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DIPARTIMENTO DI EMERGENZA DIRETTORE: DR. GIOVANNI GORDINI ECOGRAFIA IN MEDICINA DI URGENZA E EMERGENZA CORSO TEORICO-PRATICO I LIVELLO Bologna, 22-23 marzo 2012 SYLLABUS GERARDO ASTORINO ROBERTO BALDINI ROXANA BAIGORRIA LAURA CECILIONI CARLO CONIGLIO M.GIOVANNA MARRA MARCO MICELI CRISTINA ORLANDINI ENRICA PERUGINI STEFANO RAMILLI CECILIA SCIALPI SOCCORSA SOFIA

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DIPARTIMENTO DI EMERGENZA

DIRETTORE: DR. GIOVANNI GORDINI

ECOGRAFIA IN MEDICINA DI URGENZA E EMERGENZA CORSO TEORICO-PRATICO I LIVELLO

Bologna, 22-23 marzo 2012

SYLLABUS

GERARDO ASTORINO

ROBERTO BALDINI

ROXANA BAIGORRIA

LAURA CECILIONI

CARLO CONIGLIO

M.GIOVANNA MARRA

MARCO MICELI

CRISTINA ORLANDINI

ENRICA PERUGINI

STEFANO RAMILLI

CECILIA SCIALPI

SOCCORSA SOFIA

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1. FISICA DEGLI ULTRASUONI

Dr. Laura Cecilioni

L’ecografia è una tecnica di diagnostica per immagini basata sugli echi prodotti da un fascio di ultrasuoni che attraversa un organo o un tessuto. E’ una metodica ‘trasversale’ entrata ormai a far parte integrante di quasi tutte le specialità mediche, patrimonio comune sia del radiologo sia del clinico della più diversa estrazione. La sua diffusione è stata favorita dall’innocuità, dalla non invasività, dalla relativa economicità, mentre il limite principale è rappresentato dal fatto che l’ecografia è operatore dipendente: la capacità tecnica, l’esperienza e la cultura dell’operatore sono i fattori che condizionano, insieme alle caratteristiche tecniche dell’apparecchio, il risultato dell’esame. Cenni di storia dell’ecografia. Spallanzani dimostrò, nel 1794, che i pipistrelli usavano gli ultrasuoni per orientarsi nel volo notturno. Le prime applicazioni tecniche degli ultrasuoni sono state di tipo militare; il SONAR (SOund Navigation And Ranging) è stato sviluppato tra le due guerre mondiali e montato sulle navi per l’individuazione di sottomarini o su questi ultimi per l’individuazione di ostacoli, durante la navigazione in profondità. Il suo funzionamento è basato sull’emissione di ultrasuoni e nella successiva rilevazione di eventuali echi provenienti da superfici presenti in mare. Sebbene le prime segnalazioni sull’utilizzo degli ultrasuoni in Diagnostica per Immagini risalgano agli anni ‘50, l’inizio della sua diffusione può essere fissato intorno agli anni ’70. In campo medico, gli ultrasuoni furono inizialmente utilizzati per scopi terapeutici, sfruttando il loro effetto termico e distruttivo e nel corso degli ultimi trent’anni le applicazioni in medicina si sono enormemente ampliate. Caratteristiche fisiche degli ultrasuoni. Gli ultrasuoni sono un particolare tipo di onde meccaniche, cioè elastiche, ad altissima frequenza (> 20.000 Hz), non udibili all’orecchio umano, le cui modalità di propagazione dipendono dalle forze elastiche che legano tra loro le particelle dei mezzi attraversati. Queste onde meccaniche, definite sonore, non possono, quindi, propagarsi nel vuoto in assenza di materia. Un’onda sonora (e quindi l’ultrasuono) è caratterizzata da: frequenza (in Hertz, numero di cicli al secondo), lunghezza d’onda (la distanza, in metri, tra due picchi successivi dell’onda), velocità di propagazione (la distanza percorsa dall’onda nell’unità di tempo, in m/sec), l’intensità (l’ampiezza delle onde, in decibel) e il periodo (tempo impiegato per percorrere una distanza pari alla lunghezza d’onda).

Caratteristiche del fascio ultrasonoro. Il fascio di ultrasuoni può essere descritto come un “pennello” i cui i peli tendono ad allargarsi poco dopo essere usciti dalla sonda. Essi restano paralleli fra loro solo per un breve tratto: il fascio resta coerente (cioè, con diametro pari a quello del cristallo) fino a una distanza che è proporzionale al diametro del cristallo. Il tratto nel quale il fascio è coerente è detto “zona di Fresnel”; quello successivo, “zona di Fraunhofher”. Il punto di passaggio tra le due zone rappresenta la zona focale del fascio ultrasonoro. La focalizzazione, nelle vecchie sonde di tipo meccanico, era fissa. Nelle moderne sonde elettroniche, la presenza di “lenti acustiche” permette di ottenere più di un punto di focalizzazione a profondità variabili.

Produzione degli ultrasuoni - Effetto piezoelettrico. La generazione e la ricezione degli ultrasuoni avvengono attraverso appositi strumenti definiti trasduttori, in grado di convertire energia elettrica in energia meccanica ad alta frequenza, e viceversa. Il trasduttore utilizza un cristallo con proprietà piezoelettriche, che, eccitato da un impulso elettrico, genera il fascio di ultrasuoni. I materiali piezoelettrici sono strutture cristalline costituite da molecole asimmetriche, con cariche positive e negative separate ai due estremi, detti dipoli. Se si applica tensione ai dipoli, questi si allineano e il cristallo varia di dimensioni (pochi millesimi di millimetro). Appena la tensione elettrica cessa i cristalli riprendono rapidamente la forma originale. Questo rapido ritorno elastico fa entrare in risonanza i cristalli determinando una piccola serie di vibrazioni che generano degli ultrasuoni. I trasduttori sono contenuti all’interno delle sonde che quindi fungono sia da sorgente sia da ricevente di ultrasuoni; dalla frequenza degli ultrasuoni emessi dal trasduttore dipendono la risoluzione spaziale, la definizione dell’immagine e il potere di penetrazione degli ultrasuoni. Maggiore sarà la frequenza, migliore sarà la risoluzione spaziale, minore però sarà la lunghezza d’onda e quindi il potere di penetrazione. Per questo occorre scegliere le sonde in relazione alle specifiche indicazioni cliniche. Gli ultrasuoni usati ai fini diagnostici hanno frequenza altissima (dai 2 ai 20 MHz), lunghezza d’onda cortissima (di 0,07-1,5 mm) e periodi di decimo di microsecondo.

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Interazione ultrasuoni-materia. Il mezzo attraversato dagli ultrasuoni è caratterizzato dai seguenti parametri: - Impedenza acustica (Z): è una proprietà caratteristica di ogni mezzo, ed è il prodotto della densità del mezzo (p), per la velocità di propagazione degli ultrasuoni (Z = pXc , unità di misura: Rayl). L’importanza dell’impedenza acustica è data dal fatto che, in corrispondenza delle superfici di separazione tra mezzi a impedenza acustica diversa (interfacce acustiche), hanno luogo i fenomeni di riflessione e di diffusione da cui originano gli echi alla base della formazione delle immagini ecografiche. -Velocità di propagazione (c): è la distanza percorsa dall’onda nell’unità di tempo, dipende in maniera inversamente proporzionale dalla densità e dalla compressibilità del mezzo attraversato. Le interazioni fondamentali che intervengono tra un fascio di ultrasuoni e il mezzo in cui si propaga e che sono alla base della formazione dell’immagine, sono :

Riflessione: interazione tra un fascio di piccola lunghezza d’onda e una’interfaccia’ piana,di grandi dimensioni, con un’incidenza perpendicolare (‘interfaccia speculare’). Se due tessuti hanno impedenza acustica diversa, alla loro interfaccia una parte più o meno grande del fascio di ultrasuoni è riflessa e si genera un eco. Rifrazione: se l’incidenza del fascio è obliqua, l’eco ritorna dall’interfaccia a un angolo uguale a quello d’incidenza. Il fascio trasmesso è deviato dalla linea retta proporzionalmente alla differenza nella velocità degli ultrasuoni in ciascun lato dell’interfaccia. E’ responsabile di alcuni artefatti. Diffusione o scattering: è la diffusione in tutte le direzioni che il fascio ultrasonoro subisce quando incontra una superficie irregolare o tante piccole superfici orientate in modo diverso. Assorbimento: è la trasformazione dell’energia acustica in energia termica (80%),che il fascio ultrasonoro subisce nell’attraversare i tessuti. Attenuazione: è la riduzione dell’intensità che il fascio ultrasonoro subisce nell’attraversare i tessuti; dipende in gran parte dall’assorbimento ma anche da riflessione, diffusione e allargamento del fascio e avviene secondo la relazione: 1dB/cm/MHZ (aumenta all’aumentare del percorso e della frequenza) Costruzione dell’immagine ecografica. Quando il fascio incontra un’interfaccia tra due mezzi a diversa impedenza acustica, gli ultrasuoni vengono in parte riflessi e in parte trasmessi con perdita di energia. Gli echi di ritorno dai tessuti colpiscono il trasduttore, dove sono trasformati in impulsi elettrici e inviati al convertitore che li rielabora in un’immagine in scala dei grigi. A ogni pixel dell’immagine è assegnata una diversa luminosità proporzionale all’intensità degli echi riflessi corrispondenti: echi intensi (iperecogeno-BIANCO) - echi intermedi (iso-ipoecogeno GRIGIO) - assenza di echi (anecogeno- NERO). Le interfacce speculari (‘riflessione’) corrispondono alle superfici di organi, pareti di vasi e piani di clivaggio tra strutture diverse: contribuiscono a determinare la forma degli organi e apparati in esame. Le interfacce oblique o tra tessuti a diversa velocità di propagazione degli US (‘rifrazione’) sono responsabili degli artefatti. Lo ‘scattering’ contribuisce alla struttura degli organi, cioè al ‘pattern’ di echi di piccola ampiezza e dimensioni caratteristico dei parenchimi. Per una corretta interpretazione dell’immagine ecografica è fondamentale la conoscenza degli artefatti, che sono sia elementi semeiologici fondamentali (1 gruppo) che espressione di strutture biologiche reali, sia pure distorte e modificate nelle loro caratteristiche biologiche (2 gruppi). 1° gruppo: Riverberazioni: strutture molto riflettenti rimandano gli ultrasuoni alla superficie della sonda che li rimanda ai tessuti, più volte. Artefatto a coda di cometa: strutture di piccole dimensioni e a elevata impedenza acustica creano riflessioni multiple degli ultrasuoni tra parete posteriore e anteriore dell’oggetto Ring-down artifact: piccole quantità di liquido in contatto con micro bolle gassose entrano in risonanza ed emettono un nuovo fascio ultrasonoro con frequenza propria Cono d’ombra posteriore: strutture con impedenza acustica molto elevata provocano una completa riflessione del fascio di ultrasuoni Ombre acustiche: strutture rotondeggianti, composte da tessuti con velocità degli ultrasuoni diverse da quelle circostanti Rinforzo posteriore di parete: all’interfaccia tra un tessuto e una raccolta liquida, gli ultrasuoni non sono riflessi e, nell’attraversare la raccolta, non subiscono alcuna attenuazione né assorbimento, cosa che invece avviene nei tessuti circostanti la raccolta.

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2° gruppo: Side-lobe artifact: la parte centrale del fascio produce l’immagine; le parti laterali, interagendo con superfici molto riflettenti e inclinate, producono una banda ecogena più vicina alla sonda (esempio: studio della vescica) Effetto di volume parziale: si realizza quando una raccolta liquida è di dimensioni inferiori o superiori a quella di un fascio di ultrasuoni Artefatto da variazione della velocità di propagazione: Quando una struttura liquida o adiposa è attraversata dagli ultrasuoni con velocità <o> rispetto alle strutture circostanti, la parete posteriore si sposta distalmente o prossimalmente. Effetto specchio: è causato da riflessioni multiple tra la superficie che agisce come uno specchio, e la struttura posta a ridosso di essa, con conseguente allungamento del tragitto degli ultrasuoni e allungamento del tempo per ritornare alla sonda. Questo viene interpretato dall’apparecchio come una maggior distanza percorsa: la struttura in esame, oltre che nella sede reale, è riprodotta anche al di là della superficie specchio, in sede speculare a quella reale.

Le sonde o trasduttori. Il trasduttore alterna le sue funzioni di: a) trasmissione, nella quale avviene l’emissione dell’impulso ultrasonoro (un milionesimo di secondo); b) ricezione, durante la quale sono ricevuti gli echi di ritorno dai tessuti, e c) di azzeramento del sistema, in preparazione di una nuova trasmissione. Durante il funzionamento, la sonda trasmette piccoli “pacchetti” di ultrasuoni (di solito, 2 o 3 cicli) per l’1% del tempo (circa 1-2 milionesimi di secondo); per il restante 99% (100-200 milionesimi di secondo), la sonda resta in ascolto degli echi di ritorno che, facendo entrare in risonanza i cristalli piezoelettrici determinando la produzione di un segnale elettrico. Secondo il ritardo con cui arrivano alla sonda, gli echi vengono disposti nella matrice dell’immagine (echi precoci = zone vicine; echi tardivi = zone profonde). A causa dell’attenuazione degli ultrasuoni nei tessuti, gli echi provenienti da strutture distali saranno meno intensi di quelli provenienti da strutture simili ma più prossimali. Per compensare ciò, gli echi lontani sono amplificati rispetto a quelli più vicini (T.G.C. Time Gain Compensation).

