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 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA FACOLTÀ DI PSICOLOGIA CORSO DI LAUREA IN PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO: PROCESSI E CONTESTI EDUCATIVI, SOCIALI E CLINICI COMUNITÀ DI FAMIGLIE E RELAZIONI. Studio di un contesto familiare allargato. Relatore: Chir.ma Prof.ssa LAURA FRUGGERI Correlatore Chiar.ma Prof.ssa ADA CIGALA Laureando: FRANCESCO NERI ANNO ACCADEMICO 20 09-2010 1

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA

FACOLTÀ DI PSICOLOGIA

CORSO DI LAUREA IN PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO:

PROCESSI E CONTESTI EDUCATIVI, SOCIALI E CLINICI

COMUNITÀ DI FAMIGLIE E RELAZIONI.

Studio di un contesto familiare allargato.

Relatore:

Chir.ma Prof.ssa LAURA FRUGGERI

Correlatore

Chiar.ma Prof.ssa ADA CIGALA

Laureando:

FRANCESCO NERI

ANNO ACCADEMICO 2009-2010

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COMUNITÀ DI FAMIGLIE E RELAZIONI.

Studio di un contesto familiare allargato.

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"L'uomo che dio vuol perdere nella lotta per la vita,

prima lo individualizza"

(H. Ibsen)

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Questa tesi è stata stampata su carta riciclata (80%) e proveniente da foreste gestite in maniera

corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

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Indice

0. Introduzione 6

1. Prospettiva teorica. 8

1.1. Un contesto familiare allargato: le comunità di famiglie. 12

2. Ricerche psicosociali. 15

2.1. Le famiglie si aggregano: diverse tipologie comunitarie. 15

2.2. Le comunità di Famiglie. 18

2.3. Interfacce: identità in relazione. 29

3. La ricerca empirica: metodologia 36

3.1. Obiettivi della ricerca 36

3.2. Tecniche di rilevazione dei dati 37

3.3. Il campione 39

4. La ricerca empirica: percorsi di analisi 43

4.1. Aree di interesse. 43

4.2. Relazioni intime 45

4.3. Famiglia 61

4.4. Amicizia. 68

4.5. Amicizie virtuali. 90

4.6. Lavoro. 1024.7. Progettare il futuro. 115

4.8. Rapporto con l'autorità 122

4.9. Percezione dell'immigrazione e stereotipi di genere. 127

5. Conclusioni 128

6. Bibliografia 135

Appendice

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Introduzione.

Il tema che si intende affrontare in questa sede è quello dei contesti familiari allargati: in

particolare, di una realtà abbastanza peculiare che contraddistingue il panorama Italiano,

quella delle comunità di famiglie. La curiosità  è nata per il forte interesse personale

relativo all'idea di vivere insieme ad altre persone, ed in particolare si è esplicitato

nell'interrogativo rispetto a coloro che sono cresciuti in un ambiente come questo: che

caratteristiche ha una persona che è cresciuta in un contesto più ampio e ricco di una

famiglia nucleare? In che cosa differisce, esattamente?

Questo lavoro costituisce anche un approfondimento della ricerca esplorativa condotta

da Giancaterino (2009): nel nostro caso si è scelto di porre l'attenzione in particolare

sulla sfera relazionale di questi ragazzi. Si tratta di un ambito pressoché inesplorato, se

si escludono alcune ricerche, spesso piuttosto datate, sul kibbutz (cfr. Bettelheim, 1969)

o sulle comuni americane (cfr. Francescato, 1975).

Per sviluppare la ricerca si è fatto riferimento al costrutto di Byng-Hall (1995), che ha

introdotto l'idea di famiglia come base sicura, intesa come rete di relazioni affidabili e

significative per la persona. È stato cos ì possibile studiare la comunità di famiglie in

quanto base sicura. Per farlo, si è deciso di costruire un'intervista (inserita in appendice)

che, grazie a domande basate in buona parte su “tecniche opache” (Bruschi, 1999), ha

consentito di indagare in profondità diversi aspetti della vita relazionale di queste

persone.

Il percorso teorico che sta alla base di questa ricerca viene affrontato nel primo capitolo.

Si avrà modo di tracciare una breve panoramica sull'attaccamento e sulla sua evoluzione,

in direzione di un allargamento delle persone e dei contesti implicati, fino a considerare

l'estensione della base sicura al di là del contesto familiare; verranno presentati vari

contributi che hanno contribuito ad allargare il focus rispetto al contesto di sviluppo.

Infine, verrà presentata una breve descrizione del fenomeno comunitario al fine di

contestualizzare le comunità di famiglie.

Nel secondo capitolo vengono descritte le più recenti ricerche sul tema delle comunità,

attraverso i contributi di tre lavori che si sono occupati dell'argomento; tale rassegna

permetterà di inquadrare in ottica psicosociale le realtà comunitarie. Il lavoro di Rovesti

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permette di delineare in maniera più specifica le caratteristiche delle comunità e fornisce

un'utile categorizzazione; Bramanti invece offre un'ampia analisi di taglio più 

sociologico, che attraversa le comunità focalizzandosi sugli aspetti peculiari di queste

realtà, focalizzandosi soprattutto sul tema dell'accoglienza, oltre che delle dinamiche che

hanno luogo all'interno delle singole famiglie; in ultimo, il lavoro di Giancaterino

costituisce, come già detto, un primo importante passo nella direzione di comprendere

quali siano le specificità dei ragazzi e delle ragazze cresciuti nelle comunità di famiglie.

Nel terzo capitolo viene invece introdotta e presentata la ricerca oggetto del presente

lavoro; verranno qui descritti gli obiettivi, le modalità con cui è stata costruita

l'intervista e come sono stati raccolti i dati, oltre che le caratteristiche dei due campioni.

L'analisi dei dati occupa tutto il quarto capitolo: qui verranno presentati i risultati emersi

nelle differenti aree tematiche individuate, che corrispondono ai principali ambiti

relazionali della persona su cui ci si è focalizzati: le relazioni intime, la famiglia, le

relazioni amicali, l'ambito delle amicizie virtuali, il lavoro, la progettualità, ed il

rapporto con l'autorità. Inoltre, per cercare conferma dei dati emersi nel lavoro di

Giancaterino, si è scelto di inserire due items rivolti a sondare gli stereotipi di genere e

rispetto all'immigrazione.Infine, il quinto ed ultimo capitolo propone una sintesi dei dati emersi corredati con

alcune riflessioni.

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1. Prospettiva teorica.

Lo scopo che sta alla base del presente lavoro è quello di studiare contesti familiari

allargati e i loro possibili effetti sullo sviluppo dei figli. In particolare, il modello

proposto da Byng-Hall (1995), secondo il quale la funzione di base sicura può essere

svolta dalla famiglia in quanto rete affidabile di figure d'attaccamento, è stato applicato

ad un contesto familiare allargato specifico, quale le comunità di famiglie. Queste realtà 

rappresentano infatti contesti caratterizzati da una rete di figure di riferimento più ricca

e numerosa di una famiglia nucleare; è quindi interessante analizzare in che modo una

base sicura più ampia e complessa interagisce con la crescita della persona e ne

influenza gli esiti.

Il percorso teorico è perciò legato all'evoluzione del concetto di base sicura, il quale,

come si avrà modo di dimostrare, si è modificato nel tempo relativamente alle persone

ed ai contesti coinvolti. Esso venne proposto inizialmente da Bowlby (1951) all'interno

della teoria dell'attaccamento, e studiato successivamente dalla Ainsworth (Ainsworth e

al., 1978). Secondo questa formulazione la base sicura nasce dalla relazione di

attaccamento del bambino con la madre, o più in generale con la figura che se ne prende

cura: se questa relazione è sufficientemente sicura, grazie ad un caregiver “sensibile e

responsivo” (Belsky, Rosenberg, Crnic, 1999), allora il bambino è in grado di esplorare

l'ambiente circostante. Sono quattro i sistemi comportamentali che interagiscono con

quello d'attaccamento: oltre al sistema d'esplorazione, troviamo quello di regolazione

della paura, quello d'accudimento e, infine, il sistema comportamentale d'affiliazione.

Quest'ultimo, in particolare, spinge l'individuo a cercare di mantenere la vicinanza con

le altre persone, anche in assenza di un legame d'attaccamento con esse (Cassibba,

2003). A questo punto è opportuno introdurre il concetto di “modelli operativi interni”

(Bowlby, 1969), ovvero le rappresentazioni che la persona costruisce a partire dalle

esperienze di interazione più rilevante col mondo fisico e sociale. I modelli permettono

all'individuo di “percepire e interpretare gli eventi, prevedere le situazioni future e

costruire piani d'azione” (Cassibba, 2003). Questo, in termini relazionali, si traduce

nella possibilità di strutturare un sistema con la funzione di regolare le interazioni e gli

scambi interpersonali, ovvero che permetta di fare previsioni e crearsi aspettative sugli

accadimenti della propria vita relazionale. Le caratteristiche di questo sistema

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dipendono dalla figura di attaccamento, che, una volta interiorizzata, riveste

un'importanza fondamentale lungo l'intero corso della vita. Essa permette alla persona

di sviluppare la consapevolezza che in ogni circostanza esista la possibilità di fare

riferimento a qualcuno in grado di trasmettere sicurezza e fiducia, rinforzando

l'autonomia (Byng-Hall, 1995). Benché fu lo stesso Bowlby a sostenere che è in realtà la

famiglia, garantendo relazioni di cura e attaccamento molteplici, a rappresentare l'unità 

sociale di base per l'attaccamento (Marvin, Stewart, 1999), è grazie al contributo di altri

autori che è stato possibile estendere il focus oltre la diade.

In particolare, un importante passo avanti è stato compiuto grazie agli studi di Byng-

Hall,  che ha introdotto l'idea di un contesto di attaccamento più allargato, composto

dalla molteplicità di figure di riferimento: l' ambito familiare. Non è più la madre a

ricoprire il ruolo di base sicura per il bambino, ma è la famiglia che viene vista

integralmente come struttura complessa capace di offrire quel sostegno necessario per la

crescita e il cambiamento. Essa “fornisce una rete abbastanza affidabile di relazioni

d’attaccamento che consentono a tutti i membri della famiglia, a qualsiasi età, di sentirsi

abbastanza sicuri da spingersi ad esplorare le relazioni che vi sono tra di loro e quelle

che hanno instaurato all’esterno della famiglia”(Byng-Hall, 1995, pp. 139). La sicurezzae l'autonomia, intesa come la capacità di allontanarsi dal contesto d'appartenenza, si

pongono quindi in diretta connessione con le dinamiche della rete familiare. Oltre al

rapporto diretto con persone affidabili, che permette al bambino di ricevere cura ed

attenzione, la funzione di base sicura emerge anche al livello delle relazioni esistenti tra

gli altri componenti della famiglia: se la natura del rapporto tra gli adulti è collaborativa

e orientata alla condivisione allora può crearsi una responsabilità condivisa tra tutti i

membri. E proprio grazie a questa responsabilità condivisa il bambino può ricevere

attenzione e sostegno in ogni momento, poiché le diverse figure di riferimento si

supportano reciprocamente e diventano quindi un elemento di aiuto l'uno per l'altro

(Bastianoni, Fruggeri, 2005; Byng-Hall, 2005). Oltre ad assolvere alla funzione

protettiva, intesa qui come cura dei bisogni, sostegno, aiuto e difesa da eventuali

minacce, la famiglia deve assumersi il compito del contenimento: fornendo un orizzonte

normativo, e garantendone il rispetto, la famiglia aiuta i figli ad acquisire una tolleranza

alle frustrazioni e alle sofferenze necessaria per far fronte ai compiti della vita

(Pietropolli Charmet, 2000; Bastianoni, Fruggeri, 2005).

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Ma è possibile estendere al di là della famiglia l'idea di base sicura? Alcuni autori (van

IJzendoorn, Sagi, Lambermon, 1999) hanno studiato, in Olanda ed Israele, situazioni di

caretaker multiplo, ossia dove questo ruolo veniva svolto sia dai genitori che da altre

figure non genitoriali. La ricerca in particolare è rivolta ad analizzare la presenza (e la

natura) dell'attaccamento bambino-caregiver non materno, e la relazione esistente tra i

differenti legami di attaccamento che si creano con le differenti figure (la madre, il

padre, e il caregiver professionale). Questo studio non fa riferimento al sistema familiare

come base sicura, ma si rivolge alla relazione esistente tra i vari rapporti diadici,

adottando perciò una prospettiva multidiadica; e può rappresentare un primo sguardo al

di là dei confini familiari per quanto riguarda gli attaccamenti multipli. Vengono

ipotizzate quattro diverse possibilità: se è solamente una sola figura ad essere

significativa, mentre le altre hanno un ruolo marginale in termini di attaccamento, allora

si parla di monotropia. Il modello gerarchico descrive invece quei casi in cui, oltre alla

figura di attaccamento privilegiata, gli altri caregiver possono esseri considerati

elementi sussidiari quando sia assente la figura d'attaccamento principale. Il terzo

modello è quello dell'indipendenza, e si riferisce al caso in cui l'infante ha sviluppato un

attaccamento a più

caregiver tra loro distinti: ognuno di essi, a patto di aver interagitoper un periodo sufficiente con il bambino, sviluppa cos ì un legame di attaccamento

sicuro all'interno di uno specifico dominio, e solo in quello. L'ultima modalità 

considerata nello studio è quella dell'integrazione: una rete formata da tre figure

d'attaccamento si caratterizza in questo senso quando gli attaccamenti sicuri sono in

grado di compensare quelli insicuri. Senza scendere ulteriormente nei particolari, può 

essere interessante al fine della ricerca evidenziare quali siano i risultati emersi dallo

studio. Gli autori sottolineano come il funzionamento cognitivo e socioemotivo dei

bambini (comportamento autonomo, flessibilità dell'io, autocontrollo, empatia) siano

correlati con il network di attaccamento esteso, che fa riferimento alle terza e alla quarta

ipotesi (indipendenza e integrazione). Più esattamente, sembra che non siano le singole

relazioni tra il bambino ed i diversi caregiver ad essere significative, quanto la

combinazione tra di esse. Pur sottolineando la necessità di ulteriori ricerche a riguardo,

gli autori comunque affermano che il bambino sembra trarre maggior vantaggio da tre

relazioni sicure organizzate secondo un modello integrato.

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Vi sono poi altri autori che, partendo da diverse prospettive teoriche, hanno fornito

ulteriori conferme all'idea che il processo di sviluppo del bambino non avvenga

unicamente in relazione alla figura materna, ma che sia in stretta relazione con altre

persone o contesti importanti.

Bronfenbrenner (1979), all'interno della prospettiva ecologica, considera l'intero

contesto in cui si sviluppa l'individuo, e pone il caregiver in relazione ad altri contesti di

sviluppo che il bambino non sperimenta direttamente. I diversi livelli che l'autore

descrive vengono rappresentati come una serie di cerchi concentrici inclusi l'uno

nell'altro, con al centro l'individuo, e l'accento viene posto non su ciò che avviene

all'interno dei differenti livelli, ma sulle relazioni che si sviluppano tra di essi. Oltre al

primo livello, che include tutte le attività, i ruoli e le relazioni che la persona sperimenta

direttamente, vi sono altri tre contesti più esterni. Il secondo comprende le relazioni tra i

differenti contesti di cui l'individuo ha conoscenza diretta, mentre il terzo fa riferimento

agli eventi che, pur avendo influenza sullo sviluppo della persona, avvengono in

ambienti che l'individuo non sperimenta direttamente; il livello più ampio descrive la

struttura dei differenti contesti che costituiscono una determinata società. La diade, in

questo quadro, rappresenta un contesto di sviluppo fondamentale per l'individuo, ma lasua efficacia dipende dalla presenza e dalla partecipazione di terze persone, e più in

generale dalle interconnessioni sociali tra diverse situazioni e dalla natura di tali

interconnessioni.

Anche secondo Fivaz-Depeursinge e Corboz-Warnery (2000) fare riferimento alla diade

madre-bambino era insufficiente a descrivere in maniera esaustiva i processi che

andavano a determinare la struttura ed il funzionamento della famiglia. Venne cos ì 

introdotto nel campo di studio il padre o, più esattamente, la figura che insieme alla

madre e al figlio andava a formare il contesto familiare, considerato come unità: la

famiglia, in tal caso, veniva considerata ed analizzata nella sua totalità, e non come

semplice somma di diadi. La condizione fondamentale affinché le relazioni con gli altri

familiari vengano mantenute è l'intersoggettività, ossia quel processo attraverso il quale i

componenti della famiglia condividono i propri stati interni. Si possono evidenziare tre

presupposti alla base di questo concetto: in primo luogo la definizione triangolare di

ogni contesto in cui viene svolta la funzione genitoriale, che non si risolve nella

relazione di un solo genitore con il figlio ma presuppone sempre la presenza di una

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terza figura (l'altro genitore, uno dei nonni, etc.), delineando cos ì un triangolo.

Secondariamente, la “caratteristica multipersonale del contesto di sviluppo”, ossia la

costante presenza di molteplici persone nei diversi ambiti di cui il bambino fa

esperienza. In ultimo, l'adozione di questa prospettiva attribuisce al bambino abilità più 

complesse di quelle definibili triadiche (ossia che permettono l'interazione con un'altra

persona riferendosi ad un oggetto): qui la competenza è di tipo triangolare, cioè quella

che permette di gestire situazioni interattive con altre due persone (Fruggeri, 2005). Un

quesito importante a questo punto riguarda le modalità in cui si strutturano le abilità 

relazionali nel bambino: Fivaz-Depeursinge e Corboz-Warnery si chiedono se in realtà 

la capacità di gestione “triangolare” venga sviluppata parallelamente a quella diadica, e

non in un secondo momento. In altri termini, viene messa in discussione l'idea che esista

un percorso definito che porta dalla diade alla triade, e si introduce l'ipotesi che la

competenza triangolare (Trevarthen, 1998) possa costituire una parte integrante della più 

generale motivazione verso le persone. In effetti, fino a che non è stato possibile

costruire disegni sperimentali che permettessero di “vedere” questa realtà, essa non è 

stata oggetto di attenzione. Senza entrare nei particolari di questa ricerca, è importante

rilevare che lo strumento messo a punto dalle autrici permette di studiare la famiglia adun livello di maggior complessità: i tre membri sono posti ai vertici di un triangolo e

l'attenzione dell'osservatore è rivolta sia al tipo di alleanza familiare che viene

strutturata (ossia a come la famiglia opera insieme) sia alle modalità con cui la triade

gestisce le transizioni tra le diverse configurazioni possibili. Il buon esito di questi

processi rende possibile “l'interiorizzazione dell'esperienza triadica”, che “prefigura la

possibilità di moltiplicare i contesti di relazione”: se le esperienze interattive vengono

interiorizzate esse “permangono al di là della copresenza degli attori”. Viene cos ì 

garantita la continuità dei legami e il soggetto ha la possibilità di “esplorare il

coinvolgimento in nuovi contesti relazionali” (Fruggeri, 2005).

1.1. Un contesto familiare allargato: le comunità di famiglie.

Le comunità di famiglie, insieme alle comuni, sono esperienze nate negli anni '70 in

seguito al periodo della contestazione giovanile, che vide la diffusione di un pensiero di

sinistra critico e radicale, ispirato agli autori della scuola di Francoforte, oltre che al

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marxismo e al femminismo (Horkheimer, 1974; Engels, 1970; Marcuse, 1976; Millet,

1969). Le esperienze di vita comunitaria in realtà contraddistinguono la società 

occidentale sin dal II secolo a.C. ed hanno assunto, nel corso del tempo, caratteristiche

specifiche e molteplici. Per quanto riguarda una possibile storia del vivere in comune, è 

possibile far riferimento a Olivares (2003) e Omacini (2003). In questa sede ci si

focalizzerà sulla nascita, lo sviluppo e le caratteristiche delle comunità di famiglie.

Durante gli anni della contestazione la protesta si rivolse all'intera società: la famiglia

borghese si delineava come un luogo di ingiustizia e di oppressione in cui il potere

autoritario garantiva la perpetuazione dei valori conservatori; una forza educativa che,

attraverso la riproduzione dei caratteri che la vita sociale esige, fornisce un'attitudine al

comportamento autoritario (Horkheimer, 1974).  Gli esempi di vita comunitaria si

configurarono quindi come progetti politici alternativi alla famiglia monogamica

tradizionale, ispirandosi agli ideali di parità sessuale nell'ottica di un superamento dei

ruoli di genere tradizionali, del rifiuto dell'autorità, del rinnegamento della famiglia di

origine, e con l'obiettivo di sperimentare una diversa organizzazione socio-economica e

la partecipazione collettiva ai processi decisionali (Francescato, 1975). Alcune

dell'esperienza iniziate allora sono proseguite nel tempo; in quelle attualiè

spessoprevisto uno spazio privato per le relazioni intime, e la famiglia ha assunto un ruolo più 

marcato rispetto all'educazione dei figli (Vignali, 2007; Olivares, 2003). É interessante

notare come questi cambiamenti sembrino rafforzare l'idea che questi “laboratori di

risocializzazione volontaria” fossero in origine caratterizzati da forti tensioni emotive,

gestibili solo grazie a meccanismi (valori e norme) che devono essere decisamente

“chiari e definiti” (Campanini, Donati, 1980; Bramanti, 2009).

Il movimento di contestazione degli anni '70 ebbe degli importanti effetti anche

all'interno della Chiesa, la quale si trovava in un periodo di forte rinnovamento interno

anche a seguito dei contenuti promossi dal Concilio Vaticano II. La concomitanza di

questi due fenomeni ha fatto s ì che nel nostro Paese le esperienze comunitarie di matrice

religiosa costituiscano una realtà importante, oltre che alcune tra le esperienze più 

durevoli. Traendo ispirazione dal cristianesimo delle origini, e grazie al contributo di

alcune figure significative, nacquero numerose esperienze che tentavano di vivere

secondo questi insegnamenti, in opposizione ai modelli culturali dominanti,

sperimentando nuove modalità di rapporto tra le persone e mettendo in primo piano

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l'attenzione agli ultimi (Bramanti, 2009). La caratteristica specifica di queste esperienze

è la diversa importanza attribuita alla coppia: essa rappresenta l'unità di base della vita

in comune, elemento primario e fondamentale per costituire le “macrofamiglie”, ovvero

contesti dove sperimentare una socialità più ampia a condizione di rispettare e

mantenere lo spazio necessario alla vita di coppia (Omacini, 2003). La vita in comune,

necessitando un costante confronto con problematicità di vario tipo, rappresenta una

possibilità di arricchimento per la persona e per la coppia, e contemporaneamente un

risorsa ed un sostegno. I valori che si possono trovare alla base di queste comunità sono

la solidarietà, la sobrietà nello stile di vita, la gratuità e la mutua disponibilità e la

condivisione; spesso non manca una matrice di tipo religioso, più o meno marcata, che

costituisce una guida per le attività e l'orientamento della comunità.

I rapporti con l'esterno sono quasi sempre ritenuti fondamentali e vengono perciò 

valorizzati; solitamente si tratta di attività di accoglienza verso minori o adulti in

difficoltà, che spesso significa anche la possibilità di strutturare un rapporto con le

istituzioni, o di attività di varia natura in sinergia con enti ed associazioni sul territorio.

Inoltre, poiché la scelta dell'attività lavorativa dei membri è libera, in linea con le

proprie aspirazioni e capacità

(tenendo in considerazione le necessità

della comunità

), sipuò trattare di mansioni esterne alla comunità, che possono portare a costituire

cooperative in cui operano altri componenti della comunità stessa (Bramanti, 2009).

La comunità di famiglie, in quanto contesto dove sperimentare una socialità più ampia, è 

stata studiata come sistema complesso al cui interno è possibile sviluppare una rete di

relazioni ordinate non completamente comprensibili al di fuori di quel contesto (Marvin,

Stewart, 1999). Grazie al lavoro di Giancaterino (2009), si è evidenziato come la

comunità possa offrire un insieme di figure significative a livello affettivo: nella loro

compresenza, esse permettono una simultaneità di relazioni ed un continuo interscambio

tra esse, rendendo il contesto relazionale più ricco e dinamico. Un ambiente dove è 

possibile costruire e ridefinire continuamente i rapporti che legano la persona agli altri

membri della comunità.

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2. Ricerche psicosociali.

2.1. Le famiglie si aggregano: diverse tipologie comunitarie.

La prima ricerca presentata in questa rassegna teorica è quella di Rovesti (2005), volta

ad analizzare le diverse tipologie di comunità di famiglie esistenti sul territorio.

Partendo da una prospettiva psicosociale, il focus è rivolto agli aspetti strutturali e

funzionali che caratterizzano queste comunità. Esse vengono inquadrate all'interno del

più ampio fenomeno dell'associazionismo familiare, che qui rappresenta la più elevata

espressione prosociale della famiglia. In questo caso però, oltre a perseguire un obiettivo

attraverso l'impegno comune, i diversi nuclei familiari scelgono di condividere lo spazio

abitativo e parte della vita quotidiana.

Il lavoro inizia con la presentazione del quadro storico di riferimento, qui brevemente

accennato. In particolare, l'accento viene posto sulla molteplicità delle forme familiari

esistenti: questa varietà dipende da numerosi fattori che influenzano le modalità in cui la

famiglia si organizza, la struttura che essa arriva ad assumere e le funzioni che svolge.

Un primo elemento che contribuisce a rendere variegato questo panorama è costituito

dall'organizzazione sociale di una determinata epoca storica; vi è poi il particolare

contesto culturale a cui si fa riferimento, che, a seconda di come organizza le funzioni e

i ruoli all'interno del contesto familiare, tende a modificarne la definizione dominante.

Infine, anche all'interno della stessa cornice culturale si possono individuare numerose

forme familiari, oltre a quella nucleare: l'autrice cita in particolare le modificazioni

avvenute a partire dagli anni '60 nei paesi occidentali (Calanca, 2004). Alla luce di tutto

questo, viene sottolineato come si sia passati dalla concezione di famiglia, vista come

unico modello a cui far riferimento, a quella di “famiglie”, che presuppone una

prospettiva pluralista, sostituendo al modello normativo quello della differenza

(Fruggeri, 2005). È a partire da queste considerazioni che la comunità di famiglie può 

essere studiata a partire dalla sua struttura e dalle funzioni familiari a cui assolve. Un

ulteriore aspetto teorico da sottolineare è l'adozione di una prospettiva sistemica, che

vede la famiglia come un sistema che dipende da due processi: il primo è legato alla

capacità di interconnettere la coesione del gruppo e l'autonomia dei singoli componenti,

il secondo invece si basa sull'equilibrio tra stabilità e tendenze al cambiamento. Infine

l'autrice, riflettendo sul concetto di confine come elemento che separa, mette l'accento

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sulle possibilità che esso offre di connettere, di mettere in relazione due entità: a partire

da tale prospettiva verranno anche analizzati i rapporti che le comunità intrattengono

con l'esterno, ovvero la realtà sociale più ampia.

A partire da una prima indagine esplorativa, che ha interessato trentanove comunità, e

che ha permesso di descriverne gli aspetti organizzativi e strutturali, sono state poi

individuate alcune dimensioni utili a far emergere quattro diverse tipologie. La prima

dimensione trovata è di tipo strutturale, ed è relativa al grado di apertura o chiusura dei

confini, dei ruoli, delle gerarchie e delle norme in base alle quali le comunità si

organizzano. Questa distinzione ci permette di mettere in luce due modalità di

configurarsi: le comunità centripete, con rigidi confini sia tra i nuclei famigliari verso

l'esterno, e un grado di fiducia che tende a favorire l'intragruppo; al contrario, le

comunità centrifughe hanno confini labili sia all'interno che all'esterno, ed una

propensione verso le relazioni extranucleari. L'altra dimensione individuata è relativa

agli aspetti motivazionali, e fa riferimento al tipo di prosocialità espressa dalla

comunità, ovvero al tipo di orientamento che la caratterizza. Le realtà comunitarie che si

rivolgono all'esterno hanno come obiettivo primario la solidarietà sociale, mentre quelle

a prosocialità

interna si focalizzano maggiormente sulle proprie aspettative e bisogni. Aldi là di questa distinzione, è opportuno rilevare che la maggior parte delle comunità 

studiate si orienta verso entrambe le direzioni, sottolineando cos ì come le due forme di

prosocialità rappresentino in realtà aspetti correlati reciprocamente. Facendo riferimento

a queste due dimensioni, vengono individuate quattro tipologie di comunità, che

vengono descritte analizzando molteplici aspetti: la definizione dei confini, la

regolazione della vicinanza/distanza interpersonale, la definizione di status, ruoli e

gerarchia, la gestione del ruolo genitoriale, i conflitti di lealtà e gestione dei conflitti.

Verranno ora brevemente esposte le tipologie emerse.

La prima tipologia, le “famiglie di famiglie”, è orientata verso un chiaro impegno nel

sociale, e si caratterizza per un alto grado permeabilità dei suoi confini, sia verso

l'esterno che fra i nuclei che la compongono. L'organizzazione non prevede una

gerarchia né ruoli prestabiliti, l'interesse collettivo è solitamente anteposto a quello di

coppia, l'educazione dei figli è in buona parte condivisa, e la gestione del denaro si basa

sull'utilizzo di una cassa comune. Non si registrano particolari conflitti di lealtà, poiché 

si tendono a conciliare le necessità di coppia con quelle comunitarie, e i conflitti

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vengono gestiti in maniera flessibile e ricorrendo prevalentemente alla negoziazione.

La seconda tipologia, i “nuclei familiari interconnessi e orientati al proprio benessere”,

si contraddistingue per una maggiore rigidità dei confini (interni ed esterni). Le esigenze

familiari sono più importanti di quelle comunitarie, e l'educazione dei figli spetta

prevalentemente ai genitori, mentre la comunità ha prevalentemente un ruolo di

sostegno, funzionale al benessere dei nuclei familiari. Solamente le decisioni collettive

vengono prese facendo riferimento alla comunità, mentre per quelle che riguardano i

singoli nuclei vi è una completa autonomia da parte delle famiglie. La cassa comune

riguarda solo le finanze collettive ed è gestita da un membro mentre per la propria

gestione economica le famiglie sono autonome.

Un altra tipologia è quella dei “nuclei familiari in un rapporto di interscambio orientato

all'amicizia”. Anche qui i confini tra i nuclei e con l'esterno sono piuttosto marcati, e ai

membri è richiesto di conciliare le esigenze di intimità ed indipendenza (il polo

dell'autonomia) e quelle della vita collettiva (polo coesione), e a tal fine gli ambiti di

intervento sono delineati stabilendo spazi, confini e bisogni. L'educazione dei figli

spetta anche in questo caso alla coppia, che ha il primato decisionale rispetto alla

comunità

. Le sole decisioni prese a livello collettivo sono quelle che riguardano gliambiti di condivisione comunitaria. In questa tipologia la dimensione comunitaria si

basa sul rapporto di amicizia e sul desiderio di condivisione dei membri, e ha

prevalentemente funzione di supporto verso i singoli nuclei.

Infine, le “famiglie interdipendenti nella condivisione dei valori” si caratterizzano per

confini aperti sia all'interno che con l'esterno; le esigenze collettive prevalgono su quelle

private, e c'è un rapporto radicato con enti pubblici o altre famiglie e comunità. Il livello

comunitario ha un influenza piuttosto significativa sulla la vita familiare e sulle

decisioni prese al suo interno, anche se l'eventuale aiuto da parte della collettività si

attua solo quando è la famiglia a richiederlo; inoltre si registra un ricco confronto fra i

diversi nuclei. La necessità di un equilibrio fra il grado di attenzione rivolto alla

comunità e quello rivolto alla famiglia si manifesta soprattutto davanti al bisogno di

vivere un rapporto privilegiato con i figli. La gestione dei contrasti si affida a modalità 

di risoluzione cooperative, anche mediante l'utilizzo di un “referente affettivo”. Vi è un

discreto grado di strutturazione sia per quanto riguarda la presa di decisioni (attraverso

riunioni a cadenza regolare) sia per l'organizzazione delle mansioni.

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2.2. Le comunità di Famiglie.

C'è una recente ricerca sulle comunità di famiglie, ad opera di Bramanti (2009). Oltre a

tracciare una mappatura delle varie realtà sul territorio italiano, l'obiettivo del lavoro è 

proporre elementi interpretativi per individuare e descrivere le possibilità generative del

sociale di queste comunità. La possibilità di essere risorsa positiva per la società risiede

– o dovrebbe risiedere - nelle famiglie, e le esperienze comunitarie costituiscono,

secondo l'autrice, un ambito privilegiato ed esemplare per analizzare questa dinamica.

In esse infatti questa capacità   è amplificata grazie al meccanismo del dono, che

caratterizza in questo caso un area relazionale più estesa (la comunità) e,

contemporaneamente, la rete di condivisione che lega fra loro i diversi nuclei permette

di affrontare questa sfida con maggiori risorse.

Dopo un breve excursus in cui viene descritta l'origine di queste realtà comunitarie,

l'autrice passa a descrivere il metodo utilizzato per la ricerca, presentando le ipotesi che

la guidano. Il primo riferimento è la prospettiva relazionale, introdotta da Donati (2006)

per lo studio della famiglia: quest'ultima viene definita come una relazione sociale

basica che si struttura a partire da tre dimensioni, intrecciate tra di loro: l'asse

referenziale, quello strutturale e quello generativo. A partire da questi elementi l'autriceintroduce la nozione di genoma del familiare, che fa riferimento all'idea di “identità 

sociale specie specifica” (Bramanti, 2009) della famiglia, ed è basato su quattro

elementi legati fra loro: il dono, la reciprocità, la generatività e la sessualità come amore

coniugale. Il primo interrogativo nasce rispetto al tema della generatività: l'eccedenza

generativa che si produce in queste forme familiari non è riducibile alla categoria

dell'azione volontaristica dell'accoglienza, ma fa probabilmente riferimento ad un modo

differente di intendere l'intreccio tra i quattro elementi che compongono il genoma. Le

modalità di intendere e strutturare la coppia, la famiglia e la genitorialità comportano un

“allargamento” dei confini del bene relazionale, che diventa perciò disponibile e fruibile

per un numero maggiore di persone.

La seconda ipotesi nasce dall'analisi delle dinamiche che portano al costituirsi delle

comunità. Viene sottolineata la caratteristica di libera azione da parte di chi sceglie di

aderire a forme comunitarie, all'interno di un contesto che invece che propone modelli

che vanno in direzione opposta, all'insegna della leggerezza e dell'instabilità. Le persone

che scelgono questa soluzione sono alla ricerca di un luogo dove poter dar vita a questo

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ideale, e che, contemporaneamente, permetta loro di dargli forza e lasciarlo crescere e

svilupparsi (Archer, 2006). L'autrice vuole evidenziare che nella società esiste ancora (o

forse non è mai scomparsa) l'esigenza di appartenenza, di relazioni informali e

disinteressate, e di condivisione di valori, idee e pratiche, e non solo nel tempo libero,

ma anche nelle dimensioni più importanti della propria vita.

La terza ipotesi che guida il lavoro è relativa al tipo di legame che unisce i comunitari.

Si tratta di un doppio legame di natura simbolica e strutturale, che si realizza in un

vincolo coniugale e in uno comunitario: lo studio si chiede se questo secondo vincolo,

invece di porsi in aggiunta al primo, ne formi parte,e funga da elemento di base.

La quarta ed ultima ipotesi attiene al tema del capitale sociale. Con queste parole si fa

riferimento alla “rete di relazioni a carattere fiduciario e cooperativo di cui un soggetto

(individuale o collettivo) può disporre nel suo ambiente naturale di vita, per scambiare

beni, materiali e immateriali, utili al suo agire” (pag. 40, Bramanti, 2009). Nello

specifico, ci si interroga sulla natura peculiare di questo capitale (a metà strada tra

famiglia ed associazione), sul tipo di orientamento prosociale che si origina in questo

modo (bonding vs bridging), e sul tipo di rapporto che si viene a creare tra famiglie e

società

contemporaneamente a questo scambio.La scelta del campione evidenzia come l'interesse della ricercatrice si indirizzi in egual

misura alle caratteristiche delle comunità ed alle modalità d'accoglienza: i due

continuum su cui vengono distribuite le comunità infatti sono il grado di condivisione

all'interno e quello di apertura all'accoglienza.

Per quanto riguarda gli strumenti usati, si è optato per una combinazione di strumenti

qualitativi e quantitativi: interviste a 23 responsabili di associazioni e fondazioni,

questionari strutturati somministrati a 396 coniugi, 10 colloqui di coppia congiunti

accompagnati dal test proiettivo della Doppia Luna. Inoltre i risultati ottenuti in una

prima fase della ricerca sono stati oggetto di dibattito e di confronto con i membri di

alcune comunità in occasione di un incontro pubblico, dando cos ì la possibilità ai

ricercatori di giungere ad una più profonda comprensione del fenomeno.

L'analisi inizia soffermandosi su quella che è la specificit à della famiglia all'interno

della comunità familiare. Queste realtà presentano alcuni tratti specifici: ampiezza

media elevata, presenza di più generazioni, coppia stabile, scelta di condurre una

carriera lavorativa esterna in funzione della vita familiare (ossia subordinando le scelte

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professionali in funzione delle necessità familiari), stili di vita sobri e non orientati al

consumo. Queste caratteristiche sembrano apparentemente accomunare le comunità alle

famiglie allargate che popolavano le campagne nel secolo scorso: vi sono però due

ulteriori aspetti da considerare. È infatti centrale il legame amicale che unisce i membri

tra di loro. Non c'è più alcun vincolo di sangue, la scelta è libera e non imposta, e,

parallelamente, la famiglia d'origine è messa in secondo piano, determinando spesso, al

momento di formazione della comunità, una presa di distanza dei comunitari dai propri

genitori. Questa distanza risulta evidente dall'analisi dell'eredità ricevuta, in termini di

educazione, dalla famiglia di origine o dalla comunità; infatti, per quanto riguarda le

dimensioni legate all'apertura agli altri (fiducia, disponibilità, rispetto), la fiducia in sé,

le capacità relazionali, gli stimoli culturali e i valori religiosi, gli intervistati ritengono

che il lascito delle comunità sia più significativo rispetto a quello della famiglia

d'origine. Un ulteriore aspetto trasversale è rintracciabile a proposito dell'orientamento:

pressoché ogni realtà comunitaria si riconosce nella religione cattolica ed è praticante,

mentre a livello politico più della metà degli intervistati si identifica nel centro-sinistra.

Inoltre i valori di riferimento invece attengono prevalentemente all'ambito relazionale:

famiglia, fedeltà

, rispetto degli altri, fede, coerenza, solidarietà

ed amicizia.Per approfondire questi aspetti, l'autrice adotta le variabili strutturali introdotte da

Parsons (1967), rileggendole in chiave relazionale rispetto all'agire sociale. Esse

descrivono modalità fondamentali dell'azione rispetto ai valori che orientano il soggetto,

e sono state concettualizzate in cinque variabili: universalismo/particolarismo,

orientamento al sé  /alla comunità, neutralità affettiva/affettività,

realizzazione/attribuzione, specificità  /diffusione. La scelta di uno o dell'altro

orientamento, rimandano, secondo l'autore, all'assetto culturale comunitario (secondo

termine) o societario (primo termine). Innanzitutto è importante sottolineare come

determinate tendenze si modifichino con l'età (la preferenza attribuita alla neutralità 

affettiva, o all'approccio universalista, per esempio, aumenta con l'aumentare dell'età 

degli intervistati), evidenziando cos ì l'importanza delle esperienze vissute dai

comunitari. Più in generale emerge, dall'analisi dei risultati, una modalità peculiare ed

originale di intrecciare questi diversi orientamenti. Si può affermare che, a fronte di

scelte piuttosto nette per quanto riguarda l'orientamento alla comunità, le altre

dimensioni vedono una curiosa combinazione delle varie modalità: l'attenzione alle

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persone insieme al senso di giustizia sociale, la cura dell'altro non rinunciando all'aiuto

del sapere tecnico, la reciprocità vista come un'accoglienza volta anche al cambiamento

dell'altro facendo leva sulle risorse rimaste. Si può evidenziare come in queste realtà 

convivano in ottima sinergia valori centrati sulle relazioni, sulla realizzazione personale

e, allo stesso tempo, un'efficace capacità di inventare nuove risposte ai problemi

quotidiani. Un aspetto importante e per certi versi emblematico è che la disponibilità 

all'accoglienza è vista quasi come approdo naturale della decisione presa al momento di

costituire una comunità, come se l'una non potesse prescindere dall'altra: e di fatto,

come verrà illustrato, le due scelte si realizzano in uno stretto rapporto di reciprocità.

Il focus si sposta successivamente sulle relazioni di coppia. Partendo dall'approccio

relazionale introdotto da Donati (2006), vengono individuate tre dimensioni

fondamentali per analizzare la famiglia: quella interattivo-strutturale, relativa a risorse,

norme e relazioni che caratterizzano il legame, quella referenziale-simbolica, che fa

riferimento agli orientamenti simbolici e di senso dell'agire (come motivazione) e al

circuito donativo, e quella generativa, legata all'eccedenza emergente dalla relazione di

coppia.

