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Rosa Fresca Aulentissima

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La centralità del testo letterario e la letteratura vista come dialogo fra i testi nella storia sono i connotati essenziali di questa storia e antologia della letteratura italiana. Un'opera che propone nuovi, stimolanti spunti per la lezione.

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Page 1: Rosa Fresca Aulentissima

2893

Bologna, Rocchi Rosa fResca aulentissim

a Il secondo Novecento

7

In copertina: S. Dalí, La rosa meditativa, olio su tela, 1958, ©

Fundació Gala-Salvador Dalí, Torre G

alatea/S.Dalí/© by SIAE, Rom

a, 2010

Rosa fResca aulentissima

VOLUMI PER LO STUDENTE MATERIALI PER L’INSEGNANTE RISORSE ON LINE

1 Dalle origini a Boccaccio2 Umanesimo, Rinascimento

e Manierismo3 Dal Barocco all’Età dei Lumi4 Neoclassicismo

e Romanticismo5 Naturalismo e Decadentismo6 Il primo Novecento7 Il secondo Novecento

Risorse per l’insegnante e per la classe + CD-ROM

• Testidaleggere• Testidaascoltare

(scaricabili in formato .mp3)

• Approfondimenti e letture critiche

• Immaginidaguardare• Spazidisintesi

e di arricchimento didattico

Cinema e letteratura(schede di lettura e DVD consequenzefilmichetratteda40film,perunlavorosul rapporto tra linguaggio cinematograficoelinguaggioletterario)

Come una rosa che passa di mano in mano attraverso i secoli, così la letteratura è dialogo fra i testi e sui testi,èilfarsidiunatradizioneincuilevocidelpassatoriecheggianocontinuamente,diventanomemoriaviva.Neltessutovitalediquestatradizione,iclassici della letteratura italia-naedeuropeasvolgonounruoloinsiemefondativoeprofondamente“rivoluzionario”:essisonocapacidi“scavarea fondo”nellaconoscenzaenella rappresentazionedella realtà,offrendonuovi orientamenti nella lettura del mondo. Di qui l’interesse che il manuale pone alla storia del testo, ma anche alla sua fruizione e ricezione, nell’intento di sollecitare i lettori a porsi in modo attivodifronteallaproduzioneletteraria.

Moltiglistimolinuoviperlalezionediletteratura,fracuiibrevioblò che nei testi illuminano il senso di parole e frasi particolarmente pregnanti, gli spunti di analisi operativa che coinvolgono gli studenti (Collabora all’analisi),leschedesul“dialogo”traautorineltempo(Scrittori letti da scrittori)esullosviluppodellatradizione(Storia e tradizione).

PReZZo al PuBBlico

€ 16,50ValiDo PeR il 2010

2893Bologna, RocchiRoSA FREScA AulEnTISSImA7 Il SEconDo noVEcEnTo

nEll’ElEnco DEI lIBRI DI TESToInDIcARE l’InTERo coDIcE ISBn

Questo coRso è costituito Da:ISBn 978-88-201-2885-2 1 DAllE oRIGInI A BoccAccIoISBn 978-88-201-2886-9 2 umAnESImo, RInAScImEnTo E mAnIERISmoISBn 978-88-201-2889-0 3 DAl BARocco All’ETÀ DEI lumIISBn 978-88-201-2890-6 4 nEoclASSIcISmo E RomAnTIcISmoISBn 978-88-201-2891-3 5 nATuRAlISmo E DEcADEnTISmo

ISBn 978-88-201-2892-0 6 Il PRImo noVEcEnToISBn 978-88-201-2893-7 7 Il SEconDo noVEcEnToISBn 978-88-201-2894-4 RISoRSE PER l’InSEGnAnTE

E PER lA clASSE + cD RomISBn 978-88-201-7058-5 cInEmA E lETTERATuRA. DVD + SchEDE

Bologna Rosa fResca aulentissima Vol. 7

2893quESTo VolumE, SPRoVVISTo DEl TAlloncIno A FRonTE (o oPPoRTunAmEnTE PunzonATo o AlTRImEnTI conTRASSEGnATo),è DA conSIDERARSI coPIA DI SAGGIo - cAmPIonE GRATuITo, FuoRI commERcIo (VEnDITA E AlTRI ATTI DI DISPoSIzIonE VIETATI: ART. 17, c. 2 l. 633/1941). ESEnTE DA IVA (DPR 26.10.1972, n. 633, ART. 2, lETT. D).ESEnTE DA DocumEnTo DI TRASPoRTo (DPR 26.10.1972, n. 633, ART. 74).

Corrado Bologna, Paola Rocchi

Rosa fResca aulentissima

7 Il secondo Novecento

online in www.imparosulweb.eu

ctavernari
Rettangolo
Page 2: Rosa Fresca Aulentissima

6 INDICE

CAPITOLO 1L’EUROPA DELLE CORTI

1. Politica e cultura di corte 56APPROFONDIMENTO La struttura a piramide della società feudale 59LETTURA CRITICA Il guerriero, la fede, il cavaliere(F. CARDINI) 60

2. L’epica e la sua diffusione in Europa 61Tı Oliviero e Orlando: la saggezza e l’orgoglio,

Chanson de Roland 64T2 Morte di Orlando e Passione di Cristo,

Chanson de Roland 66

3. Il romanzo cavalleresco 68STORIA E TRADIZIONE Don Chisciotte: la parodia dell’avventura 70LETTURA CRITICA Tristano e Isotta: morire insieme (A. PUNZI) 74

Thomas d’AngleterreT3 Tristano e Isotta: la morte degli amanti,

Roman de Tristan 75Chrétien de TroyesT4 Il cavaliere smemorato, Lancillotto 78

4. La cultura cortese 80LETTURA CRITICA Sull’amore che chiamiamo“cortese” (G. DUBY) 81

Guglielmo IXT5 Investitura amorosa e feudale,

Ab la dolchor del temps novel 83Andrea CappellanoT6 L’ossessione d’amore, De amore 85

5. La lirica provenzale 87APPROFONDIMENTO La lirica nell’Europa medioevale: trovatori, trovieri, Minnesänger 88

Guglielmo IXT7 Il poeta-creatore, Farai un vers de dreit nien 90Bernart de VentadornT8 Il canto che sgorga dal cuore,

Chantars no pot gaire valer 94T9 Il volo mistico della mente e dell’allodola,

Can vei la lauzeta mover 96Arnaut DanielTı0La sestina: L’ordine del mondo,

Lo ferm voler qu’el cor m’intra 98

6. Il mondo dei giullari 101APPROFONDIMENTO Ridere, una libertà “pericolosa” 103Tıı Un dialogo fra sapienti recitato

dai giullari, Ritmo cassinese 104

7. La poesia goliardica 107Tı2Bacco, i Dadi e la Fortuna, Carmina burana 108

ON LINETESTI DA LEGGERE

Wı Orlando e Gano, lo scontro alla corte di Carlo,Chanson de Roland

W2 I personaggi di Chrétien, Erec ed EnideW3 Albéric de Pisançon, Elogio di AlessandroW4 Guglielmo IX, «Il gatto rosso»: vanto sessuale

e autoironia, Farai un vers, pos mi sonelhW5 Jaufré Rudel, L’amore di lontano, Lanquan li jorn

son lonc en maiW6 Raimbaut d’Aurenga, Dalla rima alla parola-rima,

Er resplan la flors enversaAPPROFONDIMENTI E LETTURE CRITICHE

Aı La pastorellaA2 La filosofia mistica medioevaleLı Il cavaliere e il senso del mondo (E. KOEHLER)L2 La statua di Isotta (A. RONCAGLIA)L3 I trovatori provenzali (A. RONCAGLIA)

CAPITOLO 2L’ETÀ COMUNALE

1. L’universo cittadino 109APPROFONDIMENTO Nuovi modelli architettonici 111

2. L’elaborazione della cultura: il convento 112SCRITTORI LETTI DA SCRITTORI Dario Fo e san Francesco (D. FO) 114

3. L’elaborazione della cultura: le università 116APPROFONDIMENTO San Tommaso e la Scolastica 119

4. Retorica e politica nel Comune 122

5. La poesia religiosa 123LETTURA CRITICA La creaturalità di Francesco (E. AUERBACH) 124

San FrancescoTı La lode di Dio attraverso le creature,

Cantico di Frate Sole 126Iacopone da TodiT2 Amore “smisurato” e conoscenza,

Senno me par e cortisia 132T3 Una “lauda drammatica”,

Donna de Paradiso 135

6. La prosa nella letteratura comunale 138SCRITTORI LETTI DA SCRITTORI Brunetto nella Commedia (D. ALIGHIERI) 141

Dino CompagniT4 La città divisa, Cronica 143

SEZIONE 2LE ORIGINI DELLA CULTURA IN VOLGARE

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Page 3: Rosa Fresca Aulentissima

7INDICE

CAPITOLO 1LA SCUOLA POETICA SICILIANA

1. Federico II e la Scuola siciliana 170

2. Temi, forme e protagonisti della poesia siciliana 174

Giacomo da LentiniTı Meravigliosa-mente 176T2 Amor è uno disio che ven da core 180STORIA E TRADIZIONE La forma del sonetto 182Stefano Protonotaro T3 Pir meu cori allegrari 183STORIA E TRADIZIONE Il siciliano antico e latrasmissione “toscanizzata” dei testi originari 184

Cielo d’Alcamo T4 Rosa fresca aulentissima 185

ON LINETESTI DA LEGGERE

Wı Giacomo da Lentini, Or come pote sì gran donna entrare

TESTI DA ASCOLTARET2 Giacomo da Lentini, Amor è uno disio

che ven da coreAPPROFONDIMENTI E LETTURE CRITICHEAı Il serventeseLı Giacomo da Lentini, caposcuola

(R. ANTONELLI)

CAPITOLO 2I POETI SICULO-TOSCANI

1. L’eredità siciliana e la riorganizzazione in Toscana 188

2. Temi e protagonisti 189

Guittone d’ArezzoTı Ahi lasso, or è stagion de doler tanto 192APPROFONDIMENTO Il contesto storico: guelfi e ghibellini a Firenze e in Toscana 196T2 Amor m’ha priso ed incarnato tutto 197

