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Puzzle dicembre 2015

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Primo numero del nuovo anno scolastico 2015-2016. Anche quest'anno Puzzle si rinnova con il nuovo formato in A6.

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- Cos’è PUZZLE - Ripartono i tavoli dei giovani - SPINGI PESARO spazi ai giovani- Natale con i tuoi ... e poi? - Uno sguardo sulla realtà - Dizionario bsarès - Anni di piombo - Omo significa uguale

Copertina Guido BrualdiRetro Nicolas Terenzi

PUZZLE

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L’edizione cartacea la tro-vi all’InformaGiovani del Comune di Pesaro e alla Biblioteca San Giovanni in via Passari 102

Ci trovi anche on-line su h t t p : / / m a g a z i n e p u z z l e . b l o g s p o t . i t E su facebookPuzzle Magazine

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Puzzle nasce ormai tre anni fa dall’idea che i giornalini sco-lastici dovessero unire le scuo-le invece di reiterare il vecchio e sterile “nazionalismo” scola-stico. Nasce anche come sifda. Sfi-da a chi, allora nella Consulta Provinciale, diceva che era impossibile creare qualcosa di organizzato ad un livello così ampio. Bhè la sfida è stata vin-ta; per tre anni siamo usciti in diverse scuole di Pesaro e an-che ad Urbino dando spazio a oltre 50 studenti e diversi collaboratori esterni. Abbiamo parlato di scuola, di città e di associaizonismo, ma anche di politica, attualità e svago. Oggi non parliamo più di gior-nalino scolastico ma di giornale per studenti. perchè vogliamo essere qualcosa di più, nella forma, nella qualità e nei con-tenuti. Siamo il principale stru-

mento per tutti quegli studenti che si vogliono esprimere. Su queste pagine troveranno spazio sia l’appassionato di po-litica sia quello di cucina, il vi-gnettista come lo scienziato, il secchione e lo scazzone. Anche tu se vuoi puoi contribuire. Non ci interessa come ti espri-mi, ma che tu lo possa fare. Siamo qui per questo. Per scrivere basta scriverci. Pubblichiamo anche foto e illu-strazioni ma, come puoi vede-re, a parte le copertine, sarà tut-to in un onesto bianco e nero. [email protected] Fb. Puzzle Magazine

COS’È PUZZLE

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RIPARTONO I TAVOLI DEI GIOVANI

Sono ripartiti i tavoli di con-fronto fra il Comune e i giova-ni. Uno strumento importante per far sentire la nostra voce all’Amministrazione. I tavoli, cioè gruppi d’incontro e di lavo-ro, sono due. Il Tavolo Giovani, con le realtà che lavorano sui e con i giovani e le associazio-ni giovanili. Il Tavolo Studenti, con tutti i rappresentanti degli studenti. Si è deciso di dargli autonomia per la particolarità delle loro esigenze. Serve a con-dividere problemi e soluzioni ma anche far nascere nuova proposte ed iniziativePotete seguire il lavoro dei ta-voli attraverso questo giornale ma soprattutto siete invitati ad interessarvi e a suggerire proposte e argomenti ai vostri rappresentanti. Insieme si può fare di più, per la scuola, la città e le esigenze dei giovani.

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SPINGI PESARO è il nome del progetto finanziato alle as-sociazioni giovanili di Pesaro insieme al nostro Comune e ad altri partner grazie al bando dell’ANCI (Associazione Nazio-nale Comuni Italiani) in colla-borazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipar-timento per la Gioventù e del Servizio Civile Nazionale.Il progetto SPINGI PESARO vuole occuparsi di una pro-blematica interessante per la nostra città: gli spazi destinati ai giovani. Noi per primi sap-piamo quanti pochi ce ne sia-no; ma contemporaneamente, guardandoci intorno, vediamo numerosi luoghi ed edifici abbandonati al loro destino e ormai degradati. Altri luoghi sono attivi, ma sottoutilizzati