Le sonde producono immagini diverse a seconda delle loro caratteristiche: ‘PHASED-ARRAY’: Più cristalli vengono “eccitati” singolarmente per creare un fascio settoriale. Hanno una piccola base d’appoggio, sono usate in “finestre” anatomiche strette (es. coste) e comunemente utilizzate in cardiologia, pediatria e per applicazioni addominali. Hanno sostituito le precedenti sonde ‘settoriali’, costruite con un trasduttore a cristallo singolo che oscillava meccanicamente descrivendo un angolo da 45° a 60°, completando un ciclo elettroacustico per volta in ogni posizione adiacente del suo asse di oscillazione. Producono un’immagine a ‘tronco di cono’ con base stretta. LINEARE: 180-200 elementi piezoelettrici di piccole dimensioni affiancati, che vengono attivati in blocchi sequenziali con modalità diverse a seconda delle apparecchiature, emettendo un fascio di onde parallele fra loro ad alta frequenza (7.5-14MHz) garantendo una buona risoluzione per gli strati superficiali (tessuti molli), un ampio campo visivo, ma una ridotta risoluzione in profondità. Producono un’immagine rettangolare. TRAPEZOIDALI (CONVEX): Trasduttori a elementi multipli, disposti su una superficie curva (a raggio piccolo o ampio) e attivati con modalità identiche a quelle descritte per i trasduttori lineari. Hanno una bassa frequenza (2.5-5 MHz) con alto potere di penetrazione, adatte per lo studio addominale-pelvico. Producono un’immagine a tronco di cono con base larga. Ogni sonda è caratterizzata da una ‘frequenza fondamentale’ (indicata espressamente sulle sonde di vecchio modello) che è quella del fascio di ultrasuoni che emette. Le sonde di attuale produzione sono generalmente sonde ‘multifrequenza’, in grado cioè di emettere frequenze fondamentali in uno spettro più ampio che in passato, con la possibilità di variarle secondo le condizioni dell’indagine, il tipo di paziente e la profondità alla quale si trova il campo d’interesse. Modalità di acquisizione del segnale ultrasonoro. Gli echi prodotti dagli ultrasuoni, una volta raggiunta la sonda, possono essere visualizzati con diverse modalità: A MODE (Amplitude Mode, Modulazione di Ampiezza) modalità di visualizzazione monodimensionale. L’eco è rappresentato con dei picchi che modificano una linea su un oscilloscopio. L’ampiezza dei picchi è proporzionale all’intensità dell’eco, mentre la profondità è proporzionale alla distanza delle interfacce che hanno generato l’eco. L’A-mode, trova ancora residuali applicazioni nell’ecografia dell’occhio. TM-MODE (Time Motion Mode) Negli organi provvisti di movimenti continui può essere utile visualizzare questi movimenti lungo una linea di scansione fissa, soprattutto per eseguire misurazioni. Il TM mode è in concreto un B-mode in cui lungo una linea di scansione fissa si hanno continui refresh della posizione dei vari echi che, però, non vanno a sovrapporsi ai precedenti (come avviene nel B-mode RT) ma si affiancano in successione l’uno all’altro comunicando così informazioni sulla motilità della parte indagata lungo quella

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singola linea di scansione nel tempo. Questa modalità di visualizzazione è classicamente molto utilizzata in ecocardiografia, ma è di grande utilità anche in ecografia d’urgenza (pneumotorace,versamenti pleurici, studio della vena cava inferiore). B-MODE (Brightness Mode, Modulazione di Luminosità) gli echi sono rappresentati in sequenza lungo una linea secondo la loro distanza dalla sorgente (determinata sulla base del ritardo con cui ritornano alla sonda) e la loro intensità viene presentata in scala di grigi: il bianco corrisponde al massimo dell’intensità mentre il nero all’assenza di echi; le sfumature intermedie rappresentano i vari livelli di intensità. Questa modalità di rappresentazione, utilizzata in sequenza temporale o mediante multiple linee di scansione affiancate, opportunamente sincronizzate, è la modalità di visualizzazione degli echi più utilizzata in ecografia. B MODE REAL TIME: è la naturale evoluzione del B-mode; la singola linea di scansione è affiancata a molte altre così da formare un “pennello” o un “ventaglio” che fornirà, quindi, immagini bidimensionali di sezioni di un organo o di un tessuto (immagine di tipo tomografico). Gli echi dei singoli fasci ultrasonori arrivano ai cristalli della sonda, con una sequenza opportunamente temporizzata, continuamente processati ed elaborati, così da fornire “frame” che, se in numero adeguato (almeno 15 per secondo), daranno una sensazione di “fluidità” alle immagini visualizzate sul monitor. Ciò permette la visualizzazione delle strutture “in tempo reale”, cioè, in maniera dinamica, ottenendo, oltre a valutazioni di tipo morfologico, informazioni di tipo funzionale (ad esempio visualizzando le contrazioni cardiache, l’attività peristaltica intestinale, ecc.).

2. SEMEIOTICA ECOGRAFICA

Dr. Stefano Ramilli

La semeiotica medica è la disciplina che tenta di formulare una diagnosi studiando i segni e i sintomi che i pazienti presentano. Anamnesi ed esame obiettivo rappresentano l'approccio iniziale, completati poi dagli esami laboratoristici e strumentali. L'ecografia è una metodica di imaging di notevole ausilio nell'estensione dell'esame obiettivo, data la facile esecuzione, l'assenza di utilizzo di radiazioni ionizzanti e i costi sostenibili dell'apparecchiatura necessaria. La semeiotica ecografica ha il compito di descrivere le caratteristiche dell'immagine di tessuti normali e patologici quando vengono attraversati dall'onda sonica. Il ruolo dell'ecografia nella medicina d'urgenza è, inoltre riconosciuto in ambito internazionale come dimostrato dai numerosi e autorevoli protocolli nella gestione del paziente critico (protocollo ACES, Emerg Med J 2009; 26:87–91, protocollo RUSH, Emerg Med Clin North Am. 2010 Feb;28(1):29-56, protocollo BLUE, Chest 2008;134;117-125). L'ecogenicità di un tessuto dipende dalla quantità di echi di ritorno che il tessuto stesso è in grado di generare. Quando non avviene alcuna riflessione del fascio ultrasonoro, l'immagine è completamente nera e viene detta “anecogena”. L'esempio di tessuto anecogeno per eccellenza è il liquido (acqua, sangue, bile, urina). I tessuti solidi sono in grado di riflettere il fascio ultrasonoro in maniera più o meno marcata secondo la loro composizione ed hanno una struttura più o meno “ecogena”. E' importante sottolineare che i termini iperecogeno, isoecogeno e ipoecogeno sono termini di paragone. Una formazione è iper-ipo o isoecogena rispetto a un tessuto circostante. Iperecogeno significa “a ecogenicità elevata” rispetto al parenchima circostante. Un esempio di formazione iperecogena è il calcolo, costituito da materiale ricco di minerali, in grado di riflettere interamente il fascio ultrasonoro, determinando il caratteristico aspetto spiccatamente “bianco”. L'osso e le calcificazioni tissutali (come ad esempio le placche ateromasiche) presentano lo stesso tipo di comportamento. Iperecogeno, tuttavia, non significa unicamente “ricco di calcio o di minerali”. L'angioma epatico, tumore benigno del fegato costituito prevalentemente da tessuto endoteliale, è tipicamente iperecogeno rispetto al parenchima, pur non contenendo calcio al suo interno. Iperecogeno significa: “tessuto in grado di riflettere il fascio ultrasonoro in maniera maggiore rispetto al parenchima circostante”. Ipoecogeno significa “a ecogenicità ridotta” rispetto al parenchima circostante. Le neoplasie spesso presentano una struttura ipoecogena rispetto al parenchima circostante, probabilmente in relazione alla quota elevata di capillari (che contengono sangue e quindi liquido) presenti. Isoecogeno significa “alla stessa ecogenicità” del parenchima circostante. Le formazioni veramente isoecogene sono, pertanto, più difficili da individuare perché si differenziano poco dal tessuto circostante. Un esempio tipico è dato dalla iperplasia nodulare focale epatica, misconosciuta molto spesso nelle ecografie tradizionali, senza il mezzo di contrasto.

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3. STRUMENTAZIONE ECOGRAFICA E ACQUISIZIONE DELLE IMMAGINI

Dr. Cecilia Scialpi

Al momento l’industria fornisce tre gruppi di apparecchi ecografici, distinti riguardo alla trasportabilità (carrellati, portatili, ultraportatili), ognuno dei quali offre prestazioni differenti ed è pensato per l’utilizzo in specifici setting clinici. Gli apparecchi carrellati sono piuttosto grandi e rappresentano, di solito, il top della gamma per prestazioni e accessori, utilizzati nella diagnostica convenzionale, per lo più ambulatoriale. I portatili sono caratterizzati dalla compattezza e dalla leggerezza, possono essere dotati di più sonde ed essere completi di color e Doppler. La caratteristica principale è l’estrema maneggevolezza che ne consente una rapida mobilizzazione e pronta disponibilità e quindi li rende particolarmente idonei all’uso soprattutto nell’emergenza sia intra che extra ospedaliera. Gli ultraportatili sono estremamente compatti (possono stare nel palmo di una mano) dotati di un’unica sonda e di sistema di registrazione delle immagini e rappresentano l’evoluzione tecnologica degli apparecchi portatili. Principali comandi di un ecografo. L’ecografo, sommariamente, è composto da un monitor, da un pannello di controllo e dalla sonda; per iniziare l’esame ecografico dobbiamo quindi conoscere i principali tasti funzione di base. Tasto di accensione (on/off): la sua posizione varia a seconda dell’apparecchio utilizzato. Probe: è il tasto che permette di selezionare la sonda adatta all’organo che deve essere studiato. Le sonde possono essere convesse o phased array (a bassa frequenza) o lineari (ad alta frequenza), ed endocavitarie o transcutanee. Ciascuna sonda ha un marker in rilievo, spesso illuminato, che corrisponde di solito, per convenzione, al lato superiore sinistro dello schermo, con un puntino o con il logo della marca dell’apparecchio. L’esame ecocardiografico è eseguito con il marker al lato destro dello schermo, quindi molti apparecchi sono dotati di una funzione che permette di modificare la posizione del marker sullo schermo. Regolazione dei guadagni (GAIN): aggiusta l’intensità degli echi di ritorno. Incrementando il guadagno si ottengono immagini più chiare, brillanti, viceversa riducendolo si ottengono immagini più scure. Non incide sulla qualità dell’immagine (non modifica il numero di pixel per immagine), quindi, al fine di ridurre gli artefatti, conviene regolare al minimo indispensabile i guadagni. La diversa ecogenicità corrisponde alla struttura degli organi esaminati (che hanno differente impedenza acustica) e viene espressa con la scala dei grigi: anecogeno (nero) per le strutture liquide, iperecogeno (bianco) e ipoecogeno per le strutture solide e parenchimatose. La funzione guadagno è un po’ come la funzione volume dello stereo: aumenta o diminuisce il volume emesso ma non modifica la qualità del suono. Focus: la sua posizione è indicata sul lato destro dello schermo (freccia o punto) e può essere variata con il tasto apposito. E’ una funzione che consente di posizionare la zona focale del fascio di ultrasuoni sul punto di interesse, per migliorarne la risoluzione e quindi la qualità dell’immagine. Profondità (DEPTH): modifica la dimensione dell’area rappresentata sullo schermo; utile per assicurare che l’intera struttura d’interesse sia nello schermo. Regolazione del time gain compensation (TGC): permette di aggiustare i guadagni a diverse profondità. Gli echi hanno un’intensità direttamente proporzionale all’intensità dell’ultrasuono che li ha generati. Poiché gli ultrasuoni si attenuano durante la loro progressione attraverso i tessuti, gli echi provenienti dalle zone più profonde sono sempre meno intensi a prescindere dalla differenza d’impedenza che li ha generati: per cui due interfacce di uguale differenza d’impedenza poste a differenti profondità apparirebbero sempre diverse sul monitor. Per correggere il problema relativo gli apparecchi ecografici usano un amplificatore che è regolato sul tempo che gli echi prodotti impiegano per ritornare alla sonda: maggiore è il ritardo maggiore sarà l’amplificazione (TGC). In molti apparecchi ecografici, oltre alla regolazione automatica operata dalla macchina, è possibile regolare manualmente il TGC degli echi che ritornano alla sonda. FREEZE (fermo immagine). E’ possibile bloccare la successione di frame dell’esame in tempo reale nel momento in cui, a giudizio dell’operatore, si stia visualizzando al meglio una certa struttura o organo. Sull’immagine così “congelata” è possibile inserire una serie di misure, note o scritte o frecce ecc. ORIENTAMENTO DELLE IMMAGINI ECOGRAFICHE. L’esame viene condotto con il paziente supino, disteso alla destra dell’operatore (tranne che nell’ecocardiografia convenzionale); se l’ esame eseguito viene eseguito in un contesto di urgenza, non saranno rispettati i classici requisiti di base, ossia che il paziente sia digiuno da almeno sei ore e con la vescica distesa (per lo studio dell’intero addome) e che l’ambiente sia poco illuminato.

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Una volta scelta la sonda adatta allo studio che si deve condurre, bisogna controllarne il corretto orientamento, che può essere contrassegnato sulla stessa in vario modo, e la sua corrispondenza al marker sul monitor. In pratica, è comunque sufficiente porre la sonda orientata trasversalmente, appoggiare un dito sul lato sinistro della sonda e controllare che sul monitor l’immagine compaia in alto a sinistra. Mentre con la mano destra si impugna la sonda, con la sinistra si regolano i tasti base per ottimizzare la risoluzione delle immagini ottenute. L’esame viene condotto eseguendo scansioni trasversali, longitudinali e oblique. E’ consigliato poi di non modificare più l’impugnatura della sonda e, nel passaggio dalle scansioni trasversali o oblique a quelle longitudinali, semplicemente ruotare la stessa di 90° in senso orario. In tal modo la rappresentazione sul monitor delle scansioni ecografiche corrisponderà a ciò che abbiamo definito come modalità convenzionale. Iniziato l’esame è indispensabile avere una corretta conoscenza dell’orientamento dell’immagine riprodotta sul monitor. Per convenzione le immagini ecografiche sono visualizzate sul monitor in modo tale che nella parte superiore sono rappresentati gli strati superficiali (quelli più vicini alla sonda) e nella parte inferiore quelli profondi (i più lontani dalla sonda). Per esempio, nella scansione trasversale dell’ipocondrio destro, nella parte superiore del monitor sono visualizzati il lobo destro del fegato e la colecisti e, nella parte inferiore, il rene destro e la vena cava inferiore. Nelle scansioni di tipo trasversale, nella parte sinistra del monitor è rappresentata la parte destra della sezione anatomica in esame, che corrisponde alla destra del paziente, mentre nella parte destra del monitor la parte sinistra della sezione anatomica. Nelle scansioni di tipo longitudinale, nella parte sinistra del monitor sono rappresentate le porzioni craniali dei visceri in esame e nella parte destra del monitor, quelle caudali. In pratica è come se ci ponessimo a guardare gli spaccati anatomici delle sezioni trasversali dalle gambe del paziente e quelli delle scansioni longitudinali dal fianco destro del paziente.

