste e guida lo studente nel cammino per conseguire i risultati previsti, riflette con lo studente sulle prestazioni realizzate per comprendere i risultati conseguiti e quelli ancora da raggiungere, lo aiuta a procedere a partire da quello che è capace di fare verso quello che può fare e che deve apprendere confrontandosi costantemente con le richieste del mondo nel quale è chiamato a vivere ora ma soprattutto in futuro.

I genitori contribuiscono e partecipano a questo progetto di apprendimento, sono invitati a fornire valutazioni che aiutano a considerare meglio il “progresso” generale dello studente. Sono anche loro invitati a verificare le richieste educative e a valutare il percorso di apprendimento. Valutando essi stessi quello che il figlio sta facendo, concordano piani di intervento e di collaborazione, controllano il progresso, verificano i punti forza e di debolezza, discutono con l’insegnante propensioni, disposizioni e collaborazioni per superare le difficoltà.

4.2 Perché una “nuova” valutazione

I cambiamenti della società in questi ultimi due/tre decenni hanno fatto emergere la richiesta di un apprendimento di livello sempre più elevato e di conseguenza di un apprendimento che non sia semplicemente “riproduttivo” di ciò che è stato insegnato o assimilato dal testo scolastico.

a) La valutazione deve esprimere un giudizio su un “apprendimento profondo e significativo”Vari autori e Stati hanno rilevato in questi ultimi anni un progressivo abbassamento del livello di apprendimento e si sono interrogati su “che cosa” si valuta quando si valuta l’apprendimento e verso “quale idea di comprensione-apprendimento” sia diretta la didattica degli insegnanti. Troppi elementi fanno pensare che l’apprendimento scolastico valutato non sia significativo. Studenti che hanno anche ottime valutazioni successivamente dimostrano di avere comprensioni errate o non significative. Se si esce minimamente fuori da quello che è stato spiegato o si trova nel libro di testo, può facilmente accadere che lo studente non sia più in grado di dimostrare la competenza desiderata. Se si mettono a confronto il concetto di apprendimento presente nella scuola e quello nel mondo del lavoro non si rileva facilmente sovrapposizione. La scuola sembra verificare se lo studente

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ha appreso quello che è stato insegnato e non si preoccupa di accertare se è stata raggiunta una comprensione profonda. L’apprendimento che si verifica nel mondo del lavoro sembra presentare caratteristiche molto diverse. Le persone che “sanno” nel mondo del lavoro hanno una padronanza di conoscenze e abilità molto più elevata. Di ciò che sanno hanno una padronanza tale da consentire loro di trarre inferenze e ipotesi, integrano ciò che hanno imparato in una disciplina con ciò che sanno da un’altra disciplina, sono creativi e non ripetitivi, sanno trasferire ciò che hanno appreso ad un’altra situazione.Al contrario ciò che si compie a scuola è un apprendimento per obbligo, allo scopo di superare un esame o per compiacere gli insegnanti. Pochissimi studiano per “sapere” o per conoscere. Vi sono anche insegnanti che giustificano questo dicendo che non è necessario che gli studenti “comprendano”. Capiranno l’importanza di ciò che apprendono, dicono, quando saranno più adulti. Talvolta gli studenti si ritengono “intelligenti” perché riescono a ingannare l’insegnante. Così gli studenti studiano per il voto, studiano come vogliono che gli insegnanti studino, si preoccupano di ricordare più che di sapere e costruiscono una conoscenza frammentaria. Molte cose sono state fatte in questi anni per superare questo ostacolo. Una di queste è la ricerca di un apprendimento più affidabile di una “conoscenza dei contenuti”. Una parola diventata “magica” in questi anni è “la competenza”. La competenza non è solo un conoscere, ma un possedere in modo stabile e duraturo conoscenze e abilità. Insegnare e valutare una competenza è “accertare un apprendimento profondamente compreso e posseduto”.

b) Un apprendimento significativo, profondo e stabile non può essere indotto solo da un insegnamento con assimilazione delle conoscenze dal libro scolastico.Un apprendimento significativo e profondo non è istantaneo, non avviene in breve tempo e soprattutto non avviene attraverso una semplice lettura e assimilazione di un testo. Si pensi alla diversa ‘comprensione’ che hanno della “vita” una persona matura e un ragazzo. Si dice che ambedue la comprendono, ma la profondità con cui la comprendono è molto diversa. Una vera comprensione avviene dopo molte esperienze, lunghe riflessioni, dopo aver elaborato in più forme un contenuto, dopo aver affrontato molti problemi e aver praticato numerosi transfer. Dice Perkins (1998):

«Come si apprende a correre con i pattini a rotelle? Di certo non solo leggendo le istruzioni e osservando altri, anche se queste azioni possono aiutare. Molto più sicuramente si apprende a pattinare, se si è persone con buona capacità di apprendimento, pattinando con attenzione: si presta attenzione a ciò che si fa, si fa tesoro delle proprie forze e si lavora sui propri punti deboli.

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La stessa cosa si manifesta con la comprensione profonda di una conoscenza. Se comprendere un argomento significa costruire prestazioni di comprensione attorno a quell’argomento, allora il puntello dell’apprendimento per comprendere deve essere realmente eseguire tali prestazioni. Coloro che apprendono devono dedicare un’ampia parte del loro tempo ad attività che chiedono loro di svolgere compiti che stimolano la riflessione come spiegare, fare generalizzazioni e, alla fine, applicare la comprensione in maniera autonoma. E devono fare queste cose in modo attento con un appropriato feedback per aiutarli a fare meglio» (p. 14).1

La prospettiva costruttivista sull’apprendimento ha modificato quella comportamentista di “apprendimenti frammentati” e di “ricompense successive” ad ogni piccolo nuovo apprendimento. La metafora e l’immagine che oggi abbiamo di apprendimento non è quella di un percorso lineare, ma di un entrare sempre più in profondità nella comprensione di un argomento spinti da un interesse ad apprendere e a conoscere. L’apprendere esige di essere coinvolti in prestazioni successive che portano a una comprensione sempre più profonda e quindi anche a un concetto di valutazione che non avviene attraverso una somma di valutazioni parziali anche se si richiede una valutazione continua.

c) La valutazione ha forti incidenze sulla motivazione ad apprendereNegli ultimi due decenni varie ricerche puntuali e finalizzate a migliorare l’apprendimento hanno dimostrato che il modo di praticare una valutazione attenta ad essere precisa e oggettiva di fatto produce effetti assolutamente imprevisti e gravi sulla motivazione ad apprendere. Troppo la scuola si è preoccupata di un giudizio “vero” e troppo poco degli effetti che esso ha sulla motivazione. Non si deve nascondere e dimenticare che la motivazione scolastica è un tipo di motivazione particolare: è estrinseca e fa riferimento ad obiettivi stabiliti dall’insegnante o dall’istituzione scolastica. Come un ragazzo può abbandonare uno sport perché i suoi risultati non sono quelli desiderati, così uno studente può demotivarsi allo studio e all’apprendimento se la valutazione non raggiunge i livelli richiesti.Secondo Stiggins, Arter, Chappuis e Chappuis (2004):2

«Il pensiero recente riesamina i modi in cui la valutazione può motivare gli studenti a voler apprendere. Secondo quanti studiano il cervello umano (si veda ad esempio, Caine e Caine, 1997, e Jensen, 1998), noi tutti abbiamo un desiderio innato ad apprendere; nasciamo con una motivazione intrinseca. L’apprendimento è richiesto

1 T. Blythe e The Teachers and Researchers of the Teaching for Understanding Project (1998). The teaching for understanding guide. San Francisco, CA: Jossey-Bass.

2 R. Stiggins, J. A. Arter, J. Chappuis, & S.Chappuis (2004). Classroom assessment for learning student learning. Doing it right – using it well. Portland, OR: Assessment Training Institute.

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per la nostra sopravvivenza. Il cervello è costruito per cercare informazioni, integrarle con altre, interpretarle, ricordarle e richiamarle al momento opportuno. Secondo questi ricercatori, questa motivazione intrinseca è sostenuta quando lo studente si trova in queste condizioni: 1) prova un senso di controllo e di scelta; 2) ha frequenti e specifici feedback sulla prestazione; 3) incontra compiti che lo sfidano, ma non lo minacciano; 4) è in grado di autovalutarsi in modo accurato; 5) incontra compiti di apprendimento relazionati alla vita quotidiana. Queste condizioni, invece, allontanano lo studente da una motivazione intrinseca: 1) la costrizione; 2) l’intimidazione; 3) le ricompense e le punizioni connesse a giudizi di valutazione; 4) confronto con un altro studente; 5) feedback rari e vaghi; 6) l’imposizione di limiti al controllo personale; 7) una responsabilità senza autorità… Crediamo che le procedure di una valutazione tradizionale siano simili al secondo elenco. Le valutazioni e i voti sono utilizzati per produrre un comportamento formale, per distribuire un feedback valutativo (voti che molti studenti ricevono come un giudizio di se stessi e del loro valore come persone) per mettere a confronto gli studenti (sviluppando una competizione negativa e così rinforzando un giudizio di autovalore). Gli studenti ricevono anche singoli voti sul lavoro senza indicazione di ciò che hanno fatto bene o di quali potrebbero essere i passi successivi nell’apprendimento (riducendo il controllo dello studente), e feedback che indicano solo quello che non si deve più fare invece di descrivere che cosa si può fare (enfatizzando le cose negative invece delle positive). Gli studenti sono così responsabili del lavoro, ma non dispongono della conoscenza necessaria per migliorare» (pp. 38-39).

