209
I Valutare per decidere The Assessment of Young Offenders within the Juvenile Justice Services Italian Network for Young Offenders’ Assessment and Treatment INYOAT Progetto finanziato dall’Unione Europea su decisione del Consiglio del 12 febbraio 2007. “Prevenzione e lotta contro la criminalità”; parte del programma sulla sicurezza e la tutela delle libertà, GU L 58 del 24.2.2007 Ministero della Giustizia Dipartimento Giustizia Minorile Centro per la Giustizia Minorile per la Lombardia - Milano Istituto Centrale di Formazione del Personale

Valutare Per Decidere - The Assessment of Young Offenders within the Juvenile Justice Services - Italian

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Questo documento presenta il risultato di un lavoro realizzato dal Minotauro, in collaborazione con l’Istituto Centrale della Formazione del Dipartimento Italiano della Giustizia Minorile e con il Centro per la Giustizia Minorile della Lombardia. Obiettivo centrale del progetto era di costituire un momento di confronto tra gli operatori, psicologi, assistenti sociali, educatori, che in Italia lavorano nei Servizi della giustizia minorile. Questo confronto si propone come premessa per uno scambio tra pratiche europee in merito alla valutazione dei minori in ingresso nel circuito penale. In particolare il progetto intendeva favorire il confronto tra gli psicologi della Giustizia Minorile, cercando di individuare obiettivi e metodi specifici del loro intervento.

Citation preview

I

Valutare per decidere

The Assessment of Young Offenders within the Juvenile Justice Services

Italian Network for Young Offenders’ Assessment and

Treatment INYOAT

Progetto finanziato dall’Unione Europea su decisione del Consiglio del 12 febbraio 2007. “Prevenzione e lotta contro la criminalità”; parte del programma sulla sicurezza

e la tutela delle libertà, GU L 58 del 24.2.2007

Ministero della Giustizia Dipartimento Giustizia Minorile Centro per la Giustizia Minorile

per la Lombardia - Milano

Istituto Centrale di Formazione del Personale

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

II

Milano, Settembre 2010

III

Prefazione

Questo documento presenta il risultato di un lavoro realizzato dal

Minotauro, in collaborazione con l’Istituto Centrale della Formazione del

Dipartimento Italiano della Giustizia Minorile e con il Centro per la Giustizia

Minorile della Lombardia.

Obiettivo centrale del progetto era di costituire un momento di confronto tra

gli operatori, psicologi, assistenti sociali, educatori, che in Italia lavorano nei

Servizi della giustizia minorile. Questo confronto si propone come premessa

per uno scambio tra pratiche europee in merito alla valutazione dei minori in

ingresso nel circuito penale.

In particolare il progetto intendeva favorire il confronto tra gli psicologi della

Giustizia Minorile, cercando di individuare obiettivi e metodi specifici del loro

intervento.

Le domande che il progetto si poneva sono state:

- In che modo una valutazione psicosociale può essere utile per la presa di

decisione della magistratura?

IV

- Con quali obiettivi specifici può essere realizzata la valutazione

psicosociale: screening, diagnosi, valutazione dell’imputabilità, valutazione

della pericolosità sociale, valutazione del rischio di recidiva?

Per rispondere a queste domande il progetto ha realizzato:

- Un confronto nella letteratura sul tema della valutazione psicosociale in

diversi sistemi penali minorili europei.

- Una ricerca, realizzata attraverso interviste individuali, sugli psicologi che in

Italia lavorano nei Servizi della giustizia minorile.

- Incontri nazionali tra dirigenti dei Servizi della giustizia minorile o referenti

istituzionali.

- Un’analisi delle relazioni che i Servizi italiani inviano alla magistratura come

aiuto per la conoscenza del minore e come base per la decisione della

misura penale da adottare.

- Incontri tra gli psicologi italiani dei servizi della giustizia minorile, per

favorire un confronto sui modelli, i metodi, gli strumenti utilizzati.

- Un seminario internazionale rivolto a Dirigenti e referenti istituzionali dei

Servizi della giustizia minorile italiani sul tema dell’assessment.

- La costituzione di una rete degli psicologi italiani dei servizi della giustizia

minorile attraverso un gruppo mail, per scambio di informazioni e di

strumenti.

Gli esiti del progetto sono illustrati da questo documento. Un volume

sull’assessment dei minori antisociali è in corso di pubblicazione in italiano.

V

Questo documento, che presenta in modo sintetico l’esito delle diverse

azioni del progetto, può essere utile per gli operatori psicosociali che

lavorano con i minori nei Servizi della giustizia minorile e per i magistrati

che prendono decisioni sulla base delle valutazioni espresse dai servizi.

VI

Indice

Document Development Gruop VII

1. Introduzione 1 2. Il sistema penale minorile italiano 13 3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europa 21 4. Attività di valutazione nei servizi della giustizia minorile 27 5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia Minorile 35

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva 71 7. Conclusioni e prospettive 161 Bibliografia 167

VII

Document development group

Alfio Maggiolini

Alessandra Ciceri

Cristina Colli

Mauro Di Lorenzo

Giovanna Kluzer

Carlo Trionfi

Cristina Saottini

Veronica Scuffi

Virginia Suigo

Il Minotauro è una cooperativa sociale composta da psicologi, ricercatori e formatori. E’

stato fondato nel 1984. Presiede l’Istituto Gustavo Pietropolli Charmet. Il Minotauro

opera nell’area della prevenzione e del trattamento del disagio psicologico, sociale ed

evolutivo; gli interventi che promuove riguardano attività di consultazione e

psicoterapia, gestione di servizi psicosocioducativi, interventi di prevenzione, ricerca,

formazione e analisi istituzionale. L’approccio teorico e le esperienze pratiche

dell’Istituto sono state presentate in numerosi volumi editi a stampa (www.minotauro.it).

VIII

Istituto Centrale di Formazione

Cira Stefanelli

Maria Grazia Castorina

Bruno Costa

Elvira Narducci,

Giuseppe Mandalari

Antonella Zanfei

Centro per la giustizia minorile della Lombardia

Flavia Croce

L’Istituto Centrale di Formazione (ICF) ha la finalità di programmare, progettare, realizzare e

valutare le attività formative rivolte a tutto il personale appartenente alla qualifiche dirigenziali,

alle qualifiche funzionali e al comparto sicurezza in servizio presso l’amministrazione della

Giustizia Minorile.

I Centri per la Giustizia Minorile (CGM) sono organi del decentramento amministrativo che

possono avere competenza sul territorio di più regioni e in questi casi fanno riferimento a

più Corti d'appello. Esercitano funzioni di programmazione tecnica ed economica, controllo

e verifica nei confronti dei Servizi minorili da essi dipendenti quali gli Uffici di Servizio

Sociale per i Minorenni, gli Istituti penali per i minorenni, i Centri di Prima Accoglienza, le

Comunità.

1. Introduzione

1

Mentre in passato prevaleva un diffuso pessimismo sulle possibilità di

intervento con i minori che commettono reati e sull’efficacia dell’intervento

penale, oggi i risultati di ricerche metanalitiche dimostrano che è possibile

un intervento che riduca il rischio di recidiva, che è possibile un trattamento

per il disturbo antisociale di personalità e, contrariamente a quanto si

pensava, è anche possibile ottenere un cambiamento di tratti psicopatici di

personalità, con interventi sufficientemente intensivi e prolungati (McGuire,

1995; Salekin, 2010; Andrews, Bonta, 1998).

L’intervento precoce con i minori che sono denunciati può avere un

importante valore preventivo sullo sviluppo della carriera delinquenziale.

Per questo scopo è importante una corretta valutazione del comportamento

deviante, del minore e del suo contesto di sviluppo, per poter effettuare un

intervento efficace nel ridurre il rischio di recidiva.

La valutazione psicosociale dei minori che entrano nel circuito penale può

essere:

- orientata prevalentemente a cercare di individuare i problemi psicologici dei

minori e l’eventuale presenza di psicopatologia, in una prospettiva di cura;

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

2

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

- può essere allargata al contesto famigliare e sociale e non solo al minore,

per valutarne i fattori di rischio e protezione;

- può essere particolarmente attenta alla valutazione del rischio di recidiva;

- può essere orientata a rispondere a specifiche domande della magistratura,

come la maturità/immaturità o la pericolosità sociale.

L’attenzione privilegiata a uno o a più di questi aspetti può dipendere dal

tipo di reato, dalle caratteristiche del minore, da quelle del sistema penale,

dalla fase processuale, oltre che dal modello teorico e dagli orientamenti

metodologici degli operatori che effettuano la valutazione.

L’andamento dei reati minorili mostra che l’età e il genere (adolescenza

maschile) sono tra i fattori di rischio del comportamento trasgressivo. In una

prospettiva evolutiva i reati minorili possono essere espressione sia della

tendenza trasgressiva degli adolescenti, fisiologica, sia di disturbi del

comportamento e della personalità antisociale o di altre psicopatologie.

Possono anche essere, tuttavia, la manifestazione di una difficoltà del

contesto, la famiglia o la scuola innanzitutto, a riconoscere i bisogni

evolutivi dell’adolescente.

Un approccio di psicopatologia evolutiva (Cicchetti, Cohen, 1995;

Achenbach, 2001; Rutter, 1988) porta a dare una grande importanza al

1. Introduzione

3

contesto, superando l’idea che un adolescente “abbia” un disturbo, per cui il

comportamento antisociale è interpretato piuttosto come l’effetto di

un’interazione negativa tra bisogni evolutivi e risposte dell’ambiente, in una

prospettiva in cui sono centrali le rappresentazioni del soggetto dei propri

bisogni e delle risposte dell’altro. Un comportamento delinquenziale può

essere il risultato di diversi percorsi di sviluppo e nello stesso tempo è

suscettibile ad ogni momento di possibili evoluzioni differenti.

Poiché uno degli scopi importanti, anche se non il solo, dell’intervento

penale è di ridurre i rischi di recidiva, è indispensabile chiedersi quali

caratteristiche del minore e del suo contesto di vita consentano la

formulazione di una prognosi più favorevole e su quale sia il rapporto tra

obiettivi psicologici di responsabilizzazione e sviluppo da una parte, e

obiettivi più strettamente comportamentali. Solo una maggiore capacità di

valutazione consente di evitare un tipo d’intervento che si limiti a proporre

un’unica risposta, indifferenziata, per tutti gli utenti dei Servizi della giustizia

minorile.

Anche se ai diversi reati possono essere correlati differenti psicopatologie,

in genere nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte ad un disturbo

della condotta o a un disturbo antisociale di personalità (DSM-IVR, 2000).

Nei Servizi della giustizia minorile, tuttavia, la diagnosi di disturbo della

condotta o di disturbo antisociale proposta nel DSM-IVR (descritto come

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

4

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

caratterizzato soprattutto da una persistente inosservanza e violazione dei

diritti degli altri, che si manifesta nell’infanzia o nella prima adolescenza, e

continua nell’età adulta), si rivela insufficientemente discriminante.

Un’osservazione sistematica è particolarmente utile per raccogliere dati in

modo comunicabile e costituisce la premessa fondamentale per la

realizzazione di ricerche sull’efficacia dell’intervento del sistema dei Servizi

della giustizia minorile.

L’intervento dei Servizi, in effetti, non ha solo lo scopo di sanzionare il

comportamento e di limitarne le conseguenze negative per la società, ma si

propone anche obiettivi di cambiamento dell’adolescente e di conseguenza

costituisce una forma di trattamento.

Attraverso il lavoro psicosociale, che trova applicazione non solo nella

detenzione, ma soprattutto con misure alternative, si realizzano diversi tipi

d’interventi, che implicano un trattamento del minore e del suo contesto di

vita, attraverso una presa in carico e l’offerta di un supporto psicologico,

sociale o educativo.

La complessità dell’intervento rende difficile una valutazione dei risultati.

L’efficacia dell’intervento penale è spesso misurata in base al criterio della

riduzione delle recidive, un punto di vista necessario, ma non sufficiente,

1. Introduzione

5

perché evidentemente gli adolescenti possono ben smettere di commettere

reati, pur restando antisociali o sviluppando un comportamento asociale,

più che antisociale, con marginalità, uso di sostanze, ecc.

In parte, la scarsa attenzione alla verifica dell’intervento è anche dovuta al

diffuso pessimismo sui risultati che caratterizza sia l’intervento penale, sia la

psicoterapia dei disturbi antisociali. Anche se si riconosce che il

comportamento antisociale è persistente, oggi si tende sempre più a

ritenere che sia comunque modificabile. La sua trasformazione, d’altra

parte, avviene spesso spontaneamente, poiché anche nei casi più difficili la

metà dei ragazzi che commettono reati non persiste nel comportamento

antisociale, riuscendo ad acquisire un positivo ruolo sociale, attraverso la

capacità di lavorare e di vivere una relazione di coppia. Poiché nel

determinare questo cambiamento è spesso importante il contesto, sia

familiare sia sociale, in cui il comportamento è inserito, ci si può

legittimamente chiedere in che modo anche l’intervento istituzionale del

sistema penale possa costituire un fattore protettivo e non di rischio per

l’evoluzione successiva. In effetti è stato riconosciuto il rischio di un effetto

iatrogeno della detenzione e in generale del trattamento penale (McGuire,

1995).

Un possibile obiettivo nei Servizi della giustizia minorile è di adottare una

logica che, pensando all’intervento come ad un trattamento, arrivi a

verificare l’efficacia dell’intervento stesso, sia in termini di recidiva, sia per

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

6

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

quanto riguarda l’evoluzione degli adolescenti presi in carico anche da un

punto di vista psicosociale. In questa prospettiva è fondamentale una

raccolta e analisi di dati che consenta di differenziare le caratteristiche dei

minori sottoposti a procedimenti penali, in modo da poter proporre un

intervento che sia effettivamente commisurato alle loro caratteristiche e per

questo efficace, riducendo la probabilità che l’intervento sia effettuato

prevalentemente sulla base delle esigenze istituzionali, più che su quelle

del minore.

La valutazione dei minori tra obiettivi penali e sa nitari

Nella valutazione dei minori in ingresso nel circuito penale è importante da

una parte l’individuazione del rischio di recidiva, come criterio per orientare

gli interventi istituzionali, dall’altra una valutazione delle problematiche

psicologiche e sociali che possono essere alla base del loro coinvolgimento

nel circuito penale.

Le probabilità che un adolescente che entra nel circuito penale possa

commettere un nuovo reato sono in genere elevate. E’ difficile avere dati

attendibili e comparabili sulle percentuali di recidiva, per la diversità dei

campioni, per età, per gravità, per i tempi presi in considerazione nel follow

1. Introduzione

7

up e per i criteri utilizzati (nuova denuncia, nuovo arresto, nuova condanna).

In generale si stima, comunque, che le percentuali di recidiva negli

adolescenti che commettono reati in modo non occasionale siano

particolarmente elevate, almeno fino ai due terzi circa nei tre anni

successivi al primo reato. Nei delinquenti “cronici” (intorno al 5% di chi

commette reati) le percentuali di recidive nei cinque anni successivi sono

del 77% tra i 15-20 anni, del 50% tra 20-25 anni e del 35% tra i 25-30 anni,

con una media di 4,6 reati, per chi commette più di un reato (Rutter, Giller,

Hagell, 1998). I risultati di uno studio condotto in 15 Stati degli Stati Uniti

riportano che più dell’80% di giovani detenuti di età compresa tra i 14 e i 17

anni a tre anni dal rilascio è stato nuovamente arrestato (Langan, Levin,

2002). In uno studio condotto in Gran Bretagna l’88% dei ragazzi fra i 14 e i

16 anni ha commesso un nuovo reato entro due anni dalla data del rilascio

(Hagell, 2002). Un altro studio riporta che a distanza di un anno il 49,2% dei

giovani è stato nuovamente arrestato, il 70,8% a due anni di distanza e il

76,7% a tre anni (Mc Guire et al., 1995). Vermeiren, De Clippele, Deboutte

(2000) riportano una percentuale di recidiva del 46,2% ad un follow-up di

otto mesi.

E’ stata condotta una ricerca su un campione di 103 minori maschi (italiani,

nomadi e stranieri) sottoposti a procedimenti penali nei Servizi della

giustizia minorile di Milano, attraverso la predisposizione di una scheda di

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

8

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

valutazione del rischio di recidiva nella fase di ingresso nei Servizi (Centro

di prima accoglienza, Ufficio di servizio sociale per i minorenni, Istituto

penale minorile) (Maggiolini, Ciceri, Macchi, Marchesi, Pisa, 2009). I risultati

di questa ricerca indicano che un minore su due (54,1%) ha un rischio alto

di recidiva; uno su quattro (25,1%) un rischio medio e uno su cinque

(20,8%) basso. A due anni di distanza dalla presa in carico il 32% dei minori

ha avuto un altro procedimento penale; nessun minore valutato a basso e

medio rischio aveva avuto una recidiva; nei minori valutati all’ingresso con

un alto indice di rischio la percentuale era del 44%, in prevalenza nomadi o

minori italiani con rilevanti problemi psicopatologici.

