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T etraktis incontra  Alessio Allegrini per un viaggio nel Novecento Joshua Bell sceglie Bologna per la sua unica data italiana Han-Na Chang,  Y uri Bashmet, Lang Lang: tre concerti imperdibili marzo/giugno 2012       S     p     e       d       i     z       i     o     n     e       i     n       A  .       P  .          D  .       L  .       3      5       3       /       2       0       0       3       (     c     o     n     v  .       i     n       L  .       2      7       /       0       2       /       2       0       0       4     n             4       6       )     a     r      t  .       1  ,     c     o     m     m     a       1  ,       D       C       B       (       B     o       l     o     g     n     a       )          B       i     m     e     s      t     r     a       l     e     n  .       2       /       2       0       1       2        a     n     n     o       X       X       I       /       B       O                2  ,       0       0

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Tetraktis incontra Alessio Allegrini

per un viaggionel Novecento

Joshua Bell sceglie Bolognaper la sua unica data italiana

Han-Na Chang, Yuri Bashmet,

Lang Lang:tre concerti

imperdibili

marzo/giugno 2012

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SOMMARIO

EditorialeIl nuovo che avanza? di Fabrizio Festa 13

16

30

Imprenditoria e culturaCamera di Commercio - Bruno Filetti

26Lang Lang di Cristina Fossati

24Han-Na Chang di Elisabetta Collina

I luoghi della musica

Palazzo Pepoli Vecchio di Maria Pace Marzocchi

28

Il profilo

John Cage di Giordano Montecchi

37

Il calendarioI concerti marzo / giugno 2012

18

MICO - Musica Insieme COntemporaneaDediche e ritratti di Fabrizio Festa

58

34

Per leggere Vite poliedriche di Chiara Sirk 

I viaggi di Musica Insieme

Copenhagen e Oslo, 3 - 6 maggio 2012

Musica a Bologna - I programmi di Musica Insieme

10 IM MUSICA INSIEME

SOMMARIO

22

Interviste Alessio Allegrini - Tetraktis Percussioni di Alessandro Di Marco

n. 2 marzo - giugno 2012

In copertina Joshua Bell (foto Marc Holm)

32

MI ricordoBrunello - Accardo - Sinopoli - Brendel di Bruno Borsari

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EDITORIALE

IL NUOVO

CHE AVANZA?

Fabrizio Festa

13IM MUSICA INSIEME

L’aria è cambiata. Si respira un’atmosfera diversa. Si guarda al futuro forse con mi-nor angoscia. Certo è che il governo at-tualmente in carica almeno alcuni segna-li di operatività li ha dati, dimostrando una rapidità d’azione che raramente rammen-tiamo nella storia recente della politica ita-liana. Difficile dire ora se si tratti di un de-

cisionismo solo di facciata, dettato da una palese emergenza, oppure se stiamo as-sistendo alla nascita di una nuova era del-la gestione della cosa pubblica in questo no-stro Paese. Certo è che proprio il mondodella cultura – cui tutta la politica si appella ogniqualvolta c’è bisogno di far cassa elet-torale – è ancora in attesa di vedere atti eprovvedimenti, che segnino quella marcata discontinuità col passato da più parti au-spicata. È proprio da un governo di “tec-nici” che ci si aspetterebbe, infatti, il

prendere atto, e trarne le dovute conse-guenze, di due semplici considerazioni: inprimo luogo, che senza un adeguato livellodi istruzione e di accesso all’istruzione edalla formazione il nostro Paese non sarà ingrado di sostenere le trasformazioni, che an-cora segneranno i prossimi anni (se non ad-dirittura mesi). Istruzione e formazione, chepoi si declinano in ricerca e idee, sonoi veristrumenti operativi di una concreta, du-ratura ripresa economica. In secondo luo-go, portare al centro dell’azione politica la cultura, facendo emergere le sue potenzialità 

nel sistema italiano. E qui le cose da fare

sono poche, ma essenziali. In primo luo-go, decidere il ruolo della cultura nel si-stema-Paese e quindi sostenerlo di conse-guenza. Poi, riformare la gestione, con unintervento legislativo che stabilisca con chia-rezza da un lato le finalità delle istituzio-ni culturali pubbliche, dall’altro il ruolo de-gli operatori privati. Un passaggio questo

essenziale, da cui discende la necessità dideterminare con estremo rigore sia le re-gole della gestione stessa, sia quelle inerentila distribuzione delle risorse, inserendo sen-za tentennamenti una valutazione siste-matica di come quelle risorse (se pubbli-che) vengano investite e spese. Insomma,passare da un sistema di sussistenza fuoricontrollo (in attesa che il sistema medesi-mo collassi) ad un sistema di intervento mi-rato, verificato e capace di raggiungere gliobiettivi che la politica stessa dovrebbe in-

dicare (a cominciare dalla divulgazione edall’accesso al patrimonioculturale). Si trat-terebbe, cioè, di prendere una semplice de-cisione: se dal nostro patrimonio cultura-le vogliamo trarne un beneficio e farne unodegli assi portanti della nostra economia,allora bisogna abbandonare il metodoutilizzato fino ad oggi ed introdurne unototalmente nuovo, che armonizzi gestione,bilanci e finalità. Questo è quanto sareb-be più che lecito attendersi da un gover-no di “tecnici”, che ha fatto dell’operatività una delle sue bandiere. Del resto, tra le ri-

forme, proprio quellache dovrebbe aver percentro cultura e istruzione non può più at-tendere. Da essa dipende, infatti, il modoin cui vedremo e quindi immagineremo ecostruiremo il nostro futuro.

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noto a tutti l’impegno della Ca-mera di Commercio di Bologna a favore di una valorizzazione delterritorio che lo renda sempre di

più una potenziale meta di importantiflussi turistici. Nella nostra città, d’altrocanto, l’attività musicale si può senza dub-

bio definire ai vertici per qualità, densi-tà degli eventi e partecipazione del pub-blico, tanto che Bologna si è guadagna-ta già dal 2006 il titolo di Città creativa Unesco della musica. Ora Bologna sta at-traversando un momento certo non fa-cile, e questo non può certo stupire, a fronte della più generale crisi, che coin-volge l’intera Europa. Ne abbiamo par-lato con il Presidente Bruno Filetti, cheda sempre le crisi le affronta con inizia-tive lungimiranti e progetti innovativi, eche vede la nostra città con occhi positi-

vi, lo sguardo rivolto al futuro. Arte e cultura potrebbero a suo avvi-so essere una delle leve per risolleva-re le sorti della nostra città?«È una convinzione che ho da tempo. Ma sebbene Bologna sia una città che producetanto, come attività, come incontri,come occasioni, con un filo di ironia iodico sempre che noi siamo riservatissimi,e questo valore ce lo teniamo tutto pernoi: al massimo arriviamo a farlo saperein periferia… E questo è il nostro gran-

de limite, considerando anche che siamouna città con un potenziale unico, che èquello geografico: noi siamo il centro del-l’Italia, lo snodo italiano per l’Europa come per il Mediterraneo. Quanto alle po-tenzialità della nostra città: sono immense,ancorché tutte sconosciute per quello cheriguarda il nostro patrimonio culturale,artistico e architettonico. Abbiamo l’uni-versità più antica del mondo, ma con la promozione ci fermiamo lì».È poco noto il riconoscimento di CittàUnesco della musica. Non crede che il

ruolo della musica per l’immagine diBologna potrebbe incrementare anchel’afflusso turistico, se adeguatamente

‘comunicato’ con un’iniziativa media-tica più forte?«Noi veniamo identificati come città proprio per la musica e la gastronomia.E mentre la gastronomia non identifica in realtà soltanto Bologna, ben poche cit-tà italiane possono vantare un’attività mu-sicale pari alla nostra. Teniamo anche con-to che, e Musica Insieme ne è una di-mostrazione largamente consolidata,sono le associazioni e le realtà private adaver rilanciato la musica a Bologna. E voisiete stati i primi. Noi eravamo spenti (pa-

rola di un appassionato di musica), ab-biamo avuto in certo senso una fase dioscurantismo medievale; ma grazie pro-prio all’iniziativa privata, alla fine la pubblica amministrazione si è trovata a beneficiare di quest’attività musicale, ma non a parteciparvi. Non vedo al momento

grandi risorse destinate alla cultura».Quindi non soltanto si fa poco per il so-stegno, ma anche per la promozione diqueste eccellenze.«Innanzitutto noi manchiamo di unostrumento, che spero di essere riuscito a creare, e che però deve ovviamente svi-lupparsi, essendo in certo senso appena nato. E guarda caso questo strumento ènato in un momento di vuoto ammini-strativo. Noi mancavamo infatti di un’en-tità che fosse un punto di riferimento tu-ristico, e non l’avevamo per una ragione

(posso affermarlo, essendo stato presidentedi un’associazione imprenditoriale): fa par-te probabilmente della natura umana ilfatto che ciascuno voglia apporre la pro-pria etichetta in ciò che si fa, mentre in-vece quando si tratta della città bisogne-rebbe ragionare in termini più genera-lizzati, più universali. Per questo motivomi sono adoperato con il CommissarioCancellieri perché facessimo quel proto-collo sul turismo, che è stato firmato il 9dicembre 2010, per arrivare poi ad inau-

gurare il 15 aprile il punto Bologna  Welcome, prima ancora delle elezioni.Non volevo che si aspettasse oltre, il pro-getto andava realizzato in tempi rapidi,sostituendo quello che era un negozio digadgets con un punto di riferimento. Per-ché Bologna non è come Roma, che ha tantissime piazze, a Bologna quandouno dice che “va in piazza” va in Piazza Maggiore, e quando hai visto la piazza esei arrivato alle due Torri hai visto la cit-tà, in un certo senso. Avevamo bisognoquindi un punto di riferimento, e vole-

È

Bruno Filetti, Presidente della Camera di Commercio e da sempre attivo nel campodell’imprenditoria bolognese, pone l’accento sui grandi valori che rendono unico il nostroterritorio, a partire dalla musica. Alla città stessa il compito di promuoverli di più e meglio

Benvenuti a Bologna

IMPRENDITORIA E CULTURA 

Bruno Filetti

16 IM MUSICA INSIEME

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vo che fosse un punto di riferimento pub-blico. Ci lavoravo da tempo, ad una cosa di questo genere: a cominciare dal resu-scitare Bologna Congressi per farla di-ventare, come attualmente è, una realtà 

congressuale importante a livello nazio-nale. Poi c’è il fatto di aver voluto portarea Bologna RyanAir (che comunque da Forlì sarebbe venuta via). Ho sempre so-stenuto che per poterci proporre a livel-lo europeo avevamo bisogno di una gran-de compagnia, e non di connetterci contante località tramite altrettante compa-gnie, soprattutto perché nel mondo del-la aviation le situazioni critiche sono al-l’ordine del giorno. La connessione conun gran numero di località non signifi-

ca, come si era inteso inizialmente, far an-dare via la gente; al contrario, la gente intal modo viene di più. In secondo luogo,diamo così un impulso al nostro mondostudentesco e a quello imprenditoriale, enaturalmente contribuiamo a far conoscereBologna. Abbiamo poi una serie di pro-getti in corso per far conoscere Bologna là dove i voli partono, non solo dove ar-rivano, ad esempio tramite l’alta veloci-tà. E poi i collegamenti: abbiamo creatodi recente una nuova navetta che colle-ga Bologna con Ferrara, e stiamo ragio-nando su collegamenti con altre città del-l’Emilia-Romagna. Un tempo si giustifi-cavano le nostre difficoltà con il fatto ditrovarci schiacciati tra Firenze e Venezia;io la vedevo in un altro modo: noi ab-biamo la fortuna di trovarci tra Firenze eVenezia, cosicché uno viene a Bologna eda Bologna può andare a Firenze, a Ve-nezia, a Verona, Ravenna, ecc… abbiamouna grande fortuna, ma dobbiamo met-terci nella condizione di farlo sapere. Edè anche da lì che viene fuori la mia idea 

ostinata e tenace di portare RyanAir a Bo-logna, o l’apertura di un collegamento di-retto con Berlino (che partirà a breve conLufthansa), oggi una delle principali cit-tà per motivi non soltanto culturali maan-che imprenditoriali, oltre che con Düs-seldorf e Londra (oltre a Gatwick, con la British raggiungeremo anche Heathrow,che è una porta sul mondo); poi stiamolavorando sui collegamenti con EstremoOriente e Stati Uniti. La situazione eco-nomica non accelera certamente questerealizzazioni, ma con la determinazione,

e un pezzo per volta, ci arriveremo».Lo sviluppo dei trasporti insommapuò aiutare a sua volta la promozio-ne turistica.«Come presidente di Bologna Congres-

si, la mia esperienza è che quando an-diamo a combattere per una fiera, quan-do si parla d’Italia se i concorrenti sonoVenezia, Firenze, Roma o Milano tuttisanno ovviamente dove sono, Bologna no.E tuttavia chi viene a Bologna riparte mol-to meravigliato dalla sua bellezza. Anchese dovremmo… imbellettarci un po’: al-tro aspetto su cui bisogna fortemente im-pegnarci, mentre per contro c’è stata una crescita qualitativa e quantitativa del si-stema alberghiero, per cui oggi abbiamo

anche una potenzialità di accoglienza maggiore e migliore. Tornando però altema dello sviluppo di Bologna connes-so con cultura, arte e musica, noi siamocolpevoli, perché questo immenso po-tenziale non lo stiamo sfruttando. Di cer-to il turismo è una delle possibilità sullequali abbiamo tutta la materia prima, esoltanto la necessità di promuoverla».Nell’ambito della cultura e dello spet-tacolo, quali sono a suo avviso gliaspetti che necessitano di un maggio-re intervento?

«Posso dire che nei capitoli della Came-ra di Commercio ho aumentato le possi-bilità nei confronti di quello che è lo svi-luppo del turismo e dell’attrazione in ge-nere; lo dimostra il punto Bologna Wel-come in Piazza Maggiore, la ristruttura-zione dell’aeroporto e, a breve, la nuova stazione che presenteremo in fiera. Que-sti sono i punti cruciali, nel frattempo stia-mo lavorando sulla promozione, quindiquesto è il nostro impegno primario. Nonmi sarei mai immaginato di avere la ven-

tura di creare Bologna Welcome, delquale ho escogitato anche il nome: buo-no o non buono che sia, cercavo qualco-sa di semplice e comprensibile, sempreidentificabile e con una medesima con-notazione anche estetica in qualsiasi luo-go (dall’aeroporto alla futura stazione).D’altronde lo sviluppo di questo grandepotenziale ha anche un’implicazione tra-sversale, andando ad incidere su tantissi-me attività economiche, e non solo su ri-storanti e alberghi, ma anche su spettacolo,cultura e consumi. Farò un esempio:

con Bologna Congressi, allo stato attua-le (siamo al 50% del percorso), per potergestire i punti turistici abbiamo assunto7 persone; e poi nell’indotto, quante nefaremo lavorare? Oggi viviamo con ap-prensione l’abbattimento dei consumi al-l’interno del nostro Paese: e visto che nonpossiamo mangiare o comprare di più,dobbiamo accrescere le presenze in città».

Presidente

Bruno Filetti

La Camera di Commercio di Bologna

consente alle imprese di sviluppare la

loro attività in Italia e nel mondo.

L’obiettivo dei servizi offerti è la cre-

scita dell’economia provinciale. Come

pubblica amministrazione delle im-

prese bolognesi, svolge con criteri ma-

nageriali ed avvalendosi di strumenti

tecnologici d’avanguardia:

attività promozionali e di qualifica-

zione del sistema economico (contri-

buti e servizi di orientamento);

servizi di regolazione del mercato;

analisi e studi economici;

servizi di certificazione e di pub-

blicità delle informazioni relative al

sistema delle imprese italiane e eu-

ropee;

attività di sviluppo delle infrastrut-

ture (è, fra l’altro, l’azionista di mag-

gioranza dell’Aeroporto Marconi e

della Fiera di Bologna)

La Camera di Commercio è il punto di

riferimento delle imprese bolognesi e

l’istituzione dedicata a garantire in am-

bito provinciale la tutela del mercato

e della fede pubblica, e cioè il corret-

to e trasparente svolgersi delle tran-

sazioni commerciali a tutela delle im-

prese, dei consumatori e dei lavora-

tori. La sede istituzionale è il trecen-

tesco palazzo della Mercanzia. La

maggior parte dei servizi è a Palazzo

degli Affari, in piazza Costituzione. Ha

uffici anche a Imola e all’Interporto.