Bonagiunta OrbiccianiT3 Voi ch’avete mutata la mainera 198

Chiaro DavanzatiT4 Il parpaglion che fere a la lumera 200

ON LINETESTI DA ASCOLTARE

T3 Bonagiunta Orbicciani, Voi ch’avete mutata la mainera

APPROFONDIMENTI E LETTURE CRITICHE

Aı Guittone “politico”

SEZIONE 3IL FIORE DELLA LIRICA

Bonvesin de la RivaT5 L’allegoria della vita comunale,

Disputatio musce cum formica 1467. La novella 148

T6 Alessandro e il giullare, Novellino 150T7 Tristano e Isotta: i temi cavallereschi,

Novellino 152T8 La falsa confessione, Novellino 154

8. Tra storia e geografia: cronache e viaggi 155LETTURA CRITICA Marco Polo: quando la Cina sembrava l’America (F. RAMPINI) 158

Marco PoloT9 Raccontare la verità, Il Milione 160Tı0Il Prete Gianni, Il Milione 161Tıı Un paese delle meraviglie: il Giappone,

Il Milione 162LETTURA CRITICA Il mondo di Marco Polo e la complessità del Milione (C. SEGRE) 164

■ IN SINTESI 165

■ PER APPROFONDIRE 167

ON LINETESTI DA LEGGERE

Wı Una ballata sacra, Laudario di CortonaW2 Giovanni Villani, Come si cominciò la parte guelfa

e ghibellina in Firenze, CronicaW3 Il Saladino: la clemenza del sultano saraceno,

Conti di antichi cavalieriW4 Barlaam e Giosafat: le fonti orientali,

Novellino

TESTI DA ASCOLTARE

Tı San Francesco, La lode di Dio attraverso le creature,Cantico di Frate Sole

APPROFONDIMENTI E LETTURE CRITICHE

Aı La città e le eresieA2 Francesco giullare di DioLı Tempo della Chiesa e tempo del mercante

(J. LE GOFF)L2 Maestri e poeti (M. CORTI)L3 Il “patto del libro” di Marco e Rustichello

(V. BERTOLUCCI PIZZORUSSO)

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Page 4: Rosa Fresca Aulentissima

652 SEZIONE 7 BOCCACCIO E IL LIBRO DELLA CITTÀ DEGLI UOMINI

7 BOCCACCIO E IL LIBRO DELLA CITTÀDEGLI UOMINI

SEZ

ION

E

La scena presenta, come in unasorta di “fumetto”, lo sviluppo di una storia da sinistra a destra.A sinistra, lo scenario drammaticodella peste: si notano cadaveriin attesa di sepoltura, sacerdotinell’atto di officiare l’estremaunzione, teschi e ossa umane.

La città di Firenze èrappresentata in modofantasioso, non realistico.

Al centro, l’interno della chiesa di Santa Maria Novella, presso cui si radunano i novellatori.

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653SEZIONE 7 BOCCACCIO E IL LIBRO DELLA «CITTÀ DEGLI UOMINI»

S e Dante è ricordato per averci lasciato con laCommedia l’immagine più complessa e lumi-

nosa della “città di Dio”, su una prospettiva chepotremmo definire “verticale”, Giovanni Boccac-cio è l’autore che, nel Trecento europeo, si distin-gue per la capacità di descrivere e raccontare, inuna prospettiva “orizzontale” e laica, la “cittàdegli uomini”, con molteplici punti di vista chemuovono la sua poesia. Su un fondale dipintocon i colori della realtà, in paesaggi per lo più ur-bani o comunque urbanizzati, prendono corpovia via le storie antiche e quelle più moderne: lestorie di giostre con dame e cavalieri scritte per unpubblico ancora sensibile al gusto cortese, cosìcome le avventure quotidiane di personaggi di-versi, in una società mista, urbana e contadina, incui le diverse classi sociali si misurano e si con-frontano. Un mosaico di comportamenti e diavventure, di idee del mondo e di linguaggi,narrati per il gusto di narrare. Questo gusto èfonte di intrattenimento, colto passatempo diuna società borghese e mercantile quale è quellafiorentina dei primi lettori del Decameron.

Raccontare storie può salvare la vita. Questo èil messaggio su cui si struttura il capolavoro diGiovanni Boccaccio. Se la morte si traveste da epi-demia, se la paura spezza le relazioni civili e umanerelegando gli uomini ai più bassi istinti, alloral’uso ragionevole della parola restituisce armoniae ricrea le possibilità di un buon vivere civile.

A destra, il gruppo dei novellatori ritratto nell’atto di uscire dalla chiesa per ritirarsi in campagna.

� La peste e il DecameronLa peste a Firenze, si seppelliscono i morti; l’incontro di 7 fanciulle e di 3 giovani nella chiesa di santa Maria Novella. Dal Decameron, a cura di Laurent de Premierfait, 1430 circa (Parigi, BibliothèqueNationale de France).

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562 SEZIONE 5 TASSO E L’«AUTUNNO DEL RINASCIMENTO»

UNO SCRITTORE SENZA PATRIA � Torquato Tasso nasce a Sorrentol’11 marzo 1544 da Porzia de’ Rossi, nobildonna pistoiese, eda Bernardo, gentiluomo di corte e poeta, di nobile famigliabergamasca. Sorrento non è però una patria stabile: la vitadel poeta si apre all’insegna dello sradicamento, sentimentoche lo accompagnerà per l’intera esistenza. Nel 1551 in-fatti la famiglia si trasferisce a Napoli, dove Torquato fre-quenta le scuole dei gesuiti. Ha otto anni quando ilpadre, al servizio di Ferrante Sanseverino, principe di Sa-lerno, è costretto a seguire il condottiero in esilio. Nel1554 raggiunge il padre a Roma, separandosi dallamadre che non rivedrà più (la donna morirà nel1556).

TASSO e il suo tempo

1460-70 Pulci, IlMorgante

1517 Lutero,95 tesi

1511 Erasmo da Rotterdam,

Elogio della pazzia

1494 Boiardo, terzo libro

dell’Innamorato,interrotto dalla morte

1516 Prima edizione dell’Orlando

furioso di Ariosto1521

Rosso Fiorentino,Deposizione di Volterra

1540 Fondazione della

Compagnia di Gesù

1548 Robortello: primo

commento completo alla Poetica di Aristotele

1527 Trissino, Italialiberata dai Goti

1528 Pontormo, Deposizionedi Borgo Sansepolcro

1545 Si apre il Conciliodi Trento

1560-64 Si dedica agli studi universitari

1544 Nasce a Sorrento

1559 A Venezia inizia il

Gierusalemme

1559 La Chiesa istituisce l’Indice

dei libri proibiti

� Tasso da giovanePresunto ritratto di Tasso, scuola emilianadel XVI secolo (Firenze, Galleria Palatina).

CAPITOLO 2TORQUATO TASSO

1 La vita 2 Il pensiero e la poetica 3 Tasso e le arti figurative 4 Le opere in prosa 5 Le opere in poesia

ı La vita

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563CAPITOLO 2 TORQUATO TASSO

� Le esperienze giovanili

GLI SPOSTAMENTI NELL’ADOLESCENZA E GLI STUDI UNIVERSITARI � L’infanzia e la giovinezza delpoeta trascorrono tra continui spostamenti al seguito del padre: da Bergamo a Urbino(1557) a Venezia (1559). Qui ha inizio la stesura di un poema sulla prima crociata, il Gie-rusalemme, abbozzo del futuro capolavoro, la Gerusalemme liberata. Nel ’62, ancora a Ve-nezia, dà alle stampe il Rinaldo, poema cavalleresco influenzato dall’Amadigi del padre,pubblicato nel ’60.

Dal 1560 è a Padova, dove studia prima diritto, poi filosofia ed eloquenza. Due anni doposi trasferisce a Bologna, ma viene espulso dall’Università nel gennaio ’64, perché accusato diaver composto una satira contro docenti e studenti. Ritorna così a Padova, dove, nel 1565, èammesso nell’Accademia degli Eterei, con il nome di Pentito. Stringe rapporti con Sperone Spe-roni e con Scipione Gonzaga.Sono questi gli anni delle primeesperienze amorose e dellemolte molte liriche d’amore.

1562 Dà alle stampe il Rinaldo

1563 Si chiude ilConcilio di Trento

1565 Entra al servizio diLuigi d’Este

1565-66 ca. Composizione deiDiscorsi dell’artepoetica

1570 Castelvetro “volgarizza”la Poetica di Aristotele

1572 Massacro della nottedi San Bartolomeo

1583 Nasce a Firenzel’Accademia della Crusca

1584-85 Giordano Bruno pubblicaa Londra i Dialoghi italiani

1569 Muore il padre

1605-15 Cervantes,

Don Chisciotte

1570-75 Lavora al Goffredo (poi Gerusalemme liberata)

1573 Componel’Aminta

1575 Termina laGerusalemmeliberata

1587-92 Continui spostamenti

1586 Fine della prigionia

1593 Pubblica la Gerusalemme conquistata

1595 Muore a Roma

1577 Viene sottopostoall’Inquisizione.Primi sintomi di squilibrio

1579 Reclusione nell’ospedaledi Sant’Anna

� Francesco Podesti, Torquato Tassoalla corte di Ferrara, 1842, olio su tela(Brescia, Pinacoteca Civica TosioMartinengo).

