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Nell’aria si sente ormai il “friccicorio” della primavera, che risveglia i nostri sensi dal torpore dei grigi pomeriggi invernali, la nostra voglia di riprovare il contatto con la natura, di uscire dalle nostre case per incontrarci con gli altri in allegria. È in questo contesto che si celebra ogni anno la Pasqua. Il contesto ce ne fa comprendere, così, appieno il significato. È la festa della vita, della vita vera, della vita piena, che vince sulla morte. Allora questo il mio augurio. Quello di celebrare con fede i riti pasquali, tutti i riti, quelli liturgici e quelli devozionali. Che comunque siano pieni di fede e che arricchiscano la nostra fede e quindi accrescano la nostra carità, la nostra capacità di amare. Che questo abbia in modo particolare due riflessi. 1. Il nostro impegno per la vita. Perché la vita di ognuno sia vissuta in pienezza, siano rispettati i diritti e la dignità di ogni uomo, specialmente del più povero e del più debole e che ognuno possa impegnarsi per questo. 2. Ricordarci quello che ci diceva don Tonino Bello: la croce è una “collocazione provvisoria”. A tutti coloro che soffrono facciamo sentire la nostra vicinanza, perché ognuno possa vivere questa realtà. Perché ognuno possa convincersi che la sofferenza e il dolore attuali sono solo un passaggio, una realtà che un giorno supereremo. La morte è vinta, la vita ha trionfato: “Tra poco il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga”. Buona Pasqua e buona vita a tutti.

Oratorionoi - Marzo 2012

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Page 1: Oratorionoi - Marzo 2012

Nell’aria si sente ormai il

“friccicorio” della primavera, che

risveglia i nostri sensi dal torpore

dei grigi pomeriggi invernali, la

nostra voglia di riprovare il

contatto con la natura, di uscire

dalle nostre case per incontrarci

con gli altri in allegria. È in

questo contesto che si celebra

ogni anno la Pasqua. Il contesto

ce ne fa comprendere, così,

appieno il significato.

È la festa della vita, della vita vera,

della vita piena, che vince sulla

morte.

Allora questo il mio augurio.

Quello di celebrare con fede i riti

pasquali, tutti i riti, quelli liturgici e

quelli devozionali. Che comunque

siano pieni di fede e che

arricchiscano la nostra fede e quindi

accrescano la nostra carità, la nostra

capacità di amare.

Che questo abbia in modo particolare

due riflessi.

1. Il nostro impegno per la vita.

Perché la vita di ognuno sia

vissuta in pienezza, siano

rispettati i diritti e la dignità di

ogni uomo, specialmente del

più povero e del più debole e

che ognuno possa impegnarsi

per questo.

2. Ricordarci quello che ci

diceva don Tonino Bello: la

croce è una “collocazione

provvisoria”. A tutti coloro

che soffrono facciamo sentire

la nostra vicinanza, perché

ognuno possa vivere questa

realtà. Perché ognuno possa

convincersi che la sofferenza e

il dolore attuali sono solo un

passaggio, una realtà che un

giorno supereremo. La morte

è vinta, la vita ha trionfato:

“Tra poco il buio cederà il

posto alla luce, la terra

riacquisterà i suoi colori

verginali e il sole della Pasqua

irromperà tra le nuvole in

fuga”. Buona Pasqua e buona

vita a tutti.

Page 2: Oratorionoi - Marzo 2012

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Scritto da Cosmo Pisani & Ivana de Ceglie

Festa adolescenti: I Like La mattina e il pomeriggio gli

animatori ci hanno proposto dei

laboratori che avevano come scopo di

socializzare, trasmettere i valori di Don

Bosco, ma soprattutto di far riflettere in

modo divertente i partecipanti. I

laboratori hanno sortito il risultato

desiderato avvicinando noi giovani al

modo di pensare e di agire del nostro

amato Giovannino.

Noi salesiani che

abbiamo lo spirito

giovane e attivo

abbiamo fatto una

piccola marcia

impossibile da non

notare che portava

dall’ Oratorio

SDB all’Istituto Don Bosco High

School; marcia in cui si è visto,

nonostante le diverse provenienze,

come noi adolescenti pugliesi siamo

uniti nell’amore.

Alla fine della giornata nel teatro, ci

siamo confrontati sull’esperienza

appena vissuta e dopo un breve

discorso di Don Paolo che è il

coordinatore PG per la Puglia ,

abbiamo concluso con il ballo di

gruppo che ci ha accompagnato per

tutta la giornata.

Scritto da Marianna de Santis

Fede, umiltà, allegria, generosità e

forza di volontà sono le parole

chiave che hanno accompagnato la

festa adolescenti che si è svolta a

Taranto il 25/03/2012.

Questi erano i valori principali che

Don Bosco aveva e che gli animatori

hanno voluto trasmettere agli

adolescenti provenienti da tutta la

Puglia. I ragazzi sono stati

calorosamente accolti dall’Oratorio

tarantino delle FMA e i festosi balli

di gruppo, che ci hanno sicuramente

svegliato, hanno dato l’inizio a una

giornata stancante ma molto

soddisfacente svoltasi all’insegna

dell’impegno e dell’allegria.

