Le Visioni Dei Laici Auto Biografismo

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    confronto – il conflitto – fra la cultura clericale propria a chi ha fissatosulla pergamena quella vicenda per divulgarla fra i contemporanei e conse-

    gnarla ai posteri e altre forme di saperi tradizionali condivise dal laicato,retaggio di un sistema di valori arcaico che un’evangelizzazione sommariae superficiale aveva preferito assorbire piuttosto che sradicare2.

    Tali visioni vantano un esordio piuttosto precoce, esordio che puòessere fatto risalire alla visio di Curma di cui ci reca notizia Agostino nel De cura pro mortuis gerenda3 (421) riferendosi a fatti databili fra 395 e419, se non addirittura all’aurorale  Passio Perpetuae4 (inizio del III seco-lo), benché le rivelazioni oniriche di una futura martire presto assurta allagloria degli altari meritino in effetti di essere considerate un caso a parte,soprattutto in termini di rilevanza dottrinale5.

    Ugualmente precoce è il temporaneo e spiritale accesso all’aldilà di unappartenente all’ordo dei bellatores: il primo miles a beneficiarne è infatti,almeno a quanto consta dalla tradizione superstite, l’anonimo protagonistadi un racconto di Gregorio Magno – quello di  Dialogi IV, 37, 7-126  – ambientato nel 590, dunque immediatamente a ridosso della stesura dell’o- pera (593-594). Questo miles, e forse non è una coincidenza, è anche il primo a sostenere di aver visto nel suo cammino oltremondano un  pons

     subtilis7 sotto cui scorreva un fiume caliginoso8 e oltre il quale si aprivano

    116 Sonia Maura Barillari

    2. Sulla pluralità di culture riconducibili al mondo dei laici nel medioevo rinvio a S. M.

    Barillari, «Modelli antropologici e testi medievali», in S. M. Barillari e N. Pasero (a c.

    di),  Le voci del Medioevo. Testi, immagini, tradizioni, Alessandria, Edizioni dell’Orso,

    2005, pp. 9-20.

    3. Agostino, De cura pro mortuis gerenda, 12, 15 (in saint Augustin, Oeuvres, vol. 2, tra-

    duction, introduction et notes de G. Combes, Paris, Desclee de Brouwer, 1937).4.  Passio sanctarum Perpetuae et Felicitatis, a c. di C. van Beek, Nijmegen, Dekker & Van

    de Vegt, 1936.

    5. Com’è noto essa già prefigura modelli comportamentali conformi a quella che diverrà la

    logica purgatoriale.

    6. Si legge, con traduzione a fronte, in Gregorio Magno, Storie di Santi e diavoli, testo criti-

    co e traduzione a c. di M. Simonetti, commento a c. di S. Pricoco, Milano, Mondadori

    (Fondazione Lorenzo Valla - Scrittori Greci e Latini), 2 voll., 2006.

    7. «Aiebat enim . . . quia pons erat . . . Haec uero erat in praedicto ponte probatio, ut qui-

    squis per eum iniustorum uellet transire, in tenebroso foetentique fluuio laberetur, iusti

    uero, quibus culpa non obstiteret, securo per eum gressu ac libero ad loca amoena perue-nirent» ( Dialogi IV, 37, 8 e 10; Gregorio Magno, Storie di Santi e diavoli, pp. 280 e

    282). Del ‘ponte sottile’ si è a lungo occupato Joan Petru Culianu che riconduce l’origine

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    spazi ameni9. Ancora, egli è il primo a sostenere di avervi incontrato per-sone morte a lui note10. E forse non è una coincidenza neppure il fatto che

    non venga poi detto nulla in merito agli accadimenti occorsigli dopo aver ripreso i sensi11, all’esistenza che in seguito condusse: silenzio che indur-rebbe a escludere una sua eventuale ‘conversione’ religiosa.

    Si può quindi affermare che fin dalla fine del VI secolo una ‘penna’autorevole quale quella di Gregorio attesta la presenza dei tratti fondamen-tali del nucleo mitico-rituale che andremo qui ad analizzare, già organizza-ti in un continuum coerente: un referente identificato con un miles-guer-riero, l’attraversamento di un ponte, la presenza di un hortus deliciarumsituato oltre il ponte, l’incontro con i defunti, l’assenza di una guida.

    Secondo quanto ci narrano i  Dialogi, le circostanze che determinaronola visione furono del tutto casuali: durante la terribile pestilenza che colpìRoma e l’Italia nel 590 «quidam uero miles in hac eadem nostra urbe per-cussus ad estrema peruenit»12. Pertanto fu la malattia la causa scatenante – e fortuita, preterintenzionale – dell’episodio estatico, il ‘veicolo’ cheindusse quelle condizioni di alterazione dello stato di coscienza capaci dideterminare la percezione di una dimensione ulteriore, l’accesso a un livel-lo di conoscenza superiore. Circostanze che chi abbia un minimo di dime-

     Il guerriero e l’oltremondo 117

    di questo tema escatologico, con le connotazioni e le implicazioni comunemente attribui-

    tegli dal medioevo in poi, entro l’alveo della cultura giudaico-cristiana (anziché iranica o

    celtica come si era in precedenza sostenuto) e ne colloca l’elaborazione in un periodo

    compreso fra II sec. d.C. – datazione ipotizzata per 4 Esdra, apocalissi redatta in ebraico

    o aramaico ma presto tradotta in greco – e la metà del VI, quando il ponte compare negli

    scritti di Gregorio di Tours e Gregorio Magno. A questo lasso di tempo, infatti, si suppo-

    ne risalga l’interpolazione presente nella Visio beati Esrae in cui compare per la primavolta il pons probationis. J. P. Culianu, « Pons subtilis. Storia e significato di un mito»,

     Aevum LIII (1979): 301-312.

    8. «Sub quo [ponte] niger atque caliginosus foetoris intolerabilis nebulam exhalans fluuius

    decurrebat» ( Dialogi IV, 37, 8; Gregorio Magno, Storie di Santi e diavoli, p. 280).

    9. «Transacto autem ponte amoena erant prata atque uirentia, odoriferis herbarum floribus

    exornata» ( Dialogi IV, 37, 8; Gregorio Magno, Storie di Santi e diavoli, p. 280).

    10. «Ibi se etiam Petrum, ecclesiasticae familiae maiorem, qui ante quadriennium est defunc-

    tus . . . In eodem quoque ponte hunc quem praedixi Stephanum se recognouisse testatus

    est» ( Dialogi IV, 37, 11 e 12; Gregorio Magno, Storie di Santi e diavoli, p. 282).

    11. Ovvero quando «ad corpus reuersus est»: Dialogi IV, 37, 12 (Gregorio Magno, Storie diSanti e diavoli, p. 284).

    12.  Dialogi IV, 37, 7 (Gregorio Magno, Storie di Santi e diavoli, p. 280).

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    stichezza con le civiltà dedite a culti a impianto sciamanico immediata-mente riconoscerà come una delle modalità13 con cui si attualizza l’inizia-

    zione di quanti sono destinati a ricoprire il ruolo di guida spirituale dellacollettività alla quale appartengono, e l’acquisizione dei poteri funzionaliallo svolgimento delle mansioni che competono a un ufficio siffatto: ovve-ro mediante «la crisi di una grave malattia»14 nel corso della quale i futurisciamani giungono a conoscere, per averli esperiti direttamente e in prima persona, i meccanismi interni della crisi medesima, e a padroneggiare, per averli penetrati e percorsi, i territori della morte15.

    Una ‘prova’, questa, del tutto inattesa, inaspettata, per nulla auspicata,ricercata o favorita. Esattamente come quelle che attenderanno, nei secolia venire, altri involontari pellegrini oltremondani: Dryhthelm, il paterfami-lias inglese di cui ci riferisce Beda nella sua  Historia ecclesiastica16, chesi ammala e muore nelle prime ore della notte per ritornare poi in vita sulfar del giorno. L’italiano Alberico, il puer filius nobilis militis che, secon-do la Visio Alberici17, preso da spossatezza e caduto gravemente ammala-to, per nove giorni e nove notti resta immobile come morto prima di ritor-nare in sé. Il celeberrimo Tnugdal, miles e vir nobilis irlandese18, il qualeviene meno all’improvviso mentre cena a casa di un amico e si rianima

    dopo tre giorni, lasso di tempo in cui il suo corpo giace senz’altra tracciadi vita se non un impercettibile di calore in corrispondenza del cuore. Ilrusticus sassone Goteschalk fruitore di una visione19 che avrebbe avuto nel

    118 Sonia Maura Barillari

    13. L’altra è rappresentata dall’ereditarietà di mansioni e poteri: cfr. M. Eliade, Lo sciamani-

     smo e le tecniche dell’estasi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1999 [ed. or.: Paris, Payot,

    1951], p. 39; e J. Halifax, Voci sciamaniche. Rassegna di narrativa visionaria, Milano,

    Rizzoli, 1982 [ed. or.: New York, Dutton, 1979], p. 13.14. Halifax, Voci sciamaniche, p. 18.

    15. Ivi, pp. 13 e 18.

    16. Si legge in Beda,  Historia ecclesiastica V, 12: B. Colgrave and R. A. B. Mynors (ed.

     by), Bede’s Ecclesiastical history of the English people, Oxford, Clarendon press, 1979,

     pp. 488-498.

    17. Si legge in P. G. Schmidt (hrsg. von), Visio Alberici, Stuttgard, Franz Steiner Verlag,

    1997.

