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TRANSLAGORAI Osvaldo e Imelda Benetti Sognavo di compiere una bella impresa nella catena dei Lagorai e ne parlai a Corrado, un amico che trascorreva le ferie con noi a Refavaie. Detto fatto, decidemmo di partire da Levico Terme per arrivare al Passo Rolle lungo sentieri di alta montagna. Per dormire ci saremmo serviti dei rifugi o di qualche bivacco e anche per ristorarci. Per bere, solo acqua che si trova abbondante. 1’ giornata - La cronaca. In macchina si raggiunge Levico Terme e, fatte le necessarie provviste, ci si avvia in salita per Vetriolo. Salita dura e lunghissima perché dai cinquecento metri di Levico, si arriva ai millecinquecento di Vetriolo e ai duemila di cima Panarotta. Non è finita perché, scesi leggermente alla Bassa, quota 1830, si affronta il Mote Fravort. Il tempo volge al brutto: piove e tira un vento bestiale, tanto da costringerci a lasciare il sentiero in cresta per un altro sentierino sottovento, al riparo. Dopo qualche tempo, però, ci accorgiamo di avere perso la tramontana. Il cielo, coperto, non ci permette di orientarci e non sappiamo dove siamo parati. In basso si individuano gruppi di case nella valle dei Mocheni, ma non si capisce quali localià siano. Una schiarita permette a Corrado di individuare la Paganella e di capire che dobbiamo arrampicarci sulla destra, su per una ripida parete, aggrappandoci con le mani sulle erbe e sulle rocce. Finalmente sbuchiamo fuori sul Monte Gronlait, a duemilequattrocento di quota, ritrovando anche il nostro sentiero numero 325. Intanto cala la sera e si fa buio. E’ pericoloso di giorno, figurarsi di notte! Scendiamo al rifugio Erdemolo, vicino a un laghetto, che sono già le otto di sera ed è buio pesto. Non si vede nessuna luce accesa e temiamo di essere in un rifugio disabitato. Lì vicino c’è un fienile; se c’è del fieno si può coricarsi e dormire, almeno. Bussiamo e battiamo sulle porte, finché si apre in alto una finestrella e un vecchio ci chiede cosa vogliamo. “Vogliamo un posto per dormire, buon uomo; perché tenete chiuso?” “Ho chiuso perché non c’era nessuno”, ci risponde, ma se volete mangiare non c’è che un piatto di minestrone freddo”. Va bene così, tiriamo fuori le nostre scatolette di tonno e, saziati, ci buttiamo nella branda. 2’ - Il giorno seguente si ritorna in alto per riprendere il sentiero 325 della translagorai, passando sotto la cima Sette Selle e scendendo al rifugio omonimo, pieno di escursionisti. E’

Translagorai

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A diary from a journey on foot

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TRANSLAGORAI

TRANSLAGORAI

Osvaldo e Imelda Benetti

Sognavo di compiere una bella impresa nella catena dei Lagorai e ne parlai a Corrado, un amico che trascorreva le ferie con noi a Refavaie. Detto fatto, decidemmo di partire da Levico Terme per arrivare al Passo Rolle lungo sentieri di alta montagna. Per dormire ci saremmo serviti dei rifugi o di qualche bivacco e anche per ristorarci. Per bere, solo acqua che si trova abbondante.