Tutte le informazioni sui servizi sonodisponibili su: www.bo.camcom.it

CAMERA DI COMMERCIO

INDUSTRIA ARTIGIANATO E

AGRICOLTURA DI BOLOGNA

CARTA D’IDENTITÀ 

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’edizione 2012 di Musica In-sieme COntemporanea , nel riba-dire le scelte programmaticheche ne stanno alla base fin dalsuo esordio, aggiunge un tas-

sello sia al suo stesso percorso, sia al pro-getto The Schoenberg Experience, cuidel resto un’iniziativa dedicata alle rela-

zioni tra la musica dei nostri giorni e ilrepertorio della modernità non poteva sottrarsi. Non mancheranno neppure,come vedremo tra breve, le occasioni diconfronto e di approfondimento, altroelemento che da sempre ha contraddi-stinto la programmazione di MICO.Tre gli appuntamenti in cartellone nelmese di marzo. Si comincia l’1, quandoalle 20.30 nel Foyer Rossini del TeatroComunale (sede unica della manifesta-zione) si esibiranno due celebrati artisti

bolognesi: il violinista Giulio Rovighi eil pianista Andrea Rebaudengo. I duesuccessivi concerti avranno per protago-nista il FontanaMIX Ensemble, compa-gine che con la nostra rassegna vanta or-mai un rapporto artistico non solo

consolidato, ma anche particolarmenteproficuo. Troveremo il FontanaMIX En-semble sotto i riflettori l’8 e il 29 marzo. Andiamo dunque per ordine.Un secolo per il violino, questo il titoloesplicito che Rovighi e Rebaudengohanno scelto per il loro concerto. Già scorrendo i nomi dei compositori in pro-

gramma comprendiamo il senso di que-sta loro proposta: dar conto – pur nei li-miti di un concerto – di quella pluralità di atteggiamenti musicali, che ha carat-terizzato il Novecento, e che proprio nelviolino ha trovato un suo mezzo espres-sivo particolarmente efficace. Sotto que-sto profilo, non possiamo non notarecome la produzione violinistica dal Sei-cento in poi sia stata, per così dire, la car-tina al tornasole delle istanze estetichedei compositori, determinando peraltro

una straordinaria continuità, pur nel va-riare tanto dell’estetica, quanto delle mo-dalità compositive e performative. NelNovecento tutto questo emerge con par-ticolare evidenza. In particolare il branodi apertura di questo concerto, la Tarti-

niana seconda di Luigi Dallapiccola, te-stimonia della continuità, cui accenna-vamo, introducendola appieno nella mo-dernità del secondo dopoguerra. Unsecolo dove si diventerà rivoluzionarianche al di là delle proprie intenzioni edelle proprie convinzioni, come dimo-strano le vicende, per alcuni versi paral-

lele, di Debussy e Schoenberg. Un se-colo soprattutto dove il neoclassicismo,di cui Stravinskij resta uno degli alfieripiù convinti e convincenti, andrà a ge-nerare molte e diverse icone della mo-dernità musicale, finendo persino pertracimare nella pop art.I due appuntamenti con il FontanaMIX Ensemble, poi, seguendo peraltro un di-segno che da tempo caratterizza il la-voro di questa compagine, si focalizzanosu un ritratto. Protagonista quest’anno

sarà il compositore Ivan Fedele. Alla sua musica sono dedicati entrambi i con-certi, i brani di Fedele ovviamente inse-riti in una più ampia cornice. Nato a Lecce, classe 1953, laureato in filosofia,Ivan Fedele si forma al Conservatorio diMilano. Eccolo studente di pianofortecon Bruno Canino e Vincenzo Vitale,eccolo studente di composizione con Re-nato Dionisi e Azio Corghi. Poi, a Santa Cecilia, in quel di Roma, l’incontro conFranco Donatoni. Difficile riassumere ilsuo percorso artistico. Certo è che oggi

Fedele appare tra i protagonisti della scena compositiva mondiale, le sue opereeseguite ormai con regolarità dalle mag-giori istituzioni musicali del mondo. Nelprimo concerto, suo è il quartetto d’ar-chi intitolato Palimpsest , pagina compo-sta tra il 2006 e il 2007. Il brano di Fe-dele s’inserisce in un programma nelquale prendono corpo altri omaggi, a cominciare da quello a John Cage, at-traverso il suo String Quartet in Four Parts . In chiusura, invece, ascolteremo

Ode to Napoleon Bonaparte op. 41, pezzo

L

Da John Cage a Ivan Fedele, passando per le opere di Arnold Schoenberg, cui il29 marzo sarà dedicata una giornata di studi, MICO continua con la promozione el’approfondimento del repertorio novecentesco e contemporaneo di Fabrizio Festa

18 IM MUSICA INSIEME

MICO - Musica Insieme COntemporanea 2012

Dediche e ritratti

    F   o   t   o    D   a   n    i   e    l   e    S   a   v    i

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che Arnold Schoenberg compose nel1942. «L’Ode a Napoleone Bonaparte na-

sce negli anni americani di Schoenberg.Dunque, è il compositore in esilio chedecide di mettere in musica un testo diByron tra i più singolari: quello che ilpoeta inglese scrisse nel 1814, dopo averappreso dell’abdicazione di NapoleoneBonaparte a favore dei Borboni». Come

ci rammenta Sergio Sablich, Schoenberg adottò questo testo per una ragione chia-

ramente legata alla sua vicenda perso-nale. Il compositore, in una lettera del1948, sottolineava proprio il disappuntoe poi il conseguente scherno, con il qualeByron bollava un Napoleone ormai umi-liato. Una critica alla tirannide che dalla Francia ottocentesca poteva senza dub-bio essere trasportata alla Germania inguerra, da Napoleone, cioè, a Hitler. Nelmezzo Fremde Szene III  di Wolfgang Rihm. Il 29 il concerto si aprirà conImaginary Islands di Fedele, secondo tas-sello di questo ritratto, al quale se ne ag-giungerà un terzo a metà programma:Immagini da Escher . Si tratta di due pa-gine composte negli anni Novanta performazioni cameristiche non consuete.Imaginary Islands prevede infatti un or-ganico costituito da flauto, clarinettobasso e pianoforte, mentre Immagini da Escher è per flauto, clarinetto, vibrafono,

pianoforte, violino e violoncello. L’altrofil rouge, quello schoenberghiano, qui

trova due tappe importanti. Prima l’ese-cuzione dei suoi Sei Piccoli pezzi per pia-noforte op. 19, in una trascrizione perensemble realizzata a più mani, poiquella di Begleitmusik zu einer Li-chtspielszene  op. 34, opera del 1930 dirara esecuzione. Il programma sarà com-pletato da pagine di Pierre Boulez e AldoClementi.Sempre il 29, a partire dalle ore 15, or-ganizzata dal Concorso Internazionaledi Composizione «2 Agosto» in colla-borazione con il Teatro Comunale diBologna, il FontanaMIX Ensemble eMusica Insieme, avrà luogo una gior-nata di studi dedicati ad uno dei temicentrali della riflessione estetica schoen-berghiana: il rapporto tra insegnamentoe professione. Il titolo del resto è espli-cativo: “Il Manuale d’armonia : didattica della composizione e creatività”. Molte lepresenze importanti tra i relatori, inclusa quella dello stesso Ivan Fedele. L’incon-tro sarà condotto e moderato dal com-positore Francesco Antonioni, voce no-

tissima ormai di RAI Radio 3.

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Nella pagina a fianco: il pianista AndreaRebaudengo. Sopra: i musicisti del FontanaMIXEnsemble. Di fianco: il violinista Giulio Rovighi

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lessio Allegrini, cornista “po-polare” alla scoperta delle pro-prie radici culturali («siamofigli della Grecia antica») e

Leonardo Ramadori, tra i fon-datori e tra le anime di Tetraktis Percus-sioni, umbro con forti radici nella sua terra, ma animato da quel cosmopoliti-smo eclettico che ha fatto del suo en-semble una delle realtà planetarie nelmondo della percussione, rispondonoassieme ad alcune semplici domande.Che i loro destini fossero destinati ad in-crociarsi apparirà chiaro proprio dallerisposte, che qui sotto leggerete.Compositore/i preferito/i? Alessio Allegrini : «Mozart, prima di tutto.Ma debbo chiarire. La mia preferenza va alla musica popolare, e a tutti quei com-positori che hanno attinto dalla musica popolare. Il miglior compositore della storia è il popolo, poi viene Mozart.D’altro canto, per caso giorni fa stavo

ascoltando musica rumena gitana. Unpezzetto tutto quanto impostato su unaccompagnamento ostinato affidato alla fisarmonica, mentre il violino suonava il

tema usando il “grattato” sul ponticello.Roba che nessuno anche tra i più cele-brati compositori è ancora riuscito a mettere in una partitura. Quindi, se ègiusto affermare, com’è giusto, che Pi-casso sia stato un grande genio, è altret-tanto lecito chiedersi: E quelli da cui ha copiato erano forse marziani?».Leonardo Ramadori : «Non è facile ri-spondere, troppa bella musica nella sto-ria. Comunque, oltre all’assoluto Bach,direi Stravinskij per il valore assolutoche ha dato al ritmo e John Cage per la totale apertura di prospettive del fattomusicale».Le musiche che vi portereste su un’iso-la deserta… Alessio Allegrini : «Mi porterei… un mu-sicista di quelli seri direbbe: “le Gold-berg ”. Io mi porterei lo zingaro che suona con me, o che suona per me. Preferireicomunque portarmi qualcosa che s’im-

provvisa, altrimenti m’annoio. Ilconcerto che facciamo con Te-traktis mi piace molto proprio

perché esco fuori dalle righe: uncorno così non si è mai visto.Entrare in scena in modo diverso

è il sogno tutti di quelli come me.Entrarci col corno senza per forza suonare Mozart o Strauss».Leonardo Ramadori : «Oltre ad unbrano a testa per i compositori cheho indicato, porterei My Song  diKeith Jarrett, Live in Lugano del

La ricerca di formazioni e sonorità inedite e originali accomuna gli straordinari artistiche s’incontreranno il 5 marzo per Musica Insieme, proponendo la cantabilità e il ritmodelle più interessanti esperienze novecentesche e contemporanee di Alessandro Di Marco

ALESSIO ALLEGRINI – TETRAKTIS PERCUSSIONI

A

1971 suonato da Astor Piazzolla con ilsuo quintetto, Dark Side of the Moondei Pink Floyd, qualcosa dei Beatles…Ma quanti ne posso portare?».

Un interprete o un ensemble di riferi-mento? Alessio Allegrini : «Ce ne sono tanti cheamo, e ciascuno per una sua specifica ra-gione. Ad esempio mi piace tanto ilsuono di Radu Lupu. Oppure, mi piacela dolcezza della Pires».Leonardo Ramadori : «Il Kronos Quar-tet: è il modo di fare musica da camera che più mi interessa».Quale o quali ritenete siano stati i vo-stri maestri più significativi (e non solonella musica)?

 Alessio Allegrini: «Maestri ne ho due:Dennis Brain [leggendario virtuoso bri-tannico di corno, ndr ]. Lui è morto nel1957, io sono nato nel 1972, quindinon l’ho mai conosciuto. Eppure, è ilmio riferimento come cornista, ed è luiche ho voluto rievocare anche nel discoche ho fatto con Abbado dedicato aiConcerti di Mozart [dei quali Brain rea-lizzò una notissima incisione con la Phil-harmonia Orchestra diretta da Herbert von Karajan, ndr ]. Da Brain per il corno,

mentre da Claudio Abbado ho impa-rato qualcosa di veramente importanteper me. Mi ha fatto capire perché noipossiamo dirci gli epigoni dell’antica cul-tura greca, coloro che, per così dire, co-noscono il concetto delle misure deltempio. M’interessa sapere chi sono eda dove vengo, e attraverso la musica sono riuscito ad avere un canale per ca-pire chi sono e da dove vengo. Claudio Abbado, del resto, ci invita sempre du-rante le prove ad ascoltare gli altri in or-chestra, a non prevaricare nessuno.

Rispetto ed emozione

INTERVISTA DOPPIA 

Alessio Allegrini

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23IM MUSICA INSIEME

 Ascoltare e rispettare sono le condizioniper far bene il nostro lavoro. Ecco, da luiho imparato che la musica può essere unbuono strumento per educare».Leonardo Ramadori : «Difficile dirlo.Sotto il profilo musicale, mi viene inmente Frank Zappa per la sua determi-nazione nel creare un linguaggio propriomettendo insieme tante cose diverse, eper il grande, quotidiano lavoro che svol-geva intorno alla sua musica. Per il restonon ho figure di riferimento assolute».Fra i riconoscimenti ricevuti (apprez-zamenti verbali inclusi…) quale o qua-li sono stati i più importanti? Alessio Allegrini : «Mi è stato riportato,ma da persona fidata e credibile. Hans

 Werner Henze, presente al concerto a Santa Cecilia, mentre eseguivamo la Quinta Sinfonia di Cajkovskij, avrebbecommentato a proposito della mia pre-stazione: “non è uomo, è un marziano!”.Dunque, almeno lui ha capito da dovevengo, mentre io no lo so ancora».Leonardo Ramadori : «Il più gratificantericonoscimento è quello che ci capita spesso di ricevere alla fine dei concerti: inmolti casi vengono persone che dichia-rano di essere arrivate al concerto diumore buio o con un vero e proprio ma-lessere e che alla fine del concerto si sonosentite meglio… essere musico-terapeu-tici è molto gratificante, in un’epoca come questa».Il più bel concerto della vita (ascolta-to o eseguito…)? Alessio Allegrini : «Ce ne sarebbero tanti.In generale, però, il più bel concerto èquello nel quale non riesco più a suo-nare, nel quale sono costretto a lasciarequalche nota perché mi sono a tal puntocommosso, che mi trema il labbro. Ecco,

quello è il momento in cui un musicista capisce cos’è il climax, e cosa intende-vano i Greci con catarsi».Leonardo Ramadori : «Credo sia stato unospettacolo teatrale di Mimmo Cuticchioin cui la sola voce dell’attore, scandita con la sapienza della tradizione orale,assumeva una forza ed una valenza mu-sicale incredibili».Come nasce la vostra collaborazione? Alessio Allegrini : «È nata perché lorohanno deciso di esplorare sempre nuovepossibilità. L’aggiunta di uno strumento

del suo strumento (insieme a quella diVinicio) e l’importanza del ritmo checaratterizza la nostra formazione cihanno spinto a cercare brani che conci-liassero questi due aspetti. Poi ci siamorivolti ad amici-compositori come Ram-berto Ciammarughi e Riccardo Panfiliche hanno pensato musica originale perquesto organico».Quali sono le caratteristichepiùimpor-tanti per far bene musica insieme?

 Alessio Allegrini : «È il problema di chilavora in un’orchestra stabile. In primoluogo, ci dev’essere rispetto delle regole.Poi, bisogna essere dello stesso livello mo-rale, essere brave persone. Tecnicamentesi può diventare bravi, ma non basta: ilvirtuosismo tecnico di per sé ci appa-renta più alle scimmie, che non agli arti-sti. Quindi, lo ripeto: bisogna essere bravepersone, capaci di rispetto e ascolto».Leonardo Ramadori : «Cura, rispetto (re-ciproco e del pubblico), disciplina, crea-tività».

melodico ovviamente dà un colore di-verso e particolare alle loro percussioni.Del resto, sono dei veri e propri Argo-nauti, musicisti che sanno far conviverele loro tradizioni locali, quelle della loroUmbria, con una capacità davvero unica di andare sempre oltre, avanti».Leonardo Ramadori : «Da parte nostra l’approccio è ancora quello del già citatoKronos Quartet. Avendo a disposizionequesta enorme gamma di suoni e viven-

done quotidianamente la potenzialità,ci piace molto metterle a disposizione dialtri artisti. Poi quando l’incontro è conmusicisti del livello di Alessio tutto di-venta “facile” e stimolante. Trovare for-mazioni inedite ed originali fa parte delnostro approccio alla musica. Insomma,la nostra è una collaborazione antica,originale e sorprendente. Del resto, nonesistendo un repertorio originale inte-ressante per quest’organico abbiamopensato alla musica, in senso generale.La straordinaria cantabilità di Alessio e

Tetraktis Percussioni

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a vittoria a soli 11 anni delConcorso Internazionale“Mstislav Rostropovic” le ha aperto le porte di una straor-dinaria carriera. La sua tec-

nica impeccabile e l’elegante virtuosi-smo l’hanno portata a suonare condirettori quali Maazel, Pappano, Muti,Mehta, e con orchestre come la New  York Philharmonic e la London Sym-phony. Convinta com’è che «la musica commuove e unisce le persone, e non èsoffocata dalle tante barriere sociali cheabbiamo oggi», a distanza di anni Han-Na Chang continua a seguire i prezio-sissimi insegnamenti e consigli di tre ar-tisti come Maisky, Rostropovic eSinopoli: per lei, prima che insegnanti di

musica, veri e propri “Maestri di vita”.Nel programma che presenterà a Bo-logna le doti vocali del violoncello sem-brano prevalere: da Vocalise di Rach-maninov alle Siete Canciones popula- 

res españolas  di de Falla. Come de-scriverebbe questi due brani che ese-guirà per Musica Insieme?«Sono innanzitutto due bellissime operevocali, perciò la mia priorità nel mo-mento in cui ho cominciato a studiarequesti pezzi è stata di partire dalla ver-

sione originale. Naturalmente Vocalise diRachmaninov non prevede alcun testo,quindi la sua vocalità riguarda più chealtro il timbro e la flessibilità della linea melodica cantabile, in molti aspetti ana-loga al belcanto, che ovviamente cambia molto a seconda dell’interprete. Ra-chmaninov è uno dei più abili “armo-

nizzatori” del ventesimo secolo, e ancheVocalise prende forma dalle magiche ar-monie nelle quali egli sa racchiudere la melodia. E non dimentichiamo la sua Sonata per violoncello, che è una delle

più grandi sonate scritte per quell’orga-nico nel ventesimo secolo. La Sonata,scritta all’incirca nello stesso periododella Seconda Sinfonia, le rassomiglia in effetti sotto molti aspetti: non soloperché Rachmaninov ha adottato una struttura analoga, ma anche perché ha usato il violoncello e il pianoforte comeun’orchestra. Sapeva davvero come usareil pianoforte al massimo delle sue possi-bilità, e questo conferisce alla Sonata un peso specifico davvero rilevante. Lecanzoni di de Falla invece contengono

parole molto intense e poetiche: mi sonointeressata in particolare al modo in cuile interpretavano grandi cantanti comeVictoria de Los Angeles. Dal momentoche de Falla ha sostanzialmente messo inmusica le parole – ossia, capovolgendo ildettato verdiano, prima le parole, poi la musica!  – era davvero importante perme conoscere esattamente le parole chehanno ispirato a de Falla una tale melo-dia, piuttosto che una certa armonia.Ma una volta approfondito questo back-

 ground , al primo posto per importanza c’e sicuramente la musica, perché la mu-sica può comunicare e trasmettere infi-nitamente di più delle parole, che invecesono limitate dalla necessità di esserecomprensibili, a livello sia linguisticoche personale. In definitiva quindi la musica di per sé è un’opera d’arte com-

pleta, perché trasmette i pensieri nondetti, i sentimenti nascosti, e perciò lereali intenzioni. E naturalmente ilgrande vantaggio di suonare canzoni alvioloncello è che, in un certo senso, il

violoncello ha un respiro senza fine».Con Le Grand Tango , Piazzolla ha sa-puto trasformare il ballo argentino inmusica da concerto: come si accosta un“interprete classico” a questo generedi musica?«Per me la bella musica è bella musica ebasta. All’uomo per natura piace classi-ficare, etichettare e racchiudere tuttodentro categorie, ma la caratteristica fon-damentale della musica è che permette dicondividere emozioni che non sonoesprimibili a parole… e il brano di Piaz-

zolla fa proprio questo. È un pezzo checommuove enormemente, pieno di pas-sione, dolore, amore, speranza, soffe-renza, infelicità e profondità… e cosìdev’essere, dal momento che il tangonon riguarda altro che la vita!»Ci presenta il suo partner al pianofor-te Finghin Collins? Come avete inizia-to ad esibirvi insieme?«Finghin e io lavoriamo insieme da quasi5 anni. Ci siamo conosciuti in occasionedi un mio concerto con la National Sym-

phony a Dublino, lui venne a sentirmi eprovammo a suonare insieme durantel’intervallo, cosa che si rivelò molto di-vertente! È un musicista con una sensi-bilità particolare, e una persona moltointelligente. Mi piace davvero molto la-vorare con lui».Nel 2007 ha debuttato come direttore