    18. Si tratta del protagonista della fortunatissima Visio Tnugdali. Si legge in A. Wagner 

    (hrsg. von), Visio Tnugdali. Lateinisch und altdeutsch, Erlagen, Verlag von Andreas

    Deichert, 1882 [rist.: Hildesheim - Zurich - New York, Georg Olms, 1989].19. Le due versioni pervenuteci si leggono in E. Assmann (hrsg. von), Godeschalcus und 

    Visio Godeschalci, Neumünster, Karl Wachholtz Verlag, 1979.

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    corso di un’infermità tale da lasciare il suo corpo totalmente inanimato per sette settimane. Thurkill, il simplex rusticus dell’Essex di cui scrive – pre-

    sumibilmente – Ralph of Coggeshall20

    , un’altra ‘penna’ illustre, attestandocome una sera, dopo essere sprofondato nel sonno, gli avesse fatto visitasan Giuliano che avrebbe condotto via la sua anima lasciandolo addormen-tato nel proprio letto per due giorni e due notti.

    Tutti colti da un improvviso e immotivato languore, tutti vittime incon-sapevoli di un comune destino che li costringe a restare per più o menolunghi periodi privi forze vitali, esanimi, semimortui, mentre il loro spiritovaga amorevolmente scortato da una guida – un angelo, san Michele, sanPietro, san Giuliano… – fino a quando esso, ritornato nel proprio involu-cro corporeo, li restituirà alla condizione cosciente di veglia: per taluni diloro quanto hanno avuto modo di vivere, di sperimentare, apre la strada auna più consapevole adesione al credo cristiano e ai suoi dettami(Dryhthelm e Alberico si rendono monaci in un monastero), per altri a unamissione di testimonianza (Thurkill e Tnugdal), per altri ancora – ne offreun esempio Goteschalk – a nulla di che.

    Fra la visio del miles riportata da Gregorio (fine VI sec.) e quella diDryhthelm registrata da Beda (che scrive nel 731 di fatti avvenuti nel 696)

     passa un secolo o poco più, dopodichè bisogna attendere che ne trascorra-no altri tre prima che un altro testo – la sola versione della Visio Alberici pervenutaci è del 1127 e si rifà a eventi del 1110 – ci restituisca il resocon-to, sebbene con tutta probabilità ampiamente manipolato21, di una visioneavuta da un laico, pur trattandosi di un bimbo di soli dieci anni. A onor delvero la Visio Alberici ebbe poca o nulla risonanza, allora come in seguito,al di là della sfera di influenza diretta dell’abbazia di Montecassino, doveil fanciullo si fece frate. Comunque, per quanto solo simbolicamente, essa

    segna l’avvio di una ricca fioritura di visiones che hanno quali beneficiari

     Il guerriero e l’oltremondo 119

    20. Il testo si legge in P. G. Schmidt (hrsg. von), Visio Thurkilli. Relatore, ut videtur,

     Radulpho de Coggeshall , Leipzig, Teubner Verlagsgesellschaft, 1978.

    21. È bene rammentare che la visione di Alberico conobbe due redazioni: la prima – compo-

    sta fra il 1111 e il 1123 su istanza dall’abate Gerardo, oggi perduta – sarebbe stata infatti

    oggetto di interventi esogeni (integrazioni, omissioni, modifiche…) di consistenza tale

    da inficiarne l’aderenza alla versione datane dal fanciullo. Ciò avrebbe spinto, nel 1127,

    l’abate Senioretto a commissionarne a Pietro Diacono una seconda che si attenesse mag-giormente alle memorie di Alberico, o forse, piuttosto, che fosse più saldamente control-

    lata dall’establishment monastico.

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    individui appartenenti allo stato laicale: l’assai più nota Visio Tnugdali èdel 1149, le due stesure della visione di Goteschalk (il Godeschalcus e la

    Visio Godeschalci) sono state redatte fra il 1190 e gli anni immediatamen-te successivi, la Visio Thurkill subito dopo il 1206.

    2. Il Tractatus de Purgatorio sancti Patricii 

    Con gli ultimi due testi – vergati, a detta degli estensori, poco dopo gliavvenimenti descritti – abbiamo varcato, sia pure di poco, il discriminecronologico segnato dal Tractatus de Purgatorio sancti Patricii: essosarebbe stato composto fra 1179 e 118522, anche se il redattore – un nonmeglio noto H. di Saltrey – pretende che i casi oggetto della trattazionerisalgano in realtà ad alcuni decenni prima, situando la peregrinazione pur-gatoriale del suo protagonista, Owein, «in temporibus nostris, diebus scili-cet Regi Stephani»23 (ossia Stefano di Blois, nipote di Guglielmo il con-quistatore, che regnò dal 1135 al 1154), ma retrodatando fittiziamente tale pratica penitenziale all’epoca dell’apostolato di Patrizio.

    Un discrimine cronologico, quello fissato dal Tractatus, importante

    almeno sotto due profili: innanzitutto in quanto la vastissima diffusioneche conobbe l’opera fece sì che i suoi contenuti (immaginifici e concettua-li) e in special modo il suo impianto (‘topografico’ e diegetico) plasmasse-ro per ampi tratti le visiones posteriori. Poi, e in misura ancor maggiore, perché alla base di questo scritto c’è un rito, oltre che un mito: un ritoregolamentato da un cerimoniale rigoroso e suscettibile di essere ripetuto,tanto è vero che l’espletamento di tale rituale fece del sito del Lough Dergun’importante meta di pellegrinaggio ininterrottamente frequentata dal

    medioevo ai giorni nostri.Preliminarmente occorre sottolineare che l’intera trama della visio e

    gran parte delle tematiche di cui è sostanziata – così come, peraltro, quelledi molta altra letteratura visionaria precedente – sono largamente debitrici

    120 Sonia Maura Barillari

    22. Più probabilmente verso la fine di questo periodo: ulteriori approfondimenti riguardo alla

    datazione del Tractatus si possono rinvenire in R. Easting, «The date and dedication of 

    the Tractatus de Purgatorii sancti Patricii», Speculum LIII (1978): 778-783.23. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III iv, 1 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», Tubingen, Max Niemeyer Verlag, 1973 [1938], p. 36).

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    di un immaginario assai prossimo sia per orizzonte metafisico sia per mo-dellizzazioni cognitive sia, infine, per oggettivazioni espressive, a quello

     proprio dello sciamanesimo euroasiatico: vi troviamo le esperienze dellosmembramento e dell’essere inghiottito24, quelle della bollitura e dell’es-sere arrostito25, le figure dei demoni-fabbri26, la discesa agli inferi e l’asce-sa al cielo per esperire nuove facoltà percettive e raggiungere una perfetta padronanza delle tre parti del cosmo27, il topos del passaggio stretto o dif-ficoltoso, declinato nella forma del pons subtilis28.

    Ma ciò che appare maggiormente significativo ai fini di questa indagi-ne sono alcuni aspetti, sempre riconducibili a un background culturale ditipo sciamanico, che caratterizzano in maniera precipua il Tractatus29 con-

     Il guerriero e l’oltremondo 121

    24. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III viii, 3 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 72: «dracones igniti super alios sedebant et quasi

    comedentes eos modo miserabili dentibus ignitis mordebant . . . bufones etiam mire

    magnitudinis et quasi igniti uisi sunt super quorundam pectora insistere et, rostra sua

    deformia infigentes, quasi corda eorum conati sunt extrahere». In merito al significato

    dello smembramento cfr. Halifax, Voci sciamaniche, pp. 20-22; sull’essere inghiottito,

    ivi, p. 114. Si veda inoltre Eliade, Lo sciamanismo, pp. 53-88, che ne condensa le valen-ze semantiche nella formula «morte e resurrezione simboliche del neofita» (pp. 77 e 85-

    86). Sempre a questo proposito vale la pena di rileggere V. Ja. Propp, Le radici storiche

    dei racconti di fate, Torino, Boringhieri, 1985 [I ed. it.: 1949; ed. or.: Leningrad,

    Academia, 1946], pp. 151-158 e pp. 358-365.

    25. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III x, 2 a, e III xii, 6 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),

     Das Buch vom «Espurgatoire S. Patrice», pp. 78, e 86): «alii fornacibus sulphureis cre-

    mabantur; alii quasi super sartagines urebantur; alii verubus igneis infixi ad ignem assa-

     bantur»; «erant autem fosse singule diversis metallis ac liquoribus bullientibusque plenis,

    in quibus utriusque sexus diuerseque etatis erat demersa multitudo maxima hominum».

    Sulla bollitura dell’aspirante sciamano si veda Halifax, Voci sciamaniche, p. 20; e ancoraPropp, Le radici storiche dei racconti di fate, pp. 158-165.

    26. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III x, 2 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 78: «alii diuersis metallis liquescentibus deguttaue-

    runt. Demones omnes flagris ceciderunt». Sul ruolo centrale della figura del fabbro

    all’interno di contesti iniziatici cfr. M. Eliade,  Arti del metallo e alchimia, Torino,

    Boringhieri, 1980 [ed. or.: Paris, Flammarion, 19772], p. 73. Sui rapporti fra fabbri e

    sciamani si veda Eliade,  Lo sciamanismo, pp. 499-503 e F. Cardini,  Alle radici della

    cavalleria medievale, Firenze, La Nuova Italia, 1981, pp. 55-56.