4. ANATOMIA ECOGRAFICA

Dr. Stefano Ramilli

ADDOME

Fegato. E' un organo dispari situato in ipocondrio destro al di sotto delle coste. L'ecostruttura del fegato sano è omogenea (non isoecogena). All'interno del fegato possono essere visualizzati rami portali e le vene sovraepatiche che si distinguono tra loro per lo spessore delle pareti (maggiore nei rami portali) e per il decorso (le vene sovraepatiche congiungono tra loro verso la porzione inferiore del monitor per sfociare in vena cava). Le vie biliari intraepatiche decorrono parallelamente ai rami portali e in condizioni fisiologiche non sono visualizzate. L'esplorazione epatica comincia a livello del lobo sinistro (sn) mediante una scansione trasversale effettuata a livello epigastrico. Il lobo sn è a forma triangolare con il profilo rivolto alla sinistra del monitor. All'interno del lobo sn sono visualizzabili il ramo portale sinistro e la vena sovraepatica sn. Il lobo destro viene esplorato mediante scansioni sottocostali oblique oppure per via intercostale. All'interno del lobo destro sono visualizzabili il ramo portale destro, le vene sovraepatiche media e destra e la colecisti. La scansione intercostale, non risentendo del meteorismo intestinale, consente una visualizzazione ottimale della colecisti e dell'ilo epatico, per la valutazione del calibro della via biliare principale. Del fegato andranno valutati la regolarità dei profili, il parenchima e i vasi, con particolare attenzione per la vena cava, importante nella valutazione emodinamica del paziente critico. La vena cava può essere visualizzata mediante scansioni epigastriche longitudinali oppure mediante scansioni longitudinali, lungo la linea ascellare media, per via intercostale. Colecisti e Vie Biliari. La colecisti è un viscere piriforme localizzato a livello del lobo destro del fegato. Può essere visualizzata mediante scansioni sottocostali oblique (va ricercata lungo il decorso della vena sovraepatica media) oppure mediante scansioni intercostali oblique, possibilmente con il paziente in decubito laterale. E' costituita da un fondo, un corpo e un infundibulo. Raggiunge il massimo volume durante il digiuno poiché in queste condizioni vi viene immagazzinata la bile. Il calibro massimo trasverso non deve superare i 4 cm. Le pareti, in condizioni fisiologiche durante il digiuno, sono sottili e quasi non percettibili. Non è possibile effettuare una corretta valutazione delle pareti colecistiche se la colecisti è contratta (es. paziente non a digiuno). Le vie biliari si dividono in intra ed extraepatiche. Le vie biliari intraepatiche decorrono parallele ai rami portali e in condizioni fisiologiche non sono visibili. La visualizzazione delle vie biliari intraepatiche, che fanno

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assumere ai rami portali intraepatici il caratteristico aspetto “a doppio binario”, deve essere considerata patologica. La via biliare principale può essere visualizzata in condizioni ottimali per almeno i 2/3 prossimali del suo decorso, sino al suo tratto intrapancreatico. Il calibro deve essere inferiore a 6 mm. Nel paziente colecistectomizzato il coledoco assume una funzione ‘vicariante’, e il suo calibro è considerato normale sino a 10 mm. Sopra tali valori si parla di ectasia della via biliare principale.

Rene. Il rene è un organo pari localizzato nel retroperitoneo lungo i fianchi destro e sinistro. In assenza di ptosi, è visualizzato mediante scansioni longitudinali lungo la linea ascellare media poco al di sotto dei capezzoli. Può essere visualizzato, in condizioni di necessità, anche attraverso scansioni addominali anteriori o dorsali. Ha un aspetto a forma di fagiolo ed è costituito da una porzione centrale iperecogena, il seno pielico, e da una porzione periferica ipoecogena, il parenchima. Il parenchima renale è costituito da una zona corticale e una zona midollare. La distinzione tra corticale e midollare, nel paziente adulto, non è in genere ben valutabile data l'estrema sottigliezza della corticale e la sostanziale omogeneità di ecostruttura tra questi due settori. Parlare, pertanto, di rapporto cortico-midollare in ambito ecografico può essere fuorviante. E' invece importante ricordare che lo spessore del parenchima in toto non deve essere inferiore a 10 mm. Il diametro bipolare del rene normale dipende dalla costituzione del soggetto ed è, in genere, compreso tra i 9 ed i 12 cm. In condizioni fisiologiche non sono presenti grandi differenze dimensionali tra i due reni. Tra il rene destro e il fegato è presente una cavità virtuale detta spazio del Morrison. A paziente supino rappresenta la parte più declive della cavità peritoneale e, quindi, lo spazio in cui si raccoglie, in prima battuta, un eventuale versamento libero. La presenza di versamento libero nel Morrison non è mai fisiologica.

Pancreas. E' un organo dispari retroperitoneale situato in epigastrio, anteriormente all'aorta e all'arteria mesenterica superiore. La scarsa visibilità in relazione alla presenza di meteorismo intestinale è molto meno frequente di quanto si possa pensare. Nella mia esperienza personale una corretta visualizzazione della porzione cefalica e del corpo del pancreas, se si escludono casi limite, è possibile almeno nel 70-80% delle indagini effettuate. Il pancreas è visualizzato mediante scansioni epigastriche trasversali con la sonda ruotata in senso antiorario di circa 20-30 gradi. Per una corretta visualizzazione del pancreas è necessario ricercare la vena splenica poiché il pancreas decorre anteriormente a quest'ultima. Posteriormente alla vena splenica decorre l'arteria mesenterica superiore. Questi due vasi insieme costituiscono il caratteristico “occhio con sopracciglio” dove il sopracciglio è rappresentato dalla vena splenica e la pupilla dall'arteria mesenterica superiore. Il pancreas si trova, nel monitor dell'ecografo, subito al di sopra del sopracciglio. Il pancreas normale si presenta a forma di ferro di cavallo con la testa, globosa, sulla sinistra del monitor e la coda che si dirige verso il basso, sulla destra del monitor stesso. Il corpo si trova subito sopra al “sopracciglio”, rappresentato dalla vena splenica. Al di sotto della vena splenica troviamo la “pupilla” dell'occhio (arteria mesenterica superiore) e ancora più in basso, l'aorta.

Milza. E' un organo dispari localizzato in ipocondrio sinistro. Contrae rapporti di contiguità con lo stomaco e la coda del pancreas. La vicinanza con lo stomaco è di importanza pratica durante lo studio ecografico del paziente critico, poiché fornisce importanti informazioni sullo stato di riempimento dello stesso fornendo eventuali indicazioni sulla necessità di posizionare un sondino nasogastrico. La milza è visualizzata ponendo la sonda lungo la linea ascellare posteriore poco al di sotto dei capezzoli. La sonda deve essere ruotata di 45° rispetto alla linea ascellare e indirizzata verso la spalla destra del paziente. Il diametro bipolare della milza non supera i 12 cm mentre l'area di sezione è generalmente inferiore ai 45 cmq. Si parla di splenomegalia se tali valori sono superati (l'uno, l'altro o entrambi). La forma è a semiluna con concavità mediale (ilo splenico). L'ecostruttura è omogenea ed è sovrapponibile a quella del fegato sano. Aorta. L'aorta addominale è un vaso localizzato nel retroperitoneo a decorso longitudinale. A livello dell'ombelico si biforca nelle due arterie iliache comuni. Viene visualizzata con scansioni longitudinali a livello della linea xifo-pubica e con scansioni trasversali dall'epigastrio all'ombelico. Il calibro non deve superare i 3 cm. TORACE e SEMEIOTICA PLEUROPOLMONARE

Lo studio ecografico del torace deve essere eseguito con sonde convex, meglio se di piccole dimensioni (microconvex), o lineari. Le meno indicate sono le sonde phased array. L’esame non necessita di alcuna preparazione del paziente, che può essere studiato tanto in decubito supino che seduto. Per studiare tutto il torace devono essere fatte sistematicamente scansioni longitudinali dagli apici alle basi lungo le linee anatomiche (parasternale, emiclaveare, ascellari, paravertebrali se si può attuare l’approccio posteriore) e

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poi se necessario anche scansioni trasversali lungo spazi intercostali di interesse. I limiti dell’ecografia del torace sono l’impossibilità di studiare le regioni posteriori o quelle coperte dalle ossa, le difficoltà imposte dal dolore nella sede di fratture, l’enfisema sottocutaneo, la presenza di elettrodi o tubi di drenaggio. Gli elementi fondamentali della semeiotica polmonare (normale e patologica) sono: Coste e strutture ossee della gabbia. Come tutte le ossa, hanno superfici convesse o lineari fortemente ecoriflettenti, con cono d’ombra posteriore, e ostacolano la visualizzazione delle strutture sottostanti. Linea pleurica: linea iperecogena, parallela al piano cutaneo, localizzata al di sotto delle coste. Lo spazio costale con la linea pleurica sottostante (costa-linea pleurica-costa) prende il nome di ‘bat-sign’ per la somiglianza con un pipistrello. Se il polmone è a parete ed è mobile, la linea pleurica si muove in maniera sincrona al respiro e tale movimento prende il nome di ‘sliding sign’. Lo sliding sign rappresenta lo scivolamento del foglietto pleurico viscerale su quello parietale. L'assenza di sliding caratterizza il mancato contatto tra i due foglietti per interposizione di aria (pneumotorace) o per aderenze infiammatorie o la mancata espansione del polmone (atelettasia, assenza di ventilazione) o l’assenza di attività respiratoria

(apnea, arresto). In M-Mode (figura a lato, a dx) è ben visibile il segno della spiaggia (‘seashore sign’), un'immagine granulosa indicativa di movimento, pertanto di sfregamento tra i due foglietti pleurici. Un segno di questo tipo esclude la presenza di pneumotorace. Linee A (figura a lato, a sn, frecce orizzontali): Artefatti caratterizzati da linee orizzontali, parallele alla linea pleurica, non mobili, che sono una rappresentazione speculare della linea pleurica stessa (pleura parietale o entrambi i foglietti) in un ambiente aereo, sia quando l’aria è intraalveolare sia quando è libera nel

cavo pleurico come nel pneumotorace. Il pattern A in presenza di sliding caratterizza il polmone ‘asciutto’.

Linee B: Artefatti da riverberazione caratterizzati da linee iperecogene verticali, a partenza pleurica, con movimento sincrono alla linea pleurica che cancellano le linee A. La loro presenza caratterizza la presenza di interfaccia liquido-aria. La presenza di 3 o più linee B in due spazi intercostali adiacenti determina il pattern B che identifica la sindrome interstiziale e cioè un aumento di liquido a livello dell’interstizio polmonare, comune a molte situazioni quali lo scompenso cardiaco, le fibrosi polmonari, le patologie infettive o le contusioni, l’ARDS e l’ALI. Pattern C: aree di consolidamento

alveolare associate o meno a versamento pleurico (PLAPS). Le aree di consolidamento sono rappresentate, in gravità crescente, da: ispessimento della linea pleurica → microconsolidamenti → macroconsolidamenti → epatizzazione polmonare. Sia nel micro sia nel macroconsolidamento la linea pleurica è nascosta, e il profilo iperecogeno che sottende il consolidamento può assumere aspetto a dente di sega (‘Shred Sign’) o essere lineare (‘Quad Sign’).

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Il consolidamento indica la presenza di fluido (liquido, pus, sangue) a livello degli alveoli che sottendono la pleura. E' tipico delle polmoniti e delle contusioni. Un focolaio di broncopolmonite che non raggiunge la pleura, così come una contusione (per quanto questa evenienza sia relativamente rara) non potranno, pertanto, determinare il profilo C. Nei consolidamenti è possibile riconoscere delle bande trasversali ecogene all’interno delle quali si possono osservare: aria in movimento sincrono con gli atti del respiro (‘broncogrammi aerei dinamici’) o immobile (‘broncogrammi aerei statici’); liquido anecogeno (‘broncogrammi aerei fluidi’). L’assenza di immagini di questo tipo in un’area polmonare a ecostruttura parenchimatosa (‘epatizzata’) identifica la possibile presenza di un’atelettasia da ostruzione bronchiale piuttosto che da compressione o di una contusione polmonare.

CUORE

Il paziente viene studiato in decubito supino o se possibile – e se è nelle preferenze dell’operatore – in decubito laterale sinistro. Può essere approcciato sia dal lato destro sia, come in cardiologia, dal lato sinistro. Le sonde utilizzate sono tipicamente phased array.

Le scansioni utilizzate per lo studio del cuore sono: 1. parasternale asse lungo (PLAX, parasternal long-axis) e parasternale asse corto (PSAX, parasternal

short-axis), 2. apicale 4 camere (A4C, apical 4-chambers), 3. sottocostale 4 camere (SC-4C, subcostal 4-chambers), 4. sottocostale per vena cava inferiore (SC-IVC, subcostal inferior vena cava) e 5. transgiugulare (SSN, supra-sternal notch). 6. Esistono altre scansioni che hanno, tuttavia, meno rilievo nel setting dell'urgenza (es. A2C, apical 2-

chambers; A5C, apical 5-chambers; A3C, apical 3-chambers).