SPINGIPESARO

SPAZI AI GIOVANI

Ass. Collettivo Spazio Bianco

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rispetto alle loro vere potenzia-lità. Ecco perché il Comune ha deciso di iniziare a lavorare su questi spazi per riconsegnarli alla città e in particolare ai gio-vani. Non sarà però la solita ini-ziativa calata dall’alto e che va a lavorare su luoghi a casaccio. Saremo noi a poter segnalare i luoghi attraverso una sempli-cissima scheda on-line. Verrà poi realizzata una mappatura che permetterà a tutti di cono-scerli. Contemporaneamente si potranno suggerire ipotesi di riqualificazione e, compa-tibilmente con la fattibilità, il Comune e gli altri partner an-dranno a realizzare interventi in alcuni dei luoghi indicati. Nell’interesse dunque dei gio-vani e della città siete tutti invitati a collaborare con le se-gnalazioni.Su Puzzle vi terremo aggior-nati sugli sviluppi del progetto e sugli interventi che si rea-lizzeranno. Già Woodschool, Zoe microfestival e Vill’n’roll hanno lavorato su spazi verdi

sottoutilizzati facendoli scopri-re e vivere a migliaia di giova-ni. Iniziative di questo genere e di altro tipo, come i progetti artistici dell’associazione Re Ur, si moltiplicheranno in futuro andando a lavorare proprio nei luoghi che verranno segnalati come i più significativi.Non perdere tempo, segnala su-bito uno spazio da qui:

Potreste anche parlarne in classe, individura un uogo spe-cifico ed elaborare una propo-sta condivisa. Saremo lieti di ospitare le vostre riflessioni su questo giornale e presentarle al Comune.

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NATALE CON I TUOI... E POI?

Ecco l’idea alternativa per le vostre vacanze...Anche quest’anno sta per Iniziare il conto alla rove-scia, ormai tutto è pronto. Un gruppo di ragazzi degli istitu-ti superiori di Pesaro sta per invadere la città a bordo di furgoni e auto scattanti. Pas-seranno di casa in casa a recu-perare ciò che la gente butta via: soprattutto vecchi mobili, libri, indumenti usati, oggetti di vario tipo... Poi raduneranno tutto il rac-colto sotto tre grossi capan-noni situati in un parcheggio dietro la stazione ferroviaria, vicino ai Cappuccini. Quello sarà il fulcro dell’avventura: il mitico Mercatino dell’usato! Il bello è che questi ragazzi sono talmente fuori di testa che per 5 giorni (dal 27 al 31

dicembre) faranno i volontari. Tutto il ricavato della vendita al mercatino non servirà per il cenone di Capodanno, ma sarà messo a disposizione di una piccola missione sperdu-ta tra le Ande peruviane. Lag-giù c’è un paesino di nome Encanada in cui vivono molte persone povere e al loro fian-co alcuni amici italiani (tra cui Alberto Pietrelli un ex studente dell’Istituo Agrario) che hanno preso davvero sul serio il desiderio di una vita controcorrente.Ma non si tratta di un’inizia-tiva come ce ne sono tante: questa è davvero tosta, fatta solo per tipi tosti, che non hanno paura di sporcarsi le mani per i poveri, che hanno voglia di vivere qualcosa di alternativo in un clima posi-tivo. Sarà una vera e propria convivenza con materassino e sacco a pelo, colazione, pran-zo e cena insieme, partitoni di

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calcetto e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente l’invito è aperto a tutti, soprattutto a coloro che non hanno mai provato queste genere di av-venture, si sono rotti di fare sempre le stesse cose e voglio-no vivere la loro vacanze in modo diverso, meno scontato.

Per chi fosse interessato può rivolgersi a: Matteo Renzi 334 2535849 oppure l’appunta-mento è Domenica 27 Dicem-bre alle ore 09.00 davanti alla parrocchia da Cappuccini, nel parcheggio dietro la stazione. Ti aspettiamo.