    27. Cfr. Halifax, Voci sciamaniche, pp. 25-28.

    28. Per uno sguardo d’insieme, seppur sommario, si rinvia a Eliade, Lo sciamanismo, pp.512-516.

    29. A questo proposito si noti come nelle vitae più antiche di san Patrizio a questi siano attri-

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    notando in termini bellico-cavallereschi l’avventura di Owein e, più ingenerale, il contesto entro cui si collocano e in relazione al quale acquista-

    no pieno significato le tappe salienti del singolare percorso espiatorio peculiare al purgatorio patriciano. Si tratta, nello specifico, dell’accento posto sul motivo della battaglia contro gli spiriti maligni, della natura‘guerriera’ – o ‘cavalleresca’ – che qualifica in chiave preminente, se nonaddirittura esaustiva, l’identità visionario, del suo assumere simbolicamen-te, attraverso una cerimonia di adoubement altrettanto simbolica, nuovevesti rappresentate dalla cosiddetta lorica. Aspetti che rinviano, nel lorocomplesso, a una concezione della guerra proiettata inequivocabilmente inun’orbita magico-religiosa. Tali elementi si intridono di consistenza tangi- bile riverberandosi nel tessuto linguistico, imponendosi e disvelandosi per il tramite della scelta lessicale: l’impresa di Owein è infatti permeata dauna terminologia che ne orienta il potenziale significante in senso bellico,di una militanza esercitata secondo canoni mondani30. Così, il visionarioche – lo ricordiamo – a differenza dei suoi predecessori intraprende il suoviaggio in forma corporea («corporalibus oculis hec se uidisse et in corpo-re corporaliter pertulisse dixit»31), nonostante il priore dell’abbazia sorta in prossimità del varco oltremondano ripetutamente lo avverta dei rischi che

    lo attendono e lo scongiuri di desistere dal suo proponimento, «non formi-dat periculum»32 e

    armis ferreis munitus qui bellis interfuit hominum, fide, spe, et iustitia ornatus ad pugnam

    audacter prorumpit demonum.33

    122 Sonia Maura Barillari

     buite connotazioni pertinenti alla sfera del magico che lo accomunano ai suoi ‘rivali’

    druidi, tanto da arrivare a ingaggiare con essi quella che è stata definita «una vera e pro-

     pria battaglia di magia». Cfr. G. Iorio (a c. di), L’apostolo rustico. Vita e miracoli di s.

     Patrizio d’Irlanda, Rimini, Il Cerchio, 2000, p. 45 e i capitoli L-R della Vita redatta da

    Muirchù Maccumachteni riprodotta e tradotta all’interno del volume.

    30. Diversamente, si noti, da quanto avviene per l’altro cavaliere ‘visionario’, Tnugdal.

    31. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III xii, 2 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 146.

    32. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III iv, 8 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 46.33. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III iv, 9 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 46 (corsivi miei).

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    Poi, con la stessa baldanzosa sicurezza che condivide con i protagonistidi tanti romanzi arturiani34,

    nouam itaque exercens militiam, pergit miles audacter, licet solus, ac diutius per foveam.35

    E, abbandonato a se stesso dai misteriosi viri albi «quasi religiosi» chegli avevano impartito i loro ammaestramenti nella ‘basilica’ sotterranea,impavido attende la preannunziata irruzione dei demoni:

     Il guerriero e l’oltremondo 123

    34. Non è casuale che Marie de France al v. 499 del suo volgarizzamento del Tractatus usi

     proprio il termine aventure, in sé allusivo dello spirito proprio all’universo arturiano, per 

    designare l’esperienza di quanti ebbero la fede e il coraggio di sottoporsi al cimento del

     purgatorium: si legge in Maria di Francia, Il Purgatorio di san Patrizio, edizione critica

    con traduzione italiana a fronte a c. di S. M. Barillari, Alessandia, Edizioni dell’Orso,

    2004, p. 204. Sull’equiparazione dell’aventure di Owein a quella cavalleresca si veda

    anche M. J. Curley (trans. by), Saint Patrick’s Purgatory. A poem by Marie de France,

    Medieval & Renaissance texts & study, Tempe, Arizona, 1997 [1993], p. 23. Va poi

    ricordato che al protagonista della peregrinazione purgatoriale è attribuito un nome prov-

    visto di un background  leggendario di tutto rispetto: Owein è infatti l’eroe eponimo di

    uno dei testi contenuti nella raccolta del Mabinogi, Il racconto della dama della fontana.La vicenda attorno alla quale è ordita la sua trama, com’è noto, rappresenta il nucleo nar-

    rativo di un ben più celebre romanzo, l’Yvain di Chrétien de Troyes, la cui stesura sareb-

     be di poco precedente. Inoltre, è stato rilevato come all’azione di Owein e di Yvain fac-

    cia da sfondo un’ambientazione indiscutibilmente ultraterrena, tanto da iscriverli a pieno

    diritto nel novero degli eroi visitatori dell’Altro Mondo: occorrenza che certo poté avere

    influito sulla scelta del nome del miles fattosi pellegrino del nuovo regno oltretombale. I

     Mabinogi si possono leggere in traduzione italiana in G. Agrati e M. L. Magini (a c. di), I 

    racconti gallesi del Mabinogion, Milano, Mondadori, 1982, oppure in traduzione france-

    se nel più recente – e affidabile – P.-Y. Lambert (trad. par),  Les Quatre Branches du

     Mabinogi et autres contes gallois du Moyen Age, Paris, Gallimard, 1993. Per quantoconcerne la dimensione oltremondana dell’Yvain rinvio a J. Le Goff, «Abbozzo di analisi

    di un romanzo cortese» [1973], in Id.,  Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente

    medievale, Roma-Bari, Laterza, 1988, pp. 123-124. Nel caso del racconto gallese gli ele-

    menti che identificano l’accesso a una sfera trascendente non solo sono più perspicui ma

    risultano anche dotati, nel loro complesso, di maggiore pregnanza semantica e coerenza

    figurativa. A questo proposito si vedano S. M. Barillari, «Il viaggio ai morti di messer 

    Ivano», in D. Scafoglio (a c. di), Antropologia e romanzo, Soveria Mannelli, Rubbettino,

    2006, pp. 87-113; e Ead., «Yvain, Owein e il leone. Relitti sciamanici in un romanzo

    cortese», in C. Corradi Musi (a c. di», Simboli e riti della tradizione sciamanica,

    Bologna, Carattere, 2007, pp. 111-122.35. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III v, 1 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 48 (corsivi miei).

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    remanet ibi milites solus, ad noui generis militiam instructus. Qui quidem, oppugnans olim

    homines, iam presto est certare contra demones. Armis Christi munitus expectat quis demo-

    num eum prouocet ad bellum prius.36

    Le nuovi armi di cui si munisce, le «arma Christi», costituiscono l’e-quipaggiamento più appropriato all’inusitata battaglia che si accinge acombattere, e di fatto il solo realmente efficace in una simile impellenza:

    iustitie lorica induitur;  scuto fidei protegitur; spe uictorie salutisque eterne mens, ut caput

     galea, redimitur. Habet et gladium spiritus, quod est uerbum Dei.37

    Una tematica, questa, tutt’altro che inedita, la quale trova il suo antece-

    dente più insigne nel passo della Lettera agli Efesini in cui Paolo esorta imembri della comunità cristiana a ingaggiare una strenua lotta contro ilMaligno che dall’inizio dei tempi tende le proprie insidie ai danni dell’uo-mo, raccomandando loro di non lasciarsi cogliere indifesi:

    induite armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias Diaboli. Quia non est nobis colluc-

    tatio adversus sanguinem et carnem sed adversus principatus, adversus potestates, adversus

    mundi rectores tenebrarum harum, adversus spiritalia nequitiae in caelestibus. Propterea

    accipite armaturam Dei, ut possitis resistere in die malo et, omnibus perfectis, stare. State

    ergo succincti lumbos vestros in veritate et induti loricam iustitiae et calceati pedes in praepa-ratione evangelii pacis, in omnibus sumentes scutum fidei, in quo possitis omnia tela Maligni

    ignea exstinguere; et galeam salutis assumite et gladium Spiritus, quod est verbum Dei.38

    Ma se da un lato l’evocazione di uno scenario marziale – di consisten-za, va ribadito, puramente metaforica39 – è un fedele riflesso della simbo-logia paolina della militia Christi e della  pugna spiritualis, uno dei due poli della dialettica militia sacra vs militia saeculi che, passando per sanBenedetto e la sua Regola, verrà ripresa e ulteriormente sviluppata da sanBernardo40, per altro verso, come opportunamente nota Franco Cardini, la

    124 Sonia Maura Barillari

    36. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III vi, 1 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 56 (corsivi miei).

    37. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III vi, 2 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 56 (corsivi miei).

    38.  Ef 6, 11-17 (corsivi miei).39. Cfr. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, pp. 136, 178-179.

    40. Ivi, pp. 212-213.

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    fenomenologia della «milizia sacra» si riscontra in quasi tutte le religioni«in cui sia viva una dimensione dualistica, conflittuale»41 fra le quali, mi

     permetto di aggiungere, quelle a carattere sciamanico, dove ai ‘professio-nisti del sacro’ è assegnato il ruolo preminente di combattere (in estasi) glispiriti della malattia per assicurare benessere e salute alla collettività comeai suoi membri. E la consegna iniziatica delle armi inequivocabilmente cirestituisce l’eco, neppure troppo attutita, dei riti pagani di ammissione deigiovani nei ranghi dell’ordo militaris diffusi fra i popoli germanici42; men-tre la lorica – preghiera dalle decise valenze incantatorie fiorita in seno almonachesimo irlandese43  – esibisce evidenti residui di pratiche magichedruidiche a sfondo apotropaico44, e trova un corrispettivo nel consegui-mento rituale, da parte dello sciamano, dell’invulnerabilità mediante l’as-sunzione di un costume-corazza atto a difenderlo nelle sue future lottecontro le forze del male45.