L

24 IM MUSICA INSIEME

L’INTERVISTA 

La violoncellista coreana ci parla del potere universale della musica, partendo dagliinsegnamenti sempre attuali dei suoi tre grandi Maestri d’arte e di vita: Rostropovič,

Maisky e Sinopoli di Elisabetta Collina

HAN-NA CHANG

Un respiro senza fine

 “   “ Una frase di Sinopoli che mi ha sempre guidato: Per un musicista la

 musica è la cosa più importante della vita, ma non deve essere l’unica

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d’orchestra. Che differenze riscontrafra l’attività di solista e quella di di-rettore?«In entrambi i casi si tratta sostanzial-mente di musica, quello che cambia è il

processo! Con il violoncello “produco” ilmio personale suono, e dato che è comese il violoncello fosse una parte di me, ilsuono che io sento e ascolto nella mia mente promana dal violoncello istanta-neamente. Con l’orchestra invece io pro-duco il suono attraverso i musicisti chela compongono – quindi attraverso altrepersone – e questo è un processo che dà una soddisfazione grandissima, dal mo-mento che non dipende solo dal tuocuore, ma dai 100 musicisti che ti sonodi fronte, che uniscono i loro cuori a te;questo penso renda l’orchestra lo stru-mento più miracoloso ed emozionanteper ogni genere di musica».Lei ha studiato con grandissimi Maestricome Mischa Maisky e Mstislav Ro-stropovic. Quanto le hanno insegnato

questi due artisti, non solo in sensoprofessionale?«Mischa è come un “papà del violon-cello” per me! L’ho incontrato la prima volta quando avevo 10 anni. Penso che

sia l’insegnante più importante che abbia mai avuto, ed è stato il primo a parlarmidell’importanza del compositore (il crea-tore), la partitura (il creato) e il suono (la ri-creazione). Anche Rostropovic ha avuto una grandissima influenza su dime; lo conobbi quando avevo 11 anni alConcorso internazionale di Parigi, nel1994. È stato lui a dirigere il mio primocd nel 1995 (in effetti mi disse che erol’unica violoncellista che lui avesse ac-consentito ad accompagnare per un’in-cisione!), e la sua passione per la musica e per la vita hanno rappresentato un’in-fluenza fantastica per un’età così giovanecom’era la mia». A soli 11 anni si è imposta all’atten-zione internazionale vincendo il Con-corso “Rostropovic”, e oggi a neanche

trent’anni ha suonato nelle più presti-giose sale del mondo e collaboratocon Sinopoli, Maazel, Muti, Pappano,Mehta. Con un presente così brillante,quali sono i suoi desideri per il futuro

professionale?«Sono davvero tanti! Per me è impor-tante che un musicista possa ricoprire unruolo nella società. Un musicista occupa un posto speciale e molto importante,dal momento che la potenza della mu-sica è così grande. La musica commuovee unisce le persone, e non è soffocata dalle tante barriere sociali che abbiamooggi. Sono assolutamente convinta che la musica classica sia così importante pro-prio per il modo speciale in cui ci emo-ziona, e trascende il modo di pensarequotidiano, le nostre normali vite ripe-titive… la musica semplicemente tra-sporta le nostre menti e i nostri cuori inun nuovo mondo. Quindi io credo chei musicisti possano e debbano creare unprocesso di risanamento nel nostromondo, dove ci sono così tante divi-sioni, dolori e tensioni».Di un altro suo grande mentore, Giu-seppe Sinopoli, si dice abbia avutoun’influenza sulla sua decisione di in-traprendere la facoltà di filosofia ad

Harvard. Ritiene che lo studio di que-sta disciplina possa aiutarla in qual-che modo nel suo lavoro?«Il Maestro Sinopoli è stato davvero una figura paterna per me. Mi ha aperto gliocchi a così tanti aspetti della musica edel fare musica e mi ha mostrato chetutte le arti sono correlate alla musica.Per esempio, quando suonammo il Con-certo per violoncello di Schumann in-sieme per la prima volta, mi portò una grande enciclopedia di dipinti del Ro-manticismo tedesco: era il suo modo diinsegnarmi cosa fossero il colore, le sen-sazioni personali, le insicurezze, la ten-sione, ecc. Un’altra volta invece mi diedeun libro di antiche poesie cinesi; mi di-ceva sempre che conservare il ricordodelle mie origini orientali era la cosa piùimportante per trovare un equilibrionella mia vita musicale occidentale. Edisse una cosa che mi ha sempre guidato:“Per un musicista la musica è la cosa piùimportante della vita, ma non deve esserel’unica”. È così vero! ».

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inese, classe 1982: prima diarrivare a compiere trent’anniLang Lang, sul palco da quando di anni ne aveva cin-que, ha già collaborato con

le orchestre più prestigiose del mondo,sotto la direzione di Maestri come Muti,Barenboim, Mehta, Boulez, si è esibitoin occasioni come la cerimonia di aper-tura delle Olimpiadi di Pechino per una platea televisiva di 5 miliardi di per-sone, e ha suonato alla corte di Barack Obama per ben due volte: la prima inoccasione della consegna del Nobel perla pace, la seconda direttamente alla Casa Bianca. A testimonianza del suosuccesso, nel 2009 è stato inserito nel“Time 100” – la lista annuale del Time 

comprendente le cento personalità piùinfluenti nel mondo. Definito dal New York Times  «il più richiesto sulla scena internazionale della musica classica»,Lang Lang appare oggi come un artista che non ha paura di mettersi in gioco edi dare l’immagine di un musicista cheesce dagli schemi della classica, portandosui palcoscenici usi e costumi della mu-sica pop (e attirandosi per questo nonpoche critiche da parte dei più conser-vatori…); un artista che non ha paura di

mettersi a nudo e raccontare se stesso ela propria infanzia da  enfant prodige  inun libro autobiografico, e che non ha paura di “osare” nell’associare la musica a mezzi e strumenti di comunicazione dinuova generazione, come dimostra la sua investitura a Primo Ambasciatoredella Youtube Symphony Orchestra. Il

tutto per eliminare le distanze e «portarela musica classica vicina alla vita dellepersone». Ma Lang Lang appare soprat-tutto come un musicista, che nonostanteil rapido e travolgente successo, media-

tico e non solo, non ha perso di vista iveri valori. Nel 2004 è stato nominatoambasciatore dell’Unicef, e recentementeha contribuito alla raccolta di fondi pergli aiuti in seguito ai terremoti in Cina eHaiti. Con il supporto di Grammy eUnicef ha creato la Lang Lang Interna-tional Music Foundation, nata allo scopodi diffondere la musica classica in tuttoil mondo, con un’enfasi particolare sul-l’educazione dei bambini e dei giovanimusicisti, giovani che sembrano pren-derlo come esempio soprattutto in Cina,

dove viene letteralmente idolatrato: la sua figura ha infatti ispirato più di qua-ranta milioni di bambini allo studio delpianoforte classico, un fenomeno che èstato definito da The Today Show : “TheLang Lang effect”.Caro Maestro, bentornato a Bologna!Il pubblico della nostra città – e nonsolo – attende il suo recital con gran-de interesse e trepidazione. Riesce apercepire, sul palco, questo particola-re affetto che il pubblico nutre per lei?

«Certo, e sono contentissimo all’idea disuonare a Bologna. Il pubblico in Italia è così appassionato ed entusiasta. Nonvedo l’ora di suonare per voi i capolavoridi Bach, Schubert e Chopin».Nei suoi concerti è solito presentareprogrammi profondamente meditati,ma anche molto vari: per questo reci-

tal ci offrirà tre grandissimi autori etre diverse tipologie di pianismo. Po-trebbe spiegarci le ragioni per cui hafatto questo tipo di scelta?«Nei miei concerti mi piace presentare

diversi stili di musica, in modo che ilpubblico possa apprezzare le varie carat-teristiche e le singole particolarità deidifferenti stili, cui queste opere fannoriferimento, e godere della loro unicità».Lei ha suonato in occasioni come l’Ex-po di Shanghai, l’Inaugurazione deiGiochi Olimpici di Pechino, e alla pre-senza del Presidente degli Stati UnitiBarack Obama. Quale è stato per leiil momento più emozionante di unacarriera così ricca di occasioni emo-zionanti?

«Ci sono stati moltissimi momenti chemi hanno emozionato nel corso della mia carriera, e lo hanno fatto in modi dif-ferenti. I Giochi Olimpici in particolare,sono uno dei più importanti eventi del-l’intera umanità. Sono stato davvero ono-rato di suonare sul palco della cerimonia di apertura. Inoltre, sono sempre parti-colarmente emozionato quando mi trovoa dover lavorare con grandi orchestre e di-rettori. Lo scorso anno mi sono esibitocon la Philadelphia Orchestra per il due-

centesimo anniversario della nascita diLiszt, evento trasmesso dal vivo nei ci-nema di tutti gli Stati americani, oltre chein alcune città europee. Questo è stato ilprimo evento dal vivo di musica classica che sia mai stato diffuso nei cinema e af-fidato ad un solo artista. È stata davveroun’esperienza indimenticabile».

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L’INTERVISTA 

 Attesissimo il ritorno a Bologna del «più grande ed entusiasmante talento pianisticodegli ultimi anni», che nonostante il successo planetario si dimostra sempre molto

attento ai temi del sociale di Cristina Fossati

LANG LANG

Musica come luce

 “  “ 

L’insegnamento della musica è la base dell’educazione nella vita diogni individuo. È un modo per illuminare l’intelligenza delle persone

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Lei è stato nominato AmbasciatoreCulturale della Cina; quali sono gliaspetti di questo Paese ancora scono-sciuti a noi occidentali?«Sono moltissimi: l’arte, la musica, la 

letteratura… tutti elementi che rappre-sentano poi il modo di pensare, la men-talità estremorientale, che è ovviamenteassai diversa da quella dell’Occidente,ma altrettanto meravigliosa. Vi sono an-che alcuni aspetti differenti nel sistema filosofico, ma ci accomunano per controtanti valori universali. Quando le per-sone hanno una migliore comprensionele une delle altre, sono in grado di colla-borare meglio, e di imparare di più dalconfronto reciproco».Nel 2009 è uscito il suo libro autobio-

grafico Journey of a thousand miles (uscito in Italia con il titolo La mia sto- 

ria , Feltrinelli, 2009). Ha trovato diffi-cile raccontarsi a parole, rispetto alraccontarsi in musica?«Penso che per un musicista, la musica che suona sia il modo migliore per par-lare delle proprie emozioni; ma con leparole ciò avviene in maniera sicura-mente più diretta, ed è certo un altromodo di descrivere».La Lang Lang International Music Foun-

dation nasce con lo scopo di diffonde-re la musica classica in tutto il mondo,soprattutto tra i giovani. Quanto ritie-ne sia importante al giorno d’oggi,partendo anche dal suo caso, lo studiodi una disciplina come la musica clas-sica in un bambino?«L’insegnamento della musica è la basedell’educazione nella vita di ogni indivi-

duo. La musica è un modo per illumi-nare l’intelligenza e l’immaginazionedelle persone. Come molti tipi di arte, la musica classica dovrebbe aiutare le per-sone ad arricchire la loro vita e la reci-

proca comprensione culturale».Lei detiene il titolo di primo Amba-sciatore della YouTube Symphony Or-chestra. Quale ritiene possa essere il

ruolo delle nuove tecnologie a favoredella diffusione della musica classica?«Le nuove tecnologie rappresentano ilfuturo del nostro mondo e il modo mi-gliore per avvicinarsi alle nuove gene-

razioni. La YouTube Symphony Or-chestra è un’idea molto interessante,e porta la musica classica più vi-cina alla vita delle persone».

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o un ricordo di John Cage rimasto indimenticabile eal quale negli anni sono più volte tornato, ripen-sando a questo inesauribile fantasista nell’arte di gio-care con la materia udibile. Ricordo bene la data e il

luogo: sera del 1° luglio 1991, a Ferrara, nell’incantevole cor-tile rinascimentale di Casa Romei. János Négyesy eseguiva inprima italiana il terzo e quarto libro delle Freeman Etudes perviolino solo. La musica era quasi impossibile, da suonare comeda ascoltare. E tuttavia quella volta fui testimone di una per-formance nella performance che mi parve un capolavoro d’arteconcettuale. Cage era seduto in prima fila e poco dopo l’ini-zio del concerto rovesciò la testa all’indietro addormentandosibeato, mentre la sua musica esalava le sue rigorosissime strut-ture sonore. Da dov’ero seduto riuscivo a vederlo bene e nonriuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Volevo capire se dormiva davvero, se era vittima di un’età – 79 anni – in cui l’appisolarsiviene piuttosto facile. O se invece era la sua ennesima provo-cazione, se cioè, con quell’atteggiamento così vistoso, conquella apparente sfrontata mancanza di rispetto verso se stesso,

stava offrendoci la più raffinata lettura di quella sua musica cosìsibillina e impossibile. Perché per uno come lui, che aveva già esplorato tutti i modi possibili e immaginabili coi quali dissa-crare i nostri luoghi comuni sulla musica, quegli studi per vio-lino riuscivano ancora una volta sconcertanti, come fossero sca-turiti dalla penna del più accigliato strutturalista o dal piùfanatico teorico della nuova complessità, anziché da JohnCage, forse l’unico compositore del secolo scorso che amava mostrarsi più che sorridente, addirittura sghignazzante davantiall’obiettivo della macchina fotografica, trasmettendo questa 

ilarità al suo pubblico e con essa una dichiarazione di “poetica”,se così vogliamo chiamarla, piuttosto esplicita.In realtà le Freeman Etudes , redatte con procedure certosine econ una notazione dettagliata fino all’inverosimile, obbedivanoa un proposito preciso: sfidare l’impossibile. E questo – comeconfessò il compositore in un’intervista – per trasferire in mu-sica quell’esperienza che la vita, la società spesso ci impongono,ponendoci di fronte a situazioni senza speranza, apparente-mente impossibili da risolvere. Così come sono scritte, quellenote sono in effetti impossibili da suonare, tanto che sulla par-titura compare questa avvertenza: «suonate più note che po-tete». Ma così, sì dirà, tutto quel lavoro pazzesco per deter-minare i particolari più microscopici andava a farsi benedire.Chiaro che sì, ma poco male. Ciò che conta in Cage infattinon è il risultato, ma la sfida, il gusto o il bisogno di esplo-rare e di tentare tutto ciò che la consuetudine, il buon senso,la logica quotidiana dichiarano impossibile. Progettare l’im-possibile per Cage significa eliminare l’inconcepibile. Perquesto Cage poteva addormentarsi beato. Quel suo dormire

era la migliore guida all’ascolto della sua musica: un ascoltolibero fino in fondo, non schiavo dei precetti, della pseudo-religione dell’arte ineffabile (altra veste dell’impossibile), bensìsovrano assoluto di un fare gratuito, di una libertà immagi-nativa che fin dall’inizio è suonata offensiva a coloro per iquali il rigore intellettuale e la disciplina maniacale sono fe-ticci intoccabili, la condizione stessa di un’arte dogmatica:dogmi che invece Cage ha polverizzato, lasciando a noi il pia-cere e la responsabilità di trasformare in arte l’esperienza di unascolto emancipato da qualsiasi dettame. Se da quell’ineffabilesera ferrarese torniamo indietro di cinquant’anni, il ritratto delCage da giovane è un puledro scalpitante, altrettanto liberonell’inventare e nel trasgredire, ma molto spesso dolce e ac-cattivante ad ascoltarsi: un Cage nel suo “periodo rosa”, percosì dire. In quegli anni le sue Constructions  (la Third Con-struction è del 1941) regalavano alla musica per sole percus-sioni un patrimonio di invenzioni nuove e fragranti. E una de-cina d’anni dopo, nel 1950 (un passo prima di varcare la soglia fatale della musica aleatoria), lo String Quartet in Four Parts tutto sembra meno che una composizione di Cage: un lungoregolare respiro ritmico che alterna consonanze perfette eadamantine, a rugosità dissonanti; e alla fine, addirittura, unQuodlibet , una paginetta scolpita con naïveté spavalda e orec-chiabile, i cui umori barocchi o medievali sbocciano da una scrittura che è un raffinatissimo intarsio dei quattro stru-

menti. Sempre lui: Cage, ovvero l’arte della sorpresa.