Purtroppo a Pesaro il livello di conflittualità si avvicina anno dopo anno sempre più allo zero. le imprese delocalizzano o si svendono a grandi gruppi esteri; mentre nel mondo della scuola - a distanza dalle “gran-di” riforme come la Gelmini - assistiamo ad un processo di mobilitazione sempre più basso, in termini di partecipa-zione e di tematiche. Ovvero, più le riforme entrano nel vivo dell’attuazione, meno trovano

opposizione tra i banchi (e le cattedre) delle scuole. È quin-di necessario ripartire da basi solide e concrete, ripartire con uno sguardo sulla realtà di-stante dalla narrazione tossica che ci vogliono imporre. Uno sguardo ampio per compren-dere la complessità della realtà. Per fare questo occorre “uscire”

UNO SGUARDO

SULLA REALTA’

Alvise Tassell

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dai propri orizzonti e calarsi su uno scenario transnazionale. Perchè chiunque oggi voglia comprendere la politica non può non considerare le dinami-che internazionali che l’Europa sta promuovendo e che stanno sfociando in scontro aperto. Ne è una prova il semicerchio di fuoco che va dalla Libia fino all’Ucraina. Conflitti in cui l’U-nione Europea - con gli altri grandi attori mondiali: Stati uniti, Brics, petromonarchie arabe - ha una chiara responsa-bilità nella destabilizzazione dei paesi teatro delle operazioni.Dunque ad oggi, chiunque voglia incidere sullo scenario politico, non può in alcuna ma-niera evitare di confrontarsi con la più grande crisi siste-mica del capitale degli ultimi 80 anni. Questa crisi porta ad una ristrutturazione del capita-le europeo che si gioca su due livelli: un processo interno ad ogni singolo paese, ed un pro-cesso di ristrutturazione a livel-lo macro-regionale. Del primo

parleremo più avanti. Rispetto al secondo possiamo facilmen-te vedere, in atto, un processo di definizione di due regioni distinte. Un Centro, capitanato dal grande capitale tedesco, ed una Periferia, composta dai pa-esi dell’area mediterranea, ma anche dai paesi dell’est-Europa, a cui viene sostanzialmente attribuito il ruolo di “colonie interne”. Sbocco per le merci e bacino di risorse, sia naturali sia di forza lavoro, per i paesi del Centro. È in quest’ottica che vanno lette le riforme imposte dalla Troika a Grecia, Spagna e Portogallo etc.. Uno smantella-mento della struttura produtti-va locale finalizzata alla ristrut-turazione regionale. Collocare l’Italia all’interno di questa ri-strutturazione regionale non è un compito facile: nonostante venti anni di stagnazione, essa rimane la quarta economia in Europa, la nona nel mondo, e la seconda potenza industriale europea. Presenta però caratteri di “arretratezza” (predominan-

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za di piccole e medie imprese, imprenditoria “parassitica” , fortemente dipendente dal so-stegno statale, corruzione). A questi fattori è dovuto il fatto che l’”Austerity”, nonostante sia da sette anni al centro del dibattito, ancora non abbia col-pito l’Italia con la forza con cui ha agito in altri paesi. Per capire il senso di tutto ciò bisogna te-nere conto che “Austerity” è in realtà un concetto ampio, che si articola in tre processi ben distinti tra loro:

1) Ristrutturazione del sistema produttivo di un paese attra-

verso le privatizzazioni;

2) Cambiamento dei rapporti di forza interni: il capitale cerca di riprendersi parte dei diritti di cui la classe lavoratrice si era appropriata attraverso le lotte di redistribuzione (attacchi a sanità, istruzione, pensioni,as-sistenza). Anche l’aumento della disoccupazione e l’inde-bolimento delle organizzazioni della classe dei lavoratori com-portano uno spostamento di potere a favore dell’impresa in ogni singolo posto di lavoro.