1. a) Parasternale asse lungo (PLAX) – scansione 2D

E' una sezione longitudinale del cuore che si ottiene posizionando la sonda in sede parasternale con repere posto in direzione della spalla dx. Si provano in successione diversi spazi intercostali dal 2° sino al 5° al fine di ottenere un'immagine che comprenda ventricolo ed atrio sn, box aortico e parte del ventricolo dx. L'apice non è generalmente visualizzato. Questa scansione evidenzia molte strutture e fornisce un'idea generale del cuore. È utilizzata per le seguenti misurazioni:

• Diametro del ventricolo sn (vn < 6 cm nell'uomo e 5,5 cm nella donna)

• Diametro dell'atrio sn (vn < 4 cm) • Spessore del setto interventricolare (vn < 1

cm) • Calibro della radice aortica e dell'aorta ascendente (anulus < 3 cm; ascendente < 3,7 cm)

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• Valutazione calibro dell'aorta discendente (dipende dalla superficie corporea deve essere comunque di calibro inferiore rispetto alla aorta ascendente misurato. La formula esatta è: calibro discendente < 1,6 cm/BSA* m2) * BSA: body surface area

• Funzione della valvola aortica e della mitrale (per misurazioni Doppler). • Frazione di accorciamento [(Ø VSN diast - Ø VSN sist) / Ø VSN diast * 100] (vn compreso tra 25-

45%)

1. b) Parasternale asse corto (PSAX) – scansione 2D Dalla scansione PLAX, senza modificare lo spazio intercostale ruoto la sonda di 90° in senso orario, puntando il repere verso la spalla sinistra del paziente e ottengo la scansione parasternale asse corto (PSAX). Vi sono più livelli di visualizzazione. Dall'alto (craniale) verso il basso (caudale) abbiamo: il livello che comprende l'aorta, la valvola mitrale, il ventricolo sn a livello dei muscoli papillari e l'apice. Tali livelli si ottengono basculando la sonda dall'alto verso il basso senza modificare la posizione dello spazio intercostale.

Il ventricolo sn (VSN), localizzato nella parte dx dello schermo presenta una forma rotondeggiante, con pareti più spesse ed un volume maggiore rispetto al ventricolo dx (VDX). Il VDX si trova nella parte sinistra dello schermo e si “appoggia” al VSN a guisa di cappello con la punta (si vede bene a livello medio e apicale). Per ottenere delle buone immagini si deve ricercare una visione circolare del VSN e non oblunga o ovalare. La PSAX è una scansione molto importante nell'urgenza poiché fornisce informazioni utili dal punto di vista clinico e operativo, soprattutto per la valutazione della CINETICA VENTRICOLARE: viene generalmente valutata a livello della scansione che comprende i muscoli papillari. Le pareti si devono ispessire in toto e il cuore deve spostarsi verso il centro dello schermo. E' possibile visualizzare i territori di vascolarizzazione dei principali rami coronarici e la POSIZIONE DEL SETTO INTERVENTRICOLARE. Se spostato verso il VSN sn fa perdere il normale aspetto di “O” a quest'ultimo che assume l'aspetto della lettera “D” (D shape). Questo aspetto è indicativo di un aumento di pressione a livello del VDX che può accompagnarsi all'embolia polmonare.

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2. a) Apicale 4 camere (A4C) – scansione 2D Teoricamente è ottenuta ponendo la sonda nel V spazio intercostale lungo la linea ascellare media (itto della punta). Nella pratica si ottiene ponendo la sonda nel solco sottomammario partendo dalla linea ascellare anteriore o media spostandosi in direzione mediale, verso lo sterno, seguendo il solco sottomammario sino a ottenere l'immagine desiderata. La sonda generalmente è posta perpendicolarmente al piano cutaneo, o un poco inclinata in direzione craniale.

E' importante cercare di visualizzare una “croce” perfetta, con l'asse lungo in posizione perfettamente verticale. Il ventricolo sn presenta la sua normale conformazione a “pallone di rugby” troncato e l'apice deve essere visualizzato. Le pareti visualizzate del VSN sono la settale (a sn del monitor) e la laterale (a dx del monitor). Le informazioni che si ricavano da questa scansione sono:

• la grandezza delle camere ventricolari, in particolare del ventricolo dx rispetto al sn (il rapporto normale deve essere < 0,6). Sono inoltre valutabili le dimensioni degli atri, importanti per determinare la

cronicità di un'eventuale patologia sottesa. Il ventricolo dx è l'unica camera che può dilatarsi acutamente. Una dilatazione atriale è sempre indicativa di una patologia cronica.

• la cinetica del ventricolo sn. Il setto viene vascolarizzato per un breve tratto nella sua porzione basale dalla coronaria dx (CDX) ma in gran parte è vascolarizzato dalla discendente anteriore (LAD) sino all'apice. La parete laterale è vascolarizzata dal ramo circonflesso (CX)

• la frazione di eiezione (FE, vn > 50%). La valutazione della FE può essere a colpo d'occhio, oppure rapportando tra loro i volumi del VSN in sistole e diastole (algoritmo di calcolo automatico, eventualmente incluso nel software dell’ecografo).

2. b) Apicale 2 camere (A2C) – scansione 2D Si ottiene dalla A4C ruotando di 90° la sonda in senso antiorario. Sono visualizzati esclusivamente l'atrio e il ventricolo sn.

Del ventricolo sn si valutano la parete inferiore (a sn dello schermo) vascolarizzata dalla coronaria dx e la parete anteriore (a dx dello schermo) vascolarizzata dalla discendente anteriore. In questa scansione può essere misurata la FE (in genere per una misura precisa si fa una media tra la FE in A4C e A2C)

FE = [(Volume VSN td - Volume VSN ts) / Volume VSN td] x 100 (vn > 50%)

td= telediastole ts= telesistole

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3. Sottocostale 4 camere (SC-4C) – scansione 2D E' una proiezione fondamentale che non va mai omessa, in particolare nel setting dell'urgenza. Il paziente è in posizione supina con il tronco sollevato a 45°. La sonda è messa in epigastrio sotto il processo xifoideo con il repere verso la spalla sn. Si bascula sino a ottenere l'immagine sottostante. Un'inspirazione profonda,

ove possibile, migliora la visualizzazione. E' la scansione migliore per valutare la presenza di versamento pericardico e, eventualmente, di segni di tamponamento cardiaco. In gravità crescente il versamento determina compressione del ventricolo dx e dell'atrio dx. La presenza di un atrio dx compresso rappresenta diagnosi sicura di tamponamento. Le camere dx vengono di norma ben visualizzate. Del ventricolo sn si valutano il setto (in alto) e la parete postero-laterale (in basso). L'apice di norma non è visualizzato. Il setto interatriale viene ben visualizzato, talvolta possono perdersi gli echi della porzione più sottile (drop out del setto interatriale).

4. Sottocostale per vena cava (SC-ICV) Dalla SC-4C si sposta la sonda verso la spalla dx del paziente e si ruota in senso antiorario sino a visualizzare la vena cava in longitudinale.

La vena cava ha generalmente un calibro compreso tra 1,2 cm e 1,7 cm. Al di sotto di 1 cm e, comunque, quando è presente il segno del kissing wall al M-mode si può parlare di diminuzione del ritorno venoso (e.g. ipovolemia). Tale valore si alza a 1,5 cm se il paziente è ventilato con PEEP o EPAP. Durante la respirazione normale si assiste a un collasso inspiratorio che normalmente deve essere superiore al 50%. Mediante la valutazione del calibro della vena cava e del collasso inspiratorio si può risalire a una stima della pressione in atrio dx – PVC (Pressione Venosa Centrale).

Diametro (cm) Collasso inspiratorio PVC <1,7 >50% 0-5 mmHg >1,7 >50% 6-10 mmHg >1,7 <50% 11-15 mmHg >1,7 Nessun collasso >15 mmHg

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5. Soprasternale (SSN) – scansione 2D

Si ottiene in decubito supino con tronco sollevato di 45° con la testa estesa sul collo (controindicata nei traumi prima della valutazione rachide cervicale). Si mette la sonda a livello del giugulo con il repere indirizzato verso la spalla sn del paziente. La finalità di questa scansione è principalmente la visualizzazione dell’arco aortico.

5. REFERTAZIONE

Dr. Stefano Ramilli

La refertazione rappresenta un momento delicato dell'indagine ecografica per le ovvie ripercussioni di tipo medico legale ma soprattutto perché in ecografia, a differenza delle altre tecniche d'imaging, il supporto iconografico ha un valore limitato. E' pertanto di vitale importanza rispettare alcune regole di base.

Nel referto non possono mai mancare:

• i dati anagrafici del paziente (Nome, Cognome, Data di nascita)

• la data di esecuzione dell'esame (è bene aggiungere l'ora nel caso in cui si esamini un paziente in Pronto Soccorso o al letto nel reparto)

•l'intestazione della struttura per la quale si lavora (si può tralasciare se si scrive l'ecografia in cartella clinica o nel software del Pronto Soccorso)

• la firma del Medico (a penna o digitale).

Sarebbe opportuno che la stesura del referto fosse il quanto più possibile standardizzata e univoca, in modo da evitare ridondanze di terminologie che possono portare a fraintendimento.

Per un utile confronto, si rimanda alle linee guida della SIUMB, scaricabili a questo indirizzo:

http://www.siumb.it/files/doc/linee_guida_esame_ecografico.pdf Come concetto generale è importante ricordare che esistono ovvie differenze sul piano clinico tra l'ecografia effettuata in urgenza e quella effettuata su pazienti stabili in condizioni ottimali (digiuno, ambiente poco illuminato, nessun limite di tempo). Tali differenze si riflettono ovviamente sull'esecuzione dell'esame e, pertanto, sul tipo di referto che si deve scrivere. E' pertanto consigliato dichiarare esplicitamente la condizione in cui si fa l’ecografia all'inizio di ogni referto con una formula simile a questa: “Indagine effettuata in urgenza/emergenza con sonda convex/lineare/settoriale al letto del malato/in saletta emergenza/in Pronto Soccorso/in Rianimazione”. L'ecografia d'urgenza è una metodica orientata a un obiettivo (goal directed) e difficilmente in Pronto Soccorso/Rianimazione faremo un'ecografia addome completo tradizionale. Tale obiettivo deve essere reso

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esplicito nel referto: “Indagine mirata alla ricerca di versamento libero addominale/allo studio dell'aorta/allo studio dei reni e delle vie escretrici in paziente con dolore addominale/sospetta colica renale/sospetta rottura aorta addominale”. Tale frase giustifica la mancata visualizzazione di tutti gli organi che normalmente sono visualizzati, ad esempio, durante un'ecografia tradizionale. Un paziente ipoteso con polsi femorali deboli deve essere valutato in urgenza per escludere una rottura aortica, e non dobbiamo preoccuparci, dal punto di vista clinico-ecografico, di escludere una neoplasia renale in urgenza. Dal punto di vista medico legale, invece, la refertazione di un'ecografia addome completo, prevede anche lo studio dei reni e una mancata visualizzazione degli stessi può essere intesa come un atto negligente. Nella stesura del referto, infine, è bene ricordare che deve essere presente una parte descrittiva di ciò che si vede e una parte interpretativa di ciò che si è scritto, con l'obiettivo di fornire una direzione diagnostica a chi legge il referto, che non deve essere necessariamente erudito sulla terminologia ecografica. Riporto, a titolo esemplificativo due esempi di refertazione dello stesso paziente. “Indagine condotta con sonda convex, in saletta di emergenza, in paziente supino poli-traumatizzato mirato allo studio del torace. Linea pleurica visualizzata a carico di entrambi gli emitoraci con sliding sign presente. Si segnala incremento delle linee B a carico dell’emitorace destro lungo la linea ascellare anteriore sul 5 e 6 spazio intercostale. Non versamento pleurico, bilateralmente” Questo referto, corretto dal punto di vista tecnico, è lacunoso dal punto di vista interpretativo. Chi legge infatti, non deve essere a conoscenza del significato dello sliding sign né tanto meno del significato dell'aumento delle linee B, né di cosa sia una linea B stessa. Il referto corretto è il seguente: “Indagine condotta con sonda convex, in saletta di emergenza, in paziente supino poli-traumatizzato mirato allo studio del torace. Linea pleurica visualizzata a carico di entrambi gli emitoraci con sliding sign presente, come da polmoni ventilati a parete. Si segnala incremento delle linee B a carico dell’emitorace destro lungo la linea ascellare anteriore sul 5 e 6 spazio intercostale (quadro compatibile con incremento della quota pleurica interstiziale, possibile segno di contusione polmonare). Non versamento pleurico, bilateralmente”.

INTEGRAZIONE DELL’ECOGRAFIA NELLA GESTIONE DEL POLITRAUMA Dr. Soccorsa Sofia Il politrauma è connotato dalla presenza, nello stesso paziente, di un insieme di danni traumatici potenzialmente fatali, con interessamento di più di una regione del corpo (testa, torace, addome ed estremità) e un ISS (Injury Severity Score) superiore o uguale a 15. Endemico in tutto il mondo, il politrauma è tuttora la principale causa di morte nella popolazione in fascia di età tra i 15 e i 44 anni, ed è gravato da un’incidenza molto alta (>48% della mortalità) di morti ‘evitabili’, la maggioranza della quale è intraospedaliera. Queste morti sono tipicamente tempo-dipendenti e riguardano: 1. La gestione delle vie aeree 2. I traumi toracici 3. Il controllo dello shock e dell’emorragia, dove l’emorragia rimane la causa principale di morte legata al trauma (80%), seconda solo al trauma cranico. Gli interventi ‘salvavita’ nella gestione di un politrauma sono quindi essenzialmente:

1. L’adeguata gestione delle vie aeree 2. La decompressione di un pneumotorace, di un tamponamento cardiaco, di un ematoma

epidurale acuto 3. Il controllo di emorragie massive nel torace o nell’addome 4. Il controllo di emorragie massive dall’anello pelvico o dagli arti

La diagnosi tempestiva e accurata di tutte le lesioni da trauma potenzialmente fatali, e di conseguenza il loro trattamento precoce - ha pertanto priorità massima dopo l'ingresso in ospedale e – dove possibile - anche prima di questa fase. Durante la cosiddetta 'Golden Hour' (la prima ora dall’arrivo del traumatizzato in ospedale) se nei pazienti con politrauma e shock è presente un trauma addominale la probabilità di morte aumenta di circa l'1% ogni 3 minuti di ritardo del trattamento. Si capisce come sia fondamentale riconoscere tempestivamente se lo shock sia dovuto alla lesione emorragica di un organo della cavità addominale o se bisogna cercarne altrove la causa. La FAST (‘Focused Abdominal Sonograhy For Trauma’) – la prima applicazione storica e di successo dell’ecografia nei politraumatizzati - ha probabilmente indotto un

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miglioramento nella cura del trauma perché si è dimostrata in grado di fornire una rapida valutazione dei pazienti emodinamicamente ‘instabili’ per identificare la presenza di liquido peritoneale, pleurico o pericardico, potenziali cause di questa instabilità. A partire dal ‘protocollo FAST’ (diventato poi acronimo di ‘Focused Assessment With Sonograhy For Trauma’) - attraverso la E-FAST (‘Extended FAST’, integrata con la ricerca del pneumotorace) fino all’ attuale proposta di approccio integrato US-‘ABCDE’ (Toward an ultrasound curriculum for critical care medicine. L.Neri, E.Storti, D. Lichtenstein. Crit Care Med 2007 Vol. 35, No. 5 (Suppl.) S290), l’ecografia ha assunto un ruolo crescente come strumento diagnostico efficace, rapido e versatile e come supporto per la guida alle procedure praticamente nella gran parte degli step ‘obbligatori’ della valutazione e dell’assistenza al politraumatizzato. L’ecografia nel trauma deve essere sempre interpretata in stretta integrazione ai dati clinici, che restano comunque i principali ‘decisori’ nella gestione di questo tipo particolare e rischioso di pazienti.