Ma oggi bisogna anche dire che numerosi insegnanti e scuole si preoccupano della motivazione, senza tuttavia essere in grado di esprimere un giudizio attendibile. Che fare? Spesso gli insegnanti si trovano in un dubbio amletico: “Se sono oggettiva, metto in pericolo la motivazione, se sto attenta alla motivazione, non sono oggettiva e sincera. Che fare?

Da quanto abbiamo detto, credo risulti evidente una realtà: la valutazione scolastica ha una complessità di riferimenti e di risvolti che richiedono un elevato livello di competenza dell’insegnante. Valutare non è semplicemente attribuire giudizi o voti. Non è neppure sufficiente cercare una sempre maggiore oggettività anche se questa è necessaria.

La valutazione ha radici profonde anche nel modo di concepire l’apprendimento da parte dell’insegnante, nel modo di condurre la didattica, nel modo di relazionarsi con gli studenti e di preoccuparsi della loro motivazione. Per rinnovare la valutazione scolastica non basta introdurre una nuova pratica che rilevi un vero apprendimento, sono indispensabili anche una nuova visione del processo di apprendimento, di nuove forme con le quali rilevarlo e accompagnarlo, fiducia nella possibilità e nell’importanza di coinvolgere l’autovalutazione dello studente, strumenti e forme che dimostrino attenzione alla motivazione nel momento in cui si

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dà un feedback all’apprendimento. Come si affermava all’inizio la valutazione dell’apprendimento non è una questione di voti o non voti. La valutazione si accompagna ad uno stile di insegnare, a un modo di immaginare il processo di apprendimento. Non deve essere né una clava né una sferza per tenere buoni né uno strumento di potere per creare ansia o per indurre paura. È uno strumento “per” migliorare l’insegnamento, l’apprendimento, per verificare i punti deboli e i punti forti e crescere ancora.

Nuovi orientamenti e nuove prospettive in questi anni sono maturati in nuove forme di valutazione che intendono correggere conseguenze negative di una valutazione che o non valuta adeguatamente l’apprendimento o non corrisponde alla comprensione che oggi abbiamo dei processi di apprendimento o tende a demotivare invece di incrementare la crescita di chi è oggetto di valutazione. Questi orientamenti hanno anche promosso un cambiamento che viene indicato nel recupero della valutazione formativa e sommativa oggi anche indicato come valutazione per l’apprendimento e dell’apprendimento.

5. DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Prima di prospettare soluzioni è bene definire il problema e, riassumendolo, possiamo sintetizzarlo in questo modo. In primo luogo, si esige un apprendimento significativo e profondo, un apprendimento che miri a livelli elevati di abilità e di competenza, la valutazione non si limiti ad essere solo una attestazione certificativa, ma tenga presente anche gli effetti motivazionali che essa produce e sia parte integrante del processo di apprendimento.

Queste esigenze pongono altre conseguenze: mettono in seria discussione un insegnamento trasmissivo e, quindi, un apprendimento riproduttivo e mnemonico in favore di uno ricostruttivo, attivo, centrato sullo studente, pianificato verso obiettivi che, per la loro complessità e relazione con il mondo reale, non possono essere raggiunti in breve tempo. L’insegnante deve sapere progettare una sequenza di prestazioni e di attività flessibili alle differenze dimostrate dagli studenti a partire dalla competenza finale che intende raggiungere. La progettazione deve avere ben chiari i punti di arrivo e le caratteristiche che definiscono il “quando” si è conseguito l’obiettivo. Questa chiarezza consente allo studente di sapere dove è diretto e all’insegnante di sapere quando è giunto al luogo dove intendeva arrivare.

La terza esigenza richiede di poter contare su chiare dimostrazioni di un apprendimento significativo e profondo e di porsi al termine del processo, ossia, quando la prova raccoglie informazioni del compimento di un percorso.

Per chiarire meglio “dove” sta il problema possiamo immaginare il processo di apprendimento con diverse focalizzazioni zoomate. Nella prima visione che chiamiamo zoomata con il grandangolare potremmo immaginare un intero ciclo

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scolastico con un percorso di anni intermedi e una valutazione dell’apprendimento finale al termine del ciclo (Figura 1).

Figura 1

Ad un restringimento della visione potremmo immaginare l’anno scolastico con un processo della durata di un anno e una valutazione di fine anno che verifica le conclusioni dell’apprendimento (Figura 2).

Figura 2

Potremmo restringere ancora l’inquadratura e pensare al quadrimestre (o trimestre) al termine dello svolgimento di alcune unità di apprendimento (Figura 3)

Figura 3

Infine, restringendo ancora di più la visione, potremmo focalizzarci su una unità di apprendimento che raccoglie alcune esperienze di apprendimento (Figura 4). Un discorso di valutazione sommativa e formativa dovrebbe essere precisato con modalità e conseguenze diverse a seconda dello spazio di tempo di apprendimento

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Valutazione diagnostica di inizio d’anno,

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Valutazione diagnostica di inizio d’anno,

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considerato. Qui ci si focalizzerà sulla visione più ristretta di un’unità di apprendimento (Figura 4).

Figura 4

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Prestazione autentica che conclude un periodo di

apprendimento significativo – Autovalutazione e

valutazione sommativa e valutazione come apprendimento.

Prestazione autentica che conclude un periodo di

apprendimento significativo – Autovalutazione e

valutazione sommativa e valutazione come apprendimento.

Obiettivo intermedio 1

Obiettivo intermedio 2

OBIETTIVO FINALE: LA COMPETENZA

Esperienze di apprendimento Esperienze di apprendimento Esperienze di apprendimento

Valutazione formativa o continua (per l’apprendimento)

Progettazione a ritroso

Prestazione autentica che conclude un periodo di

apprendimento significativo – Autovalutazione e

valutazione sommativa e valutazione come apprendimento.

Implementazione della Progettazione Annuale

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Supponiamo che un insegnante stabilisca che entro tre mesi gli studenti della sua classe raggiungano una competenza stabilita e descritta con certe caratteristiche (…). A partire dal punto di arrivo egli potrebbe fare una progettazione a ritroso di obiettivi intermedi e supporre che ciascuno dei tre obiettivi intermedi significativi (…) potrebbe essere conseguito attraverso una sequenza di apprendimenti che fanno riferimento a conoscenze, abilità, prestazioni e esperienze di apprendimento necessari per conseguire la competenza.

Le domande che ci si pone sono: Come si deve comportare l’insegnante per la valutazione? Deve esprimere una sola valutazione sommativa alla fine? Deve valutare gli studenti dopo ogni apprendimento (apprendimento di conoscenze, di abilità o svolgimento di prestazione) richiesto durante il processo? Deve dare una sola valutazione sommativa alla fine del processo sviluppato?

6. UNA SOLUZIONE: LA VALUTAZIONE FORMATIVA O VALUTAZIONE PER L’APPRENDIMENTO

Prima di rispondere alle domande ricordiamo alcune premesse:

1) Negli ultimi decenni è mutato profondamente il senso della valutazione. Mentre in passato veniva molto sottolineata l’attendibilità del giudizio di valutazione, oggi se ne sottolineano anche gli effetti sulla motivazione e – scopo questo spesso trascurato – l’incidenza sull’apprendimento proprio come rafforzamento.

2) La valutazione tradizionale intendeva fornire informazioni in particolare ai genitori, ora si sottolinea che il figlio, non solo non va trascurato, ma deve essere ritenuto il “primo destinatario” se si intende migliorare l’apprendi-mento e integrare la valutazione nel processo di assimilazione significativa.

3) Nella valutazione tradizionale i giudizi parziali (cioè lungo il processo) avevano la funzione di mantenere l’impegno e giustificare la valutazione sommativa finale, oggi le valutazioni parziali riguardano soprattutto il processo informando sia l’insegnante che lo studente su che cosa fare per migliorare l’insegnamento e i risultati.

4) Mentre nella prospettiva tradizionale la valutazione finale sintetizzava una raccolta di valutazioni parziali, oggi la valutazione finale (detta sommativa) dovrebbe certificare il possesso di una competenza e meno la continuità di un impegno e una media di apprendimenti parziali.

5) Nella prospettiva tradizionale, la valutazione stabiliva le differenze di apprendimento. Oggi la preoccupazione è quella di portare tutti

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all’apprendimento e tutti al successo.

In questo contesto è ritornata significativa la valutazione formativa come strumento che, se applicato nel modo corretto, può sviluppare e raggiungere tutti questi obiettivi educativi e valutativi.