3) Rapporti di forza internazio-

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nali: le “riforme che ci chiede l’Europa”, prevedono politiche già nominate nei primi due punti, solamente con maggio-re intensità (violenti tagli alla spesa pubblica, liberalizzazione, svendita di patrimonio statale).

Il processo di ristrutturazione del capitale italiano non si sta dimostrando morbido con le classi popolari, ma i suoi effet-ti, anche a causa del cuscinetto garantito dal risparmio privato, sono riconoscibili maggiormen-te solo nel lungo periodo. Limitarsi però ad una critica dell’austerity senza inquadrar-la all’interno di un contesto complessivo non porterebbe da nessuna parte. Per questo è necessario riappropriarsi a Pesaro, come nel resto d’Italia, di strumenti per comprendere la realtà e tentare di innalzare l’asticella politica oltre al mero interesse fisico dell’incolumità personale. Altrimenti continue-remo a mobilitarci solo quando ci crolleranno i muri addosso.

DIZIONARIO BSARÈS

Matteo Renzi

Ognuno di voi in questo mo-mento si starà chiedendo: “Ma cos’è sta roba, una copia del di-zionario f.e.c. ?!” – “Ma chi e’ che lo scrive !?” – “A cosa c@#%o serve!?”. Più che altro: “Per-ché!?”. Se tu che stai leggen-do, non ti sei minimamente posto queste domande, e mai te le porrai, tranquillo, sei una ragazzo normale. Fondamen-talmente, infatti, non servono a niente. Be’ c’è da dire però, che dietro questo dizionario c’è uno scrittore alle prime armi e fa sempre scena ini-ziare con una introduzione, o almeno lasciatemelo pensare. Questo dizionario nasce da un universitario, pendolare tra Pesaro e Ancona, che quo-tidianamente ascolta parole e termini arcaici, provenienti dalle basse Marche. Cercando ancora di capire cosa voglia dire “l’esercizio non porta”, gli tornano in mente tutte quelle parole sublimi, ideali, magni-

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fiche e perfette del buon vec-chio DIALETTO PESARESE.

E allora perché non creare ogni mese un piccolo spazio per riportare alla luce queste parole, cosi lontane da noi gio-vani, ma sempre più usate nel parlato quotidiano giovanile.

Obiettivo: riuscire ad avere, su Google Traduttore, la tra-duzione: Italiano – Bsarès / Bsarès – Ita-liano.

A

Arciaplèda = aggiusta-tina; pl. li arciaplèd. Esempio: dàj n’arciapleda a la mèj, cum va va; basta ch’la jariva fèn a chesa.

Avè (vb.) = [come ausiliare] avere; [come verbo autonomo] possedere. Esempi: mè a jò sbajed, mè a jò ‘n pezz d’tera sl’Ardizi.

Antipàtigh (agg) = anti-patico. Aggettivo della prima cl. femm sing. antipàtiga.

B

Bucalòn (el) = boccalone, di bocca larga (che non sa te-nere un segreto); pl. i bucalòn. Esempi: l’è ‘n gran bucalon; el rid par na paca d’feva, st’buca-lon; tocca stè atenti a dscorra quant c’è ste bucalon, parchè dop el va ‘rdì tutt in gir.

Brugè (vb.) = bruciare. Ver-bo regolare della prima coniu-gazione, mè a brùg, tè t’brugev, lò ‘l brugiarà, brugiànd, brugèd. La jè intipatiga ch’la brugia = Non ci sono parole per dire quanto è antipatica.L’à fatt tera brugeda = ha di-strutto tutto.

Butrigòn (el) = fossato pro-fondo e scosceso; pl. i butrigòn. Viene a volte così definita una donna brutta e sfasciata, a bella butrigòna.