Dopo l’incontro col giovinetto

Bartolomeo Garelli dell’8

dicembre del 1941 ( primordio

dell’Oratorio), don Bosco in

quello stesso inverno cercò di

consolidare il suo piccolo

Oratorio. Il suo scopo era quello

di riunire tutti i ragazzi,

specialmente quelli più esposti

al pericolo, come i ragazzi

appena usciti dalle carceri, ma

anche quelli di buona condotta e

già istruiti. Questi aiutavano don

Bosco nel conservare l’ordine, a

far letture ed eseguire canti

sacri: sin dall’inizio, infatti, don

Bosco aveva capito che senza

canti senza libri di lettura

divertenti, le riunioni festive

sarebbero state come un corpo

senz’anima. Alla festa

dell’Annunciazione, il 25 marzo,

il numero dei ragazzi era già

arrivato a trenta.

Un oratorio per i ragazzi Proprio don Guala, nel giorno di Sant’Anna, patrona

dei muratori, volle che fosse fatta una bella festa:

dopo la Santa Messa del mattino invitò tutti a fare

colazione nel Convitto. Intanto ogni sabato don

Bosco visitava le prigioni per incontrare i suoi

ragazzi che qui erano stati rinchiusi.

Dopo due anni di convitto don Bosco diede l’esame

di confessione. Da quel momento potè ricevere i

giovani che volevano riconciliarsi con Dio e dare

loro il Suo perdono. Dopo tre anni di preparazione

dovette scegliere un impiego sacerdotale nella vita

della chiesa torinese. Fu don Cafasso a chiamare don

Bosco e illustrargli le tre possibilità: vicecurato a

Buttigliera D’Asti, ripetitore di morale al Convitto,

direttore del piccolo Ospedaletto accanto al Rifugio.

Don Bosco non volle scegliere, preferendo che fosse

don Cafasso a scegliere per lui. Così don Cafasso

scelse per lui l’impiego di direttore dell’ospedale di

Santa Filomena, accanto all’Opera del Rifugio.

Inizialmente questo sembrava contrariare le

inclinazioni di don Bosco che non si sentiva a suo

agio, non potendo stare con i suoi ragazzi.

Ma il teologo Borel lo rassicurò dicendogli che più in

là avrebbe trovate del tempo per dedicarsi ai suoi

ragazzi.

L’Oratorio si faceva così: durante la

mattinata dei giorni festivi ogni

ragazzo aveva la possibilità di

accostarsi ai sacramenti della

Confessione e della Comunione. Tutti

si impegnavano a compiere questo

dovere cristiano una volta al mese.

La sera, ad un’ora fissata, c’era il

catechismo. Fra i giovani che

frequentavano il primissimo Oratorio

c’era Buzzetti Giuseppe, fedelissimo e

costante ad ogni incontro. Egli si

affezionò così tanto a don Bosco e

all’Oratorio che, per non mancare mai,

rinunciava al suo annuale incontro con

la famiglia, a Caronno Ghiringhello.

La maggioranza dei ragazzi

dell’Oratorio era formata da

scalpellini, muratori, stuccatori e

selciatori che provenivano da paesi

lontani. Quando i ragazzi

cominciarono ad essere numerosi, don

Guala e don Cafasso, contenti

dell’attività svolta da don Bosco,

permisero al prete di portare il piccolo

esercito di giovinetti a giocare nel

cortile del convitto.

Page 3: Oratorionoi - Marzo 2012

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Scritto da Valentina de Tullio

Questo mese L’AM - VIS ha

intervistato Valentina Licci, giovane

animatrice dell’oratorio salesiano di

Lecce nonché nostra cara amica,

laureata in ‘Istituzioni e politiche dei

diritti umani e della pace’ all’Università

degli studi di Padova.

- Vale, che mestiere può fare un

laureato in Istituzioni e politiche dei

diritti umani e della pace?

Bella domanda! In sintesi tutto e niente.

Mi spiego: lo sbocco naturale sarebbe il

tutor minorile, figura professionale che

però in Italia ancora non è tanto

consolidata. Ma in generale puoi

lavorare in ambito amministrativo,

diplomatico, nel mondo della

cooperazione, in campo sociale in senso

lato. Il mio non è un corso di laurea

"professionalizzante" in senso stretto: ti

fornisce una visione globale sul mondo

ma poi la strada te la devi tracciare un

po’ tu. L'ambito che per ora mi interessa

di più è quello dell'associazionismo.

Ah dimenticavo! Puoi anche lavorare in

ambito istituzionale a livello

internazionale

- A quale diritto non rinunceresti mai?

La dignità, che non è un vero e proprio

diritto, non c'è mai stata una definizione

univoca di dignità, ma penso che sia il

diritto supremo, quello che li include

tutti: togli la dignità, hai tolto tutti i

diritti.

- Perché è importante educarsi alla

mondialità?