6.1 La valutazione formativa o per l’apprendimento3

L’introduzione del termine valutazione formativa risale agli anni ’60 proposta da M. Scriven (1967, pp. 40-43)4 in riferimento alla valutazione di un programma educativo. Scriven considerava due forme di valutazione. La prima, formativa, si realizza quando c’è ancora tempo per migliorare e modificare il programma, la seconda, sommativa, quando un programma può dirsi ormai definitivo. Le due valutazioni sono importanti perché consentono di prendere due decisioni diverse: la prima, “procedere ancora”, “continuare” a modificare e a migliorare oppure, la seconda, “fermarsi” o “essere definitivi”.

Bloom cercò di introdurre il concetto nella pratica quotidiana dell’insegna-mento, soprattutto nell’ambito di una metodologia di mastery learning, allo scopo di dare un feedback su quanto appreso, di correggere ciò che ha ancora bisogno di essere padroneggiato o arricchito. Questi aspetti, per essere veramente efficaci, dovevano connettersi con l’istruzione. Il processo però non ebbe un’ampia diffusione soprattutto per le ristrettezze di tempo disponibile per svolgere tutto il programma.

Negli anni recenti, a seguito di numerose ricerche e sperimentazioni e innovazioni introdotte, il termine e concetto è ritornato di attualità e anche modificato. Si possono ormai trovare molte definizioni di valutazione formativa o valutazione per l’apprendimento. Può essere utile richiamarne alcune per identificare ciò di cui si parla. Uno dei primi studi sulla valutazione formativa è quello di Sadler (1989)5 che così la definisce:

«L’etimologia e l’uso comune associano l’aggettivo formativo a formare, a plasmare qualcosa, di solito per conseguire uno scopo desiderato. …La valutazione formativa si

3 Nella letteratura sull’argomento, il termine valutazione per l’apprendimento a seconda dei casi ha due connotazioni. Nella prima assume un significato generale e sottolinea la finalità prima e preoccupazione principale della valutazione scolastica oggi: quella di “migliorare” l’apprendimento. Nella seconda accezione (talvolta anche sostituita con il termine valutazione continua) si indica la valutazione formativa contrapposta a quella sommativa o dell’apprendimento. Qui è assunta in questo secondo significato.

4 M. Scriven (1967). The methodology of evaluation. In R. W. Tyler, R. M. Gagne, & M. Scrivern (Eds.). Perspectives on curriculum evaluation, Volume I (pp. 39-83). Chicago, IL: Rand McNally.

5 D. R. Sadler (1989). Formative assessment and the design of instructional systems. Instructional Science, 18(2), 119-144.

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preoccupa di come i giudizi sulla qualità delle risposte (prestazioni, prodotti, o lavori) degli studenti possono essere utilizzati per modellare e migliorare la competenza evitando la casualità e l’inefficienza di un apprendimento per tentativi ed errori” (p. 120).

Negli anni più recenti vari studiosi e ricercatori hanno richiamato l’attenzione sugli effetti negativi indotti da una pratica della valutazione formativa non svolta secondo le sue finalità. Un forte richiamo è stato dato da due pubblicazioni di Black e Wiliam nel 1998 dal titolo “Assessment and classroom learning”6 e “Inside the black box”7 e da una ricerca-azione svolta dagli stessi autori con altri collaboratori negli anni 1999-2000 nel sud-Inghilterra e poi in California.

Nelle prime pubblicazioni, i due studiosi (Black & Wiliam, 1998a, b) hanno esaminato 160 riviste e volumi che avevano pubblicato ricerche o sintesi di ricerche negli ultimi nove anni raccogliendo 580 tra articoli e capitoli di volumi e utilizzando materiali da più di 250 fonti. “Inside the black box” è una sintesi del primo lavoro. Il loro intento è chiaro: “entrare nel processi nascosti” (“Dentro la scatola nera”) che generano demotivazione e non certo il miglioramento dello studente. Il dito accusatorio è stato rivolto a una pratica della valutazione formativa inadatta ad accrescere la motivazione ad apprendere e a incrementare il successo scolastico. Ecco una breve sintesi.

Black e Wiliam (1998a, b) si posero questi tre interrogativi:

1) La valutazione formativa è uno strumento o una possibilità in mano dell’insegnante in grado di migliorare il successo scolastico degli studenti?

2) Osservando ciò che praticamente si fa, c’è la possibilità di migliorare la pratica?3) Che cosa si deve fare per migliorare la valutazione formativa e di conseguenza

ottenere maggiori possibilità di successo degli studenti?

Quanto alla prima domanda la risposta è stata positiva. Gli autori hanno rilevato un miglioramento significativo nelle scuole che introducevano una innovazione in questo ambito favorendo maggiormente quelle di basso rendimento, accrescendo il livello di successo generale e dimostrando che un cambiamento della pratica era molto più efficace di quello che si otteneva con altre iniziative educative.

Quanto al secondo interrogativo la risposta era anch’essa positiva. È necessario che la scuola si rinnovi e migliori perché:

1) la pratica tradizionale si dimostra molto più preoccupata di essere precisa e attendibile nelle valutazioni dimenticando che la valutazione, rispetto ad un miglioramento non è efficace perché è precisa, ma perché offre indicazioni su come il lavoro può migliorare e su questo aspetto si è piuttosto lacunosi;

2) sebbene molti insegnanti asseriscano di preoccuparsi per un apprendimento

6 P. Black, & D. Wiliam (1998a). Assessment and classroom learning. Assessment in Education: Principles, Policy and Practice, 5(1), 7-73.

7 P. Black, & D. Wiliam (1998b). Inside the black box: Raising standards through classroom as-sessment. Phi Delta Kappan, 80(2), 139-148.

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significativo e profondo, il tipo di valutazione che adottano o le indicazioni o compiti che richiedono per dimostrare l’apprendimento, incoraggiano e spingono verso un apprendimento mnemonico e superficiale;

3) i tipi di domande e i metodi di valutazione utilizzati dai singoli insegnanti non sono condivisi neppure tra gli stessi insegnanti;

4) nella pratica ordinaria vi è la tendenza a ricercare più la quantità dei lavori che la loro qualità;

5) nella valutazione si sottolinea e ci si concentra più sul voto che sui consigli per migliorare o si trascura la funzione principale del voto in riferimento all’apprendimento;

6) nelle valutazioni gli insegnanti e gli studenti spesso fanno confronti che spingono ad una competizione e a pensieri di stima di sé (essere privi o dotati di abilità) più che ad un miglioramento di quello che si è fatto o si sa fare;

7) i voti e le votazioni svolgono più una funzione sociale o burocratica (redazione del registro di classe, informazioni da comunicare ai genitori) che quella di portare ad un maggiore apprendimento;

8) gli insegnanti sono molto attendibili nei giudizi di successo agli esami dei loro studenti, ma molto meno sulle difficoltà o sui bisogni di apprendimento che manifestano i loro allievi.

Quanto alla terza domanda essi hanno avanzato tre consigli.

1) Migliorare l’autostimaGli studenti hanno bisogno di trovare fiducia in se stessi. “Gli studenti che incontrano difficoltà sono condotti a credere di mancare di abilità e questa credenza li conduce ad attribuire le loro difficoltà a un limite per il quale non possono fare nulla. Così essi evitano di mettere impegno nell’apprendimento che può condurre solo ad un dispiacere e cercano di costruire la loro stima di sé in altri modi… il feedback che ogni studente dovrebbe ricevere deve riguardare le qualità specifiche del suo lavoro con consigli su ciò che può fare per migliorare e dovrebbero essere evitati i confronti con altri compagni”.8

2) Promuovere l’autovalutazione e la valutazione tra compagniIl problema di questa iniziativa non deve essere il timore che i ragazzi non siano corretti o non sappiano valutare la gravità o meno di un errore, il problema non è di oggettività, quanto invece la chiarezza riguardo agli obiettivi di apprendimento. “Se la valutazione formativa deve essere efficace gli studenti dovrebbero essere preparati nell’auto-valutazione in modo da comprendere le finalità principali del loro apprendimento e perciò afferrare ciò che è necessario per avere successo”.9

3) Connettere e allineare valutazione a istruzionePer svolgere bene una valutazione formativa è necessario prestare molta attenzione allo sviluppo di ogni componente dell’istruzione. Per questo motivo ● la scelta dei compiti deve essere giustificata e deve consentire di poter