    Indubbiamente, dietro tutto ciò vi è il desiderio – o l’esigenza – dellaChiesa di superare la resistenza a recepire i dettami del credo cristianoincontrata negli strati più elevati della società germanica e celtica, preva-lentemente costituiti da un’élite militare, enfatizzando il carattere virile ederoico della nuova fede46 col proporre il Cristo quale misura e modello dei

     Il guerriero e l’oltremondo 125

    41. Ivi, p. 179.

    42. Sull’acquisizione – previa rifunzionalizzazione – da parte della cultura cristiana del rito

    di investitura delle armi (benedette) si veda Cardini,  Alle radici della cavalleria medie-

    vale, pp. 309-310. A questo proposito cfr. anche J. Flori, Cavalieri e cavalleria nel 

     Medioevo, Torino, Einaudi, 1999 [ed. or.: Paris, Hachette, 1998], pp. 236-238.

    43. Propriamente, le  Loricae ad daemones expellendos erano lunghe e modulate litanie

    caratteristiche del monachesimo irlandese in cui il nome di Dio e dei santi veniva invoca-to a protezione delle varie parti del corpo (da cui la denominazione di ‘corazza’). Cfr. ivi,

     pp. 158-159.

    44. Si tratta, nella fattispecie, di incantesimi finalizzati a esorcizzare determinate malattie: in

    essi veniva evocato un duello che l’officiante – protetto da uno scudo – ingaggiava con

    gli spiriti che le avrebbero provocate. Cfr. Ivi, p. 159.

    45. In merito alle componenti simboliche del costume sciamanico si veda L. Mariotti, «Il

    guardaroba dello sciamano siberiano: il costume e gli accessori», in S. Massari e G.

    Mazzoleni (a c. di),  Il volo dello sciamano, Simboli ed arte delle culture siberiane,

    Roma, De Luca Editori d’Arte, 2002, pp. 109-121 e T. I. Sem, «Semiotica dei rituali

    degli sciamani della siberia e dell’estremo oriente», ivi, pp. 95-105.46. In questo senso la strada era già stata aperta e segnata dall’epistola inviata il 18 luglio

    601 da Gregorio Magno all’abate Mellito in cui si incoraggiava Agostino a impostare il

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    guerrieri, e col sollecitare i migliori di essi a farsi emuli, o ‘tipi’, delCristo47. In questa prospettiva non ci stupisce che Owein si mostri ben

    fermo nel dichiarare, prima di iniziare il proprio iter di purificazione – diiniziazione – di non voler affatto mutare la propria condizione, rifiutandoil suggerimento del vescovo di entrare in un ordine monastico:

    ammonuit episcopus ut monachorum uel regularium canonicorum susciperet habitum; sed se

    respondit non esse hoc facturum.48

    Tant’è che il miles resterà anche dopo aver compiuto la sua peregrina-zione ultraterrena, ma unicamente per adiuvare, nelle mansioni di interpre-

    te, il cistercense Gilberto di Luda, inviato dal Galles in Irlanda per fondareun’abbazia. Una decisione di cui la redazione latina mette in risalto il tono perentorio, pur astenendosi da qualsivoglia giudizio in proposito:

    sicque miles cum ipso Gileberto mansit, sed nec monachus nec conuersus esse voluit.49

    Diversanente fa Marie de France nel suo volgarizzamento dove – certo per compiacere una platea laica, un pubblico ‘cortese’ – tale risoluzione più apertamente si impone come un altro modo, alternativo ma parimenti

    degno, di servire Dio e di operare il bene, la cui valididità è asseverata dal-l’autorevolezza (e dalla sacralità) dell’esortazione regale50:

    126 Sonia Maura Barillari

    suo apostolato presso i popoli anglosassoni su una graduale sovrapposizione dei dogmi e

    dei precetti cristiani alle vestigia materiali delle antiche credenze: «i templi pagani non

    devono affatto esser distrutti ma siano distrutti gli idoli che sono in essi. Si usi acqua

     benedetta, si asperga su questi templi, si costruiscano altari, vi si collochino delle reli-quie, perché se i templi sono ben costruiti è bene che dal culto dei demoni passino all’os-

    sequio del vero Dio affinché la gente, vedendo che i suoi templi non vengono distrutti,

    deponga l’errore e corra a conoscere e ad adorare il vero Dio in luoghi a lei familiari» (F.

    Cardini, Magia, stregoneria, superstizioni nell’Occidente medievale, Firenze, La Nuova

    Italia, 1979, p. 196).

    47. Cfr. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, pp. 165-166.

    48. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III iv, 3 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 40.

    49. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III xxi, 4 a. Cfr. Warnke (hrsg. von), Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 142.50. Va notato come i vv. 1927-1932 del volgarizzamento di Marie non trovino riscontro

    nella sua fonte latina. In merito a ciò, Warnke tiene a sottolineare come, a differenza di

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    e li reis lui ad respondu

    chevaliers seit, si cum il fu;

    ço lui loa il a tenir:

    en ço poeit Deu bien servir.Si fist il bien tute sa vie,

     pur autre ne changa il mie.51

    (il re gli rispose / di restare cavaliere, così come era stato; / gli consigliò di conservare il suo

     stato: / in tale stato poteva servire bene Dio. / Così fece per tutta la sua vita: / non cambiò

    affatto [la sua condizione] per un’altra).

    Si è accennato come le vicende dei due milites irlandesi che in tempi

    assai prossimi fra loro avrebbero penetrato i territori dell’aldilà mostrinodivergenze notevoli: il primo, Tnugdal, compie il suo viaggio in spirito,accompagnato dall’angelo custode; il suo atteggiamento e il suo agire sonodel tutto estranei alla dimensione bellica; al termine della visione donaogni suo avere ai poveri, pone il simbolo della croce sulle vesti e consacrala propria vita alla predicazione. Il secondo, Owein, attraversa il purgato-rio in carne e ossa, senza una guida, armato di tutto punto – sia pure sol-tanto di armi spirituali – e determinato a dar battaglia, in ultimo, tornatonel nostro mondo, in esso continua ad agire in qualità di cavaliere.

    Le ragioni di tale discrepanze vanno a mio avviso ricercate nell’ambitoculturale in cui i testi sono stati realizzati e nella temperie storica con cui sidialettizzano: se la Visio Tnugdali vede sì la sua genesi in un monasterocistercense – quello di st. Jakob a Regensburg – ma a opera di un monaco benedettino itinerante52, il Tractatus è frutto diretto e ponderato del pro-

     Il guerriero e l’oltremondo 127

    quanto è detto nell’ Espurgatoire, altri tre volgarizzamenti francesi del Tractatus lasce-

    rebbero invece l’iniziativa a Owein; cfr. Das Buch vom «Espurgatoire S. Patrice», p. L.

    51. Maria di Francia, Il Purgatorio di san Patrizio, p. 316, vv. 1927-1932. Versi che fanno

    eco ai precedenti 549-558: «li eveskes vit sun corage, / si l’enorta k’a monïage / s’i mesi-

    st entre bone gent / ou od chanoignes en covent /. . . /. . . / Il lui respunt ke nun fera: / ja

    autre habit n’en recevra, / fors tel cume l’aveit eü / de ci k’il ait cel liu veü» (il vescovo

    vide la sua decisione, / così lo esortò a farsi monaco / fra gente devota / o con i

    canonici in convento / . . . / . . . / Egli [Owein] gli risponde che non lo farà: / che non

    vestirà mai altro abito / se non quello che aveva avuto / pr im a di ve de re qu el

     posto). Ivi, pp. 208-21052. Marcus, l’autore, proviene infatti dall’abbazia di Cashel, allora benedettina (passerà

    all’Ordine cistercense soltanto nel 1270).

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    gramma dottrinale nonché del progetto catechetico predisposto dall’Ordinedi Citeux. E può non essere un caso che lo scritto che segna l’apertura di

    un terzo regno oltretombale – alla cui definizione teologica tanto alacre-mente si dedicarono i cistercensi53  – sia anche il primo, nell’ambito dellaletteratura visionaria, a riconoscere ed esaltare il ruolo della classe deimilites all’interno della società cristiana attribuendo alle attitudini e alle prerogative che le sono proprie nuove valenze, funzionali al rafforzamentodelle istituzioni religiose54.

    Alla luce di ciò ci è data l’opportunità di cogliere nel suo pieno signifi-cato anche il dato relativo alla decisione di Owein, appena reduce dal  pur- gatorium, di  suscipere crucem e recarsi in pellegrinaggio a Gerusa-lemme55: ‘pellegrinaggio’ che, considerando come nel lessico omileticol’espressione  suscipere crucem equivalga a ‘farsi crociato’56, non può senon alludere alla partecipazione del cavaliere a una spedizione armata inTerra Santa. E poiché la vicenda di cui è protagonista si dice essere avve-

    128 Sonia Maura Barillari

    53. Sull’apporto fondamentale che diedero i cistercensi all’elaborazione dei principi teoreticialla base del perfezionamento del concetto di un ‘terzo luogo’ oltremondano deputato

    alla purgazione si veda J. Le Goff, La nascita del Purgatorio, Torino, Einaudi, 1996 [ed.

    or.: Paris, Gallimard, 1981], p. 222.

    54. Sull’evoluzione dell’ideologia espressa dalla Chiesa in merito alla funzione dei milites

    cfr. Flori, Cavalieri e cavalleria, pp. 221-233.

    55. Cfr. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III xxi, 1 a. Cfr. Warnke (hrsg. von),  Das

     Buch vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 138: «sicque, cruce in humero suscepta, iheroso-

    limam perrexit». Appena più dettagliata la versione b: «deinde, signo dominice crucis in

    humero suscepto, dominici corporis sepulchrum Iherosolimis uisitare perrexit» (ibidem).