La dimensione interattivo-strutturale nella ricerca viene analizzata a partire dagli aspettidi organizzazione nella coppia, ovvero la divisione dei compiti, gli stili decisionali e

l'ambito dell'intesa/conflittualità. Per quanto riguarda la vita domestica, la divisione dei

compiti non si differenzia più di tanto dalla media delle altre famiglie, con anzi tendenze

più tradizionali e sbilanciate rispetto ad alcune realtà più egualitarie presenti in alcuni

contesti. Nonostante sia da sottolineare una certa complementarietà, è la donna a

svolgere di una mole maggiore di lavoro, soprattutto di carico interno (ovvero lavare,

stirare, cucinare,etc.), mentre l'uomo si occupa prevalentemente di altre attività 

(manutenzione domestica, cura dell'automobile, etc.). La condizione lavorativa della

donna non sembra incidere in questo ambito, mentre all'aumentare del numero di anni

del matrimonio aumenta sia un'organizzazione a prevalenza femminile sia una più 

egualitaria. Passando ad affrontare l'ambito degli stili decisionali, si configura una

coppia che discute al suo interno le scelte più o meno importanti, avvalendosi del punto

di vista di persone esterne alla coppia. Mentre è frequentemente chiamato in causa il

responsabile della comunità nelle questioni relative all'uso del denaro e in generale nelle

decisioni strumentali, minore è la sua importanza per quanto concerne le questioni

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personali. La coppia si dimostra cos ì capace di differenziare i processi decisionali a

seconda del tipo di scelta, privilegiando la discussione interna e il confronto tra i

coniugi per quanto riguarda le problematiche personali, e al tempo stesso aprendosi al

confronto con una figura esterna quando la questione sia di altro tipo. Per quel che

riguarda l'intesa/conflittualità, non si è rilevato nessun aspetto di particolare interesse:

una buona qualità del legame rappresenta, com'era lecito aspettarsi, una risorsa sia per i

due coniugi sia per la comunità.

Si è scelto di analizzare l'asse referenziale-simbolico partendo dagli aspetti di cura del

legame (sia come patto sia come reciprocità): questo compito rappresenta l'ambito

primario in cui si mantiene e si sviluppa la relazione, a costo di un impegno quotidiano

da parte di entrambi i partners. Il legame di coppia ha una doppia natura, essendo

contemporaneamente un limite e una risorsa, e può essere visto come un entità di natura

etico-affettiva in costante evoluzione anche a causa delle sfide costanti a cui deve fare

fronte. Risulta piuttosto alto, qui, il grado di concordanza tra i coniugi nell'indicare gli

elementi primari che caratterizzano la loro unione, ovvero la fiducia, la fede, l'affinità e

l'impegno. Un elemento saliente è l'identificazione di un progetto comune che necessità 

stabilità

, solidità

e comunanza di vedute: una progettualità

cos ì

radicata deriva anche daun processo riflessivo intenso che ha permesso una profonda elaborazione di quelle che

possono essere le differenze personali. Sottolineando poi l'aspetto intergenerazionale del

patto coniugale, la ricerca ha analizzato gli elementi che costituiscono l'eredità ricevuta

dalle famiglie d'origine. Si evidenzia qui una rielaborazione originale dei ruoli e dei

valori solitamente associati alla figura materna e paterna: la maggioranza dichiara di

aver appreso da entrambi i genitori il sentimento di responsabilità verso sé stessi e gli

altri, mentre la strumentalità  /conoscenza rappresenterebbe più un'eredità materna, a

fronte di quella paterna costituita dall'apertura e fiducia verso l'altro. Diventa necessario

introdurre, a questo punto, l'ultimo aspetto analizzato all'interno della dimensione

referenziale-simbolica: l'aspetto donativo. Esso si basa sulla reciprocità, (Homas, 1975)

ovvero, in generale, l'equità negli scambi di dare e avere tra parti in relazione, in modo

tale che entrambe diano e ricevano allo stesso modo. All'interno della rete familiare,

tuttavia, questa dinamica assume un carattere peculiare, che la differenzia dal rapporto

che si crea normalmente tra chi dona e chi riceve. Partendo dalle riflessioni di Godbout,

(1993), si può evidenziare come la restituzione di quanto si è ricevuto (sia in termini

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affettivi che in scambi concreti) non debba per forza avvenire nello spazio del qui ed

ora, ma possa dilatarsi attraverso le generazioni: questo apparente squilibrio che si crea e

si dilata nel tempo è condizione fondamentale al perdurare delle relazioni. Proprio

analizzando il materiale disponibile , emerge che una percentuale significativa di

intervistati dichiara di avere un “debito positivo” (ovvero di ricevere più di quanto non

dia) verso il partner, mentre la maggioranza si sente in condizione di piena reciprocità.

Quasi nulla è la percentuale di chi sente di avere un “debito negativo”: questa

rappresenta la condizione potenzialmente più pericolosa, poiché la persona si sente di

dare più di quanto non riceva. In ultimo, è significativo sottolineare come il giudizio

espresso riguardo all'equità della relazione non sembra tenere conto dello scambio

realmente avvenuto, e si distacca perciò dai meccanismi degli scambi mercantili: ciò che

sembra dare valore a questi intrecci è l'importanza attribuita alla relazione in sé.

La terza dimensione considerata è quella generativa, legata al capitale sociale della

coppia. Sono state individuate tre sotto-dimensioni necessarie a descriverlo: l'affidabilità 

del legame, ovvero la possibilità di poter contare sul partner in momenti di difficoltà, il

supporto reciproco offerto, cioè l'aiuto emotivo, informativo e pratico dato e ricevuto, e

la frequenza dei momenti che la famiglia trascorre insieme. Intrecciando questi tre indicisi è ottenuta una misura globale del capitale sociale. Secondo questi valori, una

percentuale piuttosto alta delle coppie intervistate è dotata di un capitale sociale medio o

alto. Si tratta di un capitale di tipo bonding, cioè interno alla coppia e perciò indicatore

ulteriore della coesione interna. Ciò che viene misurato da questo indice, inoltre,

concorre al mantenimento di una buona relazione per la capacità “autorigenerante” che

possiede una volta messo in gioco: esso è collegato ai beni relazionali primari, un

elemento capace di dare forza e rivitalizzare la relazione stessa.

Proseguendo il discorso sulla generatività, il focus si sposta sul tema dell'accoglienza.

Questa scelta nasce spesso nella fase di formazione della coppia, come elemento che

contribuisce a creare una progettualità condivisa alimentata anche dalla matrice

religiosa. L'aspetto motivazionale è qui duplice, e le due componenti connesse tra di

loro: da una parte altruistico-solidaristico, nell'idea di rispondere ai bisogni degli altri,

dall'altra personale-ideale, nel tentativo di dar voce ad una scelta personale di vita.

Inoltre l'accoglienza, in quanto attività che si realizza nella famiglia all'interno della

comunità, è un importante ponte fra queste due realtà, contribuendo a mantenerne i

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confini permeabili e flessibili. Attraverso l'accoglienza, di fatto, si struttura

un'importante legame tra la dimensione interna della famiglia e il contesto comunitario,

dando vita ad un'esperienza che contribuisce a connettere questi due livelli: la famiglia

che trae forza dal sostegno fornito dalla comunità e la comunità stessa che trova

nell'accoglienza un importante elemento di condivisione.

L'autrice inoltre rileva un dato specifico emerso dalla sua ricerca rispetto alla scelta di

accoglienza, che fa riferimento al rapporto tra i membri delle comunità e le proprie

famiglie d'origine. Sembra che le decisioni, al momento di accogliere una persona

all'interno del propri o nucleo familiare, vengano prese soprattutto discutendo con gli

altri membri della comunità e con gli amici, e solo più raramente consultando la rete

parentale. L'affido, inoltre, può rappresentare un duplice modo per prendere le distanze

dalla famiglia d'origine: sia in quanto scelta inusuale e poco accettata, sia come atto di

introdurre nuovi significati al di fuori dei legami di sangue. La comunità, in questo caso,

costituisce una risorsa fondamentale per la famiglia che decida di intraprendere questo

percorso, sia mettendola alla prova sia valorizzando e supportando le sue capacità.

Delicato invece è il ruolo dei figli naturali durante queste esperienze: troppo spesso il

“prezzo familiare” nonè

considerato dai coniugi, non sempre capaci di considerare leconseguenze che l'ingresso di una nuova persona comporta in termini di ridefinizione

dei confini e di perdita dell'equilibrio funzionale (Bastianoni, Taurino, 2005). L'ambito

dove forse la presenza del nuovo arrivato risalta di più  è quello della quotidianità:

nonostante la presenza di un supporto professionale e di un contributo economico da

parte dei servizi, oltre che dell'appoggio del resto della comunità, sono numerose le

sfide per la coppia e per la famiglia intera. Non si può non rilevare infatti un generale

decremento nei valori di affidabilità del legame e in quelli dell'intesa di coppia fra le

coppie che da più tempo vivono l'esperienza dell'affido. Nonostante questo, è stato

sottolineato come la famiglia adottiva possa caratterizzarsi anche in senso positivo: può 

diventare un luogo di multiculturalità (nel caso si tratti di un'adozione internazionale);

può permettere di ampliare la rete di relazioni della famiglia (attraverso associazioni o

altre famiglie adottive); favorisce la cultura delle appartenenze multiple e la coesistenza

di passato e presente (Bastianoni, Taurino, 2005).

Dopo aver approfondito questo aspetto l'autrice propone quindi una classificazione delle

comunità studiate. Innanzitutto vengono distinte sei differenti tipologie comunitarie,

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partendo da due assi: se le famiglie convivono o no, e la dimensione di senso; e in cosa

consiste la condivisione, se si tratta di elementi materiali, valori o tempo libero. Va

sottolineato inoltre che questi indicano la percezione che hanno i soggetti rispetto alla

propria esperienza, e ciò permette di identificare i margini di libertà di cui godono

rispetto al modello comunitario in cui vivono. Facendo riferimento alle tre tipologie

individuate che scelgono lo stile di convivenza, vengono individuate: le comunità 

radicali, di vita ed etiche. Le comunità radicali si contraddistinguono per uno stile di

condivisione piuttosto alto a livello strumentale, espressivo e valoriale; sono

caratterizzate inoltre per una significativa adesione alle regole della comunità. Le

comunità di vita invece, nonostante si strutturino con la stessa modalità abitativa, sono

dotate di una scarsa condivisione sulle stesse tre dimensioni. Nelle comunità etiche,

infine, troviamo una più alta importanza attribuita alla dimensione valoriale mentre è 

quasi assente la condivisione negli altri ambiti. Una volta illustrate le tipologie

individuate, vengono introdotte tre dimensioni per un'ulteriore analisi. La prima è quella

strutturale, che viene qui esplicitato come livello di densità delle reti familiari e amicali,

partendo dalla tipo di struttura in cui si è costituita la comunità e dal modello di presa di

decisione esistente. Viè

poi quella funzionale, cioè

la qualità

degli scambi e delsupporto reciproco con familiari e amici. Infine la dimensione generativa della rete, che

fa riferimento, come già detto alla forma di capitale sociale prodotto.

Per quanto riguarda la prima dimensione, è opportuno premettere che il tipo di rete che

viene a crearsi nella comunità  è intimamente legato al come essa si è originata. Qui

troviamo due possibili scenari: da una parte quelle nate per iniziativa di un sacerdote (il

caso delle comunità radicali), che si basano sull'obbedienza ad un'autorità e dove le

decisioni vengono esternalizzate; dall'altra le comunità originatesi da un gruppo di

famiglie (quelle di vita ed etiche), in cui la decisione è rimandata alle famiglie o affidata

a strategie condivise. Per tutte e tre le tipologie, comunque, le attività comuni tendono a

concretizzarsi in riunioni a diversa cadenza (mensile, settimanale, etc.) per stabilire ed

organizzare le attività, e, rispetto alla vita quotidiana, in alcuni momenti più o meno

stabiliti: i pasti, i momenti di preghiera, le occasioni di festa. Parlando invece delle reti

nello specifico troviamo anche qui tipologie diverse: pur confermando la tendenza

precedentemente esposta (prossimità con la rete amicale, distanza dalla rete familiare),

le famiglie che scelgono la soluzione abitativa condivisa si configurano a seconda della

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tipologia comunitaria in cui vivono. Nelle comunità radicali la struttura reticolare vede

una scarsità di contatti sia per quanto riguarda la rete amicale che quella amicale,

caratterizzandosi per una condizione di chiusura abbastanza frequente. Le comunità di

vita, al contrario, godono di una rete piuttosto estesa di contatti sia con la famiglia che

con gli amici, mentre quelle etiche vedono una prevalenza della rete amicale. Questo è il

panorama in termini quantitativi, ma quali componenti di queste reti sono più 

significative per le famiglie? In cosa si concretizza esattamente il ruolo della rete? A

questa domanda prova a rispondere l'analisi della dimensione funzionale, in questo caso

volta a comprendere la natura di queste relazioni. Esse si configurano, in generale, come

legami piuttosto forti, connessi con un elevato controllo sociale, che si accompagna ad

un significativo apporto di sostegno emotivo, psicologico e materiale, reso

particolarmente intenso dalla frequenza dei contatti, e dall'omogeneità territoriale,

culturale e valoriale. La relazione amicale è quindi caratterizzata da un alto grado di

reciprocità, sia a livello affettivo che a livello di scambi. Diventa opportuno qui fare

riferimento al dono, nella sua accezione di relazione sociale strutturante, nel configurare

una situazione in cui due persone sono in debito reciproco (Di Nicola, 1998), In questo

modo si genera una condizione di correlazione che nasce dall'essere debitore, cherafforza cos ì il rapporto di interdipendenza tra gli amici. Per arricchire ulteriormente

l'analisi della rete amicale, si prende in considerazione un altro elemento: il senso di

appartenenza alla comunità. Questo, nelle parole di Martini e Sequi, (1995), è definito

come il sentimento che permette di sentirsi parte di un insieme significativo, all'interno

del quale vivere esperienze relazionali di qualità elevata. La percezione di sentirsi parte

ed in relazione con gli altri è mediamente elevata in tutte le tipologie individuate;

ciononostante è possibile rintracciare anche qui differenze all'interno delle tre tipologie

individuate. Le comunità radicali sono quelle con la percentuale più elevata di membri

che dichiarano alti livelli sull'indice di appartenenza, mentre le persone che aderiscono a

comunità di vita sono quelle evidenziano la percentuale più bassa rispetto a questo

indice. Probabilmente questo dato rispecchia un aspetto di queste comunità, ovvero la

tensione tra l'opportunità di sentirsi in relazione con gli altri e contemporaneamente la

volontà di allontanare i possibili rischi di fusione con l'entità comunitaria, perdendo o

indebolendo in questo modo la prospettiva del nucleo familiare.

Prendendo in considerazione l'ultima dimensione utilizzata, quella generativa, è 

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opportuno richiamare i concetti di capitale sociale bonding e bridging (Putnam, 2000)

per inquadrare l'analisi svolta. Quello bonding è di tipo esclusivo, si riferisce a un

legame verso l'interno, e ha il ruolo di collante all'interno di un gruppo limitato di

persone, dando vita rapporti con un elevato grado di reciprocità e di solidarietà. Il

capitale sociale bridging, invece, ha carattere inclusivo, crea un collegamento tra diverse

persone appartenenti a differenti ambiti: permette di godere dei benefici delle reti sociali

anche a chi fa parte dell'ambiente circostante. La ricerca qui si focalizza su tre

interrogativi: quale tipo di capitale sociale viene generato (bonding o bridging), in quale

contesto esso verrà sviluppato (familiare, comunitario o societario), e quale dimensione

viene valorizzata in questo processo (quella delle relazioni e dei legami -strutturale- o

quella degli orientamenti, delle aspettative e delle norme -valoriale). All'interno di tutte

le coppie intervistate, si sono individuate tre diverse tipologie. La percentuale più alta è 

caratterizzata da una significativa apertura verso l'esterno, (capitale bridging), sia in

termini di partecipazione ad attività associative sia come fiducia generalizzata; queste

persone vivono una relazione di totale reciprocità all'interno della rete amicale e

all'interno della comunità. Essi si trovano perciò in condizione di generare, com'è 

intuibile, capitale sociale per la famiglia, la comunità

e la società

. Nella secondatipologia, quasi un terzo degli intervistati, troviamo invece uno squilibrio a favore dei

membri della propria comunità: con essi viene percepito un debito positivo (ricevo più 

di quanto non dia), sia come affetti che come scambi. Per questa ragione vi è un elevato

livello di fiducia verso la propria comunità e al contrario diffidenza per gli amici in

generale, parallelamente alla mancanza di aperture verso altre realtà associative esterne

alla comunità. Si può quindi affermare che il tipo di capitale generato è di tipo bonding

e rimane all'interno della famiglia e della comunità. Il terzo ed ultimo gruppo descrive

una percentuale piuttosto bassa del campione, dove si rileva la condizione di debito

negativo (do più di quanto non riceva) sia verso gli amici che verso la comunità, sia in

termini di affetto che di scambi. Com'è intuibile, il livello di fiducia verso tutto ciò che

risiede all'esterno della propria famiglia è piuttosto basso, e si verifica perciò un

ripiegamento all'interno di quest'ultima. La famiglia diventa l'unico ambito in cui viene

generato capitale sociale (di tipo bonding), ed è per molti verso assente o scarsa la

relazione con la comunità e la società.

In conclusione, la ricerca affronta ed analizza numerosi aspetti di estremo interesse per

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chi voglia avvicinarsi alle realtà comunitarie, sebbene il focus sia spesso diretto sugli

aspetti dell'accoglienza; elemento che, secondo la terminologia utilizzata da Rovesti

(2005), contraddistingue le realtà comunitarie con prosocialità rivolta all'esterno, ossia

orientata alla solidarietà sociale. Quello che invece non è adeguatamente sottolineato nel

lavoro di Bramanti è la componente di prosocialità interna che contraddistingue molte

delle realtà presenti sul territorio. Vivere insieme ad altre persone non è solo un modo

per rendere più solide le famiglie al loro interno e per creare un legame con altri nuclei

familiari, ma anche in funzione dello benessere percepito da chi fa questo tipo di scelta.

Non si tratta solo di contesti che permettono di far fronte in maniera più adeguata alle

difficoltà della vita, o di essere risorsa per la società (rispondendo al tempo stesso

all'esigenza personale di sentirsi utili): condividere spazi e tempi di vita con altre

persone è anche (o soprattutto) un modo per aumentare la qualità di vita delle persone

stesse (Omacini, 2003; Volpi, 1998; Olivares, 2003).

Le comunità familiari vengono qui studiate partendo dalle singole componenti, in questo

caso i nuclei familiari, e descrivendo i processi, le caratteristiche e le dinamiche esistenti

all'interno del legame di coppia, nonché le relazioni che intercorrono tra i coniugi e

l'ambiente circostante. Risulta particolarmente stimolante il tema del dono e della logicadonativa, presente normalmente nelle singole famiglie, che però nel caso delle comunità 

si diffonde anche all'interno della comunità stessa. Contemporaneamente, bisogna

ricordare che la possibilità di allargare al di fuori della famiglia meccanismi e logiche

tipiche di essa, può portare con sé anche effetti negativi. Un elemento rilevato rispetto a

questo datosi riferisce alla chiusura intimistica tipica di alcuni contesti familiari, un

aspetto che caratterizza alcune esperienze comunitarie: ossia vedere la propria comunità 

come un rifugio, un contesto positivo e sicuro in contrasto con un esterno “cattivo” che

lo potrebbe contaminare. Ciò costituisce un rischio per la “salute” stessa della comunità,

che probabilmente fatica a trarre giovamento da uno scarso livello di scambi ed

interazioni con la società esterna, oltre a rendere più difficoltoso il rapporto con le

istituzioni e perdere in questo modo un valido appoggio per svolgere l'attività di

accoglienza.

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2.3 Interfacce: identità in relazione.

La ricerca di Giancaterino (2009) si pone in stretta connessione con il presente lavoro,

costituendo un fondamentale elemento esplorativo della realtà comunitaria per quanto

riguarda il tema dei figli. L'obiettivo principale è consistito nell'analizzare ed

approfondire le caratteristiche psicosociali dei figli di comunitari, attraverso lo

strumento di indagine utilizzato dall'istituto IARD per il Rapporto Giovani 2003 (Buzzi

e al.) e focalizzandosi sulle peculiarità emerse nel panorama giovanile italiano. La

ricerca è stata poi arricchita dall'analisi del vissuto dei ragazzi cresciuti nelle comunità 

rispetto ai molteplici livelli relazionali sperimentati ogni giorno, e delle modalità con

cui essi si muovono e si confrontano con tali livelli. Per quanto riguarda le

caratteristiche del campione di questo studio, esso è sostituito da

trenta ragazzi rappresentativi di un ampio range di età, che va da 12 a 27 anni; le

comunità di appartenenza si trovano prevalentemente in Lombardia, in Emilia Romagna

e nelle Marche. Va sottolineato inoltre che i ragazzi che hanno partecipato alla ricerca

provengono da dodici realtà comunitarie differenti e vivono tutti nella casa della propria

famiglia d'origine. L'ampiezza delle comunità d'appartenenza è piuttosto variabile, dalla

più piccola che conta una quindicina di membri alla più grande composta da circacinquanta. Rispetto agli strumenti della ricerca, è stata utilizzata una versione abbreviata

e in parte modificata dello strumento quantitativo adottato dall’Istituto IARD, nella sua

indagine sulla condizione giovanile (Buzzi e al., 2003). Tale questionario strutturato,

composto da 174 domande, comprende domande chiuse a risposta unica e a risposta

multipla, domande aperte e domande classificatorie, ed è stato ideato degli autori

dell’indagine giovanile (Buzzi e al., 2003). Nello specifico, le aree approfondite sono

state: istruzione e scuola, valori e norme, transizione scuola-lavoro, soddisfazione

personale, percezione di sé, strategie di coping, famiglia, atteggiamento verso la politica

e la partecipazione, consumi culturali, fiducia nelle istituzioni, ideali di giustizia sociale,

associazionismo, appartenenza religiosa, nuove tecnologie e loro utilizzo, tempo libero,

gruppo dei pari e addiction. Oltre al questionario si è scelto di utilizzare anche alcune

storie dilemmatiche, uno strumento di tipo qualitativo utile ad approfondire le dinamiche

e i processi quotidiani nei contesti familiari oltre che le molteplici interazioni che

avvengono nel quotidiano contesto comunitario tra livelli relazionali diversi. Il dilemma,

in particolare, è costituito da una storia, connessa ad uno scenario quotidiano di vita,

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dove i protagonisti sono chiamati ad operare una decisione, completando in questo modo

lo spunto di narrazione proposto.

Per quanto riguarda i risultati emersi, essi possono essere presentati in maniera più 

chiara attraverso le differenze e somiglianze rilevate nel campione rispetto al più ampio

dato nazionale, rispetto alle aree indagate dal questionario. Cominciando dalle

convergenze, si fa riferimento innanzitutto alla libertà di movimento e di scelta

relazionale all'interno del proprio contesto abitativo, ovvero alla possibilità di ospitare

amici, fare feste, frequentare amicizie e luoghi personalmente scelti. In quest'area

entrambi i campioni si muovono su coordinate simili, ed anzi i ragazzi delle comunità 

vedono accentuato questo aspetto, probabilmente grazie ad una maggiore possibilità di

spazi domestici di cui disporre. Un secondo importante aspetto in comune è costituito

dall'orientamento valoriale: gli ambiti a cui fa riferimento la socialità ristretta (famiglia,

amicizia, amore) sono quelli ritenuti più importanti nelle gerarchie valoriali, seguiti, in

entrambi i campioni, da istanze quali la libertà, la democrazia e il rispetto delle regole. I

dati che riguardano questo aspetto, in particolare, si prestano però ad un'ulteriore

interpretazione: se l'importanza attribuita a questi valori è la medesima, è fondamentale

distinguere come questi stessi valori sono interpretati dai partecipanti. Infatti, alla lucedi altri tendenze evidenziate (in aree quali la partecipazione associativa, soprattutto

nell’area dell’impegno sociale, l’orientamento verso la difesa dei diritti degli immigrati,

la scarsa ammissibilità personale conferita a condotte che recano danno alla società), è 

possibile affermare che i ragazzi delle comunità attribuiscono a valori come libertà,

democrazia e rispetto per le regole una valenza sociale, mentre il campione nazionale

sembra declinarli maggiormente ad un livello individuale. Un ulteriore scarto che è 

importante sottolineare è relativo alle posizioni successive nella gerarchia dei valori. Il

campione comunitario infatti attribuisce ai valori di tipo strumentale (ovvero connessi al

prestigio sociale e alla carriera) un importanza nettamente inferiore rispetto al più ampio

dato nazionale.

Per quel che riguarda la politica, si registra in generale un ridotto grado di interesse e

partecipazione, in particolare per le iniziative legate ai partiti. Un altro punto di contatto

tra i due campioni è costituito dalle percezioni sul mondo della scuola e del lavoro, sia

rispetto ai criteri necessari per avere successo nel lavoro (in primo luogo la competenza)

, sia rispetto alle motivazioni che spingono i ragazzi ad iscriversi ad un corso

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d'istruzione superiore o all'università: sono qui preponderanti motivazioni di tipo

espressivo-strumentali. Oltre a ciò, il grado di soddisfazione espresso verso la vita in

generale è simile tra i due campioni, e si accompagna ad un'analoga sensazione di

benessere percepito nella propria vita attuale (rispetto alle proprie risorse fisiche e

psichiche, e a quelle ambientali e relazionali). Parlando poi dell'area dei consumi, è 

nell'utilizzo delle tecnologie informatiche e nell'ambito del consumo di sostanze che si

incontrano tendenze simili tra i due campioni. L'uso del computer è piuttosto diffuso, e

le funzioni principali a cui esso assolve sono di tipo ludico, comunicativo ed

informativo, soprattutto grazie ad internet. Anche rispetto all'area della droga si

evidenziano numerosi aspetti simili. Per ciò che concerne gli alcolici, si può parlare di

una grande diffusione delle bevande “ricreazionali” (birra ed aperitivi), e di aspetti di

criticità rispetto agli eccessi (ubriacature), anche se il campione comunitario evidenza

dati di frequenza minori rispetto al dato nazionale. La diffusione della droga, più in

generale, sembra avere la stessa pervasività all'interno dei due campioni, sia a rispetto

all'uso sia a livello di accettabilità sociale. Sembra che in questo caso la comunità non

rappresenti un elemento capace di modificare atteggiamenti e comportamenti cos ì 

diffusamente presenti nel contesto sociale. Gli ultimi due elementi di convergenza sonoinvece relativi ai sentimenti di appartenenza territoriale e agli indici di fiducia

istituzionale. A livello di appartenenza territoriale si possono identificare due tendenze

principali: un radicamento ai contesti più vicini all'esperienza quotidiana dei

partecipanti (a livello locale, regionale e, in maniera minore, nazionale); ma anche un

sentimento di appartenenza che combina più livelli territoriali contemporaneamente, e

che fa riferimento anche ad un senso d'appartenenza per il mondo in generale. Inoltre,

questi dati hanno messo in luce che il criterio della distanza spaziale non è sufficiente ad

individuare e descrivere le modalità con cui i ragazzi strutturano le proprie

appartenenze. Infine, sono gli indici di fiducia istituzionale ad offrire un ulteriore

elemento che accomuna i due campioni. Un grado di fiducia elevato è accordato agli

scienziati, alle organizzazioni che svolgono compiti di protezione e controllo sociale e

agli attori connessi alla socialità ristretta quali insegnanti, sacerdoti e in misura minore

la polizia, dei quali i ragazzi hanno esperienza diretta nella loro vita quotidiana; invece,

in linea col generale atteggiamento espresso verso la politica, gli attori connessi alla

gestione politica del Paese (il governo, i partiti e gli uomini politici in generale) sono

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oggetto di scarsa fiducia da entrambi i campioni.

Ma sono forse le divergenze emerse tra i due campioni ad offrire una maggior ricchezza

di spunti d'analisi: esse ci permettono di descrivere e caratterizzare più accuratamente i

ragazzi appartenenti alle comunità. Le prime differenze che si evidenziano sono relative

agli stereotipi di genere: oltre ad un netto calo degli atteggiamenti stereotipici, c'è un

elevato grado di consenso rispetto all'importanza attribuita alla collaborazione egalitaria

dei due sessi, nei compiti di cura e nelle mansioni domestiche. Questo dato si pone in

relazione con una delle condizioni che caratterizzano le realtà comunitarie: ovvero

l'opportunità di sperimentare quotidianamente un contesto di vita ispirato ad ideali di

uguaglianza di genere e basato su un equa suddivisione di compiti e responsabilità tra

uomini e donne. Una seconda divergenza si trova a livello di percezione

dell'immigrazione: le attribuzioni di minaccia e il senso di ostilità è nettamente minore

nel campione comunitario, che si caratterizza inoltre per la presenza di atteggiamenti

positivi verso il fenomeno migratorio. C'è infatti un significativo accordo verso la

possibilità di concedere diritti agli immigrati e verso la valorizzazione delle peculiarità 

di persone di etnie differenti. Queste tendenze si pongono in netto contrasto con il più 

ampio dato nazionale, che si orienta maggiormente verso atteggiamenti di chiusura epercezioni di minaccia. Un'ulteriore elemento di differenziazione riguarda gli

atteggiamenti nei confronti del futuro e della progettualità. L'autrice illustra in maniera

approfondita come nel più ampio contesto sociale prevalgano atteggiamenti di chiusura

verso il futuro, visto come possibile minaccia, che portano ad un ripiegamento nella

sfera progettuale. Al contrario, il campione comunitario si caratterizza per una netta

propensione alla progettualità ed un atteggiamento positivo verso il futuro, visto come

fonte di possibilità e sorprese. Analogamente, il successo nella vita viene attribuito a

dimensioni che delineano una tendenza autodeterministica nei ragazzi delle comunità, i

quali sembrano fare affidamento sulle proprie risorse nell'affrontare i compiti della vita.

Per questi ragazzi l'impegno è infatti considerato un elemento più rilevante rispetto alla

fortuna, e allo stesso modo il “lavorare sodo” è ritenuto una modalità efficace di

affrontare i compiti della vita; al contrario, il campione nazionale attribuisce maggior

importanza alla fortuna. Anche la percezione del contesto sociale è un elemento che

differenzia i due campioni. A fronte di una percezione di un senso di inaffidabilità 

attribuito agli altri, per quel che riguarda il campione nazionale, i ragazzi delle comunità 

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accordano un alto grado di fiducia al prossimo: ciò rappresenta un segno di maggior

apertura verso il contesto sociale e verso le possibilità che esso può essere in grado di

offrire. Per quanto riguarda i consumi dei media, se internet rappresenta un punto di

contatto tra i due campioni, vi sono altre peculiarità che contribuiscono a differenziarli.

L'utilizzo della televisione, in primis, che registra un utilizzo molto più elevato da parte

del campione nazionale, soprattutto con funzione ricreazionale, ovvero all'insegna di

una fruizione disimpegnata del mezzo televisivo stesso. Al contrario, il tempo dedicato

alla lettura è maggiore da parte dei ragazzi delle comunità. Sempre facendo riferimento

al tempo libero, le attività associative vedono un netto aumento di partecipazione da

parte del campione comunitario, soprattutto nell'ambito dell'impegno sociale e delle

organizzazioni di tipo religioso. Anche nell'ambito della partecipazione alle mansioni

domestiche la partecipazione del campione comunitario è più elevata: ciò viene messo

in relazione diretta con le caratteristiche della vita quotidiana nei contesti comunitari, in

cui solitamente si condividono sia i pasti sia i compiti necessari per prepararli. Per

quanto riguarda il rapporto con le norme, troviamo sia punti di contatto sia differenze.

Entrambi i campioni sembrano percepire il clima permissivo e scarsamente critico

rispetto ad aree come i rapporti familiari e sessuali o l'ambito dei valori di vita o dellasalute, e anche la consapevolezza della disapprovazione sociale verso comportamenti

connessi alla violenza o al vandalismo, o rispetto all'uso delle droghe pesanti, è 

unanime. Si registra un atteggiamento simile, tra i due gruppi considerati, anche rispetto

al livello di ammissibilità per le condotte connesse all'uso di alcolici, marijuana,

materiale pirata e la possibilità di avere esperienze omosessuali. Tra le principali

differenze, invece, è importante sottolineare come sia più netta la disapprovazione

personale rispetto alle condotte di evasione economica da parte dei ragazzi delle

comunità. Ma le divergenze in questo ambito emergono ad un altro livello, ovvero

rispetto alle modalità di combinare diversi orizzonti normativi (societario, amicale,

personale). Se nella popolazione giovanile troviamo un ampio scollamento tra l'ambito

societario e quello amicale, che assume una funzione identitaria alternativa rispetto alle

visioni del mondo adulto, ritenuto più intransigente, nel campione comunitario questi

due livelli appaiono meno lontani. Qui il sistema normativo amicale si avvicina

maggiormente a quello adulto, e, in alcune aree, si pone in piena controtendenza (per

esempio rispetto al migliorare il proprio aspetto attraverso la chirurgia o ad avere

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rapporti sessuali a pagamento) assumendo un ruolo più responsabile e critico rispetto

alle contesto societario. Infine, emergono differenze salienti nell'area della religione e

del benessere relazionale a scuola. L'appartenenza religiosa, pur registrando valori simili

tra i due campioni, si differenzia nel campione comunitario configurandosi come

maggiormente consapevole e “partecipata” e connessa ad una maggiore frequentazione

di esperienze dirette. Rispetto al benessere relazionale a scuola, a fronte di valori simili

nel rapporto coi compagni, in generale positivo, è la relazione coi dirigenti scolastici a

evidenziare una peculiarità nel campione comunitario. Infatti, se nel dato nazionale

emergono alcune criticità (soprattutto a livello normativo), i ragazzi delle comunità 

sembrano mantenere relazioni in generale positive con i dirigenti.

A partire dai dati emersi, l'autrice utilizza due dimensioni per analizzare le funzioni del

contesto comunitario, quella strutturale e quella normativa. A livello strutturale, si può 

affermare che la possibilità di vivere in un contesto interattivo quotidiano più complesso

permette di identificare altri confini che vengono tracciati attorno all'individuo o ai

nuclei familiari. Ma questi confini non hanno funzione di separare, bens ì “rappresentano

interfacce che facilitano non solo una comunicazione con l’esterno, contrastando la

chiusura intimistica del singolo e delle famiglie, ma accrescono altres ì

le comunicazioniinterne, sia tra nuclei che all’interno dell’area familiare stessa” (Giancaterino, 2009, pp.

116-117,). La funzione strutturale della comunità può quindi essere ricondotta ad un

allargamento della base sicura dei ragazzi che vivono al suo interno, influenzandone

l'apertura alla dimensione progettuale, ad un futuro visto come possibilità, alla diversità 

etnica e rinforzando il sentimento di fiducia percepita rispetto agli altri. Allo stesso

tempo, il rapporto di interdipendenza che la persona vive all'interno della comunità 

consente di sviluppare legami solidi e molteplici: tale contesto si configura cos ì come

un'area intermedia tra l'individuo e la famiglia da una parte, e la società dall'altra. La

comunità si configura quindi come un interfaccia che permette un passaggio più 

graduale dalla sfera privata dell'individuo alla più ampia realtà sociale. Rispetto alla

dimensione normativa, la presenza di livelli relazionali molteplici nella vita quotidiana

sollecita la persona a strutturare la capacità di muoversi tra più riferimenti normativi, di

conoscerli e contestualizzarli. La comunità si configura come ambito societario più 

ristretto e protettivo, e rappresenta cos ì un livello societario più vicino all’individuo, in

cui egli è direttamente partecipe e di cui condivide la normatività e la strutturazione. Il

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sistema normativo comunitario, infatti, è al tempo stesso diverso da quello familiare, che

viene negoziato all'interno di essa, sia differente da quello societario più ampio, basato

invece su un codice normativo formale e da un insieme di regole tacite. La necessità-

possibilità di muoversi fra questi diversi livelli consente alla persona di costruire una più 

ricca struttura normativa, che sembra accompagnarsi all'acquisizione di una maggiore

familiarità con i diversi contesti normativi, e di creare un sistema normativo flessibile,

capace di discriminare e contemporaneamente di combinare opinioni diverse in un'utile

sintesi.

Questi aspetti portano a richiamare il concetto di base sicura, secondo le teorizzazioni di

Byng-Hall (1995): se l'autore, partendo dalle idee di Bowlby (1988), ha introdotto l'idea

che la famiglia nel suo complesso può assolvere a questa funzione, qui si fa riferimento

ad un ulteriore allargamento del contesto relazionale di riferimento. Per i ragazzi delle

comunità, la struttura complessa capace di offrire quel sostegno necessario per la

crescita e il cambiamento assume i contorni della realtà comunitaria. Essa può cioè 

fungere da contesto allargato di riferimento, capace di offrire un “insieme di figure

affettivamente importanti”, che nella loro compresenza consentono di arricchire il

contesto relazionale in cui la persona si trova immersa. Le relazioni interne allacomunità sono fonte di sicurezza e sostegno, e provvedono ai bisogni psicologici dei

suoi membri: è in questo modo che il contesto comunitario si struttura come un

ambiente successivo a quello familiare e in grado di assolvere a funzioni analoghe.

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3. La ricerca empirica: metodologia

3.1 Obiettivi della ricerca

L'obiettivo generale del presente lavoro consiste nello studio dei contesti familiari

allargati a partire dai loro effetti sullo sviluppo dei figli. La ricerca esplorativa di

Giancaterino (2009) ha permesso di disegnare un quadro descrittivo rispetto alla realtà 

dei figli delle comunità, approfondendo, come già indicato, un gran numero di aree. Tra

di esse, si è scelto in particolare di sviluppare in maniera più organica l'area delle

relazioni, in un ottica sistemica e a partire dai contributi di alcuni autori (par. 1).

L'ipotesi di base di questa ricerca si rivolge ai ragazzi e alle ragazze cresciuti nelle

comunità di famiglie, in quanto contesto familiare allargato e, secondo quanto già 

accennato, più dinamico e ricco della famiglia nucleare: la realtà comunitaria è in grado

è in grado di fornire elementi di discontinuità rispetto al contesto sociale più ampio?

Quali specificità relazionali contraddistinguono i giovani cresciuti nelle comunità?

Una delle ipotesi più specifiche fa riferimento alla responsabilità relazionale di queste

persone: se esse si comportano secondo le tendenze prevalenti nella nostra società 

(Bauman, 2002; Buzzi e al., 2007), ovvero all'insegna di uno scarso impegno nelle

relazioni e di un timore ad assumersi le responsabilità in questo ambito, o se invece si

muovono seguendo altre coordinate e facendo ricorso a differenti strumenti e abilità. Ci

si è interrogati anche rispetto alle caratteristiche dei rapporti che i ragazzi costruiscono:

i nascenti legami avranno altre specificità rispetto a quelli che Carrà Mittini (1999)

definisce col termine “tribù”, ossia all'insegna di fragili legami di consumo, in cui

l'appartenenza si misura dall'adesione a codici precisi ma di natura principalmente

estetica? Secondo l'autrice, tali relazioni hanno una valenza provvisoria e relativa, e

rappresentano un elemento che contribuisce ad aumentare la debolezza dei legami

sociali, oltre che l'identità degli individui. Inoltre, quali stili relazionali mettono in

gioco, all'interno dei loro rapporti, i figli delle comunità? Quali rappresentazioni ed

aspettative guidano il loro agire sociale?

A partire da questi quesiti la ricerca si è perciò concentrata sia sugli ambiti relazionali

più vicini alla persona (relazioni intime, amicizia, famiglia), sia su quelli di tipo

macrosociale, in particolare il contesto lavorativo (per una distinzione vedi paragrafo

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3.4). Un'altra ipotesi nasce dai dati emersi nella ricerca di Giancaterino, rispetto agli

stereotipi di genere e al tema dell'immigrazione: ci si dovrebbe aspettare una netta

riduzione d’accordo sulle affermazioni stereotipiche, nonché ad un deciso aumento di

consensi su opinioni controstereotipiche da parte dei ragazzi delle comunità. Infine,

l'area della progettualità e degli atteggiamenti verso il futuro e quella del rapporto con

l'autorità costituiscono ulteriori temi d'interesse: a partire dai dati della medesima

ricerca, che vedono una netta divergenza rispetto al campione più ampio, si è scelto di

approfondire l'analisi delle caratteristiche e della natura stessa di tali rappresentazioni ed

atteggiamenti. Queste le aree specifiche d'interesse; attraverso la loro analisi, e a partire

da essa, verrà poi delineato un quadro d'insieme rispetto ai figli delle comunità.

3.2 Tecniche di rilevazione dei dati

Lo strumento utilizzato è l'intervista strutturata, condotta individualmente con il

partecipante presso la comunità stessa o, nel caso delle due persone che abitano fuori

dalla comunità, nelle loro case. Prima di descrivere brevemente com'è stato costruito lo

strumento, è opportuno introdurre una riflessione rispetto al significato della sua scelta:

non si tratta infatti di questioni puramente tecniche, bens ì di far riferimento a un insieme

di diverse premesse teoriche ed epistemologiche, oltre che di significati. Inoltre, non si

può dimenticare che l'impiego di una particolare metodologia influisce sia su chi la

utilizza sia sulle persone alle quali è rivolta, ed influenza inevitabilmente l'analisi dei

dati. Oltre a queste considerazioni, è importante sottolineare come la validità di uno

strumento non possa essere considerata l'unico elemento al momento della scelta,

poiché, come in ogni intervento, si contribuisce alla costruzione di relazioni, realtà ed

identità (Fruggeri, 2005). Un ulteriore spunto per introdurre le riflessioni metodologiche

è fornito da Weber (1958), il quale ci ricorda come la vita ci offra continuamente una

molteplicità di processi, che stanno fra di loro in rapporto di successione e

contemporaneità: questa infinità non diminuisce quando consideriamo un singolo

oggetto isolato. Sono i concetti che permettono all'essere umano di raccogliere e

rappresentare in categorie qualcosa che altrimenti si perderebbe nel flusso

dell'esperienza (Marradi, 1984). I concetti, nell'intervista, assumono un significato

convenzionale, e permettono di plasmarla ed adattarla alle esigenze delle ipotesi di

lavoro assunte all'interno della ricerca (Guala, 1993). Questo tipo di strumento consiste

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nel fornire una sollecitazione (le domande) e registrare le risposte verbali; secondo

Bruschi (1999) essa rappresenta uno sviluppo di un preciso atto sociale, ossia la

conversazione, ma in una forma più specializzata. Guala (1993) fa notare che la traccia è 

in effetti la stessa del questionario, ma nell'intervista c'è qualcosa in più: la natura del

rapporto che si crea tra ricercatore e partecipante. Da una parte, il fatto che l'osservatore

partecipi apertamente ed attivamente a questo “processo di comunicazione globale”

(Bruschi, 1999), fa s ì che l'interazione tra i due soggetti avvenga anche a livello non

verbale, e può contribuire ad influenzare il processo di raccolta dati (ci si riferisce qui ai

fattori di influenza verbali-linguistici, socioculturali e psicologici). Dall'altra, questo

aspetto permette di rendere più complessa e ricca l'osservazione, massimizzando gli

elementi positivi dell'approccio qualitativo senza scontarne i limiti; lo scambio

comunicativo nelle sue molteplici manifestazioni è l'oggetto specifico dell’analisi

qualitativa, e i dati raccolti mettono in luce l’unicità di un evento, nella sua complessità 

situazionale e relazionale. Inoltre la presenza del ricercatore durante l'intervista permette

di ripetere o riformulare le domande (probing), per garantire una piena comprensione

della richiesta da parte del partecipante e della risposta da parte del ricercatore stesso

(Guala, 1993). L'intervista ha permesso di avvicinarci alla prospettiva del partecipante,cogliendo le sue categorie concettuali e le sue interpretazioni della realtà, favorendo

l’osservazione critica di sé e del proprio agire e l'esplicitazione degli esiti di questa

riflessione (Bichi, 2002; Cicognani, 2002; Guala, 2000). In ultimo, questa scelta

consente di superare le criticità connesse alla dispersione del campione, e permette di

evitare l'uso di uno strumento – il questionario - di cui spesso in psicologia sociale si fa

un uso indiscriminato e riduttivo.