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528 SEZIONE 6 PETRARCA E IL LIBRO DELLA VITA

4 La fortuna

IL PETRARCHISMO � La fortuna del Canzoniere è soprattutto lafortuna del suo linguaggio poetico, fissato da Petrarca informe e strutture che risulteranno straordinariamente stabilinella tradizione letteraria europea. Una data importante delsuccesso del Canzoniere è il 1501, anno in cui il tipografo-umanista veneziano Aldo Ma-nuzio stampa un’edizione del libro in forma tascabile, allestita da Pietro Bembo, studiosoe scrittore di fondamentale importanza per la storia della tradizione letteraria italiana. Nel1525 nelle Prose della volgar lingua Bembo individuerà proprio nel Canzoniere il modellodi lingua poetica da offrire all’imitazione dei nuovi scrittori. A seguire, nel 1530, la pub-blicazione della raccolta bembiana di Rime segna l’atto di nascita del petrarchismo, unacorrente che consacra la poesia petrarchesca come codice lirico comune a un’intera genera-zione di poeti, al di là delle appartenenze geografiche e culturali [ Approfondimento«Imitare Petrarca», p. 587]. Il petrarchismo diventa persino un fatto di costume, esteso apoeti e poetesse, esponenti della vita cortigiana e aristocratica. Di questa moda si trova trac-cia nei dipinti cinquecenteschi, come nelle tele di Andrea del Sarto o del Bronzino, in cuicompaiono i petrarchini, ovvero esemplari “da tasca” del Canzoniere, oblunghi e stretti, te-nuti tra le mani da giovani donne. Sulla spinta del petrarchismo l’influenza del poeta di-venta un fenomeno europeo, come testimonia la fortuna della forma-sonetto tra Cinque-cento e Seicento (in Francia, in Spagna, e in Inghilterra con William Shakespeare).

� Un petrarchino del XVI secoloAgnolo di Cosimo, detto il Bronzino, Laura Battiferri, olio su tela, 1555-60 circa (Firenze, Palazzo Vecchio). La poetessa ha in mano un libro conle Rime del Petrarca. Laura Battiferri (1523-89), personalità complessa e umbratile, fu poetessa in volgare, amante di letture che univano il sacro al profano: dalle Sacre Scritture e san Tommaso a Ovidio, sino alle rime petrarchesche.

Sulle due pagine aperte del volumetto sileggono due sonetti che nel Canzoniere,in realtà, non figurano in sequenza: gli imitatoridel poeta, pur riconoscendogli funzione di modello, non colsero l’unità del libro e privilegiarono una fruizione per “frammenti”.

I due sonetti su cui si apre il librovertono sul tema dello “sdegno”, che,come ha rilevato il critico Roberto Fedi,si collega al ritratto della donna dal volto austero e dal profilo incisivo,appena mitigato dal velo.

ON LINEApprofondimenti (G. Ungaretti)● Il poeta dell’oblio

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529CAPITOLO 2 IL CANZONIERE

LA LINEA-PETRARCA NEL NOVECENTO � Nonostante i secoli più vicini a noi vedano una forteripresa del modello di Dante, la tradizione petrarchesca mantiene una sua vitalità, comedimostra il complesso rapporto che nell’Ottocento Leopardi ebbe con l’autore del Can-zoniere. Nel corso del Novecento, da un lato il petrarchismo si esprime in forme segretee difficili, ma solo in apparenza meno evidenti, in quello che è stato definito un «per-corso carsico» (A. Cortellessa); dall’altro esistono casi come quello di Umberto Saba eGiuseppe Ungaretti, in cui il richiamo a Petrarca è dichiarato o almeno evidente [ Sto-ria e tradizione «La forma “canzoniere”, p. 518]. Ungaretti, in particolare, sottolineal’attualità di Petrarca come «inventore del tempo» in poesia: egli vede nell’autore del Can-zoniere colui che per primo ha scoperto il valore della memoria come possibile argine con-tro il senso inesorabile di perdita connesso all’oblio. In tempi ancora più vicini a noi ilpoeta contemporaneo Andrea Zanzotto intrattiene con il Canzoniere e con la forma-so-netto un rapporto ricco di implicazioni, che dimostra la vitalità inesauribile del modellopetrarchesco [ Scrittori letti da scrittori «Il mio Petrarca: due poeti a confronto conil modello», pp. 604-606].

STORIA E TRADIZIONE

Petrarca e il Novecento

Q uale posto occupa nel Novecento la poesia diPetrarca e come guardano i poeti contempo-

ranei al maestro-fondatore del linguaggio lirico eu-ropeo? Per spiegare la persistenza di tracce petrar-chesche nel Novecento sono state coniate dallacritica espressioni come «petrarchismo segreto e dif-ficile» o «percorso carsico». In realtà anche studi re-centi (A. Cortellessa [a cura di], Un’altra storia. Pe-trarca nel Novecento italiano, Roma, Bulzoni, 2005)hanno dimostrato che le presenze petrarchesche neipoeti della prima e della seconda metà del secoloscorso sono molto più ricche e sorprendenti diquanto si sia portati a pensare.

Se nel Novecento la memoria di Dante si fa piùinsistente, quella di Petrarca arretra solo in apparen-za. Su questa linea si collocano poeti come Umber-to Saba (1883-1957), che ripercorre l’intero arcodella sua esistenza in un libro lirico significativa-mente intitolato Canzoniere e sottoposto, al pari diquello di Petrarca, a un lungo lavoro di sistemazio-ne e di rielaborazione. Centrale è stata la lezione diPetrarca anche per Giuseppe Ungaretti (1888-1970), che gli dedica un importante saggio dal ti-tolo Il poeta dell’oblio (1943) e che nella raccoltaSentimento del tempo (1933) recupera l’influenza diun Petrarca poeta dell’assenza, intento a cantarequalcosa di irraggiungibile, e della memoria. Saràquesto il Petrarca amato dai lirici della corrente er-metica del primo Novecento e, in particolare, da un

poeta come Mario Luzi (1914-2005), che nella li-rica Anno scrive:

Io, come sia, son qui venuto, avanzo da tempi inconoscibili, ardo, attendo; senza fine divengo quel che sono, trovo riposo in questa luce vuota.

(Anno da Primizie del deserto, 1952)

Tuttavia, il Novecento conosce anche un “altro”Petrarca, fatto di luoghi, di paesaggi, di mappe del-l’anima e dell’essere, che si attuano nel linguaggio enella parola. È questo il Petrarca di un poeta comeAndrea Zanzotto, che in un suo saggio scrive:

Se è vero che un libro è un “luogo” in cui gli uo-mini si riconoscono – gruppi, ceti, epoche, uma-nità in senso totale – mai forse è stato più giustoaffermarlo che per il Canzoniere di Petrarca, un’o-pera che certamente dà il senso di una perfetta,adamantina unità, che dà l’immagine più puraappunto del luogo chiuso, dello spazio templareritagliato nell’indistinto della realtà o nel nulla:ma essa è tuttavia gremita di indizi, di aperture,di indicazioni al movimento (le più varie anchese in qualche modo dissimulate) ed è comunquedominata da alcuni temi e tensioni degni diun’applicazione senza fine e tali da chiamare incausa “chiunque”.

(A. Zanzotto, Petrarca fra il palazzo e la cameretta, in Scritti sulla letteratura, a cura di G.M. Villalta,

Milano, Mondadori, 2001)

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570 SEZIONE 5 TASSO E L’«AUTUNNO DEL RINASCIMENTO»

Galileo lettore di Ariosto e Tasso

In un suo studio molto importante lo storico del-l’arte Erwin Panofsky ribadisce come sia utile svol-

gere un ragionamento unitario su Galileo, che pren-da in esame non solo il suo pensiero scientifico, maanche i suoi orientamenti di “critico delle arti” e dilettore, facendo riferimento per questo aspetto allesue Considerazioni al Tasso e, inparticolare, al paragone quiistituito fra la Gerusalemme li-berata e l’Orlando furioso. Sulpiano estetico, osserva Panof-sky, «non solo in quanto stori-ci della letteratura e critici let-terari, ma anche in quanto sto-rici e critici d’arte noi dobbia-mo cercare di valutare l’instan-cabile entusiasmo di Galileoper l’Ariosto e la sua implaca-bile avversione per il Tasso.[…] Quando leggiamo le Con-siderazioni al Tasso di Galileo,ci rendiamo conto che per luila scelta fra questi due poetinon era soltanto una questionepersonale […], ma trascendeval’ambito di una controversiapuramente letteraria. Per luiquesta differenza rappresenta-va non tanto due diverse con-cezioni della poesia, quanto

due atteggiamenti antitetici nei confronti della vita edell’arte in generale» (Galileo critico delle arti).

Lo studioso si riferisce in particolare alle accuse ri-volte a Tasso di “intarsiare” anziché dipingere, «essen-do le tarsie un accozzamento di legnetti di diversi co-lori, con i quali non possono giammai accoppiarsi ed

unirsi così dolcemente che nonrestino i lor confini taglienti edalla diversità de’ colori cruda-mente distinti» (G. Galilei,Opere, vol. IX, Firenze, Barbè-ra, 1890-1909). Quello trac-ciato da Galilei è dunque il di-segno di una disarmonia, cuisi oppone la circolare e armo-nica perfezione del poema ari-sostesco. Il fatto è esattamentequesto: che Ariosto «tondeg-gia» ed edifica la sua opera-pa-lazzo su una pianta circolare,mentre Tasso deforma il cer-chio con un accozzamento ditarsie e con il suo tentativo diaccogliere nel poema gli oppo-sti senza mediarli. Alla circola-rità del Furioso, quindi, si op-pone la forma ellittica, il “cer-chio distorto” della Liberata.Questo determina il giudizio divalore espresso da Galileo.

� Stefano della Bella, rame impresso sull’edizionebolognese delle opere di Galileo Galilei del 1655-56,con Galileo di fronte alle allegorie dellaMatematica, dell’Astronomia e dell’Ottica.

3 Tasso e le arti figurative

IL «PARLAR DISGIUNTO» � Dalla nuova sensibilità tassiana nasce un nuovo orientamento stili-stico: il poeta ne parla in una lettera del 1° ottobre 1575 all’amico Scipione Gonzaga. Egli af-ferma di usare troppo spesso «il parlar disgiunto, cioè quello che si lega più tosto per l’unionee dependenza de’ sensi, che per copula o altra congiunzione di parole»; ovvero una forma dellascrittura che tende a frantumare i legami grammaticali (la copula e la «congiunzione di parole»)affidando piuttosto la produzione di significati all’associazione fulminante di parole. Tassopredilige dunque espressamente un parlare paratattico, che non trova la propria coesione neinormali legami grammaticali, ma nei concetti, nei sensi che stabiliscono fra loro legami sot-terranei e nascosti, nessi impliciti fissati senza l’utilizzo di una qualche «congiunzione di parole».Questo «parlar disgiunto» di Tasso rispecchia in qualche misura l’operazione compiuta neglistessi anni dai pittori del «dipingere disgiunto», in primo luogo Tintoretto e Tiziano, per scar-dinare l’articolata sintassi della rappresentazione manieristica [ cap. 1, p. 553].