28 IM MUSICA INSIEME

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Sfida creativa e libertà dell’ascolto si danno la mano nel ricordo di John Cage, del quale Musica

Insieme riproporrà nei prossimi mesi Third Construction e String Quartet. L’iniziativa s’inseriscein centocage - Bologna rende omaggio a John Cage (1912-1992), rassegna che Bologna – Cittàdella Musica Unesco, con il coordinamento dell’Assessorato alla Cultura e Giovani del Comune,dedicherà al compositore americano durante tutto il 2012 di Giordano Montecchi

 John Cage (1912-1992) in una foto di Betty Freeman

IL PROFILO

L’arte della sorpresa

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fine gennaio, dopo un lungo restauro curato dal-l’architetto Mario Bellini, negli spazi del ‘medievale’Palazzo Pepoli Vecchio è stato inaugurato il Museodella Storia di Bologna, che costituisce il comple-

tamento di Genus Bononiae , il sistema museale gestito diret-tamente dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna fi-nalizzato a descrivere e comprendere il genus , la stirpe deibolognesi di ieri e di oggi. All’interno del percorso che dall’epoca villanoviana arriva finoall’oggi attraversando situazioni e soluzioni spettacolari (dalla riproduzione a misura reale della grande Mappa di Bologna af-frescata nel 1575 nella Sala Bologna in Vaticano alla “torre deltempo” in acciaio e vetro, ai percorsi porticati, alla simulazionedelle vie d’acqua, all’incoronazione di Carlo V… fino all’ Ae-milia Ars e oltre), le sale 21 e 22 sono dedicate alla musica. Enon poteva essere altrimenti per Bologna, città dalla precocevocazione musicale: nel 1029 il primo codice,nel Duecento le scholae cantorum dei monasteri,nel 1436 la cappella musicale di San Petronio,nel 1450 la cattedra universitaria ad lecturam

musicae . L’Accademia Filarmonica (1666), Pa-dre Martini e la sua biblioteca, Mozart, il LiceoMusicale… una città di costruttori (organari eliutai), di editori musicali, di cantanti d’opera e non solo, difestival e di associazioni, nominata nel 2006 dall’Unesco “Città Creativa della Musica”.La sala 21, uno degli ambienti dell’appartamento decorato neiprimi decenni del Settecento da una équipe di pittori bolognesidella scuola di Carlo Antonio Rambaldi, conserva ancora la struttura originaria di camera dell’alcova, cui rinvia anchel’affresco della volta con Venere, un puttino e una coppia ditortore simbolo dell’amore coniugale, circondato da quadra-ture dipinte, stucchi, festoni dorati di fiori e frutti. Il com-mittente, probabilmente Gero Pepoli, era forse un amante della musica, per via di quel trombettiere che da un angolo del sof-fitto del vano antistante spiega le sue note e rivolge la tromba (da cui sventola un vessillo con le insegne dei Pepoli a quadribianchi e neri) verso la coppia affacciata all’illusionistico bal-cone che fa da cornice a Flora al centro della volta, ma ancheper le partiture in stucco dorato alle pareti, con raffigurazionidi strumenti musicali, trombe, tamburi e tamburelli…Nel vano dell’alcova campeggia un fortepiano a coda di An-ton Walter, costruttore amatissimo da Mozart, che fu tra iprimi a richiedere per il proprio strumento meccanismi co-mandati con i pedali. Il fortepiano in mostra, realizzato a 

Vienna intorno al 1810, è il più antico strumento Walter con

tripla incordatura completa, e il più antico che in-corpora il pedale “una corda”.Ora ci si può sedere per lo spettacolo. È in scena 

Mozart a Bologna. Giorgio Albertazzi voce narrante (quella della lettura Padre Giovanni Battista Martini , tenuta nel 2010in Santa Cristina), intercalata dalle note del fortepiano, notedi Mozart naturalmente. E intanto sulla parete di fondo si sus-seguono le immagini: di Albertazzi che racconta, delle personeincontrate e dei luoghi toccati da Mozart e dal padre Leopolddopo l’arrivo a Bologna il 24 marzo 1770, visualizzati da an-tiche stampe, disegni, dipinti. Il ritratto di Padre Martini equello del Farinelli, l’albergo del Pellegrino, Palazzo Pallavi-cini di Strada San Felice dove la sera del 26 marzo il quat-tordicenne Amadeus tenne concerto suonando all’Accademia musicale del maresciallo Pallavicini tra l’entusiasmo dei pre-senti, fra cui «il celebre P. Martino», Villa Pallavicini nel se-condo soggiorno bolognese, e l’esame di aggregazione all’Ac-cademia Filarmonica, testimoniato nella saletta attigua (doveun piccolo schermo digitale mette in comunicazione il visi-tatore con i luoghi della musica in città: l’Accademia Filar-monica, il Museo della Musica, San Colombano…) dalla teca trasparente con gli strumenti ed i protagonisti dell’esame:l’urna settecentesca per il conteggio delle votazioni e il ma-noscritto autografo di Mozart, l’antifona a quattro voci Quae-rite primum regnum Dei . E intanto arriva la musica del forte-

piano, musica di Mozart, naturalmente…

30 IM MUSICA INSIEME

 A 

I LUOGHI DELLA MUSICA 

Due sale celebrano la musica in Palazzo Pepoli Vecchio, dove a fine gennaio la

Fondazione Cassa di Risparmio ha inaugurato il nuovo Museo della Storia di Bologna,completando il percorso di Genus Bononiae con un allestimento di grande suggestionedi Maria Pace Marzocchi

Bologna in mostra

Museo della Storiadi Bologna a PalazzoPepoli Vecchio, Sala

della musica con ilfortepiano di A. Walter

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MI ricordo

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Musicisti sportivi per natura. A Ma-

rio Brunello ci lega ormai un so-dalizio artistico solido e duraturo.Insieme abbiamo realizzato moltiprogetti affascinanti, tra i più in-triganti nei 25 anni di attività del-la nostra Fondazione, progetti chehanno attraversato ambiti diversi,permettendo anche a Brunello didar prova di tutto il suo talento.Proprio per questo torna alla me-moria il primo incontro. Ecco al-lora un Mario Brunello non mol-to diverso da quello che ora vedia-mo sotto i riflettori. Sincero, schiet-to, chiaramente figlio della sua terra. Un Brunello per il quale la musica s’inserisce in un mosaicocoerente fatto di amore per la na-tura, di passioni forti, di semplici-tà. Eccolo a Bologna nostro ospi-te per la prima volta. Al momen-to di andare in albergo, la sorpre-sa. Con naturalezza ci disse: «No,grazie. Sono venuto in camper».

3 MAGGIO 1995, TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA 

SALVATORE ACCARDO

6 APRILE 1992, TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA 

MARIO BRUNELLO

Musicisti sportivi per passione.Che Salvatore Accardo coltividue passioni su tutte è fattonoto agli amici. La prima, nonc’è alcun dubbio, è il violino, ov-vero la musica. Raramente ab-biamo conosciuto un musicista 

con un talento naturale così tra-volgente ed al tempo stesso tan-to spontaneo. Travolgente sì,spontaneo pure, ma arginato da un sentimento altrettanto po-tente: quello che lo lega ad una squadra di calcio, alla sua squa-dra del cuore, la Juventus. Gliamici sanno che se la Juventusgioca una partita importante, il

cuore di Accardo batte per le sor-ti dell’amata compagine sporti-va. Certo, prima il dovere. Pri-ma il concerto. Ci mancherebbe!Però, se si può rimediare… Ècon noi – Accardo è, come Bru-nello e alcuni altri, tra gli artisti

che ormai ci accompagnano da lungo tempo in questo nostrocammino – e bisogna andare inscena. La Juventus a sua volta,quella medesima sera, è in cam-po. Così non resta che chiedereall’albergo di registrare l’incon-tro. Dopo il bis, via, di corsa, incamera a vedere la partita: la Ju-ventus ha atteso anche troppo.

di Bruno Borsari

    F   o   t   o    R   o    b   e   r   t   o    S   e   r   r   a

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33IM MUSICA INSIEME

18 APRILE 1998, 29 APRILE 1999, TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA 

GIUSEPPE SINOPOLI

 ALFRED BRENDEL

 Altro straordinario compagno di stra-da è stato Alfred Brendel. Ancora ungrande intellettuale, non solo un mu-sicista, un interprete, per quanto som-mo. Esperto di storia dell’arte, ogni suoconcerto a Bologna era seguito dal me-

desimo rito. Restava in città anche la mattina dopo. Due le ragioni, e sem-pre le stesse. La prima, far visita al Mu-seo Morandi. Brendel è un conoscitoredell’arte morandiana, e soprattutto ne

è un instancabile ammiratore.Del resto, non pos-

siamo non osser-vare una certa 

quale con-

tiguità tra la sobrietà dell’opera del pit-tore bolognese e la sobrietà del gran-de interprete di Haydn, Beethoven oSchubert. La seconda, ancora una visita a carattereartistico: quellaal com-plesso delle Chiese di Santo Stefano.

Un paio d’ore al Museo Morandi, al-trettanto il tempo dedicato alle Chie-se. Passando dall’una all’altra, Brendelnon si è mai stancato di scoprire e ri-scoprire la bellezza delle Chiese di San-to Stefano. Fino alla sua ultima ap-parizione in recital a Bologna, nel2007, nella quale ha salutato il pub-blico prima di congedarsi definitiva-mente dalla scena concertistica.

Giuseppe Sinopoli: è stato davvero un

grande onore averlo al nostro fianco.Come non ricordare, oltre al talento ec-cezionale, la straordinaria umanità diquesto artista. Un artista per il quale la musica era tassello essenziale, ma nonunico, di una visione del mondo al con-tempo profonda e altissima, di una con-

cezione della vita nella quale la profes-

sione d’artista s’inseriva coerentemen-te. Per Giuseppe Sinopoli, infatti, il ge-sto del direttore nasceva dalla consa-pevolezza che proprio da quel gestoemanava una comunione emotiva, unintersecarsi di sentimenti, e natural-mente il maturare di una più alta co-

scienza. Questo era, del resto, il suo

modo di attribuire all’arte una finalità e di sentire il suo essere artista. Senza su-perbia, senza che mai la forza del suopensiero (un pensiero formato su soli-di studi) finisse per intimidire in qual-che modo tanto i suoi collaboratori,quanto l’interlocutore che casomai inquel momento aveva davanti a sé. Ditutto questo il riflesso si mostrava an-che nelle piccole cose, nella gestione del-la quotidianità musicale. Quando de-cidemmo di fondare i SolistInsieme tro-vammo proprio in Giuseppe Sinopo-li un entusiasta sostenitore del proget-to. Certo dovemmo parlare anche di bi-lanci, non potendo nascondergli la realtà: quella di una struttura che s’im-pegnava insieme ad altre in un proget-to produttivo, ma con pochi mezzi a no-stra disposizione. La sua risposta fu la-pidaria: «Il mio compenso? Non è unproblema. Sono un musicista come glialtri e tra gli altri. Quindi, datemiquanto date a loro».

    F   o   t   o    P    h    i    l    i   p   s   e    B   e   n    j    a   m    i   n    E   a    l   o   v   e   g   a

    F   o   t   o    R   o    b   e   r   t   o    S   e   r   r   a

1 OTTOBRE 1998, 23 OTTOBRE 2002, TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA 

15 NOVEMBRE 2004, 19 NOVEMBRE 2007, TEATRO M ANZONI DI BOLOGNA 

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34 IM MUSICA INSIEME

Dal 3 al 6 maggio 2012, destinazione Copenhagen e Oslo per due straordinari eventi musicali.Due esempi di architettura contemporanea come l’ Auditorium di Copenhagen, progettatoda Jean Nouvel, e l’Opera House di Oslo di Snøhetta, diventati elementi di orgoglio delle duecapitali nordiche, ci accoglieranno in occasione di due straordinari eventi musicali:

I VIAGGI DI MUSICA INSIEME

Capitali del Nord

3 MAGGIO 2012CONCERT HALL, ORE 19.30Orchestra Sinfonica della Radio DaneseDirettore: Joshua WeilersteinSolista: Jens Elvekjaer (pianoforte)Ludwig van Beethoven:Concerto per pianoforte e orchestra n. 4

 Antonín Dvorák:Sinfonia n. 9 op. 95 - Dal nuovo mondo

5 MAGGIO 2012OPERA HOUSE, ORE 18.00CENERENTOLA Musica: Sergej Prokof’ev Compagnia del Balletto Nazionale NorvegeseOrchestra dell’Opera Nazionale Norvegese

COPENHAGEN

OSLO

DUE ESCLUSIVI HOTEL 5* CI OSPITERANNO NEL CORSO DELLA NOSTRAPERMANENZA A COPENHAGEN (FIRST SKT PETRI 5*) E OSLO (GRAND HOTEL OSLO 5*)

PER INFORMAZIONI DETTAGLIATE SU PREZZI E PROGRAMMA COMPLETO DEL VIAGGIO:

MUSICA INSIEME 051 271932 - POMODORO VIAGGI 051 581701

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Lunedì 5 marzo 2012TEATRO MANZONI ore 20.30

HAN-NA CHANG.........................................violoncello

FINGHIN COLLINS.......................................pianoforte

Lunedì 23 aprile 2012TEATRO MANZONI ore 20.30

Musiche di Rachmaninov, de Falla, Piazzolla

I    C  O 

 N C E  R T 

I   m a r z  o

 /       g i     u   g n o

2   0  1  2  

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria di Musica Insieme:

Galleria Cavour, 3 - 40124 Bologna tel. 051.271932 - Fax 051.279946

E-mail: [email protected] - Sito web: www.musicainsiemebologna.it

Lunedì 19 marzo 2012TEATRO MANZONI ore 20.30

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme” e “Invito alla Musica” – per i Comuni della provincia di Bologna

JOSHUA BELL.................................................violino

JEREMY DENK ...............................................pianoforte

Lunedì 7 maggio 2012TEATRO MANZONI ore 20.30

Musiche di Schubert, Grieg, Franck 

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme” e “Invito alla Musica” – per i Comuni della provincia di Bologna

I SOLISTI DI MOSCA

YURI BASHMET............................................ viola solista e direttore

Musiche di Stravinskij, Schnittke, Schubert

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme” e “Invito alla Musica” – per i Comuni della provincia di Bologna

Mercoledì 2 maggio 2012TEATRO MANZONI ore 20.30

I MUSICI

SERGEJ NAKARIAKOV..........................tromba

Musiche di Bossi, Respighi, Mendelssohn, Arban, Rota, Bacalov

Il concerto fa parte degli abbonamenti:“I Concerti di Musica Insieme” e “Musica per le Scuole” 

TETRAKTIS PERCUSSIONI

ALESSIO ALLEGRINI.............................corno

VINICIO ALLEGRINI................................tromba, flicorno

Musiche di Cage, Ciammarughi, Martino, Panfili, Festa,

Gershwin/Bernstein, Monk/Ellington, Sollima, Piazzolla

Il concerto fa parte degli abbonamenti:

“I Concerti di Musica Insieme” e “Musica per le Scuole” 

I    C  O 

 N C E  R T 

I   m a r z  o

 /       g i     u   g n o

2   0  1  2  

IL CONCERTO DE I MUSICI E SERGEJ NAKARIAKOV PREVISTO PER IL 6 FEBBRAIO 2012E RINVIATO A CAUSA DEL PROTRARSI DEL MALTEMPO, VERRÀ RECUPERATO IL GIORNO:

ATTENZIONE

Lunedì 25 giugno 2012TEATRO MANZONI ore 20.30

LANG LANG........................................................pianoforte

Musiche di Bach, Schubert, Chopin

Il concerto fa parte degli abbonamenti: “I Concerti di Musica Insieme” e “Invito alla Musica” – per i Comuni della provincia di Bologna

ATTENZIONE - CAMBIO DATA

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Lunedì 5 marzo 2012

Con due prime esecuzioni assolute, debutta per Musica Insieme un inedito ensemble,che unisce il fascino delle percussioni al timbro degli ottoni di Salvatore de Blasi

Oltre la modernitàe durante il XIX secolo istanzeestetiche diverse – quali l’evo-luzione del macchinismo ri-nascimentale, il positivismo eil romanticismo – avevano

trovato nel pianoforte e nella figura delpianista virtuoso una sintesi mirabile,nel Novecento assistiamo ad un curiosofenomeno, una sorta di risposta post-

bellica (la Prima) alla fine dei tempi, cuitutto quell’agitarsi di leve e pulegge aveva portato (e purtroppo non era finita lì). Ancora una volta si tratta del sovrap-porsi di istanze estetiche diverse. Da unlato musicisti come Edgard Varèse sco-prono che il pulsare della vita urbana non può essere più tenuto fuori dallepartiture. È un passo avanti rispetto al-l’Italia di Russolo. Non si tratta più solod’intonare rumori con amplificatori dicartone per esaltare una modernità, cheera poi affondata nel fango delle trincee.