L'intervista è stata costruita in seguito ad alcuni momenti di brain-storming ed in

seguito testata su alcuni volontari con l'obiettivo sperimentarne l'efficacia. È formata da

27 items, e si tratta di un'intervista strutturata, composta da diversi tipi di domande,

alcune delle quali costruite a partire da strumenti già esistenti: il test della Doppia Luna

(Greco, 1999), scale Likert, Reattivo di Sacks (Passi Tognazzo, 1999), le matrici

numeriche di Tajfel (Tajfel e al., 1971). Per quanto riguarda l'ambito delle relazioni

virtuali, esso è stato indagato a partire da una breve batteria di domande dirette. I

restanti items possono essere invece inclusi in una tipologia che si pone a metà strada tra

le tecniche dirette e quelle indirette. Se queste ultime mirano ad evitare l'attivazione di

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resistenze nel partecipante, che è all'oscuro dei criteri per valutare le risposte, nel caso

delle “tecniche opache” (Bruschi, 1999) la persona intuisce i significati delle singole

domande, ma non coglie il disegno complessivo in cui esse sono inserite. Nelle storie da

completare, per esempio, l'attenzione non è posta sulle espressioni verbali, bens ì su un

livello di vita pratica: ciò consente di mantenere un basso livello di astrazione e di

limitare perciò il peso della razionalizzazione nella risposta. Per bilanciare lo strumento

di raccolta dei dati rispetto al genere, negli scenari proposti il nome dei personaggi

veniva adattato modificandone il genere a seconda del partecipante.

Inoltre, in altre domande ci si è serviti di immagini di cui la persona doveva motivare la

scelta; in altri casi sono stati utilizzati di oggetti, con funzione analoga; anche per

l'utilizzo della scala Likert ci si è avvalsi di piccoli stratagemmi per rendere meno

“fredda” la somministrazione, e per garantire al partecipante la possibilità di motivare o

spiegare il punteggio attribuito: il ricercatore leggeva l'affermazione, e la persona,

tramite una pedina che spostava su un foglio con i diversi punteggi, indicava come si

poneva rispetto a quell'enunciato. La natura ricca e multiforme dello strumento ha avuto

l'obiettivo, tra l'altro, di rendere più gradevole la conduzione dell'intervista, sia per il

ricercatore sia per i partecipanti.Lo strumento, che si trova in appendice, ha fornito la base per condurre le interviste, le

quali sono state registrate e poi trascritte per procedere all'analisi.

3.4 Il campione

Per la costituzione del campione sono state contattate numerose realtà comunitarie,

sparse sul territorio italiano, sia telefonicamente che tramite e-mail. La difficoltà ad

entrare in contatto con queste realtà, e le limitazioni pratiche legate al raggiungere

materialmente le singole comunità hanno portato a circoscrivere l'attenzione alle regioni

Lombardia ed Emilia Romagna. Il primo contattato, avvenuto nel gennaio 2010, è stato

necessario per conoscere le caratteristiche delle singole comunità, e per ottenere

informazioni circa la disponibilità a partecipare alla ricerca e rispetto alla presenza di

figli. Le esperienze di lunga durata non sono cos ì comuni, e per questa ragione sono

poche le comunità dove vi siano figli maggiorenni, ovvero nella fascia d'età oggetto

d'interesse. Un altro problema emerso è relativo alla difficoltà di stabilire un contatto

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con queste realtà: non è semplice avere informazioni e mancano fonti privilegiate da cui

ottenere i recapiti. Inoltre le comunità spesso si trovano in aperta campagna o in

montagna, non di rado lontano dalle città: per queste ragioni non è sempre stato

immediato raggiungerle. Una volta individuate le comunità disponibili, si è provveduto a

prendere contatto direttamente con i ragazzi, per trovare un momento adatto ad

effettuare le interviste, che si sono concluse intorno alla metà di marzo. La scelta di

condurre personalmente le interviste ha permesso di entrare in contatto diretto con le

comunità, con le persone e con i luoghi, oltre che con i partecipanti stessi: non si può 

negare che ciò sia stata una possibilità di arricchimento personale notevole.

Il campione comunitario è composto da venti partecipanti (12 ragazzi e 8 ragazze), di

età compresa tra i 18 ed i 28 anni. All'interno di questa popolazione è possibile fare due

ulteriori distinzioni: una rispetto all'occupazione (7 lavoratori e 13 studenti) e l'altra

rispetto alle fasce d'età (13 partecipanti di età inferiore ai 23 anni e 7 di età superiore).

Sempre facendo riferimento a questo gruppo, si può aggiungere che tre partecipanti,

studenti universitari, vivono nelle città dove studiano, e rientrano per il fine settimana;

uno vive stabilmente all'esterno della comunità

, e un altro, infine, al momentodell'intervista era in procinto di fare la stessa scelta. Ciò nonostante, è bene ricordare

che questi ragazzi hanno vissuto quotidianamente all'interno del contesto comunitario

fino alla fine delle scuole superiori. Le 10 comunità studiate si caratterizzano per una

notevole varietà al loro interno: per quanto riguarda le dimensioni, in primo luogo, si va

da quelle più piccole che comprendono una decina di membri, sino alle più grandi,

formate da circa 40 persone. Sono tutte esperienze centrate sulla famiglia e

caratterizzate da un forte radicamento sul territorio, oltre che da una forte matrice

religiosa. Tutte le comunità prevedono spazi condivisi, come il giardino o il laboratorio

(è frequente la condivisione di attività manuali di vario tipo), e degli spazi all'interno

della casa (cucina, sala da pranzo, magazzino). Nell'unico caso dove è assente uno

spazio comune (la comunità ha comunque intenzione di cercare uno spazio più adatto) i

momenti condivisi non vengono sacrificati ma semplicemente ci si ritrova a casa di una

delle famiglie. Inoltre, troviamo in tutte le comunità l'uso della cassa comune, sebbene

con diverse modalità di gestione e con diversi utilizzi: in alcuni casi l'intero stipendio è 

messo in comune, in altri ogni nucleo familiare paga una quota fissa, o in altri la quota è 

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proporzionale alle entrate economiche di ogni nucleo; rispetto all'uso, vi sono sia

comunità in cui tutte le spese vengono affrontate tramite la cassa comune, sia altre in cui

vi è una distinzione fra le spese comuni e quelle dei singoli nuclei. Rispetto alle attività 

condivise, il momento del pranzo o della cena è ritenuto molto importante, e molte

comunità scelgono di mangiare insieme più volte a settimana. Sono frequenti inoltre le

riunioni ed i momenti di preghiera. Anche le attività manuali costituiscono un ambito di

condivisione: esse vengono declinate in vari modi, sia all'interno della comunità 

(riparazione e manutenzione di spazi ed oggetti) sia all'esterno (per esempio traslochi).

Un altro aspetto caratteristico delle realtà comunitarie è quello relativo all'impegno

associazionistico e alle attività di volontariato; infine l'accoglienza è considerato un

compito primario e spesso inscindibile dall'idea stessa di comunità. L'organizzazione dei

compiti domestici è affidata in parte ai nuclei in parte alla comunità, e solo in alcuni

casi c'è la totale autonomia delle singole famiglie. Quasi tutte le comunità oggetto di

studio si sono stabilite in cascine in campagna o a ridosso di piccoli paesi, con la sola

eccezione di una comunità situata in una grande città.

Per quanto riguarda il campione di controllo, si è proceduto a individuare 20

partecipanti, bilanciati rispetto al campione comunitario per quanto riguarda l'età

, ilgenere, e l'occupazione, provenienti dall'Emilia Romagna e dalla Lombardia. Questi

ragazzi sono rappresentativi della più ampia popolazione giovanile italiana, che, come

indicano numerosi autori, è caratterizzata da alcune criticità (Benasayag, Schmit, 2003;

Buzzi e al., 2007; Pietropolli Charmet, 2000; Bauman, 2001; Giancaterino, 2009).

Rimandando ai suddetti autori per un'analisi più approfondita, si cercherà di indicare le

aree problematiche e le tematiche principali. Vi è in primo luogo un generale vissuto di

precarietà, dovuto ad una condizione di moratoria prolungata nei giovani adulti,

collegata a difficoltà nell'affrontare i compiti di sviluppo; il processo di

nuclearizzazione della famiglia rende difficoltoso il necessario riferimento alla

dimensione storico-culturale e sociale esterna, e in questo modo riduce la possibilità di

un confronto critico, ostacolando l'interazione e l'integrazione con gli altri, condizione

necessaria per lo sviluppo completo della persona; gli ideali tradizionalmente legati alla

sfera sociale ed all’attenzione verso gli altri, vengono vissuti in chiave autoreferenziale e

soggettivistica, e valori come la libertà, la democrazia e il rispetto delle regole sono

considerati in chiave privata, più come garanzie personali che beni collettivi; le relazioni

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sono vissute principalmente in ottica contrattuale e competitiva, all'insegna di criteri

come l'utilità, il profitto ed il potere, in un contesto culturale dove è dominante una

visione utilitarista del mondo; l'aumentare delle incertezze, della percezione di rischio,

che non permette di far presa sul presente e che contribuisce a creare   atteggiamenti di

chiusura verso il futuro, che assume i tratti di un orizzonte minaccioso e di una

potenziale fonte di pericoli.

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4. La ricerca empirica: percorsi d'analisi.

4.1. Aree d'interesse.

L'analisi dei dati è organizzata secondo alcune macroaree che costituiscono gli ambiti

principali della sfera relazionale della persona. Seguendo la distinzione presentata nel

rapporto Iard (Buzzi e al., 2007), si possono identificare due tipi di capitale sociale:

il primo, a livello micro, riguarda le relazioni personali sperimentate direttamente

dall’individuo, che si sviluppano all’interno dei gruppi informali e primari, quali la

famiglia o il gruppo amicale; il secondo ambito relazionale, cui ci si riferisce col

termine macro, coinvolge i gruppi formali e secondari, ovvero tutte le forme di relazioni

associative. Si possono perciò far rientrare, ai fini di questo lavoro, le relazioni intime ed

amicali nel capitale microsociale, mentre quelle lavorative in quello macrosociale.

All'interno del livello microsociale, le relazioni intime sono state analizzate

focalizzandosi su alcuni aspetti che caratterizzano questo ambito relazionale. In

particolare, sulla rilevanza del rapporto di coppia, sulla funzione attribuita alla

relazione, il grado di fiducia, i confini interni ed esterni, il livello di impegno, le

aspettative, l'importanza della progettualità e la tipologia di questi progetti. Inoltre,

all'interno di questa area, l'indagine si è rivolta anche all'atteggiamento e alla

rappresentazioni dei partecipanti rispetto alla famiglia, a diversi livelli: rispetto

all'ideale, rispetto alla percezione della famiglia nel contesto attuale, ma anche

relativamente ai timori (Buzzi e al., 2007; Fruggeri, 2005).

Rispetto all'area delle amicizie, le dimensioni analizzate sono la rilevanza, le funzioni

svolte dal gruppo amicale, le attività comuni, la fiducia, l'impegno, il conflitto interno, i

rapporti conl'esterno, la progettualità (Donati, Colozzi, 1997; Buzzi e al., 2007;

Pietropolli Charmet, 2000; Corsano, 2007). Oltre a ciò, nell'area delle amicizie si è fatta

rientrare anche il tema delle amicizie virtuali, ossia le relazioni che i ragazzi

costruiscono e vivono tramite il computer ed internet. Questo inoltre ha rappresentato un

mezzo per indagare più approfonditamente il tipo di uso che viene fatto di questo media,

la sua funzione, la frequenza del suo utilizzo, la sua rilevanza, il rapporto di queste

amicizie rispetto a quelle vis-a-vis, la composizione della sfera amicale virtuale, il

livello di intimità percepito, e in generale gli atteggiamenti verso i social network 

(Whitty, Carr, 2008; Bisi, 2003).

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É stata analizzata anche l'area del lavoro, e qui gli ambiti d'interesse sono le modalità di

ricerca, il rapporto coi colleghi, l'orientamento al ruolo o alla relazione, il rapporto con

l’autorità e la gestione dei conflitti (Depolo, 1998; Csikszentmihalyi, Schneider, 2000).

Infine, coerentemente con gli spunti forniti da Giancaterino (2009), si è scelto di

approfondire il tema della percezione dell'immigrazione e quello degli stereotipi di

genere, oltre a quelli, spesso trasversali, della progettualità e del rapporto con l'autorità.

Rispetto alle modalità attraverso cui sono stati elaborati i dati, le domande aperte sono

state codificate in base a griglie elaborate ad hoc e di cui si forniranno chiarimenti di

volta in volta nell'analisi dei dati.

Si è provveduto ad attribuire un punteggio a seconda della presenza-assenza di un

determinato elemento, o rispetto alla sua natura, secondo un criterio prestabilito e da

parte di due giudici indipendenti. I singoli punteggi di ciascun partecipante sono poi

stati sommati tra di loro per ottenere un indice quantitativo per ogni dimensione.

L'item n. 1 è stato considerato per le informazioni di tipo grafico che ha fornito, ossia

rispetto al contenuto delle rappresentazioni, alla loro natura e alle diverse relazioni

esistenti fra loro.Le risposte agli items 21 e 25 (ossia la matrice numerica e la domanda che utilizzava lo

stimolo visivo dei cerchi), cos ì come quelle agli items n. 16 e 26 (che utilizzano la scala

Likert), sono state elaborate direttamente attraverso il programma SPSS.

I punteggi sintetici cos ì ottenuti sono poi stati processati attraverso il programma SPSS

e trasformati in punteggi-z, cos ì da avere una distribuzione con media 0 e deviazione

standard 1. Di questi valori si è poi proceduto ad ottenere la media per i campioni e per

ogni sottogruppo.

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4.2. Relazioni intime.

Whitaker (1999) afferma che l'individuo, preso singolarmente, manca intrinsecamente di

qualcosa, poiché non ha la possibilità di continuare nel tempo. Secondo l'autore, parte

del desiderio irrinunciabile per l'altro risiede proprio in questo aspetto. Non solo,

ovviamente: il partner rappresenta anche la possibilità di ricreare un rapporto di

dipendenza dinamica, dove convivono al tempo stesso unione e separazione. Se ci si

focalizza sull'adolescenza e sulla prima età adulta, si può osservare come lo sviluppo

della vita sentimentale sia un momento fondamentale, capace di catalizzare i pensieri

della persona più di tanti altri avvenimenti della sua vita; secondo alcuni autori la

capacità di stabilire relazioni intime più mature con coetanei costituisce la sfida

evolutiva più complessa dell'adolescenza (Maggiolini, 2004; Confalonieri, Gavazzi

Grazzani, 2002). Il rapporto di coppia costituisce una delle tre aree della socialità 

ristretta, insieme alla famiglia e agli amici, ed è uno degli aspetti più rilevanti nella vita

dei giovani del nostro Paese (Buzzi e al., 2007). Attraverso il rapporto di coppia, inoltre,

si definisce l'identità di genere, si struttura la capacità di sviluppare un'intimità sessuale

ed affettiva e si sperimenta la capacità di assumere impegni all'interno della relazione.Oltre a questi aspetti, non si può dimenticare come la vita sentimentale di una persona

abbia un'importante influenza sugli altri ambiti relazionali in cui la persona stessa è 

inserita (2004). Per esempio, un elemento evidenziato da numerose ricerche è legato ai

cambiamenti a cui è sottoposta la cerchia amicale del partner al momento della

formazione della coppia (Di Nicola, 2002; Buzzi e al., 2007).

Analizzando il tema delle relazioni di coppia non è pensabile evitare di soffermarsi

brevemente sul contesto storico e sociale in cui esse si inseriscono, ossia quello dei

cosiddetti paesi ad economia avanzata. In tutti gli Stati europei, a partire da qualche

decennio, si è potuta rilevare una significativa diminuzione del numero di matrimoni,

oltre che una loro posticipazione. Questo dato si è accompagnato ad un consistente

aumento delle coppie di fatto, dei single e, soprattutto nei Paesi mediterranei, ad un

prolungamento della permanenza nella casa della famiglia d'origine. In linea con questi

dati, si è rilevato come l'uscita di casa coincida sempre più spesso con la formazione

della coppia, e, tra le altre cose, come la scelta di avere un figlio venga posticipata

sempre più (Buzzi e al., 2007). Intrecciando gli elementi appena citati con il tema

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dell'individualismo (Bauman, 2002), e riflettendo sulle dinamiche che caratterizzano la

coppia, vi sono ulteriori considerazioni da fare. Galimberti (2004) evidenzia che l'amore

è l'unico l'unico luogo in cui l'individuo può esprimere fino in fondo sé stesso, a

prescindere dai ruoli che ha nella società; contemporaneamente, la possibilità di liberare

le proprie componenti spontanee porta spesso a esasperare le proprie tendenze

individualiste. Riprendendo le considerazioni di Andolfi (1999), è interessante chiedersi

come le persone riescano ad adattare l'esigenza di costruire una relazione di coppia con

il mito della libertà individuale: è possibile uscire dal “complesso della libertà” in modo

da riuscire ad apprezzarne il senso del limite?

 

Se passiamo a considerare i dati emersi dalla nostra ricerca, possiamo innanzitutto

osservare il diverso grado di rilevanza attribuito alla relazione di coppia da parte dei

partecipanti. I valori emersi sono stati ottenuti a partire dalle risposte agli item 1, 2, 3,

10, 18, 21. I punteggi ottenuti dai due campioni non si differenziano in maniera

sostanziale, essendo di 0,12 per il campione comunitario e di -0,12 per quello di

controllo. Differenze emergono invece se consideriamo la variabile della condizione

“essere single/essere coppia”. Infatti, il grado di rilevanza attribuito alla relazione dicoppia è decisamente maggiore per i partecipanti che sono effettivamente impegnati in

una relazione di coppia (intorno al punteggio di 0,5) rispetto ai single, che ottengono

valori decisamente negativi.

4.2.1. Funzione della relazione di coppia.

La relazione con il partner può assolvere a diverse funzioni. In particolare, nell'età 

dell'adolescenza e nella prima età adulta, le componenti preponderanti sono quelle

legate al divertimento, alla sperimentazione, alla costruzione della propria identità,

all'autorealizzazione, al bisogno di supporto, sostegno e conforto, alla necessità di un

rapporto intimo, paritario e stimolante; più in generale, dalla relazione intima ci si

aspetta spesso che sia appagante, che dia significato alla nostra vita, ed è infatti il

presupposto necessario per rendere possibile la costruzione di una famiglia, di qualsiasi

tipo essa sia (Maggiolini, 2004; Mitchell, 2003; Carli, Cavanna, Zavattini, 2009). Il

rapporto di coppia, secondo Lutte (1987), è sostanzialmente ciò che permette alla

persona di emanciparsi dai genitori e di porsi su un piano paritario con gli adulti in

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generale. Come si potrà notare, all'interno dell'elenco appena fatto vi sono funzioni che

richiamano aspetti diversi fra loro, ma anche alcuni elementi simili. Per delineare un

quadro rispetto alla funzione che assolve la relazione di coppia per i ragazzi e le ragazze

del nostro campione, si è scelto di costruire tre categorie che possano rendere più visibili

le tendenze all'interno dei dati emersi. La prima categoria è quella della fruizione, ed è 

relativa alla componente della relazione di coppia più orientata al divertimento, allo

svago, alla condivisione di attività piacevoli. La funzione di sostegno si riferisce invece

al valore di supporto e appoggio che può assumere il rapporto con il partner, attraverso

il confidarsi, la ricerca di conferme, e grazie alla possibilità di affidarsi, che contribuisce

alla costruzione del senso di sicurezza all'interno della coppia. L'ultima categoria

individuata, denominata “realizzazione”, fa riferimento alla relazione intima come

elemento imprescindibile per consentire alla persona di sentirsi realizzata, attraverso la

proiezione nel futuro di sé stessi e del partner; l'accento è qui posto maggiormente

sull'aspetto progettuale e di slancio verso il futuro. È opportuno aggiungere che la

categorizzazione appena proposta non è esaustiva né pretende di isolare artificialmente

queste tre componenti che convivono all'interno della maggior parte delle relazioni di

coppia. Al contrario, la sua utilità

consiste nell'evidenziare quali siano le dimensioni più

 importanti che rendono peculiare ogni coppia. I dati rispetto a questa dimensione sono

stati ottenuti dall'analisi delle risposte agli items 2, 4, 6, 7, 18.

  Tab. 1. Funzioni: valori medi,

Osservando i dati medi rispetto ai due campioni (tab. 1), l'unica differenza sostanziale è 

relativa alla funzione di sostegno, che sembra essere decisamente più rilevante per i

ragazzi provenienti dalle comunità (0,21) che per il campione di controllo (-0,21).   É 

invece focalizzandosi sui sottogruppi che emergono aspetti più interessanti. In primo

luogo, rispetto alla condizione “in coppia/single”, i punteggi rimangono simili a quelli

dei campioni d'appartenenza, evidenziando cos ì l'importanza di questa variabile.

L'appartenenza comunitaria non sembra però incidere su un aspetto relativo ai single: inentrambi i campioni questo sottogruppo sembra attribuire più importanza agli aspetti di

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fruizione sostegno realizzazione

Comunità -0,04 0,21 0,03

Controllo 0,04 -0,21 -0,03

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fruizione della relazione (punteggi di 0,18 e 0,22) rispetto a chi è in coppia (-0,23 e

-0,07) che invece ottengono punteggi lievemente più alti nell'area della realizzazione.

Un'altra tendenza emersa che sembra svincolata dall'appartenenza è rispetto all'età. In

particolare, i maggiori di 24 anni attribuiscono un'importanza maggiore alla funzione di

realizzazione (campione comunitario: 0,17; campione di controllo: 0,07) rispetto agli

aspetti di fruizione (rispettivamente -0,29 e -0,11). Questa funzione è decisamente più 

significativa per i minori di 24 anni di entrambi i campioni (0,16 e 0,17), che invece sono

molto meno orientati alla realizzazione (-0,08 e -0,12). Sembra qui evidenziarsi una

tendenza legata all’età: per i partecipanti più grandi gli aspetti realizzativi acquistano

maggior importanza a scapito di quelli di fruizione, mentre per i più giovani le tendenze

si invertono. Questo non dovrebbe sorprendere visto che l'aumentare dell'età vede

modificarsi interessi, valori e priorità: si tende a diminuire l'importanza dedicata al

divertimento e allo svago fine a sé stesso e, contemporaneamente, diventa rilevante

l'apertura verso il futuro (Buzzi e al., 2007; Tonolo, 1999), decisamente contigua alla

dimensione realizzativa della relazione.

Anche il genere traccia una discontinuità più ampia di quanto faccia la variabile

appartenenza comunitaria. Se l'importanza attribuita al sostegno segue i valori medi deidue campioni, gli aspetti realizzativi e di fruizione sono decisamente più caratteristici

dell'appartenenza di genere. Le femmine si caratterizzano per un più netto orientamento

per gli aspetti realizzativi (punteggio di 0,2), concedendo poco spazio alla fruizione

(valori di -0,3 circa). Al contrario, questo aspetto risalta di più nelle rappresentazioni dei

maschi (valori intorno allo 0,2 circa), che considerano meno rilevante la componente

realizzativa (valori intorno al -0,2 circa). Questa differenza è in linea con quanto

sottolinea la letteratura (Confalonieri, Gavazzi Grazzani, 2002) rispetto alla maggior

importanza che le femmine a quest'età attribuiscono alla durata del rapporto nel tempo e

alle componenti progettuali nel rapporto col partner.

Questi dati, nel loro complesso, sembrano porre in risalto l'influenza di alcune variabili

(l'età ed il genere), che sembrano essere più significative e capaci di differenziare le

attribuzioni dei partecipanti rispetto alla funzione attribuita al rapporto di coppia.

L'unico aspetto in cui l'appartenenza comunitaria sembra giocare un ruolo importante è 

quello del sostegno: qui i valori divergono in ogni sottogruppo preso in considerazione,

ed emerge che sono soprattutto i partecipanti del campione comunitario a porre

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l'accento su questa funzione (tab. 2).

Tab. 2. Funzioni della relazione di coppia.

4.2.2. Fiducia nel partner.

La centralità della fiducia nelle relazioni intime è stata evidenziata da più parti.

Marazziti (2002) ritiene che la fase dell'innamoramento, in una coppia, nonostante sia

fondamentale affinché due persone entrino in contatto, si conoscano e inizino a costruire

aspettative reciproche e progetti futuri, non è sufficiente a strutturare un rapporto. Dopo

il momento dell'attrazione, è necessario che faccia la sua comparsa un altro insieme di

processi, che vanno sotto il nome di attaccamento. Questo concetto, già presentato

all'inizio del presente lavoro (par. 1), sembra essere utile anche per descrivere la fase più 

matura della coppia. L'attaccamento assolve a una importante funzione biologica ed

evoluzionistica: permette alla specie umana di garantire la sopravvivenza della prole

grazie al prolungarsi dell'unione dei due genitori. Ma questo processo permette anche ai

due partner di sperimentare un legame stabile fonte di conforto, fiducia e sicurezza

(Carli e al., 2009; Cassibba, 2003). Angelo (1999) identifica due bisogni fondamentali e

primordiali a cui risponde la relazione, e connessi al sistema motivazionale

dell'attaccamento. Il primo è legato alla ricerca di sicurezza, mentre l'altro consiste nella

spinta riproduttiva che spinge la persona a cercare un partner. Ma, affinché i due bisogni

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fruizione sostegno realizzazione

Comunitario -0,04 0,21 0,03Controllo 0,04 -0,21 -0,03

Comunità – in coppia -0,23 0,17 0,1

Controllo – in coppia -0,07 -0,27 0,02

Comunità – single 0,18 0,25 -0,05

Controllo – single 0,22 -0,11 -0,11

Comunità – lavoratore -0,07 0,16 -0,06

Controllo – lavoratore -0,26 -0,29 -0,13

Comunità – studente -0,03 0,23 0,09

Controllo – studente 0,21 -0,16 0,02

Comunità – maggiore di 24 anni -0,29 0,29 0,17

Controllo – maggiore di 24 anni -0,11 -0,25 0,07

Comunità – minore di 24 anni 0,16 0,14 -0,08

Controllo - minore di 24 anni 0,17 -0,17 -0,12

Comunità maschio 0,15 0,05 -0,07

Controllo maschio 0,28 -0,27 -0,19

Comunità – femmina -0,33 0,45 0,2

Controllo - femmina -0,31 -0,11 0,2

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possano essere soddisfatti, l'autore sottolinea come sia necessaria la presenza della

fiducia di base nei confronti dell'altro. Sembra quindi che la possibilità di sentirsi sicuri

all'interno della relazione sia un elemento fondamentale per la strutturazione di un

attaccamento sicuro reciproco per i partners. Questa condizione, secondo alcune

ricerche (Carli e al. 1999) si associa nelle persone ad un maggior grado di apertura,

sicurezza e positività, caratteristiche che garantiscono, se presenti nei due membri della

coppia, un miglior funzionamento relazionale.

Nel presente lavoro ci si riferisce, con la parola fiducia, al grado di affidabilità attribuito

al partner. Consapevoli del fatto che non tutti i partecipanti avevano una relazione al

momento dell'intervista, si è cercato di far riferimento alla fiducia che viene

generalmente attribuita al partner, indipendentemente dalla sua reale presenza.  Questi

dati sono stati rilevati a partire dagli items n. 2 e 6.

Osservando i punteggi emersi nei due campioni, emerge una tendenza, anche se

piuttosto lieve: i ragazzi provenienti dalle comunità attribuiscono un grado di fiducia al

proprio partner leggermente più alto (0,08) del campione di controllo (-0,08).

Considerando invece i differenti sottogruppi, le tendenze diventano più chiare.

Relativamente a coloro che hanno una relazione di coppia, per esempio, la discrepanzaè

 più netta, con il valore del campione comunitario che è il doppio (0,82) di quello di

controllo (0,41). La fiducia nel partner dunque è connessa con l’essere in coppia, ma tra

coloro che sono in coppia il sentimento della fiducia è maggiore per i partecipanti

comunitari.

4.2.3. Confini.

Il tema dei confini a cui fa riferimento questo paragrafo verrà affrontato a due livelli: i

confini interni (tra i due partners) e quelli esterni (della coppia rispetto all'esterno).

Prima di analizzare questi due temi, è opportuno premettere che i rapporti interni e le

modalità con cui essi vengono strutturati e costruiti di continuo non sono aspetti

svincolati dalla posizione sociale del gruppo familiare (oltre che dei singoli membri)

occupano all'interno della più ampia comunità (Fruggeri, 2005). Tale riflessione può 

essere utile anche per analizzare le dinamiche della coppia.

Il rapporto con l'esterno è uno degli aspetti attraverso cui è possibile leggere i

cambiamenti che hanno interessato la famiglia a partire dal periodo successivo

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all'industrializzazione, ossia, nel nostro Paese, alla fine del diciannovesimo secolo. In

particolare, insieme ad altri cambiamenti che hanno avuto luogo a partire da questo

periodo (diminuzione del numero dei membri, crollo dell'autorità patriarcale), si è 

assistito alla separazione tra famiglia e lavoro. Questo mutamento ha comportato la

nascita dello spazio familiare privato, separato dal resto; un luogo dove dedicarsi alla

vita domestica e ai rapporti tra i suoi membri. La famiglia verrà quindi a costituirsi

come entità nuclearizzata ed autocontenuta, con confini definiti che la separano e

distinguono in maniera netta dall'esterno (Fruggeri, 2005). In questo modo, i rapporti

che assumono importanza sono solamente quelli più stretti, ossia del coniuge e dei figli,

mentre i “vicini” vengono tenuti al di fuori delle mura domestiche.; le scelte stesse

rispetto alla sessualità, la relazione col partner o all'avere figli appartengono unicamente

all'ambito privato, ossia la famiglia, diventato l'unico contesto in cui ricercare il

benessere. Questa chiusura però può anche costituire una difficoltà nell'accettare i rapidi

cambiamenti sociali e nell'adattarvisi; davanti alle difficoltà, priva delle connessioni con

la società in generale e potendo far riferimento ad una ristretta rete sociale, essa manca

di risorse relazionali che possano sostenerla: le difficoltà stesse cos ì risultano ancora più 

insormontabili (Donati, 1995; Omacini, 2003; Giancaterino, 2009). Anche PietropolliCharmet (2000) rileva la tendenza sempre più evidente, nelle famiglie del nostro Paese,

a chiudersi al proprio interno, rinforzando i legami e tracciando i confini in maniera

netta, con l'obiettivo di contrastare le spinte centrifughe verso un esterno minaccioso.

Davanti a queste tendenze, diventa problematico il ruolo di intersezione fra pubblico e

privato che essa svolge. Pur essendo sfera del privato, essa non può smettere di

relazionarsi alla società, pena la minaccia che la privatizzazione diventi

soggettivizzazione, o narcisismo, e compromettendo cos ì la possibilità che nella società 

si mantengano norme e valori condivisi (Donati, 1995).

Dopo aver introdotto il tema dei rapporti con l'esterno, si può passare ad analizzare i dati

emersi rispetto a questa dimensione. I valori emersi che più si avvicinano a 1 indicano la

presenza di confini permeabili e flessibili con l'esterno, mentre quelli che tendono a -1

sono associati a un maggior grado di chiusura della coppia, con confini molto più rigidi.

I punteggi rispetto a questa dimensione sono stati rilevati attraverso gli items n. 3, 5, 7 e

18.

I punteggi dei due campioni evidenziano una tendenza piuttosto netta: il grado di

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apertura verso l'esterno della coppia sembra essere più pronunciato per i ragazzi

provenienti dalle comunità (punteggio 0,14) che per il campione di controllo (-0,14). Se

si osservano i partecipanti che hanno una relazione intima, i valori si accentuano,

evidenziando sempre una prevalenza del campione comunitario (0,88) su quello di

controllo (0,21).

Per quanto riguarda il livello interno della coppia, si fa riferimento qui al modo in cui i

due partners strutturano i propri confini reciproci. L'importanza di questo aspetto viene

evidenziata da numerosi autori. Satir (1999) afferma che la coppia sana è quella che

riesce a coniugare unità e diversità allo stesso tempo, ossia dove viene valorizzata sia

l'unicità del singolo partner sia la comunione tra i due. Anche Fromm (1956) affronta il

tema, asserendo che l'unione simbiotica tra due persone, sia in realtà una forma

incompleta d'amore, che ricalca il modello biologico di relazione tra madre e feto. Nella

coppia unita simbioticamente i membri sono separati da un punto di vista fisico, e

l'unione è di tipo psicologico; l'autore attribuisce a chi esercita un ruolo passivo

nell'unione la posizione sottomessa (masochista) nei confronti di chi invece esercita il

ruolo attivo o dominante (sadico). Al contrario, l'autore tedesco identifica in quello chechiama “amore maturo” un legame che consente di mantenere la propria integrità e al

tempo stesso di infrangere le pareti che lo separano dall'altra persona: in amore, e in

coppia, “due esseri diventano uno, e tuttavia restano due” (pp. 35, Fromm, 1956).

L'ultimo contributo presentato per introdurre l'argomento è di Walsh (1999). L'autrice,

parlando a proposito della coesione di coppia, sottolinea come sia fondamentale

mantenere un equilibrio tra vicinanza e il rispetto della separazione. Per esempio, nelle

coppie in cui entrambi i partners lavorano, è comune che vengano mantenute aree

separate; ma se questo significa una difficoltà a dedicare tempo ed energie al rapporto,

allora ciò può contribuire a mettere in crisi la coesione e l'intimità. Nelle coppie

tradizionali, è attesa comune che sia la donna ad adattare le proprie esigenze a quelle del

marito. Ma, come evidenziano Buzzi e al. (2007), questo modello sta -lentamente-

lasciando il posto uno di tipo meno squilibrato, dove non è detto che sia definito a priori

chi debba sacrificarsi. È perciò un processo di continua costruzione di confini più o

meno flessibili e costantemente negoziato da entrambi i partners. Nel nostro caso sono

stati individuati due poli, al cui interno si distribuisce le due popolazioni studiate.  Il

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valore di -1 indica il massimo grado di sovrapposizione tra i due partners, condizione in

cui i confini non sono quasi per nulla definiti e decisamente labili. All'opposto, col

valore 1 ci si riferisce ad uno stato di quasi totale separazione, dove i due partners hanno

sfere private piuttosto rilevanti e dove prevale quindi gli aspetti di due unità piuttosto che

quelli di comunione. I punteggi relativi a questa dimensione sono stati rilevati dagli

items n. 1, 5, 7, 18 e 25. 

Il primo dato da evidenziare è relativo ai punteggi medi dei due campioni: benché non

cos ì profonda, si evidenzia comunque una discrepanza. I ragazzi provenienti dalle

comunità sembrano distinguersi per un livello di separazione meno netta (-0,17) rispetto

al campione di controllo (0,17), che appare caratterizzarsi per un grado più accentuato di

separazione. Ma i valori assumono entità differenti nei diversi sottogruppi: per coloro

che hanno una relazione di coppia, il valore è decisamente più elevato nel campione di

controllo (0,94) rispetto a quello comunitario (0,46). Questo sembra evidenziare che,

pur caratterizzandosi entrambi per la presenza di confini meglio definiti, è il campione

di controllo a tendere maggiormente verso il polo della separazione. Anche rispetto al

genere sembra emergere una tendenza abbastanza netta: le femmine sembrano

caratterizzarsi per relazioni intime dai confini più

definiti (comunità

: 0,11; controllo:0,44), mentre i maschi evidenziano valori più bassi e che tendono maggiormente al

polo della sovrapposizione.

La tabella 3, mostra i dati appaiati relativi ai due campioni divisi per condizione

“single/coppia”.

  Tab.3. Confini interni: 1 separazione / -1 sovrapposizione.

Confini esterni: 1 confini permeabili / -1 confini rigidi

Un grado maggiore di separazione tra i partners (ossia la presenza di confini molto

definiti) sembra associarsi ad una minore apertura verso l'esterno da parte della coppia;

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confini interni confini esterni

Comunità – in coppia 0,46 0,88

Controllo – in coppia 0,94 0,21

Comunità – single -0,94 -0,77

Controllo – single -0,97 -0,67

Comunità – maggior di 24 anni 0,29 0,8

Controllo – maggiore di 24 anni 0,73 0,34

Comunità – minore di 24 anni -0,55 -0,4

Controllo - minore di 24 anni -0,28 -0,53

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al contrario, confini più flessibili (e quindi un maggior grado di unione) all'interno della

coppia corrispondono ad una maggior apertura verso l'esterno. I due andamenti

caratterizzano rispettivamente i partecipanti comunitari e quelli del gruppo di controllo.

4.2.4. Impegno ed aspettative.

Fromm (1956) è molto chiaro nel sottolineare un fatto: l'amore richiede sforzo.

Nonostante questo, sono numerose le persone che sembrano dare più importanza

all'essere amati, a ciò che si riceve piuttosto di quanto sia necessario dare.

Analogamente, le stesse considerazioni non sembrano fuori luogo se ci si concentra

sulla relazione di coppia.Le aspettative costituiscono un elemento fondamentale nel momento della formazione

della coppia, in quanto è in buona parte su di esse che si basa l'innamoramento, che ha

infatti per molti aspetti un carattere idealistico: la persona amata è oggetto di grandi

aspettative e molte sue caratteristiche (vere o presunte) vengono idealizzate (Marazziti,

2002; Mitchell, 2002). Ma l'importanza delle aspettative non viene meno col passaggio

ad una relazione di tipo più maturo: le attese rispetto al proprio partner si modificano

pur continuando a guidare il nostro agire. Costituiscono insomma un aspetto importante

che concorre a rendere peculiare la coppia oltre che le rappresentazioni delle persone

rispetto al partner e alla relazione stessa. Nel nostro caso si è scelto di chiamare

aspettativa ciò che la persona si aspetta dal partner; oltre ad una dimensione più 

“quantitativa”, ossia un punteggio rispetto alla rilevanza di queste aspettative, ci si è 

focalizzati anche sul contenuto di queste aspettative.

Ma, tornando alle parole di Fromm, ci è sembrato interessante anche provare a occuparsi

dell'altra faccia delle aspettative: ossia quanto la persona, oltre ad attendersi qualcosa dal

partner, sia anche disposta a mettersi in gioco, a garantire presenza e disponibilità; si fa

riferimento qui all'idea di “sforzo” che l'autore presenta, inteso in questo caso come

voglia di spendersi all'interno della relazione. Ardone e Chiarolanza (2007) si sono

interrogate sul ruolo dell'impegno come elemento predittivo che contribuisce al

mantenimento della relazione. Esse lo definiscono sia come sentimento di lealtà verso il

partner, sia come “intenzione a stare in quella relazione” (pp. 94). Le stesse autrici

affermano anche che l'impegno di un solo partner non è sufficiente a garantire il

benessere della coppia; ciò che invece sembra essere rilevante in questo senso è la

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natura reciproca dell'impegno, ossia che esso provenga da tutti e due i membri. È quindi

lecito chiedersi in che modo le aspettative e l'impegno vengano coniugati da ogni

partecipante. I dati relativi alle dimensioni delle aspettative e dell'impegno sono stati

rilevati a partire dagli items n. 2, 4, 5, 7 e 10.

Nelle due dimensioni oggetto di attenzione si evidenziano due tendenze piuttosto chiare

(tab. 4).

Tab. 4. Punteggi per impegno e aspettative

I ragazzi provenienti dalle comunità sembrano caratterizzarsi per un grado di impegno

decisamente più elevato (0,22) rispetto al campione di controllo (-0,22). Viceversa, le

aspettative sono decisamente più elevate nei partecipanti del campione di controllo

(0,21) di quanto non siano in quello comunitario (-0,21). Ma è interessante osservare

anche come questi valori variano nei sottogruppi.

Cominciando da coloro che al momento della rilevazione erano coinvolti in una

relazione intima, il punteggio relativo all'impegno dei ragazzi delle comunità è doppio

rispetto al campione di controllo: 0,64 il primo, 0,32 il secondo. Pur trattandosi di due

valori positivi, il dato è comunque abbastanza netto. Se si va a confrontare lo stesso

gruppo nell'ambito delle aspettative, si nota come il rapporto si inverta chiaramente:

sono i ragazzi che non provengono dalle comunità ad aspettarsi di più dal partner (0,39),

che viene investito di meno attese da parte dei partecipanti cresciuti nelle comunità (-

0,09).

