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L'impresa Orafa Guida Normativa

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Pubblicazione tecnica normativa per il settore orafo

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l’impresa orafa guida normativa

federazione orafi campani

ll’’iimmpprreessaa oorraaffaa

edizione 22000044[ ]

ascom-confcommerciocon il patrocinio diconfedorafifederdettaglianti

gguuiiddaa nnoorrmmaattiivvaa

l’impresa orafa guida normativa

federazione orafi campani edizione 2004[ ]

artemisiacomunicazione

ascom-confcommerciocon il patrocinio diconfedorafifederdettaglianti

l’impresa orafa guida normativa

pubblicazione a cura diFederazione Orafi Campani

con il patrocinio diAscom ConfcommercioConfedorafi Federdettaglianti

direttore editorialeGiuseppe Pezzuto

coordinamento editorialeGiovanni Micera

testi diMarco Cantarella

hanno collaboratoAngelo Micera (cap. VI, VII, XI, XII)

Pietro Gagliardi (cap. XXI)

Antonio Perrella, Alfredo Di Dio (Ruolo periti ed esperti)

Assocoral (cap. XIX)

si ringrazia per il contributo Steven Tranquilli Federdettaglianti Orafi

Luigi Costantini IGI Anversa

Confedorafi

designerLuigi Esposito

realizzazione e impaginazioneArtemisia Comunicazionewww.artemisiacomunicazione.com

stampaInk Print snc

edizione 2004[ ]l’impresa orafa guida normativa

introduzione

l’impresa orafa guida normativa

La Federazione Orafi Campani ha pubblicato l’ultima

“Guida Normativa”, L’Azienda Orafa, nel dicembre 1997.

A distanza di oltre un quinquennio, pertanto, nasce l’esi-

genza di redigere una nuova edizione, riveduta ed integra-

ta, alla luce della mutata realtà odierna, istituzionale, socia-

le e legislativa.

Repentini e, per tanti versi epocali, infatti, sono stati i

cambiamenti che si sono verificati in tutti i settori della

vita nazionale ed internazionale, dal momento che l’intero

Pianeta è ormai sottoposto ad un articolato e complesso

processo di globalizzazione e, quindi, di regole nuove da

far valere a tutti i livelli.

La Federazione Orafi Campani, che ha contatti costan-

ti con i suoi associati, avvertendone i bisogni, ha sentito

la necessità, come si diceva, di stare al passo con i tempi e

di confezionare, in proposito, una nuova guida agile, ma

aggiornata, tale da rispondere alle esigenze attuali degli

operatori.

Ci siamo adoperati, pertanto, perché nella nuova stesura

fossero presenti le novità e le revisioni in campo normati-

vo, inserendo la legge che innova i titoli e i marchi dei pre-

ziosi, per esempio, così come delle nuove regole che riguar-

dano il regime fiscale dell’oro, le norme di sicurezza per i

negozi e i laboratori degli orafi, etc.

l’impresa orafa guida normativa

Giuseppe PezzutoPresidente Federazione Orafi Campani

Inserzioni utili, quelle indicate, come si può notare, che

scaturiscono per molti di noi dall’esperienza di qualifica-

zione professionale e associativa praticata in tanti anni nel

settore, anche attraverso la realizzazione di corsi professio-

nali di apprendimento sulle varie materie e di incontri

informativi per tenere allertato chi opera nel nostro deli-

cato comparto.

Informazione e formazione costituiscono, infatti, due

poli dello stesso problema: da un lato, l’esigenza di far cir-

colare le notizie e le esperienze, dall’altro, l’aiuto che si

può dare agli operatori sul campo perché possano accre-

scere la loro competenza e responsabilità. Resta a tutti

noi, poi, l’impegno a fare sempre meglio.

Infine, colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che

hanno reso possibile quest’opera: il direttivo della

Federazione, le Aziende che hanno sostenuto la pubblica-

zione, gli Autori del volume e l’Artemisia Comunicazione.

l’impresa orafa guida normativa

Nonostante gli anni di impegno sindacale e l’attività

svolta a favore del comparto mi sono reso conto che le

cose semplici sono le più efficaci e lasciano una traccia

indelebile.

È il caso di questo manuale dedicato all’impresa orafa,

un’opera meritoria per la completezza delle informazioni

contenute e per la semplicità con il quale sono illustrate.

È perciò tanto più apprezzabile l’iniziativa attuata dagli

amici della Federazione Orafi Campani, i quali hanno

dato vita ad un prezioso strumento per destreggiarsi tra

le mille complessità del sistema legislativo, fiscale e nor-

mativo del settore; uno strumento a sostegno della cre-

scita professionale degli operatori, che da sempre trova-

no nelle associazioni di categoria un faro per le loro

istanze quotidiane.

D’altronde le associazioni non sono delle entità astratte,

super partes o se volete slegate dalla realtà; siamo noi tutti

che ne costituiamo l’anima, l’essenza stessa.

In definitiva l’associazionismo serve a questo: renderci

partecipi di un sistema, condividerne le istanze, in parole

semplici creare in noi il senso di appartenenza ad una

categoria ed in particolar modo a non farci sentire con-

correnti ma colleghi.

È questo può essere raggiunto anche attraverso una

l’impresa orafa guida normativa

Nicola CurtoPresidente Federazione Nazionale DettagliantiOrafi Gioiellieri Argentieri Orologiai

pubblicazione diretta ad integrare la nostra cultura

imprenditoriale.

Tra le molteplici realtà territoriali che aderiscono a

Federdettaglianti gli amici campani da sempre rappresen-

tano una roccaforte per la soluzione delle istanze della

categoria ed una fucina di idee.

Il lavoro svolto insieme negli anni ha reso molto forte il

sodalizio con la Federazione Nazionale Dettaglianti Orafi.

Il continuo scambio di informazioni e di esperienze

maturate sul campo hanno decisamente contribuito a

proiettare le nostre realtà associative verso nuove frontie-

re; la formazione, l’informazione sono oramai divenuti

strumenti indispensabili e rappresentano il nostro impe-

gno quotidiano.

Oggi non è facile gestire un punto vendita; mille pro-

blemi sorgono quotidianamente quasi ad offuscare i

nostri innumerevoli sforzi per rimanere competitivi all’in-

terno di un mercato in continua mutazione a cui inevita-

bilmente si aggiungono le varie incombenze di natura

burocratica di vario genere.

Ma in tutto questo dobbiamo far emergere la nostra

professionalità o, se volete, la nostra imprenditorialità

che, soprattutto in tempi non facili, costituisce la nostra

carta vincente.

l’impresa orafa guida normativa

l’impresa orafa guida normativa

La Federazione Orafi Campani, con oltre 500 aziende

associate appartenenti a tutte le categorie del mondo

orafo (dettaglianti, grossisti, produttori, artigiani), è la più

numerosa organizzazione di rappresentanza del settore

orafo in Campania. La F.O.C. cura la tutela sindacale

degli interessi e delle istanze del settore a tutti i livelli isti-

tuzionali, ed inoltre offre assistenza e consulenza specializ-

zata alle singole imprese, particolarmente in materia lega-

le, amministrativa, di accesso al credito ed ai finanzia-

menti agevolati.

La Federazione, attualmente presieduta da Giuseppe

Pezzuto, è nata nel 1994 dall’evoluzione dell’Associazione

Orafa Napoletana, la storica organizzazione di rappresen-

tanza del settore, fondata nel 1945. La F.O.C. aderisce

alla Confcommercio, alla Federazione Nazionale

Dettaglianti Orafi e, tramite quest’ultima, alla

Confedorafi. Perciò, la F.O.C. è il terminale ed il punto

di riferimento in Campania delle organizzazioni nazionali

di settore.

La F.O.C., direttamente o tramite le ASCOM comuna-

li, ha proprie delegazioni in quasi tutti i comuni della

provincia di Napoli e nei principali centri della regione.

2500 aziende, di cui 1500 dettaglianti, 200 grossisti e

ben 800 tra industriali ed artigiani : questi i numeri del

Federazione Orafi Campani

Piazza Salvo D’Acquisto 32 - 80134 Napoli

tel. 081.5518388 - fax 081.5515019

e-mail: [email protected]

comparto orafo campano, che, oltre ad essere uno dei più

importanti e vitali in Italia, rappresenta una colonna por-

tante dell’economia della nostra regione.

Dare un contributo concreto alla crescita del nostro set-

tore: è l’obiettivo principale dell’impegno quotidiano della

Federazione, volto innanzitutto a fornire ai propri Soci

tutti i servizi e gli strumenti necessari per una conduzione

moderna ed efficiente della propria azienda.

La F.O.C. cura la ffoorrmmaazziioonnee e l’aggiornamento dei gio-

vani, degli imprenditori e dei loro collaboratori, organiz-

zando corsi e seminari sulla gemmologia, sulle novità nor-

mative, sul marketing di settore e in generale su tutte le

tematiche e le innovazioni che le imprese devono conoscere

per far fronte all’evoluzione del mercato.

Particolare attenzione è riservata a un nodo cruciale per

lo sviluppo delle imprese, ll’’aacccceessssoo aall ccrreeddiittoo: tramite spe-

ciali convenzioni con primari istituti bancari oppure attra-

verso il Consorzio Fidi Ascom la Federazione consente agli

associati di ottenere condizioni di favore negli strumenti

bancari e tassi inferiori a quelli di mercato.

Gli uffici della Federazione sono quotidianamente a

disposizione dei soci per affrontare e risolvere insieme, con

ccoonnssuulleennzzee ppeerrssoonnaalliizzzzaattee, tutti i problemi legali, ammini-

strativi ed aziendali che si manifestano durante l’attività.

l’impresa orafa guida normativa

l’impresa orafa guida normativa

La F.O.C. opera per la ssiiccuurreezzzzaa delle imprese attraverso

il dialogo costante con le Forze dell’Ordine e specifici pro-

grammi di incentivazione, come il “Progetto Sicurezza”, il

quale, con il sostegno della Camera di Commercio su pro-

posta dell’Ascom-Confcommercio, ha consentito a nume-

rosi gioiellieri di avere un rilevante contributo per l’acqui-

sto di sistemi antifurto.

CONSIGLIO DIRETTIVO

Presidente Pezzuto Giuseppe

Vicepresidenti Capuano Pietro, de Laurentiis Roberto

Consiglieri Angeloni Ciro, Anzovino Cosma, AscioneMauro, Caruso Cosimo, De MarcoCarmen, De Meo Johnny, De SimoneLuigi, Di Dio Alfredo, Di GennaroFrancesco, Giannotti Vincenzo, LanfreschiGiovan Giuseppe, Minieri Paolo, NataleGiovanni, Pace Salvatore, PennacchioAniello, Perrella Antonio, PezzutoBiancamaria, Salvati Alfredo, Torsi Carlo.

l’impresa orafa guida normativa edizione [ ]

l’impresa orafa guida normativa

Sommario

PARTE PRIMA

I. Disciplina dell’attività commerciale pag. 211. Le nuove regole del Commercio pag. 212. Nuove aperture, ampliamenti e trasferimenti pag. 213. Esposizione dei prezzi in vetrina pag. 234. Orari di vendita pag. 245. Vendite straordinarie e sottocosto pag. 256. Rimborso IVA per gli acquisti effettuati da turisti extracomunitari pag. 277. Le garanzie nella vendita dei beni di consumo pag. 29

II. Le regole per il commercio elettronico pag. 33

III. Adempimenti speciali per le aziende orafe pag. 371. La Licenza di Pubblica Sicurezza pag. 372. Il Registro di Pubblica Sicurezza - acquisti di preziosi da privati pag. 403. Gestione delle riparazioni pag. 424. Verifica periodica delle bilance pag. 42

IV. Adempimenti fiscali per il settore orafo pag. 451. Cambio merce pag. 452. Vendita di beni usati acquistati da privati pag. 463. Il Conto visione pag. 464. Beni consegnati da privati per la vendita pag. 475. Il Conto Lavorazione pag. 48

V. La disciplina dei titoli e dei marchi dei metalli preziosi pag. 491. I metalli preziosi ed i titoli legali pag. 492. Il marchio di identificazione pag. 503. Semilavorati pag. 524. Il marchio tradizionale di fabbrica e le “Griffes” pag. 535. Aziende commerciali dotate di laboratorio pag. 53

l’impresa orafa guida normativa

6. Obblighi dei commercianti pag. 547. Oggetti placcati, dorati, argentati e in bilaminato pag. 558. Oggetti di fabbricazione mista pag. 569. I controlli su produttori e commercianti pag. 5610. Certificazione e Laboratori di analisi pag. 57D.L. 22 maggio 1999, n. 251 pag. 59D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150 pag. 67

VI. Regime fiscale dell’oro pag. 95

VII. Il prestito d’uso di oro greggio pag. 99

VIII. Lo statuto del contribuente Le garanzie per i cittadini nei confronti del Fisco pag. 1031. Principi generali (art. 1) pag. 1042. Caratteri della legislazione fiscale pag. 1043. Informazione del contribuente (art. 5) pag. 1044. Conoscenza degli atti e semplificazione (art. 6) pag. 1055. Chiarezza e motivazione degli atti (art. 7) pag. 1066. Tutela dell’integrità patrimoniale (art. 8) pag. 1067. Remissione in termini (art. 9) pag. 1078. Errori del contribuente (art. 10) pag. 1079. Diritto di interpello del contribuente (art. 11) pag. 10710. Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (art. 12) pag. 11011. Il Garante del contribuente (Art. 13) pag. 112Indirizzi e recapiti telefonici degli uffici del Garante pag. 113

IX. Normative di sicurezza per negozi e laboratori orafi pag. 1151. La sicurezza degli impianti (legge 46/90) pag. 1152. Il d.lgs. 626/94: sicurezza e salute nei luoghi di lavoro pag. 1173. Normativa antincendio generale per le imprese non soggette ai controlli

di prevenzione incendi pag. 124

X. Normative antinquinamento pag. 1271. La gestione dei rifiuti - i rifiuti speciali pag. 1272. Gli imballaggi pag. 1293. Prevenzione dell’inquinamento atmosferico pag. 131

XI. Incentivi ed agevolazioni nazionali pag. 1331. Legge 1329/65 (Sabatini) - Finanziamenti agevolati per acquisto di macchinari pag. 1332. Legge 488/92 - Contributi in c/impianti alle attività produttive pag. 1343. Legge 215/92 - Azioni positive per l’imprenditoria femminile pag. 1404. Legge 388/2000 Art.103 - Incentivi a favore del commercio elettronico pag. 142

XII. Disciplina della Srl artigiana pag. 145

XIII. Caratteristiche del settore orafo Campano. pag. 149Limiti e potenzialità della piccola dimensione, vantaggio del ricorso a forme di collaborazione tra impresecapitolo a cura: Studio Gianni Lepre

PARTE SECONDA

XIV. I metalli preziosi pag. 1531. Oro pag. 1532. Platino pag. 1543. Palladio pag. 155

XV. L’argento pag. 1571. Titoli pag. 1572. Oggetti placcati, laminati o argentati pag. 1583. Principali tecniche di lavorazione pag. 1594. Manutenzione e pulizia pag. 160

XVI. Il libro dei diamanti. Norme CIBJO 1997Regole di applicazione per il commercio dei diamanti pag. 163

XVII. Il libro sulle pietre preziose. Blue Book CIBJO 2001regole di applicazione per il commercio di pietre preziose pag. 173ALLEGATO A (Normativa: Termini e definizioni) pag. 187ALLEGATO B (Definizioni commerciali) pag. 190

XVIII. Il libro sulle perle. Norme CIBJO 1997 pag. 205Classificazione dei materiali pag. 205Regole di applicazione per il commercio delle perle pag. 207

l’impresa orafa guida normativa

XIX. Torre del Greco e il corallo pag. 215Tipi di corallo lavorato dalle aziende torresi pag. 216

XX. Tecniche di lavorazione pag. 2191. Preparazione della lega pag. 2192. Laminatura pag. 2193. Trafilatura pag. 2194. Stampaggio pag. 2205. Imbutitura pag. 2206. Incisione pag. 2207. Sbalzo e cesello pag. 2218. Incassatura pag. 2219. Fusione a cera persa e pressofusione pag. 22210. Saldature pag. 22211. Elettrodeposizione pag. 22312. Smaltatura pag. 22313. Brunitura pag. 22314. Sabbiatura pag. 22315. Smerigliatura pag. 22416. Satinatura pag. 22417. Pulitura pag. 224

XXI. Gli orologi pag. 2251. Introduzione pag. 2252. Cenni storici pag. 2253. L’orologio meccanico pag. 2264. Orologi elettrici ed elettronici pag. 2265. Orologi a quarzo pag. 2276. Orologi atomici pag. 2287. Orologi ornamentali pag. 2288. Orologi a pendolo pag. 2299. Orologi portatili pag. 22910. Orologi meccanici da polso pag. 23011. Orologi con caratteristiche supplementari pag. 23212. Rivestimento dell’orologio pag. 233

XXII. La tradizione orafa della Campania pag. 235

Appendice pag. 239Ruolo periti ed esperti pag. 241Le Associazioni di categoria pag. 245Schede tecniche inserzionisti pag. 257

l’impresa orafa guida normativa

PARTE PRIMA

1. Le nuove regole del Commercio

Il Decreto Legislativo 31 marzo 1998 n. 114 (pubblicato nel supplemento ordinario n.

80/L alla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24.04.98), meglio noto come “Decreto Bersani”,

ha rivoluzionato la disciplina del Commercio, introducendo notevoli semplificazioni.

Tra i suoi effetti più importanti, va ricordata la liberalizzazione delle aperture dei

cd. “esercizi di vicinato” (esercizi con superficie di vendita non superiore a 250 mq.

nei centri con più di 10.000 abitanti e 150 mq. nei comuni con meno di 10.000 abi-

tanti), la soppressione delle vecchie tabelle merceologiche e l’abolizione del Registro

Esercenti il Commercio.

In particolare, i settori merceologici sono stati ridotti a due: alimentare e non ali-

mentare, le quali hanno assorbito le precedenti tabelle. Perciò, agli esercizi in attività

è stata concessa la facoltà di estendere l’offerta commerciale a tutti i beni del settore

di appartenenza (alimentare o non alimentare), esclusi i beni per i quali occorrono

specifiche licenze ed autorizzazioni (generi di monopolio, prodotti farmaceutici, car-

buranti). In pratica, una gioielleria può legittimamente porre in vendita qualsiasi

bene appartenente al settore non alimentare.

Essendo stato abrogato il REC per le attività commerciali, non è previsto alcun requi-

sito professionale per intraprendere un’attività commerciale nel settore non alimentare,

mentre per il settore alimentare è tuttora previsto il possesso di requisiti professionali.

2. Nuove aperture, ampliamenti e trasferimenti

Per avviare un’attività di commercio al dettaglio di oggetti preziosi:

l’impresa orafa guida normativa

I. Disciplina dell’attività commerciale

• Bisogna innanzitutto munirsi della Licenza di Pubblica Sicurezza, che resta obbli-

gatoria per coloro che esercitano il commercio al dettaglio ed all’ingrosso di prezio-

si nonché per gli industriali;

• Occorre poi trasmettere al Comune di competenza (con consegna a mano al

Protocollo del Comune oppure per raccomandata A.R.) la cosiddetta

“Comunicazione di apertura esercizio di vicinato”, che va compilata su un modello

prestampato, definito dal Ministero dell’Industria e del Commercio, reperibile

presso i Comuni e le Associazioni di categoria.

• Una volta trascorsi trenta giorni dal ricevimento della “Comunicazione” da parte del

Comune, senza che l’Amministrazione abbia richiesto ulteriore documentazione

oppure abbia espresso un diniego, il richiedente può iniziare l’attività (silenzio-assenso).

• Non occorre più iscriversi al Registro Esercenti il Commercio, né essere in possesso

di particolari requisiti professionali

L’apertura di un esercizio senza aver effettuato la comunicazione oppure prima del

termine di 30 giorni per la formazione del silenzio-assenso comporta una sanzione

tra 2582 e 15493 Euro.

Il Decreto stabilisce inoltre alcuni requisiti morali per l’esercizio del’attività com-

merciale, vietandola, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, a:

• coloro che sono stati dichiarati falliti;

• coloro che hanno riportato condanne con sentenza passata in giudicato per deter-

minati reati (delitto non colposo punito con pena detentiva non inferiore a tre

anni; delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio; commercio di

sostanze alimentari contraffatte o adulterate o nocive; frode in commercio; illecita

concorrenza con minaccia o violenza; vendita di sostanze alimentari non genuine

come genuine; vendita di prodotti con segnali mendaci);

• coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione ovvero siano stati dichiarati

delinquenti abituali professionali o per tendenza.

Il divieto permane per la durata di cinque anni decorrenti dal giorno in cui la pena

è stata scontata o si sia estinta ovvero, qualora sia stata concessa la sospensione condi-

zionale della pena, dal passaggio in giudicato della sentenza.

Gli esercizi potranno avere una superficie massima di 250 mq. nei centri con più di

10.000 abitanti e 150 mq. nei comuni con meno di 10.000 abitanti. Per superficie si

l’impresa orafa guida normativa

intende quella adibita alla vendita, compresi banchi e scaffalature, con esclusione dei

depositi, laboratori, uffici e servizi.

Anche il trasferimento e l’ampliamento della sede entro i limiti summenzionati

sono soggetti al medesimo procedimento di comunicazione e silenzio-assenso.

Gli esercizi per la vendita all’ingrosso non sono invece soggetti alla comunicazione

al Comune, ma solo all’iscrizione nel Registro delle Imprese presso la Camera di

Commercio ed al possesso della licenza di P.S. I requisiti morali valgono anche per

l’esercizio del commercio all’ingrosso.

E’ vietato svolgere il commercio al’ingrosso ed al dettaglio nel medesimo locale; in

caso di aziende che effettuano entrambe le attività, esse dovranno svolgersi in locali

separati, anche se attigui.

3. Esposizione dei prezzi in vetrina

Il “Decreto Bersani” dispone che tutti i prodotti esposti per la vendita nelle vetrine

ed all’interno del negozio “debbano indicare, in modo chiaro e leggibile, il prezzo di

vendita al pubblico, mediante uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo.”

(art. 14 comma 1).

Ovviamente, tale disposizione, pur volta alla tutela del consumatore, avrebbe com-

portato seri problemi di sicurezza se applicata integralmente ai negozi di oggetti pre-

ziosi ed antiquariato; infatti, precedentemente all’entrata in vigore del “Decreto

Bersani” i gioiellieri e gli antiquari erano stati dispensati dall’osservanza di tale

norma, essendo loro consentito di utilizzare cartellini visibili solo dall’interno dell’e-

sercizio.

Grazie all’intervento ed alle pressioni esercitate dalla Federdettaglianti Orafi, nel

1999 il Ministero dell’Industria ha confermato la deroga per i dettaglianti orafi dal-

l’osservanza integrale delle norme sulla pubblicità dei prezzi.

In particolare, il Ministero ha stabilito che “considerate le esigenze di prevenzione

della criminalità, particolarmente necessarie in relazione a determinate tipologie di eserci-

zi, nel caso di prodotti d’arte e d’antiquariato nonché di oreficeria, possa ritenersi rispetta-

to l’obbligo di pubblicità del prezzo mediante modalità idonee allo scopo, anche tramite

l’utilizzo sul singolo prodotto di un cartellino visibile all’interno dell’esercizio e non dall’e-

l’impresa orafa guida normativa

sterno”. (Circolare Min. Industria n. 3467/C del 28 maggio 1999).

Quindi, i gioiellieri sono autorizzati ad utilizzare, per indicare i prezzi, dei cartellini

collegati agli oggetti in vetrina e collocati in modo tale che il prezzo sia visibile solo

all’interno degli esercizi e non all’esterno.

La mancata indicazione dei prezzi sugli articoli esposti comporta una sanzione tra

516 e 3098 Euro.

4. Orari di vendita

Gli esercenti possono liberamente scegliere l’orario di apertura al pubblico, purché

non superi le tredici ore giornaliere e sia compreso tra le ore sette e le ore ventidue.

L’orario di apertura va reso noto al pubblico mediante un cartello, o altro idoneo

mezzo, collocato in maniera visibile all’interno del negozio.

Gli esercizi devono osservare l’obbligo di chiusura settimanale e festiva e, nel caso

che il Comune di appartenenza lo abbia stabilito, la mezza giornata di chiusura infra-

settimanale.

E’ possibile derogare all’obbligo di chiusura domenicale, festiva ed infrasettimanale

solo nel mese di dicembre e per altre otto domeniche o festività individuate dal

Comune , in accordo con le associazioni di categoria, nel corso dell’anno.

Fanno eccezione a queste regole i Comuni ad economia turistica e le città d’arte,

nei quali gli esercenti non sono soggetti all’obbligo di chiusura infrasettimanale festi-

va nei periodi considerati di maggiore afflusso turistico, che possono estendersi anche

all’intero anno. La durata di tali periodi e gli elenchi dei Comuni ad economia turi-

stica vengono definiti dalle Regioni, su richiesta dei Comuni.

Per quanto riguarda la Regione Campania, la Legge Regionale 1/2000 (BURC n.2

del 10.1.2000) all’art.19 ha stabilito che tutti i comuni costieri hanno rilevanza turi-

stica e che il periodo di massimo afflusso turistico è fissato dal 1 maggio al 30 settem-

bre. In particolare per i comuni compresi nell’area funzionale sovracomunale 4

(Costiera Amalfitana-Sorrentina ed Isole) è riconosciuta l’economia turistica per l’in-

tero anno.

La violazione delle norme in materia di orari comporta una sanzione amministrati-

va variabile da 516 a 3098 Euro.

l’impresa orafa guida normativa

5. Vendite straordinarie e sottocosto

Le vendite straordinarie (disciplinate dall’art.15 del D.Lgs. 114/98 e, per la

Campania, dall’art.20 della Legge Regionale 1/2000 modificato dalla L. R.

13/2003) comprendono le seguenti fattispecie:

a) vendite di liquidazione;

b) vendite di fine stagione;

c) vendite promozionali.

Le vendite di liquidazione sono effettuate nei seguenti casi: cessazione dell’attività,

cessione di azienda, trasferimento in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali.

Esse possono essere realizzate in qualunque periodo dell’anno per un massimo di

sei settimane, elevato a tredici settimane nei soli casi di cessione, trasferimento, cessa-

zione o chiusura dell’azienda.

E’ obbligatorio inviare comunicazione al comune almeno 15 giorni prima dell’ini-

zio, indicando i motivi, la data di inizio e la durata nonché ogni altro elemento che

può comprovare le motivazioni.

Le vendite di fine stagione (cosiddetti saldi) riguardano, invece, i prodotti di carat-

tere stagionale o di moda, suscettibili di deprezzamento qualora non siano venduti

entro un breve periodo di tempo.

I periodi dei saldi vengono fissati dalle Regioni. In Campania il periodo delle ven-

dite di fine stagione viene fissato dall’Assessore regionale al Commercio almeno 40

giorni prima dell’inizio delle vendite, sentite le Organizzazioni di rappresentanza del

Commercio e dei consumatori.

Le vendite promozionali sono solo parzialmente regolamentate dal Decreto

114/98, il quale si limita a disporre che: esse possono riguardare tutte le merci pre-

senti nell’esercizio, o anche solo una parte di esse; le vendite promozionali vanno

comunque effettuate per periodi di tempo limitato. Per il resto, l’ulteriore regolamen-

tazione di tale tipo di vendite è rimandata alla disciplina delle singole Regioni.

In Campania, le vendite promozionali sono state regolamentate con la citata Legge

Regionale n. 13 del 4 luglio 2003, che ha modificato l’art. 20 della Legge Regionale

1/2000. Le nuove norme stabiliscono che:

• le vendite promozionali e di liquidazione (escluse quelle effettuate per cessazione

l’impresa orafa guida normativa

dell’attività) non possono essere effettuate nel mese di dicembre e nei 40 giorni ante-

cedenti e successivi alle date ufficiali di inizio e fine delle vendite di fine stagione;

• prima di avviare una vendita promozionale, occorre darne comunicazione al

Comune di residenza dell’azienda con raccomandata a.r. in carta libera almeno 10

giorni prima della data prevista per l’inizio della vendita promozionale;

• le vendite promozionali possono avere una durata massima di 4 settimane;

Per quanto riguarda l’esposizione dei prezzi al pubblico, durante tutte le forme di ven-

dite straordinarie le merci devono essere esposte con l’indicazione del prezzo precedente-

mente praticato, del prezzo ribassato e dello sconto relativo espresso in percentuale.

Recentemente il legislatore, con il D.P.R. 6 aprile 2001 n.218 (G.U. n.134 del

12.6.01), è intervenuto a disciplinare anche le vendite sotto costo, vale a dire quelle

effettuate ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto maggiora-

to delle imposte e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al

prodotto medesimo, purchè documentati.

Le vendite sottocosto sono soggette alle seguenti prescrizioni:

• occorre inviare comunicazione al Comune almeno dieci giorni prima dell’inizio;

• possono essere effettuate solo tre volte all’anno con intervalli minimi di venti giorni

salvo che si tratti della prima vendita sottocosto dell’anno;

• non possono avere una durata superiore a dieci giorni;

• il numero delle referenze oggetto della vendita non può essere superiore a cinquanta.

Non sono soggette alle suddette prescrizioni le vendite sottocosto svolte in occasione:

• di ricorrenza con cadenza almeno quinquennale dell’apertura dell’esercizio;

• di apertura di un nuovo esercizio o di ristrutturazione totale dei locali;

• di modifica dell’insegna che incida sul carattere individuante dell’azienda.

• Vi sono inoltre alcuni prodotti per i quali le vendite sottocosto sono esonerate da

tali prescrizioni e limitazioni; tra questi, i prodotti il cui valore commerciale sia

significativamente diminuito a causa di modifiche o innovazioni tecnologiche o

normative attinenti alla loro produzione o commercializzazione, nonché i pro-

dotti non alimentari difettati ma conformi alle norme di sicurezza, o che siano

parzialmente deteriorati da agenti naturali o per fatti imputabili a terzi o acci-

dentali, nonché quelli usati per dimostrazioni, fiere, mostre, prove o che siano

stati concretamente utilizzati prima della vendita.

l’impresa orafa guida normativa

L’esercente ha l’obbligo, nella comunicazione pubblicitaria, di specificare in manie-

ra chiara e precisa i prodotti, i quantitativi e la durata della vendita e di identificare in

modo inequivocabile all’interno del negozio le merci interessate.

6. Rimborso IVA per gli acquisti effettuati da turisti extracomunitari

I viaggiatori residenti o domiciliati fuori del territorio dell’Unione Europea hanno

diritto ad effettuare acquisti nei paesi UE senza il pagamento dell’IVA (come stabilito

dall’art. 38-quater del DPR 633/72, a condizione che:

• i beni acquistati siano trasportati fuori della Comunità entro il terzo mese dall’ef-

fettuazione dell’operazione (in pratica, dalla data di emissione della fattura);

• l’importo minimo degli acquisti, risultante da unica fattura, sia superiore a 154,94

Euro IVA compresa

• i beni siano destinati all’uso personale o familiare dell’acquirente e trasportati fuori

dell’Unione Europea nel suo bagaglio personale; sono ammessi al beneficio anche i

beni inviati al domicilio dell’acquirente con spedizione come “bagaglio non accom-

pagnato”, purché l’acquirente lasci l’Italia con scalo diretto nel proprio paese di

residenza (circolari del Dipartimento delle Dogane n. 280 del 3.12.1998 e n. 171

del 3.8.1999). In questo caso il viaggiatore dovrà stipulare un contratto di traspor-

to con la compagnia aerea, la quale emetterà una Lettera di Trasporto Aereo (LTA)

che riporterà, ai fini dei controlli doganali, la descrizione dei beni trasportati così

come da fattura emessa dal venditore. Per l’emissione della LTA è necessario pre-

sentare alla compagnia l’originale della fattura, che dovrà essere distinta da quella

relativa agli altri beni eventualmente acquistati e trasportati nel bagaglio personale.

E’ inoltre ammesso che il venditore italiano provveda direttamente alla spedizione

dei beni presso il domicilio dell’acquirente, specie nel caso in cui questi prosegua il

viaggio in altro stato membro dell’UE. In questo caso il venditore dovrà provvedere

anche alle formalità doganali.

Il viaggiatore deve esibire, al momento dell’acquisto, il passaporto o documento

equivalente dal quale risultino la residenza o il domicilio fuori dell’Unione Europea.

Per ottenere il beneficio è obbligatorio emettere la fattura, che dovrà riportare gli

estremi del documento dell’acquirente.

l’impresa orafa guida normativa

Lo sgravio dell’IVA, secondo la risoluzione del Ministero delle Finanze n. 207 del-

l’otto ottobre 1997, è applicabile anche ai cittadini italiani residenti o domiciliati in

un Paese non appartenente all’Unione Europea.

Il beneficio può essere fruito nei modi seguenti:

1. Sgravio immediato dell’IVA: il commerciante non applica l’imposta all’atto della

vendita ed emette la fattura senza indicare l’IVA, richiamando in fattura il primo

comma dell’art. 38-quater del DPR 633/72. Il viaggiatore dovrà esibire la merce e

la relativa fattura all’ufficio doganale al momento dell’uscita dal territorio

dell’Unione Europea; la Dogana, constatata la regolarità dell’operazione, apporrà

sulla fattura il visto doganale. L’ufficio doganale che dovrà apporre il visto è quello

del Paese dell’Unione Europea (anche diverso dall’Italia) da cui il viaggiatore parte

per il proprio Paese di residenza, escludendosi la possibilità di ricorrere a visti

apposti da altre Autorità, quali ambasciate o consolati. Il viaggiatore dovrà poi far

pervenire la fattura, munita del visto doganale, al commerciante entro il quarto

mese successivo alla data di effettuazione dell’operazione. Se la fattura non viene

restituita nel termine previsto, il commerciante ha un mese di tempo per regola-

rizzare la vendita, mediante emissione ed annotazione di una nota di variazione

con addebito dell’IVA ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72.

2. Rimborso successivo dell’IVA: il commerciante applica l’imposta ed emette fattu-

ra con IVA rilasciandone un esemplare all’acquirente, il quale dovrà restituire al

commerciante entro il quarto mese dall’effettuazione dall’operazione la fattura

con il visto doganale di uscita, apposta da un ufficio doganale appartenente ad un

Paese comunitario. Al ricevimento della fattura, il venditore dovrà provvedere a

rimborsare l’importo dell’IVA nei modi concordati con l’acquirente. In nessun

caso il rimborso dell’IVA può essere effettuato direttamente dagli uffici doganali.

3. Rimborso mediante società di intermediazione (TAX FREE): alcune società, con-

venzionate con gli esercizi commerciali, offrono il cd. servizio “TAX FREE” che

consente ai viaggiatori di ottenere il rimborso immediato dell’IVA al momento

dell’uscita della merce dal territorio comunitario senza necessità di rispedire la fat-

tura (mediante i cd. “tax free shopping cheques”, rilasciati in alternativa alla fattu-

ra dal venditore italiano all’acquirente, che dovranno essere presentati a cura di

quest’ultimo agli uffici della società “TAX FREE” presenti nei principali aeroporti

l’impresa orafa guida normativa

e valichi di frontiera per il rimborso dell’IVA; il documento, vistato dalla dogana,

dovrà essere restituito al venditore a cura della Società, la quale potrà trasmetterlo

anche per via elettronica, conservando l’originale cartaceo) o, in alternativa, con-

sentono al viaggiatore di ottenere un rimborso più rapido; in quest’ultimo caso il

viaggiatore dovrà spedire la fattura alla società che cura il servizio la quale si occu-

perà del rimborso, senza altri obblighi a carico del venditore.

7. Le garanzie nella vendita dei beni di consumo

Il Decreto Legislativo n. 24 del 2 febbraio 2002 (pubblicato in G.U. n. 57 dell’8

marzo 2002), introducendo nel codice civile gli articoli da 1519 bis a 1519 nonies,

ha fissato nuove regole in materia di garanzie dei beni di consumo, obblighi dei com-

mercianti e diritti dei consumatori.

Le norme sulla garanzia riassunte si applicano esclusivamente ai contratti ed alle

operazioni effettuate tra aziende e consumatori; sono quindi escluse le transazioni tra

aziende ed altri soggetti titolari di partita IVA (imprese o professionisti) che operano

nell’ambito della propria attività imprenditoriale e professionale.

Vediamo in sintesi gli aspetti principali della nuova normativa:

a) Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni che siano conformi alla

descrizione fattane dal venditore, alle caratteristiche descritte nell’etichetta, nei

depliant, nei libretti di accompagnamento o tramite altri mezzi pubblicitari; essi

devono inoltre essere idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso

tipo e presentare le qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo.

b) La garanzia legale dei beni di consumo ha durata minima di due anni e può essere

aumentata ma non ridotta, in quanto ogni clausola contrattuale volta a limitare o

escludere i diritti riconosciuti da tale normativa è nulla; la durata della garanzia

può essere ridotta ad un anno solo per i beni usati, previo accordo tra le parti.

c) Il rivenditore al dettaglio è responsabile nei confronti del cliente del difetto, gua-

sto o non conformità del bene, purché essi si manifestino entro i due anni di

durata della garanzia legale; il rivenditore potrà rivalersi a sua volta, entro un anno

dall’esecuzione della prestazione richiesta dal consumatore (riparazione, sostitu-

zione o altro), sul fornitore o sul produttore del bene difettoso, laddove la respon-

l’impresa orafa guida normativa

sabilità dei difetti ricada su questi ultimi, salvo patti contrari stabiliti tra fornitore

e commerciante al dettaglio; il venditore può, anche dopo la scadenza di un anno

ed anche ove il diritto di rivalsa fosse stato contrattualmente escluso, rivalersi sul

suo dante causa (vale a dire sul soggetto che gli ha fornito direttamente i beni) se

il difetto di conformità è stato causato da quest’ultimo; il venditore potrà farsi

risarcire di tutti i costi sostenuti per soddisfare le richieste del proprio cliente,

comprese le spese di trasporto, manodopera, spedizioni, etc.

d) Il consumatore ha due mesi di tempo dal momento della manifestazione del difetto

per reclamare la riparazione o la sostituzione del bene, o, qualora queste non siano

possibili, la riduzione del prezzo d’acquisto o la rescissione del contratto.

e) Non è più necessario spedire o esibire il documento di garanzia allegato al prodot-

to (a meno che esso non preveda una garanzia aggiuntiva); è sufficiente, quale

prova d’acquisto, lo scontrino.

f ) Il consumatore può liberamente optare, senza spese aggiuntive, per la sostituzione

o la riparazione del bene, oppure, laddove queste siano eccessivamente onerose in

rapporto al valore del bene, per una riduzione del prezzo d’acquisto o la risolu-

zione del contratto.

g) Il venditore deve provvedere alla riparazione o alla sostituzione entro un congruo

termine dalla richiesta (il congruo termine viene stabilito di volta in volta in base

alla natura del bene ed al periodo dell’anno); se ciò non avvenisse il consumatore

può chiedere la risoluzione del contratto o una congrua riduzione del prezzo; nel

determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si dovrà comun-

que tener conto dell’uso eventuale che il consumatore ha fatto del bene.

h) Nei primi sei mesi dalla consegna, si presume che i difetti riscontrati nel bene fos-

sero sussistenti già al momento della vendita, per cui spetta al venditore provare

che il bene non presentava difetti all’atto della vendita; successivamente, l’onere

della prova della non conformità del bene alla consegna spetta all’acquirente, il

quale dovrà provare che il difetto del bene, anche se manifestatosi successivamen-

te, era già esistente al momento della consegna.

i) Il termine di prescrizione della contestazione del difetto è di 26 mesi dalla conse-

gna del bene;

j) Il venditore o il produttore del bene possono volontariamente stabilire, in favore

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del consumatore, una ulteriore garanzia: la cd. “garanzia convenzionale”; tale

garanzia aggiuntiva è vincolante per chi la offre secondo quanto indicato nelle

dichiarazioni di garanzia o nella pubblicità relativa al bene; la garanzia aggiuntiva

non sostituisce e non sospende gli effetti della garanzia legale.

l’impresa orafa guida normativa

l’impresa orafa guida normativa

L’attività commerciale svolta mediante l’utilizzo di un sito web, il cosiddetto

“Commercio elettronico”, si è notevolmente diffuso negli ultimi anni, anche nel set-

tore degli oggetti preziosi.

Ci sembra perciò di particolare utilità riassumere i principali aspetti legali ed

amministrativi relativi al commercio elettronico.

Per inserire nella Rete un proprio sito Web occorre procedere alla registrazione del

dominio (vale a dire l’indirizzo che contraddistingue il sito: www……com, it, net, o

altro), la quale viene generalmente effettuata dalla società che fornisce i servizi per la

realizzazione di un sito Web (il cosiddetto “Provider”).

Il commercio elettronico è attualmente disciplinato dall’art. 18 del Decreto legisla-

tivo 114/98 (cfr. il capitolo dedicato alla normativa per le attività commerciali) che

regola la “vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione”; ulte-

riori indicazioni sono contenute nella circolare del Ministero dell’Industria n.

3487/C del 1 giugno 2000, la quale ha dettato l’interpretazione da applicare alle ven-

dite effettuate tramite commercio elettronico.

Secondo quanto disposto dal predetto articolo per tali tipi di vendite, per avviare

un’attività di commercio elettronico al dettaglio (rivolta cioè al consumatore finale)

occorre darne comunicazione al Comune nel quale si trova la sede legale dell’attività

utilizzando l’apposito modello COM 6 BIS, reperibile presso i Comuni o le

Associazioni di categoria; trascorsi 30 giorni dal ricevimento della comunicazione da

parte del Comune, sarà possibile iniziare l’attività.

La comunicazione va effettuata anche da parte dei commercianti già in possesso di

autorizzazione al commercio al dettaglio che operano in sede fissa, qualora intendano

avviare la vendita via internet.

l’impresa orafa guida normativa

II. Le regole per il commercio elettronico

La sanzione per la mancata comunicazione al Comune va da 2582 a 15493 Euro.

Per effettuare il commercio all’ingrosso non occorre la comunicazione al Comune,

ma solo l’iscrizione al Registro Imprese ed il possesso dei requisiti morali previsti alla

disciplina del commercio.

L’operatore che intende vendere sia al dettaglio che all’ingrosso può utilizzare il

medesimo sito, ma deve destinare aree distinte del sito per l’attività al dettaglio ed

all’ingrosso, in modo che il potenziale acquirente possa distinguere chiaramente le

zone del sito destinate alle due tipologie di vendita.

Per il resto, si applicano le stesse regole che valgono per le vendite a distanza:

• È vietato inviare prodotti al consumatore che non ne abbia fatto specifica richiesta;

• È permesso inviare omaggi e campioni al consumatore solo se non vi siano spese o

vincoli a carico di quest’ultimo;

• Si applicano le disposizioni a tutela dei consumatori in materia di contratti nego-

ziati fuori dei locali commerciali e quelle relative alla protezione dei consumatori

nei contratti a distanza contenute rispettivamente nel D. lgs. 50/1992 e nel D. lgs.

185/1999, nonché le disposizioni previste dal Decreto Legislativo n. 70 del 9 aprile

2003 (pubblicato nel S.O. n. 61/L alla G.U. n. 87 del 14.04.03), tra le quali:

1. Informazioni per il consumatore: nella presentazione dell’offerta devono essere for-

nite al consumatore informazioni chiare e comprensibili sull’identità del fornitore

(di cui vanno indicati: ragione sociale, domicilio o sede legale, telefono, fax e indi-

rizzo di posta elettronica, numero di partita Iva e di iscrizione al Registro imprese)

e sulle caratteristiche essenziali del bene, sul prezzo e sulle spese di consegna, sulle

modalità di pagamento e sul diritto di recesso (questa disposizione viene spesso

soddisfatta, nella prassi corrente, con l’inserimento, nella pagina web nella quale

l’acquirente conferma l’ordinazione, di un link che invia ad una pagina contenen-

te di nuovo le condizioni contrattuali e le garanzie per i consumatori). Prima o al

momento dell’esecuzione del contratto, le informazioni di cui sopra vanno con-

fermate per iscritto; in questa fase il consumatore ha diritto di ottenere informa-

zioni sulle condizioni e le modalità del diritto di recesso, nonché sulle garanzie

commerciali esistenti ed i connessi servizi di assistenza. Successivamente all’inol-

tro dell’ordine da parte del consumatore, il venditore deve, per via telematica,

inviare al consumatore ricevuta dell’ordine contenente un riepilogo delle condi-

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zioni contrattuali, le informazioni essenziali sul bene acquistato, sul prezzo, sui

mezzi di pagamento, sul recesso, sui costi di consegna e gli eventuali tributi appli-

cabili.

2. Modalità di esercizio del diritto di recesso, spese e rimborsi : l’acquirente può esercita-

re il diritto di recesso a mezzo raccomandata A.R entro 10 giorni dal ricevimento

dei beni o dalla conclusione del contratto (in caso di fornitura di servizi), o a par-

tire dalla data di adempimento degli obblighi informativi di cui al punto 1 da

parte del fornitore, se successivo. Il termine sale a tre mesi, se il fornitore non ha

adempiuto agli obblighi informativi Le sole spese dovute per l’esercizio del diritto

di recesso sono quelle di restituzione del bene, che va riconsegnato nei tempi pre-

visti dal contratto, non inferiori a 10 giorni lavorativi dalla consegna del bene. Il

fornitore è tenuto a rimborsare le somme versate dal consumatore come corrispet-

tivo del bene entro 30 giorni.

3. Esecuzione del contratto : il contratto concluso va eseguito entro 30 giorni dal gior-

no successivo a quello in cui il consumatore ha trasmesso l’ordinazione.

4. Informazioni commerciali : le comunicazioni commerciali devono contenere una

informativa che chiarisca in modo inequivocabile la natura commerciale della

comunicazione e che indichi inoltre la ditta o società che effettua la comunicazio-

ne, le condizioni offerte laddove si tratti di una proposta promozionale e le condi-

zioni di partecipazione, laddove si promuova un concorso a premi; le comunica-

zioni commerciali non sollecitate devono contenere l’indicazione che il destinata-

rio può opporsi al loro ricevimento in futuro.

Per quanto riguarda la licenza di Pubblica Sicurezza, essa è necessaria per chiunque

voglia vendere oggetti preziosi via Internet. I commercianti di oggetti preziosi già in

possesso della licenza di P.S. non hanno ovviamente bisogno di richiedere una nuova

licenza, qualora esercitino l’attività di commercio elettronico con la medesima ragio-

ne sociale con la quale svolgono la normale attività commerciale.

Coloro che effettuano la sola intermediazione, senza inserirsi nell’attività di com-

mercializzazione, (ad es. coloro che raccolgono le ordinazioni via Internet per poi

mettere in contatto i clienti con le ditte fornitrici degli oggetti preziosi) non devono

munirsi della licenza di P.S. ex art. 127 TULPS (commercio e fabbricazione oggetti

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preziosi) ma di quella ex art. 115 TULPS ( agenti di affari e mediatori). (Circ. Min.

Interno n. 559/C 10908-12020 del 24.05.2000).

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1. La Licenza di Pubblica Sicurezza

I commercianti, i mediatori e i fabbricanti di oggetti preziosi hanno l’obbligo di

munirsi della licenza di Pubblica Sicurezza, rilasciata dalla Questura della provincia

ove ha sede l’impresa, secondo quanto stabilito dall’art. 127 del Testo Unico delle

Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS – Regio Decreto n. 773 del 18 giugno 1931).

Gli orafi iscritti all’albo delle imprese artigiane, i cesellatori, gli incastratori di pietre

preziose e gli esercenti mestieri ed arti affini sono stati esonerati dall’obbligo del pos-

sesso della licenza di P.S. in base all’art. 16 del Decreto Legislativo 112/98, che ha

modificato l’art. 127 del TULPS.

Gli artigiani orafi sono esentati dal possesso della licenza anche quando esercitino

la vendita al dettaglio di oggetti di propria produzione nei locali di produzione od a

essi contigui, come confermato dalla circolare telegrafica del Ministero dell’Interno

19 aprile 2001 n. 559/C.10908-12020 (2).

Se invece essi esercitano la vendita al dettaglio di oggetti anche non di propria pro-

duzione, dovranno munirsi della licenza di P.S. per il commercio di oggetti preziosi.

Pertanto, solo i fabbricanti non iscritti all’albo delle imprese artigiane sono tenuti al

possesso della licenza di P.S.

La licenza è personale ed è intestata al titolare della ditta individuale ovvero al lega-

le rappresentante della società o a persona delegata dalla stessa.

In caso di trasferimento della sede o cambio di ragione sociale, la licenza va modifi-

cata.

La licenza è valida per tutte le unità locali (esercizi di vendita o laboratori) apparte-

nenti alla medesima persona o ditta, anche se ubicati in località diverse. In ogni unità

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III. Adempimenti speciali per le aziende orafe

locale va conservata una copia della licenza, con l’annotazione, effettuata dalla

Questura, della sede per la quale è rilasciata e delle generalità dell’institore ( cioè colo-

ro che sono preposti dal titolare all’esercizio di una impresa commerciale). Se le unità

locali sono ubicate in province diverse da quella ove ha sede l’unità principale, la

copia deve essere vistata dalla Questura nella cui giurisdizione si trova la succursale

(art. 245 del Regolamento di esecuzione del TULPS – Regio Decreto n. 635 del 6

maggio 1940).

I rappresentanti di commercio non sono tenuti al possesso della licenza; essi devo-

no comunque essere muniti di copia vistata dalla Questura, riportante generalità e

qualifiche dei rappresentanti, della licenza appartenente alla ditta rappresentata (art.

243 R.D. 635/1940). L’obbligo non sussiste per i rappresentanti di case estere.

La licenza è obbligatoria anche per quei commercianti per i quali la vendita di

oggetti costituiti in tutto o in parte di metalli preziosi è attività occasionale o accesso-

ria alla principale, come ad es. i rivenditori di articoli da regalo che trattano argente-

ria. Si tenga presente che alcune Questure rilasciano, su richiesta, licenze riservate

esclusivamente alla vendita di oggetti in argento.

Essa è inoltre obbligatoria per i fabbricanti e i commercianti di articoli con monta-

ture o guarnizioni in metalli preziosi, come gli articoli di ottica, cartoleria, bigiotteria,

etc. Sono esentati solo i fabbricanti e commercianti di penne stilografiche nelle quali

l’impiego di metalli preziosi è limitato al pennino (art. 244 R.D. 635/1940).

La licenza può essere rilasciata per la sola produzione o il commercio di oggetti pre-

ziosi, oppure per entrambi. I soggetti che svolgono sia la produzione che il commer-

cio di preziosi sono tenuti a dotarsi di licenza che comprenda entrambe le attività. A

questo riguardo, va segnalato che:

• I commercianti al dettaglio che esercitano anche l’attività di produzione o ripara-

zione di oggetti preziosi (qualora quest’ultima comporti la trasformazione di ogget-

ti usati o la produzione di parti degli oggetti in sostituzione di componenti deterio-

rate) devono dotarsi anche della licenza per la fabbricazione.

• Secondo il Ministero dell’Interno, i fabbricanti che esercitano la vendita diretta

degli oggetti preziosi, presso la propria sede, a grossisti e dettaglianti devono

munirsi anche della licenza per il commercio di oggetti preziosi, qualora invece si

avvalgano di propri rappresentanti sarà sufficiente che questi ultimi siano in posses-

l’impresa orafa guida normativa

so di copia della licenza di P.S. della ditta rappresentata, vistata dalla Questura (circ.

Ministero dell’Interno - Dip. Pubblica Sicurezza n. 559/C.26260.12020 (2) del 4

maggio 1998).

• I commercianti che trattano esclusivamente oggetti preziosi usati devono essere in

possesso della licenza di P.S. per il commercio. E’ quanto precisato dal Ministero

dell’Interno con nota n. 557/B.21661.12020(2) del 12 febbraio 2003, ribaltando il

parere espresso nella nota del 12 marzo 2002, che aveva invece escluso l’obbligo

della licenza di P.S. per questa categoria di operatori.

La licenza di P.S. va richiesta al Questore della provincia ove si intende aprire l’atti-

vità; l’istanza può essere presentata anche al commissariato di Polizia o comando

Carabinieri competente per territorio.

Oltre a svolgere gli accertamenti in merito ai requisiti di onorabilità dei richiedenti,

le Autorità di Pubblica Sicurezza possono richiedere l’adozione di idonei sistemi di

prevenzione e protezione in funzione antirapina ed impartire prescrizioni sulle carat-

teristiche dell’esercizio al fine di assicurarne la vigilabilità da parte delle forze di poli-

zia e facilitarne l’opera di prevenzione del crimine.

La licenza ha natura permanente; essa non è più soggetta a rinnovo annuale in

seguito all’entrata in vigore del D.P.R. 28 maggio 2001 n. 311, il quale, introducen-

do all’art. 2 una deroga all’art. 13 del TULPS, ha stabilito il carattere permanente

delle autorizzazioni di P.S. salvo differenti disposizioni legislative nazionali o regiona-

li. Tale interpretazione della norma è stata confermata dal Ministero dell’Interno con

la nota n. 557/B.23741.12020(2) del 23 novembre 2001.

La trasformazione della durata della licenza da annuale a permanente ha suscitato

dubbi in ordine alla prosecuzione dell’obbligo di versare la tassa di concessione gover-

nativa per il rinnovo annuale della licenza di P.S. , prevista dall’art. 7 della tariffa

annessa al D.P.R 641/72.

Tale obbligo pare escluso, in quanto è venuto meno il presupposto della tassa, vale

a dire il rinnovo della licenza di P.S.. In questo senso si sono chiaramente espresse, tra

gli altri, la Direzione regionale della Liguria (nota n. 43777/2001 del 18.01.2002) e

la Direzione provinciale di Trento (nota n. 26674/2001/UB del 17.12.2001)

dell’Agenzia delle Entrate.

Si ritiene perciò di poter affermare, pur non essendo intervenuta, alla data di pub-

l’impresa orafa guida normativa

blicazione del presente volume, una pronuncia definitiva del Ministero

dell’Economia e delle Finanze, che la tassa per il rinnovo delle licenze non sia più

dovuta.

È tuttora dovuta, invece, la tassa di concessione governativa per il rilascio della

licenza di P.S., che ammonta a 309,87 Euro per la licenza di fabbricazione e a 206,58

Euro per la licenza di commercio.

Il mancato possesso della licenza di P.S. è stato depenalizzato dal Decreto legislativo

507/99 (art. 54) ed è punito con la sanzione amministrativa da 258 a 1549 Euro.

2. Il Registro di Pubblica Sicurezza - acquisti di preziosi da privati

I fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, i cesellatori, i riparato-

ri, gli incastratori di pietre preziose gli esercenti industrie o arti affini hanno l’obbligo

di tenere in azienda il registro di pubblica sicurezza sul quale annotare i dati relativi

agli acquisti di oggetti preziosi usati da privati (art. 128 TULPS). L’obbligo sussiste

anche per le categorie che non sono più tenute al possesso della licenza di P.S. (fab-

bricanti iscritti all’albo delle imprese artigiane, cesellatori, incastratori, etc.).

Il registro ha lo scopo di permettere alle Autorità di polizia, in caso di controllo, di

verificare la provenienza degli oggetti preziosi usati detenuti a qualsiasi titolo da parte

degli operatori del settore orafo.

Il registro deve essere numerato e bollato ad ogni pagina a cura dell’Autorità di

Pubblica Sicurezza o dall’Ufficio del Registro, e deve essere esibito ad ogni richiesta

del personale di P.S.

Sul registro vanno indicate, di seguito e senza spazi in bianco:

• Le generalità, il domicilio e gli estremi del documento del venditore;

• La data dell’operazione;

• La descrizione della merce acquistata, in ordine alla natura, quantità e qualità;

• Il prezzo pattuito. A questo riguardo, è consigliabile far firmare il venditore sul

registro di fianco all’annotazione del prezzo onde evitare contestazioni su di esso;

ricordiamo che il prezzo di acquisto dell’oggetto deve essere adeguato a quello di

mercato, onde evitare ogni contestazione in merito ai reati di ricettazione o incauto

acquisto.

l’impresa orafa guida normativa

Vanno annotati sul registro solo gli oggetti preziosi ceduti da privati, e non quelli

ceduti da altre aziende, per i quali fa fede la documentazione fiscale.

Va precisato che ogni oggetto acquistato da privati è da considerarsi “usato”.

Ricordiamo inoltre che, ai sensi del primo comma dell’art. 128 TULPS, gli operatori

orafi possono acquistare oggetti preziosi da privati solo se questi ultimi sono forniti di

un documento di identità valido, di cui è opportuno conservare la fotocopia allegan-

dola al registro.

Gli oggetti acquistati non possono essere rivenduti o trasformati prima che siano

passati dieci giorni dall’acquisto.

Successivamente l’oggetto può essere rivenduto, trasformato oppure avviato alla

fusione:

• Se venduto a privato, andranno annotati sul registro i medesimi dati previsti per

l’acquisto;

• Se venduto ad altro imprenditore, sarà sufficiente emettere fattura, secondo la nor-

mativa vigente; è tuttavia opportuno annotare sul registro gli estremi della fattura;

• Se fuso o trasformato presso l’esercizio, occorre annotare la dizione “fuso” o “tra-

sformato” sul registro;

• Se fuso o trasformato presso altra azienda non è obbligatoria alcuna annotazione,

ma è comunque consigliabile annotare gli estremi del documento di trasporto del-

l’oggetto insieme alla dizione “fuso” o “trasformato”.

Il registro può inoltre essere utilizzato per la gestione delle riparazioni di oggetti

appartenenti a privati e per la gestione di merce consegnata in visione o per essere

posta in vendita da parte di privati.

Il registro può essere tenuto anche su supporto informatico ( Circ. Min. Interno n.

559/C.27003 - 12982.D(17) del 15 gennaio 1997), purché vengano rispettate le

seguenti condizioni:

• I dati da inserire nel registro devono essere stampati su supporto cartaceo a conclu-

sione di ogni operazione;

• Per la stampa si possono utilizzare sia carta a modulo continuo che fogli staccati;

ogni singola pagina deve essere però preventivamente bollata e numerata dall’auto-

rità di pubblica sicurezza, la quale deve inoltre attestare il numero totale delle pagi-

ne sull’ultima di esse;

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• I fogli devono essere custoditi in appositi raccoglitori ed esibiti su richiesta del per-

sonale di P.S.; essi vanno conservati per almeno 5 anni.

La sanzione amministrativa per il mancato possesso del registro va da Euro 155 a

Euro 1032 (art. 17-bis del TULPS, introdotto dal D.Lgs. 480/94).

3. Gestione delle riparazioni

Come già accennato nel paragrafo precedente, il registro di P.S. degli acquisti degli

oggetti usati può essere utilizzato anche per annotare i dati relativi agli oggetti consegnati

dai clienti per effettuare riparazioni o trasformazioni; sul registro andranno indicati:

• Le generalità, il domicilio e gli estremi del documento del venditore;

• La data dell’operazione;

• La descrizione degli oggetti, in ordine alla natura, quantità e qualità;

• La descrizione dell’intervento da effettuare;

• Il numero del documento di trasporto, se gli oggetti sono inviati ad un laboratorio

esterno.

In alternativa al registro è possibile utilizzare le cosiddette “buste di riparazione”, con-

sistenti in una serie di schede stampate in triplice copia su carta chimica, rilegate tra

loro, che devono riportare tutti i dati sopra indicati, la ragione sociale della ditta nonché

le condizioni generali relative agli interventi di riparazione. La prima copia sarà rilascia-

ta al cliente, la seconda accompagnerà l’oggetto nelle sue fasi di lavorazione e la terza

resterà al titolare dell’esercizio, per essere esibita ad ogni richiesta del personale di P.S.