1 giornata - La cronaca. In macchina si raggiunge Levico Terme e, fatte le necessarie provviste, ci si avvia in salita per Vetriolo. Salita dura e lunghissima perch dai cinquecento metri di Levico, si arriva ai millecinquecento di Vetriolo e ai duemila di cima Panarotta. Non finita perch, scesi leggermente alla Bassa, quota 1830, si affronta il Mote Fravort. Il tempo volge al brutto: piove e tira un vento bestiale, tanto da costringerci a lasciare il sentiero in cresta per un altro sentierino sottovento, al riparo. Dopo qualche tempo, per, ci accorgiamo di avere perso la tramontana. Il cielo, coperto, non ci permette di orientarci e non sappiamo dove siamo parati. In basso si individuano gruppi di case nella valle dei Mocheni, ma non si capisce quali locali siano. Una schiarita permette a Corrado di individuare la Paganella e di capire che dobbiamo arrampicarci sulla destra, su per una ripida parete, aggrappandoci con le mani sulle erbe e sulle rocce. Finalmente sbuchiamo fuori sul Monte Gronlait, a duemilequattrocento di quota, ritrovando anche il nostro sentiero numero 325. Intanto cala la sera e si fa buio. E pericoloso di giorno, figurarsi di notte! Scendiamo al rifugio Erdemolo, vicino a un laghetto, che sono gi le otto di sera ed buio pesto. Non si vede nessuna luce accesa e temiamo di essere in un rifugio disabitato. L vicino c un fienile; se c del fieno si pu coricarsi e dormire, almeno. Bussiamo e battiamo sulle porte, finch si apre in alto una finestrella e un vecchio ci chiede cosa vogliamo. Vogliamo un posto per dormire, buon uomo; perch tenete chiuso? Ho chiuso perch non cera nessuno, ci risponde, ma se volete mangiare non c che un piatto di minestrone freddo. Va bene cos, tiriamo fuori le nostre scatolette di tonno e, saziati, ci buttiamo nella branda.

2 - Il giorno seguente si ritorna in alto per riprendere il sentiero 325 della translagorai, passando sotto la cima Sette Selle e scendendo al rifugio omonimo, pieno di escursionisti. E presto, ci ristoriamo quanto basta e riprendiamo a camminare per raggiungere il rifugio Tonini. Superato passo Pal e lasciando a destra una bella valle verdeggiante di prati e di boschi e punteggiata di malghe, si prosegue per passo Cagnon di sopra e passo del Mattio, quota 2310, sempre calpestando pietraie desolate. Lasciamo ora la translagorai per seguire lE5 e scendiamo al rifugio Tonini, che vediamo sotto di noi. E questa una importante stazione di sosta per gli escursionisti, soprattutto tedeschi, che scendono dal lago di Costanza per arrivare fino a Verona. Per oggi basta; abbiamo sofferto ieri abbastanza e non vogliamo strafare. Lambiente accogliente: caminetto acceso e tanta allegria, tedeschi che cantano e gozzovigliano con la loro birra.

3 - Il terzo giorno ci vede rifare, a ritroso, un tratto di sentiero, fino a ritrovare la translagorai e raggiungere passo Scalet a 2212 di quota. Notiamo una bella cima isolata, Monte Croce, chiamata anche Kreutzspitz in dialetto cimbro, che ci lusinga per lampio panorama che si pu ammirare da qui. Rientrati da Monte Croce, scendiamo nella Busa dei Fontanacci per passo Cadin, tenendo a destra, sotto le cime di Bolenga e Fornace. Siamo ora al bivacco Telve e al passo Cadino: il bivacco sarebbe buono per passarvi la notte, ma sono le undici di mattino e quindi, superata una piccola altura, arriviamo al passo del Manghen, quota 2047, per sostare nel locale attiguo a un laghetto e riprendere fiato. Mitico Passo Manghen, dove transita anche il Giro dItalia e crocevia di ciclisti amanti della montagna. Passa da qui una strada, molto stretta, che collega la valle del Calamento con la valle di Fiemme. Non ci fermiamo, anche perch non ci sono camere disponibili, ma proseguiamo per il Mesotrekking, un sentiero cos denominato, chiss perch. Passando accanto al lago delle Buse, risaliamo fin sotto al Montalon, un gruppo di cime impervie. Si nota in basso malga Cazzorga, ma noi intendiamo arrivare alla forcella Valsorda e restiamo in alto, sempre ben sopra i duemila. Il sentiero, scabroso, non permette di affrettare il passo e, quando arriviamo alla Valsorda, non sappiamo dove andare a pernottare. Decidiamo, allora, di scendere al lago delle Stellune, dove si trova un baito. Il baito solo una stalla per pecore e non ci d affidamento. Notiamo, intanto, un filo di fumo pi in basso e ci dirigiamo verso quel luogo, trovandovi un capanno per cacciatori dotato di camino. Ci sono anche due cacciatori che scrutano con il binocolo per vedere cervi o daini al pascolo. Il posto non confortevole, ma ci consente di fermarci per la notte e di prepararci la cena. Accendo il fuoco con degli sterpi per scaldare lambiente e per riscaldare la minestra, mentre Corrado mi sembra imbarazzato. Siamo ai primi di Settembre e quass fa piuttosto freddo ma, ormai che ci siamo, dobbiamo arrangiarci con quello che abbiamo portato da Levico. E la prima volta che mi trovo in un simile frangente: superare la notte senza le solite comodit e i soliti servizi. Passiamo una notte movimentata perch Corrado ha un sacco a pelo con i buchi e i piedi restano fuori. Non abbiamo materasso, ma solo un leggero stuoino di gommapiuma tra le nostre ossa e la panca su cui ci siamo coricati.