Relativamente ai single, i punteggi sono tutti di segno negativo in entrambi i campioni.

In questo caso il dato è molto probabilmente influenzato dalla mancanza di un partner:

in assenza di una relazione di coppia vera e propria aspettative ed impegno,

inevitabilmente, diventano aspetti molto meno rilevanti. È comunque indicativo il fatto

che, anche se con valori decisamente più

bassi, il rapporto tra le due dimensioni rimaneinvariato tra i due sottogruppi, seguendo le tendenze del campione a cui appartengono.

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impegno aspettative

Comunitario 0,22 -0,21

Controllo -0,22 0,21

Comunità – in coppia 0,64 -0,09

Controllo – in coppia 0,32 0,39

Comunità – single -0,3 -0,36Controllo – single -1,02 -0,06

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Oltre alla modalità in cui le persone coniugano impegno ed aspettative, può risultare

interessante interrogarsi anche su qual è il contenuto di queste aspettative; una volta

chiarita la loro intensità, è lecito chiedersi: di preciso, che cosa ci si aspetta dal partner?

Anche in questo caso, per cercare di individuare tendenze più chiare sono state costruite

tre categorie di aspettative. La prima è legata alla dimensione progettuale-realizzativa:

ciò che ci si attende dal partner è che permetta alla persona di realizzare i suoi desideri

rispetto al futuro, di rendere concrete le sue speranze rispetto alla durata del rapporto o

alla possibilità di costruire una famiglia o di avere dei figli. Le aspettative legate alla

possibilità di ricevere appoggio, supporto, o più in generale di potersi affidare al partner,

sono state incluse nella categoria “sostegno”. L'ultima tipologia individuata è stata

chiamata “stile”, e comprende sia le attese rispetto a particolari modalità di

comunicazione col partner, sia rispetto alle forme di gestione del rapporto, sia rispetto

a caratteristiche del partner stesso.

Sebbene non emergano differenze eclatanti, i dati ci aiutano a costruire un quadro più 

preciso di questo aspetto delle relazioni intime (tab. 5).

Tab. 5. Tipologie di aspettative.

 

Le categorie “realizzazione” e “stile” non sembrano rappresentare elementi di

particolare divergenza per i due campioni. Circa la metà di entrambi i campioni nutre

soprattutto aspettative rispetto alle modalità di gestione del rapporto da parte del partner

(categoria “stile”): il 55% del campione comunitario e il 45% di quello di controllo. Vi è 

poi circa un quinto di entrambi i campioni (rispettivamente, 20% e 15%) che ha attese

soprattutto legate agli aspetti progettuali-realizzativi, ovvero che si aspetta che il partner

sia attivo nella costruzione di un futuro della coppia. La categoria “sostegno” è invece

quella che interagisce in maniera più evidente con la variabile appartenenza: qui è 

56

realizzazione sostegno stile

Comunitario 20,00% 20,00% 55,00%

Controllo 15,00% 40,00% 45,00%

Comunità – in coppia 36,36% 18,18% 36,36%

Controllo – in coppia 8,33% 41,67% 41,67%

Comunità – single 0,00% 33,33% 55,56%

Controllo – single 25,00% 25,00% 50,00%

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prevalente il campione di controllo (40%) rispetto a quello delle comunità (20%). I

partecipanti non cresciuti in comunità si aspettano soprattutto di poter contare sul

partner e trovare appoggio.

I dati dei sottogruppi non divergono particolarmente dai valori appena esposti, ma vi

sono alcune peculiarità da rilevare. Considerando i punteggi relativi a coloro che hanno

una relazione di coppia, emerge una prima divergenza: le aspettative dei ragazzi delle

comunità sono più orientate agli aspetti realizzativi (36%), mentre per il campione di

controllo le attese si riferiscono maggiormente al sostegno e allo stile (entrambe con

percentuali oltre il 40%), e quasi per niente alle questioni progettuali-realizzative (8%). I

single evidenziano orientamenti differenti: quelli del campione di controllo sembrano

avere aspettative più alte rispetto alla realizzazione dei propri progetti (25%),

contrariamente allo 0% del campione delle comunità. La tendenza si inverte rispetto alle

aspettative sul sostegno: il 33% del campione comunitario e 25% della popolazione più 

ampia.

4.2.5. Progettualità della relazione di coppia.

Benasayag e Schmit (2003) sottolineano l'importanza del desiderare, del progettare e del

creare, come unici mezzi per creare legami e per dar forma alla propria vita. Gli autori

poi, riferendosi al contesto della società più ampia, constatano come il desiderio venga

costantemente scoraggiato nel mondo attuale, all'insegna di una situazione di crisi

diffusa che spinge a ridurre le prospettive e a concentrarsi sulla mera sopravvivenza.

Non è questa la sede per approfondire questo tema; è però importante ricordare come il

tema della progettualità non possa essere esaminato e studiato senza tener conto del

contesto socio-culturale in cui le persone vivono.

La dimensione progettuale è caratteristica della relazione di coppia, poiché quest'ultima,

soprattutto col progredire dell'età, diventa uno dei perni su cui immaginare il proprio

futuro. Riprendendo Tonolo (1999), è possibile affermare che orientarsi verso il futuro è 

condizione indispensabile per l'attivazione dell'individuo (e, potremmo dire nel nostro

caso, della coppia); la prospettiva del domani è quella che consente di organizzare le

proprie azioni dando loro un ordine ed un significato, regolando cos ì pensieri e

comportamenti. È quindi abbastanza evidente quanto l'apertura verso il futuro ed i

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progetti relativi al futuro stesso abbiano un ruolo fondamentale nel caratterizzare la

coppia. I dati sono stati rilevati a partire dalle risposte agli items n. 2, 3, 5 e 10.

Rispetto ai dati emersi, si evidenzia una differenza piuttosto lieve rispetto alla

dimensione progettuale, a favore dei ragazzi provenienti dalle comunità (0,08 rispetto al

-0,08 del campione di controllo). La discrepanza tra i due campioni è qui poco rilevante,

e si ritrova con valori pressoché identici anche prescindendo dal genere: i sottogruppi

maschio/femmina del campione comunitario si mantengono su valori sensibilmente più 

alti degli stessi sottogruppi della popolazione di controllo. Il dato rimane analogo se

consideriamo poi il fattore età: benché per i partecipanti maggiori di 24 anni la

dimensione progettuale sembri aumentare d'importanza, l'appartenenza comunitaria

resta un fattore discriminante che si associa a punteggi più alti rispetto al campione di

controllo.

Ma è relativamente alla coppia che incontriamo dei dati inaspettati. Qui i valori sono

sensibilmente più alti nel campione di controllo (0,41) che in quello comunitario (0,13):

ciò sembra indicare che per i ragazzi che hanno una relazione di coppia l'appartenenza

comunitaria si associ ad una minore importanza attribuita alla dimensione progettuale.

Rispetto ai single, il datoè

ribaltato: chi appartiene al campione di controllo ottiene unvalore molto più basso (-0,82) rispetto al campione comunitario (0,02). Dunque, la

dimensione progettuale sembra essere più rilevante per i ragazzi provenienti dalle

comunità che non hanno un partner, mentre risulta quasi inconsistente per i single della

popolazione di controllo.

Curiosamente anche il dato relativo alla condizione lavoratore/studente va in questa

direzione, ricalcando ancor di più i valori dei sottogruppi appena descritti. Tra coloro

che hanno già fatto il loro ingresso nel mondo del lavoro, l'importanza attribuita alla

progettualità   è inferiore per il campione comunitario (-0,21) rispetto a quello di

controllo (0,67). Al contrario, se osserviamo gli studenti, il valore è nettamente più 

basso per il campione di controllo (-0,49) di quanto non sia per i ragazzi delle comunità 

(0,24). Considerando i dati nel loro complesso, è curioso notare due aspetti: da un lato

l'appartenenza comunitaria sembra accentuare quella che spesso è la tendenza legata

all'età, che vede un aumento graduale della dimensione progettuale durante la crescita e

con l'avvicinarsi dell'età adulta (Buzzi a al. 2007; Tonolo, 1999). Dall'altro, nelle due

condizioni solitamente associate al diventare adulti, cioè quella di lavoratore e di partner

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all'interno di una relazione intima (Di Nicola, 2002), i ragazzi provenienti dalle

comunità sembrano attribuire un'importanza minore rispetto al campione di controllo.

Al contrario, sono gli studenti ed i single del campione comunitario a caratterizzarsi per

un più marcato orientamento alla progettualità.

Una volta chiarita l'importanza che la dimensione progettuale riveste per i differenti

sottogruppi, è possibile interrogarsi sul contenuto di questi progetti: in che direzione si

esplicita l'apertura verso il futuro? Quali caratteristiche hanno questi progetti?

Sono state individuate due dimensioni utili a descrivere i diversi aspetti legati alla

progettualità. La prima è relativa alla sua natura: si tratta di un orientamento di tipo

effettivo o affettivo? Con il termine “affettivo” si intende qui l'insieme di progetti che

mettono l'accento sul benessere della coppia, sulla possibilità di stare bene con il

partner, sulle componenti intime ed emozionali: emergono dalle interviste dei

partecipanti parole come amore, sincerità, fedeltà, felicità, serenità. La tipologia

“effettiva” mette invece l'accento sugli aspetti più pratici di condivisione, sostegno

reciproco, impegno e rispetto; la proiezione è qui maggiormente orientata verso le

componenti concrete dello stare insieme, con chiari riferimenti ad avere dei figli eformare una famiglia. Benché ovviamente sia raro che si presenti uno o l'altro aspetto

separatamente, è stato possibile identificare quale dei due fosse preponderante nella

rappresentazioni dei partecipanti.

La seconda dimensione su cui ci si è focalizzati fa riferimento alle proiezioni rispetto

all'apertura all'esterno della coppia (o della famiglia), ossia al grado di permeabilità dei

confini che la persona, nelle sue proiezioni, attribuisce alla propria relazione. Questo

aspetto, approfondito in precedenza (par. 4.2.3), si riferisce alla condizione di chiusura

intimistica che caratterizza sempre più la famiglia attuale, che tende ad allontanarsi dalla

propria parentela e ad isolarsi dalla società in nome delle relazioni intime che vengono

costruite al suo interno (Donati, 1995; Fruggeri, 2005). Quali saranno le connessioni ed

i rapporti con l'esterno, nella coppia o nella famiglia che il partecipante progetta di

costruire?

I dati sono stati rilevati attraverso gli items n. 2, 3, 5, 7 e 10 del questionario. Rispetto

alle due dimensioni individuate, si evidenziano alcune importanti divergenze tra i due

campioni. La progettualità di tipo effettivo caratterizza in maniera piuttosto netta il

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campione delle comunità (0,42) rispetto a quello di controllo (-0,42), mentre

quest'ultimo sembra orientarsi decisamente verso quella affettiva (0,36), diversamente

dal campione comunitario (-0,36). Sempre facendo riferimento a questi due campioni, i

ragazzi provenienti dalle comunità sembrano attribuire maggior importanza all'aspetto

di apertura della relazione, che caratterizza la loro dimensione progettuale in misura più 

rilevante (0,29) che per il campione di controllo (-0,29). I valori all'interno dei

sottogruppi si mantengono molto simili a quelli appena descritti, e confermando le

diverse tendenze che caratterizzano i due campioni.

Ciononostante, vi sono alcune peculiarità che è importante rilevare. Innanzitutto rispetto

ai valori che più si discostano dalle medie: sono i single del campione di controllo

coloro per cui è meno rilevante la dimensione progettuale effettiva (-0,91), mentre il

valore più alto è associato ai maggiori di 24 anni del campione delle comunità (0,82). Il

fattore età sembra inoltre determinare la discrepanza maggiore tra i due sottogruppi: pur

mantenendosi le differenze legate all'appartenenza comunitaria, il punteggio legato alla

progettualità effettiva tende ad aumentare con l'età (tab. 6), mostrando che la dimensione

progettuale si fa più concreta ed orientata all'idea di costruire la famiglia mano a mano

che si cresce.

Progettualità 

effettiva

Comunità – maggiore di 24 anni 0,82

Comunità – minore di 24 anni 0,09

Controllo – maggiore di 24 anni -0,07

Controllo – minore di 24 anni -0,71

  Tab. 6. Progettualit à

Considerando l'altro aspetto su cui si è scelto di focalizzarsi, ossia la progettualità 

rispetto all'apertura e alla connessione attribuita alla propria coppia (o famiglia), anche

in questo caso è l'appartenenza comunitaria ad essere rilevante per comprendere le

tendenze evidenziatesi. I ragazzi provenienti dalle comunità immaginano la propria

relazione più connessa con l'esterno (0,29) di quanto non accada per i partecipanti del

campione di controllo (-0,29). Questi valori si possono ritrovare in maniera piuttosto

chiara tra coloro che hanno concretamente una coppia (rispettivamente 0,79 e -0,13 per i

due campioni). Un altro dato interessante è relativo al valore più alto (immediatamente

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dopo quello associato a chi è in coppia): sono le femmine del campione comunitario

(0,66) per cui l'apertura all'esterno nei propri progetti di coppia sembra essere

decisamente rilevante.

Un altro aspetto interessante è legato alle differenze associate all'età, alla condizione

lavoratore/studente e a quella single/in coppia. Da questi dati sembra emergere che, pur

mantenendosi le differenze legate all'appartenenza, i lavoratori, i maggiori di 24 anni e

coloro che hanno una relazione intima progettano una coppia (o una famiglia) più aperta

e connessa con l'esterno rispetto a studenti, single e ai partecipanti più giovani. Sempre

considerando il dato che tende a vedere connesse la condizione lavorativa, quella di

coppia e l'età maggiore (Buzzi e al., 2007; Di Nicola, 2002), si può forse ipotizzare che

il rapporto con l'esterno assuma maggiore importanza via via che ci si avvicina al

momento di strutturare la relazione in modo più maturo.

4.3. Famiglia

Il tema della famiglia verrà qui affrontato a partire dalle rappresentazioni. Davanti ad unpanorama variegato ed in evoluzione come quello della famiglia nel nostro Paese (vd.

Fruggeri, 2005), l'orientamento prevalente è stato a lungo quello della cultura della

devianza, che considerava incomplete quelle forme familiari che si allontanassero da

quella nucleare. Solo in tempi recenti si è fatto strada un approccio orientato alla

differenza, capace di riconoscere e valorizzare la molteplicità e la variabilità delle forme

familiari (Fruggeri, Mancini, 2001). A partire da tali considerazioni, sono state indagate

le rappresentazioni dei partecipanti rispetto alla famiglia; le immagini con cui essa viene

associata concorrono a formare, secondo Ganong (1990), un sistema di premesse a

partire dalle quali i componenti delle famiglie costruiscono sé stessi e il contesto in cui

si trovano. Da queste premesse, in altre parole, essi sviluppano relazioni, affrontano i

problemi, costruiscono ruoli e identità (Fruggeri, 1998).

Partendo da quest'ultimo aspetto, sono stati rilevati tre ambiti relativamente alla

famiglia: uno legato alla rappresentazione che i partecipanti hanno della famiglia, uno

rispetto ai timori che essi nutrono verso la stessa, infine quello della famiglia ideale.

Prima di presentare i risultati, c'è da fare una premessa di carattere metodologico:

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rispetto alle rappresentazioni e ai timori, poiché le risposte sono due per ogni

partecipante, il totale delle percentuali è superiore al 100%.

I dati relativi alle rappresentazioni sono stati rilevati a partire dall'item n. 22. Sono state

individuate 5 categorie che sono emerse dalle risposte. La prima categoria, denominata

“varietà”, comprende quelle risposte in cui i partecipanti mettevano l'accento sulla

natura eterogenea della famiglia attuale, sottolineando come oggi ne esistano numerose

forme: questa categoria sembra essere molto vicina all'idea della cultura della differenza

presentata in precedenza. Nella seconda categoria, chiamata “oasi”, le risposte

delineano un'idea di famiglia come luogo caldo ed intimo, protetto e sicuro rispetto ad

un contesto societario vissuto in maniera più negativa. Le ultime tre categorie

individuate si riferiscono invece a caratteristiche decisamente meno positive attribuite

alla famiglia. In quella denominata “problemi” alla parola famiglia viene associato un

insieme di difficoltà e problemi generici, sottolineando come il momento attuale

presenti numerose difficoltà (economiche, sociali) a cui deve far fronte anche la

famiglia, non sempre con mezzi e risorse adeguati. In questo caso la scelta del nome

della categoria è volutamente generica: le risposte non sembrano mettere l'accento su

questioni precise quanto sulla natura “problematica” del contesto in cui la famigliaè

 inserita oggi, e sulle difficoltà conseguenti. La categoria “intrafamiliare”, pur

mantenendo il focus sugli aspetti critici, comprende risposte in cui il partecipanti

sembrano individuare all'interno della famiglia l'origine dei problemi; i rapporti che si

fanno più superficiali, problemi di comunicazione tra i membri, difficoltà di

fronteggiare crisi o transizioni che interessano i vari componenti. Pur essendo aspetti

che non possono essere considerati prescindendo dal contesto esterno, la specificità di

questa categoria è relativa al focus che viene orientato maggiormente sulle relazioni tra

membri o sui loro problemi individuali. L'ultima tipologia di risposte individuate è stata

denominata “interfamiliare”: qui le criticità della famiglia sono viste soprattutto in

relazione alla chiusura del nucleo familiare su se stesso: venendo a mancare le

connessioni con altre persone, famiglie o più in generale con gruppi esterni al contesto

familiare, questo ripiegamento su sé stesso comporta un isolamento che nuoce al

benessere della famiglia e dei suoi membri. A partire da queste categorie, è stato

possibile osservare come i due campioni ed i diversi gruppi si distribuiscono a seconda

delle risposte fornite (tab. 7).

62

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 Tab. 7. Rappresentazioni rispetto alla famiglia.

Considerando i valori generali emersi tra i due campioni, si possono notare alcune

peculiarità . Rispetto alla categoria “varietà”, troviamo percentuali simili tra i due

campioni, con una lieve prevalenza di quello di controllo (35%) rispetto a quello

comunitario (20%). La categoria “oasi” vede invece ribaltarsi questa differenza: 50%

del campione comunitario e 30% di quello di controllo. Passando poi a considerare le

altre tre categorie, emergono tendenze piuttosto nette. I ragazzi provenienti dalle

comunità sembrano attribuire importanza in misura analoga alle problematiche più 

generiche (40%) e a quelle chiamate “interfamiliari” (40%); i problemi che invece

interessano i singoli membri (livello “intrafamiliare”) sono ritenuti importanti da una

percentuale minore di partecipanti (20%). Passando a considerare il campione di

controllo, emergono alcune differenze. I problemi legati al ripiegamento della famiglia

su sé stessa emergono in un numero esiguo di risposte (5%), mentre le problematiche

generiche sono quelle indicate dalla maggioranza del campione (75%); chi invece fa

riferimento al livello “intrafamiliare” è numericamente analogo al campione

comunitario (25%). Confrontando questi valori, si possono fare alcune considerazioni:

se si considerano le prime due categorie, “varietà” e “oasi”, si evidenzia come la

popolazione di controllo sia maggiormente sensibile alla natura eterogenea della

famiglia attuale, di cui vengono sottolineate le diverse forme che assume nel nostro

Paese senza per questo smettere di utilizzare la parola “famiglia”. I ragazzi delle

comunità invece sembrano dare più importanza alla funzione di rifugio della famiglia,

alle caratteristiche tali per cui è un luogo sicuro, caldo ed accogliente in contrasto con il

contesto più allargato. Rispetto alle categorie che mettono invece in risalto le criticità 

della famiglia, per i ragazzi delle comunità le difficoltà di natura “interfamiliare” sono

più

rilevanti di quanto non lo siano per il campione di controllo; al contrario,quest'ultimo attribuisce maggior importanza alle problematiche più generiche. Se

63

1 varietà 2 oasi 3 problemi 4 intrafamiliare 5 interfamiliare

Comunità 20,00% 50,00% 40,00% 20,00% 40,00%

Controllo 35,00% 30,00% 75,00% 25,00% 5,00%

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consideriamo in generale il numero risposte che rientra nelle ultime tre categorie (quelle

che fanno riferimento alle criticità) notiamo che la percentuale è pressoché identica tra i

due campioni: si può dire insomma che questo atteggiamento non sia caratteristico di

uno o dell'altro. Ciononostante, sembra che i ragazzi del campione di controllo riescano

in maniera minore a identificare le caratteristiche precise (oltre che le dinamiche) delle

problematiche percepite, mentre nel campione comunitario sembrano essere meglio

identificati quelli che possono essere gli elementi critici del contesto attuale, giusta o

sbagliata che sia questa lettura. È comunque opportuno ricordare come il tema del

ripiegamento delle famiglie su stesse costituisca uno dei temi principali di molte analisi

che si sono occupate delle difficoltà della famiglia attuale (Fruggeri, 2005; Omacini,

2003; Pietropolli Charmet, 2000).

4.3.1. Timori

Per quanto riguarda il tema dei timori, i dati sono stati rilevati dall'item n. 22. Anche in

questo caso sono state individuate 5 categorie di risposta. La prima, denominata

“instabilità”, fa riferimento a coloro che hanno indicato come timore principale il

deterioramento che può interessare il nucleo familiare, dettato dall'aumento delle crisiche possono presentarsi, o dal pericolo che con il semplice trascorrere del tempo i

rapporti si incrinino. La seconda categoria è stata chiamata “separazione”, e comprende

le risposte dove emerge il timore di disgregazione o frammentazione del nucleo

familiare, e connesse quindi al restare solo in caso di abbandoni o separazioni tra

coniugi, o di perdere i contatti con i propri familiari. La tipologia “sfide” è relativa a chi

indica i compiti e le transizioni della vita familiare come fonte di timore; avere un figlio,

sposarsi, l'idea di un rapporto che duri tutta la vita, sono elementi di cui viene messa in

luce in questo caso la potenziale di rischio. Le ultime due categorie individuate sono in

parte connesse l'una con l'altra: con il nome “apertura” si fa riferimento a quelle risposte

che indicano nella mancanza di confini e nella struttura labile della famiglia i principali

timori rispetto ad essa. La categoria “chiusura” invece rappresenta un ideale polo

opposto rispetto alla precedente: qui i timori sono relativi a confini familiari troppo

rigidi, ad un eccesso di struttura (secondo alcuni con il rischio di veder sorgere una

gerarchia) che porta alla chiusura del nucleo familiare. Se si osservano i dati

cominciando proprio da queste due ultime categorie emergono due tendenze differenti

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(tab. 8).

Tab. 8. Timori rispetto alla famiglia.

I timori rispetto alla chiusura rivestono un'importanza analoga per i due campioni,

intorno al 40%; diverso è il discorso per la categoria “apertura”. I timori legati

all'assenza di confini ben definiti sono indicati in maniera più consistente dai ragazzi

provenienti dalle comunità (50%), mentre è un aspetto decisamente più marginale per i

partecipanti del campione di controllo (10%). Proseguendo con le altre categorie, il

timore legato al deterioramento del nucleo familiare riveste un importanza decisamente

maggior per il campione di controllo (50%) rispetto a quello comunitario (20%). Anche

i timori legati alla separazione e alla solitudine sono considerati più rilevanti dal

campione di controllo (45%), sebbene anche per buona parte dei ragazzi delle comunità 

non si tratti di questioni secondarie (30%). L'ultima categoria individuata, relativa al

timore verso i compiti che deve affrontare una famiglia lungo il suo percorso, anche se

con valori piuttosto bassi, sembra più rilevante per il campione comunitario (25%) che

per quello di controllo (10%). Confrontando i dati, gli unici aspetti che sembrano

differenziare realmente i due campioni rispetto ai timori verso la famiglia, sono le

categorie “instabilità” e “apertura”. Quest'ultima si associa in maniera piuttosto chiara al

campione comunitario, per il quale probabilmente sono più evidenti i rischi di un nucleo

familiare privo di confini definiti che gli consentano di differenziarsi dall'esterno e

percepirsi come unito; in questo caso sembra che l'orientamento sia più sui problemi che

interessano la famiglia in quanto sistema (vd. Marvin, Stewart, 1999) che sui singoli

membri. Rispetto alla categoria “instabilità”, essa caratterizza maggiormente i

partecipanti del campione di controllo: per essi sono quindi il timore principale è 

rappresentato dalla possibilità che i rapporti all'interno della famiglia si deteriorino o

entrino in crisi. L'attenzione, in questo caso, è più rivolta a ciò che accade a livello dei

membri del nucleo familiare. Considerando brevemente quanto emerge dai sottogruppi,

benché la maggior parte dei valori non si discostino più di tanto da quelli dei due

campioni, vi sono alcuni aspetti da sottolineare. Innanzitutto, i timori legati ai compiti

65

instabilità separazione sfide apertura chiusura

Comunità 20,00% 30,00% 25,00% 50,00% 35,00%

Controllo 50,00% 45,00% 10,00% 10,00% 40,00%

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della famiglia (categoria “sfide”) ha una tendenza curiosa se osserviamo la condizione

single/in coppia e le differenze d'età, tenendo presente che queste due condizioni

tendono a trovarsi associate (Buzzi e al., 2007; Di Nicola, 2002).

  Tab. 9. Punteggi categoria “Sfide”.

Questa tipologia di timori, se confrontiamo anche i dati dei due campioni di riferimento

(tab. 9), ha una rilevanza diversa per coloro che hanno una relazione e per i più grandi:

per i ragazzi provenienti dalle comunità

la percentuale diminuisce rispetto al campionedi controllo. Ma la differenza emerge in maniera più netta tra i single ed i minori di 24

anni: i timori di questo tipo sono assenti dalle risposte del campione di controllo mentre

sono decisamente rilevanti per i ragazzi delle comunità. Questo dato può essere indice

dell'importanza che hanno questi momenti della vita familiare e di coppia per la

persona. Si può ipotizzare che per coloro che non hanno una relazione (oltre che per i

più giovani), e perciò hanno meno probabilità di dover affrontare questi compiti

nell'immediato, transizioni come il matrimonio, o la nascita di un figlio dovrebbero

rivestire una rilevanza relativamente bassa: cos ì è per il campione di controllo. Invece, il

dato associato ai single e ai minori di 24 anni del campione comunitario,

diametralmente opposto, sembrerebbe indicare per che questi ragazzi le sfide della vita

rappresentino già un elemento presente nei loro pensieri. Da un certo punto di vista,

questo dato è in linea con quanto emerge rispetto all'importanza della progettualità, che

ha valori più elevati per questi sottogruppi del campione comunitario (par. 4.2 e 4.4).

66

Comunità 25,00%

Controllo 10,00%

Comunità - in coppia 9,09%

Controllo – in coppia 16,67%

Comunità – single 44,44%

Controllo - single 0,00%

Comunità – maggiori di 24 anni 11,11%

Controllo – maggiori di 24 anni 22,22%

Comunità - minori di 24 anni 36,36%

Controllo – minori di 24 anni 0,00%

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4.3.2. Famiglia ideale.

Per quanto riguarda l'ultimo ambito studiato, quello degli ideali, anche qui si è 

proceduto ad individuare delle categorie sulla base delle risposte emerse. I dati sono

stati rilevati a partire dall'item n. 27. Sono state individuate cinque tipologie di famiglia

ideale. La prima è quella “allargata”: con questo termine si intende una forma familiare

numerosa che prevede la presenza significativa di altri parenti (nonni, zii) oltre ai due

coniugi e ai figli. La tipologia “autonoma” fa riferimento a coloro che immaginano la

famiglia come un legame che non comprometta la propria libertà ed i propri spazi:

l'elemento cardine in queste risposte è dato dall'esigenza di garantire un alto grado di

indipendenza ai membri. Nella terza categoria, chiamata “legame”, l'accento viene posto

sull'importanza della famiglia in quanto luogo dei sentimenti. L'aspetto principale è 

proprio il legame tra i membri della famiglia, capace di dare sicurezza, offrire conforto e

generare benessere. La tipologia “nucleare” invece fa riferimento ad una famiglia dai

contorni ben definiti, unita, molto incentrata sulla coppia (mentre i figli sono messi a

volte in secondo piano) e sull'intimità, anche se il focus è rivolto al raggiungimento del

benessere. L'ultima categoria individuata, definita “permeabile”, è composta da genitori

e figli, ma si connota per un ampio grado di scambi e relazioni con l'esterno e pernumerose “interferenze” da parte di altre persone (3: “una famiglia che non si chiude su

se stessa.. [..] che sia disposta ad accogliere.. semplicemente una famiglia semplice, che

non sia troppo legata al lavoro, ai soldi..più sulle persone, sugli amici e sui parenti..”). A

partire da queste categorie, la popolazione si è distribuita come in tab. 10.

Tab. 10. Famiglia ideale

Si può notare subito come per le categorie con percentuali più basse (“allargata” e

“autonoma”), pur essendo agli antipodi tra di loro, la distribuzione dei due campioni è 

piuttosto simile, con una lieve prevalenza del campione di controllo. La famiglia

incentrata sul “legame” è ritenuta un modello ideale più per il campione delle comunità 

che per quello di controllo, sebbene la differenza non sia cos ì significativa. Ma dove i

due campioni si differenziano nettamente è rispetto alle ultime due tipologie: i valori

67

allargata autonoma legame nucleare permeabile

Comunità 5,00% 5,00% 30,00% 20,00% 40,00%

controllo 15,00% 10,00% 20,00% 35,00% 20,00%

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sono quasi identici ma invertiti. Si evidenzia cos ì come per quasi metà del campione

comunitario l'orientamento è verso una famiglia “tradizionale” ma con alto grado di

interscambio con il contesto esterno. Al contrario, più di un terzo del campione di

controllo ritiene che la sua famiglia ideale sia quella di tipo nucleare. Questa differenza

si amplifica notevolmente se si guardano i valori di chi è in coppia: nel campione

comunitario chi sceglie la famiglia nucleare è il 9%, mentre si alza al 64% chi propende

per quella impermeabile. Al contrario nel campione di controllo il 42% è orientato ad

una famiglia nucleare, mentre il 25% propende per quella permeabile. È interessante

anche notare come rispetto all'età alcuni valori tendano a modificarsi. Rispetto ai

maggiori di 24 anni, i partecipanti delle comunità si orientano ancora più nettamente per

l'idea di famiglia permeabile (77%), mentre il campione di controllo si scinde tra

quest'ultima (33%) e la famiglia allargata (33%). Diversamente, per i partecipanti più 

giovani le scelte sembrano più moderate: il 45% della popolazione di controllo

immagina una famiglia nucleare, mentre i ragazzi provenienti dalle comunità sono più 

orientati verso la famiglia del “legame” (54%). Vi si potrebbe quasi riconoscere un trend

“evolutivo” differente per i due campioni: la popolazione di controllo più giovane

caratterizzata da un orientamento alla famiglia nucleare, che poi si modifica conl'aumentare dell'età dividendosi tra l'ideale di famiglia allargata e quella permeabile. Al

contrario, se il sottogruppo dei minori di 24 anni proveniente dalle comunità è orientato

alla famiglia come legame, per i più grandi questa preferenza si rivolge (aumentando di

percentuale) verso la famiglia permeabile.

4.4. Amicizia.

I rapporti amicali hanno un'importanza fondamentale nella vita delle persone, e il loro

ruolo è ancora più evidente ed essenziale per gli adolescenti e nella prima età adulta

(Garelli, Palmonari, Sciolla, 2006). Alberoni (1999) definisce l'amicizia come una

forma di amore (“la forma etica dell'eros”, p. 33), e rispetto alle altre forme attraverso

cui l'amore si realizza essa si contraddistingue per la sua natura elettiva: gli amici infatti

vengono scelti dalla persona e la relazione con essi va coltivata volontariamente. Inoltre,

un'altra specificità del rapporto amicale è il suo carattere paritario: questo significa che

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tra amici non c'è la necessità di diventare guida per l'altra persona ma si tende a

rimanere all'interno di un rapporto orizzontale e non vincolante (Di Nicola, 2002;

Bellotti, 2008). I rapporti di amicizia tendono inoltre a perdurare nel tempo, anche se il

tempo dedicato all'amicizia vede un progressivo declino mano a mano che le persone

iniziano una relazione di coppia o quando cominciano a lavorare; in generale si può 

riscontrare un calo di importanza correlato con l'aumento dell'età (Buzzi e al., 2007; Di

Nicola, 2002). L'amicizia sembra essere in grado di rispondere ad un gran numero di

problematiche e necessità personali; senza approfondire ulteriormente l'argomento, basti

qui accennare all'enorme influenza che essa esercita all'interno del processo di

costruzione dell'identità della persona (Garelli e al., 2006). Inoltre, da un punto di vista

sociologico, l'interesse rivolto alle relazioni amicali negli ultimi anni ha

progressivamente sostituito quello rivolto al concetto di ruolo sociale. Senza addentrarci

ulteriormente in questo tema, è comunque importante sottolineare che l'amicizia è una

delle dimensioni attraverso cui si esplicita la sfera intima degli individui. Se

consideriamo che il  privato è diventato uno degli ambiti di studio imprescindibili per

analizzare la realtà sociale nel suo complesso, l'amicizia diventa una relazione sociale

specifica con caratteristiche, norme e codici peculiari. Un elemento che contribuisce inmaniera sostanziale a definire la rete di riferimento della persona e a delinearne i tratti

identitari e le appartenenze all'interno della società globale (Di Nicola, 2002; Bellotti,

2008).

Facendo riferimento al contesto italiano, i risultati delle ricerche mostrano che l'amicizia

rappresenta una delle tre cose ritenute più importanti dai giovani, insieme alla famiglia e

all'amore. Inoltre la sua importanza sembra essere cresciuta a partire dagli anni '80, a

scapito di altri ambiti come quello lavorativo (Buzzi e al., 2007). I valori rispetto a

questa dimensione sono stati rilevati dagli items n. 2, 6, 18 e 21.

Se consideriamo i dati emersi nel presente lavoro rispetto a questa dimensione,

emergono valori vicini alla media per entrambi i campioni, senza grandi divergenze

(campione delle comunità: 0,13; campione di controllo: -0,13). Ma è importante prestare

attenzione anche ai valori che emergono nei sottogruppi (tab. 11).

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Tab. 11. Rilevanza delle relazioni amicali.

Una prima tendenza abbastanza netta è relativa alla condizione single/in coppia.

L'importanza attribuita ai propri amici dai single è decisamente più alta in entrambi i

campioni (con il valore del campione delle comunità pari a 0,63 rispetto a quello di

controllo di 0,31) di quella ottenuta da chi ha una relazione di coppia (rispettivamente,

-0,28 e -0,42). Considerando poi le altre variabili, l'appartenenza alla comunità sembra

tracciare una differenza rispetto a coloro che lavorano. Mentre nei due campioni gli

studenti si caratterizzano per valori molto simili (comunità: 0,14; controllo: 0,15), nel

caso dei lavoratori vi è un ampio divario: i ragazzi provenienti dalle comunità 

attribuiscono un'importanza decisamente più elevata (0,08) di quanto non facciano i

partecipanti del campione di controllo (-0,62). Se, come sottolinea Di Nicola, pensiamo

che il lavoro è spesso un elemento che “chiude e/o restringe alcune cerchie sociali”

(2002, pp. 47), sembra che per i ragazzi provenienti dalle comunità questa tendenza si

attenui notevolmente, almeno per quanto riguarda la rilevanza della cerchia amicale.

Il dato rispetto all'età ci mostra invece dei valori più omogenei, che confermano la

media dei due campioni. Inoltre, conformemente a quanto emerge dalle ricerche (Buzzi

70

Rilevanza

Comunità – in coppia -0,28

Controllo – in coppia -0,42

Comunità – single 0,63Controllo – single 0,31

Comunità – lavoratore 0,08

Controllo – lavoratore -0,62

Comunità – studente 0,15

Controllo – studente 0,14

Comunità – maggiore di 24 anni -0,13

Controllo – maggiore di 24 anni -0,28

Comunità – minore di 24 anni 0,34

Controllo – minore di 24 anni 0

Comunità – maschio 0,19

Controllo – maschio 0,21

Comunità – femmina 0,04

Controllo – femmina -0,63

Comunità – uso internet scarso 0,35

Controllo – uso internet s carso -0,18

Comunità – uso internet frequente -0,29

Controllo – uso internet frequente -0,09

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e al., 2007), l'importanza attribuita alle proprie relazioni amicali diminuisce con l'età.

Anche i dati rispetto al genere sono in linea con le tendenze più vaste della popolazione

italiana, anche se con differenze più marcate per il campione di controllo rispetto a

quello comunitario. Se si fa riferimento alla sesta indagine IARD, emerge che il genere

maschile è associato con una cerchia amicale più numerosa con cui ha contatti più di

frequente rispetto alle femmine (Buzzi e al., 2007); elementi che possono influire sul

diverso grado di importanza attribuita alle proprie relazioni amicali. In entrambi i

campioni sembra che per i maschi le proprie amicizie siano più rilevanti di quanto non

lo siano per le femmine, con il campione di controllo che si caratterizza per una distanza

ancora più netta tra i due valori (0,21 per i maschi, -0,63 per le femmine). L'ultimo

elemento che vale la pena di considerare è relativo alle differenze che emergono rispetto

all'uso più o meno frequente di internet e del medium informatico. L'interazione di

questa variabile con l'appartenenza comunitaria porta a due esiti sensibilmente diversi.

Considerando il campione di controllo, la rilevanza delle relazioni amicali è maggiore

per coloro che hanno una più ricca vita virtuale (-0,09) rispetto a chi utilizza internet

più raramente (-0,18). Nel campione comunitario, invece, i punteggi si distanziano

maggiormente dalla media e si invertono: per chi utilizza internet “mai o raramente” leamicizie sono molto più importanti (0,35) rispetto a coloro che sono più familiari col

medium informatico, che ottengono un punteggio nettamente inferiore (-0,29).

Considerando questi dati, sembra che gli stereotipi di cui parlano Whitty e Carr (2006)

(rispetto all'influenza negativa dell'uso di internet sulle relazioni vis-à-vis) trovino

conferma nel campione comunitario mentre vengano decisamente smentiti da quello di

controllo.

4.4.1. Funzioni dell'amicizia.

Rispetto a quelle che sono le funzioni svolte dall'amicizia, può essere utile far

riferimento ad alcuni ricerche già effettuate. Di Nicola (2002) afferma che per i giovani

e gli adolescenti i rapporti amicali consentono di mettere in relazione comportamenti

individuali a “norme, valori, regole, stili di vita e di consumo” che caratterizzano questa

fase della vita, e rendono possibile la costruzione di un'identità sociale che non sia

semplicemente una duplicato di quella adulta, ossia delle figure con cui la persona ha

una relazione asimmetrica (genitori, maestri, etc.). Il contesto amicale rappresenta

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inoltre un ambito in cui sperimentare le proprie competenze sociali ed emotive: si

cercano conferme, ci si confida ed affida, si costruisce il proprio senso di

autodeterminazione, si misura la propria capacità di riuscire e l'affidabilità, si mette alla

prova la propria autonomia e si impara ad avere fiducia negli altri, a confrontarsi e a

collaborare con essi (Garelli e al., 2006; Di Nicola, 2002). Inoltre, non si può 

dimenticare come spesso il rapporto amicale sia spesso un “fine” già di per sé: l'assenza

di finalità particolari, all'interno della relazione tra amici, è un dato frequente e diffuso;

l'amico è colui con cui si condivide la “circostanza esistenziale dell'esserci” (Ghisleni,

Moscati, p. 80, 2001), con cui l'importante spesso è semplicemente stare insieme

(Amerio e al., 1990; Garelli e al., 2006).

I dati emersi, rilevati dagli items n. 8, 13 e 15 del questionario, sembrano delineare

alcune tendenze piuttosto chiare rispetto ai due campioni. Si è scelto di suddividere le

possibili funzioni svolte dalle relazioni amicali in tre macrocategorie: fruizione, crescita

e sostegno. La categoria sostegno è relativa alla funzione di appoggio e conforto che

assolve l'amicizia nel quotidiano, che si concretizza nel confidarsi, nel ricercare

conferme e nel senso di sicurezza che nasce dalla possibilità

di affidarsi all'interno dellarelazione amicale. La funzione di  fruizione fa riferimento principalmente alla

dimensione di tipo espressivo, ovvero lo stare insieme senza scopi specifici se non

quello di divertirsi e di condividere attività piacevoli. La categoria crescita si riferisce

invece agli elementi di confronto e stimolo che l'amicizia offre; l'accento qui è sul ruolo

che assolve la relazione amicale nel favorire l'instaurarsi dell'autonomia, del senso di

autoefficacia e della capacità di imparare a confrontarsi e a collaborare con le altre

persone. La categorizzazione appena proposta non è esaustiva né pretende di isolare

artificialmente queste tre componenti che convivono all'interno delle relazioni amicali.

Al contrario, la sua utilità consiste nell'evidenziare quali siano le dimensioni più 

importanti che connotano un determinato rapporto d'amicizia.

Facendo riferimento ai valori ottenuti dai due campioni, si può innanzitutto rilevare

come i due campioni tendano a caratterizzarsi in maniera piuttosto netta per quanto

riguarda i valori medi (tab. 12).

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Tab. 12. Funzioni dell'amicizia.

La dimensione “sostegno” ottiene punteggi pressoché identici (campione comunitario:

-0,01; campione di controllo: 0,01), evidenziando cos ì come la funzione di conforto ed

appoggio rivesta un'importanza analoga per entrambi i campioni. Rispetto alla categoria

“fruizione”, invece, i punteggi ci indicano come essa connoti in maniera molto più netta

i rapporti amicali del campione di controllo (0,21), mentre per i ragazzi provenienti dalle

comunità sembra rivestire un'importanza decisamente inferiore (-0,21). Per quest'ultimi

è la dimensione di crescita ad essere nettamente più consistente (0,29), mentre per il

campione di controllo lo è significativamente meno (-0,29). Ma è solo confrontando i

valori dei sottogruppi che è possibile approfondire e comprendere più a fondo le

divergenze che emergono.