Prende forma quello che poi sarà chia-mato il “paesaggio sonoro”. Non cheprima nella storia della musica non sifossero utilizzate strategie evocative. La storia della musica è ricchissima di zoo-morfismi, di rumoreggiamenti, e per-sino, ahinoi!, di cannoni tonanti. Si trat-tava, però, di richiami, di allusioni, diesplicitazioni descrittive, il cui valore

narrativo attingeva a fonti extra-musicali.Nell’America alle prese con frontiere an-cora da sondare e dentro e fuori Man-hattan, il “rumore” e il “silenzio” diven-gono parte integrante del materialemusicale, sganciati da qualsiasi connes-sione ideologica (per esempio, quella simbolista) e da qualsivoglia esigenza de-scrittiva. Protagonisti di questa fonda-mentale fase della storia della musica moderna sono due famiglie di strumenti,i cui destini in quel secolo e nel nostroattuale s’incroceranno spesso. Da un

lato, le percussioni; dall’altro, gli elet-trofoni e tutto ciò che dall’elettricità de-riverà in ambito musicale, in particolarea partire dagli anni Cinquanta. Non ècerto un caso se i primi efficaci ed effi-cienti sequencer saranno proprio “batte-rie elettroniche”, ovvero macchine atte a riprodurre e sviluppare sequenze tipichedella batteria, lo strumento che, nella 

famiglia vastissima delle percussioni, do-minerà il Novecento (anche dal punto divista iconografico).Le percussioni rappresentano la risposta artigianale al macchinismo industrialedel pianoforte. Sono manufatti, la cuistoria affonda nelle radici più remotedell’umanità. Prendiamo ad esempio ilteponatzli . Lo strumento è antichissimo.Lo troviamo presso gli Aztechi. In lingua nahuatl  (come c’informa l’indispensa-bile Guida alle percussioni di Guido Fac-chin, pubblicata da EdT) teponatzli vuol

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40 IM MUSICA INSIEME

in due parti. La prima rappresenta una delle tendenze caratteristiche degli en-semble di percussioni: quella di presen-tare brani arrangiati o trascritti apposta per tali ensemble, o per estensioni di essi

(come appunto nel caso in cui in scena si trovino virtuosi quali i fratelli Alle-grini). A questo primo gruppo fannocapo: la suggestiva Estate di Bruno Mar-tino, l’omaggio americano e quello ad Astor Piazzolla, pagine proposte tutte adorganico pieno, cioè tromba/flicorno,corno, quattro percussionisti. Alla penna di Gianni Maestrucci si debbono gli ar-rangiamenti di Estate  e di AmericanRhythm, mentre le rielaborazioni piaz-zolliane sono di Gianluca Saveri. Al se-condo gruppo fanno capo, invece, le

opere scritte appositamente per l’en-semble: quelle di Ciammarughi, Sol-lima, Festa e Panfili. Le introducel’omaggio ad un capostipite nel genere, John Cage, del quale verrà proposto unodei brani più famosi: Third Constructionper quattro percussionisti. Portato a ter-mine nel 1941, terzo di una serie dibrani dedicati alle sole percussioni, ha rappresentato, e rappresenta, una dellepartiture di riferimento per la composi-zione per sole percussioni, sia per la spe-

cificità dell’uso dei timbri (la ricchezza timbrica è uno degli elementi di maggiorfascino), sia per il modello compositivo.Cage utilizzò, infatti, una sequenza fissa di 24 strutture distribuite in 24 battute,strutture e battute che, però, ciascun ese-cutore propone in un suo specifico or-dine, diverso da quello degli altri. Anchele Construction di Cage nascono per de-terminati esecutori, legati professional-mente e artisticamente al compositore.È questo pure il caso di Millennium Bug di Giovanni Sollima, composto per Te-

traktis nel contesto di una collabora-zione stretta tra il musicista siciliano e la compagine umbra. Qui il gioco – la pa-gina ha una forte connotazione ludica –è attorno alla marimba e mette in evi-denza tanto le qualità tecniche dei mu-sicisti, quanto quel piacere del far mu-

sica così tipico dell’arte di Sollima.Out di Riccardo Panfili nasce proprio in

forza della collaborazione tra Alessio Al-legrini e Tetraktis. Panfili (daTerni, classe1979) s’ispira a un documentario realiz-zato nel 1972 da Vittorio De Seta: ilDiario di un Maestro. «Un capolavorod’indagine sociologica e d’intervento po-litico – nelle parole dello stesso Panfili –che ci mostra la realtà quotidiana dei fi-gli del sottoproletariato, che vivono aimargini (o negli interstizi) della società opulenta. Durante una lezione il Mae-stro invita a riflettere sul termine “bene-

stante”. Con la naturale prontezza di chinon è ancora “adulterato”, un bambinotrova immediatamente un’espressionefolgorante per definire la propria classesociale: i “Malestanti”. Il pezzo è unomaggio ai Malestanti, a quelli che la storia ha relegato ai margini. Agli esclusi,a quelli che il potere lo subiscono comeun destino ridicolo e insensato».Trilogia di Ramberto Ciammarughi, percorno, tromba e percussioni ha una ge-nesi del tutto diversa, sebbene prenda corpo nel medesimo contesto. «Racconta 

– come afferma il compositore – di una consolidata collaborazione con Tetraktise definisce un rapporto artistico moltopiù recente, quello con Vinicio e Alessio Allegrini». Tre le parti: Source , Movi-mento, Elegia n. 2 . Precisa Ciammarughi:«Elegia è un adattamento da un brano

per sole percussioni presente nel discoLiaisons dangereuses [realizzato da Ciam-

marughi e da Tetraktis nel 2007, ndr ],mentre gli altri due brani sono stati con-cepiti recentemente con l’intento dicompiere una ricerca nella “relazione pe-ricolosa” – e anche assai poco frequentata – tra il corno (gli ottoni) e le percus-sioni».Infine, Twentyfive hits, twentyfive beats di Fabrizio Festa fin dal titolo tradisce la ricorrenza, che ne è origine: i venticinqueanni di Musica Insieme, fondazione conla quale del resto Festa collabora da oltre

vent’anni. «Ma il titolo – come ci ha detto lo stesso compositore – non ha implicazioni strutturali, se non nel ri-correre benaugurale del numero 5, com-binato con il 3. Tre sono i percussionistichiamati ad eseguirlo, con Tetraktisavendo, inoltre, accuratamente stabilitolo strumentario. Abbiamo di comuneaccordo deciso di non utilizzare stru-menti percussivi a suono determinato(ad esempio, marimba o vibrafono), fo-calizzando invece il nostro interesse suspecifici idiofoni, tra cui il bombo ar-

gentino o i gong pechinesi o una serie dilog-drum o il cajon cubano. L’opera si di-pana in cinque brevi movimenti, cia-scuno dei quali rappresenta un piccolorito a sé, cioè ha una caratteristica ritua-lità sonora, che spero emerga anche nelsuo contenuto simbolico».

Lunedì 5 marzo 2012

L’impegno sociale di Alessio Allegrini lo vede attivo fra l’altro con l’associazione Al Kamandjati allo scopo di creare scuole di musica nei territori occupati e campi profughi palestinesi

Lo sapevate che...

DA ASCOLTAREIl disco d’esordio di Tetraktis Percussioni risale al 1999, con un cd contenen-te esclusivamente musiche ad esso dedicate, dal titolo Millennium Bug e pro-dotto da Pinkhouse Studios di Ancona. Nel dicembre 2007 esce il cd LiaisonsDangereuses, con musiche composte ed interpretate dal pianista umbro Ram-berto Ciammarughi in collaborazione con il Quartetto (e del quale ascolteremoa Bologna il brano Trilogia); del 2008 è poi Drama , cd con musiche origina-li di Curcio, Cangemi, Zannoni, Mencarelli, Laneri, Meyer/Maestrucci, An-nunziata, oltre a un dvd del Concerto della Demenza di Vieri Tosatti interpre-tato dal duo pianistico Brusco/Scolastra, da Tetraktis Percussioni e dall’atto-re Elio Pandolfi. Tra le incisioni di Alessio Allegrini ricordiamo l’integrale live dei quattro Concerti per corno e orchestra di Mozart, eseguiti durante i fe-steggiamenti per il duecentesimo anniversario del compositore, con l’Orche-stra Mozart diretta da Claudio Abbado (Deutsche Grammophon).

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La parola agli archiCon una scelta di capolavori dedicati all’orchestra d’archi(e nel caso di Schnittke, allo stesso Bashmet), i Solisti di Mosca e illoro leader celebrano i 20 anni di attività di Maddalena Pellegrini

42 IM MUSICA INSIEME

Lunedì 19 marzo 2012

sistono formazioni strumentaliche hanno saputo assumere nelcorso dei secoli una funzione da protagonisti, adattandosi mira-bilmente ad ogni tipo di esi-

genza estetica: tra queste l’orchestra d’ar-chi, che per la sua storia può considerarsiil prototipo di ogni formazione strumen-

tale. Per l’assoluta omogeneità dell’impa-sto timbrico in ciascuno dei registri delgruppo, per la varietà degli effetti possibilicon l’arco e la duttilità della scrittura edell’estensione, per la possibilità di “stac-care” solisti, questa formazione ha piena-mente soddisfatto gli autori di ogni epoca,dal Seicento ad oggi, ora adattandosi alla funzione di accompagnamento nei con-certi, ora presentandosi come assoluta protagonista per esprimere tutti i possibilieffetti di una poetica. Come accade nelconcerto che ci accingiamo a presentare,

che comprende oltre un secolo di musica per archi tra civiltà e forme differenti,dalla trasposizione per solo e orchestra di

una pagina di puro camerismo (l’ Arpeg- gione di Schubert) a un brano dal saporedi un “concerto grosso” (il Concerto a tre di Schnittke) e che vede in apertura echiusura due capolavori di straordinaria suggestione, entrambi figli dell’amore sti-lizzato per il passato ( Apollon Musagète diStravinskij e la Serenata di Cajkovskij) in

cui l’orchestra finalmente compatta puòmostrare tutta la sua duttilità espressiva.Se esiste un compositore onnivoro, nelNovecento, questo è sicuramente Stra-vinskij, confortato anche dal periodoricco di fermenti e di ricerca nel quale sitrovò ad operare. Già questo ci aiuta a comprendere come, complice la lunga età anagrafica e artistica, egli sia stato l’ar-tefice di alcuni dei cambiamenti di rotta più significativi dello scorso secolo. Tra questi, il periodo iniziato dalla fine della prima guerra mondiale e definito ‘neo-

classico’, che annovera capolavori qualiPulcinella, la Sonata per pianoforte, e ap-punto Apollon Musagète (1927), rappre-sentando una delle virate estetiche piùinquietanti e più discusse del camminostravinskiano, dove il compositore ap-proda a un definitivo astrattismo appog-giandosi e rileggendo ‘al quadrato’ musi-che e atteggiamenti dei secoli a luiprecedenti. Apollon in particolare, è fruttodi una commissione della Library of Con-gress di Washington, che aveva chiesto un

balletto per un Festival di musica con-temporanea con precisi vincoli: la brevedurata e la destinazione ad un numero ri-dotto di esecutori. Stravinskij poté cosìrealizzare anche nella danza la sua idea dineoclassicismo: un balletto ‘bianco’ (senza coreografie o scene colorate), che usasse inmaniera astratta ed isolatamente le figuredel balletto ottocentesco, senza raccontareuna vicenda che potesse coinvolgere emo-tivamente o psicologicamente lo spetta-tore. Armonie asciutte e statiche, raris-sime dissonanze senza alcun intento

dinamico ed echi dal passato (da Lully a Cajkovskij, assolutamente decontestua-

lizzati e quindi privati di qualsiasi intento‘sentimentale’), il tutto per ingenerare al-l’ascolto un senso di calma assoluta. An-che se alla fine, come afferma Vlad, «si in-tuisce che la serenità non gli si concedespontaneamente, ma è voluta, conqui-stata mercè un violento sforzo di repres-sione di quelle prorompenti forze del-l’istinto che s’erano manifestate con sìfolgorante potenza nella Sagra della pri-mavera , rispetto alla quale Apollon Musa-

 gète occupa una posizione diametralmente

opposta: l’una caratterizzata dalla natura istintiva del suo genio, l’altro dalla volontà di dominio razionale sulla materia so-nora». Due pagine particolarissime costi-tuiscono poi il cuore del programma, duepagine che godono, insieme, dello spiritoda camera e di quello da concerto. Ilprimo dei due pezzi, il Concerto a tre diSchnittke, è ancora una volta il lavoro diun russo del Novecento che guarda alpassato. Ma se Stravinskij guarda indietroper recuperare l’astrattezza del neoclassi-cismo senza implicazioni sentimentali,

Igor Stravinskij

Apollon Musagète  Alfred Schnittke

Concerto a tre per violino,viola e violoncelloFranz Schubert

Sonata in la minore D 821per arpeggione e pianoforte

(trascrizione per viola e archidi R. Balashov)Pëtr Il’ic C ˇ ajkovskij

Serenata in do maggiore op.48

LUNEDÌ 19 MARZO 2012TEATRO MANZONI ORE 20.30

I SOLISTI DI MOSCA  Y URI B ASHMET viola solistae direttore

E

Introduce il concerto Nicola Sani.Compositore e musicologo, è consulenteartistico e direttore artistico designatodelTeatro Comunale di Bologna

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43IM MUSICA INSIEME

 Yuri Bashmet s’impone all’attenzione della critica nel 1976 con il primo premio al Con-corso internazionale di Monaco, da cui prende l’avvio una strepitosa carriera. Definitoda The Times «senza alcun dubbio, uno dei massimi musicisti viventi», ha ispirato moltis-simi compositori: fra tutti, molto stretta è stata la collaborazione con Alfred Schnittke, dicui ha suonato con Mstislav Rostropovič e Gidon Kremer il Concerto a tre , scritto apposi-tamente dal compositore russo. Ha collaborato con artisti del calibro di Sviatoslav Richter,Natalia Gutman, Viktor Tretiakov, il Quartetto Borodin. Dal 1986 è docente presso l’Ac-cademia Chigiana di Siena, e per due volte (nel 1992 e ’94) ha ottenuto il riconoscimentoquale Migliore strumentista dell’anno in occasione dei Classical Musical Awards, mentrenel 1995 ha ricevuto il prestigioso Premio internazionale della Fondazione Sonings per la musica a Copenhagen. Dal 2000 è direttore artistico della “Stagione Musicale a VillaAbamelek”, residenza dell’Ambasciatore Russo in Italia a Roma, e dal 2003 è direttoreprincipale ed artistico dell’Orchestra Sinfonica Nuova Russia.

Yuri Bashmet

Costituita esclusivamente da solisti laureati nei principali concorsi internazionali, l’Or-chestra de I Solisti di Mosca festeggia nel 2012 i vent’anni di attività sotto la direzionedi Yuri Bashmet. La compagine si è esibita in oltre 1300 concerti, nei principali festival enelle più prestigiose sale di oltre quaranta paesi dei cinque continenti, dal Musikvereindi Vienna alla Suntory Hall di Tokyo, con un repertorio che spazia dal barocco al con-temporaneo. È stata ospite delle celebrazioni per i centenari del Concertgebouw di Am-sterdam e della Carnegie Hall di New York, e nel 2008 ha vinto il Grammy Award per la migliore esecuzione di Prokof’ev e Stravinskij.

I Solisti di Mosca

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Schnittke invece approda allo spirito delbarocco all’interno del suo più recentepercorso polistilistico. Strana mescolanza di momenti di pathos e di umorismo, ilConcerto per violino, viola e violoncelloè una particolare e personale rivisitazione

dell’ideale del concerto grosso barocco,dove non esiste una vera concezione vir-tuosistico-esibizionistica ma nel quale isolisti sono l’esemplificazione di comepossano coesistere nello stesso brano lospirito della musica da camera e quello delconcerto. Composto nel 1994 (5 anniprima della sua morte), e dedicato dalcompositore a tre amici che erano anchei più grandi esecutori russi del XX secolo(Mstislav Rostropovic, Yuri Bashmet eGidon Kremer), risponde alle nuove esi-genze espressive del musicista che scri-

veva, pochissimo tempo prima: «vedo unmondo incessantemente mutevole, conforme instabili, pieno di illusioni, senza li-miti e senza fine, che corrisponde solo adun regno di ombre». Ombre, timore, ri-cerca (il compositore morirà pochi annidopo) sono perfettamente realizzate nel-l’atmosfera musicale e nella forma in tremovimenti, dove i tre solisti si alternanoda protagonisti, ora in una fitta trama polifonica ed espressiva ora in momenti dilimpida chiarezza e linearità.