8 P. Black, & D. Wiliam (1998b). Inside the black box… p. 143.9 Ibidem, p. 144.

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comunicare il proprio sviluppo di comprensione e capacità● molta cura e attenzione devono essere date all’interazione tra insegnanti,

singolo studente e la classe. “Ogni feedback a prove o a compiti in classe o per casa dovrebbe suggerire ad ogni studente come migliorare e ad ogni studente deve essere dato l’aiuto e l’opportunità di lavorare per il suo miglioramento. Per stabilire e trovare una buona interazione con gli studenti, gli insegnanti devono superare due ostacoli. Il primo fa riferimento alle proprie convinzioni riguardo il processo di apprendimento. Infatti da una parte si assume che la conoscenza è appresa per trasmissione, attraverso una buona spiegazione accompagnata da ricompense che premiano la “paziente ricezione” dello studente e che la comprensione della conoscenza non può essere immediata ma avviene in seguito; dall’altra si asserisce, invece, che una buona istruzione si sviluppa attraverso domande e una profonda riflessione, attraverso intense e ricche discussioni tra studenti e tra studenti e l’insegnante: tra le due posizioni, la seconda è molto più positiva della prima. Il secondo ostacolo fa riferimento alle credenze sviluppate dall’insegnante riguardo alle potenzialità di apprendimento degli studenti. Vi sono concezioni che immaginano le potenzialità degli studenti come fisse, ereditarie o genetiche contro le quali non si può fare nulla. Altre convinzioni sostengono che le potenzialità di apprendimento sono molto più elevate di quello che si pensi. Il problema sta nel riuscire a liberare la mente da ostacoli e fornire il corretto aiuto per sviluppare abilità di apprendimento. Dovunque sia la verità la seconda si dimostra più favorevole all’applicazione di una valutazione formativa efficace per il miglioramento dell’apprendimento”.10

Le riflessioni di Black e William hanno avuto un effetto molto significativo nella ricerca, nella riflessione e nella pratica su molti versanti. Da una parte hanno mostrato come la pratica della valutazione formativa può essere contraddittoria, lacunosa o addirittura di ostacolo a un miglioramento. Ma hanno anche evidenziato come difficoltà o facilità di innovazioni o di strategie di cambiamento siano connesse alla “visione” che insegnanti o anche studenti sviluppano rispetto alla funzione della scuola, il proprio ruolo, le proprie capacità e lo sviluppo dell’apprendimento. Teorie implicite o esplicite sulle potenzialità di apprendimento possono favorire o ostacolare una valutazione che tenda a migliorare i risultati di apprendimento. Ciò che maggiormente però ha richiamato l’attenzione di molti è stato l’aver esplicitato i legami profondi e intrinseci tra insegnamento e valutazione, tra valutazione e miglioramento, tra valutazione ed emozione e apprendimento ed ha avuto il pregio di richiamare alla diversa caratterizzazione tra la valutazione formativa e quella sommativa.

Della valutazione formativa si possono trovare altre definizioni. Nel progetto di ricerca (KMOFAP PROJECT), realizzato negli anni (1999-2000) nel sud

10 Ibidem, p. 146

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Inghilterra e continuato in California, Black e Wiliam e collaboratori (Black, Harrison, Lee, Marshall, & Wiliam, 2003, 2004)11 hanno verificato come gli insegnanti (24 insegnanti, 6 scuole) preparati a condurre e a organizzare da soli una valutazione formativa potevano ottenere un miglioramento significativo nell’apprendimento degli studenti. Essi la definiscono:

“La valutazione per l’apprendimento è ogni valutazione la cui prima priorità nella progettazione e pratica è servire lo scopo di promuovere l’apprendimento degli studenti. Essa pertanto differisce dalla valutazione progettata innanzitutto per servire gli scopi di rendicontazione (accountability), o di classificazione o di certificazione della competenza. Un’attività di valutazione può aiutare l’apprendimento se fornisce informazioni che gli insegnanti e i loro studenti possono utilizzare come feedback nel valutare se stessi e reciprocamente e nel modificare le attività di insegnamento e di apprendimento nelle quali sono impegnati. Tale valutazione diventa ‘valutazione formativa’ quando le informazioni da essa ottenute sono realmente utilizzate per adattare il lavoro di insegnamento a soddisfare i bisogni di apprendimento” (Black, P., Harrison, C., Lee, C., Marshall, B., & Wiliam, D. (2004) 12.

Un documento canadese per le scuole (2006)13 così la riassume:

“La valutazione per l’apprendimento avviene lungo il processo di apprendimento. È progettata per rendere visibile la comprensione di ogni studente di modo che gli insegnanti possano decidere che cosa possono fare per il suo progresso. Gli studenti apprendono in modi singolari e unici, ma, allo stesso tempo, vi sono strutture prevedibili di connessioni e credenze che alcuni studenti possono sperimentare mano mano che passano da un livello iniziale a uno di esperto. Nella valutazione per l’apprendimento, gli insegnanti usano la valutazione come uno strumento per scoprire quello che possono fare riguardo ciò che i loro studenti conoscono e possono fare e quali confusioni, credenze o vuoti possono avere” (Western and Northern Canadian Protocol for Collaboration in Education, 2006).

Heritage (2007)14 in un suo contributo recente la definisce:

[La valutazione per l’apprendimento] “è un processo sistematico per raccogliere con continuità informazioni sull’apprendimento. Le informazioni sono utilizzate per identificare il livello reale di apprendimento e per adattare le lezioni allo scopo di aiutare lo studente a

11 Black, P., Harrison, C., Lee, C., Marshall, B., & Wiliam, D. (2003). Assessment for learning. Putting it into practice. Buckingham, UK: Open University Press. Black, P., Harrison, C., Lee, C., Marshall, B., & Wiliam, D. (2004). Working inside the black box: Assessment for learning in the classroom. Phi Delta Kappan, 86(1), 8-21.

12 P. Black, C. Harrison, C. Lee, B. Marshall, & D. Wiliam, (2004). Working inside the black box, p. 10.

13 Manitoba Education, Citizenship and Youth (2006). Rethinking classroom assessment with pur-pose in mind. Assessment for learning, assessment as learning, assessment of learning. Winnipeg, MB: Manitoba Education, Citizenship and Youth.

14 M. Heritage, (2007). Formative assessment: What do teachers need to know and do? Phi Delta Kappan, 89(2), 140-145.

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conseguire gli obiettivi desiderati. Nella valutazione formativa gli studenti sono partecipanti attivi con i loro insegnanti della valutazione condividendo con loro gli obiettivi e la comprensione di come il loro apprendimento si sta sviluppando e di quali sono i passi successivi che devono essere conseguiti e come li si raggiunge” (p. 141).

7. LA PRATICA DELLA VALUTAZIONE FORMATIVA

Gli strumenti di cui si avvale la valutazione formativa sono diversi e l’insegnante è libero di utilizzare quello che ritiene più utile a seconda del momento e della progettazione didattica. Noi le riassumiamo in sette strategie e modalità.

1) Creare in classe una cultura di apprendimento.2) Chiarificare e condividere le finalità dell’apprendimento all’inizio di

ogni unità di apprendimento e di ogni lezione.3) Coinvolgere gli studenti in una autovalutazione: far riflettere sul proprio

apprendimento, monitorare ciò che sanno e comprendono.4) Fornire un feedback immediato, chiaro, descrittivo, fondato su criteri.5) Stabilire il “punto raggiunto e del progresso successivo”: entro un

obiettivo ampio, disporre di una sequenza di obiettivi intermedi per poter definire la posizione del progresso.

6) Fare domande opportune e significative.7) Accrescere la stima di sé.

7.1 Creare in classe una cultura di apprendimento.

Per svolgere una valutazione formativa efficace, l’insegnante deve sviluppare nella classe una cultura dell’apprendimento. Per “cultura” intendiamo il clima e il modo spontaneo di sentire e di vivere in classe l’apprendimento. L’insegnante crea il clima in modo implicito e indiretto nel modo in cui invita o richiama all’impegno, nel modo in cui comunica aspettative e risultati, dimostra pazienza, disponibilità, attenzione e incoraggia il miglioramento. Oltre all’uso di specifiche strategie che vedremo in seguito, sono importanti alcuni atteggiamenti:

a) Nel valutare l’insegnante sa focalizzarsi su tutta la persona dello studente tenendo conto tanto delle sue abilità come dei suoi sentimenti.Vi sono studenti timidi, ansiosi, incerti e perfezionisti che vivono il compito scolastico con forti emozioni. Essi si caratterizzano per la stretta connessione che vivono tra cognizione e emozione. Spesso l’emozione condiziona l’abilità cognitiva e viceversa. L’insegnante non può rivolgersi agli studenti distinguendo il lato emotivo da quello cognitivo. Lo studente è

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un tutt’uno. Quando non raggiungono i risultati desiderati, essi vivono scoraggiamento, delusione, perdita di stima di sé, rifiuto per il compito e per gli argomenti disciplinari. Quando raggiungono un risultato eccellente essi provano anche orgoglio, fiducia in se stessi, piacere. Gli studenti sentono un rapporto di vicinanza e di comprensione con l’insegnante che “empatizza”, ma di estraneità se l’insegnante si focalizza sulla dimensione cognitiva senza sintonizzarsi con le loro emozioni.Sentire con lo studente scoraggiamento e sfiducia nell’insuccesso come anche gioia per il successo conseguito è un atteggiamento che certamente crea un clima positivo e favorevole al riconoscimento dei propri limiti e la disponibilità a impegnarsi per superarli.