In primo luogo, se si considerano i partecipanti che hanno una relazione di coppia, si

può notare che l'aspetto di fruizione è quello che caratterizza in misura minore le proprie

relazioni amicali, ottenendo punteggi decisamente inferiori alle medie: -0,37 per i

ragazzi provenienti dalle comunità, 0,03 per il campione di controllo; ma nonostante la

73

sostegno fruizione crescita

Comunità -0,01 -0,21 0,29

Controllo 0,01 0,21 -0,29

Comunità – in coppia -0,1 -0,37 0,34

Controllo – in coppia 0,44 0,03 -0,37

Comunità – single 0,1 -0,01 0,22

Controllo – single -0,63 0,47 -0,17

Comunità – lavoratore 0,12 -0,41 0,18

Controllo – lavoratore 0,2 0,23 -0,45

Comunità – studente -0,09 -0,1 0,34

Controllo – studente -0,09 0,2 -0,2

Comunità – maggiore di 24 anni -0,13 -0,39 0,6

Controllo – maggiore di 24 anni 0,27 -0,14 -0,16

Comunità – minore di 24 anni 0,08 -0,06 0,03

Controllo – minore di 24 anni -0,2 0,49 -0,39

Comunità – maschio -0,2 -0,34 0,46

Controllo – maschio 0,01 0,54 -0,6

Comunità – femmina 0,27 -0,01 0,03

Controllo – femmina 0,01 -0,29 0,19

Comunità – uso internet scarso -0,05 -0,23 0,36

Controllo – uso internet scarso -0,37 0,61 -0,23

Comunità – uso internet frequente 0,05 -0,17 0,15

Controllo – uso internet frequente 0,27 -0,06 -0,32

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somiglianza rispetto a questa dimensione, le due popolazioni divergono

considerevolmente. Il punteggio dei ragazzi provenienti dalle comunità che hanno una

relazione di coppia non si discosta più di tanto dal valore medio né rispetto alla funzione

di crescita (0,34) né rispetto a quella di sostegno (-0,1), mentre se si fa riferimento al

campione di controllo si rileva una netta prevalenza della dimensione del sostegno

(0,44). Passando poi a considerare i single, emergono tendenze più nette: se per

entrambi il valore che ottiene la funzione di crescita non si discosta eccessivamente

dalle medie generali, assumono invece maggior importanza gli aspetti legati alla

fruizione (-0,01 per il campione comunitario; 0,47 per il campione di controllo). Ma ciò 

che li differenzia in maniera sostanziale è la dimensione del sostegno: quasi irrilevante

per i single del campione di controllo (-0,63), più significativa per i ragazzi provenienti

dalle comunità che non hanno una relazione di coppia (0,1).

Anche facendo riferimento al gruppo dei lavoratori e a quello degli studenti si possono

evidenziare alcune peculiarità. Se si considerano la dimensione “fruizione” e “crescita”,

i due gruppi non sembrano differenziarsi in maniera sostanziale rispetto ai valori medi.

Va però sottolineato come la condizione lavoratore/studente rappresenti un elemento di

discontinuità

nei due campioni rispetto alla dimensione della fruizione. Nel campione dicontrollo questa funzione sembra caratterizzare in maniera analoga i rapporti amicali dei

lavoratori e degli studenti (0,23 e 0,2); in quello comunitario, invece, è meno importante

per i lavoratori (-0,41) che per gli studenti (-0,1). Inoltre, anche considerando la funzione

di sostegno emerge una tendenza piuttosto chiara: qui l'appartenenza comunitaria

sembra passare in secondo piano, ed è la condizione di lavoratore/studente a tracciare

una differenza. Emerge infatti che per coloro che studiano la funzione di sostegno delle

relazioni amicali sia meno importante (-0,09 per entrambi i campioni) di quanto non lo

sia per i lavoratori (0,12 per il campione comunitario, 0,2 per quello di controllo).

Un'ulteriore elemento capace di tracciare alcune discontinuità  è l'età. L'appartenenza

comunitaria in questo caso passa in secondo piano per descrivere le differenze rispetto

alla dimensione della fruizione . Il valore che viene attribuito a questi aspetti sembra

diminuire con l'età: com'era lecito aspettarsi, sono i minori di 24 anni a ritenere le

relazioni amicali una fonte di divertimento e svago. Al contrario, questo stesso

sottogruppo ottiene punteggi inferiori per quanto riguarda la funzione di crescita (anche

se di entità simile ai valori medi). All'interno del campione delle comunità vi sono due

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aspetti da rilevare: per i maggiori di 24 anni le dimensioni legate alla crescita assumono

un valore decisamente elevato (0,6), mentre è curiosa la posizione dei minori di 24 anni.

I punteggi di questo sottogruppo (tutti prossimi allo 0) delineano una situazione

assolutamente bilanciata rispetto a tutte e tre le funzioni: sembra che per loro non vi sia

una dimensione prevalente rispetto alle altre, bens ì le tre funzioni convivano

(tiepidamente) l'una di fianco all'altra senza che nessuna prevalga. Diverso è il caso per i

minori di 24 anni del campione di controllo: per loro gli aspetti legati alla crescita e la

funzione di sostegno sembrano essere piuttosto secondari (-0,39 e -0,2), mentre assume

una certa importanza la dimensione di fruizione (0,49). Un ultima divergenza che

emerge è all'interno dei maggiori di 24 anni. Se, come detto, questo sottogruppo del

campione comunitario è decisamente orientato agli aspetti di crescita della relazione

amicale, ottenendo punteggi molto più bassi nelle altre due dimensioni, i loro coetanei

del campione di controllo sembrano essere d'accordo nel mettere l'accento sugli aspetti

legati al sostegno (0,27). Come già accennato, all'aumentare dell'età sembra diminuire

l'importanza delle componenti di fruizione, ma l'orientamento che assumono le proprie

relazioni amicali sembra essere di segno differente per i due campioni.

Èinteressante poi notare come il genere si combini con l'appartenenza comunitaria. In

primo luogo emerge nitidamente una peculiarità delle femmine provenienti dalle

comunità: mentre i punteggi attribuiti alla fruizione o alla crescita sono moderati

(percentuali prossime allo 0), il valore che assume la funzione di sostegno (0,27) è 

decisamente superiore a quello attribuito dai maschi (-0,2), nonché da quello ottenuto

dai due sottogruppi del campione di controllo (0,01 per entrambi). Anche rispetto alla

fruizione il genere i sottogruppi delle femmine evidenziano tendenze peculiari: in

particolare, questa dimensione dell'amicizia è ritenuta più importante dalle femmine

provenienti dalle comunità (-0,01) che da quelle del campione di controllo (-0,29). Per

queste ultime sono gli aspetti legati alla crescita a prevalere (0,19). Rispetto ai

sottogruppi dei maschi, essi, pur ricalcando le medie dei due campioni d'appartenenza,

sono coloro che ne accentuano maggiormente le rispettive tendenze. Infine, c'è un

elemento che sembra confermare ciò che emerge dai dati di questo studio rispetto

all'utilizzo dei social network e più in generale dei nuovi media. I valori ottenuti

sembrano porsi in contrasto con alcune idee di senso comune rispetto a coloro che

utilizzano in maniera più frequente internet: un alto grado di familiarità e un utilizzo

75

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frequente di questi strumenti non viene associata solitamente con elevate abilità 

relazionali (Whitty, Carr, 2006). Al contrario, nei dati ottenuti sembra che proprio

coloro che hanno una più ricca vita virtuale, soprattutto nel campione di controllo, siano

più spesso in grado di orientare le proprie relazioni amicali verso il sostegno (uso di

internet “frequente o spesso”: 0,27; uso di internet “mai o raramente”: -0,37).

Per avere un quadro più ricco dei rapporti amicali dei partecipanti, può essere utile

gettare uno sguardo sulle attività che essi fanno insieme; Tonolo (1999) afferma che

oggi non è possibile comprendere realmente i ragazzi se non ci si concentra sui momenti

in cui essi possono esprimersi liberamente, ossia nel tempo libero. Lo stesso autore

procede poi ad elencare alcune definizioni del tempo libero: la più completa ci sembra

essere quella che lo descrive come “l'insieme delle attività quotidiane giudicate in

qualche modo come «libere»: in base ai contenuti [..], ai luoghi frequentati [..] o allo

stile di utilizzo [..]” (pp. 50, 1999). Possiamo quindi chiederci: cosa fanno questi ragazzi

insieme ai loro amici nel tempo libero?

I dati sono stati rilevati dall'item n. 18. Sulla base dell'ampia variabilità delle risposte

ottenute, siè

scelto di individuare tre macroaree che raccolgano le principali tipologie diattività emerse e che ci permettano di descrivere più chiaramente le diverse peculiarità.

La prima categoria è quella dello svago. Essa comprende sia i momenti di divertimento

e di spensieratezza (andare a ballare o ad un aperitivo, giocare con la playstation, andare

a fare shopping, etc.), sia le attività sportive di varia natura (per esempio andare in

palestra). La seconda categoria individuata è stata chiamata “tempo relazionale”: ci si

riferisce qui ai momenti più informali e non strutturati in cui la persona mette in risalto

l'importanza dello stare insieme e della cura della relazione (cene o pranzi insieme,

trovarsi per fare due chiacchiere, andare a fare una passeggiata, etc.). Benché queste due

categorie possano sovrapporsi in alcuni casi, l'elemento centrale che le distingue è nella

presenza o assenza di una finalità: nella categoria svago è sempre presente una qualche

attività condivisa a cui il partecipante ed i suoi amici sono orientati, una cornice che

qualifica il momento; al contrario, il tempo relazionale pone l'accento sui momenti di

condivisione di momenti informali e intimi caratterizzati dal solo fine di stare insieme.

Infine, la terza categoria comprende tutte le attività di tipo culturale o creativo (andare a

teatro o al cinema, suonare con il proprio gruppo, collaborare con un'associazione di

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volontariato, ecc.). Anche in questo caso è importante sottolineare come non si tratti di

una distinzione rigida e netta, ma di un modo di descrivere i dati emersi e di dare loro

un particolare valore; partendo dalla consapevolezza che quasi tutte le attività che i

partecipanti hanno citato comprendono più dimensioni al loro interno, si è qui cercato di

identificare quale di queste dimensioni fosse preponderante.

Ebbene, mentre rispetto al tempo relazionale e a quello culturale-creativo non si rilevano

differenze particolari tra i due campioni, che non si discostano dalla media, è rispetto

alle attività di svago che emerge una tendenza peculiare (tab. 13).

Tab. 13. Attivit à comuni.

In questo caso sono i ragazzi del campione di controllo che sembrano dedicare più 

tempo a questo genere di attività, con un valore medio di 0,36; per il campione

comunitario questa dimensione è decisamente meno rilevante, con un punteggio di

-0,36. Pur con sfumature diverse, sembra che in questa dimensione oltre

all'appartenenza comunitaria siano la condizione single/in coppia e quella

studente/lavoratore, insieme all'età, a delineare alcune tendenze. È possibile infatti

affermare che in tutti i casi gli studenti, i single ed i minori di 24 anni, in entrambi i

campioni, si dedicano più spesso ad attività di svago di quanto non facciano i lavoratori,

77

svago tempo relazionale Cultural-creativo

Comunità -0,36 0,01 0,1

Controllo 0,36 -0,01 -0,1

Comunità – in coppia -0,52 -0,27 0,1

Controllo – in coppia -0,12 0,21 -0,13

Comunità – single -0,17 0,34 0,1

Controllo – single 1,08 -0,33 -0,07

Comunità – lavoratore -0,57 -0,08 0,02

Controllo – lavoratore -0,29 0,19 0

Comunità – studente -0,25 0,05 0,15

Controllo – studente 0,71 -0,12 -0,16

Comunità – maggiore di 24 anni -0,31 0,15 0,1

Controllo – maggiore di 24 anni -0,08 0,26 -0,17Comunità – minore di 24 anni -0,41 -0,11 0,1

Controllo – minore di 24 anni 0,73 -0,23 -0,05

Comunità – maschio -0,53 0,18 0,11

Controllo – maschio 0,36 0,07 0,02

Comunità – femmina -0,11 -0,25 0,09

Controllo – femmina 0,37 -0,13 -0,28

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i maggiori di 24 anni e coloro che hanno una relazione di coppia. Questo dato non è in

contrasto con i dati emersi in altre ricerche (Buzzi e al., 2007), che vede diminuire il

tempo dedicato al divertimento con l'aumentare dell'età (e con due condizioni associate

a questo aumento, ossia l'attività lavorativa e la relazione di coppia).

Rispetto al tempo relazionale e a quello culturale-creativo, essi non sono elementi capaci

di differenziare in maniera evidente i due campioni, sebbene la differenza sia più 

evidente se si fa riferimento alla dimensione culturale-creativo; è invece all'interno dei

sottogruppi che si possono individuare alcune divergenze. Per esempio, considerando la

condizione in coppia/single troviamo due tendenze principali: la prima vede convergere,

i due sottogruppi a seconda dell'appartenenza comunitaria. Nel campione di controllo,

sia i single che i partecipanti che hanno una relazione intima si pongono lievemente al di

sotto della media (rispettivamente -0,13 e -0,07), mentre nel campione comunitario i

valori sono pari a 0,1. Ciò sembra indicare una lieve preferenza da parte dei ragazzi

provenienti dalle comunità per le attività di tipo creativo e culturale. I dati relativi al

tempo relazionale sembrano poi tracciare una differenza più netta nei due campioni. Nel

campione comunitario esso sembra rivestire un ruolo meno importante per chi è in

coppia (-0,27) mentre per i single questa attività

ha più

valore (0,34). Per i ragazzi chenon provengono dalle comunità i valori si ribaltano: il tempo relazionale assume più 

importanza per chi ha una relazione di coppia (0,21) rispetto ai single (-0,33).

I punteggi ottenuti invece a partire dalla condizione lavoratore-studente non si

discostano più di tanto dalla media, anche se i lavoratori del campione non comunitario

sembrano dare importanza ai momenti informali e relazionali in maniera analoga a

coloro che hanno una relazione di coppia (0,19). Emerge invece una divergenza evidente

tra la popolazione degli studenti; se quelli appartenenti al campione di controllo

sembrano dedicare prevalentemente il proprio tempo con gli amici ad attività di svago

(0,71), gli studenti del campione comunitario sono decisamente più orientati ai momenti

culturali o creativi (0,15). Questo dato può fare riflettere sulla diversità di interessi e di

priorità che caratterizza i gruppi amicali dei partecipanti, poiché queste attività 

“rappresentano un'occasione per costruire ed esprimere la propria personalità, per

definire le proprie appartenenze e per sviluppare i propri interessi” (Buzzi e al., 2007,

pp. 333).

Un discorso analogo può essere fatto per quanto riguarda la variabile età: i maggiori di

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24 anni sembrano condividere un ridotto interesse per i momenti di svago (-0,13 e

-0,28), mentre entrambi privilegiano il tempo relazionale tra le attività condivise coi

propri amici (0,15 e 0,26). Per quanto riguarda i partecipanti di età minore,

l'appartenenza comunitaria è in grado di tracciare una discontinuità: se per il campione

di controllo, come già accennato, è preponderante la dimensione legata al divertimento,

per i ragazzi provenienti dalle comunità l'accento viene posto maggiormente sulle

possibilità creative e culturali del tempo trascorso con gli amici (0,1). Questo valore, tra

l'altro, oltre ad accomunare i partecipanti di età differenti, è un aspetto condiviso anche

dai maschi e dalle femmine del campione delle comunità: l'importanza che rivestono le

attività creative e culturali sembra essere perciò un elemento trasversale a queste

variabili ed essere più legato all'appartenenza. È interessante poi rilevare come il diverso

uso dei media informatici è associato alle attività condivise (tab. 14).

Tab. 14 . Attività condividise e utilizzo internetPer quanto riguarda il campione comunitario, la maggior familiarità con il computer ed

internet è associata ad una diminuzione sia del tempo relazionale che di quello culturale.

Infatti sono coloro che utilizzano il medium informatico “mai o raramente” a dedicare

più attenzione alle attività di tipo culturale o al tempo relazionale (rispettivamente 0,18 e

0,11). Al contrario, non emergono differenze rilevanti rispetto a questa variabile nel

campione di controllo, mentre si ha solo una diminuzione del tempo dedicato alle

attività di svago per coloro che utilizzano maggiormente il computer.

4.4.2. Fiducia e impegno nelle relazioni amicali.

Per chiarire l'importanza ed il ruolo della fiducia e dell'impegno all'interno della

relazione amicale, può essere utile fare riferimento a quanto scrive Di Nicola (2002)

accostando all'amicizia la parola alleanza. Questa accezione dell'amicizia contribuisce a

metterne in evidenza l'aspetto intrinsecamente relazionale, e contemporaneamente rende

manifesta una delle caratteristiche principali degli esseri umani, ossia il bisogno degli

79

svago tempo relazionale Cultural-creativo

Comunità – uso internet scarso -0,4 0,11 0,18

Controllo – uso internet scarso 0,61 -0,04 -0,09

Comunità – uso internet frequente -0,29 -0,18 -0,04

Controllo – uso internet frequente 0,2 0,01 -0,11

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altri come elemento necessario alla sopravvivenza. Se ci si focalizza su questa

dimensione della relazione, emerge l'idea di dipendenza dagli altri: una dipendenza che

può svilupparsi positivamente e mantenersi in maniera adeguata se si ha la

consapevolezza di potersi affidare alle altre persone. La fiducia negli altri è quindi uno

dei presupposti imprescindibili dei legami tra esseri umani. Ma, se da un lato si ha

bisogno di riporre fiducia negli altri, è al tempo stesso fondamentale, affinché la

relazione amicale sia biunivoca, che gli altri possano fare lo stesso con noi. E perch é ciò 

sia possibile la persona deve garantire la presenza e la disponibilità, dimostrando la

propria voglia di spendersi all'interno della relazione, di alimentarla e di curarla. Questi

aspetti sono stati definiti, all'interno del presente lavoro, con il concetto di impegno. I

dati rispetto ad entrambe queste dimensioni sono stati rilevati a partire dagli item n. 2, 6,

12 e 21. Se consideriamo i punteggi emersi, possiamo notare alcune divergenze fra i due

campioni (tab. 15).

 

Tab. 15. Fiducia e impegno.

Il valore associato alla fiducia nei ragazzi provenienti dalle comunità è decisamente più 

elevato (0,34) di quanto non sia quello del campione di controllo (-0,34). Inoltre,

all'interno dei sottogruppi emergono differenze in controtendenza con i dati evidenziati

da altre ricerche. Per esempio, considerando i single e i partecipanti che hanno una

80

fiducia impegno

Comunità 0,34 0,06

Controllo -0,34 -0,06

Comunità – in coppia 0,13 -0,13

Controllo – in coppia -0,37 -0,1

Comunità – single 0,61 0,28

Controllo – single -0,3 0

Comunità – lavoratore 0,63 0,36

Controllo – lavoratore -0,34 -0,02

Comunità – studente 0,19 -0,11

Controllo – studente -0,34 -0,08

Comunità – maggiore di 24 anni -0,19 -0,37

Controllo – maggiore di 24 anni -0,6 -0,29

Comunità – minore di 24 anni 0,78 0,41

Controllo – minore di 24 anni -0,13 0,14

Comunità – maschio 0,58 0,32

Controllo – maschio -0,12 0,07

Comunità – femmina -0,01 -0,35

Controllo – femmina -0,68 -0,24

Comunità – uso internet scarso 0,65 0,2Controllo – uso internet scarso -0,34 -0,18

Comunità – uso internet frequente -0,22 -0,21

Controllo – uso internet frequente -0,34 0,03

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relazione di coppia, emerge una prima sostanziale differenza: nel campione di controllo

il valore non si modifica, attestandosi sotto la media (-0,37 per i single, 0,3 per chi è in

coppia); invece, per i ragazzi provenienti dalle comunità il grado di fiducia è maggiore

per i single (0,61), mentre chi ha una relazione intima ha un valore nettamente inferiore

(0,13). Passando poi a considerare la condizione lavoratore/studente, non osserviamo

nessuna differenza dal valore medio per quanto riguarda il campione di controllo,

mentre compare una tendenza peculiare per quanto riguarda la popolazione proveniente

dalle comunità. Qui infatti la fiducia è percepita in misura più accentuata da parte dei

lavoratori (0,63) che dagli studenti (0,19). Prima di ipotizzare le ragioni di queste

divergenze, può essere utile presentare i valori rispetto ai sottogruppi di diversa età. In

questo caso c'è una tendenza comune nei due campioni, anche se di entità diversa: la

fiducia nelle proprie amicizie diminuisce con l'aumentare dell'età. Se proviamo a

confrontare questi dati con quelli ottenuti rispetto alla rilevanza, vediamo che essi sono

sostanzialmente concordi a parte per il sottogruppo dei lavoratori, per i quali

l'importanza delle relazioni amicali è analoga a quanto lo è per gli studenti. Se la fiducia

nelle proprie amicizie, parallelamente alla loro rilevanza, è maggiore in quei sottogruppi

che hanno più

tempo da dedicarvi (i minori di 24 anni e i single), come mai il dato deilavoratori si pone in controtendenza? Una delle ragioni può essere individuata nelle

particolari caratteristiche dei partecipanti che lavorano. Il lavoro e la relazione di coppia,

come si è detto, sono elementi in grado tracciano una discontinuità nella vita dei giovani

adulti, modificando il modo in cui le persone vivono e strutturano le proprie amicizie.

Questa discontinuità è spesso associata all'aumento dell'età, ma non necessariamente:

soprattutto in un momento dove la moratoria psicosociale (Erikson, 1968) si prolunga in

maniera indefinita (Garelli e al., 2006). Ma in che modo l'ingresso nel lavoro e lo

stabilirsi di una relazione di coppia interagiscono con la relazioni amicali? Il lavoro, in

quanto luogo dove si trascorrono molte ore al giorno, nonché ambito relazionale nuovo

dove i colleghi possono rappresentare un tramite per altre conoscenze; la coppia, che per

le dinamiche connesse alla sua formazione significa, almeno all'inizio, un bisogno di

ritagliarsi uno spazio esclusivo. In seguito, uno degli elementi principali che porta ad un

calo degli spazi e dei tempi dedicati alle relazioni amicale è l'inizio della convivenza (Di

Nicola, 2002). Ma è proprio questo l'elemento che manca nel campione studiato:

nessuno dei partecipanti infatti convive con il/la partner. Considerando questi aspetti, è 

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possibile concludere come nel nostro caso solamente la condizione di lavoratore

rappresenti quello fattore capace di tracciare una discontinuità più definita rispetto alle

amicizie. Per questo, probabilmente, il sottogruppo dei lavoratori è l'unico per cui le

relazioni amicali si modificano in questa direzione: ovvero, per dirla con Di Nicola

(2002), “più crescono le responsabilità, il senso di dovere agire e muoversi da soli ed in

autonomia [..], più forte è il bisogno di confrontarsi, affidarsi e fidarsi di chi sentiamo a

noi più vicini” (pp. 46).

Oltre a questo aspetto, può essere interessante rilevare come il genere interagisce con

l'appartenenza. Emergono in questo caso valori decisamente più alti per quanto riguarda

il sottogruppo dei maschi: questo dato sembra confermare i valori emersi rispetto alla

rilevanza ed in generale, seppur in maniera più accentuata, quanto emerge da altre

ricerche (Buzzi e al., 2007). Infine, l'ultimo aspetto da considerare è il rapporto tra il

grado di fiducia nelle relazioni amicali e l'utilizzo più o meno frequente del medium

informatico. Anche in questo caso i punteggi del campione di controllo non sembrano

discostarsi dalla media, né rispetto a coloro che utilizzano il computer ed internet più 

frequentemente, né per chi ne fa un uso più occasionale. All'interno del campione

comunitario troviamo invece una differenza, che ricalca il dato sulla rilevanza e sembraconfermare quanto emerge nell'ambito delle amicizie virtuali (par. 4.5). Infatti, per i

ragazzi provenienti dalle comunità il grado di fiducia è decisamente superiore tra coloro

che utilizzano internet ed il computer “mai o raramente”, mentre cala in maniera netta

tra chi dichiara di utilizzarlo più spesso. Se si considera che la fiducia è una condizione

necessaria a sviluppare e mantenere relazioni soddisfacenti, emerge ancora una volta

come nel campione comunitario una ricca vita virtuale corrisponda a relazioni vis-à-vis

meno significative (par. 4.3 e 4.5).

Se passiamo a considerare i valori dell'impegno che i partecipanti attribuiscono al

proprio agire relazionale con gli amici, osserviamo che essi sono spesso speculari a

quelli della fiducia percepita. Benché i punteggi generali dei due campioni non si

discostino significativamente dal valore medio (0,06 per il campione comunitario, -0,06

per quello di controllo), si evidenziano tendenze peculiari tra i sottogruppi. Facendo

riferimento al campione di controllo, notiamo come i valori ottenuti siano molto vicini

allo 0 sia per le condizioni single/in coppia sia per quelle lavoratore/studente. Diverso è 

il caso del campione comunitario. I dati qui sembrano ricalcare in maniera piuttosto

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fedele ciò che emerge rispetto alla fiducia: i single e i minori di 24 anni ritengono di

mettere maggior impegno nelle proprie relazioni amicali (rispettivamente 0,28 e 0,41)

rispetto a coloro che sono in coppia (-0,13) o che hanno più di 24 anni (-0,37). I

lavoratori invece ottengono un punteggio più alto (0,36) degli studenti (-0,11). Se è 

corretto il ragionamento fatto in precedenza, e se è vera la relazione descritta tra fiducia

ed impegno, allora il dato non sorprende: per chi ha una relazione di coppia e per i

maggiori di 24 anni non sembra essere cominciata quella serie di cambiamenti che

porterà ad impegnarsi maggiormente (e a ricercare maggiore fiducia) nella relazione

amicale. È invece nel sottogruppo dei lavoratori che si possono ritrovare i segnali di

queste dinamiche.

Considerando poi le variabili rimaste, si può evidenziare come rispetto al genere

l'impegno non risenta dell'appartenenza: i maschi ottengono punteggi decisamente più 

elevati delle femmine. Infine, per quanto riguarda le diverse abitudini rispetto all'utilizzo

di internet e del computer, sembra trovare conferma la presenza di due tendenze opposte

tra i due campioni. Rispetto a quello comunitario, l'impegno aumenta col diminuire

della frequenza d'uso del medium informatico (“mai o raramente”: 0,2; “spesso o molto

spesso”: -0,21), dando vigore all'idea già

presentata che relazioni virtuali frequenti nonsiano d'aiuto a strutturare rapporti vis-à-vis. Al contrario, nel campione di controllo chi

utilizza più spesso internet ed il computer sembra avere maggiori capacità di mettere

impegno nella relazione (0,03) di chi è meno familiare con il mondo virtuale (-0,18).

4.4.3. Conflitto interno e rapporti con l'esterno.

La relazione amicale, come accennato, assolve a varie funzioni per la persona: tra le

altre cose, è un contesto in cui mettere alla prova le proprie competenze sociali, dove

misurare i propri limiti e la propria capacità di riuscire soprattutto grazie al confronto

costante con le altre persone; inoltre, non dimentichiamo che è anche grazie al

riconoscimento da parte degli amici che si può strutturare l'identità soggettiva (Di

Nicola, 2002; Saottini, 2004). Il conflitto è una delle situazioni in cui questo confronto

può assumere tratti più aspri ma anche esplicitarsi in maniera più chiara, rilevandone

dinamiche, modalità e vissuti. Inoltre il rapporto amicale, in quanto legame di natura

volontaria, si costruisce proprio attraverso continue negoziazioni, che assumono un

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senso nel momento dell'interazione: che può, appunto, prendere la forma di discussione

o di conflitto (Bellotti, 2008). Anche per questo si è scelto di approfondire questo tema.

Rispetto ai dati ottenuti, si è scelto di focalizzarsi sulle modalità con cui i partecipanti

affrontano il contrasto con l'amico: in particolare, i valori emersi si distribuiscono su un

continuum in cui i valori più alti descrivono un atteggiamento più direttivo e una

tendenza ad imporre il proprio punto di vista in maniera più determinata, risoluta e, per

certi versi, rigida. Al contrario, i valori più bassi fanno riferimento ad una maggiore

apertura al confronto, ad un atteggiamento più flessibile e tollerante verso la posizione

dell'altro. I dati ottenuti sono stati rilevati a partire dagli items n. 8 e 12.

I valori medi dei due campioni non sembrano divergere in maniera evidente, e si

attestano entrambi vicino allo 0 (0,08 per quello comunitario, -0,08 per quello di

controllo). Inoltre, se si considerano i valori dei sottogruppi, sembra che l'appartenenza

comunitaria non sia in grado di tracciare una discontinuità: sono altri i fattori che fanno

emergere le tendenze più nette (tab. 16).

Tab. 16. Conflitto interno.

I partecipanti in coppia sembrano caratterizzarsi in generale per modalità sensibilmente

più

direttive dei single, che, ottenendo punteggi più

bassi, sembrano più

orientarsi versomodalità più flessibili di gestire il conflitto. Anche per i sottogruppi dei lavoratori e

84

conflitto interno

Comunità – in coppia 0,16

Controllo – in coppia 0,05

Comunità – single -0,01

Controllo – single -0,28

Comunità – lavoratore -0,39

Controllo – lavoratore -0,51

Comunità – studente 0,33

Controllo – studente 0,15

Comunità – maggiore di 24 anni -0,19

Controllo – maggiore di 24 anni 0,25

Comunità – minore di 24 anni 0,3

Controllo – minore di 24 anni -0,35

Comunità – maschio -0,41

Controllo – maschio -0,35

Comunità – femmina 0,82

Controllo – femmina 0,32

Comunità – uso internet scarso 0,03

Controllo – uso internet scarso -0,38

Comunità – uso internet frequente 0,18

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degli studenti, insieme a quelli associati al genere, i valori sembrano prescindere

dall'appartenenza comunitaria. Gli studenti si delineano come coloro meno disponibili a

confrontarsi in caso di contrasto con un amico; al contrario i lavoratori, ottenendo

punteggi più bassi (-0,39 per il campione comunitario, -0,51 per quello di controllo),

sembrano essere più orientati al dialogo e al confronto. Analoga è la tendenza per i

maschi, con punteggi simili a quelli dei lavoratori, mentre le femmine sembrano avere

modalità più direttive.

I due campioni sembrano invece differenziarsi rispetto all'età. Considerando i ragazzi

provenienti dalle comunità, l'apertura al dialogo e al confronto sembra aumentare con

l'età: i maggiori di 24 anni hanno un punteggio di -0,19 rispetto allo 0,3 ottenuto dai

partecipanti più giovani. Al contrario, nel campione di controllo l'aumento dell'età  è 

correlato a punteggi più alti, associati, come detto, ad atteggiamenti meno flessibili e

alla tendenza ad imporre il proprio punto di vista: si passa infatti da un -0,35 dei più 

giovani al valore di 0,25 per i maggiori di 24 anni. Ciò che possiamo rilevare in questo

caso sono due differenti tendenze che sembrano caratterizzare i ragazzi di età differenti:

avvicinandosi all'età adulta, i partecipanti del campione comunitario sembrano diventare

più

flessibili ed aperti al confronto; al contrario, i ragazzi del campione di controllopassano da una maggior apertura a un atteggiamento più direttivo e rigido.

Un ultimo dato è rispetto a coloro che usano internet ed il computer più o meno

frequentemente. In questo caso l'appartenenza comunitaria non interagisce in maniera

sostanziale con questa variabile. Seppure senza divergenze particolarmente profonde,

sembra emergere che chi utilizza il medium informatico “mai o raramente” si

contraddistingua per atteggiamenti più flessibili nei contrasti, mentre coloro che lo

utilizzano “spesso o molto spesso” tendano ad essere più direttivi.

Rispetto ai rapporti con l'esterno, si fa riferimento qui al grado di apertura o chiusura del

gruppo amicale verso altre persone o contesti. La letteratura rileva, in merito, tendenze

differenti. Secondo alcuni autori (Garelli e al., 2006) la chiusura delle cerchie amicali

tende ad aumentare con l'età, portando a gruppi più eterogenei e disponibili all'apertura;

è invece caratteristico delle persone più giovani la presenza di un gruppo più 

totalizzante, omogeneo al suo interno e decisamente più chiuso. Di Nicola (2002)

sottolinea invece come il gruppo amicale tenda a diventare più selezionato col

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progredire dell'età, assumendo tratti più definiti per via della diminuzione del tempo da

dedicare alle relazioni amicali. Contemporaneamente però, l'ingresso in nuovi contesti

(per esempio quello lavorativo) può rappresentare, come già accennato, un elemento che

condiziona notevolmente la propria vita relazionale, portando a restringimenti e

chiusure nel proprio gruppo o, al contrario, a contaminazioni ed aperture. Va

sottolineato comunque che la natura del gruppo amicale è influenzato da vari fattori,

solo in parte legati alla persona che ne fa parte. Al tempo stesso, però, l'individuo

contribuisce a creare e modificare il gruppo di cui fa parte; un gruppo che, essendo

composto da amici con cui spesso ha molto in comune (sicuramente l'età, il genere e lo

status sociale, ma anche gli interessi, i valori e le priorità), tende a rispecchiarlo

(Bellotti, 2008; Di Nicola, 2002). I dati sono stati ottenuti a partire dagli item n. 1, 8 e

18 del questionario.

Rispetto a questa dimensione, l'appartenenza comunitaria è un fattore capace di tracciare

una discontinuità significativa, anche considerando i diversi sottogruppi (tab. 17).

Tab. 17. Confini esterni. 

Il valore medio per il campione comunitario è di 0,4, mentre quello di controllo è di

-0,4: emerge in maniera piuttosto netta come i ragazzi provenienti dalle comunità considerino la propria cerchia amicale più aperta di quanto non sia per il campione di

86

confini esterni

Comunità 0,4

Controllo -0,4

Comunità – in coppia 0,69Controllo – in coppia -0,44

Comunità – single 0,04

Controllo – single -0,33

Comunità – lavoratore 0,4

Controllo – lavoratore -0,63

Comunità – studente 0,39

Controllo – studente -0,27

Comunità – maggiore di 24 anni 1,08

Controllo – maggiore di 24 anni -0,3

Comunità – minore di 24 anni -0,17

Controllo – minore di 24 anni -0,48

Comunità – maschio 0,24Controllo – maschio -0,35

Comunità – femmina 0,63

Controllo – femmina -0,47

Comunità – uso internet scarso 0,55

Controllo – uso internet scarso -0,37

Comunità – uso internet frequente 0,12

Controllo – uso internet frequente -0,41

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controllo. Questa discrepanza tra i due campioni si mantiene significativa in tutti i

sottogruppi, anche se il punteggio tende ad oscillare. Considerando per esempio la

condizione single/in coppia, i partecipanti che hanno una relazione intima hanno un

punteggio maggiore dei single (0,69 rispetto a 0,4), cos ì come i maggiori di 24 anni

(1,08) rispetto ai partecipanti più giovani (-0,17). Questo dato sembra avvalorare quanto

sostengono Garelli e al. (2006) rispetto all'aumento del grado di permeabilità dei confini

del gruppo amicale con il progredire dell'età. Se si passa a considerare il genere, le

femmine ottengono punteggi più elevati dei maschi (0,63 rispetto a 0,24), i quali

sembrano quindi considerare la propria cerchia amicale un po' più chiusa. Un dato

analogo si ripresenta rispetto a coloro che utilizzano il medium informatico in maniera

più assidua (0,12), mentre chi è meno familiare con questo strumento considera il

proprio gruppo amicale più aperto (0,55). Questa breve panoramica era in riferimento ai

ragazzi provenienti dalle comunità: per quanto riguarda il campione di controllo, i

punteggi non si discostano dalla media più generale; l'unica eccezione è rappresentata

dal sottogruppo dei lavoratori, in cui si evidenza una flessione del valore con -0,63.

4.4.4. Progettualità delle relazioni amicali.

La progettualità, intesa come la capacità di immaginare e progettare in maniera

razionale un disegno sul futuro, e connessa con la volontà di adoperarsi materialmente

in quella direzione, è uno degli elementi che tende a caratterizzare costantemente il

nostro agire. Benasayag e Schmit (2003) affermano che il futuro stesso non è solo ciò 

che accadrà nei prossimi giorni o nei prossimi mesi, ma ciò che ci consente di prendere

le distanza temporaneamente dal presente e di metterci all'interno di una prospettiva, di

ideare e di fare progetti. Tonolo (1999) afferma che la prospettiva futura è “una specie di

cantiere della crescita umana” (pp. 157).

In particolare, considerando il contesto delle relazioni amicali, l'importanza attribuita

alla dimensione progettuale e il tipo di progetti sono connessi con almeno due

importanti aspetti. In primo luogo, la capacità di fare progetti sul futuro è in stretta

relazione con la condizione di stabilità percepita rispetto al presente; se non si è in grado

di fare presa sull'oggi, diventa decisamente complicato immaginare qualsiasi tipo di

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futuro (Bourdieu, 1998). Riprendendo le considerazioni di Giancaterino (2009), è 

possibile descrivere questa situazione attraverso il concetto di “base sicura”,

fondamentale nel garantire la fiducia necessaria ad esplorare; ossia, nel nostro caso, a

proiettarsi nel futuro. Come si è rilevato da parte di più autori (Benasayag, Schmit,

2003; Bauman, 2001; 2002), oggi questa condizione è pressoché assente per gli

individui, poiché il contesto sociale è caratterizzato da una forte precarietà che scoraggia

progetti di ampio respiro. Pertanto, a seguito di queste considerazioni può essere

interessante analizzare qual è la rilevanza della dimensione progettuale nel gruppo

amicale. Questo dato può infatti suggerire spunti importanti sulla forza del legame che

unisce gli amici, e sul grado di fiducia che la persona ripone in essi; sulla capacità di

proiettarsi nel futuro da parte del gruppo amicale; nonché, se si confrontano altri

elementi, sulla progettualità della persona stessa. È infatti anche attraverso il gruppo che

essa può esprimersi, consentendo di delineare un quadro più ricco e composito.

Inoltre, il tipo di progetti che vengono fatti e la direzione verso cui sono orientati

possono essere utili indicatori degli interessi, delle priorità e dei valori che la persona

condivide con il proprio gruppo di amici.

I dati rispetto a questa dimensione sono stati rilevati dagli items n. 8, 11 e 13 delquestionario.

Se consideriamo i dati emersi rispetto al campione, si evidenzia come la progettualità 

sia un elemento che caratterizza in maniera decisamente più netta la popolazione

comunitaria (punteggio di 0,47) rispetto a quella di controllo (-0,47). Anche in questo

caso i valori rimangono molto simili se si osservano i sottogruppi.

All'interno del campione comunitario i valori non si discostano dalla media, eccezion

fatta per quanto riguarda l'età: il valore legato alla progettualità è decisamente più alto

per i maggiori di 24 anni (1,08) di quanto non sia per i più giovani (0,02). Anche nel

campione di controllo i dati ottenuti non sembrano differenziarsi dalla media generale.

Solamente per il sottogruppo delle femmine la dimensione progettuale sembra rivestire

un'importanza significativa (-0,01), mentre per i maschi il punteggio è inferiore alla

media (-0,77). Questi dati non sono in contrasto con quanto emerso finora, visto che

nell'area delle amicizie la dimensione della fiducia (par. 4.4) segue tendenze simili. Se,

come si è detto, la dimensione progettuale necessita una base sicura da cui partire, la

fiducia percepita all'interno delle relazioni amicali è una condizione essenziale.

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Ma quali sono i progetti che animano i gruppi di amici di cui fanno parte i partecipanti?

Anche in questo caso si è scelto di operare una categorizzazione al fine di rendere più 

chiara l'esposizione dei risultati. Sono state individuate tre aree progettuali, due di

natura più strutturata e definita, e con un obiettivo più determinato, e una terza di natura

meno concreta e più spontanea, e di respiro meno ampio. Quest'ultima fa riferimento ai

progetti di tipo espressivo, e presenta alcuni elementi in comune con le le funzioni di

tipo “espressivo” e “sostegno” già descritte nel par. 4.4.1. In particolare, l'area espressiva

comprende una progettualità che mette l'accento sull'appoggio emotivo, sul conforto, ma

anche sulle aspettative di svago e di divertimento da soddisfare insieme ai propri amici.

La progettualità è di tipo vago e poco strutturato, senza un vero slancio verso il futuro

ma molto orientata al qui ed ora. La seconda e la terza tipologia progettuale individuata,

invece, sono orientate in maniera concreta ed esplicita al futuro, in un ottica di più lungo

termine e con progetti meglio definiti. Per certi versi, è possibile affermare che esse

abbiano più a che fare con la funzione che nel par. 4.4.1 è stata denominata “crescita”:

questo genere di progettualità richiama in parte la dimensione di autonomia e non può 

prescindere dalla capacità di collaborare con le altre persone.

Ciò

che differenzia queste ultime due areeè

però

la direzione a cui tende laprogettualità. La categoria strumentale pone l'accento più sulla realizzazione personale

che su quella di gruppo, che è comunque considerato elemento (per certi versi, un

mezzo) necessario per giungere a realizzare i propri progetti. Inoltre questa categoria

progettuale ha come fine quello economico. Il terzo ed ultimo tipo di progettualità,

denominato prosociale, si differenzia per la sua natura che verrebbe da definire “senza

scopo di lucro”, ossia non orientata al guadagno ma all'insegna di finalità di “utilità 

sociale”. L'utilizzo di questo particolare lessico non è casuale: le parole dei partecipanti

hanno fatto riferimento in maniera piuttosto chiara a progetti di diffusione (o

condivisione) di attività culturali e sociali, caratterizzate dallo scopo di portare qualche

beneficio alla società nel suo complesso. Inoltre, l'altro aspetto che contraddistingue

questo tipo di progettualità  è rispetto al ruolo degli amici. Qui il ruolo del gruppo

amicale è sicuramente essenziale per perseguire un determinato fine, ma il desiderio di

realizzazione personale non è svincolato da quella di gruppo: l'idea è in questo caso di

portare avanti qualcosa tutti insieme.