Le “buste di riparazione”, il cui utilizzo è stato a più riprese approvato al Ministero

dell’Interno, in ultimo con la nota della Prefettura di Roma n. 35/Sett. 1B/P.A. del

11.07.1997, devono essere numerate progressivamente e vidimate dalla Questura.

4. Verifica periodica delle bilance

La verifica periodica degli strumenti di misura è finalizzata all’accertamento della

loro affidabilità e buon funzionamento, a tutela della fede pubblica, ed al controllo

dell’integrità dei sigilli ed etichette previsti dalla legge.

Tutte le aziende che esercitano il commercio di preziosi devono iscriversi nei ruoli

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comunali degli utenti metrici, presentando domanda al Comune o alla circoscrizione

di appartenenza.

Le bilance utilizzate in azienda devono essere sottoposte ad una prima verificazione

periodica entro 60 giorni dalla loro prima utilizzazione, e successivamente ogni tre

anni dalla data dell’ultima verifica.

Coloro che aprono nuovi esercizi sono ugualmente tenuti a sottoporre a verifica i

propri strumenti di pesatura entro 60 giorni dall’apertura ed a iscriversi nel ruolo egli

utenti metrici.

La verifica è eseguita a cura della Camera di Commercio – Ufficio Metrico, alla

quale si dovrà rivolgere l’istanza per la verifica.

La verifica può essere eseguita presso la Camera di Commercio (in questo caso l’e-

sercente dovrà portare le bilance presso gli uffici della Camera) oppure presso l’eserci-

zio del richiedente (in tal caso il richiedente dovrà effettuare un versamento a fronte

della visita domiciliare, a beneficio della Camera di Commercio.

In caso di esito positivo, il personale della Camera di Commercio applicherà sulla

bilancia una targhetta autoadesiva e non rimuovibile, indicante la scadenza della veri-

ficazione periodica.

Se l’esito è negativo, lo strumento non potrà essere utilizzato per l’attività commer-

ciale; contro il responso negativo si può proporre ricorso gerarchico al Segretario

Generale della Camera di Commercio. Se il personale camerale dispone l’aggiusta-

mento delle bilance, esse potranno essere detenute dall’esercente in attesa delle ripara-

zioni, ma non potranno essere utilizzate e dovranno essere sottoposte a nuova verifi-

cazione dopo che siano state riparate.

La verificazione deve inoltre essere richiesta dall’esercente ogni qualvolta vi siano

riparazioni o modifiche agli strumenti che comportano la rimozione della targhetta

apposta in sede di verifica.

Ricordiamo che gli esercenti sono tenuti:

• a garantire il corretto funzionamento degli strumenti di pesatura, conservando

tutta la relativa documentazione;

• a mantenere integra la targhetta di verificazione periodica ed ogni altro sigillo pre-

sente sullo strumento;

• a non utilizzare strumenti non conformi, o comunque difettosi.

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1. Cambio merce

In caso di restituzione della merce al dettagliante da parte del cliente e sostituzione

di essa con altra merce, il venditore (se il valore della merce presa in sostituzione è

maggiore di quella che si intende sostituire) dovrà emettere un nuovo scontrino fisca-

le che riporterà la somma da restituire al cliente come rimborso per restituzione di

merce venduta.

Lo scontrino dovrà indicare l’importo totale dei beni acquistati in sostituzione, il

corrispettivo pagato in precedenza da sottrarre dall’importo totale, e la somma dovuta

dal cliente, risultante dalla sottrazione dell’importo da rimborsare dal totale dovuto.

Tale procedura è indicata nella risoluzione n. 154 del 5 ottobre 2001 emanata

dall’Agenzia delle Entrate, che ha precisato le modalità di applicazione dell’art. 12 del

decreto del Ministro delle Finanze 23 marzo 1983, modificato dall’art. 8 del D.M.

30 marzo 1992, laddove stabilisce che lo scontrino fiscale deve indicare anche “even-

tuali rimborsi per restituzione di vendite”.

È opportuno conservare l’originale o la copia dello scontrino precedentemente

emesso per la merce restituita unitamente allo scontrino emesso all’atto del cambio

merce, onde evitare contestazioni in caso di verifica fiscale.

Se l’importo dei beni presi in sostituzione dal cliente è pari a quello dei beni per i

quali si richiede la sostituzione, non sarà necessario emettere un nuovo scontrino,

potendosi usare quello emesso in precedenza.

Se i beni in sostituzione sono di minor valore di quelli precedentemente acquistati,

si potrà consegnare al cliente un “buono-acquisto” da spendere in futuro, utilizzando,

per l’emissione dello scontrino, il medesimo procedimento precedentemente descritto:

in pratica, quando il cliente utilizzerà il buono l’esercente emetterà un nuovo scontri-

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IV. Adempimenti fiscali per il settore orafo

no sottraendo dal corrispettivo del bene acquistato in quel momento l’importo già

pagato precedentemente dal cliente. Quando invece il dettagliante rimborsa integral-

mente al cliente il prezzo di un bene restituito, è consentito emettere uno scontrino

fiscale “negativo”. Lo prevede la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 219/E del

5.12.2003. Si può ricorrere allo “scontrino negativo” solo in caso di rimborso integrale

del prezzo di acquisto e non in caso di sostituzione dei beni. Inoltre, l’emissione dello

“scontrino negativo” è subordinata all’apertura di una pratica di reso contenente i dati

ed i documenti relativi all’operazione di vendita del bene restituito e recante un nume-

ro di identificazione che andrà riportato sullo scontrino unitamente alla causale “rim-

borso per restituzione vendita”. Lo “scontrino negativo” andrà annotato in diminuzio-

ne nel registro dei corrispettivi. Inoltre, nello scontrino di chiusura giornaliero emesso

il giorno in cui si effettuato il rimborso dovrà restare traccia dell’operazione.

2. Vendita di beni usati acquistati da privati

Il Decreto Legge 23 febbraio 1995, convertito in legge dalla L. n. 85 del 22 marzo

1995, stabilisce che “Per il commercio di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello

stato originario previa riparazione, nonché degli oggetti d’arte, degli oggetti d’antiquariato e

da collezione (…) acquistati presso privati nel territorio dello Stato o in quello di altro Stato

membro dell’Unione Europea, l’imposta relativa alla rivendita è commisurata alla differen-

za tra il prezzo dovuto dal cessionario del bene e quello relativo all’acquisto, aumentato delle

spese di riparazione e di quelle accessorie.”

In pratica, l’IVA relativa alla vendita di un oggetto prezioso acquistato da un privato

si calcola non sull’intero prezzo di vendita, bensì sulla differenza tra quest’ultimo ed il

costo di acquisto maggiorato dell’eventuale costo della riparazione. Ad esempio, se un

dettagliante acquista un oggetto da un privato per 1000 Euro e ne spende 300 per ripa-

rarlo o trasformarlo, rivendendolo poi a 2000 Euro, l’importo su cui calcolare l’IVA

sarà di 2000 - 1300 = 700 Euro.

3. Il Conto visione

Il cd. “Conto visione” indica una prassi molto diffusa tra le aziende orafe: un sog-

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getto (grossista o fabbricante) consegna la propria merce ad un altro soggetto (com-

merciante all’ingrosso o al dettaglio), il quale potrà poi decidere se acquistarla o resti-

tuirla, in tutto o in parte.

Il Conto visione si configura come un contratto atipico che, secondo la dottrina

prevalente in materia tributaria, rientra nella fattispecie del “contratto estimatorio”

ovvero in quella del “contratto di vendita con effetti traslativi sospesi”.

Nel caso in cui il contratto di conto visione venga considerato come “contratto

estimatorio”, la cessione dei beni si considera effettuata all’atto della vendita degli

stessi a terzi, oppure per i beni non restituiti, alla scadenza del termine di restituzione

stabilito tra le parti (Dpr 633/72 art. 6 comma 2 lett. d). La fatturazione da parte del

cedente dei beni oggetto del contratto dovrà avvenire entro il mese successivo a quel-

lo di effettuazione dell’operazione, vale a dire entro il mese successivo alla vendita dei

beni a terzi o alla scadenza del termine di restituzione.

Laddove il contratto di conto visione venga considerato come “contratto di vendita

con effetti traslativi sospesi”, la cessione dei beni al soggetto che li ha ricevuti in

conto visione si considera effettuata nel momento in cui viene meno la sospensione

dell’effetto traslativo della vendita; la fatturazione, in questo caso, dovrà coincidere

col momento della cessione.

4. Beni consegnati da privati per la vendita

Quando un privato consegna un oggetto prezioso ad un commerciante al dettaglio

affinché egli lo ponga in vendita nel suo esercizio, dovrà essere sottoscritta da entram-

bi i soggetti una lettera di deposito che dovrà riportare in maniera chiara:

• L’incarico a vendere conferito al dettagliante da parte del privato, in nome e per

conto proprio;

• Il prezzo di vendita dei beni, con un eventuale minimo garantito;

• Il corrispettivo di spettanza del dettagliante in caso di vendita, che potrà consistere

in una percentuale del prezzo di vendita oppure in una cifra fissa;

• La descrizione degli oggetti preziosi;

• La durata del mandato, che non potrà essere superiore ad un anno.

Onde evitare la presunzione di acquisto in caso di verifiche fiscali, oltre alla conser-

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vazione della lettera di deposito il commerciante dovrà annotare le merci ricevute nel

registro delle merci in deposito o in conto vendita.

Alla vendita del bene, il commerciante non emetterà fattura o scontrino (in quan-

to, ai fini fiscali, è il privato che cede il bene) bensì una quietanza dell’importo rice-

vuto a nome del privato.

Il commerciante emetterà poi fattura nei confronti del privato (entro il mese suc-

cessivo a quello in cui è stata effettuata l’operazione) che gli ha dato l’incarico di ven-

dere l’oggetto per il compenso relativo all’attività di intermediazione. La fattura potrà

essere emessa al momento del pagamento di tale compenso. Unitamente alla fattura,

si potrà emettere lo scontrino, in modo da poter registrare l’importo ricevuto nel

registro dei corrispettivi, e non solo in quello elle fatture emesse.

5. Il Conto Lavorazione

Il sistema del “conto lavorazione” è un meccanismo utilizzato da numerose aziende

di commercio all’ingrosso ed al dettaglio di oggetti preziosi, le quali acquistano oro

fino esente da IVA da soggetti autorizzati ai sensi della Legge 7/2000, per consegnar-

lo in conto lavorazione ai propri fornitori o direttamente a laboratori orafi dai quali

riceveranno poi i prodotti finiti; in tal modo potranno pagare l’IVA sul solo costo

della manifattura e non anche su quello della materia prima. Si ricorda che l’IVA va

comunque indicata in fattura secondo il metodo del “reverse charge” da parte del

soggetto che acquista l’oro fino (vedi il capitolo sulla disciplina IVA dell’oro nel pre-

sente volume).

L’oro fino può essere consegnato, da parte del commerciante, o al laboratorio che

lo trasformerà in prodotto finito o al grossista che provvederà a trasmetterlo ai labora-

tori. In ogni passaggio, l’oro dovrà sempre essere accompagnato da documento di tra-

sporto recante la causale “conto lavorazione”.

I vantaggi di tale sistema sono evidenti se si considera che, su un ipotetico importo

complessivo della merce finita di 50.000 Euro, di cui 40.000 Euro corrispondono al

costo della materia prima e 10.000 Euro a quello della manifattura, l’IVA andrà cal-

colata sul solo importo di 10.000 Euro e non su quello complessivo di 50.000 Euro.

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La normativa riguardante i titoli ed i marchi di identificazione dei metalli preziosi è

stata riordinata dal Decreto Legislativo 22 maggio 1999 n. 251 (pubblicato in

Gazzetta Ufficiale n. 180 del 3.8.1999) e dal suo regolamento di attuazione (Dpr 30

maggio 2002 n. 150, in G.U. n. 173 del 25 luglio 2002), che hanno abrogato e sosti-

tuito la precedente legislazione in materia (Legge 46/1968 e Dpr 1496/70).

Ne riassumiamo di seguito i contenuti di maggiore interesse, rimandando, per un

esame complessivo della normativa, al testo integrale dei due provvedimenti, che

riportiamo in appendice al presente capitolo.

1. I metalli preziosi ed i titoli legali

I metalli preziosi di cui si tratta nella presente normativa sono: oro, argento, plati-

no e palladio.

I metalli preziosi, le loro leghe e gli oggetti in metallo prezioso devono portare

impresso il titolo in millesimi ed il marchio di identificazione del produttore o

importatore.

Il marchio ed il titolo vanno impressi prima che le materie prime o gli oggetti ven-

gano posti in commercio. E’ vietato porre in vendita oggetti privi dell’indicazione del

titolo e del marchio, con le eccezioni più avanti indicate.

I titoli legali ammessi sono:

per l’oro, 750 (e titoli superiori), 585, 375 millesimi;

per l’argento, 925 (e titoli superiori), 800 millesimi;

per il platino, 950 (e titoli superiori), 900 e 850 millesimi;

per il palladio, 950 (e titoli superiori), 500 millesimi.

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V. La disciplina dei titoli e dei marchi dei metalli preziosi

Non sono ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati, tranne che per gli ogget-

ti in platino e palladio massiccio (5 millesimi) e quelli in platino o palladio a saldatu-

ra semplice (10 millesimi).

La produzione di oggetti con titoli diversi da quelli indicati è ammessa per l’espor-

tazione in paesi in cui tali titoli siano legali.

Per quanto riguarda gli oggetti importati, occorre distinguere tra:

• Oggetti importati da paesi non facenti parte dell’Unione Europea o dello spazio

economico europeo: devono recare, oltre all’indicazione del titolo legale in millesi-

mi, anche il marchio di responsabilità del fabbricante estero ed il marchio di identi-

ficazione dell’importatore; laddove però gli oggetti portino un marchio di respon-

sabilità del fabbricante depositato e riconosciuto in Italia o nello spazio economico

europeo, possono non recare il marchio dell’importatore, purché lo Stato di prove-

nienza degli oggetti accordi analogo trattamento agli oggetti prodotti in Italia.

• Oggetti prodotti nei paesi appartenenti all’Unione Europea ed allo Spazio

Economico Europeo: sono esentati dall’obbligo di recare il marchio dell’importato-

re, purché portino il marchio di responsabilità del produttore previsto dalla norma-

tiva del paese d’origine, oltre naturalmente all’indicazione del titolo.

2. Il marchio di identificazione

Tutti coloro che producono o importano oggetti in metallo prezioso o vendono

lingotti, verghe, laminati, profilati, semilavorati in genere in metallo prezioso devono

dotarsi del marchio di identificazione, iscrivendosi a registro degli assegnatari dei

marchi tenuto presso le Camere di Commercio.

Sono tenuti al possesso del marchio anche gli operatori che effettuano, quale atti-

vità principale o accessoria, la riparazione di oggetti preziosi qualora quest’ultima

comporti la trasformazione di oggetti usati o la produzione di parti degli oggetti in

sostituzione di componenti deteriorate.

L’obbligo del marchio sussiste inoltre per quegli operatori che effettuano la fusione

di oggetti usati per ricavarne lingotti o verghe da rivendere a terzi.

L’obbligo del possesso del marchio non sussiste invece per coloro che eseguono

lavorazioni che non alterano il metallo costituente l’oggetto, come la pulitura, la luci-

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datura, l’incassatura di pietre preziose, il montaggio, o la riparazione di oggetti usati

effettuata senza aggiungere componenti nuovi all’oggetto o intervenire sul metallo.

I titolari di marchio possono autorizzare, per iscritto e sotto la propria responsabilità,

altri fabbricanti dotati di marchio che partecipano al processo produttivo su loro com-

missione ad apporre il marchio di fabbrica del committente sugli oggetti commissionati.

Per ottenere la concessione del marchio occorre presentare domanda in bollo alla

Camera di Commercio - Ufficio Metrico (si ricorda che gli Uffici Metrici sono stati

accorpati alle Camere di Commercio, le quali ne hanno assunto le competenze), alle-

gando copia della licenza di P.S. (ad esclusione delle imprese artigiane, che non vi

sono tenute) ed effettuando un versamento del seguente importo:

• Imprese artigiane e laboratori annessi ad aziende commerciali: 64,56 euro;

• Aziende industriali con meno di 100 dipendenti: 258,23 Euro

• Aziende industriali con più di 100 dipendenti: 516,46 Euro

La concessione del marchio è soggetta a rinnovo annuale da effettuarsi entro il 31 gen-

naio di ogni anno. Per ottenere il rinnovo, occorre presentare istanza in bollo alla

Camera di Commercio - Ufficio Metrico - ed effettuare un versamento di importo pari

alla metà di quello previsto per il rilascio del marchio. Il mancato pagamento della tassa

di rinnovo comporta il ritiro del marchio e la cancellazione dal registro degli assegnatari

dei marchi. Eventuali ritardi nel pagamento comportano l’applicazione dell’indennità di

mora pari ad un dodicesimo del diritto annuale per ogni mese o frazione di ritardo.

Entro e non oltre due mesi dalla data di presentazione della domanda, la Camera

di Commercio assegna il numero del marchio e fa eseguire le matrici con l’impronta

del marchio. Dalle matrici vengono ricavati i punzoni con l’impronta dei marchi;

l’allestimento dei punzoni si effettua presso la Camera di Commercio (previa apposi-

ta istanza in bollo e versamento dei relativi diritti) oppure, su richiesta, presso l’azien-

da o laboratorio idoneo, alla presenza di personale della Camera di Commercio. I

punzoni resi inservibili dall’uso devono essere restituiti alla Camera di Commercio. Il

furto o lo smarrimento dei punzoni devono essere comunicati alla Camera di

Commercio entro 48 ore.

Il marchio deve recare il numero di identificazione del produttore od importatore e

la provincia ove ha sede legale l’impresa. Alle imprese che svolgono la propria attività

in più sedi è assegnato un unico marchio.

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Il marchio di identificazione resta attribuito all’impresa anche in caso di variazione

degli intestatari della licenza di pubblica sicurezza.

Il trasferimento della proprietà dell’impresa comporta il trasferimento del marchio

al subentrante, purché questi sia in possesso della licenza di P.S. (se richiesta) e comu-

nichi alla Camera di Commercio entro trenta giorni i seguenti dati: denominazione e

sede legale dell’azienda, le generalità del titolare dell’impresa o della licenza di P.S.,

sede delle eventuali filiali e stabilimenti dell’azienda.

Vi sono alcune esenzioni dall’obbligo del marchio di identificazione e del titolo; tra

queste, segnaliamo:

a) gli oggetti di peso inferiore ad un grammo, purché contenuti, all’atto della vendi-

ta dal produttore all’acquirente (grossista o dettagliante), in involucro sigillato

accompagnato da documento (fattura, documento di trasporto o certificato di

garanzia) con l’indicazione del produttore o importatore, del titolo e delle caratte-

ristiche generali dell’oggetto. Anche l’involucro deve riportare la descrizione del-

l’oggetto. I dettaglianti devono conservare il documento, l’involucro ed i sigilli

fino ad esaurimento della merce.

b) Gli oggetti di antiquariato, purché accompagnati da fattura di acquisto o certifi-

cato di autenticità redatto da esperti iscritti negli albi camerali.

c) Gli oggetti usati non di antiquariato in possesso delle aziende commerciali, pur-

ché regolarmente descritti nel registro dei beni usati previsto dall’art. 128 del testo

unico delle leggi di pubblica sicurezza.

d) Monete coniate dalla Zecca di Stato o corrispondenti Istituti esteri.

e) Medaglie ed oggetti preziosi fabbricati dalla Zecca.

Gli oggetti destinati all’esportazione fuori dello Spazio economico europeo possono

essere prodotti senza marchio di identificazione; anche gli oggetti destinati alla com-

mercializzazione nello Spazio economico europeo possono essere prodotti senza il

marchio, purché rispettino le norme del paese di destinazione.

3. Semilavorati

Quando gli oggetti preziosi sono realizzati a cura di vari fabbricanti, ognuno dei

quali realizza solo una parte dell’oggetto (semilavorati), il titolo ed il marchio di iden-

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tificazione saranno apposti dal fabbricante che immette l’oggetto in commercio. In

questo caso i semilavorati privi di marchio dovranno essere scambiati in involucri

chiusi e sigillati accompagnati da documenti (fattura, documento di trasporto o certi-

ficato) con l’indicazione del titolo, del produttore e delle caratteristiche degli oggetti.

I semilavorati privi di marchio possono essere oggetto di scambio solo tra soggetti

titolari di marchio.

4. Il marchio tradizionale di fabbrica e le “Griffes”

Le imprese possono apporre sugli oggetti preziosi, oltre al marchio di identificazio-

ne, un proprio marchio tradizionale di fabbrica, previa istanza alla Camera di

Commercio; esso può essere inserito nel punzone recante il marchio di identificazio-

ne, sempre con la necessaria autorizzazione della Camera di Commercio.

È inoltre consentito apporre sugli oggetti preziosi sigle identificative, nominativi o altre

dizioni indicate dai committenti degli oggetti, come nel caso di aziende che non dispon-

gono di un proprio marchio di identificazione ma intendono comunque commercializza-

re oggetti con la propria Griffe, realizzati in laboratori autorizzati; anche in questo caso

occorre darne comunicazione alla Camera di Commercio, affinché questa possa verificare

se tali marchi non possano ingenerare equivoci con i titoli ed i marchi di identificazione.

5. Aziende commerciali dotate di laboratorio

Le aziende commerciali dotate di un proprio laboratorio per la fabbricazione di

oggetti preziosi che esercitano prevalentemente la vendita di oggetti di fabbricazione

altrui (come la maggior parte dei dettaglianti provvisti di laboratorio) possono otte-

nere la concessione del marchio di identificazione. La concessione del marchio è

subordinata alla verifica, da parte della Camera di Commercio, dell’idoneità alla fab-

bricazione di oggetti preziosi del laboratorio. Riguardo ai requisiti considerati neces-

sari per stabilire se un laboratorio è o meno idoneo alla produzione di preziosi, va

segnalata la circolare n. 330665 del 21 marzo 1981 emanata dal Ministero

dell’Industria - Divisione XII - Ufficio Centrale Metrico, ai cui criteri gli Uffici

Provinciali Metrici si sono generalmente attenuti. La circolare ministeriale considera,

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quale requisito essenziale per stabilire l’idoneità alla fabbricazione di oggetti preziosi

di un laboratorio, la possibilità di effettuare lavorazioni che determinano il titolo

degli oggetti, e quindi la capacità di fondere o trasformare i metalli. Pertanto, il

Ministero ritiene indispensabile la presenza in laboratorio, unitamente al banco da

orafo con gli utensili caratteristici, di “un qualunque mezzo o fonte di calore atto a fon-

dere o saldare i metalli” e di “una bilancia di portata e sensibilità, o valore di divisione,

tale da assicurare la preparazione di leghe o l’impiego di quantità di saldature conformi a

quanto richiesto dalle disposizioni vigenti in materia di titoli e relative tolleranze”.

6. Obblighi dei commercianti

I commercianti all’ingrosso ed al dettaglio hanno l’obbligo di controllare, all’atto

dell’acquisto della merce, l’effettiva corrispondenza di essa a quanto riportato nei

documenti di accompagnamento, ed inoltre la presenza e leggibilità sugli oggetti del

titolo e del marchio di identificazione.

Ricordiamo che il rivenditore è sempre responsabile verso l’acquirente dell’esattezza

del titolo degli oggetti venduti; egli può comunque rivalersi verso il produttore o il

grossista che gli ha ceduto gli oggetti. Per promuovere l’azione di rivalsa, il commer-

ciante deve essersi accertato, all’atto dell’acquisto, che gli oggetti rechino in maniera

leggibile il marchio di identificazione del produttore, ed inoltre deve conservare la

documentazione fiscale attestante la provenienza degli oggetti. Si ricorda che la messa

in commercio di oggetti dal titolo inferiore a quello dichiarato, oltre alle sanzioni

amministrative previste dall’art. 25 del Decreto 251/1999, configura il reato di frode

nell’esercizio del commercio.

È proibito ai commercianti, sia all’ingrosso che al dettaglio, di tenere in azienda

oggetti privi del marchio e del titolo legale, esclusi gli oggetti usati e di antiquariato,

purché questi ultimi siano riportati sul registro dei beni usati. Gli oggetti preziosi

usati che non possono essere considerati pezzi d’antiquariato devono comunque reca-

re i marchi previsti dalle leggi precedentemente in vigore, vale a dire la legge 305/34 e

la legge 46/68. Gli oggetti di antiquariato, per essere considerati tali, devono essere

accompagnati da fattura d’acquisto o altro documento e da perizia effettuata da peri-

to iscritto all’albo della Camera di Commercio.

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Il divieto di detenere oggetti privi di marchio non vale per i commercianti titolari

di laboratorio e marchio di identificazione, limitatamente agli oggetti in corso di

lavorazione ed ai semilavorati.

Ricordiamo che gli oggetti privi dell’indicazione del titolo o del marchio sono pas-

sibili di sequestro da parte degli organi di controllo.

I commercianti al dettaglio hanno inoltre l’obbligo di esporre al pubblico un car-

tello indicante, in maniera chiara e leggibile, i titoli in millesimi degli oggetti com-

mercializzati (vedi il modello riportato in basso). In caso di presenza di oggetti

importati, occorre esporre anche una tabella di comparazione riportante i titoli e

marchi differenti da quelli previsti per gli oggetti prodotti in Italia.

7. Oggetti placcati, dorati, argentati e in bilaminato

È vietato imprimere l’indicazione del titolo in millesimi o in carati, nonché il mar-

chio di identificazione del produttore, sugli oggetti dorati, placcati o argentati. Tali

oggetti non possono essere denominati e posti in vendita come articoli di “gioielle-

ria”, “oreficeria” o “argenteria”.

È consentito esclusivamente, sugli oggetti di metallo comune rivestiti in oro, apporre

il termine “dorato”, “placcato” o “laminato” seguito dal simbolo Au; i termini “placca-

to” o “laminato” possono essere apposti, seguiti dai rispettivi simboli Ag (argento), Pt

(platino), Pd (palladio), sugli oggetti rivestiti in argento, platino o palladio.

Gli oggetti realizzati con la tecnica del “bilaminato” (vale a dire quelli consistenti di

una lamina di metallo prezioso, perlopiù argento, applicata su una lastra di metallo

comune e lavorata insieme a questa con la tecnica dello stampaggio) possono recare

esclusivamente: la sigla della provincia ove ha sede il produttore, il simbolo del metal-

lo prezioso, l’indicazione in cifra della massa di metallo fino arrotondata al grammo e

seguita dal simbolo “g”, la sigla indicante il numero corrispondente al marchio di

identificazione del produttore. Anche gli oggetti in bilaminato non possono recare il

titolo in millesimi né l’impronta del marchio di identificazione del fabbricante, né

possono essere qualificati come oggetti di “oreficeria” o “argenteria”.

Gli oggetti di sostanze non metalliche con rivestimenti in metalli preziosi ottenuti

mediante deposizione elettrogalvanica possono recare un particolare marchio di fab-

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brica, le cui caratteristiche sono definite dall’art. 36 comma 2 del regolamento (Dpr

n. 150 del 30 maggio 2002 - vedi in appendice al presente capitolo).

8. Oggetti di fabbricazione mista

Gli oggetti costituiti da parti da metalli preziosi e parti in altre sostanze o metalli

devono riportare titolo e marchio di identificazione. Le parti in metallo comune

devono essere chiaramente distinguibili o smontabili dalle parti in metallo prezioso, e

recare l’indicazione “M” oppure “Metallo”, o il nome el metallo o della lega impiega-

ta, o, per l’acciaio, la dicitura “inox”.

Negli oggetti cavi in metallo prezioso è vietato introdurre altre sostanze o metalli,

con l’eccezione degli oggetti rivestiti con lamina in metallo prezioso, dei basamenti di

vasi, coppe, candelabri, etc. o dei manici dei coltelli, nei limiti e con le modalità defi-

nite all’art. 39 comma 2 del regolamento (vedi in appendice).

Negli oggetti dotati di congegni a molla, le molle devono essere realizzate nello

tesso metallo costitutivo dell’oggetto, con le eccezioni definite dall’art. 40 del regola-

mento (anellini a molla, moschettoni con molle, braccialetti estensibili, portasigaret-

te, accendisigari, casse da orologio, etc.).

9. I controlli su produttori e commercianti

Al personale delle Camere di Commercio (generalmente si tratta del personale tecni-

co già appartenente agli Uffici metrici) è demandato il compito di effettuare visite ispet-

tive presso laboratori di produzione ed aziende di commercio di preziosi al fine di:

a) accertare l’esattezza del titolo dichiarato per le materie rime e del titolo legale dei

semilavorati e degli oggetti finiti. A tale scopo essi possono prelevare campioni da

sottoporre a saggio nei laboratori abilitati.

b) verificare i marchi di identificazione, controllarne l’autenticità e la loro idoneità

all’uso.

Il personale delle Camere di Commercio, nell’espletamento dei suoi compiti ispet-

tivi, gode della qualifica di polizia giudiziaria. Solo il personale con tale qualifica può

eseguire il prelevamento dei campioni. Il personale ispettivo deve essere dotato di una

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speciale tessera di identificazione munita di fotografia, rilasciata dalla Camera di

Commercio di appartenenza.

Il personale ispettivo può effettuare visite non preannunciate e può entrare liberamen-

te durante l’orario di apertura nei locali aziendali adibiti alla produzione, al deposito ed

alla vendita di oggetti preziosi, anche con l’ausilio della forza pubblica, se necessario.

Gli ispettori possono accedere in azienda anche in assenza del titolare o legale

rappresentante. In questo caso però i campioni non potranno essere prelevati

immediatamente; essi dovranno essere chiusi in plichi sigillati e dati in consegna

alla persona che in quel momento ha in affidamento l’azienda. I plichi dovranno

essere recapitati alla Camera di Commercio a cura dell’azienda nel termine dispo-

sto dall’ispettore.

Del prelevamento dei campioni viene redatto un verbale indicante il peso, il valore,

le caratteristiche ed il marchio di identificazione degli oggetti prelevati. Il titolare del-

l’azienda sottoposta ad ispezione può far inserire proprie dichiarazioni nel verbale.

Egli può inoltre asportare dagli oggetti prelevati le eventuali pietre preziose.

I risultati degli esami sono riportati in appositi certificati, di cui l’azienda può otte-

nere copia.

I campioni e gli oggetti prelevati, in caso di esito positivo degli esami, vengono

restituiti all’azienda.

Nel caso che il titolo riscontrato non sia conforme a quello dichiarato, la Camera

di Commercio applica le sanzioni amministrative previste dall’art. 25 del Decreto

251/1999 e trasmette il rapporto concernente le violazioni al Questore.

In caso di recidiva, alle sanzioni amministrative si aggiunge la sospensione dall’atti-

vità per un periodo da un minimo di 15 giorni ad un massimo di 6 mesi.

10. Certificazione e Laboratori di analisi

Oltre ai certificati rilasciati in seguito alle analisi disposte dalla Camera di

Commercio nel corso delle sue attività ispettive, i fabbricanti possono richiedere cer-

tificazioni aggiuntive, da ottenersi presso laboratori abilitati a rilasciare tali certifica-

zioni. Il laboratorio dovrà, dopo il rilascio della prima certificazione, svolgere periodi-

camente presso il fabbricante ulteriori controlli sugli oggetti prodotti.

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Solo le certificazioni rilasciate da laboratori abilitati hanno valore ufficiale e sono

opponibili a terzi.

I laboratori abilitati gestiti da privati possono inoltre effettuare le analisi sui metalli

per conto della Camera di Commercio, che questa fa effettuare nell’espletamento

della sua attività di vigilanza (vedi par. precedente).

I laboratori che intendono effettuare l’attività di certificazione devono richiedere

l’abilitazione alle Camere di Commercio, la quale accerta i requisiti tecnici e profes-

sionali del laboratorio. A tal fine la Camera di Commercio designa un ispettore,

iscritto in un elenco di ispettori tecnici per la qualità tenuto dalle Camere di

Commercio. L’ispettore ha innanzitutto il compito di verificare la documentazione

relativa alle attrezzature ed alla dotazione organica del personale del laboratorio

richiedente l’abilitazione. Accertata la correttezza della documentazione, l’ispettore ne

informa la Camera di Commercio che provvede a stabilire, sentito il laboratorio, a

stabilire la data della visita ispettiva da parte dell’ispettore. Entro 60 giorni dalla

prima visita ispettiva, se questa ha dato buon esito e se sono state eliminate eventuali

non conformità, la Camera di Commercio concede l’abilitazione.

A garanzia dell’indipendenza del laboratorio, il titolare ed i dipendenti non devono

svolgere attività di lavorazione o commercio di preziosi in proprio o per terzi, né ese-

guire analisi se non per conto del laboratorio stesso. Essi sono inoltre tenuti al rispet-

to del segreto professionale.

I responsabili tecnici dei laboratori devono possedere la laurea, o titolo equivalente,

in chimica oppure diploma di perito tecnico.

La Camera di Commercio dispone visite ispettive periodiche, con cadenza annuale,

nel laboratori abilitati, per la conferma dell’abilitazione. Al termine di ogni visita è

redatto, a cura dell’ispettore, un rapporto che viene trasmesso alla Camera di

Commercio. In base al rapporto la Camera di Commercio decide per la conferma

dell’abilitazione.

I costi relativi alle procedure di abilitazione e di conferma della stessa sono a carico

dei laboratori.

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CCAAPPOO III METALLI PREZIOSI E LORO TITOLI LEGALI

Art. 1.1. I metalli preziosi considerati ai fini del presente decreto sono i seguenti: platino, palladio, oro e argento.

Art. 2.1. I metalli preziosi e le loro leghe devono portare impresso il titolo in millesimi del fino contenuto ed il

marchio di identificazione, secondo quanto prescritto dalle norme contenute nei successivi articoli.2. È vietato l’uso di marchi di identificazione diversi da quelli stabiliti dal presente decreto.

Art. 3.1. Il titolo del metallo prezioso contenuto nell’oggetto deve essere espresso in millesimi.2. I titoli legali da garantire a fusione, per ogni parte degli oggetti, sono i seguenti:

per il platino, 950, 900 e 850 millesimi;per il palladio, 950 e 500 millesimi;per l’oro, 750, 585, 375 millesimi;per l’argento, 925 e 800 millesimi.

3. È ammesso qualsiasi titolo superiore al più alto indicato per ciascuno dei metalli di cui al comma 2.4. Non sono ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati relativi alle materie prime in oro, argento,

platino e palladio, nonché sui titoli legali ad eccezione dei seguenti casi:a) negli oggetti di platino a saldatura semplice è ammessa una tolleranza di 10 millesimi; negli

oggetti di palladio massiccio e di pura lastra è ammessa una tolleranza di 5 millesimi;b) negli oggetti di platino a saldatura semplice è ammessa una tolleranza di 10 millesimi; negli

oggetti di palladio a saldatura semplice è ammessa una tolleranza di 10 millesimi;c) per gli oggetti in oro eseguiti col metodo della fusione in cera persa, con iniezione centrifuga, è

ammesso il titolo legale 753 con la tolleranza di 3 millesimi.5. Le modalità per il riconoscimento delle caratteristiche costruttive dell’oggetto sono fissate dal rego-

lamento di applicazione previsto dall’articolo 27, di seguito denominato regolamento. Tale regola-mento indica anche i metodi ufficiali di analisi per la determinazione del titolo, da applicare ai finidel presente decreto, e la misura massima dell’errore ammissibile in sede delle analisi medesime.

Art. 4.1. Gli oggetti in metallo prezioso fabbricati e posti in commercio nel territorio della Repubblica deb-

bono essere a titolo legale e portare impresso il titolo stesso ed il marchio di identificazione.

Art. 5.1. Gli oggetti in metallo prezioso legalmente prodotti e commercializzati nei Paesi membri dell’Unione

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Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 2511

Disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi,

in attuazione dell’articolo 42 della legge 24 aprile 1998, n. 128

1. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3 agosto 1999, n. 180, serie generale.

europea o dello Spazio economico europeo, per essere posti in commercio sul territorio dellaRepubblica, sono esentati dall’obbligo di recare il marchio di identificazione dell’importatore a con-dizione che rechino l’indicazione del titolo in millesimi e del marchio di responsabilità previsto dallanormativa del Paese di provenienza o, in sostituzione di quest’ultimo, di una punzonatura avente uncontenuto informativo equivalente a quello del marchio prescritto dal presente decreto e comprensi-bile per il consumatore finale.

2. Gli oggetti in metallo prezioso importati da Paesi che non siano membri dell’Unione europea odella Spazio economico europeo per essere posti in commercio nel territorio della Repubblica, devo-no essere a titolo legale, recarne l’indicazione in millesimi, riportare il marchio di responsabilità delfabbricante estero ed il marchio di identificazione dell’importatore previsto all’articolo 7.

3. Gli oggetti in metallo prezioso, quando rechino già l’impronta del marchio di responsabilità previ-sto dalla normativa di uno Stato estero non appartenente alla Unione europea o allo Spazio econo-mico europeo, nel quale tale marchio sia obbligatorio e garantisca il titolo del metallo, e che siadepositato in Italia o nello Spazio economico europeo, possono non recare il marchio di identifica-zione dell’importatore, allorché risulti che lo Stato estero di provenienza accordi analogo trattamen-to agli oggetti fabbricati in Italia e in esso importati e sempreché i titoli garantiti ufficialmente sianocorrispondenti o superiori a quelli previsti dal presente decreto.

4. Al fine di garantire una corretta informazione al consumatore, sono fissate nel regolamento le carat-teristiche della tabella di comparazione da esporre in maniera chiara da chiunque vende al dettagliogli oggetti disciplinati dal presente articolo, che riportano titoli e marchi differenti da quelli previstiper gli oggetti di produzione italiana.

Art. 6.1. È consentita la produzione di oggetti con titoli diversi da quelli stabiliti con il presente decreto sia ai

fini dell’esportazione fuori dello Spazio economico europeo sia di commercializzazione nei Paesidello Spazio economico europeo, semprechè tali titoli siano previsti dalla normativa di quel Paese.

CCAAPPOO IIIIMARCHIO DI IDENTIFICAZIONE

Art. 7.1. Per ottenere il marchio di identificazione, i fabbricanti, gli importatori ed i venditori di metalli pre-

ziosi ne fanno richiesta nella domanda prevista dall’articolo 14, comma 2, unendo alla medesima laquietanza di versamento del diritto di saggio e marchio di L. 125.000 se trattasi di aziende artigianeiscritte all’albo delle imprese artigiane o di laboratori annessi ad aziende commerciali e di L.500.000 se trattasi di aziende industriali. Il diritto è raddoppiato per quelle aziende industriali cheimpiegano oltre cento dipendenti.

2. La concessione del marchio è soggetta a rinnovazione annuale previo pagamento di un diritto diimporto pari alla metà di quelli indicati nel comma 1, da versarsi entro il mese di gennaio di ognianno alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che di seguito è denominatacamera di commercio.

3. Nei confronti degli inadempienti si applicherà l’indennità di mora pari ad un dodicesimo del dirittoannuale per ogni mese o frazione di mese di ritardo nel pagamento del diritto.

4. Qualora il pagamento non venga effettuato entro l’anno la camera di commercio provvede al ritirodel marchio di identificazione ed alla cancellazione dal registro di cui all’articolo 14, comma 1, dan-done comunicazione al questore, affinché sia provveduto al ritiro della licenza di pubblica sicurezza.

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Art. 81. Le caratteristiche del marchio di identificazione sono indicate nel regolamento.2. Nell’impronta del marchio sono contenuti il numero atto ad identificare il produttore od importa-

tore e la sigla della provincia dove questi risiede.3. Il numero caratteristico da riprodurre sul marchio di identificazione è assegnato dalla camera di

commercio competente.4. La cifra indicante il titolo dei metalli preziosi, espressa in millesimi, deve essere racchiusa in figure

geometriche le cui forme e dimensioni sono indicate nel regolamento.5. Per le materie prime e gli oggetti di platino e di palladio l’impronta del titolo deve essere, rispettiva-

mente, seguita dai simboli Pt e Pd.6. I marchi di identificazione e le indicazioni dei titoli devono essere impressi su parte principale del-

l’oggetto.7. Per gli oggetti che non consentono una diretta marchiatura, questa sarà impressa su piastrina dello

stesso metallo dell’oggetto e ad esso unito mediante saldatura dello stesso metallo.8. Gli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi devono portare, quando ciò sia tecni-

camente possibile, l’impronta del titolo su ciascuno dei metalli componenti; in caso contrario leimpronte sono apposte sul metallo di peso prevalente.

9. Gli oggetti costituiti da più parti smontabili, non vincolate da saldature, devono portare il marchiodi identificazione e l’impronta del titolo su ciascuna di tali parti, con le eccezioni che, per ragionitecniche, saranno previste dal regolamento.

10. Salvo i casi previsti dall’articolo 15, è fatto divieto di introdurre, all’interno degli oggetti, metallinon preziosi, mastice ed altre sostanze.

Art. 91. I marchi tradizionali di fabbrica, o sigle particolari, sono ammessi, in aggiunta al marchio di identi-

ficazione, ma non devono contenere alcuna indicazione atta a ingenerare equivoci con i titoli ed ilmarchio medesimo.

Art. 101. La camera di commercio non oltre due mesi dalla data di presentazione della richiesta di cui all’arti-

colo 14 assegna al richiedente il numero caratteristico del marchio e fa eseguire le matrici recanti leimpronte del marchio stesso. Con il regolamento sono definiti criteri e modalità di stampa dellematrici, tali da garantire sicurezza e uniformità su tutto il territorio nazionale.

Art. 111. Le matrici vengono depositate presso le camere di commercio competenti per territorio.2. I titolari dei marchi provvedono, secondo le modalità del regolamento di esecuzione del presente

decreto, alla fabbricazione di punzoni contenenti le impronte dei marchi stessi, nel numero di esem-plari occorrenti, ricavabili dalle matrici di cui al comma 1.

3. Detti punzoni devono essere muniti, a cura della camera di commercio, dello speciale bollo aventele caratteristiche previste dal regolamento.

4. I marchi di identificazione resi inservibili dall’uso devono essere rimessi alle camere di commercioper la deformazione che viene effettuata con le modalità previste dal regolamento.

Art. 121. Non sono soggetti all’obbligo del marchio di identificazione e dell’indicazione del titolo ma devono

essere garantiti con le modalità che saranno stabilite dal regolamento:

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a) gli oggetti di peso inferiore ad un grammo;b) i semilavorati ed i lavori in metalli preziosi e loro leghe per odontoiatria;c) gli oggetti di antiquariato;d) i semilavorati e le loro leghe, oggetti e strumenti per uso industriale;e) gli strumenti ed apparecchi scientifici;f ) le monete;g) le medaglie e gli altri oggetti preziosi fabbricati dalla Zecca, che, in luogo del marchio di cui

all’articolo 8, saranno contrassegnati dal marchio speciale della Zecca medesima;h) gli oggetti usati in possesso delle aziende commerciali;i) i residui di lavorazione;j) le leghe saldanti a base argento, platino o palladio.

2. La prova di oggetto usato deve essere data dalla descrizione dell’oggetto riportata nel registro delle ope-razioni previsto dall’articolo 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regiodecreto 18 giugno 1931, n. 773, e dalla corrispondente fattura redatta dal commerciante acquirente.

3. L’autenticità degli oggetti di antiquariato di cui alla lettera c) deve essere riconosciuta da esperti,iscritti nei ruoli dei periti e degli esperti, presso le camere di commercio.

Art. 131. I metalli e gli oggetti contenenti metalli disciplinati dal presente decreto possono essere sottoposti a

saggio, a richiesta degli interessati, da parte delle camere di commercio, che appongono, sul metalloo sull’oggetto saggiato, apposito marchio con le impronte indicate dal regolamento.

Art. 141. Presso ogni camera di commercio è tenuto il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione

al quale devono iscriversi:a) coloro che vendono platino, palladio, oro e argento in lingotti, verghe, laminati, profilati e

semilavorati in genere;b) coloro che fabbricano od importano oggetti contenenti i metalli di cui alla lettera a).

2. Per ottenere l’iscrizione al registro di cui al comma 1, gli interessati presentano domanda alla cameradi commercio competente per territorio in cui hanno sede legale ed uniscono alla domanda stessacopia della licenza rilasciata dall’autorità di pubblica sicurezza, ai sensi dell’articolo 127 del testounico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e suc-cessive modifiche.

3. Ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articolo 16, la licenza di cui al comma 2 nonè richiesta per coloro che sono iscritti all’albo delle imprese artigiane.

4. Il registro di cui al comma 1, è aggiornato a cura della competente camera di commercio e può esse-re consultato su tutto il territorio nazionale dalla pubblica amministrazione, anche mediante tecni-che informatiche e telematiche. Tale registro è pubblico.

CCAAPPOO IIIIIIOGGETTI PLACCATI, DORATI, ARGENTATI E RINFORZATI

O DI FABBRICAZIONE MISTA

Art. 151. È fatto divieto di imprimere indicazione di titoli in millesimi ed in carati, e comunque di imprimere

altre indicazioni che possano ingenerare equivoci, sugli oggetti di metalli differenti da quelli prezio-si, anche se dorati, argentati, ovvero placcati.

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2. Le indicazioni del titolo ed il marchio sono obbligatorie per gli oggetti costituiti in parte di metallipreziosi, ed in parte di sostanze o metalli non preziosi; in tal caso, su questi ultimi devono essereapposte sigle od iscrizioni atte ad identificarli, secondo quanto stabilito dal regolamento.

3. Lo stesso obbligo di cui al comma 2 sussiste nei casi particolari, precisati dal regolamento, di oggettiin metalli preziosi che, per gli usi cui sono destinati e per esigenze di ordine tecnico, richiedanointroduzione, nel loro interno, di mastice od altre sostanze non preziose, in deroga al disposto di cuiall’articolo 8.

4. Per tali oggetti il regolamento stabilisce, altresì, le modalità con cui le sostanze estranee devono esse-re, anche quantitativamente, identificate.

CCAAPPOO IIVVRESPONSABILITÀ, SISTEMI DI CERTIFICAZIONE VIGILANZA E SANZIONI

Art. 161. Il rivenditore risponde verso il compratore dell’esattezza del titolo dichiarato, salvo l’azione di rivalsa.

Art. 171. titolari di marchi di identificazione, previa autorizzazione scritta e sotto la propria responsabilità,

possono far apporre il proprio marchio di identificazione ad altri soggetti titolari di marchi di iden-tificazione, che partecipano al processo produttivo.

Art. 181. I laboratori che effettuano il saggio degli oggetti in metallo prezioso e rilasciano le relative certifica-

zioni del titolo devono essere abilitati dalle camere di commercio o appartenere alle stesse o a loroaziende speciali.

2. Tali laboratori devono offrire garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico professionale voltain particolare al settore orafo argentiero per la determinazione del titolo dei metalli preziosi.

3. La domanda di abilitazione è presentata alla camera di commercio competente per territorio, ed ècorredata della documentazione comprovante:a) la dotazione organica del personale addetto al laboratorio con le relative qualifiche professionali;b) l’attrezzatura del laboratorio destinato alle operazioni di saggio dei singoli metalli preziosi, per i

quali viene richiesta l’abilitazione.4. Il personale del laboratorio abilitato è tenuto ad osservare le seguenti prescrizioni:

a) divieto di esercitare, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi oin collaborazione o società con terzi, qualsiasi attività di commercio o lavorazione nel settore deimetalli preziosi;

b) divieto di eseguire, in proprio, nel laboratorio al quale è addetto, analisi e ricerche che non sianoper conto del laboratorio stesso;

c) rispetto del segreto professionale. 5. La vigilanza ed il controllo sui laboratori abilitati volti a verificare l’osservanza dei suddetti requisiti

sono esercitati dalle camere di commercio competenti per territorio, secondo le modalità stabilitenel regolamento.

Art. 191. Allo scopo di garantire la conformità alle disposizioni del presente decreto, sono ammesse certifica-

zioni aggiuntive.2. A tal fine il fabbricante o il suo mandatario ha facoltà di richiedere apposita certificazione rilasciata

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da un laboratorio di cui all’articolo 18, oppure da un organismo di certificazione accreditato a livel-lo comunitario in base alle normative tecniche vigenti che risulti rivolto al settore produttivo deimetalli preziosi.

3. I criteri per l’individuazione degli organismi di certificazione di cui al comma 2 sono stabiliti nelregolamento.

4. Ai sensi del presente articolo i laboratori e gli organismi di certificazione svolgono periodicamente pressoil fabbricante controlli sugli oggetti pronti per la vendita. Le modalità di tali controlli, mediante prelievidi campioni di oggetti ed i relativi esiti delle analisi di saggio, sono stabilite nel regolamento.

Art. 201. Agli effetti dell’articolo 57 del codice di procedura penale, il personale delle camere di commercio,

durante l’espletamento e nei limiti del servizio per l’applicazione delle norme del presente decreto,sono ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

2. Per l’identificazione, il personale suddetto deve essere dotato di una speciale tessera munita di foto-grafia rilasciata dalla camera di commercio di appartenenza.

Art. 211. Il personale della camera di commercio effettua visite ispettive anche non preannunciate. A tal fine

ha facoltà di accesso nei locali adibiti alla produzione, al deposito ed alla vendita di materie prime edi oggetti contenenti metalli preziosi, allo scopo di:a) prelevare campioni di materie prime portanti impressi il titolo dichiarato, di semilavorati ed

oggetti di metalli preziosi finiti, già muniti di marchio e pronti per la vendita, per accertare l’e-sattezza del titolo dichiarato per le materie prime e del titolo legale per i semilavorati e gli ogget-ti finiti mediante saggi da eseguirsi presso i laboratori di cui all’articolo 18;

b) verificare l’esistenza della dotazione di marchi di identificazione; c) controllare le caratteristiche di autenticità dei marchi e la loro perfetta idoneità all’uso;

2. Del prelevamento di cui alla lettera a), che può essere effettuato solo da personale con qualifica diufficiale di polizia giudiziaria, viene redatto verbale in presenza del proprietario o di persona, che,nell’occasione, lo rappresenti.

3. Il verbale deve specificare, tra l’altro, il peso, il valore, le caratteristiche ed il marchio di identificazio-ne dell’oggetto e della materia prima lavorata.

Art. 221. Ai fini dell’articolo 21 i saggi sono eseguiti con i metodi prescritti dal regolamento, non danno

luogo ad indennizzo ed i risultati devono essere indicati in appositi certificati.

Art. 231. I campioni e gli oggetti prelevati per il saggio ed i residui dei campioni e degli oggetti stessi sono

restituiti al proprietario se risultano rispondenti a quanto prescritto dal presente decreto.

Art. 241. È fatto divieto ai produttori, importatori e commercianti di vendere oggetti in metalli preziosi

sprovvisti di marchio di identificazione e di titolo legale.2. È fatto altresì divieto ai commercianti di detenere oggetti di metalli preziosi pronti per la vendita

sprovvisti di marchio e del titolo legale di cui al comma precedente.3. Il divieto di cui ai commi 1 e 2 non riguarda gli oggetti di cui all’articolo 5, e quelli elencati all’arti-

colo 12.

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4. I semilavorati su cui non è possibile effettuare la punzonatura del marchio di identificazione e del titolopotranno formare oggetto di scambio solo tra operatori muniti di marchio di identificazione, purchésiano contenuti in involucri sigillati portanti il marchio di identificazione e l’indicazione del titolo.

Art. 251. Salva l’applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto costituisca reato,

per le violazioni delle norme del presente decreto si applicano le seguenti sanzioni:a) chiunque produce, importa e pone in commercio o detiene materie prime ed oggetti di metalli

preziosi senza aver ottenuto l’assegnazione del marchio, ovvero usa marchi assegnati ad altri adeccezione di quanto previsto all’articolo 17, ovvero usa marchi non assegnati o scaduti o ritiratio annullati è punito con sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 3.000.000. La stessa san-zione si applica anche a chi pone in commercio o detiene per la vendita materie prime ed ogget-ti di metalli preziosi privi di marchio di identificazione o di titolo, ovvero muniti di marchiilleggibili e diversi da quelli legali;

b) chiunque produce materie prime ed oggetti di metallo prezioso il cui titolo risulti inferiore aquello legale impresso, è punito con sanzione amministrativa da L. 600.000 a L. 6.000.000;

c) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita materie prime od oggetti di metallo pre-zioso il cui titolo risulti inferiore a quello legale impresso, è punito con la sanzione amministra-tiva da L. 150.000 a L. 1.500.000, salvo che dimostri che egli non ne è il produttore e che glioggetti non presentano alcun segno di alterazione;

d) chiunque fabbrica, pone in commercio o detiene per la vendita oggetti di metalli comuni conimpresso un titolo, anche diverso da quelli previsti dal presente decreto, oppure con indicazioniletterali o numeriche che possono confondersi con quelle indicate dal presente decreto, è punitocon la sanzione amministrativa da L. 60.000 a L. 600.000;

e) chiunque smarrisce uno o più marchi di identificazione e non ne fa immediata denuncia allacamera di commercio è punito con la sanzione amministrativa da L. 60.000 a L. 600.000.

2. La sanzione di cui al comma 1, lettera d) si applica altresì nei casi di inosservanza alle disposizioni dicui all’articolo 8, commi 6, 7, 8, 9 e 10, all’articolo 9, all’articolo 11, comma 4, all’articolo 15,all’articolo 24, commi 3 e 4, nonché di quelle stabilite dal regolamento.

3. Copia del rapporto concernente taluna delle violazioni alle disposizioni del presente decreto è tra-smessa al Questore.

Art. 261. Salvo i casi di particolare tenuità, qualora il fatto costituisca reato, alla condanna penale consegue la

pubblicazione della sentenza a norma dell’articolo 36 del codice penale.2. In caso di recidiva, ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 99 e seguenti del codice penale ove

applicabili, alla sanzione consegue la sospensione dall’esercizio della attività di produzione o commer-cio di materie prime od oggetti di metalli preziosi per un periodo da un minimo di 15 giorni ad unmassimo di 6 mesi. Nella determinazione del periodo di sospensione dall’esercizio dell’attività si tieneconto del periodo di sospensione eventualmente eseguito, per i medesimi fatti, a norma dell’art. 10 deltesto unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

Art. 271. Entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente della

Repubblica, su proposta del Ministro per l’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto conil Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentiti il Comitato centralemetrico ed il Consiglio di Stato, sarà emanato il regolamento di applicazione del presente decreto.

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2. Nelle more dell’emanazione del suddetto regolamento, si applica il regolamento approvato con decretodel Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1496 e successive modifiche ed integrazioni.

Art. 281. Sono abrogate la legge 30 gennaio 1968, n. 46, ed ogni altra disposizione diversa o contraria a quel-

le contenute nel presente decreto.

Art. 291. Fino al prodursi dell’efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri attuativo del

decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articoli 20 e 50, le funzioni conferite alle camere di com-mercio con il presente decreto continuano ad essere esercitate dagli uffici metrici provinciali.

Art. 301. Il presente decreto entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.2. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti nor-

mativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

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CCAAPPOO IIDEFINIZIONI

Art. 1.1. Agli effetti del presente regolamento si intende:

a) per “ddeeccrreettoo”, il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251;b) per “mmeettaallllii pprreezziioossii”, il platino, il palladio, l’oro e l’argento;c) per “mmaatteerriiee pprriimmee”, i metalli preziosi puri e le loro leghe nelle seguenti forme:

1) i lingotti, i pani, le verghe, i bottoni, i granuli ed in genere ogni prodotto ricavato da fusione;2) i laminati ed i trafilati, in lamine, barre, fili ed in genere ogni prodotto predisposto ad ogni

processo di trasformazione;3) i semilavorati di qualsiasi forma e dimensione, e cioè i prodotti di processi tecnologici di qual-

siasi natura meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita non risulta-no diretti ad uno specifico uso o funzione, ma sono destinati ad essere intimamente inseriti inoggetti compositi, garantiti nel loro complesso dal produttore che opera il montaggio;

4) le polveri prodotte con processi di natura chimica o elettrochimica o meccanica;5) le leghe brasanti, ad eccezione delle leghe per saldature “ad argento” destinate ad impieghi

industriali estranei alla lavorazione dei metalli preziosi;d) per “mmaarrcchhiioo ddii iiddeennttiiffiiccaazziioonnee”, il marchio costituito da un’impronta poligonale, recante

all’interno la sagoma di una stella a cinque punte, il numero caratteristico attribuito all’aziendaassegnataria e la sigla della provincia ove la medesima ha la propria sede legale;

e) per “ttiittoolloo” delle materie prime e dei lavori in metalli preziosi, il rapporto in peso tra il fino edil complesso dei metalli componenti la lega;

f ) per “ttoolllleerraannzzee ssuuii ttiittoollii”, le tolleranze sui titoli legali degli oggetti, previste all’articolo 3,comma 4 del decreto;

g) per “eerrrroorrii aammmmeessssii iinn sseeddee ddii aannaalliissii”, l’incertezza di misura dei metodi di analisi;h) per “ccaammppiioonnii dd’’aannaalliissii”, le parti di metallo prelevato dalla materia prima o dal semilavorato o

dall’oggetto, per eseguire il saggio tendente ad accertare l’esattezza del titolo. Tali campioni pos-sono essere costituiti da interi oggetti, quando particolari caratteristiche costruttive o dimensio-nali degli stessi lo richiedono;

i) per “ppeerrssoonnaallee ddeellllaa ccaammeerraa ddii ccoommmmeerrcciioo” il personale ispettivo di cui all’articolo 20 del decreto;l) per “rreeggiissttrroo”, il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione dei metalli preziosi,

tenuto dalle camere di commercio, di cui all’articolo 14 del decreto;m) per “ddiirriittttii ddii ssaaggggiioo ee mmaarrcchhiioo”, i diritti da versare ai sensi dell’articolo 7, commi 1 e 2 del

decreto;n) per “iinnddeennnniittàà ddii mmoorraa”, le indennità previste all’articolo 7, comma 3, del decreto;o) per “ttiippoollooggiiaa pprroodduuttttiivvaa”, la modalità di produzione di un oggetto inerente alla forma finale

ed al tipo di tecnologia impiegata;p) per “llaabboorraattoorrii ddii aannaalliissii”, i laboratori che effettuano il saggio dei metalli preziosi e rilasciano le

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Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.150

Regolamento recante norme per l’applicazione del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, sulla

disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi. (GU n. 173 del 25-7-2002)

relative certificazioni del titolo, di cui all’articolo 18 del decreto;q) per “ssaaggggiioo ffaaccoollttaattiivvoo”, l’analisi delle leghe e degli oggetti contenenti metalli preziosi, richiesta

facoltativamente dagli interessati, ed eseguita dai laboratori di saggio delle camere di commercioo da loro aziende speciali, di cui all’articolo 13 del decreto;

r) per “vveerrbbaallee ddii pprreelleevvaammeennttoo”, il verbale redatto dal personale della camera di commercio, insede di vigilanza, di cui all’articolo 21 del decreto;

s) per “cceerrttiiffiiccaazziioonnee aaggggiiuunnttiivvaa”, la facoltà riconosciuta al fabbricante o suo mandatario, ai sensidell’articolo 19 del decreto, di garantire la conformità dei propri prodotti alle disposizioni dellostesso decreto.

CCAAPPOO IIIII METALLI PREZIOSI E LORO TITOLI LEGALI PRELEVAMENTO DI CAMPIONI,

METODI DI ANALISI

Art. 2.1. L’obbligo del marchio di identificazione e della indicazione del titolo si applica alle materie prime ed

ai lavori in metalli preziosi anche se eseguiti per conto del committente e con materiali da questiforniti.