4- Al risveglio, per quel che si dormito, si scalda il caff e si parte a stomaco quasi vuoto. Dobbiamo ritornare a forcella Valsorda, da cui eravamo scesi, e salire verso forcella Busa della Neve a quota 2367. Io raccolgo dellacqua mentre Corrado non si fida perch vede degli animali al pascolo in alto. Sar un bel guaio, perch qui si trovano solo pietraie di porfido e mai pi un filo di acqua. In basso c il laghetto dei Lagorai, un gioiello incastonato tra le rocce, ma noi dobbiamo salire per un camino, cos chiamato uno stretto passaggio quasi in verticale, e uscire in unampia spianata di pietre. Ci troviamo al centro di questa stupenda catena di montagne, poco frequentate per la vicinanza delle pi famose Pale di San Martino. Intanto Corrado si lamenta: Basta! Non far pi di queste pazzie. Andr al McDonald con la mia Elena e la mia Pinki, dove ci possiamo servire, mangiare a volont e prendere tutte le bibite ghiacciate che si vuole.Corrado, dico io, basta lamentele; questa sera arriveremo a Refavaie e domani torneremo a casa. Siamo ora sulla strada militare austriaca che serviva la linea fortificata dei Lagorai durante la grande guerra, passando appena sotto le cime De la Sute, Lasteolo, Copol e Litegosa, lasciando a sinistra il Cimon della Trappola, stazione darrivo della funivia di Cavalese. Si entra poi, passando per uno stretto corridoio dotato di cordino, in un altro anfiteatro di porfido e si scende al passo Sadole, appena sotto il Cauriol. Si trovano qui i resti di uno dei pi importanti trinceramenti austriaci, ma noi abbiamo fretta di scendere verso malga Laghetti, dove troviamo una fonte di acqua fresca. Ci dissetiamo, finalmente, e Corrado, rinfrancato anche dal paesaggio ora verdeggiante, riprende a camminare con passo gagliardo, lasciandomi di stucco. Allora capisco che, per camminare in montagna, bisogna bere acqua fresca molto spesso per non rimanere disidratati, altrimenti si va in crisi. Giunti a Refavaie, ritroviamo amici e conoscenti e ci sentiamo rinfrancati, Ora anche Corrado vuole portare a termine limpresa.