Questa ricerca mostra che la valutazione del rischio di recidiva, appare

sufficientemente predittiva. Le decisioni della magistratura nella fase di

ingresso dei minori nel circuito penale, inoltre, appaiono sostanzialmente

coerenti con il livello di rischio di recidiva. La verifica sui gruppi più a rischio,

a due anni di distanza, porta a considerare con particolare attenzione le

necessità di intervento nei confronti dei nomadi e dei minori italiani che si

trovano in contesti famigliari difficili e che sviluppano disturbi psicopatologici

gravi. Un dato significativo che emerge dalla ricerca è che il rischio di

1. Introduzione

9

recidiva appare molto correlato a fattori di rischio di contesto (culturale e

famigliare).

Un’altra area importante di valutazione è relativa ai bisogni e ai problemi

psicopatologici che possono essere alla base dei reati.

Il comportamento antisociale può essere espressione di un disturbo della

condotta (disturbo antisociale di personalità) o di altre patologie psichiche

più o meno gravi. Tutte queste esprimono comunque sempre anche

difficoltà di adattamento, nel rapporto fra bisogni adolescenziali, compiti

evolutivi specifici della fase di età, contesto familiare e sociale di crescita.

Nel quadro di un progressivo riconoscimento dell’importanza dei fattori

psicologici alla base della delinquenza, negli ultimi anni sono state condotte

diverse ricerche sul rapporto tra psicopatologia e delinquenza minorile, non

solo per individuarne i precursori infantili e i fattori di rischio, ma anche per

distinguere diverse tipologie di adolescenti antisociali e per individuare la

prevalenza dei disturbi psicologici tra i minori che entrano nel circuito

penale (Dazzi, Madeddu, 2009; Grisso, Schwartz, 2000; Loeber, Farrington,

Stouthamer- Loeber, Van Kammen, 1998; Vreugdenihl, Doreleijers,

Wermeiren, Wouters, Van Den Brink, 2004; Wasserman, McReynolds,

Lucas, Fisher, Santos, 2002; Wasserman, Ko, McReynolds, 2004).

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

10

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Diversi studi hanno confermato che i giovani che entrano nel circuito

penale, in particolare i detenuti, hanno una possibilità di tre o cinque volte

superiore alla popolazione generale di sviluppare un disturbo mentale

(Teplin, Abram, McClelland, Dulcan, Mericle, 2002; Wasserman,

McReynolds, Lucas, Fisher, Santos, 2002; Vermerein, 2003; Boesky, 2002).

Il disturbo della condotta, in particolare, è la diagnosi più comune negli

adolescenti delinquenti, accanto a quello oppositivo provocatorio (Moffit et

al., 2003; Boesky, 2002). Anche gli adolescenti che abusano di sostanze

corrono un rischio maggiore di incorrere in un comportamento criminale

(Moffit et al., 2000).

Una ricerca su un campione di 66 minori (maschi, età media 16.3 anni; 35%

italiani, 65% stranieri o nomadi), in ingresso nel circuito penale nel 2005

presso i Servizi della giustizia minorile di Milano (detenuti, residenti in

comunità alloggio o in carico presso l’Ufficio di servizio sociale per

minorenni) è stata condotta attraverso un questionario autosomministrato,

la Youth Self Report, e un questionario compilato dagli operatori, la Teacher

Report Form (Achenbach, 2001). La valutazione da parte degli operatori

rileva problemi internalizzanti nel 72% degli adolescenti e una stessa

percentuale di esternalizzanti. I risultati del questionario autosomministrato

1. Introduzione

11

indicano che il 38% degli adolescenti ha problemi esternalizzanti e il 29%

internalizzanti. Il confronto tra i disturbi psicopatologici valutati dagli

operatori e un indice di rischio di recidiva mostra che il 91,2% degli

adolescenti con un alto indice di rischio ha un livello clinicamente

significativo di problemi di rilevanza psicopatologica. Questa ricerca

conferma che i disturbi sono diffusi tra i minori che entrano nel circuito

penale. Il fatto che il disagio psicopatologico sia soprattutto presente tra i

minori che sono a rischio di recidiva, porta a ritenere che l’intervento

psicologico possa essere utile nel ridurre le recidive.

L’attenzione ai bisogni e alle problematiche che sono alla base dei reati è

un fattore centrale e discriminante dell’efficacia dell’intervento nei servizi

della giustizia minorile (Dowden, Andrews, 1999) e gli interventi in cui il

trattamento educativo e sociale è integrato con quello psicologico sono i più

efficaci nel ridurre le recidive (McGuire, 2004). Una corretta valutazione

psicologica all’ingresso nel sistema penale può essere utile per orientare

l’intervento dei Servizi (Vermerein et al., 2003).

Obiettivo della fase di valutazione non è tanto la formulazione di una

diagnosi psicopatologica, quanto la costruzione di un progetto educativo sul

minore, fortemente radicato nella conoscenza della sua personalità e delle

sue dinamiche di funzionamento psichico, che sostenga la funzione

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

12

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

decisionale del Giudice. Il progetto ha come scopo principale quello di

sostenere la ripresa del percorso di crescita e di promuovere l’acquisizione

di una nuova identità soggettiva e sociale.

La valutazione psicosociale è anche un primo momento atto a favorire la

capacità del minore di rappresentarsi come persona dotata di emozioni, di

desideri e di intenzioni, nonché momento in cui egli può esprimere il proprio

punto di vista sul reato e manifestarne il significato soggettivo.

2. Il Sistema penale minorile italiano

13

Il Tribunale per i minorenni

In Italia l’intervento con i minori dai 14 ai 18 anni che commettono reati è

competenza del Tribunale per i Minorenni, che è stato istituito nel 1934, con

la Legge Minorile n° 1404.

Il funzionamento attuale dell’intervento penale minorile è basato sulle

“Disposizioni sul processo penale minorile” del D.P.R n°448 del 1988, che

costituiscono un modello innovativo ed un punto d’arrivo in un lungo

percorso legislativo, che tiene conto delle direttive internazionali, in

particolare le “Regole Minime di Pechino” adottate dall’Assemblea Generale

delle Nazioni Unite, Risoluzione 40/33 del 29 novembre 1985.

Il Codice di procedura penale minorile italiano prevede provvedimenti che

consentono la rapida chiusura del processo, la riduzione di risposte

limitative della libertà personale e più in generale la riduzione del danno che

l’impatto con la giustizia può produrre sul piano educativo. Il Codice indica

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

14

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

inoltre diversi percorsi di uscita dal circuito penale, che valorizzano

interventi di aiuto e sostegno, attuabili attraverso l’azione diretta con il

ragazzo, la sua famiglia, il suo contesto allargato di relazioni, il suo

ambiente, ed attraverso l’azione indiretta, attraverso il coinvolgimento delle

risorse presenti nel contesto di sviluppo.

Una misura importante è la messa alla prova, che consiste nella

sospensione del processo e nell’affidamento del minore ai Servizi della

giustizia minorile che, anche in collaborazione con i Servizi sociali del

territorio, svolgono attività di osservazione, sostegno e controllo. La misura

è applicabile per tutte le tipologie di reato e non soltanto in caso di primo

reato, ha durata massima di tre anni e deve essere necessariamente

condivisa dal minore e concordata con lui. La decisione del giudice si fonda

sugli elementi acquisiti attraverso un’indagine sulla personalità del minore e

sui problemi e le risorse del suo contesto ambientale.

Anche al di là della messa alla prova, la risposta penale alla delinquenza

minorile è tesa a promuovere la coscienza del minore rispetto al significato

del reato e l’assunzione di responsabilità rispetto ai propri comportamenti e

2. Il Sistema penale minorile italiano

15

tende ad assumere un’ottica progettuale, che privilegi l’aspetto del recupero

sociale alla finalità retributiva della pena.

Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale l’intervento dei Servizi della

giustizia minorile.

I Servizi della giustizia minorile

I Servizi della giustizia minorile sono:

1. Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni

2. Istituto Penale per i Minorenni

3. Centro di Prima Accoglienza

4. Comunità educativa.

L’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni si attiva nel momento in cui, a

seguito di denuncia, un minore entra nel circuito penale e lo accompagna in

tutto il suo percorso penale. Avvia l’intervento per il minore in stato di

arresto e di fermo, segue il progetto di intervento in misura cautelare non

detentiva, gestisce la misura della sospensione del processo e della messa

alla prova e complessivamente segue tutte le misure alternative e

sostitutive. Svolge altresì compiti di assistenza in ogni stato e grado del

Italian Netw

ork for Young O

ffenders Assessm

ent and Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

16

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

procedimento, e predispone la raccolta di informazioni utili per

l’accertamento della personalità su richiesta del magistrato.

Il Centro di Prima Accoglienza è una struttura filtro che ospita i minori

arrestati e fermati, per un massimo di 96 ore in attesa dell’udienza di

convalida. Tale servizio si differenzia dal carcere, proprio per limitare

l’impatto che potrebbe avere sul minore, e si connota come un edificio di più

ridotte dimensioni, in cui gli operatori minorili accolgono il minore ed

effettuano un’osservazione preliminare.

L’Istituto Penale per i Minorenni è lo spazio preposto all’esecuzione della

misura cautelare detentiva e della pena e ha una organizzazione funzionale

ad un’azione educativa integrata con gli altri Servizi della giustizia minorile e

del territorio.

Gli Istituti Penali per i Minorenni ospitano minorenni o ultradiciottenni (fino

agli anni 21, nel caso in cui il reato a cui è riferita la misura sia stato

commesso prima del compimento della maggiore età) in custodia cautelare

o in esecuzione di pena detentiva. Il D.P.R. 448/88, introducendo il principio

della residualità della detenzione per i minorenni, opera, di fatto, rispetto al

passato, una decentralizzazione del carcere nel sistema penale minorile.

2. Il Sistema penale minorile italiano

17

Le Comunità educative sono servizi di supporto all’intervento in area penale

esterna, possono essere gestite dalla Giustizia minorile, anche se

attualmente prevale la formula del convenzionamento con il privato sociale.

In Italia il ricorso ai collocamenti in comunità socio-educative, sia in ambito

di misura cautelare, sia progettuale, rappresenta un ambito importante

dell’intervento penale.

L'accertamento della personalità

Uno dei perni attorno a cui ruota la giustizia minorile è l’attenzione costante

alla personalità dell’adolescente autore di reato; di conseguenza le

decisioni del giudice e gli interventi, di qualsiasi forma essi siano, devono

essere sensibili ai bisogni, alle condizioni ed alle risorse relative alla

personalità del ragazzo. In relazione a questi obiettivi, quindi, l’intero iter

processuale del minore è accompagnato da varie forme e modalità di

accertamenti di personalità.

Come cita l’art. 9 del D.P.R. n.448/1988:

“Il PM e il Giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse

personali, familiari, sociali ed ambientali del minorenne al fine di accertarne

l’imputabilità ed il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

18

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

fatto nonché disporre le adeguate misure penali ed adottare gli eventuali

provvedimenti civili”.

E’ bene sottolineare che la legge ha posto l’esigenza della valutazione della

personalità non tanto e non solo per decidere se il minore è in grado di

affrontare il processo, quanto perché il processo stesso si dimensioni, si

adegui e si renda accessibile al soggetto in età evolutiva e quindi rispetti il

percorso di crescita ed acquisizione di un’identità adulta.

La responsabilizzazione

Il Codice di procedura penale D.P.R n. 448 non considera tanto l’autore di

reato come oggetto di sanzioni o in quanto minore come soggetto debole

da tutelare, ma soprattutto come un interlocutore, che può dialogare con

l’adulto magistrato e prendere decisioni sul proprio futuro penale.

Oltre all’importanza di salvaguardare le esigenze educative del minore, il

codice favorisce in questo modo l’attivazione di un processo di

responsabilizzazione. L’accertamento della verità e la sanzione finiscono

per essere secondarie all’obiettivo del recupero del minore attraverso lo

sviluppo di capacità di impegno e riparazione.

2. Il Sistema penale minorile italiano

19

Il processo penale minorile ha un valore educativo, non solo come rispetto

delle esigenze evolutive del minore, ma anche come capacità dello stesso

processo penale di svolgere una funzione di ripresa evolutiva.

Le numerose figure (psicologo, educatore, assistente sociale, giudice,

avvocato), che entrano in relazione con lui durante l’iter processuale

devono perseguire un obiettivo di ripresa dello sviluppo.

Non solo il processo non deve interrompere i processi evolutivi in atto, ma è

anche un’occasione per attivare relazioni educative o per riprendere

percorsi formativi interrotti: tale obiettivo è perseguito sia all’interno del

processo, in quanto coinvolge, ove possibile, i genitori, sia all’esterno come

progetto di recupero del minore attraverso l’inserimento nel territorio,

attraverso la scuola o il lavoro.

In questa prospettiva il processo penale per i minori deve adeguarsi alla

personalità del minore, ai suoi bisogni evolutivi e al suo livello di maturità.

L’accertamento sulla personalità, che è operato da assistenti sociali,

educatori e psicologi, non ha tanto l’obiettivo di formulare una diagnosi, né

di verificare se il minore è in grado di affrontare il processo, quanto di

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment

and Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

20

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

adattare il processo ai bisogni e alle capacità del minore, al suo livello di

sviluppo e maturità.

3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europ a

21

Negli ultimi anni le politiche penali nell’ambito della giustizia minorile sono

passate attraverso tendenze divergenti nei diversi Paesi della Comunità

Europea. Da un lato, è emersa la tendenza ad una maggiore repressione

dei comportamenti penalmente rilevanti, dall’altro vi è stata una notevole

apertura alla cosiddetta “giustizia riparativa” ed infine si è verificata una de-

giurisdizionalizzazione della criminalità minorile (Padovani, Ciappi, 2010).

Osserviamo che in molti paesi europei è in corso un inasprimento delle

politiche penali minorili, che si accompagnano al dibattito

sull’abbassamento dell’età imputabile; tale inasprimento è dovuto in primo

luogo alla crisi del modello riabilitativo, soprattutto nei paesi di lingua

anglofona, accompagnato al riemergere di istanze di difesa sociale e di

controllo. Il pessimismo nei confronti del modello welfaristico, di stampo

riabilitativo, ha fatto sì che si spostasse l’attenzione dall’autore di reato allo

studio delle caratteristiche del reato e della vittima, con obiettivi primari di

sicurezza sociale.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

22

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

In questa tendenza si inserisce l’affermarsi di un modello di penalità

alternativo a quello tradizionale, basato sulla risposta penale e sulla

punizione come risposta alla trasgressione: il modello della giustizia

riparativa. In tale modello assurge a ruolo primario l’aspetto riparativo della

giustizia penale, quello cioè volto alla risoluzione del conflitto venutosi a

creare a seguito della commissione del reato e alla riparazione del danno

conseguente, prescindendo dal controllo del comportamento e della

retribuzione, perseguito attraverso la punizione. Sempre all’interno del

modello riparativo si osserva con frequenza il ricorso alla pratica della

mediazione (ad esempio la Victim Offender Mediation), nella quale è

riportata sulla scena anche la vittima del reato, in una vicenda da cui,

nonostante sicuramente la riguardi direttamente, veniva tradizionalmente

esclusa.

Per quanto concerne la questione della de-giurisdizionalizzazione, in paesi

come la Gran Bretagna, l’Olanda, il Belgio e la Germania le nuove politiche

criminali sono caratterizzate da misure amministrative (di diversion,

restorative justice, youth panel conferencing) caratterizzate da un forte

intervento dell’autorità locale, con il corrispondente ridimensionamento del

ruolo della magistratura ad un controllo formale di decisioni sostanziali

3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europ a

23

adottate a livello degli organi amministrativi. In Gran Bretagna, ad esempio,

la risposta penale appare enormemente diversificata, con l’obiettivo di

evitare per quanto possibile il coinvolgimento in prima istanza del giovane

autore di reato nel sistema penale. A tale proposito la polizia ha a

disposizione una serie di opzioni alternative al rinvio a giudizio: ciò è reso

possibile dallo strumento della diversion.

In modo simile in Germania un’importante eccezione al principio di legalità

è costituita dal potere discrezionale del pubblico ministero di richiedere, in

alternativa al rinvio a giudizio, l’archiviazione del caso in concomitanza con

l’adozione di misure educative; lo scopo di tale pratica è, analogamente

all’esempio della Gran Bretagna, quello di evitare un inopportuno

coinvolgimento del minore nel sistema penale e, sopratutto, di privilegiare la

riabilitazione e l’integrazione dell’autore di reato nella società civile,

rispondendo ad un principio di opportunità sostenuto dalle ricerche

empiriche sulla riduzione della recidiva.

Un filone comune a tali politiche criminali individua l’adozione di parametri

di rischio (risk management) e di indicatori probabilistici (prevenzione

attuariale) posti alla base della presa di decisione sulle misure da adottare,

e si inserisce nel panorama più ampio della maggiore enfasi posta sulla

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

24

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

misurazione dell’efficacia delle politiche di prevenzione della criminalità (la

cosiddetta “what works” policy). I programmi di intervento oggi, a livello

europeo, non possono prescindere da una valutazione dell’efficacia

nell’ottica della riduzione delle recidive. I cambiamenti intercorsi a livello di

politiche penali hanno dunque portato al declino della filosofia trattamentale,

risocializzativa, in favore di obiettivi più legati alla gestione del rischio ed al

contenimento del soggetto in un’ottica preventiva.