b) L’insegnante sa correggere opinioni che ostacolano l’impegno e il miglioramento dell’apprendimento e promuove credenze che lo facilitano.Quando giungono alla scuola o durante il periodo scolastico, gli studenti non sono senza opinioni riguardo ciò che succede in classe. L’insegnante deve essere attento a correggere, a creare o a promuovere “opinioni” che possono condizionare negativamente l’apprendimento. Per ottenere questo l’insegnante deve: Dimostrare di apprezzare l’impegno più che le doti naturali e il

successo.Ogni compito richiede un insieme di condizioni: capacità, impegno, riflessione, perseveranza, attenzione, interesse. Tra tutte è importante che l’insegnante scopra ed eventualmente corregga le opinioni degli studenti circa ciò che conduce al successo scolastico o induce l’insuccesso. Alcuni studenti credono che “l’abilità a fare qualcosa è un dono della natura”, che “il successo è frutto di un destino”, che “la memoria è un segno di intelligenza”. Chi dispone di questa fortuna certamente ha successo nello studio. Gli studenti con difficoltà e risultati scarsi sono convinti di mancare di abilità e questa opinione li conduce ad attribuire le loro difficoltà a limiti intrinseci per i quali non possono fare alcunché. Per questo motivo, per ‘non farsi del male’, evitano di investire sforzi nell’apprendimento che può solo condurre a dispiaceri e tentano di costruire la propria stima in altro modo. In contrasto con queste opinioni, l’insegnante dovrebbe indurre: a credere che l’impegno è la condizione più importante che può portare al successo e non l’abilità; a convincersi che è nelle nostre possibilità riuscire a migliorare; a preoccuparsi più di apprendere che di essere giudicati come capaci di eseguire bene una prestazione; più a trarre soddisfazione da un successo personale in compiti difficili che da una competizione interpersonale o valutazione pubblica; a preferire compiti sfidanti, più che essere compiaciuti di aver fatto meglio di altri o di

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esserci arrivati con poco sforzo; ad assumersi la responsabilità del proprio apprendimento.

L’insegnante offre opportunità di discutere l’apprendimento da soli con l’insegnante o con i compagni. Una cultura si crea attraverso la comunicazione ma soprattutto attraverso una continuità di esperienze. Gli studenti dovrebbero trovare normale discutere con l’insegnante i loro risultati e non solo ricevere informazioni in modo indiretto dai genitori. I genitori devono essere informati e sostenere l’insegnante e lo studente, ma non essere i primi destinatari dei risultati. Se si vuole che gli studenti diventino responsabili del proprio progresso e apprendimento, se si vuole che comprendano che cosa fare per migliorare, è bene dare segnali per comprendere le difficoltà, sapere quali strategie adottare e verificare l’efficacia di ciò che mettono in atto. Lo studente dovrebbe ricevere dall’insegnante un “feedback” immediato e puntuale ed essere aiutato a riflettere sulla sua situazione; dovrebbe trovare normale discutere obiettivi e verificare strategie con l’insegnante, ma anche discutere liberamente con i compagni su ciò che è efficace senza timore di vergognarsi o di perdere la stima. Anche gli adulti e i professionisti discutono con colleghi difficoltà e strumenti per superarle. L’insegnante può proporre modalità e tempi di colloquio personale sereno e sincero, ma può anche ottenere molto dalla promozione di autovalutazioni tra compagni, può far discutere tra loro criteri di valutazione, discutere difficoltà e strategie efficaci. Quando gli studenti provano l’insuccesso, è importante ricercare insieme la soluzione dei problemi e suggerire processi di autoistruzione se il compito è percepito difficile.

Dove la cultura di classe si focalizza su ricompense, sulla ricerca di ‘faccine sorridenti’, di voti o su graduatorie, gli studenti studiano il modo di avere bei voti più che impegnarsi per l’apprendimento. La conseguenza è che quando hanno qualche possibilità di scelta, evitano compiti difficili, dedicano tempo e energia a cercare la ‘risposta giusta’. Molti sono restii a porsi domande per paura di sbagliare. Per coloro che si trovano bene in questa cultura il risultato principale è accrescere la frequenza e l’estensione del successo.

Quello che è necessario è una cultura del successo sostenuta da una convinzione che tutti possono riuscire, che il successo non è per pochi eletti e fortunati e applicare forme e strategie di valutazione che portino a considerare la valutazione come parte del proprio processo di apprendimento più che un temuto intervento estrinseco dell’insegnante.

Se gli studenti percepiscono che i risultati del loro apprendimento sono soprattutto destinati ai genitori o sono un atto burocratico della scuola, se decidono

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di migliorarsi, lo faranno soprattutto per i genitori o per la selezione scolastica o per evitare il giudizio pubblico. In questo modo mai la valutazione diventerà qualcosa di intrinseco al loro processo di apprendimento.

Per raggiungere ciò gli insegnanti devono stare attenti al modo in cui praticano la valutazione in classe e soprattutto a come praticano la valutazione formativa. Per non cadere in una forma di valutazione che sia una applicazione di strategie e di tecniche è importante che prima di esaminarle si rifletta su quale deve essere lo spirito che guida l’insegnante in questa attività.

7.2 Chiarificare e condividere le finalità dell’apprendimento all’inizio di ogni unità di apprendimento e di ogni lezione

Si immagini di accingersi a un viaggio. È possibile partire senza sapere chiaramente dove si vuole andare? Senza avere un’idea degli ostacoli che si possono incontrare e del tempo che potrebbero richiedere? È possibile mettersi in viaggio senza sapere ciò di cui si ha bisogno? È possibile muoversi senza sapere se la destinazione è vicina o lontana? È possibile incamminarsi senza sapere qualche caratteristica del luogo di destinazione per riconoscerlo quando si è giunti? È possibile dopo aver fatto un certo tratto di strada non controllare dove si è? Se si è ancora distanti o se si è già vicini o fermarsi a riflettere quando si incontra una difficoltà od ostacolo?

Sebbene ciò sembri ovvio, spesso ciò non è una ovvietà nel processo di apprendimento dello studente. Gli studenti apprendono un argomento di storia o di geografia, di grammatica o di matematica, una strategia o una procedura, ma non sanno “dove” vadano a finire detti apprendimenti, quale tratto di strada essi esprimono. Gli studenti apprendono, ma non hanno chiaro il punto di arrivo. Gli apprendimenti si concatenano per associazione o per vicinanza, ma non hanno una prospettiva chiara. Ma “se gli studenti non comprendono gli obiettivi e non possono valutare quello di cui hanno bisogno per raggiungerli è molto difficile che raggiungano i risultati di apprendimento desiderati”.15

Al contrario per una valutazione formativa efficace è importante che gli studenti sappiano con chiarezza qual è la competenza finale da raggiungere e come ogni anche piccolo apprendimento contribuisce al conseguimento dell’obiettivo finale. A seconda degli argomenti o delle situazioni l’insegnante può iniziare facendo vedere una prestazione finale che essi dovranno saper esprimere. Ad esempio può essere una composizione scritta esemplare, oppure un prodotto eseguito al computer, oppure la soluzione di un problema significativo, oppure saper rispondere a una domanda molto ampia e incerta che richiede la familiarità di varie

15 P. Black, C. Harrison, C. Lee, B. Marshall, & D. Wiliam (2003). Assessment for learning. Put-ting it into practice. Buckingham, UK: Open University Press, p. 49.

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conoscenze, oppure saper leggere con chiarezza e precisione un brano o comprenderlo.

Il conseguimento di una competenza-obiettivo richiede apprendimenti o esperienze numerosi come tappe intermedie. I tempi potrebbero anche essere lunghi, talvolta le esperienze possono ripetersi più volte per acquisire automatismi, altre volte essere diversificate per acquisire flessibilità. In tutti i casi ogni volta e ogni giorno agli studenti deve essere ripetuto perché e per quale scopo si fa quel giorno quella esperienza di apprendimento e perché al termine si fa una valutazione di ciò che è stato fatto.

Riuscire a rendere chiaro agli studenti “che cosa” si apprenderà, ripetere in ogni lezione ciò che si dovrà imparare, chiedere di ripeterlo con parole proprie, accertarsi che gli studenti comprendono e conoscono i criteri di valutazione e le caratteristiche di un lavoro ben fatto (ad esempio, porre domande come: “Da che cosa comprenderemo che abbiamo raggiunto l’obiettivo o abbiamo appreso?), richiedere di discutere esempi che non realizzano i criteri espressi, motivare l’importanza di ciò che si apprenderà sono tutte strategie utilizzabili per comprendere meglio dove si è diretti.

La valutazione continua serve a chiarire dove si è giunti, che cosa rimane ancora da fare e dove si è diretti. Mettere in atto queste strategie consente gli studenti di riconoscere il loro successo, fa loro spostare la loro attenzione dal completamento del compito al raggiungimento dell’obiettivo, spinge gli studenti a impegnarsi per se stessi e non per l’insegnante.

L’insegnante può riconoscere che gli studenti lavorano per l’apprendimento rilevando che gli studenti parlano più facilmente di ciò che stanno apprendendo che di ciò che stanno facendo, più facilmente riescono ad esprimere ciò di cui hanno bisogno (“Voglio lavorare da solo per imparare questo”); inoltre, gli studenti con minori o medie capacità sono più concentrati, sono automaticamente collocati in una posizione autovalutativa, migliorano il loro modo di lavorare nella quantità, nella qualità e nelle abilità per l’impegno a fare del loro meglio, rimangono più a lungo sul compito, sviluppano maggior senso di proprietà e senso di responsabilità.