L’altro brano è, invece, un’incursione nella musica da camera di Schubert, quella più estroversa, accattivante e “d’occa-sione”, qui non a caso allargata ad una dimensione ‘concertistica’. Il camerismoschubertiano presenta infatti due volticontrastanti nello stile, due aspetti chespiegano il diverso esito ottenuto da que-ste composizioni presso i contemporaneidell’autore. Da un lato c’è quello straor-dinario gruppo di lavori incompresi,come gli ultimi quartetti, ai quali il mu-sicista affida il suo pensiero artistico più

profondo. Dall’altro stanno invece i la-vori più mondani (come il Quintetto“La trota”) dove invece egli fa buon visoa cattiva sorte e strizza l’occhio ai desti-natari viennesi. Tra questi lavori accat-tivanti, non a caso divenuti celebri edeseguiti da sempre, sta proprio la So-nata D 821 per arpeggione (da cui il sot-

totitolo) e pianoforte. L’arpeggione era uno strano strumento derivato dalla viola 

da gamba, inventato dal viennese Stauffere utilizzato dal violoncellista Schuster, ilquale chiese una composizione da camera a Schubert che, nel 1824, preparò una so-nata in tre movimenti (il primo piacevol-mente malinconico, il secondo cantabilee il terzo dall’aspetto di Divertimento)dove le caratteristiche peculiari di questostrumento, in particolare la sua ampia estensione, vengono splendidamentesfruttate a fini espressivi.Scrive Cajkovskij il 10 ottobre 1880 in

una lettera a Nadežda von Meck, ricchis-sima nobildonna che, affascinata dalla personalità artistica del compositore, gliaveva assegnato una rendita annua graziealla quale egli poteva dedicarsi alla com-posizione senza problemi: «Ho compostouna Serenata spinto da necessità interiori;vi ho versato fervidi sentimenti, e credoche abbia validità artistica. Come sempre,nei punti che mi riuscivano meglio, hopensato a Lei. Si dice che i grandi attorinon recitino mai per il grosso pubblico,ma abbiano un determinato ascoltatore,

un’anima partecipe... Io faccio altrettanto:negli episodi che sgorgano immediata-mente dal mio cuore, là dove l’ispirazionemi travolge, penso unicamente a Lei, nel-l’intima persuasione che non esista nes-suno capace di comprendermi meglio...».Ed è infatti, la Serenata op. 48, specchiodell’equilibrio interiore, seppure preca-

rio, presente in quel momento nell’animodell’artista, per qualche tempo rispar-

miato dalle continue bufere del suo spi-rito; figlia di una serenità che si rifà al mo-dello di tutti i compositori ottocenteschidi Serenate: quel Mozart cui Cajkovskijera legato da profonda ammirazione. Ma ecco ancora il compositore, nella lettera già citata: «Il primo tempo deve essereconsiderato come un contributo della mia venerazione per Mozart: ho imitato in-tenzionalmente il suo stile e mi reputereifelice se si trovasse che mi sono, anchesolo un poco, accostato al modello». E il

primo movimento infatti, al di là del te-nue pathos lirico che coinvolge anche leopere più serene di Cajkovskij, è pieno diriferimenti classicheggianti, a cominciareproprio dalla struttura formale. II se-condo movimento è un Valzer : uno deitanti celebri valzer che la vena melodica del compositore russo ha saputo rega-larci, una danza di cui egli è riuscito adesprimere il significato brillante e melan-conico insieme. Un patetismo compostocaratterizza l’Elegia , mentre l’ironia be-nevola del Tema russo che conclude la Se-

renata è appena contrastata dallo spuntomelodico del tema proposto dai violon-celli. Tutta la composizione insomma, aldi là dell’indiscutibilmente riuscito eser-cizio di stile, è, nella discrezione emotiva e nella strumentazione lineare, omaggio erievocazione velata e nostalgica di untempo ormai irrimediabilmente perduto.

Lunedì 19 marzo 2012

44 IM MUSICA INSIEME

Nel 2000 Yuri Bashmet è stato insignito del titolo di Commendatore al Merito della

Repubblica Italiana, e due anni dopo ha ricevuto il Premio Statale della Federazione Russa

Lo sapevate che...

DA ASCOLTARE

Dalla sovietica Melodija alla Deutsche Grammophon, nella folta discografiadi Yuri Bashmet spiccano praticamente tutti i brani in programma per MusicaInsieme, non a caso prescelti per celebrare i vent’anni dei Solisti di Mosca converi e propri ‘cavalli di battaglia’ dove l’abilità virtuosistica di quello che è for-se il più strabiliante violista vivente si coniuga alla proverbiale passionalità edal lirico trasporto della scuola russa. Apollon Musagète , ad esempio, apre il cdOnyx del 2007 dedicato appunto a Stravinskij e Prokof’ev, e vincitore di unGrammy Award, mentre il Concerto a tre di Schnittke veniva inciso già nel 1996per EMI Classics dai suoi diretti dedicatari (Bashmet, Kremer e Rostropovič),sempre accompagnati dai Solisti di Mosca. La più recente testimonianza del-la curiosità artistica della Bashmet-connection è sempre per Onyx: l’incisione,nel 2008, di un’antologia di autori estremorientali ed estremamente ‘cinema-tografici’, come il Tan Dun della Tigre e il Dragone e Toru Takemitsu, in uno strug-gente omaggio (non a caso intitolato Nostalghia ) al regista russo Tarkovskij.

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Lunedì 23 aprile 2012

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47IM MUSICA INSIEME

La musica dovrebbe esserel’espressione della personalità diun compositore – ripeteva Sergej

Rachmaninov – e la sua musica do-vrebbe esprimere il suo paese d’origine,i suoi amori, la sua religione, i libri chehanno esercitato un influsso su di lui, iquadri che ha amato. La musica do-vrebbe essere la somma di tutte le sueesperienze». Tutto accade negli anni incui Gustav Mahler compone le propriesinfonie come il tracollo e l’affermazionedi una coscienza che non sarà capace dimettere ordine al paesaggio che si di-spiega davanti a sé, come in un pano-rama dove i trucchi illusionistici sonosvelati dalla luce grigia del lucernario

sfondato in alto. Per Rachmaninov una sinfonia o un concerto rappresentano la strada per rimettere ordine nei propripensieri lungamente disturbati. La mu-sica di Rachmaninov non dispensa dubbima farmaci. Certo, l’inferno esiste e la Sinfonia in mi minore non fa finta dicredere che alle spalle dell’autore non sipossa aprire nuovamente il baratro. Chinon ha avuto timore di contemplareL’isola dei morti di Böcklin e di traspor-tarne in orchestra le ombre cupe dei ci-pressi e del mare infero rappreso sulla 

tela, non ha neppure paura di contem-plare la Sinfonia, per riportarne la forma ad un perduto benessere, per metterla alriparo, come direbbe Conrad, da «allconflagrations for the future». Così, an-che per i più sporadici numeri di musica da camera, come la Sonata in sol minoreultimata nel 1901, si potrebbe avanzarel’ipotesi di un conquistato benessere.«Anche se può sembrare incredibile, iltrattamento del dottore è stato di grandeaiuto – raccontò Rachmaninov, che conl’ipnosi era uscito da una grave depres-sione – e dall’inizio dell’estate del 1900sono stato in grado di scrivere dinuovo». La salute di Rachmaninov sta nel pianoforte. Che sia in parte respon-

sabilità dello strumento in sé, che inquegli anni ha raggiunto la massima ef-ficienza tecnica? «Il pianoforte è forse lostrumento più generoso che mai sia stato inventato; – dichiarò Rachmaninov – la sua estensione, dal basso all’acuto, èampia come quella di un’orchestra». La folgorante carriera di pianista ha adom-brato per lungo tempo varie opere da ca-mera dell’autore. Trii, quartetti e una so-nata dove il violoncello e il pianoforteprendono alternativamente il soprav-vento, senza che ci si possa risolvere a fa-

vore dell’uno o dell’altro. Deliberata ri-

cerca di equilibrio, l’avvio nel primo mo-vimento sembra assegnato al violoncello,con la voce che si impone via via nel-l’ampio recitativo e in una cadenza dalritmo serrato. L’ Allegro scherzando lascia l’andamento umorale al pianoforte, li-bero di improvvisare e percorrere la ta-stiera memore di Chopin o di Schu-mann, ipotecando idee per i Preludi di lìa venire. Un clima di sospensione attra-versa l’ Andante , dove la voce del violon-cello si impossessa delle melodie enun-ciate dal pianoforte, con una vibrante

«

Impostasi all’attenzione del mondo a soli 11 anni con la vittoria al Concorso Internazionale “Mstislav Rostropovič”, a cuiè seguito il premio come Giovane artista dell’anno 1997 da parte di ECHO Klassik, Han-Na Chang ha oggi già al suo at-tivo una straordinaria carriera internazionale che l’ha portata ad esibirsi nelle principali sale e con direttori come Sinopoli,Maazel, Muti, Pappano, Mehta, collaborando con le maggiori orchestre: Berliner Philharmoniker, New York Philharmo-nic, London Symphony, Filarmonica della Scala, Philadelphia Orchestra, San Francisco Symphony, Los Angeles Philharmonic,Orchestre National de France. È inoltre fondatrice e direttore artistico dell’Absolute Classic Festival, che si tiene ogni annoin Corea del Sud, oltre che Ambasciatrice per la Croce Rossa del suo Paese. Da alcuni anni si dedica con successo alla di-rezione d’orchestra, e dal 2011 è nominata direttore artistico della Bayerisches Landesjungorchester.

Han-Na Chang

 Vibra come voce umana il violoncello di Han-Na Chang nel programma presentatoper il suo atteso ritorno nel cartellone di Musica Insieme, con la quale debuttò a Bolognanel 2003, agli albori di una carriera stellare di Alessandro Taverna

Il tango e il canto

H AN-N A CHANG violoncello

FINGHIN COLLINS pianoforte

LUNEDI 23 APRILE 2012TEATRO MANZONI ORE 20.30

Sergej RachmaninovVocalise op. 34 n. 14Sonata in sol minore op. 19Manuel de FallaSiete canciones populares españolas Astor PiazzollaLe Grand Tango 

Introduceil concerto GiuseppeFausto Modugno,concertista e docente di pianoforte principalepresso l’Istituto “Orazio Vecchi”di Modena

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Lunedì 23 aprile 2012

emotività. E il finale è un traguardo divirtuosismo raggiunto dopo aver per-corso una coda monumentale. Comesarà per le sue prove sinfoniche, la Sonata resta il riflesso di una personalità in tra-sformazione. O un autoritratto, dove il

volto dell’autore – per un singolare prin-cipio di accecamento – è assente.«Il canto dietro la scena – ha scritto Ma-rio Praz – non manca mai d’efficacia,perché gli uomini confusamente sen-tono che c’è un canto dietro la scena della loro vita stessa...». Il canto c’è e sta dietro il violoncello nella trascrizione diuna pagina originariamente destinata alla voce umana. Vocalise di Rachmani-nov suona come un’allegoria del canto.Sarà così perché, come ci rammenta con

eleganza ed efficacia Jean Starobinski,«sedurre è cantare». E di canti, di cantipopolari è composto quel teatro di vociin cammino rappresentato dalle Siete canciones populares españolas dove si spa-zia dalla Seguidilla murciana alla Canciónandalusa collocata sul finire del ciclo chede Falla aveva affidato all’accompagna-mento del pianoforte. «La musica delmeridione è il lamento del cammina-tore. – scrive Savinio a proposito di Ma-nuel de Falla – Tutto intorno al Medi-terraneo uno solo è l’accento della 

musica, e il suo volto è l’immagine so-nora di un camminare senza fine. Diamo

48 IM MUSICA INSIEME

Irlandese, si è formato alla Royal Irish Aca-demy of Music e successivamente al Con-servatorio di Ginevra per poi mettersi inevidenza con la vittoria in numerose com-petizioni internazionali, e aggiudicandosifra l’altro nel 1999 il Primo premio al Con-corso “Clara Haskil”. Da allora si è esibito

nei principali teatri e festival, collaborandocon compagini come la Chicago SymphonyOrchestra, la Rotterdam Philharmonic Or-chestra e la Hong Kong Sinfonietta, sottola guida di direttori di fama internazio-nale. “Associate Artist” della RTÉ Natio-nal Symphony Orchestra (la compa-gine ufficiale irlandese), nel 2010 si èesibito alla Royal Albert Hall di Londracon la BBC Philharmonic, sotto la di-rezione di G. Noseda. È inoltre diret-tore artistico del New Ross Piano Fe-stival e artista in residenza presso ilWaterford Institute of Technology.

Finghin Collins

   F  o   t  o   C  o    l  m

   H  o  g  a  n

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orecchio alle musiche degli Spagnoli, deiSardi, degli Abruzzesi, dei Greci, dei Mi-croasiatici, degli Egiziani, dei Libici, de-gli Algerini: sono strisce di suoni checamminano, strisce non isolate in sé eprove di principio e di fine proprio, e che

possono essere unite le une alle altre, inun nastro sonoro e infinito. La musica del meridione è orizzontale, stesa nelsole che la brucia e la fa sbandare. De-stino dei popoli meridionali è di cam-minare. Camminare dall’alba al tra-monto. Camminare sempre. Camminareanche di notte, se la notte è illunata».E il tango? Anche il tango è una voce die-tro la scena della musica a suggerirne lemovenze. Le danze sono sempre statequella voce dietro la scena sopraggiunta da paesi lontani, esotici. La Folia ballata dai contadini portoghesi sull’aia e mi-grata fra i pentagrammi di Corelli. Ga-votte e passacaglie che i maestri di balloalle corti di Celle, Köthen, Dresda mo-strarono a Bach, il quale si familiarizzòcon quei disegni percorsi nell’aria e tantevolte evocati nei suoi esercizi per tastiera e nelle arie delle sue cantate sacre. Trac-ciate a forza di plié, élevé, pirouette, glis-sade , le linee erano perciò avvertite tantoall’ascolto quanto alla vista. Alla sortedelle linee e dei movimenti s’aggiunge

la memoria dei tempi. Tempi più ve-loci e rapidi per il Rigaudon e il Passe- pied , più lenti e marcati, via via scor-rendo la varietà di gigue, loure, forlane,menuet, chaconne, passacaille, sara-bande, courante . A paragone di tuttequeste danze, il tango fa la partedell’ultimo arrivato e non si è su-blimato sulla tastiera, ma è rimastoa stretto contatto del pavimento.Non si è mai sognato di allonta-narlo da lì Astor Piazzolla, che

con questa danza di dubbia fama ha sostanziato la propria musica.Nelle sale da ballo dei sobborghi

di Buenos Aires, il tango si ballava inizialmente senza fare troppe di-

stinzioni con polka, valzer, habanera o corrido e senza troppi complimenti

gli organetti avevano trascinato il tango

per le strade e sui marciapiedi. Danza ibrida, prima senza e poi con la voce. A cavallo del secolo il Tango canción è una storia che si balla in due. «Il mio tango,la mia musica, è un po’ masochista per-ché è una forma di autotortura, perchémi piace la tristezza. Amo la tristezza.Non sono però una persona triste, tuttoil contrario, ma mi piace sentire la tri-stezza in Schumann o in Mahler. Mi

sento felice quando sento Mahler, questomi fa molto felice. È triste la musica, ma sono felice perché sono felice con la tri-stezza». E non c’è pagina di Piazzolla dove non filtri, sia pure remotissima, la memoria di Ravel o Stravinskij, maestridel Novecento che sono stati suoi invo-lontari compagni di strada nel suo lungoviaggio in compagnia del bandoneón.Come se Corelli o Bach compissero unpercorso inverso, come se folia e passa-caille richiamassero a sé la musica colta.

Qualsiasi legge pare allentarsi davanti aldinamismo di Piazzolla, davanti a quelsentimento che prende possesso della musica. Sarà forse il fantasma del tango?Il tango è stato definito «un pensiero tri-ste che si balla», e triste Piazzolla lo èsempre stato: «Nella mia testa ci sono la musica colta e il jazz. Nelle mie vene il

tango» dichiarò un giorno Astor Piaz-zolla. E il tango e le milonghe non lohanno mai abbandonato, nemmenoquando ha imbastito quella curiosa crea-zione sospesa tra teatro, musica e sognoe che ha nome Maria de Buenos Aires –un’operita come l’ha chiamata il suo au-tore –, nemmeno quando ha riscritto leQuattro Stagioni di Vivaldi e nemmenoquando diede forma alla Sinfonietta , un

anno prima dell’incontro a Parigi con la Boulanger, e quando aveva creato, sul fi-nire degli anni Quaranta, la sua Orque-sta Tipica. Nel 1954 Piazzolla aveva la-sciato l’Argentina per raggiungere Parigi.«Avevo vinto una borsa di studio per se-guire le lezioni di Nadia Boulanger. Leiera già una signora molto anziana e mipresentai molto impettito con le miepartiture sotto braccio, ne avevo scrittetante sul modello di Hindemith, Stra-vinskij e Ravel. Pensavo di essere un ge-

nio, ma lei disse che non trovava Piaz-zolla in quelle pagine. Io mi vergognavodi dirle che suonavo il tango e il bando-neón con le orchestre di Anibal Troilo eFrancisco Fiorentino. Quando mi de-cisi, lei mi costrinse a suonare il miotango sul pianoforte. Allora mi prese lemani e disse: Questo è Piazzolla».

DA ASCOLTARE

Due nominations ai Grammy Awards e record d’incassi nel mondo della clas-sica: per Han-Na Chang il moltiplicarsi dei riconoscimenti va al tempo conquello delle incisioni, tutte per EMI Classics, dal debutto discografico nel 1995

con il ‘padrino’ Rostropovič alla guida della London Symphony Orchestra(musiche di Saint-Saëns, Čajkovskij, Fauré e Bruch), che le fece guadagna-re il premio come Giovane artista dell’anno della ECHO Klassik, ai Concertidi Vivaldi (2009) con Christopher Warren-Green e la London Chamber Or-chestra. Nel mezzo, i due Concerti di Haydn con la Staatskapelle di Dresdadiretta da un altro suo mentore, Giuseppe Sinopoli, e due titoli accattivantiquanto le rispettive track list per gli album The Swan e Romance , con gli ever-green tardo-romantici di Lalo, Dvořák, Rachmaninov, Fauré… Ma è con laLondon Symphony diretta da Antonio Pappano che Miss Chang fa faville nel-la Concertante di Prokof’ev, che insieme alla Sonata per violoncello e pianoforte(alla tastiera lo stesso Pappano) le porta nel 2003 il premio come Miglioreincisione dell’anno dell’ECHO Deutscher Schallplattenpreis, oltre al CannesClassical Award, il Caecilia Prize e il Premio di Gramophone Magazine . Ungradimento riconfermato nel 2006 con l’incisione del Primo Concerto e del-la Sonata di Šostakovič con la stessa squadra.