Questi orientamenti si riflettono anche a livello delle metodologie della

valutazione del minore. Se infatti in tutta Europa è diffusa la richiesta ai

servizi di accertamento della personalità, maturità e circostanze familiari e/o

personali del giovane delinquente, le procedure e le metodologie più

innovative tendono ad essere rigorose, standardizzate (vedi “Asset”, lo

strumento adottato presso i servizi della Giustizia minorile in Gran Bretagna

per la valutazione del rischio di recidiva; o BARO, analogo strumento per la

valutazione adottato in Olanda e Svizzera), basate su modelli predittivi di

tipo attuariale.

In Italia, nel confronto con altri Paesi europei, la funzione riabilitativa del

sistema penale mantiene tuttavia una grande centralità e questa filosofia di

3. Tendenze recenti nelle politiche penali in Europ a

25

intervento è tradizionalmente meno attenta alla questione della valutazione

dell’efficacia. Il sistema italiano appare meno snello e l’iter giuridico è poco

differenziato in funzione della gravità del reato, così come del livello di

rischio, allo stesso modo della risposta penale.

In realtà, pochissimi Paesi in Europa si sono dotati, come Stati Uniti e

Inghilterra, di specifiche linee-guida per la valutazione del minore sottoposto

a procedimento penale, e viene dunque a mancare una formalizzazione

delle prassi in questo ambito. Si viene a creare dunque una sorta di iato tra

la normativa, che stabilisce ad esempio in che momento processuale ed in

quali casi possa essere richiesta una valutazione, o quali siano i servizi e gli

operatori deputati ad effettuarla, e la metodologia impiegata nella prassi

quotidiana.

Per quanto riguarda le questioni di competenza, si rileva che, a livello

normativo, in alcuni Paesi, come la Croazia, i servizi territoriali assumono

un ruolo preminente, mentre in altri, come il Belgio, il Portogallo, la Spagna,

sono i servizi penali specificatamente deputati alla valutazione. In realtà,

nella maggior parte dei Paesi Europei, tende a verificarsi una netta

distinzione tra la competenza minorile civile e quella penale: l’Italia

rappresenta un’eccezione in tal senso, con il giudice minorile competente in

materia sia civile che penale.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

26

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

In alcuni Paesi, come la Grecia, la richiesta di valutazione sul minore autore

di reato tende ad essere orientata ad aspetti sanitari-psichiatrici, oppure

finalizzata all’individuazione di problematiche legate all’assunzione di

sostanze stupefacenti. L’accertamento di personalità può rappresentare una

prassi (ad esempio in Olanda, Slovenia, così come in Italia) oppure essere

richiesta solo nei casi più gravi.

In particolare, in Germania, la valutazione di personalità del minore prevede

da parte del giudice il coinvolgimento diretto degli insegnanti o dei tutor-

datori di lavoro, nel caso il minore stia svolgendo un tirocinio lavorativo, ad

eccezione dei casi in cui vi sia il fondato rischio che il giovane possa

perdere il lavoro a causa della valutazione.

In definitiva, la mancanza di linee guida condivise a livello europeo

sull’assessment dei minori sottoposti a procedura penale, genera una

pluralità di prassi difficilmente confrontabili.

4. Attività di valutazione nei servizi della giustizia minorile

27

L’Istituto Centrale di Formazione del Dipartimento Giustizia Minorile ha

indagato il modo in cui i Servizi Minorili in Italia producono le conoscenze

necessarie all’accertamento della personalità del minorenne.

L’accertamento della personalità è un nucleo centrale del lavoro dei Servizi,

un momento cruciale dell’interazione con la magistratura, e le relazioni

prodotte dai Servizi minorili testimoniano nella pratica quotidiana

presupposti e metodologie di lavoro, in cui si integrano conoscenze

psicologiche, sociali e educative. Le relazioni non sono solo l’espressione

delle conoscenze che i servizi raccolgono sulla situazione del minore e sul

suo contesto, ma anche di quanto i servizi ritengono utile comunicare alla

Magistratura. Tra comprensione e comunicazione vi può essere, infatti, uno

scarto significativo, giustificato dall’idea di ciò che da una parte è utile

comunicare alla magistratura, senza d’altra parte sconfinare nel terreno di

una valutazione dei fatti (il reato), di competenza esclusiva della

magistratura, e senza nemmeno rischiare di minare la relazione di fiducia

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

28

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

con il minore e la sua famiglia, un presupposto indispensabile per garantire

l’efficacia dell’intervento.

Sono state analizzate relazioni prodotte dai Servizi della giustizia minorile

italiani, sia redatte nella fase iniziale della presa in carico, sia in fasi di

valutazione avanzate del percorso penale del minore.

Il campione è stato costruito in modo che fosse il più possibile

rappresentativo delle diverse realtà regionali, nord, centro e sud, e dei

diversi Servizi (CPA, USSM, IPM).

Sono state raccolte 168 relazioni così distribuite:

Servizi: 29 CPA di Roma e Sassari; 75 USSM di Bolzano, Napoli, Roma,

Lecce e Torino; 56 IPM di Milano, Catania e Catanzaro.

Sesso: 85% maschi.

Età: 14-16 anni 9,4%, 16-18 40%, 18-21 12,5%.

Nazionalità: italiani 68,8%; gli stranieri provengono in particolare da

Romania 8,8% e Marocco 5%.

Reati: 37,5% contro il patrimonio, 20,6% contro la persona, 16,9% spaccio

e 4,4% altri reati.

4. Attività di valutazione nei servizi della giustizia minorile

29

Le relazioni sono il frutto della collaborazione di più ruoli professionali

(assistente sociale, psicologo, educatore) nel 50% dei casi. Quando sono

scritte da un solo operatore nella maggior parte dei casi si stratta

dell’assistente sociale (33%) e dell’educatore (17%), non dallo psicologo.

Le relazioni sono state analizzate sia nella forma della stesura (inizio,

contenuto centrale e conclusioni) sia nelle principali aree di contenuto

(descrizione del minore, il reato, la famiglia, il contesto, l’intervento, il

progetto).

Le relazioni, che nella grande maggioranza dei casi sono di due-quattro

pagine di lunghezza, iniziano per lo più con il riferimento al reato come capo

di imputazione (88%). Lo svolgimento della relazione fa riferimento al

minore e ai suoi atteggiamenti e comportamenti e le conclusioni possono

contenere sia considerazioni di carattere generale, senza indicazioni

specifiche alla magistratura (46%), sia indicazioni (24,4%), sia un progetto

articolato (17%).

Le informazioni sono costruite attraverso il colloquio con il minore e

l’osservazione del suo comportamento nella relazione con i servizi, con la

famiglia (54%). Quasi assenti sono i riferimenti a test o griglie codificate

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

30

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

(5%). Un fonte importante di informazione è costituita da altri servizi del

territorio (89%) o da comunità residenziali (24,4%) e scuole (18,2%).

Nella descrizione del minore sono frequenti le informazioni sulla famiglia, la

scuola o gli impegni lavorativi, e sul modo in cui si rapporta all’intervento

della giustizia.

In poco meno della metà (46%) delle relazioni vi sono espliciti riferimenti al

livello di maturità e a tratti stabili di comportamenti e atteggiamenti

(personalità). Nello stesso ordine di frequenza vi sono dati sulla storia

evolutiva, con una particolare attenzione agli eventi della vita del minore.

Meno frequenti sono invece le notizie sulle relazioni con i pari (38%), gli

interessi nel tempo libero (30%), le relazioni sentimentali e sessuali (15%).

Diagnosi esplicite di psicopatologia sono presenti solo nel 13% dei casi.

Lo stile delle relazioni per la maggior parte dei contenuti è di riportare dati e

informazioni, senza una valutazione o un’elaborazione esplicita da parte

degli operatori, come a voler sottolineare una dimensione di oggettività

dell’informazione. Solo quando si fa riferimento ad atteggiamenti del

minore nei confronti degli operatori stessi e dell’intevento dei servizi è più

frequente che vi sia una maggiore esplicitazione delle valutazioni da parte

dell’equipe, attraverso commenti espliciti.

4. Attività di valutazione nei servizi della giustizia minorile

31

I riferimenti al reato come capo di imputazione costituiscono normalmente

l’avvio della relazione. Nel corso della narrazione, tuttavia, non sono

frequenti i commenti sul senso soggettivo del reato o una valutazione di

fattori di rischio che possano dare indicazioni sul rischio di recidiva, presenti

nel 32% dei casi, con scarsi richiami a precedenti nella carriera

delinquenziale, così come sono scarsi i commenti sulla pericolosità sociale.

Nel 67% dei casi c’è un riferimento esplicito al rapporto tra il reato e il

riconoscimento dell’imputazione da parte del minore. Scarsi sono le

informazioni sulla comprensione delle conseguenze sociali del reato, come i

danni alla vittima, o sulla percezione di gravità o la capacità di capire il

senso del procedimento penale.

I riferimenti alle condizioni e alle relazioni famigliari sono frequenti nelle

relazioni (90%), che descrivono normalmente i componenti del nucleo

famigliare e le condizioni socioeconomiche della famiglia, anche se sono

scarsi i riferimenti al territorio di provenienza e alla dimensione

multiculturale nel caso di minori stranieri. Nella metà dei casi sono espliciti i

riferimenti agli stili educativi e all’atteggiamento nei confronti dell’intervento

della giustizia, ma queste informazioni sono per lo più presentate in modo

non commentato.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

32

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Per quanto riguarda l’intervento, nell’83% dei casi vi sono riferimenti agli

interventi dei servizi, passati o attuali. Frequenti sono le notizie sulle

reazioni e le posizioni del minore nei confronti del procedimento penale,

anche se nelle situazioni in cui è presentato un progetto di intervento gli

obiettivi sono normalmente poco esplicitati.

In sintesi, è evidente una certa cautela nelle relazioni a fornire informazioni

e interpretazioni utili ai fini della delineazione delle caratteristiche personali

del minore, probabilmente anche in funzione di non intaccare il diritto di

difesa.

L’attenzione a fornire informazioni senza esprimere valutazioni o giudizi po’

anche essere l’espressione di un orientamento implicito volto a valorizzare

le richieste di trattamento, nella prospettiva di garantire innanzitutto

l’alleanza di lavoro con il minore, premessa fondamentale per il trattamento

che può seguire la fase di valutazione.

L’area del reato che costituisce, con ogni evidenza, la “ragione

sociale”dell’intervento dei servizi. All’interno delle relazioni c’è un’attenzione

a non fornire interpretazioni o sottolineature sul reato e sul suo significato

sociale e personale; risulta, quindi, una dimensione poco utilizzata dagli

4. Attività di valutazione nei servizi della giustizia minorile

33

operatori. Ciò origina probabilmente da una cultura di servizio volta alla

tutela da possibili stigmatizzazioni del minore e strumentalizzazioni degli

operatori. Tuttavia, su questo aspetto, la ricerca sembra indicare l’utilità di

una riflessione ampia, che riesca a proporre l’utilizzo metodologico di

questa dimensione, un “fatto, un evento da esplorare, valorizzando una

lettura psicosociopedagogica ed evitando, invece, il rischio di

sovrapposizioni con una valutazione giuridica.

L’analisi effettuata porta a porre una serie di quesiti sul modo in cui i Servizi

si rappresentano la domanda della magistratura, in cui costruiscono la

risposta, sul rapporto tra informazioni e valutazioni, sull’uso di strumenti e

sulla possibile integrazione tra sapere sociale, educativo e psicologico nella

conoscenza del minore nella sua relazione con il suo contesto di sviluppo.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

34

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

35

All’interno del nuovo processo penale minorile, il ruolo dello psicologo non

ha una definizione e una collocazione precisa. Ne è però indirettamente

sottolineata l’importanza, accanto ad altre figure professionali, per

l’osservazione e valutazione della personalità richiesta dal giudice, intesa

sia in termini di risorse e limiti personali sia in termini di risorse ambientali,

familiari e sociali.

Per quanto concerne le attuali funzioni dello psicologo, si possono

individuare due grandi sfere d’azione (obiettivi giuridico/istituzionali):

- Attività di valutazione, in fase processuale, ai fini dell’imputabilità, della

pericolosità sociale e delle esigenze conoscitive;

- Attività di supporto sia in sede processuale, sia in fase di esecuzione della

pena.

Non si cerca, in sostanza, di rispondere semplicemente al quesito: quali

sono le condizioni, le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del

minore in termini generali, bensì quali sono tali condizioni e risorse in

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

36

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

rapporto alle possibilità reali di risposta in ambito processuale. La legge

sembra chiedere, quindi, per quali condizioni di personalità possono essere

dannose, pregiudiziali, utilizzabili quali condizioni processuali; quali misure,

collocazioni, prescrizioni, sentenze, possono meglio adattarsi e funzionare

per quali minori;quali livelli di contenimento, detenzione e controllo adottare

per quali minori a rischio di fuga e di recidiva grave, etc. Il legislatore,

quindi, richiede allo psicologo che si operi attivamente sia nella direzione

delle condizioni e delle risorse del minore sia nella direzione delle

condizioni e delle risorse esistenti ed attivali nel processo. In questo senso

le dimensioni e le carenze del minore vanno intesi non come “dati” ma

direttamente come domande, sfide e rischi per il giudice e i servizi.

Gli obiettivi specifici dell’accertamento da un punto di vista psicologico

possono essere:

- Screening dei fattori di rischio, come i rischi di comportamenti autolesivi.

- Diagnosi clinica, sulla base di valutazioni categoriali (DSM-IV-TR) o

dimensionali (come avviene attraverso una valutazione dei diversi aspetti

della personalità).

- Valutazione dei bisogni del minore attraverso un bilancio evolutivo, nel

quadro di una psicologia o psicopatologia evolutiva.

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

37

- Accertamento della maturità e della pericolosità.

La pratica del lavoro psicologico nei Servizi della giustizia minorile

Dal gennaio 2009 gli psicologi dei Servizi della giustizia minorile sono

passati dalle dipendenze del Dipartimento della Giustizia a quello delle

Aziende Ospedaliere locali, un cambiamento che ha importanti ripercussioni

sulla definizione del ruolo e delle specifiche funzioni da svolgere.

Questo cambiamento istituzionale assegna, infatti, ad istituzioni sanitarie la

competenza dell’intervento psicologico, lasciando invece alle dipendenze

del Dipartimento della giustizia minorile assistenti sociali e educatori, oltre

agli agenti di polizia penitenziaria.

Ci si può chiedere se questo passaggio porti gli psicologi a privilegiare gli

obiettivi diagnostici all’interno del processo di valutazione, in quanto più

coerenti con un compito sanitario di intervento, lasciando ad altri operatori il

compito di orientarsi ad altri aspetti della valutazione, evolutivi e ambientali.

Il passaggio porta ad interrogarsi sugli obiettivi specifici dell’intervento

psicologico e in particolare dell’attività di valutazione.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

38

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Gli psicologi in Italia operano su base locale regionale e non vi sono al

momento linee guida specifiche che traducano in indicazioni operative gli

orientamenti del Codice di procedura penale minorile.

Gli psicologi che operano nella Giustizia minorile in Italia hanno diverse

formazioni teorico-cliniche, differenti collocazioni istituzionali (CPA, USSM,

IPM) e diversi possibili rapporti di collaborazione (consulenti, dipendenti).

Una ricerca sugli psicologi dei Servizi della giust izia minorile

Obiettivi

Per avere indicazioni sul modo in cui nella pratica è interpretato il ruolo

dello psicologo è stata condotta una ricerca tra gli psicologi che operano nei

Servizi della giustizia minorile. Descrivere il modo in cui interpretano il loro

ruolo professionale nell’ambito dei Servizi della giustizia minorile, con quali

obiettivi, metodi, strumenti e livelli di soddisfazione e insoddisfazione, è una

premessa importante per un confronto con il modo in cui le stesse funzioni

sono esercitate all’interno del sistema penale di altri Paesi europei.

L’indagine è stata condotta attraverso interviste semistrutturate a un

campione di psicologi, dipendenti e consulenti, che lavorano nei diversi

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

39

Servizi (IPM, USSM, CPA) al Nord, Centro e Sud d’Italia nei Servizi della

Giustizia Minorile in Italia.

L’intervista ha indagato obiettivi, metodi e strumenti utilizzati nel lavoro

psicologico, le rappresentazioni del compito e del ruolo professionale, nella

specifica collocazione istituzionale e nella relazione sia con gli utenti sia con

gli altri operatori.

L’obiettivo era di verificare, al di là del dettato legislativo, in che modo

concretamente si svolge il lavoro psicologico all’interno dei diversi Servizi,

con quali specifici orientamento e con quali soddisfazioni o difficoltà.

Metodo

Sono stati intervistati 30 psicologi che lavorano all’interno dei diversi Servizi

della Giustizia Minorile in Italia, sia in Centri di Prima Accoglienza, in Istituti

Penali Minorili e in Uffici di Servizio Sociale Minorenni. Anche se il

campionamento non è stato casuale, è comunque distribuito per esperienza

di lavoro, aree geografiche, tipo di Servizio, tipo di rapporto di

collaborazione (dipendenti e consulenti).