Rispetto alle tre tipologie di progettualità individuate, i due campioni sembrano

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distribuirsi in maniera piuttosto netta. La categoria “espressiva” vede percentuali intorno

al 30% per entrambi le popolazioni, evidenziando cos ì come una frazione consistente di

partecipanti sembri avere una progettualità decisamente meno strutturata. Rispetto alle

altre due categorie, emergono due tendenze piuttosto chiare. La progettualità di tipo

strumentale caratterizza prevalentemente il campione di controllo (55%), e in misura

minore quello comunitario (30%). Al contrario, quest'ultimo prevale nettamente per

quanto riguarda la categoria prosociale, con la percentuale del 40% a fronte del 10% del

campione di controllo (tab. 18).

Tab. 18 . Progettualit à delle relazioni amicali.

 

4.5. Amicizie virtuali.

Quest'area fa riferimento alle relazioni che i ragazzi costruiscono e vivono tramite il

computer ed internet, partendo dal presupposto che questi rapporti, che si sono formati

grazie ai “nuovi media” (ossia quelli sviluppatisi posteriormente alla nascita

dell'informatica e in correlazione ad essa), non sono assolutamente separati dal mondo

delle relazioni che intratteniamo nella realtà, ma si intrecciano e si influenzano

reciprocamente (Whitty, Carr, 2006). Nella presente ricerca si è scelto di operare una

distinzione tra social network e chat (Facebook, Myspace, Twitter, Messenger) rispetto

ad altri programmi con funzione analoga (come quelli basati su tecnologia VoIP, come

Skype, o le e-mail). Benché si tratti di un distinguo arbitrario, in generale i partecipanti

si sono riferiti a questi due gruppi di software attribuendo loro caratteristiche e finalità 

differenti. Le e-mail e i programmi come Skype vengono utilizzati quasi unicamente per

mantenere i rapporti con le persone lontane, e sono utilizzati per la possibilità che

offrono di scrivere lettere e di telefonare. I social network e le chat, invece, sembrano

90

espressiva strumentale prosociale

Comunità 30,00% 30,00% 40,00%

Controllo 35,00% 55,00% 10,00%

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essere utilizzati più spesso come svago o come canale alternativo per portare avanti

relazioni di varia natura, e, sempre in riferimento ai due campioni studiati, hanno la

particolarità di includere persone che non appartengono direttamente all'ambito della

socialità ristretta dei partecipanti. Inoltre, alcune ricerche hanno evidenziato una

correlazione tra uso di chat-room e problemi di dipendenza da internet, mentre l'utilizzo

di e-mail non sembra aver nessun tipo di legame con questo fenomeno (Bisi, 2003). Le

chat e i social network sembrano quindi configurarsi come un elemento qualitativamente

diverso per alcuni aspetti; è questo, in generale, l'atteggiamento dei partecipanti rispetto

agli strumenti appena accennati. I dati relativi all'area delle relazioni amicali sono stati

rilevati attraverso gli items n. 12, 14, 17, 19, 20 e 25.

I valori emersi rispetto alla frequenza d'uso evidenziano sostanziali differenze tra i due

campioni (tab. 19).

  Tab. 19. Frequenza utilizzo internet.

 

I ragazzi provenienti dalle comunità sembrano utilizzare i nuovi media con una

frequenza significativamente inferiore rispetto al campione di controllo. Infatti, il 25%

del campione comunitario dichiara di non utilizzare “mai o quasi mai” questi servizi, e

poco meno della metà dello stesso (40%) dice di usarli “qualche volta”, ovvero

massimo una o due volte a settimana. Nelle stesse due categorie troviamo una

percentuale molto inferiore di partecipanti del campione di controllo: il 10% che non li

utilizzano “mai o quasi mai” e il 25% nella categoria “qualche volta”. Al contrario, più 

di un quarto dello stesso campione parla di un utilizzo frequente (“spesso”), e il 35%

afferma di accedere a qualche social network quasi ogni giorno; nelle stesse categorie

troviamo valori inferiori riferiti ai ragazzi provenienti dalle comunità (25% “spesso”,

10% “molto spesso”). Se si guardano i dati nel loro complesso, emerge una tendenza

abbastanza chiara: quasi tre quarti del campione comunitario utilizza questi servizi solo

qualche volta o mai. Al contrario, più della metà dei partecipanti non appartenenti alle

comunità (60%) dichiara di utilizzarli spesso o molto spesso, a fronte di un 10% che

dichiara di non usarli mai. Inoltre, all'interno del campione comunitario, è possibile

91

mai Qualche volta spesso molto spesso

Comunità 25,00% 40,00% 25,00% 10,00%

Controllo 10,00% 25,00% 30,00% 35,00%

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individuare alcune caratteristiche dei partecipanti correlate con particolari abitudini di

utilizzo: in particolare, i ragazzi che hanno una relazione di coppia e coloro che lavorano

sono quelli che si caratterizzano per una frequenza d'uso più bassa, rispettivamente di

-0,46 e -0,75, mentre i single e gli studenti evidenziano valori più elevati (-0,06 e -0,03),

anche se sempre al di sotto dei valori del campione di controllo. Poiché, come avremo

modo di mostrare, i medium informatici vengono usati prevalentemente come canale

ulteriore per essere in contatto coi propri amici, non sorprende rilevare come il loro

utilizzo diminuisca tra coloro che hanno una relazione di coppia o lavorano. Queste due

condizioni, spesso connesse con l'aumentare dell'età, sono infatti solitamente associate

ad una diminuzione della frequenza dei contatti con il proprio gruppo amicale (Buzzi e

al., 2007; Di Nicola, 2002). Inoltre, è importante rilevare che in alcune comunità non

tutti i membri posseggono un computer: spesso si tratta di uno per ogni nucleo

familiare, oppure, in altri casi, anche di un solo computer per tutta la comunità, nel caso

di quelle più piccole. Ciò ovviamente significa che i ragazzi non possono accedervi

sempre facilmente, e che quindi l'utilizzo di internet avviene spesso in spazi comuni

dove il livello di privacy è limitato. E poiché il luogo dove più frequentemente internet

viene utilizzatoè

casa propria, secondo una ricerca di Scanagatta e Segatto (2007),è

 facile intuire come vi siano pochi altri spazi che offrano questa possibilità ai giovani.

Per quanto riguarda l'atteggiamento verso i social network, anche qui l'appartenenza alla

comunità sembra costituire un elemento di discontinuità. La scala è composta da un

polo negativo (-1), che rappresenta un atteggiamento di natura critica e che sottolinea gli

aspetti negativi di questi media, e da uno positivo (1), che indica invece chi è favorevole

verso i social network mettendone in evidenza la loro utilità.

Il campione di controllo ha un punteggio medio di 0,4, mentre i ragazzi provenienti

dalle comunità di -0,4. All'interno di quest'ultimo, i valori dei sottogruppi sembrano in

parte ricalcare quelli relativi alla frequenza d'uso, quindi è lecito ipotizzare che coloro

che utilizzano in maniera più sporadica i social network abbiano anche un atteggiamento

maggiormente negativo verso questi media. Troviamo infatti un punteggio medio di

-0,71 tra i lavoratori e di -0,47 tra coloro che hanno una relazione intima; inoltre emerge

un punteggio piuttosto basso anche rispetto ai ragazzi di età inferiore ai 24 anni (-0,69).

Questa differenza diventa più netta se si fa riferimento ai due sottogruppi individuati a

partire dalla frequenza d'uso: chi afferma di utilizzare questo medium “mai o qualche

92

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volta” ha un punteggio medio di -0,84, mentre chi si caratterizza per un uso più 

frequente evidenzia un valore medio di +0,42. Un elemento che può contribuire a

contestualizzare questi valori è quello relativo alle condizioni dei ragazzi provenienti

dalle comunità. In particolare, se si distinguono coloro che hanno accesso ad un

computer agevolmente (perché ne posseggono uno, o perché in casa possono facilmente

accedervi) da coloro che invece devono fare affidamento su un numero più limitato dello

strumento informatico, emerge una differenza negli atteggiamenti che può suggerire

un'ulteriore riflessione: chi può accedere più facilmente al computer ha un

atteggiamento meno negativo (-0,23) di coloro che incontrano più difficoltà 

nell'utilizzarlo (-0,51). Anche se la differenza non è cos ì marcata, è possibile ipotizzare

che i ragazzi delle comunità che non hanno un accesso agevole ad internet (e perciò ai

social network) tendano a valutarli negativamente proprio per questa difficoltà che

sperimentano: non potendone far uso quando lo desiderano, sono portati con più facilità 

a sminuirlo e a valutarlo negativamente; una tendenza che potrebbe essere spiegata con

il comportamento della volpe della favola di Esopo (“La volpe e l'uva”), o, utilizzando

un riferimento più recente, la Teoria della Dissonanza Cognitiva di Festinger (1957).

4.5.1. Funzione dei social network.

Ma altri fattori concorrono a produrre differenze rispetto alla frequenza d'uso e

all'atteggiamento. Un primo elemento può essere la funzione che viene attribuita ai

social network. Emergono qui, tra coloro che utilizzano questi media, tre diverse

modalità d'uso dei social network, che corrispondono alla categorizzazione proposta da

Bisi (2003). La prima tipologia individuata, che l'autrice definisce “dimensione intima”,

fa riferimento all'uso di internet e del computer per fini personali, per facilitare la

comunicazione con gli amici e la condivisione di esperienze. Questa tipologia

comprende la metà di partecipanti di entrambi i campioni: i ragazzi attribuiscono ai

social network il ruolo di “canale alternativo”, e dichiarano di farne un uso

principalmente di tipo pratico; i social network, per loro, rappresentano un modo più 

economico per essere in contatto con gli amici (16: “come avere un telefono gratis..”);

oppure, un sistema più comodo per comunicazioni di tipo organizzativo e/o con un

numero elevato di persone; infine, permette di mantenere i contatti con persone che

abitano lontano o con vecchi amici (tab. 20).

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  Tab. 20. Funzione attribuita ai social network.

Anche in questo caso è interessante rilevare quali sono le tendenze all'interno dei

sottogruppi: in linea con le riflessioni precedenti, sono proprio i sottogruppi degli

studenti e dei single del campione comunitario ad evidenziare percentuali più alte

rispetto a questo tipo di utilizzo, entrambi intorno al 66%. Al contrario, il sottogruppo

dei lavoratori è quello con la percentuale più bassa, intorno al 28%. Inoltre è importante

sottolineare che un altro valore piuttosto basso (33%) si riscontra anche all'interno del

campione di controllo tra coloro che utilizzano internet “spesso o molto spesso”. Si avrà 

modo successivamente di evidenziare quale funziona assolva il medium informatico per

chi lo utilizza più frequentemente.

C'è poi un elevato numero di partecipanti che dichiara di utilizzare il medium

informatico e la rete principalmente come passatempo: questa tipologia sembra ricalcare

quella che Bisi definisce “ludica”, orientata cioè al divertimento e all'intrattenimento.

Infatti, qui l'accento è posto sulla possibilità di postare video, musica, immagini o

commenti, e di leggere e vedere quelli altrui, o anche di utilizzare i giochi (36:

“condividere cose stupide sulle bacheche dei miei amici. E' prevalentemente un modo

per farsi due risate”; 14:” poter condividere anche solo dei momenti, delle frasi, delle

94

canale alternativo ludica utilitaristica email/VOip

Comunità 50,00% 10,00% 25,00% 15,00%

Controllo 50,00% 40,00% 5,00% 5,00%

Comunità – in coppia 36,36% 9,09% 27,27% 27,27%

Controllo – in coppia 50,00% 41,67% 0,00% 8,33%Comunità – single 66,67% 11,11% 22,22% 0,00%

Controllo – single 50,00% 37,50% 12,50% 0,00%

Comunità – lavoratore 28,57% 14,29% 28,57% 28,57%

Controllo – lavoratore 57,14% 28,57% 0,00% 14,29%

Comunità – studente 61,54% 7,69% 23,08% 7,69%

Controllo – studente 46,15% 46,15% 7,69% 0,00%

Comunità – maggiore di 24 anni 44,44% 0,00% 44,44% 11,11%

Controllo – maggiore di 24 anni 55,56% 33,33% 0,00% 11,11%

Comunità – minore di 24 anni 54,55% 18,18% 9,09% 18,18%

Controllo – minore di 24 anni 45,45% 45,45% 9,09% 0,00%

Comunità – maschio 33,33% 8,33% 41,67% 16,67%Controllo – maschio 58,33% 33,33% 0,00% 8,33%

Comunità – femmina 75,00% 12,50% 0,00% 12,50%

Controllo – femmina 37,50% 50,00% 12,50% 0,00%

Comunità – uso internet scarso 53,85% 7,69% 15,38% 23,08%

Controllo – uso internet scarso 75,00% 12,50% 0,00% 12,50%

Comunità – uso internet frequente 42,86% 14,29% 42,86% 0,00%

Controllo – uso internet frequente 33,33% 58,33% 8,33% 0,00%

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immagini..“). Vi è in questo caso una netta divergenza fra i due campioni: solo il 10%

dei ragazzi provenienti dalle comunità afferma di farne un tale utilizzo, mentre è il 40%

del campione di controllo che utilizza il medium per questo scopo. Rispetto ai

sottogruppi dei due campioni, è possibile anche in questo caso rilevare alcuni spunti

ulteriori. In particolare, sono i partecipanti maggiori di 24 anni, in entrambi i campioni,

coloro che utilizzano meno i social network a fine ludico: è in questo caso l'età a

costituire un fattore di discontinuità. Inoltre, è interessante sottolineare le differenze che

emergono tra i sottogruppi individuati rispetto alla frequenza d'uso del medium

informatico. La percentuale più alta di coloro che lo utilizzano con scopi ludici sono i

ragazzi non provenienti dalle comunità che dichiarano di utilizzarlo “spesso o molto

spesso” (58%), mentre, all'interno dello stesso campione, per chi lo utilizza meno

frequentemente la dimensione ludica è decisamente meno rilevante (14%).

La terza categoria individuata fa riferimento a coloro che dichiarano di fare un uso

professionale dei social network, e presenta numerose analogie con la terza dimensione

individuata da Bisi, ossia quella “utilitaristica”: internet come strumento per

aggiornarsi, fare ricerca, condividere notizie ed informazioni commerciali o lavorative.

Quiè

netta la prevalenza del campione comunitario, con una percentuale del 25% afronte di un 5% del campione di controllo: sono coloro che affermano di utilizzare

questi media per dare e ricevere informazioni per quanto riguarda l'ambito lavorativo o

accademico (31: “domenica ho uno spettacolo, mando a tutti gli amici di teatri,

compagnie, cos ì.. è un canale incredibile di comunicazione”). È interessante rilevare due

aspetti all'interno del campione comunitario: il primo è che quasi metà dei maggiori di

24 anni utilizza i social network con questa finalità (44%): segno di una discreta

capacità di utilizzare a proprio vantaggio questi nuovi media; secondariamente, questo

tipo di utilizzo è stato indicato da una percentuale analoga (intorno al 43%) di coloro

che utilizzano “spesso o molto spesso” i social network. Questo dato è piuttosto

rilevante se confrontato con il dato dello stesso sottogruppo ma del campione di

controllo: in questo caso il tipo di utilizzo più frequente (58%) è quello ludico. Infine,

l'ultima categoria individuata è composta da coloro che dichiarano di non utilizzare

nessun social network, ma di servirsi unicamente di e-mail o di programmi VoIP. Si

tratta di una percentuale piuttosto bassa in entrambi i campioni (15% per quello

comunitario, 5% per quello di controllo), e che rappresenta, rispetto al campione delle

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comunità, soprattutto i partecipanti che lavorano (27%) e coloro che hanno una

relazione di coppia (28%).

Considerando questi elementi nel loro insieme, è possibile tracciare un primo quadro

generale. Le divergenze principali, tra i due campioni, si riferiscono al tipo di uso e alla

frequenza: il campione comunitario è caratterizzato da un utilizzo meno frequente del

media informatico; rispetto alla sua funzione, oltre ad essere usato come canale

alternativo per le amicizie, è prevalentemente utilizzato per scopi professionali, mentre

vi è una discreta percentuale di partecipanti che si orienta verso le e-mail o le tecnologie

VoIP. Il campione di controllo si attesta su una frequenza maggior di utilizzo del mezzo

informatico, e se anche qui i social network hanno la funzione prevalente di canale

comunicativo ulteriore, emerge, oltre ad essa, una significativa valenza ricreativa.

Prima di descrivere la composizione della sfera relazionale virtuale di questi ragazzi, è 

interessante soffermarsi ulteriormente su quello che è il loro atteggiamento verso i

social network. Ciò che sembra emergere è un sostanziale accordo tra i due campioni

rispetto agli eventuali aspetti negativi di questi mezzi: più della metà dei partecipanti di

entrambi i campioni non ritiene che vi sia nessun particolare aspetto negativo connessoall'uso dei social network, con una lieve prevalenza del campione comunitario (65%)

rispetto a quello di controllo (55%). Tra coloro che condividono questa posizione

rispetto ai social network, è interessante notare come la percentuale più alta sia

rappresentata dal sottogruppo dei lavoratori, in entrambi i campioni: questo valore, se

incrociato con altri dati emersi, indica più che altro un atteggiamento di generica

indifferenza più che un atteggiamento positivo.

Il principale inconveniente rilevato, da parte di entrambi i campioni, è rispetto alla

possibilità che i social network possano rappresentare un limite o un ostacolo alle

relazioni vis-à-vis (8: “magari prima ci si andava a bere un caff è tutte insieme.. ora

invece ognuna si beve il caff è a casa sua.. su fb!”; 13: “tutte le espressioni, tutte le

intonazioni che avrei potuto avere nel caso in cui quelle cose gliele dicevo a voce le ho

perse”). Questo aspetto è emerso da più di un terzo di entrambi i campioni (35%), con

alcune peculiarità all'interno dei sottogruppi. Tra i partecipanti provenienti dalle

comunità, sono coloro che lavorano a rilevare in misura minore questo elemento (14%),

in linea con le considerazioni fatte finora. Per quel che riguarda gli aspetti positivi,

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emerge una gamma di risposte più ricca. Conformemente a quanto già illustrato, il

principale vantaggio offerto dai social network  è dovuto alla loro funzione di canale

ulteriore per mantenere i contatti con le proprie amicizie di tutti i giorni (tab. 21).

Tab. 21 . Aspetti positivi dei social network .

Vi è un generale accordo da parte di entrambi i campioni su a questo aspetto, anche se

può essere interessante rilevare che un numero maggiore di ragazzi non provenienti dalle

comunità ne sottolinea l'utilità per quanto riguarda le amicizie di tutti i giorni: il 45%

dei partecipanti del campione di controllo rispetto a 25% di quello comunitario.

Rispetto all'utilizzo per mantenere i contatti con persone che vivono lontano, la

percentuale è identica in entrambi i campioni (35%). C'è poi chi fa riferimento alle

possibilità che questi mezzi offrono per quanto riguarda l'ambito professionale o per

tenersi aggiornati (15%), mentre un ristretto numero sottolinea come i social network 

possano costituire un rimedio contro la solitudine. Nonostante ciò, quasi un quarto delle

risposte totali (25% del campione comunitario a fronte del 15% di quello di controllo)

rileva che i social network non hanno aggiunto niente. Tra questi, è soprattutto il

sottogruppo dei lavoratori, all'interno del campione comunitario, ad evidenziare valori

che più si discostano dai valori medi. In particolare, essi rilevano in percentuale

maggiore l'assenza di aspetti positivi di questi media (57%), mentre una parte piuttosto

esigua ne riconosce i possibili vantaggi. Altri dati peculiari emergono dal sottogruppo

femminile del campione delle comunità. Mentre è inferiore la percentuale di coloro che

li ritiene privi di aspetti problematici (37%), le conseguenze negative dei social network 

rispetto alle relazioni vis-à-vis sono ritenute più importanti dal sottogruppo femminile

del campione comunitario (62%); poiché la stessa percentuale ritiene che il vantaggio

principale consista soprattutto nella possibilità di restare in contatto con persone lontane

(62%), più che come canale per le amicizie quotidiane (25%), sembra emergere il

profilo di una maggiore sensibilità

di questo sottogruppo rispetto a tali argomenti. Lefemmine del campione di controllo invece non si discostano dai valori medi. Chi invece

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utilità extra

Comunità 25,00% 15,00% 25,00% 35,00%

Controllo 45,00% 5,00% 15,00% 35,00%

Canale per amicizie

nessun

aspettopositivo

canale per 

amicizielontane

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sottolinea maggiormente la funzione di canale alternativo per comunicare con le

amicizie nella quotidianità sono i sottogruppi dei single (62%) e dei minori di 24 anni

(72%), all'interno del campione di controllo. Sono probabilmente coloro per cui diventa

più realistica la possibilità che il medium virtuale ostacoli o limiti le amicizie vis-à-vis,

anche se gli stessi sottogruppi non danno particolare peso a questa possibilità, che viene

lievemente sottostimata (25%) rispetto ai valori medi (35%). In ultimo, è interessante

rilevare come per entrambi i campioni la frequenza d'utilizzo del computer e di internet

non sembra influenzare le rappresentazioni rispetto ai social network: questi sottogruppi

evidenziano valori simili tra di loro per quanto riguarda la presenza di possibili effetti

negativi o positivi di questi media.

4.5.2. Composizione e caratteristiche della sfera relazionale virtuale.

Passando poi a considerare la composizione e le caratteristiche della sfera relazionale

virtuale dei partecipanti, emergono ulteriori divergenze. Una percentuale significativa di

entrambi i campioni (60%) afferma che le persone con le quali intrattiene rapporti sui

social network sono amici anche nella realtà, o comunque persone che ha conosciuto

vis-à-vis. Le differenze emergono nelle risposte degli altri partecipanti: vi è una fasciasignificativa del campione di controllo (35%), che tramite i social network interagisce

anche con amici di amici e individui che non conosce personalmente, mentre solo il

10% del campione comunitario evidenzia questo aspetto. Sempre nello stesso campione,

coloro che utilizzano questi media per questioni professionali affermano infatti di avere

unicamente contatti e conoscenze inerenti a quell'ambito. Se si fa poi riferimento ai

sottogruppi, emergono altri dati rilevanti. Una variabile che sembra tracciare una

discontinuità all'interno dei due campioni è quella dell'età. Coloro che descrivono la

propria sfera amicale come una realtà più allargata e meno selettiva sono i minori di 24

anni, all'interno del campione di controllo (54%) e in quello comunitario (18%); al

contrario, i maggiori di 24 anni evidenziano valori nettamente più bassi. All'interno

delle differenze derivanti dall'appartenenza comunitaria, la tendenza emersa rispetto

all'età mostra quindi come il gruppo di amicizie virtuali tenda ad essere formato anche

da persone non conosciute di persona soprattutto nei più giovani. Inoltre, come potrebbe

essere in parte lecito aspettarsi, la percentuale è più elevata anche per coloro che

dichiarano di utilizzare internet “spesso o molto spesso” (50%) e per i single (50%),

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sempre nel campione di controllo. Il sottogruppo dei single del campione comunitario

invece è quello che evidenzia percentuali più alte tra coloro che intrattengono relazioni

virtuali solo con persone che conoscono anche nella realtà (88%): questo valore sembra

in linea con il dato già illustrato rispetto alla modalità d'uso dei social network, che per i

single rappresentano soprattutto un canale alternativo per comunicare con gli amici di

tutti i giorni. Infine, il genere sembra tracciare un'ultima discontinuità: per le femmine

di entrambi i campioni sembra essere più marcata (75%) l'importanza di conoscere

personalmente le persone con cui si interagisce su internet.

Per avere un panorama più preciso rispetto a questo tema, si è scelto di approfondire le

caratteristiche attribuite dai partecipanti alle proprie amicizie virtuali. È importante

sottolineare qui che molti partecipanti hanno manifestato reazioni scettiche davanti alle

domande rispetto alle “amicizie su internet”, sottolineando che da parte loro non

considerano “vere amicizie” quelle virtuali. La tipologia di risposta più frequente infatti

descrive questa sfera amicale come qualcosa di poco definito, spesso caotico e confuso

(25: “un assemblaggio di cose diverse, tutte vicine che magari non c'entrano l'una con

l'altra”). I due campioni hanno percentuali simili, con una lieve maggioranza di quello dicontrollo (40%) rispetto a quello comunitario (30%). La seconda caratteristica che

emerge maggiormente dalle interviste fa riferimento alla superficialità e

all'inconsistenza dei rapporti su internet (13: “i contatti con questi amici sono più,

vabbè, più freddi, più organizzativi”). Quasi un terzo del campione comunitario (30%)

sottolinea questo aspetto, a fronte di un 10% del campione di controllo. È all'interno di

quest'ultimo che emerge la possibilità di instaurare amicizie vere e proprie grazie ad

internet: il 25% del campione di controllo sottolinea che oltre ai conoscenti vi sono

anche rapporti più profondi (38: “gli amici veri comunque hanno un ruolo principale,

poi ce ne sono tanti altri con cui magari qualche volta ci si può sentire “), evidenziando

come i due gruppi coesistano all'interno dei social network. Tra le restanti tipologie

individuate, vi è un ristretto gruppo che sottolinea la corrispondenza tra coloro che

compongono la propria cerchia amicale nella realtà e su internet (10% del campione

comunitario e 15% del campione di controllo). Infine, è opportuno ricordare che il 30%

del campione comunitario ed il 10% dei partecipanti non comunitari afferma di non

intrattenere alcun tipo di rapporto amicale grazie ai social network: sono coloro che non

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li utilizzano o ne fanno un uso unicamente professionale.

Può essere opportuno, a questo punto, cercare di approfondire quali siano i rapporti tra

la dimensione relazionale virtuale e quella reale per i partecipanti. Anche qui si possono

rilevare differenti tendenze che sembrano confermare i dati emersi finora, alla luce di

una maggior familiarità e di un uso più frequente da parte del campione non

comunitario. In particolare, è solo all'interno di quest'ultimo che vi sono partecipanti

che abbiano conosciuto qualcuno prima su internet e poi nella realtà (25%), mentre

nessuno dei ragazzi provenienti dalle comunità rileva questo aspetto. Rispetto alla sfera

dell'amicizia, la differenza sembra mantenersi all'interno delle due popolazioni. La

distanza tra amicizie reali e quelle che si strutturano tramite internet è ritenuta

decisamente più ampia dai ragazzi provenienti dalle comunità, con un valore medio di

0,29, rispetto ad un valore nettamente inferiore che emerge dal campione di controllo (-

0,29).

Inoltre, conformemente a quanto emerso finora, il sottogruppo comunitario dei

lavoratori sembra indicare che la distanza sia anche maggiore (0,55), valore quasi

identico a quello emerso tra coloro che utilizzano internet “mai o raramente” (0,54). Alcontrario, sempre facendo riferimento al campione comunitario, coloro che

percepiscono una distanza minore tra l'ambito amicale reale e quello virtuale sono gli

studenti e i maggiori di 24 anni. I partecipanti appartenenti a questi sottogruppi,

considerando gli altri dati emersi, sembrano delinearsi come coloro che utilizzano

maggiormente il medium informatico e perciò hanno una maggiore familiarità con esso,

all'interno del campione comunitario. Alla luce di questi dati, è possibile affermare che

la dimensione virtuale e quella reale sembrano mantenersi su livelli distinti per quanto

riguarda il campione comunitario, mentre questa differenza appare meno netta nel

campione di controllo.

4.5.3. Intimità e social network.

Un ultimo elemento d'interesse è rappresentato dal grado di intimità che

contraddistingue le comunicazioni tramite i social network dei due campioni. Alcune

ricerche hanno evidenziato che internet, grazie alla condizione di “anonimato visivo”

che garantisce (Lea, Spears, 1995) “è un luogo in cui le persone possono rivelare degli

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aspetti di sé conservando una tranquillità che sarebbe più difficile mantenere in una

conversazione faccia a faccia” (Parks, Roberts, 1998). Potremmo quindi aspettarci che,

nonostante i risultati emersi rispetto al differente grado di rilevanza attribuito alle

proprie amicizie da parte dei partecipanti, il tipo di argomenti trattati ed il livello di

intimità che caratterizza le conversazioni in chat possano essere in qualche modo

svincolati dagli altri atteggiamenti riguardo alle amicizie virtuali. Facendo riferimento ai

dati emersi, ed escludendo coloro che affermano di non utilizzare questi mezzi o di

farne un uso differente, si possono individuare tre diverse tipologie. La più numerosa è 

composta da coloro che nelle chat trattano solo argomenti superficiali e poco personali,

quali attualità, aggiornamenti generici su amici e conoscenti, o chiacchiere non meglio

specificate (9: “come va, se so che qualcuno ha fatto un esame, o il lavoro, se è qualcuno

che non vedo da molto tempo, cosa ha fatto”). Questa tipologia vede una leggera

prevalenza del campione di controllo (65%) rispetto a quello comunitario (50%). La

seconda categoria individuata comprende coloro ai quali è già capitato di trattare

argomenti personali attraverso una chat, o che comunque ritiene possibile farlo (18: “a

volte si, perchè è più facile parlarne con qualcuno che non hai mai visto, e che però sai

che ti può

anche giudicare ma non ti interessa”). Qui il campione comunitarioè

inprevalenza, con una percentuale del 35% rispetto al 15% di quello di controllo. L'ultima

categoria individuata comprende coloro che, intrattenendo relazioni via chat solamente

con i propri amici, non rilevano nessuna differenza tra le discussioni vis-à-vis e quelle

telematiche. Si tratta di percentuali simili all'interno dei due campioni, il 15% di quello

comunitario e il 20% di quello di controllo.

Cercando di riassumere quanto descritto in quest'ultima parte del paragrafo, si possono

evidenziare quali sono le principali differenze tra i due campioni rispetto alla

composizione e alle caratteristiche delle amicizie virtuali. Una percentuale significativa

di entrambe le popolazioni afferma che le persone con le quali intrattiene rapporti sui

social network sono amici anche nella realtà, mentre è soprattutto nel campione di

controllo che troviamo chi interagisce anche con amici di amici e individui che non

conosce personalmente. In particolare, coloro che sembrano accentuare questa tendenza

sono soprattutto i più

giovani in entrambi i campioni.Rispetto alle caratteristiche attribuite a queste amicizie, la risposta più frequente

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descrive la sfera amicale virtuale come come qualcosa di poco definito, spesso caotico e

confuso; sono poi i ragazzi delle comunità a sottolineare maggiormente gli aspetti di

superficialità e di inconsistenza dei rapporti su internet; al contrario, una percentuale

rilevante del campione di controllo sottolinea anche la presenza di rapporti più profondi.

In linea con questi dati, sono infatti i ragazzi delle comunità a percepire una distanza

maggiore tra amicizie reali e quelle che si strutturano tramite internet.

Infine, rispetto al grado di intimità percepito nelle comunicazioni via chat, è stato

possibile identificare tre gruppi. Il più numeroso, per entrambi i campioni, è costituito

da coloro che nelle chat trattano solo argomenti superficiali e poco personali. Vi è 

invece una sensibile prevalenza dei ragazzi delle comunità nella seconda categoria: ossia

tra coloro ai quali è già capitato di trattare argomenti personali attraverso una chat, o che

comunque ritiene possibile farlo. L'ultimo gruppo comprende invece una percentuale

simile di entrambi i campioni, e fa riferimento a chi intrattenendo relazioni via chat

solamente con i propri amici, non rilevano nessuna differenza tra le discussioni vis-à-vis

e quelle telematiche.

4.6. Lavoro.

Il processo legato al “divenire lavoratore” costituisce un ambito importante per mettersi

alla prova, interessando la propria identità personale e sociale, e per sperimentare le

competenze sviluppate nel periodo precedente e dare continuità al proprio

apprendimento sociale (Sarchielli, 1998). Csikszentmihalyi e Schneider (2000)

sottolineano che in epoche remote i giovani avevano davanti un numero limitato e

prevedibile di scelte lavorative, all'interno di una suddivisione piuttosto semplice (i

fattori determinanti, in questo senso, potevano essere il genere, la famiglia d'origine, la

zona di residenza). È solo a partire dagli ultimi decenni che i ragazzi si sono visti

obbligati a cambiare attitudini, valori e conoscenze in vista dell'ingresso del mondo del

lavoro; mercato del lavoro che oggi è caratterizzato, per dirla con Bauman (2010), per un

alto grado di “incertezza fabbricata” e per una politica di “precarizzazione”, che

rendono lo sviluppo della personalità “perennemente incompleto”. La ricerca del lavoro

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è quindi un compito complesso, a cui il giovane deve far fronte con strumenti e risorse

spesso insufficienti (Sarchielli, 1998).

I dati rispetto a quest'area sono stati rilevati a partire dall'item n. 23 dello strumento.

Partendo dal tema della ricerca del lavoro, è stato possibile individuare cinque differenti

modalità con cui i partecipanti fanno fronte a questo compito. La prima modalità 

comprende coloro che fanno ricorso ai curriculum e alle agenzie interinali come mezzi

primari per entrare nel mercato del lavoro. L'uso di questi canali delinea atteggiamenti

canonici di approccio alla ricerca del lavoro: gli strumenti a cui viene data più rilievo

sono appunto quelli legati all'invio di curriculum e quelli che possono essere forniti

dalle agenzie interinali. I partecipanti confidano (più o meno, ovviamente) in queste

soluzioni per ottenere un'occupazione soddisfacente o comunque per intraprendere un

possibile cammino in quella direzione. Una seconda modalità identificata fa riferimento

invece alle conoscenze e alla rete informale, ed è quindi caratterizzata da un

atteggiamento più “informale” e meno strutturato di affrontare il mondo del lavoro. Qui

le strategie (e più in generale l'approccio) si basano sul ricorso a conoscenze diverse

(professori, amici, colleghi) per avere consigli, informazioni, “agganci”, indicazioni di

vario tipo, tutte volte a rendere più

efficaci -quando non sostituendole, o integrandole-le classiche modalità di ingresso nel mondo del lavoro. Vi è poi un gruppo di

partecipanti che è possibile iscrivere nel terzo gruppo, che si caratterizza per modalità e

strategie più generiche. In questo caso i partecipanti hanno affrontato la questione in

maniera poco concreta o generica, evitando di entrare nello specifico o esprimendo

un'idea piuttosto vaga di approccio a quello che è il mercato del lavoro. Non viene fatto

riferimento a strategie o strumenti precisi, e le idee emergenti sembrano delineare una

visione non particolarmente realistica e strutturata dei mezzi a disposizione sia delle

modalità concrete di ricerca del lavoro. Infine, vi è un gruppo di risposte che si possono

includere in una quarta modalità, che vede il ricorso a diverse strategie. Le risposte che

rientrano in questa categoria descrivono infatti un atteggiamento più complesso, che

sembra far riferimento a un a maggior ricchezza di risorse personali. Il riferirsi a

conoscenze più o meno formali (amici, parenti, professori) viene qui affiancato

all'utilizzo di curriculum, a cui viene dato però un significato diverso. Lungi dall'essere

ritenuto sufficiente come strumento di contatto verso l'azienda, viene visto come un

elemento complementare al presentarsi di persona o ad altre forme più dirette di

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avvicinamento. Inoltre si fa qui riferimento ad ulteriori modalità -più specifiche- di

ricerca, che sembrano delineare un maggior grado di realtà e di concretezza, oltre che

una più concreta consapevolezza dei meccanismi e delle norme che regolano questo

ambito. Ebbene, la metà del campione comunitario (50%) esprime un atteggiamento che

può essere annoverato in quest'ultima categoria, a fronte di una percentuale minore

(30%) del campione di controllo che fanno la stessa scelta. Pur non essendo una

differenza cos ì marcata, questo dato può comunque essere indicativo di una

caratteristica peculiare dei figli delle comunità, che sembrano caratterizzarsi per un

approccio più efficace al compito, a partire da una conoscenza diretta (per esperienza

propria) o mediata (da parte di qualche conoscente) di quelle che sono le caratteristiche

della domanda. Al contrario, il 25% del campione di controllo sembra affidarsi a

modalità più generiche, mentre un altro 25% dello stesso campione fa riferimento ad

atteggiamenti maggiormente canonici di approccio alla ricerca del lavoro: da ciò emerge

che la metà dei ragazzi non provenienti dalle comunità utilizzerebbe strategie generiche

o comunque non particolarmente sofisticate per cercare di entrare nel mondo del lavoro.

È invece simile il numero di coloro che, in entrambi i campioni, si affiderebbe alle

conoscenze e alle reti informali (15% nel campione comunitario, 20% in quello dicontrollo): questo dato è in linea con i dati emersi nel rapporto IARD (Buzzi e al.,

2007), che evidenziano una diminuzione dell'importanza attribuita alle reti di

conoscenza amicali e parentali al momento dell'ingresso nel mondo lavorativo.

Facendo poi riferimento agli indici ottenuti a partire da questi dati (quello legato ai

mezzi-risorse e quello connesso al senso di realtà), è possibile analizzare più 

approfonditamente le tendenze dei sottogruppi (tab. 22).

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Tab. 22. Ricerca lavoro: mezzi/risorse e senso di realt à.

In primo luogo è interessante evidenziare i valori che emergono rispetto ai lavoratori e

agli studenti. Sono proprio questi ultimi, in entrambi i campioni, a caratterizzarsi per

punteggi più elevati (0,29 e 0,36 nel campione comunitario, -0,06 e -0,02 in quello di

controllo) rispetto a coloro che lavorano (0,03 e -0,02 nel campione comunitario, -0,47 e

-0,28 in quello di controllo) relativamente alle risorse possedute e al senso di realtà. In

questo caso si può ipotizzare che chi è già inserito nel mondo del lavoro non considera

la ricerca del lavoro come un compito rilevante avendo già un'occupazione; al contrario,

chi studia, nel nostro caso in ambito universitario, vede avvicinarsi il momento della

ricerca del lavoro (quando non l'abbia già affrontato durante gli studi) e ritiene più 

importante dedicare a questo compito tempo e risorse.

Considerando poi coloro che hanno una relazione di coppia e ai single, troviamo qui due

tendenze simili: rispetto ai ragazzi provenienti dalle comunità, i punteggi rispetto al

senso di realtà e alla disponibilità di mezzi e risorse nel cercare lavoro sono maggiori

per coloro che hanno un partner (0,29 e 0,28), mentre è più basso per i single (0,09 e

0,16; media del campione comunitario: 0,2). Anche nel campione non comunitariotroviamo la stessa tendenza. I single infatti hanno punteggi inferiori in entrambe le

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Mezzi-risorse senso di realtà

Comunità 0,2 0,23

Controllo -0,2 -0,23

Comunità – in coppia 0,29 0,28

Controllo – in coppia -0,12 -0,06Comunità – single 0,09 0,16

Controllo – single -0,33 -0,49

Comunità – lavoratore 0,03 -0,02

Controllo – lavoratore -0,47 -0,28

Comunità – studente 0,29 0,36

Controllo – studente -0,06 -0,2

Comunità – maggiore di 24 anni 0,28 0,3

Controllo – maggiore di 24 anni 0,12 0,23

Comunità – minore di 24 anni 0,13 0,17

Controllo – minore di 24 anni -0,47 -0,6

Comunità – maschio -0,02 -0,06

Controllo – maschio -0,33 -0,36

Comunità – femmina 0,53 0,65

Controllo – femmina -0,01 -0,03

Comunità – uso internet scarso 0,12 0,13

Controllo – uso internet scarso -0,12 -0,11

Comunità – uso internet frequente 0,36 0,41

Controllo – uso internet frequente -0,26 -0,31

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dimensioni (-0,33 e -0,49) mentre chi ha una relazione di coppia ha punteggi più alti (-

0,12 e -0,06). Questo dato può essere spiegato sia a partire dagli elementi solitamente

connessi con il fatto di essere in coppia, per esempio l'aumento dell'età, ma anche

ipotizzando che la possibilità di confrontarsi con il partner rappresenti un punto di forza

che arricchisce mezzi e risorse e consolida il senso di realtà.

Anche l'età sembra essere un elemento capace di tracciare una differenza all'interno dei

due campioni, soprattutto in quello di controllo. In linea con quanto accennato rispetto

ai sottogruppi dei lavoratori e degli studenti, ossia che l'imminenza della ricerca del

lavoro è connessa con una maggior disponibilità di mezzi e risorse e con un più forte

senso di realtà, i partecipanti di entrambi i campioni maggiori di 24 anni hanno punteggi

più elevati sia per quanto riguarda i mezzi e le risorse sia relativamente al senso di

realtà. Se però all'interno del campione comunitario la differenza è decisamente più 

lieve (con uno scarto non superiore allo 0,2 tra i due sottogruppi), il divario è 

nettamente più ampio nel campione di controllo. I minori di 24 anni sembrano disporre

di mezzi e risorse in misura decisamente minore (-0,47) rispetto ai maggiori di 24 anni

(0,12), e lo stesso si può dire rispetto al senso di realtà: qui la differenza è anche

maggiore (0,23 per i maggiori di 24 anni, -0,6 per i minori di 24 anni). Ciò

chesembrano indicare questi dati nel complesso è che l'acquisizione di risorse e mezzi

adeguati e lo strutturarsi di un senso di realtà abbiano tempi e modalità diversi

all'interno dei due campioni, e in generale portino a risultati più concreti nei ragazzi

provenienti dalle comunità.