Infine la definizione di obiettivi di competenza finali e intermedi ha anche effetti sugli insegnanti: li spinge a concentrarsi sugli obiettivi più che sulle attività, migliora la comprensione dell’obiettivo di apprendimento; eleva le aspettative; concentra l’attenzione più sulle qualità che sul far sì che tutto sia compiuto; incoraggia gli studenti a stabilire connessioni con altre lezioni e a essere più critici nei confronti delle attività.

7.3 Coinvolgere gli studenti in una autovalutazione: far riflettere sul proprio apprendimento, monitorare ciò che sanno e comprendono.

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“Il pensiero attuale sull’apprendimento riconosce che gli studenti devono essere in fondo in fondo i responsabili del loro apprendimento al punto che nessun altro può farlo per loro. Per questo motivo la valutazione deve coinvolgere gli studenti in modo da offrire loro informazioni su come stanno procedendo e guidarli al loro impegno successivo. Molte di queste informazioni giungeranno loro come feedback dell’insegnante, ma alcune arriveranno dal loro diretto coinvolgimento nella verifica del proprio lavoro. La consapevolezza dell’apprendimento e l’abilità degli studenti a dirigerla a se stessi accresce l’importanza nel contesto di incoraggiamento ad apprendere per tutta la vita”.16

Educare gli studenti alla responsabilità del proprio apprendimento richiede non solo rendere chiari gli obiettivi, ma anche trasmettere il messaggio che lungo il processo di apprendimento è necessario monitorare continuamente il proprio percorso e far percepire che la valutazione è parte integrante del processo. In generale questa operazione di monitoraggio richiede di educare gli studenti prima a scoprire ciò in cui sono riusciti e poi ciò in cui pensano di dover migliorare. A questo scopo l’insegnante può applicare molte strategie.

Prima della fine di ogni lezione invitare gli studenti a rispondere ad alcune domande come: Che cosa hai imparato di nuovo? Che cosa ti sentiresti sicuro di poter spiegare a un tuo compagno? Che cosa di quanto hai scoperto e conosciuto oggi ti ha procurato molto piacere? Di ciò su cui oggi abbiamo lavorato che cosa ti è stato più utile per imparare? Che cosa non hai trovato facile capire? Che cosa vorresti comprendere meglio? Che tipo di aiuto ti servirebbe? Su che cosa vorresti porre delle domande?

Al termine di un breve periodo di lavoro e di apprendimento, chiedere agli studenti di verificarsi su alcune conoscenze. L’insegnante parafrasa un contenuto in poche parole e gli studenti rispondono usando i colori del semaforo per autovalutarsi: Verde: Ho capito bene; Giallo: Non completamente chiaro; Rosso: Non ho capito.

Somministrare un questionario sul quale lo studente si autovaluta su una scala di Chiaro-Non sono sicuro-Non ho capito.

Al termine di una lezione o di un breve-periodo di spiegazione o di lettura chiedere agli studenti di scrivere ciò che hanno compreso.

Distribuire un foglio e chiedere agli studenti di esprimere ciò in cui hanno trovato difficoltà.

Tra le strategie più rilevanti ed efficaci è l’autovalutazione tra compagni. Ad esempio:

Gli studenti si scambiano i lavori fatti e dicono ciò che li ha colpiti o è loro piaciuto di ciò che hanno fatto fino a quel momento.

Prima della fine di ogni lezione gli studenti dicono a un compagno che

16 R. Sadler (1989). Formative assessment and the design of instructional systems. Instructional Science, 18, 119-144.

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cosa hanno compreso bene e fanno una domanda su ciò che non hanno compreso bene. Se il compagno non è in grado loro di chiarire il dubbio o la non comprensione, segnalano la cosa su un foglio all’insegnante.

Gli studenti sono invitati ad esaminare il lavoro di un compagno in riferimento ad una rubrica di valutazione o una traccia fornita dall’insegnante.

Gli studenti usano i colori del semaforo per qualificare il lavoro di un compagno: Verde: Avanti! È chiaro e molto bene. Giallo: Adagio! Può essere migliorato. Rosso: Fermati a correggerlo!

Queste e altre attività di autovalutazione tra compagni oltre a sviluppare una cultura di valutazione in classe, aiutano a chiarificare i criteri di valutazione, educano a riflettere sulla esperienza di apprendimento scoprendo ciò che si è fatto di buono e ciò che ha bisogno di miglioramento, fanno ricordare e comprendere che cosa è avvenuto, danno un’idea più chiara di ciò che è stato appreso e raggiunto, fanno assumere responsabilità nell’organizzazione del proprio lavoro, fanno memorizzare le attività svolte, consentono di prendere decisioni su azioni da intraprendere e obiettivi immediati da conseguire.17

L’autovalutazione tra compagni è uno strumento importantissimo per la comprensione degli obiettivi e il miglioramento dell’apprendimento per varie ragioni: aiuta a prendere distanza dal proprio lavoro e comprendere il valore che ne danno altri; migliora la motivazione degli studenti a lavorare con più accuratezza e attenzione; dà la possibilità di conoscere forme di realizzazioni diverse accettabili; trasmette il significato e il valore dell’impegno ad altri che ancora non hanno trovato la strada per riuscire in compiti scolastici; talvolta in un certo contesto è più facile accettare la critica da un compagno che da un insegnante; valutando i propri compiti e assumendo il ruolo di insegnante ed esaminatore del lavoro dei compagni, l’apprendimento degli studenti si arricchisce; rafforza la voce degli studenti e migliora la comunicazione tra studenti e insegnante sul loro apprendimento.

L’autovalutazione lungo il processo di apprendimento non manca di avere effetti sull’insegnante: è più libero di osservare e riflettere su ciò che sta avvenendo in classe; durante l’autovalutazione ha la possibilità di comprendere meglio i bisogni e le difficoltà degli studenti; può intervenire immediatamente per il recupero quando c’è una difficoltà senza rimandare a quando magari sarà troppo tardi; ha una conoscenza di come stanno procedendo l’apprendimento e il lavoro e può prendere decisioni su: se fermarsi, come procedere, che cosa cambiare; conosce meglio singolarmente gli studenti.

17 L’insegnante deve fare attenzione non solo all’attività di autovalutazione, ma anche alla tipologia di persone di cui è composta la classe per evitare che qualche interazione non abbia il risultato desiderato. Si ricordi che i maschi tendono ad essere più benevoli con se stessi e più esigenti con i loro pari (e un po’ anche rudi), le ragazze tendono ad essere più esigenti con se stesse e più comprensive con i loro pari (un po’ troppo accondiscendenti).

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7.4 Fornire un “feedback” immediato, chiaro, descrittivo, fondato su criteri

Il feedback formativo18 è una informazione comunicata allo studente con l’intenzione di modificare la sua riflessione o il suo comportamento allo scopo di migliorare l’apprendimento… Il feedback può essere dato in svariate forme: un voto, un commento generale o specifico alla prestazione dello studente, un consiglio o un invito a correggere, un segnali (una crocetta, una sottolineatura, un segno convenzionale) dove sono stati commessi degli errori, la correzione posta nel luogo dell’errore, e altro ancora. A seconda del momento può essere fornito mentre lo studente lavora, immediatamente dopo la fine di una prestazione, ritardato di qualche giorno o di più giorni. Lo scopo principale del feedback formativo è accrescere la conoscenza, le abilità e la comprensione in qualche area di contenuto o le abilità generali (ad esempio, lo scrivere, il comunicare oralmente, la soluzione di problemi).

Secondo Shute (2008) il feedback ha due scopi principali: direttivo e facilitativo. Il direttivo dice allo studente quali necessità devono essere superate o corrette, quello facilitativo offre commenti e consigli per aiutare e guidare gli studenti nella loro correzione e concettualizzazione”.19

L’obiettivo di questa valutazione è quello di segnalare l’attuale discrepanza tra la prestazione espressa e quella desiderata e l’obiettivo; ridurre il “peso cognitivo” successivo dello studente perché egli non si concentrerà più su ciò che sa fare bene, ma su ciò che non sa ancora fare bene; fornisce informazioni che possono essere utilizzate per correggere strategie inappropriate per il compito, errori procedurali o fraintendimenti.

Poiché vi sono tanti modi di dare il “feedback”, l’insegnante deve stare attento a darlo nel modo più efficace per il miglioramento. Tanto per essere concreti, immaginiamo una situazione concreta molto semplice. Un insegnante potrebbe pensare di verificare la capacità-competenza di risolvere un problema con le quattro operazioni accertando l’apprendimento significativo dell’uso delle quattro operazioni. È chiaro che prima di giungere a quel momento gli studenti dovranno conseguire molti apprendimenti. La domanda che ci si pone è: quale tipo di feedback è più efficace lungo questo processo di apprendimento? Quale tipo di valutazione (feedback) dovrà fornire l’insegnante durante le singole esperienze di apprendimento? (per essere più concreti si riveda la Figura 4).