    56. In merito si veda Ch. T. Maier, Crusade propaganda and ideology: model sermons for the preaching of the cross, Cambridge, Cambridge University Press, 2008, p. 53. Va

    segnalato che anche Tnugdal, tornato in sé dopo la visione, «omnia, que habuit, pauperi-

     bus dispersit et signum sancte crucis suis vestimentis, quibus verstiebatur, superponi jus-

    sit». Ritengo tuttavia che si faccia qui riferimento alla pratica della crucesignatura, con-

    sistente nell’applicare una croce di stoffa sugli abiti in segno di penitenza: pratica che se

    da un lato è all’origine della ‘divisa’ crociata, dall’altro continuò a lungo a essere appli-

    cata nei casi di abiura all’eresia per i quali era previsto fosse imposto al ‘penitente’ di

     portare una croce color zafferano ben in vista sulle proprie vesti. A confortare tale ipotesi

     può essere del resto invocato il testo medesimo che in merito all’esistenza che condusse

    Tnugdal dopo la sua avventura oltremondana afferma: «verbumque dei, quod antenescierat, cum magna devotione et humilitate ac scientia predicabat». Cfr. Wagner (hrsg.

    von), Visio Tnugdali, pp. 55-56.

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    nuta durante il regno di Stefano di Blois (1135-1154), è del tutto plausibileche il passo succitato, nella sua sintesi, intenda fare riferimento alla II

    Crociata (1147-1149)57

    . Crociata promossa con fervore da san Bernardo ilquale, si ricorderà, se ebbe una parte di tutto rispetto nell’elaborazione dei presupposti teologici atti a legittimare l’idea di una purgazione dei peccatinell’aldilà58, fu anche l’autore del  De laude novae militiae ad MilitesTempli (1128-1136) a cui si deve il primo tentativo organico di legittimareruolo e funzione di un miles che sappia emanciparsi dalla brutalità dellamilitanza secolare dotandosi di una ben definita fisionomia morale, eassoggettandosi a una rigorosa disciplina comportamentale. In definitiva, parrebbe che nel Tractatus l’avventura di Owein, oltre a sancire l’esistenzadi un sito predisposto alla purgazione e a disegnarne la mappa, abbia qualesfondo un sottaciuto dissidio, un conflitto, fra militia terrena e militia spiri-tuale che risolve presentando l’una quale precorritrice, foriera dell’altra.

    3. Dal mito al rito

    Se davvero, come sostiene Cardini, il mito costituisce un modello, una

    misura costante a cui i partecipanti al rito si rifanno e da cui il rito è quali-ficato59, il Tractatus e l’adito purgatoriale del Lough Derg offrono davve-

     Il guerriero e l’oltremondo 129

    57. Ritengo significativo il fatto che la stessa decisione non sia stata presa da Tnugdal (né sia

    stata a lui attribuita), pur collocandosi la sua esperienza visionaria (1148) in stretta con-

    comitanza cronologica con la spedizione crociata: un’ulteriore prova a conferma della

    ‘genuinità’ (almeno parziale) dei contenuti di questa visio (redatta, come si è detto, l’an-

    no successivo, nel 1149) a fronte della sostanziale artificiosità del Tractatus, la cui stesu-ra – di molto posteriore – pur facendo tesoro di credenze ed esperienze plausibilmente

    autentiche, asseconda le urgenze didascaliche dell’Ordine cistercense, conformandosi ai

    suoi intendimenti e ai suoi obiettivi.

    58. Cfr. Le Goff, La nascita del Purgatorio, pp. 162-163.

    59. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, p. 97. Si tenga presente che lo studioso

    ribadisce con forza come mito e rito non debbano necessariamente essere legati da un

    «effettivo rapporto di consequenzialità cronologica» (ibidem): considerazione che riaf-

    fiora, sia pure implicitamente, in un capitolo del saggio di Dumézil dedicato a  Le sorti

    del guerriero, «Schemi e accessori», dove prima l’autore nota come paia «che i miti

    indoiranici della vittoria sul Tricefalo conservino il ricordo preciso di rituali dove la vitti-ma dell’eroe era un essere dell’altro mondo rappresentato materialmente in questo

    mondo: un uomo con una ricca maschera o un’imponente macchina di legno», poi, a

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    ro un punto d’osservazione privilegiato per indagare le componenti ricon-ducibili a un retaggio arcaico, a esso organiche e omogenee, destinate non

    solo a confluire nei rituali iniziatici di cui si appropriano i milites cristianima anche a influenzare profondamente l’ideologia a essi sottesa surdeter-minandola tanto nei lineamenti simbolici quanto nelle attualizzazioni effet-tuali.

    Si è anticipato come l’opera del monaco di Saltrey rappresenti unospartiacque importante nel quadro evolutivo della letteratura visionariamedievale. Le visiones a essa precedenti ricalcano infatti da vicino unaspecifica tipologia di iniziazione sciamanica in accordo alla quale il bene-ficiario della visione, senza avere mai in precedenza manifestato una qual-che predisposizione o espresso una qualsiasi intenzionalità in merito, siammala e resta privo di sensi, come morto per un periodo, più o menolungo, durante il quale il suo spirito si stacca dal corpo e accede a un’altradimensione60.

    Al contrario, quella descritta nel Tractatus, e le altre riferite dai succes-sivi ‘visitatori’ del purgatorio di san Patrizio, riproducono una tipologiadifferente, similmente attestata negli studi etnografici, che fa della ricercadella visione una scelta volontaria e tenacemente perseguita, approdo di un

    sofferto percorso individuale a cui un rito scrupolosamente regolamentatogarantisce un esito istituzionalizzato. Un rito disciplinato con rigore eaccortamente controllato dal clero locale che si perita di rilasciare ‘patenti’atte a certificare la penitenza effettuata61. Un rito assoggettato a un ceri-

    130 Sonia Maura Barillari

    distanza di poche pagine, afferma che «ogni rituale è il doppione del mito che lo giustifi-

    ca» (G. Dumézil , Le sorti del guerriero. Aspetti della funzione guerriera presso gli Indoeuropei, Milano, Adelphi, 1985 [ed. or.: Paris, Flammarion, 1985] pp. 203 e 208). È

    necessario dunque tenere sempre ben presente come la dialettica mito / rito sia, per le

    interazioni reciproche che fra essi si instaurano nel corso tempo, assai complessa e arti-

    colata, pertanto difficilmente riconducibile a fenomeni di mera proiezione o di riprodu-

    zione mimetica.

    60. Per ulteriori approfondimenti cfr. Halifax, Voci sciamaniche, pp. 14-18 e Eliade, Lo scia-

    manismo, p. 39.

    61. Ne forniscono un esempio quelle rilasciate a Giorgio Grissaphan dal vescovo di Clogher 

    il 26 dicembre 1353 e dal priore generale dell’Ordine gerosolimitano il 29 gennaio del-

    l’anno successivo in cui si certifica l’adempimento del rituale da parte del cavaliereungherese. L’una e l’altra sono riportate in L. L. Hammerich (ed.), Visiones Georgii.

    Visiones quas in purgatorio sancti Patricii vidit Georgius miles de Ungaria a. D. MCC-

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    moniale rigoroso, suscettibile di essere ripetuto, come in effetti lo è stato elo è ancora tutt’oggi. Un rito che trova le sue remote origini nel paleoliti-

    co, dove la caverna assumeva un’importanza centrale nelle pratiche inizia-tiche fornendo un correlativo oggettivo del punto di incontro, di passaggiofra i due mondi62. Un rito che, lo rileva Franco Cardini, si riallaccia a«pratiche sacrali celtoiberniche di origine pagana che la Chiesa cristianaaveva in qualche modo ereditato e tendeva a obliterare, ma non era riuscitaa cancellare»63: propriamente, nella fovea del Lough Derg sarebbe da rav-visare «un nekyomanteion, uno di quei ‘passaggi’ attraverso i quali era possibile discendere a visitare e consultare le ombre dei defunti»64, grada-tamente adeguato a una concezione più confacente ai principî dell’ortodos-sia religiosa, quella dell’incubatio, variamente praticata presso i santuarifino a tempi abbastanza recenti soprattutto ai fini terapeutici, con l’auspi-cio che il santo dedicatario apparisse nel sonno al dormiente per apportarela guarigione65.

    Grazie al Tractatus e alle altre testimonianze, più o meno veridiche,reseci da quanti si succedettero ad affrontare quel cimento – tutti, tranne ilmercante fiorentino Antonio Mannini, cavalieri66  – è possibile ricostruire

     Il guerriero e l’oltremondo 131

    CLIII , Kobenhavn, Bianco Lunos Bogtrykkeri, 1930, pp. 84-86. Un analogo certificato

    fu stilato per Malatesta ‘Ungaro’ e Niccolò de’ Beccari da Edoardo II il 24 ottobre 1358:

    L. Frati «Tradizioni Storiche del Purgatorio di San Patrizio», Giornale Storico della

     Letteratura Italiana XVII (1891): 46-79, p. 74.

    62. A questo proposito, e sul ruolo che continuano ad avere le caverne nell’iniziazione scia-

    manica, cfr. Eliade, Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi, pp. 66, 67 e 72. Di partico-

    lare interesse, in merito, è il ben più aggiornato saggio di Francesco Benozzo, «Sounds

    of the silent cave. An ethnophilolgical perspective on prehistoric incubatio», c.d.s. in G.Dimitriadis (ed. by), Archaeologies and Soundscapes, Oxford, Archaeopress.

    63. F. Cardini, «Malatesta ‘Ungaro’ al purgatorio di san Patrizio», in  Le Signorie dei

     Malatesti, 3, Atti della giornata di studi malatestiani a Sestino, Rimini, Ghigi, 1990, pp.