2. Nelle materie prime contenenti in misura commercialmente valutabile altri metalli preziosi, oltrequello prevalente, all’indicazione del titolo di questo può essere aggiunta anche quella del titolodegli altri metalli preziosi presenti nella lega.

3. Il titolo delle materie prime e dei lavori in metalli preziosi si intende garantito a fusione quando,indipendentemente dalla eventuale eterogeneità della lega o dalla natura composita delle diverseparti dell’oggetto, corrisponde al titolo dichiarato espresso in millesimi.

4. Ai sensi del comma 3 si considera come fino il platino eventualmente presente nelle rispettive leghe.

Art. 3.1. In sede di controllo del titolo, si considera garantito a fusione il titolo della materia prima o dell’og-

getto, determinato con l’osservanza dei metodi di analisi e con le modalità di prelievo dei campionidi analisi di cui agli articoli 7 e seguenti, tenuto conto delle eventuali tolleranze sul titolo nominale edegli errori ammessi in sede di analisi.

Art. 4.1. Gli oggetti in metalli preziosi aventi un titolo effettivo compreso tra due titoli legali rispettivamente

ammessi, sono marchiati con il titolo legale inferiore.2. È ammesso che i lavori in metalli preziosi portino impresso, il titolo effettivo, quando questo risulta

superiore ai massimi titoli legali rispettivamente consentiti, e cioè di 950/1000 per il platino e il pal-ladio, di 750/1000 per l’oro e di 925/1000 per l’argento.

3. Le materie prime possono essere prodotte a qualsiasi titolo, ma devono recare impressa l’indicazionedel loro titolo reale.

4. Il marchio d’identificazione e l’indicazione del titolo sono impressi sulle materie prime e sugli ogget-ti in metallo prezioso prima di essere posti in commercio.

5. Le materie prime e gli oggetti di metalli preziosi si intendono pronti per la vendita, ad eccezionedell’ipotesi prevista all’articolo 20, comma 1, quando recano impresso il titolo ed il marchio di iden-tificazione ed hanno ultimato il ciclo produttivo o, comunque, quando lasciano la sede del fabbri-cante, importatore o commerciante di materie prime, per essere consegnati all’acquirente.

6. Chiunque vende al dettaglio oggetti di metalli preziosi espone un cartello indicante, in cifre, in

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maniera chiara e ben visibile, i relativi titoli di cui ai commi da 1 a 5.7. La tabella di comparazione di cui all’articolo 5, comma 4, del decreto riporta le informazioni espli-

cative secondo lo schema riportato all’allegato I.

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AAlllleeggaattoo IITABELLA DI COMPARAZIONE PER I TITOLI E I MARCHI

RIPORTATI SU OGGETTI IMPORTATI

Titoli e marchi riportati su oggetti importati

Riproduzione del punzone indicante il titolo

Riproduzione del marchio di responsabilità previstonel paese di provenienza.

Corrispondente titolo legale ammesso in Italia

Specificazione del paese di provenienza e dell’organi-smo, ufficio o altro ente che ha apposto tale marchio.

Art. 5.1. In relazione alla riconosciuta difficoltà di imprimere il prescritto marchio d’identificazione e l’indicazio-

ne del titolo, senza danni, sulle casse da orologio in metallo prezioso, successivamente al montaggio diqueste o all’introduzione in esse delle relative macchine, è consentito che le casse da orologio allo statogrezzo siano importate, in temporanea, in territorio nazionale da Paesi che non sono membridell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, per l’apposizione del prescritto marchio diidentificazione dell’importatore.

2. La stessa facoltà è accordata all’importatore di oggetti in metalli preziosi totalmente smaltati, o recantipietre preziose o comunque aventi caratteristiche di fragilità tali da impedirne la marchiatura, respon-sabile della commercializzazione in Italia.

Art. 6.1. La tolleranza di dieci millesimi, è ammessa sul titolo medio, a fusione completa dei lavori in platino,

o in palladio, a saldatura semplice, e cioè per i lavori nei quali le saldature, anche se plurime, sonotutte effettuate con leghe brasanti dello stesso titolo.

2. Sui lavori di cui al comma 1 il titolo della lega costitutiva, saldature escluse, non è inferiore al titolotollerato dall’articolo 3, comma 4, lettera a), del decreto.

3. La tolleranza di 3 millesimi sui lavori in oro eseguiti col metodo della microfusione in cera persacon iniezione centrifuga, è ammessa sui soli oggetti che recano l’indicazione del titolo di 753 mille-simi, applicato con la speciale impronta prevista nell’allegato V di cui all’articolo 16.

4. Il riconoscimento delle caratteristiche costruttive previste dal decreto ai fini dell’eventuale concessio-ne delle tolleranze sul titolo nominale di cui ai commi da 1 a 3, si effettua a vista seguendo i criteriindicati negli stessi commi.

5. In caso di dubbi o di contestazioni sull’esito del riconoscimento a vista di cui al comma 4, in tutti i casiin cui ciò si renda necessario ai sensi del decreto, detto esame è integrato da ulteriori indagini, non esclu-se quelle da effettuare con le modalità di prelievo di campioni di analisi di cui agli articoli 7 e seguenti.

Art. 7.1. Ai fini della costituzione del campione di analisi il quantitativo di metallo da prelevare è tale da con-

sentire per ciascuno di essi, l’esecuzione di almeno quattro saggi, come previsto dall’articolo 44.2. Il prelevamento di campioni di analisi di materie prime, portanti impresso il titolo dichiarato ed il

marchio d’identificazione, tranne che nel caso previsto dall’articolo 20, comma 1, si effettua colmetodo della trapanatura o della cesoiatura o dell’unghiatura in più punti, compatibilmente con lecaratteristiche dimensionali del pezzo, dopo aver pulito le porzioni di superficie prescelte, avendocura che materiali estranei, eventualmente aderenti al metallo prezioso o agli utensili impiegati, nonabbiano a mescolarsi col campione prelevato; per i semilavorati può procedersi anche con il metododella raschiatura.

3. Una parte della materia prelevata, sigillata dal personale delle Camere di commercio, può esserelasciata in consegna all’interessato, se egli ne fa espressa richiesta, per eventuali contestazioni e ripeti-zioni dei saggi.

4. La scelta dei punti di prelevamento dei campioni di analisi delle materie prime si opera comeappresso:a) lingotti, verghe e simili: tre prelievi, di cui due ad opposte estremità del pezzo, ed una in

profondità nel corpo del medesimo;b) bottoni, pezzi tondeggianti in genere: due prelievi, di cui uno nel corpo del pezzo. Nel caso di

bottoni di piccole dimensioni si procede al ritiro di uno o più esemplari scelti a caso;c) lastre, profilati, eccetera: due prelievi, in punti convenientemente distanti del pezzo;d) semilavorati:

1) se di peso inferiore a 5 grammi: ritiro di due o più esemplari scelti a caso;2) se di peso superiore a 5 grammi: prelievo di almeno un grammo di metallo su ciascun

esemplare, da un gruppo di almeno tre, scelti a caso;e) polveri ed affini: prelievo nella massa, previo rimescolamento della stessa;f ) leghe brasanti: prelievo come al punto c).

Art. 8.1. Negli oggetti in oro le eventuali saldature sono effettuate con leghe aventi lo stesso titolo dell’ogget-

to, con le seguenti eccezioni:a) negli oggetti in oro con titolo superiore a 750 millesimi, la saldatura è effettuata con lega d’oro

a titolo non inferiore a 750 millesimi;b) nelle catene d’oro realizzate con un filo di diametro inferiore a 1 mm, le saldature possono esse-

re effettuate con leghe non aventi contenuto aureo, ma non devono, comunque, comportareche il titolo reale dell’oggetto risulti, a fusione, inferiore al titolo legale dichiarato.

2. Negli oggetti in platino le eventuali saldature sono effettuate con leghe aventi un contenuto com-plessivo di metalli preziosi non inferiore a 800 millesimi.

3. Negli oggetti in palladio le eventuali saldature sono effettuate con leghe aventi un contenuto com-plessivo di metalli preziosi non inferiore a 700 millesimi.

4. Negli oggetti in argento le eventuali saldature sono effettuate con lega d’argento avente un titolonon inferiore a 550 millesimi.

Art. 9.1. Il prelevamento di campioni da oggetti di metalli preziosi finiti già muniti, nei modi previsti dal

presente regolamento, del marchio d’identificazione e dell’impronta del titolo legale e pronti allavendita, si effettua con i metodi della trapanatura, della cesoiatura, previo accertamento che l’ogget-to e gli utensili da impiegare siano convenientemente puliti.

2. Ferma restando l’esigenza di disporre dei quantitativi minimi di metallo di cui all’articolo 7, comma 2,si evita, laddove ciò sia tecnicamente possibile, ogni eccessivo danneggiamento dell’oggetto. A tal fine ilpossessore dell’oggetto ha la facoltà di procedere personalmente, o con l’ausilio di persona di sua fiducia,alla effettuazione dell’operazione secondo il metodo scelto dal personale delle camere di commercio.

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3. Parte della materia prelevata può essere trattenuta dal possessore dell’oggetto, con le modalità e pergli scopi di cui all’articolo 7, comma 2, unitamente a quanto resta dell’oggetto.

4. La scelta dei punti di prelevamento dei campioni di analisi da oggetti finiti, si effettua come diseguito specificato:a) oggetti stampati o microfusi o a canna vuota a diametro costante o elettroformati di grandi

dimensioni: tre prelievi in zone convenientemente distanti l’una dall’altra. Il risultato è l’espres-sione della media aritmetica dei singoli risultati;

b) oggetti a canna vuota a diametro variabile: tre o più prelievi in zone convenientemente distantil’una dall’altra. Il risultato è l’espressione della media aritmetica dei singoli risultati;

c) oggetti elettroformati di piccola pezzatura: fusione completa; d) oggetti assemblati tramite saldature: un prelievo in parti lontane dalle stesse. Ove questo non sia

possibile (punti di saldatura non visibili), il titolo dell’oggetto è dato dalla media aritmetica deirisultati di tre prelievi;

e) oggetti formati da leghe di colore diverso: ove possibile è fatto almeno un prelievo per ognicolore. Il titolo dell’oggetto è dato dalla media aritmetica dei risultati dei prelievi per ogni colo-re; il numero dei prelievi non è inferiore a tre;

f ) lavori in filigrana, a piccole maglie e oggetti in genere ottenuti dalla elaborazione di un filo con-tinuo: tre prelievi, compatibilmente con l’estensione dell’oggetto, ritagliati in più punti dell’og-getto stesso. Il risultato è l’espressione della media aritmetica dei singoli risultati dei prelievi.

Art. 10.1. Il ricorso alla fusione completa dell’oggetto può essere operata nei casi in cui il risultato del primo

ed, eventualmente, del secondo saggio dà adito a fondati dubbi circa l’effettiva corrispondenza deicampioni di analisi, prelevati con i metodi di cui all’articolo 9, alla composizione dell’oggetto da cuiderivano. Lo stesso procedimento è eseguito quando ciò è esplicitamente richiesto dal possessoredell’oggetto, e a suo carico.

2. La fusione dell’oggetto è eseguita presso i laboratori di analisi, o presso l’officina, idoneamenteattrezzata, del titolare del marchio di identificazione secondo le direttive e alla presenza di personaledella camera di commercio.

Art. 11.1. I metodi ufficiali di analisi per l’accertamento dei titoli delle materie prime e dei lavori in metalli

preziosi, ai fini della legge, sono quelli riportati all’allegato II.2. Per tutti i metalli preziosi, le analisi sono eseguite con doppia determinazione del titolo, per ciascun

campione di analisi prelevato dalla lega in esame.3. Sono altresì da considerarsi metodi ufficiali di analisi tutti quelli previsti dalle norme emanate da

enti di normazione nazionale o internazionale che presentano un grado d’incertezza eguale o minorea quelli dettati nell’allegato II.

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AAlllleeggaattoo IIIIMETODI UFFICIALI DI ANALISI PER L’ACCERTAMENTO DEI TITOLI

DELLE MATERIE PRIME E DEI LAVORI IN METALLO PREZIOSO

PLATINO

Metodo I: si segue la norma UNI EN ISO 11210 (1997), determinazione del platino nelle leghe di pla-

tino per gioielleria: metodo gravimetrico dopo precipitazione dell’esacloroplatinato di ammonio.Metodo II: si segue la norma UNI EN ISO 11489 (1997), determinazione del platino nelle leghe diplatino per gioielleria: metodo gravimetrico dopo riduzione con cloruro di mercurio.

Metodo III: analisi per coppellazione e successivi attacchi (spargimenti) con acido nitrico ed acido solfo-rico, fino a separazione completa dei metalli preziosi presenti nella lega.Il metodo III di saggio è valido per le sole materie prime

Il grado di precisione dei metodi comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 3,0.

PALLADIO

Si segue la norma UNI EN ISO 11490 (1997): determinazione del palladio nelle leghe di palladio perla gioielleria: metodo gravimetrico con dimetilgliossina.

Il grado di precisione dei metodi comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 2,0.

ORO

Si segue la norma UNI EN 31426 (1997): determinazione dell’oro nelle leghe di oro per la gioielleria:metodo della coppellazione e successivo spartimento con acido nitrico.

Il grado di precisione dei metodi comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 1,0.

ARGENTO

Metodo I: si segue la norma UNI EN 31427 (1997): determinazione dell’argento nelle leghe di argentoper la gioielleria: metodo volumetrico (potenziometrico) con utilizzo di bromuro di potassio.

Metodo II: si segue la norma UNI EN 3753: determinazione dell’argento nelle leghe di argento: meto-do per precipitazione di Gay Lussac, per attacco con acido nitrico e precipitazione con cloruro di sodio.

Il grado di precisione dei metodi comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 1,0.

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CCAAPPOO IIIIIIMARCHIO DI IDENTIFICAZIONE E TITOLI

Art. 12.1. Le caratteristiche e le dimensioni nominali del marchio di identificazione sono riportate nell’allegato III.2. In relazione alle esigenze degli oggetti da marchiare, la matrice del marchio di identificazione è rea-

lizzata a cura della camera di commercio competente, in una serie di quattro diverse grandezze.3. Le caratteristiche dell’impronta sono tali da risultare incise sull’oggetto e non impresse a rilievo, la

stella, il numero e la sigla di cui al comma 1 e, per le impronte della quarta grandezza, anche il con-torno poligonale dell’impronta medesima.

4. Oltre che nelle quattro grandezze di cui ai commi da 1 a 3, il Ministero delle attività produttivedispone, con suo decreto, sentito il Comitato centrale metrico, che il marchio di identificazione puòessere realizzato anche in altre grandezze, quando ciò è espressamente richiesto da esigenze di carat-tere tecnico.

5. Per le stesse esigenze di cui al comma 4 e con le stesse modalità, possono essere disposte, per i fusti

Dimensioni del marchio di identificazione

Impronte A Bmm mm

1a grandezza 0,6 1,8

2a grandezza 0,8 2,7

3a grandezza 1,2 3,8

4a grandezza 1,6 5,6

dei punzoni, dimensioni normalizzate diverse da quelle previste dall’articolo 15, comma 3, e per leimpronte dei titoli legali e per le impronte del marchio delle Camere di commercio.

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AAlllleeggaattoo IIIIIITABELLA DELLE CARATTERISTICHE E DIMENSIONI DELL’IMPRONTA

DEL MARCHIO DI IDENTIFICAZIONE DEI METALLI PREZIOSI

HHA

B

Art. 13.1. Nell’ipotesi di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto, l’importatore all’atto in cui pone in commercio

nel territorio della Repubblica e dello Spazio economico europeo gli oggetti importati, assume tutte leresponsabilità e gli oneri imposti dal decreto e dal presente regolamento ai produttori nazionali.

Art. 14.1. È fatto divieto di apporre il proprio marchio di identificazione su oggetti in metalli preziosi o loro

leghe, di fabbricazione altrui, ad eccezione delle ipotesi di cui agli articoli 5, comma 2, e 17 deldecreto.

2. Quando all’esecuzione di oggetti in metalli preziosi concorrono vari fabbricanti, l’obbligo dell’apposi-zione del marchio di identificazione e dell’impronta del titolo incombe al fabbricante che cura l’im-missione in commercio del prodotto finito, ad eccezione dell’ipotesi di cui all’articolo 17 del decreto.

3. Ai fini indicati dal comma 2, lo scambio delle parti dell’oggetto si effettua con le norme stabiliteall’articolo 19 per i semilavorati.

4. L’obbligo di detenere ed usare il marchio di identificazione non sussiste per chiunque esegue, perconto di terzi titolari del marchio stesso, lavorazioni parziali che non alterano la sostanza costitutivadell’oggetto, come: pulitura, incassatura, montaggio; non sussiste per chiunque esegue, su oggettiusati, riparazioni per conto di privati committenti.

5. I predetti operatori sono però tenuti a procurarsi e ad esibire, in sede di eventuali controlli operati aisensi dell’articolo 21 del decreto, documenti giustificativi atti a comprovare l’origine e la proprietàdegli oggetti detenuti presso il proprio laboratorio.

Art. 15.1. I marchi di identificazione sono ricavati, a cura del titolare dei marchi stessi o di persona da lui dele-

gata, dalle rispettive matrici depositate presso le Camere di commercio; l’operazione è effettuatapresso le predette Camere di commercio o, a richiesta dell’interessato, presso l’azienda, o presso ido-neo laboratorio specializzato da essa indicato, alla presenza di personale qualificato delle camere dicommercio.

2. La riproduzione del marchio si ottiene mediante compressione del fusto vergine contro la relativamatrice; ogni altra tecnica di riproduzione è tassativamente esclusa.

3. I fusti destinati a ricevere l’impronta del marchio sono ricavati da profilati in acciaio, a sezione qua-drata, aventi caratteristiche normalizzate, secondo quanto indicato dall’allegato IV.

4. Può essere anche autorizzata qualsiasi altra forma e dimensione, per la realizzazione di punzoni ditipo speciale, destinati o meno ad essere inseriti in appositi attrezzi o dispositivi meccanici, a condi-zione che risulti in ogni caso possibile l’apposizione, su di essi, del bollo di autenticazione previstodall’articolo 11, comma 3, del decreto.

5. È anche autorizzato l’allestimento di punzoni recanti, oltre l’impronta del marchio di identificazio-ne, quella del titolo legale ed, eventualmente, del marchio o sigla di cui all’articolo 9 del decreto.

6. Le autorizzazioni di cui ai commi 4 e 5 sono concesse, dalle camere di commercio competenti perterritorio, agli interessati che ne presentano motivata richiesta, allegando alla domanda il disegnoquotato dei punzoni stessi e dell’alloggiamento del dispositivo destinato a contenerli.

7. Il bollo di autenticazione è costituito da una figura geometrica, identificata nell’allegato VI, recanteall’interno il numero caratteristico che distingue la camera di commercio.

8. La consegna dei punzoni si effettua contro ricevuta rilasciata dal titolare del marchio o dalla personada questi delegata, e nella quale i punzoni sono indicati per quantità e tipo.

9. Dell’avvenuta consegna la camera di commercio prende debita nota.

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AAlllleeggaattoo IIVVPUNZONI DI TIPO NORMALIZZATO

L1

L

S

S

Dimensioni del punzone

Impronte S L1 Lmm mm mm

1a grandezza 7 60 80

2a grandezza 7 65 80

3a grandezza 7 65 80

4a grandezza 8 o 10 65 80

Art. 16.1. A norma dell’articolo 8, comma 4, del decreto, le figure geometriche racchiudenti le cifre dei titoli

legali sono rigorosamente normalizzate, e hanno le forme e le dimensioni indicate nell’allegato V.2. Le cifre che indicano il titolo risultano incise sull’oggetto e non impresse a rilievo; dette cifre e la

figura che le racchiude costituiscono nel loro complesso l’impronta del titolo legale.3. In relazione alle caratteristiche degli oggetti da marchiare, l’impronta di ciascun titolo legale è realiz-

zata in una serie di quattro diverse grandezze, aventi le dimensioni di cui all’allegato V.4. Ciascuno degli assegnatari del marchio di identificazione provvede direttamente, sotto la propria

responsabilità, alla costruzione dei punzoni recanti le impronte dei titoli legali, attenendosi rigorosa-mente alle norme di cui ai commi da 1 a 3.

5. È in facoltà dei predetti assegnatari di limitare la propria dotazione alle sole impronte e alle sole gran-dezze delle medesime che interessano la propria attività.

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AAlllleeggaattoo VVIIBOLLO DI AUTENTICAZIONE DEI PUNZONI RILASCIATI AGLI ASSEGNATARI

DEI MARCHI DI IDENTIFICAZIONE

Fac-simile di un’impronta recante il numero caratteristico della Camera di Commercio

AAlllleeggaattoo VVIMPRONTE NORMALIZZATE RECANTI L’INDICAZIONE DEL TITOLO

ORO ORO

A C A

D

BB

Per i titoli di375 - 585 - 750

millesimi

Per i titolisuperiori a 750

millesimi

Impronte

1a grandezza2a grandezza3a grandezza4a grandezza

Amm0,60,91,21,8

Bmm1,52,33,04,5

Cmm

0,6 A0,6 A0,6 A0,6 A

Dmm

0,75 B0,75 B0,75 B0,75 B

Emm

0,5 B0,5 B0,5 B0,5 B

Fmm

0,4 B0,4 B0,4 B0,4 B

Dimensione delle impronte dei titoli legali

Dimensioni approssimate a ± 0,1 mm

Art. 17.1. L’indicazione del titolo reale sulle materie prime si appone con l’impiego delle impronte di cui all’articolo

16 nei soli casi in cui il titolo predetto corrisponde esattamente ad uno dei titoli legali ammessi dal decreto.2. In tutti i casi diversi da quelli considerati nel comma 1, il titolo reale si appone con l’impiego di

impronte non normalizzate, facendo precedere le cifre indicanti i millesimi e i decimi di millesimo dimetallo fine, dai simboli Pt, Pd, Au, Ag, rispettivamente per il platino, il palladio, l’oro e l’argento efacendole seguire dal simbolo 0/00. È anche ammesso che il titolo sia espresso sotto forma di frazio-ne, con denominatore 1000 e con la eliminazione del simbolo 0/00.

3. L’indicazione del titolo delle materie prime è sempre accompagnato dal marchio di identificazionedel produttore.

4. Le camere di commercio, in quanto detentrici delle matrici, verificano l’autenticità dei marchi diidentificazione impressi sulle materie prime e sui lavori di metalli preziosi recanti la sigla della pro-vincia di propria competenza, e rilasciano apposita dichiarazione di autenticità.

Art. 18.1. La bollatura degli oggetti in metalli preziosi si effettua con l’apposizione del marchio di identificazio-

ne e della indicazione del titolo legale, avendo cura di impiegare, in relazione alle caratteristiche edimensioni dell’oggetto da marchiare, impronte di grandezze corrispondenti, secondo il disposto dicui agli articoli 12, comma 2, e 16, comma 5.

Art. 19.1. Le materie prime di platino, palladio, oro e argento, in piccoli grani, in fili e fogli sottili, in polvere,

eccetera, ed i semilavorati in genere che, in relazione alla loro particolare struttura od alle loro ridottedimensioni, non consentono la marchiatura, sono posti in vendita in involucri chiusi e sigillati.

2. Gli involucri sono costituiti di qualsiasi materiale idoneo allo scopo e sono confezionati anche all’at-to della vendita, ma non devono potersi aprire dopo eseguita tale confezione e sigillatura se non perlacerazione dell’involucro stesso o rottura dei sigilli.

3. I sigilli sono apposti su laminetta in metallo o lega metallica, non ferrosi, o anche in materiale plasti-

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ARGENTO PLATINO

Bper tutti i titoli

Bper tutti i titoli

AC

C

F

E

Pt

Pd

Bper tutti i titoli

co, sulla quale è incisa la parola “sigillo”, seguita dalla indicazione del titolo e del marchio di identifi-cazione del produttore. In alternativa all’uso della laminetta le indicazioni del titolo e del marchio diidentificazione sono riportate sull’involucro stesso purché esso renda evidente ogni tentativo dimanomissione che possa essere effettuato su di esso o su tali indicazioni.

4. Il Ministero delle attività produttive autorizza, con suo decreto, sentito il parere del Comitato centra-le metrico, l’uso di ulteriori materiali, per le laminette di cui al comma 3, od altre forme di apposi-zione di sigilli riconosciuti idonei allo scopo.

5. I materiali contenuti negli involucri sigillati di cui ai precedenti commi sono sempre accompagnatida documento (fattura, certificato di garanzia o documento di trasporto) fornito dal venditore in cuirisultano indicati, oltre la ragione sociale e l’indirizzo del medesimo, il titolo, la specificazione mer-ceologica e la quantità dei materiali stessi.

6. I semilavorati in genere formano oggetto di scambio, anche se sprovvisti del marchio di identificazione edel titolo, quando lo scambio avviene tra aziende titolari di marchio e l’acquirente ne fa espressa richiestae sempreché i semilavorati stessi siano contenuti negli involucri sigillati di cui ai commi da 1 a 5.

Art. 20.1. Gli oggetti che, in ragione della loro delicatezza o complessità di forma, o per la presenza di perle,

pietre preziose o smalti, non consentono l’impressione del marchio, possono essere marchiati dalproduttore, ancora prima di essere finiti, quando risultano ancora allo stato grezzo e non sono statimontati nelle loro diverse parti.

2. Il marchio di identificazione e l’impronta del titolo legale sono impressi su di una parte principaledell’oggetto, e cioè sulla parte che risulta di peso o volume prevalente o che serve di supporto princi-pale ad altre parti dell’oggetto stesso purché tecnicamente idoneo alla punzonatura, è però ammessoche i bolli siano apposti in qualsiasi altra parte, se quella principale, per la presenza di gemme o smal-ti, risulta chiaramente soggetta a danneggiamenti per effetto dell’applicazione dei bolli stessi.

3. Il marchio di identificazione e l’impronta del titolo legale, sugli oggetti composti di più parti dellostesso metallo smontabili manualmente, sono apposti su ciascuna di tali parti, salvo il caso che questesono di peso inferiore a un grammo e risultano perciò esenti dalla marchiatura a norma dell’articolo12 del decreto; fermo restando l’obbligo della corrispondenza del titolo delle parti stesse al titololegale impresso su di uno di esse, unitamente al marchio di identificazione.

4. Per le catenine i bolli si applicano su anellini terminali che risultano tali da non potersi asportaresenza deformazione delle maglie contigue.

5. Per gli oggetti che non consentono una diretta marchiatura, il marchio di identificazione e l’indica-zione del titolo legale sono apposti su piastrina dello stesso metallo dell’oggetto, unita ad essomediante saldatura con tale metallo.

6. Lo stesso sistema di cui al comma 5 è adottato per tutti i lavori aventi particolare pregio artistico eper i gioielli recanti perle e pietre preziose od altre sostanze pregiate quali corallo, tartaruga, ambra,giada, nei quali il valore di esecuzione, o il valore delle perle, delle pietre ed altre sostanze, supera dialmeno dieci volte il valore del metallo. L’accertamento delle predette condizioni si effettua sulla basedelle relative fatturazioni o in caso di dubbio, è affidato ad esperti debitamente riconosciuti a normadell’articolo 12, comma 3, del decreto.

Art. 21.1. Nelle casse da orologio il marchio di identificazione e l’indicazione del titolo legale si applicano sol-

tanto sul fondello e non sulla “lunetta” (cerchietto porta vetro) e sulla “carrure” (contorno portamovimento); i bolli sono applicati anche all’interno del predetto fondello, a condizione che questosia apribile, agevolmente senza danno, per ogni possibile controllo. Le parti non marchiate sono allo

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stesso titolo del fondello e si intendono garantite dalla indicazione apposta su questo. 2. I braccialetti ed ogni altro complemento o ornamento accessorio, applicato agli orologi, sono consi-

derati a tutti gli effetti parti staccabili e sono sottoposti a specifica marchiatura.

Art. 22.1. Gli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi portano l’indicazione del titolo su cia-

scuno dei metalli componenti, in tutti i casi in cui ciascuno di questi, se di peso superiore a un gram-mo, costituisce una parte nettamente distinta da ogni altra parte dell’oggetto e risulta tecnicamenteatta a ricevere l’impronta.

2. Le impronte del marchio di identificazione e del titolo del metallo prezioso di peso prevalente sonoapposte su quest’ultimo in tutti gli altri casi, ed in particolare:a) negli oggetti nei quali i diversi metalli pur risultando distinguibili l’uno dall’altro, sono intima-

mente combinati tra loro, per motivi artistici o per esigenze di natura tecnica;b) negli oggetti nei quali i metalli di maggior pregio sono inseriti, per incastonatura od intarsi, nel

corpo del metallo di peso prevalente;c) nelle casse da orologio (fondello).

Art. 23.1. L’obbligo della garanzia del titolo, per gli oggetti che, a norma dell’articolo 12 del decreto, sono esen-

ti dall’obbligo del marchio di identificazione e della indicazione del titolo e per i quali lo stessodecreto non prescrive specifiche norme, si adempie all’atto in cui gli oggetti sono ceduti in vendita,con le seguenti modalità:a) gli oggetti di peso inferiore ad un grammo di cui all’articolo 12, comma 1, lettera a), del decreto,

all’atto della vendita dal produttore o importatore all’acquirente sono contenuti in involucri debi-tamente sigillati con l’osservanza delle modalità indicate dall’articolo 19. Una descrizione detta-gliata o sommaria degli oggetti contenuti nell’involucro è ripetuta sull’involucro stesso. I detta-glianti conservano il documento, l’involucro e gli eventuali sigilli di cui all’articolo 19 fino adesaurimento della merce;

b) i semilavorati, le leghe e i lavori per odontoiatria o per uso industriale, gli strumenti ed apparecchiper uso industriale o scientifico, di cui all’articolo 12, comma 1, lettere b), d) ed e), del decreto,sono accompagnati, ad ogni passaggio dal produttore od importatore al grossista o dettagliante, eda questi al consumatore, da un documento su cui è indicato il titolo reale dello stesso oggetto, odelle parti di esso costituite da metallo prezioso, che può essere diverso dai titoli legali previsti daldecreto. Per le leghe contenenti in proporzioni dichiarate due o più metalli preziosi, è indicato iltitolo di ciascuno di questi;

c) gli oggetti di antiquariato sono accompagnati da fattura di acquisto o da certificato redatto e sot-toscritto ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del decreto, controfirmato e datato dal venditore;

d) gli oggetti usati non aventi pregio di antichità pervenuti ad aziende commerciali in epoche suc-cessive a quella di entrata in vigore della cessata legge 30 gennaio 1968, n. 46, per essere postinuovamente in commercio sono già provvisti dei marchi di cui alla cessata legge 5 febbraio 1934,n. 305. Essi, inoltre, all’atto della vendita, sono accompagnati da regolare fattura, sulla qualerisulta trascritta la descrizione dell’oggetto stesso, quale essa fu redatta sul registro delle operazionidell’azienda, all’epoca in cui l’oggetto fu acquistato;

e) i residui di lavorazione di cui all’articolo 12, comma 1, lettera i), del decreto, quando sono cedutia terzi e quando provengono da materie prime di titolo omogeneo, sono venduti con le stessenorme previste dal precedente articolo 19;

f ) i residui di lavorazione provenienti da materie prime o da operazioni tecnologiche eterogenee ed

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in genere gli scarti di lavorazione, le ceneri e le spazzature di laboratorio, sono accompagnati dadichiarazioni attestanti che si tratta di “residui” del tutto privi di ogni garanzia sulla loro composi-zione e sul titolo dei metalli preziosi ivi contenuti;

g) le leghe saldanti di cui all’articolo 12, comma 1, lettera l), del decreto sono parimenti vendutecon le norme di cui all’articolo 19. Quando è richiesto da esigenze commerciali e risulta tecnica-mente possibile, le dette leghe sono fornite senza involucro, a condizione che rechino l’indicazio-ne del marchio di identificazione e del titolo.

2. Per leghe saldanti a base di argento si intendono quelle il cui contenuto di detto metallo è tale daconsentirne l’impiego nella produzione argentiera. Le leghe cosiddette “da saldatura ad argento”usate per la saldatura dei metalli comuni sono vendute come metallo non prezioso.

Art. 24.1. L’esonero dell’apposizione del marchio di identificazione e della indicazione del titolo, di cui all’arti-

colo 12, comma 1, lettera f ), del decreto, si intende esclusivamente concesso alle monete coniatedall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e dai corrispondenti Istituti esteri, che hanno corso legale,e che, se fuori corso, risultano sempre emesse dagli Istituti stessi.

2. L’applicazione del marchio d’identificazione e della indicazione del titolo è obbligatoria quando lemonete di cui al comma 1 sono riprodotte al di fuori degli Istituti di Stato che le abbiano legittima-mente emesse, anche se tale riproduzione risulta autorizzata.

3. L’obbligo di cui al comma 2 incombe, in ogni caso, ai produttori ed importatori di medaglie com-memorative o di gettoni premio e di pseudo monetazioni di qualsiasi natura.

Art. 25.1. Gli oggetti destinati ad essere esportati fuori dello Spazio economico europeo sono prodotti senza il

marchio di identificazione. 2. Gli oggetti destinati ad essere commercializzati nei Paesi dello Spazio economico europeo possono,

altresì, essere prodotti senza il marchio di identificazione, sempreché rispettino le norme vigenti nelPaese di destinazione.

3. Il produttore è però soggetto a tutte le norme di legge per quanto concerne la corrispondenza deltitolo reale degli oggetti di cui ai commi 1 e 2, al titolo indicato.

4. È consentita l’apposizione di eventuali marchi speciali, richiesti dagli importatori stranieri.5. Per gli oggetti che all’atto dell’esportazione o della commercializzazione nello Spazio economico

europeo sono regolarmente provvisti del marchio di identificazione e della indicazione del titolo lega-le l’esportatore è tenuto, a tutti gli effetti, alla osservanza degli obblighi di legge.

6. Gli oggetti da esportare verso Paesi con i quali sussiste l’ipotesi di cui all’articolo 5, comma 3, deldecreto, sono muniti, obbligatoriamente, del marchio di identificazione nonché dell’impronta deltitolo legale, ovvero della indicazione di uno dei titoli considerati legali nel Paese di destinazione.

7. Gli oggetti di cui ai commi da 1 a 6 sono posti in vendita anche nel territorio della Repubblica italia-na alle seguenti condizioni: a) conformità delle caratteristiche costruttive di essi alle norme di legge e alle prescrizioni del pre-

sente regolamento;b) applicazione del marchio e dell’impronta del titolo legale, seguendo per quest’ultimo le prescri-

zioni di cui all’articolo 4, commi 1 e 2;c) cancellazione di qualsiasi eventuale impronta di marchio od impronta di titolo, diversa da quelle

legali, che è stata apposta ai fini dell’esportazione.8. Gli oggetti il cui titolo reale è inferiore al più basso dei titoli legali previsti dalla legge, se non sono

esportati, sono venduti come oggetti di metallo non prezioso.

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CCAAPPOO IIVVIL REGISTRO DEGLI ASSEGNATARI DEI MARCHI DI IDENTIFICAZIONE

Art. 26.1. Il marchio di identificazione è assegnato alle aziende che esercitano una o più delle seguenti attività:

a) vendita di metalli preziosi o loro leghe allo stato di materie prime o semilavorati;b) fabbricazione di prodotti finiti in metalli preziosi o loro leghe;c) importazione di materie prime o semilavorati o di prodotti finiti in metalli preziosi o loro leghe.

2. Ai sensi del comma 1, lettera b), il marchio di identificazione è anche assegnato, a domanda, a quelleaziende commerciali che, pur esercitando come attività principale la vendita di prodotti finiti di fab-bricazione altrui, risultano dotate di un proprio laboratorio, idoneo alla fabbricazione di oggetti inmetalli preziosi. La concessione è subordinata all’accertamento di tale requisito, da effettuarsi a spesedell’azienda interessata, dalla camera di commercio competente per territorio.

Art. 27.1. La domanda di iscrizione al registro è presentata alla camera di commercio, industria e artigianato

della provincia ove l’azienda richiedente ha la propria sede legale.2. Detta domanda contiene le seguenti indicazioni:

a) la denominazione dell’azienda e la sua sede legale;b) le generalità del titolare della licenza, ove prevista, di cui all’articolo 127 del testo unico delle

leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e la sua posizione inseno all’azienda. Nel caso di ditte individuali o di imprese artigiane, le generalità del titolare delladitta o dell’impresa medesima;

c) l’attività o le attività esercitate dall’azienda, ai sensi dell’articolo 26;d) il numero e l’ubicazione delle eventuali altre sedi dell’azienda (filiali, stabilimenti) anche se situa-

te in altre province, nelle quali sono svolte le stesse attività.3. Alla domanda sono allegate:

a) copia della licenza di pubblica sicurezza, di cui al comma 2, lettera b);b) ricevuta di avvenuto pagamento dei diritti di saggio e marchio previsti all’articolo 7 del decreto.

4. Per le aziende industriali, la documentazione da allegare alla domanda di concessione del marchio ècorredata da una autocertificazione sulla quale è indicato, per gli effetti dell’articolo 7, comma 1, deldecreto, il numero dei dipendenti dell’azienda stessa.

5. In detto numero sono inclusi tutti i prestatori di lavoro subordinato dell’azienda, indipendentementedalle rispettive qualifiche, operai, impiegati, dirigenti amministrativi o tecnici, e dal loro eventualeimpiego in settori dell’impresa anche non direttamente connessi con la lavorazione dei metalli preziosi.

Art. 28.1. Il registro contiene le seguenti indicazioni:

a) numero d’iscrizione nel registro delle imprese;b) data di ricevimento della domanda di iscrizione;c) denominazione e sede legale dell’impresa;d) ubicazione delle eventuali altre sedi dell’azienda (filiali, stabilimenti), anche se situate in altre

province;e) attività esercitate dall’azienda, ai sensi dell’articolo 26;f ) numero e data d’iscrizione nel registro delle ditte o nell’albo delle imprese artigiane;g) numero e data della licenza, ove prevista, rilasciata dall’autorità di pubblica sicurezza, generalità

del titolare della licenza stessa e sua posizione in seno all’azienda;

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h) la riproduzione degli eventuali marchi tradizionali di fabbrica, o sigle particolari, consentiti aisensi dell’articolo 9 del decreto e depositati nei modi di cui all’articolo 33;

i) numero caratteristico del marchio d’identificazione, assegnato dalla camera di commercio, indu-stria, artigianato e agricoltura entro due mesi dalla data di presentazione della domanda di con-cessione del marchio stesso;

l) l’indicazione dell’eventuale laboratorio o organismo di certificazione presso cui l’azienda ha chie-sto la certificazione aggiuntiva ai sensi dell’articolo 19 del decreto, e l’eventuale logo concessoalla stessa azienda secondo quanto stabilito all’articolo 53.

2. Il suddetto registro dei fabbricanti ed importatori comprende tutti gli assegnatari dei marchi di iden-tificazione.

3. La consultazione del registro da parte della pubblica amministrazione è gratuita.

Art. 29.1. Il numero caratteristico da riprodurre sul marchio di identificazione, è assegnato alle imprese richie-

denti, nell’ordine di ricevimento delle rispettive domande di concessione, rispettando la pregressanumerazione.

2. La numerazione prosegue nell’ambito di ciascuna provincia senza soluzione di continuità.3. Il numero caratteristico dei marchi per qualsiasi motivo scaduti, ritirati o annullati non è più attribuito.4. Eccezioni al disposto di cui al comma 3 sono fatte con provvedimento della camera di commercio

competente, per quelle ditte cui il marchio è stato ritirato ai sensi dell’articolo 7, comma 4, deldecreto e che, all’atto della eventuale ripresa della propria attività e della presentazione della nuovadomanda di iscrizione nel registro e di concessione del marchio, richiedono l’attribuzione dello stessonumero precedentemente posseduto.

5. Dei marchi di identificazione comunque scaduti, ritirati o annullati, e di quelli eventualmente riattri-buiti ai sensi del comma 4, viene data cronologicamente notizia nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica italiana.

6. Sulla stessa Gazzetta Ufficiale è data altresì notizia degli eventuali smarrimenti o furti di punzonirecanti l’impronta del marchio di identificazione.

7. La denuncia di tali smarrimenti o furti è fatta dall’interessato alla camera di commercio entro qua-rantotto ore.

8. Il segretario generale della camera di commercio competente ha facoltà di disporre, che all’aziendache ha smarrito uno o più punzoni è assegnato un nuovo numero caratteristico di marchio, quandorisulta accertato l’uso abusivo dei punzoni smarriti.

9. I punzoni dei marchi comunque scaduti; ritirati od annullati, e quelli resi inservibili dall’uso, sonoriconsegnati alla competente camera di commercio, che ne prende debita nota e ne rilascia ricevutaall’interessato, dopo averne accertata l’autenticità.

10.La deformazione dei punzoni di cui al comma 9 è effettuata dalla stessa camera di commercio alme-no ogni sei mesi ed è parimenti registrata.

Art. 30.1. Il marchio di identificazione è assegnato all’impresa, e ad essa rimane attribuito indipendentemente dalle

eventuali variazioni delle persone fisiche titolari della relativa licenza di pubblica sicurezza, ove richiesta.2. Il trasferimento di proprietà, per atto tra vivi o a causa di morte, dell’impresa che produce oggetti in

metallo prezioso comporta, altresì, il trasferimento a chi subentra del marchio di identificazione,sempreché il subentrante continui l’esercizio della medesima attività, sia in possesso della licenza dipubblica sicurezza, ove richiesta, e comunichi alla camera di commercio i dati di cui all’articolo 27,comma 2, lettere a), b) e d), del presente regolamento entro il termine di trenta giorni.

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3. Entro il medesimo termine l’impresa segnala alla camera di commercio competente anche le varia-zioni di cui al comma 1.

4. Alle imprese che svolgono la propria attività in più sedi o stabilimenti, è assegnato un unico marchio.

Art. 31.1. All’atto di accoglimento della domanda di concessione del marchio di identificazione la camera di

commercio riscuote i diritti di saggio e marchio.2. Le imprese artigiane che perdono i requisiti di cui alla legge 5 agosto 1985, n. 443, sono tenute ad

effettuare un versamento integrativo per il raggiungimento dell’importo del diritto di saggio e mar-chio stabilito per le aziende industriali.

3. Ai fini di cui al comma 2 la camera di commercio notifica all’impresa l’obbligo di effettuare il versa-mento predetto e di munirsi della licenza di pubblica sicurezza.

4. I diritti di saggio e marchio, le indennità di mora e i versamenti integrativi sono versati alle camere dicommercio secondo modalità stabilite dalle stesse.

5. All’atto del pagamento del diritto relativo al rinnovo annuale del marchio da effettuare ai sensi del-l’articolo 7, comma 2, del decreto, le aziende industriali producono, aggiornata, la dichiarazione dicui all’articolo 27.

Art. 32.1. Oltre che per il caso previsto dall’articolo 7, comma 4, del decreto, si procede al ritiro del marchio e

alla cancellazione dal registro, per decadenza della licenza, di cui all’articolo 127 del testo unico delleleggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

CCAAPPOO VVMARCHI TRADIZIONALI DI FABBRICA, MARCHIO PER IL SAGGIO FACOLTATIVO

Art. 33.1. I produttori che intendono avvalersi della facoltà di cui all’articolo 9 del decreto, di apporre, in aggiunta

al marchio di identificazione, il proprio marchio tradizionale di fabbrica, presentano formale dichiarazio-ne alla camera di commercio competente per territorio, accompagnandola con le impronte di tali mar-chi, impresse su lastrine metalliche, per ciascuna delle grandezze del marchio medesimo.

2. I marchi di cui al comma 1 sono inoltre depositati su supporto cartaceo o informatico alla camera dicommercio.

3. Con l’osservanza delle condizioni di cui all’articolo 9 del decreto e con le stesse modalità di cui alcomma 1, i produttori hanno la facoltà di apporre, su richiesta e per conto di committenti, la indica-zione del nominativo dei medesimi, e della loro ragione sociale od apposite sigle identificative indica-te dai singoli clienti.

4. Le camere di commercio stabiliscono se il marchio di fabbrica di cui al comma 3 contiene eventualiindicazioni atte a ingenerare equivoci con i titoli ed i marchi di identificazione, ed hanno la facoltà divietare, in caso affermativo, l’uso del marchio stesso.

5. Contro il provvedimento adottato dal funzionario responsabile della camera di commercio è ammes-so ricorso gerarchico al Segretario generale della stessa camera di commercio, che può richiedereparere tecnico al Ministero delle attività produttive.

Art. 34.1. Il marchio di cui all’articolo 13 del decreto è costituito da una impronta riproducente, racchiuso in

un contorno circolare, il numero identificativo della camera di commercio interessata.

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2. L’impronta di cui al comma 1 è realizzata in una serie di tre diverse grandezze; le sue caratteristiche edimensioni sono indicate nell’allegato VII.

3. Il suddetto marchio è apposto sugli oggetti in metalli preziosi a convalida delle impronte del titololegale e del marchio di identificazione impressi sugli oggetti medesimi ad eccezione dei casi previstiall’articolo 25, comma 1; esso è applicato quando il titolo reale risulta, attraverso l’analisi, uguale osuperiore al predetto titolo legale, tenuto conto delle tolleranze previste dal decreto. A tal fine lacamera di commercio interessata si avvale del proprio laboratorio di saggio, o di quello di un’altracamera di commercio, o del laboratorio dell’azienda speciale di una delle suddette camere.

4. Nel caso in cui dall’analisi di oggetti destinati ad essere posti in vendita risulti un titolo reale inferiorea quello impresso sugli oggetti stessi, essi sono resi all’interessato e non sono rimessi in vendita se nonprevio adeguamento alle norme di legge.

5. Il marchio di cui ai commi da 1 a 4 si appone, altresì, sulle materie prime, a garanzia del titolo realeriscontrato in sede di analisi. A tal fine il laboratorio di cui al comma 3 provvede direttamente adimprimere tale titolo, espresso in millesimi e decimi di millesimi, accanto al predetto marchio.

6. L’apposizione del marchio e del titolo di cui al comma 5 sono, in ogni caso, subordinati alla preven-tiva apposizione da parte del produttore, del proprio marchio di identificazione.

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AAlllleeggaattoo VVIIIIMARCHIO PER IL SAGGIO FACOLTATIVO

000Impronta normalizzata

Impronte Dimensione in mm1a grandezza 1,62a grandezza 3,23a grandezza 6,0

Art. 35.1. Il saggio facoltativo e l’apposizione del relativo marchio sull’oggetto saggiato, sono richiesti ed ottenuti a

condizione che il presentatore dichiari di conoscere ed accettare l’eventuale danneggiamento che puòderivare all’oggetto dall’applicazione di uno dei metodi di analisi previsti dal presente regolamento.

2. Se è presentato al saggio facoltativo un considerevole numero di oggetti, al fine di garantire modalitàomogenee di prelevamento, il numero degli esemplari da cui estrarre i campioni di analisi, per ognitipologia produttiva e lega utilizzata è fissato dallo schema riportato nell’allegato VIII, che può esseremodificato con decreto del Ministro delle attività produttive.

3. In presenza di esito positivo delle analisi si procede, in alternativa su richiesta dell’interessato, all’ap-plicazione del marchio su tutti gli oggetti, ovvero, alla certificazione dell’intera partita.

4. Nel primo caso previsto dal comma 3 le operazioni di marchiatura sono eseguite direttamente dalpresentatore degli oggetti o da un suo delegato, sotto il diretto controllo del personale del laborato-rio, altrimenti il certificato di analisi, indicante la data, il peso, il titolo ed il metallo prezioso relativo,

è sigillato insieme agli oggetti cui si riferisce all’interno del laboratorio medesimo. Tale involucro recaall’esterno i sigilli comprovanti l’avvenuta certificazione.

5. Le spese per il saggio e per l’applicazione del suddetto marchio sulle materie prime e sugli oggettisono a carico del richiedente.

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AAlllleeggaattoo VVIIIIIISCHEMA PER INDIVIDUARE IL NUMERO DI ESEMPLARI

DA CUI ESTRARRE I CAMPIONI DI ANALISI

Numero di oggetti della stessa tipologia produttivae tipo di lega

1-8081-224225-449450-700701-1000

Oltre 1000

Numero degli esemplari da prelevare

Minimo1481522

Massimo37142130

30 esemplari più uno per ogni cento oggetti oltre i mille

CCAAPPOO VVIIOGGETTI PLACCATI, DORATI, ARGENTATI E RINFORZATI

O DI FABBRICAZIONE MISTA

Art. 36.1. Sugli oggetti costituiti di metalli comuni recanti rivestimenti di oro è consentita l’iscrizione del ter-

mine “dorato” od anche dei termini “placcato” e “laminato” seguito dal simbolo Au; tali termini,seguiti rispettivamente dai simboli Pt, Pd, Ag, sono usati anche per gli oggetti rivestiti di platino, pal-ladio ed argento.

2. Sugli oggetti costituiti di sostanze non metalliche, senza pregiudizio di limite di peso specifico, recantirivestimenti di metalli preziosi realizzati mediante procedimento di deposizione elettrogalvanica è con-sentita l’apposizione di un particolare marchio di fabbrica composto da una impronta racchiusa in unottagono, secondo il modello unificato di cui all’allegato IX, recante all’interno la sigla del produttore,l’indicazione “DG”, il simbolo del metallo prezioso come indicato al comma 1, l’indicazione in cifre delpeso del metallo fino espresso in grammi seguita dal simbolo “g” e la sigla della provincia dove il produt-tore ha la propria sede legale, a condizione che detti oggetti rispondano alle seguenti prescrizioni:a) il materiale ricoperto non è alterabile né degradabile; b) il rivestimento ha uno spessore tale da consentire autonomamente, in ogni sua parte, l’applica-

zione delle indicazioni di cui al presente comma.3. Il marchio particolare di fabbrica, privo dell’indicazione relativa al peso, è depositato dagli interessati

presso la camera di commercio competente per territorio, che stabilisce se lo stesso è conforme alleprescrizioni del modello unificato di cui al comma 2 ed ha facoltà di vietare, in caso di difformità,l’uso del marchio stesso.

4. Con provvedimento del Ministero delle attività produttive si possono disporre variazioni e modifiche delmodello unificato di cui al comma 2, in relazione alle esigenze che possono in concreto manifestarsi.

5. Contro i provvedimenti adottati dal funzionario responsabile ai sensi del comma 3 è ammesso ricor-so gerarchico al Segretario generale della stessa camera di commercio, che può richiedere parere tec-nico al Ministero delle attività produttive.

6. Sugli oggetti costituiti da una lamina di metallo prezioso applicata su una lastra di metallo comune èconsentita l’apposizione, nell’ordine, di tutti i seguenti elementi: sigla della provincia in cui l’aziendaha sede legale, simbolo chimico del metallo prezioso, indicazione in cifra della massa di fino arroton-data al grammo seguita dal simbolo “g”, e sigla del produttore coincidente con il numero caratteristi-co assegnato dalla camera di commercio ai sensi dell’articolo 29.

7. La denominazione “gioielleria” “oreficeria” e “argenteria” non sono applicabili agli oggetti di cui aicommi 1, 2 e 6. Su tali oggetti è vietata l’impressione del marchio di identificazione, nonché qualsiasiindicazione di titolo in millesimi o in carati, a norma dell’articolo 15 del decreto e, salvo quanto previ-sto ai commi 2 e 6, qualsiasi indicazione concernente la quantità del metallo prezioso del rivestimento.

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AAlllleeggaattoo IIXXMARCHIO PARTICOLARE DI FABBRICA PER GLI OGGETTI OTTENUTI

PER DEPOSIZIONE ELETTROGALVANICA

1. I valori numerici indicativi del peso del metallo prezioso depositato sono realizzati nel centro dell’ot-tagono, in un alloggiamento rettangolare idoneo a ricevere i punzoncini recanti le cifre da imprimere

2. Il marchio deve essere realizzato in un ottagono regolare inscritto in un cerchio di diametro di 8 mmoppure di 7 mm.

3. L’indicazione in grammi per i metalli preziosi costituenti il rivestimento diversi dall’argento deveessere riportata fino alla prima cifra decimale. Nei casi di rivestimento d’argento tale indicazione deveessere limitata alle cifre intere.

4. La sigla del produttore, oltre che di tipo alfanumerico, può essere costituita dal logotipo del produt-tore medesimo.

5. L’impronta che costituisce il marchio particolare di cui al precedente numero 4 deve risultare incisasull’oggetto e non impressa a rilievo.

6. La profondità dell’incisione relativa all’eventuale virgola non deve essere inferiore a quella degli altricaratteri e del contorno ottagonale.

7. In relazione alle esigenze degli oggetti da marchiare, l’impronta può essere realizzata in una serie didue diverse grandezze aventi le dimensioni indicate al numero 2

MARCHIO PER LAVORI RECANTI RIVESTIMENTO

IN METALLI PREZIOSI OTTENUTO

CON TECNICA DEL DEPOSITO GALVANICO

Mascherina di alloggiamentoper i punzoni delle cifre relative al peso

Spazio riservatoal logotipo del produttore

Art. 37.1. Gli oggetti che, per loro natura o per gli usi cui sono destinati, sono completati con materiali diversi,

non metallici, quali legno, osso, avorio, cuoio, porcellana, smalto, cristallo, marmi e pietre dure,sono soggetti all’obbligo della apposizione del titolo e del marchio, e non delle altre indicazioni dicui all’articolo 39, a condizione che i materiali non metallici siano fissati alle parti in metallo preziosocon adesivi o con collegamenti metallici chiaramente visibili.

2. Le lastre in metallo prezioso realizzate con la tecnica dello stampaggio a cui, a completamento, vieneaggiunto successivamente un materiale plastico, o similare, portano impresso comunque il titolo ed ilmarchio di identificazione.

Art. 38.1. Gli oggetti finiti, pronti per essere posti in commercio, che, per loro natura o per gli usi cui sono

destinati o per esigenze di ordine tecnico, si compongono di parti in metallo prezioso e di parti inmetallo comune sono soggetti all’obbligo della indicazione del titolo e del marchio e alle seguentialtre prescrizioni: a) tutte le parti in metallo comune sono chiaramente visibili e distinguibili, anche per colore, o

smontabili dalle parti in metallo prezioso;b) su ciascuna delle parti in metallo non prezioso è impressa in maniera visibile l’indicazione “M”,

racchiusa in un quadrato o, facoltativamente, l’indicazione “Metallo”, ovvero il nome specificodel metallo o della lega impiegata, o per l’acciaio, l’indicazione “inox”.

2. Sugli oggetti in lega di metallo prezioso è fatto divieto di depositare metalli non preziosi, ad eccezio-ne di iridio, osmio, rodio e rutenio, con il metodo di deposizione galvanica o metodi simili.

Art. 39.1. Negli oggetti cavi di platino, palladio, oro e argento, è vietata l’introduzione di metalli non preziosi e

di sostanze di qualsiasi genere.2. Ai sensi dell’articolo 15, comma 3, del decreto sono ammesse le seguenti eccezioni:

a) negli oggetti parzialmente o totalmente rivestiti in lamina di metallo prezioso, è consentito l’uso dimastice per fissare la lamina al suo supporto, a condizione che la densità del mastice non sia supe-riore a 2,5 g/cm3 e che la sua percentuale in peso non superi il 25% del peso totale dell’oggetto, eche sia incisa l’indicazione “R” racchiusa in un quadrato, accompagnata dalla indicazione del pesodel metallo, in grammi e decimi di grammo, seguita dal simbolo “g” per i rivestimenti in platino,palladio ed oro, e alle condizioni di cui alla successiva lettera c) per i rivestimenti in argento;

b) nei piedi o basamenti di vasi, candelabri, coppe ed oggetti affini, che per praticità di uso sonorinforzati ed appesantiti, è ammessa la introduzione di un riempimento metallico, a condizioneche questo sia applicato in maniera da poter essere smontato e che risulti totalmente visibile oche, se ricoperto con piastre o coperchi metallici o non metallici, tale copertura sia fissata inmodo da poter essere, anche essa, agevolmente smontata. Su ogni parte di metallo comune, ivicomprese le piastre di copertura, deve essere impressa l’indicazione “metallo” ovvero il nome spe-cifico del metallo o della lega impiegati. Nel caso in cui la piastra di copertura sia in metallo pre-zioso, essa reca il marchio di identificazione, l’indicazione del titolo, il termine “riempito”, non-ché il peso del metallo fino espresso in grammi seguito dalla lettera “g” della piastra stessa;

c) nei manici dei coltelli è ammesso il riempimento con sostanze non metalliche senza pregiudiziodei limiti di densità, ed è consentito altresì che la lama sia fissata al manico con saldatura inmetallo non prezioso a condizione che in ogni manico sia inciso il termine “riempito” o facoltati-vamente l’indicazione “R” racchiusa in un quadrato, accompagnata dalla indicazione del pesodella lega di metallo prezioso, in grammi e decimi di grammo, seguita dal simbolo “g”. Nei

l’impresa orafa guida normativa

manici in argento, nei quali il peso del metallo prezioso è inferiore o uguale a 50 grammi, dettopeso però può essere espresso anziché col suo valore effettivo, in maniera approssimata, facendoseguire la lettera “R” (riempito) da una delle seguenti notazioni: due cifre, separate dal simbolo“÷” seguite dalla lettera “g”, nelle quali le cifre rappresentano, in grammi, i valori minimo e mas-simo entro i quali il peso stesso deve intendersi contenuto: 1÷2, 2÷3, 3÷5, 5÷7, 7÷10, 10÷13,13÷16, 16÷20, 20÷25, 25÷30, 30÷35, 35÷40, 40÷45, 45÷50.

Art. 40.1. Gli oggetti contenenti congegni a molla hanno le molle composte dello stesso metallo costitutivo

dell’oggetto, con le eccezioni di cui appresso, nelle quali è consentito l’impiego di molle in materialenon prezioso per motivi di funzionalità:a) anellini a molla, moschettoni con molle e braccialetti estensibili, ad elementi smontabili, con il

limite di peso di 1,5 grammi;b) portasigarette, accendisigari, borsette, scatole, casse da orologio e, in genere, qualsiasi altro ogget-

to nel quale la presenza di molle di acciaio è giustificata da esigenze tecniche e le molle stessesono applicate in modo visibile e distinguibile dal metallo prezioso e il loro peso non supera 1gper il platino, palladio ed oro e di 3 g per l’argento.

2. Nei casi di cui al comma 1, lettere a) e b), le molle non sono campionate per la determinazione deltitolo.

3. Se gli oggetti di cui al comma 1, lettere a) e b), sono provvisti di molle di peso superiore a quelliindicati, o di organi in acciaio di varia natura, quali viti, perni, cerniere e simili, è impressa l’indica-zione “M” (metallo) racchiusa in un quadrato ed il peso complessivo delle parti in acciaio espresse ingrammi e decimi di grammo seguito dal simbolo “g”.

CCAAPPOO VVIIIIRESPONSABILITÀ DEGLI OPERATORI,

FUNZIONI DI VIGILANZA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

Art. 41.1. I commercianti all’ingrosso ed i rivenditori di oggetti in metalli preziosi hanno l’obbligo di controlla-

re all’atto dell’acquisto della merce, la effettiva corrispondenza di essa alle indicazioni riportate neidocumenti che li accompagnano, nonché la presenza e la leggibilità delle impronte del marchio e deltitolo impresse sugli oggetti ed ogni altra eventuale indicazione la cui presenza è imposta o consentitadal presente regolamento.