Han-Na Chang ha studiato con maestri quali Mstislav Rostropovič e Mischa Maisky,

Giuseppe Sinopoli e Lorin Maazel, col quale si perfeziona oggi in direzione d’orchestra

Lo sapevate che...

49IM MUSICA INSIEME

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Le due anime

del Romanticismo A Bologna per l’unica data italiana del suo tour europeo il violinista oggi fra i più acclamatie annoverato da People fra i 50 uomini più affascinanti al mondo di Sara Bacchini

l 1814 fu un anno particolarmenteimportante nella vita di Franz Schu-bert. Ebbe luogo a Vienna un avve-nimento di rilievo, la rappresenta-zione del Fidelio di Beethoven – per

assistere alla quale, si racconta, egli ven-

dette i suoi libri di scuola – ma fu anchecostretto, nel medesimo anno, ad ini-ziare l’attività di maestro nella scuola di-retta dal padre, dove rimase fino al 1818.In questi anni di ingrato lavoro pedago-gico, per il quale Schubert non nutriva alcun interesse, egli si dedicò con fervorealla composizione, periodo tra i più fe-condi della sua vita di compositore:prima della fine del 1816 aveva già com-posto cinque sinfonie, quattro messe equattro opere teatrali, ma soprattutto

aveva trovato la sua strada nella forma a lui più congeniale, il Lied, tanto cara almondo musicale tedesco. La Sonatina in la minore D 385 risale proprio al1816, anno in cui Schubert, aspirando a diventare direttore della locale Scuola diMusica, lasciò definitivamente l’inse-gnamento. Opera per violino e piano-forte che presenta tutte le caratteristichedi un pezzo “d’occasione”, sembra ap-partenere per stile e forma al secolo pre-cedente, quasi fosse una pagina mozar-tiana. Il primo tempo, Allegro moderato,

è in forma tripartita e si apre con il tema enunciato dal pianoforte solo, al quale fa eco prontamente il violino con un incisodi analoga figurazione ritmica ma di-verso nell’andamento melodico. I duestrumenti dialogano amabilmente, at-traversando sonorità a volte delicate a volte forti ed energiche, fino a quando ilpianoforte, con un motivo in modomaggiore, ristabilisce di nuovo la pace.La melodia è semplice e lineare, caratte-rizzata dalla simultaneità del ritmo bi-

nario nella parte cantabile e del ritmo

ternario nell’accompagnamento, strata-gemma musicale che crea un gradevoleeffetto di slittamento continuo. Un pas-saggio concitato conduce all’inizio della seconda parte, che si apre con un disegnocromatico eseguito simultaneamente dai

due strumenti ma in direzioni opposte:qualche battuta di collegamento intro-duce alla ripresa del primo motivo, cuifanno seguito, in una nuova tonalità, glistessi incisi che hanno caratterizzato la prima parte. Il successivo Andante è ungradevole esempio di secondo tempo disonata classica: il clima è sereno e con-templativo e la melodia, cantabile e dol-cemente intima, viene eseguita ora dal-l’uno ora dall’altro strumento, inun’armonia priva di qualsiasi antagoni-

smo. Un breve Minuetto, elegante e gra-zioso, conduce al clima più brioso in cuisi inserisce l’ Allegro finale, il cui tema viene esposto dal violino, mentre il pia-noforte accompagna con brevi arpeggi. Ilsecondo tema viene invece presentatodal pianoforte solo: il violino tace per ri-prendere la parola nella ripetizione del-l’inciso, in cui i due strumenti proce-dono all’unisono. Una breve coda,costruita parafrasando il primo motivo,chiude la sonatina e il dialogo tra i duestrumenti.

 A partire dalla seconda metà dell’Otto-cento il genere cameristico della sonata per violino e pianoforte assume un ruolosempre più marcato e specifico graziealla presenza sempre più radicata, nel-l’Europa centrale e settentrionale, della cosiddetta Hausmusik , ossia l’abitudinedi far musica – quasi sempre a livelloamatoriale – all’interno dei nuclei fami-liari. Erano tempi in cui, in molte abita-zioni, si potevano trovare almeno un pia-noforte o un violino, per cui non c’è da 

stupirsi se la letteratura di questo genere

musicale fu molto feconda nei decenni

che precedono l’affacciarsi del Nove-cento. A tale letteratura appartiene anchela Sonata n. 2 in sol maggiore op. 13 diGrieg, che risale al 1867 ed è espres-sione dell’arte naïve , fresca, ingenua evariegata, caratteristica dello stile delmaestro norvegese (e delle scuole nazio-nali di fine Ottocento in genere): lo stu-dente insofferente alle regole, che di ma-lavoglia si applicava negli studi musicalitradizionali e sentiva la tecnica come una limitazione alla propria immaginazione,si trasformò poi in un compositore cherifuggiva le grandi forme, dedicandosicon gli anni sempre più esclusivamenteal bozzetto lirico. Ad indicare a Grieg la via verso la formazione del proprio stilefu senz’altro la lingua musicale materna del folklore norvegese, prima quasi di-menticato negli anni di studio a Lipsia,e in seguito riconquistato grazie al-l’amico Nordraak, compositore norve-gese suo coetaneo e acceso nazionalista,che ebbe il grande merito di risvegliare inEdvard l’entusiasmo per la musica po-

polare della sua terra. Superata la passiva 

I

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Lunedì 7 maggio 2012

JOSHUA BELL violino

JEREMY DENK  pianoforte

LUNEDÌ 7 MAGGIO 2012TEATRO MANZONI ORE 20.30

Franz Schubert

Sonatina in la minore D 385Edvard GriegSonata n. 2 in sol maggiore op. 13César FranckSonata in la maggiore

Introduce il concerto Maria Chiara Mazzi,docente al Conservatorio di Pesaroe autrice di libri di educazione e storia musicale

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imitazione dei modelli romantici tedeschidella Prima (op. 8), la Seconda Sonata per violino e pianoforte mostra un’ispira-zione assai personale grazie a un linguag-gio nel quale i materiali sonori alternanomomenti di accumulazione ad altri di giu-stapposizione. Non è un caso che il grandeviolinista Joseph Joachim si fosse interes-sato a questa pagina, sedotto dall’abbon-dante uso di motivi caratteristici evocantile culture tradizionali e le atmosfere cam-pestri (carattere tipico d’altronde della scrittura del Grieg più maturo e ispirato).Con affascinante maestria di scrittura, a tratti virtuosistica, esordisce un Lento do-loroso dal quale nasce l’ampio Allegro vi-

vace ; segue un Allegretto tranquillo, e infinel’ Allegro animato che, pervaso da un’eufo-rica vitalità, conclude il brano.Uno degli esiti più riusciti della musica da camera ottocentesca è costituito dalla So-nata in la maggiore per violino e piano-forte di César Franck, dedicata al grandeviolinista belga Eugène Ysaÿe e composta nell’estate del 1886, quando il maestro

Dal suo debutto a soli 14 anni di-retto da Muti con la PhiladelphiaOrchestra a oggi, la carriera di

 Joshua Bell è stata costellata dipremi e riconoscimenti importanti,dal Grammy Award per l’esecu-zione di una Fantasia su musiche di

George Gershwin e per lacolonna sonora del film Iris,al Fisher Price e al Mercury

Music Price; in tren-t’anni di carriera hasuonato con le or-chestre più famose al

mondo e si è esibitocome solista nei teatripiù prestigiosi. Nomi-nato nel 2010 Musici-

sta dell’anno da Musical  America , nel 2005 si è esi-

bito alla Hall of Fame per la seratadi apertura dell’Hollywood Bowl, enel 2009 alla Casa Bianca su invitodel Presidente Obama. Recente-mente è stato nominato Direttore Ar-tistico dell’Academy of St. Martin-in-the-Fields. Suona uno StradivariGibson ex Huberman del 1713.

Joshua Bell

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   F  o   t  o   T   i  m  o   t    h  y_   W

    h   i   t  e

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52 IM MUSICA INSIEME

di Liegi aveva 64 anni e si trovava nel pe-riodo più felice della propria attività 

creativa. Capolavoro emblematico nonsoltanto dello stile del suo autore, ma an-che di un’intera epoca della musica fran-cese, nella Sonata convivono e si intrec-ciano intensità lirica, elegante nitoredella scrittura, culto e rigore della forma,gusto neoclassico e linguaggio armonicoraffinatissimo, ispirato sia dal cromati-smo wagneriano sia da ripensamenti mo-dali. Caratteristica di quest’opera è la struttura formale ciclica, unita a continuiscatti e accensioni di appassionato vi-gore, ampie pagine riflessive, pianissimi impalpabili e fortissimi  di uniforme ecompatta forza: un’alternanza tra livellisonori opposti che probabilmente de-riva dall’attività di organista di Franck,così come il trattamento preludiante a carattere improvvisativo, per il quale da una semifrase scaturisce uno sviluppovia via sempre più esteso e capace discardinare con forza le resistenze della forma-sonata, e di rendere violino e pia-noforte due strumenti dialoganti tra diloro. A denotare l’impegno costruttivo e

l’ambizione della Sonata, che nella sua 

imponenza aspira a una dignità estetica paragonabile alla grande forma sinfo-nica, intervengono la ricercata varietà delle soluzioni formali e degli atteggia-menti espressivi dei quattro movimenti,ciascuno dei quali offre una propria de-finita individualità all’interno dell’in-sieme complessivo. L’ Allegretto ben mo-derato è una morbida  berceuse , scelta sorprendente per un movimento d’aper-tura: dal suo primo tema, o piuttosto da-gli elementi strutturali che lo compon-

gono (l’intervallo di terza e un ritmo

trocaico lunga-breve di grande effetto efascino), deriva l’idea ciclica ricorrentedell’intera sonata. L’ Allegro successivo è ilmovimento più complesso ed emotiva-mente più intenso di tutto il brano, per-vaso da un’inquietudine palpitante e da un’aura di tragicità, contenute dagli ar-gini sicuri del classico disegno della forma-sonata. Il Recitativo-Fantasia è la pagina di maggiore originalità per con-cezione e struttura, nella quale Franck fonde in mirabile sintesi arte dell’im-provvisazione, controllo della forma eafflato lirico. L’indipendenza dalle solu-zioni formali codificate si risolve in unmovimento tracciato con libertà inven-tiva, ma dall’architettura comunque lim-pidissima, le cui parti corrispondono a 

precise funzioni musicali ed espressive. All’inizio dell’introduzione-recitativo,andamento e scrittura sono di carattereimprovvisativo, sottolineati dal motivodel pianoforte che manifesta, con assoluta evidenza, la derivazione tematica dall’idea ciclica: le frasi del pianoforte si avvicen-dano con quelle altrettanto rapsodichedel violino, fino a quando i due stru-menti ‘cantano’ nuovamente insieme nelbreve episodio intermedio ( Molto lento).Il finale Allegretto poco mosso è libera-mente strutturato come un rondeau alla francese in cui il refrain, ovvero il ritor-nello che si alterna agli episodi, viene via via riproposto in tonalità differenti, re-cando con sé il segno del contrappunto:il tema principale, un dolce cantabile inla maggiore, è infatti un canone all’ottava tra violino e pianoforte, la cui linea me-lodica deriva ancora una volta dall’idea ciclica. Chiudono il movimento, e la so-nata, la ripresa del tema principale neltono d’impianto (il la maggiore) e la coda, sempre fortissimo, che ne ripro-

pone la brillante sezione conclusiva.

Lunedì 7 maggio 2012

DA ASCOLTARE

L’incontro fra Joshua Bell e Jeremy Denk ha dato luogo a tour mondiali da “tut-to esaurito”, ma anche ad una nuova partnership discografica: insieme hannoinciso la Sonata di John Corigliano per Sony Classical; insieme, per la medesi-ma etichetta, hanno pubblicato la loro ultimissima fatica, French Impressions, cheriunisce, con le parole dello stesso Bell, «tre gioielli del repertorio per violino epianoforte» come le sonate di Franck, Ravel e Saint-Saëns (la Prima). La sceltadi Franck, in particolare, è un personalissimo omaggio di Bell al suo più importantementore, Josef Gingold dell’Università dell’Indiana, a sua volta allievo di Ysa-ÿe, e che ha saputo trasmettere a Bell «le sfumature, la sensualità e la trascen-dente bellezza di queste opere, tanto che conoscerle a fondo è il viaggio di unavita. French Impressions rappresenta il coronamento di un decennio di esplora-zioni ed esecuzioni con il pianista Jeremy Denk, nella speranza che la nostraincisione sia in grado di contagiare l’ascoltatore con la stessa gioia e l’arric-chimento spirituale che questi capolavori ci hanno regalato nel corso degli anni».

Esibitosi come solista con le principali orchestre americane ed europee, dalla San Fran-cisco Symphony alla Philadelphia Orchestra e alla London Philharmonic, si è aggiu-dicato nel 1997 la vittoria alle Young Concert Artists Auditions. È apparso in manife-stazioni internazionali quali i Festival di Santa Fe e di Verbier, o il Mostly MozartFestival, oltre a partecipare al tour mondiale “Musicians from Marlboro”. Ha strettovivaci collaborazioni con molti colleghi, come il violoncellista Stephen Isserlis e il com-positore Leon Kirchner, di cui ha eseguito alcune opere in prima assoluta. Nel 2004al Festival di Spoleto incontra Joshua Bell, che lo invita a prendere parte al suo tour;nasce così una collaborazione artistica che dura fino ad oggi.

Jeremy Denk 

Nel 2007 Joshua Bell hapartecipato ad un esperimentosociologico, suonando per 43minuti in una stazione dellametropolitana di Washington:solo una persona lo hariconosciuto. Due giorniprima, un suo concertoal Teatro di Boston avevaregistrato il tutto esaurito

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Lunedì 25 giugno 2012

54 IM MUSICA INSIEME

Capolavori di stileTorna a Musica Insieme il pianista più popolare del mondo della classica, Ambasciatore culturale della Cina, ma anche portavoce dell’UNICEF e artista impegnatoper la diffusione dell’educazione musicale sin dall’infanzia di Maria Chiara Mazzi

ue raccolte di “esercizi” e, inmezzo, un altro esercizio (distile, questa volta) costitui-scono l’itinerario poetico di

questo programma che ra-duna alcune delle intuizioni musicali piùstraordinarie di un secolo di letteratura musicale. “Esercizio per la tastiera” (Kla-vier-Übung ) è il titolo che accomuna quattro raccolte che Bach preparò a Lip-sia tra il 1731 e il 1742. Klavier , ovverotastiera: e se escludiamo il terzo fascicolo(per organo), il titolo cancella le polemi-che tra l’uso ‘filologico’ del clavicembaloe quello della presente esecuzione al pia-noforte. Se l’esecuzione al clavicembalo,infatti, storicizza questi brani utilizzandoil suono dello strumento di Bach, quella al pianoforte ribadisce l’intento primarioche guidò l’autore che puntava all’essenza delle strutture (suite, concerto, variazione )prescindendo dalla destinazione stru-mentale specifica. Il primo fascicolo della Klavier-Übung presenta sei Partite , com-posizioni dove Bach aggiorna e arricchi-sce con una fitta trama polifonica la ‘di-lettevole e disimpegnata’ suite  (forma musicale che affianca una serie di danzestilizzate, provenienti dalla tradizione di

differenti paesi, compattate dalla stessa tonalità e dall’uniformità formale) che,utilizzata in tutta l’Europa da metà Sei-cento, stava per essere soppiantata dalla più duttile sonata. Tutte e sei le Partite sono accomunate da una stessa struttura di fondo: ciascuna inizia con un brano in-troduttivo ogni volta di carattere, forma,stile e denominazione differente e prose-gue proponendo l’ordine tradizionaledelle danze della  suite ( Allemanda, Cor-rente, Sarabanda, Giga ), allargandolo però

con brani che con le danze, stilizzate o no,non hanno nulla a che fare (come Ron-deau, Capricci o Burlesche ) che corrodonodall’interno l’antica struttura standardiz-

zata. La ricerca di una strada nuova ri-spetto alla tradizione è evidente nella Par-tita n. 1, che, prima di essere inserita nelgrandioso progetto della Klavier-Übung ,aveva visto la luce nel 1726 a Lipsia,quando per la prima volta Bach si era ac-costato ‘in proprio’ all’editoria musicale.È lo spirito della musica per cembalo diKöthen, che aleggia fortemente in questa prima  Partita , dove ad un Praeludiumcontrappuntistico giocato sull’alternanza delle due mani fanno seguito le consuetedanze, che arieggiano la forma senza peròaderire completamente agli schemi ba-rocchi. Come accade nella  Saraband a,quasi un lungo recitativo ornamentale, onella coppia dei Minuetti , che ha caratteredi secca stilizzazione. Forse ciò che mag-giormente dimostra il distacco dal passatoè la  Gigue  conclusiva, che utilizza unritmo binario al posto di quello solitoternario ed è giocata sul virtuosismo esull’incrocio delle mani, artificio che già aveva caratterizzato il brano iniziale.Contemporaneo di Beethoven, come lui

abitante a Vienna ma di una generazionepiù giovane, Schubert non crebbe al-l’ombra del mito illuministico, ma nem-meno poté abbeverarsi ai grandi idealiromantici che avrebbero formato l’estetica dei compositori della generazione dopo la sua. Visse così l’epoca di transizione tra epopea napoleonica e primi moti rivolu-zionari comunemente definita Biederme-ier (nella quale tuttavia non si riconobbe):e se per tutta la vita fu costretto a com-porre, per sopravvivere, pagine accettate

nei salotti borghesi e contemporanea-mente a vedersi rifiutare i grandi capola-vori da un mondo che non voleva rico-noscersi nella sua angoscia esistenziale,va ricordato come le composizioni piùelevate e originali, destinate a una picco-lissima cerchia di intenditori, abbiano su-bito invece la comune sorte della pubbli-cazione postuma. Questa dicotomia colpresente è evidente nel trittico dei capo-lavori pianistici del 1828 che, se sem-brano recuperare i modi dello Schubertpiù intimo e leggiadro, mostrano invecel’esperienza di un compositore che aveva raggiunto un’abilità e una poesia profon-dissime – e uniche per risultati – nella ri-

composizione finale tra interiorità emondo esterno. Come spesso accade neiconfronti di Schubert, il primo a scoprirela grandezza di questi brani fu lo Schu-mann critico, che accomunava i tre mo-numenti musicali con le seguenti parole:«Se volessimo dimostrare nei particolariperché queste opere debbano essere di-chiarate composizioni di altissimo valoreoccorrerebbero dei volumi... Queste com-posizioni sono notevoli, ma in un sensodiverso dalle altre: mentre in genere egli