In generale, la ricerca indica che un feedback specifico, chiaro, immediato sul come migliorare concetti e compiti procedurali è una buona linea guida generale da

18 Ricordiamo, se ve ne fosse bisogno, che questa valutazione non è ancora la valutazione dell’apprendimento. Si tratta di un feedback valutativo ancora lungo il processo di apprendimento.

19 V. J. Shute (2008). Focus on formative feedback. Review of Educational Research, 78, 153-189.

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seguire. Feedback lunghi, complessi, ritardati sono in genere più problematici. In particolare, l’insegnante deve prestare attenzione a: focalizzare il feedback sul compito non sullo studente; dare un feedback che descriva che cosa, come e perché una certa strategia accresce l’apprendimento; fornire un feedback elaborato in “parti” per non sovraccaricare la mente e non correre il rischio che sia trascurato (ad esempio, collocare l’osservazione nel punto dove è stato commesso un errore); non dare un feedback generico e ambiguo perché bloccando l’apprendimento può dare un senso di frustrazione; dare solo informazioni che possono essere utili e aiutare (dire ad esempio: “Devi essere più attento!” è generico e non è molto utile). Il feedback formativo dovrebbe chiarificare gli scopi e ridurre e rimuovere l’incertezza tra ciò che lo studente sta facendo e gli obiettivi che devono essere raggiunti. Può anche essere utile dare il feedback formativo dopo che lo studente ha tentato la soluzione ad un errore segnalato (ad esempio, l’insegnante può segnalare che il compito contiene sei errori di ortografia e invitare a correggerli… successivamente, dopo che lo studente ha tentato una correzione, essere più preciso).

A queste indicazioni generali non vanno disgiunti consigli individualizzati per certi gruppi di studenti. Ad esempio non è da escludere la possibilità e l’opportunità di dare feedback ritardati a studenti molto capaci e indipendenti nel loro lavoro. A questi stessi potrebbe anche essere dato un feedback facilitativo –come suggerimenti e commenti generali – che li sfidi e li guidi nella correzione.

Tuttavia per studenti con difficoltà è utile utilizzare forme di scaffolding come: motivare l’interesse dello studente, semplificare il compito per renderlo più gestibile, fornire alcuni orientamenti per aiutare a concentrarsi sull’obiettivo, indicare le differenze tra il lavoro e la soluzione desiderata, ridurre la frustrazione e il rischio, modellare e chiaramente definire le aspettative, offrire la risposta corretta e qualche tipo di feedback elaborato, dare feedback specifici orientati verso l’obiettivo.

Vari autori e ricercatori sottolineano la problematicità dell’uso dei voti nella valutazione formativa. Black, Harrison, Lee, Marshall, e Wiliam (2003),20 sulla base di ricerche della Butler e altri,21 sottolineano che

“In generale, il feedback dato nella forma di una ricompensa o di un voto coinvolge l’io piuttosto che il coinvolgimento nel compito – cioè spinge gli studenti a confrontarsi e a

20 P. Black, C. Harrison, C. Lee, B. Marshall, & D. Wiliam (2003). Assessment for learning. Put-ting it into practice. Buckingham, UK: Open University Press, pp. 42-49.

21 R. Butler (1987). Task-involving and ego-involving properties of evaluation: effects of different feedback conditions on motivational perceptions, interest and performance. Journal of Educational Psychology, 79, 474-482; R. Butler (1988). Enhancing and undermining intrinsic motivation: The ef-fects of task-involving and ego-involving evaluation on interest and performance. British Journal of Educational Psychology, 58, 1-14; R. Butler, & M. Nisan (1986). Effects of no feedback, task-related comments and grades on intrinsic motivation and performance. Journal of Educational Psychology, 78, 210-217.

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concentrarsi sulla propria immagine e il proprio status più che incoraggiare a riflettere sul proprio lavoro e sul suo miglioramento. Il feedback trasmesso con i voti concentra l’attenzione degli studenti sulle proprie ‘abilità’ più che sull’importanza dello sforzo, danneggiando la stima di sé dei più deboli. Il feedback che indica ciò che deve essere fatto può incoraggiare l’apprendimento sia direttamente attraverso lo sforzo che ne può derivare sia indirettamente sostenendo la motivazione a impegnarsi. Una cultura del successo dovrebbe essere promossa in modo che tutti gli studenti possano avere successo costruendo sulla loro prestazione precedente piuttosto che dal confronto con altri. Questa cultura è promossa informando gli studenti sui loro punti di forza e di debolezza dimostrati nel lavoro e dando feedback su quali dovrebbero essere i loro passi successivi” (p. 46).

7.5 Indicare il “punto raggiunto e il progresso successivo”

La valutazione formativa è una valutazione che si colloca durante un “processo” di apprendimento e cioè lungo lo svolgersi di un tempo nel quale si compiono operazioni diverse ognuna delle quali richiede una verifica per procedere. Il momento in cui compierla non è difficile se l’insegnante si è programmato una serie di attività svolgendo le quali lo studente si avvicina all’obiettivo di apprendimento desiderato. La conclusione di un’attività dovrebbe essere il momento ideale per verificare se l’apprendimento previsto per quel momento è stato conseguito. La verifica formativa dovrebbe fornire due risposte a due domande: è stato conseguito l’obiettivo o si deve ancora rimanere sull’attività? Qual è l’obiettivo successivo da raggiungere?

Dice Sarah McManus (2008) sulla valutazione formativa:

“I progressi dell’apprendimento descrivono come i concetti e le abilità sono costruiti in un certo ambito di competenza e mostrano il cammino di apprendimento lungo il quale ci si aspetta che gli studenti progrediscano. Dal progresso dell’apprendimento, gli insegnanti hanno una grande visione di ciò che gli studenti devono apprendere ed anche un piano sufficientemente dettagliato di obiettivi a breve termine. In questo modo, essi sono in grado di connettere le opportunità di una valutazione formativa a obiettivi a breve termine trovandosi di fatto pronta una traccia di come l’apprendimento dei loro studenti sta procedendo”.22

A intervalli regolari, di solito alla fine di una unità di lavoro, è utile preparare un commento sulla qualità del risultato per suggerire il miglioramento successivo. Questo funziona per gli studenti come un riepilogo di dove essi si trovano rispetto ai livelli desiderati, ma soprattutto stabilisce una relazione tra il punto di arrivo e la meta successiva. Una varietà di approcci può in questo essere di aiuto agli studenti, ma di importanza è:

22 S. McManus (2008). Attributes of effective formative assessment. Paper prepared for the Form-ative Assessment for Teachers and Students (FAST) – Formative Assessment for Teachers and Learners (SCASS) of the Council of Chief State School Officers (CCSSO), p. 4.

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1) coinvolgere attivamente nel valutare il successo conseguito e individuare gli obiettivi successivi. Individualmente, in coppia o in gruppo, utilizzando criteri stabiliti, gli studenti possono giudicare un lavoro (proprio o anonimo) o una prestazione esemplare (soprattutto se è presente una variazione di qualità) ed esplicitare ciò che vi è di “ben fatto” e “da migliorare”. Ciò abilita gli studenti ad analizzare criticamente e oggettivamente il lavoro e li motiva al controllo del proprio progresso. Fa anche conoscere in modo esplicito qual è la differenza in una prestazione tra i diversi livelli di giudizio.

2) presentare commenti al lavoro degli studenti che aiutino a rendersi conto di come progredire (“medaglia e missione”). Ad esempio: “Fino a… va molto bene. Nella parte successiva devi ordinare meglio le tue idee”

7.6 Fare domande opportune e significative

Le domande sono un altro strumento efficace e flessibile per la valutazione formativa. Da anni è riconosciuta alla domanda un potere particolare nell’apprendimento. È utilizzata per la comprensione, per l’analisi, per la ricerca, per il pensare critico, per la curiosità, per la creatività, per suscitare l’interesse e la motivazione. Nella valutazione formativa le domande possono essere utilizzate per verificare la comprensione della conoscenza, l’abilità di processi o per rilevare capacità metacognitive e il suo buon uso può conseguire cambiamenti rapidi e positivi.

A questo scopo l’insegnante deve soprattutto curare tre aspetti:

1) Le strategie di gestione della classe per abilitare l’efficacia del rispondere a domandeNon basta formulare domande significative e stimolanti. Se le domande si rivolgono alla classe (o anche tra compagni) è importante assicurarsi che tutti siano attenti alla domanda e riflettano. È opportuno abituare gli studenti a prendersi un tempo di riflessione prima di rispondere e chiedere di non alzare la mano per parlare fino a che il tempo di riflessione non è terminato.Le domande sono uno strumento di valutazione formativa molto flessibile e l’insegnante può disporre di molte modalità di applicazione rendendo l’attività anche piacevole e interessante agli studenti. Ad esempio:

Invitare gli studenti a discutere in coppie o in piccoli gruppi la loro opinione su una domanda o su un argomento, poi chiedere a qualcuno rappresentativo di condividere l’opinione con il gruppo più ampio (struttura riflettere e condividere in coppia),

Chiedere agli studenti di scrivere una risposta e successivamente

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leggerne alcune ad alta voce, Presentare alcune possibili risposte a un problema poi chiedere di

votarle giustificando il proprio giudizio. Far scrivere la comprensione di concetti riguardanti un certo

ambito di conoscenza prima e dopo l’istruzione. Chiedere agli studenti di riassumere le idee principali che essi

portano via da una spiegazione, discussione o lettura assegnata. Alla fine di un periodo di insegnamento/apprendimento far

svolgere un piccolo problema o porre domande e controllare le risposte.