Nell’anno 2008 nei Servizi della giustizia minorile erano impiegati 43

psicologi di ruolo (32 a contatto con l’utenza e 11 svolgevano mansioni

formative o avevano altri incarichi istituzionali) e 68 psicologi consulenti

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

40

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Tabella 1. Campione

Psicologi 30 (23 F, 7 M) Età 16 (<45 anni)

14 (>45 anni) Qualifica professionale 9 Psicologi (di cui 3 con specializzazione in

criminologia)

21 Psicoterapeuti Tipo di contratto 14 dipendenti

16 consulenti Servizio 15 (IPM)

14 (USSM) 1 (CPA, ma psicologi dell’USSM e IPM lavorano anche in CPA)

Area geografica 14 (Nord: Milano, Torino, Genova, Venezia, Treviso)

6 (Centro: Bologna, Firenze, Roma) 6 (Sud: Teramo, Napoli, Bari, Catanzaro) 4 (Isole: Cagliari, Sassari, Catania)

Anni di esperienza professionale nel Servizio

18 (<10) 12 (>10)

Ore settimanali di lavoro nel Servizio

16 (<20) 14 (>20)

La prima parte dell’intervista è stata orientata alla raccolta di informazioni

sul ruolo professionale (dati anagrafici, qualifica professionale, tipo di

contratto, ore mensili di lavoro, tipo di Servizio in cui si opera).

La seconda parte ha indagato sulla funzione e sul ruolo ricoperto dallo

psicologo all’interno del Servizio e in modo specifico l’attività di valutazione

della personalità, dei bisogni e delle risorse del minore (le aree prese in

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

41

considerazione, il modello teorico di riferimento, gli strumenti utilizzati, il tipo

di utenza e le problematiche riscontrate, la percezione dell’efficacia del

proprio intervento), con una particolare attenzione allo specifico Servizio

(rapporto con gli altri operatori, tipo di collaborazione e livello di

integrazione, eventuali conflitti).

Le attività

Gli psicologi suddividono il loro tempo lavorativo in tre aree principali di

intervento:

- Il lavoro di osservazione e valutazione della personalità del minore e di

sostegno psicologico durante l’iter penale.

- Il lavoro sul contesto, i colloqui con i genitori e gli incontri di rete con i

Servizi del territorio o con gli educatori delle Comunità,

- Gli incontri d’equipe e la stesura di relazioni.

Nell’intervista è stato chiesto di stimare in modo approssimativo la

percentuale di tempo dedicata alle diverse aree di attività. Questa stima,

seppure approssimativa, consente di prefigurare la distribuzione del lavoro.

Non emergono sostanziali differenze tra i servizi, se non per il maggior

tempo dedicato all’USSM al lavoro con i genitori.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

42

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Tabella 3. Tempo dedicato alle diverse attività (stima approssimativa)

Attività Valutazione della personalità e sostegno psicologico del minore)

60%

Incontri d’equipe, stesura relazioni

30%

Colloqui con i genitori e lavoro di rete

10%

La quasi totalità degli psicologi considera la valutazione della personalità

del minore l’attività principale all’interno del lavoro. Accanto a questa attività

è riconosciuta come importante anche quella di sostegno psicologico al

minore durante l’iter penale, ma il supporto psicologico e la psicoterapia

non sono normalmente considerati l’attività principale.

Tutti gli psicologi considerano il lavoro d’equipe e la rielaborazione dell’esito

dei colloqui, con la stesura delle relazioni, come molto importante, tanto da

dedicarvi una buona percentuale del tempo lavorativo complessivo. Il lavoro

d’equipe è inteso come confronto con gli altri operatori di diverse

professionalità per favorire la condivisione delle conoscenze sul ragazzo ai

fini della costruzione di una valutazione condivisa e di un eventuale

progetto.

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

43

Poco frequente è la partecipazione alle udienze, con un rapporto

generalmente indiretto, quindi, dello psicologo con la Magistratura, mediato

dalle relazioni e da altri operatori.

Nell’area dell’intervento sul contesto di sviluppo dagli intervistati sono state

nominate come attività importanti il lavoro con i genitori e gli interventi di

rete con i Servizi del territorio, soprattutto i Sert, le Uonpia e gli incontri con

gli operatori delle Comunità. Gli incontri con i genitori hanno una prevalente

funzione conoscitiva, innanzitutto con lo scopo di raccogliere informazioni

sul minore e in secondo luogo di valutare la risorse del contesto, più che di

presa in carico dei genitori con funzioni di supporto psicologico.

Gli psicologi che lavorano in USSM svolgono in modo più frequente anche

interventi sul contesto (lavoro con i genitori e lavoro di rete), mentre quelli

che lavorano in IPM e CPA suddividono maggiormente il tempo lavorativo

tra l’attività clinica e i lavoro di equipe.

Il lavoro clinico con il minore, in particolare di valutazione, per quanto

costituisca l’attività principale degli psicologi, rappresenta quindi

complessivamente poco più della metà del lavoro svolto all’interno del

Servizio.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

44

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Tra gli psicologi intervistati solo un terzo ritiene che questa suddivisione del

tempo di lavoro sia adeguata e soddisfacente. La maggior parte ritiene che

sarebbe auspicabile incrementare il lavoro clinico diretto con il ragazzo ed

in particolare l’attività di supporto psicologico (“Servirebbe più tempo per

stare con il ragazzo, sostenerlo durante tutto il percorso”), senza che

tuttavia questo incremento vada a scapito del lavoro di equipe e

dell’intervento con i genitori, ritenuti comunque importanti.

Il problema principale, quindi, sembra essere costituito dalla mancanza di

tempo, per le ridotte risorse di personale e per il monte ore complessivo

insufficiente. In questo quadro di carenza anche certi adempimenti

burocratici vengono svolti con fastidio, anche perché sottraggono tempo al

lavoro clinico diretto (“Gli adempimenti burocratici sono una seccatura,

tolgono tempo al lavoro con il ragazzo”).

Il compito primario

Generalmente gli psicologi pensano che il lavoro clinico, inteso sia come

valutazione della personalità sia come supporto psicologico del minore,

debba rappresentare l’attività principale che sono tenuti a svolgere

all’interno dei Servizi, il loro compito primario. Questo compito è

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

45

generalmente inteso come integrato nel lavoro del Servizio, come è

confermato tra l’altro il tempo utilizzato per attività di incontro tra operatori e

di raccordo con il contesto.

Per una parte degli intervistati lo psicologo può avere addirittura una

funzione di raccordo all’interno dell’equipe, in quanto il suo contributo può

favorire l’integrazione tra i diversi punti di vista dei diversi ruoli professionali

(“Lo psicologo è un collante per l’equipe”), in quanto fornisce una chiave di

lettura diversa da quella sociale o educativa ai fini della valutazione del

minore e della costruzione di un progetto.

Vi sono differenze nella descrizione della funzione dello psicologo per tipo

di Servizio.

In CPA l’intervento psicologico è più orientato al processo valutativo; in IPM

appare più importante l’accompagnamento del minore durante la

detenzione in vista del supporto alla condizione di restrizione della libertà e

della costruzione di un progetto, mentre in USSM il lavoro di valutazione e

sostegno è interpretato in un’ottica di trattamento del minore, soprattutto in

direzione di una progressiva motivazione al progetto di messa alla prova.

La quasi totalità degli psicologi intervistati ritiene che vi possa essere

un’integrazione tra gli obiettivi del lavoro psicologico e quelli istituzionali,

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

46

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

nonostante siano numerose le difficoltà riscontrate nel conciliare i due

obiettivi. La mancanza di motivazione a ricevere un aiuto da parte dei

minori è un ostacolo anche ad un lavoro integrato, poiché interferisce con la

costruzione di una relazione di fiducia come base per l’intervento. Alle

difficoltà ad impostare un’alleanza di lavoro con il minore, si uniscono

problemi di integrazione tra gli obiettivi dell’intervento psicologico e quelli

del sistema penale, che si manifesta anche nella diversità dei linguaggi

utilizzati.

L’obiettivo di fornire alla Magistratura elementi per un giudizio sul minore

può richiedere un lavoro di valutazione molto approfondito, che fornisca una

risposta esaustiva e definitiva sulla personalità del ragazzo, sui suoi bisogni

evolutivi e sulle sue risorse, sulla psicopatologia, sul livello di maturità e

sulla possibilità di reiterazione del reato, sulla sua disponibilità ad un

intervento e quindi sul tipo di misura/progetto da attivare per quel ragazzo.

L’obiettivo dell’intervento psicologico potrebbe limitarsi a fornire informazioni

e indicazioni sui bisogni e le risorse del minore, come elementi della

valutazione della sua personalità, con indicazioni generiche sul tipo di

progetto sostenibile, che possano aiutare il Giudice a decidere.

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

47

Lo psicologo potrebbe anche spingersi a definire in modo preciso la

diagnosi clinica, o il livello di rischio o il progetto di intervento.

Un problema specifico è costituito dalla difficoltà a conciliare i tempi

dell’intervento psicologico con quelli giuridici. L’idea prevalente è che i tempi

del cambiamento sia evolutivo sia psicoterapeutico siano più lunghi di quelli

dei procedimenti penali, pure non brevi. Solo in qualche caso si sottolinea

che la lentezza dei tempi della giustizia può interferire con le esigenze

evolutive del minore, rallentandone la realizzazione.

Un problema non secondario del lavoro psicologico è costituito dalla

generale carenza di risorse, di personale e di ore, che non consente di

svolgere valutazioni in modo sufficientemente ampio, prolungato e

approfondito. In alcuni casi vi sono esplicite richieste di approfondimento da

parte della Magistratura, sia in termini diagnostici sia più propriamente

peritali, sia come richiesta di una presa in carico psicoterapeutica, fino alla

formulazione di indicazioni anche abbastanza specifiche, che tuttavia si

scontrano con la carenza reale di risorse.

Una questione che emerge sullo sfondo, anche se non sempre in modo ben

delineato, è quanto da una parte lo psicologo o l’equipe degli operatori

Italian N

etwork for Young O

ffenders Assessm

ent and Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

48

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

possa essere precisa nella definizione della valutazione, in termini

diagnostici o di indicazione di progetto, e quanto dall’altra parte la

Magistratura possa essere prescrittiva sulle modalità tecniche di intervento

(somministrazione o meno di test, frequenza delle sedute o altro), con un

rischio di reciproco sconfinamento.

Altre difficoltà nell’integrazione tra gli obiettivi del lavoro psicologico e quelli

penali sono prodotte dal prevalere delle esigenze istituzionali di sicurezza,

che possono portare a sottolineare funzioni di controllo e al prolungarsi di

misure cautelari per ragioni processuali che possono essere poco

sintoniche con gli obiettivi di autonomizzazione individuale.

D’altra parte, gli psicologi sono consapevoli che il fatto che il loro intervento

si svolga in un contesto di obbligatorietà, al di là di alcuni vincoli che

comporta, in realtà è di grande aiuto, costituendo un quadro, un setting, per

l’intervento, che è indispensabile per una riflessione sul significato del reato

e più in generale perché il minore sia più consapevole di sé e del senso del

suo coinvolgimento nel sistema penale.

Complessivamente su questi temi non emergono differenze significative di

opinioni tra gli psicologi che lavorano in IPM, CPA o in USSM. Gli intervistati

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

49

sembrano concordare, quindi in linea di massima, sulla compatibilità tra

intervento psicologico ed esigenze istituzionali, pur con la sottolineatura

della carenza di tempo e di una certa difficoltà di raccordo con il

“linguaggio” e le esigenze della Magistratura.

Modello teorico di riferimento

Gli psicologi che lavorano all’interno dei Servizi della giustizia minorile

hanno modelli teorici di riferimento diversi. Dalle interviste emerge una

pluralità di approcci che possono essere raggruppati in quattro aree, in cui

l’orientamento psicodinamico sembra prevalente, ma con una buona

rappresentanza di orientamenti sistemici e cognitivo-comportamentali:

Tabella 4. Modelli teorici di riferimento

Psicodinamico

13

Cognitivo-Comportamentale

7

Sistemico-Relazionale

6

Altro

4

E’ importante notare che al di là dell’approccio metodologico generale, solo

una parte degli psicologi fa riferimento ad una formazione specifica in

psicologia giuridica o criminologia, così come ad una formazione in

psicologia dello sviluppo.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

50

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

L’accertamento della personalità

Gli psicologi riconoscono l’importanza sia di una valutazione complessiva

della personalità del minore sia di aspetti specifici, più legati al contesto

penale.

E’ importante per esempio accanto ad un’osservazione delle risorse

personali del ragazzo (affettive, cognitive e relazionali), la valutazione

specifica dell’impulsività e dell’aggressività, accanto al modo in cui il minore

è disponibile all’elaborazione del reato, le sue capacità progettuali o il livello

di rischio psicopatologico.

Mentre le aree di valutazione che concernono in modo più specifico il

contesto penale sono più sensibili al contesto dell’intervento (IPM, USSM,

CPA), la valutazione complessiva della personalità è un compito più

comunemente condiviso.

Tabella 5. Aree della personalità valutate

Aspetti cognitivi (risorse intellettive, deficit intellettivi, capacità autoriflessive) Sviluppo affettivo Area dell’identità sociale

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

51

Rischio psicopatologico

Contesto famigliare e sociale Controllo dell’impulsività/aggressività Rischio di agiti auto ed etero aggressivi Elaborazione del reato Capacità di adattamento al regime detentivo e al procedimento penale Capacità di progettare il futuro, motivazione al progetto

Disponibilità alla relazione psicologica

9. Strumenti

Gli psicologi usano come strumento principale il colloquio clinico, al quale

circa due terzi degli intervistati affianca l’uso di test. I test più utilizzati sono

indicati nella tabella VI.

Tabella 6. Test utilizzati

Interviste semistrutturate (SCID II) Questionari (YSR e TRF di Achenbach, MMPI) Test cognitivi (WAIS, WISC, Matrici di Raven) Test grafici (Disegno della famiglia, figura umana) Test proiettivi (Rorschach, TAT, Blacky Pictures)

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

52

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Altri test utilizzati sono i test grafici, il Questionario sul disimpegno morale,

OSQR (un questionario sul Sé), l’MRO (Modello delle relazioni d’oggetto), il

TMA (test multidimensionale sull’autostima), l’MQR (che rileva indici di

ansia, fobia, depressione e isteria), il FACS, l’SCL 90.

Dalle interviste emerge che il materiale testistico è molto diversificato sia

rispetto alla tipologia dei Servizi sia rispetto alla loro localizzazione, come

se vi fosse una cultura locale di uso del materiale, a parte alcuni test più

utilizzati come il test di Rorschach tra i proiettivi.

Non sembra di poter riscontrare una diretta corrispondenza tra il modello

teorico di riferimento dichiarato e l’utilizzo di specifici test. Molti psicologi

utilizzano, indipendentemente dall’approccio teorico, diversi tipi di test (sia

proiettivi sia cognitivi) anche se i test proiettivi (in particolare il Rorschach)

sono utilizzati soprattutto da coloro che hanno un approccio psicodinamico.

Collaborazione con altri operatori

Le figure professionali con le quali gli psicologi lavorano prevalentemente

sono gli assistenti sociali e gli educatori. Emergono comunque delle

differenze rispetto alle tipologie di Servizio.

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

53

Se, infatti, in USSM gli psicologi individuano nell’assistente sociale la figura

professionale con la quale collaborano maggiormente, seppure possono

entrare in contatto con figure educative, in IPM e CPA è l’educatore

(insieme comunque all’assistente sociale che viene considerata una figura

importante) la principale figura professionale con la quale gli psicologi

lavorano.

In realtà, le figure con le quali gli psicologi entrano in contatto sono

molteplici, non solo gli agenti, ma anche i mediatori culturali, gli insegnanti e

altri operatori di diversa professionalità dei servizi territoriali.

La quasi totalità del campione intervistato è soddisfatta della collaborazione

tra operatori di diversa professionalità, per quanto non esente da difficoltà di

comunicazione, linguaggio, competenze e obiettivi diversi, competizione tra

i ruoli. Più in generale gli psicologi lamentano uno scarso riconoscimento di

ruolo, un eccesso di discrezionalità nella segnalazione, ma soprattutto una

ridotta disponibilità di tempo e risorse adeguate.

Le opinioni degli psicologi intervistati si suddividono equamente sia rispetto

al tipo di problematica riportata sia alla tipologia del Servizio di

appartenenza.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

54

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Tabella 7. Problemi nella collaborazione con altri operatori

Mancanza di risorse (tempo e risorse adeguate)

13

Scarso riconoscimento di ruolo (non riconoscimento del ruolo, poco lavoro d’equipe, discrezionalità nell’assegnazione del caso)

11

Difficoltà di integrazione (linguaggio, competenze e obiettivi diversi, competizione tra i ruoli)

6

La mancanza di tempo è ritenuto un fattore importante per garantire un

buon lavoro di integrazione. Anche se la possibilità di integrare le

competenze dei diversi operatori è considerata positivamente perché

contribuisce a determinare una comprensione più completa del minore, la

difficoltà a tracciare i confini tra le diverse competenze e ruoli può creare

sovrapposizioni ed essere fonte di confusione, che nuoce al lavoro.

Infine, alcuni psicologi ritengono che la difficoltà di collaborazione sia legata

soprattutto ad una scarsa valorizzazione riconoscimento del ruolo e della

funzione di psicologo.

Gli psicologi che attribuiscono la difficoltà a lavorare in modo integrato ad

un non riconoscimento del proprio ruolo esprimono un vissuto di maggiore

frustrazione.