    71-85, a p. 73.

    64.  Ibidem.

    65. Ne hanno trattato in maniera accurata Luigi Canetti, «L’incubazione cristiana tra anti-

    chità e medioevo», Rivista di storia del cristianesimo VII (2010): 149-180; Id., «Sogno e

    terapia nel medioevo latino», in E. D’Angelo, A. Paravicini Bagliani, O. Zecchino (a c.

    di), Terapie e guarigioni in età normanno-sveva, Tavarnuzze (Firenze), SISMEL -

    Edizioni del Galluzzo, (2010), pp. 25-54; F. Benozzo, Sounds of the silent cave.66. Su tali testimonianze si veda S. M. Barillari, «Passaggio in Irlanda. Itinerari terreni e

    viaggi oltremondani», Itineraria 3-4 (2004-2005): pp. 73-107.

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    in modo sufficientemente fedele l’ambientazione entro cui si svolgeva talerituale, l’una e l’altro contraddistinti da spiccati connotati iniziatici. Per 

    cominciare il luogo: il  purgatorium patriciano si trova su un’isola – laStation Island67 – dunque è circondato dall’acqua68, e vi si accede tramiteuna barca. L’edificio stesso, di conformazione stretta, bassa e allungata69,ricorda molto da vicino una caverna70. Inoltre, la presenza di vapori – testimoniata da Guillaume de Lille a Jean Froissart71, e suffragata dall’ori-gine vulcanica del lago – fa pensare che essi potessero avere poteri oniro-genetici72 oppure, più semplicemente, che tali esalazioni contribuissero afavorire le tecniche estatiche svolgendo funzioni analoghe a quelle cheassolve la ‘tenda del sudore’ nelle pratiche sciamaniche73. Poi, le istruzioniimpartite a Owein prima dal priore74 e in seguito dagli individui biancove-stiti incontrati nella sala ctonia sembrano riprodurre il rapporto fra istrutto-re-iniziatore e allievo-iniziando che ritroviamo sia nell’ambito dello scia-manesimo sia nelle usanze delle società guerriere75. A ciò si aggiunga che

    132 Sonia Maura Barillari

    67. Le credenze popolari la dicevano dimora dei potenti maghi Tuatha che vi avrebberorisieduto in palazzi sotterranei. Warnke (hrsg. von),  Das Buch vom «Espurgatoire S.

     Patrice», p. IV.

    68. In merito alla tipologia orografica di questo tipo di santuari si veda F. Cardini, San

    Galgano e la spada nella roccia, Siena, Edizioni Cantagalli, 1982, p. 91

    69. Così lo descrivono Gilbert de Lannoy e Antonio Mannini: Ghillebert de Lannoy,

    Oeuvres, pubbl. par Ch. Potvin, Louvain, Imprimerie de P. et J. Lefever, 1878, p. 171; L.

    Frati, «Il Purgatorio di S. Patrizio secondo Stefano di Bourbon e Umberto da Romans»,

    Giornale Storico della Letteratura Italiana VIII (1886): 140-179, p. 160. Scontato è il

    rinvio alla «capannuccia» nella foresta di cui tratta diffusamente Propp ( Le radici stori-

    che dei racconti di fate, pp. 93-103, in partic. p. 102, e pp. 185-187).70. Si tenga presente come il cosiddetto ‘pozzo della visione’ costituisca un elemento centra-

    le in molti processi di iniziazione sciamanici: Halifax, Voci sciamaniche, p. 77.

    71. Jean Froissart, Chroniques, publ. par J. B. M. C. Kervyn de Lettenhove, Bruxelles,

    Devaux, 1871, tome XVe, pp. 145-146. Guillaume, tra l’altro, descrive il  purgatorium

    come un «celier».

    72. In effetti Guillaume confida a Froissart come lui e chi lo accompagnava, assopitisi per il

    calore emanato dalla grotta, «en dormant . . . entrèrent en ymaginations très-grandes et

    songes merveilleux»; ibidem.

    73. Cfr. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, p. 35; e Halifax, Voci sciamaniche,

     pp. 77-91.74. Cfr. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III iv, 7.

    75. Cfr. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, p. 92.

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    il digiuno a cui si deve sottoporre chi voglia intraprendere la prova76 è unaltro tratto perspicuo dei processi iniziatici77, come lo è il riconoscimento

    ‘ufficiale’, da parte di persone investite di questo compito, dell’esperienzavissuta78.Altri elementi di considerevole rilievo – in quanto strettamente coerenti

    col quadro appena tracciato – si possono desumere da resoconti successivi. Nella fattispecie, è indicativo che nel cerimoniale propedeutico all’ingres-so nel purgatorium abbia una parte preminente l’ufficio per i defunti, cir-costanza che perfettamente si attaglia alla condizione dell’iniziando in uncontesto di morte e rinascia rituali79: Giorgio Grissapan viene disteso suun feretro parato a lutto, per lui sono recitati la funzione dei morti e lamessa da requiem mentre le campane suonano «sicut pro defunctis fieri estconsuetum»80; anche Ramón de Perelhos è trattato alla stregua di un mor-

     Il guerriero e l’oltremondo 133

    76. I giorni di digiuno prescritti erano quindici, evidentemente suscettibili di essere ridotti

    visto che Antonio Mannini, in ragione della rigidità del clima, è autorizzato a farne sol-

    tanto tre.77. Cfr. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, p. 45.

    78. Tale può essere considerate sia l’uso – di cui si è detto in precedenza – di rilasciare atte-

    stati che certificassero l’impresa, sia l’imposizione rivolta a chi fosse ritornato dalle pla-

    ghe purgatoriali di raccontare quanto aveva veduto affinché se ne potesse stilare un reso-

    conto scritto da conservare a futura memoria: Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III

    i, 9 a; cfr. Warnke (hrsg. von), Das Buch vom «Espurgatoire S. Patrice», p. 26; «quorum

    relationes et dicta iussit beatus Patricius scribi in ecclesia illa»; Tractatus de purgatorio

     sancti Patricii, III iii, 1 a; cfr. Warnke (hrsg. von),  Das Buch vom «Espurgatoire S.

     Patrice», p. 32; «redeuntium autem narrationes et dicta a canonicis loci illius sunt in

    monasterio scripta». Un’usanza, questa, attestata ancora nel XVI secolo da un testimoned’eccezione: Francesco Chiericati, nunzio pontificio presso la corte inglese, il quale il 28

    agosto 1517 invia a Isabella d’Este una lettera in cui, fra l’altro, riferisce della consuetu-

    dine di registrare su un libro tutti coloro che avevano affrontato la penitenza purgatoriale,

    il primo dei quali «fu Guerino da Durazzo». Cfr. B. Morsolin, «Francesco Chiericati

    vescovo e diplomatico del secolo decimosesto»,  Att i dell’Accademia Olimpica III

    (1873): 121-237, a p. 208. Il riconoscimento da parte della collettività d’appartenenza del

     pieno adempimento dei rituali previsti, e del relativo conseguimento della visione, costi-

    tuisce una tappa fondamentale dell’iniziazione del futuro sciamano. Cfr. U. Mazzi (a c.

    di), Testi dello sciamanesimo, Milano, TEA, 1990, p. 15.

    79. Cfr. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, p. 36.80. Hammerich (ed.), Visiones Georgii, pp. 94-95: «dicitur per V dies mane et vespere pro

    illo officium mortuorum, ac si esset mortus et sicut pro mortuo per hunc modum: collo-

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    to, o di un moribondo81; e lo stesso avviene per Antonio Mannini al quale,dopo essere stato posto a giacere (e annota: «come se fussi morto»), ven-

    gono chiusi gli occhi e messe le mani in croce sul petto a stringere un cro-cifisso, dopo di che è asperso d’acqua benedetta «con le proprie orazioni esolennità [che] si fanno sopra un morto, né più né meno»82.

    E se le anime scorte da Owein rimangono anonime – come del resto siconviene a un testo che vuol essere normativo, e nel registro dell’imperso-nale trova un valido adiutorio alle proprie ambizioni di universalità – ciònon vale per i suoi emuli i quali nel loro itinerario sotterraneo incontrano persone conosciute, provviste di una propria identità storica che talvolta èsottaciuta, talaltra no: ad esempio Giorgio Grissaphan preferisce rimanerenel vago nominando, fra quanti vi riconosce, solamente i suoi famigliari e pochi altri83; Ludovico di Francia84 nelle versioni latine e catalana mantie-ne un rispettoso riserbo sul re condannato a espiare la propria indole lussu-riosa85, mentre nei rimaneggiamenti d’area veneta non si trattiene dal fare inomi di alcuni dei peccatori incontrati; per parte sua, Ramón de Perelhos,afferma di avervi visto molti suoi parenti e conoscenti fra cui il suo signo-

    134 Sonia Maura Barillari

    catur enim in medio chori . . . feretrum cum panno nigro coopertum, et ibidem peregri-

    nus Purgatorium intraturus tamquam mortuus collocatur, paratis sacerdote et dyacono,

    subdyacono et accolitis, sicut pro mortuis parari consueuerunt. Et sic paratis omnibus

    cum cruce, thuribulo et aqua benedicta incipitur alta voce cantando conplete officium

    mortuorum. Quo de mane cantato statim dicitur missa de Requiem . . . missa autem dicte

    dictus peregrinus absoluitur, ac si deberet ad sepulchrum deduci, pulsando tunc campa-

    nas, sicut pro defunctis fieri est consuetum».