Art. 42.1. La vigilanza sulla produzione e sul commercio dei metalli preziosi è esercitata dal personale delle

Camere di commercio anche nei confronti di coloro che producono, importano o rivendono oggettiplaccati, argentati o rinforzati o di fabbricazione mista.

2. Il suddetto personale, per esercitare le funzioni di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, ha frequen-tato con esito positivo un apposito corso teorico-pratico di formazione, inoltre, nell’esercizio dellasua azione di vigilanza, esibisce la tessera di cui all’articolo 20, comma 2 del decreto.

Art. 43.1. Il personale di cui all’articolo 42 ha libero accesso ai locali delle aziende soggette alla sua vigilanza, ai

sensi dell’articolo 21 del decreto, in tutto il tempo in cui questi sono aperti al pubblico o vi si esercitauna normale attività lavorativa.

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2. Quando i locali sono chiusi si procede, per accertare l’osservanza delle norme del decreto e del pre-sente regolamento, nelle forme di legge.

3. In caso di rifiuto del libero accesso, da parte del titolare dell’azienda o di chi lo sostituisce, il persona-le preposto alla vigilanza può far ricorso all’ausilio della forza pubblica.

4. L’assenza del titolare o rappresentante legale della azienda non costituisce causa di impedimento peril libero accesso del personale ispettivo della camera di commercio.

Art. 44.1. Il prelevamento delle materie prime, dei semilavorati e degli oggetti, in sede di vigilanza, si effettua

tenendo presenti, quanto alla qualità e quantità degli oggetti o delle parti di oggetto da prelevare, lemodalità di prelievo dei campioni di analisi, e tenendo presente altresì l’esigenza di effettuare per cia-scun campione di analisi, almeno quattro saggi, ove si manifesti la necessità di ripetere il saggio, peresigenza del laboratorio di analisi o su richiesta delle parti o dell’autorità giudiziaria.

2. Può essere prelevato l’intero oggetto, anche se di peso o di volume rilevante, se l’interessato preferiscenon procedere, seduta stante, al ricavo dei campioni di analisi.

3. Gli oggetti in platino, palladio, oro e argento di piccola mole o di scarso peso sono prelevati nelnumero di due o più esemplari, scelti a caso.

4. Il produttore, importatore o commerciante ha la facoltà di asportare dagli oggetti sottoposti a prelie-vo, preventivamente, le eventuali pietre preziose.

Art. 45.1. All’atto del prelevamento di oggetti da sottoporre ad accertamento del titolo su di esso impresso, il

produttore, importatore o commerciante ha il diritto di far inserire nel verbale eventuali dichiarazio-ni che ritiene utili ai fini dell’accertamento stesso ed in particolare, segnalazioni atte a favorire la clas-sificazione dell’oggetto in una delle categorie per le quali è ammessa una tolleranza sul titolo, anorma dell’articolo 3, comma 4, del decreto.

2. Il verbale di prelevamento delle materie prime o degli oggetti da sottoporre al controllo del titolo èsottoscritto dal funzionario della camera di commercio che opera il prelevamento e dal titolare dell’a-zienda o da persona che ha il potere di rappresentarlo.

3. Il detto titolare, o il suo rappresentante, è avvertito agli effetti delle disposizioni di cui agli articoli 21e 22 del decreto.

4. Sul verbale di cui al comma 2, oltre alle indicazioni prescritte a norma dell’articolo 21, comma 3, deldecreto, sono indicati il luogo e le circostanze in cui si effettua il prelevamento ed ogni altra indica-zione atta ad identificare compiutamente le persone dei verbalizzati.

5. Se il prelevamento effettuato presso aziende commerciali o che operano nei casi previsti dall’articolo17 del decreto riguarda oggetti con marchi di identificazione altrui, il titolare della azienda, o chi nel-l’occasione lo rappresenta, ha la facoltà di far inserire a verbale la formale richiesta che i reperti sianotrattenuti presso la camera di commercio competente per almeno cinque giorni, prima dei successiviadempimenti di cui all’articolo 46, affinché il produttore o i produttori, opportunamente avvertiti daesso titolare, abbiano modo di intervenire in tempo utile con proprie eventuali deduzioni.

6. In caso di assenza del titolare dell’azienda e di persona che ha il potere di rappresentarlo, le materieprime o gli oggetti prelevati sono chiusi in plichi sigillati dallo stesso funzionario che ha operato ilprelevamento, e dati in consegna alla persona, che, al momento, ha in affidamento l’azienda. La con-segna è effettuata con verbale, nel quale è notificato l’obbligo di presentare i plichi sigillati presso lasede della camera di commercio, entro il termine indicato dal verbalizzante secondo le esigenze delservizio, comunque non inferiore alle successive ventiquattro ore.

7. La procedura della consegna diretta dei campioni presso la camera di commercio da parte dell’azienda

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può anche essere disposta dal funzionario che ha proceduto al prelievo. In tal caso si osservano le moda-lità del comma 6 relativamente alla chiusura e suggellatura dei campioni e al termine di consegna.

Art. 46.1. I campioni relativi a materie prime, semilavorati e oggetti prelevati a norma degli articoli 44 e 45,

racchiusi in involucri autosigillanti debitamente firmati dal funzionario che ha effettuato il preleva-mento e dal proprietario dello stesso materiale prelevato o da chi nella occasione lo rappresenta, sonoconsegnati o inviati al prescelto laboratorio di analisi, per l’esecuzione dei necessari saggi, a cura dellostesso funzionario della camera di commercio competente che ha effettuato il prelevamento.

Art. 47.1. Il risultato del saggio è trasmesso dal laboratorio di analisi alla camera di commercio competente,

mediante apposito certificato accompagnandolo con i campioni e gli oggetti prelevati e con i residuidei campioni e degli oggetti stessi.

2. Se il titolo è riscontrato conforme a quello legale o dichiarato, tenuto conto delle tolleranze eventual-mente ammesse e dell’errore massimo ammissibile in sede di analisi, i campioni e gli oggetti preleva-ti, con i residui dei campioni e degli oggetti stessi, sono ritirati dal proprietario presso la competentecamera di commercio entro e non oltre sessanta giorni dalla data di ricevimento della relativa comu-nicazione effettuata a cura della stessa camera; trascorso tale termine la restituzione è effettuata d’uffi-cio da parte della camera di commercio a spese del proprietario stesso.

3. Copia del certificato di cui al comma 1 è rilasciata all’interessato, su richiesta del medesimo.4. Se il titolo è riscontrato non conforme a quello legale o dichiarato, tenuto conto delle tolleranze

eventualmente ammesse e dell’errore massimo ammissibile in sede di analisi, la competente cameradi commercio applica le sanzioni di cui all’articolo 25 del decreto e ne dà comunicazione alQuestore, ai sensi del comma 3, dello stesso articolo.

5. Nel caso di cui al comma 4 i frammenti degli oggetti e dei campioni, prelevati e non utilizzati perl’effettuazione del saggio, ed i residui del saggio medesimo sono trattenuti dalla camera di commer-cio, per gli eventuali adempimenti previsti dagli articoli 25 e 26 del decreto e dalle norme vigenti inmateria di sanzioni.

CCAAPPOO VVIIIIIISISTEMI DI CERTIFICAZIONE, LABORATORI DI ANALISI

Art. 48.1. I laboratori di analisi, operano, oltreché secondo quanto stabilito nel presente regolamento, secondo

i criteri generali espressi dalla norma di cui all’allegato X con particolare riferimento alle prove suimetalli preziosi eseguite secondo i metodi previsti all’articolo 11 ed assicurano la riferibilità dellemisure ai campioni nazionali.

2. I responsabili tecnici dei suddetti laboratori sono muniti del diploma di laurea o equivalente in chi-mica o in chimica industriale oppure del diploma di perito chimico.

Art. 49.1. Ai fini dell’abilitazione di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto, i laboratori interessati sono sotto-

posti a visite ispettive periodiche, condotte in conformità ai criteri generali espressi dalla norma dicui all’allegato X, da parte di ispettori per la qualità in possesso dei requisiti di cui all’articolo 50.

2. I criteri generali da seguire per la suddetta abilitazione sono i seguenti:a) presentazione della domanda, specificando le prove per le quali si chiede l’abilitazione;

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b) entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, la camera di commercio competente designaun ispettore, ed invia a quest’ultimo la documentazione per l’esame preliminare. Accertata la com-pletezza e la correttezza della documentazione l’ispettore ne dà comunicazione alla camera di com-mercio competente che provvede, sentito anche il laboratorio, a stabilire la data per la visita ispettiva;

c) l’abilitazione è concessa a seguito del buon esito della visita ispettiva e della soluzione di eventua-li non conformità emerse; entro sessanta giorni dalla prima visita ispettiva la camera di commer-cio competente rilascia l’abilitazione.

3. La vigilanza sui laboratori già abilitati ha periodicità annuale e la conferma dell’abilitazione è subor-dinata al buon esito della visita ispettiva ed alla soluzione delle eventuali non conformità emerse.

4. Le visite ispettive sono finalizzate a verificare che il laboratorio operi secondo quanto stabilito dalpresente regolamento.

5. Al termine della visita ispettiva è redatto il rapporto di verifica che, assieme ad una lista di controlloed alla documentazione comprovante la soluzione delle eventuali non conformità, è trasmessa dall’i-spettore alla camera di commercio competente per territorio. Questa provvede al rilascio o meno del-l’abilitazione oppure alla sua conferma nel caso di laboratori già abilitati.

6. La lista di controllo e la modulistica utilizzata dagli ispettori è stabilita uniformemente da Unioncamere alivello nazionale ed eventualmente aggiornata, sentito il Ministero delle attività produttive.

7. I costi relativi alle procedure di abilitazione, alle visite ispettive e alla relativa conferma annuale, sonoa carico del laboratorio richiedente l’abilitazione.

8. Presso ogni camera di commercio è tenuto un registro dei laboratori abilitati che è aggiornato a curadella camera e che la pubblica amministrazione ha facoltà di consultare gratuitamente anche median-te tecniche informatiche e telematiche. Tale registro è pubblico.

Art. 50.1. Gli ispettori per la qualità sono iscritti da ciascuna camera di commercio in un elenco consultabile su tutto

il territorio nazionale. Essi sono scelti con criteri di imparzialità e rotazione ed operano con modalità omo-genee stabilite da Unioncamere su tutto il territorio nazionale, sentito il Ministero delle attività produttive.

2. L’iscrizione all’elenco è subordinata ad almeno una delle seguenti condizioni, oltre a quella di posse-dere una comprovata esperienza nel saggio dei metalli preziosi:a) essere iscritti nell’elenco ispettori tecnici per la qualità di un ente di accreditamento di laboratori

che opera secondo la norma di cui all’allegato X e che ha stipulato ampi accordi di mutuo rico-noscimento in ambito europeo;

b) essere qualificati come ispettori interni per la qualità dei laboratori di prova delle camere di com-mercio o loro aziende speciali; tali ispettori operano nel settore del saggio dei metalli preziosi ohanno frequentato e superato un corso di qualificazione sulle analisi di saggio dei metalli preziosicondotte secondo i metodi stabiliti all’articolo 11.

3. La cancellazione dall’elenco avviene per perdita di tali requisiti o con provvedimento motivato delsegretario generale della camera di commercio.

Art. 51.1. Il fabbricante o il suo mandatario che si avvale della facoltà di certificazione aggiuntiva si rivolge ad

uno dei laboratori di analisi, oppure ad un organismo di certificazione che opera secondo le normedi cui all’allegato X e che risulta rivolto al settore produttivo dei metalli preziosi, che è accreditato daun organismo che opera secondo la norma di cui al suddetto allegato X e che ha stipulato ampiaccordi di mutuo riconoscimento in ambito europeo.

2. Se l’organismo di certificazione non provvede direttamente all’analisi di saggio, si rivolge ad uno deilaboratori di cui all’articolo 48 oppure ad un laboratorio accreditato per l’analisi dei metalli preziosi

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secondo le norme di cui all’allegato X che applica metodi di analisi di cui all’articolo 11 e opera nel-l’ambito dell’Unione europea.

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AAlllleeggaattoo XXNORME DI RIFERIMENTO PER I LABORATORI DI ANALISI

E GLI ORGANISMI DI CERTIFICAZIONE

1. (articolo 48, comma 1 e articolo 51, comma 2)

I criteri generali secondo i quali i laboratori di analisi operano sono quelli espressi dalla norma UNI CEIEN 45001 sul funzionamento dei laboratori di prova

2. (articolo 49, comma 1)

I criteri generali secondo i quali sono condotte le visite ispettive presso i laboratori interessati all’abilita-zione da parte delle camere di commercio sono quelli espressi dalla norma UNI EN 30011 – parte 1asull’attività di verifica ispettiva dei sistemi di qualità.

3. (articolo 50, comma 2)

La norma di riferimento secondo la quale opera un ente di accreditamento di laboratori è quella appar-tenente alla serie UNI CEI EN 45003 sui sistemi di accreditamento dei laboratori di prova e taratura

4. (articolo 51, comma 1)

La norme secondo cui operano gli organismi di certificazione sono quelle appartenenti alla serie UNICEI EN 45011 e UNI CEI EN 45012, mentre quelle secondo cui opera l’organismo di valutazione eaccreditamente dei suddetti organismi di certificazione sono quelle della serie UNI CEI EN 45010

Art. 52.1. Al fine di richiedere la certificazione aggiuntiva, gli interessati presentano al laboratorio o all’organi-

smo prescelto una domanda nella quale sia specificata la finalità di garantire la conformità deglioggetti, dei semilavorati e delle materie prime alle disposizioni del presente regolamento.

2. In tale domanda, inoltre, l’interessato autorizza il laboratorio o l’organismo prescelto a svolgereperiodicamente, e comunque almeno tre volte l’anno, presso le sedi di produzione e deposito, con-trolli sui lavori pronti per la vendita, mediante prelievi di campioni da sottoporre ad analisi di saggio.

3. Le modalità di prelievo sono quelle indicate agli articoli 7 e seguenti.4. Per ogni tipologia produttiva e tipo di lega utilizzata il numero di esemplari che costituisce il campio-

ne di saggio è fissato dallo schema riportato all’allegato VIII, che può essere modificato con decretodel Ministro delle attività produttive.

5. I laboratori e gli organismi di certificazione trasmettono alla rispettiva camera di commercio competente perterritorio, annualmente, un elenco aggiornato delle aziende che si avvalgono della certificazione aggiuntiva.

Art. 53.1. A seguito della domanda di certificazione, il laboratorio o l’organismo prescelto svolge una prima

visita presso l’azienda, atta a verificare che i prodotti pronti per la vendita siano conformi alle normedi legge, in particolare per quel che riguarda l’apposizione dei marchi, e prelevano un campione dianalisi con le modalità di cui all’articolo 52.

2. Se l’esito della prima visita è positivo, anche per quel che riguarda l’analisi del campione prelevato, illaboratorio o l’organismo rilascia all’azienda, entro sessanta giorni dalla visita, la certificazione di cuiall’articolo 51.

3. Su richiesta, il laboratorio o l’organismo può concedere all’azienda certificata l’uso di un logo, la cuiutilizzazione da parte dell’azienda medesima è condizionata alla permanenza della certificazione.

4. Le caratteristiche e le modalità d’uso del logo sono stabilite dal laboratorio o dall’organismo che rila-scia la certificazione.

5. L’impronta del logo suddetto è depositata presso la camera di commercio competente per territorio.All’atto dell’aggiornamento dell’elenco delle aziende certificate di cui all’articolo 52, comma 5, taleimpronta è altresì riprodotta sul registro, a fianco dell’indicazione del laboratorio o organismo checertifica l’azienda interessata.

6. Il funzionario responsabile stabilisce se l’impronta di cui al comma 4 contiene eventuali indicazioniatte a ingenerare equivoci con i titoli ed i marchi di identificazione, ed ha la facoltà di vietare, in casoaffermativo, l’uso del marchio stesso. Contro tale provvedimento è ammesso ricorso gerarchico alsegretario generale della camera di commercio competente, che può richiedere parere tecnico alMinistero delle attività produttive.

Art. 54.1. Copia dei certificati di analisi dei campioni di cui all’articolo 53, comma 1, sono inviati all’azienda

interessata che li conserva per almeno cinque anni.2. Se il laboratorio o l’organismo di certificazione verifica che i campioni saggiati non sono conformi

alle disposizioni di legge o che comunque il titolo reale riscontrato sugli oggetti è inferiore a quelloindicato, revoca la certificazione e ne dà comunicazione immediata alla camera di commercio com-petente, che provvede a cancellarla come azienda certificata secondo quanto previsto all’articolo 28,comma 1, lettera l).

3. Nel caso di cui al comma 2, l’azienda interessata può richiedere nuovamente la certificazione aggiun-tiva non prima di sei mesi.

CCAAPPOO IIXXSANZIONI

Art. 55.1. Salva l’applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto costituisca reato, la

inosservanza delle disposizioni del presente regolamento, non rientranti tra quelle già previste nell’ar-ticolo 25 del decreto, è punita con la sanzione amministrativa da euro 30,99 ad euro 309,87.

Art. 56.1. Se le infrazioni si riferiscono alla dubbia autenticità dei marchi, si procede al sequestro ed all’inoltro

all’autorità giudiziaria.2. Se le infrazioni si riferiscono all’eccessiva usura dei marchi di identificazione, ovvero all’assenza ed

all’incompletezza od alla illeggibilità delle impronte del marchio o del titolo apposte sulle materieprime o sugli oggetti, si procede al sequestro.

3. Il sequestro di cui al comma 2 è effettuato, con le stesse modalità previste dall’articolo 46, anche pergli oggetti già posti in commercio se non recano le indicazioni prescritte.

CCAAPPOO XXNORME FINALI

Art. 57.1. Il riferimento, negli articoli 11, 48, 49, 50 e 51, alle norme tecniche di cui agli allegati II e X può

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essere modificato o variato con provvedimento del Ministero delle attività produttive, in relazionealle esigenze che possono in concreto manifestarsi.

Art. 58.1. È abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1496. Il presente decre-

to, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi dellaRepubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

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Dal 5 febbraio 2000 la disciplina Iva divide l’oro in:

• oro da investimento : lingotti o placchette di peso superiore ad un grammo e

purezza non superiore a 995/1000 (rappresentato o meno da titoli) e monete d’oro

coniate dopo il 1800 con purezza non inferiore a 900/1000 che hanno avuto o

hanno corso legale e con valore che non sia superiore al 180% del valore dell0oro

contenuto;

• oro diverso dal precedente (cd. oro industriale): materiale d’oro e semilavorati di

purezza pari o superiore a 325/1000; le operazioni relative all’oro industriale sono

imponibili.

Oro da investimento: le importazioni definitive, cessioni, operazioni finanziarie e

relative prestazioni sono esenti, salva la facoltà per i soggetti passivi di optare in sede

di dichiarazione annuale per la loro imponibilità (per le importazioni i requisiti stabi-

liti devono risultare da apposita attestazione dell’importatore da rilasciare in sede di

dichiarazione doganale); rientrava nell’oro da investimento anche quello “grezzo” che

non sia necessariamente in lingotti, pani, verghe, ecc..

Per le operazioni imponibili è previsto il meccanismo per l’assolvimento dell’impo-

sta denominato Reverse charge, per il quale e’ tenuto al pagamento dell’imposta il

cessionario, anziché il cedente, come di consueto. Il cedente emetterà una fattura

senza addebito dell’imposta con l’indicazione dell’art.17, comma 5, del d.p.r.

633/1972. Il cessionario integrerà la fattura con l’Iva. e l’annoterà nel registro delle

fatture emesse o dei corrispettivi entro il mese di ricevimento e, comunque, non oltre

15 giorni dal ricevimento con riferimento al relativo mese. I corrispettivi delle impor-

tazioni devono essere indicati separatamente in dichiarazione Iva annuale e periodica.

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VI. Regime fiscale dell’oro

Chiunque effettua il commercio in oro deve dichiarare l’operazione all’Ufficio

Italiano Cambi. L’obbligo di dichiarazione, previsto dall’art. 1, comma 2, della Legge

17 gennaio 2000, n. 7, comprende le operazioni seguenti:

a) la compravendita, il prestito d’uso, il conferimento in garanzia e qualsiasi altra

operazione non finanziaria in oro;

b) la consegna materiale di oro nel compimento di operazioni finanziarie su oro;

c) il trasferimento di oro al seguito da o verso l’estero, al di fuori dei casi di esecuzio-

ne delle operazioni di cui alle lettere a) e b).

Per le operazioni indicate nella lettera a) la dichiarazione deve essere effettuata dal

venditore, dal soggetto che concede in prestito, dal garante o dal soggetto che a qual-

Analogo meccanismo vale per le cessioni di argento in lingotti e grani di purezza pari

o superiore a 900 millesimi.

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(1) Sono compresi anche i semilavorati in oro in qualsiasi forma e purezza diverso da quello da investimento nonché l’argentoin lingotti o grani, di purezza pari o superiore a 900/1000.

(2) Sono escluse le cessioni ai privati che sono sempre operazioni esenti.

REGIME FISCALE DELL’ORO

Oro industriale 1 Oro da investimento

Regime Iva Imponibile (aliquota 20%) Esenti: importazioni definiti-ve, cessioni, operazioni finan-ziarie e relative prestazioni(salvo opzione)

Modalità applicazione Iva - riverse charge: cessioni asoggetti Iva ed importazioni

- ordinaria: cessioni a privati

- fatture esente da Iva- riverse charge: se esercitata

opzione per imponibilità 2

Detrazione Integrale - Produttori, “trasformatori” e del 10.12.2000anche commercianti: integrale (opzione perNON imponibilità)

- Altri: solo per acquisti di oro da investimen-to (o industriale da trasformare in oro dainvestimento) e servizi di modifica oro; nonpossono di optare per l’imponibilità

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siasi titolo si rende cedente dell’oro. Nel caso di operazioni compiute con l’estero, la

dichiarazione deve essere effettuata dalla parte residente. Per le operazioni di cui alla

lettera b) gli intermediari finanziari effettuano la dichiarazione per l’oro materialmen-

te consegnato o ricevuto. Per le operazioni di cui alla lettera c) la dichiarazione deve

essere effettuata da chi ha il possesso dell’oro.

La dichiarazione deve contenere:

a) i dati identificativi del dichiarante;

b) i dati identificativi della controparte;

c) la data, il tipo dell’operazione, il quantitativo di oro espresso in grammi e il relati-

vo valore.

La dichiarazione va effettuata avvalendosi dell’apposito modulo e deve essere conse-

gnata ad una banca ovvero deve essere trasmessa all’Ufficio mediante lettera racco-

mandata con ricevuta di ritorno, mezzi postali similari o consegna diretta.

La dichiarazione, debitamente compilata e sottoscritta, deve essere trasmessa

all’Ufficio entro la fine del mese successivo a quello nel quale l’operazione e’ stata

compiuta.

Le operazioni del medesimo tipo, compiute con la stessa controparte nell’arco di un

mese, formano oggetto di un’unica dichiarazione nella quale deve essere indicato il

numero delle operazioni, la quantità complessiva dell’oro negoziato e il relativo valore.

Nei casi di operazioni di trasferimento al seguito verso l’estero la dichiarazione deve

essere effettuata e trasmessa all’Ufficio prima del trasferimento stesso. Copia della

dichiarazione e del documento che ne attesta l’avvenuta trasmissione all’Ufficio devo-

no accompagnare l’oro.

I dichiaranti conservano per dieci anni copia delle dichiarazioni trasmesse e della

documentazione utilizzata per la loro predisposizione.

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VII. Il prestito d’uso di oro greggio

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È una forma d’approvvigionamento di materia prima molto diffuso e semplice: con il

contratto di prestito d’uso, una banca concede in uso, ad un’azienda orafa, un certo

quantitativo di metallo prezioso affinché questi lo possa utilizzare nella sua attività.

Con questo tipo di contratto l’azienda orafa, pagando un canone periodico, prende

in prestito la quantità di oro da immettere in lavorazione, riservandosi la facoltà alla

scadenza stabilita di restituire la stessa quantità e qualità di metallo ricevuto e di

pagare un corrispettivo per l’avvenuto uso oppure di acquistare totalmente o parzial-

mente la quantità di metallo ricevuto in prestito; il prezzo sarà quello della quotazio-

ne alla data dell’acquisto.

Col prestito d’uso l’operatore orafo è in grado di posticipare l’acquisto del metallo a

momenti di mercato a lui più favorevoli, senza essere costretto ad immobilizzare

subito grossi capitali ed evitando altresì i rischi legati all’oscillazione del prezzo dell’o-

ro. Grazie al tasso di interesse applicato molto conveniente, il prestito d’uso in oro

rappresenta un’utile opportunità per gli operatori che hanno la possibilità di gestire

in economicità il mantenimento o l’accrescimento delle scorte di magazzino

Inoltre l’opzione per l’acquisto può essere esercitata in qualsiasi momento, anche

prima della scadenza del periodo convenuto. Con l’assunzione in prestito d’uso, l’im-

presa immette l’oro in lavorazione senza l’impiego di capitali necessario per l’acquisto

e la relativa assunzione di rischio di prezzo, riservandosi la possibilità di un successivo

acquisto, anche parziale, dell’oro al momento della fatturazione al cliente (con elimi-

nazione del rischio di prezzo).

Il contratto di prestito d’uso è oggetto di animate discussioni tendenti ad indivi-

duarne la natura giuridica. Dalle caratteristiche sopra descritte si evince che si tratta

di un contratto atipico in quanto, pur possedendo aspetti simili a quelli di taluni

contratti espressamente disciplinati non esiste nel nostro codice civile una fattispecie

giuridica specificatamente individuata riconducibile ad esso.

Uno dei contratti con il quale quello in esame si ritiene abbia dei punti di contatto

è il contratto di mutuo, in quanto, in entrambi i contratti, è analoga la causa che è

fondamentalmente identificabile nel finanziamento.

Esistono tuttavia sostanziali differenze tra i due contratti, in quanto, mentre nel

contratto di mutuo, che ha carattere essenzialmente reale, il trasferimento della pro-

prietà del mutuante al mutuatario avviene al momento della consegna del denaro o

di altre cose fungibili, in quello di prestito d’uso le parti contraenti convengono soli-

tamente che l’acquisito dell’oro, e quindi il trasferimento della proprietà di quest’ulti-

mo, avviene non al momento della consegna del metallo, bensì quando in alternativa

alla restituzione, viene esercitata l’opzione per l’acquisto di parte o dell’intero quanti-

tativo del metallo stesso ricevuto in prestito, con il pagamento del prezzo in base alla

quotazione di quel giorno.

Inoltre, altro elemento caratterizzante della diversità rispetto al contratto di mutuo

è che il contratto di prestito d’uso di oro contiene la clausola secondo la quale la ditta

che prende in prestito l’oro deve mantenere le proprie giacenze in detto metallo su

valori almeno equivalenti alla quantità avuta in prestito ovvero la clausola consistente

nell’impegno di non trasferire, senza il consenso del soggetto che lo ha ceduto in pre-

stito, l’oro a suo tempo ricevuto.

Pertanto, il contratto di prestito d’uso di oro greggio è da ritenere un contratto di

mutuo con l’atipicità che, per effetto delle clausole contrattuali in esso di regola con-

tenute, il trasferimento della proprietà avviene al momento dell’esercizio dell’opzione

per l’acquisto.

Tale interpretazione è stata condivisa anche dal Ministero delle Finanze, il quale ha

precisato, nelle circolari n.293/95 e 127/96, che fino al momento dell’acquisto, l’o-

perazione non ha alcuna rilevanza fiscale, salvo che per i costi di lavorazione che

dovranno essere contabilizzati come sempre. Il corrispettivo pagato alla banca per

l’uso del metallo, inoltre, è considerato esente da IVA ai sensi dell’art.10 del D.P.R. n.

633/72 anche se, trattandosi di prestazione di servizio, rientrerebbe nel campo d’ap-

plicazione dell’IVA.

Assai simile al contratto di prestito d’uso appare un’altra operazione bancaria: l’a-

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pertura di credito in oro fino con utilizzo rotativo. Con questo tipo di contratto la

Banca offre all’imprenditore la possibilità di disporre, in qualsiasi momento, di una

certa quantità di metallo che potrà essere ritirata totalmente o parzialmente e solo nel

caso in cui esistano effettive esigenze di lavoro, corrispondendo un canone periodico

calcolato sull’effettivo utilizzo dell’apertura di credito. Si potrà successivamente paga-

re o restituire il metallo entro un termine temporale che verrà stabilito all’atto delle

firma del contratto. Anche in questo caso l’offerta del servizio si abbina con un tasso

di interesse molto vantaggioso.

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Lo Statuto dei diritti del Contribuente ( Legge n. 212 del 27.07.2000, pubblicata in

Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31.07.2000), le cui disposizioni “costituiscono principi

generali dell’ordinamento tributario” (art. 1 comma 1) , stabilisce le regole di chiarezza e

trasparenza cui deve attenersi l’elaborazione della legislazione fiscale, ed inoltre disciplina

i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria ed i contribuenti, indicando precisamente le

garanzie e gli strumenti di tutela per i cittadini e le imprese. Una recente sentenza della

Corte di Cassazione (n. 17576 del 2002) ha stabilito che i “principi generali dell’ordina-

mento tributario” contenuti nello Statuto sono vincolanti per l’Amministrazione finan-

ziaria, che non può emettere atti contrari allo spirito o alla lettera dello Statuto, in quan-

to, come recita la sentenza, “il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla

portata di qualsiasi disposizione tributaria, che attenga ad ambiti disciplinati dalla Legge

212 del 2000, deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme ai principi statu-

tari”. Ciò significa che non solo le norme emanate successivamente allo Statuto, ma

anche quelle precedenti vanno interpretate alla luce delle garanzie stabilite dallo Statuto.

Perciò, lo Statuto è un prezioso strumento per le imprese che vedono accresciute le

proprie garanzie nei confronti del Fisco; esso definisce i limiti dell’azione

dell’Amministrazione finanziaria nel caso di verifiche fiscali e di controlli in azienda,

riguardo ai quali vengono disciplinate le modalità di accesso, di ispezione e verifica;

esso stabilisce inoltre che l’azione di controllo non deve intralciare il normale eserci-

zio dell’attività e non deve pregiudicare le relazioni commerciali del contribuente.

I principi contenuti nello statuto si applicano anche agli Enti locali e di conseguen-

za al contenzioso tributario con Regioni, Province e Comuni.

Riportiamo una sintesi degli aspetti principali dello Statuto, precisando che i perio-

di compresi tra le virgolette sono citazioni testuali della Legge.

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VIII. Lo statuto del contribuente Le garanzie per i cittadini nei confronti del Fisco

1. Principi generali (art. 1)

Lo Statuto costituisce principio generale dell’ordinamento tributario e può essere

modificato solo espressamente e mai con leggi speciali

L’adozione di norme interpretative è ammessa solo in casi eccezionali e con legge

ordinaria, “qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica”.

2. Caratteri della legislazione fiscale

Chiarezza e trasparenza delle norme tributarie (art. 2) : le leggi tributarie, così

come le loro partizioni interne e i singoli articoli, devono menzionare il proprio

oggetto nel titolo; il contenuto delle altre leggi richiamate va indicato in sintesi, per

facilitarne la lettura comparata.

Fatte salve le disposizioni interpretative, le norme tributarie non possono avere

effetto retroattivo. Le modifiche a tributi periodici (es. IRPEF, IRAP) “si applicano

solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in

vigore delle disposizioni che le prevedono” (art. 3 comma 1).

Le disposizioni che prevedono nuovi adempimenti non si applicano prima che

siano trascorsi 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge o dei provvedimen-

ti di attuazione (art. 3 comma 2).

I termini di prescrizione e di decadenza degli accertamenti non possono essere pro-

rogati (art. 3 comma 3).

Con decreto legge non possono né essere istituiti nuovi tributi né applicare tributi

esistenti ad altre categorie di contribuenti. Tale possibilità è riservata solo alle leggi

ordinarie (art. 4).

3. Informazione del contribuente (art. 5)

L’Amministrazione finanziaria deve adottare tutte le iniziative idonee a far sì che i con-

tribuenti possano conoscere, anche in tempo reale, le disposizioni legislative e ammini-

strative in materia tributaria. L’applicazione di questa importantissima disposizione ha

indotto l’Amministrazione ad una maggiore tempestività e capillarità della pubblicazione

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degli atti e delle disposizioni in materia fiscale che, secondo la legge, devono essere posti

gratuitamente a disposizione dei contribuenti (art. 5 comma 1). Segnaliamo che, in virtù

di tale norma, circolari e risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria sono consultabili,

con libero accesso da parte di chiunque, sul sito www.agenziaentrate.it .

4. Conoscenza degli atti e semplificazione (art. 6)

L’articolo detta alcune significative disposizioni in materia di obbligo di informa-

zione e tutela del contribuente. Innanzitutto, l’amministrazione deve assicurare al

contribuente la conoscenza degli atti a lui destinati, comunicandoglieli al suo effetti-

vo domicilio ovvero nel luogo ove egli ha eletto il domicilio. “Gli atti sono in ogni

caso comunicati con modalità idonee a garantire che il loro contenuto non sia cono-

sciuto da soggetti diversi dal loro destinatario” (comma 1).

“L’Amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza dai

quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di

una sanzione” (comma 2), per dargli la possibilità di presentare integrazioni o effet-

tuare correzioni senza dover ricorrere immediatamente al contenzioso per ottenere il

riconoscimento di un credito o l’annullamento della sanzione.

L’Amministrazione deve garantire “che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e, in

generale, ogni altra propria comunicazione siano messi a disposizione del contribuente

in tempi utili e siano comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in

materia tributaria e che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con il

minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli” (comma 3).

“Al contribuente non possono, in ogni caso, essere chiesti documenti e informazio-

ni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni indica-

te dal contribuente” (comma 4).

Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione delle dichiara-

zioni, “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione,

l’Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio

postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i docu-

menti mancanti” entro un termine minimo di 30 giorni dalla data di ricezione della

richiesta. La stessa disposizione si applica “qualora, a seguito della liquidazione, emer-

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ga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto”. I provve-

dimenti emessi in violazione di tali disposizioni sono nulli (comma 5).

5. Chiarezza e motivazione degli atti (art. 7)

Gli atti notificati dall’Amministrazione finanziaria devono tassativamente, a pena

di nullità (commi 1 e 2):

a. essere motivati, indicando presupposti di fatto e ragioni giuridiche alla base delle

decisioni dell’Amministrazione, in modo tale da garantire il diritto alla difesa del

contribuente. Eventuali atti a cui l’Amministrazione fa riferimento nella sua

richiesta devono esservi allegati ovvero il loro contenuto deve essere adeguatamen-

te richiamato nella motivazione;

b. indicare l’ufficio presso cui è possibile ottenere informazioni e il responsabile del

procedimento;

c. indicare l’organo presso il quale è possibile promuovere un riesame dell’atto,

anche nel merito, in sede di autotutela ( l’autotutela è lo strumento attraverso cui

la stessa amministrazione che ha promosso l’atto può deciderne l’annullamento,

qualora ne verifichi l’infondatezza);

d. indicare le modalità, i termini, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa

competente per proporre ricorso.

Il titolo esecutivo (il ruolo) deve riportare il riferimento all’eventuale precedente

atto di accertamento o la motivazione della pretesa tributaria (comma 3), nonché il

codice fiscale del contribuente.

“La natura tributaria dell’atto notificato non preclude il ricorso agli organi di giu-

stizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti” (comma 4).

6. Tutela dell’integrità patrimoniale (art. 8)

Le obbligazioni tributarie possono essere estinte anche per compensazione con altre

imposte (comma 1).

“E’ ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui, senza liberazione del contribuen-

te originario” (comma 2).

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Al contribuente dovrà essere rimborsato il costo delle fideiussioni richieste per otte-

nere la sospensione del pagamento, la rateizzazione o il rimborso dei tributi, qualora

sia definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta o era dovuta in misura

inferiore (comma 4).

L’obbligo di conservazione di atti e documenti ai fini tributari non può eccedere il

termine di 10 anni (comma 5).

7. Remissione in termini (art. 9)

In casi particolari (cause di forza maggiore o eventi eccezionali e imprevedibili), il

Ministro delle Finanze può rimettere in termini i contribuenti o sospendere il termi-

ne per l’adempimento degli obblighi tributari.

8. Errori del contribuente (art. 10)

“I rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al prin-

cipio della collaborazione e della buona fede” (comma 1).

Pertanto, il contribuente non dovrà subire sanzioni pecuniarie nel caso che “egli si

sia conformato ad indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria,

ancorché successivamente modificate dall’Amministrazione medesima” oppure se il

comportamento del contribuente sia stato determinato da ritardi, errori od omissioni

dell’Amministrazione (comma 2).

Parimenti, il contribuente non può essere sottoposto a sanzioni “quando la viola-

zione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di

applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione for-

male senza alcun debito di imposta” (comma 3). Non sono perciò punibili gli errori

formali che non hanno inciso sulla corretta determinazione dei tributi dovuti.

9. Diritto di interpello del contribuente (art. 11)

Ogni contribuente potrà interpellare per iscritto l’Amministrazione finanziaria su

casi concreti e personali, “qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla cor-

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retta interpretazione delle disposizioni”, proponendo all’Amministrazione un’inter-

pretazione della norma e chiedendo di valutarne preventivamente la correttezza,

prima di porre in essere un comportamento rilevante ai fini tributari (ad esempio,

prima di presentare la dichiarazione od assolvere ad un’imposta o di emettere una fat-

tura). La presentazione dell’istanza di interpello non sospende i termini per l’adempi-

mento degli obblighi tributari, né interrompe i termini di prescrizione. In ogni caso,

l’Amministrazione è tenuta a fornire risposta scritta e motivata entro 120 giorni

(comma 1).

La risposta dell’Amministrazione è vincolante limitatamente alla questione oggetto

dell’istanza e al richiedente, anche se ovviamente essa costituisce un punto di riferi-

mento per tutti i contribuenti che si trovano in situazioni analoghe. A questo propo-

sito, va sottolineato che le “obiettive condizioni di incertezza” necessarie per proporre

l’interpello non sussistono quando l’Amministrazione abbia già fornito una soluzione

interpretativa a casi analoghi che sia stata pubblicata nelle banche dati aperte al pub-

blico dei siti internet www.agenziaentrate.it o www.finanze.it . In tal caso,

l’Amministrazione dovrà comunque rispondere alle istanze presentate indicando

almeno gli estremi dei documenti contenenti la soluzione richiesta e il modo in cui

essi sono reperibili.

L’interpello è ammesso solo riguardo all’interpretazione di norme primarie e secon-

darie (leggi, decreti e regolamenti) ad esclusione di atti privi di contenuto normativo,

quali circolari e risoluzioni. Inoltre, la procedura d’interpello prevista dallo Statuto

non si applica alle materie relative all’interpello per l’applicazione delle disposizioni

antielusive di cui alla legge 413/91, tra cui le problematiche relative alle spese di pub-

blicità, propaganda e rappresentanza.

L’interpello previsto dallo Statuto non va inoltre confuso con l’istanza prevista dal-

l’art. 37 bis comma 8 del DPR 600/1973, finalizzata ad ottenere la disapplicazione di

norme tributarie che limitano deduzioni e detrazioni.

L’istanza d’interpello può essere presentata dai singoli contribuenti, dai sostituti

d’imposta (limitatamente alle questioni riguardanti le ritenute alla fonte) e dai sog-

getti obbligati al versamento di imposte per conto dei loro clienti (ad es. i notai). Le

associazioni di categoria e gli ordini professionali non possono presentare istanze

d’interpello per conto dei loro iscritti, ma potranno continuare a richiedere la consu-

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lenza giuridica dell’Amministrazione secondo le modalità illustrate nella circolare

99/E del 18 maggio 2000. Tali richieste di pareri non produrranno gli effetti propri

dell’interpello previsto dallo Statuto.

L’istanza va presentata in carta libera, essendo esente dall’imposta di bollo, alla

Direzione regionale delle Entrate competente per territorio, mediante consegna a

mano o tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, in plico senza busta.

L’istanza, che deve essere sottoscritta dal contribuente o dal suo legale rappresen-

tante, deve contenere, a pena di nullità, i dati identificativi del contribuente, la

descrizione precisa del caso da trattare, l’indicazione del domicilio dove

l’Amministrazione deve indirizzare le sue comunicazioni. In mancanza della firma del

contribuente sull’istanza, l’Amministrazione dovrà invitare il contribuente a recarsi

presso i propri uffici per sottoscrivere l’istanza nel termine di 30 giorni dal ricevimen-

to dell’invito. All’istanza può essere allegata documentazione relativa all’oggetto del-

l’istanza.

Se l’Amministrazione non risponde entro il termine di 120 giorni dalla data di

ricezione dell’istanza si applica il principio del silenzio-assenso, e quindi si ritiene che

“l’Amministrazione concordi con l’interpretazione o il comportamento prospettato

dal contribuente”. La risposta dell’Amministrazione può giungere al contribuente

mediante notifica, raccomandata con avviso di ritorno, fax o e-mail.

L’Amministrazione può chiedere al contribuente di integrare la documentazione esi-

bita, sospendendo per una sola volta i termini per la risposta fino alla trasmissione dei

documenti richiesti. Ulteriori inviti a produrre documenti, anche se motivati, non

interrompono i termini.

Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato

dall’Amministrazione in contrasto con la risposta è nullo. Ciò vale anche laddove si è

applicato il principio del silenzio assenso nei confronti della soluzione prospettata dal

contribuente nell’istanza d’interpello (comma 2).

Il contribuente che non abbia ricevuto risposta dall’Amministrazione entro i 120

giorni non può essere sottoposto a sanzioni, da parte dell’Amministrazione finanzia-

ria, riguardo alla questione oggetto dell’interpello (comma 3).

Va comunque ricordato che le interpretazioni dell’Amministrazione (quindi anche

le risposte alle istanze d’interpello), secondo quanto sancito dalla Cassazione, Sezione

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I civile, con sentenza N. 11931 del 17 novembre 1995, non rappresentano fonte di

diritto e quindi sono contestabili in sede giudiziaria. Le risposte alle istanze sono per-

ciò vincolanti unicamente per gli uffici finanziari gerarchicamente sottoposti, che

infatti dovranno attenersi a quanto stabilito nella risposta e non potranno emettere

atti in difformità dai suoi contenuti.

L’Amministrazione può comunicare una nuova risposta al contribuente dopo il ter-

mine dei 120 giorni, per rettificare la risposta data in forma esplicita o mediante silen-

zio-assenso. Le risposte rettificative dell’Amministrazione hanno però effetto solo sui

comportamenti successivi del contribuente e non su quello indicato nell’istanza di

interpello, se già posto in essere. In conseguenza di una rettifica dell’Amministrazione,

possono verificarsi due casi :

a) se il contribuente si è già uniformato all’interpretazione prospettata

dall’Amministrazione (in caso di risposta già data) o implicitamente condivisa (in

caso di silenzio-assenso), nulla può essergli contestato e gli atti emanati in diffor-

mità dalla prima risposta sono nulli.

b) Se invece il contribuente non ha ancora posto in essere alcun comportamento in

ordine alle questioni oggetto dell’istanza, l’Amministrazione potrà procedere al

recupero delle imposte con i relativi interessi, senza però applicare sanzioni.

Nel caso in cui l’istanza di interpello riguardi questioni simili sollevate da un

numero elevato di contribuenti, l’Amministrazione finanziaria può rispondere attra-

verso circolari o risoluzioni tempestivamente rese pubbliche (comma 4). In questo

caso l’Amministrazione dovrà comunque comunicarne ai contribuenti interessati gli

estremi e le modalità di reperimento.

L’applicazione del diritto di interpello è stata regolamentata dal decreto del Ministro

elle Finanze del 26 aprile 2001 e dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 50 del 31

maggio 2001, cui si è fatto ampio riferimento nella stesura di questo paragrafo.

10. Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali (art. 12)

La norma introduce alcuni importanti principi di carattere generale a tutela del

contribuente sottoposto a verifiche.

Innanzitutto, accessi, ispezioni e verifiche nei locali dell’impresa sono effettuati

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“sulla base di effettive esigenze di indagine e di controllo sul luogo” e devono svolger-

si “salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordi-

nario di esercizio dell’attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possi-

bile allo svolgimento delle attività nonché alle relazioni commerciali o professionali

del contribuente” (comma 1). Le verifiche devono sempre essere autorizzate dal capo

dell’ufficio dell’Amministrazione finanziaria o degli altri organi addetti ai controlli. È

dunque buona norma richiedere al personale che conduce le ispezioni la visione del-

l’ordine di servizio che prevede la verifica in corso. Si sottolinea che, per quanto

riguarda la Guardia di Finanza, la consegna al contribuente di copia del foglio di ser-

vizio è esplicitamente prevista dalla circolare 1/1998 e ribadita dalla circolare 250400

del 17 agosto 2000 del Comando generale della Guardia di Finanza. Se i locali del-

l’impresa coincidono con l’abitazione del contribuente occorre l’autorizzazione del

Procuratore della Repubblica presso il tribunale. Ispezioni effettuate senza le prescrit-

te autorizzazioni comportano la nullità dei successivi avvisi di accertamento

(Sentenze della Cassazione n. 15209/2001 e 15230/2001) .

All’inizio della verifica “il contribuente ha il diritto di essere informato delle ragioni

che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere

da un professionista abilitato alla difesa davanti agli organi di giustizia tributaria,

nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasio-

ne delle verifiche” (comma 2).

L’esame della documentazione può avvenire, su richiesta del contribuente, nell’uffi-

cio dei verificatori o del professionista che lo assiste (comma 3).

Le osservazioni del contribuente e del professionista che lo assiste, anche riguardanti

il comportamento dei verificatori, vanno riportate nel verbale di verifica (comma 4).

La permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente non può superare, di

norma, i 30 giorni lavorativi, prorogabili di altri 30 giorni “nei casi di particolare

complessità dell’indagine, individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio”. Decorso

tale termine, i verificatori potranno tornare nella sede del contribuente solo per esa-

minare osservazioni e richieste da lui presentate oppure per specifiche ragioni, moti-

vate dal dirigente dell’ufficio. (comma 5).

Se il contribuente ritiene che i verificatori procedano con modalità non conformi

alla legge, può rivolgersi al Garante del contribuente (comma 6), che, come si vedrà

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più avanti, può sollecitare gli Uffici finanziari, sulla base delle segnalazioni dei contri-

buenti, al rispetto delle regole previste per le verifiche nonché ad avviare procedimen-

ti disciplinari nei confronti del personale che si sia comportato in maniera non

conforme alle regole. A questo proposito, l’art. 15 dello Statuto prevede, da parte del

Ministero delle Finanze, l’emanazione di un codice di comportamento per regolare

l’attività del personale addetto alle verifiche tributarie, che però non è stato ancora

definito.

Al termine delle operazioni di verifica, dopo il rilascio della copia del verbale di

chiusura al contribuente, egli ha sessanta giorni di tempo per comunicare osservazio-

ni e richieste agli uffici, che dovranno valutarle. L’avviso di accertamento non può

essere emesso prima della scadenza del termine dei sessanta giorni.

11. Il Garante del contribuente (Art. 13)

Il Garante del contribuente è istituito presso ogni Direzione Regionale delle

Entrate ed è composto da tre membri scelti tra appartenenti al mondo accademico,

delle professioni o all’Amministrazione finanziaria.

Il Garante, autonomamente o “sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal

contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato che lamenti irregolarità, scorret-

tezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque altro comporta-

mento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra cittadini e Amministrazione

finanziaria, rivolge richieste di documenti o chiarimenti agli uffici competenti, i quali

rispondono entro trenta giorni”; inoltre, potrà attivare procedure di autotutela che

prevedono, da parte dell’Amministrazione finanziaria, l’annullamento di atti di accer-

tamento o riscossione emessi senza fondati motivi (comma 6) .

Il Garante potrà richiamare gli uffici al rispetto delle disposizioni dello Statuto in

materia di informazione del contribuente ed al rispetto delle procedure e delle garan-

zie del cittadino durante le verifiche fiscali, nonché all’osservanza dei tempi e delle

modalità di rimborso delle imposte; inoltre, il Garante potrà segnalare alla Direzione

Regionale delle Entrate ed al Comando della Guardia di Finanza tutte le disfunzioni

dell’Amministrazione finanziaria che recano pregiudizio ai contribuenti, per l’even-

tuale avvio di un procedimento disciplinare (comma 11).

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Gli indirizzi ed i recapiti telefonici degli uffici del Garante, presso le Direzioni

Regionali delle Entrate, sono i seguenti:

Abruzzo 0862/648301 Corso Federico II, 9 L’Aquila

Bolzano 0471/443218 Piazza Tribunale, 2 Bolzano

Basilicata 0971/337231 Via dei Mille Potenza

Calabria 0961/720145 Via Acri, 19 Catanzaro

Campania 081/4281699 Via Diaz, 11 Napoli

Emilia Romagna 051/6002831 Via Larga, 35 Bologna

Friuli Venezia G. 040/4198412 Largo Panfili, 2 Trieste

Lazio 06/48776240 Gal. Reg. Margherita Roma

Liguria 010/5548250 Via Fiume, 2 Genova

Lombardia 02/62892763 Via Manin, 25 Milano

Marche 071/2080362 Corso Mazzini, 55 Ancona

Molise 0874/411125 Via Scatolone, 4 Campobasso

Piemonte 011/5587066 Corso Vinzaglio, 8 Torino

Puglia 080/5210689 Piazza Massari, 50 Bari

Sardegna 070/4090301 Via Bacaredda, 27 Cagliari

Sicilia 091/588317 Piazza Marina Palermo

Toscana 055/4978213 Via Della Fortezza, 8 Firenze

Trento 0461/263865 Via Vannetti, 15 Trento

Umbria 075/5033109 Via Canali, 12 Perugia

Valle D’Aosta 0165/262235 Piazza Manzetti, 2 Aosta

Veneto 041/2409545 Cannaregio, 1753 Venezia

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1. La sicurezza degli impianti (legge 46/90)

Una normativa di grande importanza per gli esercizi commerciali ed i laboratori

artigiani è quella che detta le regole sulla sicurezza degli impianti; essa è contenuta

nella Legge 5 marzo 1990 n. 46 e nel suo Regolamento di attuazione (D.P.R. 6

dicembre 1991 n. 447).

Le disposizioni della L. 46/90 si applicano ai seguenti impianti: elettrici, idrosani-

tari, di riscaldamento e climatizzazione, elettronici, gas, ascensori e montacarichi,

protezione antincendio e da scariche atmosferiche, radiotelevisivi. Fino all’entrata in

vigore della Legge 23 agosto 2003 n. 200 le disposizioni della L. 46/90 si applicava-

no, nel caso delle imprese, esclusivamente agli impianti elettrici.

Dal 1 gennaio 2005, per effetto della citata legge 200/2003, le norme della 46/90

si applicheranno a tutte le imprese, di qualsiasi tipologia e dimensione, per ogni

genere di impianti.

Riassumiamo di seguito gli adempimenti principali previsti dalla legge.

Innanzitutto, la realizzazione e la manutenzione straordinaria degli impianti può

essere effettuata esclusivamente da imprese i cui requisiti tecnico-professionali siano

stati riconosciuti dalla Commissione provinciale per l’artigianato o da una apposita

commissione della Camera di Commercio (artt. 2 e 4). Le imprese abilitate saranno

perciò dotate di certificato di riconoscimento rilasciato dalle suddette commissioni.

Il committente dei lavori (e cioè, nel nostro caso, il titolare del negozio o del labo-

ratorio) prima di affidarne l’esecuzione, dovrà accertarsi che le imprese installatrici

siano abilitate ai sensi di legge (art.10).

Per l’installazione, trasformazione o ampliamento, tra gli altri, di impianti elettrici

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IX. Normative di sicurezza per negozi e laboratori orafi

in esercizi di superficie superiore a 200 mq o con alimentazione superiore a 1000 V o

di impianti di riscaldamento, è obbligatoria la redazione di un progetto, contenente

gli schemi dell’impianto, i disegni planimetrici ed una relazione tecnica sulla consi-

stenza e la tipologia dell’installazione, da parte di un professionista iscritto al relativo

albo professionale (art. 4 D.P.R. 447/91).

Gli impianti devono essere realizzati secondo le norme tecniche di sicurezza

dell’Ente Italiano di Unificazione e del Comitato Elettrotecnico Italiano e nel rispetto

di quanto prescritto dalla legislazione tecnica in materia.

In particolare, gli impianti elettrici dovranno essere dotati di impianti di messa a

terra e di interruttori differenziali ad alta sensibilità o altri sistemi di sicurezza equiva-

lenti (art.7 L. 46/90).

Al termine dei lavori, l’impresa installatrice dovrà rilasciare al committente dei

lavori una dichiarazione di conformità dell’impianto alle vigenti norme tecniche con

una relazione sui materiali impiegati (art.9).

Il titolare dell’impresa presso la quale è stato installato l’impianto dovrà conservare in

azienda la dichiarazione di conformità e le altre documentazioni relative all’impianto.

Tali documenti andranno a far parte della documentazione di sicurezza dell’azienda.

Copia della dichiarazione di conformità e del progetto dovrà essere depositata presso il

Comune a cura dell’impresa installatrice entro 30 giorni dal termine dei lavori (art.13).

Il rilascio del certificato di agibilità da parte del Comune è subordinato alla presen-

tazione della dichiarazione di conformità.

Per quanto riguarda i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e gli

impianti di messa a terra, secondo quanto disposto dal DPR 22 ottobre 2001 n. 462, la

dichiarazione di conformità, che equivale all’omologazione dell’impianto, va depositata

entro trenta giorni dalla messa in esercizio degli impianti presso l’ISPESL e la ASL o

l’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione del’Ambiente), nonché presso lo Sportello

Unico per le Attività Produttive del Comune, se attivato. Il datore di lavoro è tenuto a

far verificare questi ultimi impianti ogni 5 anni da parte del’ASL o dall’ARPA o da altro

organismo autorizzato, a proprie spese. Il verbale relativo alla verifica periodica, redatto

dall’organismo di controllo, deve essere conservato in azienda.

La legge prevede sanzioni pecuniarie molto pesanti, da Euro 516 a 5164, per la

mancata osservanza delle disposizioni richiamate.

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Si tenga presente che affidare i lavori relativi agli impianti elettrici ad imprese non

abilitate comporta ulteriori rischi molto gravi oltre alle sanzioni amministrative previ-

ste dalla L. 46/90, in quanto, qualora si verifichino degli incidenti causati dall’im-

pianto, il titolare dell’attività sarà chiamato a risponderne in prima persona se non

potrà dimostrare di aver commissionato i lavori ad imprese abilitate e di essere in

possesso della dichiarazione di conformità.

2. Il d.lgs. 626/94: sicurezza e salute nei luoghi di lavoro

Il Decreto Legislativo 626/94, poi modificato dal Decreto Legislativo 242/96, che

ne ha semplificato in parte gli adempimenti, ha sistematizzato e parzialmente innova-

to le precedenti disposizioni in materia di tutela della sicurezza dei lavoratori sui luo-

ghi di lavoro (contenute essenzialmente nel D.P.R. 547/55 per gli infortuni sul lavoro

e nel D.P.R. 303/56 riguardante l’igiene dei luoghi di lavoro), dettando una serie di

prescrizioni ispirate all’esigenza di prevenire i rischi per la salute e l’integrità fisica dei

lavoratori.

Il D. Lgs. 626/94 si applica a tutte le imprese che impiegano lavoratori subordinati

o ad essi equiparati.

Esso prevede una serie di adempimenti, sia amministrativi che operativi, a carico

del datore di lavoro; inoltre, esso definisce i ruoli di responsabilità rispetto alla sicu-

rezza in azienda, oltre a riassumere e rinnovare parzialmente le norme sulle caratteri-

stiche dei locali e sulle condizioni di lavoro.

Vediamo in sintesi le prescrizioni più importanti per le imprese commerciali ed

artigianali.

Il datore di lavoro, quale responsabile ultimo della sicurezza in azienda, ha l’obbligo di

effettuare la valutazione dei rischi presenti in azienda durante l’attività lavorativa, deri-

vanti dalla tipologia di attività, dalle lavorazioni svolte, dall’uso delle attrezzature e dalla

manipolazione delle materie prime, dalle caratteristiche strutturali dei locali di lavoro.

Il datore di lavoro dovrà poi individuare le misure di prevenzione e protezione dai

rischi nonché i dispositivi di protezione individuale (ad es. indumenti protettivi) che

i lavoratori dovranno obbligatoriamente adottare se addetti a lavorazioni che presen-

tano dei rischi.

l’impresa orafa guida normativa

Il datore di lavoro deve inoltre elaborare il documento di valutazione dei rischi, che

conterrà tutte le indicazioni relative ai criteri adottati per individuare i rischi, alle

misure di prevenzione ed alla loro attuazione ed ai dispositivi di protezione indivi-

duale per i lavoratori.

Ogni qualvolta cambino le condizioni di lavoro in azienda, a seguito di modifiche

nei locali o nelle attrezzature, la valutazione dei rischi dovrà essere ripetuta ed il relati-

vo documento andrà aggiornato.

Le aziende familiari e quelle fino a dieci dipendenti sono esonerate dalla stesura del

documento di valutazione del rischio.

In tal caso il datore di lavoro potrà limitarsi ad effettuare una autocertificazione

nella quale si attesta l’avvenuta valutazione dei rischi.

Nel computo dei dipendenti vanno inseriti, oltre ai dipendenti a tempo indetermina-

to: i lavoratori con contratto di formazione e lavoro, i lavoratori stagionali (solo se il loro

inserimento è indispensabile per il ciclo produttivo), i soci lavoratori di cooperative o di

società, gli apprendisti, i lavoratori part-time in misura al numero di ore contrattualmen-

te previste. Non vanno invece computati i collaboratori familiari, i lavoratori in prova e

quelli a tempo determinato che sostituiscono lavoratori assenti con diritto alla conserva-

zione del posto, i lavoratori con rapporto di agenzia e di rappresentanza commerciale.

L’autocertificazione dovrà contenere i seguenti dati: generalità dell’azienda e del

datore di lavoro, attività svolta, nominativo del responsabile del servizio di prevenzio-

ne, dichiarazione dell’avvenuta valutazione dei rischi e dell’individuazione delle misu-

re preventive e di sicurezza.

Sia il documento di valutazione dei rischi che l’eventuale autocertificazione sostitu-

tiva vanno obbligatoriamente conservati in azienda.

Va sottolineato che il decreto 626/94 ha rivoluzionato la gestione della sicurezza in

azienda, individuando una serie di nuovi ruoli a cui sarà affidata la messa in pratica

dell’attività di prevenzione dei rischi e cioè:

• il responsabile del servizio di prevenzione e protezione

• gli addetti al servizio di prevenzione e protezione

• il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

Il datore di lavoro ha l’obbligo di istituire il servizio di prevenzione e protezione e

designarne il responsabile e gli addetti.

l’impresa orafa guida normativa

Il servizio può essere svolto da personale interno all’azienda o da consulenti e tecni-

ci esterni, in possesso di capacità e requisiti adeguati alla natura dei rischi presenti sul

luogo di lavoro. Tanto il responsabile che gli addetti devono avere come requisiti

minimi un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superio-

re ed il possesso di un attestato di frequenza di corsi di formazione in materia di pre-

venzione dei rischi. Il responsabile dovrà inoltre frequentare uno specifico corso in

materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e psico-

sociale, di organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative, di tecniche

di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali.. Sono esonerati dalla frequenza

dei corsi i soggetti in possesso di laurea triennale in “Ingegneria della sicurezza”,

“Scienze della sicurezza” o di “Tecnico della prevenzione”.