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

55

L’utenza

Rispetto alla tipologia di utenza che viene presa in carico dagli psicologi

all’interno dei diversi Servizi della giustizia minorile si osserva una

differenza sia rispetto alla tipologia del Servizio sia rispetto alla sua

localizzazione geografica.

Mentre in città come Milano gli psicologi prendono in carico minori italiani e

stranieri in ugual numero, in Servizi di città più piccole e in particolare al

Sud c’è una maggiore presa in carico di minori italiani rispetto a quelli

stranieri, in particolare in Sardegna dove gli psicologi operano quasi

esclusivamente con minori italiani.

Negli IPM i ragazzi presi in carico sono soprattutto stranieri mentre negli

USSM e nei CPA la maggior parte dei ragazzi presi in carico è costituita da

italiani, in una proporzione che corrisponde complessivamente a quella

della presenza dei minori nei Servizi. Negli USSM gli psicologi normalmente

non prendono in carico tutti i ragazzi, ma solo quelli che sono segnalati

dall’assistente sociale e per i quali si lavora in un ottica progettuale come

nella messa alla prova. Anche nel caso del CPA lo psicologo, che interviene

solo su richiesta dell’educatore, tende ad effettuare una valutazione

soprattutto dei ragazzi italiani per i quali si riscontra un livello di sofferenza

particolarmente alto o problematiche particolari da approfondire.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

56

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Rispetto alle problematiche riscontrate nei ragazzi presi in carico, gli

psicologi segnalano negli italiani problemi evolutivi, disagio sociale e

disturbi psicopatologici. Nei ragazzi stranieri si sottolinea soprattutto il

disagio sociale, legato al processo di immigrazione ed integrazione con la

società ospitante.

Tra le problematiche evolutive che si riscontrano in modo maggiore nei

ragazzi italiani vi sono i disturbi di personalità, i disturbi del comportamento,

il discontrollo degli impulsi, la difficoltà a tollerare la frustrazione e l’abuso di

sostanze. Tra le problematiche sociali, che si evidenziano sia nei ragazzi

italiani che stranieri, vi sono la presenza di un contesto familiare e sociale

multiproblematico (criminalità organizzata, gravi problemi economici,

contesto familiare deviante).

La rappresentazione prevalente è che l’impatto con il circuito penale e

quindi il reato rappresenti per i ragazzi stranieri l’unica possibilità, non

potendo spesso usufruire, in mancanza di risorse, di scelte alternative.

Per i ragazzi italiani, invece, il reato sembra rappresentare una scelta più

consapevole e sembra essere il frutto dell’interazione di diversi fattori sia

psicologici sia ambientali. Il ragazzo italiano che entra nel circuito penale,

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

57

infatti, è descritto dagli psicologi come portatore di problematiche più gravi,

di una più riconoscibile psicopatologia, e quindi più difficile da trattare

(spesso sono ragazzi reduci da precedenti interventi che sono falliti).

Principali insoddisfazioni e prospettive di miglioramento

Tutti gli psicologi intervistati hanno dichiarato che è la relazione con i

ragazzi ciò che li gratifica maggiormente nel proprio lavoro.

La relazione clinica con i minori rappresenta il punto di forza, ma anche di

sicurezza rispetto ad un intervento più ampio all’interno del Servizio, vissuto

come dispersivo e poco definito.

Dalle interviste emerge che le principali problematiche riscontrate dagli

psicologi nel proprio lavoro si collocano nella relazione con il contesto

istituzionale. La maggior parte delle difficoltà incontrate sono attribuite alla

difficoltà a lavorare in modo integrato, alla frammentazione degli interventi,

alla difficoltà a tenere insieme diversi livelli di intervento, una scarsa

coesione nel gruppo degli psicologi e, infine, una mancanza di tempo e

spazi adeguati.

Negli IPM, in particolare, è problematico lo scollamento tra l’intervento

all’interno dell’istituzione e l’ambiente esterno, sul quale si hanno ridotte

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

58

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

possibilità di intervento, sia nel contesto familiare/sociale sia attraverso

l’attivazione delle risorse territoriali.

Il senso di insoddisfazione o inefficacia è quindi collocato nella relazione

con il contesto più che negli obiettivi e metodi del proprio lavoro clinico.

Anche la relazione con i minori non è considerata come particolarmente

problematica.

Le ipotesi di miglioramento sono generalmente riferite all’area

organizzativa. La maggiore parte degli psicologi ritiene che dovrebbe

essere migliorata soprattutto l’organizzazione del Servizio in termini sia di

un più sistematico coordinamento tra le diverse figure professionali interne

al Servizio (coordinamento tra psicologi e tra psicologi ed educatori e

assistenti sociali) ed esterne (coordinamento con i Servizi del Territorio).

E’ anche forte la richiesta di un maggiore riconoscimento del ruolo dello

psicologo, vissuto spesso come accessorio (eccessiva discrezionalità

nell’assegnazione dei casi, dispersione delle informazioni, mancanza di

spazi idonei per i colloqui clinici e mancanza di supporti informatici).

C’è anche la richiesta di un aumento del numero di ore, al momento

insufficienti per poter tenere insieme i diversi livelli di intervento.

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

59

Dalle interviste si osserva tra gli psicologi un diffuso vissuto di non

appartenenza al Servizio, la percezione di svolgere una funzione

accessoria, non indispensabile, che contrasta con l’investimento e la

soddisfazione dichiarata nell’attività di osservazione e supporto svolta nella

relazione con i minori.

Altre proposte riguardano invece attività come l’intervento sul contesto ed in

particolare sulla famiglia, nel quadro di un intervento meno esclusivamente

indirizzato al minore, con l’ipotesi di un ampliamento di incontri di rete con i

Servizi del Territorio, del lavoro di gruppo con i ragazzi e dell’individuazione

di percorsi di supporto psicologico e educativo per i ragazzi più diversificati.

L’efficacia dell’intervento psicologico

Dalle interviste emerge che la maggior parte degli psicologi ritiene che il

proprio intervento sia complessivamente efficace. Diversi sono i significati

che nelle risposte sono attribuiti al termine “efficace”, ma possono essere

raggruppati in due dimensioni: una che riguarda soprattutto il lavoro clinico

con il ragazzo, l’altra il lavoro d’equipe e il progetto di reinserimento sociale.

Per la maggior parte degli psicologi è efficace un intervento che produce un

cambiamento nel ragazzo e si ritiene che l’intervento psicologico sia in

grado di produrre effetti trasformativi, anche se difficilmente definibili.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

60

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

L’efficacia dell’intervento clinico è soprattutto basata sulla costruzione di

una relazione di fiducia, intesa come spazio di accoglienza dei bisogni del

minore. La costruzione di una motivazione all’aiuto psicologico è indicata da

molti psicologi come un indicatore importante di efficacia, come se

l’acquisizione di consapevolezza del bisogno d’aiuto e il riconoscimento

delle proprie difficoltà psicologiche fossero già un primo risultato

dell’intervento, quasi al di là delle successive attese di trasformazione.

Il lavoro psicologico per molti dovrebbe essere in particolare orientato a

produrre nel minore una maggiore consapevolezza di sé, dei propri vissuti e

delle difficoltà e opportunità del proprio percorso evolutivo. Un indicatore di

efficacia è, quindi, l’attivazione nel minore di un processo di elaborazione e

risignificazione del reato e dell’intervento penale, nonché un’occasione per

riattivare risorse e competenze che il minore dovrebbe utilizzare nel

contesto di sviluppo, a partire dalla messa alla prova nel sistema penale.

Un’altra rappresentazione diffusa è che l’intervento penale fermi la

tendenza ad agire e rappresenti un’opportunità per il minore e in alcuni casi

anche la famiglia di attivare il pensiero e le risorse sia personali sia sociali

per rimettere in moto il percorso di crescita in una direzione evolutiva.

L’incontro con il minore è inteso, quindi, non solo in un’ottica di valutazione

della personalità in senso diagnostico, ma anche come occasione di

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

61

riflessione e di acquisizione di consapevolezza che può avere un valore

“trasformativo” non solo per il ragazzo, ma anche per la famiglia.

L’obiettivo di una maggiore consapevolezza è sottolineato più di quello di

fornire alla magistratura un quadro della personalità del ragazzo che possa

orientarlo nella decisione che dovrebbe essere in linea con le esigenze e

bisogni evolutivi del ragazzo.

Un senso complessivo di efficienza è soprattutto costituto dalla capacità di

effettuare un buon lavoro di equipe ed in particolare di arrivare ad

un’effettiva condivisione della conoscenza del minore al fine di costruire un

progetto di intervento il più possibile personalizzato.

E’ importante sottolineare, comunque, che la percezione di efficacia non è

direttamente collegata per tutti gli psicologi intervistati alla buona riuscita del

progetto su un piano concreto ed esterno. Molti psicologi ritengono efficace

il proprio intervento quando avviene una modificazione della personalità del

ragazzo indipendentemente dalla conclusione positiva di un progetto,

poiché ritengono che esistano variabili esterne non controllabili, dipendenti

dal contesto, che possono influire sull’andamento e sulla fine di un progetto

“Il minore può aver fatto un buon percorso terapeutico, anche se il progetto

è fallito”.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

62

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

In alcuni casi si ricorda la possibile disgiunzione tra efficacia dell’intervento

psicologico e rischio di recidiva. Altri psicologi tengono invece a sottolineare

che l’efficacia dell’intervento va misurata sull’esito positivo di un progetto

all’interno del percorso penale e quindi in relazione all’assenza o riduzione

di recidive. In generale, comunque, un intervento è ritenuto efficace quando

produce un cambiamento sia sul piano interno sia sul contesto di sviluppo.

La misura dell’efficacia sembra dipendere, nel caso dell’IPM e CPA, da un

feedback positivo sul buon andamento del progetto fuori dal carcere dove il

ragazzo, più consapevole delle proprie risorse, riesce a modificare il proprio

stile di vita ed investire in modo diverso sul proprio futuro. Per gli psicologi

che lavorano in USSM dove l’intervento psicologico è a medio o lungo

termine e comporta un accompagnamento del minore durante il percorso

progettuale, un intervento è ritenuto efficace quando permette al minore,

attraverso l’attivazione del pensiero e di risorse e competenze evolutive, di

riattivare il percorso di crescita.

Da questo quadro emerge che in generale gli psicologi che lavorano

all’interno dei Servizi della Giustizia Minorile ritengono che sia

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

63

fondamentale lavorare in modo integrato e coordinato sia sul “mondo

interno” del minore sia con le risorse del contesto.

Al contrario il vissuto di inefficacia è attribuito per lo più alla percezione

dell’assenza di una reale motivazione del minore alla presa in carico e alla

costruzione di un progetto, accettato in modo strumentale.

Un’altra fonte di insuccesso è costituita dalla scarsità di risorse nel Servizio

d’appartenenza o sul territorio, che consentano l’allestimento e la

realizzazione di un progetto individualizzato.

La mancanza di un lavoro d’equipe integrato è un’ulteriore fonte di

insoddisfazione.

Accanto a questi impedimenti istituzionali sono poi citate le difficoltà

derivanti dalla gravità dei casi, in riferimento alla psicopatologia individuale

o alla multiproblematicità del contesto famigliare e sociale di provenienza.

In pochi casi il fallimento di un intervento è attribuito ad un errore di

valutazione dello psicologo.

In sintesi, dalle interviste emerge che gli psicologi che lavorano all’interno

dei Servizi della Giustizia minorile ritengono che il proprio lavoro sia efficace

quando è integrato con il lavoro degli altri operatori sia interni (equipe con

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

64

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

assistente sociale e con l’educatore) sia esterni (i Servizi del territorio), ma

è interessante notare che la recidiva è indicata solo raramente come un

indicatore di inefficacia dell’intervento.

In modo specifico gli psicologi ritengono importante, ai fini dell’efficacia

dell’intervento psicologico, la creazione di una relazione di fiducia e di una

motivazione sia al percorso psicologico sia al percorso di risocializzazione.

L’intervento psicologico, in tutti i Servizi, è da tutti inteso come finalizzato a

favorire una ripresa evolutiva e lo sviluppo di una positiva identità sociale.

In sintesi, gli psicologi ritengono che il proprio lavoro sia mediamente

efficace, un’efficacia attribuita in primo luogo al lavoro clinico con il ragazzo

in termini di cambiamento interno e di maggiore consapevolezza, in

secondo ad una buona sinergia e coordinamento con le altri figure

professionali per individuare e costruire un progetto individualizzato di

risocializzazione del minore e solo in ultima istanza l’efficacia è valutata in

termini di riduzione delle recidive.

Formazione professionale

La collaborazione con altri colleghi psicologi si esplica soprattutto nel

confronto su singoli casi, per il passaggio di consegne e la condivisione di

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

65

informazioni sul ragazzo, per esempio dopo un cambiamento di misura o un

trasferimento da un carcere ad un altro.

Rari sono invece gli scambi metodologici o teorici, anche se una metà degli

intervistati ha partecipato a momenti di formazione professionale, in

particolare gli psicologi dipendenti, soprattutto in occasione del recente

passaggio degli psicologi dal Ministero alle ASL.

Gli incontri di formazione professionali specifici per gli psicologi sembrano

riguardare quasi esclusivamente gli psicologi dipendenti, mentre per gli

psicologi che hanno un contratto di consulenza non sono previsti incontri di

formazione.

Tutti gli psicologi che hanno partecipato a momenti formativi, su temi come

il confronto e l’approfondimento di tematiche cliniche sull’adolescenza o

l’uso di test psicologici, li ritengono utili per il lavoro perché permettono di

approfondire alcune tematiche e di confrontarsi con i colleghi. Chi non ha

avuto occasioni formative ne sottolinea l’auspicabilità e l’utilità.

Molti sono gli argomenti che gli psicologi vorrebbero approfondire nei

momenti di formazione professionale.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

66

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Da una parte vi sono argomenti che riguardano in modo specifico

l’adolescenza, dall’altra la metodologia e gli strumenti da utilizzare nel

lavoro di valutazione ed intervento sui minori sottoposti a procedimento

pena. Una terza area di approfondimento riguarda lo scambio e il confronto

professionale sulle pratiche di lavoro utilizzate nei Servizi. C’è anche una

domanda supervisione sui casi clinici.

Tabella 8. Temi per la formazione professionale

Gli adolescenti stranieri: il processo migratorio, l’approccio multiculturale La valutazione della personalità: obiettivi, metodi e strumenti, l’uso dei test Il trattamento dell’antisocialità, nei diversi contesti (es. Comunità) Ordinamento penitenziario Confronto di metodologie e strumenti utilizzati nei diversi Servizi L’abuso di sostanze L’alleanza con il minore nel sistema penale, la motivazione al colloquio La supervisione di casi clinici problematici

Dalle interviste emerge una forte richiesta di momenti di formazione

professionale, soprattutto come spazio di confronto e condivisione per

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

67

giungere ad una sistematizzazione condivisa in termini operativi delle

pratiche e degli strumenti di lavoro.

Tale richiesta sembra legata ad un vissuto di isolamento all’interno dei

Servizi. Per quanto il lavoro d’equipe e integrato con gli altri operatori

(assistente sociale, educatore e operatori dei servizi del territorio) sia

considerato come fondamentale, è percepito spesso come difficile e poco

gratificante e in ogni caso non in grado di sostituire il confronto con altri

colleghi. Il motivo di tale difficoltà è in prevalenza attribuito ad una

frammentazione e dispersione dell’intervento ed in particolare alla difficoltà

di condivisione delle conoscenze e competenze specifiche per la

strutturazione di un progetto o ad una mancanza di tempo (poche ore) e

quindi un coinvolgimento arbitrario e incostante del proprio ruolo.

Le problematiche incontrate nel lavoro riguardano non tanto il mandato

istituzionale che è ritenuto mediamente compatibile con il lavoro

psicologico, quanto soprattutto il piano organizzativo e la relazione con gli

altri operatori all’interno del Servizio.

Tale vissuto sembra caratterizzare la maggioranza degli psicologi

intervistati, indipendentemente dal tipo di Servizio di appartenenza (IPM,

Italian N

etwork for Young O

ffenders Assessm

ent and Treatm

ent

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

68

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

CPA, USSM) e alla tipologia di contratto (dipendente/consulente) o alla

regione di lavoro, anche se sembra più alta la soddisfazione degli psicologi

che lavorano in USSM, rispetto a quelli in IPM o CPA.

Il vissuto di isolamento istituzionale si affianca a quello professionale,

caratterizzato dalla percezione della mancanza di modelli di intervento

condivisi e di momenti di formazione professionali specifici.

Gli psicologi tra Servizi sanitari e Servizi della giustizia

Il passaggio ai Servizi sanitari è vissuto con ambivalenza. Emerge

comunque anche una valutazione più positiva, soprattutto perché

l’appartenenza all’ASL sembra consentire un maggiore riconoscimento

professionale e l’esercizio di funzioni con maggiori responsabilità

istituzionali, un riconoscimento del ruolo che non era sentito come

valorizzato dal Dipartimento della giustizia.

Molti psicologi intervistati mettono in evidenza la possibilità di essere

riconosciuti in un’identità professionale più chiara e definita. Alcuni

sottolineano, inoltre, l’importanza di una condivisione e confronto con altri

colleghi psicologi, che è possibile all’interno della nuova collocazione

istituzionale, mentre nei Servizi della giustizia il confronto era

5. L’intervento psicologico nei servizi della giustizia minorile

69

prevalentemente con altri operatori in una posizione di scarso

riconoscimento.