Un altro aspetto da rilevare, riguardo a questo tema, sono i valori che emergono rispetto

ai sottogruppi che si differenziano per un uso più o meno accentuato del computer e di

internet. In particolare, sembra che per entrambi i campioni l'utilizzo del medium

informatico rappresenti un elemento che consolida le proprie risorse e aumenta il senso

di realtà, probabilmente per le informazioni e la possibilità di contatti ulteriori che è in

grado di offrire. Infine, sembra che il genere rappresenti un altro elemento capace di

creare una discontinuità: le femmine di entrambi i campioni infatti evidenziano valori

più alti rispetto ai maschi, con una differenza più accentuata tra i ragazzi provenienti

dalle comunità.

Comunque sia, è opportuno ricordare che questi giovani si affacciano su un mercato del

lavoro in piena contrazione, che appare tutt'altro che pronto ad accoglierli. Il tema della

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precarietà lavorativa è al centro del dibattito pubblico attuale, ed è una condizione

determinata in buona parte da ”l'esasperazione di quegli elementi di flessibilità 

introdotti con le riforme del mercato del lavoro” (Buzzi e al., 2007). Beck (1986)

scriveva che solo un europeo su due può accedere ad un'occupazione regolare e a tempo

pieno, peraltro senza la sicurezza del lungo periodo. Per tutti gli altri la prospettiva sarà 

legata a lavori occasionali e di breve durata, senza garanzie né diritti alla pensione. In

questo modo la possibilità di trovare un lavoro, evento a cui è direttamente legata la

possibilità di diventare adulti (Bozuffi, 2006), diventa quantomeno complicata. Questo

breve excursus ha l'obiettivo di chiarire il quadro socio-storico in cui è necessario

inserire le risposte dei partecipanti, e fornisce un elemento in più per comprendere i loro

atteggiamenti e le loro aspettative a riguardo.

4.6.1. Rapporto coi colleghi.

Passando poi ad analizzare il rapporto con i colleghi sul posto di lavoro, emergono

elementi di divergenza fra i due campioni (tab. 23). I dati relativi a quest'area sono stati

rilevati a partire dagli items n. 14 e 24.

Tab. 23. Importanza rapporto con i colleghi.

In primo luogo, per quel che riguarda l'importanza attribuita al rapporto con i colleghi, i

valori medi che emergono se si osserva unicamente la condizione di lavoratore o

studente, prescindendo dall'appartenenza, non emergono differenze sostanziali. Anche i

valori medi dei i ragazzi provenienti dalle comunità (0,12) e quelli del campione di

controllo (-0,12) non si differenziano in maniera rilevante. Le differenze però assumono

valori più definiti se ci si focalizza su alcuni sottogruppi. È lecito aspettarsi che le

107

Lavoratore -0,1

Studente 0,05

Comunità 0,12

Controllo -0,12

Comunità – lavoratore 0,24

Controllo – lavoratore -0,44

Comunità – studente 0,05

Controllo – studente 0,05

importanzacolleghi

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rappresentazioni rispetto al contesto lavorativo siano di diversa natura a seconda che il

partecipante vi sia in contatto diretto o si basi solo su informazioni mediate. In effetti,

tra i sottogruppi dei lavoratori le tendenze sono decisamente più nette. I ragazzi

provenienti dalle comunità che lavorano hanno un punteggio più alto (0,24) rispetto alla

media del campione, mentre i lavoratori del campione di controllo si caratterizzano per

un valore medio nettamente più basso (-0,44), mentre coloro che studiano, in entrambi i

campioni, ottengono un valore uguale e molto vicino allo 0 (0,05), che sembra più che

altro indicare indifferenza riguardo a questo aspetto. Sembra quindi delinearsi una

tendenza piuttosto netta: il rapporto con i colleghi è ritenuto un aspetto decisamente più 

rilevante per chi lavora e proviene dalle comunità piuttosto che dai lavoratori del

campione di controllo.

Si è scelto di analizzare il rapporto con i colleghi sul posto di lavoro a partire da quanto

emerso in una delle storie utilizzate (item n. 24). Si tratta di una storia che il

partecipante doveva proseguire a partire dalla situazione presentata, in questo caso

ambientata in un contesto lavorativo dove i colleghi si dimostrano ostili; a partire dalle

risposte fornite, sono state individuate diverse risposte che fanno riferimento a trediverse tipologie. La prima comprende quei partecipanti che affrontano la situazione

orientandosi sul compito, ovvero a risolvere la questione facendo riferimento ad un

superiore o anche confrontandosi direttamente con i colleghi. In particolare, l'obiettivo è 

quello di ristabilire condizioni che garantiscano la possibilità di lavorare in maniera più 

efficiente e produttiva, e l'accento è posto sulla necessità di rispettare le procedure e le

regole che qualificano il contesto lavorativo come tale (3: “se ti impediscono di lavorare

al posto di lavoro..”; 4: “un ambiente di lavoro dev'essere positivo, se no altrimenti una

persona non riesce a dare quello che potrebbe”; 17: “ magari ci rimette pure con il capo

perché appunto non ha portato quello che doveva fare”).

Una seconda tipologia invece è relativa a quelle risposte che evidenziano un attenzione

maggiore all'aspetto emotivo o a quello relazionale: qui la necessità di un ambiente

lavorativo adeguato viene messa in secondo piano rispetto al benessere relazionale, che i

partecipanti reputano assolutamente fondamentale (15: “probabilmente ne parlerebbe

sempre con i suoi famigliari e con le sue amiche.. Se quella situazione li comporta il

fatto di stare male ne va della scelta di rimanere..”; 21: “si sente una vittima quindi

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esplode, nel momento in cui sono tutti presenti”; 29: “..penso che sia insostenibile come

situazione.. nonostante magari sia il lavoro che le piace.. ”). Oppure, in altre risposte

l'accento viene posto sulle componenti emotive, e la situazione viene valutata per le

conseguenze che può avere a livello emotivo, in termini di rabbia, tristezza o delusione

(15: “Ci rimane malissimo…cioè rimane molto molto colpita in negativo”; 19 “Penso

che si arrabbia molto, dipende anche dal carattere, almeno io, se fossi il soggetto, mi

arrabbierei molto..”).

La terza ed ultima tipologia individuata, pur presentando alcuni aspetti in comune con le

altre due individuate, si caratterizza per un elemento in particolare: i partecipanti, dopo

aver ravvisato i problemi (relativi alle difficoltà professionali o a quelle emotive),

esprimono l'impossibilità di continuare a lavorare nello stesso posto, e manifestano la

necessità di trovare un'altra occupazione il prima possibile (5: “..io me ne andrei al volo,

piuttosto che passare ancora un mese o due..”; 7: “bè io.. non riuscirei a lavorare.. vabè 

io mi identifico sempre.. lei non riuscirebbe a lavorare in un posto cos ì..e quindi

cercherebbe un altro lavoro..”; 31: “eh cambia lavoro se puoi.. trova il modo di andare

immediatamente via da l ì..”).

Anche in questo caso emergono differenze rilevanti. La prima tipologiaè

quella chevede un numero di risposte più elevato, più di metà del numero totale, ma il loro numero

è decisamente squilibrato in favore del campione non comunitario: tre quarti di esso

(75%) ha dato risposte ascrivibili alla tipologia orientata sul compito, rispetto al 30%

dei comunitari. Anche le altre due modalità vedono una differenza significativa nella

prevalenza di uno dei due campioni. Coloro che si sono orientati maggiormente verso

gli aspetti emotivo-relazionali sembrano essere i ragazzi delle comunità: quasi la metà 

del campione (40%) ha evidenziato questo atteggiamento, a fronte del 10% dei non

comunitari. Infine, anche nell'ultima tipologia (costituita da coloro che opterebbero per

una “fuga” quasi immediata dal posto di lavoro), troviamo una prevalenza dei

comunitari, anche se meno marcata: sei di essi rispetto a tre del campione non

comunitario. Riassumendo, è possibile evidenziare le due diverse tendenze prevalenti

all'interno dei due campioni: nel complesso, tre quarti dei ragazzi delle comunità sembra

mettere al primo posto la necessità di un ambiente relazionale positivo e soddisfacente,

o ritiene impossibile continuare a vivere un ambiente sfavorevole; al contrario, lo stesso

numero di partecipanti del campione di controllo sembra ritenere più importante la

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necessità di lavorare in un contesto professionale adeguato.

Sono poi state individuate due dimensioni utili a descrivere ulteriormente le

caratteristiche delle rappresentazioni e gli atteggiamenti dei partecipanti rispetto al

rapporto con i colleghi: l'orientamento al ruolo o alla relazione. In particolare, la prima

dimensione pone l'accento sull'importanza che riveste lo svolgimento della propria

mansione, e sulla necessità di rispettare le procedure e le regole che qualificano il

contesto lavorativo; le relazioni sul luogo di lavoro vengono viste, in questo caso, come

condizioni necessarie a garantire la possibilità di lavorare in maniera ottimale.

Nell'orientamento alla relazione invece i rapporti con i colleghi sono considerati una

componente del più generale benessere relazionale della persona; il posto di lavoro non

è in questo caso considerato unicamente come luogo dove portare a termine il proprio

compito ma come contesto di vita in cui intrecciare relazioni significative.

Le differenze rispetto a queste due dimensioni sono piuttosto nette tra i due campioni.

(tab. 24).

Tab. 24. Relazioni sul lavoro: orientamento al compito o alla relazione.

110

Compito Relazione

Lavoratore 0,17 -0,28

Studente -0,09 0,15Comunità -0,28 0,36

Controllo 0,28 -0,36

Comunità – in coppia 0,21 0,25

Controllo – in coppia 0,6 -0,66

Comunità – single -0,89 0,5

Controllo – single -0,19 0,09

Comunità – lavoratore -0,37 0,39

Controllo – lavoratore 0,71 -0,95

Comunità – studente -0,24 0,35

Controllo – studente 0,05 -0,04

Comunità – maggiore di 24 anni -0,05 0,26

Controllo – maggiore di 24 anni 0,37 -0,38

Comunità – minore di 24 anni -0,48 0,44

Controllo – minore di 24 anni 0,21 -0,34

Comunità – maschio -0,5 0,36

Controllo – maschio 0,23 -0,48

Comunità – femmina 0,05 0,36

Controllo – femmina 0,36 -0,18

Comunità – uso internet scarso -0,33 0,46

Controllo – uso internet scarso 0,6 -0,9

Comunità – uso internet frequente -0,19 0,18

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È possibile affermare che i ragazzi provenienti dalle comunità siano decisamente più 

orientati alle relazioni (0,36) di quanto non sia il campione di controllo (-0,36). Al

contrario, i partecipanti di quest'ultimo sono decisamente più orientati al ruolo (0,28) di

quanto non sia il campione comunitario (-0,28). Considerando però anche il dato dei

lavoratori e degli studenti, prescindendo dall'appartenenza comunitaria, si può osservare

come chi lavora sembri caratterizzarsi per un orientamento verso il ruolo; al contrario,

per gli studenti emerge un valore più alto nell'orientamento alla relazione.

Diventa interessante a questo punto focalizzarsi sulle variazioni dei valori a seconda

della condizione di lavoratore o studente e rispetto all'appartenenza. I lavoratori del

campione di controllo si caratterizzano per un deciso orientamento al ruolo (0,71)

mentre è quasi nulla l'attitudine alle relazioni (-0,95). Al contrario, tra i partecipanti

provenienti dalle comunità, coloro che lavorano sono decisamente più orientati alle

relazioni (0,39) che al ruolo (-0,35), ma con valori più contenuti. Gli studenti invece,

che possiamo presumere abbiano avuto in misura minore la possibilità di fare esperienza

del contesto lavorativo, ottengono risultati in parte divergenti da quelli generali dei due

campioni. Mentre da questo sottogruppo del campione di controllo emerge una

posizione piuttosto indefinita, con valori prossimi allo 0 per entrambi gli orientamenti

(0,05 e -0,04), gli studenti provenienti dalle comunità ottengono punteggi molto simili ai

lavoratori dello stesso campione: anch'essi sembrano orientarsi decisamente alle

relazioni.

Vi sono poi altre peculiarità emerse che è importante rilevare. La condizione single/in

coppia sembra rappresentare un primo elemento di discontinuità: per i partecipanti di

entrambi i campioni i valori dell'orientamento al compito sono nettamente più elevati

per chi ha una relazione di coppia (campione comunitario: 0,21; campione di controllo:

0,6), rispetto ai valori dei single (-0,89 e 0,19). Rispetto a questi ultimi, essi sono i più 

bassi tra le percentuali emerse dai vari sottogruppi; inoltre, se andiamo a confrontarli

con altre dimensioni come l'importanza attribuita al rapporto con i colleghi e

l'orientamento alla relazione, emerge un filo conduttore. I valori vanno infatti nella

stessa direzione, e descrivono i partecipanti single di entrambi i campioni come persone

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per cui il rapporto con i colleghi è decisamente primario e non con lo scopo di creare un

contesto adeguato ad aumentare l'efficienza lavorativa; al contrario essi sembrano

ritenere fondamentali queste relazioni indipendentemente dalle condizioni in cui si

svolgono. I valori rispetto all'orientamento alla relazione sono infatti significativi, 0,5

per il campione comunitario e 0,09 per quello di controllo. Per quanto riguarda i

partecipanti con una relazione di coppia, l'appartenenza comunitaria sembra tracciare

una netta demarcazione. Se, come già accennato, in entrambi i campioni i valori

dell'orientamento al ruolo sono decisamente più elevati per questo sottogruppo, è la

diversa importanza alla relazione che ci permette di inquadrare meglio questi dati.

Infatti, il punteggio relativo all'orientamento alla relazione, all'interno del campione di

controllo, è di -0,66: è quindi possibile affermare come essi siano decisamente più 

orientati al ruolo. Invece, se passiamo a considerare i partecipanti del campione

comunitario che hanno una relazione di coppia, troviamo una peculiarità: essi ottengono

un valore positivo in tutte e due le dimensioni. Questo dato sembra perciò indicare come

essi siano in grado di conciliare entrambi gli orientamenti, considerando fondamentale

la relazione con i colleghi sia per il proprio benessere che per garantire un contesto

lavorativo adeguato a svolgere la propria mansione.Se si osservano invece i punteggi degli altri sottogruppi (ossia rispetto alle condizioni

lavoratore/studente, maggiore/minore di 24 anni, maschio/femmina e relativamente al

diverso uso di internet), si nota come essi, nella maggior parte dei casi, tendano ad

essere inversamente proporzionali. In altri termini, coloro che ottengono un valore più 

elevato in uno dei due orientamenti evidenziano invece valori più bassi nel secondo, e

viceversa.

Vi sono due ulteriori sottogruppi che sembrano capaci di “tenere insieme” con più 

efficacia entrambe le dimensioni, o che comunque non evidenziano valori cos ì 

divergenti rispetto ai due orientamenti presentati. All'interno del campione comunitario

sia i maggiori di 24 anni che le femmine si caratterizzano per valori prossimi allo 0

rispetto all'orientamento al ruolo, mentre hanno valori simili alla media più generale. È 

possibile affermare come, anche per loro, l'importanza attribuita al benessere relazionale

sul posto di lavoro non sia in contrasto con le necessità legate allo svolgimento della

propria mansione.

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4.6.2. Rapporto con l'autorità sul luogo di lavoro.

Il tema dell'autorità rispetto al contesto lavorativo è stato indagato attraverso un'altra

storia da completare. In questo caso il protagonista non riusciva a completare in tempo

un lavoro assegnatogli, e per questa ragione veniva richiamato creando cos ì le premesse

per un contrasto con il capo. A partire da tale scenario, è stato possibile individuare

quattro diversi approcci caratteristici. Due di essi, in particolare, evidenziano tendenze

divergenti abbastanza nette tra i due campioni: le risposte che fanno riferimento ad un

atteggiamento di sottomissione verso l'autorità, e quelle che invece prospettano un

confronto più

equilibrato fra le due parti. La prima categoria, che può

essere denominata“sottomissione”, delinea una situazione dove il dialogo è caratterizzato da asimmetria e

unidirezionalità, (2: “tanto ha ragione il capo.. non ci sarebbe nessuna discussione..”; 18:

”non riesce ad imporre la sua idea al capo, è inutile che ci provi..”) e un epilogo

negativo (10: ”secondo me lui perde il lavoro..”; 34: ”Il capo la licenzia”): il

protagonista ha un atteggiamento rinunciatario e non ha nessuna possibilità di influire

sulla situazione. Ebbene, quasi la metà del campione di controllo può essere incluso in

questa categoria (45%), mentre solo il 10% dei ragazzi delle comunità hanno risposto in

questo modo. La seconda categoria individuata, che vede questi valori quasi

completamente invertiti, è stata chiamata “ possibilit à”. Anche in questo caso il

confronto con il capo è piuttosto asimmetrico, e l'eventualità di un dialogo viene

scarsamente considerata (33: “sul posto di lavoro puoi far valere le tue ragioni ma fino a

un certo punto perché alla fine il coltello dalla parte del manico ce l’ha il capo”).

Tuttavia, l'episodio viene considerato da un punto di vista sostanzialmente diverso: qui il

richiamo da parte del capo ha più il tono di una rimprovero, ma senza un tono definitivo

(35: “ magari del capo che gli urla dietro anche solo per mettergli pressione, poi di

sicuro non lo licenzia”), oppure, nonostante l'asprezza del richiamo, viene comunque

concessa una proroga o una seconda possibilità (13: “effettivamente lo capisce e gli da

un’altra settimana”; 15: “il capo gli fa il cazziatone, ma gli da una seconda possibilità”).

Un ulteriore elemento che si evidenzia, in queste risposte, è l'importanza attribuita al

lavoro svolto e all'impegno profuso (13: “ Roberto si è impegnato e ha dato quello che

poteva dare“ ; 9: “ lei ce l'ha messa tutta, che era impossibile”): la dedizione del

protagonista viene considerata un elemento determinante per la reazione del capo e in

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generale per l'esito delle storie. Sono i comunitari a prevalere in questa categoria: infatti

il 40% di essi è ascrivibile al tipo “possibilità”, a fronte del 20% del campione di

controllo. La possibilità di un confronto vero e proprio con il capo emerge invece nella

terza categoria. La tipologia “discussione” è infatti caratterizzata dalla possibilità, per il

protagonista, di confrontarsi col capo e di poter spiegare il proprio punto di vista (12:

“sentirei l'imbarazzo per il rimprovero, ma cercherei di fare valere le mie ragioni”), con

esiti positivi o negativi. Oppure, per quelle risposte che vedono il protagonista non solo

nella condizione di spiegare le proprie ragioni (25: ”non ha senso comunicare quando

uno è arrabbiato, è molto difficile... non per queste non devi fare valere la tua

posizione”), ma anche di farle valere poiché valide e fondate (38: “dare la sua versione

dei fatti, convincere il capo che ha fatto tutto il possibile”; 19: “Il tempo era poco, ti sei

impegnato, ce l'hai messa tutta”). In queste risposte il protagonista ha un ruolo attivo, e

sembra essere in grado di tenere testa al rimprovero del capo e di discutere e

confrontarsi in maniera efficace. I due campioni convergono rispetto a questo aspetto: il

30% di entrambi i campioni è ascrivibile a questa categoria.

Infine, è stata individuata un'ultima tipologia di risposte, denominata “responsabilit à”:

l'accento in queste risposteè

posto proprio sull'attribuzione di colpe e meriti da partedel protagonista (22:”forse avrebbe potuto prima di iniziare il lavoro chiedere se poteva

avere più tempo, o comunque non aspettare di arrivare all'ultimo giorno..“).

Diversamente dalla categoria “possibilità”, precedentemente illustrata, dove questo

aspetto emergeva come uno degli elementi di confronto con il superiore, qui la serietà e

la correttezza sono ritenute primarie e determinanti, in un senso o nell'altro. In parte

prescindendo dalle reazioni del superiore, le risposte pongono l'accento sull'importanza

di avere “la coscienza a posto” (37: “se lui ha la coscienza pulita di aver fatto il buon

lavoro, lo dovrebbe dire al suo capo”; 5: ”se uno sa che dà il massimo.. è a posto con se

stesso”). Troviamo in questa categoria una prevalenza del campione comunitario (20%)

rispetto a quello di controllo (5%) (tab. 25).

 

Tab. 25. Rapporto con l'autorit à nel contesto lavorativo.

114

sottomissione possibil ità discussione responsabi lità

Comunità 10,00% 40,00% 30,00% 20,00%

Controllo 45,00% 20,00% 30,00% 5,00%

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4.7. Progettare il futuro.

Il tema della progettualità e della visione del futuro è già stato affrontato più volte lungo

questo lavoro, in particolare rispetto alle relazioni amicali (par. 4.4.4) e a quelle di

coppia (par. 4.2.5). Ciononostante, vi sono aspetti specifici legati alla dimensione

progettuale individuale che non possono essere tralasciati. In particolare, gli aspetti che

verranno affrontati in questo paragrafo sono l'atteggiamento rispetto al futuro, la fiducia

negli altri, l'atteggiamento verso la vita e la mobilità. I dati rispetto a queste dimensioni

sono stati rilevati attraverso gli items n. 2, 8, 11, 12, 24 e 25.

L'atteggiamento verso il futuro è relativo alla natura delle aspettative che si nutrono

rispetto a quanto deve ancora accadere. Si tratta di un argomento oggetto di interesse da

parte di molti autori; tra le altre ragioni per cui rappresenta un tema significativo,

possiamo ricordare le parole di Bourdieu (1998) secondo cui il futuro si fa tanto più 

incerto e minaccioso quanto meno è stabile il presente, che invece dovrebbe

rappresentare un luogo stabile e sicuro da cui muovere. In altri termini, la visione del

futuro di una persona ci può dire molto anche rispetto a come una persona vive il

contesto sociale attuale. Sono numerosi gli autori che identificano elementi di criticità 

rispetto all'avvenire della nostra società (Benasayag, Schmit, 2003; Bauman, 2001;2002, 2008; Beck, 1986; Pietropolli Charmet, 2000). Non manca nemmeno chi

evidenzia come questi aspetti vengano recepiti dai giovani ed espressi attraverso timori e

senso di insicurezza diffuso (Buzzi e al., 2002; 2007; Benasayag, Schmit, 2003).

Riprendendo il lavoro di Giancaterino (2009), si può notare come l'appartenenza

comunitaria su questi aspetti rappresenti un elemento capace di rovesciare la tendenza.

Di fatto, il contesto comunitario sembra essere un elemento determinante, costituendo

una base sicura che consente di mediare l'apertura verso l'esplorazione e rispetto al

futuro.

Anche la fiducia negli altri, che ha molti aspetti in comune con gli elementi appena

presentati, rappresenta un punto critico nel contesto attuale. Come sottolineano più 

autori (Bauman, 2001;2002; Benasayag, Schmit, 2003) oggi la frequentazione degli

“altri” ha la sola funzione di rispecchiare la natura individualistica della lotta quotidiana

di ogni persona: è completamente assente la possibilità che i diversi interessi possano

sommarsi per affrontare insieme un problema comune. L'atteggiamento che si nutre

verso gli altri è, genericamente, quello che porta a costruire relazioni non vincolanti che

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possano essere interrotte da un momento all'altro seguendo lo spirito del “si salvi chi

può”; il legame è sinonimo di limitazione della propria libertà di perseguire ciò che

riteniamo giusto per noi. Un legame che, come sottolinea Sennet (1998), ci permette

unicamente di condividere l'intimità temporaneamente, fungendo più che altro da

rifugio momentaneo in cui nascondersi dai problemi di natura individuale. I dati IARD

presentano dati piuttosto rilevanti: più di metà del campione dei giovani del nostro Paese

si dichiara diffidente verso gli estranei, mentre solo un terzo sia disposto ad accordar

loro fiducia (Buzzi e al., 2007).

Un altro aspetto su cui si è scelto di concentrarsi è quello relativo alla mobilità, che

rappresenta una componente del più ampio atteggiamento verso il futuro. La mobilità,

intesa come disponibilità a lasciare il paese di origine per una prospettiva di lavoro

all'estero, può essere considerata connessa alla motivazione ad esplorare che deriva da

una base sicura solida e stabile. In particolare, i dati del contesto italiano sembrano

parlare chiaro: i giovani sembrano poco propensi a lasciare il proprio paese, poiché 

questo per loro significherebbe abbandonare il contesto d'origine insieme con le risorse

di capitale sociale; risorse che sembrano essere attivabili quasi unicamente a livello

locale e non estendibili o riproducibili altrove (Buzzi e al., 2007).I dati del rapporto IARD indicano che la percentuale di coloro che è disposta a lasciare

il contesto d'origine è diminuita significativamente a partire dal 1987, quando quasi il

70% del campione era disposto a muoversi: oggi questa percentuale è scesa a meno del

50% (Buzzi e al., 2007).

L'ultimo tema qui affrontato rispetto alla progettualità è quello dell'atteggiamento verso

la vita: per utilizzare i termini del rapporto IARD, la questione è relativa all'importanza

attribuita alla fortuna (fatalismo) piuttosto che all'impegno personale

(autodeterminazione) nell'affrontare le sfide della vita (Buzzi e al., 2007). Quest'ultima

categoria si riferisce a coloro che sono in grado di porsi obiettivi, che non fanno

affidamento sulla fortuna e ritengono di poter avere effetto personalmente sugli

accadimenti della propria vita. Al contrario, i “fatalisti” sono più timorosi delle proprie

scelte, i cui esiti sono attribuiti principalmente a fattori esterni.

4.7.1. Atteggiamento verso la vita.

Cominciando da questo tema, è stato costruito un indice per rappresentare le due

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tipologie appena descritte. L'estremo di segno negativo (-1) è rappresentato

dall'atteggiamento “fatalista”, mentre il valore 1 corrisponde al costrutto di

”autodeterminazione”. Osservando i dati, si può notare come questo aspetto marchi una

netta differenza tra i due campioni: il valore medio associato ai ragazzi delle comunità è 

0,39, mentre quello del campione di controllo è nettamente inferiore, ossia -0,39 (tab.

26).

  Tab. 26. Importanza della fortuna.

La discrepanza sembra poi mantenersi tale in ciascun sottogruppo, con lievi oscillazioni

per quanto riguarda l'ampiezza. I valori medi all'interno del campione comunitario si

mantengono analoghi alla media generale, con la sola eccezione della variabile età, che

vede aumentare il grado di autodeterminazione tra i ragazzi più grandi (0,52) rispetto ai

più giovani (0,28). Relativamente al campione di controllo, anche in questo caso non vi

sono particolari cambiamenti tra i punteggi dei sottogruppi, tranne nel caso dei

lavoratori, che sembrano caratterizzarsi per un maggior orientamento fatalista (-0,66)

confrontati con gli studenti (-0,25): questo dato è in linea con quanto emerso

dall'indagine IARD (Buzzi e al., 2007), che vede coloro che hanno terminato il percorso

educativo più in balia delle criticità attuali e meno sicuri di sé stessi. Questo potrebbe

significare che i giovani lavoratori delle comunità siano più protetti rispetto a questi

rischi. É quindi possibile affermare che, a partire dai dati emersi, l'atteggiamento verso

la vita sembra essere correlato in maniera piuttosto significativa con l'appartenenza

comunitaria, che evidenziano perciò una più chiara capacità di porsi obiettivi, la

tendenza a non fare affidamento sulla fortuna e, infine, ad avere un effetto personalesugli accadimenti della propria vita

117

imp. Fortuna

Comunità 0,39

Controllo -0,39

Comunità – lavoratore 0,38

Controllo – lavoratore -0,66Comunità – studente 0,39

Controllo – studente -0,25

Comunità – maggiore di 24 anni 0,52

Controllo – maggiore di 24 anni -0,4

Comunità – minore di 24 anni 0,28

Controllo – minore di 24 anni -0,38

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4.7.2. Atteggiamento verso il futuro.

Anche rispetto al tema dell'atteggiamento verso il futuro la variabile  appartenenza

sembra giocare un ruolo primario. In questo caso i punteggi che verranno presentati si

distribuiscono da -1, che indica l'estremo negativo, ossia un atteggiamento che vede il

futuro come minaccia, e latore di possibili incognite e rischi, a 1, che corrisponde invece

al polo positivo. Si intende qui una visione del futuro come promessa, fonte di sorprese

e possibilità ancora inesplorate. Ebbene, anche qui i dati confermano quanto emerso dal

lavoro di Giancaterino (2009).

L'atteggiamento verso il futuroè

di segno nettamente più

positivo per i ragazziappartenenti alle comunità, che hanno un valore medio di 0,56, rispetto al campione di

controllo (-0,56). Osservando i dati del campione comunitario, si nota chiaramente

come i valori rimangano costanti, con la sola significativa eccezione dei lavoratori:

questa condizione è infatti l'unica ad ottenere un punteggio leggermente negativo (-

0,07). Questo elemento sembra confermare quanto già accennato in precedenza, ossia

che all'interno della popolazione più ampia sono coloro che già lavorano a vivere più 

intensamente le componenti di insicurezza e i timori diffusi, e a subire maggiormente

gli effetti derivanti (Buzzi e al., 2007).

L'ultima considerazione interessante rispetto a questo tema emerge considerando i due

sottogruppi individuati a partire dal diverso utilizzo di internet (tab. 27).

 

Tab. 27. Atteggiamento verso il futuro.

Sembra che anche in questo caso le appartenenze ai due diversi campioni interagiscano

in maniera diversa e peculiare. Una maggior familiarità rispetto al medium informatico

sembra correlarsi, nel campione comunitario, ad un atteggiamento più positivo nei

confronti del futuro: chi utilizza più di frequente il computer ed internet sembra più 

orientato a immaginare il futuro come fonte di possibilità (0,98) rispetto a chi lo usa

“mai o raramente” (0,33). Al contrario, nel campione di controllo è il sottogruppo di chi

118

att. Vs futuro

Comunità – uso internet scarso 0,33

Controllo – uso internet scarso -0,37

Comunità – uso internet frequente 0,98

Controllo – uso internet frequente -0,68

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ha meno familiarità con il medium informatico a mostrare un atteggiamento meno

negativo (0,37) rispetto a chi lo utilizza più frequentemente (-0,68). I valori si

mantengono comunque piuttosto bassi.

4.7.3. Fiducia verso gli altri.

Oltre all'atteggiamento verso il futuro, ci si è focalizzati anche su un altro aspetto, che

contraddistingue l'agire delle persone quotidianamente, ossia il grado di fiducia

attribuito agli altri, le persone esterne alla sfera macrosociale; altri intesi come coloro

con cui non abbiamo rapporti diretti, se non casuali e fugaci: in una parola, gli estranei.

Rispetto a questa dimensione, i punteggi dei due sottogruppi si differenziano in maniera

più lieve di quanto è emerso finora. Il campione di controllo sembra caratterizzarsi per

un grado di fiducia minore (-0,12) rispetto al campione comunitario (0,12). Anche

osservando gli altri sottogruppi, il divario tra i due campioni rimane pressoché invariato,

evidenziando quindi come l'appartenenza comunitaria sia un fattore significativo

rispetto a questa dimensione (tab. 28).

Tab. 28. Fiducia verso gli altri.

Vi sono solamente due gruppi in cui la differenza tra i due campioni si affievolisce:

quello formato da chi è in coppia e quello dei maggiori di 24 anni. Entrambe le variabili

sembrano sufficienti ad annullare la differenza associata all'appartenenza comunitaria, e

i valori del campione di controllo sono pressoché identici. Emerge insomma che per i

partecipanti più grandi e per coloro che hanno una relazione di coppia il grado di fiducia

verso le altre persone sia lo stesso, prescindendo dall'appartenenza comunitaria.

Passando ad analizzare in maniera più attenta il campione di controllo, si può notare

come vi siano alcuni sottogruppi che evidenziano valori particolarmente bassi: i single,

gli studenti ed i minori di 24 anni si attestano su punteggi intorno a -0,25, e

119

fiducia negli altri fiducia negli altri

Comunità – in coppia 0,02 Comunità – maggiore di 24 anni 0Controllo – in coppia -0,01 Controllo – maggiore di 24 anni 0,02

Comunità – single 0,25 Comunità – minore di 24 anni 0,22

Controllo – single -0,3 Controllo – minore di 24 anni -0,24

Comunità – lavoratore 0,29 Comunità – uso internet scarso 0,12

Controllo – lavoratore 0,07 Controllo – uso internet scarso -0,49

Comunità – studente 0,03 Comunità – uso internet frequente 0,13

Controllo – studente -0,23 Controllo – uso internet frequente 0,12

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caratterizzandosi quindi per un grado decisamente basso di fiducia verso gli altri.

L'atteggiamento meno orientato alla fiducia è però associato a chi, sempre nel campione

di controllo, fa un uso meno frequente del computer e di internet (-0,49), mentre chi ha

maggior familiarità sembra nutrire anche maggior fiducia (0,12). Questo dato da una

parte smentisce alcune idee diffuse rispetto all'effetto di questi media su chi ne fa un uso

elevato (Whitty, Carr, 2008), che li vedrebbe responsabili di minare le capacità 

relazionali delle persone; dall'altro conferma ciò che emerge dal presente lavoro rispetto

ad alcune aree (par. 4.5). Infine, confrontando i dati nel loro complesso, si può rilevare

un altro aspetto. Le due categorie dove troviamo una discrepanza maggiore fra i due

campioni sono quelle dei single e dei minori di 24 anni: all'interno di questi due

sottogruppi incontriamo un maggior grado di fiducia verso gli estranei per i ragazzi

provenienti dalle comunità (0,25 e 0,22), ed un valore decisamente inferiore per i

partecipanti del campione di controllo (-0,3 e -0,24). Secondo alcuni autori, i giovani

adulti che non hanno una relazione di coppia (che spesso corrispondono ai più giovani)

si caratterizzano per una sfera amicale più ampia e per una maggiore quantità di tempo

trascorsa in situazioni sociali allargate (Buzzi e al., 2007; Di Nicola, 2002). Potremmo

ipotizzare che queste stesse persone abbiano modo di interagire con un numero più

 elevato di persone rispetto a coloro che, per esempio, hanno una relazione di coppia o

hanno un età maggiore, e quindi impegni di tipo diverso. Per certi aspetti sembrano

perciò rappresentare una fascia di persone molto esposta al rapporto con un gran

numero di persone. Ebbene, la discrepanza cos ì evidente tra i valori che emergono

relativamente alla fiducia assume in questo modo un significato ancora più rilevante se

pensiamo che questa fascia di persone comprende chi potenzialmente ha più a che fare

con “gli altri”.

4.7.4. Mobilità.

L'ultima dimensione che si è scelto di analizzare è quella della mobilità. Questo aspetto,

in effetti, si pone ad un livello più “concreto” rispetto a quelli presentati finora. Si tratta

di un orientamento più circoscritto, e soprattutto legato ad una precisa scelta, mentre le

dimensioni descritte finora hanno una natura più complessa. Ciononostante, si tratta di

un altro elemento che concorre a delineare qual'è l'atteggiamento dei giovani verso il

futuro e rispetto alle scelte che saranno chiamati a fare. La mobilità costituisce inoltre,

120

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come già accennato, un valore che contribuisce a chiarire in che modo (e con quali esiti)

il contesto d'appartenenza della persona (nel nostro caso la famiglia nucleare o la

comunità di famiglie) si configuri come base sicura: solo un rapporto adeguato con essa

permette infatti di allontanarsi per esplorare (Ainsworth e al., 1978). D'altra parte, essa è 

anche misura del grado di radicamento sul territorio di una persona e delle risorse del

capitale sociale presenti; costituisce però anche una criticità, come già accennato, la

difficoltà inerente al trasferire o estendere queste risorse altrove (Buzzi e al., 2007).

I valori relativi alla mobilità sono ancora una volta abbastanza netti nel delineare due

diverse tendenze generali: i ragazzi delle comunità decisamente orientati al

cambiamento (0,26) a fronte di un campione di controllo (-0,26) che sembra ricalcare le

tendenze del più ampio dato nazionale rilevato dal rapporto IARD (Buzzi e al., 2007;

2002). Rispetto ai valori dei sottogruppi, si evidenziano alcune tendenze prevedibili a

fianco di altre più inaspettate. Un primo dato è relativo alle differenze che emergono

nelle condizioni single/in coppia. La condizione di single si associa a valori abbastanza

elevati a prescindere dai campioni, entrambi prossimi al valore di 0,4. Rispetto invece a

chi ha una relazione di coppia vi è una prima discrepanza significativa: i partecipanti del

campione di controllo sembrano decisamente meno inclini a spostarsi (0,72) mentre perchi proviene dalle comunità (punteggio di 0,2) questa differenzia non emerge.

Proseguendo, si può osservare come l'appartenenza comunitaria interagisca allo stesso

modo relativamente alle condizioni lavoratore/studente e rispetto all'età (tab. 29).

Tab. 29. Mobilit à.

 

Rispetto a lavoratori e maggiori di 24 anni l'appartenenza comunitaria sembra tracciare

una discontinuità: troviamo cos ì un maggior grado di mobilità associato ai partecipanti

delle comunità. Il campione di controllo, invece, è in linea con i dati IARD che rilevano

un calo della disponibilità a trasferirsi associato all'aumento dell'età o alla condizione

lavorativa (Buzzi e al., 2007; 2002). Interessante è invece ciò che si può osservare

rispetto agli studenti e ai partecipanti più giovani. Qui l'appartenenza comunitaria non

121

mobilità mobilità

Comunità – lavoratore 0,56 Comunità - + di 24 anni 0,49

controllo – lavoratore -0,83 controllo -+ di 24 anni -0,43

Comunità – studente 0,1 Comunità – di 24 anni 0,07

controllo – studente 0,05 controllo - di 24 anni -0,12

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sembra capace di creare una discontinuità cos ì netta, cosicché i valori rimangono

piuttosto vicini alla media. Il genere sembra invece passare in secondo piano rispetto

alle differenze che emergono tra le due popolazioni studiate: qui i maschi e le femmine

del campione comunitario ottengono punteggi nettamente più alti degli stessi

sottogruppi appartenenti al campione di controllo; confrontando i dati, anche qui emerge

una peculiarità emersa dall'indagine IARD, che mette in luce una maggior apertura alla

mobilità da parte dei maschi rispetto alle femmine: discrepanza che tra l'altro è meno

significativa nel campione comunitario (tab. 30).

Tab. 30. Mobilit à rispetto al genere.

4.8. Rapporto con l'autorità.

Il termine auctoritas in latino faceva riferimento a due aspetti: sia a quello di delegare e

attribuire responsabilità a qualcuno incaricato di amministrare la vita civile, sia di

sottolineare la competenza associata al prestigio sociale. Inizialmente si trattava quindi

di assegnare un particolare ruolo a qualcuno da parte di una comunità, ruolo che

permetteva di assumere una posizione di rilievo (Passini, Morselli, 2010). Milgram

(1975) sostiene che la relazione tra individuo ed autorità

, qualsiasi forma assumaquest'ultima, è un aspetto caratteristico di ogni gruppo sociale. Da una parte,

l'obbedienza a regole e norme è necessaria affinché sia possibile vivere insieme ad altri,

e ne rappresenta un fondamentale prerequisito. Basti pensare al processo educativo, che

verrebbe minato alla base se all'educatore non fosse riconosciuto un certo grado di

autorevolezza. Contemporaneamente, questa stessa obbedienza ha portato, nel corso

degli anni, ad avvenimenti drammatici dettati dalla cieca osservanza di ordini discutibili

o immorali; basti pensare a quanto accadde nella Germania nazista, o, più recentemente,

alla Ford (Dowie, 1977). Emerge quindi il problema di come comportarsi davanti ad

122

mobilitàComunità – maschio 0,32

controllo - maschio -0,09

Comunità – femmina 0,17

Controllo - femmina -0,52

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un'autorità, o a delle norme, moralmente discutibili: in questi casi la disobbedienza non

è solo ammessa, ma si potrebbe ritenere anche consigliabile. Essa infatti può essere

indice di una crescita di consapevolezza della persona o di un gruppo, oltre che

dell'autonomia di pensiero, e costituisce un primo punto di partenza per mettere in

discussione uno status quo ingiusto (Passini, Morselli, 2010).

Il rapporto con l'autorità è stato affrontato e dibattuto sotto molti punti di vista durante il

novecento (vd. Horkheimer, 1974; Fromm, 1941). Secondo Benasayag e Schmit (2003) il

principio di autorità è oggi radicalmente messo in discussione, diventando più debole

anche in quelle relazioni che si basano intrinsecamente sull'asimmetria tra due persone.

Il “tracollo” dell'autorità sta contribuendo, secondo gli autori, a creare una profonda

crisi all'interno della nostra società, e coloro che dovrebbero educare (i “maestri”, in

senso lato) stanno progressivamente perdendo la loro autorevolezza. Senza dilungarci

oltre, è comunque importante sottolineare un'altra considerazione che offrono gli autori.

Anche l'autorità, insieme a chi ubbidisce, deve osservare le stesse regole, che

rappresentano il fondamento a priori della relazione; vi è per entrambi un bene

condiviso, uno stesso scopo per tutti. E la figura autoritaria dovrebbe rappresentare uno

stimolo, un invito a dirigersi verso l'obiettivo comune. Ma la presenza di un obiettivocomune e condiviso implica la possibilità di immaginare ed attendersi un futuro che

offra le stesse possibilità di ieri, o quantomeno di oggi: ed è proprio la mancanza di

questa garanzia che, secondo gli autori, mina le premesse del rapporto tra giovani ed

autorità.

Nel presente lavoro è stato possibile individuare tre indici per analizzare il tema

dell'autorità: le aspettative rispetto alle figure autoritarie, le modalità di rapportarsi

all'autorità e l'importanza attribuita alle norme. I punteggi relativi a questi aspetti sono

stati rilevati a partire dagli items 12, 14 e 24 dello strumento.

La dimensione delle aspettative fa riferimento alle attese della persona rivolte al

comportamento o all'atteggiamento della persona che rappresenta l'autorità. Nell'indice

che è stato creato il valore -1 è il polo associato a caratteristiche negative: in particolare,

rigidezza, inflessibilità e severità. All'opposto, i valori che tendono a 1 comprendono

aspettative rispetto ad un comportamento comprensivo e tollerante da parte della figura

autoritaria.