    81. E in effetti, come l’uso prescriveva, fece «so que fan aquels que per malautias o per 

    aures perilhs esperan la mort» (ciò che fanno quelli che per malattia o altre minacce s’a-

    spettano di morire): A. Vignaux et A. Jeanroy (publ. par), Voyage au Purgatoire de St. Patrice, Visions de Tundal e de St. Paul , textes languadociens di quinzième siècle,

    Toulouse, Editions Edouard Privat, 1903 [rist. New York-London, Johnson Reprint

    Corporation, 1971], p. 19.

    82. Frati, «Il Purgatorio di S. Patrizio», p. 159.

    83. Hammerich (ed.), Visiones Georgii, pp. 185-189.

    84. In merito si veda S. M. Barillari (ed. a c. di), «Il Purgatorio di Ludovico di Sur (Napoli,

    Biblioteca Nazionale, Vind. lat. 57, cc. 258-263): un testo a cavallo fra Medioevo e

    Rinascimento», Studi medievali 3a serie XLIX (2008): 759-808.

    85. Non si può escludere che il suddetto episodio tragga spunto dall’incontro di Tnugdal con

    il re Cormach: cfr. Wagner (hrsg. von), Visio Tnugdali, pp. 42-45. Il sovrano innominatosi potrebbe forse identificare con Filippo VI di Valois nominato (ma in un altro passo

    dell’opera) nei volgarizzamenti d’area veneta e, prima ancora, nelle Visiones Georgii.

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    re, Giovanni I d’Aragona, morto senza aver avuto l’opportunità di confes-sarsi86. Insomma, almeno nei suoi epigoni, il purgatorium del Lough Derg

    si configura più decisamente come un luogo dove era possibile discendere per interpellare le anime dei trapasati87.Un’altra occorrenza degna di essere messa in luce è l’acquisizione di

    conoscenze non condivisibili, da mantenere segrete, a cui conduce l’espe-rienza estatica: privilegio concesso a Giorgio Grissaphan, a cui la sua gui-da angelica affida «certissima et secretissima intersigna, que nullus morta-lis sciebat»88, e a Ludovico che apprende da un homo albus «aliqua quenemini revellarem»89. E per finire va rimarcato come a guidare Giorgionella seconda parte del suo cammino sia l’arcangelo Michele, il santocavaliere per antonomasia90, ma anche l’angelo psicopompo, l’angelo deimorti.

    Tali fattori convergono a confermare come la catabasi purgatorialefosse concepita, o interpretata, in qualità di prassi iniziatica, riservata ori-ginariamente in prevalenza – se non esclusivamente – ai milites, ai guerrie-ri, ai cavalieri: figure nell’esistenza terrena candidate alla morte, morteche, traslata sull’asse della trascendenza, o del cerimoniale, prelude allaresurrezione e alla conquista dell’immortalità91. Figure per le quali il pas-

    saggio, la promozione, dall’una all’altra classe di età avveniva grazie aun’iniziazione che contemplava il superamento di prove di coraggio impli-canti un cimento magico connesso all’invulnerabilità ritualmente conse-guita92: su questo fondale mitico-simbolico la guerra diventa ‘figura’ del-

     Il guerriero e l’oltremondo 135

    86. Il fatto di trovarlo in purgatorio, anziché all’inferno, ne sancirebbe infatti la riabilitazio-

    ne. Per ulteriori approfondimenti rinvio al ben documentato saggio di Martina Di Febo,«Viatge al Purgatori de sant Patrici di Ramon de Perelhos: dalla visione al viaggio»,  La

     parola del testo XII/2 (2008): 309-330, in partic. p. 329.

    87. Cfr. F. Cardini, L’acciar de’ cavalieri. Studi sulla cavalleria nel mondo toscano e italico

    (secc. XII-XV), Firenze, Le Lettere, 1997, p. 37. A questi fini – nella finzione letteraria – 

    lo visiterà Guerrin Meschino, spintosi nella remota terra d’Irlanda per aver notizie dei

     propri genitori.

    88. Hammerich (ed.), Visiones Georgii, p. 313.

    89. Barillari (ed. a c. di), «Il Purgatorio di Ludovico di Sur», p. 806.

    90. Tanto che il suo culto diventa, dall’XI secolo in poi, il culto cavalleresco per eccellenza:

    Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, p. 233.91. Ivi, p. 34.

    92. Ivi, pp. 91-92.

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    l’impresa cosmogonica ed escatologica della lotta contro forze oscure,ostili, minacciose, e il guerriero l’alter ego del monaco, entrambi protago-

    nisti di forme diverse eppure simili di ascesi93

    .

    4. Vitalità e produttività di un nucleo mitico

    In verità, già basterebbero i reiterati – forse pretestuosi, forse fittizi,forse soltanto pretesi – pellegrinaggi al purgatorio di san Patrizio per com- provare la vitalità del nucleo mitico a esso soggiacente e la produttività let-teraria che entrambi conservano intatta nel corso dei secoli. Vitalità e pro-duttività avvalorate dalla seconda visione che segna l’esistenza di Gal-gano, testificata a seguito dell’inchiesta disposta dal pontefice Lucio IIInel 1185 a soli quattro anni dalla morte del futuro santo94 per certificarne imiracoli, indagine i cui ‘atti’ finiranno col costituire la fonte primaria per le successive biografie, compresa la più illustre stilata nel 1220 dal cister-cense Rolando da Pisa95.

    San Michele, apparso in sogno al giovane poco più che trentenne96, gliingiunge di seguirlo conducendolo «fino a un fiume sopra el quale era un

     ponte el quale era molto longo e senza grandissima fadigha non si poteva passare»97. Al di là di esso si apriva «un bellissimo e dilettevole prato, loquale era pieno di fiori»98: traversatolo i due si addentrano in una cavitàsotterranea che li porta a Montesiepi dove trovano «dodici appostoli in unacasa ritonda»99 mirabilmente edificata. Su quel poggio, com’è noto, sor-gerà la famosa ‘rotonda’ al cui interno si trova confitta nella roccia laspada che Galgano volle mutare in croce per raccogliersi in preghiera.

    In tale visio Cardini riconosce un andamento iniziatico di impressio-

    136 Sonia Maura Barillari

    93. Ivi, pp. 193 e 242.

    94. Gli studi più accreditati ne fisserebbero infatti la data al 1181. Cfr. Cardini, San

    Galgano, p. 11.

    95. Ivi, p. 20.

    96. In verità san Michele era già apparso un’altra volta in sogno a Galgano fanciullo prean-

    nunziandogli «ch’elli doveva essere cavaliere di Dio»: ivi, p. 101.

    97. Si cita dalla Legenda trecentesca edita ivi, pp. 101-111, p. 103.98.  Ibidem.

    99.  Ibidem.

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    nante chiarezza100 che si staglia fra le quinte di un mondo profondamenteimprontato da tematiche cavalleresche: con tutta probabilità era cavaliere

    Galgano che montava a cavallo, cingeva la spada e portava speroni101

    ,cavaliere come suo padre, Guidotto, particolarmente devoto al culto diMichele arcangelo102. Sicuramente un’investitura simbolica l’ebbe da fan-ciullo, quando lo stesso arcangelo gli si manifestò nel sonno dicendo a suamadre che lo doveva «vestire e adornare d’abito di cavaliere»103.

    E se per un verso questa legenda vede l’ideologia feudale piegare versoaspirazioni ascetiche, d’altro canto propone e mette in scena una vocazio-ne eremitica marezzata dalle tinte vivaci proprie del roman arturiano104

    che nell’estrinsecazione iconica della spada nella roccia condensa l’essen-za dei suoi molteplici possibili narrativi.

    Mentre i legami con motivi e personaggi della narrativa bretone si rive-lano labili e quanto meno aleatori, più saldi e tracciabili paiono quelli isti-tuibili con Tractatus e con il milieu in cui venne elaborato: la rete di rela-zioni istituita dal poderoso apparato propagandistico facente capo all’Or-

     Il guerriero e l’oltremondo 137

    100. Ivi, p. 40.

    101. In merito si veda P. O. Pfister,  La rotonda sul Montesiepi, Siena, Edizioni Cantagalli,

    2001, pp. 104-105. A ogni buon conto la  Legenda di santo Galgano confessore lo dice

    «nato di nobile parentado e di generazione»: Cardini, San Galgano, p. 101.

    102. Non si può escludere che il nome Galgano gli fosse stato imposto in onore dell’arcange-

    lo ricordando il suo luogo di culto più famoso, il Monte Gargano; oppure in memoria di

    un pellegrinaggio alla volta del santuario pugliese intrapreso dal padre o da entrambi i

    genitori. Cfr. Pfister,  La rotonda sul Montesiepi, p. 104; si veda anche Cardini, San

    Galgano, pp. 38-39. Sul particolare appeal di cui godeva l’angelo guerriero presso gli

    appartenenti alll’ordo cavalleresco si è detto sopra, alla nota 89.103. Cardini, San Galgano, p. 102.

    104. Ivi, pp. 43-45. A suffragare la precoce diffusione della leggenda arturiana in Italia può

    essere invocato il fregio scolpito sull’archivolto della Porta della Pescheria del Duomo

    di Modena, databile ai primi decenni del XII sec., in cui si rievoca l’episodio del rapi-

    mento di Ginevra successivamente immortalato nel  Lancelot di Chrétien de Troyes. Si

    noti che anche il nome di Galgano è stato messo in relazione con l’onomastica arturiana

    riconducendolo a quello di Galvano, che nel suddetto fregio compare nella forma

    Galvagin. Si può dunque concludere che se l’osservazione di Cardini secondo cui «la

    matière de Bretagne non giunse nella penisola prima dell’inizio del Duecento» (ivi, p.