6. GESTIONE DELLE VIE AEREE (A)

Dr. Carlo Coniglio – Dr. Soccorsa Sofia L’impiego degli ultrasuoni a supporto della gestione delle vie aeree, nel paziente traumatizzato e no (A) ha due tipi di indicazioni:

1. Indicazioni ‘di base’: Valutazione predittiva della difficoltà delle vie aeree, conferma dell’intubazione, eco “cricotirotomia”

2. Indicazioni avanzate: tracheotomia percutanea, visualizzazione delle patologie dell’epiglottide Anatomia ecografica. La valutazione ecografica delle vie aeree richiede l’uso di sonde convex per ottenere una visione panoramica e di sonde lineari per definire i dettagli, e di scansioni trasverse e sagittali (mediane e paramediane). In sequenza (dalla superficie alla profondità) le strutture che si possono rappresentate sono:

a. le ossa (iperecogene con cono d’ombra posteriore) b. le cartilagini (ipoecogene) c. superficie intraluminale anteriore della via aerea: una interfaccia aereo mucosa - brillante,

iperecogena. La superficie intraluminale posteriore non è visibile. Una valutazione completa della regione prevede:

1. Il riconoscimento dell’osso ioide, che appare come una superficie iperecogena a U rovesciata, con netto cono d’ombra posteriore

2. Una scansione panoramica alta sottomandibolare (scansione sagittale) per evidenziare l’epiglottide, lo spazio preepiglottico e l’inlet laringeo.

3. La visualizzazione della membrana cricotiroidea, ottenuta con sonda lineare in scansione sagittale, che appare come una sottile e breve superficie nettamente iperecogena, parallela alla sonda. È posizionata tra la cartilagine tiroidea (a monte) e quella cricotiroidea (a valle) entrambe ipoecogene; posteriormente alla c. cricotiroidea si riconosce un’interfaccia aereo mucosa iperecogena che corrisponde alla superficie intraluminale anteriore della via aerea.

4. L’insonazione delle corde vocali, con sonda lineare in scansione trasversa posta a livello della membrana cricotiroidea, che appaiono come un triangolo iperecogeno a base posteriore (corrispondente ai legamenti vocali) ai lati dei quali sono disposte due strutture ipoecogene piuttosto spesse, orientate anteroposteriomente e corrispondenti ai muscoli vocali. Inclinando leggermente la sonda verso il basso, è possibile visualizzare le false corde, come due aree sfumate oblunghe disposte obliquamente con orientamento AP, iperecogene per l’elevato contenuto lipidico.

5. La visualizzazione dell’esofago, riconoscibile per il decorso paramediano a sinistra, posteriormente al lobo sinistro della tiroide (meglio visualizzato sotto il polo inferiore di questo), e per il tipico aspetto ‘a bersaglio’ nelle scansioni trasverse. L’aspetto a ‘bersaglio’ è caratteristico delle strutture intestinali ed è dovuto al susseguirsi dall’interno all’esterno di almeno 5 strati ipo e iperecogeni alternati, corrispondenti alle interfacce acustiche tra i vari strati della parete intestinale. La visualizzazione dell’esofago può essere migliorata se il paziente deglutisce; al suo interno si apprezza allora un flusso verso il basso di materiale iperecogeno (saliva o aria) associato a movimenti di parete; ugualmente vi si può riconoscere un tubo endotracheale erroneamente posizionato come una linea iperecogena parallela al lume del viscere.

Indicazioni. 1. Pre-intubazione

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• ◦ Valutazione vie aeree difficili anticipate: es. pazienti obesi, con sleep apnea • ◦ Misura diametri, spessore dei tessuti molli…

2. In emergenza • ◦ Ostruzioni, ascessi, tumori, epiglottide

3. Conferma IOT • ETCO2 • Auscultazione 5 campi

……Ma se non è sufficiente o persiste il dubbio: … UltraSound!!! ◦ Tubo in trachea ◦ Lung Sliding ◦ Escursioni del diaframma

4. Cricotiroidotomia eco guidata 5. Conferma posizionamento del SNG 6. Tracheotomia percutanea eco guidata (indicazione ‘avanzata’)

7. POLMONE E CAVITA’ TORACICHE (B)

Dr. Soccorsa Sofia

La valutazione ecografica della ‘B’ (‘Breathing’) nel traumatizzato è finalizzata al riconoscimento di:

1. pneumotorace 2. versamento pleurico 3. contusione polmonare

Il paziente è generalmente in decubito supino obbligato. E’ consigliabile iniziare l’esame con una sonda convex meglio se di piccole dimensioni (più adatta per gli approcci intercostali) che si potrà usare anche per le finestre addominali. Questo approccio consente di avere una vista sufficientemente panoramica ma anche accurata di tutti i reperti d’interesse. Se sarà necessario dettagliarne alcuni (alterazioni della pleura, ‘lung points’, addensamenti subpleurici) e se il tempo a disposizione lo consente, si potrà usare in seguito una sonda lineare per scansioni focalizzate. Può essere utile in alcuni casi l’uso del M-Mode. I limiti dell’ecografia del torace sono l’impossibilità di studiare le regioni posteriori, le difficoltà imposte dal dolore nella sede di fratture, l’enfisema sottocutaneo, la presenza di elettrodi o tubi di drenaggio. PNEUMOTORACE (PNX). Nel paziente in decubito supino, l’approccio ecografico consigliato è l’esplorazione iniziale delle aree più antideclivi progredendo in seguito verso i lati di entrambi gli emitoraci. Lo PNX viene riconosciuto per:

• La presenza di uno o più ‘lung points’ • L’assenza di ‘lung sliding’ • L’assenza di linee B • L’assenza di ‘lung punse’

Il ‘lung Point’ è il punto in cui la pleura normale giunge a contatto con il limite dello PNX. E’ il segno ecografico più specifico, senza il quale lo PNX può essere solo sospettato. Lo studio sequenziale delle aree anteriori e laterali del torace, dagli apici alle basi, e con scansioni trasversali, permette di riconoscere i limiti dello PNX e quindi di quantificarlo, secondo la suddivisione in ‘Stage’ (I-II-III-IV) applicata da Liechtenstein (Liechtenstein DA, Lasco N, Meier G, Gene A (2003) Ultrasound diagnosis off alveolar consolidations in the critically ill. Intensive Care Med (http:// dx.doi.org/10.1007/s00134-003-2075-6), e quindi di porre le indicazioni all’eventuale drenaggio. Non riconoscere alcun limite dello PNX negli approcci anteriori e laterali significa avere uno PNX massivo. Nonostante i limiti della metodica, l’ecografia polmonare esclude più accuratamente della radiografia del torace a paziente supino la diagnosi di PNX.

L’M-Mode può dimostrare un segno caratteristico di PNX, lo ‘stratosphere sign’ (parte destra della figura), provocato dalla mancanza di scivolamento tra i foglietti pleurici. Nella parte sinistra sono ben rappresentate le linee A (frecce). Un pattern di tipo A, in assenza di ‘lung sliding’, è sospetto per PNX.

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Il ‘Lung pulse’ è un movimento verticale (da e verso la sonda) della pleura visualizzato come pulsazione. Rappresenta la trasmissione del battito cardiaco a livello della pleura e pertanto è sempre presente (ovviamente a meno di non trovarsi in condizione di sistola). Indica la presenza di polmone a parete quindi non è mai visualizzato in caso di PNX. Il ‘Lung pulse’ è meglio visualizzato in assenza di sliding e, in questo caso, indica la presenza di aria alveolare intrappolata (es. bronco non intubato). VERSAMENTO PLEURICO. Nel paziente supino, l’approccio consigliato è quello laterale, con la sonda (convex o phased array) messa sopra il diaframma sulla linea ascellare posteriore. Il versamento è riconosciuto come uno spazio sopradiaframmatico generalmente privo di echi (anecogeno), tra la pleura parietale e quella viscerale. Se sono presenti degli echi all’interno di questo spazio, si può trattare di un essudato o di liquido emorragico, perché solitamente i trasudati sono anecogeni. La presenza di linee iperecogene e aree di loculazione all’interno del versamento indica un versamento saccato. Il M-mode permette di identificare un segno caratteristico dei versamenti pleurici, cioè il “sinusoid sign“, dovuto all’ondulazione del polmone collassato all’interno del liquido pleurico, che conferma la natura fluida del contenuto intrapleurico (Lichtenstein DA: Ultrasound in the management of thoracic diseases. Crit Care Med 2007, 35:S250-S221). L’ecografia del torace è più accurata della radiografia a paziente supino e pari per accuratezza alla TC nella diagnosi di versamento pleurico. La quantità di liquido pleurico di un versamento può essere stimata ecograficamente misurando la distanza massima tra pleura viscerale e parietale a fine espirazione (Sep), lungo una scansione trasversa all’asse del corpo ottenuta muovendo la sonda dal basso verso l’alto alla base polmonare lungo la linea ascellare posteriore. Il volume di liquido pleurico può essere misurato con la formula semplificata V= 20 X Sep (mm) (Balik M, Plasil P, Waldauf P, et al: Ultrasound estimation of volume of pleural fluid in mechanically ventilated patients. Intensive Care Med 2006; 32:318 –321). CONTUSIONE POLMONARE. Può essere identificata mediante i seguenti segni:

• presenza di sliding pleurico, che può anche essere ridotto • presenza di sindrome alveolo-interstiziale che può essere da lieve (linee B in numero di almeno 3 per

ogni spazio intercostale con scansioni longitudinali) a grave (‘White Lung’). • presenza di addensamento polmonare:

I. Lesione sub pleurica, ipoecogena, con pattern tissutale (‘parenchimatoso’) e margini irregolari senza insenature (broncogrammi) aerei e senza importante versamento pleurico locale

II. Sfumate modeste lesioni ipoecogene con margini indistinti di dimensione costante durante gli atti del respiro

Le contusioni possono essere indagate con ecografia solo in certe condizioni quali: 1. localizzazione periferica o estesa fino alla pleura; 2. assenza di pneumotorace; 3. assenza di aria nel sottocute; 4. mancanza di ostacoli esterni (superfici ossee, medicazioni). Caratteristica delle contusioni è di essere localizzate in rapporto alla sede e al meccanismo del trauma e di non avere delimitazione lobare. La sindrome interstiziale è identificata dalla presenza di artefatti pleuropolmonari multipli denominati linee B, artefatti da riverbero verticali laser-simili legati all’ aumento dell’acqua extravascolare del polmone, che originano dalla linea pleurica e si estendono fino al limite inferiore dello schermo senza dissolversi, e si muovono in modo sincrono con lo sliding pleurico. Il consolidamento polmonare appare come un’area sub pleurica ipoecogena o con ecostruttura ‘parenchimatosa’. L’accuratezza diagnostica dell’ecografia nella contusione polmonare è del 95,4% se si considera la sindrome interstiziale e del 65,9% se si considera il consolidamento; complessivamente è migliore della radiografia del torace rispetto al gold standard (TC) (Soldati G, Testa A, Silva FR et al. Chest ultrasonography in lung contusion. Chest 2006; 130:533–538).

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8. ADDOME E CAVITÀ PERITONEALE- SHOCK TRAUMATICO

Dr. Soccorsa Sofia La valutazione della C è riassunta nel ‘Protocollo FAST’ (vedi sopra).

Scopo primario della FAST è il riconoscimento della presenza di sangue nelle cavità pleuriche, pericardica e peritoneale, dati tutti da interpretare alla luce delle condizioni emodinamiche del paziente (presenza o no di shock). Versamento pericardico. Il pericardio normale appare come una linea iperecogena posta intorno al cuore e immediatamente aderente al miocardio ipoecogeno o separata dall’epicardio per l’interposizione di un sottilissimo alone anecogeno (una quota minima di versamento pericardico soprattutto nella porzione posteriore del sacco è fisiologica). L’emopericardio ha le caratteristiche di tutti gli altri versamenti ematici e appare anecogeno o corpuscolato in modo fine o grossolano a seconda della presenza o no di coaguli. Esso si può disporre posteriormente, anteriormente o in tutta la circonferenza del sacco pericardico. In quest’ ultimo caso viene considerato generalmente abbondante, ma ciò che determina principalmente il significato clinico del versamento pericardico non è la quantità, ma la rapidità di formazione e l’ associazione con i segni ecografici di tamponamento cardiaco, rappresentati dal collasso diastolico della cavità del ventricolo destro e quindi anche dell’atrio destro associati a dilatazione fissa della VCI con indice di collassabilità nullo o minimo. Lo studio del pericardio nella FAST è soprattutto importante nei traumi penetranti del torace, la cui mortalità è principalmente legata al trauma cardiaco, per la possibilità di avere una diagnosi più precoce di quanto fosse in passato e quindi di provvedere al trattamento più tempestivamente. Una pericardiocentesi de compressiva ecoguidata può, dove possibile, concedere un transitorio ripristino anche parziale delle condizioni circolatorie in un paziente tamponato prima di trasportarlo in sala operatoria per la toracotomia. Emoperitoneo. Il versamento peritoneale appare come uno spessore anecogeno interposto tra visceri, organi e peritoneo nelle posizioni declivi e prende tipicamente la forma della cavità che lo contiene. In alcune circostanze il versamento è corpuscolato o francamente ecogeno, soprattutto quando colto in prossimità della fonte di sanguinamento, dove ha luogo la formazione di coaguli. Lo spazio peritoneale nel quale l’emoperitoneo si deposita preferenzialmente è lo spazio epatorenale o Morrison, per ragioni legate all’idrodinamica peritoneale, influenzata da compartimentazioni anatomiche, dalla gravità e dai movimenti respiratori del diaframma. Quantità e misurazione. Benchè l’ecografia sia molto sensibile per il liquido addominale (in modo simile alla TC), è riportato che solo per volumi > 500 ml si può trovare liquido libero nello spazio periepatico e

SCANSIONI DELLA FAST

1. Sottoxifoidea. Sonda applicata sotto lo sterno tangenzialmente alla superficie dell’addome, orientata verso la spalla sinistra: Cuore e pericardio

2. Ipocondrio destro. Scansioni intercostali e coronali per lo studio della cavità pleurica destra e dello spazio epatorenale (scavo del Morrison).