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571CAPITOLO 2 TORQUATO TASSO

SCRITTORI LETTI DA SCRITTORIG. Galilei

Il Galileo scienziato applicava all’ambito artisticoun più vasto modello di lettura della realtà derivatodai suoi studi astronomici. Nel 1543 era stata pub-blicata la tesi copernicana sul movimento dei piane-ti, secondo la quale ogni pianeta ruotava attorno aun punto immaginario situato al centro della sua or-bita e ogni orbita era un cerchio perfetto, cosicchéla velocità di rotazione dei pianeti doveva essere co-stante, nonostante le apparenze. In anni prossimi aGalileo, degli adattamenti a questa tesi rivoluziona-ria furono proposti da Johannes Kepler, italianizza-to in Keplero, (1571-1630), che di Galileo, per usa-re l’espressione di Panofsky, fu «intrepido compagnod’armi nella lotta per il riconoscimento del sistemacopernicano». Keplero, constatata la diversa velocitàdei pianeti nella loro rotazione, dedusse che le loroorbite dovevano avere forma ellittica. Queste con-clusioni vennero pubblicate dallo scienziato tedescogià nel 1609, cosicché appare pressoché impossibileche Galileo le ignorasse; eppure in nessun luogo eglivi fa riferimento. Per quale ragione?

La risposta può essere trovata in quanto dichiaraGalileo stesso all’inizio del suo Dialogo sopra i duemassimi sistemi del mondo, dove «inequivocabilmen-te fa propria la fede, comune al platonismo e all’ari-stotelismo, nella perfezione […] del cerchio, nonsolo da un punto di vista matematico ed estetico maanche meccanico» (Panofsky). Sulla base di questaperfezione, dunque, Galileo stabilisce che «il solomovimento circolare» può «naturalmente convenire

ai corpi naturali integrati nell’universo» (G. Galilei,Opere, vol. VII). Gli è quindi impossibile «visualiz-zare il sistema solare come una combinazione di el-lissi», essendo l’ellisse null’altro che «un cerchiodeformato» (Panofsky).

È questo stesso rifiuto dell’ellisse, «forma re-spinta con enfasi dal pieno Rinascimento, ma col-tivata con cura dal manierismo», a determinare il ri-fiuto della Liberata da parte del lettore Galileo.Nello stesso modo in cui “legge” il sistema solare, loscienziato legge «tutti i movimenti umani», ricon-ducendoli «a un sistema di cerchi e epicicli». È dasottolineare che il «punto di vista di Galileo sui mo-vimenti umani» risulta così «in sintonia con quellodi un pittore del Rinascimento piuttosto che conquello di un astronomo a lui contemporaneo». Ununico paradigma, ovvero uno stesso modo di leg-gere la realtà, è dunque applicato all’ambito scien-tifico e a quello estetico; il giudizio espresso suAriosto e Tasso, il primo amato e l’altro instanca-bilmente avversato, costituisce il terreno di prova diquesta equivalenza. In conclusione, proprio per ilriferimento a uno stesso paradigma, «se si ritieneche l’atteggiamento scientifico di Galileo abbia in-fluenzato il suo atteggiamento estetico, si puòugualmente ritenere che il suo atteggiamento este-tico abbia influenzato le sue convinzioni scientifi-che. Per essere più precisi: sia come scienziato, siacome critico d’arte è lecito dire che Galileo abbiaobbedito alla stessa inclinazione al controllo».

� Le scelte stilistiche

LE FIGURE RETORICHE � Dalla “disgiunzione” risultano brevità, asprezza e asimmetria sin-tattica: esiti stilistici sentiti come consoni alla scrittura epica e alla “magnificenza” che lesi addice. Strumento per eccellenza del «parlar disgiunto» è l’enjambement, che nella frat-tura tra svolgimento sintattico e struttura metrica esprime magistralmente la disarmonia,insieme all’iperbato (l’inversione dell’ordine naturale delle parole di una frase) e al chia-smo (una particolare disposizione a incrocio di due coppie di parole), figure anch’esse si-gnificativamente care al poeta. Molti anni più tardi, questa forma di costruzione del testoe del discorso sarà percepita quale esatto opposto dell’armoniosa levigatezza ariostescada un osservatore quale Galileo Galilei, che nelle sue Considerazioni al Tasso, condanna ilpoeta della Liberata per la «brevità di parole» e i «concetti spezzati e senza dependenza econnessione tra loro» [ Scrittori letti da scrittori «Galileo lettore di Ariosto e Tasso»,pp. 570-71].

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268 SEZIONE 2 UNA PAROLA SCHEGGIATA: LA POESIA

T ı0 L’Allegria

ItaliaNata così e mai rimaneggiata, la lirica esprime l’incerto intrecciarsi dell’identità poetica e di un’identità culturale dalleradici sempre problematiche.

schema metrico: versi liberi, sino alla misura lunga del verso 5, costituito da un quinario sdrucciolo + senario.

ItaliaLocvizza l’1 ottobre 1916

Sono un poetaun grido unanimesono un grumo di sogni

Sono un frutto5 d’innumerevoli contrasti d’innesti

maturato in una serra

Ma il tuo popolo è dalla stessa terrache mi porta

10 Italia

E in questa uniformedi tuo soldatomi riposocome fosse la culla

15 di mio padre

portato

Italia simbolo e mitoL’Italia, patria sognata, è unsimbolo che si connette al mitodelle origini, della maternità (vedi nota al verso 7).

OB

2. un grido unanime: do voce a unacollettività che può riconoscersi nellamia poesia.4-6. Sono … serra: sono versi nei qua-li emerge la consapevolezza da parte diUngaretti della particolarità della pro-pria biografia culturale («frutto / d’in-

numerevoli contrasti d’innesti» sottoli-nea la natura composita delle culture edegli influssi sulla sua formazione) e,insieme, la fierezza e il senso aristocra-tico del proprio nomadismo culturale(«maturato in una serra»: frutto cioè diun’esperienza non casuale).

7. portato: è sia participio passato diportare sia un termine antico per feto.14. come … culla: la ricerca dell’iden-tità si lega qui all’uniforme del soldato,oggetto e insieme luogo simbolico in cuitrovare consapevolezza di sé e delle pro-prie radici («la culla / di mio padre»).

GUIDA ALLA LETTURA | T ı0

◗ La circolarità del viaggio e del testoLa lirica ruota intorno al mito del viaggio verso la ter-ra promessa, verso la terra madre. Il riconoscimentodelle proprie radici trova conferma nella circolaritàdel componimento, che chiude la terza strofa con lastessa parola del titolo (Italia). L’ultima e quarta stro-fa collega il mito dell’Italia al motivo dell’uniformedel soldato, oggetto simbolico di una identità ritrova-ta. Si attiva, dunque, un ideale asse di collegamento

che lega tra loro l’Italia-terra madre all’uniforme delsoldato e, infine, entrambe all’immagine mitica del-la culla, che è insieme punto di partenza e di arrivodel viaggio.

◗ Pluralità e identitàIl rapporto con la terra promessa è, tuttavia, com-plesso: il poeta si dice frutto di contrasti e d’innesti,figlio cioè di una pluralità di esperienze culturali, fio-

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269CAPITOLO 2 GIUSEPPE UNGARETTI

re maturato «in una serra» (v. 6). Non a caso, la se-conda strofa centrale è come una parentesi che si ponetra due fuochi: da un lato l’affermazione di sé come poe-ta (vv. 1-3), dall’altro il richiamo all’Italia (vv. 7-10).Eppure non c’è frattura tra questi aspetti: l’io può dir-si tale proprio in forza della pluralità delle esperien-ze su cui è maturato. Anche se questa pluralità può es-sere causa di lacerazioni (il «sentirsi nomade» diUngaretti), essa consente al poeta di poter vivere edesprimere in sé il dolore universale (il «grido unani-me»). In questa direzione agisce anche la guerra che,nonostante la sua drammaticità, diventa occasioneprivilegiata per ritrovare il legame con la terra-madree con un popolo-collettività a cui il poeta sente di po-ter dar voce.

◗ Una poetica controcorrenteL’inizio del testo è forte e incisivo: con la dichiarazionedella sua coscienza di essere un «poeta» Ungarettisembra entrare in polemica con tutta una tradizioneprimo-novecentesca di negazioni e di reticenze, dal«Perché tu mi dici: poeta? / Io non sono un poeta» diCorazzini al «Io mi vergogno / sí, mi vergogno d’esserun poeta» di Gozzano, dal «non aver nulla da dire» diMoretti al «saltimbanco dell’anima mia» di Palazze-schi. Questo tuttavia non significa che Ungaretti ri-vendichi per sé l’intento di fare una poesia celebrativa,propria del poeta vate alla Carducci o alla d’Annunzio.Piuttosto, è annunciata una scoperta: il riemergereistintivo di una sicurezza e altezza di canto, che af-fiora intatta da un baratro di silenzio e di consunzione.Il «grido unanime» è il risultato sia di questa recupera-

ta identità sia della disposizione a proseguire una tra-dizione poetica, che nasce dalla consapevolezza del si-lenzio e della morte. La poesia, ancora una volta, si “ri-trova”, ricomincia dopo il naufragio con i pochi esparsi relitti. Passata l’esperienza dolorosa della guerrae dello smarrimento, la poesia cerca di ridare senso evoce al mondo.

LABORATORIO SUL TESTO | T ı0

Comprensione

1 Quale sentimento verso l’Italia pare esprimere il poeta in questa lirica? Quale sentimento verso le proprie,varie, radici?