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ANNI DI PIOMBO

Laura Filippini

Cosa pensi se ti dico “terrori-smo “? probabilmente pensi Isis, pensi Parigi e pensi Islam. Questo per-ché sei in Europa e sei nel 2015. Quello che vedi accadere nel mondo ti spaventa e ti stupisce. finora l’Europa si era considera-ta intoccabile, estranea a “quello che succede laggiù” quasi come se il terrorismo non fosse cosa da noi, popoli civili e ragionevoli.Ecco, io non sono molto ferrata in storia ma per fortuna c’è inter-net (che è aperto a tutti ed è gra-tis) e, se digito “anni di piombo”, affianco alla parola terrorismo, per una volta, non appare islam. Appare l’Italia degli anni settanta e ottanta. Appaiono la strage di Piazza Fontana, diciassette morti a Milano, la Strage di Gioia Tauro, sei morti e sessanta feriti, quella di Bologna, ottantacinque morti e più di cento feriiti...Perché quando dico terrorismo non pensi a questo? perché qual-

cuno può dire “non tutti i mu-sulmani sono terroristi ma tutti i terroristi sono musulmani” sen-za apparire un cretino all’istante? Perché abbiamo la memoria cor-ta. e perché tu, io, tutti noi, vivia-mo in un paese che una volta ha avuto il coraggio e l’intelligenza di vincere il terrorismo. vincerlo e allontanarlo da se a tal punto da permetterci di dimenticare. Se ci sono riusciti i nostri geni-tori perché non possiamo farcela anche noi? Dirai “no che idiozia, è tutto diverso, non c’è nulla di simile, e poi cosa possiamo far-ci noi adesso?” Dirai che i tempi sono cambiati e io ti dirò che può cambiare tutto, possono cambia-re i tempi, le motivazioni le armi, possono cambiare le vittime e gli

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assassini, ma la paura e il corag-gio no, quelli non cambiano.Il terrorismo in Italia non l’han-no vinto il governo e la polizia, l’ha vinto la gente. l’hanno vinto i giovani, gli studenti, i lavorato-ri. L’hanno vinto tutti quelli che hanno rifiutato le provocazioni, la ribellione facile e ignorante, la pigrizia mentale. Per vincere il terrorismo serve la testa, serve la cultura e la pazienza di voler capire. i terroristi italiani hanno perso perché sono stati emargi-nati, abbandonati dalla folla, per-ché qualcuno ha detto “non in mio nome”. ti suona familiare? Non cambia la paura dell’attenta-to vigliacco e meschino ma non cambia nemmeno il coraggio di chi dice “non per me”. Se voglia-mo cancellare il terrorismo lo

dobbiamo isolare, non aumentar-ne la forza attribuendogli numeri e persone che non gli apparten-gono. A sconfiggere i terroristi sono i musulmani, quelli che hanno il coraggio e l’intelligen-za di emarginarli e disprezzarli come pazzi privi di valori. Ora, tutto ciò è solo la mia opinio-ne, puoi pensarla diversamente è ovvio, io non mi reputo una cima in geopolitica, di sicuro c’è molta gente più brava di me. Di sicuro quella gente è più intelligente e fa cose più importanti che scrivere sul giornale scolastico, ad esem-pio fa il presidente o il generale o l’ambasciatore. E di sicuro ha dei rimedi contro il terrorismo più efficaci, ad esempio bombardare a manetta città abitate da civili o intervenire nei governi altrui

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imponendo i propri modelli. Pro-babilmente queste persone sono così intelligenti, così superiori, così geniali, che le loro soluzioni non sono comprensibili per me, umile studentessa. Probabilmen-te dobbiamo continuare a fidarci di loro, che operano solo per il nostro bene e mai per il proprio interesse, e dobbiamo continuare a dare ascolto alle loro parole. Ma magari, tra un salotto televisivo e l’altro, proviamo a pensare che non potremo nasconderci per sempre in questa bella Europa e che la terra è una sola, è piccolina e dobbiamo starci tutti