Emerge, quindi, prevalentemente un certo disorientamento, soprattutto a

causa di una non ancora chiara definizione del rapporto tra obiettivi di

diagnosi, in una prospettiva più sanitaria, e di accertamento della

personalità, in una prospettiva più istituzionale. L’adesione ad un modello

sanitario nell’interpretazione del ruolo sembra più motivato da un maggiore

riconoscimento di ruolo che dalla percezione di una reale incompatibilità tra

i diversi tipi di obiettivi.

Si conferma, comunque, che la maggior parte degli psicologi sperimenta un

vissuto di esclusione e non riconoscimento professionale all’interno dei

Servizi della giustizia, per cui la fonte di gratificazione del proprio intervento

finirebbe per essere legata soprattutto alla relazione con il minore.

Un’altra questione aperta può essere costituita dalla metodologia di

intervento all’interno del Servizio che, con il passaggio ad un’istituzione

sanitaria, potrebbe implicare un cambiamento del modello di lavoro.

L’interrogativo riguarda la possibilità e l’utilità o meno di integrare un

modello di intervento istituzionale con uno che configura l’attività

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

70

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

psicologica in un’ottica sanitaria, di diagnosi e cura, e non più o non solo di

osservazione e valutazione della personalità come richiesto dall’art. 9.

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

71

Anche se vi sono diverse teorie che si confrontano nella spiegazione del

comportamento antisociale, i dati empirici a sostegno delle differenti ipotesi

teoriche tendono progressivamente a convergere, tanto che è ormai

possibile considerare alcuni punti come acquisiti. Una rassegna di questi

risultati sembra suggerire che teorie diverse, in realtà, spieghino aspetti

complementari del problema, non incompatibili: l’integrazione è possibile, in

particolare, se queste diverse teorie sono collocate in una prospettiva

evolutiva.

In primo luogo, nella spiegazione del sorgere del comportamento

delinquenziale (Lahey, Moffitt, Caspi, 2003) è importante considerare la

combinazione di una predisposizione individuale, basata su specifici tratti di

temperamento - come problemi di autostima o emotività negativa, difficoltà

di controllo e insensibilità - con negative interazioni educative, nell’infanzia

(Hare, 2003; Lahey, Waldman, 2003). Gli stili educativi e le cure genitoriali

inadeguate trasformano precocemente queste predisposizioni

temperamentali in problemi di comportamento infantili, attraverso un

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

72

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

insieme di azioni e risposte che si configurano spesso come un circolo

vizioso di coercizione (Snyder, Reid, Patterson, 2003), in cui è centrale una

mancanza di riconoscimento empatico dei bisogni del bambino e un deficit

di elaborazione simbolica (Fonagy, Target, 2002).

Le interazioni educative primarie, a loro volta, costituiscono un importante

precursore dei comportamenti antisociali adolescenziali: il passaggio da

problemi infantili a disturbi adolescenziali avviene soprattutto attraverso la

costruzione di schemi relazionali o sistemi di aspettative disfunzionali nelle

relazioni interpersonali, spesso caratterizzati soprattutto da una tendenza a

sopravvalutare l’ostilità nelle relazioni interpersonali, sia con persone

familiari sia e soprattutto con estranei, e ad attribuire ad altri la

responsabilità degli eventi più che a se stessi (Dodge, Lochmann, Laird,

2002). Questi sistemi di rappresentazione di Sé e dell’altro, caratterizzati da

impulsività, tendenza ad uno stile di elaborazione persecutoria più che

depressiva, scarsa capacità empatica, sopravvalutazione di sé e

sottovalutazione dell’altro, acquistano una particolare importanza nel

momento della ridefinizione di sé in adolescenza, nel processo di

costruzione dell’identità sociale (Moffitt, 2003).

L’adolescente, allora, utilizza il comportamento antisociale come un modo

per definire la propria identità sociale (Novelletto, 2000), per affermarsi

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

73

socialmente e costruire una propria reputazione sociale, soprattutto

all’interno del gruppo dei pari (Emler, Reicher, 1995).

La messa in atto vera e propria del comportamento dipende, quindi, in

modo diretto dalle motivazioni e dai sistemi di valori individuali (l’ideale di

ruolo), che entrano in relazione con le opportunità del contesto di sviluppo

allargato, come l’ambito territoriale di crescita, in funzione di scopi, che

sono in connessione con i compiti evolutivi adolescenziali (Wikstrom,

Sampson, 2003).

Da questo punto di vista, è indispensabile considerare, come componente

centrale alla base del suo comportamento, i suoi desideri, valori e modi di

interpretare le relazioni sullo sfondo della realizzazione dei suoi bisogni

evolutivi.

I reati minorili possono essere espressione sia della tendenza trasgressiva

degli adolescenti, sia di disturbi del comportamento e della personalità

antisociale, sia di una più grave psicopatologia. La maggior parte dei

problemi con i quali si confronta un operatore della giustizia minorile

rimanda di norma a disturbi antisociali, più o meno gravi. In tutti questi casi,

sia i problemi sociali sia quelli psicopatologici possono essere visti come

modi diversi in cui si manifesta la difficoltà dell’adolescente a costruire

un’identità sociale, intesa come costruzione di un ideale dell’Io, un’idea di

sé e del proprio valore in quanto maschio o femmina. Il comportamento

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

74

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

antisociale è l’espressione di una difficoltà nell’assunzione di responsabilità

del proprio comportamento: un insufficiente sviluppo di capacità di controllo

del comportamento e del senso di colpa, un problema nella costruzione

della propria identità o una distorta percezione dell’ostilità altrui (che

ostacola la costruzione di un’immagine sociale) possono minare questo

processo di sviluppo (Maggiolini, 2002).

L’integrazione dei diversi punti di vista teorici è facilitata dal fatto di essere

collocata all’interno di una prospettiva generale di psicopatologia evolutiva.

Questo orientamento è particolarmente adatto per la valutazione del

comportamento antisociale, del suo sorgere e della sua evoluzione in

adolescenza e nella vita adulta, in quanto mostra come un comportamento

delinquenziale possa essere il risultato di diversi percorsi di sviluppo e nello

stesso tempo sia suscettibile ad ogni momento di possibili evoluzioni

differenti e di diverse modalità di espressione. Un approccio di

psicopatologia evolutiva porta inoltre a dare una grande importanza al

contesto, superando l’idea che un adolescente “abbia” un disturbo, per cui il

comportamento antisociale è interpretato piuttosto come l’effetto di

un’interazione negativa tra bisogni evolutivi e risposte dell’ambiente, in una

prospettiva in cui sono centrali le rappresentazioni del soggetto dei propri

bisogni e delle risposte dell’altro. I principi generali della psicopatologia

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

75

evolutiva (equifinalità, multifinalità, contestualismo e costruttivismo)

appaiono quindi particolarmente adatti a descrivere e comprendere i

disturbi del comportamento in adolescenza (Cicchetti, Cohen, 1995;

Cummings, Davies, Campbell, 2000).

L’obiettivo definito dall’attuale Codice di procedura penale minorile 448/88 è

in ogni caso di sostenere il processo evolutivo del minore, quale che sia il

livello di difficoltà che ostacola il suo percorso di inserimento sociale, sia

che si tratti di conflitti evolutivi adolescenziali, di patologia della personalità

e del comportamento antisociale o di psicopatologie che implichino la

perdita del contatto con la realtà. Da questo punto di vista anche le diverse

forme di intervento, come il carcere, la comunità terapeutica o la messa alla

prova, sono diverse strategie che sono mirate alla stessa finalità generale e

non appartengono a domini diversi come la cura e la punizione.

I reati dei minori possono corrispondere a diversi livelli di gravità, da un

punto di vista psicosociale (anche in ciascuna di queste categorie si

possono avere naturalmente diversi livelli di gravità):

1) comportamenti a rischio più che veri e propri reati, che possono

essere tuttavia considerati reati in alcune legislazioni, come per esempio il

vagabondaggio;

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

76

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

2) reati di status, in cui un certo comportamento è reato in funzione

dell’età di chi lo commette, come un rapporto sessuale avuto prima di una

certa età;

3) reati che non implicano una vittima, come il possesso o lo spaccio di

droghe;

4) reati che implicano una vittima, senza violenza diretta,come un furto;

5) reati che comportano una violenza nei confronti di un’altra persona,

come la violenza sessuale o l’omicidio.

Anche se ai diversi reati possono essere correlati differenti psicopatologie,

in genere nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte ad un disturbo

antisociale di personalità, se si usa la definizione del DSM IV per gli adulti.

Nei servizi della giustizia minorile, tuttavia, la diagnosi di disturbo della

condotta o di disturbo antisociale proposta nel DSM IV (descritto come

caratterizzato soprattutto da una persistente inosservanza e violazione dei

diritti degli altri, che si manifesta nell’infanzia o nella prima adolescenza, e

continua nell’età adulta), si rivela insufficientemente discriminante. Questa

classificazione, d’altra parte, è stata contestata da più parti anche da un

punto di vista teorico, in quanto eccessivamente basata su osservazioni

comportamentali.

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

77

Secondo Hare (1970) per esempio, non vanno, confuse sociopatia o

disturbo antisociale di personalità e psicopatia. Mentre la sociopatia e il

disturbo antisociale descrivono una varietà di condizioni come deviazioni

sessuali, alcolismo e comportamenti asociali o antisociali, non

necessariamente delinquenziali, la psicopatia, invece, che è descritta sia

attraverso criteri comportamentali sia da tratti di personalità, caratterizza più

propriamente i delinquenti che hanno una maggiore probabilità di recidiva e

che commettono reati più gravi, ma che non necessariamente sono

caratterizzati da comportamenti impulsivi e antisociali (tanto che si possono

trovare individui con queste caratteristiche ben inseriti socialmente, anche

in posti di responsabilità). Nella psicopatia Hare ha individuato due fattori

stabili: il primo fattore è il narcisismo aggressivo, che è caratterizzato da

egocentrismo, insensibilità, mancanza di rimorso (che è correlato con una

personalità narcisistica e istrionica, con un basso livello d’ansia e una bassa

empatia); il secondo fattore è lo stile di vita antisociale: stile di vita

irresponsabile, non convenzionale, antisociale, impulsivo, in cui l’individuo è

spesso alla ricerca di situazioni eccitanti; questo fattore è fortemente

correlato con il comportamento criminale, insieme ad un basso QI, un

basso livello socio economico e un livello di istruzione particolarmente

basso.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

78

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Gli stessi fattori sono stati ritrovati nell’analisi dei comportamenti dirompenti

infantili da Frick, Barry e Bodin (2000). Alla ricerca dei precursori della

psicopatia nei bambini, sono state individuate due dimensioni fondamentali

di personalità: insensibilità (o freddezza) e difficoltà nel controllo

dell’impulsività. Fra i tratti di insensibilità vi sono: mancanza di

preoccupazione per la scuola; il bambino non si sente cattivo o colpevole;

ha emozioni superficiali e non autentiche; non mostra sentimenti o

emozioni; agisce in modo seduttivo e insincero; non si preoccupa dei

sentimenti degli altri.

Lo scarso controllo degli impulsi è caratterizzato da comportamenti in cui il

bambino tende in modo particolare a vantarsi di quello che fa, ad

arrabbiarsi se corretto, a pensare di essere più importante degli altri, ad

agire senza pensare alle conseguenze, a rimproverare gli altri per i propri

errori, a prendere in giro o deridere gli altri, ad essere coinvolto in attività

rischiose, pericolose o illecite, a non mantenere gli stessi amici e ad

annoiarsi facilmente.

Benché sia i bambini insensibili, sia quelli con scarso controllo degli impulsi

abbiano problemi di comportamento, sono l’insensibilità e la mancanza

d’emotività ad essere particolarmente legate all’insorgere precoce di

problemi di comportamento (una differenza importante, rispetto agli adulti, è

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

79

che il narcisismo dei bambini è più legato all’impulsività mentre negli adulti

all’insensibilità).

Anche per gli adolescenti è stato rilevato che mentre la maggior parte di

quelli che sono in carcere segue i criteri per il disturbo della condotta o

antisociale (circa otto su dieci), solo tre su dieci incontrano i criteri per la

psicopatia (Forth, Mailloux, 2000). Mentre non vi sono differenze di razza e

d’età, vi è un forte collegamento tra la presenza di psicopatia e di tratti di

personalità narcisistica, antisociale e borderline (il cluster impulsivo dei

disturbi di personalità). Tra i fattori familiari che determinano la psicopatia

sono importanti: trascuratezza o abuso fisico, sessuale o affettivo

nell’infanzia, disaccordi familiari, o presenza di genitori a loro volta

antisociali o alcolisti. Dal punto di vista educativo l’ambiente familiare è

soprattutto caratterizzato da mancanza di controllo, una disciplina

incoerente, e da precoci separazioni dai genitori durante l’infanzia.

Jones e Westen (2010) hanno recentemente contribuito a raffinare

ulteriormente le capacità di individuazione di alcuni sottotipi prototipici di

adolescenti con problemi di antisocialità che sembrano andare nella stessa

direzione degli autori sopracitati.

Secondo gli autori è possibile individuare una prima tipologia di adolescente

antisociale caratterizzata da alcuni tratti psicopatici (Q Factor: Psychopaty-

Like): questi ragazzi mostrano uno scarso investimento nei valori morali e

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

80

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

una pressoché totale mancanza di riguardo nei confronti dei diritti, della

proprietà e della sicurezza degli altri, hanno una scarsa empatia e non

sembrano in grado o non manifestano la volontà di capire e/o rispondere ai

sentimenti e ai bisogni degli altri; non sembrano manifestare sensi di colpa

per i danni arrecati agli altri, sono inclini ad una rabbia intensa

sproporzionata rispetto alla situazione, alla violenza e sono ostili, oppositivi

provocatori soprattutto nei confronti delle figure di autorità; mostrano inoltre

una propensione ad accusare gli altri o le circostanza per i propri

comportamenti, attribuendo le proprie difficoltà esclusivamente ai fattori

esterni, più che a responsabilità e/o scelte individuali. Possono mostrare

aspetti manipolatori e rancorosi, in linea con una generale esagerata

convinzione di importanza personale. Nei casi maggiormente problematici

questi adolescenti sembrano trarre piacere o soddisfazione dal comportarsi

in modo sadico o aggressivo, e nell’essere visti come i “cattivi” o i “duri”. A

livello di intervento, è necessario tenere presente infine che questi minori

sembrano non curarsi delle conseguenze delle proprie azioni e non

appaiono in grado di modificare il proprio comportamento anche a seguito

di conseguenze negative.

Il secondo prototipo di adolescente antisociale ricavato dalla ricerca

empirica comprende quei minori fortemente ritirati dal punto di vista sociale

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

81

(Q Factor: Withdraw-Isolated). Questi ragazzi si sentono privi di

appartenenza, degli outsider, e spesso sperimentano sentimenti di infelicità,

depressione e abbandono che si accompagnano ad una convinzione di

inadeguatezza ed inferiorità, di mancanza di significato nella propria vita e

di impotenza nei confronti di forze al di là del proprio controllo. Non hanno

relazioni sentimenti o amicizie profonde, tendono a sentirsi incompresi, non

creduti o vittimizzati. Tendono inoltre ad essere arrabbiati o ostili, ad agire

impulsivamente, e a non reggere gli impegni soprattutto se frustrati o sotto

pressione dimostrandosi spesso inaffidabili; nei confronti delle figure di

autorità possono mostrarsi ostili, oppositivi e provocatori. Mancano di un

senso di identità stabile e mostrano uno scarso insight psicologico, e

tendono a circondarsi di coetanei con precedenti penali o profondamente

alienati. Tendono inoltre a sentirsi annoiati, e provano poco piacere nelle

attività quotidiane; è possibile che abusino di alcol e droghe.

La terza categoria comprende gli adolescenti il cui tratto distintivo è

l’impulsività e la tendenza ad essere al centro dell’attenzione. Tendono ad

abusare di alcol e droghe e possono manifestare svariati comportamenti a

rischio a livello di promiscuità sessuale, sensation seeking, fughe da casa o

da situazioni residenziali, o coinvolgimenti in relazioni emotivamente o

fisicamente pericolose e/o vicine all’abuso. Possono essere sessualmente

provocanti o seduttivi, tendenti ad utilizzare in modo eccessivo il proprio

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

82

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

aspetto fisico per farsi notare, scegliendo al contempo partner sessuali

inappropriati in termi di età, status etc. Questi adolescenti tendono a

mettere in atto comportamenti criminali e a circondarsi di pari altrettanto

coinvolti a livello penale. L’identità non è stabile e le relazioni tendono ad

essere instabili e caotiche e le loro azioni sono spesso caratterizzate da

impulsività. Inoltre, tendono ad attaccarsi agli altri in modo rapido e intenso,

sviluppando sentimenti ed aspettative talvolta irrealistiche in base alla storia

e/o al contesto relazionale. Sono ribelli e provocatori nei confronti delle

figure di autorità, tendono ad essere manipolatori e possono trarre

soddisfazione dall’essere, o dall’essere visti, come “cattivi” o “tosti”.