Analisi e interpretazione

2 Rintraccia tutte le metafore presenti nella poesia. A quali ambiti rimandano?

3 La sintassi è in questi versi particolarmente frammentaria. Ripercorrine gli snodi e le fratture.

Testi a confronto

4 Metti a confronto l’esplicita dichiarazione iniziale della lirica con la rappresentazione che il poeta dà di sé inIl Porto Sepolto.

5 Confronta la rappresentazione di sé come poeta offerta da Ungaretti e quella delineata da Guido Gozzanonella poesia Totò Merùmeni [ cap. 1, T10, p. 202]. Amplia, se vuoi, i confronti, leggendo la Desolazione delpovero poeta sentimentale di Sergio Corazzini [ cap. 1, T12, p. 208].

� GiuseppeUngaretti indivisa durante la guerra 1915-18.

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318 SEZIONE 3 LEOPARDI E LA POETICA DELLA LONTANANZA

T 5 Canti, XIV

Alla lunaComposta a Recanati, la lirica risale probabilmente al 1819 (e comunque la sua stesura è da collocarsi non oltre l’e-state del 1820). Il manoscritto autografo registra, per il titolo, una duplice possibilità: La Luna o La Ricordanza; ap-punto come La Ricordanza questo testo apparve nelle stampe del 1826. A partire dall’edizione fiorentina dei Canti del1831 assunse invece il titolo attuale.

Il componimento ruota intorno al tema del ricordo e, più precisamente, al contrasto tra la percezione della sofferenzaindividuale, che non muta con il passare del tempo, e il piacere che scaturisce dalla ricordanza, soprattutto quando lasi coltivi in età giovanile, ancora carichi di speranze per l’avvenire. L’aggiunta dei versi 13-14 (composti nel 1835) mo-stra come un Leopardi maturo torni sull’idillio giovanile e ne corregga in parte il significato alla luce delle disillusionidell’età adulta.

schema metrico: endecasillabi sciolti.

O graziosa luna, io mi rammentoChe, or volge l’anno, sovra questo Io venia pien d’angoscia a rimirarti:E tu pendevi allor su quella selva

5 Siccome or fai, che tutta la rischiari.nebuloso e tremulo dal pianto

Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luciIl tuo volto apparia, che travagliosaEra mia vita: ed è, nè cangia stile,

10 O mia diletta luna. E pur mi giova, e il noverar l’etate

Del mio dolore. Oh come grato occorreNel tempo giovanil, quando ancor lungoLa speme e breve ha la memoria il corso,

15 Il rimembrar delle passate cose,Ancor che triste, e che l’affanno duri!

La ricordanza

Ma

colle

1. graziosa: piena di grazia, leggiadra(ma anche, data la predilezione di Leo-pardi per le parole dai molti sensi, be-nigna, propizia). 2. or volge l’anno: ora ricorre un anno. 3. venia: venivo.4. pendevi: sovrastavi; qui suggeriscel’immagine di una luna come sospesa eimmobile nel vuoto, capace di illumi-nare persino la selva, privandola alme-no in parte del senso di paura che essatradizionalmente suscita. ■ selva: l’au-tografo riporta inizialmente «sovra quelbosco»; una chiara suggestione dante-sca (la selva oscura del Canto I dell’In-ferno) spiega la scelta definitiva.

6. nebuloso e tremulo dal pianto: an-nebbiato e tremolante a causa del pianto. 7. sorgea: sgorgava. ■ luci: occhi.8. che travagliosa: poiché piena d’af-fanni, tormentata. 9. ed è, nè cangia stile: e così rimane(travagliosa), né cambia il suo modod’essere.10. mi giova: mi è gradita (e, al tem-po stesso, mi è d’aiuto).11. ricordanza: il vocabolo, centrale inquesto idillio, rimanda a un tema es-senziale di tutta l’opera leopardiana.12. come grato occorre: come risultagradito (si riferisce a «Il rimembrar» delverso 15).

13-14. quando … corso: quando lasperanza [di felicità] crede di avere an-cora molto tempo per realizzarsi,mentre i ricordi si limitano alla breveesistenza vissuta. I versi 13-14 sonoun’aggiunta autografa di Leopardi sul-l’esemplare Starita dei Canti (Napoli,1835), corretto dopo la pubblicazione,e apparvero per la prima volta nell’edi-zione dei Canti curata da Antonio Ra-nieri (Firenze, 1845).16. Ancor che triste: anche se doloro-se; triste è femminile plurale di “tristo,-a”, da riferire a cose (v. 15). ■ e che l’af-fanno duri: benché l’affanno non fi-nisca; dipende sempre da Ancor.

Un paesaggio conosciutoSi tratta evidentementedell’«ermo colle» dell’Infinito.

OB

RispondenzeUn analogico movimentosintattico era già nell’Infinito.«Ma sedendo e mirando…», v. 4. O

BLÒ

Il recupero del passatoQuesta parola condensa il temadella lirica: il ricordare èpiacevole in sé perché annulla i limiti spazio-temporaliindipendentemente dalla naturadell’evento ricordato.

OB

ON LINE● Testi da ascoltare

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319CAPITOLO 2 I CANTI

GUIDA ALLA LETTURA | T 5

◗ Dalla siepe alla luna Il luogo da cui prende le mosse l’avventura dell’animodescritta in questo idillio è lo stesso dell’Infinito (cuiAlla luna si lega strettamente anche per motivi di cro-nologia compositiva e di struttura formale): un «colle»sul quale si trova un bosco, anzi una «selva». E medesi-ma è l’azione iniziale: anche in questo caso, infatti, losguardo si appunta su un terzo elemento naturale pre-sente sulla scena. Nell’Infinito questo terzo elementonaturale era la terrestre e scura siepe; qui, la celeste eluminosa luna. Una luna che funziona da metaforicospecchio, che riflette e rimanda indietro lo sguardocontemplante, lo costringe a dirigersi all’interno dell’io.Lo sguardo-pensiero nell’Infinito si perde in un verti-ginoso e irripetibile naufragio, mentre in questa lirica siconcentra sull’angosciosa condizione dell’esistenza e sulvalore consolatorio della ricordanza. Quest’ultimacostituisce il vero nucleo tematico dell’idillio, la cui no-vità rispetto ai precedenti consiste proprio nella sottoli-neatura della piacevolezza del ricordare. Questa facoltàconsente infatti al soggetto di superare il limite spa-zio-temporale per accedere a una serie di sensazioni vi-tali, anche se legate a esperienze dolorose.

◗ Il ritmo e il suonoI sedici endecasillabi dell’idillio si caratterizzano per unritmo ampio e disteso (grazie all’utilizzo diffuso del-l’enjambement, con maggiore forza ai vv. 1-2, 8-9, 10-11, 12-13. Da notare tuttavia le sospensioni ottenutecon le pause ai versi 3 e 5 (dopo rimirarti e rischiari). Alverso 9 («Era mia vita: ed è, né cangia stile»), in corri-spondenza del momento di maggiore tensione dram-matica, si realizza un deciso innalzamento ritmico. Larima, sempre interna al verso, è presente solo in duepunti (ai vv. 3 e 8 venia : apparia, e ai vv. 11 e 15 etate :passate); in entrambi i casi evidenzia il tema del passa-to, creando, anche da un punto di vista fonico, un’at-mosfera di indefinito. Sono invece molto frequenti leallitterazioni in R e M: le prime creano legami fra pa-role che indicano dolore (tRemulo; tRavagliosa; doloRe;tRiste); le seconde uniscono invece parole che sottoli-neano il motivo del ricordo (raMMento; teMpo; Me-Moria; riMeMbrar). È possibile rimarcare, inoltre, lapresenza frequente della vocale a, il cui timbro chiaroviene utilizzato per creare un melodico effetto di va-ghezza. Significative alcune consonanze (come, ad esem-pio, rammeNTo/piaNTo e memoRia/duRi), poiché graziead esse si determinano rapporti semantici tra termini cheindicano ricordo e sofferenza. Fra le assonanze sono dasottolineare: rimirArtI : rischiArI; nebulOsO : vOltO; tra-vagliOsA : giOvA; dolOrE : occOrrE; spEmE : brEvE.

◗ Il tessuto lessicale Sotto il profilo lessicale, è da osservare come prevalga-no gli aggettivi qualificativi (graziosa, pien, nebuloso,tremulo, travagliosa, diletta, grato, giovanil, lungo, bre-ve, triste) sui dimostrativi. Questi ultimi sono, peraltro,efficacissimi, come nell’Infinito, nell’assegnare agli og-getti una forte, quasi visibile concretezza fisica e spa-ziale: questo colle, quella selva. I tempi verbali esprimo-no un’azione durativa sia nel passato sia nel presente;particolarmente significativo a questo proposito è an-cora il verso 9, in cui sono concentrati un imperfetto(era), un presente (è) ed un secondo presente (cangia)con valore di futuro, quasi a rimarcare la circolarità deltempo e dei suoi momenti uniti dalla memoria. Infi-ne, fra le figure retoriche, netta prevalenza è da asse-gnare alle antitesi (rischiari / nebuloso; nebuloso / luci;mie / tuo; giova / dolore; dolore / grato; lungo / breve),che sottolineano il contrasto tra la condizione di soffe-renza dell’io e il piacere prodotto dal ricordo.

� Caspar David Friedrich, Due uomini che contemplano la luna,1819, olio su tela (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister).

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320 SEZIONE 3 LEOPARDI E LA POETICA DELLA LONTANANZA

COLLABORA ALL’ANALISI | T 5

● Integra e approfondisci le indicazioni della lettura guidata, svolgendo le attività proposte.

Attraverso questo idillio proveremo a ragionare su comeLeopardi lavori sui propri testi e li rilegga nel tempo al-la luce della propria maturazione personale e poetica.

Il manoscritto autografo della lirica reca due possibili ti-toli: La Luna o La Ricordanza. Nella stampa del 1826Leopardi opta per il secondo, ma solo nel 1831 si deci-de per il titolo definitivo, che sarà Alla luna.

Altro “luogo” cruciale dell’idillio è la sua conclusione:l’autore infatti nel 1835, quindi solo due anni prima del-la morte e in coincidenza con l’edizione Starita dei Can-ti, aggiunge i versi 13-14: «Nel tempo giovanil, quandoancor lungo / La speme e breve ha la memoria il corso».Anche in questo caso, a posteriori, l’idillio giovanile su-bisce un cambiamento di prospettiva interessante.