3. Ipocondrio sinistro. Scansioni intercostali e coronali per lo studio della cavità pleurica sinistra e dello spazio perisplenico e splenorenale.

4. Ipogastrio. Scansioni longitudinali e trasversali per lo studio dello spazio retto- uterino (Scavo del Douglas) e vescico-rettale nel maschio.

5. Docce paracoliche (facoltative)

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perisplenico. Se la vescica è piena (non è garantito in condizioni di urgenza!), questa può agire come finestra acustica aumentando la possibilità di trovare liquido libero nella pelvi. Non esistono al momento metodi standardizzati per la misurazione dell’emoperitoneo, cosicché tra gli operatori prevale un metodo ‘semiquantitativo’ (“piccolo, moderato, grande” sulla base del numero dei compartimenti peritoneali interessati) che risente ampiamente di soggettività e scarsa riproducibilità e può avere un sia pur scarso senso se è lo stesso operatore a controllare lo stesso paziente. ‘Pittfalls’. Ogni paziente con trauma e versamento addominale libero fino a prova contraria sta sanguinando in addome, ma bisogna tenere conto del fatto che le numerose cause ‘mediche’ di versamento addominale (sindrome nefrosica, grave ipoprotidemia, scompenso cardiaco, carcinosi peritoneale, peritoniti, cirrosi epatica, occlusione venosa del distretto mesenterico o epatico…) originano dei trasudati o essudati spesso ecograficamente indistinguibili dal sangue, quindi ogni dato di questo tipo va interpretato nel contesto clinico (anamnesi del paziente, stato emodinamico!) e in ultima analisi chiarito con una paracentesi esplorativa, se necessario. Esistono altri avvertimenti riguardo ai risultati della FAST di cui bisogna tener conto: 1. l’accuratezza nella diagnosi di liquido libero dipende dalla qualità della formazione e dall’esperienza degli operatori. 2. L’area subfrenica è difficile da studiare a causa del gas intestinale e soprattutto della flessura splenica (a sinistra). 3. Dal 26 al 34% dei pazienti con trauma ha danni intraddominali non associati a liquido peritoneale libero, ma un quarto di questi pazienti necessita alla fine di intervento chirurgico. 4. Nella gran parte delle donne in età fertile con trauma la presenza di liquido nello Scavo del Douglas non indica un danno traumatico. 5. Un trauma del retroperitoneo (emorragie da frattura del bacino, traumi vertebrali associati a lesioni muscolari o vascolari, traumi renali) si possono associare a versamenti peritoneali anche rilevanti che NON SONO espressione di danno parenchimatoso, ma giungono in cavità per filtrazione dal peritoneo parietale. Danno traumatico degli organi addominali. Lo scopo della FAST è riconoscere la presenza di emoperitoneo, che è considerato l’unico indicatore valido di danno traumatico dei parenchimi associato a emorragia o a shock emorragico potenziale o in atto. La decisione su come proseguire la diagnosi o se accedere direttamente dopo la FAST - quando positiva - alla laparotomia dipende esclusivamente dalla condizione emodinamica e dal bilancio iniziale delle lesioni riportate dal paziente. La sensibilità dell’ecografia per le lesioni parenchimatose e soprattutto viscerali addominali non associate a emoperitoneo è molto scarsa in confronto ad altre metodiche (TC, ecografia con mdc), e questo induce a usare grande cautela e a decidere per un periodo di osservazione in tutti i pazienti con segni di trauma addominale e FAST negativa. Comunque l’ecografia nel trauma ha un valore predittivo negativo del 99% e la combinazione di un’ecografia e di un follow up clinico negativi sono elementi sufficienti a escludere la presenza di lesioni traumatiche. E’ utile in ogni caso conoscere i segni ecografici delle lesioni traumatiche degli organi. L’organo meglio valutabile è sicuramente il fegato, nel quale le lesioni traumatiche appaiono come formazioni lineari o ovalari intraparenchimali o sottocapsulari, ipoecogene o iperecogene in dipendenza dal tempo trascorso. La milza rappresenta un organo di più difficile valutazione, dove la metodica ha solo una media sensibilità. Quando apprezzabili, le lesioni sono solitamente rappresentate da una disomogeneità diffusa dell’organo o da alterazioni focali ipo o iperecogene, spesso associate a spandimenti ematici perisplenici. Reni e pancreas, mostrano i più importanti limiti da parte della metodica. In questo caso sono d’aiuto alterazioni degli spazi circostanti, nel caso dei reni soprattutto la presenza di ematomi perirenali. Shock traumatico. L’emorragia e lo shock sono la principale causa di morte nei pazienti traumatizzati dopo il trauma cranico, ma in questi pazienti vi sono altre cause di shock (le mielolesioni acute, l’ostacolo al riempimento cardiaco causato dallo pneumotorace iperteso o un tamponamento pericardico) che vanno riconosciute e differenziate in presenza di segni clinici non univoci. Inoltre, molti pazienti sono ipotesi per cause non chiare o in alcuni pazienti (soprattutto giovani traumatizzati altrimenti sani) l’unico segno di ipovolemia può essere la tachicardia. Utilissime informazioni per la comprensione dello stato emodinamico del paziente e del suo stato di volume possono provenire dal completamento della FAST con lo studio del cuore e della VCI. Esiste infatti una correlazione tra l’indice di collasso della vena cava inferiore e lo stato di volume o le pressioni nell’atrio destro (vedi prima e dopo nel testo). Come per la misurazione della pressione venosa centrale, non ci sono purtroppo per la VCI valori chiaramente normali né chiaramente patologici per tutti i pazienti, e il diametro della VCI aumenta aspecificamente in caso di ipertensione polmonare, di scompenso del cuore destro, di malattie valvolari indipendentemente dallo stato di volume. Tuttavia in diverse categorie di pazienti (con IRC, nei donatori di sangue o nei traumatizzati) sono state dimostrate correlazioni che possono essere utilmente integrate ai dati clinici per la gestione dei traumatizzati. Uno studio pilota (Intensivist bedside ultrasound (INBU) for volume assessment in the intensive care unit: a pilot study. J Trauma 2007, 63:495-500. discussion 500–2), valutando l’ indice di collassabilità come

IVC-CI = (IVCDmax) – (IVCDmin)/(IVCDmax) riporta che la variazione respiratoria è più pronunciata nella ipovolemia con PVC anormalmente bassa e, in assenza di consenso su quale sia il valore soglia del IVC-CI per l’ipovolemia, questo correla con l’ipovolemia

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tanto più quanto più si avvicina al 100%. In uno studio in cui il diametro della VCI viene misurato serialmente durante la resuscitazione con fluidi in pazienti con shock iniziale, viene riportato che tutti i pazienti inizialmente hanno avuto una buona riposta emodinamica alla fluidoterapia, ma quelli con diametri della VCI minori dopo somministrazione del volume di liquidi erano più facilmente ‘border-line’ e richiedevano più spesso intervento chirurgico (Hypovolemic shock evaluated by sonographic measurement of the inferior vena cava during resuscitation in trauma patients. J Trauma 2007, 63:1245-1248).

9. ACCESSI VASCOLARI ECOGUIDATI

Dr. Carlo Coniglio – Dr. Soccorsa Sofia

L’approccio tradizionale agli accessi vascolari prevede di agire sulla base di reperi anatomici obiettiva bili. Questo approccio si scontra con una serie di ostacoli, rappresentati da difficoltà legate all’anatomia, da situazioni cliniche ‘difficili’ (ipovolemia, shock, ACR). La tecnica è alla “cieca”, con un certo rischio di complicanze tanto maggiori quanto minore è l’esperienza dell’operatore. L’associazione della procedura con l’ecografia consente

1. Un’agevole localizzazione delle arterie e delle vene 2. Una accurata valutazione della pervietà dei vasi 3. Una guida durante la manovra

La tecnica è riassunta dall’acronimo LAMP (Locate – Align – Mark – Puncture), e può essere eseguita per incannulare sia la vena giugulare interna sia la vena femorale comune. E’ richiesta una sonda lineare. La tecnica può essere di tipo statico (‘ecoassistita’): l’ecografia è utilizzata solo per identificare il punto di repere, o dinamico: l’ecografia è utilizzata come guida all’incannulazione in tempo reale, con operatore singolo o in coppia, con insonazione della vena secondo l’asse corto o l’asse lungo.

Locate Identifica la vena (comprimibile, lontano dalla piega, scan su e giù, mai posteriore all’arteria o al nervo)

Mark o Segna la cute con penna o

cappuccio dell’ago o Ripeti sopra e sotto (2 cm)

Align o Operatore, sonda, vena,screen

su una linea ideale o Allinea la vena al centro della

sonda

Puncture o Asse corto o Asse lungo o Tecn. Mista

Tecnica ‘Statica’. Vena ed ECO in “linea” Centrare la vena sulla sonda Test compressibilità Marcare Ripetere 1 cm sopra e sotto . Procedere all’incannulamento della vena come da tecnica di Seldinger Incannulamento eco guidato delle vene periferiche. Anatomia: ◦ V. Basilica ◦ V. Cefalica ◦ V. Brachiale US setting ◦ Profondità ◦ Orientamento Tecnica ◦ 1-2 operatori ◦ LAMP

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Si usa una sonda lineare ad alta frequenza (10 MHz), con la quale si individuano l’arteria brachiale e le vene satelliti in scansione trasversa alla piega del gomito medialmente. Quindi si procede al riconoscimento della vena basilica con ulteriore spostamento mediale e craniale della sonda. I vasi sono identificati con la classica tecnica: compressione graduale e valutazione della variazione del lume dei vasi ◦ Vene normali: collabimento completo ◦ Arterie normali: pulsazione LOCALIZZA

• Laccio • Identifica la vena (comprimibile, lontano

dalla piega, scan su e giù, mai posteriore ad arteria o nervo)

SEGNA • Segna la cute con penna o cappuccio

dell’ago • Ripeti sopra e sotto (2 cm)

ALLINEA • Operatore, sonda, vena, screen su una linea

ideale • Allinea vena al centro della sonda

PUNGI • Asse corto • Asse lungo • Tecn. Mista

La tecnica di incannulamento è la seguente

Posizionamento laccio (eventuale) Individuazione del vaso venoso in sezione trasversa Verifica comprimibilità (pervietà) Centratura vaso nello schermo e definizione profondità Preparazione campo Puntura con agocannula, 2 cm caudalmente rispetto alla sonda, con angolatura adeguata in

rapporto alla profondità del vaso La probabilità di successo della procedura è tanto maggiore quanto maggiore è il calibro del vaso periferico e minore la sua profondità.

10. ECOGRAFIA POLMONARE NEL PAZIENTE CON DISPNEA

Dr. Cristina Orlandini

In medicina d’urgenza è utile poter avere rapidamente informazioni sulla possibile patologia polmonare che determina dispnea. Questo permette di iniziare subito a trattare il paziente, prima di avere il risultato di un esame radiologico; inoltre l’ecografia in alcuni quadri patologici presenta una sensibilità più alta della radiografia convenzionale. Una distinzione grossolana ma efficace in urgenza per porre un’iniziale diagnosi differenziale è quella tra polmoni diffusamente edematosi (‘wet lung’) e polmoni non edematosi (‘asciutti’, ‘dry lung’). I principali quadri patologici associati a ‘wet lung’ sono: edema polmonare cardiogeno, edema polmonare lesionale, polmonite interstiziale, contusione polmonare, fase precoce di un addensamento o periferia di addensamento. Il ‘wet lung’ è caratterizzato da un pattern polmonare di tipo interstiziale, cioè’ dalla presenza di linee B: le linee B sono numerose, partono dalla superficie pleurica e si diffondono in profondità; nei casi conclamati determinano la scomparsa delle linee A. Nell’edema polmonare cardiogeno le linee B sono almeno 1 ogni 7 mm di superficie pleurica e più numerose alle basi polmonari in fase iniziale, quindi estesi a tutta la superficie polmonare e confluenti, in relazione con l’entità clinica e radiologica dell’edema polmonare. L’ARDS o edema polmonare lesionale è causato da molteplici patologie polmonari che sono sostenute da meccanismi infiammatori comuni indipendenti dall’eziologia: è caratterizzato inizialmente da una sindrome interstiziale associata a diminuzione o abolizione dello sliding pleurico con un pattern di linee B disomogeneo e associato a piccoli addensamenti subpleurici con evoluzione in veri addensamenti; è caratterizzato inoltre dal ‘lung pulse’ che esprime la pulsatilità della linea pleurica trasmessa dall’itto cardiaco, in presenza di una scarsa espansibilità ed irrigidimento del polmone (con riduzione quindi dello sliding sign). Tale quadro si associa alla contemporanea presenza di aree polmonari ‘risparmiate’. La polmonite si presenta ecograficamente con l‘aspetto del consolidamento (pattern tissutale, origina dalla linea pleurica che si presenta irregolare, interrotta, associato nel 60% a un versamento pleurico locale o basale) o del pattern di

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tipo B focale (zona circoscritta con presenza di numerose linee iperecogene che originano dalla linea pleurica). Altre patologie che si possono presentare con il quadro della sindrome interstiziale, sono ad es. la fibrosi polmonare interstiziale, che presenta però artefatti meno marcati e più brevi, un background parenchimale marcato ed ecogeno con un ispessimento e irregolarità della linea pleurica. Il quadro del “dry lung” si presenta nella BPCO, nell’embolia polmonare e nel polmone normale. E’ caratterizzato dall’assenza di segni ecografici specifici: dalla presenza di linee A e dalla possibile dimostrazione di addensamenti. Con l’esplorazione ecografica del torace è inoltre possibile dimostrare la presenza di versamento pleurico e consentire una diagnosi differenziale nel quadro di “emitorace bianco” all’Rx, o ad esempio nell’innalzamento diaframma vs versamento pleurico basale. In letteratura sono stati proposti vari algoritmi che guidano nell’orientamento diagnostico del paziente con dispnea, partendo dall’osservazione della linea pleurica o dal pattern polmonare presente. I dati ecografici del torace possono anche essere integrati alla ricerca ecografica di patologia trombotica dei principali vasi venosi degli arti inferiori (CUS) nel sospetto di embolia polmonare.