I suddetti requisiti sono stati introdotti dall’art. 8-bis D. Lgs. 626/94, introdotto

dal Decreto Legislativo n. 195 del 23 giugno 2003; il Decreto fa comunque salva la

posizione di chi già esercitava le funzioni di responsabile o di addetto, stabilendo che

coloro che possono dimostrare di svolgere tali mansioni da almeno sei mesi dalla data

di entrata in vigore del decreto (13 agosto) potranno continuare a patto che frequen-

tino entro un anno il corso di formazione sulla prevenzione dei rischi presenti sul

luogo di lavoro. Fino all’organizzazione di tali corsi secondo le previsioni della nuova

normativa, anche i soggetti privi dei sei mesi di esperienza nelle mansioni di respon-

sabile e addetto potranno ricoprire tali ruoli, purché in possesso di diploma di istru-

zione superiore e di attestato di frequenza dei corsi di formazione organizzati in base

al Dm 16 gennaio 1997.

È bene ricordare che, anche quando il responsabile del servizio sia una persona

esterna all’azienda, la responsabilità ultima della sicurezza aziendale ricade comunque

sul datore di lavoro (art. 2087 Codice Civile).

Il nominativo del responsabile deve essere comunicato agli organi di vigilanza (ASL

ed Ispettorato del Lavoro) unitamente al suo curriculum professionale.

Il servizio collabora con il datore di lavoro nell’individuazione e nella valutazione

dei rischi e delle misure di prevenzione e protezione da attuare; provvede inoltre

all’informazione ed alla formazione dei lavoratori sui rischi ed organizza la riunione

periodica (obbligatoria solo nelle aziende con più di 15 dipendenti, con cadenza

annuale) con i lavoratori sulla prevenzione e protezione.

l’impresa orafa guida normativa

Il datore di lavoro può assumere in prima persona, nelle aziende fino a 200 dipen-

denti, il ruolo di responsabile del servizio di prevenzione.

Il datore di lavoro che svolga direttamente tali compiti dovrà inviare agli organi di

vigilanza comunicazione dell’avvenuta valutazione dei rischi e della redazione del

documento o dell’autocertificazione, unitamente ad una dichiarazione attestante la

capacità di svolgimento di tali compiti, l’attestazione di frequenza del corso di forma-

zione, una relazione sugli infortuni in azienda relativa agli ultimi tre anni in base ai

dati del registro infortuni.

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza dovrà essere consultato dal datore di

lavoro in occasione della valutazione dei rischi, della designazione del responsabile e

degli addetti del servizio di prevenzione e riguardo alla formazione dei lavoratori.

Il rappresentante è scelto dai lavoratori riuniti in assemblea e della sua elezione

deve essere redatto un verbale sintetico, da conservarsi unitamente agli altri docu-

menti riguardanti la sicurezza aziendale.

Il rappresentante dei lavoratori ha diritto a ricevere, a cura del datore di lavoro, una

apposita formazione in materia di salute e sicurezza, della durata minima di 32 ore.

L’attestazione di tale formazione deve essere conservata in azienda.

Il datore di lavoro ha inoltre l’obbligo di informare i lavoratori sui rischi e sulle

misure di prevenzione, nonché sulle procedure da adottare in caso di pericolo e sui

nominativi degli addetti al servizio di prevenzione e protezione.

Inoltre, i lavoratori dovranno essere adeguatamente informati sui rischi connessi

alle proprie specifiche mansioni.

Gli eventuali addetti al servizio antincendio dovranno ricevere una apposita forma-

zione.

I lavoratori hanno precisi obblighi prescritti dal decreto, da rispettare a pena di san-

zioni penali ed amministrative o del licenziamento: essi devono osservare le disposi-

zioni impartite dal datore di lavoro in materia di sicurezza ed utilizzare correttamente

le attrezzature ed i dispositivi di protezione forniti dal datore di lavoro, non utilizzare

attrezzature o svolgere qualsiasi incarico se non autorizzati, non effettuare operazioni

che possano mettere in pericolo altri lavoratori, cooperare con il datore di lavoro al

mantenimento delle condizioni di sicurezza.

Riguardo alla gestione delle emergenze, il datore di lavoro dovrà assicurarsi che

l’impresa orafa guida normativa

tutti i lavoratori siano in grado di abbandonare la propria postazione di lavoro per

mettersi in salvo rapidamente.

È opportuno tenere in luogo ben visibile un cartello con gli indirizzi ed i numeri

di telefono utili in caso di emergenza (Vigili del Fuoco, Pronto Soccorso, etc.). È

inoltre obbligatorio tenere a disposizione una dotazione minima di materiale per il

primo soccorso o, nelle aziende con 5 o più dipendenti, una cassetta di pronto soc-

corso.

Per quanto riguarda la figura del medico competente, essa è prescritta solo laddove

sia previsto l’obbligo della sorveglianza sanitaria, (art. 33 del D.P.R. 303/56).

Nel caso dei laboratori orafi, tale obbligo è previsto per le lavorazioni che utilizzino,

per operazioni di lucidatura, saldatura, fusione, etc., sostanze potenzialmente danno-

se quali cadmio, arsenico, mercurio, resine, solventi etc.

Le attività commerciali in genere sono escluse dall’obbligo della sorveglianza sanita-

ria e non sono pertanto tenute alla nomina del medico competente.

Si tenga però presente che gli addetti alla movimentazione di carichi superiori a 30

Kg. e gli operatori al videoterminale (esclusi i registratori di cassa) che utilizzano l’at-

trezzatura, in modo sistematico ed abituale, per almeno 20 ore settimanali, dedotte le

pause di 15 minuti ogni 2 ore previste dalla legge, devono obbligatoriamente essere

sottoposti a sorveglianza sanitaria.

In particolare, l’art. 53 del Decreto 626/94 prevede che i datori di lavoro pongano

particolare attenzione, nella valutazione dei rischi connessi all’attività dei videoter-

minalisti, ai rischi per la vista, alle problematiche concernenti la postura e l’affatica-

mento fisico e mentale, nonché alle condizioni generali ergonomiche e di igiene

ambientale.

Il Medico competente non si limita a effettuare le visite periodiche sugli addetti alle

lavorazioni a rischio nei tempi previsti dalla legge; il decreto 626/94 gli conferisce un

ruolo essenziale nel sistema di sicurezza aziendale, dovendo egli collaborare attiva-

mente con il datore di lavoro ed il servizio di prevenzione e protezione alla predispo-

sizione ed all’attuazione delle misure per la tutela della salute dei lavoratori.

Tra gli adempimenti già previsti dalla normativa precedente alla L. 626/94, si ricor-

da che tutte le aziende sono obbligate a tenere nei propri locali un registro degli

infortuni vidimato nel quale vanno annotati tutti gli infortuni sul lavoro che com-

l’impresa orafa guida normativa

portino un’assenza di almeno un giorno, da tenere a disposizione degli organi di con-

trollo (D.P.R. 547/55).

Riguardo alle caratteristiche degli ambienti di lavoro delle aziende commerciali, il

decreto rimanda alle disposizioni contenute nei regolamenti comunali ed alla nor-

mativa urbanistica per l’individuazione dei limiti minimi per altezza, cubatura e

superficie dei locali (generalmente 3,00 m di altezza minima per gli ambienti di

lavoro con una tolleranza del 10% per gli spazi secondari e i casi particolari, e 2,40

per servizi e vani di passaggio).Tali limiti minimi, per le aziende di produzione con

più di 5 dipendenti, sono fissati dal decreto in m. 3 per l’altezza dei locali (con una

tolleranza del 10% in particolari casi), 10 metri cubi di cubatura e 2 metri quadri di

superficie per ciascun lavoratore.

Il decreto fissa comunque alcune norme generali per tutte le imprese, che riassu-

miamo di seguito.

La pavimentazione deve essere regolare ed uniforme, priva di ostacoli e dislivelli e

costruita con materiali non scivolosi.

Le vie di accesso e di passaggio devono essere libere da ostacoli ed adeguatamente

illuminate. I macchinari devono avere protezioni adeguate ed essere collegati con

l’impianto di messa a terra. Ascensori e montacarichi devono avere la licenza di

impianto ed il libretto di manutenzione. Scaffali e ripiani devono essere stabili e

privi di parti taglienti. Le scale fisse devono essere dotate di parapetti alti almeno 1

metro ed un corrimano; la dimensione dei gradini deve essere regolare e tale da con-

sentire un passaggio veloce e sicuro (dimensione ideale: gradino + gradino + pedata

= 63 cm.). Le scale a pioli devono avere appoggi antiscivolo. Le porte devono essere

facilmente apribili dall’interno per consentire l’uscita rapida in caso di pericolo ed

avere una larghezza minima di cm. 80 (con una tolleranza del 2%) per i locali nei

quali operino fino a 25 lavoratori e 1,20 m. nei locali fino a 50 lavoratori. Tale

disposizione non si applica ai locali in esercizio alla data del 27 novembre 1994. Le

porte apribili in entrambi i versi devono avere un oblò trasparente che consenta la

veduta sul locale comunicante. Ai locali di lavoro devono essere annessi spogliatoi

ed armadietti (nelle aziende fino a 5 dipendenti lo spogliatoio può essere unico per

entrambi i sessi) e servizi igienici per il personale (nelle aziende con più di dieci

dipendenti di sesso diverso i servizi igienici devono essere divisi per sesso).

l’impresa orafa guida normativa

L’illuminazione, possibilmente di fonte naturale e se del caso integrata da illumina-

zione artificiale, deve essere adeguata all’ambiente ed al tipo di lavorazione eventual-

mente svolta; la superficie finestrata non deve generalmente essere inferiore a 1/10

della superficie del pavimento. Il ricambio dell’aria deve essere costante ed adeguato;

la superficie finestrata apribile non deve generalmente essere inferiore a 1/20 della

superficie del pavimento. Filtri e condotte degli impianti di condizionamento vanno

tenuti costantemente puliti. La temperatura deve essere mantenuta possibilmente

tra i 18 e i 24 gradi, con un tasso normale di umidità (40-60%). L’esposizione al

rumore non dovrebbe superare valori di 80-85 decibel; in caso di esposizione

costante a tali livelli il datore di lavoro deve fornire adeguati dispositivi di protezione

(cuffie o altro). Nei locali di lavoro deve essere apposta una apposita segnaletica di

sicurezza (definita dal Decreto legislativo n. 493 del 14 agosto 1996), con particola-

re riguardo alle vie di uscita ed ai mezzi di protezione antincendio.

Per quanto riguarda i laboratori orafi nei quali si utilizzano sostanze potenzial-

mente pericolose, come quelle prima indicate, essi dovranno utilizzare impianti atti

a salvaguardare la salubrità dell’ambiente di lavoro, come sistemi di aspirazione loca-

lizzata sulle macchine, banchi di lavoro forniti di aspirazione, etc., sufficienti ad eli-

minare fumi e polveri che, se inalati, potrebbero danneggiare la salute degli addetti.

I titolari dei laboratori dovranno poi individuare le misure adeguate ad evitare ogni

pericolo connesso all’utilizzo dei macchinari, come ad es. i rischi da lesioni connessi

all’uso di presse, pulitrici, cannelli a gas, etc.

Pertanto, tutti i macchinari andranno messi in sicurezza con apposite protezioni e

schermi per le parti potenzialmente pericolose; il personale dovrà essere dotato degli

opportuni dispositivi di protezione individuale (dpi) in relazione alle mansioni svolte.

Dovrà essere posta attenzione ai rischi derivanti dalle posture scorrette durante lo

svolgimento dell’attività lavorativa; pertanto, i posti di lavoro dovranno rispettare i

criteri ergonomici.

Nei laboratori orafi possono verificarsi casi di eccessivo affaticamento visivo dovuto

all’opera svolta su pezzi di piccole dimensioni: in questo caso, è consigliabile distri-

buire il lavoro, ove possibile, in modo tale da evitare operazioni affatiganti o ripetitive

a carico dei medesimi addetti disponendo turnazioni o pause.

l’impresa orafa guida normativa

3. Normativa antincendio generale per le imprese non soggette ai controlli di pre-

venzione incendi

Le regole generali da seguire in materia di prevenzione degli incendi da parte delle

aziende che non presentano particolari rischi di incendio e non sono perciò tenute a

richiedere il Certificato di prevenzione incendi (in pratica, tutte le aziende commer-

ciali ed i laboratori di piccole dimensioni) sono contenute nel Decreto del Ministero

dell’Interno 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestio-

ne dell’emergenza nei luoghi di lavoro”, emanato in attuazione dell’art. 13 della

Legge 626/94, della quale il decreto stesso costituisce un completamento.

Innanzitutto, il responsabile dell’attività dovrà effettuare la valutazione del livello di

rischio di incendio, sulla base del tipo di attività svolta, delle caratteristiche costrutti-

ve e delle dimensioni dei locali, delle attrezzature e degli arredi, del numero di perso-

ne presenti nei locali, siano essi dipendenti dell’azienda o clienti.

La valutazione dovrà evidenziare le possibili fonti di rischio ed individuare i lavoratori

e gli altri soggetti maggiormente esposti in caso di incendio (ad es. il pubblico, in caso di

notevole affollamento), indicando le misure di sicurezza adottate per eliminare il rischio.

Il livello di rischio di incendio dovrà essere classificato, sulla base della valutazione

dei rischi, in basso, medio, od elevato.

In generale, si può tranquillamente ritenere che la maggioranza delle aziende com-

merciali e dei laboratori artigiani rientrino nel livello di rischio basso, mentre si potrà

parlare di un rischio medio e raramente elevato per le attività già soggette all’obbligo

del Certificato di prevenzione incendi.

Dovrà poi essere realizzato un documento contenente la valutazione del rischio di

incendio: tale documento farà parte integrante del documento di valutazione dei rischi

previsto dall’art.4 della legge 626/94. Naturalmente, il documento andrà redatto solo

nei casi previsti dalla legge, e cioè nelle aziende con più di 10 dipendenti; nelle aziende

con meno di 10 dipendenti, è sufficiente effettuare la valutazione del rischio.

In seguito alla valutazione del rischio di incendio, andranno adottate immediata-

mente, qualora ciò non sia già stato fatto, tutte le misure tecniche od organizzative

necessarie per ridurre la probabilità di incendi; il decreto (allegato II) pone in eviden-

za le più importanti:

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a) misure di tipo tecnico:

• realizzazione impianti elettrici a regola d’arte (vedi L. 46/90-par. 1)

• collegamento di messa a terra di impianti, strutture e masse metalliche

• realizzazione di impianti di protezione contro i fulmini

• ventilazione degli ambienti ove vi sia possibile accumulo di polveri o gas infiammabili

b) misure di tipo organizzativo

• rispetto dell’ordine e della pulizia

• controllo delle misure di sicurezza

• predisposizione di un regolamento interno sulle misure di sicurezza

• informazione e formazione dei lavoratori

Riguardo alle misure di prevenzione incendi, il decreto raccomanda di porre parti-

colare attenzione ad alcuni aspetti, tra cui l’utilizzo di fonti di calore (generatori,

forni ed affini) o di bombole di gas. Inoltre, nelle aziende con più di dieci dipenden-

ti, dovrà essere redatto il piano di emergenza, contenente le seguenti indicazioni:

• le azioni da intraprendere in caso di incendio

• le procedure per l’evacuazione e le misure per assistere le persone disabili

• l’indicazione dei dipendenti aventi il compito di attuare e controllare le misure e le

procedure antincendio

Le aziende con meno di dieci dipendenti sono esentate dalla redazione per iscritto

del piano di emergenza, ad eccezione delle attività soggette ai controlli di prevenzione

incendi (vedi par. 3).

Il responsabile dovrà inoltre garantire l’adeguatezza delle vie di uscita, tenendole

sgombre da attrezzature o altre cause di possibile intralcio. Le porte installate lungo le

vie di uscita devono essere apribili nel verso dell’esodo e devono poter essere aperte

senza l’uso di chiavi. Le vie di uscita devono essere indicate da appositi cartelli

conformi alla normativa vigente.

I luoghi di lavoro già in uso alla data di entrata in vigore del decreto dovevano esse-

re adeguati alle disposizioni sulle vie di uscita entro il 7 ottobre 2000.

Per l’allarme in caso di incendio, il decreto dispone che nelle aziende a rischio di

incendio basso o medio l’allarme possa semplicemente essere dato a voce, se il locale

di lavoro sia unico, oppure da un sistema elettrico (sirena) a comando manuale.

Gli estintori andranno collocati in modo che la distanza per raggiungerli da qual-

l’impresa orafa guida normativa

siasi punto dei locali non sia superiore a 30 metri. Per le aziende a rischio basso o

medio, andrà generalmente collocato almeno un estintore di media potenza (13 o

21A - 89 o 113 B) ogni 100 metri quadrati, secondo la tabella riportata al punto 5.2

dell’allegato al decreto.

Le misure di protezione antincendio ed i relativi impianti (porte resistenti al fuoco,

estintori, impianti di allarme, etc.) andranno controllati periodicamente.

Tutti i dipendenti dovranno ricevere informazioni complete sui rischi e sulle misu-

re di sicurezza antincendio.

Nelle piccole aziende l’informazione sui rischi e sulla prevenzione potrà essere for-

nita ai lavoratori anche solamente tramite cartelli ben visibili o avvisi scritti.

Nelle aziende ove ricorre l’obbligo di redigere il piano di emergenza, i lavoratori

dovranno partecipare, almeno una volta all’anno, ad esercitazioni antincendio all’in-

terno del luogo di lavoro per verificare nella pratica le procedure di intervento antin-

cendio e di primo soccorso.

I lavoratori esposti a particolari rischi di incendio (ad es. coloro che utilizzano

sostanze infiammabili) e quelli che svolgono compiti relativi ala prevenzione incendi,

devono ricevere una specifica formazione, di diversa durata a seconda del grado di

rischio dell’attività: 4 ore per attività a rischio basso, 8 ore per quelle a rischio medio

e 16 ore per quelle a rischio elevato.

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1. La gestione dei rifiuti - i rifiuti speciali

Il Decreto Legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 (cd. Legge Ronchi) e le sue succes-

sive modifiche hanno stabilito che tutti i rifiuti, tranne quelli urbani ed assimilati agli

urbani, derivanti da attività industriali, artigianali o commerciali, devono essere con-

servati a cura del produttore (cioè nell’azienda la cui attività ha generato i rifiuti) ed

avviati al riciclaggio o allo smaltimento, ed in nessun caso eliminati individualmente

o dispersi nell’ambiente.

Per rifiuti urbani ed assimilabili si intendono i rifiuti simili a quelli domestici che nor-

malmente vengono affidati al servizio di smaltimento del Comune, quali piccole quan-

tità di carta, vetro, plastica, legno, tessuti, etc.., . I rifiuti non assimilabili agli urbani sono

detti rifiuti speciali, e sono ulteriormente distinti in rifiuti pericolosi o non pericolosi.

Essi, come già accennato, vanno obbligatoriamente affidati ad uno smaltitore autorizzato

che li avvierà al recupero o allo smaltimento controllato. I rifiuti possono essere conser-

vati in azienda al massimo per un anno, prima di essere avviati allo smaltimento.

Tra i rifiuti classificati come speciali che compaiono con maggiore frequenza nei

negozi e nei laboratori orafi vi sono: le pile esauste (quelle comunemente usate per il

funzionamento degli orologi), i fanghi derivanti dalla lavorazione di metalli preziosi,

la trielina, la soda esausta. Il gesso scagliola è generalmente considerato rifiuto assimi-

labile agli urbani.

Gli scarti derivanti dalla lavorazione dei metalli preziosi e la spazzatura proveniente

dai laboratori orafi, avviati presso laboratori attrezzati per l’affinazione ed il recupero

dell’oro non sono considerati rifiuti, ai sensi dell’art. 4 comma 21 della legge n. 426

del 9 dicembre 1998.

l’impresa orafa guida normativa

X. Normative antinquinamento

Vediamo adesso in sintesi gli obblighi per gli operatori orafi la cui attività comporti

la produzione o l’accumulo di rifiuti speciali.

a) Formulario di identificazione dei rifiuti : i produttori di rifiuti speciali devono

innanzitutto dotarsi del formulario di identificazione dei rifiuti (art.15 D. Lgs. 22/97),

il cui modello è stato definito dal D.M. n.145 del 1 aprile 1998 e che può essere acqui-

stato presso i rivenditori autorizzati (in generale, le rivendite di materiali per ufficio). Il

formulario deve essere numerato progressivamente e vidimato dall’ufficio del registro o

dalla Camera di Commercio.

Ogni trasporto di rifiuti deve obbligatoriamente essere accompagnato dal formula-

rio di identificazione.

Il formulario deve riportare: nome ed indirizzo del detentore del rifiuto (cioè l’a-

zienda produttrice del rifiuto), origine, tipologia e quantità del rifiuto, nome ed indi-

rizzo dell’impianto di destinazione.

Il formulario è composto da una serie di moduli in quadruplice copia in carta rical-

cante. Per ogni singola consegna di rifiuti al trasportatore va compilato un modulo in

quadruplice copia, che deve essere firmato sia dal produttore del rifiuto che dal tra-

sportatore: una copia resterà all’esercente che ha consegnato il rifiuto, una copia

resterà al trasportatore, la terza copia all’azienda incaricata dello smaltimento o del

riciclaggio, la quarta copia sarà restituita dal trasportatore all’esercente a prova dell’av-

venuta consegna a destinazione del rifiuto.

Le copie utilizzate del formulario vanno conservate per cinque anni.

b) Registro di carico e scarico dei rifiuti : i produttori di rifiuti speciali derivanti da

attività industriali ed artigianali devono tenere in azienda il registro di carico e scarico

dei rifiuti (art. 12 D.Lgs. 22/97) sul quale annotare le informazioni relative alla natu-

ra ed alla quantità dei rifiuti nonché quelle sullo scarico dei rifiuti (cioè sulla conse-

gna al trasportatore e/o allo smaltitore).

I produttori di rifiuti derivanti da attività commerciali e le imprese artigiane con

meno di tre dipendenti sono escluse dall’obbligo di tenuta del registro.

Le annotazioni sul registro vanno effettuate entro una settimana dallo scarico dei

rifiuti. Il registro deve essere numerato e vidimato dall’ufficio del registro. Il modello

del registro è stato modificato nel 1998 (D.M. 1 aprile 1998 n. 148 in G.U.

15/05/98 n. 118); tuttavia è possibile continuare ad utilizzare i registri già in uso pur-

l’impresa orafa guida normativa

ché vi si annotino tutte le informazioni richieste dal nuovo modello. Per ogni tipo di

rifiuto è sufficiente avere un unico registro, così come un unico formulario. Il formu-

lario fa parte integrante del registro: pertanto, i dati di identificazione delle copie uti-

lizzate del formulario andranno riportate sul registro laddove si annota lo scarico del

rifiuto, e similmente il numero di annotazione nel registro andrà riportato sul formu-

lario. Il registro va obbligatoriamente conservato per almeno cinque anni.

c) Modello Unico di Dichiarazione Ambientale : I produttori di rifiuti speciali deri-

vanti da attività industriali ed artigianali (con l’esclusione delle attività commerciali e

delle imprese artigiane con meno di tre dipendenti) hanno inoltre l’obbligo di comu-

nicare annualmente alla Camera di Commercio quantità e qualità dei rifiuti prodotti,

recuperati e smaltiti, con il Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD). La

dichiarazione va generalmente effettuata entro il 30 aprile di ogni anno, salvo diverse

disposizioni ministeriali. La dichiarazione può essere effettuata su apposito modello

cartaceo, reperibile presso le Camere di Commercio o le rivendite di materiali per

ufficio, oppure su supporto informatico, reperendo l’apposito programma presso le

Camere di Commercio o rivolgendosi alla propria Associazione di Categoria.

Ricordiamo che, in forza delle richiamate esenzioni previste dalla legge, i commer-

cianti di oggetti preziosi che vengono in possesso di rifiuti speciali derivanti dall’atti-

vità commerciale (come nel caso delle pile esauste degli orologi) o che dispongano di

un laboratorio di produzione con meno di tre addetti sono tenuti al solo possesso del

formulario di identificazione, essendo esonerati dall’obbligo del registro e del MUD.

Sono però tenuti al possesso del registro ed all’invio del MUD gli operatori com-

merciali che autoproducono gli imballaggi della merce o che importano direttamente

dall’estero merce imballata o imballaggi vuoti. Sono esclusi dall’obbligo quegli imbal-

laggi che costituiscono parte sostanziale ed inseparabile dalla merce che vi è contenu-

ta, come nel caso degli astucci per orologi o per determinati monili, per i quali l’im-

ballaggio costituisce una protezione da conservare per il suo intero ciclo di vita.

2. Gli imballaggi

Tutte le imprese utilizzatrici di imballaggi, cioè quelle che producono o vendono

prodotti imballati con materiali di qualsiasi genere (carta, legno, plastica, vetro, etc.)

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devono iscriversi al Consorzio Nazionale degli Imballaggi (CONAI).

L’obbligo di iscrizione al CONAI rientra nel quadro normativo dei cd. “Decreti

Ronchi” ed è finalizzato all’avvio del recupero e riciclaggio dei rifiuti da imballaggio.

È bene ricordare che i rifiuti da imballaggio potranno essere consegnati al normale

servizio di smaltimento del Comune, come si fa oggi, finchè non saranno emanate da

parte delle Amministrazioni Comunali differenti disposizioni in materia, o sia orga-

nizzato un servizio di raccolta differenziata.

L’iscrizione al CONAI si effettua inviando i moduli di partecipazione (reperibili sul

sito www.conai.org o presso la propria Associazione di Categoria) al seguente indiriz-

zo: CONAI - Ufficio Iscrizioni - Via Donizetti 6 - 20122 MILANO - unitamente

all’attestato di pagamento della quota di partecipazione , la quale è composta da una

parte fissa e da una variabile. La parte fissa, uguale per tutte le imprese, è di 5,16

Euro. La parte variabile, dovuta solo dalle imprese con un fatturato superiore a

516.456,90 Euro, è pari allo 0,00025 del valore dei ricavi per le imprese commercia-

li; per le imprese artigianali ed industriali, essa è pari allo 0,015 del costo degli acqui-

sti di imballaggi utilizzati per confezionare i propri prodotti. Alla parte variabile

andrà naturalmente aggiunta la parte fissa. La quota va versata sul conto corrente

postale n. 98753007 intestato al CONAI oppure sul c/c bancario n. 11589 della

Banca Antonveneta di Milano – agenzia 25 - Piazza Fontana 4, 20122 Milano (cod.

ABI 05040- CAB 01612).

Il versamento della quota d’iscrizione va effettuato una volta sola e non va più ripe-

tuto negli anni successivi.

Il CONAI è un Consorzio e perciò la quota d’iscrizione non va considerata fiscal-

mente come un costo; in sede di bilancio, essa va inserita nell’attivo dello stato patri-

moniale alla voce “partecipazione ad altre imprese”.

La mancata iscrizione al CONAI comporta una sanzione pari a sei volte l’importo

dovuto. I controlli sono di competenza delle Province.

Nel caso che l’azienda importi direttamente dall’estero beni imballati, scatta l’ob-

bligo di effettuare con cadenza almeno annuale una apposita dichiarazione al

CONAI e di versare il contributo ambientale calcolato sullo 0,15 del valore delle

merci importate (procedura semplificata per le piccole aziende). Il CONAI emetterà

fattura con IVA a fronte del versamento del contributo ambientale.

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3. Prevenzione dell’inquinamento atmosferico

I laboratori orafi che non effettuano fusione di metalli sono classificati come “atti-

vità ad inquinamento poco significativo” (art. 2 ed allegato 1 del D.P.R. 25/07/91).

L’unico adempimento amministrativo cui sono tenuti i titolari di tali attività consiste

nell’effettuazione della “Comunicazione relativa ad esercizio di attività ad inquina-

mento poco significativo”, che va inviata alla Regione (settore ecologia),

all’Amministrazione Provinciale, al Comune ed alla ASL competente. La dichiarazio-

ne va ripresentata ogni tre anni.

I laboratori orafi che sono dotati di attrezzature per la fusione di metalli, aventi meno

di 25 addetti, sono invece considerati come “attività a ridotto inquinamento atmosferi-

co” (art. 4 ed allegato del D.P.R. 25/07/91) e necessitano di specifica autorizzazione

all’immissione in atmosfera, concessa dalla Regione per il tramite della ASL.

Naturalmente, i titolari di attività ad inquinamento poco significativo dovranno

comunque impegnarsi a ridurre in ogni modo le proprie emissioni in aria, utilizzan-

do filtri e cappe adeguate per l’abbattimento dei fumi.

l’impresa orafa guida normativa

l’impresa orafa guida normativa

XI. Incentivi ed agevolazioni nazionali

l’impresa orafa guida normativa

1. Legge 1329/65 (Sabatini)

Finanziamenti agevolati per acquisto di macchinari

1.1 Settore di intervento

Compravendita o locazione finanziaria di nuove macchine utensili o di produzio-

ne con pagamento rateale. Le cambiali rilasciate, aventi scadenza fino a 5 anni

dalla loro emissione, devono essere scontate presso una banca che, di seguito,

provvede a richiedere l’intervento agevolativo del Mediocredito Centrale.

Il provvedimento è attualmente in fase di revisione in quanto, a seguito del decen-

tramento, è diventato di pertinenza delle singole Regioni. Si prevedono quindi

delle notevoli variazioni, in particolare con l’utilizzo dei fondi regionali sotto

forma di incentivi in c/capitale.

1.2 Beneficiari

Piccole e medie imprese industriali, commerciali, artigiane, agricole e di servizi.

Sono esclusi dalle agevolazioni i seguenti settori: siderurgico, cantieristica navale,

pesca e trasporto. Il settore agricolo di base è soggetto a limitazioni relative al valore

massimo degli investimenti ed al rispetto dei regolamenti comunitari in materia.

1.3 Investimenti ammessi

Macchine utensili o di produzione nuove, loro parti accessorie nonché spese affe-

renti il trasporto, il montaggio, il collaudo e l’imballaggio, nel limite massimo

complessivo del 15% del costo della macchina purché comprese nel prezzo fattu-

rato e nel contratto di compravendita o di locazione.

Non sono ammessi alle agevolazioni i seguenti investimenti:

- macchine usate;

- autoveicoli o veicoli semoventi o rimorchianti muniti di targa;

- macchine oggetto di compravendita o contratto di leasing con durata inferiore

a 12 mesi.

1.4 Agevolazioni previste

Consiste nello sconto a tasso agevolato di un regolamento cambiario rilasciato diret-

tamente al venditore oppure alla società di leasing a fronte della fornitura di macchi-

ne utensili. Il contributo, calcolato sull’importo del credito capitale dilazionato, è

pari alla differenza fra il netto ricavo dell’operazione di sconto, calcolata al tasso di

riferimento, ed al tasso agevolato vigenti alla data di erogazione dello sconto.

Tale contributo agli interessi sulla dilazione del pagamento è corrisposto in un’uni-

ca soluzione ed anticipatamente e varia in base all’ubicazione dell’unità produttiva

in cui è utilizzato il macchinario.

Attualmente nelle aree Obiettivo 1 il contributo in c/interessi è pari agli interessi

stessi, per cui si determina un’operazione a tasso 0.

Nella nuova versione regionalizzata del provvedimento, è previsto un contributo

in c/impianti del 25/35%. I tempi previsti sono i seguenti: per lo sconto 1-2 mesi;

per l’ottenimento del contributo 6-7 mesi dalla punzonatura.

2. Legge 488/92

Contributi in c/impianti alle attività produttive

2.1 L.488/92 Industria

2.1.1 Settore di intervento

Promozione di investimenti nei territori svantaggiati

2.1.2 Beneficiari

Imprese classificate di piccola, media e grande dimensione che svolgono attività

l’impresa orafa guida normativa

estrattive (sezione C della classificazione delle attività economiche ISTAT

1991), manifatturiere (sezione D della classificazione delle attività economiche

ISTAT 1991), di costruzioni (sezione F della classificazione delle attività econo-

miche ISTAT 1991), produzione e di distribuzione di energia elettrica, di vapo-

re e acqua calda (40.10 e 40.30 della classificazione delle attività economiche

ISTAT 1991). Sono inoltre ammissibili alle agevolazioni le attività esercitate

dalle imprese di servizi esplicitamente individuate dal testo normativo

2.1.3 Investimenti ammessi

Progettazione e direzione dei lavori, studi di fattibilità economico-finanziaria,

suolo, opere murarie, infrastrutture, macchinari, impianti e attrezzature, pro-

grammi informatici, brevetti, nuovi impianti, ampliamenti, ammodernamenti,

ristrutturazioni, riconversioni, riattivazioni e trasferimenti. I progetti agevolabili

devono essere correlati ad un programma di investimenti organico e funzionale,

atto a conseguire obiettivi produttivi, occupazionali ed economici.

Sono ammissibili le seguenti tipologie di spese:I

- progettazione, direzione lavori, studio di fattibilità e di valutazione di impatto

ambientale, oneri per la concessione edilizia e collaudi di legge (fino ad un mas-

simo del 5% dell’investimento ammissibile);

- terreno (fino ad un massimo del 10% dell’investimento ammissibile);

- opere edilizie;

- infrastrutture specifiche aziendali;

- macchinari, impianti e attrezzature nuove di fabbrica;

- attrezzature semplici (purché connesse all’attività d’impresa e fino ad un massimo

del 20% dell’investimento sostenuto per macchinari, impianti e attrezzature);

- brevetti (fino ad un massimo del 25% dell’investimento ammissibile nel caso di

grandi imprese);

- software (limitatamente alle piccole e medie imprese)

2.1.4 Agevolazioni previste

La sovvenzione prevista è erogata sotto forma di contributo in c/impianti in

l’impresa orafa guida normativa

due o tre tranches a scadenza predeterminate.

L’importo effettivo delle agevolazioni erogate varia a seconda della dimensione

dell’impresa e della sua ubicazione produttiva.

Sono previsti 2 bandi per ciascun anno, normalmente a giugno e dicembre.

Entro 4 mesi dalla chiusura del bando, il MAP pubblica le graduatorie ed

emana i decreti di concessione.

2.2 L.488/92 Commercio

2.2.1 Settore di intervento

Promozione di investimenti nei territori svantaggiati

2.2.2 Beneficiari

- esercizi commerciali di vendita al dettaglio classificati esercizi di vicinato

- esercizi commerciali di vendita al dettaglio classificati di media e grande struttura;

- esercizi commerciali di vendita all’ingrosso e centri di distribuzione, con super-

ficie dell’unità locale pari almeno a 1.000 mq gestiti da singole imprese com-

merciali o da strutture operative dell’associazionismo economico;

- attività di commercio di vendita di corrispondenza;

- attività di commercio elettronico;

- servizi complementari alla distribuzione. (v. D.M. 21/12/2000 in G.U. n. 3 del

4/1/2001).

2.2.3 Investimenti Ammessi

- Per gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio classificati esercizi di vicinato

sono ammessi investimenti per:

• ristrutturazione;

• trasferimento;

• nuovo impianto;

• ampliamento;

• ammodernamento.

l’impresa orafa guida normativa

- Per i fornitori di servizi complementari alla distribuzione sono ammessi investi-

menti per:

• nuovo impianto;

• ampliamento;

• ammodernamento;

• ristrutturazione;

• riconversione;

• riattivazione;

• trasferimento.

- Per gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio classificati di media o grande

struttura;

- Per gli esercizi commerciali di vendita all’ingrosso o centri di distribuzione;

- Per le attività di vendita per corrispondenza o di commercio elettronico sono

ammessi investimenti per:

• nuovo impianto;

• ampliamento;

• trasferimento.

Sono ammissibili le seguenti tipologie di spese:

• Progettazione, direzione lavori, studi di fattibilità economico - finanziarie e

di valutazione di impatto ambientale, oneri per concessioni edilizie, collaudi

di legge, quote iniziali di contratti di franchising certificazioni di qualità e

ambientali (fino ad un massimo del 5% dell’investimento ammissibile);

• Suolo aziendale (fino ad un massimo del 10% dell’investimento ammissibile);

• Opere murarie e assimilate, infrastrutture specifiche aziendali fino a un valo-

re massimo del 50% dell’investimento complessivo ammissibile dell’intero

programma

• Macchinari ed attrezzature nuovi di fabbrica;

• Programmi informatici commisurati alle esigenze produttive e gestionali del-

l’impresa (solo per piccole e medie imprese);

• Mezzi mobili non targati ed utilizzati all’interno della struttura

l’impresa orafa guida normativa

2.2.4 Agevolazioni previste

Contributo a fondo perduto per gli investimenti. E’ variabile a seconda dei ter-

ritori e delle dimensioni dell’impresa. L’importo dell’agevolazione richiesta è

reso disponibile in due o tre quote annuali di pari ammontare.

2.3 L.488/92 Artigianato

2.3.1 Settore di intervento

Promozione di investimenti nei territori svantaggiati

2.3.2 Beneficiari

I soggetti che possono beneficiare delle agevolazioni sono le imprese iscritte

nell’Albo delle imprese artigiane rientranti nella classificazione di piccola impre-

sa. In particolare possono beneficiare delle agevolazioni le imprese che:

- operando nel settore delle attività estrattive e manifatturiere, delle costruzione

e della produzione e distribuzione di energia elettrica, di vapore e acqua calda:

• hanno meno di 50 dipendenti;

• hanno un fatturato annuo non superiore a 7 milioni di euro, oppure un

totale di bilancio annuo non superiore a 5 milioni di euro;

• abbiano il requisito dell’indipendenza (capitale o diritti di voto non dete-

nuti per il 25% o più da una sola impresa o congiuntamente da più

imprese di dimensioni superiori);

• operando nel settore dei servizi:

• hanno meno di 20 dipendenti

• hanno un fatturato annuo non superiore a 2,7 milioni di euro, oppure un

totale di bilancio annuo non superiore a 1,9 milioni di euro;

• abbiano il requisito dell’indipendenza (capitale o diritti di voto non dete-

nuti per il 25% o più da una sola impresa o congiuntamente da più

imprese di dimensioni superiori)

Tali requisiti sono cumulativi, nel senso che devono sussistere tutti e tre. Il d.m.

21 novembre 2002 ha inoltre stabilito che tali imprese possono operare anche in

regime di contabilità semplificata ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. n.600 del 1973.

l’impresa orafa guida normativa

2.3.3 Investimenti ammessi

Il programma di investimenti da agevolare può riguardare la realizzazione di un

nuovo impianto, l’ampliamento, l’ammodernamento, la ristrutturazione, la

riconversione, la riattivazione o il trasferimento di impianti produttivi esistenti.

Sono ammissibili le seguenti tipologie di spese:

- Progettazioni ingegneristiche riguardanti le strutture dei fabbricati e gli

impianti, direzione dei lavori, studi di fattibilità tecnico-economico-finanziaria

e di valutazione di impatto ambientale, oneri per le concessioni edilizie, collau-

di di legge, prestazioni di terzi per l’ottenimento delle certificazioni di qualità e

ambientali (fino ad un massimo del 5% dell’investimento ammissibile);

- Suolo aziendale (fino ad un massimo del 10% dell’investimento ammissibile);

- Opere murarie;

- Infrastrutture specifiche aziendali;

- Macchinari, impianti ed attrezzature varie nuovi di fabbrica.

- Programmi informatici;

- Brevetti concernenti nuovi tecnologie di prodotti e processi produttivi.

2.3.4 Agevolazioni previste

Le agevolazioni vengono rese disponibili dal soggetto gestore in due quote

annuali di pari importo alla stessa data di ogni anno. Ciascuna quota è erogata,

subordinatamente all’effettiva realizzazione della corrispondente parte degli

investimenti, direttamente alle imprese beneficiarie ovvero, per la parte degli

investimenti agevolati acquisiti in locazione finanziaria, tramite gli istituti colla-

boratori. Per le imprese artigiane non è richiesto il versamento della cauzione o

la sottoscrizione della fideiussione bancaria o polizza assicurativa da allegare alla

domanda ai fini della concessione delle agevolazioni.

A conclusione del programma di investimenti, l’impresa deve produrre la relati-

va documentazione finale di spesa; sulla base della stessa il soggetto gestore

effettua gli accertamenti sulla realizzazione del programma. Sulla base di tali

accertamenti, il soggetto gestore provvede al ricalcalo delle agevolazioni spettan-

ti e successivamente adotta le disposizioni di concessione definitiva ovvero di

revoca delle agevolazioni.

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3. Legge 215/92

Azioni positive per l’imprenditoria femminile

3.1 Settore di intervento

Incentivazione alla creazione e allo sviluppo dell’imprenditoria femminile nei

settori dell’industria, dell’artigianato, dell’agricoltura, del commercio, del turi-

smo e dei servizi.

Le agevolazioni non possono essere concesse per investimenti relativi ai seguenti

settori:

a) produzioni siderurgiche;

b) costruzioni e riparazioni navali;

c) produzioni di fibre tessili artificiali.

3.2 Beneficiari

L’intervento è rivolto:

- Alle società cooperative e di persone, costituite in misura non inferiore al

60% da donne;

- Alle società di capitale le cui quote di partecipazione spettino in misura non

inferiore ai 2/3 a donne e il cui organo di amministrazione è costituito per

almeno i 2/3 da donne;

- Alle imprese individuali gestite da donne. Tali soggetti devono essere piccole

imprese.

3.3 Investimenti ammessi

Le attività finanziabili riguardano gli investimenti effettuati successivamente alla

presentazione della domanda per:

- avvio di nuove attività o acquisto di attività preesistenti;

- realizzazione di progetti aziendali innovativi connessi all’introduzione di

qualificazione ed innovazione di prodotto, tecnologica o organizzativa;

- acquisizione di servizi reali destinati all’aumento della produttività, all’innovazione

organizzativa, al trasferimento delle tecnologie, alla ricerca di nuovi mercati per il

collocamento dei prodotti, all’acquisizione di nuove tecniche di produzione, di

l’impresa orafa guida normativa

gestione e di commercializzazione, nonché allo sviluppo di sistemi di qualità.

Per l’avvio di nuove attività, l’acquisto di attività preesistenti o la realizzazione

di progetti aziendali innovativi, le spese ammissibili sono:

- impianti generali;

- macchinari ed attrezzature;

- acquisto di brevetti;

- acquisto di software;

- opere murarie e relativi oneri di progettazione e direzione lavori, nel limite

del 25% della spesa relativa agli impianti generali e ai macchinari;

- studi di fattibilità nel 2% del costo complessivo dell’investimento.

Per l’acquisizione di servizi reali, le spese ammissibili sono:

- Le spese sostenute per l’acquisizione di uno o più servizi.

Sono esclusi dalle agevolazioni:

- l’acquisto di terreni e fabbricati;

- i beni materiali comunque connessi alla fornitura dei servizi;

- gli investimenti realizzati mediante commesse interne o oggetto di autofattu-

razione;

- l’acquisto di attività preesistente perfezionata o tra coniugi o tra parenti e

affini entro il secondo grado;

- l’avviamento.

3.4 Agevolazioni previste

Il contributo in c/capitale non può superare, per le regioni del Mezzogiorno

(obiettivo 1), il 35% calcolato in Equivalente Sovvenzione Netta (ESN) ed al

15% in Equivalente Sovvenzione Lorda (ESL); 10% ESL + 8% ESN per i

comuni del “centro -nord”; 20% ESN + 10 ESL % per Abruzzo e Molise; 50%

ESN + 15% ESL per la Calabria. Il contributo può essere richiesto anche in

regime “de minimis” e in tal caso può giungere fino al 75% dell’investimento

fino ad un massimo di 100.000 Euro.

l’impresa orafa guida normativa

L’ultimo bando si è chiuso il 15/03/2003. Si attende il prossimo bando per il

2004.

4. Legge 388/2000 Art.103

Incentivi a favore del commercio elettronico

4.1 Settore di intervento

Lo strumento ha lo scopo di favorire lo sviluppo per via elettronica delle transa-

zioni sia tra impresa e impresa (BtoB) e sia tra impresa e consumatori finali, nei

mercati interni o esteri. Le attività possono consistere, in particolare, nella ven-

dita on line di merci. Non si tratta necessariamente di servizi che portano a sti-

pulare contratti in linea ma anche di servizi non remunerati dal loro destinata-

rio, nella misura in cui costituiscono un’attività economica, come l’offerta di

informazioni o comunicazioni commerciali in linea o la fornitura di strumenti

per la ricerca, l’accesso e il reperimento di dati.

4.2 Beneficiari

- Imprese titolari di partita IVA, individuali o societarie anche aventi forma di

cooperative;

- consorzi e società consortili;

- società consortili miste tra imprese industriali, commerciali e di servizi;

- consorzi di sviluppo industriale;

- centri per l’innovazione e lo sviluppo imprenditoriale.

Sono escluse le imprese che operano nei settori per i quali non è applicabile la

disciplina de minimis (settore dei trasporti, agricoltura, pesca, acquicoltura;

attività connesse all’esportazione; attività connesse agli aiuti condizionati all’im-

piego preferenziale dei prodotti interni rispetto agli importati).

4.3 Investimenti ammessi

Sono agevolabili le spese per:

l’impresa orafa guida normativa

- hardware e software per le finalità specifiche di cui al progetto;

- consulenze specialistiche e sviluppo di applicativi per la gestione delle nuove

tecnologie, consulenze sull’organizzazione logistica, sul marketing, sul con-

trollo di qualità, nonché per tutoraggio, con un limite del 20% dell’investi-

mento complessivo;

- formazione del personale ed e-learning, nel limite del 20% dell’investimento

complessivo.

Sono agevolabili le spese per dotazioni interne nel limite del 10% del costo del

progetto per un importo non superiore a 5.000,00 euro. In questo caso sono

agevolabili le spese per:

- acquisti diretti;

- acquisti mediante leasing (canoni agevolabili nel limite di un triennio l’im-

porto non può superare l’agevolazione concedibile sul prezzo di acquisto del

bene da parte della Società di leasing);

- acquisti a rate ai sensi dell’art. 1523 del codice civile (canoni agevolabili nel

limite di un triennio - l’importo non può superare l’agevolazione concedibile

sul prezzo di mercato del bene);

- canoni di affitto per hardware e software (per un periodo massimo di 3 anni

dalla data del decreto di prenotazione delle risorse) Il costo complessivo age-

volabile del progetto non deve essere inferiore a 7.500,00 Euro.

4.4 Agevolazioni previste

L’agevolazione, nel limite di 100.000,00 euro (de minimis) consiste in un credi-

to d’imposta nei termini di seguito indicati: da 1 a 14 imprese 50% delle spese

agevolabili,da 15 imprese e più 60% delle spese agevolabili. Il contributo verrà

erogato in due soluzioni:

- il 90% quando è stato pagato almeno l’80% del costo totale agevolabile e

risultano pagate tutte le spese per consulenza e per formazione del personale;

- il restante 10% del credito d’imposta quando, entro i primi due esercizi suc-

cessivi alla data termine del progetto, l’impresa consegua i risultati previsti in

fase di domanda di prenotazione.

l’impresa orafa guida normativa

l’impresa orafa guida normativa

La Legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l’artigianato), aveva riconosciu-

to la qualifica artigiana alle imprese che, perseguendo gli scopi e rispettando i limiti

dimensionali stabiliti dalla legge medesima, fossero costituite ed esercitate in forma di

società, anche cooperativa, escluse le società a responsabilità limitata e per azioni ed in

accomandita semplice e per azioni.

Il secondo comma dell’art. 3 della legge n. 443 del 1985 prevedeva, inoltre, che la

costituzione dell’impresa artigiana in forma di società era sottoposta alla condizione

che la maggioranza dei soci (o, nel caso di società con due soli soci, uno dei due)

svolgesse “in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo” e che

il lavoro avesse “funzione preminente sul capitale”.

L’esclusione delle forme societarie “di capitale” dal novero delle società artigiane

aveva trovato una sua giustificazione nella limitazione di responsabilità patrimoniale

propria di esse la quale, secondo un orientamento classico e convenzionale, risultava

incompatibile con uno dei requisiti essenziali richiesti per il riconoscimento della

qualifica di impresa artigiana, vale a dire la responsabilità piena del titolare con l’as-

sunzione di tutti i rischi inerenti alla direzione ed alla gestione dell’impresa artigiana.

Tale orientamento era stato assunto quando il nostro ordinamento aveva definito

l’artigianato del dopoguerra, ritenendo che la piena responsabilità patrimoniale del-

l’imprenditore artigiano e la connessa assunzione di tutti i rischi inerenti la direzione

e la gestione dell’impresa fossero rigidamente incompatibili con qualsiasi forma di

delimitazione, anche parziale, della responsabilità dei soci artigiani nell’impresa costi-

tuita in forma di società a vocazione in tutto o in parte capitalistica (come nei casi

della S.r.l. e anche, in parte, della S.a.s.).

La legge n. 133 del 1997 ha innovato la suddetta disposizione, ampliando il novero

l’impresa orafa guida normativa

XII. Disciplina della Srl artigiana

di società attraverso cui l’impresa artigiana può essere esercitata. L’art. 3, comma 3,

della legge n. 443 del 1985, nel testo modificato dalla citata legge n.l33 del 1997,

prevede, infatti, che nel rispetto dei limiti dimensionali e degli scopi stabiliti dalla

stessa legge quadro sull’artigianato, l’impresa artigiana può essere costituita anche

nelle forme della società a responsabilità limitata con unico socio e della società in

accomandita semplice.

A tale proposito si ricorda, da un lato, che i limiti dimensionali dell’impresa artigia-

na sono fissati dal primo comma dell’art. 4 della legge n. 443 del 1985, il quale indi-

ca il numero massimo di dipendenti che l’impresa artigiana può avere, differenzian-

dolo in relazione a distinte categorie di imprese artigiane e, dall’altro lato, che, ai

sensi del primo comma dell’art. 3 della medesima legge n. 443, scopo prevalente del-

l’impresa artigiana deve essere lo svolgimento di un’attività di produzione di beni,

anche semilavorati, o di prestazione di servizi (ad esclusione dello svolgimento di atti-

vità agricole, di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circola-

zione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di ali-

menti e bevande, salvo il caso in cui tali attività siano svolte come strumentali e

accessorie all’esercizio dell’impresa artigiana).

Fermi quindi tali limiti e tali scopi la possibilità di costituire l’impresa artigiana

nella forma di società a responsabilità limitata unipersonale o di società in accoman-

dita semplice viene dalla disposizione ora in commento subordinata ad una duplice

condizione: infatti in forza delle modifiche apportate all’art. 3, della legge n. 443 del

1985, il socio unico della società a responsabilità limitata e ciascun socio accomanda-

tario della società in accomandita semplice, per un verso, devono possedere i requisiti

dell’imprenditore artigiano fissati dall’art. 2 della stessa legge n. 443 e, per altro verso,

non devono essere unico socio di altra società a responsabilità limitata ovvero socio in

altra società in accomandita semplice.

Ma è soprattutto grazie alla legge n.57 del 5 marzo 2001, concernente il riconosci-

mento della qualifica artigiana alle società a responsabilità limitata con pluralità di

soci, che la storica incompatibilità fra società artigiana e delimitazione di responsabi-

lità è stata definitivamente superata.

La norma in questione prevede che la S.r.l. artigiana, costituita ed esercitata secon-

do gli scopi e nei limiti dimensionali previsti per l’impresa artigiana, viene ricono-

l’impresa orafa guida normativa

sciuta a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci:

- svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo

e, quindi rispetti uno dei requisiti di qualifica essenziali riconducibili alla figura

dell’imprenditore artigiano;

- conferisca e detenga la maggioranza del capitale sociale non solo nella fase di

costituzione della società ma anche nel successivo esercizio della stessa, rispetto

alle partecipazioni esterne di capitale;

- detenga la maggioranza negli organi deliberanti garantendo la propria parteci-

pazione maggioritaria nell’assemblea e nel consiglio di amministrazione (laddo-

ve costituito).

In sostanza si riconoscono i presupposti affinché la società artigiana possa rafforzare

la propria struttura finanziaria senza perdere la peculiare connotazione di società di

piccola dimensione, con una composizione societaria spesso riferita ad un gruppo

familiare, assicurando che nelle medesime mani della maggioranza dei soci artigiani si

concentrino capitale, direzione, organizzazione ed amministrazione, e garantendo,

soprattutto, il rispetto del principio della preminenza funzionale del lavoro rispetto al

capitale.

Per altro verso va evidenziato che la stessa maggioranza di soci che partecipa con il

proprio lavoro prevalente nel processo produttivo, deve detenere la maggioranza degli

organi deliberanti: ciò significa che i medesimi soci artigiani, oltre a svolgere funzioni

tecnico-operative e professionali nell’azienda, devono svolgere funzioni di direzione,

di organizzazione e di amministrazione. Resta aperta, comunque, la possibilità di affi-

dare funzioni di amministrazione della società anche ad altri soggetti, fra i soci non

partecipanti (non artigiani), ovvero, in base ad esplicita disposizione dell’atto costitu-

tivo, anche a non soci (ex art.2487, co. 1, c.c.), fermo restando il requisito organizza-

tivo della detenzione della maggioranza nel consiglio di amministrazione da parte

della medesima maggioranza composta dai soci artigiani partecipanti. E’ esclusa, per-

tanto, la possibilità di affidare integralmente l’amministrazione, con le connesse

responsabilità, ad uno od a più soci al di fuori del novero dei soci-artigiani.

Per comprendere a pieno il significato della norma in questione occorre evidenziare la

situazione in cui sono costrette a muoversi attualmente le società del settore artigiano;

queste sono imprese nelle quali proprietà e controllo, patrimonio dei titolari e patrimo-

l’impresa orafa guida normativa

nio delle loro famiglie sono eccessivamente confusi, fino a nuocere allo stesso funziona-

mento della società. Per questa categoria di società si pone il problema della preclusione

giuridica di ricevere risparmio e partecipazione di capitale di investimento; il che aggra-

va le condizioni oggettive di sottocapitalizzazione di tali imprese le quali sono subordi-

nate alle stringenti condizioni di accesso al credito bancario quale unica alternativa di

finanziamento oltre alla disponibilità del patrimonio personale e familiare.

Proprio al fine di consentire alle società artigiane di evolversi e di sviluppare le pro-

prie potenzialità, la legge n.57/2001pone le condizioni per rafforzare la loro struttura

finanziaria e per favorire il loro accesso alla partecipazione di capitale esterno in

modo da affrontare le condizioni sempre più complesse della concorrenza nei mercati

e da poter svolgere adeguatamente, al contempo, il proprio insostituibile ruolo di

avviamento qualificato al lavoro e di incremento dell’occupazione.

Da ultimo va evidenziato che il provvedimento ha previsto che la nuova forma di

S.r.l., se in possesso dei requisiti richiesti, qualora “presenti domanda” alla

Commissione Provinciale per l’Artigianato, “ha diritto al riconoscimento della quali-

fica artigiana ed alla conseguente iscrizione nell’albo provinciale”. In tale ottica l’iscri-

zione rimane facoltativa e resta affidata alla volontà esclusiva dei soci che, avendo

deciso, in piena discrezionalità, di costituire ed esercitare la società secondo i nuovi

requisiti, maturano il diritto di conseguire il riconoscimento della qualifica artigiana

e la relativa iscrizione all’Albo. Si ritiene che tale iscrizione, una volta effettuata,

dispieghi comunque la stessa efficacia costitutiva propria dell’iscrizione all’Albo, ai

fini dell’applicazione delle varie norme di legge riferibili all’artigianato, con specifico

riferimento agli obblighi previdenziali ed assicurativi previsti per i soci artigiani ed i

loro familiari coadiuvanti, ed alla classificazione della stessa impresa artigiana con

dipendenti ai fini contributivi.

l’impresa orafa guida normativa

Il settore orafo campano vanta la presenza di circa 2500 aziende con 7000 addetti.

Esso si caratterizza per l’elevata presenza di imprese della distribuzione al dettaglio dato la

forte propensione al consumo di tali prodotti e per la forte vocazione artigiana delle aziende di

produzione locale.

Esse sono localizzate, per ragioni storiche, prevalentemente al “Borgo Orefici di Napoli”, a

Torre del Greco per quanto riguarda la lavorazione del corallo, e al centro polifunzionale “Il

Tarì” di Marcianise di recente costituzione (1994).

Il Borgo Orefici ha una tradizione che risale al tempo degli Angioini e degli aragonesi.

Già nel 1400, infatti, gli orefici avevano le loro botteghe in questo quartiere di Napoli ed i

loro maggiori clienti erano i membri della casa reale e della Corte.

L’attività orafa, nei secoli, non ha travalicato i confini di questo quartiere, nonostante la cat-

tiva costruzione ed irregolarità degli edifici, è andata crescendo per produzione, numero di

aziende ed addetti.

Recentemente, però, si è sentita l’esigenza di costruire strutture “dedicate” all’attività di produ-

zione e di commercializzazione degli oggetti preziosi.

Nasce, così, il centro orafo “Il Tarì” nella zona industriale di Marcianise in provincia di

Caserta che conta 250 soci tra produttori e grossisti.

Per le stesse ragioni, si sta creando un altro centro “Oromare“ ubicato sempre a Marcianise

che conterà altrettanti soci per lo più delocalizzati da Torre del Greco e dal Borgo Orefici.

Il settore orafo Campano (come quello nazionale) è, quindi, molto frammentato, caratteriz-

zato dalla presenza di numerosissime piccole aziende per lo più a carattere familiare e localizza-

te in aree sistema in cui è consolidato un modello di specializzazione per fasi di produzione e

distribuzione. Nel tessuto produttivo si fa ricorso alla sub fornitura e al decentramento delle

lavorazioni che consentono un’ampia diversificazione della produzione ed un contenimento del

l’impresa orafa guida normativa

XIII. Caratteristiche del settore orafo Campano.Limiti e potenzialità della piccola dimensione, vantaggio del ricorso a forme di collaborazione tra imprese

capitolo a cura: Studio Gianni Lepre

costo del lavoro. Se questa caratteristica del settore rende le aziende di produzione più elastiche

nella diversificazione del prodotto, la piccola dimensione rappresenta un forte limite all’interna-

zionalizzazione delle stesse.

La scarsa conoscenza delle caratteristiche dei mercati esteri da parte dei singoli operatori del

settore costituiscono problematiche da affrontare con ricorso a forme di cooperazione burocratica

tra imprese quali i consorzi export.

Le imprese del comparto orafo campano dovrebbero affrontare l’internazionalizzazione uti-

lizzando strumenti consortili così come viene fatto dalle imprese del centro Nord che, infatti,

esportano il 90 % del prodotto orafo nazionale.

Tali strumenti consentono di accentrare operazioni e costi di ricerche di mercato sui consuma-

tori esteri e di creare economie sui crescenti costi dell’attività di promozione e distribuzione dei

prodotti orafi.

Soprattutto questi ultimi, infatti, sono in costante aumento a causa del forte ampliamento

della gamma di articoli sul mercato, correlato allo spostamento dei costi relativi ai viaggiatori,

alle assicurazioni, alla sicurezza, e soprattutto all’organizzazione amministrativa.

Sotto l’aspetto finanziario le imprese del settore hanno spesso la necessità di investire in nuove

tecnologie produttive, in ricerca e sviluppo, in marketing avendo a loro disposizione di incentivi

comunitari, nazionali (legge 488, legge 215, crediti d’imposta) e regionali (legge 28\87 per l’ar-

tigianato).

Le imprese campane investono molto nella ristrutturazione dei locali e nel rinnovo dei mac-

chinari, poco in ricerca e sviluppo e marketing, segno di una maggiore attenzione alla funzione

produttiva rispetto a quella commerciale e promozionale.