Labor limae

1 Avanza delle ipotesi chespieghino l’incertezza di Leopardi nella definizionedel titolo. Quali differentisoluzioni interpretative del testo suggerisconorispettivamente i tre titoliattestati?

2 Rileggi l’idillio privo dei due versi finali e poiconfrontalo con la versionedefinitiva. Quale idea nuovaimmette nell’idillio l’aggiunta?3 Quali ragioni possonoaver spinto Leopardi a intervenire sulla suacomposizione a distanza di tanti anni dalla sua stesura?

STORIA E TRADIZIONE

Lune leopardianeIl “tramonto della luna” e della poesiaLa luce della luna si riverbera su tutta la poesia deiCanti, in una dialettica carica di significati con l’o-scurità dello sfondo. Il tramonto della luna, compo-sto probabilmente nel 1836, ma inserito solo nell’e-dizione postuma delle Opere del 1845, chiuderà il ci-clo con un ultimo notturno lunare, che Leopardi sce-glie quale definitivo congedo dalla poesia, accompa-gnato dall’intensissimo addio rivolto alla luna, dasempre sua interlocutrice e confidente prediletta:

Dietro Apennino od Alpe, o del TirrenoNell’infinito seno Scende la luna; e si scolora il mondo;Spariscon l’ombre, ed una oscurità la valle imbruna;orba la notte resta…

(vv. 10-14)

Non solo per il tema, questa canzone si lega all’i-dillio giovanile Alla luna. Un’interessante coinci-

denza riguarda l’aspetto compositivo: al periodo cheprecede immediatamente la scrittura de Il tramontodella luna, infatti, risale anche l’aggiunta dei due ver-si finali di Alla luna, che limitano all’età giovanile lapiacevolezza della rimembranza. Intervenendo a ri-troso su una delle prime liriche della “serie lunare”,Leopardi rendeva così plausibile a posteriori la para-bola concettuale dalla speranza giovanile alla de-lusione dell’età matura e autorizzava l’analogia frail tramonto della luna e quello della giovinezza e del-le sue illusioni. Nel Tramonto la luna non vive più divita propria, ma è completamente assorbita nella si-militudine con la giovinezza; e con la luna l’io poe-tante non entra più in contatto, riducendola così aoggetto assente per l’io stesso, e quindi per la poe-sia: tramontata la luna, l’immagine lirica è morta.

Esiste però anche un altro ciclo lunare, un idea-le itinerario selenico che si svolge, nel segno dellapoesia leopardia, fuori della produzione di Leopar-di. Le lune leopardiane hanno infatti ispirato molti

� �

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321CAPITOLO 2 I CANTI

scrittori ed hanno lasciato tracce luminose fino nel-l’immaginario della letteratura moderna.

Lo specchio lunarePartiamo, in collegamento proprio con l’idillio Allaluna, da un breve e singolare romanzo dello scritto-re e critico Michele Mari (1955-viv.). L’opera, si-gnificativamente intitolata Io venìa pien d’angoscia arimirarti, è una sorta di fantastica divagazione sul-l’origine dell’intenso rapporto fra Giacomo Leopar-di e la luna. Si tratta di un mimetico esercizio di sti-le, ma anche di un’appassionata riflessione sul latonotturno dell’esistenza umana, di una discesa nellazona misteriosa delle nostre pulsioni istintive.

Nel brano seguente, Giacomo (che nel diario figu-ra sempre chiamato con il suo secondo nome, Tarde-gardo) cerca di spiegare al fratello Carlo, che raccontala storia, i motivi che lo spingono a dedicare il propriointeresse allo studio dei molteplici volti della luna, perporgli infine un inquietante interrogativo.

«Vedi questi fogli?» chiesemi nel mentre con la ma-no andava scompigliandoli, «Vi son venuto racco-gliendo e illustrando tutti i nomi della Luna, av-venturandomi nell’impresa disperatissima di veni-re a capo della gran confusione di che il genereumano l’involse. Io credo ch’ella sia uno Ente com-plesso, e che le sue proprietà possano essere accer-tate solo nell’interpretazion delle sue forme, dellesue storie, e de’ suoi nomi. […] Ell’è vergine e ca-sta, ma cotesta verginità è distrutta ogni volta ch’el-la si rende inferna, e a tornar casta e pura è neces-sario morire e rinascere nuova, e Luna Nuova di-cesi appunto il cominciamento del Mese lunare,allora che ’l disco in ciel non si vede e l’error po-polare proclama esser questa la fine. Secondo cer-ti popoli, ancora, ell’è insieme la dea della castità edell’amore, e conciliano questo con dire che castaè la dea, ma lascivi sono i furori ch’ella inspira ne’petti mortali […] E nel Mistero è un più fondo mi-stero, per il quale chi riguarda la Luna è la Lunaegli stesso […]».Qui Tardegardo si tacque, spossato e pallidissimoin volto, poi, sollevando lentamente il capo, sus-surrommi: «Dimmi Orazio, quando tu guardi lacandida Luna, come puoi dire che non sia Ella aguardar te?»; e com’io non mi sapea che rispon-dere, «Havvi qualcosa di vero in ciò ch’io sto rac-cogliendo», aggiunse in tuon di gravità, «ancornon so cosa ma c’è, ed io non lascerò questi studjfinché non l’avrò scoperto».

(M. Mari, Io venìa pien d’angoscia a rimirarti, Milano, Marsilio, 1998)

Lune cadentiUn’altra stimolante occasione di riflessione sul tema lu-nare ci è offerta dall’idillio leopardiano Odi, Melisso[ Verso l’esame, p. 438], in cui Leopardi immagi-na un dialogo lirico tra due pastori, Alceta e Melisso.Il primo racconta all’altro di aver visto in un incubo laluna precipitare bruciando sulla terra, contorcersi espegnersi “annerando”, fino a lasciare in cielo un’orri-bile orbita vuota. Secondo l’interpretazione del criticoGiovanni Macchia (1912-2001), la lirica ha un pre-cedente nel poeta latino Lucano (Pharsalia, libro VI),da cui Leopardi avrebbe ripreso il tema, ma diversa-mente dal modello «la scomparsa dal suo cielo della ve-reconda giovinetta immortale gettata su di un pratocome un immondo oggetto inservibile, risveglia […]terrore, vuoto, senso di cancellazione. Non è lontanala morte della bellezza e della stessa poesia» (G. Mac-chia, La caduta della luna, Milano, Mondadori, 1973).

Alla luna cadente di Odi, Melisso si è ispirato diretta-mente lo scrittore siciliano Vincenzo Consolo (1933-viv.). In un eccentrico racconto in forma di «favola tea-trale», intitolato Lunaria, Consolo narra di Casimiro, ilmalinconico Vicerè di una Sicilia «vagamente settecen-tesca», che una notte sogna (o presagisce) la caduta del-la luna; ma qui poi la luna cade realmente, sotto gli oc-chi stupefatti dei villani. Di fronte alla vana erudizionedegli scienziati incapaci di comprendere l’accaduto, saràproprio il Vicerè a fornire del prodigio una convincen-te spiegazione, tutta intessuta di motivi leopardiani.

Dov’è Ninive, Tebe, Babilonia, Menfi, Persepoli,Palmira? Tutto è maceria, sabbia, polvere, erbe e ar-busti ch’hanno coperto i loro resti. Malinconica è lastoria. […] Ma se malinconia è la storia, l’infinito,l’eterno sono ansia, vertigine, panico, terrore. Con-tro i quali costruimmo gli scenari, i teatri finiti e fa-miliari, gli inganni, le illusioni, le barriere dell’an-goscia. E il primo scenario fu la luna, questa mite,visibile sembianza, questa vicina apparenza conso-lante, questo schermo pietoso, questa sommessa al-legoria dell’eterno ritorno. Lei ci salvò e ci diede laparola, Lei schiarì la notte primordiale, fugò la du-ra tenebra finale. A Lei rivolsero parole di luce e mie-le filosofi e poeti, pastori erranti, preghiere le don-zelle, nenie i fanciulli, lamenti uomini chiusi nelletorri. Se ora è caduta per il mondo, se il teatro s’è di-strutto, se qui è rinata, nella vostra Contrada senzanome, è segno che voi conservate la memoria, l’an-tica lingua, i gesti essenziali, il bisogno dell’inganno,del sogno che lenisce e che consola. Lunaria da orain poi si chiamerà questa contrada, Lunaria…

(V. Consolo, Lunaria, Torino, Einaudi, 1985)

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Page 18: Rosa Fresca Aulentissima

296 SEZIONE 2 UNA PAROLA SCHEGGIATA: LA POESIA

A Analisi di un testo poetico ● B Quesiti a risposta breve ●

C Trattazione sintetica

● Girovago da L’AllegriaLa lirica, scritta nell’ultimo periodo trascorso in zona di guerra, fu molto lavorata dal poeta: presenta nucleiessenziali della sua biografia personale e una sintassi particolarmente ardita.

GirovagoCampo di MaillyI maggio 1918

In nessunapartedi terrami posso

5 accasare

A ogni nuovoclimache incontro

10 mi trovolanguentecheuna voltagià gli ero stato

15 assuefatto

E me ne stacco semprestraniero

Nascendotornato da epoche troppo

20 vissute

Godere un solominuto di vitainiziale

Cerco un paese25 innocente

ANALISI DI UN TESTO POETICOA

L’ESAME

I. Campo di Mailly: il luogo di com-posizione è in Francia, dove Ungarettisi trovava con il suo reggimento, nella

fase finale della guerra.10-15. mi trovo … assuefatto: mi ri-trovo nella malinconica sensazione

(mi trovo / languente) di esser già sta-to in quel posto (già gli ero stato / as-suefatto).

verso

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Page 19: Rosa Fresca Aulentissima

297CAPITOLO 2 GIUSEPPE UNGARETTI

Comprensione

1 Ricostruisci a partire dalle parolechiave del testo, i temi che lo attraversano e l’immagine che il poeta dà disé in questa lirica.

