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Opinione: Capitalismo Buono e Capitalismo Cattivo

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Il vantaggIo dI essere pIccolI e gIovanI La grande impresa, che pur è necessaria per lo sviluppo armonico di un’economia, per l’inerzia connaturata alle sue dimensioni, non consente una rapida creazione di posti di lavoro

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Page 1: Opinione: Capitalismo Buono e Capitalismo Cattivo

Come molti di noi sanno, tutte le crisi contengo-no sempre anche op-

portunità, che alcuni riescono a cogliere. Per poterlo fare, però, è necessario liberarsi da vecchi schemi, che spingono lontano da uno sviluppo sano e sostenibile, e abbracciare con coraggio la ricerca di nuo-vi venti favorevoli e spingersi nel futuro. Da dove iniziare?

Per ribadire, se ce ne fosse bisogno, quanto sono impor-tanti per la ripresa le piccole e medie imprese, vorrei darvi alcuni dati presi dal sito del governo degli Stati Uniti per le Pmi. Sì, in America, nota per le multinazionali, ci sono un dipartimento e un sito proprio dedicati alle Pmi: esse impie-gano la metà dei dipendenti di tutto il settore privato; han-no generato, negli ultimi 15 anni, il 64% dei nuovi posti di lavoro; escludendo l’agricoltu-ra, creano più di metà del Pil; assumono il 40% di lavoratori high-tech; producono 13 vol-te più brevetti per dipendente che le grandi imprese e questi brevetti hanno il doppio della probabilità di essere tra l’1% dei brevetti più citati.

Mi soffermerei soprattutto sulla creazione di posti di lavo-ro, che credo sia un tema caro a tutti: secondo uno studio del-la Kauffman Foundation, che promuove l’imprenditorialità giovanile, la quasi totalità dei posti di lavoro netti creati negli Usa dal 1977 al 2005 sono frut-to di imprese con meno di 5 anni. Dunque, non solo le Pmi sono rilevanti, ma forse lo sono

No al cattivo capitalismodi roberto siagri

L ’ O P I N I O N E

diventare attori attivi dell’eco-nomia e non relegarli a com-parse. Insomma, se abbiamo a cuore il nostro futuro, dobbia-mo creare un terreno fertile per la partenza di nuove attività d’impresa.

Nei momenti di crisi non si può puntare sulla grande im-presa per la creazione veloce di posti di lavoro. La grande impresa, con l’inerzia che le dimensioni le conferisce, non è in grado di essere reattiva nel breve periodo. Infatti, con-trariamente a quanto comu-nemente si può pensare, sono le Pmi e le nuove imprese che possono esplorare le opportu-nità nella crisi, molto più delle grandi aziende che invece vi-vono dello sfruttamento effi-ciente di una situazione di sta-bilità, attraverso produzioni ad alta intensità di capitali, brand e marketing. Se è di solito sba-gliato puntare sulle grandi im-prese per quanto riguarda la ri-presa a breve, esse invece sono indispensabili per lo sviluppo economico armonioso di un Paese, in ragione delle loro indiscusse capacità di servire moltitudini di clienti e di pe-netrare mercati internazionali.

triangolo maledetto

In ambito italiano, e in mi-sura minore in quello europeo, emerge molto chiaramente la rilevanza di quello che il presi-dente della Fondazione Kauff-man, Carl Schramm, chiama il triangolo industriale del ‘cat-tivo capitalismo’, fondato su alleanze tra grandi imprese, sindacato e Stato. Questo mec-canismo produce un sistema

caratterizzato da stalli, inef-ficienze e non predisposto a favorire lo sviluppo di idee im-prenditoriali e a cogliere nuove opportunità.

In un ambiente dinamico, come quello su cui ad esempio è fondato il sistema americano, si crea invece una circolazione di idee e persone, in un quadri-latero del ‘buon capitalismo’ i cui vertici sono: università e centri di ricerca nazionali, pic-cole e medie imprese, grandi imprese, Stato. Questo crea un ciclo virtuoso di sviluppo economico e ha inerenti i pre-supposti per la creazione d’in-novazione.

circolazione di soldi e idee

Per far ripartire il Paese do-vremmo, allora, sgretolare il triangolo che è alla base del nostro sistema capitalistico un po’ datato, per aprirci a una forma di capitalismo impren-ditoriale dalla struttura qua-drangolare, aperta alla circo-lazione di idee, di persone e di capitali. Affinché questa nuova struttura si sviluppi, dobbiamo anche impegnarci a costruirle attorno un ‘ecosistema’ dei fi-nanziamenti calibrato in fun-zione delle dimensioni e del rischio d’impresa, dal business angel al venture capital fino al private equity e al mercato re-golamentato, anche attraverso iniziative che portino all’at-trazione dei capitali esteri e aumentino la propensione al reinvestimento dei capitali fer-mi. Perché l’essenza del buon capitalismo è la circolazione del capitale, non il suo accu-mulo.

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ancor di più le imprese giovani.Venendo all’Europa, i dati

dell’Ocse confermano l’im-portanza delle Pmi, come già detto per gli Usa. Inoltre, anche l’Ocse conviene che le nuove aziende giocano un ruolo do-minante nella creazione di po-sti di lavoro, soprattutto in mo-menti di alta disoccupazione e ridimensionamento dell’eco-nomia.

vecchi schemi da superare

Se allora vogliamo affronta-re seriamente la crisi aumen-tando la velocità di recupero dei posti di lavoro, da quanto emerge dai dati non credo che ci siano dubbi: bisogna indi-rizzare le attenzioni sulle Pmi e sulla generazione di nuove imprese. Per favorire quest’ul-timo aspetto è essenziale dare un ruolo più importante a uni-versità e istituti di ricerca. Farli

Pochi, forse, lo sanno, ma negli Usa c’è grande attenzione verso le Pmi, considerate motori dell’innovazione e della crescita dell’occupazione

Il vantaggIo dI essere pIccolI e gIovanI La grande impresa, che pur è necessaria per Lo sviLuppo armonico di un’economia, per L’inerzia connaturata aLLe sue dimensioni, non consente una rapida creazione di posti di Lavoro