11. VALUTAZIONE ECOGRAFICA DEL CUORE dalla lezione della Dr. Enrica Perugini

Paziente critico: Paziente con shock/bassa portata, dispnea grave,dolore toracico. L’ecografia del cuore può essere normale, oppure dimostrare i segni di:

4. Infarto miocardico e sue complicanze 5. Embolia polmonare 6. Disfunzione acuta del ventricolo sinistro 7. Disfunzioni valvolari o protesiche acute 8. Tamponamento cardiaco 9. Dissezione aortica

Nell’embolia polmonare l’ecocardiogramma può essere normale o dimostrare un ventricolo destro dilatato o ipocinetico. Si può inoltre dimostrare un aumento della pressione polmonare. Il tamponamento cardiaco è riconosciuto mediante: • Collasso diastolico del Vdx (P intrapericardica> P diastolica Vdx) • Collasso diastolico dell’Adx (riempimento) • Variazioni respiratorie del riempimento >20% • Dilatazione della VCI con ridotte escursioni • Swinging heart (alternanza elettrica all’ECG) Nel sospetto infarto del miocardio l’ecocardiogramma deve soprattutto: • Valutare la cinetica e funzione sistolica (stratificazione prognostica) • Diagnosticare le complicanze meccaniche (rottura papillare, DIV, rottura di cuore) • Escludere altre cause di dolore toracico/alterazioni ECGrafiche ischemiche

12. VALUTAZIONE ECOGRAFICA DELLO STATO DI VOLUME

Dr. Cristina Orlandini L’ecografia è un utile strumento per avere informazioni sullo stato di volume di un paziente. Tali informazioni ci sono fornite attraverso lo studio del diametro della vena cava inferiore e delle cavità cardiache, in particolare del ventricolo sn. Nella pratica clinica indicazioni sullo stato di volume del paziente sono molto utili in particolare quando di fronte ad un paziente ipoteso vogliamo dirimere se lo stato ipotensivo sia causato da ipovolemia o non sia invece l’espressione di uno shock ostruttivo o di un deficit di pompa. La vena cava inferiore decorre nello spazio retroperitoneale a dx dell’aorta e dopo aver raccolto il sangue delle vene sovraepatiche passando posteriormente al fegato, attraversa il diaframma e sbocca nell’atrio dx. Si studia attraverso scansioni longitudinali ascendenti in epigastrio o, quando l’esplorazione ecografica in tale regione non è ottimale, con scansioni longitudinali nella regione laterale dell’ipocondrio dx, utilizzando il fegato come finestra acustica.

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I parametri che sono valutati sono il diametro e l’indice di collassabilità della vena cava inferiore (VCI). Il diametro normale è di < 2 cm circa, tuttavia non esistono valori chiaramente normali per tutti i pazienti; si può affermare tuttavia che con alta probabilità si avrà ipovolemia se la VCI presenta un diametro < 1 cm. Oltre allo stato di deplezione di volume, il diametro della VCI si presenta ridotto quando si ha un’aumentata pressione intraddominale. Viceversa tale calibro aumenta in concomitanza con ipertensione polmonare, scompenso del cuore dx, e alcune valvulopatie, indipendentemente dallo stato di volume. L’indice di collassabilità si riferisce alla fisiologica variazione di calibro del vaso durante le escursioni respiratorie: nell’inspirazione infatti si ha una riduzione della pressione intratoracica cui consegue una riduzione di calibro della VCI perché è facilitato il suo svuotamento nel cuore dx. Nei pazienti in ventilazione meccanica tende ad avvenire l’inverso: l’inspirazione corrisponde ad aumento della pressione intratoracica per cui la VCI tende ad aumentare di calibro. L’indice di collassabilità = 100x (diametro max - diametro min) diametro max I valori normali sono attorno al 40-50%. L’indice di collassabilità’ è aumentato quando è > 40-50% e corrisponde a un diametro della v.cava inferiore < 2 cm e a una p in atrio dx <10 mmHg;è diminuito quando è < 40-50% con valori di calibro della VCI > 2 cm e una p in atrio dx > di 10 mmHg. I valori di diametro della VCI e dell’indice di collassabilità sono utili anche nella valutazione della risposta al riempimento del paziente. Per quanto riguarda il cuore, il parametro che presenta la migliore correlazione con la volemia è il LVEDA: Area del ventricolo sn a fine diastole (correla con perdita di sangue e con precarico). Nell’ipovolemia avrò un ventricolo sn piccolo, ipercinetico e con pareti ventricolari vicine (‘kissing walls’). La scansione per valutare l’area del ventricolo sn in diastole è la parasternale in asse corto all’altezza del m. papillare medio; per la valutazione della cinetica e del volume si usano invece le scansioni sottocostale o apicale. L’osservazione di un ventricolo sinistro “piccolo” indica la presenza di ipovolemia, che può’ essere assoluta o relativa (ES nella sepsi: ridotto il post carico per cui il ventricolo sn si svuota bene). Un ventricolo sn “grande” indica un adeguato riempimento oppure può essere l’espressione di una disfunzione ventricolare: i reperti riscontrati sia nella valutazione della VCI sia nella valutazione del cuore vanno sempre correlati al quadro clinico del paziente. Lo studio ecografico integrato di polmone, VCI e cuore al letto del paziente fornisce informazioni che sono un utile completamento diagnostico all’esame obiettivo e che consentono di avere rapidamente un quadro più accurato sullo stato volemico del paziente; lo studio ecografico integrato permette inoltre di orientarci sulle possibili condizioni patologiche che determinano variazioni dello stato di volume.

13. CUS

Dr. Gerardo Astorino - Dr. Soccorsa Sofia

Edema, dolore, rossore cutaneo sono criteri clinici di sospetto con scarsa accuratezza diagnostica per la trombosi venosa profonda (TVP). La diagnosi differenziale deve tenere in considerazione: Idrarti, Ematomi o altre masse muscolari, Linfedema, Insufficienza venosa, Ischemie degli arti, Edemi di natura sistemica, Affezioni cutanee e dei tessuti molli, Rottura di cisti poplitea, Immobilizzazione (qualsiasi causa), Edemi in gravidanza o da ‘pillola’, Malattie neurologiche. La TVP può avere sede prossimale (distretto femoro-popliteo) o distale (distretto tibiale e peroniero). Il circolo venoso prossimale comprende la v. femorale comune, la v. femorale superficiale e la v. poplitea. Il circolo venoso distale comprende le vene tibiale anteriore, tibiale posteriore e peroneale. Almeno il 50% dei pazienti con TVP prossimale degli arti inferiori ha un’embolia polmonare (EP) asintomatica (Pesavento et al. Min Card 1997;45:369), mentre una TVP (asintomatica) si ritrova in circa l’80% dei pazienti con EP (Girard et al. Chest 1999;116:903). Un metodo semplice e rapido per la diagnosi di TVP si basa:

1. sulla probabilità pre-test valutata con i criteri di Wells (alta, media, bassa; probabile/improbabile) 2. sulla CUS (Compression UltraSonography), un metodo ecografico basato sulla compressione con

sonda ecografica delle vene prossimali degli arti inferiori La Comprimibilità Venosa consiste nel fatto che ogni vena il cui lume sia pervio, se sottoposta a una compressione esterna, mostra un’abolizione o riduzione del suo calibro a <2 mm. Viene valutata facendo una scansione trasversale a livello di due reperi anatomici, il legamento inguinale e la fossa poplitea (‘Two points Ultrasonography), e esercitando una pressione gentile sulle vene con la sonda.

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L’incomprimibilità è tipica dei vasi arteriosi (la cui pulsatilità aumenta sotto compressione) e dei vasi venosi ostruiti da trombi, il cui lume rimane più o meno invariato sotto compressione. La CUS ha numerosi vantaggi (semplicità di esecuzione, riproducibilità, disponibilità - si può eseguire anche con apparecchi e sonde non dedicate), ma ha il grande svantaggio che non esclude la trombosi delle vene del polpaccio. La CUS è applicabile con sicurezza per la diagnosi della TVP ai pazienti sintomatici al 1° episodio, mentre nei pazienti asintomatici o con sospetta embolia polmonare può essere utilizzata solo per il suo valore predittivo positivo. Il suo valore nel guidare la diagnosi di una TVP aumenta se viene associata al dosaggio del D-Dimero.

14. ECOGRAFIA DELL’AORTA ADDOMINALE IN EMERGENZA

Dr. Roberto Baldini Il tratto aortico addominale ha origine dall’orifizio aortico del diaframma (XII vertebra toracica). Decorre nello spazio retroperitoneale, davanti alla colonna vertebrale, a sinistra della linea mediana, per una lunghezza di circa 13 cm. Contrae anteriormente rapporti con i vasi splenici, il corpo del pancreas, la vena renale sn, la porzione orizzontale del duodeno; più a valle è coperta anteriormente dal peritoneo parietale. A livello della IV vertebra lombare si biforca nelle arterie iliache comuni. L’aorta e le arterie iliache sono vasi di grosso calibro, hanno pareti molto ricche in tessuto elastico. Il normale processo di invecchiamento determina un aumento delle fibre collagene a discapito di quelle elastiche (fibrosi diffusa), con riduzione della compliance parietale. L’esame ecografico viene condotto in B-mode dallo jato diaframmatico sino alle arterie iliache - nelle Scansioni trasversale,longitudinale coronale per valutare diametri,decorso, morfologia parietale, rapporti, origine dei rami principali,. Lo studio eco-color-Doppler è utile nella migliore visualizzazione delle arterie renali e mesenterica inf, e delle caratteristiche flussimetriche. DIAMETRO Nei soggetti adulti (età > 50 aa) il calibro dell’aorta decresce progressivamente: - dai 2 cm del tratto prossimale a 1,5 cm in prossimità della biforcazione. valori normali = 1,7 – 2,4 cm Le patologie di interesse ecografico sono: Aneurisma, Rottura, Ulcera Penetrante, Ematoma Intramurale, Dissezione, Endoleak, Rottura Traumatica. L’aneurisma è una dilatazione permanente di un’arteria, che presenta un incremento di almeno il 50% del suo diametro normale. Parliamo di aneurisma dell’aorta addominale con diametro > 3 – 3.5 cm. Quadro clinico della rottura di aneurisma: classica triade sintomatologica: Dolore addominale e/o lombare intenso, massa pulsante palpabile, ipotensione. Ulcera penetrante – Fissurazione: Ulcerazione di una placca ateromasica o di un trombo parietale con sangue che penetra attraverso l’intima e la lamina elastica nella tonaca media o sub-avventiziale. Ematoma intramurale: La soluzione di continuo di una placca ateromasica determina il passaggio di sangue attraverso l’intima e la lamina elastica nella tonaca media Dissezione: Emorragia dei vasa vasorum, con frammentazione della tonaca media; Distacco longitudinale dell’intima; Foro di ingresso (lacerazione dell’ intima prossimale); Fori di rientro (lacerazioni dell’intima distali). Rottura: può avvenire nello spazio retroperitoneale , con fistola aorto-enterica, con fistola aorto-cavale. Endoleak: presenza di flusso ematico fuori dalla PROTESI ma dentro l’ANEURISMA.

15. GRAVIDANZA EXTRAUTERINA

Dr. Maria Giovanna Marra La diagnostica per immagini rappresenta la prima linea per la valutazione clinica di una paziente con dolori pelvici acuti. L’ecografia pelvica è la metodica di scelta per la sua affidabilità diagnostica, per la rapidità di esecuzione e i costi relativamente inferiori rispetto ad altre metodiche. L’utilizzo dell’ecografia con sonda

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transaddominale (TA) e/o transvaginale (TV) consente, dopo sei settimane di gestazione, la diagnosi di certezza di gravidanza, la precisazione della sede d’impianto della camera gestazionale (intrauterina o ectopica) e la diagnosi di evolutività della gravidanza stessa, mediante la rilevazione del battito cardiaco fetale (BCF). Il BCF è evidenziabile, con sonda TV dalla 4-5° settimana, quando la lunghezza vertice-sacro (CRL) dell’embrione è di almeno 3-7 mm; utilizzando la sonda TA individua il sacco (o camera) gestazionale dalla 5-6° settimana, quando l’embrione è visibile (CRL di 5-10 mm) ed è generalmente possibile rilevare la presenza del BCF. Lo scopo principale dell’ecografia pelvica TA in paziente con dolori pelvici è di visualizzare la gravidanza intrauterina, quindi di escludere quella ectopica. I criteri ecografici diagnostici di gravidanza intrauterina sono la presenza di: sacco gestazionale con sacco vitellino, polo fetale, embrione, BCF. L’attendibilità diagnostica è aumentata dall’utilizzo integrato dell’ecografia e del dosaggio della β-hCG. La zona di discriminazione è il livello di β-hCG al quale una gravidanza intrauterina è visibile al 100%. 1500 UI/mL è il valore di β-hCG al quale si visualizza una gravidanza intrauterina con l’ecografia TV mentre 4.000-6.500 UI/mL è il valore di β-hCG al quale si visualizza una gravidanza intrauterina con l’ecografia TA, se ciò non avviene va posto il sospetto di gravidanza extrauterina. La diagnosi ecografica di gravidanza extrauterina (GEU) è difficile, ed è necessaria una stretta correlazione tra i dati ormonali (dosaggio di β-hCG) e morfologici ecografici per poter differenziare una gravidanza intrauterina normale sia da una gravidanza intrauterina anormale che da una gravidanza ectopica. L’ecografia –effettuata con sonda EV-costituisce l’esame strumentale di scelta nella valutazione di queste paziente poiché permette di individuare la camera gestazionale intrauterina una settimana prima rispetto all’ecografia TA e si basa su un attento rilievo di segni di certezza e di segni di probabilità, uterini e annessiali. E’ altresì sempre raccomandabile un preliminare esame TA per identificare dati non visibili all’eco TV (es. fluido nel Morrison indicativo di probabile emoperitoneo). L’unico segno ecografico di certezza per gravidanza extrauterina è dato dalla dimostrazione di un embrione vivente (con attività cardiaca) in sede ectopica. Questa evenienza tuttavia accade in una minoranza di casi (15-28% circa con ecografia EV; la sensibilità è ancora più bassa con ecografia transaddominale). Anche la visualizzazione di un sacco gestazionale tipico in sede extrauterina è considerato diagnostico per GEU specialmente alla presenza di versamento endoperitoneale. Il sacco gestazionale ectopico (tubarico nel 98%dei casi) è generalmente più piccolo rispetto all’epoca di amenorrea, presenta una caratteristica parete iperecogena spessa (cosiddetto “tubal ring”); al suo interno si riconosce a volte il sacco vitellino; di frequente appare semplicemente come una massa a struttura mista disomogenea (“compie mass”).