2 Nel finale il poeta svela esplicitamente ciò che va cercando. Che cosa significa, nel sistema poetico unga-rettiano, la ricerca di un paese innocente?

Analisi e interpretazione

3 Analizza le caratteristiche della metrica e il rapporto tra metrica e sintassi in questi versi.

4 Nessuna, a ogni, sempre, troppo. Commenta l’uso di questi pronomi o avverbi assoluti: che funzione ti parepossano avere in questa poesia?

5 Nel finale delle strofe troviamo i termini accasare, assuefatto, straniero, vissute, iniziale, innocente. Chesenso hanno parole così intense in posizione così forte?

Approfondimento

6 Il problema esistenziale di Ungaretti, dovuto alla sua condizione di girovago costretto sempre a misurarsi conil mistero dell’identità, risiede nella sua difficoltà a sentirsi in armonia con quanto lo circonda. Approfondisciquesto aspetto facendo riferimento ad altri testi ungarettiani a te noti in cui compaiano le stesse tematiche.

● Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

● Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

TRATTAZIONE SINTETICAC

QUESITI A RISPOSTA BREVEB

1 In che senso il tema della memoria è centrale nellapoesia di Ungaretti?

2 Quali sono le novità della parola poetica ungaret-tiana?

3 Che cosa accoglie e che cosa rifiuta Ungaretti del-l’esperienza del Futurismo?

4 In che cosa consiste la natura rivoluzionaria dellametrica de L’Allegria?

5 In che cosa consiste la ricerca di purezza e di in-nocenza che attraversa la poesia ungarettiana? Ri-

spondi facendo riferimento almeno a una lirica deL’Allegria.

6 In che senso lo stile barocco influenza la visionedella vita e la poesia di Ungaretti?

7 Quali caratteristiche formali presenta la raccoltaSentimento del Tempo?

8 Quale tema tipico dell’esperienza umana e poe-tica di Ungaretti ricorre nella Terra Promessa?

1 Delinea una presentazione sintetica delle tre di-verse fasi della poesia ungarettiana.

2 Illustra il valore simbolico dei titoli che nel corsodel tempo hanno contraddistinto la prima raccoltaungarettiana.

3 Il rapporto tra parola, spazio bianco e silenzionella lirica ungarettiana. Illustralo con esempi.

4 Le immagini del mare e dell’acqua ricorrono spessonella poesia di Ungaretti. A che cosa si collegano,come e perché il poeta vi ricorre?

5 Nelle poesie di Sentimento del Tempo il tratta-mento riservato alla parola poetica è differente ri-spetto a quanto accade ne L’Allegria. Non è più la singola parola isolata dallo spazio bianco adavere valenza evocativa, bensì il gruppo di parole.Spiega con esempi questo concetto.

6 Lo sfondo della seconda stagione poetica unga-rettiana si lascia ispirare dal Barocco. Argomentaquesta affermazione ricorrendo a metafore o im-magini utilizzate da Ungaretti che ti sembrino par-ticolarmente indicative in questo senso.

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296 SEZIONE 2 UNA PAROLA SCHEGGIATA: LA POESIA

A Analisi di un testo poetico ● B Quesiti a risposta breve ●

C Trattazione sintetica

● Girovago da L’AllegriaLa lirica, scritta nell’ultimo periodo trascorso in zona di guerra, fu molto lavorata dal poeta: presenta nucleiessenziali della sua biografia personale e una sintassi particolarmente ardita.

GirovagoCampo di MaillyI maggio 1918

In nessunapartedi terrami posso

5 accasare

A ogni nuovoclimache incontro

10 mi trovolanguentecheuna voltagià gli ero stato

15 assuefatto

E me ne stacco semprestraniero

Nascendotornato da epoche troppo

20 vissute

Godere un solominuto di vitainiziale

Cerco un paese25 innocente

ANALISI DI UN TESTO POETICOA

L’ESAME

I. Campo di Mailly: il luogo di com-posizione è in Francia, dove Ungarettisi trovava con il suo reggimento, nella

fase finale della guerra.10-15. mi trovo … assuefatto: mi ri-trovo nella malinconica sensazione

(mi trovo / languente) di esser già sta-to in quel posto (già gli ero stato / as-suefatto).

verso

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297CAPITOLO 2 GIUSEPPE UNGARETTI

Comprensione

1 Ricostruisci a partire dalle parolechiave del testo, i temi che lo attraversano e l’immagine che il poeta dà disé in questa lirica.

2 Nel finale il poeta svela esplicitamente ciò che va cercando. Che cosa significa, nel sistema poetico unga-rettiano, la ricerca di un paese innocente?

Analisi e interpretazione

3 Analizza le caratteristiche della metrica e il rapporto tra metrica e sintassi in questi versi.

4 Nessuna, a ogni, sempre, troppo. Commenta l’uso di questi pronomi o avverbi assoluti: che funzione ti parepossano avere in questa poesia?

5 Nel finale delle strofe troviamo i termini accasare, assuefatto, straniero, vissute, iniziale, innocente. Chesenso hanno parole così intense in posizione così forte?

Approfondimento

6 Il problema esistenziale di Ungaretti, dovuto alla sua condizione di girovago costretto sempre a misurarsi conil mistero dell’identità, risiede nella sua difficoltà a sentirsi in armonia con quanto lo circonda. Approfondisciquesto aspetto facendo riferimento ad altri testi ungarettiani a te noti in cui compaiano le stesse tematiche.

● Rispondi alle seguenti domande, dedicando a ciascuna 5-7 righe al massimo.

● Svolgi i seguenti spunti di scrittura, dedicando a ciascuno 15-20 righe.

TRATTAZIONE SINTETICAC

QUESITI A RISPOSTA BREVEB

1 In che senso il tema della memoria è centrale nellapoesia di Ungaretti?

2 Quali sono le novità della parola poetica ungaret-tiana?

3 Che cosa accoglie e che cosa rifiuta Ungaretti del-l’esperienza del Futurismo?

4 In che cosa consiste la natura rivoluzionaria dellametrica de L’Allegria?

5 In che cosa consiste la ricerca di purezza e di in-nocenza che attraversa la poesia ungarettiana? Ri-

spondi facendo riferimento almeno a una lirica deL’Allegria.

6 In che senso lo stile barocco influenza la visionedella vita e la poesia di Ungaretti?

7 Quali caratteristiche formali presenta la raccoltaSentimento del Tempo?

8 Quale tema tipico dell’esperienza umana e poe-tica di Ungaretti ricorre nella Terra Promessa?

1 Delinea una presentazione sintetica delle tre di-verse fasi della poesia ungarettiana.

2 Illustra il valore simbolico dei titoli che nel corsodel tempo hanno contraddistinto la prima raccoltaungarettiana.

3 Il rapporto tra parola, spazio bianco e silenzionella lirica ungarettiana. Illustralo con esempi.

4 Le immagini del mare e dell’acqua ricorrono spessonella poesia di Ungaretti. A che cosa si collegano,come e perché il poeta vi ricorre?

5 Nelle poesie di Sentimento del Tempo il tratta-mento riservato alla parola poetica è differente ri-spetto a quanto accade ne L’Allegria. Non è più la singola parola isolata dallo spazio bianco adavere valenza evocativa, bensì il gruppo di parole.Spiega con esempi questo concetto.

6 Lo sfondo della seconda stagione poetica unga-rettiana si lascia ispirare dal Barocco. Argomentaquesta affermazione ricorrendo a metafore o im-magini utilizzate da Ungaretti che ti sembrino par-ticolarmente indicative in questo senso.

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Page 22: Rosa Fresca Aulentissima

214 PERCORSO IL RITRATTO DELL’INDIVIDUO

Dai testi alle immagini

Il ritratto dell’individuoCon Antonello da Messina, formidabile mediatore fra la cultura figurativa del Sud italiano e quella del Nord d’Italia ed’Europa, irrompe sulla scena della rappresentazione il ritratto dell’individuo. Si sviluppa così, durante il secolo fra lametà del Quattro e la metà del Cinquecento, una raffinata arte del ritratto che trasferisce nella rappresentazione delvolto umano la nuova concezione del valore della vita e della dignità dell’uomo elaborata dalla civiltà dell’Umanesimo.

Ogni uomo è un individuo, con un destino unico e caratteristiche fisiche e intellettuali, estetiche ed etiche, che sonosolo sue, irripetibili e inimitabili: il ritratto le coglie e le traduce in un’immagine memorabile. “Ognuno” significa “tutti”, eil “ritratto dell’uomo qualunque” è la rappresentazione di “un uomo”, dell’Uomo sotto le specie di un individuo.

� L’uomo qualunque

Sino al Quattrocento gli artisti avevano raffigurato per lo più gli eroi della mitologia classica e i per-sonaggi emblematici della storia sacra e di quella profana, modello da ammirare e imitare ma lonta-ni, inavvicinabili per l’uomo comune: Cristo e i santi aureolati, e poi, accanto a loro, in un oriz-zonte terrestre, gli imperatori, i sovrani, i nobili, i papi con le loro corti di cardinali, vescovi e prelati.

D’improvviso, accanto alle “grandi storie degli uomini illustri” entrano in scena le piccole cronachequotidiane, le vicende degli innumerevoli “uomini qualunque”, uomini comuni, sconosciuti, spesso nonidentificabili, quindi senza storia, che non sia quella che l’artista fissa nei tratti del volto di chi non ha daraccontare atti eroici, eventi memorabili, imprese decisive per le sorti dell’umanità, ma offre solo, senzaornamenti, la prospettiva del suo sguardo critico sul mondo, la sua limitata, però irripetibile e per questopreziosa, nuda misura di uomo, l’unicità di individuo che lo fa entrare nella memoria collettiva.

Un’espressione enigmaticaAntonello da Messina, Ritratto di uomo, 1476 ca., olio su tavola (Torino, Museo civico).

Quest’opera di Antonello da Messina è esemplare perché traccia in modo indelebile la fugacenatura di un’espressione, il piglio furbo, altezzoso e distaccato di quello che probabilmenteera un mercante.