Italia, corre l’anno 2015, il Parla-mento discute la proposta di legge sulle unioni civili con un ritardo di parecchi anni rispetto a molti altri paesi europei (questa discussione avveniva prima del 2000 nel Re-gno Unito per esempio e ad oggi in Austria è possibile anche l’adozio-ne di bambini da parte di persone dello stesso sesso). Come al solito la

OMO SIGNIFICA UGUALE

Matteo Rombolini

cattolicissima e burocrati-cissima Italia, maglia nera in questo campo, arriva per ultima a legiferare su una situazio-ne di fatto che esiste da sempre nel mondo. Già Aristotele infatti (par-liamo quindi di prima della nasci-ta di Cristo), descriveva in alcune popolazioni degli insoliti compor-tamenti in quanto “molti uomini preferivano amanti maschi alle donne”. Si sta quindi dibattendo su una questione che già da migliaia di anni, per non dire da sempre, si verifica. Proprio per questo la legi-slazione a favore dei diritti LGBT è entrata in vigore in molti paesi senza destare particolari proteste o scalpori. Tuttavia si verificano anche situazioni nelle quali questo riconoscimento si scontra con il parere dell’opinione pubblica, del-la politica, della religione. Ne è la prova la questione italiana. Nel bel paese infatti per ogni passo avanti, poi se ne fanno due indietro. Una parlamentare propone una legge sulle unioni civili ? Prima si ve-rificano manifestazioni di piazza

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contrarie alla riforma, poi arriva la bocciatura della Chiesa tramite il Sinodo e siamo così tornati ben più indietro del punto di partenza. C’è da chiedersi adesso, per quale motivo questo riconoscimento incontra così tante resistenze nel nostro paese… Senza dubbio in primo luogo, c’è una forte opposizione da parte della Chiesa, che si schiera in di-fesa della famiglia tradizionale. In secondo luogo c’è una grandissima ignoranza e disinformazione nel nostro paese, che contribuisce a fo-mentare sentimenti omofobi e ad additare come omosessuali coloro che si schierano a favore di questi provvedimenti anche se stanno solo difendendo un diritto di alcu-ni loro concittadini. Infine vi è una diffusa paura di ciò che è diverso, di ciò che non ci è familiare, di ciò che cambia le nostre consuetudini. Gli italiani hanno sempre guardato di malocchio i “diversi”: gli omoses-suali, gli immigrati, i disabili; tanto da discriminarli, da non ritenerli esseri umani pensanti, come noi. Ma il fatto che una persona pensi in modo diverso dal nostro, che il suo cervello lavori diversamente, vuol forse dire che essa non sta pensando?

Certo c’è da dire che il riconosci-mento delle coppie di fatto tra per-sone dello stesso sesso porterebbe non pochi stravolgimenti delle figure e dei ruoli che conosciamo, ma è forse questa una giustifi-cazione per impedire ad un altro essere umano di vivere la sua vita, in libertà e nel modo che più lo aggrada? A mio parere no. Nessu-no di noi ha l’autorità di proibire ad un’altra persona di vivere la sua esistenza dignitosamente e liberamente, nessuno ha il diritto di poter dire cosa è giusto e cosa no, di poter giudicare una donna o un uomo per le sue preferenze, di poter dire cos’è “normale”. Normale è ciò che siamo da sempre abituati a vedere, a fare, a sentire; normale è qualcosa che è per noi diventato ordinario, regolare con il passare del tempo. Il punto è che anche le coppie omosessuali sono sempre esistite, ma sono sempre dovute restare nascoste, ed è per questo che per noi non sono “normali” ma diverse, strane, sbagliate. In conclusione non basterà una legge per colmare il gap che c’è tra omo ed eterosessuali; In Italia infatti, non si tratta di un proble-ma normativo, bensì di un difetto etico, morale, umano e psicologico.

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