Intervistare gli studenti individualmente o in gruppi su come pensano di risolvere qualche problema.

Somministrare frequentemente dei brevi questionari (meglio di lunghi e non frequenti). Un nuovo apprendimento dovrebbe essere testato dopo (o anche prima di) una settimana dalla prima esposizione.

Ad un gruppo di due/tre/quattro e lasciare discutere un argomento. Dopo un tempo stabilito, ogni membro del gruppo si trova in gruppo con altri membri di altri gruppo. Ognuno ha un minuto per riassumere la riflessione del proprio gruppo agli altri. Poi ritorna al proprio gruppo (se lo si ritiene necessario egli prima di tornare al proprio gruppo e riferire, si sottoporrà alle domande del gruppo).

2) I modi nei quali le domande possono essere strutturate per abilitare gli studenti a estendere la loro riflessione e apprendimentoSia che siano gli studenti a porsi reciprocamente domande o l’insegnante a porle è importante seguire qualche modello di formulazione di domande per avere informazioni precise sulle risposte. Ad esempio, se si vuole che gli studenti si controllino nella comprensione o l’insegnante vuole verificare la comprensione degli studenti si formuleranno domande come:

Prova a descrivere con tue parole____________. Che cosa significa ____________. Prova a spiegare con tue parole in modo più chiaro __________. Spiega perché ____________ è un’idea importante. Spiega perché ____________. Spiega come ____________.

Se si vuole che gli studenti o l’insegnante esprimano una comprensione più profonda si definiranno domande che richiedono maggiore elaborazione come:

Per quali aspetti ____________ è simile a ________________? Quale differenza trovi tra ____________ e _______________ ?

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Per quali motivi ___________ determina ____________ ? Come __________ potrebbe essere applicata a ___________ ? In che modo ___________ si connette a ___________ che già

conoscevi? Che cosa accadrebbe se ____________?

Questo non è l’unico modo. Si possono anche usare i “Sei cappelli per pensare” di E. De Bono23 o altre forme come i livelli cognitivi di Bloom.

3) Il ruolo dell’insegnante nel creare un clima di sostegnoOltre alle strategie di applicazione e alla tipologia di domande, l’insegnante deve essere attento a creare un clima di sostegno alla domanda. Ad esempio, quando pone una domanda:

facilitare la risposta dicendo: “Penso che per rispondere a questa domanda dovrete pensarci bene. Non mi aspetto che rispondiate giusto, ma che ci riflettiate...”.

invitare altri a partecipare ad una risposta data. Ad esempio, “Siete tutti d’accordo? Qualcuno ha da precisare o da aggiungere qualcosa?”.

chiedere di fare “eco” a una risposta. Ad esempio, “Sareste d’accordo con una risposta come….?”.

togliere la preoccupazione della risposta. Ad esempio, “Rispondi come ti sembra di rispondere. Non preoccuparti che sia giusto o errato….?”.

invitare altri ad una risposta data. Ad esempio, “Siete tutti d’accordo? Qualcuno ha da precisare o da aggiungere qualcosa?”.

7.7 Accrescere la stima di sé dello studente nel momento in cui si parla di successo scolastico

La perseveranza o la motivazione ad impegnarsi può essere indotta dai successi conseguiti. Chi di regola raccoglie successi è più disposto a un nuovo rischio perché non ha motivo di dubitarne. È quando asserisce Bandura a proposito del senso di autoefficacia.

Diversa è la condizione della stima di sé. La stima di sé descrive il valore che noi diamo a noi stessi. La stima di sé sembra avere radici profonde nella natura psicologica umana al punto da ricercarla, proteggerla e difenderla quando viene minacciata, sminuita o attaccata. Tutti ricercano una fonte di stima di sé. Se non si è oggetto di stima da parte degli altri o di qualcuno, la cerchiamo in qualcosa che ce la può procurare. Vi sono ragazzi che non godendo la stima dei compagni la

23 De Bono, E. (1999). Sei cappelli per pensare. Milano: Rizzoli.

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ricercano nello studio o nell’abilità sportiva.Educare ad una corretta stima di sé richiede grande impegno e attenzione

educativi. La valutazione è certamente uno strumento straordinario per educare la stima di sé. Si è già detto come i voti possano essere un pericolo per la stima di sé orientando verso il proprio “sé” dotato di qualità e doti naturali. Poiché non abbiamo più una visione dell’intelligenza come un dono della natura che ha favorito alcuni e impoverito altri, ma crediamo in una visione incrementale dell’intelligenza, siamo oggi più orientati a ricercare la stima di sé nell’impegno, nella costanza, nel miglioramento continuo. Non si nasce sapendo risolvere problemi o scrivere e comunicare in modo efficace, non si riceve dalla natura la dote di parlare un’altra lingua o di leggere e comprendere un testo scritto. Queste abilità sono frutto di esercizio, di impegno, di miglioramento continuo, di sfide che ci stimolano continuamente ad andare oltre quanto abbiamo già acquisito.

8. CONCLUSIONI

La riflessione recente sulla valutazione formativa ci fa vedere come le discussioni sul voto sì e il voto no ci abbiano portino fuori della prospettiva di miglioramento della pratica e professionalità dell’insegnante. È importante maggiore “professionalità” dell’insegnante nel sapere unire “oggettività” e qualità “educativa”. Dalla lunga riflessione traiamo alcune conclusioni che ci sembrano particolarmente significative per la pratica di insegnamento e meritano una particolare attenzione.

a) Innanzitutto sarebbe bene che quando si parla di valutazione scolastica (sia nei documenti ministeriali che nelle discussioni quotidiane si precisi sempre di quale valutazione si parla. Essere precisi aiuta certamente meglio ciò che si fa.

b) La distinzione tra valutazione formativa e sommativa non risolve del tutto i possibili errori di valutazioni che ricorrono a “medie” di voti, ma certo può ridurre di molto questa pratica che non è certamente educativa.

c) La valutazione formativa, se utilizzata bene dall’insegnante, è strumento con molte valenze educative: orienta al miglioramento allontanando da preoccupazioni per la riuscita nella prestazione, può sviluppare e incrementare la motivazione intrinseca, educa all’autovalutazione, riporta la valutazione dentro il processo di apprendimento.

d) Il feedback per essere efficace deve essere continuo, lungo tutto il processo di apprendimento, dato nel modo appropriato, sollevare il peso cognitivo da ciò che già si fa bene e impegnare in ciò che deve essere migliorato, non minacciare la stima di sé, rilanciare l’attenzione all’obiettivo successivo. Tutte queste qualità di intervento educativo richiede dall’insegnante,

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esercizio, professionalità, attenzione allo studente, non improvvisazione.e) La valutazione formativa non è solo compito degli insegnanti. Gli studenti

devono essere educati ad atteggiamenti e ad abilità di collaborazione sia perché questi sono un valore intrinseco sia perché la valutazione tra compagni aiuta a sviluppare l’obiettività richiesta per una autovalutazione oggettiva. Gli studenti devono essere incoraggiati ad avere in mente gli obiettivi del lavoro e a valutare il loro progresso verso questi obiettivi mano a mano che avanzano verso di essi. Essi saranno capaci di guidare il proprio lavoro e diventare studenti autoregolati e indipendenti. Gli studenti che hanno focalizzato l’attenzione sul miglioramento del loro lavoro prestando attenzione ai commenti non hanno avuto più bisogno di voti come misura della qualità del loro lavoro.

f) La valutazione per l’apprendimento ha un effetto significativo sul miglioramento degli studenti dando loro la capacità di aver fiducia in se stessi, di essere critici, di raggiungere risultati non raggiunti prima e di aumentare la stima di sé. In un mondo nel quale si subiscono continue pressioni contrarie fa bene sapere che possiamo produrre una reale differenza…

g) La ricerca e la prassi ha dimostrato che una buona pratica della valutazione formativa ha prodotto rilevanti miglioramenti nell’apprendimento degli studenti. Se questo è vero, dovremmo chiederci se una buona pratica della valutazione formativa non possa essere una buona soluzione a problemi che attraversano l’attività scolastica con il “debito formativo”, la “sospensione dell’attività didattica per il recupero”, la “dispersione scolastica”, e altro ancora.

Naturalmente non riteniamo l’argomento affrontato a questo punto completo. Sarebbero certamente necessari altri approfondimenti su alcuni temi specifici e chiarire come la valutazione formativa si coordina con quella sommativa e come la valutazione può diventare “apprendimento” e altro ancora. Speriamo che quanto abbiamo detto sia riuscito a portare un po’ di chiarezza nella pratica della valutazione scolastica.

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