A

Secondo il critico d’arte FedericoZeri, l’espressione di quest’uomo ha uno «spregiudicato piglio di intraprendenza bancaria o mercantile».

Le forme del volto sono resesenza prescindere da un solidorigore geometrico: eppure,l’espressione è quanto maiumana e di rara finezzapsicologica.

Il colore della veste riprende la tonalità dell’incarnato.

I TESTI

T2, Pico della Mirandola, Discorsosulla dignità dell’uomo: L’uomo al centro del mondo (p. 49)Il rinnovato valore che l’Umane-simo attribuisce all’individuo ètutto presente in questo celebretesto di Pico, in cui ogni singolouomo, indipendentemente dall’ori-gine e dalla posizione sociale, è“ombelico” del mondo, esserelibero in grado di scegliere e costruire il proprio destino.

T8, Vasari, Le Vite de’ piùeccellenti pittori, scultori e architetti:La Vita di Giotto (p. 66)Vasari, con le sue Vite, restituiscedignità alla singola esperienza indi-viduale di ogni artista, ricostruen-done l’unicità e la grandezza, comein quella, esemplare, di Giotto.

T19, Castiglione, Il libro del Cortegiano: Il buon cortigiano: la grazia e la sprezzatura (p. 99)

T21, Della Casa, Galateo: Un viatico per la vita sociale (p. 103)La rivalutazione dell’individuoporta anche a una nuova considera-zione del suo ruolo all’interno della società. Castiglione e DellaCasa sono i maggiori e più notiautori di opere “precettistiche” delCinquecento, che delineavano lecaratteristiche necessarie per essereottimi uomini di corte.

ON LINEImmagini da guardare

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Page 23: Rosa Fresca Aulentissima

215DAI TESTI ALLE IMMAGINI

Dai testi alle immagini

Un giovane con libroAgnolo Bronzino, Ritratto di un giovaneuomo, 1530 ca., olio su tavola (New York,Metropolitan Museum of Art, H. O. Havemeyer Collection, lascito di Mrs. H. O. Havemeyer, 1929).

Assieme alle dame con il Petrarchino, ossial’edizione “tascabile” del Canzoniere diPetrarca, si diffonde anche un’analogaritrattistica “al maschile”: uomini comuni si mettono in posa sospendendo la lettura.In quest’opera magnifica del manieristaBronzino, fermezza e precarietà sioppongono dialetticamente.

B

La gloria perdutaRembrandt van Rijn, Uomo con elmo dorato, 1650-55 ca., olio su tela (Berlino, Gemaeldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin).

In questa tela, che forse ritrae lo zio del pittore, troviamo sottol’aspetto luccicante e “glorioso” di uno splendido elmo lo sguardo di un uomo comune, che ha perso tutto l’orgoglioche le armi potevano dare.

C

Questa mano cingesaldamente il fianco:

essa suggerisce l’idea,opposta a quella

dell’altra mano, dellasolidità, quasi

“statuaria”, della posa.

Il giovane ritratto pareaffetto da strabismo:

la divergenza dellosguardo suggerisce

la natura al contempoalgida e naturale dello

sguardo, amplificatadalla decisa torsione

del collo.

Un estremo realismoGeorges de La Tour, Il suonatore di ghironda, 1636, olio su tela (Nantes, Musee des Beaux Arts).

Quest’opera di Georges de La Tour è influenzata dal realismocaravaggesco. Senza nulla concedere all’idealizzazione di questovecchio e cieco suonatore, La Tour usa una gamma di tinte chiaree compatte, ben diverse dai suoi successivi e lirici “notturni”.

D

Il volto dell’eroe di tante battaglieè colorito dai riflessi dell’elmo

d’oro, più luccichii di una perdutafelicità, che gloria del presente.

Le palpebresembrano appesantite, losguardo abbattuto.

Nota come il realismo di quest’opera non lascinulla al caso: i capelliscomposti, la boccadeformata in unasmorfia, la cecità quasi“esibita” dal pittore.

Anche l’ambientecircostante rispecchia la povertà delsuonatore: l’ordine checirconda l’uomorinascimentale lascia il posto al disordinegenerato da una vitastentata e povera.

Le dita della mano destra tengonoil segno del libro che il giovanelegge, dando l’impressione che la sua sia una momentanea posa,un fugace intermezzo tra unapagina e l’altra.

Il vestito è “alla moda”, esempio del vestiario della ricca cortemedicea.

La tecnica pittorica di Rembrandt, per questo elmo, è straordinaria: il suo lucore al contempo illumina erisalta per contrasto con l’espressione velata del volto.

La ghironda era unostrumento a corde

di origine medioevale.

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Page 24: Rosa Fresca Aulentissima

650 PERCORSO LA MENTE PENSA, LA MANO SCRIVE

Dai testi alle immagini

La mente che pensa, la mano che scrive

È emozionante entrare nel laboratorio di un genio, vedere la mano di un grandissimo scrittore mentre traccia sulla cartabianca poggiata sotto i suoi occhi le parole che la sua mente va segretamente pensando, trasformando, organizzandonel testo.

Non mi sembra abbastanza triste l’inizioIn uno dei fogli di lavoro, oggi raccolti nel manoscritto Vat. lat. 3196 della Biblioteca Apostolica Vaticana noto come Codice degliabbozzi, Petrarca lasciò molte tracce dell’elaborazione di una fra le poesie più importanti del Canzoniere, la canzone 268 in morte diLaura. Sull’autografo, preziosissimo, possiamo seguire le fasi della composizione, con le successive correzioni e cancellature di singoleparole e di interi versi, e cogliamo l’avanzare e il mutare delle idee via via che prendono forma di parola.

Codice Vat. lat. 3196, fol. 13r. (dettaglio)

A

A permetterci di cogliere il significato dellacomplessa operazione correttoria è un piccolo appunto in latino che Petrarcatraccia immediatamente sopra la primaredazione rifiutata: Non videtur satis tristeprincipium, “Non mi sembra abbastanzatriste l’inizio”. Petrarca per futura memoriafermò in poche parole straordinariamentesignificative l’intenzione profonda da cui era mosso.

La poesia in morte di Laura non poteva aprirsi conAmore, seguito da riso e da allegrezza (Amore, in pianto ogni mio riso è volto / ogni allegrezza in doglia); per quanto il senso della frase alludessea una metamorfosi, a un essere vòlto ogni bene in negativo, era proprio quell’avvio a turbarePetrarca. E così trasformò l’incipit in una fraseinterrogativa che, come i commentatori videro subitochiaramente, fa cenno alla lacerazione interiore,all’oscillare del pensiero in cerca delle parole.

L’incipit originario, Amore, in pianto ogni mio riso è volto,viene presto cassato, e sostituito da Che debb’io far, che mi consigli, Amore?, conquistato a fatica dopo un avviocon Che farò, e poi Che faccio omai.

ON LINEImmagini da guardare

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Page 25: Rosa Fresca Aulentissima

651DAI TESTI ALLE IMMAGINI

Dai testi alle immagini

I TESTI

T16, Canzoniere, 268: Che debb’io far? che mi consigli,Amore? (p. 588)È la canzone corrispondente all’in-cipit che abbiamo esaminato, testi-monianza del lavorìo di Petrarca sulsuo testo.

T10, Canzoniere, 117: Se ’l sasso,ond’è piú chiusa questa valle (p. 565)La postilla che Petrarca aggiunge a commento del disegnino diBoccaccio contiene un esplicitoriferimento al paesaggio descrittoin RVF, 117.

Petrarca e la sua biblioteca: i MarginaliaOltre che scrittore attentissimo, Petrarca fu grande lettore e studioso deiclassici. Si devono soprattutto al filologo Giuseppe Billanovich e alla suascuola ricerche molto approfondite che hanno permesso di identificareun numero notevole di manoscritti appartenuti al grande poeta.

Codice petrarchesco con manicula vergata da Petrarca in margine alf.270r del Par. lat. 6802, con polsino riccamente decorato, su cui èpoggiato un uccellino (Parigi, Bibliothèque Nationale de France).

B

Petrarca usava la penna ancheper abbozzare disegnini suimargini bianchi delle pagine. E qui la ricerca riserva grandisorprese: insieme con i disegnidi Petrarca si sono scopertedelle figurine riconducibili allamano di Giovanni Boccaccio. Il filologo Maurizio Fiorilla, cheha raccolto e studiato questimarginalia figurati, propone di attribuire a Boccaccio, ad esempio, un famosissimodisegno inserito nell’angoloinferiore di una pagina dellaNaturalis Historia di Plinio, nel codice Par. lat. 6802.

Al disegno dell’amico, che rappresentaun airone con un pesce nel becco (quasi

la F maiuscola di Franciscus), accanto a una montagna (petra) con una chiesa

(arca) in cima, da cui sgorga un fiume(che un’altra glossa identifica con la Sorgue, nei pressi di Avignone),

Petrarca, evidentemente ormaitrasferitosi ad Arquà, aggiunse una

postilla malinconica e tenera:Transalpina solitudo mea iocundissima,

“Il mio rifugio felicissimo e solitario al di là delle Alpi”. Come in un rebus

il nome Franciscus PetrArca si incastona nel paesaggio della nostalgia.

Un paziente lavoro di verifica ha consentito di ricollocare virtualmente sugli scaffali della bibliotecadi Petrarca molti libri, riconoscendovi una grandequantità di segni di possesso e di lettura, in particolarepostille e piccole mani (maniculae) disegnate per metterein rilievo brani importanti. Il poeta stesso nel Secretum(II 16,2 e 10) li chiama «uncini della memoria», e in una lettera (Familiares, XXIV 1, 9), dichiara che fin da adolescente «le fiamme dell’ardore di studio» lo spingevano a lasciare sul bianco del foglio, comeun’ustione, «i segni della mano», su cui poi «avrebbepotuto ruminare in futuro».

Il disegno di Boccaccio e la nota di PetrarcaPaesaggio di Valchiusa con postille di Francesco Petrarca, disegno dal PlinioParigino (f. 143v), 1351 (Parigi, Bibliothèque Nationale de France).

C

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