L’alto valore intrinseco dei beni orafi, per investire nell’approvvigionamento di nuova materia

prima da destinare alla lavorazione, rende spesso necessario il ricorso a particolari forme di

finanziamento bancario (solo bancario, perché nessuna norma di finanziamento a fondo per-

duto prevede l’acquisto di scorte), quali il prestito Artigiancassa ad interessi agevolati, il prestito

d’uso o semplici prestiti di liquidità.

Questa necessità di ricorrere al credito bancario è più sentita dalle piccole imprese produttrici

della Campania rispetto alle imprese del centro nord. Queste ultime possono, infatti, contare,

nei rapporti industria - distribuzione, sul ruolo guida svolto dalla figura del grossista raccoglitore

che svolge funzioni importanti quali quella di raccogliere la produzione estremamente parcelliz-

zata in piccole unità produttive, e la funzione di finanziatore, in quanto disponendo di liqui-

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dità, anticipa il capitale per l’acquisto dell’oro e delle pietre al produttore e offre consistenti dila-

zioni di pagamento al distributore al dettaglio, in più, spesso, commercializza i prodotti orafi

con un proprio marchio commerciale occupandosi del marketing dello stesso.

In Campania non si riscontra questa assunzione di centralità strategica e finanziaria dei

distributori locali, pertanto, l’unica via di finanziamento è l’accesso al credito bancario spesso

impedito dall’assenza di garanzie reali da qui l’esigenza di costituire un consorzio fidi per le

aziende del settore.

Questi consorzi, infatti, combinano l’impegno mutualistico di garanzia con l’organizzazione

della domanda complessiva del credito accrescendo il potere contrattuale delle impresi minori,

mettendole in condizione di ottenere più credito e a condizioni migliori.

Nonostante i limiti del settore orafo Campano esso ha delle enormi potenzialità di crescita.

La secolare tradizione artigianale della nostra regione, le antiche tecniche di lavorazione del-

l’oro tramandate da generazione in generazione fanno sì che le nostre aziende producano monili

unici nella loro bellezza ed esclusività (in quanto interamente fatti a mano).

Questo patrimonio di cultura va, però, non solo conservato ma capitalizzato.

La tendenza a riorganizzare le aziende nel territorio della regione dovrebbe, non soltanto,

rispondere alle esigenze legate alla localizzazione quali la sicurezza, la viabilità, la vicinanza a

clienti e fornitori, ma le nuove strutture di localizzazione quali “Il Tarì“ ed “Oromare“ dovreb-

bero fornire servizi comuni di formazione, internazionalizzazione ed accesso al credito alle

imprese al fine di superare i limiti della piccola dimensione.

Per quanto riguarda Borgo orefici, oltre a valere le considerazioni sulla necessità di ricorrere

ad iniziative consortili per l’internazionalizzazione, la formazione e l’accesso al credito, la pre-

senza di aziende artigiane del settore, nonché la numerosissima presenza di negozi al dettaglio,

dovrebbe essere sfruttata per attirare flussi turistici così come per i pastori di San Gregorio

Armeno.

A tal fine, apprezzabile è l’iniziativa di un importante argentiere napoletano che ha donato

per esposizione permanente al “Borgo orefici“ un presepe d’argento del peso complessivo di 1000

chili ed una superficie di 24 mq che creerà flussi di convergenza turistica tra Borgo Orefici e san

Gregorio Armeno valorizzando le potenzialità turistiche del centro antico della città.

Si può concludere affermando che le traiettorie di sviluppo e il fattore di successo delle imprese

orafe Campane sono affidate alla capacità del singolo di comprendere i vantaggi derivanti dal

ricorso a forme di collaborazione tra imprese.

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PARTE SECONDA

1. Oro

L’oro (simbolo chimico: AU), dal caratteristico colore giallo vivo, possiede le

seguenti caratteristiche:

• alta malleabilità (per malleabilità si intende la capacità dei metalli di lasciarsi ridur-

re in lastre anche estremamente sottili), questa caratteristica rende l’oro uno dei

metalli più facili a lavorarsi al laminatoio;

• alta duttilità (la duttilità di un metallo consiste nella sua attitudine a trasformarsi in

filo attraverso apposite trafile);

• elevata densità: il suo peso specifico è di 19,30 (il peso specifico è il rapporto tra il

peso di un certo volume di una sostanza e quello di un volume identico di acqua

distillata a 4 gradi di temperatura - in pratica, l’oro pesa 19,30 volte più dell’acqua).

L’oro è inoltre inossidabile, inalterabile nel tempo ed inattaccabile dalla maggior

parte degli acidi; esso può essere sciolto dall’acqua regia, composta da una parte di

acido nitrico e tre parti di acido cloridrico, e viene precipitato in polvere giallo bruna

dal solfato di ferro.

Esso fonde a 1064 gradi e volatilizza a 2600 gradi.

Le sue caratteristiche di malleabilità e duttilità, e la possibilità di ricavare lamine o

fili sottilissimi e comunque resistenti, hanno reso l’oro particolarmente adatto non

solo per le opere di gioielleria ma anche per lavori di decorazione (quadri, arazzi, por-

cellane).

L’oro allo stato puro è però troppo morbido per poter essere lavorato efficacemen-

te; esso perciò deve essere unito in lega con altri metalli. I metalli utilizzati in lega con

l’oro sono prevalentemente il rame, l’argento ed il palladio. Le leghe utilizzate posso-

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XIV. I metalli preziosi

no avere un diverso grado di purezza a seconda della quantità di oro impiegato; il

rapporto tra quest’ultima e la quantità degli altri metalli utilizzati si dice “titolo”.

I titoli legali ammessi dalla legge italiana (vedi il capitolo dedicato alla legislazione

su marchi e titoli) per l’oro sono: 375, 585, 750 millesimi e titoli superiori. Il titolo

più utilizzato in Italia è il 750 millesimi. Le leghe a più basso contenuto di oro sono

destinate prevalentemente all’esportazione.

I metalli utilizzati in lega con l’oro ne determinano anche la colorazione, secondo

le quantità utilizzate. Le leghe più comuni sono ottenute nel modo seguente:

• oro giallo : oro, argento e rame

• oro rosso : oro, rame e argento

• oro bianco : oro, rame, nichel, zinco; il colore bianco uniforme può essere ottenuto

mediante una placcatura di rodio

• oro verde : oro e argento

L’unità di misura di peso dell’oro è l’oncia Troy pari a 31,1035 grammi.

La quotazione internazionale di riferimento, al prezzo per oncia, viene stabilita sul

mercato di Londra.

Il punto di riferimento per il mercato italiano è costituito dal prezzo al grammo

stabilito sul mercato di Milano.

2. Platino

Il platino (simbolo chimico: Pt) è molto raro in natura; usato già dagli egizi che dalle

civiltà precolombiane in America, fu riscoperto solo nel 1735, in Colombia. L’uso del

platino in gioielleria si è però generalizzato solo dalla fine dell’Ottocento in poi.

Esso è di colore bianco, leggermente plumbeo; è meno duttile e malleabile dell’oro,

ma più denso (peso specifico 21,45) e meno morbido; la sua durezza ne consente la

lavorazione allo stato quasi puro: il titolo più elevato del platino è di 950 millesimi. Il

suo elevato peso specifico lo pone al riparo da imitazioni.

I titoli ammessi dalla legislazione italiana per il platino sono: 950, 900 e 850 mille-

simi.

Il platino è inossidabile e si scioglie con l’acqua regia come l’oro.

Il platino fonde a temperature elevatissime (1773 gradi) per cui non è possibile uti-

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lizzare le normali fucine degli orefici, in luogo delle quali si adoperano le fonditrici

elettroniche, i forni elettrici o il cannello a gas.

Il processo di fusione del platino presenta difficoltà maggiori rispetto ad altri

metalli, tanto per l’alta temperatura necessaria quanto per l’esigenza di evitare ogni

traccia di porosità o impurità del metallo che potrebbero creare fratture o alterazioni

di colore. Generalmente, per evitare tali inconvenienti viene eseguita una sgrassatura

ed un trattamento in acido cloridrico prima della ricottura.

La durezza e la solidità del platino lo rendono particolarmente adatto alla lavorazio-

ne in gioielleria: si taglia e si lima agevolmente e reagisce bene alle saldature.

3. Palladio

Il palladio (simbolo chimico: Pd) appartiene alla famiglia del platino; si trova in

natura generalmente insieme ai metalli di tale famiglia.

Il suo costo è notevolmente inferiore a quello del platino.

In gioielleria viene utilizzato quasi puro, a titolo 950, in lega con l’argento o più

raramente con rodio o rutenio.

Ha densità inferiore a quella dell’oro e del platino (peso specifico 12,16) e fonde a

1549 gradi.

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L’argento è metallo molto duttile e malleabile; queste caratteristiche lo rendono

particolarmente adatto alla lavorazione.

L’argento si trova in natura generalmente combinato col piombo; più raramente

con l’oro o lo zolfo o allo stato puro.

Esso viene separato dal piombo con il metodo cosiddetto della “coppellazione”;

l’argento puro ricavato con tale procedimento prende il nome di “coppella” e si pre-

senta in forma di granuli.

1. Titoli

L’argento allo stato puro è eccessivamente tenero per essere lavorato: per raggiunge-

re una durezza sufficiente, esso deve essere unito in lega con il rame.

I titoli legali in Italia sono:

800: 800 parti di argento puro e 200 parti di rame

925: 925 parti di argento puro e 75 parti di rame

I prodotti con un titolo inferiore a 800 millesimi non possono essere commercializ-

zati in Italia.

Tutti i prodotti in argento (esclusi ovviamente gli oggetti di antiquariato) devono

recare l’indicazione del titolo legale ed il marchio di identificazione del produttore,

con il numero di matricola e la sigla della provincia di appartenenza. Il marchio di

identificazione può essere apposto solo sui prodotti in argento con titolo legale.

I prodotti provenienti dall’estero devono recare il titolo ed il marchio dell’importato-

re, tranne nel caso in cui provengano da paesi dello Spazio economico europeo o da

Paesi coi quali sia in vigore un accordo di reciproco riconoscimento dei rispettivi mar-

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XV. L’argento

chi di garanzia; si ricorda che è illegale porre in commercio prodotti provenienti da

paesi extraeuropei privi del marchio dell’importatore o di altri marchi riconosciuti.

2. Oggetti placcati, laminati o argentati

Gli oggetti placcati, laminati o rivestiti in argento non possono recare né il titolo né

il marchio di identificazione del produttore; tale divieto è dovuto alla necessità di evi-

tare che essi possano essere confusi con oggetti realizzati interamente in argento. Tali

oggetti non possono essere qualificati e commercializzati come “Argenteria”. Su di

essi è però consentita l’iscrizione dei termini “placcato “ o “laminato” seguiti dal sim-

bolo “Ag”.

Tra le lavorazioni più comuni vi sono:

• Bilaminato: oggetti consistenti di una lamina di metallo prezioso, perlopiù argento,

applicata su una lastra di metallo comune e lavorata insieme a questa con la tecnica

dello stampaggio. Essi possono recare esclusivamente: la sigla della provincia ove ha

sede il produttore, il simbolo del metallo prezioso, l’indicazione in cifra della massa

di metallo fino arrotondata al grammo e seguita dal simbolo “g”, la sigla indicante

il numero corrispondente al marchio di identificazione del produttore, da non

confondersi col marchio stesso.

• Argentone: meglio nota come lega Christofle (dal nome del produttore francese), è

una lega di rame, zinco e nickel argentata galvanicamente.

• Deposizione galvanica: tecnica di rivestimento in argento di oggetti costituiti di

sostanze non metalliche mediante procedimento elettrogalvanico. Gli oggetti realiz-

zati con tale procedimento possono recare solo un marchio ottagonale contenente la

sigla del produttore (non confondibile con il marchio di identificazione) e della pro-

vincia ove si trova la sede legale dell’azienda, l’indicazione “DG”, il simbolo dell’ar-

gento Ag, l’indicazione del peso del metallo prezioso seguita dal simbolo “g”.

• Old Sheffield Plate: lavorazione in uso in Inghilterra fino alla metà dell’ottocento,

consistente nella realizzazione di oggetti costituiti da una lamina di rame racchiusa

tra due lamine d’argento mediante stampaggio a freddo, sbalzo o cesello.

• Victorian electroplate o “Sheffield”: da non confondersi con l’Old Sheffield Plate, è

una tecnica sviluppatasi in Inghilterra attorno al 1840 basata sul metodo dell’elettro-

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deposizione, che soppiantò del tutto il metodo di lavorazione dell’Old Sheffield. Il

nuovo metodo consisteva nell’argentatura dei metalli mediante bagno galvanico; in

questo modo si otteneva un rivestimento in argento, più o meno spesso a seconda

delle tipologie di oggetti. Inizialmente i metalli base utilizzati furono il rame e la lega

“Britannia”, composta di stagno, rame ed antimonio. Il rame, per il suo alto costo, fu

poi soppiantato da altri materiali: l’ottone (lega di rame e zinco), l’alpacca (lega di

rame, nichel e zinco con piccole percentuali di ferro e piombo) ed il nichel silver (lega

di rame con il 20% di nichel ed il 5-10% di zinco). Il nichel silver è anche detto

“hard metal” (metallo duro) per distinguerlo dalla lega “Britannia”, detta “soft metal”.

Il nichel silver riportava la punzonatura E.P.N.S. (Electro Plated Nichel Silver) men-

tre il Britannia era contraddistinto dal punzone E.P.B.M. (Electro Plated Britannia

Metal). Gli oggetti in “Sheffield” recano generalmente il marchio del produttore, dif-

ferente quanto a disegno e dimensioni per ogni manifattura in quanto non vi era

alcuna norma di legge che dettasse regole per l’apposizione dei marchi. Dato l’enor-

me sviluppo che ebbe la produzione di “Sheffield” a partire dalla metà dell’ottocento,

sono giunti fino a noi centinaia di marchi di fabbrica, che è possibile ritrovare nelle

pubblicazioni specializzate. Una corretta identificazione del marchio è molto impor-

tante per stabilire la qualità e la data di fabbricazione del prodotto. Va segnalato

comunque che esistono anche oggetti di buona fattura privi di qualsiasi marchio.

• Silverplate: ottone argentato con procedimento elettrogalvanico. I prodotti in sil-

verplate ed altri manufatti rivestiti in argento recano talvolta i marchi “Arg. 800” o

“Arg. 1000”: tali marchi non vanno assolutamente confusi con i marchi ammessi

dalla legge per i titoli legali e si riferiscono esclusivamente ad oggetti di metallo

argentati con procedimento galvanico.

3. Principali tecniche di lavorazione

• Sbalzo: realizzazione di forme o decori in bassorilievo o altorilievo su lastra di

metallo, mediante l’uso di un martello

• Cesellatura: il “cesello” è un piccolo scalpello in acciaio con il quale vengono perfe-

zionati i contorni e le forme ottenute con lo sbalzo; gran pate degli oggetti artistici

in argento sono ottenuti mediante sbalzo e cesello

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• Incisione a bulino: realizzazione, mediante una punta di acciaio (bulino), di linee di

diverso spessore in maniera tale da creare forme e decori con effetto di bassorilievo.

• Incisione a guilloché: incisione a macchina di linee diritte o ondulate che, incro-

ciandosi, producono effetti geometrici.

• Stampatura: tecnica di realizzazione di oggetti vari mediante stampi in acciaio; arti-

colarmente utilizzata per la posateria.

• Tornitura: realizzazione di forme tonde ed ovali mediante tornio.

• Martellatura: utilizzata per realizzare oggetti e forme (vassoi, vasi, etc) che richiedo-

no un’esecuzione manuale, da rifinire successivamente con altri tipi di lavorazione.

• Montatura: assemblaggio mediante saldatura dei componenti del prodotto finale.

• Fusione: tecnica antichissima, che consiste nella realizzazione di oggetti mediante

fusione di modelli in cera. Il metallo fuso viene colato in un cilindro di materiale

refrattario nel quale è inserito il modello in cera. Il metallo, ad altissima temperatura,

scioglie la cera prendendone la forma; si realizza così, quando il metallo è tornato allo

stato solido, un oggetto identico al modello. Si utilizza in argenteria per realizzare

monili o parti ornamentali da saldare ad altri oggetti (manici, piedini, figurine, etc).

• Argentatura: rivestimento degli oggetti con uno strato di argento puro mediante

bagno galvanico, per ottenere un effetto di maggior lucentezza.

4. Manutenzione e pulizia

L’argento tende ad ossidarsi, assumendo una patina nerastra, a causa dello zolfo

presente nell’atmosfera. Per evitare la formazione dell’ossido è buona regola pulire gli

oggetti con un panno morbido e non abrasivo almeno due volte ogni settimana,

eventualmente utilizzando gli appositi prodotti per la pulitura dell’argento, qualora

l’annerimento fosse più marcato o resistente.

La posateria e gli oggetti da tavola non devono restare in contatto prolungato con

alimenti dal potere corrosivo quali aceto, sale, limone, uovo, maionese, zafferano, for-

maggio.

Per una conservazione prolungata, occorre utilizzare custodie in panno antiossidan-

te o, in mancanza, avvolgere gli oggetti in carta velina o fogli di giornale e chiuderli

ermeticamente, facendo prima uscire l’aria, in sacchetti di plastica. Gli elastici in

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gomma, che possono contenere percentuali di zolfo, non devono venire in contatto

con l’argento.

Le posate in argento utilizzate a tavola devono essere lavate, anche in lavastoviglie,

con detersivi non eccessivamente aggressivi ed eventualmente con acqua e bicarbonato.

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XVI. Il libro dei diamanti. Norme CIBJO 1997Regole di applicazione per il commercio dei diamanti

art. 1

Definizione del diamante

1) Il diamante è un minerale naturale di carbone cristallizzato avente una struttura

cubica.

2) La genuinità del diamante non deve essere menzionata specificatamente poiché l’uso

della parola “diamante” i sé è automaticamente una dichiarazione della sua genuinità.

3) È proibito l’uso della parola “diamante” per descrivere quei prodotti che sono stati

in parte o interamente cristallizzati o ricristallizzati con intervento umano, senza

distinzione del materiale di base e dei metodi adottati. I prodotti di questo tipo

possono essere chiamati “diamanti sintetici” solo quando le loro proprietà struttu-

rali, fisiche e chimiche nella loro massa totale, corrispondono a quelle del diaman-

te. In questi casi la parola diamante deve essere seguita dal termine “sintetico” o

“artificiale”.

4) Marchi di fabbrica o nomi di fantasia non devono mai mostrare similitudine con

la parola “Diamante” 8es. Diamantine, Diamlite).

Nomi di ditte, di fabbricanti o marchi di fabbrica non devono essere usati in con-

nessione di diamanti sintetici o artificiali, a meno che tali nomi siano chiaramente

preceduti dalle parole “sintetico” o “artificiale”. Esempio: La definizione “GE -dia-

mond” (General Elettric) è inammissibile e deve essere formulata con “diamante

sintetico GE”.

art. 2

Peso del diamante

1) Il peso del diamante è sempre espresso in carati (abbreviazione internazionale: ct)

almeno fino a due decimali. Si può arrotondare per eccesso il peso a due cifre deci-

mali solo se la terza cifra decimale è un nove.

2) Se è dato il peso totale di tutti i diamanti contenuti in un gioiello, il peso deve

essere specificato chiaramente e senza ambiguità con i termini “peso totale”, o

parole di pari significato e importanza.

art. 3

Colore

1) I colori dei diamanti sono determinati dalle sette pietre campione della CIBJO

(vedi art. 8 Masterstones), le quali determinano il limite inferiore di ogni colore.

2) I colori devono essere definiti come segue:

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SSccaallaa iinntteerrnnaazziioonnaallee ggrraaddaazziioonnee ddeell ccoolloorree CCIIBBJJOO

Hochfeines Weiss+ Hochfemes Weiss

Feines Weiss+ Feines Weiss

Weiss

Leicht getontes Weiss

Getontes Weiss

Getont 3)

Farbige Diamanten (fantasiefarben)

Blanc exceptionnel+ Blanc exceptionnel

Blanc extra+ Blanc extra

Blanc

Blanc nuancé

Légèrement teinté

Teinté

Diamants de coluler spéciale

Exceptional white+ Exceptional white

Rare white+ Rare white

White

Slightly tinted white

Tinted white

Teinted colour

Fancy diamonds

Bianco extra eccezionale+ Bianco extra eccezionale

Bianco extra+ Bianco extra

Bianco

Bianco sfumato

Bianco legger-mente colorito

Colorito

Diamanti colorifantasia

1) 2)

D. River

E

F Top Wesselton G

H Wesselton

I Top Crystal/ J Crystal

K Top Cape L

M From cape to Z Yellow

1) Termini comparativi GIA 2) Uso transitorio sino al 1990 3) Suddivisione facoltativa per alcuni paesi (es. Sud Africa)

3) La determinazione del colore deve essere fatta da un professionista esperto. Essa

è determinata dal confronto con una serie di pietre, scelte in conformità alle pie-

tre campione originali della CIBJO, sotto la luce artificiale normalizzata equiva-

lente a 5000°/5500° Kelvin (D 55). Se non si nota differenza tra una di queste

pietre campione e il diamante da classificare, il colore della pietra campione è

decisivo. Se il colore del diamante da classificare si colloca tra quello di due pie-

tre campione, il colore della più scura di queste due è decisivo.

4) Tinte non sul giallo (es. tinte sul bruno) sono classificate secondo l’intensità del

colore confrontato alle pietre campione.

5) Diamanti di colore fantasia che hanno un colore preciso e distinto sono descritti

separatamente.

6) Le misure fotometriche non hanno valore determinante.

7) La fluorescenza di un diamante ha valore puramente descrittivo e deve essere

espressa con le gradazioni seguenti:

nulla - debole - media - forte così come viene vista sotto una lunghezza d’onda

UV (336 mm). Queste gradazioni sono definite dalle tre pietre di riferimento

per la fluorescenza della CIBJO, descritte nell’art. 8.

8) Il colore base nei diamanti fluorescenti deve essere determinato sotto luce nor-

malizzata (D 55 CIE).

9) Se un’offerta contiene la qualità del diamante, il colore non deve essere menzio-

nato senza la purezza e viceversa.

10) La suddivisione dei primi due colori Bianco extra eccezionale e Bianco extra in

due sottogruppi è ammissibile solo per le grandezze di carati 0,47 ed oltre.

art. 4

Purezza

1) Tutte le caratteristiche interne appartengono alle inclusioni internamente percetti-

bili. Queste sono:

- linee di cristallizzazioni e inclusioni solide, nuvole, punti;

- fessure, piume, fessure alla cintura (barbe);

- fenomeni di struttura (solo nel caso di visibilità chiara all’interno della pietra, es. linee

di accrescimento di colore bruno o comunque colorate o piani di grani riflettenti).

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2) La purezza del diamante deve essere esaminata da un professionista esperto in luce

normale con una lente a dieci ingrandimenti acromatica e aplantica come descrit-

to qui di seguito:

Puro alla lente (lc): un diamante è denominato puro alla lente quando alle condi-

zioni succitate risulta assolutamente trasparente e privo di inclusioni.

VVS° (VVS1, VS2): minuscola/e inclusione/i, molto difficilmente visibile/i con la

lente 10X.

VS° (VS1, VS2): molto piccola/e inclusione/i che possono essere difficilmente

visibili con lente 10X.

SI° (SI1, SI2): piccola/e inclusione/i facilmente visibili con lente a 10X, non osser-

vabili ad occhio nudo attraverso il lato corona.

PI (piquè I): Inclusione/i immediatamente visibili con una lente a 10 ingrandi-

menti, difficili da individuare ad occhio nudo attraverso il lato corona e che non

riduce/ono la brillantezza del diamante.

PII (piquè II): Grande/i e/o numerose inclusione/i facilmente visibili ad occhio nudo

attraverso il lato corona e che riduce/ono leggermente la brillantezza del diamante.

PIII (piquèIII): Grande/i e/o numerose inclusione/i visibili molto facilmente ad

occhio nudo attraverso il lato corona e che riduce/ono la brillantezza del diamante.

° La suddivisione del grado di purezza VVS, VS e SI in due sottogruppi è ammis-

sibile solo per le grandezze di carati 0,47 e più.

Termini come “puro”, “puro all’occhio”, “commercialmente puro” o altre espres-

sioni o definizioni di diverso significato non devono essere usate.

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3) Le caratteristiche esterne non influenzano la purezza. Questo soprattutto per

quanto riguarda:

- linee di politura, punti grezzi, segni di bruciature e cinture con barbe molto lievi;

- danni esterni come graffi e danni puntiformi;

- faccette supplementari e le parti rimanenti del diamante grezzo (naturale);

- linee di contatto, linee di accrescimento, noduli, linee di grani superficiali.

Caratteristiche esterne più gravi che non possono essere asportate con la politu-

ra senza notevole perdita di peso devono essere prese in considerazione quando

si determina la purezza.

art. 5

Taglio e forma

1) Non è ammesso descrivere i diamanti come “tagliati correttamente” se le loro pro-

porzioni e simmetria non corrispondono alle norme attualmente usate. Tali norme

tengono conto delle proporzioni generali della pietra e, seguendo le leggi dell’otti-

ca, consentono il massimo di brillantezza per il taglio moderno del diamante.

2) Il moderno taglio a brillante è basato su specifici calcoli ottici che mirano ad un

massimo di bellezza come risultato della brillantezza e della dispersione.

Combinazioni diverse di proporzioni possono dare dei risultati altrettanto buoni e

quindi la valutazione della qualità di taglio non può essere determinata esclusiva-

mente con le misure. D’altronde, la finitura del diamante è indipendente dalle

proporzioni ed è meno importante della qualità del taglio. Si rilevano due indica-

zioni separate relativamente alle deviazioni di simmetria e al grado di politura

osservabili. Queste non si riferiscono alla brillantezza.

3) Il termine “brillante” senza alcuna descrizione aggiuntiva del materiale, si può solo

riferire ai diamanti rotondi aventi un taglio a brillante.

4) Il taglio a brillante o “taglio pieno” è una forma rotonda costituita da una parte

superiore (corona) con almeno trentadue faccette (esclusa la tavola) e una parte

inferiore (padiglione) con almeno ventiquattro faccette (esclusa la culasse o tavola

inferiore). Gli altri tagli (8/8, 16/16, ecc.) devono essere indicati come tali.

5) Altre forme comuni sono la marquise o navetta, la goccia, l’ovale, il cuore, il taglio

a smeraldo, il triangolo, la baguette ecc.

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art. 6

Designazione dei trattamenti e abbinamenti di pietre preziose

1) Se il colore naturale di un diamante è stato alterato artificialmente, si deve dichia-

rare chiaramente che il diamante è stato “trattato”, “colorato artificialmente” o

“irradiato”.

2) I diamanti trattati artificialmente con lo scopo di alterare la loro purezza attraverso

la foratura del laser o altre tecniche devono essere chiaramente dichiarati come

“forati” o forati con il laser. La classificazione deve corrispondere al grado di purez-

za originale. Il foro stesso di perforazione è pure considerato un’inclusione.

3) Diamanti che sono stati trattati artificialmente per alterarne la purezza con infu-

sione di sostanze estranee devono chiaramente indicare la dicitura “trattato”.

4) Qualunque gioiello messo in vetrina o presentato per la vendita, costituito da ele-

menti sia naturali, sia sintetici o artificiali, deve essere accompagnato da un’etichet-

ta leggibile che spiega i dettagli della composizione secondo le regole della nomen-

clatura. Quando i diamanti (o pezzi di gioielleria con diamanti) sono messi in

mostra assieme a prodotti artificiali o sintetici (o pezzi di bigiotteria così costituiti)

una chiara etichetta deve indicare la natura degli oggetti esposti.

art. 7

Specifiche sui referti dei diamanti

1) La classificazione precisa di un diamante può essere effettuata solo quando questo

è stato smontato.

2) Un referto sul diamante può essere fatto solo per diamanti che pesano almeno

0,47 carati.

3) Un referto sul diamante comprende le caratteristiche principali e le note di identi-

ficazioni; comprende né più né meno della descrizione di peso, colore, grado di

purezza, forma e taglio, misure, la proporzione dell’altezza con il diametro in per-

centuale, il grado di finitura per la politura, la descrizione della cintura, l’intensità

della fluorescenza ed eventuali commenti.

4) Le misure delle forme si riferiscono sia al diametro minimo e massimo, sia all’al-

tezza (forma a brillante) o alla lunghezza, larghezza e altezza (altre forme).

5) Descrizione della cintura: grezza-faccettata-lucidata-sottile-media-spessa.

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6) I gradi di finitura sia per la simmetria sia per la politura sono: ottimo-buono-

medio-scarso.

7) Le caratteristiche esterne, visibili dal lato della corona devono essere menzionate

nei referti sui diamanti nella parte “comments” - osservazioni, es. caratteristiche

esterne trascurabili, caratteristiche esterne naturali, culassa aperta, linee di accresci-

mento, linee di grani superficiali, noduli.

8) Referti semplificati sui diamanti possono essere pubblicati per misure tra 0,20 e

0,47 carati e contengono notizie riguardanti peso, colore, purezza, forma e misure.

art. 8

Masterstones (pietre campione)

1) È stata selezionata una serie di sette diamanti, approvata dalla Commissione

Esecutiva il 27 aprile 1978 come la serie ufficiale di masterstones (pietre campio-

ne) per la determinazione dei gradi di colori. Questi diamanti sono di 1.00, 1.17,

1.03, 1.00, 1.17 e 1.09 carati. La stessa cosa è fatta con tre pietre di riferimento di

carati 0.33, 0.30 e 0.31 per determinare l’intensità della fluorescenza.

2) La serie campione è scelta ad occhio secondo la sua gradazione di colore che rap-

presenta il limite inferiore di ogni colore. Ulteriore misurazioni con strumenti

avranno solo valore indicativo. La CIBJO non le accetterà come determinanti e

non cambierà mai la serie a causa di risultati ottenuti attraverso strumenti. Se, nel

futuro, dovessero sorgere delle difficoltà tra la serie CIBJO e altri sistemi esistenti,

la CIBJO non consentirà di cambiare la serie adottata dato che questa serie è la

rappresentante della pratica e dell’uso commerciale per tutte le organizzazioni

commerciali rappresentate nella CIBJO.

3) Duplicati nazionali delle masterstones devono essere paragonati e scelti in maniera

equivalente alla serie ufficiale CIBJO e devono essere approvati da una commissio-

ne CIBJO.

4) Le masterstones devono avere un peso minimo di almeno 0.70 carati, una buona

proporzione, una gradazione di colore di componente gialla, con fluorescenza

nulla o trascurabile, una cintura faccettata o lucida e nessuna inclusione colorata o

nera o comunque che possa disturbare.

l’impresa orafa guida normativa

art. 9

Ulteriori applicazioni delle regole generali CIBJO

1) Oltre i precedenti articoli per il diamante devono essere applicate alcune regole

CIBJO indicate per le pietre preziose e per le perle.

2) Tali regole non devono essere variate con l’uso di espressioni straniere.

art. 10

Laboratori CIBJO

I laboratori ufficiali CIBJO sono basati sulle seguenti regole:

a) Il laboratorio deve essere espressamente riconosciuto come rappresentativo della

organizzazione nazionale che è membro della CIBJO. Tale riconoscimento non

può, in linea di principio, essere concesso che a un unico laboratorio per ciascun

Paese, includendo però eventuali succursali.

b) Il laboratorio deve essere indipendente nei confronti di tutte le imprese private o

gruppi di imprese aventi carattere commerciale.

c) Il laboratorio deve essere sempre condotto da una competente direzione professio-

nale.

d) Il laboratorio deve riconoscere integralmente senza eccezioni le decisioni della

CIBJO e deve lavorare in accordo con le seguenti pubblicazioni della CIBJO:

- il libro dei diamanti

- il libro delle pietre preziose

- il libro delle perle

e) Il laboratorio deve avere una serie di pietre campione di diamanti riconosciute

dalla CIBJO.

f ) Il laboratorio può solo rilasciare referti sui diamanti, pietre preziose e/o perle il cui

contenuto corrisponde alle decisioni prese dalla CIBJO, altrimenti si può essere

cancellati dalla CIBJO.

l’impresa orafa guida normativa

l’impresa orafa guida normativa

Tipi di taglio del diamante

taglio a smeraldo taglio ovale

taglio a brillante taglio a cuore

taglio a goccia taglio Amsterdam

taglio a navetta o marquise

taglio Anversa

taglio a baguette taglio Americano

l’impresa orafa guida normativa

l’impresa orafa guida normativa

XVII. Il libro sulle pietre preziose. Blue Book CIBJO 2001regole di applicazione per il commercio di pietre preziose

1. Finalità

La terminologia e la classificazione delle pietre vengono stabilite in funzione di rife-

rimento per la pratica commerciale corrente, in conformità con le classificazioni e gli

usi del commercio internazionale delle pietre preziose e della gioielleria. La terminolo-

gia e le classificazioni ivi stabilite devono essere utilizzate da parte di tutti gli operatori

commerciali aderenti ad organizzazioni facenti parte della CIBJO in tutti gli stati

membri. Eccezioni sono ammesse solo in caso di conflitto della legislazione del Paese

membro con le presenti norme.

2. Riferimenti normativi

The Diamond Book e The Pearl Book, CIBJO (il “Libro dei Diamanti” ed il

“Libro delle Perle”, la cui traduzione è pubblicata nel presente volume).

33.. TTeerrmmiinnii ee ddeeffiinniizziioonnii

Ai fini delle norme CIBJO, si applicano i termini e le definizioni contenute nell’al-

legato A.

4. Classificazione delle sostanze

L’industria della gioielleria ed il relativo commercio riconoscono due categorie di

sostanze: sostanze naturali e prodotti artificiali.

4.1 Sostanze naturali

Sono sostanze naturali quelle completamente formatesi in un processo naturale

senza intervento da parte dell’uomo e successivamente modificate solo mediante

taglio e lucidatura e i procedimenti di cui ai paragrafi 4.1.3 e 4.1.4.

4.1.1. Pietre preziose, fini ed ornamentali

Sostanze naturali inorganiche, esclusi i metalli, usate in gioielleria e negli ogget-

ti d’arte.

4.1.2. Sostanze organiche

Prodotti naturali di origine animale o vegetale utilizzati in gioielleria o per

oggetti d’arte.

Le pietre preziose, fini ed ornamentali nonché le sostanze organiche possono

spesso essere modificate in seguito a trattamenti di varia natura, prima o dopo

il taglio, per migliorarne il colore o la purezza.

Vi sono due categorie di pietre o sostanze organiche sottoposte a trattamenti:

a) pietre che devono essere accompagnate da informazioni generali sui tratta-

menti subiti b) pietre che devono essere accompagnate da informazioni speci-

fiche sui trattamenti subiti.

4.1.3 Pietre e sostanze organiche che devono essere accompagnate da infor-

mazioni generali sui trattamenti subiti

Le pietre e le sostanze organiche che devono essere accompagnate da informa-

zioni generali sui trattamenti subiti comprendono solamente quelle elencate

dal punto 4.1.3.1 al punto 4.1.3.4.

4.1.3.1. Sostanze incolori presenti nelle fratture, come agenti coloranti

Pietre e sostanze organiche modificate dall’inserimento nelle fratture di sostan-

ze incolori quali olio, cera, resina, o altre sostanze incolori diverse dal vetro.

4.1.3.2. Lucidatura della superficie con agenti lucidanti e/o impregnanti a

base cerosa, oleosa o resinosa

Pietre e sostanze organiche modificate in superficie mediante sostanze incolori

quali olio, cera o resina.

l’impresa orafa guida normativa

4.1.3.3. Riscaldamento

Pietre e sostanze organiche modificate in modo permanente da processi ter-

mici.

Una pietra o una sostanza possono ancora essere classificate in questa categoria

laddove residui dei processi termici siano presenti nelle fratture risanate, sempre-

ché, a 10 ingrandimenti,tali residui non risultino possedere –all’occhio dell’esper-

to- una lucentezza diversa da quella del materiale ospitante, una volta lucidati.

4.1.3.4. Sbiancamento

Pietre e materiali organici modificati mediante sbiancamento.

4.1.4 Pietre e sostanze organiche che devono essere accompagnate da infor-

mazioni specifiche sui trattamenti subiti.

Le pietre che devono essere accompagnate da informazioni specifiche sui trat-

tamenti subiti sono tutte quelle non comprese nei punti da 4.1.3.1 a 4.1.3.4, e

precisamente le seguenti, da 4.1.4.1 a 4.1.4.6:

4.1.4.1 Irradiazione

Pietre e materiali organici il cui colore è stato alterato da irradiazione.

4.1.4.2 Trattamento di diffusione

Pietre e sostanze organiche in cui il colore è stato modificato e/o un eventua-

le effetto ottico è stato realizzato mediante trattamento di diffusione.

4.1.4.3 Tintura o colorazione artificiale con altre sostanze coloranti

Pietre e sostanze organiche con alterazioni del colore dovute ad agenti coloran-

ti, oppure pietre sottoposte ad iscurimento mediante procedimento chimico

del tipo “zucchero/acido”.

4.1.4.4. Fratture o cavità otturate o infiltrate

Pietre e sostanze organiche che son state assoggettate a riempimento di frattu-

re e/o cavità aperte.

l’impresa orafa guida normativa

Nota: Allorché le fratture e le cavità otturate o infiltrate vengono lucidate

concomitantemente alla superficie delle faccette della pietra, il riempiente esi-

birà, all’occhio esperto ai 10 ingrandimenti, lucentezza superficiale diversa da

quella del materiale ospitante.

4.1.4.5. Impregnazione

Pietre e sostanze organiche modificate per impregnazione con sostanze pla-

stiche o similari. Tale categoria non include i materiali realizzati con sostanze

allo stato pulverulento fissate con collanti, che vanno considerati prodotti

artificiali.

4.1.4.6 Rivestimento o ricopertura

Pietre e sostanze organiche modificate mediante ricopertura.

4.2 Prodotti artificiali

Prodotti in tutto o in parte realizzati all’uomo.

4.2.1. Pietre ricostituite

Prodotti artificiali ottenuti tramite liquefazione (senza successiva cristallizza-

zione) o fusione di sostanze naturali, volta a formare un insieme omogeneo.

4.2.2. Pietre composite (assemblate)

Prodotti artificiali composti di due o più parti, precedentemente separate,

unite con l’uso di collanti o altri metodi artificiali. I loro componenti possono

essere tanto di origine naturale che artificiale.

4.2.3. Pietre sintetiche

Prodotti artificiali le cui proprietà fisiche, composizione chimica e struttura

cristallina corrispondono essenzialmente a quelle delle controparti naturali.

4.2.4. Pietre artificiali

Prodotti cristallini artificiali privi di analogo in natura.

l’impresa orafa guida normativa

4.2.5. Imitazioni

Prodotti artificiali che imitano l’aspetto di pietre preziose, fini ed ornamentali

o di sostanze organiche senza possederne la composizione chimica e/o le pro-

prietà fisiche e/o la struttura cristallina.

5. Nomenclatura generale

5.1. Descrizioni

Le pietre preziose, fini ed ornamentali, le sostanze organiche, le pietre ricostituite,

le pietre composite, le pietre sintetiche, le pietre artificiali e le imitazioni devono

essere indicate e descritte in accordo con la terminologia e le classificazioni conte-

nute nella presente trattazione e negli allegati A e B, tanto nelle pubblicazioni e

nelle comunicazioni indirizzate al pubblico quanto nei documenti relativi all’atti-

vità commerciale (ad es. pubblicità, offerte, cartellini ed etichette, fatture, note di

consegna), nei certificati e nei referti d’identificazione.

5.2. Denominazione dei tagli

La denominazione del taglio può essere usata solo unitamente all’esatta denomi-

nazione della pietra o della sostanza: ad es. “zaffiro taglio brillante”, “ambra taglio

a rosa”, “topazio trattato taglio marquise”, “rubino sintetico taglio a smeraldo”,

“ambra ricostituita taglio cabochon”, YAG (prodotto artificiale) taglio a baguette”,

“doppietta granato/vetro taglio a goccia”.

Fa eccezione solo il diamante con taglio “a brillante”, che può essere descritto

come “brillante” senza ulteriori specificazioni.

5.3 “Gatteggiamento”

Le pietre che presentano il fenomeno detto “Gatteggiamento” devono essere indica-

te con il loro corretto nome addizionato del suffisso “occhio di gatto” o del suffisso

“gatteggiante”. (Es.: “tormalina occhio di gatto”, “tormalina gatteggiante”).

5.4 Asterismo

Le pietre che presentano un effetto a stella (asterismo) devono essere indicate con

l’impresa orafa guida normativa

il loro corretto nome seguito dall’aggettivo “stellato” o dal suffisso “asteria”. Ad

es.: “rubino stellato sintetico”, “quarzo asteria”, “quarzo asteriato”.

5.5 Il termine “coltivato”

Il termine “coltivato” può essere utilizzato solo per le perle coltivate.

5.6 Il termine “semi-prezioso”

Il termine “semi-prezioso” è fuorviante e non può essere utilizzato.

5.7 Peso ( Massa )

5.7.1 Carato metrico

Il peso (massa) di una pietra deve essere espresso/a in carati metrici (ct); un cara-

to è equivalente a 200 milligrammi (0,200 g). Il peso in carati deve essere espres-

so in unità, decimi e centesimi.

5.7.2 Arrotondamenti

Il peso ( massa ) sarà arrotondato/a per eccesso solo se il terzo decimale equi-

varrà a nove: ad es. . 0,996 = 0,99 ct;

0,998 = 0,99 ct

0,999 = 1,00 ct

Il centesimo di carato può anche essere detto “punto”.

È considerata pratica commerciale scorretta fornire erronea o ingannevole

dichiarazione del /della peso (massa) di una pietra. È inoltre scorretto indicare il

peso /massa di tutte le pietre contenute in un articolo senza che tale peso/massa

sia accompagnato/a con uguale risalto ed evidenza dalla parola “peso/massa tota-

le” o parole di significato simile, in modo da indicare chiaramente che il

peso/massa così indicato/a è quello relativo/a a tutte le pietre presenti nell’artico-

lo e non solo relativo/a alla pietra centrale o alla pietra più grande.

5.8 Dimensioni

Le dimensioni di una pietra devono essere espresse in millimetri con due decimali

dopo la virgola.

Si applicano i seguenti criteri dei rilevazione:

l’impresa orafa guida normativa

- forma rotonda: diametro minimo, diametro massimo e profondità (altezza totale);

- altre forme: lunghezza, larghezza e profondità (altezza totale).

6. Nomenclatura - Sostanze interamente naturali

Gli aggettivi “autentico”, “prezioso”, “genuino” o “naturale” possono riferirsi o desi-

gnare esclusivamente sostanze naturali, modificate e non.

6.1 Luogo di origine

6.1.1. Aree geografiche

Denominazioni di aree geografiche possono essere usate solo quando stanno

ad indicare il luogo di origine delle pietre o delle sostanze organiche.

6.1.2. Dichiarazioni sull’origine delle sostanze

Quando pietre o sostanze organiche naturali vengono dichiarate come origi-

narie di un determinato luogo, tale indicazione va considerata come cosa

discutibile ai fini valutativi.

6.1.3. Origine e qualità

Il luogo di origine di una data sostanza non implica alcun determinato livello

qualitativo.

6.1.4. Centri di lavorazione e luoghi di origine

I nomi dei centri di taglio, lavorazione o esportazione non possono essere usati

per indicare l’origine geografica delle sostanze.

7. Nomenclatura - Pietre preziose

7.1 Descrizione e denominazioni commerciali

L’allegato B.1 comprende le corrette denominazioni commerciali delle pietre pre-

ziose, fini ed ornamentali più comuni.

La denominazione mineralogica di una pietra può essere utilizzata in luogo della

sua denominazione commerciale (es. olivina invece di peridoto ).

La corretta denominazione mineralogica preceduta o seguita dalla descrizione del

colore può sostituire la denominazione commerciale o tipologica.

7.2 Denominazioni mineralogiche

l’impresa orafa guida normativa

Le pietre non elencate nell’allegato B.1 possono essere indicate solo con la loro

denominazione mineralogica (riconosciuta dall’Associazione Internazionale di

Mineralogia) o geologica.

7.3 “Gatteggiamento” ed asterismo

Le pietre interessate dalla presenza di gatteggiamento o asterismo (elencate o

meno nell’allegato B.1) devono essere descritte secondo quanto stabilito ai para-

grafi 5.3 e 5.4.

7.4 Approvazione delle denominazioni commerciali

Tutte le denominazioni commerciali non elencate nell’allegato B.1 (tranne quelle

di cui al par. 7.3) nuove o vecchie, devono essere sottoposte alla CIBJO per l’ap-

provazione e la loro inclusione nella presente normativa.

7.5 Uso combinato di denominazioni di pietre preziose

Escluse le combinazioni contenute nell’allegato B.1, non è consentito l’uso combi-

nato di denominazioni di pietre per indicarne il colore o altra caratteristica (quali

ad es. “quarzo topazio”, “topazio citrino”, “citrino topazio”, “zaffiro alessandrite”)

onde non ingenerare equivoci sull’identità della pietra.

8. Nomenclatura - Sostanze organiche

8.1 Descrizione e denominazioni commerciali

L’allegato B.2 comprende le denominazioni commerciali corrette per le sostanze

organiche comunemente usate in gioielleria.

La denominazione biologica o geologica di tali sostanze può essere usata in luogo

della denominazione commerciale.

8.2 Denominazioni biologiche

Le sostanze organiche non specificamente inserite nell’allegato B.2 devono essere

indicate con la loro denominazione biologica.

8.3 Approvazione delle denominazioni

l’impresa orafa guida normativa

Tutte le denominazioni commerciali non elencate nell’allegato B.2, nuove o in

uso, devono essere sottoposte alla CIBJO per l’approvazione e la loro inclusione

nella presente normativa.

8.4 Uso combinato di denominazioni di sostanze organiche

Non è consentito l’uso combinato di denominazioni di sostanze organiche per

indicarne il colore o altra caratteristica onde non ingenerare equivoci sull’identità

della sostanza.

9. Nomenclatura - Pietre e sostanze organiche che devono essere accompagnate da

informazioni generali sui trattamenti subiti

9.1 Descrizione

Le pietre e le sostanze organiche che devono essere accompagnate da informazioni

generali sui trattamenti subiti ( dal punto 4.1.3.1 al punto 4.1.3.4.) devono essere

denominate e descritte allo stesso modo delle analoghe pietre e sostanze non

modificate (allegato B.1 e B.2).

Gli operatori commerciali devono poter disporre di tutte le informazioni relative

ai trattamenti subiti da una data pietra o sostanza e sottoporle ai loro clienti. Tali

informazioni devono essere disponibili per i consumatori finali.

9.1.1. Descrizioni nei documenti commerciali

I documenti commerciali che accompagnano una pietra o sostanza organica di cui al

punto 9 devono includere diciture generali relative ai loro trattamenti. Tali diciture devo-

no essere riportate ad ogni livello della catena commerciale. Esempi di tali osservazioni

sono “Le pietre preziose sono spesso sottoposte a riscaldamento, prima e/o dopo il taglio,

per migliorarne il colore o la purezza” oppure “Le pietre preziose sono spesso trattate,

prima e/o dopo il taglio, con sostanze incolori per migliorarne la purezza”.

10. Nomenclatura - Pietre e sostanze organiche che devono essere accompagnate

da informazioni specifiche sui trattamenti subiti

10.1 Descrizione

Le pietre o sostanze organiche che devono essere accompagnate da informazioni

l’impresa orafa guida normativa

specifiche sui trattamenti subiti ( dal punto 4.1.4.1 a 4.1.4.6) devono essere

descritte con la denominazione corretta del proprio analogo non trattato, seguita

dal termine “trattato/a” che dovrà figurare,in caso di rappresentazione scritta, con

il medesimo rilievo e con caratteri della stessa grandezza e colore di quelli utilizzati

per la corretta denominazione della pietra o sostanza. L’indicazione “trattato/a”

non dovrà figurare come abbreviazione o come nota in calce al testo.

In alternativa, il termine “trattato” può essere sostituito dai seguenti termini (per l’uso

dei quali si rimanda ai rispettivi paragrafi): “irradiato” (4.1.4.1.), “colorato artificial-

mente” (da 4.1.4.1. a 4.1.4.3.), “trattato mediante diffusione” (4.1.4.2.), “con fratture

otturate od infiltrate” (4.1.4.4.), “impregnato” (4.1.4.5.), “ricoperto” (4.1.4.6.).

10.2 Esposizione

Quando le pietre descritte ai punti 4.1.4. e 10 o merci contenenti tali pietre sono

esposte al pubblico (sia da sole come pure unite ad altre pietre o sostanze naturali

in pezzi singoli od altro), le pietre sciolte o gli oggetti devono essere accompagnati

da cartellini o etichette chiaramente e facilmente leggibili che ne indichino preci-

samente la reale natura, secondo le definizioni della presente normativa.

11. Nomenclatura - Prodotti artificiali

11.1 Prodotti artificiali usati come imitazioni

Qualsiasi prodotto artificiale può in certe circostanze conformarsi alla classificazione

ed alla definizione delle imitazioni (4.2.5. ed allegato A 21). Quando ciò accade il

prodotto può essere descritto in conformità a quanto previsto al par. 16 (imitazioni).

11.2 Esposizione

Allorché dei prodotti artificiali o delle merci contenenti tali prodotti vengono

esposti al pubblico (da soli o mescolati a pietre o sostanze naturali in un singolo

pezzo di gioielleria o altro), gli oggetti devono essere accompagnati da cartellini o

etichette chiaramente e facilmente leggibili che ne indichino precisamente la reale

natura, secondo le definizioni della presente normativa.

11.3 Denominazioni di aree geografiche

l’impresa orafa guida normativa

È vietato utilizzare denominazioni di aree di produzione di pietre preziose o di

centri di taglio ed esportazione nella denominazione di prodotti artificiali.

11.4 Gli aggettivi “autentico”, “prezioso”, “genuino”, “naturale”, etc.

È vietato utilizzare gli aggettivi “autentico”, “prezioso”, “genuino”, “naturale”, etc, o

altri termini o frasi di significato similare comprendenti le espressioni “pietra pre-

ziosa”, “pietra fine” o “pietra ornamentale” nella descrizione dei prodotti artificiali.

11.5 Denominazioni di sostanze naturali

È vietato utilizzare la denominazione di qualsiasi sostanza naturale in connessione

diretta con la denominazione di un prodotto artificiale (per descriverne il colore o

altre caratteristiche) in maniera tale che la reale natura della pietra non risulti evi-

dente. Ad es. è corretta la definizione “spinello sintetico di colore acquamarina”,

mentre non è corretta la definizione “vetro smeraldo”.

12. Nomenclatura - Pietre ricostruite

12.1 Descrizione

Le pietre ricostruite devono essere indicate con la denominazione corretta del loro

analogo naturale seguite dal termine “ricostruito/a” (tranne che nel caso previsto al

par. 11.1) che dovrà apparire, in caso di presentazione scritta, con il medesimo

rilievo e con caratteri della stessa grandezza e colore di quelli utilizzati per la deno-

minazione della pietra o sostanza. L’indicazione “ricostruito/a” non dovrà figurare

come abbreviazione o come nota in calce al testo. Ad es.: “ambra ricostruita”.

12.2 Termini diversi da “ricostruito/a”

È vietato usare termini diversi da “ricostruito/a” per descrivere le pietre ricostruite

tranne che nei casi previsti al par. 11.1.

13. Nomenclatura - Pietre composite

13.1 Descrizione

Le pietre composite devono essere descritte (tranne che nel caso di cui al par. 11.1)

con i termini “doppietta” (due parti) o “tripletta” (tre parti) o “composite” (più di

l’impresa orafa guida normativa

tre parti – vedi par. 13.4) e questi termini devono immediatamente essere seguiti

dalle corrette denominazioni dei componenti dei prodotti assemblati (tranne che

nei casi di cui ai par. 13.2 e 13.3) che devono essere indicate a partire dalla parte

superiore e separate dal segno grafico (/). Se tutte le parti di una pietra composita

sono della medesima sostanza (esclusa la sostanza usata come collante) essa potrà

essere nominata una volta sola. I termini “doppietta”, “tripletta” e “pietra composi-

ta” dovranno apparire, in caso di presentazione scritta, con il medesimo rilievo e

con caratteri della stessa grandezza e colore di quelli utilizzati per la denominazio-

ne dei componenti. L’indicazione relativa alla natura composita della pietra non

dovrà figurare come abbreviazione o come nota in calce al testo. Ad es., una dop-

pietta composta nella parte superiore di granato ed in quella inferiore di vetro, sarà

denominata “doppietta granato/vetro”.

Una pietra composita che consti di due parti, entrambe di spinello sintetico unite

insieme da uno strato colorato o altro, sarà denominata “doppietta di spinello sin-

tetico”.

13.2 Doppietta di opale

Una composizione di due pezzi nella quale un sottile strato di opale è cementato

ad un materiale che funge da basamento, verrà denominata “doppietta di opale”.

13.3 Tripletta di opale

Una composizione di tre pezzi nella quale un sottile strato di opale è cementato

ad una base di colore scuro mentre uno strato superiore, solitamente a cupola e

consistente di quarzo o vetro trasparenti con funzione protettiva , può essere defi-

nita “tripletta di opale”.

13.4 Mosaico di opale

Il termine “composito” deve essere rimpiazzato dal termine “mosaico”, allorché le

diverse parti del composto sono sistemate fianco a fianco (per creare un’immagine

o un disegno) purché l’uso di tale termine soddisfi le condizioni previste per l’uso

del termine “composito” di cui al punto 13.1.

l’impresa orafa guida normativa

13.5 Termini diversi da quelli specificati al par. 13

Le pietre composite non possono essere denominate in modo diverso da quanto

stabilito al presente paragrafo (tranne che nel caso di cui al par. 11.1)

14. Nomenclatura - Pietre sintetiche

14.1 Descrizione

Le pietre sintetiche devono essere indicate con la corretta denominazione del loro

analogo naturale seguite dal termine “sintetico/a” (tranne che nel caso previsto al

par. 11.1) che dovrà apparire, in caso di presentazione scritta, con il medesimo

rilievo e con caratteri della stessa grandezza e colore di quelli utilizzati per la deno-

minazione della pietra o sostanza. L’indicazione “sintetico/a” non dovrà figurare

come abbreviazione o come nota in calce al testo. Ad es.: “smeraldo sintetico”.

14.2 Termini diversi da “sintetico/a”

È vietato usare termini diversi da “sintetico/a” per descrivere le pietre sintetiche

tranne che nei casi previsti al par. 11.1.

14.3 Denominazioni di marchi o produttori

Se si utilizza la denominazione di un marchio o di un produttore questo deve esse-

re aggiunto alla denominazione della pietra nel modo seguente, ad esempio: “sme-

raldo sintetico (nome del fabbricante o del marchio)”.

15. Nomenclatura - Pietre artificiali

1155..11 DDeessccrriizziioonnee

La denominazione di una pietra artificiale deve essere usata in congiunzione con il

termine “prodotto artificiale” o “pietra artificiale” (fatta eccezione per quanto

disposto al paragrafo 11.1) che dovrà apparire, in caso di presentazione scritta, con

il medesimo rilievo e con caratteri della stessa grandezza e colore di quelli utilizzati

per la denominazione della pietra o sostanza. L’indicazione “pietra artificiale o

“prodotto artificiale” ” non dovranno figurare come abbreviazione o come nota in

calce al testo.

l’impresa orafa guida normativa

1155..22 DDeennoommiinnaazziioonnii ccoonnssiimmiillii

La denominazione di una pietra artificiale non può presentare rassomiglianze od

assonanze con la denominazione (né interamente né in forma abbreviata o per allu-

sione) di qualsiasi sostanza naturale e neppure con la denominazione accettata di

un’altra pietra artificiale. Ad es., l’alluminato di ittrio artificiale sarà indicato come

“YAG - prodotto artificiale”, oppure “YAG-pietra artificiale” oppure il niobato di

litio artificiale come “Linobate - prodotto artificiale” ovvero “Linobate-pietra artifi-

ciale”. È vietato usare termini come “Diamantina”, “Diamlite”, “Smeraldolite”

“Smarill”, o altri simili che possono ingenerare equivoci sulla natura della pietra.

1155..33 TTeerrmmiinnii ddiivveerrssii ddaa ““ppiieettrraa aarrttiiffiicciiaallee”” oo ““pprrooddoottttoo aarrttiiffiicciiaallee””

È vietato usare termini diversi da “pietra artificiale” o “prodotto artificiale” per

descrivere le pietre artificiali ,tranne che nei casi previsti al par. 11.1.

16. Nomenclatura - Imitazioni

1166..11 DDeessccrriizziioonnee

Un’ imitazione dovrà essere descritta con la corretta denominazione della sostanza

di cui è composta, in accordo con le presenti norme ed i relativi allegati, oppure

con la denominazione della sostanza naturale imitata, seguita dal termine “imita-

zione”, che dovrà apparire, in caso di presentazione scritta, con il medesimo rilievo

e con caratteri della stessa grandezza e colore di quelli utilizzati per la denomina-

zione della pietra o sostanza. L’indicazione “imitazione” non dovrà figurare come

abbreviazione o come nota in calce al testo. Ad es.: “vetro”, “plastica”, “ceramica”,

oppure “corallo imitazione”, smeraldo imitazione”, etc. rappresentano la corretta

denominazione per queste sostanze.

1166..22 TTeerrmmiinnii ddiivveerrssii ddaa qquueellllii ssppeecciiffiiccaattii aall ppaarraaggrraaffoo 1166

È vietato usare termini diversi da quelli indicati al par. 16 per descrivere le imita-

zioni.

l’impresa orafa guida normativa

A.1 Prodotti artificialiProdotti in tutto o in parte realizzati all’uo-mo.

A.2 Pietre artificialiProdotti cristallini artificiali privi di analogoconosciuto in natura.

A.3 AsterismoLe pietre con taglio cabochon che esibisconodue o più linee distinte e scintillanti interse-cantesi l’un l’altra nell’attraversare la superfi-cie della pietra, effetto della riflessione dellaluce indotta da inclusioni presenti nella pie-tra, sono note come pietre asteriate o stellate(star stones). Il fenomeno descritto è detto“Asterismo”. Talvolta, ad una pietra asteriata,è anche assegnato l’attributo di pietra “feno-menica” o pietra con “fenomeno ottico parti-colare”.

A.4 SbiancamentoRimozione del colore mediante l’utilizzo diagenti chimici o fisici oppure della luce.

A.5 AssemblaggioL’unione o coesione di due o più oggetti oparti di un oggetto ottenuta mediante l’usodi una sostanza o di un agente cementanteesterno.

A.6 CavitàUn’area cava in una pietra; un buco. Vedianche: “Fratture” e “Fessure”.

A.7 Gatteggiamento o effetto “occhio di gatto”Le pietre con taglio cabochon che esibisconouna singola linea distinta e scintillante cheattraversa la superficie della pietra e che è

ingenerata dall’effetto della riflessione dellaluce da parte delle inclusioni presenti nellapietra, sono note come pietre “occhio digatto”. L’effetto ottico particolare da esse esi-bito va sotto il nome di gatteggiamento, e adesse viene assegnato l’attributo “gatteggian-te”. Talvolta, ad una pietra gatteggiante, èanche assegnato l’attributo di pietra “feno-menica” o pietra con “fenomeno ottico parti-colare”.

A.8 Rivestimento o ricoperturaUno strato di una sostanza colorante o pro-tettiva applicato sulla superficie di una pietrao parte di essa a fini di colorazione, decora-zione o protezione.

A.9 Cangianza o metamerismoProprietà posseduta da certe pietre e consi-stente nell’esibizione di differenti colorazionia seconda delle condizioni di illuminazione,vale a dire condizioni di luce naturale diurnao di luce artificiale incandescente.