La quarta tipologia di adolescente antisociale mostra una primaria

disregolazione emotiva (Q Factor: emotionally disregulated): questi ragazzi

tendono a cadere in spirali emotive prive di contenimento che li portano ad

esprimere ansia, tristezza e rabbia molto intense e spropositate per la

situazione; le loro emozioni tendono a cambiare rapidamente ed in modo

imprevedibile. Possono manifestare difficoltà a mantenere l’attenzione e a

focalizzarsi sui compiti specie se distratti da stimoli esterni. Tendono ad

essere irrequieti e iperattivi, sembrano incapaci di rilassarsi e si esprimono

in modo esagerato e teatrale, possono essere manipolatori e vogliono

essere al centro dell’attenzione. Se sottoposti a stress possono faticare a

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

83

vedere contemporaneamente nella stessa persona sia le qualità positive sia

quelle negative, tendono a regredire a forme di coping più immature e

inefficaci e quando sono sottoposti a forti emozioni, possono manifestare

una significativa diminuzione del livello di funzionamento, sino a diventare

irrazionali. Le reazioni emotive sono estreme e impulsive, anche a seguito

di critiche minime ed in generale tendono ad evitare sentimenti di tristezza o

solitudine manifestando rabbia. Infine, questi adolescenti mostrano difficoltà

nella comprensione delle proprie e altrui motivazioni, emozioni e

comportamenti; possono mal interpretare o essere confusi dalle reazioni

degli altri.

L’ultimo sottogruppo di adolescenti antisociali riscontrato da Jones e

Westen (2010) comprende quei minori caratterizzati principalmente da una

disregolazione attentiva (Q Factor: attentionally disregulated). Mostrano

difficoltà a mantenere l’attenzione e a focalizzarsi sui compiti, si distraggono

facilmente e fanno fatica a stare seduti tranquilli e/o rilassarsi. Mostrano

una scarsa affidabilità e tendono ad incolpare gli altri o le circostanze dei

propri fallimento, ad esprimere la rabbia in modo indiretto e passivo ad

esempio facendo errori, procrastinando le cose o dimenticandosele, e a

convincere ripetutamente gli altri di essere cambiati per poi riprodurre i

comportamenti disadattavi precedenti. Tendono inoltre ad essere impulsivi e

a cercare il brivido, la novità, l’eccitazione, come se avessero sempre

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

84

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

bisogno di un elevato livello di stimolazione. Questi minori mostrano

comunque anche numerose caratteristiche adattive: hanno un buon senso

dell’umorismo e tendono a suscitare simpatia nelle altre persone, sono

energici e attivi e appaiono a loro agio nelle situazioni sociali. Sono inoltre

capaci di essere assertivi in modo appropriato, quando necessario,

sebbene mostrino un’inibizione o un conflitto nei confronti del

raggiungimento di obiettivi prefissati e non appaiano in grado di apprendere

dai propri errori anche a seguito di conseguenze negative. Infine, questi

adolescenti cercano di mostrarsi come emotivamente forti, privi di problemi

e capaci di controllarsi nonostante evidenti insicurezza, ansia o stress.

Le difficoltà di controllo dell’impulsività che caratterizzano il comportamento

antisociale sembrano rimandare non solo a problemi cognitivi (capacità di

pensare alle conseguenze delle proprie azioni), ma anche e soprattutto a

problemi narcisistici (vantarsi, prendere in giro gli altri, ecc.). Anche in una

prospettiva psicoanalitica, Kernberg (1999) colloca l’antisocialità minorile

lungo lo spettro del disturbo narcisistico. Per Kernberg la crisi d’identità

normale, che è tipica dell’adolescenza, è caratterizzata da difficoltà di

integrare aspetti dell’immagine di sé e delle figure significative di

riferimento, ma all’interno di una buona capacità di fornire un quadro

realistico delle persone significative, d’avere interessi e d’investire in oggetti

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

85

ai quali si attribuisce valore o di avere un interesse sentimentale o

innamoramento. Il disturbo narcisistico, invece, è caratterizzato soprattutto

da una particolare tendenza al dominio e alla sottomissione, dalla

mancanza di relazione empatica, da grandiosità (sfrontatezza,

atteggiamenti di superiorità, ambizioni ingiustificate) e da problemi

comportamentali come le difficoltà scolastiche. Un livello ancora più grave

di disturbo narcisistico è costituito dalla sindrome narcisistica maligna, in cui

al disturbo narcisistico si unisce il comportamento antisociale. In questi

adolescenti abbiamo non solo difficoltà di rendimento e comportamento

scolastico, ma anche un’aggressività egosintonica e, spesso, un

orientamento paranoide. In alcuni casi questo atteggiamento narcisistico

carico di ostilità, diffidenza e aggressività, produce un disturbo antisociale

vero e proprio.

E’ inoltre necessario adottare una prospettiva di psicopatologia evolutiva a

fronte dell’evidenza che non sempre il comportamento trasgressivo

adolescenziale è legato a corrispondenti problemi di comportamento

infantili. Nella ricerca empirica è stata dimostrata l’importanza della

distinzione tra delinquenti il cui comportamento è limitato all’adolescenza

(diffuso, non patologico, in cui la componente sociale è predominante e il

comportamento poco aggressivo) e delinquenti il cui comportamento si

estende in tutto l’arco della vita (raro, patologico, spesso associato al

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

86

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

comportamento aggressivo, in cui è anche importante la dimensione

neuropsicologica ed ereditaria). A questi gruppi si aggiunge un gruppo

moderatamente cronico, con un comportamento antisociale intermittente,

che caratterizza delinquenti spesso isolati e socialmente ritirati (Moffitt,

2003).

Nell’intervento con i minori sottoposti a procedimenti penali non ci si trova di

fronte solo alle diverse dimensioni dell’antisocialità adolescenziale. In alcuni

casi, infatti, ci si trova confrontati con reati che sono l’espressione di un

disturbo mentale, in cui è in gioco la perdita dell’esame di realtà, più che di

un disturbo di personalità e del comportamento, anche se la perdita del

senso di realtà può essere temporanea o essere prevalentemente a carico

della cultura di gruppo d’appartenenza.

La psicopatologia individuale, inoltre, si intreccia con le patologie del

contesto di vita e di sviluppo dell’adolescente. Vi sono, infatti, adolescenti

che commettono reati perché appartengono ad una cultura deviante, in cui

le motivazioni sociali sono preponderanti su quelle psicologiche e

psicopatologiche individuali: le loro trasgressioni non sono antisociali, ma

rappresentano la via all’inserimento sociale nel gruppo d’appartenenza. Altri

adolescenti ancora, come i minori stranieri immigrati senza la famiglia,

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

87

commettono reati come strategia di sopravvivenza all’interno del nuovo

Paese che li accoglie.

Il rapporto tra valutazione e intervento con i mino ri sottoposti a

procedimenti penali

Una parte importante del lavoro psicologico all’interno dei Servizi della

Giustizia minorile è costituito dall’attività di osservazione e valutazione. Le

possibili finalità della valutazione sono in realtà riassumibili nel tentativo di

comprendere il senso soggettivo che ha per l’adolescente il gesto deviante,

in relazione alle sue caratteristiche di personalità, al contesto da cui

proviene e alle sue esigenze evolutive, ma soprattutto della sua relazione

con l’intervento della giustizia e i provvedimenti ai quali è sottoposto.

Nella pratica di lavoro psicologico nei Servizi della giustizia minorile è utile

disporre di criteri, non solo per scopi diagnostici, ma per aiutare il processo

di valutazione penale, anche come premessa per la formulazione di un

progetto psicosociale di intervento. L’intervento psicologico in questo

contesto, infatti, non consiste nell’effettuare una diagnosi peritale volta

soprattutto a discriminare tra normalità, alla quale applicare pene, e

patologia, da indirizzare ad un sistema di cura. Chi si occupa di

antisocialità, e specialmente di adolescenti antisociali, direttamente o

indirettamente si trova nella situazione di condurre una valutazione

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

88

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

psicoeducativa integrata; ogni possibile intervento con un antisociale infatti

richiede una precedente valutazione delle caratteristiche personali e

contestuali in grado di portare ad un esito positivo dell’intervento stesso

(Bonta, 2002).

L’esigenza di implementare le procedure di valutazione dei minori antisociali

deriva sia dalla maggiore probabilità di incorrere in un comportamento

criminale mostrata dagli adolescenti che mostrano problematiche

psicologiche mentali e che abusano di sostanze (Moffit et al., 2000), sia

dall’unanimità presente in letteratura rispetto all’altissima prevalenza di tali

problematiche mentali tra i giovani che entrano nel circuito penale (Atkins et

al., 1999; Duclos et al., 1998; Randal et al., 1999; Boesky, 2002; Teplin et

al., 2002; Wasserman, McReynolds, Lucas, Fisher, Santos., 2002;

Vermerein, 2003; Kadzin, 2000; Vermeiren, Jesper, Moffit, 2006; Maggiolini

et al., 2008).

Una recente e comprensiva review (Grisso, 2004) sottolinea come le

problematiche più comuni riguardino i disturbi dell’umore e d’ansia, i disturbi

legati all’utilizzo di sostanze psicoattive, i disturbi del comportamento e i

disturbi del pensiero. La prevalenza di questi problemi negli adolescenti

sottoposti a procedimenti penali è stimata tra il 60% e il 70%, circa 2 o 3

volte superiore alla popolazione generale (Kadzin, 2000, Roberts, Attkinson,

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

89

Rosenblatt, 1998). I sistemi di giustizia minorile devono di conseguenza

essere in grado di individuare i minori con specifici bisogni collegabili a

problemi psicologici nel momento del loro ingresso (o ritorno) all’interno del

sistema stesso (Grisso, Vincent, Seagrave, 2005).

Tale valutazione del minore andrebbe quindi effettuata all’interno di un

paradigma di psicopatologia evolutiva (Cicchetti, Cohen, 2006) dal

momento che adottare tale prospettiva modifica in primis la

concettualizzazione, ma soprattutto le strategie di valutazione dei problemi

psichici negli adolescenti (Grisso et al., 2005).

La valutazione evolutiva così concettualizzata considera le modalità di

funzionamento di un individuo, la sua capacità di adattarsi al proprio

contesto, il livello di sofferenza o di benessere e nell’ambito dell’antisocialità

assume significato in quanto strettamente legata all’intervento che ne

segue, dal momento che “ogni intervento con un adolescente antisociale

richiede una precedente valutazione delle sue caratteristiche personali e dei

fattori contestuali in grado di portare ad un esito positivo dell’intervento

stesso” (Bonta, 2002; p. 355). Questo legame imprescindibile fornisce

significato al percorso di valutazione, che, come ogni azione psicologica

rivolta ad adolescenti sottoposti a procedimenti penali, si svolge sin

dall’inizio in un contesto di prescrizione e non di richiesta (Maggiolini, 2002),

spogliato quindi del presupposto costituito dal fatto di porsi di fronte

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

90

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

all’interlocutore come ad un soggetto con una difficoltà evolutiva che lo

porta a chiedere aiuto.

Risulta importante, di conseguenza, chiarire con l’adolescente in prima

istanza quale sia il contesto di intervento all’interno del quale ci si trova

(Servizi della Giustizia minorile, mandati peritali, mandati privati), chi ha

formulato la domanda di intervento e quali siano gli obiettivi della

valutazione. Solo a partire da questi dati è possibile definire un contesto

valutativo chiaro e definito, primo passo di un alleanza di lavoro altrimenti

difficoltosa con gli adolescenti antisociali.

In un’ottica evolutiva, la valutazione del minore assume come obiettivo

primario più che una formulazione diagnostica specifica, la comprensione

del senso soggettivo che ha per l’adolescente il gesto deviante in relazione

alle sue caratteristiche di personalità e alle sue esigenze evolutive. La

valutazione non va quindi intesa in senso nosografico e classificatorio, ma

come strumento in più per ricavare informazioni sulle modalità di

funzionamento dell’adolescenze, in particolare sugli aspetti che in quel

singolo aspetto appaiono più correlati al comportamento deviante.

All’individuazione delle rappresentazioni soggettive degli avvenimenti per i

quali è sottoposto a procedimento penale si accompagna un bilancio

evolutivo dell’adolescente, per tentare di evidenziare delle connessioni tra il

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

91

comportamento antisociale e il percorso evolutivo di crescita del singolo

minore all’interno del quale è commesso il reato. E’ altresì importante

individuare nel gesto antisociale un senso soggettivo, che spesso è opaco

all’adolescente stesso che proprio ai processi di soggettivazione e di

mentalizzazione ha sostituito un acting out delinquenziale.

Sintetizzando, ciò che si propone di ottenere la valutazione psicologica di

un adolescente antisociale è una valutazione del funzionamento individuale

il cui nucleo consiste nella comprensione dei bisogni evolutivi del ragazzo.

Per farlo, è necessario mettere in connessione le difficoltà evolutive con le

caratteristiche di personalità dell’adolescente, o con eventuali carenze del

suo ambiente di vita. In questa prospettiva, ciò che in altri modelli teorici è

letto come sintomo (es. l’impulsività, la persecutori età o la grandiosità) è al

contrario interpretato come una particolare declinazione distorta delle

problematiche evolutive, o meglio, come blocchi ed ostacoli al

soddisfacimento di quello che è il reale bisogno evolutivo che l’adolescente

maschera attraverso il comportamento antisociale.

Una valutazione e un successivo intervento basati sulla comprensione dei

bisogni evolutivi in relazione alle caratteristiche di personalità

dell’adolescente antisociale a nostro avviso risolve la durevole diatriba tra i

due principali modelli di intervento sviluppatisi in quest’ambito (Ward,

Stewaer, 2003), il modello attuariale e il modello clinico, non più visti come

Italian Netw

ork for Young O

ffenders Assessm

ent and Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

92

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

opposti e inconciliabili bensì integrabili in un approccio innovativo

perfettamente equilibrato tra aspetti di tipo nomotetico e di tipo idiografico

(Baird, 1984; Schwalbe, 2007, 2008; Shlonsky, Wagner, 2005). I modelli

attuariali si basano su una predizione oggettiva del rischio tramite

l’osservazione prospettiva del comportamento dei soggetti. Il principale

obiettivo di questi approcci è la rilevazione dei “criminogenic needs” (Bonta,

2002; Hoge, 2002, Ward, Stewart, 2003), concettualizzati come i fattori di

rischio dinamici collegati all’antisocialità in età evolutiva. In quanto fattori

dinamici, a differenza dei più conosciuti fattori di rischio statici non soggetti

a modifiche (es. l’età della commissione del primo reato è uno dei fattori di

rischio statici più significativi nella predizione del rischio di recidiva), i

criminogenic needs sono passibili di cambiamento e anzi secondo Andrews

e Bonta (1998) sono proprio quegli aspetti personali o contestuali – come

impulsività, abuso di sostanze, credenze antisociali - che, una volta

modificati, si associano ad una riduzione del tasso di recidiva. Per

definizione quindi i criminogenic needs forniscono agli operatori utili

informazioni su quali siano gli elementi passibili di intervento tanto che

secondo la “need principle of case classification” (Andrews et al., 1990) i

Servizi della Giustizia Minorile dovrebbero basare le proprie decisioni

unicamente sulla valutazione attuariale dei criminogenic needs del singolo

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

93

minore. Secondo i sostenitori di questo approccio, la valutazione basata su

predittori crominogenici teoricamente fondati e empiricamente validi

misurati attraverso strumenti standardizzati, oggettivi e in grado di cogliere

la dinamica evolutiva è ben più accurata di qualsiasi valutazione clinica

dell’antisocialità (Groive, Zald, Lebow, Snitz, Nelson, 2000).

In sintesi, l’approccio attuariale si concentra sul rischio di recidiva e calibra

l’intervento con l’adolescente antisociale sulla base dell’evitamento della

commissione di nuovi reati più che sulla ripresa evolutiva del minore. Da

questa prospettiva, sebbene l’aumento delle potenzialità del minore sia

auspicabile, non è l’obiettivo primario dell’intervento stesso. Al contrario, il

modello clinico si preoccupa in prima istanza di incrementare le capacità del

minore con l’obiettivo di aumentarne gli aspetti di resilienza reintroducendo

una dinamica nel percorso evolutivo interrotto dalla commissione del reato

e in linea teorica prevenendo la commissione di nuovi reati (Ward, Stewart,

2003).

Se il modello clinico è in linea con i principi dei più recenti sviluppi teorico-

pratici della psicopatologia evolutiva, il modello del controllo del rischio di

recidiva ha dominato l’ambito degli interventi con gli adolescenti antisociali

(Andrews, Bonta, 1998; Ashfort, Sales, Reid, 2001; Garland, 2001).

Sebbene Bonta (2000) insista sulla superiorità del modello attuariale e sia

scettico sulla possibilità di affiancarlo a quello clinico (Bonta, 2002)

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

94

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

recentemente si sta sviluppando nel panorama internazionale un approccio

integrato attuariale-clinico che non sacrifichi né la profondità della

comprensione clinica né la rilevanza empirica delle “actuarial measures”

(Schwalbe, 2008; Shlonsky, Wagner, 2005).