Per guardare a ciò che succede nel

mondo con occhio "critico", senza

lasciarci impigrire né tantomeno

assuefare da tutto ciò che ci viene

propinato troppo spesso dai mass media

e da tutto ciò che è luogo comune o

pregiudizio

Missionari di Fede, missionari nella Fede

- Hai avuto l’opportunità e la volontà di

vivere un’esperienza estiva in

Madagascar. Quale sentimento hai

provato maggiormente in quelle

settimane?

Meraviglia. Per un mondo nuovo che mi

si apriva davanti, ma soprattutto per tutto

quello che di riflesso scoprivo dentro di

me.

- L’Africa è più odore, rumore, colore, o

sapore ?

Non c'è niente che prevale, non esiste

neanche l'Africa in sé a dir la verità,

esistono i posti, i luoghi, le sensazioni..e

tutti i 5 sensi, nessuno escluso, per viverli

appieno!

- Cosa non manca mai nello zaino di

Valentina?

Mi immagino spesso camminare lungo un

sentiero, con la testa che pensa attraverso

un cuore che ama, con i piedi che

camminano senza sandali, con le mani

libere per poter abbracciare e con uno

zaino che contenga almeno un sorriso al

giorno.

- Direi che dopo questa risposta non

serve aggiungere altro per concludere.

Solo un grande grazie per la tua

disponibilità!

Ma figurati..è stato un

piacere davvero! Avevo

bisogno di queste

domande, a volte si

rischia di impigrirsi un

po’… quindi grazie a

voi.

- Sei da tempo impegnata

nell’animazione missionaria. Che

significa per te la parola “missione”?

"Ciò a cui Dio chiama ognuno di noi".

Per ognuno di noi Dio ha un progetto

unico e irripetibile, realizzarlo è compiere

la propria missione nel mondo..

missionari siamo tutti quanti, ognuno a

suo modo!

Non lo si diventa, lo si è dalla nascita;

solo che c'è chi lo riconosce e chi no, chi

riconosce che Dio ha un progetto su di noi

e chi no. La differenza sta solo lì, non tra

chi parte e chi non parte.

E non ci si riconosce missionari una volta

per sempre! Ricordo che don Giovanni

(salesiano direttore da 30 anni della

comunità di Bemaneviky , in

Madagascar) quest'estate in Madagascar

ci ha detto che lui ancora dopo trent'anni

non si sente missionario. Insomma è una

scoperta quotidiana.

- Adesso una domandina difficile: come

spiegheresti a un bambino cos’è la

‘missionarietà’?

Ai bambini non si dovrebbe neanche

spiegare cosa vuol dire missionarietà ,

loro sono critici di loro e guardano la

realtà in modo spontaneo, non vedono la

differenza tra i colori della pelle, o

almeno, così dovrebbe essere.

Però è anche vero che i

genitori e la società spesso

insegnano presto ad avere

pregiudizi. E quindi va bene

parlarne, in modo semplice.

Direi loro che la missionarietà

è avere il cuore aperto ai bimbi

e alle persone che

incontriamo, volere bene come

ci vuole bene Gesù che è

l'unico vero missionario.

Page 4: Oratorionoi - Marzo 2012

Responsabile :Vito Pasculli

E-mail: [email protected]

Grafica: Alessandro Capurso

Donato A. Facchini

REDAZIONE

Donato A. Facchini

Marianna de Santis

Porziana Caiati

Cosmo Pisani

Ivana de Ceglie

Valentina de Tullio

Tante sono le spese che l’oratorio deve sostenere e

tante sono le iniziative che vi si svolgono, non ultimi i

campi scuola estivi. Per questo è stata indetta una

sottoscrizione a premi di beneficenza.

Aderite tutti generosamente

Scritto da Donato Facchini & Porziana Caiati

Tradizioni

molfettesi Ed anche quest’anno è arrivata la

Pasqua. I Molfettesi si preparano ad

onorare questa ricorrenza secondo le

loro tradizioni; infatti durante la notte

tra il martedì e il mercoledì delle

ceneri, i fedeli si radunano davanti alla

chiesa del Purgatorio per partecipare

alla processione della Croce.

La Pasqua però a Molfetta non è solo

questo..bensì anche nelle usanze

popolari; infatti i nostri concittadini

ogni venerdì si astengono dal

mangiare la carne ed infatti si godono

un gustoso panino chiamato ù

pizzaridd. Ma cos’è ù pizzarid? È un

filoncino farcito con del tonno. I

molfettesi sono particolarmente

affezionati a questa tradizione, infatti

le confraternite alla fine delle due

processioni si ritrovano a condividere

questo gustoso spuntino.

Le confraternite sono il segno che

meglio rappresenta la Pasqua

molfettese in tutta la Puglia; esse sono

parecchie ed accompagnano le sacre

immagini durante le processioni. Le

confraternite più importanti e più

numerose sono due:

“L’Arciconfraternita della Morte” e

“L’Arciconfraternita di Santo

Stefano”, comunemente individuate

dal colore nero del camice,per la

prima, e dal colore rosso, per la

seconda.