A.10 Pietre compositeProdotti artificiali composti di due o piùparti, precedentemente separate, unite conl’uso di collanti o altri metodi artificiali. Iloro componenti possono essere tanto di ori-gine naturale che artificiale.

A.11 Il termine “coltivato”Il termine “coltivato/a” è applicabile solo perle perle e per nessun altro tipo di sostanza. Leperle coltivate sono formazioni madreperlaceesecrete all’interno di un mollusco fertile. Glistrati esterni delle perle coltivate sono compo-sti da strati concentrici di sostanza organica(una scleroproteina chiamata conchiolina) e

l’impresa orafa guida normativa

ALLEGATO ANormativa

Termini e definizioniAi fini della normativa CIBJO, si applicano i termini e le definizioni contenuti nel presente allegato.

da carbonato di calcio (generalmente sottoforma di aragonite). La secrezione degli stratimadreperlacei è causata dal metabolismodegli stessi molluschi viventi; l’interventoumano consiste solo nel dar avvio al processodi secrezione. Le presenti definizioni valgonoper tutte le perle coltivate, con nucleo solidoe/o con innesto organico.

A.12 Trattamento di diffusioneLa diffusione di elementi coloranti o causantifenomeni ottici in una pietra.

A.13 DoppiettaPietra composta consistente di due parti.

A.14 Otturazione o infiltrazioneIntervento su una pietra consistente nelriempirne in tutto o in parte le cavità, fessureo fratture.

A.15 FessuraCrepa molto sottile; frattura così minuta chele sostanze fluide vengono trattenute al suointerno.

A.16 FluidoSostanza liquida molto scorrevole e di bassaviscosità.

A.17 FratturaApertura o spaccatura.

A.18 Pietre fini Sostanze naturali inorganiche, esclusi i metal-li, usate in gioielleria e negli oggetti d’arte. Aifini delle presenti norme tutte le regole relati-ve alle pietre fini si applicano anche alle pie-tre preziose ed ornamentali.

A.19 GenuinoDicesi di sostanza in possesso dei caratteri oattributi propri di quel genere di sostanza.

A.20 RiscaldamentoModificazione di una pietra tramite processotermico, generalmente mediante forno o

apparecchio ad alta frequenza.

A.21 ImitazioniProdotti artificiali che imitano l’aspetto este-riore delle pietre preziose, fini ed ornamentalio delle sostanze organiche, senza possedernela composizione chimica e/o le proprietà fisi-che e/o la struttura cristallina.

A.22 ImpregnazioneProcedimento di saturazione o riempimento.

A.23 Impregnato Vedi “Impregnamento”.

A.24 Irraggiamento o irradiazioneEsposizione delle pietre alle radiazioni

A.25 IrradiatoDicesi di sostanze esposte o trattate conradiazioni.

A.26 Oggetti d’arteOggetti considerati di valore artistico

A.27 Sostanze organicheProdotti di origine naturale animale o vege-tale, usati in gioielleria e in oggetti d’arte.

A.28 Pietre ornamentaliSostanze naturali inorganiche, esclusi i metal-li, usate in gioielleria e negli oggetti d’arte. Aifini delle presenti norme tutte le regole relati-ve alle pietre fini si applicano anche alle pie-tre ornamentali.

A.29 Pietre con fenomeni ottici o pietre feno-menichePietre che presentano fenomeni di asterismo,gatteggiamento, cangianza, etc.

A.30 Pietre prezioseSostanze naturali inorganiche, esclusi i metal-li, usate in gioielleria e negli oggetti d’arte. Aifini delle presenti norme tutte le regole relati-ve alle pietre fini si applicano anche alle pie-tre preziose.

l’impresa orafa guida normativa

A.31 Pietre e sostanze organiche modificatePietre o sostanze organiche modificate nella

forma o nelle caratteristiche tramite mezzidiversi dal taglio e dalla lucidatura.

A.32 Sostanze naturaliLe sostanze completamente formatesi innatura senza intervento da parte dell’uomo esuccessivamente modificate solo mediantetaglio e lucidatura e procedimenti di cui aiparagrafi 4.1.3 e 4.1.4.

A.33 AutenticoGenuino; non artificiale.

A.34 Pietre ricostruite o ricostituiteProdotti artificiali ottenuti tramite liquefa-zione (senza successiva cristallizzazione) ofusione di sostanze naturali, volta a formareun insieme omogeneo.

A.35 SemipreziosoAttualmente considerato termine equivoco equindi non utilizzabile, indicava precedente-mente le pietre non rare.

A.36 PietreSostanze naturali e prodotti artificiali usati ingioielleria e negli oggetti d’arte, esclusi imetalli.

A.37 Trattamento di diffusione in superficieLa diffusione, in superficie o appena al disotto di essa, di elementi coloranti o causantifenomeni ottici all’interno della pietra.

A.38 Pietre sinteticheProdotti artificiali le cui proprietà fisiche,composizione chimica e struttura cristallinacorrispondono essenzialmente a quelle dellepietre naturali loro analoghe.

A.39 TrattatoSuffisso che deve essere aggiunto alla deno-minazione delle pietre o sostanze organiche ilcui aspetto è stato alterato in misura tale darichiedere specifiche informazioni sul tratta-mento subito; talvolta il termine “trattato”deve essere seguito o sostituito dai terminidescrittivi delle tecniche usate. (vedi par. 10).

A.40 TriplettaPietra composita consistente di tre parti.

A.41 VuotoCavità non contenente alcuna sostanza.

A.42 Peso (Massa) Massa di una pietra.

l’impresa orafa guida normativa

SSoossttaannzzaa

Actinolite-tremoliteActinoliteActinolite

Actinolite

Actinolite

ActinoliteActinolite

Ambligonite-MontebrasiteAmbligonite-MontebrasiteAndalusiteAndalusiteAntrofillite-GedriteApatiteAragoniteAragonite

AxiniteAzzurrite

Azzurrite

Azzurrite

Azzurrite

VVaarriieettàà//TTiippoo

Actinolite

ActinoliteNephrite

Nephrite

Nephrite

Tremolite(colore da rosso avioletto dovuto almanganese)Ambligonite

Montebrasite

ChiastoliteNuummite

Aragonite fibrosa

Azzurrite-Malachite

DDeeffiinniizziioonnee ccoommmmeerrcciiaallee

Actinolite

ActinoliteNephrite, oGiada-NephriteNephrite, oGiada-NephriteNephrite, oGiada-Nephrite

TremoliteEsagonite

Ambligonite

Montebrasite

AndalusiteChiastoliteNuummite

ApatiteAragoniteAragonite SatinSparAxiniteAzzurrite(Chessylite)Azzurrite(Chessylite)Azzurrite(Chessylite)

Azzurrite-Malachite

PPoossssiibbiillii mmooddiiffiiccaazziioonnii

Nessuna

Tintura (rara)Nessuna

Tintura (rara)

Impregnamentocon olio, resina ocera incolore NessunaNessuna

Nessuna

Nessuna

NessunaNessunaNessuna

NessunaNessunaNessuna

NessunaNessuna

Lucidatura a cera(frequente)Impregnamentocon olio, resina ocera incolore (rara)Nessuna

RReeppeerriibbiillee iinn ffoorrmmaa ssiinntteettiiccaa

No

NoNo

No

No

NoNo

No

No

NoNoNo

NoNoNo

NoNo

No

No

No

l’impresa orafa guida normativa

ALLEGATO BDefinizioni commerciali

B.1 - Pietre preziose ed ornamentali

l’impresa orafa guida normativa

Azzurrite

Azzurrite

BenitoiteBerillo

Berillo

Berillo

Berillo

BerilloBerillo

Berillo

Berillo

Berillo

Berillo

Berillo

Berillo

Berillo

BerilloniteBrasilianiteCalciteCalciteCalciteCalciteCalciteCassiteriteCerussiteCaroite

Azzurrite-MalachiteAzzurrite-Malachite

Smeraldo (coloreverde dovuto alcromo +/- vanadioSmeraldo (coloreverde dovuto alcromo +/- vanadioSmeraldo (coloreverde dovuto alcromo +/- vanadioSmeraldo (coloreverde dovuto alcromo +/- vanadio

AcquamarinaAcquamarina

Goshenite

Eliodoro

Eliodoro

Morganite

Morganite

Berillo blu

(altri colori)

Calcite fibrosaCalcite massicciaCalcite massicciaCalcite massiccia

Azzurrite-MalachiteAzzurrite-Malachite

BenitoiteSmeraldo

Smeraldo

Smeraldo

Smeraldo

AcquamarinaAcquamarina

Goshenite, oberillo incoloreEliodoro, o Berillogiallo o doratoEliodoro, o Berillogiallo o doratoMorganite, oBerillo rosaMorganite, oBerillo rosaBerillo blu

Berillo colorato

BerilloniteBrasilianiteCalciteCalcite satin sparMarmoMarmoMarmoCassiteriteCerussiteCaroite

Lucidatura a cera(frequente)Impregnamentocon olio, resina ocera incolore (rara)NessunaNessuna (moltorara)

Olio, cera o resineincolori nelle frat-ture (frequente)Tintura con olicolorati (rara)

Fratture e cavitàriempite con resi-ne rafforzanti (fre-quente)Nessuna (rara)Riscaldamento(frequente)Nessuna

Nessuna

Irradiamento (fre-quente)Nessuna

Riscaldamento(frequente)Blu ottenuto perirradiamento(sempre)Nessuna

NessunaNessunaNessunaNessunaNessunaLucidatura a ceraTinturaNessunaNessunaNessuna

No

No

NoSpesso

Molto raramente

Molto raramente

Molto raramente

TalvoltaTalvolta

No

Raramente

Raramente

Raramente

Raramente

No

Raramente

NoNoNoNoNoNoNoNoNoNo

l’impresa orafa guida normativa

CrisoberilloCrisoberillo

Crisoberillo

Crisoberillo

Crisoberillo

CrisocollaCrisocollaCrisocolla

CordieriteCorindone

Corindone

Corindone

Corindone

Corindone

Corindone

CorindoneCorindone

CorindoneCorindone

CorindoneCorindone

Corindone

Corindone

Crisoberilloocchio di gattoCrisoberilloocchio di gattoAlessandrite (coloredovuto al cromo)Alessandriteocchio di gatto

Rubino (colorerosso dovuto alcromo)Rubino (colorerosso dovuto alcromo)Rubino (colorerosso dovuto alcromo)Rubino (colorerosso dovuto alcromo)Rubino (colorerosso dovuto alcromo)Rubino (colorerosso dovuto alcromo)Rubino a stellaRubino stellato

Rubino stellatoRubino stellato

Zaffiro (blu)Zaffiro (blu)

Zaffiro (blu)

Zaffiro (blu)

CrisoberilloCrisoberilloocchio di gattoCrisoberilloocchio di gattoAlessandrite

Alessandriteocchio di gattoCrisocollaCrisocollaCrisocolla

Cordierite o IoliteRubino

Rubino

Rubino

Rubino

Rubino

Rubino

Rubino a stellaRubino stellato

Rubino stellatoRubino stellato

ZaffiroZaffiro

Zaffiro

Zaffiro

NessunaNessuna

Irradiamento permodifica coloreNessuna

Nessuna

NessunaLucidatura a ceraImpregnazionecon sostanze pla-stiche o resinaNessunaNessuna

Riscaldamento(frequente)

Riempimento difratture (frequente)

Fratture aperteriempite con vetro(raro)Impregnazione(rara)

Colorazionemediante diffusio-ne (raro)NessunaRiscaldamento(raro)Impregnamento Asterismo ottenu-to mediante diffu-sione (raro)NessunaRiscaldamento(frequente)Fratture aperte riem-pite con vetro (raro)Colorazionemediante diffusio-ne (raro)

TalvoltaRaramente

Raramente

Spesso

Talvolta

NoNoNo

NoSpesso

Talvolta

Talvolta

Molto raramente

Molto raramente

Molto raramente

SpessoMolto raramente

Molto raramenteMolto raramente

SpessoTalvolta

Molto raramente

Talvolta

l’impresa orafa guida normativa

CorindoneCorindone

Corindone

Corindone

Corindone

Corindone

Corindone

Corindone

Corindone

Corindone

DanburiteDatoliteDiasproDiopsideDiopsideDiopsideDiopsideDumortieriteEnstatiteEnstatite

EnstatiteEnstatiteEpidotoEuclasioFeldspato (famiglia del)AlbiteLabradoriteLabradorite

Labradorite

Labradorite

Zaffiro stellato (blu)Zaffiro stellato (blu)

Zaffiro stellato(altri colori)Zaffiro stellato(altri colori)

Zaffiro stellato(altri colori)

Padparadscha

Padparadscha

(altri colori)

(altri colori)

(altri colori)

Diopside CromoViolanDiopside stellato

Enstatite(Colore verdedovuto al cromo)BronziteIperstene

Labradorite conlabradorescenzaLabradorite conlabradorescenzaLabradorite conavventurescenza

Zaffiro stellatoZaffiro stellato

Zaffiro stellatocoloratoZaffiro stellatocolorato

Zaffiro stellatocolorato

Padparadscha, oZaffiro arancionePadparadscha, oZaffiro arancioneZaffiro oCorindone coloratoZaffiro oCorindone coloratoZaffiro oCorindone colorato

DanburiteDatoliteDiasproDiopsideDiopside CromoViolanDiopside stellatoDumortieriteEnstatiteEnstatite Cromo

BronziteIpersteneEpidotoEuclasio

AlbiteLabradoriteLabradorite, oSpectroliteLabradorite, oSpectroliteLabradorite Pietradel Sole

NessunaAsterismo ottenutomediante diffusioneNessuna

Riscaldamento(raro)

Asterismo ottenu-to mediante diffu-sione (raro)Nessuna

Riscaldamento(raro)Nessuna

Riscaldamento(raro)Colore giallo pro-dotto medianteirraggiamentoNessunaNessunaNessunaNessunaNessunaNessunaNessunaNessunaNessunaNessuna

NessunaNessunaNessunaNessuna

NessunaNessunaNessuna

Lucidatura a cera(rara)Nessuna

SpessoMolto raramente

Talvolta

Spesso - Asterismoottenuto conriscaldamentoMolto raramente

Spesso

Molto raramente

Spesso

Molto raramente

No

NoNoNoNoNoNoNoNoNoNo

NoNoNoNo

NoNoNo

No

No

l’impresa orafa guida normativa

MicrodinoMicrodino

Microdino

OligoclasioOligoclasio

OrtoclasioOrtoclasio

Ortoclasio

FluoriteFluoriteFluorite

Granato (famiglia del)AlmandinoAlmandino-piropoAndraditeAndraditeAndraditeGrossulario

GrossularioGrossulario

PiropoPiropoPiropo-Spessartina

Spessartina

Uvarovite

GessoGessoGesso

Gesso

AmazzoniteAmazzonite

Amazzonite

Oligoclasio conavventurescenza

Ortoclasio traspa-rente, gialloAdularia

Blue JohnBlue John

Rhodolite

DemantoideMelaniteTsavorite (coloreverde dovuto alvanadio e/o cromoEssonite(altri colori)

Piropo Cromo

AlabastroAlabastroAlabastro

Satin Spar

AmazzoniteAmazzonite

Amazzonite

OligoclasioFeldspatoAvventurina oPietra del SoleOrtoclasioOrtoclasio giallo

Pietra di Luna

FluoriteBlue JohnBlue John

AlmandinoAlmandinoAndraditeAndraditeMelaniteTsavorite oGrossularioCromoEssoniteGrossulario coloratoPiropoPiropo CromoPiropo-Spessartina,o Granato Malaia,o UmbaliteSpessartina

Uvarovite

AlabastroAlabastroAlabastro

Satin Spar

NessunaLucidatura concera o olio incolo-re (frequente)Impregnamentocon sostanze pla-stiche (rara)NessunaNessuna

NessunaNessuna

Nessuna

NessunaNessunaRiscaldamento(frequente)

NessunaNessunaNessunaNessunaNessunaNessuna

NessunaNessuna

NessunaNessunaNessuna

Lucidatura a cera(frequente)Nessuna

NessunaTintura (frequente)Lucidatura a cera(frequente)Nessuna

NoNo

No

NoNo

NoNo

No

NoNoNo

NoNoNoNoNoNo

NoNo

NoNoNo

No

No

NoNoNoNoNo

l’impresa orafa guida normativa

EmatiteGiadeiteGiadeiteGiadeite

GiadeiteGiadeiteCornerupinaKyaniteLazuliteLazuriteLazuriteLazurite

LazuriteMalachiteMalachite

Malachite

Malachite

Malachite

Malachite

Maw-sit-sitOssidianaOssidiana

OssidianaOssidiana

Ossidiana

OlivinaOlivina

Cloromelanite

LapislazzuliLapislazzuli

Lapislazzuli

Malachite-AzzurriteMalachite-AzzurriteMalachite-Azzurrite

OssidianaMoganoOssidiana lucenteOssidiana fioccodi neveOssidiana arcobalenoPeridotoPeridoto

EmatiteGiadeite, o GiadaGiadeite, o GiadaGiadeite, o Giada

Giadeite, o GiadaCloromelaniteCornerupinaKyanite o DisteneLazuliteLazuriteLapislazzuliLapislazzuli

LapislazzuliMalachiteMalachite

Malachite

Malachite-AzzurriteMalachite-AzzurriteMalachite-Azzurrite

Maw-sit-sitOssidianaOssidianaMoganoOssidiana lucenteOssidiana fioccodi neveOssidiana arcobalenoPeridotoPeridoto

Nessuna

Impregnazionecon sostanze poli-meriche seguentea trattamento conacidi (frequente)Tintura (frequente)NessunaNessunaNessunaNessunaNessunaNessunaLucidatura conolio o cera incolo-re (frequente)Tintura (frequente)NessunaLucidatura a cera(rara)Impregnamentocon sostanze pla-stiche o altri agen-ti indurenti (raro)Nessuna

Lucidatura a cera(rara)Impregnamentocon sostanze pla-stiche o altri agen-ti indurenti (raro)NessunaNessunaNessuna

NessunaNessuna

Nessuna

NessunaLucidatura conolio o cera incolore(rara)

No

No

NoNoNoNoNoNoNoNo

NoNoNo

No

No

No

No

NoNoNo

NoNo

No

NoNo

l’impresa orafa guida normativa

Olivina

Opale

Opale

Opale

Opale

Opale

OpaleOpale

Opale

Opale

Opale Opale

OpaleOpaleOpale

OpaleOpale

OpaleOpale

Opale

Opale

Peridoto

(descrizione basatasulla scala dei colori)Da nero a moltoscuroDa nero a moltoscuro

Da nero a moltoscuro (trasparenteo semi-trasparente)Da nero a moltoscuro

BiancoBianco

Bianco (trasparenteo semi-trasparente)Bianco (trasparenteo semi-trasparente)

Opale ciottoloOpale ciottolo

Opale ArancioOpale matriceOpale matrice

Opale matriceOpale matrice

Opale d’acquaOpale d’acqua

Opale d’acqua

(incolore)

Peridoto

Opale nero

Opale nero

Opale nero Cristallo

Opale neroCristallo

Opale BiancoOpale Bianco

Opale BiancoCristalloOpale BiancoCristallo

Opale ciottoloOpale ciottolo

Opale FuocoOpale MassiccioOpale Massiccio

Opale matriceOpale matrice

Opale d’acquaOpale d’acqua

Opale d’acqua

Opale comune

Riempimento difratture consostanze incolori

Nessuna

Impregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)Nessuna

Impregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)NessunaImpregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)Nessuna

Impregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)NessunaImpregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)NessunaNessunaInfusione disostanze incolorinelle cavità (rara)NessunaTrattamento conacidi o zuccheri(frequente)NessunaInfusione disostanze incolorinelle cavità (rara)Trattamento conacidi o zuccheri(frequente)Nessuna

No

No

No

No

No

NoNo

No

No

NoNo

NoNoNo

NoNo

NoNo

No

No

l’impresa orafa guida normativa

Opale

Opale

OpaleOpaleOpale

Opale

Opale

Opale

OficalciteOficalcite

OficalciteOficalcite

OficalciteOficalcite

FenachitePrehnitePorporitePiritePirofiliteQuarzo (macrocristallino)QuarzoQuarzo

Quarzo

Quarzo

Quarzo

Quarzo

Quarzo

Bianco, porcellana

Opale ArancioOpale Verde(altri colori)

(altri colori)

Con inclusionidendritiche dicolore verde(Pseudomorfo dellegno)

ConnemaraConnemara

Verde anticoVerde antico

AmetistaAmetista

Ametista Citrina(bicolore)Quarzo latte-ametistaQuarzo fumè

Quarzo fumè

(dal marronescuro al nero)

Opale comune

Opale Cacholong

Opale FuocoOpale VerdeOpale comunecoloratoOpale comunecolorato

Opale muschiato

Opale Legno

OficalciteOficalcite

ConnemaraConnemara

Verde anticoVerde antico

FenachitePrehnitePrehnitePiritePirofilite

AmetistaAmetista

Ametista Citrina

Quarzo latte-ametistaQuarzo fumè omarroneQuarzo fumè omarroneMorione

Impregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)Impregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)NessunaNessunaNessuna

Impregnamentocon sostanze plasti-che o resina (raro)Nessuna

Nessuna

NessunaLucidatura a cera(rara)NessunaLucidatura a cera(rara)NessunaLucidatura a cera(rara)NessunaNessunaNessunaNessunaNessuna

NessunaRiscaldamento(raro)Nessuna

Nessuna

Nessuna

Irradiamento(raro)Nessuna

No

No

NoNoNo

No

No

No

NoNo

NoNo

NoNo

NoNoNoNoNo

SpessoSpesso

Talvolta

No

No

Spesso

Talvolta

l’impresa orafa guida normativa

Quarzo

Quarzo

Quarzo

Quarzo

QuarzoQuarzoQuarzo

Quarzo

QuarzoQuarzo

Quarzo

QuarzoQuarzoQuarzo

Quarzo

Quarzo

Quarzo cripto/microcri-stallinoQuarzo

Quarzo

Quarzo

QuarzoQuarzo

Citrino

Citrino

Prasiolite

Prasiolite

Cristallo di RoccaQuarzo rosaQuarzoAvventurinaQuarzo blu (colore dovuto alleinclusioni didumortierite)Quarzo irisQuarzo iris

Quarzo iris

QuarziteQuarziteQuarzite

Quarzo occhio di gattoQuarzo con inclusioniCalcedonio oAgata

Crisopraso (coloreverde dovuto adinclusioni di nichel)Calcedonio cromo(colore verdedovuto al cromo)Calcedonio criso-colla (colore blu oblu-verde dovutoad inclusioni dicrisocolla)CorniolaCorniola

Citrino, o QuarzogialloCitrino, o QuarzogialloPrasiolite, oQuarzo verdePrasiolite, oQuarzo verdeCristallo di RoccaNessunaQuarzoAvventurinaQuarzo blu

Quarzo irisQuarzo iris

Quarzo iris

QuarziteQuarziteQuarzite

Quarzo occhio di gattoQuarzo Tormalina

Crisopraso

Calcedonio cromoo Mtorolite

Calcedonio

CorniolaCorniola

Nessuna

Riscaldamento(frequente)Nessuna

Riscaldamento(frequente)NessunaNessunaNessuna

Nessuna

NessunaRiscaldamento(raro)Tintura (frequente)TalvoltaTintura (frequente)Impregnamentocon sostanze pla-stiche, oli e resine(raro)Nessuna

Nessuna

Nessuna

Nessuna

Nessuna

NessunaRiscaldamento(frequente)

Spesso

No

Spesso

Dato sconosciuto

SpessoTalvoltaNo

Spesso

TalvoltaTalvolta

No

NoNoNo

No

No

No

No

No

NoNo

l’impresa orafa guida normativa

QuarzoQuarzoQuarzoQuarzo

Quarzo

Quarzo

Quarzo

Quarzo

QuarzoQuarzoQuarzoQuarzoQuarzoQuarzo

QuarzoQuarzoQuarzoQuarzo

QuarzoQuarzo

Quarzo

QuarzoQuarzoQuarzo

QuarzoQuarzo

RodocrositeRodoniteScapoliteSerpentine (famiglia delle)Serpentine (famiglia delle)Serpentine (famiglia delle)

CorniolaSardonicaPraseo(altri coloriuniformi)(altri coloriuniformi)(altri coloriuniformi)(altri coloriuniformi)(altri coloriuniformi)Agata striataAgata striataAgata fuocoAgata irisAgata muschiataOnice (presenza distrati bianchi e neri)Onice sardonicaDiasproEliotropoDiaspro multicoloreDiaspro sfericoDiaspro, altricoloriDiaspro, altricoloriPseudomorfi della crocidolite:Occhio di FalcoOcchio di TigreOcchio di Tigre

Occhio di TigrePseudomorfi del legno

CorniolaSardonicaPraseoAgata o CalcedoniocoloratiAgata o CalcedoniocoloratiAgata o CalcedoniocoloratiAgata o CalcedoniocoloratiAgata oCalcedonio coloratiAgata striataAgata striataAgata fuocoAgata irisAgata muschiataOnice

Onice sardonica

EliotropoDiaspro multicoloreDiaspro sfericoDiaspro colorato

Diaspro colorato

Occhio di FalcoOcchio di TigreOcchio di Tigre

Occhio di TigreLegno pietrificato

RodocrositeRodoniteScapolite

Tintura (rara)NessunaNessunaNessuna

Tintura in nero(sempre)Tintura in blu(sempre)Tintura in verde(sempre)Tintura (frequente)

NessunaTintura (frequente)NessunaNessunaNessunaTintura (sempre)

Nessuna

NessunaNessuna

NessunaNessuna

Tintura (frequente)

NessunaNessunaRiscaldamento(frequente)Tintura (frequente)Nessuna

NessunaNessunaNessunaNessuna

Lucidatura a cera(frequente)Tintura (frequente)

NoNoNoNo

No

No

No

No

NoNoNoNoNoNo

No

NoNo

NoNo

No

NoNoNo

NoNo

NoNoNoNo

No

No

l’impresa orafa guida normativa

Antigorite

Crisotile

Lizardite

SillimaniteSinhaliteSmithsoniteSmithsonite

SodaliteSodaliteSfaleriteSpinello (famiglia dello)Spinello

Spinello-GahniteGahniteSpodumene

SugiliteTalcoTalcoTaafeiteTectiteTectiteTitanite

Bowenite

Williamsite

(dal blu al verde)

Pleonasta

Gahnospinello

KunziteKunzite

Kunzite

Hiddenite (coloreverde dovuto alcromo)(altri colori)

(altri colori)

SteatiteSteatite

Moldavite

Antigorite

Bowenite

Crisotile

Lizardite

Williamsite

SillimaniteSinhaliteSmithsoniteSmithsonite oBonamiteSodaliteSodaliteSfalerite

SpinelloPleonasta, o spinello neroGahnospinelloGahniteKunziteKunzite

Kunzite

Hiddenite

Spodumene coloratoSpodumene colorato

SugiliteSteatiteSteatiteTaafeiteTectiteMoldaviteTitanite

(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)

NessunaNessunaNessunaNessuna

NessunaTintura (rara)Nessuna

NessunaNessuna

NessunaNessunaNessunaRiscaldamento(frequente)Irradiamento (frequente)Nessuna

Nessuna

Verde prodottomediante irradia-zione (raro)

NessunaNessunaTintura (rara)NessunaNessunaNessunaNessuna

(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)(vedi famigliadelle serpentine)

NoNoNoNo

NoNoNo

SiNo

NoNoNoNo

No

No

No

No

NoNoNoNoNoNoNo

l’impresa orafa guida normativa

TopazioTopazio

Topazio

Topazio

Topazio

Topazio

Tormalina (famiglia della)Tormalina

Tormalina

Tormalina

Tormalina

TormalinaTormalina

Tormalina

Tormalina

Tormalina

Tormalina

Tormalina

Tormalina

incolore

Dal rosa al rosso

Dal rosa al rosso

Dal rosa al rosso

Verde dovuto alcromo o al vanadioVerdeVerde

Verde

Verde

Dal verde al blu(dovuto al rame)Dal verde al blu(dovuto al rame)Dal verde al blu(dovuto al rame)

Dal verde al blu(dovuto al rame)

TopazioTopazio

Topazio

Topazio

Topazio

Topazio

Tormalina incolore o AcroiteTormalina rosa orossa, o RubeliteTormalina rosa orossa, o RubeliteTormalina rosa orossa, o RubeliteTormalina Cromo

Tormalina verdeTormalina verde

Tormalina verde

Tormalina verde

Tormalina Paraiba

Tormalina Paraiba

Tormalina Paraiba

Tormalina Paraiba

NessunaRiscaldamento perottenere il rosa(frequente)Irradiamento eriscaldamento perottenere il blu(frequente)Irradiamento perottenere il giallo el’arancio (raro)Irradiamento perottenere il verde(raro)Diffusione perottenere il verde(frequente)Nessuna

Nessuna

Riscaldamento(raro)Irradiamento (frequente)Nessuna

NessunaRiscaldamento(frequente)Riempimento difratture con sostan-ze incolori (raro)Riempimento difratture consostanze incolorirafforzanti (raro)Nessuna

Riscaldamento(frequente)Riempimento difratture con sostan-ze incolori (raro)Riempimento difratture consostanze incolorirafforzanti (raro)

NoNo

No

No

No

No

No

No

No

No

No

NoNo

No

No

No

No

No

No

l’impresa orafa guida normativa

Tormalina

Tormalina

TormalinaTugtupiteTurcheseTurchese

Turchese

TurcheseVarisciteVerditeVesuvianiteVesuvianiteZircone

ZirconeZircone

ZoisiteZoisite

Zoisite

ZoisiteZoisite

SSoossttaannzzaa

AmbraAmbra

Ambra

Blu

Blu

(altri colori)

Californite

Dal blu al violaDal blu al viola

Trasparente Altri coloriThuliteNon trasparente -Altri colori

VVaarriieettàà//TTiippoo

Tormalina blu oIndicoliteTormalina blu oIndicoliteTormalina colorataTugtupiteTurcheseTurchese

Turchese

TurcheseVarisciteVerditeVesuvianiteCaliforniteZircone

ZirconeZircone

TanzaniteTanzanite

Tanzanite colorata

ThuliteZoisite colorata

NNoommee ccoommmmeerrcciiaallee

AmbraAmbra

Ambra

Nessuna

Riscaldamento(frequente)NessunaNessunaNessunaImpregnamentocon sostanze pla-stiche (frequente)Lucidatura con olioo cera (frequente)Tintura (rara)NessunaNessunaNessunaNessunaRiscaldamento perottenere il blu, ilrosso e l’assenza dicolore (sempre)NessunaRiscaldamento permigliorare il giallo(frequente)NessunaRiscaldamento(quasi sempre)Nessuna

NessunaNessuna

PPoossssiibbiillii mmooddiiffiiccaazziioonnii

NessunaRiscaldamento(frequente)Tintura o tratta-mento in superfi-cie per aggiungerecolore

No

No

NoNoNoNo

No

NoNoNoNoNoNo

NoNo

NoNo

No

NoNo

RReeppeerriibbiillee iinnffoorrmmaa ssiinntteettiiccaa

NoNo

No

B.1 - Sostanze organiche

l’impresa orafa guida normativa

Ammonite

Ammonite

CopaleCopale

Copale

CoralloCorallo

Corallo

CoralloCorallo

CoralloCorallo

CoralloCoralloCoralloCorallo

CoralloCoralloAvorioAvorio

AvorioAvorio

Avorio

ConchigliaAmmonite (coniridescenza)ConchigliaAmmonite (senzairidescenza)

BiancoBianco

Bianco

RosaRosa

RosaRosa

RossoArancioDoratoDorato

Nero(altri colori)

Ammonite

Ammonite

CopaleCopale

Copale

Corallo biancoCorallo bianco

Corallo bianco

Corallo rosaCorallo rosa

Corallo rosaCorallo rosa

Corallo rossoCorallo arancioCorallo doratoCorallo dorato

Corallo neroCorallo coloratoAvorioAvorio

AvorioAvorio

Avorio

Nessuna

Impregnamentocon sostanzerafforzanti incolo-ri (frequente)NessunaRiscaldamento(frequente)Tintura o tratta-mento in superfi-cie per aggiungerecoloreNessunaSbiancamento(frequente)Impregnamentocon sostanzerafforzanti incolo-ri (frequente)NessunaLucidatura concera incolore (fre-quente)Tintura (frequente)Impregnamentocon sostanzerafforzanti incolo-ri (frequente)Vedi corallo rosaVedi corallo rosaNessunaSbiancamento dalcorallo nero (fre-quente)NessunaVedi corallo rosaNessunaSbiancamento(frequente)Tintura (rara)Trattamento concera incolore (raro)Impregnamentocon sostanzerafforzanti incolo-ri (frequente)

No

No

NoNo

No

SiSi

Si

NoNo

NoNo

Vedi corallo rosaVedi corallo rosaNoNo

NoVedi corallo rosaNoNo

NoNo

No

l’impresa orafa guida normativa

AvorioAvorio

Avorio

Avorio

AvorioConchiglia

Conchiglia

ConchigliaConchigliaTartaruga

Avorio d’elefanteAvorio di mammuthAvorio di mastodonteDenti (altri animali)Odontolite

Madreperla

Madreperla

Avorio d’elefanteAvorio di mammuthAvorio di mastodonteAvorio (con nomedell’animale)OdontoliteConchiglia (connome dell’animale)Conchiglia (connome dell’animale)MadreperlaMadreperlaTartaruga

Vedi avorioVedi avorio

Vedi avorio

Vedi avorio

Vedi avorioNessuna

Tintura (frequente)

NessunaTintura (talvolta)Nessuna

Vedi avorioVedi avorio

Vedi avorio

Vedi avorio

Vedi avorioNo

No

NoNoNo

XVIII. Il libro sulle perle. Norme CIBJO 1997

l’impresa orafa guida normativa

Classificazione dei materiali

A) PERLE NATURALI

A 1 - Perle

Le perle sono delle formazioni naturali secrete accidentalmente e senza alcun inter-

vento umano all’interno dei molluschi. Esse sono composte da una sostanza organica

(una scleroproteina chiamata cochiolina) e da carbonato di calcio (generalmente

sotto forma di argonite) disposti a strati concentrici, il più esterno dei quali è madre-

perlaceo. Fatta eccezione per la perla conchiglia in cui gli strati sono radiali.

A 2 - Blisters

I blisters sono delle protuberanze interne della conchiglia causate dall’intrusione di

corpi estranei tra il mantello e la conchiglia, o da delle secrezioni di materiale madre-

perlaceo che sigilla il buco fatto da molluschi perforanti, vermi o spugne. L’interno è

cavo e la secrezione avviene naturalmente, senza l’aiuto umano.

A 3 - Perle Blisters

Se una perla perfora il mantello del mollusco, essa può iniziare a ricoprirsi di mate-

riale madreperlaceo mentre ancora aderisce all’interno della parete della conchiglia. Il

risultato è che gli strati formati dalla perla successivamente sono omogenei a quelli

della conchiglia e si forma così una perla attaccata. Queste perle sono rotonde o di

forma irregolare e sono secrete senza alcun intervento umano.

B) PERLE COLTIVATE

B - Perle coltivate

Le perle coltivate sono delle formazioni madreperlacee secrete all’interno di un

mollusco produttivo. Gli strati esterni delle perle coltivate sono composti da strati

concentrici di sostanza organica (una scleroproteina chiamata conchiolina) e da car-

bonato di calcio (generalmente sotto forma di aragonite); la secrezione degli strati

madreperlacei è causata dallo stesso metabolismo dei molluschi viventi, l’intervento

umano serve solo per far iniziare la secrezione. Questo si applica a tutte le perle colti-

vate sia con un nucleo solido e/o con un trapianto organico.

B 2 - Perle coltivate

Queste perle coltivate sono volutamente coltivate con dei nuclei di forma sferica o

con strati madreperlacei derivanti da molluschi.

C) PERLE COLTIVATE COMPOSITE

Le perle coltivate composite sono il prodotto risultante dall’assemblaggio umano

della parte superiore di una perla coltivata con una o più parti inferiori della stessa

natura o di altre sostanze.

D) PERLE D’IMITAZIONE

Le perle d’imitazione sono prodotti completamente o parzialmente creati dall’uo-

mo, imitando l’aspetto, il colore e l’effetto delle perle naturali o coltivate senza posse-

derne le proprietà fisiche e chimiche persino quando vengono usate delle sostanze

naturali. Qualsiasi prodotto che sembra in apparenza una perla è un’imitazione di

questa se gli strati esterni non sono completamente composti da una formazione

madreperlacea secreta nell’interno del mollusco produttivo.

l’impresa orafa guida normativa

Regole di applicazione per il commercio delle perle

art. 1

Generalità

a) Le perle, le perle coltivate, le perle coltivate composite e le perle d’imitazione

devono essere denominate e descritte in conformità con la loro classificazione

(da A a A3, da B1 a B2, C e D). Questa regola si applica specialmente alle

descrizioni in una pubblicità ufficiale in tutte le comunicazioni indirizzate al

pubblico così come a tutti gli operatori del settore (per esempio nella pubblicità,

sulle etichette, sui certificati, sui bollettini di consegna e sulle fatture).

b) I termini e le regole della nomenclatura sono stati stabiliti con riferimento agli

usi commerciali di perle, in conformità con le classificazioni e la pratica del

commercio internazionale delle perle. Se questa nomenclatura richiede comple-

menti, ogni aggiunta deve apparire, nell’eventualità di una presentazione scritta,

con uguale risultato ed importanza con le stesse caratteristiche di taglio e di

colore corrispondenti al nome stesso: tutte le abbreviazioni sono proibite. Le tra-

sgressioni a queste regole devono essere penalizzate in accordo con le leggi in

vigore, in particolar modo a quelle sulle frodi, sulle falsificazioni e sulla concor-

renza sleale. Possono essere fatte eccezioni se le leggi di quel particolare Paese

sono in conflitto con queste regole.

c) Quando la merce è esposta, devono essere applicate le seguenti regole: nei casi in

cui l’esposizione non è esclusivamente dedicata alle perle o alla gioielleria deco-

rata con perle ma contengono perle coltivate, perle coltivate composite o perle

d’imitazione o gioielleria decorata esclusivamente con questi prodotti o altri, ci

deve essere un cartello facilmente rilevabile che deve chiaramente indicare al

pubblico la precisa natura degli oggetti esposti.

d) Per ogni pezzo di gioielleria in esposizione che è composto sia da elementi natu-

rali che non, deve essere aggiunto ad ogni pezzo un’etichetta facilmente leggibili

che deve indicare nei particolari la sua composizione in accordo con la classifica-

zione qui elencata.

l’impresa orafa guida normativa

art. 2

Referti dei laboratori sull’identificazione delle perle

Il referto sulla perla deve indicare solo le seguenti definizioni in riferimento alla

perla:

- la sua classificazione (perla, perla coltivata, perla coltivata composita, perla d’i-

mitazione);

- ed eventualmente il suo nome commerciale come indicato nella nomenclatu-

ra;

- il suo colore di base (specificando se naturale o artificiale);

- il peso, quando è possibile;

- le dimensioni;

- se forata, completamente o parzialmente, non forata o tagliata;

- la forma (rotonda, a pera, a bottone, barocca o fantasia). Non deve essere data

nessuna indicazione del luogo di origine.

art. 3

Uso scorretto dei nomi di perla e altri termini

È proibito l’uso dei termini Commerciale o Varietà non specificati nella nomen-

clatura I,II,III e IV. Ogni altro termine, sia nuovo che vecchio, deve essere sotto-

posto e approvato dalla CIBJO prima di essere utilizzato.

art. 4

Uso dei termini “autentico”, “prezioso”, genuino”, “orientale”, “naturale” e altri

a) Gli aggettivi autentico, prezioso, genuino, orientale o altre espressioni si riferi-

scono esclusivamente alle perle naturali e devono essere usati solo per designare

le sostanze naturali definite nei paragrafi da A1 a A3.

b) È proibito l’uso di queste espressioni per descrivere degli articoli o delle sostan-

ze (vedi paragrafi B e C) quando sono coltivate. Lo stesso si applica quando il

prodotto è fatto dall’uomo (vedi paragrafo D).

art. 5

Indicazione di peso, “peso totale”

l’impresa orafa guida normativa

È una pratica scorretta di commercio dare un’idea sbagliata di peso di qualsiasi

perla o di ingannare sempre in riferimento al peso di questa. E’ anche scorretto

dichiarare o rappresentare diversamente il peso di tutte le perle contenute in un

articolo a meno che il peso sia accompagnato con lo stesso risalto ed importanza

dalla parola “peso totale” o parole di significato simile, così da indicare chiaramen-

te che il peso dichiarato o rappresentato è quello di tutte le perle contenute nell’ar-

ticolo e non il peso del centro o della perla più grossa.

art. 6

Perle naturali

a) Il termine “perla” senza alcuna qualificazione può essere solo applicato alle

perle naturali definite nei paragrafi da A1 a A3. E’ una pratica scorretta di com-

mercio usare la parola “perla” in riferimento a qualsiasi altro oggetto o prodotto

che non sia effettivamente una perla naturale.

b) La definizione “perla orientale” o “perla d’acqua dolce” deve essere applicata

solo alle perle naturali.

art. 7

Perle coltivate

a) Il termine “perle coltivate” deve essere applicato solo alle perle definite nei para-

grafi da B1 a B2. Questo si applica alle perle coltivate con o senza nucleo solido

organico, qualunque metodo sia stato usato per ottenerne la formazione. E’

dunque proibito usare la parola “perla” riferendosi a una perla coltivata e la

parola “coltivata” deve immediatamente seguire con lo stesso risalto ed impor-

tanza la parola “perla”.

b) È proibito l’uso del termine “perla del Giappone” (o giapponese) per descrivere

perle coltivate originarie del Giappone, o perle coltivate semisferiche e soprat-

tutto, tutte le specie di imitazione di perla.

c) Il mettere un asterisco vicino alla parola “perla”, dove la spiegazione dell’asteri-

sco è a fondo pagina e spiega che il prodotto è una perla coltivata, non è

conforme ai dettami di queste regole.

d) Nel caso di perle coltivate tagliate deve essere chiaramente descritto se è una

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perla coltivata tagliata a ≤ o una perla coltivata tagliata a metà, per evitare che si

crei confusione con perle coltivate a ≤ o per le coltivate a metà come definito

nel paragrafo B2.

e) Le perle coltivate composite sono definite nel paragrafo C e devono essere

menzionate in maniera non ambigua e chiaramente descritte come tali.

art. 8

Perle d’imitazione

a) Le perle d’imitazione definite nel paragrafo D devono essere indicate come tali.

La parola “imitazione” o “simulazione” deve sempre essere una parte integrante

della designazione.

b) È proibito l’uso del termine “perla”, “perla coltivata”, “perla che sembra coltiva-

ta” o ogni altra espressione che si riferisce a una perla d’imitazione.

c) Il mettere un asterisco vicino alla parola perla, per spiegare, con una nota in

fondo alla pagina, che il prodotto è un’imitazione, non è conforme ai dettami

di queste regole.

d) Tutte le imitazioni devono essere descritte in modo chiaro e distinto e le indica-

zioni commerciali o i nomi di fantasia devono mostrare senza dubbio che l’arti-

colo in questione è un’imitazione (per esempio, perla di imitazione di Majorca,

mostrando senza dubbio che l’articolo in questione è un’imitazione il cui nome

commerciale è “Majorca”).

e) È proibito l’uso del nome di un’area geografica associata alla produzione, alla

lavorazione o all’esportazione di perle naturali o perle coltivate in connessione

con e/o in riferimento a perle d’imitazione (per esempio “perla di Kobe”).

art. 9

Proibizione del termine “riproduzione”; “replica”; ecc.

a) È inammissibile usare i termini riproduzione, replica o altri similari per descri-

vere, identificare o riferendosi a perle d’imitazione.

art. 10

Colorazione artificiale e trattamento

l’impresa orafa guida normativa

a) La colorazione artificiale di perle naturali (per esempio grigio o nero) deve esse-

re dichiarata chiaramente o direttamente con lo stesso risalto ed importanza.

b) Non è necessario specificare se le perle sia naturali che coltivate sono state

sbiancate.

c) In relazione alle perle coltivate, non è necessario specificare una leggera altera-

zione di tinta (per esempio rosa) dovuta a un trattamento che esse hanno subi-

to. La colorazione artificiale (per esempio le perle coltivate colorate d’acqua

dolce, le perle coltivate trattate nere, ecc.) deve essere chiaramente e diretta-

mente specificata.

d) Il rivestimento con una sostanza estranea (per esempio lacca, plastica, ecc.)

della parte esterna di perle coltivate deve essere chiaramente indicato come

perla d’imitazione.

e) La luminosità delle perle o delle perle coltivate deve essere dichiarata come

“trattata” o “irradiata”.

art. 11

I laboratori della CIBJO

I laboratori riconosciuti da parte della CIBJO sono soggetti alle seguenti regole:

a) Il laboratorio deve essere riconosciuto dall’organizzazione nazionale come un

membro della CIBJO poiché rappresentante del proprio Paese e del commer-

cio. Questo può essere fatto, in principio, solo per un laboratorio per ciascun

Paese, includendo delle filiali.

b) Il laboratorio deve essere indipendente da imprese commerciali e private, o da

gruppi di tali imprese.

c) Il laboratorio deve sempre essere condotto da una direzione professionale com-

petente.

d) Il laboratorio deve ottemperare a tutte le norme della CIBJO senza eccezioni e

deve lavorare in accordo con le seguenti pubblicazioni del CIBJO: - Il libro sul

diamante - Il libro sulle pietre preziose - Il libro sulle perle.

e) Il laboratorio può solo rilasciare referti sul diamante, sulle pietre preziose e/o

sulle perle che sono preparati in accordo con le normative della CIBJO, altri-

menti perde il riconoscimento da parte della CIBJO.

l’impresa orafa guida normativa

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Nomenclatura

I. Perle naturali (definite ai paragrafi da A1 a A3)

Materiale

Perla

Prima varietà

Perla di acqua di mare

Nome commerciale

Perla (tutti i colori), Perla

Orientale, Perla Abalone,

Blister, Perla Blister, Seme,

Perla Conchiglia, Perla Rosa

Perla Perla di acqua dolce Perla (tutti i colori), Perla di

fiume, Perla Mitilo, Blister,

Perla Blister, Seme

Nomenclatura

II. Perle coltivate (definite ai paragrafi da B1 a B2)

Materiale

Perla Coltivata

Prima varietà

Perla coltivata d’acqua di

mare con o senza nucleo

Nome commerciale

Perla Coltivata Akoya, Perla

Coltivata dei Mari del Sud,

Perla Coltivata di Tahiti

Perla Coltivata Perla di acqua dolce con o

senza nucleo

Perla Coltivata Cinese, Perla

Coltivata Biwa

Nomenclatura

III. Perle coltivate composite (definite nel paragrafo C)

Materiale Prima varietà Nome commerciale

Perle Coltivate Composite

Mabe, Perle Coltivate

Composite HanKei

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Nomenclatura

IV. Imitazioni (definite nel paragrafo D)

Annotazioni

Keshi è un nome commerciale giapponese, che significa piccola perla. Keshi può

derivare da ostriche selvatiche o da ostriche coltivate, come un sottoprodotto di col-

tivazione di perle di mare.

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XIX. Torre del Greco e il corallo

Torre del Greco e il corallo: un binomio secolare ed inscindibile, una tradizione

forte e radicata come le radici dell’“oro rosso” nato dal sangue della Gorgone uccisa

da Perseo. La storia del corallo è strettamente legata a quella di Torre del Greco ed al

suo popolo di marinai. È una storia legata all’economia, all’arte, alla letteratura e allo

spirito d’impresa. Già tra il ‘500 e il ‘600, Torre del Greco, piccolo borgo marinaro

traeva la sua principale economia dal mare. Erano già decine le imbarcazioni armate a

“coralline” (la tipica barca usata per la pesca del corallo), che a quei tempi si spingeva-

no lungo le coste del mediterraneo alla pesca di coralli e spugne.

Ma è solo agli inizi dell’800 che si apre il capitolo più importante che lega Torre del

Greco al corallo: infatti nel 1805 un rescritto di Ferdinando IV concede al marsiglie-

se Paolo Bartolomeo Martin una privativa decennale per la lavorazione del corallo a

Torre del Greco. Grazie a questo, Martin avvia la prima officina per la lavorazione del

corallo, ottenendo dai Borboni regnanti l’esenzione dalle tasse in cambio della forma-

zione e l’avviamento all’artigianato per i giovani torresi.

La bravura del Martin, ben presto coadiuvato da numerosi maestri incisori della

scuola romana e napoletana, e le forti richieste di manufatti realizzati con stile tipico

della cultura partenopea, dettero slancio a questa attività, tanto è vero che in pochi

anni divennero numerose le attività artigiane per la lavorazione del corallo.

Il numero complessivo dei torresi addetti alla lavorazione e alla pesca del corallo,

andò sempre crescendo, fino ad arrivare ad una flotta di circa 400 “coralline” già alla

fine dell’800 in concomitanza della scoperta di importanti banchi e giacimenti di

materia prima, che dettero notevole impulso all’artigianato locale.

La supremazia dei torresi nel settore della lavorazione del corallo divenne ben pre-

sto una sorta di vero e proprio monopolio, tanto che si cominciò ad avvertire la

necessità di creare una scuola in grado di assicurare all’attività produttiva una classe di

artigiani di alto livello. Ed infatti nel 1878, con un regio decreto di Umberto I, venne

fondata la scuola della lavorazione del corallo, da allora punto di riferimento per le

varie generazioni di artisti. Per tutto il corso dell’800 si lavorò esclusivamente corallo

pescato nel Mediterraneo e solo negli ultimi venti anni del secolo sul mercato euro-

peo comparvero i coralli pescati nei mari del Giappone. Nel ‘900, dopo un breve

periodo di stasi dovuto al periodo della guerra, la ripresa: dapprima più lenta poi, a

partire dagli anni ’50, sempre più vivace. Da tutto il mondo cominciarono ad arriva-

re alle aziende importanti e numerose richieste di corallo grezzo o lavorato da monta-

re in gioielleria, spesso associato ad oro, brillanti ed altre pietre preziose.

Attualmente a Torre del Greco sono circa 375 le aziende che si occupano di lavora-

zione del corallo. La maggior parte sono piccole aziende a conduzione familiare che si

avvalgono della collaborazione di soli due o tre addetti. Vi sono poi una cinquantina

di grosse aziende che, oltre alla lavorazione del corallo, si occupano anche della distri-

buzione del prodotto, per lo più nei mercati esteri (Stati Uniti, Giappone ed Europa).

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Tipi di corallo lavorato dalle aziende torresi

Si distinguono due tipologie di corallo: quello mediterraneo e quello asiatico, a

seconda del luogo di pesca. Inoltre a partire dal 1965 sono stati scoperti nuovi banchi

di un particolare tipo di corallo, indicato appunto come “nuovo corallo”.

Coralium tradizionalispecie:

Rubrum

Japonicum

Denominazione commerciale:(italiano-giapponese) :

Sardegna

Moro (Aka)

Colore:

Rosso uniforme

Rosso scuro e scurissi-mo con una “anima”longitudinale bianca

Caratteristiche:

A cespuglio, con unaaltezza media di 15cm, un peso medio di100 grammi ed un dia-metro del tronco dicirca 8 millimetri.

A ventaglio, con unaaltezza media di 25cm, il diametro deltronco di circa 12 mm,ed un peso medio di200 grammi.

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Elatius

Konojoi

Secundum

Cerasuolo (Momo)

Bianco (Shiro)

Pelle d’Angelo (Boké)

Rosso vivo, salmone,arancione e carnicinocon “anima” longitudi-nale bianca.

Bianco latteo e biancopunteggiato rosso orosa.

Rosa carne di diversaintensità

Valori dimensionalisuperiori alle altre spe-cie: a ventaglio, conuna altezza media di35 cm, un diametromedio del tronco di 25mm ed un peso mediodi 500 gr.

A ventaglio, con unaaltezza media di 25cm, il diametro deltronco di circa 12 mm,ed un peso medio di200 grammi.

A ventaglio, con unaaltezza media di 25cm, il diametro deltronco di circa 12 mm,ed un peso medio di200 grammi.

Nuovi Corallium specie:

Rosato (Midway)

Garnet

Deep Sea

Colore:

Bianco o rosa punteg-giato o venato rosso.

Rosa chiaro uniforme granato con sfumature Rosa di varie intensità.

Rosso vivace, rosa chia-ro, bianco semprevenati o chiazzati colorgranato.

Mari di pesca e profondità:

Isola Midway (1965)400-600 mt.

Isola Midway (1970)700-900 mt.

1979: N/O di Midway1000-1200 mt., 1981:N/O di Midway versoEmperor-Seamountoltre i 1500 mt.

Caratteristiche:

A ventaglio, con unaaltezza media di 25 cm,il diametro del tronco dicirca 12mm, ed un pesomedio di 200 grammi.

A ventaglio, con unaaltezza media di 25 cm,il diametro del tronco dicirca 15 mm, ed un pesomedio di 200 grammi.

A ventaglio, con unaaltezza media di 25 cm,il diametro del tronco dicirca 15 mm, ed un pesomedio di 200 grammi

l’impresa orafa guida normativa

1. Preparazione della lega

L’oro e gli altri metalli necessari alla preparazione della lega (oppure l’oro al titolo

richiesto) vengono posti nel crogiolo, secondo le proporzioni previste per ottenere il

titolo ed il colore richiesti. I crogioli differiscono per forma e dimensione a seconda

delle quantità di metallo da fondere e della tecnica utilizzata. Per agevolare il processo

di fusione vengono aggiunte speciali sostanze che facilitano la liquefazione dei metal-

li, come il borace o il salnitro.

Il metallo viene portato alla temperatura di fusione e poi versato nelle speciali

forme di ferro o ghisa, previamente riscaldate ed ingrassate. Il raffreddamento succes-

sivo lo porterà ad assumere la forma voluta (generalmente il lingotto a forma di

parallelepipedo). Il lingotto andrà poi sottoposto a battitura (per eliminare le tracce

di borace) ed imbianchimento.

2. Laminatura

La laminatura consiste nel ridurre lo spessore della verga d’oro attraverso ripetuti

passaggi in una macchina, detta laminatoio, composta da due cilindri d’acciaio ruo-

tanti in senso inverso, in modo da ottenere lamine d’oro che possono essere anche

estremamente sottili. I laminatoi possono essere di diverse dimensioni ed azionati a

mano o a motore, e generalmente sono dotati di appositi dispositivi per regolare lo

spessore delle lastre.

3. Trafilatura

Scopo della trafilatura è di ottenere, dalla verga d’oro, fili più o meno sottili. La

verga viene dapprima passata sotto uno speciale laminatoio scanalato per ricavarne

l’impresa orafa guida normativa

XX. Tecniche di lavorazione

un filo di sezione quadrata o esagonale, il quale viene poi lavorato con la trafila, che

consiste in una barra d’acciaio dotata di fori di diametro decrescente attraverso i quali

vengono passati i fili. I fili ottenuti, a causa dell’indurimento del metallo dovuto ala

trafilatura, vanno sottoposti a ricottura dopo un certo numero di passaggi.

Le trafile in uso differiscono tanto per la forma dei fori che per il tipo di costruzio-

ne; comunque, il principio di funzionamento è sostanzialmente il medesimo.

Le trafile vengono utilizzate anche per ottenere le canne, inserendo nella trafila,

anziché un filo, una lastra sagomata.

Per ottenere piccole quantità di filo la trafila viene bloccata su una morsa ed il filo

viene tirato a mano con una pinza; per ricavare invece fili di maggiore spessore o lun-

ghezza, si utilizza un banco a trafila dotato di un cavalletto di ferro con una catena

ruotante azionata a mano o a motore ed un supporto rigido per l’applicazione della

trafila, mentre il filo viene tirato con una pinza speciale.

Per ricavare grosse quantità di filo si utilizzano macchine trafilatrici dotate di dispo-

sitivi per l’avvolgimento e lo svolgimento automatico del filo in bobine.

4. Stampaggio

Tecnica di realizzazione di oggetti e loro parti con l’uso di stampi in acciaio e bilan-

cieri, mediante i quali si comprime la lastra di metallo contro lo stampo per ottener-

ne un’immagine o un oggetto.

5. Imbutitura

Tecnica che serve a conferire alla lastra d’oro una certa convessità o concavità,

mediante l’uso della bottoniera (piastra d’acciaio dotata di svasature a mezza sfera) e

dei punzoni. La forma concava o convessa viene ottenuta ponendo la lastra d’oro

sulla svasatura della bottoniera e battendo col martello sul punzone, in modo da far

penetrare il metallo nel foro e fargli prendere la forma di una mezza sfera. Per tale

operazione può essere utilizzata anche la castoniera, composta di un blocco d’acciaio

con svasature a forma d’imbuto e di punzone di forma conica.

6. Incisione

Utilizzata per ricavare disegni e linee su varie superfici (oro, argento, gemme, cam-

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mei), in oreficeria ed argenteria viene realizzata attraverso l’uso del bulino (incisione a

mano) o del pantografo (incisione meccanica). Il bulino è un utensile dotato di una

punta di acciaio di forme diverse e più o meno aguzze a seconda del tipo di incisione

che si intende ottenere.

7. Sbalzo e cesello

La tecnica dello sbalzo consiste nella realizzazione di forme o decori in bassorilievo

o altorilievo su lastre di metallo, operando dal rovescio, mediante l’uso di un martello

e di punzoni, dopo aver riportato il disegno sulla lastra stessa. E’ spesso necessario

dover sottoporre la lastra a ricottura, per restituirle la malleabilità e poter proseguire

nel lavoro senza rischio di rotture. Il lavoro viene poi perfezionato mediante la cesel-

latura: il “cesello” è un piccolo scalpello in acciaio con il quale vengono perfezionati i

contorni e le forme ottenute con lo sbalzo.

8. Incassatura

L’incassatura consiste nel montaggio delle pietre sul gioiello e viene eseguita da un

artigiano specializzato (detto “incassatore” o “incastratore”) la cui opera è fondamen-

tale per la riuscita tecnica ed estetica del gioiello. Una incassatura a regola d’arte deve

garantire la stabilità delle pietre e valorizzarne l’effetto al massimo grado.

Gli oggetti da incassare vengono generalmente fissati su di un sostegno di legno,

detto fuso, sul quale viene applicato uno strato protettivo di gommalacca o di pece.

Esistono vari tipi di incassatura, in relazione alla linea del gioiello ed alla natura ed

alle dimensioni della pietra. L’incassatura può essere a “giorno” (concepita per utiliz-

zare al meglio la capacità di rifrazione della pietra, consentendo alla luce di penetrare

da più lati) oppure a “notte”, per le pietre non trasparenti.

Le tecniche di incassatura utilizzate più frequentemente sono:

- incassatura su castone o a “battuto”: l’incassatore prepara, mediante assottigliamen-

to e svasamento, l’interno del castone in funzione delle dimensioni e delle caratteri-

stiche della pietra e,una volta inseritala nel castone, procede a ripiegare mediante

un punzone un sottile bordo di metallo sul bordo della pietra.

- incassatura su griffes: con l’uso del bulino l’incassatore blocca la pietra ripiegando

ad artiglio le punte sulla gemma.

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- incassatura a pavé: utilizzata per ricoprire una superficie di metallo di pietre di pic-

cola dimensione ed ottenere un tappeto uniforme di gemme; l’incassatore opera

con il bulino trasformando il metallo vicino alla dimora delle gemme in minuscoli

pallini (granette) che hanno l’effetto di trattenere le pietre.