Osservando i dati nel loro complesso, si evidenzia una differenza piuttosto netta tra i due

123

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campioni. I ragazzi delle comunità hanno un punteggio che tende maggiormente ad 1

(0,28) mentre il campione di controllo ha una media di valore negativo (-0,28).

Relativamente ai valori medi, sembra quindi che il campione comunitario sia

caratterizzato da aspettative più positive verso l'autorità. È interessante confrontare

questo dato con quanto emerge rispetto al tema dell'autorità sul luogo di lavoro (par.

4.6.2). Emerge in tale area come i ragazzi delle comunità si caratterizzino per un

comportamento non rinunciatario, ma che invece comprende la discussione e il

confronto con la figura autoritaria: tenendo presente questo aspetto, è possibile quindi

leggere l'atteggiamento positivo verso l'autorità non in termini di acquiescenza, ma

come modo di porsi di chi da valore all'autorità sapendo che essa può essere criticata nel

caso si dimostri ingiusta.

 

La seconda dimensione analizzata è relativa alle differenti modalità dei partecipanti di

rapportarsi all'autorit à. Anche in questo caso si è proceduto a creare un indice con due

estremi: il polo -1 si associa ad una modalità più passiva e rinunciataria, che caratterizza

chi tende ad accettare acriticamente la posizione di inferiorità all'interno di una

relazione asimmetrica. Al contrario, il polo 1 indica l'atteggiamento di chi si pone inmaniera più direttiva, e, nonostante il rapporto asimmetrico sfavorevole, cerca

comunque di prevalere e di imporsi nei confronti della figura autoritaria.

Rispetto a questa dimensione, si nota una differenza piuttosto netta: i ragazzi provenienti

dalle comunità sembrano orientati maggiormente verso la polarità positiva, con un

punteggio di 0,31, mentre il campione di controllo si caratterizza per un atteggiamento

più di natura passiva (punteggio -0,31). Questa differenza tra i due campioni si mantiene

costante (anche se varia nell'ampiezza) in quasi tutti i sottogruppi, con una sola

eccezione: la condizione “single” sembra in questo caso influire maggiormente della

variabile d'appartenenza, e fa s ì che il punteggio sia prossimo allo 0 per i single di

entrambi i campioni. Un altra tendenza che si evidenzia, che in questo caso si

sovrappone all'appartenenza a uno o all'altro campione, sembra essere associata all'età e

alla condizione lavoratore/studente (tab. 31).

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Tab. 31. Atteggiamento verso autorit à.

 

Se, come già accennato più volte, può essere corretto associare coloro che lavorano con

un'età più avanzata (Buzzi e al., 2007; Di Nicola, 2002), non sorprende rilevare che gli

studenti ed i minori di 24 anni ottengono risultati simili (di segno negativo). Poiché 

anche i punteggi dei lavoratori e dei partecipanti più grandi hanno valori simili tra di

loro, è possibile ipotizzare, a partire dai dati emersi, una tendenza evolutiva rispetto

all'atteggiamento verso l'autorità. Confrontando i dati emerge infatti che con l'aumento

dell'età i partecipanti sembrano acquisire una sicurezza di sé che permette loro di

confrontarsi in maniera più paritaria (o di cercare di impostare il confronto in questa

direzione) con la figura autoritaria. Questo dato si associa forse anche con un altro

aspetto. Come detto, i maggiori di 24 anni sono coloro che hanno probabilmente già 

avuto esperienze di lavoro, dove è possibile avere esperienza di un'autorità diversa da

quella presente nell'ambiente scolastico (se non per le caratteristiche, almeno per il fatto

che è fisicamente un'altra persona); forse è possibile ipotizzare che proprio il contatto

(spesso in condizioni diverse da quelle scolastiche) con un'altra autorità possa

contribuire a rendere più familiare e perciò meno disagevole il relazionarsi con essa.

La terza ultima dimensione individuata è relativa all'importanza attribuita alle norme.

Scopo di questo paragrafo non è analizzare il rapporto con alcune norme specifiche o

rispetto ad alcune aree, quanto rilevare se nell'importanza attribuita generalmente alle

norme l'appartenenza comunitaria sia capace di tracciare una differenza. È opportuno

ricordare qui la doppia valenza del concetto di regola: da una parte il loro rispetto è ciò 

che fondamentalmente permette la convivenza tra esseri umani. D'altro canto, affinché 

sia possibile il progresso ed il rinnovamento della società

, queste regole devono anchepoter essere messe in discussione e modificate (Passini, Morselli, 2010). Inoltre questa

125

atteggiamento

Comunità – lavoratore 0,94

Controllo – lavoratore -0,51

Comunità – studente -0,02

Controllo – studente -0,21

Comunità – maggiore di 24 anni 0,7

Controllo – maggiore di 24 anni -0,36

Comunità – minore di 24 anni -0,01

Controllo – minore di 24 anni -0,27

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dimensione, contrariamente alle due precedenti, non implica il riferimento a persone

concrete: benché la regole richiedano obbedienza, esattamente come l'autorità, esse non

sono associate ad una persona o ad un gruppo in particolare: ciò che si è cercato di

analizzare qui è il valore attribuito alle norme in sé.

Le differenze tra i due campioni, considerando il valori generali, sono minime: entrambi

le popolazioni sembrano attribuire un valore analogo alle norme, e non si discostano dal

valore medio in maniera significativa(-0,05 per il campione comunitario, 0,05 per quello

di controllo). Rispetto ai sottogruppi, emergono invece alcune peculiarità più chiare. Per

quanto riguarda la condizione maschio/femmina, qui l'appartenenza comunitaria non

sembra influire in nessun modo: sebbene con differenza limitata, in entrambi i campioni

le femmine sembrano attribuire alle norme un'importanza maggiore di quanto non

facciano i maschi. Una tendenza che invece sembra essere correlata con l'appartenenza

comunitaria emerge osservando, nel loro complesso, i dati rispetto all'età, la condizione

lavoratore/studente e quella in coppia/single.

Tab. 32. Importanza attribuita alla norme.

Come si può notare (tab. 32), sembra che le tre variabili interagiscano con

l'appartenenza comunitaria in maniera piuttosto peculiare. Tenendo presente che

l'aumento dell'età può essere associato con la condizione di lavoratore e con quella di

partner (Buzzi e al., 2007; Di Nicola, 2002), e ipotizzando quindi che questi tre fattori

possano variare insieme, si può notare come per i maggiori di 24 anni (lavoratori e in

coppia) l'importanza delle norme aumenti nel campione comunitario, e decresca in

quello di controllo. Al contrario, per i più giovani (single e studenti) l'appartenenza

comunitaria si associa ad un più alto grado d'importanza attribuita alle norme, mentre

per i loro coetanei del campione di controllo le norme sembrano avere un valore

inferiore. Possiamo pertanto osservare due tendenze opposte: per il campione

comunitario l'importanza attribuita alle norme diminuisce con l'aumentare dell'età; al

contrario, nel campione di controllo essa sembra aumentare.

126

Comunità – maggiore di 24 ann i 0,1 3 Comun ità – in coppia -0,18 Comunità - lavoratore -0,2 7

Comunità – maggiore di 24 anni -0,21 Comunità - single 0,11 Comunità – studente 0,06

Controllo – minore di 24 anni 0,65 Controllo - single -0,59 Controllo – lavoratore 0,63

Controllo – minore di 24 anni 0,44 Controllo – in coppia 0,48 Controllo - studente 0,26

rilevanza

norme

rilevanza

norme

rilevanza

norme

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4.9. Percezione dell'immigrazione e stereotipi di genere.

Rispetto a queste due aree, i dati emersi non hanno evidenziato nessuna differenza

sostanziale tra i due campioni. La ricerca di Giancaterino (2009) aveva messo in luce

come l'appartenenza comunitaria si associasse ad una riduzione degli stereotipi in

entrambe le aree, rispetto al campione nazionale (IARD, 2002). Nel nostro caso, i valori

ottenuti non permettono di rilevare una tendenza simile. Questo, lungi dal rappresentare

una disconferma della differenza rilevata precedentemente, può forse essere in relazione

con il tipo di strumento utilizzato. Se Giancaterino si era servita di questionari che

prevedevano l'autosomministrazione (tecnica che permette di esprimere i propri giudizi

autonomamente e a prescindere dalla presenza di qualcun altro), la nostra ricerca si è 

invece avvalsa, come già spiegato, di un'intervista. Tecnica che necessita la presenza di

un intervistatore per essere condotta, e che quindi richiede all'intervistato di rispondere

alle domande in presenza di un'altra persona. Ciò forse ha significato, di fronte a temi

cos ì rilevanti, un'attenuazione dei giudizi dei partecipanti rispetto alle affermazioni

proposte; partecipanti che si sono espressi in maniera più “neutra” davanti ad una

persona che non conoscono quale era l'intervistatore, attestandosi cos ì su punteggi medi.

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5. Conclusioni.

L'analisi condotta nelle pagine precedenti permette di tracciare un quadro generale

rispetto alla sfera relazionale dei partecipanti dei due campioni. Per farlo, può essere

utile ripartire dalle domande iniziali che hanno guidato il presente lavoro. L'ipotesi di

base è relativa alla possibilità che la comunità di famiglie, in quanto contesto familiare

più ricco e dinamico, possa fornire elementi di discontinuità rispetto al contesto sociale

più ampio, in particolare rispetto all'ambito relazionale. Nello specifico, ci si è chiesti se

l'agire dei ragazzi cresciuti nelle comunità sia iscrivibile nelle tendenze prevalenti nella

nostra società (scarso impegno nelle relazioni e timore ad assumersi le responsabilità in

questo ambito (Bauman, 2002; Buzzi e al., 2007), o se invece segua altre coordinate.

Un'altra questione importante riguarda le caratteristiche dei rapporti che i ragazzi

costruiscono: i legami sono basati sul consumo, sull'adesione a codici precisi ma di

natura estetica, ed hanno valenza provvisoria e relativa (Carrà Mittini 1999)? Oppure i

ragazzi provenienti dalle comunità costruiscono relazioni con altre caratteristiche?

Infine, i temi della progettualità, degli atteggiamenti verso il futuro e del rapporto con

l'autorità costituiscono ambiti rispetto a cui erano già state evidenziate differenze con la

popolazione più ampia (Giancaterino, 2009).Se si confrontano i valori generali espressi dai ragazzi appartenenti al campione

comunitario e a quello di controllo emergono numerose differenze. Relativamente

all'area delle relazioni intime, l'atteggiamento dei ragazzi provenienti dalle comunità 

sembra più orientato all'impegno, che, come si è detto, fa riferimento alla possibilità ed

alla voglia di spendersi all'interno della relazione. Il livello di aspettative, inteso qui

come ciò che la persona si aspetta dal partner, è minore per i ragazzi delle comunità. I

ragazzi del campione di controllo sembrano invece avere nei confronti del partner un

grado di aspettative decisamente più elevato, mentre i punteggi relativi all'impegno sono

significativamente più bassi.. L'appartenenza alla comunità sembrerebbe in questo caso

un fattore capace di invertire una delle tendenze attuali, che vedono le persone

impegnarsi in misura sempre minore nelle relazioni, privilegiando un'ottica

individualista e in linea con i valori utilitaristici che guidano la società (Bauman, 2002;

Buzzi e al., 2007). Se i rapporti, nel più generale contesto sociale, portano le persone ad

impegnarsi sempre meno nei confronti dell'altro, troviamo qui un significativo elemento

di discontinuità. I ragazzi delle comunità sembrano infatti investire le proprie relazioni

128

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intime di un livello di impegno decisamente superiore ai loro coetanei della più ampia

popolazione italiana.

Anche rispetto alle rappresentazioni della famiglia troviamo differenze rilevanti. Se il

campione di controllo sembra essere più sensibile alla natura eterogenea della famiglia

attuale e alle varie forme che essa assume, i ragazzi delle comunità invece sembrano

dare più importanza alla funzione di rifugio della famiglia, alle caratteristiche tali per

cui è un luogo sicuro, caldo ed accogliente. Inoltre questi ultimi sembrano essere più 

capaci di identificare quelli che sono gli elementi critici della famiglia nel contesto

attuale, mentre il campione di controllo riesce in maniera minore a identificare le

caratteristiche precise (oltre che le dinamiche) di queste problematiche. Anche nell'area

dei timori rispetto alla famiglia emergono due modalità diverse di osservare la famiglia

stessa: per i ragazzi del campione comunitario il focus sembra orientarsi alla famiglia

nel suo insieme e alle criticità legate ai suoi confini e al suo rapporto con l'esterno;

viceversa, il campione di controllo pone maggiormente l'accento sulle problematiche

legate agli individui che la compongono. Infine, gli ideali di famiglia che caratterizzano

le due popolazioni sono di natura differente: per i partecipanti del campione di controllo

l'immagine più

rilevanteè

quella di una famiglia molto incentrata sulla coppia esull'intimità, e con il focus è rivolto al raggiungimento del benessere. Per i ragazzi delle

comunità invece la famiglia si connota per un ampio grado di scambi e relazioni con

l'esterno e per numerose “interferenze” da parte di altre persone, e il legame tra i

membri è considerato fonte di sicurezza e conforto.

Se passiamo a considerare le relazioni amicali, le differenze principali emergono

rispetto alla dimensione della fiducia, dei confini e della progettualità. Quest'ultima

sembra rivestire in ambito amicale un ruolo più importante per i ragazzi provenienti

dalle comunità, che la orientano anche in maniera differente dalla popolazione di

controllo, ossia verso l’impegno nella diffusione condivisa di attività culturali e sociali,

caratterizzate dallo scopo di portare qualche beneficio alla società nel suo complesso. I

dati rispetto alla progettualità sembrano mettere in evidenza le diverse caratteristiche del

legame che unisce agli amici, che appare più in grado di fornire alla persona gli elementi

per proiettarsi nel futuro verso progetti diversi da quelli che caratterizzano il campione

di controllo. Le funzioni che vengono poi attribuite all'amicizia costituiscono un altro

elemento di divergenza: mentre per il campione di controllo si tratta più di un ambito

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espressivo, caratterizzato da uno stare insieme senza scopi specifici oltre al divertirsi e

al condividere attività piacevoli, per i ragazzi provenienti dalle comunità l'amicizia offre

soprattutto un confronto ed uno stimolo in termini di crescita. È significativo, a questo

proposito, ricordare anche che per questi ultimi il tipo di attività che caratterizzano il

tempo amicale è meno orientato allo svago fine a sé stesso di quanto non avvenga per il

campione di controllo.

Anche la dimensione dei confini della cerchia amicale presenta delle differenze: i

ragazzi provenienti dalle comunità considerano il proprio gruppo di amici più aperto di

quanto non sia per il campione di controllo. Infine, il valore associato alla fiducia nei

confronti degli amici nei ragazzi provenienti dalle comunità è decisamente più elevato di

quanto non sia quello del campione di controllo.

Relativamente all'area del lavoro, emergono altre differenze. La sfida del cercare lavoro

vede i ragazzi del campione comunitario (soprattutto chi un lavoro ancora non ce l'ha,

come gli studenti) caratterizzarsi per un senso di realtà più marcato e fare affidamento

su un maggior numero di mezzi e risorse; inoltre, per quanto riguarda le relazioni sul

posto di lavoro, i rapporti con i colleghi hanno un'importanza maggiore per i lavoratori

del campione comunitario rispetto a quelli del campione di controllo. Anche sullemodalità con cui vivono queste relazioni troviamo una differenza: i partecipanti della

popolazione di controllo danno più importanza allo svolgimento della propria mansione,

e le relazioni sul luogo di lavoro vengono viste, in questo caso, come condizioni che

garantiscono la possibilità di lavorare in maniera ottimale. Al contrario, i ragazzi

provenienti dalle comunità considerano i rapporti con i colleghi una componente del più 

generale benessere relazionale della persona; il posto di lavoro non è solo un luogo dove

portare a termine il proprio compito ma un contesto di vita dove intrecciare relazioni

significative.

Considerando poi la dimensione trasversale della progettualità come atteggiamento in

generale verso il futuro, vediamo qui confermati in buona parte i risultati della

precedente ricerca (Giancaterino, 2009): il campione delle comunità si caratterizza per

un atteggiamento verso la vita più “autodeterminato”, dove l'impegno personale ha

maggior rilevanza e si fa meno affidamento sulla fortuna; al contrario, nel campione di

controllo vi è un timore maggiore verso le scelte da prendere, ed un atteggiamento più 

fatalista rispetto agli esiti.

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Anche l'atteggiamento verso il futuro è di tipo diverso: i ragazzi delle comunità 

sembrano disposti ad affrontarlo con maggior fiducia. Il futuro per loro può ancora

essere fonte di sorprese e possibilità ancora inesplorate. Al contrario, il campione di

controllo conferma le tendenze già emerse nel rapporto IARD (Buzzi, 2007), e vive il

futuro come una minaccia, portatore di possibili incognite e rischi. L'ultima dimensione

legata alla progettualità è quella della mobilità: sono i ragazzi delle comunità ad essere

più propensi rispetto a questa possibilità rispetto ai partecipanti della popolazione di

controllo. Questo dato contribuisce a chiarire in che modo (e con quali esiti) il contesto

d'appartenenza della persona (la comunità o la famiglia) si configuri come base sicura:

come già accennato, solo a partire da un rapporto adeguato con essa si può considerare

l'idea di allontanarsi dalla base ed esplorare (Ainsworth e al., 1978).

Relativamente all'area delle amicizie virtuali, il campione delle comunità si caratterizza

per un uso nettamente minore del medium informatico rispetto al campione di controllo.

Questo dato probabilmente influisce anche sull'atteggiamento rispetto ai social network,

che infatti è negativo per i ragazzi provenienti dalle comunità e significativamente

positivo per quelli del campione di controllo. L'utilizzo principale di internet e dei social

network è

in larga misura legato alla possibilità

di comunicare con i propri amici;ciononostante, il campione di controllo sembra orientarsi verso un utilizzo più ludico

mentre i ragazzi provenienti dalle comunità danno più importanza agli aspetti

strumentali ed utilitaristici di internet. Considerando poi i dati relativi alla prossimità 

percepita coi propri amici su internet, oltre che la composizione e le caratteristiche della

sfera amicale virtuale, quest'ultima e la sfera amicale “reale” sembrano mantenersi su

livelli distinti per quanto riguarda il campione comunitario, mentre la differenza appare

meno netta nel campione di controllo.

Infine, anche considerando il tema del rapporto con l'autorità, i due campioni sembrano

differenziarsi in maniera piuttosto netta rispetto alle aspettative: i ragazzi provenienti

dalle comunità si aspettano più un comportamento comprensivo e tollerante da parte

della figura autoritaria, mentre quelli del campione di controllo maggior rigidezza e

severità. Relativamente alle modalità di rapportarsi all'autorità, il campione delle

comunità sembra porsi in maniera più direttiva, cercando comunque di prevalere e di

imporsi nei confronti della figura autoritaria. Questo dati, se osservati insieme ai

precedenti, sembrano avvalorare l'ipotesi che il rapporto con l'autorità non sia basato

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sull'acquiescenza: essa può essere invece oggetto di critiche se si dimostra ingiusta.

Queste appena elencate sono le dimensioni che vedono i due campioni differenziarsi

rispetto ai totali: pur essendo numerose, vi sono anche aspetti che non hanno visto

emergere differenze significative rispetto all'appartenenza. Ma è osservando anche altre

variabili (quelle che caratterizzano i sottogruppi) che spesso sono emerse divergenze

rilevanti.

Nell'area delle relazioni intime, spesso è l'essere o meno in coppia a far emergere una

differenza più significativa. Relativamente a coloro che hanno una relazione, il grado di

fiducia attribuito al partner è nettamente maggiore per i ragazzi delle comunità rispetto

a quelli del campione di controllo; considerando la dimensione dei confini interni, i

ragazzi provenienti dal campione di controllo evidenziano un grado maggiore di

sovrapposizione tra i due partners, condizione in cui i confini non sono quasi per nulla

definiti e decisamente labili; invece, i ragazzi provenienti dalle comunità che hanno una

relazione intima sembrano bilanciare meglio il bisogno di vicinanza e il rispetto della

separazione. Per quanto riguarda i confini esterni, anche qui sono i punteggi relativi a

chi è in coppia a mettere in evidenza le divergenze. I ragazzi provenienti dalle comunità 

sembrano rilevare confini più

permeabili e flessibili verso l'esterno, mentre ipartecipanti della popolazione di controllo evidenziano un maggior grado di chiusura

della coppia, con confini molto più rigidi. Rispetto alla progettualità di coppia, mentre

per il campione di controllo questa dimensione sembra essere più rilevante, è 

osservando più attentamente la natura di questi progetti che emergono aspetti più 

interessanti. Infatti, i ragazzi provenienti dalle comunità pongono l'accento

maggiormente sugli aspetti più pratici di condivisione, sostegno reciproco, impegno e

rispetto; la proiezione è qui maggiormente orientata verso le componenti concrete dello

stare insieme, con chiari riferimenti ad avere dei figli e formare una famiglia; al

contrario, la popolazione di controllo è più orientata al benessere della coppia, alla

possibilità di stare bene con il partner, ed alle componenti intime ed emozionali. Inoltre,

il campione comunitario sembra dare maggior importanza alla caratteristica di apertura

della relazione, quindi alle connessioni ed ai rapporti con l'esterno, di quanto non sia

per il campione di controllo. Infine, rispetto alla funzione assolta dalla relazione intima,

troviamo la differenza principale rispetto alla dimensione del sostegno: il valore di

supporto e appoggio che può assumere il rapporto con il partner, basato sul confidarsi e

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sul ricercare conferme, è decisamente superiore per i ragazzi provenienti dalle comunità.

Confalonieri e Gavazzi Grazzani (2002) sostengono che poter contare su una persona

che faciliti il processo che porta a separarsi dalle figure genitoriali (che le autrici

chiamano bisogno affettivo) è determinante all'interno del processo di individuazione. Il

bisogno affettivo, secondo le autrici, è tra i più importanti tra quelli associati alla

relazione di coppia; ed esso in parte ricalca la categoria “sostegno” utilizzata in questa

sede. È possibile ipotizzare che i ragazzi provenienti dalle comunità, attribuendo una

rilevanza centrale a questa funzione, possano in qualche modo essere facilitati nel loro

processo di sviluppo?

Considerando poi l'area delle relazioni amicali, il valore della rilevanza è analogo per i

due campioni. Relativamente poi alla dimensione dell'impegno, pur non evidenziandosi

divergenze rilevanti tra i due campioni, emergono tendenze divergenti se si osservano i

dati di chi lavora, dei single e dei minori di 24 anni: queste variabili sembrano più in

grado di mettere in luce le differenze legate all'appartenenza comunitaria. Anche

rispetto alle modalità di gestione del conflitto tra amici non emergono differenze

sostanziali tra le due popolazioni, mentre si può rilevare un trend divergente

relativamente all'età

.Infine, vi sono due ulteriori aspetti per i quali l'appartenenza comunitaria non sembra

immediatamente rilevante. Relativamente alla fiducia negli altri, i valori sono

significativamente diversi solo se si osservano le condizioni dei single e dei minori di 24

anni: qui emerge nettamente la differenza fra le due popolazioni. Per quanto riguarda

invece l'importanza delle norme, le differenze emergono considerando le variabili

dell'età, la condizione lavoratore/studente e quella in coppia/single mettendo cos ì in

evidenza due tendenze opposte per i due campioni.

Considerando i dati nel loro complesso, è possibile affermare come l'appartenenza

comunitaria sembri rappresentare un elemento capace di tracciare una differenza sia

relativamente alle modalità con cui le persone costruiscono le relazioni e le vivono, sia

rispetto alle loro rappresentazioni rispetto a questo ambito. Questa considerazione

sembra essere valida sia per le relazioni intime che per quelle amicali, oltre che per

quelle lavorative; rispetto alla sfera virtuale, tale differenza va a sommarsi con le

particolari condizioni che caratterizzano le comunità: la scelta di sobrietà, per esempio,

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significa che in alcune realtà vi è un ridotto numero di computers rendendone meno

agevole l'accesso ai membri. Anche le rappresentazioni rispetto alla famiglia ed alla sua

situazione nel contesto attuale sembrano risentire dell'appartenenza comunitaria.

Quest'ultima sembra in grado di influire anche sugli atteggiamenti verso il futuro e sulle

rapporto con l'autorità. Infine, non è stato possibile rilevare differenze rispetto agli

stereotipi di genere e verso gli immigrati: questo dato è probabilmente connesso con le

modalità di somministrazione dello strumento, che implicava la presenza di un estraneo

(l'intervistatore) che può aver contribuito ad un'attenuazione dei giudizi dei partecipanti

rispetto a questi temi.

Un contesto familiare più ampio, come quello delle comunità di famiglie, sembra quindi

in grado di influire sulle caratteristiche di coloro che vi crescono al suo interno.

L'appartenenza alla comunità non sembra rappresentare un fattore che isola le persone

che ne fanno parte, secondo la credenza che vivere in questi luoghi possa rappresentare

un fattore di separazione -non solamente di tipo fisico (Bramanti, 2009). Ma appare

invece capace di rafforzare alcuni aspetti utili a costruire legami più profondi, solidi e

duraturi. Questo, a ben vedere, sembrerebbe rendere le realtà comunitarie luoghi dove

sviluppare caratteristiche ed atteggiamenti che si pongono in controtendenza con ilcontesto sociale più ampio; un contesto che, come già detto, è caratterizzato da

dinamiche e processi che portano all'indebolimento della sfera relazionale delle persone,

sempre più sole ed incapaci di costruire legami che le facciano sentire sicure.

Riprendendo le riflessioni di Ainsworth, è solo a partire da un legame saldo e stabile

che si creano le premesse per sentirsi sicuri e perciò liberi di esplorare l'ambiente

circostante. Davanti a quanto viene affermato incessantemente nella società 

individualizzata (Bauman, 2001), e cioè che solamente recidendo tutti i legami si è liberi

(e perciò felici) per davvero, si potrebbe rispondere che è invece la possibilità di

costruire legami stabili e duraturi a costituire la condizione essenziale per sentirsi sicuri

e, perciò, liberi.

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M. (a cura di). La crisi della coppia. Milano: R. Cortina.· Weber, M. (1958) Il metodo delle scienze storico-sociali. Torino: Einaudi.

· Whitty, M. T., Carr, A. N. (2006). Cyberspace romance. Palgrave Macmillan. Trad.

it. Incontri@moci: le relazioni ai tempi di internet. Ed. Erikson, 2008.

· Whitaker, C.A., (1999).  Le funzioni del matrimonio. In Andolfi, M. (a cura di).  La

crisi della coppia. Milano: R. Cortina.

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Appendice. L'intervista.

1. Il rettangolo: questo rettangolo rappresenta il tuo spazio di vita; disegna attraversodei simboli/dei puntini dove ti poni tu e dove poni, all’interno o all’esterno del

rettangolo, le persone per te più importanti. E quelle con cui studi o lavori? E i tuoicoinquilini?

2. Help!: immagina di trovarti in queste situazioni:

1. Da alcuni giorni non riesci a dormire bene a causa di intensi incubi notturni. Ti sentiansioso quando devi uscire di casa e il tuo umore è sempre più basso. Non trovi peròuna spiegazione per queste sensazioni, che sono sorte apparentemente da un giornoall’altro. Con chi per primo affronti il problema? Con chi ti confidi?

2. Sei ormai prossimo alla fine dei tuoi studi; ti viene offerta una opportunità di lavoroinerente al tuo campo di studi al Nord della Francia. Contemporaneamente ti viene

 proposto un incarico rilevante nell’azienda di famiglia. A chi chiedi consiglio per lascelta? Cosa fai?

3. Casa: immagina di arredare la casa in cui vivrai fra dieci anni.Come sarà la tua casa? Puoi descrivere almeno tre stanze?E chi ci abita nella casa? Come sono coloro che…

4. Spaccàti 

1 Quando non sono con loro, i miei amici…2 Quando vedo un uomo e una donna insieme...3 Io stimo il mio migliore amico anche se...4 La maggior parte delle famiglie che conosco...5 Quando vedo due donne che stanno insieme…6 Da un amico mi aspetto…7 Le persone con cui vivo…8 Io vorrei che il mio partner…9 Ciò che mi stupisce nelle coppie…10 Quando vedo due uomini che si tengono per mano…

5. Prospettive di coppia - Se ti dico prospettive di coppia, quali 3 parole/aggettivi tivengono in mente? Prova ad immaginare uno scenario che associ alla tua idea di

 prospettive di coppia. Descrivimelo come fosse una foto.

6. Il carico importante: puoi dirmi 3 oggetti che rivestono un importante significatosimbolico/affettivo per te o che per te contano particolarmente? Per esempio, l'anelloche mi ha lasciato mia nonna.. Potresti dirmi a chi ti sentiresti di affidareciascun oggetto e perché?

7. Immagini - COPPIA: Scegli tra queste figure le 2 che ti sembrano più adatte a

rappresentare il tuo rapporto di coppia, se ne hai uno, e spiega perché le hai scelte.Scegli altre 2 immagini che rappresentano il tuo ideale di coppia, spiegando perchè.

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Scegli altre 2 immagini che rappresentano dei tuoi timori rispetto al rapporto di coppia,spiegando perchè.

8. Storia - AMICI : Una zia di Luca/ia possiede un locale che non utilizza più, e decide

di lasciarlo in uso al/la nipote. Si tratta di un locale non tanto grande, un ex ufficio,interamente da risistemare visto che da anni nessuno l’ha più utilizzato. Luca/ia pensache sia una buona idea metterlo in comune con i/le suoi/e amici/he. Cosa gli viene inmente di farci?

Quando il progetto è ormai ben avviato e si è creato un gruppo abbastanza affiato, dueragazzi/e del posto, che non conoscono Luca/ia e i/le suoi/e amici/he, chiedono se

 possono entrare a far parte anche loro della organizzazione. Come procede la storiasecondo te? ..

Una sera Donato/a, il/la migliore amico/a di Luca/ia, che fa parte dell’organizzazionedel luogo, porta i suoi cugini nel locale, per fare una piccola festicciola fra di loro. Maquando se ne vanno dimenticano la stufa a gas accesa: il locale prende fuoco, e i dannisono ingenti. Come va a finire la storia secondo te?

9. Oggetti: Quelli che vedi sono vari oggetti, diversi tra loro. Tra questi, scegline unoche ti sembra che più esprima quello che tu sei, il tuo modo di essere…insomma le tuecaratteristiche più personali e spiega perché.

E se ci fosse qui il tuo migliore amico che oggetto sceglierebbe per rappresentarti e perché?

E se ci fosse il tuo partner?

Adesso fai lo stesso per le persone più importanti per te, e dimmi le ragioni per cui haiscelto un determinato oggetto/per quali caratteristiche lo hai scelto.

Ora indicami quale oggetto/oggetti non sceglieresti mai per descriverti. E quale oggettohai timore che gli altri potrebbero scegliere per descriverti.

10. Progetto di vita: Se ti dico progetto di vita, quali 3 parole/aggettivi ti vengono inmente? Prova ad immaginare uno scenario che associ al tuo progetto di vita; potrestidescrivermelo come se fosse una foto?

11. Canzone: Questo breve pezzo di canzone parla di un gruppo di amici. Potresti proseguirne la descrizione immaginando come procede la storia?

“Eravamo quattro amici al bar 

che volevano cambiare il mondo 

destinati a qualche cosa in piu 

che a una donna ed un impiego in banca 

si parlava con profondit à  di anarchia e 

di libert à  ……………………” 

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12. Storia – FRUSTRAZIONE DESIDERIO Giovanni/a si sta preparando da ormaitre mesi per un importante concorso, a cui desidera fortemente partecipare, poiché

 potrebbe aprirle la strada ad una carriera a cui ambisce. Il concorso si terrà a Milano, adue ore di treno da dove abita. Il giorno del concorso, durante il viaggio si rompe il

vagone motore e il treno rimane bloccato. Quando finalmente Giovanni/a riesce agiungere sul luogo del concorso, questo è già iniziato da venti minuti e i responsabilinon transigono, non è più possibile entrare...come prosegue la storia?Come faGiovanna/i? Come si sente? E i responsabili? E tu, come ti comporteresti?

Suonano alla porta. Angelo/a va ad aprire e si trova davanti Nicola/etta, un/a suo/acarissimo/a amico/a. E’ tutto trafelato/a, agitatissimo/a e sembra decisamente

 preoccupato. Senza quasi salutare gli/le dice in due parole che si trova in grossi guai,che ora non ha tempo di spiegare e, tirando fuori dalla tasca una manciata di gioielli,gli/le chiede un grande favore: tenerglieli per qualche ora.. al come va avanti la storia?…

Paolo/a abita con tre persone. Uno dei ragazzi con cui Paolo/a abita è solito tenere lamusica accesa fino a tarda notte, ad un volume tale da creare fastidio in casa. Gli altridue, sostenendo che Paolo/a è quello che per primo è andato ad abitare lì, sono convintiche spetti a lui prendere in mano la questione. Si sono già lamentati più volte, masembra che questo non serva a niente. Secondo te come va a finire la storia? Come sicomporta Paolo/a? Come si sente? E l’altro come si sente?

13. Immagini - AMICIZIE: scegli tra queste figure le 2 che ti sembrano più adatte arappresentare le tue amicizie, spiegandomi la tua scelta. Scegli altre 2 figure che

rappresentano il tuo ideale di amicizia e motivamelo. Scegli altre 2 immagini cherappresentano dei tuoi timori rispetto alle tue amicizie, spiegandomi perchè.

14. Spaccati

1. Da quando esiste facebook, io..

2. Se delle persone lavorassero per me...

3. Se non ci fossero i social network, probabilmente..

4. Ciò che mi stupisce, sul posto di lavoro..

5. Il mio impegno associativo, di solito..

6. La peggior cosa che potrei fare, in ambito lavorativo..

7. I miei amici che hanno facebook..

8. Della mia vita associativa, amo in particolare..

9. Chi non usa i social network....

15. Foto di gruppo: dimmi i primi tre aggettivi/parole che ti vengono in mente

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 pensando ai tuoi amici più intimi.

16. Immigrazione - Sei d'accordo con le seguenti affermazioni? Perchè?

· Gli immigrati hanno diritto all'assistenza sanitaria solo se sono regolari· Prima di autorizzare nuovi ingressi di lavoratori stranieri bisogna verificare che non

vi siano lavoratori italiani o europei disponibili ad occupare quel determinato postodi lavoro

· I figli degli immigrati devono poter accedere all'istruzione pubblica anche seclandestini

· Gli immigrati possono organizzare associazioni o scuole che diffondono la lorocultura

· Lo straniero senza permesso di soggiorno non deve essere espulso se non hacommesso reati

· Agli immigrati regolarmente residenti in Italia da qualche anno deve esserericonosciuto il diritto a votare

· Agli immigrati regolarmente residenti in Italia da qualche anno deve esserericonosciuto il diritto ad essere eletti in tutte le elezioni

· Gli immigrati hanno il diritto di esprimere liberamente la propria fede religiosa

17. Amicizie virtuali – Adesso parliamo un po' delle relazioni che si possonointrattenere grazie ad internet:

facebook, messenger, twitter.. Li usi?

Hai degli amici si internet? Con che frequenza ti metti in contatto con loro?Tutti i contatti che hai su internet riguardano amici che frequenti anche nella tua vitaquotidiana, o ci sono

 persone che conosci e frequenti solo, o per la maggior parte del tempo, su internet?

Cosa hanno aggiunto questi social network (facebook, msn...) alle tue amicizie?

Cosa hanno sottratto questi social network (facebook, msn...) alle tue amicizie?

Hai conosciuto su internet qualcuno che successivamente è diventato tuo amico, tuo partner o una persona chefrequenti di persona?

Fai parte di qualche gruppo virtuale?

18. Agenda – Hai a disposizione un'intera giornata libera..quanto tempo dedichi a: i tuoiinteressi personali, i/le

tuoi/e amici/he, il/la tuo/a partner, le tue amicizie o i contatti su internet?

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19. Immagini amici virtuali: scegli tra queste figure le 2 che ti sembrano più adatte arappresentare le amicizie su

internet, spiegandomi la tua scelta. Dimmi i primi tre aggettivi/parole che ti vengono inmente pensando ai tuoiamici virtuali più intimi.

20. Argomenti virtuali:

Pensa a tre argomenti che di solito affronti con i tuoi amici virtuali. Puoi citarmeli?

Pensa a tre argomenti personali che affronteresti con i tuoi amici virtuali. Puoicitarmeli?

Pensa a tre argomenti personali che non affronteresti mai con i tuoi amici virtuali. Puoicitarmeli?

21. Investimento: se avessi 100 euro da spendere da qui ad una settimana in attività deltempo libero, che quota riserveresti per 5 differenti momenti?

22. Immagini FAMIGLIA: quale è secondo te l’immagine che tra queste rappresentala famiglia contemporanea? Quale rappresenta i tuoi timori rispetto alla famiglia?

23. Ricerca lavoro - Hai da poco terminato gli studi, e ti metti a cercare lavoro. Come timuovi? Dimmi le cose indispensabili che faresti.

24. Storia. Lavoro – Roberto/a lavora ormai da alcuni mesi in un'azienda. Conosce isuoi colleghi, ed ha un buon rapporto con tutti loro. Comincia però a notare che ognitanto i suoi colleghi, che lavorano tutti quanti lì da più tempo, non gli recapitano letterea lui destinate, oppure mettono in giro voci maligne sul suo conto, o non lo chiamanoquando si ritrovano fra di loro. Ad un certo punto scopre che non gli è stato detto di un

lavoro che avrebbe dovuto portare a termine. Come procede la storia? Come si senteRoberto/a?

Dopo qualche tempo gli viene affidato un lavoro importante, con una precisa scadenzaentro il quale dev'essere improrogabilmente finito. Ci si impegna duramente, ma allafine non riesce a completarlo in tempo. A questo punto il capo lo riprende pesantemente,lamentandosi della sua scarsa efficienza e del ritardo. Secondo Roberto/a, invece, iltempo che era stato calcolato per lo svolgimento del lavoro non era sufficiente. Come vaa finire? Come si sente Roberto/a?

25. Cerchi. Se dovessi rappresentare con dei cerchi il rapporto che senti esistere tra:il tuo/la tua partner (se ce l ha!) e tela famiglia e te

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I tuoi amici e tele altre persone e te?Quale immagine tra queste sceglieresti?

26. Stereotipi di genere– Sei d'accordo con le seguenti affermazioni? Perchè?

1. La maggior parte delle donne non apprezza appieno quanto gli uomini fanno per loro.

2. Molte donne interpretano osservazioni e atti innocui come maschilisti.3. E’ tipico che, quando le donne perdono una competizione corretta con gli uomini, si

lamentino di essere discriminate.4. La gente non è realmente felice nella vita se non è coinvolta sentimentalmente con

una persona dell’altro sesso.5. In presenza di figli piccoli, e nella coppia entrambi lavorano, è sempre meglio che il

marito continui a lavorare e la moglie resti in casa a curare i figli.6. Le donne sono ancora in una posizione inferiore rispetto alle7. Per l’uomo, più che per le donne, è molto importante avere successo nel lavoro.8. In generale, penso che le differenze sociali tra maschi e femmine siano eque

27. Ideale di Famiglia – Descrivimi la tua famiglia ideale.

 

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Ripartizionedei 100

euro

Momenti di coppia

Attività con gli amici

Attività associative

Svago con gruppo più allargato di persone

Organizzare qualcosa con i tuoi coinquilini

..............

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Luned ì, 13 giugno Con chi Attività

23:00 – 01:00

9:00 – 11:00

11:00 – 13:00

13:00 – 15:00

15:00 – 17:00

17:00 – 19:00

19:00 – 21:00

21:00 – 23:00

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Ringraziamenti

Grazie alla mia relatrice, per avermi appoggiato e seguito costantemente, per le poche

parole che, a volte, bastavano a dar senso un'idea o a farne scaturire altre; per aver dato

profondità e spessore a cose che non ritenevo degne di nota.

Un grazie immenso e devoto ad Irene: per troppe cose che non sto nemmeno ad elencare

qui. Semplicemente, senza la sua presenza non avrei neppure iniziato a pensare a questa

tesi.

Grazie alla mia famiglia, per il supporto materiale e non, per gli stimoli diretti e quelli

un po' meno diretti, volontari, casuali, passati e presenti.

Grazie ad Alessandra, per avermi supportato e sopportato (quasi) sempre in questi mesi

e soprattutto negli ultimi.

Grazie a Zavo, per la compagnia nelle lunghe giornate all'ANMIG e per aver provato a

convincermi che stiamo facendo “qualcosa di utile”.

Un grazie simbolico alla biblioteca Estense, dove ho passato fin troppe ore in questi

ultimi anni; ed uno meno simbolico a Roberto e Zompa, per le pause pranzo, i prima e i

dopo.

Grazie a Marina per le chiacchiere sparse in questi mesi: a tratti mi hanno fatto sentire,

nel mio piccolo, un ricercatore.

Grazie a Lucia per il prezioso aiuto nelle fasi di lavoro più faticoso.

Grazie a Luca Caricati per l'aiuto nell'affrontare le questioni statistiche: le sue

consulenze plurime sono state un'importante fonte di rassicurazione.

Grazie anche a Renato e Babsi, per esserci stati in brevi ma significativi frangenti.

Grazie a Marianna, per avermi spinto verso questa idea al momento di decidersi per

davvero.

Grazie ai miei amici, con i quali ho condiviso esperienze e chiacchiere che hanno reso

questo periodo (e non solo) ricco e stimolante sotto ogni aspetto..

Un grazie sentito alle comunità, e più in generale a chi ha scelto di vivere in comune:

senza di loro non avrei di certo potuto scrivere niente, e sicuramente avrei molte meno

speranze per l'umanità.