    40) può considerarsi senz’altro corretta riguardo alla tradizione scritta, l’attestazioneiconografica succitata lascia ampi margini alla possibilità di una sua circolazione, maga-

    ri in forma orale, già in epoca precedente.

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    dine cistercense, a cui la promozione della seconda crociata forniva moti-vazioni aggiuntive, può senz’altro avere favorito e incentivato la circola-

    zione di un testo che all’innovativo messaggio dottrinale univa istanze pragmatiche, intese alla definizione di un modello di spiritualità concilian-tesi con lo svolgimento di un ruolo attivo all’interno della società cri-stiana105. Reminiscenze della visio di Owein potrebbero ravvisarsi nel«sotterraneus specus», il cunicolo106 che immette nella «domo rotundaodore referta mirabiliter sculpta»107 dove Galgano trova i dodici apostoli,corrispettivo abbastanza scoperto della «fovea subterraneam» che il milesirlandese percorre fino a giungere nell’«aula» dalla «mirabile structura» incui lo attendono i «quindecim uiri quasi religiosi et nuper rasi»108: rappre-sentazioni di icasticità patente concretamente allusive di una morte prefi-gurata che prelude alla rinascita a una vita nuova.

    Se per Galgano tale pattern mitico si esplica e rimane conchiuso entro

    138 Sonia Maura Barillari

    105. A questo proposito va tenuto presente che il Tractatus conobbe diverse stesure e non si

     può escludere che i suoi contenuti fossero in parte noti in ambiente cistercense anche prima della sua fissazione definitiva sulla pagina scritta. A ciò si aggiunga che nella

    legenda galganiana originaria, virtualmente coincidente con gli atti della canonizzazione

    del santo di Chiusdino (giuntici attraverso una trascrizione dei primi del cinquecento),

     possono essere confluite testimonianze agiografiche seriori. Cfr. ivi, p. 40.

    106. Tale cunicolo ebbe forse una consistenza concreta: dinanzi alla Rotonda di Montesiepi,

    sotto una grossa lastra di pietra, si apre infatti una grotta sotterranea che pare condurre

    all’interno della chiesa: cfr. Pfister, La rotonda sul Montesiepi, pp. 59-61.

    107. Citazioni tratte da Cardini, San Galgano, p. 14.

    108. Tractatus de purgatorio sancti Patricii, III v, 3-5 a. Cfr. Warnke (hrsg. von), Das Buch

    vom «Espurgatoire S. Patrice», pp. 48 e 50. Un altro punto di contatto può essere ricer-cato nei riferimenti di carattere astronomico: il Tractatus (forse sulla scorta della Visio

     Drithelmi) attribuisce infatti alla prima tappa del cammino di Owein nell’Aldilà direttri-

    ci solstiziali («uersus locum illum recto tramite militem traxerunt, quo sol oritur longio-

    ribus diebus in estate. Cumque illuc euntes uenissent quasi in mundi fine, ceperunt dex-

    trorsum conuerti et quasi per uallem latissimam contra austrum tendere, scilicet uersus

    locum quo sol oritur breuioribus diebus in hieme»; Tractatus de purgatorio sancti

     Patricii, III vII, 3 a; Warnke (hrsg. von), Das Buch vom «Espurgatoire S. Patrice», p.

    66) e hanno presumibilmente la funzione di segnare i solstizi le aperture circolari della

    cupola di Montesiepi (Pfister,  La rotonda sul Montesiepi, pp. 73-79. Per una disamina

     più approfondita di tali tematiche rinvio al saggio di Giorgio de Santillana e Herta vonDechend,  Il mulino d’Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo , Milano,

    Adelphi, 1983 [1969], in particolare pp. 87-93 e 279-289.

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    coordinate prettamente visionarie per altri acquisisce una consistenza con-creta, una connotazione mondana. Così per Malatesta ‘Ungaro’109 che

    effettua il pellegrinaggio in Irlanda dieci anni dopo quello compiuto aGerusalemme110, secondo i contemporanei «per cagione di una sua inna-morata chiamata la Viola Novella»111 uccisa dal marito legittimo dopoaver scoperto la sua relazione adultera con il signore di Rimini: proprio per  poterla rivedere un’ultima volta almeno in spirito quest’ultimo avrebbeaffrontato il cimento del ‘pozzo’112.

    Ecco dunque che l’imagerie patriciana saldamente si innesta sugli idea-li romanzeschi dell’amor cortese, della quête, dell’aventure, del ‘voto’cavalleresco113 che si accampano su una percezione di sé dei ceti nobiliari profondamente imbevuta di reminiscenze letterarie114: un’aventure dalleconnotazioni prevalentemente erotiche, e dall’allure magica, che sembraaccreditare l’ipotesi secondo cui la memoria dell’originaria natura dinekyomanteion ipotizzata per il trou del Lough Derg abbia continuato per secoli ad agire sottotraccia, e a essere percepita, a dispetto del processo diappropriamento e rifunzionalizzazione a cui fu sottoposta da parte dellaChiesa.

    Tale inestricabile connessione fra mito e letteratura, fra letteratura e

    vita, trova – per quanto concerne la matière patriciana – la sua più piena

     Il guerriero e l’oltremondo 139

    109. Ovvero Galeotto Malatesta, il cui soprannome gli deriva dall’essere stato armato cava-

    liere nel 1347, a vent’anni, da Ludovico d’Angiò re d’Ungheria. Su Malatesta ‘Ungaro’

    e la sua visita al purgatorium irlandese si vedano L. Mascanzoni, «Il pellegrinaggio di

    Malatesta ‘Ungaro’ al cosiddetto ‘purgatorio di san Patrizio’ (Irlanda, a. 1358)»,  Atti e

    memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna n.s. LI (2000):243-266; Cardini, «Malatesta ‘Ungaro’»; Id.,  L’acciar de’ cavalieri, pp. 35-50 («Un

    romagnolo al Purgatorio di san Patrizio»).

    110. Si noti come – segno evidente dei tempi mutati – l’ordine sia invertito rispetto a Owein.

    111. Cfr. Mascanzoni, «Il pellegrinaggio di Malatesta ‘Ungaro’», p. 255.

    112. Una testimonianza relativa alla visita di Malatesta al purgatorio irlandese ci è resa anche

    da un’altra visio  patriciana, quella di Ludovico di Sur (o di Francia): questi, uscendo

    dalla porta ferrea che rinserrava il sito di purgazione, afferma infatti di aver veduto

    «dominum Malatestam Ungarum cum familia magna» in procinto di entrarvi. Barillari

    (ed. a c. di), «Il Purgatorio di Ludovico di Sur», p. 806.

    113. Cfr. Mascanzoni, «Il pellegrinaggio di Malatesta ‘Ungaro’», p. 261.114. In merito si veda Ph. J. Jones, The Malatesta of Rimini and the Papal state, London,

    Cambridge University Press, 1974, pp. 79-101.

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    espressione nel Guerrin Meschino, in cui Andrea da Barberino giustappo-ne e aggrega, amalgamandole fin quasi a fonderle, tradizioni leggendarie – 

    tradizioni letterarie – che mostrano di possedere presupposti mitici comu-ni: quelle inerenti alla grotta della Sibilla appenninica e quelle relative al purgatorio di san Patrizio. Nel romanzo di Andrea, infatti, i due anditi ipo-gei, e le vicende di cui sono teatro, sono proposti in immediata successio-ne, presentandoli quasi quali l’uno lo specchio dell’altro, l’uno il presup- posto dell’altro, in una stratigrafia figurale di forte pregnanza ideologica edi respiro metaletterario in quanto attinta attraverso fonti già ampiamentesedimentate nell’immaginario del suo pubblico: l’ Huon d’Auvergne che lostesso Andrea aveva volgarizzato115, e il Tractatus, i cui contenuti eranoarcinoti grazie all’opera indefessa di divulgazione posta in atto dai predi-catori.

    Una via lunga, secolare, quella che consente alla rappresentazione del-l’iter iniziatico del guerriero, fattosi miles Christi, di giungere dalle remotesteppe eurasiatiche fino agli emigranti italiani stabilitisi in America nel primo Novecento116: legittimazione segnata forse già da quella Vita di sanGerardo d’Aurillac composta nel 930 da Oddone abate di Cluny a confor-tare i membri dell’ordo dei bellatores che aspiravano di accedere alla san-

    tità senza dover necessariamente deporre le armi117, e dall’elaborazionegrossomodo coeva di un rituale che prevedeva la benedizione delle armimedesime. Una legittimazione che solo grazie all’istituzione, sul finiredell’XI secolo, del parallelismo fra pellegrinaggio e crociata, e al progres-sivo perfezionamento di cui fu esso oggetto a partire dalla seconda metàdel secolo successivo, giunse a compimento. Gli anni, appunto, in cuivenne redatto il Tractatus de Purgatorio sancti Patricii.

    140 Sonia Maura Barillari

    115. In esso compare infatti un episodio che pare prefigurare l’avventura di Guerrino nell’an-

    tro sibillino. In merito si veda S. M. Barillari, «La città delle dame. La sovranità ctonia

    declinata al femminile fra l’Irlanda e i Monti Sibillini»,  L’Immagine riflessa  N.S.

    XVIII/1-2 (2009): 87-121.

    116. Cfr. A. Cursietti, «Introduzione» a Andrea da Barberino, Il Guerrin Meschino, Roma -

    Padova, Editrice Antenore, 2005, p. XV.117. Cfr. Ph. Contamine, La guerra nel medioevo, Bologna, Il Mulino, 1986 [ed. or.: Paris,

    Presses Universitaires de France, 1980], p. 372.