16. Colica Renale

Dr. Roxana Baigorria L'ecografia rappresenta l'indagine di prima scelta nello studio del rene e della vescica essendo un'indagine riproducibile, non invasiva, innocua, ben tollerata dal paziente e a basso costo. Tuttavia possiede alcune limitazioni come l'obesità’, il meteorismo e l'operatore dipendenza che possono compromettere l'accuratezza dell'indagine. Lo studio ecografico dei reni va eseguito in posizione supina, in decubito obliquo o laterale dx e sinistro; si utilizzano sonde per scansioni profonde (convex 3.5 MHz); le scansioni da eseguire sono sottocostali e intercostali; l'esplorazione della vescica va eseguita in posizione supina ed vescica occorre che quest'ultima sia distesa mediante un carico idrico di 1.5-1 L circa 90 minuti prima dell'indagine. Il digiuno non è obbligatorio per quadri acuti come la colica renale. Aspetti ecografici I calcoli si evidenziano ecograficamente come formazioni fortemente iperecogene con o senza cono d'ombra posteriore in relazione alla loro dimensione; a differenza dell'esame radiologico diretto dell'addome, gli ultrasuoni sono in grado di evidenziare i calcoli indipendentemente dalla loro composizione. La visualizzazione dei calcoli dipende dalla loro sede e dalla loro dimensione; gli ultrasuoni sono in grado di evidenziare calcoli anche di piccole dimensioni (> 3 mm) e quando localizzati nelle vie escretrici intrarenali (calici-pelvi), nella giunzione pelvico-ureterale, nell'uretere distale intramurale (specie se provoca dilatazione della via escretrice a monte) e in vescica. I millimetrici calcoli che per piccola dimensione sfuggono all'esplorazione ecografica standard, se a contenuto prevalentemente calcico, possono essere identificati in modo indiretto applicando la metodica color Doppler;

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in corrispondenza del cono d'ombra posteriore della piccola formazione litiasica si verifica un tipico artefatto rosso-blu definito "twinkling artifact". I calcoli localizzati nel tratto intermedio dell’uretere non sono esplorabili ecograficamente per l'interposizione delle anse intestinali. In tali casi possiamo avere come segno indiretto della loro presenza una dilatazione omolaterale del sistema calico-pielico definita idronefrosi, provocata dall''ostruzione ureterale a valle; ricordiamo tuttavia che l'dronefrosi può mancare nelle fasi più precoci della colica renale; se ne distinguono 3 gradi: - lieve o di I grado: dilatazione della pelvi renale che si presenta come area anecogena nel contesto dell'iperecogenicita' del seno renale; - moderata o di II grado: l'area anecogena diventa di maggiori dimensioni e alla quale confluiscono i calici renali anch’essi dilatati; - severa o di III grado: il rene appare come una formazione anecogena con setti che corrispondono alla parete dei calici; il parenchima si assottiglia, la morfologia renale è alterata. Nell'idratazione forzata del paziente per eseguire l'esame ecografico è possibile trovare un quadro di idronefrosi lieve ma bilaterale e non monolaterale come nell'ostruzione da parte di un calcolo. L’‘ureteral jet’ è un getto di urina densa visualizzato al momento in cui viene espulsa dall’uretere nell’urina più diluita della vescica. Si può visualizzare in corrispondenza degli sbocchi ureterali, ciclicamente, durante un breve periodo di osservazione della vescica con scansioni oblique o trasverse, sia con metodica standard che utilizzando l’ecocolordoppler. È utile per valutare la pervietà degli ureteri. Un altro segno indiretto di ostruzione ureterale da parte di un calcolo è il cosiddetto urinoma, stravaso di urine sotto la capsula renale provocato dall'incremento della pressione a monte dell'ostruzione; ecograficamente si evidenzia come una raccolta anecogena perirenale. In conclusione l'ecografia nella colica renale mira a cercare i seguenti principali segni: - l'idronefrosi, per la quale gli ultrasuoni hanno sensibilità e specificità elevate; ricordando tuttavia che tale segno puo' mancare nelle fasi precoci della colica; - la presenza della formazione litiasica per la quale la specificità risulta elevata, mentre la sensibilità è purtroppo variabile in relazione alla sede ed alle dimensioni del calcolo. In casi dubbi si puo' utilizzare la combinazione diagnostica di due metodiche: ecografia + Rx diretta dell'addome che possiede un’elevata sensibilita' per i calcoli radiopachi o far ricorso alla TC senza mezzo di contrasto che attualmente rappresenta la metodica gold standard, indagine tuttavia non sempre disponibile e di elevato costo.

17. COLICA BILIARE

Dr. Marco Miceli Unità Operativa di Radiologia Diagnostica Ospedale Maggiore di Bologna e San Giovanni in Persiceto

(Bologna)

Nella colica biliare il compito dell’ecografia, in urgenza, impiegata quale metodica di primo livello, è fondamentalmente differenziare le colecistopatie semplici da quelle complicate, escludendo o meno complicanze di tipo chirurgico e confermando o meno il sospetto clinico di colecistite acuta. Si distinguono segni ecografici maggiori o minori di colecistite acuta; tra i maggiori vi sono: calcolosi colecistica; edema parietale; gas parietale; Murphy ecografico positivo; tra i minori vi sono: fluido pericolecistico; ispessimento parietale > 3 mm; echi irregolari intraluminali; sovradistensione colecistica; forma globosa. La calcolosi colecistica è soprattutto presente nel dotto cistico o nel colletto. L’edema parietale si evidenzia come rima ipoecogena attorno alla colecisti o come zone ipoecogene intraparietali. Il gas parietale, dovuto a microrganismi anaerobi e tipico delle colecistiti enfisematose, si caratterizza per la presenza di riverberazioni aeree di parete. Il segno di Murphy ecografico è rappresentato dal vivo dolore alla pressione della sonda in sede sottocostale, in corrispondenza del punto colecistico. L’associazione di tale segno con la colelitiasi ha un valore predittivo

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positivo per colecicistite acuta variabile dal 60 al 90%; in particolare esso può mancare nei pazienti anziani e nella colecistite gangrenosa. La presenza di raccolta fluida pericolecistico è dovuta a peritonite localizzata o a perforazione colecistica; la sua sensibilità per la diagnosi di colecistite acuta è del 27% con ecografia e del 77% con la RM, a fronte di una specificità del 100% con ecografia e del 77% con RM. L' ispessimento parietale colecistico, in paziente a digiuno, può essere causato dall' edema e da focolai emorragici parietali, ma non è specifico, riscontrandosi anche in epatopatie acute e croniche, ascessi epatici e sub frenici, pancreatici, ulcera peptica, pielonefriti acute, insufficienza renale cronica, mieloma multiplo, ipoprotidemia. Esso si manifesta con differenti pattern ecografici: 1) aspetto striato per alternanza di strati multipli ipoecogeni, separati da zone ecogene; 2) ispessimento parietale uniformemente ecogeno; 3) strato centrale ipoecogeno demarcato da due strati iperecogeni interno ed esterno; 4) ispessimento parietale asimmetrico. Segno specifico è lo slaminamento delle pareti colecistiche, con aspetto discontinuo e irregolare per alternanza di bande ipo e iperecogene (VPP dell’ecografia di circa il 100%). Importante è anche il riscontro d’ipervascolarizzazione parietale al color-power Doppler. L’incremento volumetrico del viscere si riconosce quando il diametro antero-posteriore è > 4 cm e il suo volume > 30 ml. La forma globosa è un segno incostante e aspecifico. Nessun singolo segno ecografico è sufficientemente accurato per la diagnosi di colecistite acuta, ma essi hanno elevato valore diagnostico positivo solo se combinati; in particolare la sensibilità dei segni ecografici maggiori è dell’81-86% e la specificità del 94-98%, ma in associazione a un segno minore la sensibilità sale al 90-98%. Le alterazioni istologiche vanno da una lieve flogosi acuta con edema (colecistite semplice o catarrale) alle forme da contaminazione batterica della bile (empiema, colecistite flemmonosa, enfisematosa) fino alla necrosi (colecistite gangrenosa). Tra le complicanze vi è la perforazione colecistica in territorio libero, con formazione di raccolte ascessuali subepatiche o in prossimità della parete intestinale, con presenza di fistole colecisto-enteriche, con possibilità anche che il calcolo migri in visceri adiacenti; quando si ferma nel bulbo duodenale o nel piloro può determinare un’occlusione intestinale alta (sindrome di Bouveret); migrando fino all’ileo terminale o alla valvola ileo-cecale può essere scarsamente sintomatica o determinare anch’essa un’occlusione intestinale (ileo biliare). Nei pazienti defedati vi è la possibilità di formazione di raccolte ascessuali pericolecistiche, che appaiono ecograficamente come raccolte ipo-anecogene a margini sfumati, irregolarmente corpuscolate, con presenza di echi sospesi o sedimentati all' interno. Altre complicanze sono la peritonite generalizzata, la colangite ascendente e la setticemia. La colecistite acuta alitiasica rappresenta il 5-10% delle flogosi acute della colecisti e circa il 50% di quelle postoperatorie per interventi su organi addominali. Sono più frequenti nel sesso maschile e in pazienti > 65 anni, negli ustionati, politraumatizzati e in caso di pancreatite acuta. Nel sospetto di colecistite acuta l’esame ecografico è l’indagine strumentale di prima istanza per la buona accuratezza diagnostica complessiva e il buon rapporto costo/beneficio, oltre al possibile impiego al letto del paziente. La TC e la RM, pur avendo elevata accuratezza diagnostica, non sono proponibili come indagini di primo livello e sono particolarmente utili in caso di discrepanza clinico-ecografica e in presenza di complicanze (l’accuratezza diagnostica della TC è del 100% in caso di complicanze a fronte del 66% di quella ecografica). La colangio-RM è più sensibile dell’ecografia nel riconoscimento dei segni tipici e delle possibili cause (calcoli nel dotto cistico). Uno studio comparativo ha evidenziato che nella diagnosi di ostruzione del dotto cistico l’accuratezza diagnostica dell’ecografia è del 77% e della colangio-RM del 97%; nell’ispessimento parietale rispettivamente del 94 e 71%; La colangite acuta, cioè l’infiammazione acuta delle vie biliari intra ed extraepatiche, è caratterizzata nel 70% dei pazienti da febbre con brivido, dolore in ipocondrio destro e ittero (triade di Charcot). Il quadro ecografico di normalità non esclude la presenza di tale patologia. Le forme di rilevanza ecografica sono la colangite acuta focale, suppurativa, piogenica ricorrente, acuta alitiasica. Nella forma acuta focale l’ecografia evidenzia la litiasi intraepatica e la dilatazione dei dotti biliari a monte . Nella forma acuta suppurativa vi sono ecograficamente marcata dilatazione delle vie biliari intra ed extraepatiche, idrope della colecisti con microcalcoli e fango biliare, litiasi della via biliare principale e talvolta trombosi portale. Nella forma piogenica ricorrente la colecisti di solito non è interessata e l’ecografia evidenzia la dilatazione delle vie biliari intra ed extraepatiche e la presenza di calcoli nei dotti nell’85-90% dei casi. Nella forma alitiasica l’ecografia mostra un ispessimento parietale segmentale delle vie biliari intra ed extraepatiche.

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Le complicanze possono essere shock settico, rottura in peritoneo di un dotto bilare o fistolizzazione nel tubo digerente o pancreatite acuta. Negli itteri ostruttivi, inoltre, l’ecografia evidenzia la presenza di dilatazione delle vie biliari , il livello e la natura dell’ostruzione. Nella dilatazione delle vie biliari la sensibilità e specificità dell’ecografia sono del 99 e 87%; si considera dilatata la via biliare principale se > 6 mm (negli anziani o colecistectomizzati > 10 mm); a livello ilare lo aspetto classico delle vie biliari dilatate è a canna di fucile o a doppio binario, ben apprezzabile quando il calibro della via biliare è simile a quello dell'adiacente vaso portale. A livello intraepatico la dilatazione delle vie biliari si evidenzia ecograficamente sotto forma di strutture tubulari ecoprive, con rinforzo di parete posteriore e morfologia arboriforme, andamento parallelo ai rami portali, con possibili aspetti a spider o stella. L’accuratezza diagnostica dell’ecografia è del 92-99% nel riconoscere il livello di ostruzione e del 71-88% nell’individuare la causa (le principali sono litiasiche, neoplastiche, infiammatorie e chirurgiche). CENNI BIBLIOGRAFICI

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