9. Fusione a cera persa e pressofusione

La fusione a cera persa è una tecnica antichissima che consisteva originariamente

nel realizzare un modello in cera dell’oggetto da produrre che poi veniva ricoperto di

argilla o altro materiale e poi passato in forno per far sciogliere la cera imprigionata

nel rivestimento di argilla e farla uscire attraverso lo sfiatatoio. Si otteneva così un

calco nel quale si poteva inserire il metallo fuso che, solidificandosi, assumeva la

forma lasciata dalla cera. Tale tecnica è tuttora utilizzata per la realizzazione di pezzi

artigianali unici.

Dalla fusione a cera persa nasce la tecnica della pressofusione, che si avvale di spe-

ciali centrifughe, anche molto sofisticate, e consente di produrre molti esemplari

dello stesso modello in una’unica fase.

Il procedimento è il seguente: si realizza un modello in alpacca o altro metallo sul

quale vengono poi applicati alcuni strati di una speciale gomma adatta alla vulcanizza-

zione, la quale deve prendere la forma del modello, mediante un procedimento combi-

nato di pressione e cottura delle gomme stesse; le gomme così ricavate vengono liberate

del modello in metallo e poi riempite con cera liquida, in modo da ottenere un model-

lo in cera identico a quello in metallo. I modelli così ottenuti vengono saldati ad albero

ed inseriti in un cilindro che viene riempito di uno speciale gesso resistente al calore.

Scaldando il cilindro si otterrà la fuoriuscita della cera, mentre il gesso si indurirà.

Mediante centrifugazione, il metallo fuso viene inserito nel cilindro di gesso, del quale

occuperà tutti gli spazi vuoti, per cui all’interno dell’involucro di gesso si formerà un

albero interamente in metallo da cui i relativi modelli potranno essere distaccati per le

successive lavorazioni. Questa tecnica di lavorazione consente un’ottima riuscita dei

dettagli e quindi rende più agevole il successivo lavoro di rifinitura

10. Saldature

Le saldature tra due oggetti in oro vengono effettuate utilizzando speciali leghe

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(dette “brasanti”) aventi un punto di fusione inferiore a quello dell’oro. Esistono in

commercio vari tipi di leghe per saldature con punti di fusione differenti, in relazione

al tipo di lavorazione che occorre effettuare.

11. Elettrodeposizione

Tecnica basata sul principio del bagno galvanico, usata generalmente per ottenere

rivestimenti di oro o di argento su superfici di metalli non nobili. Gli oggetti da rive-

stire vengono immersi in una soluzione chimica nella quale l’azione dell’elettricità

induce l’oro o l’argento a depositarsi uniformemente sulla superficie dell’oggetto da

rivestire. Tale tecnica viene utilizzata anche per migliorare l’aspetto di oggetti in

metallo prezioso oppure per ottenere colorazioni particolari. La “rodiatura” è un

esempio di procedimento elettrolitico che si utilizza per rendere più vivo e brillante

l’aspetto degli oggetti in oro bianco, platino ed argento ricoprendoli con uno strato

di rodio. Tecnica derivata dall’elettrodeposizione è quella dell’”elettroformatura”, che

viene perlopiù utilizzata per realizzare oggetti in oro di forma e spessore difficilmente

ottenibili con altre tecniche.

12. Smaltatura

La smaltatura consiste nell’applicazione a fuoco sull’oggetto prezioso, che deve essere

adeguatamente preparato affinché lo smalto aderisca all’oggetto senza debordare dallo

spazio che deve occupare, di una vernice vetrosa colorata composta generalmente di

silice ed ossidi metallici. Lo smalto, impastato con acqua viene applicato col pennello e

fatto asciugare; l’oggetto smaltato va poi posto in forno per la fusione dello smalto.

13. Brunitura

Tipo di lucidatura ottenuto mediante i “brunitori”, attrezzi in acciaio o pietra dura

che si applicano mediante compressione o sfregamento sugli oggetti ottenendo una

levigatura ed una lucidatura estremamente durevoli e resistenti.

14. Sabbiatura

Utilizzo di un getto di sabbia finissima o aria compressa per ottenere una finitura

opaca sugli oggetti.

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15. Smerigliatura

Particolare tipo di finitura che si ottiene mediante sfregamento, manuale o mecca-

nico, di carta smeriglio o tela sugli oggetti.

16. Satinatura

La satinatura consiste in una rifinitura che si ottiene mediante una tecnica di inci-

sione, adoperando il “millerighe”, un particolare tipo di bulino dotato di una serie di

rigature nella parte inferiore.

17. Pulitura

E’ l’operazione conclusiva che si effettua sull’oggetto e serve a conferire all’oggetto

la sua particolare brillantezza. Si tratta di un passaggio estremamente delicato che

spesso viene affidato a laboratori specializzati.

Generalmente si utilizza il motore elettrico a spazzole rotanti le quali vengono

guarnite di paste abrasive ed altre sostanze. Tali macchino sono spesso dotate di un

aspiratore che serve a raccogliere le particelle d’oro volatilizzate dall’abrasione.

Dopo la spazzolatura gli oggetti vengono sgrassati in un bagno di acqua, sapone e

soda e quindi asciugati mediante segatura di legno riscaldata.

Attualmente è sempre più frequente l’uso, particolarmente nell’ambito delle lavora-

zioni industriali, di pulitrici ad ultrasuoni, nelle quali gli oggetti vengono immersi in

un bagno di speciali detersivi e sottoposti a vibrazioni ad alta frequenza.

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1. Introduzione

Orologio. Strumento usato per indicare l’ora e per misurare il trascorrere del

tempo. Le parti principali che lo costituiscono sono un motore, un sistema di tra-

smissione e di controllo dell’energia e un indicatore del tempo.

I modi più comuni di classificazione degli orologi si basano sul tipo di motore (a

peso, a molla, elettrico), sul sistema di trasmissione dell’energia (meccanico, elettrico

o elettronico), sul sistema di regolazione degli impulsi (a pendolo, a bilanciere, a

quarzo, atomico) o di indicazione dell’ora (analogico o digitale), ma soprattutto sul-

l’uso prevalente, e talvolta unico: si hanno perciò orologi da torre, da parete, da tavo-

lo e portatili, questi ultimi ulteriormente distinti in orologi da tasca o da polso. Le

sveglie sono semplicemente orologi, generalmente da tavolo, dotati di un dispositivo

che, a un’ora prefissata, aziona una soneria.

2. Cenni storici

Nel corso della storia, il tempo è stato misurato in base al movimento della Terra

rispetto al Sole e alle stelle. Lo strumento più antico, in uso probabilmente in Egitto

intorno al 3500 a. C., era una rudimentale meridiana, che sfruttava l’ombra proietta-

ta da uno stilo o da un obelisco in funzione di gnomone. La prima meridiana emisfe-

rica fu descritta nel III secolo a. C. dall’astronomo caldeo Berossus. tra i metodi anti-

chi per misurare il tempo in assenza di luce solare diretta vi sono l’uso cinese di bru-

ciare una corda con nodi equidistanti o una candela a tacche. Di origini antiche sono

pure le forme elementari di clessidra, in cui lo scorrere del tempo veniva misurato dal

flusso di sabbia o di acqua attraverso un piccolo foro. Verso il 270 a. C., il greco

Ctesibio di Alessandria costruì il primo orologio idromeccanico, in cui l’acqua,

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XXI. Gli orologi

cadendo in un recipiente, faceva salire un galleggiante che azionava un ingranaggio a

cremagliera.

3. L’orologio meccanico

L’origine storica dell’orologio meccanico è ignota. Sicuramente nel XIV secolo

furono costruiti meccanismi relativamente complessi, pesanti e ingombranti, dotati

di sonerie elaborate e spesso collocati sulle torri campanarie (non a caso in inglese l’o-

rologio non portatile è detto clock, che originariamente significava “campana”).

L’orologio della cattedrale di Rouene, in Francia, costruito nel 1389, aveva una sola

lancetta su un quadrante diviso in quarti d’ora. Il più completo orologio di quei

tempi fu costruito in quattordici anni di lavoro, dal 1348 al 1362, dall’italiano

Giovanni dè Dondi. Il meccanismo, dotato di un sistema di regolazione della velocità

di rotazione delle ruote dentate (scappamento a verga e bilanciere), era azionato da

un peso normale e da un peso supplementare per le ore notturne. Non aveva lancet-

te ma numerosi quadranti girevoli che indicavano le ore e il moto del Sole, della

Luna e di cinque pianeti, oltre che il calendario perpetuo delle feste religiose mobili.

4. Orologi elettrici ed elettronici

L’orologio elettrico fu inventato negli Stati Uniti agli inizi del Novecento da E.

Warren che convinse i produttori di energia elettrica a regolare con precisione la fre-

quenza della corrente alternata, erogata, in modo da poter usare motori sincroni per

azionare gli orologi. Nel 1921 l’invenzione del pendolo libero di Shortt, istallato per

la prima volta presso l’osservatorio di Edimburgo, rese possibile la costruzione di un

orologio la cui precisione fu superata soltanto nel 1929 con la realizzazione dei primi

orologi al quarzo. L’orologio atomico al cesio fu costruito in Inghilterra nel 1955.

Gli orologi da polso elettrici comparvero sul mercato nel 1957, seguiti nel 1959 da un

orologio elettronico che aveva un piccolo diapason al posto del tradizionale scappamento

a bilanciere, e usava una pila per alimentare un circuito oscillante transistorizzato.

Novità più recente sono gli orologi digitali con quadrante a Led o a cristalli liquidi. in

entrambi i tipi di orologi, un cristallo di quarzo controlla le oscillazioni di una corrente

elettrica, la cui frequenza viene ridotta a valori utili per la misurazione del tempo. I

primi orologi elettrici per uso domestico erano in realtà orologi meccanici da parete o da

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tavolo, con scappamento a bilanciere, azionati da un piccolo motore elettrico sincrono

alimentato a pila. Quelli moderni sono invece azionati da un minuscolo motore a pila

che ruota con periodo costante e quindi è privo di scappamento. Gli orologi elettrici

stradali sono in genere solo dei ripetitori comandati da un orologio pilota.

Gli orologi al quarzo, inventati nel 1929, sono dotati di un circuito elettronico che

sfrutta l’effetto piezoelettrico di un cristallo di quarzo, oscillante a 100.000hz (herz; o

cicli al secondo), per regolare la frequenza della corrente elettrica fornita dalla pila.

Negli orologi analogici, gli impulsi di corrente scanditi dal cristallo fanno girare le

lancette, mentre in quelli digitali eccitano i cristalli.

5. Orologi a quarzo

La fonte di energia in questo tipo di orologio è la pila; essendo il tempo misurato

da un risonatore al quarzo. Le pile più comuni che vengono utilizzate negli orologi a

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Orologi al quarzo

pila

Risonatoreal quarzo

motorepasso-passo

ruotismo lancette tradizionali

lancette elettroniche

indicatore numerico

indicatore con lancette elettroniche e cifre combinate

circuito integrato

quarzo sono l’ossido di argento di 1.55 volt. Il quarzo è ossido di silicio o cristallo di

rocca le cui vibrazioni ad alta frequenza (32768 Hz) vengono ridotte elettronicamen-

te da un circuito miniaturizzato fino ad una soltanto al secondo. Il dispositivo per

ritardare od anticipare il tempo degli orologi a quarzo si chiama Trimmer, condensa-

tore variabile che aumenta o diminuisce l’afflusso di corrente elettrica che stimola il

quarzo. Tipo di quadrante generalmente usato per gli orologi a quarzo: Digitale (o

numerico) con cifre: A) sistema L.C.D. (liquid cristal display) sempre leggibile, indi-

cazione dell’ora con cristalli liquidi, sfruttando le proprietà tipiche dei cristalli, per

quanto concerne la rifrazione della luce, su uno schema di sette segmenti, che forma-

no una 8; il circuito integrato comanda l’accensione immediata. Il quadrante classico

a lancette è chiamato a lettura analogica, usa un micromotore passo-passo che con-

verte gli impulsi provenienti dal circuito integrato, in movimento rotatorio delle lan-

cette. Gli orologi a quarzo a lettura analogica sono protetti contro i campi magnetici

esterni (per via del micromotore); tutti gli altri con quadranti numerici non ne

hanno bisogno perchè nessun componente è suscettibile di essere magnetizzato.

6. Orologi atomici

Gli orologi più precisi oggi conosciuti sono gli orologi atomici, che sfruttano la fre-

quenza di oscillazione delle radiazioni emesse da particolari atomi o molecole, in corri-

spondenza di transizioni tra stati energetici diversi. Il funzionamento dell’orologio ato-

mico al cesio, usato per definire l’unità di tempo del Sistema internazionale, è basato

sulla frequenza dell’energia assorbita da un atomo di cesio in corrispondenza di transizio-

ni tra stati atomici caratterizzati da una diversa orientazione del momento magnetico.

7. Orologi ornamentali

L’orologio, oltre che uno strumento di pura utilità, rappresentò spesso un elemento

ornamentale e artistico. Molti orologi antichi erano decorati con incisioni raffinate, e

addirittura gli orologi da torre dell’Europa tardo-medievale azionavano grosse statue di

santi o di figure allegoriche. intorno al 1730 nella Foresta Nera, in Germania, cominciò

la produzione degli orologi a cucù, tuttora popolari, nei quali un uccellino di legno scol-

pito usciva dalla cassa “cantando” l’ora. Anche l’orologio a pendolo da pavimento detto

“orologio del nonno”, ha mantenuto il medesimo aspetto di quando le sue ruote dentate

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venivano fabbricate a mano: è ancora un orologio ornamentale di grande fascino e popo-

larità, caratterizzato da un alto mobile in cui trovano posto la scatola della meccanica,

nella parte superiore, oltre al pendolo e al peso, ben visibili nella parte inferiore.

8. Orologi a pendolo

Una serie di invenzioni nel XVII e nel XVIII secolo migliorò la precisione degli

orologi e ne ridusse il peso e l’ingombro. L’isocronismo delle oscillazioni del pendolo,

descritte da Galileo nel XVI secolo, permise al fisico olandese Christiaan Huygens di

realizzare nel 1657 il primo orologio basato su tale principio. Nel 1667 Robert

Hooke inventò un tipo di cappamento, poi perfezionato dall’orologiaio George

Graham, che consentiva di utilizzare pendoli con piccole oscillazioni.

Negli orologi a pendolo il meccanismo dello scappamento regola il rilascio graduale

dell’energia e del peso mediante l’avanzamento a scatti di una ruota dentata, liberata e

subito arrestata da una levetta solidale con il pendolo stesso. Mentre quest’ultimo oscil-

la, la ruota di scappamento avanza di un dente, emettendo il caratteristico clic, le lan-

cette dell’orologio percorrono lo spazio equivalente a un secondo e il peso scende gra-

dualmente finchè l’orologio deve essere ricaricato. in altri tipi di orologio meccanico la

funzione del peso è sostituita dalla forza esercitata da una molla avvolta su se stessa.

9. Orologi portatili

Gli orologi portatili diventarono possibili dopo l’introduzione, avvenuta in Italia

verso il 1450, del motore a molla, una molla a spirale piana che, dopo essere stata

caricata, forniva l’energia necessaria ad azionare il meccanismo. I primi orologi da

tasca, detti in seguito a un errore di traduzione “uova di Norimberga”, furono

costruiti probabilmente dall’orologiaio tedesco Peter Henlein intorno al 1500. Nel

1525 a Praga l’orologiaio Jacob Zech inventò la fusella (o conoide), un dispositivo

che regolarizzava l’azione della molla motrice. Altri perfezionamenti furono la molla

a spirale del bilanciere, inventata intorno al 1660 da Robert hooke, e lo scappamento

ad ancora, inventato nel 1765 dall’inglese Thomas Mudge.

Nel XVII secolo comparvero le lancette dei minuti e dei secondi e il vetro di prote-

zione del quadrante; nel XVIII secolo furono introdotti i “rubini”, i cuscinetti di pie-

tra dura che riducono l’attrito nei perni nei fori, prolungando così la vita degli orolo-

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gi. Nei secoli che precedettero la fabbricazione a macchina delle singole parti occorre-

va un’abilità artigianale di altissimo livello per costruire orologi precisi e resistenti. Per

controllare l’attività e l’apprendistato degli orologiai sorsero organizzazioni locali di

artigiani come la Corporazione degli orologiai di Parigi (1544). La corporazione nota

come Clockmakers’ company, fondata a Londra nel 1630, esiste tuttora. Anche in

Olanda, Germania e Svizzera lavorarono bravissimi orologiai la cui produzione era

famosa per bellezza e alto grado di perfezione meccanica.

Gli orologi portatili erano inizialmente scatolette di forma cilindrica o sferica e

venivano portati appesi alla cintura e tenuti in tasca. Gli orologi da polso nacquero

quando le dimensioni lo consentirono. dal XVIII secolo l’industria orologiaia svizze-

ra, localizzata inizialmente nelle montagne del Giura e costituita da piccolissime fab-

briche casalinghe che coinvolgevano tutta la famiglia, acquisto importanza a livello

mondiale, fino a trasformarsi in un’industria di grandi dimensioni.

10. Orologi meccanici da polso

Negli orologi meccanici la forza motrice, fornita da una molla o da corrente elettri-

ca, viene trasmessa mediante un sistema di ruote dentate, la cui velocità di rotazione

è controllata da un sistema oscillante, detto scappamento a pendolo o a bilanciere.

L’ora è indicata più comunemente da lancette in movimento su un quadrante.

Le parti di un orologio meccanico da polso si possono dividere in sei gruppi di

componenti.

1) meccanismo di ricarica. Azionando il meccanismo di carica si tende la molla con-

tenuta nel bariletto. Questa operazione si esegue per mezzo della corona di carica

che aziona pignoni e ruote dentate.

2) Bariletto a molla. Ha la forma di un cilindro piatto dentato sulla superfice esterna.

La ruota che si trova sopra il bariletto si chiama rocchetto, è solidale con l’asse e serve

a ricaricare la molla. Le estremità della molla, contenuta nel bariletto, si agganciano

da una parte all’asse, e dall’altra parte alla parete interna del bariletto. Le molle degli

attuali orologi meccanici sono realizzate con metalli infrangibili ed inossidabili.

3) Ruotismo. È composto da tre ruote dentate ed è il legame tra il bariletto (sorgente

di energia) e lo scappamento (distributore dell’energia).Le ruote sono dentate sulla

circonferenza e solidali, al centro, con un pignone anch’esso dentato. Gli orologi di

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buona qualità sono previsti di cuscinetti e controperni di rubino sintetico (durezza

9) per ridurre l’usura dei delle ruote e per ottenere una maggiore precisione.

4) Lo scappamento. Ha il compito di distribuire l’energia. Si compone di tre parti: la

ruota, l’ancora e il disco. la ruota in questo caso dentata, ed è dotata di ganci

tagliati obliquamente alle estremità in modo tale da poter eseguire la duplice fun-

zione di appoggio e di spinta sulle leve dell’ancora. Questo movimento spinge la

forchetta, situata all’estremità opposta dell’ancora da sinistra a destra o viceversa, a

seconda della posizione di partenza. Tra i denti della forchetta è situata la caviglia

del disco, la quale, a sua volta è solidale con il bilanciere

5) Il bilanciere. È avviato dalla spirale, che è una lamella metallica estremamente sot-

tile, dotata di grande elasticità. Allentandosi e tendendosi come una molla la spi-

rale fa compiere al disco e alla caviglia un moto armonico, diventando così un

oscillatore. Ad ogni oscillazione la caviglia urta i denti della forchetta, libera così,

una delle leve della ancora dalla posizione di appoggio sui ganci della ruota di

scappamento. L’ancora, così liberata, da un impulso di forza alla caviglia, ridando

alla spirale energia sufficiente a completare un’altra oscillazione. Terminato il suo

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1.Meccanismo di ricarica e di messa all’oraricarica della molla e messa ll’ora delle sfere

2.Bariletto e mollamotore (sorgente di energia)

3.Ruotismo (3 ruote)trasmissione della forza

4.Scappamento(ruota, ancora, disco) distributore della forza

5.Bilanciere e spiraleoscillatore (misura del tempo)

6.Minuteria(3 ruote sulla piastra, sotto il quadrante) Indicazionedell’ora

I SEI PRINCIPALI ORGANI DELL’OROLOGIO

1 2 3

6

4 5

compito l’ancora spostandosi da una posizione all’altra, va ad appoggiare l’altra

sulla leva contro il gancio successivo della ruota di scappamento. Tale operazione

si ripete finchè l’orologio non è scarico.

6) La minuteria. La ruota di minuteria e il ruotino di rinvio sono le minuterie dell’o-

rologio. il rocchetto dei minuti è montato, con una frizione, sul perno della ruota

di centro, sullo stesso perno gira invece liberamente la ruota a cannone. La ruota

di minuteria, per mezzo del suo pignone, trasferisce la rotazione del rocchetto alla

ruota cannone, demoltiplicandola allo stesso tempo di un dodicesimo. In tal

modo per ogni giro completo del rocchetto dei minuti, la ruota a cannone com-

pie solo un dodicesimo di giro.

11. Orologi con caratteristiche supplementari

1) Orologio a carica manuale. Ha all’interno una massa (rotore) che si muove per

gravità a seconda dei movimenti del polso, ricaricando così la molla. Si riconosce

per il caratteristico rumore del rotore e per la carica senza fine.

2) Orologio con datario. Fornisce le indicazioni della data del mese e su alcuni

modelli, anche del giorno della settimana, usando un quadrante rotante, situato

sotto quello normale. La correzione della data si ottiene azionando la corona, con

o senza spostamento delle sfere.

3) Cronometro. La qualifica di cronometro viene assegnata, da appositi enti interna-

zionali, agli orologi meccanici estremamente precisi che hanno superato rigorose

prove di qualità. Famosi, ma ormai di solo interesse storico, sono i cronometri

della marina, montati su una sospensione cardanica per tenere il delicato mecca-

nismo sempre in posizione rigorosamente orizzontale.

4) Crongrafi. I cronografi invece sono i più comuni dei cosiddetti orologi con com-

plicazioni: sono dotati infatti di un meccanismo complesso, capace di scandire

anche le frazioni di secondo, e di un quadrante multiplo su cui si trovano lancette

supplementari per fornire varie indicazioni. Alcuni cronometri specializzati, come

quelli usati nelle competizioni sportive, non danno l’indicazione dell’ora, ma

misurano gli intervalli di tempo fino a un millesimo di secondo. La grande diffu-

sione degli orologi con complicazioni: oggi esistono orologi che misurano la pres-

sione atmosferica, la profondità di immersione in mare o l’altitudine in montagna

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il battito cardiaco, la velocità di un’automobile , oppure che indicano la cadenza

delle maree o la durata di una partita di calcio.

5) Impermeabile. Orologio con cassa dotata di guarnizioni, vetro particolarmente

resistente e, sui modelli migliori, corona a vite con guarnizione. Nei subaquei la

profondità, generalmente, è data dalla casa costruttrice in metri o in atmosfere. In

quest’ultimo caso per trasformare le atmosfere in metri bisogna moltiplicare per

10 e sottrarre, dal numero così ottenuto, 10.

12. Rivestimento dell’orologio

Ogni orologio può essere rivestito con diversi materiali, a seconda della importanza

e del pregio dell’oggetto.

1) La cassa. esistono in oro 18kt e 14kt (rispettivamente 750/1000 e 585/1000) in

argento 925/1000, placcate in acciaio; in materiali plastici in genere le più econo-

miche. Sulle casse svizzere originali ci deve essere il marchio caratteristico (la testi-

na). Quelle placcate in oro si ottengono con procedimento galvanico o laminatu-

ra a caldo con spessore che va da 10-80 micron (millesimo di millimetro).

2) Il vetro. Per orologi impermeabili, la preferenza è per vetri armati, o minerale con

guarnizione. Il vetro infrangibile è in plexiglas, il vetro in cristallo è più duro ma

si rompe, il vetro in zaffiro sintetico, è molto duro, infrangibile antigraffio.

3) Il quadrante. può essere tutto di plastica, alluminio, ottone, argento, oro e pietre

dure. Le cifre si distinguono in: dipinte, intagliate, in rilievo, smaltate e in oro. Una

vernice protegge il quadrante. La dicitura T. Suisse Made T sui quadranti indica

invece del radium (per rendere luminoso il quadrante al buio) è usato il tritium.

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È dalla seconda metà del XIII secolo, con l’istituzione di una scuola autoctona e con

il primo statuto dell’Arte degli Orefici, concesso da Carlo II d’Angiò e poi modificato

da Giovanna I nel 1380, il quale riconosceva capacità giuridica alle corporazioni arti-

giane, che si consolidò a Napoli, nel quartiere Pendino, il Borgo Orefici; esso divenne

nel tempo il luogo rappresentativo della produzione orafa locale. Primo capolavoro

riconosciuto della scuola napoletana è il busto in argento e pietre preziose di San

Gennaro conservato nel tesoro del Duomo di Napoli.

L’arte orafa si qualificò sin dai primi anni come arte cortigiana : non a caso i primi

maestri orafi furono considerati alla stregua di consiglieri del re, ricevendo feudi e titoli

nobiliari. Nel secolo XV, con lo sviluppo del commercio, la corporazione non ebbe

più come solo riferimento la corte, potendo ormai contare su una committenza più

vasta, soprattutto di origine borghese. Si consolidò così una scuola napoletana, con

maestri indigeni che si erano sostituiti a quelli francesi e toscani che avevano dato ini-

zio alla scuola in epoca angioina.

A partire dal XVI secolo, con la dominazione spagnola, la corporazione degli orafi

rappresentò la categoria artigianale economicamente più elevata, assecondando i

capricci delle famiglie nobili. Le dame adornarono le già sontuose vesti con gioielli

articolati e ridondanti nello sviluppo di catenine e pendenti, il “nuovo” nella moda sei-

centesca.

Soffocato dalla pomposità del Barocco, il gioiello subì un nuovo alleggerimento

delle forme. Scomparve il pendente, lasciando il posto a nastrini di velluto e a collane

dagli intrecci e forme floreali. Fecero la loro prima comparsa le parures e i bracciali

costituiti da diversi fili di perle tenuti insieme da piccole miniature. Sugli anelli si usa-

rono mescolanze di pietre colorate, diamanti e strass. Per gli uomini furono realizzate

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XXII. La tradizione orafa della Campania

spille e borchie per fissare le onorificenze da ostentare sugli abiti di gala. Il gioiello non

fu più considerato come un oggetto di gusto personale, ma come un prodotto alla

moda. In questo contesto cambiò anche il mestiere dell’orafo, che nel creare forme

ripetibili per fasce sociali sempre più ampie, divenne un tecnico specializzato.

L’ampliamento delle botteghe artigiane favorì un incremento della produzione di

monili e preziosi, comportando di conseguenza maggiore attenzione verso la

Corporazione, le cui norme per aderirvi divennero sempre più restrittive e qualitative.

I nuovi sovrani, pur se favorirono il patronato di importanti e prestigiose commissio-

ni, non mancarono però di requisire ori e argenti anche dai patrimoni ecclesiastici

(con l’esclusione prioritaria del Tesoro di San Gennaro).

Con le scoperte di Ercolano e Pompei ebbe grande impulso la moda del gioiello

ispirato all’oreficeria romana e greca. Gli orafi si dedicarono nuovamente ad una lavo-

razione più tipicamente artistica, riproponendo nell’originalità di nuove forme la clas-

sicità degli antichi preziosi. Nell’ottocento si assiste anche alla grande riscoperta dei

cammei, motivando la corsa al collezionismo di quelli antichi L’utilizzo del corallo

divenne imperante alla fine del XVIII secolo (vedi il capitolo sul corallo). Ben presto a

quella produzione fu associata l’incisione su conchiglia, anch’essa favorevole ad un

mercato in progressiva crescita.

Anche modelli gotici e neorinascimentali furono fonte d’ispirazione, come è testi-

moniato dall’opera di Carlo Giuliani e Giacinto Melillo, due maestri napoletani tra i

più rappresentativi dell’ottocento. Comunque, a parte alcuni episodi propri del cosid-

detto “stile borbonico” (ad es. i famosi orecchini “a lampadario”) la gioielleria napole-

tana dell’ottocento seguì le grandi tendenze della moda del tempo, perlopiù ispirate da

modelli parigini, sempre reinterpretati in maniera originale dai nostri maestri.

Nella seconda metà dell’800, il contatto con l’arte giapponese apportò nuove forme

e l’utilizzo degli smalti. Si arrivò al grafismo dell’Art Nouveau e gli artigiani napoletani

inventarono nuove forme pur ispirandosi al mondo vegetale e animale.

Intanto il Borgo Orefici aveva visto completamente mutare la sua fisionomia in

seguito alla risistemazione urbanistica di fine ottocento (il cd. “Risanamento di

Napoli”).

Alle soglie del primo conflitto mondiale le avanguardie artistiche toccarono anche

Napoli. Si abbandonarono le sinuosità liberty in favore di linee semplici ed ordinate

l’impresa orafa guida normativa

nel pieno rispetto della purezza geometrica e la produzione orafa rientrò anch’essa nel

settore della produzione industriale del dopoguerra.

Accanto ad una produzione artigianale di qualità medio-alta, prevalentemente ispi-

rata ai modelli coevi della gioielleria europea o agli stilemi della cosiddetta “gioielleria

borbonica” (il cd. “stile antico”) si affermavano a Napoli dall’inizio del novecento alcu-

ne “Maisons” di alta gioielleria, come Ventrella o Virgilio, in cui l’altissima qualità

della lavorazione artigianale si univa ad una spiccata originalità nel design e nella crea-

zione di nuovi modelli.

Nel contesto di una commercializzazione sempre più ampia di prodotti, larga fortu-

na ebbe la perla coltivata che trasformò il mercato di quelle naturali in un mercato

sempre più esclusivo.

L’utilizzo del platino (scoperto all’inizio del secolo) grazie alla sua malleabilità e morbi-

dezza, si diffuse sempre più, permettendo una realizzazione di montature leggere e mag-

gior utilizzo delle pietre tagliate a baguette, secondo l’ultima moda della gemmologia.

Dopo la seconda guerra mondiale fu rilanciato l’oro giallo che soppiantò il ridondan-

te uso di pietre preziose creando gioielli meno impegnativi e più facili da indossare.

Fino alla fine del ‘900 l’artigianato orafo campano è rimasto sostanzialmente con-

centrato nei tradizionali poli produttivi del Borgo Orefici e di Torre del Greco. In par-

ticolare, a Torre del Greco sono attive circa 400 aziende del settore, che danno lavoro a

quasi 6.000 addetti. Operano due scuole dedite esclusivamente alla formazione di gio-

vani artigiani.

Il Borgo Orefici continua ad essere un punto di riferimento per l’artigianato di qua-

lità, con oltre 150 aziende artigiane e la presenza di oltre 100 gioiellerie in meno di un

chilometro quadrato, che ne fanno un centro commerciale unico al mondo.

Le mutate esigenze produttive e l’espansione del settore hanno indotto numerosi

imprenditori el settore ad adottare il modello del centro polifunzionale, dove allocare

le attività produttive, distributive all’ingrosso ed i servizi alle attività commerciali e

produttive. E’ nato così il “Tarì”, ubicato nell’area industriale di Marcianise (CE), a 12

km. da Napoli, dove si concentrano oltre 200 aziende di produzione e commercio di

preziosi e le relative attività di servizio. Il Tarì è divenuto operativo nel 1996 ed ospita

periodicamente manifestazioni fieristiche.

Un secondo centro polifunzionale, “Oromare”, sta sorgendo nell’area industriale di

l’impresa orafa guida normativa

Marcianise; esso ospiterà oltre 200 aziende già operanti nel settore o di nuova costitu-

zione.

E’ inoltre in fase di realizzazione, in un’area adiacente al “Tarì”, il “Polo della

Qualità”, complesso dedicato alla Moda ed alla Gioielleria.

l’impresa orafa guida normativa

APPENDICE

l’impresa orafa guida normativa

Ruolo Periti ed Esperti

l’impresa orafa guida normativa

Iscrizione al ruolo dei periti e degli esperti presso le camere di commercio

Il decreto ministeriale del 29 dicembre 1979 ha delineato il nuovo regolamento tipo per

la formazione del ruolo dei periti e degli esperti presso le camere di commercio, industria,

artigianato e agricoltura (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n°24 del 25/1/1980).

Il ruolo è distinto in categorie e sub categorie, comprendenti funzioni, merci e manu-

fatti in relazione alle singole attività economiche di produzione e di servizi che si svol-

gono nella provincia , secondo un elenco prodotto dalla camere di commercio ed

approvato dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato .

L’aspirante all’iscrizione deve presentare domanda in bollo (Euro 10,33) corredata dei

documenti comprovanti i seguenti requisiti :

a) avere compiuto 21 anni di età

b) essere cittadino italiano o di uno degli Stati membri della Comunità economica

europea

c) essere residente nella circoscrizione della camera di commercio a cui è diretta la

domanda

d) avere assolto gli obblighi derivanti dalle norme relative alla scuola dell’obbligo vigenti

al momento dell’età scolare dell’interessato, conseguendo il relativo titolo (se cittadi-

no di uno degli stati membri della comunità economica europea l’aspirante deve

allegare alla domanda l’originale o copia autenticata del titolo di studio che l’auto-

rità diplomatica o consolare italiana , competente per territorio, abbia riconosciuto

corrispondente a quello richiesto per i cittadini italiani).

e) godere dell’esercizio dei diritti civili.

Gli iscritti in albi professionali sono tenuti a presentare solo i documenti nelle lettere

b) e c).

L’ aspirante deve esibire tutti gli altri titoli e documenti validi a comprovare la propria

idoneità all’esercizio di perito o di esperto nelle categorie e sub categorie per le quali

richiede l’iscrizione (l’iscrizione non può avere luogo per più di tre categorie e sempre

che tali categorie siano affini tra loro).

La commissione , nominata dalla giunta della camera, valuta i titoli e i documenti

presentati dall’aspirante a comprovare la propria idoneità all’esercizio di perito o di

esperto nelle categorie e sub categorie per le quali richiede l’iscrizione.

l’impresa orafa guida normativa

La commissione, nel caso ritenga a suo insindacabile giudizio che i titoli e i docu-

menti esibiti non siano sufficienti a comprovare l’idoneità dell’aspirante all’esercizio di

perito ed esperto nelle categorie e sub categorie per le quali richiede l’iscrizione, ha

facoltà di sottoporre il candidato ad un colloquio. Ai fini del medesimo la commissione

potrà avvalersi di persone di riconosciuta competenza in materia.

Per iscriversi l’aspirante deve corrispondere la tassa di concessione governativa ed il

diritto di cui alla legge 27/02/1978, n. 49 (il versamento per i diritti di segreteria è di

euro 31 mentre il versamento per tasse di concessioni governative è di euro 129,11)

La camera di commercio provvede, ogni anno, all’aggiornamento del ruolo in base

agli elementi in suo possesso ed alla proposta della commissione, mentre ogni quattro

anni provvede alla revisione generale del ruolo in base ad istruttoria eseguita dalla com-

missione anzidetta.

E’ da precisare infine che i periti e gli esperti iscritti nel ruolo esplicano funzioni di

carattere essenzialmente pratico con esclusione di quelle attività professionali per le

quali sussistono albi regolati da apposite disposizioni.

Iscrizione all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio C.T.U. presso i Tribunali

Si danno di seguito alcune indicazioni di massima sull’iter amministrativo per l’iscri-

zione all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio (C.T.U) presso i Tribunali, tenendo pre-

sente che esso può variare a seconda delle sedi giudiziarie e che quindi occorre infor-

marsi sulla procedura adottata presso il Tribunale ove ci si intende iscrivere.

Occorre generalmente presentare la seguente documentazione :

1) domanda in bollo indirizzata al Presidente del Tribunale (fac-simile da ritirare all’uf-

ficio C.T.U.)

2) estratto di nascita (esente da bollo)

3) certificato di residenza in bollo, di data non anteriore a 6 mesi, rilasciato da un

comune del circondario

4) certificato di iscrizione, in bollo, all’ordine o al collegio professionale ovvero alla

Camera di Commercio (di data non anteriore a 6 mesi)

5) certificato generale del Casellario Giudiziale, in bollo, di data non anteriore a 6 mesi

6) eventuali specializzazioni in bollo

7) autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza per gli aspiranti che siano pub-

blici dipendenti

l’impresa orafa guida normativa

8) attestazione del versamento di euro 129,11 da effettuarsi sul conto corrente postale

n°8003 intestato all’Ufficio Tasse e concessioni governative di Roma

L’aspirante all’iscrizione nell’albo dei C.T.U., ai fini della valutazione della “specchiata

condotta” deve essere immune da condanne penali e non avere procedimenti penali a

suo carico.

È da evidenziare che chi è iscritto ad un albo professionale (geologi,ingegneri…) può

iscriversi all’albo C.T.U. (producendo le specializzazioni di interesse come al punto 5)

non ha l’obbligo di iscriversi al ruolo dei periti ed esperti della camera di commercio

La commissione C.T.U. decide se accettare l’iscrizione valutando i titoli presentati.

l’impresa orafa guida normativa

Soci della Federazione Orafi Campani iscritti nel ruolo Periti ed Esperti delle Camere

di Commercio della Campania

AVELLINO Di Dio Alfredo

BENEVENTO Perrella Antonio

SALERNO Ferrante Gaetano

NAPOLI Cosma Anzovino, Gaetano Cardola, Cosimo Caruso, Ciro

Cuomo, Marina De Martino, Maurizio De Nobili, Luigi De

Simone, Francesco Di Gennaro, Pasquale Esposito, Leonardo

Gaito, Maria Gaito, Stefania Gaito, Pasquale Gallotta, Maurizio

Mandile, Luigi Nardi, Gennaro Palmieri, Angela Petraccone,

Raffaella Petraccone, Biancamaria Pezzuto, Giuseppe Pezzuto,

Luciano Salvati.

Associazioni di categoria

l’impresa orafa guida normativa

Viale Trastevere 108

00153 Roma

tel. 06 5813613 - 06 5813164

fax 06 5814523

www.confedorafi.it

email: [email protected]

Presidente: Vincenzo Giannotti

Direttore: Claudio Tomassini

La Confedorafi è l’Unione italiana delle federazioni ed associazioni nazionali di

categoria tra industriali, artigiani, commercianti all’ingrosso, commercianti al minu-

to, rappresentanti ed agenti di commercio di oreficeria, gioielleria, argenteria, orolo-

geria, metalli preziosi, pietre preziose, diamanti, perle, coralli ed affini.

La Confedorafi ha il compito di rappresentare unitariamente il settore orafo argen-

tiero italiano presso le istituzioni internazionali, nazionali e locali. La sua finalità è

quella di armonizzare le istanze e coordinare le attività delle dieci Federazioni ed

Associazioni Nazionali che la compongono, indirizzando le singole esigenze all’inte-

resse generale della categoria. A tale scopo può sia supportare le iniziative federali, sia

assumersi direttamente la responsabilità di specifici progetti.

Attraverso le proprie Federazioni, cura la formazione e l’aggiornamento professio-

nale. La Confedorafi collabora strettamente con le principali fiere orafe italiane; con

gli enti di promozione dell’oro, del platino e dei diamanti; con istituti bancari per

progetti in campo creditizio, assicurativo, previdenziale.

l’impresa orafa guida normativa

CONFEDORAFI

l’impresa orafa guida normativa

Piazza Don Minzoni 1

15048 Valenza (Alessandria)

tel. 0131 941851

telefax 0131 946609

e-mail: [email protected]; [email protected]

Presidente: Vittorio Illario

Vice Presidente: Roberto Mangiarotti

Segretario: Bruno Guardona

Direttore: Germano Buzzi

L’Associazione Orafa Valenzana riunisce le imprese che fanno riferimento al distret-

to produttivo e commerciale di Valenza Po.

ASSOCIAZIONE ORAFA VALENZANA

l’impresa orafa guida normativa

Via Marconi 26 - P.O. Box 122

80059 Torre del Greco (Napoli)

tel. e telefax 081 8821427

e-mail: [email protected]; [email protected]

Presidente: Mauro Ascione

Vice Presidente Vicario: Giuseppe Rajola

Vice Presidente: Giovanni Aucella

Direttore: Nello Del Gatto

L’Assocoral è l’Associazione Nazionale Produttori di Corallo, Cammei e Materie

Affini; Orafi, Commercianti, Agenti di Commercio e Disegnatori di gioielli ed

oggetti con componenti di Corallo, Cammei e Materie Affini. L’Assocoral si pone

come scopo la valorizzazione, la tutela, la salvaguardia, la promozione di tutto quanto

attiene il Corallo, i Cammei, le Materie Affini, nonché i comparti produttivi orafi ad

essi connessi.

ASSOCORAL

l’impresa orafa guida normativa

Federazione Nazionale Fabbricanti Argentieri

Piazza Michelangelo Buonarroti, 32

20149 Milano

tel. 02 43319765

telefax 02 43319542

e-mail: [email protected]; [email protected]

Presidente: Matteo Stancampiano

Vice Presidente: Vittorio Belfiore

Vice Presidente: Franco Mercuri

Segretario: Gianmario Gatti

La FederArgentieri rappresenta e tutela gli interessi degli argentieri italiani, artigiani

e industriali - produttori di gioielleria, posateria e vasellame - presso lo Stato Italiano,

gli Organi Nazionali ed Internazionali di categoria e le Fiere orafo-argentiere in Italia

e all’estero.

FEDERARGENTIERI

l’impresa orafa guida normativa

Federazione Nazionale Banchi Metalli Preziosi

Via S. Pietro all’Orto, 3

20121 Milano

tel. 02 76005060 - 76 008738

telefax 02 782415

e-mail: [email protected]; [email protected]

Presidente: Fausto Faleri

Segretario: Francesca Argentiero

La Federazione riunisce le aziende che commercializzano metalli preziosi allo stato

grezzo e sotto forma di semilavorati, le imprese che effettuano il saggio dei metalli e

quelle che eseguono il recupero dei metalli dai cascami di lavorazione.

FEDERBANCHI

l’impresa orafa guida normativa

Via Re Tancredi, 8

00162 Roma

tel. 06 4404105

telefax 06 44251229

e-mail: [email protected]; [email protected]

Presidente: Nicola Curto

Vice Presidente Vicario: Piero Blondi

Vice Presidente: Fiorenzo Ghiso

Vice Presidente: Giuseppe Petochi

Segretario: Alberto Vannini

Direttore: Steven Tranquilli

La Federazione Nazionale Dettaglianti Orafi riunisce circa 5000 aziende di commer-

cio al minuto e 41 associazioni territoriali facenti parte del sistema Confcommercio.

FEDERAZIONE NAZIONALE DETTAGLIANTI ORAFI, GIOIELLIERI,

ARGENTIERI E OROLOGIAI

l’impresa orafa guida normativa

Piazza G.G. Belli, 2

00153 Roma

tel. 06 5898280 - 06 5866390

telefax 06 5898473

e-mail: [email protected]; [email protected]

Presidente: Luigi Cassata

Direttore: Alessandra Colonna

La Federazione Nazionale Grossisti Orafi, Gioiellieri, Argentieri riunisce le imprese

che esercitano il commercio all’ingrosso di oreficeria, gioielleria ed argenteria.

FEDERAZIONE NAZIONALE COMMERCIANTI GROSSISTI ORAFI,

GIOIELLIERI, ARGENTIERI

l’impresa orafa guida normativa

Federazione Nazionale Commercianti in Diamanti, Perle, Pietre Preziose e

Lapidari

Viale della Repubblica 3/d

15048 Valenza (Alessandria)

tel. e telefax 0131 942881

e-mail: [email protected]

Presidente: Roland Smit

Vice Presidente: Raffaele Maino

Segretario: Danilo Pasquarelli

Responsabile Comunicazione e Segreteria: Sonia Sbolzani

Federpietre associa le maggiori imprese italiane specializzate nell’importazione,

lavorazione e commercio di diamanti, pietre preziose, perle naturali e coltivate.

FEDERPIETRE

l’impresa orafa guida normativa

Federazione Nazionale Rappresentanti ed Agenti di Commercio Preziosi

Via Condotti 61/a

00187 Roma

tel. 06 6783461

telefax 06 6798841

e-mail: [email protected]; [email protected]

Presidente: Carlo Valabrega

Presidente Onorario: Carlo Bonomo

Vice Presidente: Massimo Leone

Segretario: Giovanni Vignola

La Federrappresentanti è l’organizzazione associativa nazionale degli agenti e rap-

presentanti di commercio operanti nel settore dei preziosi (oro, gioielli, pietre, argen-

to, orologi, coralli ed affini).

FEDERRAPPRESENTANTI

l’impresa orafa guida normativa

Federazione Nazionale Orafi Gioiellieri Fabbricanti

Piazza Buonarroti, 32

20149 Milano

tel. 02 4815364

fax 02 4815118

www.federorafi.it

e-mail: [email protected]

Presidente: Alessandro Biffi

Direttore: Stefano De Pascale

La Federorafi riunisce le imprese produttrici di gioielleria ed oreficeria. Aderisce a

Confindustria.

FEDERORAFI

l’impresa orafa guida normativa

Schede tecniche

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

l’impresa orafa guida normativa

Aprile

Aprile srl

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 821447-48

0823 837177

[email protected]

www.aprileorafi.it

06521940632

496335

via Donnalbina, 56 - 80134 Napoli

1992

Dr.ssa Carmen Caccia

Italia

Industria Orafa

Aprile srl

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

Gruppo AssitecaMetodi e strumenti per soluzioni assicurative mirate

Il Gruppo Assiteca nasce nel 1982 dall'iniziativa di alcuni professionisti del settore

assicurativo ed è ora considerato una tra le più importanti realtà del brokeraggio

assicurativo in Italia. Il responsabile della sede napoletana è Sergio Esposito.

“La forza del gruppo Assiteca si basa da sempre sulle capacità di calare nelle specifi-

che realtà locali la propria esperienza internazionale - dichiara il broker napoletano”.

Assiteca Napoli nata nel 1986 è oggi una delle società di brokeraggio assicurativo

più importanti dell'Italia Meridionale specializzatasi negli anni in settori complessi

quali rischi industriali, trasporti, banche. Ma non solo. Significativa è la loro presen-

za nel comparto dell'oreficeria campana sia nei segmenti della produzione che della

distribuzione. Da anni Sergio Esposito è il broker delle principali realtà italiane di

questo comparto.

“Grazie ad una lunga esperienza maturata con i più importanti imprenditori del set-

tore siamo in grado di suggerire le proposte più appropriate per affrontare e coprire

tutti i rischi legati all'operatività aziendale - continua il nostro interlocutore”.

Assiteca fornisce al cliente una gamma completa di servizi personalizzati: la sua atti-

vità consiste sia nella consulenza e intermediazione assicurativa che nell'analisi tecni-

ca dei rischi aziendali. “Uno dei nostri punti di forza è quello di riuscire a dare ai

clienti - continua Esposito - le migliori soluzioni per la gestione del rischio e la com-

binazione costi-benefici più vantaggiosa”.

Oggi il Gruppo Assiteca è costituito da quattordici sedi in Italia e tramite EOS

RISQ, gruppo leader di brokeraggio assicurativo, è presente in oltre 100 Stati, in

Europa e nel mondo.

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

tel.

fax

e-mail

partita iva

cciaa

anno di fondazione

descrizione attività

Astronomo

Astronomo G. sas

via Ernesto Capocci, 12

80133 Napoli

e c/o Centro Orafo Il Tarì / 235 - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 513163

0823 513164

[email protected]

04456200635

NA - 360142

1985

Commercio preziosi (diamanti)

Astronomo G. sas

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Cangiano Di Nardo & C.

Di Mauro & Raul Cangiano sas

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 513174

0823 513175

[email protected]

www.gioiellicangiano.com

02436070615

Ce - 1998 - 47229

Centro Orafo Il Tarì

1925

Cangiano Mauro

Italia - Estero

Commercio all’ingrosso di oreficeria

Cangiano di Nardo & C.

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Nicola Capuano sas

Nicola Capuano sas di Bianca Maria Capuano e C.

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud - Mod. A1T02

81025 Marcianise (Ce)

0823 837624

0823 837625

[email protected]

www.nicolacapuano.com

0685140636

1897

Ing. Pietro Capuano

Italia

Ingrosso gioielleria artigianale prodotta in paesi a basso

costo di mano d’opera

Nicola Capuano sas

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Consorzio Antico Borgo Orefici

Consorzio di attività esterna

Piazza Bovio, 33

80100 Napoli

081 5523708

081 5424497

[email protected]

www.anticoborgorefici.it

07601820637

n.REA 636264, iscr. del 17/05/2000

Napoli

2000

Roberto de Laurentiis, Fabrizio Monticelli

Oreficeria - Gioielleria (servizi)

Realizzazione di iniziative ed attività finalizzate alla riqualifi-

cazione dell’area urbana denominata “Antico Borgo Orefici”

ed alla valorizzazione dell’artigianato artistico rappresentato

dalla lavorazione dei metalli e delle pietre preziose.

Consorzio Antico Borgo Orefici

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

di Luca 1929

di Luca 1929 spa

Via Montedoro, 21/23

80059 Torre del Greco (NA)

081 8824666

081 8492132

[email protected]

www.diluca1929.it

01268031216

01709170631 - R.E.C./315997

Torre del Greco (NA)

1957

Luigi di Luca, Aristide Bello

Italia - Giappone - Usa - Europa

Linee di gioielleria: “di Luca e il Mediterraneo”

di Luca 1929

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Pino Di Gennaro & figli

D.G. Preziosi srl

Via Grande Orefici, 1

80133 Napoli

e c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

081 200104 - 0823 513011

081 204335 - 0823 513013

06538820637

498399

via Cilea, 183 - 80100 Napoli

1900

Diego Di Gennaro (Tarì), Riccardo Di Gennaro (Napoli)

Italia

Lavorazione e commercio diamanti. Produzione e commer-

cializzazione di montature per gioielleria

D.G. Preziosi srl

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

SCHEDA TECNICA

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel./ fax

partita iva

cciaa

sede sociale

anno di fondazione

referente

descrizione attività

Di Gennaro Giuseppe

Di Gennaro Giuseppe srl

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud (filiale) mod. 171

81025 Marcianise (Ce)

0823 513093-94

04838500637

Napoli 397530

via dei Mille, 40 - 80121 Napoli

1985

Di Gennaro Giuseppe

Commercio ingrosso preziosi (diamanti)

Di Gennaro Giuseppe srl

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Giuseppe Di Gennaro

D. P. Gioielli di Giuseppe Di Gennaro & C. sas

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 513017

0823 513016

[email protected]

www.dpgioielli.com

06113740630

Napoli 473654

via dei Mille, 16 - 80121 Napoli

1990

Francesco Di Gennaro

Italia/Spagna

Produzione gioielleria e ingrosso pietre preziose

D.P. Gioielli

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

partita iva

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Fratelli Dinacci

Fratelli Dinacci srl

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud, Mod 38/39/168

81025 Marcianise (Ce)

Via B. Cellini, 4

80133 Napoli

081 204831 - 0823 838974

081 283921 - 0823 513156

[email protected]

00702820630

via Grande Orefici, 7 - 80133 Napoli

1900

Flavio Dinacci

Europa - America - Asia

Produzione e distribuzione montature per gioiellerie.

Saggio metalli preziosi. Recupero metalli da pulimenti

scorici. Semilavorati e microfusione.

Fratelli Dinacci srl

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel./ fax

e-mail

web

partita iva

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

F.lli Vigorita

F.lli Vigorita surl

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud / mod. 63-64

81025 Marcianise (Ce)

0823 513209

[email protected]

www.fratellivigorita.com

02748540610

1980

Francesco Vigorita

Italia

Produzione di gioielli in montatura.

F.lli Vigorita

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

area of business

descrizione attività

Fioretti Argenti

Fioretti Argenti srl

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 513108-09

0823 513106

[email protected]

02320000611

Rea 152558-Ce

Marcianise (Ce)

1996

Italia (oreficerie e gioiellerie)

Ingrosso argenterie. Bijoutterie

Fioretti Argenti

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

cod.fisc. e reg.imp.

iscrizione r.e.a.

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Gianni Carità

Gianni Carità & Figli spa

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 821252

0823 513232

[email protected]

www.giannicarita.com

07794310636

Napoli 06521900636

Napoli 660326

Via Donnalbina, 56 - 80134 Napoli

fondazione storica 1834

Vincenzo Carità

Italia - Estero

Produzione e distribuzione di gioielleria ed oreficeria

Gianni Carità

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Salvio Pace

Gianni Pace Gioielli sas di Pace Salvatore & C.

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud, mod. A4T06

81025 Marcianise (Ce)

0823 517046

0823 839275

[email protected]

www.giannipacegioielli.com

06519270638

c/o Studio Lepre - via S.Baldacchini, 11 / Napoli

1956

Salvio Pace

Campania (e Sud)

Produzione gioielleria

Gianni Pace Gioielli

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel. / fax

e-mail

web

partita iva

sede legale

anno di fondazione

referente

descrizione attività

I Gioielli del Sole

I Gioielli del Sole sas di Gaetano Cardola

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 513244

[email protected]

www.igioiellidelsole.com

02433190614

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

1997

Gaetano Cardola

Produzione di articoli di gioielleria con diamanti e pietre

preziose

I Gioielli del Sole

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

Fondato nel 1975, l’International Gemological Institute oggi è il più grande istituto gem-

mologico del mondo. Oltre 380 professionisti altamente qualificati ogni giorno identifica-

no e classificano migliaia di diamanti, pietre di colore e articoli di gioielleria.

Il Diamond Report attesta l’autenticità del diamante ed elenca le 4 C basate sul siste-

ma di classificazione internazionale. Il Colored Stone Report conferma l’autenticità

della gemma identificandone specie e varietà. Il Jewelry Identification Report forni-

sce una descrizione di tutte le differenti componenti di un pezzo di gioielleria, quali i

metalli preziosi, i diamanti e le pietre di colore.

È di estrema importanza sottoporre le pietre ad un esame gemmologico in un

momento di proliferazione di pietre sintetiche e trattate.

I servizi Laserscribe permettono la microincisione su diamanti di logo, numeri seriali

e messaggi personali in modo di dotarli di mezzi permanenti di identificazione.

Componente centrale dell’I.G.I. è la Scuola di Gemmologia che eroga corsi a studen-

ti di tutto il mondo anche nei paesi di origine, nelle più svariate lingue (inglese, fran-

cese, olandese, arabo, cinese, hindi, giapponese, russo, coreano, spagnolo, turco e

naturalmente italiano). Le gemme studiate sono il diamante sia grezzo che lavorato,

le pietre di colore e le perle. La Scuola di Gemmologia dell’I.G.I. organizza anche

seminari e apposite sessioni educative destinate alle aziende di gioielleria al dettaglio.

L’I.G.I. ha iniziato l’attività della Scuola di Gemmologia in Italia nel 1997 ed orga-

nizza corsi a Cavalese, Napoli, Trieste, Bolzano, Mestre-Venezia, Catania, Roma,

Macerata, Perugia e altre città. Ogni anno centinaia di studenti seguono i corsi e

dopo il superamento di un esame finale ottengono i Certificati e i Diploma I.G.I.

riconosciuti in tutto il mondo.

IGI International Gemological Institute

l’impresa orafa guida normativa

nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

sede

anno di fondazione

referente

descrizione attività

Consorzio Oromare

Oromare S.C.AR.L.

Via Tironi, 10

80059 - Torre del Greco (NA)

081 8829735

081 8495986

[email protected]

www.oromare.com

03537031217

Torre del Greco (NA) - Marcianise (CE)

1998

Paolo Improta

Consorzio di 200 imprese operanti nella produzione e/o

commercializzazione all’ingrosso di corallo, cammei, oro,

argento, preziosi e semipreziosi. In fase di costruzione un

centro polifunzionale che accoglierà tutte le imprese nel

Comune di Marcianise.

Oromare

SCHEDA TECNICA

l’impresa orafa guida normativa

Storie di successoRAS: Servizi su misura per gli operatori del comparto orafo

La Storia: La Ras - Riunione Adriatica di Sicurtà, viene fondata a Trieste nel 1883,

allora principale porto dell’Impero Asburgico - con una vocazione marcatamente

internazionale. E’ nel 1889 che viene costituita a Vienna l’Interunfall, prima società

di un gruppo che continua ad espandersi, nonostante le battute d’arresto delle due

grandi guerre mondiali. Nel 1947 la sede sociale della compagnia è trasferita a

Milano. Spiccate capacità d’innovazione portano la Ras a precorrere i tempi ed a esse-

re antesignana non solo nel settore assicurativo ma anche in quello finanziario. Sin

dal 1970 la Compagnia è infatti presente nel comparto dei fondi comuni d’investi-

mento lussemburghesi; il primo fondo d’investimento viene lanciato nel 1984 pro-

prio dalla Ras. Anche il primo fondo pensione istituito da una compagnia di assicu-

razioni ad essere utilizzato nel paese è Previras della Ras.Seguendo queste direttrici,

nel 1989 la compagnia ha fondato Rasbank, diventata nel 1995 la prima banca

telefonica italiana, che oggi ha estesa la sua attività anche via internet.

Nel 1996 la Ras, rappresentata dall’Agenzia Principale Napoli Ovest, sigla con il Tarì,

Centro Polifunzionale orafo ubicato a Marcianise, un accordo per assicurare il com-

plesso e le sue società operative .

Apre, altresì, un ufficio per garantire un servizio continuativo ai soci ed ai loro dipen-

denti e collaboratori.

L’attività svolta nel corso degli anni ha consentito alla Ras, compagnia che opera a

360 gradi dai rischi industriali alla gestione al risparmio, dalla previdenza alla prote-

zione dei beni e della persona, l’approfondimento, l’individuazione e soluzione delle

problematiche caratteristiche del comparto orafo.

Attualmente si contano all’attivo 2500 clienti, soci del Consorzio e non, grazie ad un

servizio di consulenza portato avanti da professionalità attente e preparate che seguo-

no i clienti condividendone bisogni e aspettative.

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nome

ragione sociale

indrizzo

città

tel.

fax

e-mail

web

partita iva

cciaa

sede legale

referente

area of business

descrizione attività

Roberto Giannotti e Figli

Roberto Giannotti e Figli srl

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 512511

0823 838324

[email protected]

www.robertogiannotti.com

03996400630

347027

Via Strettola agli Orefici, 8 - 80133 Napoli

Vincenzo Giannotti

Ing. Amedeo Giannotti

Distribuzione all’ingrosso di oreficeria e gioielleria.

Leader per quantità e qualità del portafoglio-clienti nel

Centro-Sud Italia

Roberto Giannotti

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indrizzo

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partita iva

cciaa

sede legale

anno di fondazione

referente

area of business

descrizione attività

Trasparenze

Trasparenze sas di Paolo Minieri & C.

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

81025 Marcianise (Ce)

0823 837635

0823 837637

[email protected]

www.trasparenze.net

06539470630

497355

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud

1992

Paolo Minieri

Italia-Europa

Taglio e importazione pietre preziose e semipreziose.

Trasparenze

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descrizione attività

Urigold

Urigold srl

c/o Centro Orafo Il Tarì - Zona Asi Sud / mod. 90-91

81025 Marcianise (Ce)

0823 513072-73

[email protected]

www.urigold.com

06485270638

492204

Via V. Padula, 2 Ed.E/2 - Napoli

1975

Sozio Marcello

Europa

Ingrosso preziosi

Urigold

SCHEDA TECNICA

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l’impresa orafa guida normativa note

l’impresa orafa guida normativa

Note

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Note

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Note

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Note

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Note

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Note

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Note

finito di stampare a Napoli nel mese di marzo 2004

l’impresa orafa guida normativa

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