5 - Salendo il sentiero fino al capitello e poi la strada forestale, percorriamo il Coldos, inoltrandoci nel bosco per uscire in alto, sopra i duemile, dove vivono le marmotte e i caprioli. Alla forcella Coldos, metri 2182, ammiriamo il sottostante Lago delle Trote, dove scendiamo per addentrarci in una valletta che porta al Lago Brutto, un gioiello incastonato tra le rocce. Puntando i piedi su grosse pietre si sale sulla forcella Coltorondo, a duemilaquattrocento metri di quota. Anche qui si trovano i resti della guerra, come casermette e trincee. Ora si passa sotto la cima di Valbona e di Valmaggiore per sbucare alla forcella Valmaggiore, dove si trova il bivacco Paolo e Nicola. Paolo e Nicola erano due bravi alpinisti caduti tra queste rocce e ricordati dai loro amici con questopera. Riteniamo, essendo Settembre e, quindi, alla fine della stagione estiva, di trovare libero il bivacco; e, invece, abbiamo la sorpresa di trovarlo gi occupato. Ci sono sei persone che attendono di pernottare in questo luogo e due cani. Le sei cuccette disponibili sono gi prenotate, ma noi ci accontentiamo di dormire sul tavolato e rimaniamo. Verso le sette di sera, mentre sta per imbrunire, vediamo arrivare tre giovani sui diciassette anni. Non si pu mandarli via e cos facciamo undici, pi due cani, che qualcuno vorrebbe mettere dentro il bivacco. Ci facciamo conoscere: ad arrivare per primo un medico di Bolzano con moglie e due figli, un ragazzo di dieci anni e una ragazza di tredici; altri due sono padre e figlio e quindi i tre ragazzi tra di loro amici vengono dallaver scalato alcune cime del Lagorai, ci dicono: Cauriol, Cardinal e Busa Alta. C una stufa, ci sono spaghetti e minestrone, c del salame e altre prelibatezze, quanto basta per preparare la cena. Dopo cena salta fuori un mazzo di carte per una partita a sette e mezzo. Si gioca grosso, notando le vincite e le perdite in un pezzo di carta, che alla fine finir nel fornello. Alle dieci di sera tutti a letto: i primi sei nelle loro cuccette, i tre ragazzi nei loro sacchi a pelo sul tavolato, io sopra il tavolo e Corrado sotto, cos se russa gli mollo un calcione. Prima di addormentarci un giovane si mette a raccontare barzellette e la figlia del medico ride a crepapelle, che uno spasso a sentirla. Una serata cos non si ripeter mai pi. Forse mai pi incontreremo quelle persone che hanno vissuto con noi una serata indimenticabile in un bivacco a duemilaeduecento e fuori dalla civilt. Ci sarebbe anche un seguito: dovendo uscire per qualcosa che mi premeva la vescica, i cani cominciano a ringhiare, temendo che si tocchi qualcosa dei loro padroni. State buone, bestiacce, che non vi porto via niente!. Al mattino non trovo mi miei scarponi nel posto dove li avevo lasciati. Penso se li siano presi i cani, che amano giocare con questi oggetti, ma Corrado mi avverte di averli messi fuori perch puzzavano.

6 - Risolto lenigma degli scarponi, eccoci di buon mattino a salire le pendici del Cece, metri 2754, la cima pi alta della catena. Vediamo un branco di stambecchi volare sulle rocce, in alto, toccando appena le pietre, che si sentono precipitare. Evitiamo la Cima di Cece per non fare tardi e sostiamo alla forcella per fare colazione e riprendere fiato. Siamo in luoghi desolati: dappertutto ammassi di porfido scuro con qualche ciuffo derba qua e l, qualche fiore e, stranamente, dei cespugli di ontano nano, che riescono a sopravvivere a queste altezze. Passando sotto le cime di Valbona,Valon dei Slavaci si raggiunge Cima di Bragagnolo, dove si trova il bivacco Aldo Moro a metri 2565 di quota. Qui ci sono nove cuccette e una stufa, ma presto per fermarci; riprendiamo in discesa verso cime di Ceremana, osservando la sottostante Val Cigolera e la Cima Tognola, intessuta di impianti di risalita per sciatori. Sempre camminando in cresta, superiamo Cima Colbricon e scendiamo a precipizio verso i laghetti di Colbricon, osservando branchi di daini nel parco di Paneveggio. Siamo stanchi, ma la faticosa giornata volge al termine; ci rinfranchiamo in un locale e lasciamo perdere la Cavallazza, ultimo tratto di Lagorai sopra San Martino di Castrozza, ma seguiamo il sentiero fino a Malga Rolle, dove termina il percorso ufficiale.

7 - Trascorso una bella serata e una buona notte allalbergo Venezia, ci avviamo per il passo Rolle, superato il quale, presso Malga Fossa, troviamo il Sentiero dei Finanzieri, che corre lungo la parete Sud del Cimon Della Pala, in bella posizione panoramica. Non abbiamo nessuna fretta di arrivare a Col Verde, stazione di una seggiovia proveniente da San Martino e di partenze della funivia per il Rosetta. Rifocillati, non ci reste che scendere a San Martino di Castrozza e prendere un mezzo per Fiera di Primiero, Fonzaso, dove si cambia, e Primolano. Qui prendiamo il treno per Levico Terme, dove abbiamo lasciato lauto di Corrado. Fine.

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