DL ANG L ANG pianoforte

LUNEDÌ 25 GIUGNO 2012TEATRO MANZONI ORE 20.30

Johann Sebastian BachPartita n. 1 in si bemolle maggioreFranz SchubertSonata in si bemolle maggiore D 960Fryderyk ChopinDodici Studi op. 25

Introduce il concerto Uberto Martinelli,giornalista e critico musicalede Il Resto del Carlino

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55IM MUSICA INSIEME

Lang Lang

Definito dal New York Times «l’artista più ri-chiesto sulla scena internazionale della musicaclassica» ed inserito nel 2009 dal Time  fra le100 personalità più influenti al mondo, LangLang è stato il primo pianista cinese invitatodalle più importanti orchestre americane ed eu-

ropee. Ha suonato per ben due volte du-rante la cerimonia di assegnazione deiPremi Nobel, nel 2008 per l’apertura deiGiochi Olimpici di Pechino e nel 2010per l’Expo di Shanghai. Si è esibito per personalità che vanno dal Presidente de-gli Stati Uniti alla Regina Elisabetta, dalPrimo Ministro russo Putin al Presidente

francese Sarkozy. Riconoscendo la suagrande influenza pubblica, la Recor-ding Academy lo ha nominato Amba-sciatore Culturale della Cina. Con ilsupporto di Grammy e UNICEF, hacreato la Lang Lang InternationalMusic Foundation di New York,con la missione di diffondere lamusica classica in tutto il mondo,

impegnandosi in particolare infavore dell’educazione musi-cale dei bambini. Lang Langtiene masterclass su invitodelle istituzioni più presti-giose, come il Curtis Insti-

tute of Music, la JuilliardSchool, il Conservatoriodi Hannover, e detiene iltitolo di primo Amba-sciatore della YouTubeSymphony Orchestra.

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56 IM MUSICA INSIEME

non chiede tanto allo strumento, qui eglirinuncia ad ogni volontà brillante e arriva ad una semplicità di invenzione ben piùgrande. Altrove egli intreccia nuovi le-gami di episodio in episodio, qui invece

distende e dipana alcune idee musicaligenerali. Così la composizione scorremormorando di pagina in pagina, semprelirica, senza mai pensiero per ciò cheverrà, come se non dovesse mai arrivarealla fine, interrotta solo qua e là da fremitipiù violenti che tuttavia si spengono ra-pidamente». La Sonata D 960, l’ultima del compositore viennese, è caratterizzata da un tematismo concepito in modo as-sai simile a quello liederistico. Il giocotonale e la magia delle modulazioni con-traddistinguono il primo tempo, mentreil cuore della Sonata è il secondo tempo,una semplice struttura dove una dolcemelodia si alterna a un tema di straordi-naria suggestione. Visione fuggitiva, ilterzo tempo ritrova poi il contatto con la realtà nel Trio, rude e quasi popolaresco.L’ultimo tempo combina la impegnativa forma-sonata col più disimpegnatorondò, concludendo l’intera composi-zione in modo allegro e brillante. Una concezione musicale quindi che nell’ap-parente semplicità pone Schubert oltre

Beethoven, come esempio di un mondoideale che vivrà per tutto l’Ottocento eche farà sentire la propria eco in tanto pia-nismo di Schumann e di Brahms.Sono ancora degli ‘esercizi’ a chiudere ilconcerto: se la raccolta che aveva apertoil programma rappresenta la summa con-clusiva di un intero percorso artistico,gli Studi op. 25 (assieme ai precedentidell’op. 10) costituiscono invece una vera e propria dichiarazione d’intenti, con la quale Chopin si annuncia al mondo mu-sicale a lui contemporaneo. Ancora gio-vanissimo, all’inizio della carriera di pia-nista e compositore si era accorto deilimiti della tecnica pianistica tradizio-nale e dell’impossibilità di giungere, at-traverso di essa, a delineare i caratteri delproprio stile. Così, a 23 anni, pubblica 

una prima raccolta di Studi (op. 10, de-dicati significativamente a Liszt che,come lui, stava rivoluzionando il mondodella tastiera), replicata quattro annidopo con una seconda raccolta (op. 25,questa volta dedicata alla compagna diLiszt, Marie d’Agoult) coi quali spazza via gli ultimi dieci anni di metodi perpianoforte e nei quali prende vita unvero e proprio compendio del suo stile,già ampiamente formato. Certamentequi egli non prescinde dai precedenti il-

lustri (Clementi, ad esempio) ma, com-plice uno strumento ancora sempre piùperfetto, va ben oltre, presentandoci lecaratteristiche della sua estetica in una se-rie di composizioni che mettono in luceciascuna un particolare differente della scrittura per pianoforte, risolto nella sua astrazione e comunque sempre nell’am-bito dell’arte. Ecco allora esaltati il valoredel suono, la concezione dell’armonia allo stato puro considerata a volte comeunico parametro musicale, la ricerca della qualità timbrica e del virtuosismo parti-colare e spesso non appariscente. Il tuttoin una quasi costante e personalissima rielaborazione della semplice forma tri-partita, che si adatta ogni volta alle esi-genze specifiche di ciascun brano. Se que-sto sguardo d’insieme accomuna le due

raccolte, i dodici Studi op. 25 non sonoaffatto un ‘doppione’ rispetto all’op. 10,ma presentano alcune differenze sia dalpunto di vista della struttura interna, sia nella trattazione dei diversi tecnicismi, sia infine dal punto di vista della succes-sione tonale e armonica. Assai più vastinelle proporzioni, spesso monotematici,propongono approfondimenti specificidi questioni pianistiche assolutamenteoriginali (molte delle quali non eranostate ancora affrontate né da Chopin nella 

prima serie di Studi, né da altri), utiliz-zando spesso, forse per la prima volta nella storia, il dato timbrico come ele-mento fondamentale per la scrittura pia-nistica e specifico dello strumento a ta-stiera. Nonostante ciascuno di questibrani proponga una singola problema-tica, gli Studi op. 25 si configurano anchecome ‘composizione’ unitaria, come unpolittico fatto di tasselli strettamente col-legati tra di loro in un crescendo di ten-sione e di emozioni che parte dalla quasiimpalpabile bruma sonora del primo Stu-dio in la bemolle maggiore e culmina nella grandiosità gigantesca e quasi sinfo-nica del la minore e del do minore dei dueultimi Studi, che per concezione ed in-tensità di espressione chiudono il sipariocon due veri e propri affreschi pianistici.

DA ASCOLTARE

Oltre a comparire come solista nella colonna sonora del Velo dipinto (2006), fir-mata da Alexandre Desplat e premiata col Golden Globe, Lang Lang suona an-che le musiche per Il banchetto , soundtrack  del compatriota Tan Dun, del quale

esegue spesso i lavori anche in concerto (e ve ne è letteralmente una traccia nelsuo celebre Live at Carnegie Hall del 2004, per Deutsche Grammophon). Fra omag-gi alle origini e grandi classici, nel 2006 Dragon Songs raccoglie brani ispiratialla musica tradizionale cinese, e nel 2007 la sua incisione del Primo e del Quar-to Concerto di Beethoven, eseguiti con l’Orchestre de Paris e Christoph Eschen-bach, ottiene il primo posto nella classifica di Billboard . L’ultima registrazione per DG è del 2009, e comprende i Trii per pianoforte di Rachmaninov e Čajkovskijcon Vadim Repin e Mischa Maisky. Nel febbraio 2010, Lang Lang firma un con-tratto in esclusiva con Sony Music Entertainment: la prima incisione con la nuo-va etichetta, il doppio cd Live in Vienna , immortala il suo recital al Musikverein,in cui ancora una volta, fra sonate beethoveniane e Iberia di Albéniz (I Libro),la Settima  di Prokof’ev e tre bis chopiniani, balza all’orecchio la tecnica fuori-classe del pianista cinese, definito da Barenboim «un gatto con undici dita».

Lunedì 25 giugno 2012

Anche la Steinway ha reso omaggio alla popolarità di Lang Lang, dedicandogli cinqueversioni del pianoforte “Lang Lang™”, destinato all’educazione musicale dei più piccoli

Lo sapevate che...

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Henry-Louis de La Grange è stato defi-nito il «decano della musicologia ma-hleriana». In effetti, la sua vita è stata in-teramente consacrata al compositore au-striaco con esiti molto interessanti e, percerti versi, unici. Infatti, gli scritti di deLa Grange, oltre che su materiale docu-mentario, si basano sulle notizie ricavatein anni di frequentazione e d’amicizia con

 Alma Mahler, con la sua famiglia e con di-verse personalità entrate direttamente incontatto con Gustav Mahler. Questa si-tuazione, singolare e privilegiata, ha per-messo a de La Grange di avere testimo-nianze dirette, spesso inedite, e di accederead innumerevoli fonti documentarie:lettere, partiture autografe, libri, regi-strazioni e oggetti successivamente con-fluiti nella Médiathèque Musicale Mahlerdi Parigi. L’ultima sua fatica è il recenteGustav Mahler. La vita, le opere, pubbli-cato dalla casa editrice EDT, con una po-stfazione di Gastón Fournier-Facio. Il vo-lume, riuscita sintesi di biografie monu-mentali (quella francese in tre volumipubblicata da Fayard e quella inglese inquattro volumi, pubblicata da OxfordUniversity Press), risale al 2007 ed è la pri-ma opera tradotta in italiano dello stu-dioso. Queste 477 pagine sono frutto didecenni di riflessione e di una ricerca che,iniziata nel 1945, è proseguita fino ad oggicon una costanza e una passione che for-se non trovano eguali. Nato nel 1924 in

un’agiata famiglia franco-americana,

Henry-Louis de La Grange coltiva fin da giovanissimo un forte interesse per la mu-sica, una passione che lo convince ad in-traprendere gli studi di teoria e pianoforte,condotti parallelamente alla carriera dimanager dell’azienda familiare. Dal 1945,quando “incontra” musicalmente Mahlerper la prima volta alla Carnegie Hall diNew York (diretto da Bruno Walter), si

è impegnato in un’impresa che sarebbe di-ventata opera monumentale su di uncompositore altrettanto monumentale efino allora poco frequentato e amato. Riu-scire a sintetizzare la vita di una personalità poliedrica come quella di Mahler, com-positore, direttore d’orchestra, riforma-tore del teatro musicale, ebreo e austria-co, rappresenta una sfida per ogni stu-dioso: de La Grange riesce a fornire unquadro d’insieme documentato e appas-sionante. Nel 2011 era il centenariodella morte del compositore e l’anno pre-cedente si ricordava il centocinquantesi-mo della sua nascita: questo volume, conun taglio biografico, più che analitico, conuna prosa avvincente, è un bellissimoomaggio ad una delle più grandi figuredella musica moderna. L’opera riesceproprio nell’obiettivo che de La Grangesi era dato: contribuire alla conoscenza diMahler, correggendo le imprecisioni chesi trovano in altri testi.

Henry-Louis de La Grange,

Gustav Mahler. La vita, le opere, EDT, 2012 

Sandro Chierici e Silvia Giampaolo (a cura di),Spirto gentil. Un invitoall’ascolto della grandemusicaguidati da LuigiGiussani (Rizzoli, 2011)

Uno dei punti salienti del-

l’impegno di don LuigiGiussani è stato il campo

educativo. Che all’interno di quest’orizzonte cifosse anche la musica, il grande pubblico lo ha capito quando è nata la collana discografica Spirto gentil . I cd erano accompagnati da librettiche offrivano un’introduzione di don Giussa-ni, un testo storico-biografico sul composito-re e una “guida all’ascolto”. In tredici anni la collana ha ospitato 52 dischi, di cui sono sta-te vendute oltre 300.000 copie, con punte diquasi 15.000 per i primi titoli. La collana è chiu-sa, ma moltihannoespresso il desiderio che que-sta esperienza non andasse perduta. Desiderioesaudito: i testi che accompagnavano i cd sonostati ora raccolti in un libro pubblicato da Riz-zoli nella collana BUR saggi. S’intitola Spirto gentil. Un invito all’ascolto della grande musi-ca guidati da Luigi Giussani (656 pagine). Nelvolume, a cura di Sandro Chierici e Silvia Giam-paolo, si trovano i testi di don Giussani, che purnon essendo né musicista né musicologo ha la-sciato riflessioni di grande interesse, e contri-buti di Pier Paolo Bellini, Enrico Raggi, Pip-po Molino, Vera Drufuca e tanti altri.

Claudio Maioli,

Intorno a Pollini. Comeun grande pianistapuò cambiarvi la vita(Coniglio Editore, 2011)

Quello di Claudio Maioli(Coniglio Editore) è un li-bro rapsodico, che mesco-la invenzione e realtà in

una sequenza di ricordi, considerazioni per-sonali e cronache. Il filo rosso è la passione peril pianoforte e, in particolare, per Maurizio Pol-lini, di cui l’autore segue passo passo la car-riera: dalla vittoria del Concorso “Chopin” a Varsavia fino ad oggi. Libro dichiaratamen-

te di parte, espone un’ammirazione sconfinata raccontando al pubblico un artista che più ditanti altri ha dato l’idea di aborrire qualun-que culto della personalità. Ma tant’è, al cuornon si comanda e il volume dimostra che ol-tre ai “melomani” esiste un’altra categoria difans, quelli del pianoforte e di alcuni suoi in-terpreti. Il romanzo attinge a piene mani (ci-tandoli tutti) da altri testi apparsi, e solleva, gra-zie alla tecnica della citazione, quella coltre diriserbo alla quale il Maestro Pollini sembra te-nere molto. Sottraendosi, lui, alla curiosità, alsuo ammiratore non resta che fare di necessi-tà virtù, tra invenzioni (di vari personaggi) e

citazioni (di fatti davvero accaduti).

58 IM MUSICA INSIEME

PER LEGGERE

VITE

POLIEDRICHE

La prima traduzione italianadella monumentale biografiadi Mahler, firmata dade La Grange, un romanzodedicato a Pollini, e le guideall’ascolto di don Giussani:tre personaggi chiave dellamusica di ieri e di oggi

di Chiara Sirk 

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EditoreFondazione Musica Insieme

Galleria Cavour, 3 – 40124 BolognaTel. 051 271932

Direttore responsabileFabrizio Festa

In redazioneBruno Borsari, Fulvia de Colle, Marco Fier,

Cristina Fossati, Roberto Massacesi

Hanno collaboratoSara Bacchini, Elisabetta Collina, Salvatore de Blasi, Alessandro di Marco, Maria Pace Marzocchi, Maria Chiara Mazzi,

Giordano Montecchi, Maddalena Pellegrini, Chiara Sirk, Alessandro Taverna

Grafica e impaginazioneKore Edizioni - Bologna

StampaGrafiche Zanini - Anzola Emilia (Bologna)

Registrazione al Tribunale di Bolognan° 6975 del 31-01-2000

Musica Insieme ringrazia:

AEROPORTO G. MARCONI DI BOLOGNA, ASCOM BOLOGNA, BANCA DI BOLOGNA, BANCA ETRURIA,BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA, BANCO DI DESIO E DELLA BRIANZA, CAMERA

DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI BOLOGNA, CASSA DI RISPARMIODI BOLOGNA, CASSA DI RISPARMIO DI CENTO, COCCHI TECHNOLOGY, COOP ADRIATICA,

COOPERATIVA EDIFICATRICE ANSALONI, COSWELL, COTABO, CSR CONGRESSI, EMILBANCA, FATRO,FONDAZIONE CAMST, FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO IN BOLOGNA, FONDAZIONE DEL MONTE

DI BOLOGNA E RAVENNA, GRAFICHE ZANINI, GRUPPO GRANAROLO, GRUPPO HERA,GUERMANDI.IT, MAX INFORMATION, M. CASALE BAUER, PELLICONI, PILOT,

UNICREDIT BANCA, UNINDUSTRIA, UNIPOL BANCA, UNIPOL GRUPPO FINANZIARIO

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, REGIONE EMILIA-ROMAGNAPROVINCIA DI BOLOGNA, COMUNE DI BOLOGNA

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