Il modello attuariale, infatti, non riesce a fornire informazioni sulle decisioni

cliniche da intraprendere, e non consente di valutare in che modo innestare

un cambiamento e una ripresa del percorso evolutivo interrotto dalla

commissione del reato, a fronte della rilevazione dei singoli criminogenic

needs; semplicemente, informa il clinico della probabilità di una futura

recidiva (Shlonsky, Wagner, 2005). Manca tuttavia l’aggancio tra rilevanza

statistica e predittività empirica da un lato, e sviluppo di un progetto

terapeutico individuale calibrato sulle peculiari caratteristiche evolutive del

minore.

Questo aggancio può essere trovato nel concettualizzare i criminogenic

needs come distorsioni delle normali manifestazioni dei bisogni evolutivi

(Ward; Stewart, 2003), quindi come ostacoli interni (legati alle

caratteristiche personali del minore) o esterni (legati al contesto e

l’ambiente di vita) che impediscono un percorso evolutivo ottimale (p. 142),

portando piuttosto ad un blocco. La valutazione psicologica dovrebbe quindi

essere tesa comprensione dei reali bisogni evolutivi del minore in relazione

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

95

sia alle sue caratteristiche personali e alle sue risorse sia alle modalità con

cui gli impedimenti alla realizzazione di questi bisogni, a seconda proprio

delle caratteristiche del minore, si manifestano attraverso i cosiddetti

criminogenic needs. Il problema derivante dal separare un approccio

attuariale da un approccio clinico risiede nel rischio di non cogliere a che

differenti bisogni evolutivi si rifanno costellazioni di criminogenic needs

apparentemente simili, mettendo così in atto interventi volti sì al modificare

queste costellazioni, ma incapaci di introdurre una ripresa del percorso

evolutivo.

Obiettivi e strumenti nella valutazione dei minori sottoposti a

procedimenti penali.

L’esame di personalità è utile rispetto ai seguenti aspetti e alle conseguenti

valutazioni e decisioni: la capacità di intendere e di volere, la rilevanza del

fatto, la scelta, se del caso, della più adeguata misura cautelare,

l’opportunità o meno della messa alla prova, la possibilità di applicare

sanzioni sostitutive, gli eventuali benefici e l’entità e la modulazione

dell’eventuale condanna (Losanna, 2008).

Adottare una prospettiva evolutiva consente un cambio di paradigma per

l’osservazione della personalità in ambito penale minorile (Centomani,

Martino, 2008) e nel rispondere a tali quesiti ci porta a prendere

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

96

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

maggiormente in considerazione l’analisi dell’azione deviante con

particolare attenzione al significato soggettivo proprio dell’autore del gesto,

la valutazione della responsabilità presente al momento del fatto e sugli

sviluppi della stessa durante l’iter penale come capacità di rielaborazione

delle conseguenze del reato, la valutazione delle narrazioni di sé e

dell’identità dei minore, delle sue risorse personali, familiari, contestuali.

Viene inoltre tenuto conto di parametri quale la valutazione dei contesti con

particolare attenzione agli stili educativi, l’analisi del percorso della carriera

deviante. Tutto questo in un’ottica rivolta ad una prognosi che in ambito

penale richiama il concetto di pericolosità sociale, ossia la probabilità che il

minore “commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati”, e ad uno

specifico trattamento basato su quanto emerso dalla valutazione stessa.

La valutazione psicologica dei minori sottoposti a procedimenti penali si

pone quindi come obiettivi una rilevazione delle caratteristiche di

personalità del minore e/o dell’eventuale presenza di un disagio

psicologico, entrambe intese nell’ottica di un bilancio evolutivo volto a

stabilire la dinamica soggettiva e individuale tra i bisogni evolutivi del

singolo minore e la loro interazione da un lato con i fattori di rischio

crimonogenici statici e dinamici (i cosiddetti Criminogenic Needs), dall’altro

con i fattori di protezione presenti a livello individuale e contestuale. Un

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

97

secondo obiettivo della valutazione psicologica è la rilevazione del rischio di

violenza e di recidiva, sovrapponibile al concetto giuridico-penale di

“pericolosità sociale”. Il terzo obiettivo è la valutazione della

maturità/immaturità del minore con particolare attenzione alle conseguenze

sul grado di responsabilità dell’adolescente. Infine, la valutazione

psicologica, come momento della più ampia valutazione del minore

sottoposto a procedimento penale vista come premessa necessaria per un

adeguato intervento psico-educativo, giuridico e sociale volto ad una ripresa

evolutiva, si deve soffermare sulla disponibilità dimostrata dal minore nei

confronti dell’intervento stesso.

Gli strumenti

La valutazione del minore autore di reato è frutto di una fase iniziale di

consultazione che può prevedere anche l’uso di strumenti testistici. E’

possibile individuare alcune linee guida sia per la conduzione dei colloqui

sia per la somministrazione di test.

Il colloquio con i minori devianti può essere particolarmente difficile perché

rivolto a ragazzi caratterizzati dalla propensione all’agito e con scarse

capacità di simbolizzazione.

I colloqui con i ragazzi sottoposti a procedimenti penali richiedono un

adattamento dell’abituale posizione d’ascolto dello psicologo, con

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

98

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

l’assunzione di un atteggiamento più attivo di quello che si è spesso abituati

ad adottare di fronte ad un utente che riconosce il proprio bisogno e che ha

sufficienti capacità di mentalizzazione.

Nella nostra prospettiva l’attenzione è rivolta in primo luogo ad individuare il

senso soggettivo del gesto deviante, il cui significato è posto in relazione

alle problematiche evolutive dell’adolescente, sullo sfondo delle sue

caratteristiche di personalità e di una valutazione del contesto (Maggiolini,

2002). La necessità di una comprensione psicodinamica dell’adolescente si

unisce ad esigenze istituzionali di valutazione, che non sono primariamente

finalizzate ad un intervento psicoterapeutico, ma alla presa in carico penale

e psicosocioeducativa.

Nei primi colloqui è utile capire quanto, per l’adolescente, un certo

comportamento abbia un valore trasgressivo e quanto gliene sia chiara

l’illegalità. E’ utile, inoltre, cercare di evidenziare il contesto evolutivo in cui il

reato è commesso: spesso il gesto trasgressivo compare, infatti, nei

momenti di passaggio (ad esempio, dalla scuola al lavoro) o di crisi e

fallimento di progetti di crescita. Al termine dei primi colloqui, al ragazzo e ai

suoi genitori è fornita un’interpretazione degli avvenimenti, che ne

rappresenti una nuova “messa in forma” in modo che la vicenda assuma

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

99

per i protagonisti un significato il più possibile condiviso.

All’individuazione delle rappresentazioni soggettive degli avvenimenti per i

quali è sottoposto a procedimento penale si accompagna un bilancio

evolutivo dell’adolescente, che è volto a fare il punto sul suo sviluppo nelle

diverse aree del Sé (i processi di separazione e individuazione,

l’inserimento sociale, l’integrazione della sessualità nell’immagine di sé, la

formulazione di un progetto futuro). In una prospettiva di psicopatologia

evolutiva, infatti, più che attribuire l’adolescente ad una categoria

diagnostica, è utile tentare delle connessioni tra il comportamento

antisociale e il suo percorso evolutivo.

Un ulteriore obiettivo è di mettere in connessione le difficoltà evolutive con

le caratteristiche di personalità dell’adolescente o con eventuali carenze del

suo ambiente di vita. In questa prospettiva impulsività, mancanza di senso

di colpa, grandiosità, anafettività, persecutorietà o depressione non sono

viste come il problema da curare, ma come una particolare declinazione,

distorta, delle problematiche evolutive, che impediscono il passaggio

evolutivo della costruzione dell’identità adulta, con la capacità di assumere

la responsabilità del proprio comportamento. In molte situazioni gli ostacoli

evolutivi non sono individuati soltanto nella personalità dell’adolescente, ma

piuttosto nel suo ambiente di sviluppo. In questo caso l’atto deviante non è

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

100

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

espressione di una patologia evolutiva dell’adolescente, ma di quella del

suo contesto di crescita, che non è in grado di svolgere una funzione

adeguata di supporto.

I colloqui di valutazione dovrebbero iniziare con un’esplicitazione degli

obiettivi degli incontri, seguiti da un bilancio evolutivo nelle diverse aree del

sé e degli stili attraverso i quali l’adolescente affonda i propri compiti

evolutivi: le relazioni familiari, in modo particolare nelle aree

dell’attaccamento e del controllo, il rapporto con la scuola e

l’apprendimento, le relazioni con i pari e con l’altro sesso, e con il propri

corpo, l’umore prevalente e eventuali comportamenti a rischio, il rapporto

con l’ideale. Con gli adolescenti immigrati è importante cercare di cogliere i

vissuti che hanno accompagnato l’immigrazione, la partenza dal paese

d’origine e l’ingresso in Italia, le loro motivazioni e aspettative.

All’interno dei colloqui preliminari è indispensabile raccogliere il punto di

vista soggettivo dell’adolescente sull’imputazione che gli è stata mossa, il

livello di empatia per i danni o le sofferenze causate, la capacità di

prevedere le conseguenze delle proprie azioni e il livello di premeditazione

o di impulsività del reato, con un’aggressività più predatoria, d’attacco, o

reattiva, di difesa. Poiché i reati sono in genere commessi in concorso è

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

101

indispensabile cercare di capire il ruolo dei diversi soggetti. Anche nelle

situazioni in cui non vi sia alcuna ammissione di responsabilità del reato per

il quale è imputato, è utile indagare le reazioni all’intervento della giustizia

anche da parte della famiglia. Immediatamente a seguito della fase di

osservazione e valutazione è importante capire le capacità di assunzione di

responsabilità del minore (ammissione del reato, riconoscimento del suo

senso e della sua gravità, capacità di formulare un progetto, disponibilità ad

impegnarvisi), soprattutto in funzione della formulazione di un progetto

condiviso, che possa essere presentato e discusso di fronte ai giudici.

Nel colloquio con i genitori si può seguire una traccia sostanzialmente

parallela a quella del colloquio con il minore (accertarsi che abbiano chiari

gli obiettivi del colloquio, esplorare l’immagine che hanno del figlio i

problemi educativi, ecc.). Il colloquio con i genitori, che indirettamente può

dare un’idea dei loro problemi e di una loro eventuale psicopatologia, ha

soprattutto lo scopo di valutare gli stili educativi, il tipo d’attaccamento, le

modalità di controllo del comportamento e di rispecchiamento empatico

(mentre le vicende e le condizioni familiari si ricavano dal colloquio

dell’assistente sociale o dell’educatore). E’ importante vedere se da parte

dei genitori c’è una sufficiente capacità di cogliere le difficoltà del figlio e di

capirne le motivazioni, assumendosi in qualche modo la responsabilità per il

suo comportamento.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

102

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Le difficoltà relazionali presenti nella consultazione psicodiagnostica con gli

adolescenti nell’utilizzo di test proiettivi si moltiplicano con i minori che

commettono reati. La situazione psicodiagnostica di per sé tende ad

attivare fantasmi d’intrusione e/o di valutazione, ma è possibile cercare di

trasformare un’indagine dalle valenze giudicanti ed intrusive,

potenzialmente persecutorie, in “un’esperienza emotiva conoscitiva” che

favorisca l’alleanza di lavoro e consenta al soggetto di entrare in rapporto

con il proprio immaginario nell’ambito di un’esperienza relazionale orientata

a una maggior comprensione di sé (Aliprandi, Bassetti, Riva, 2000). Mentre

la ricerca criminologica sugli adulti spesso ha dubitato dell’attendibilità delle

valutazioni psicologiche in ambito peritale, l’esperienza con i minori induce

a ritenere che quando l’adolescente è informato in modo diretto e

trasparente dell’uso del materiale psicodiagnostico in sede processuale e

viene aiutato ad esplicitare sospetti e diffidenze, e a dichiarare eventuali

preoccupazioni al riguardo, finisce per mettere rapidamente da parte

considerazioni di opportunità e convenienza processuale: la sua ansia di

valutazione, spesso molto intensa, non si rivolge al giudice, ma all’adulto

che ha di fronte, e ancora di più a quello internalizzato, una sorta di genitore

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

103

interno che da sempre lo giudica e mortifica paralizzandone la produttività

(Riva, 2002).

I test psicologici consentono di comprendere alcuni aspetti del minore

andando oltre la sua consapevolezza individuale, possono fornire

indicazioni rapide ed economiche rispetto al colloquio che comunque

rimane lo strumento principale della consultazione, e infine riescono a

fornire una maggiore oggettività dei giudizi. Secondo Hoge (2002) la qualità

di una valutazione psicologica dipende in modo diretto dalla sua validità,

essa può essere aumentata mediante l’utilizzo di strumenti di assessment

standardizzati (p. 380).

Nella valutazione dei minori autori di reato, occorre intanto considerare che

l’ambito penale presuppone l’utilizzo delle informazioni emerse nel corso

dei colloqui e dalla somministrazione dei test in sede di giudizio, e di ciò

l’adolescente è ovviamente consapevole (Riva, 2002). Sembrerebbe ovvio

riscontrare in queste circostanze ansie di valutazione e tentativi più o meno

consapevoli di manipolazione più pregnanti rispetto ai vissuti solitamente

elicitati (Schafer, 1954). Tuttavia, quando l’adolescente è informato in modo

diretto e trasparente sull’uso del materiale testistico e del ruolo della

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

104

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

valutazione psicologica cui è sottoposto, spesso finisce per mettere da

parte considerazioni di opportunità e convenienza processuale.

L’esplicitazione degli obiettivi, delle procedure e dell’utilizzo del materiale

emerso dalla somministrazione dei test può essere considerata come primo

punto di una serie di linee guida per la scelta e l’utilizzo dei test nella

valutazione degli adolescenti antisociali (Bonta, 2002) di cui riassumiamo gli

elementi salienti: prevedere l’utilizzo non esclusivo ma fondamentale di

strumenti attuariali dimostratisi empiricamente in grado di predire la recidiva

violenta o generale e almeno per quanto riguarda la valutazione del rischio

non affidarsi unicamente a strumenti clinici nati con altre finalità o con scopi

del tutto estranei a questi; utilizzare strumenti in grado di rilevare i

criminogenic needs; implementare l’utilizzo di test basati su teorie rilevanti e

validate a livello empirico; infine, puntare ad una valutazione multi-method

in cui le debolezze di uno strumento possano essere compensate dai punti

di forza di uno strumento diverso.

Da un punto di vista metodologico, l’attività di valutazione dei minori

sottoposti a procedimenti penali può essere suddivisa, a seconda del

mandato e/o del momento dell’iter penale in cui avviene, in “screening” o

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

105

“assessment”. La distinzione tra queste modalità di valutazione spesso non

è chiara anche per la tendenza a definire “assessment” qualsiasi genere di

misurazione delle caratteristiche psicologiche di un individuo, per la

mancanza di consenso tra i diversi autori su cosa sia effettivamente uno

screening e cosa un assessment e infine per una confusione all’interno

delle denominazioni degli stressi strumenti psicologici, che molto spesso

non mantengono questa distinzione (Grisso et al., 2005; Wasserman et al.,

2003).

Sebbene siano entrambi approcci alla valutazione del minore autore di

reato, screening e assessment sono concettualizzabili come due livelli

gerarchici di identificazione dei bisogni e delle problematiche evolutive dei

minori all’interno dei servizi di giustizia minorile. Lo screening ha come

obiettivo una valutazione economica ed estesa a tutti i minori in entrata,

laddove l’assessment, successivo allo screening, fornisce una valutazione

più approfondita, comprensiva individualizzata dei bisogni e/o dei problemi

emersi (anche se non necessariamente) nella precedente fase di screening

(Grisso et al., 2005; p.12). E’ doveroso sottolineare che non

necessariamente screening e assessment si differenziano per le aree di

indagine. Entrambe le fasi della valutazione si concentrano sulle

caratteristiche di personalità e sull’eventuale presenza di psicopatologia, sul

rischio di problemi di comportamento o di recidiva, o su problemi

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

106

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

psicosociali e/o di adattamento; tuttavia una rilevazione di screening ha

valore in particolare nel periodo immediatamente successivo alla

valutazione stessa e fornisce uno sguardo meno individualizzato della

natura dei bisogni del minore; viceversa l’assessment assume valore in un

ottica di comprensione più a lungo termine, soggettivante e

individualizzante, dei bisogni e delle possibili evoluzioni del minore.

Lo screening – Deve essere effettuato su ogni minore in entrata nei servizi

di giustizia minorile, e tende a focalizzarsi su quelle condizioni che

necessitano di una risposta e/o un intervento immediato, ad esempio il

rischio suicidario o l’abuso di sostanze. E’ quindi un momento necessario

per raccogliere in modo rapido, economico ed efficiente una serie di

informazioni psicologiche e comportamentali che consentono di identificare

in modo immediato ed efficiente le necessità e i bisogni cui rispondere a

breve termine.

La maggior parte dei Servizi non ha una strutturazione tale della fase di

screening da stabilire a priori quali siano le aree da indagare. Tuttavia,

secondo le più autorevoli fonti a riguardo (American Academy of Child and

Adolescent Psychiatry, 2005; Boesky, 2003; Grisso, 2004; Wasserman,

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

107

Jensen, Ko, 2003) lo screening all’interno dei Servizi di Giustizia Minorile

dovrebbe prevedere per lo meno un’indicazione sui sintomi affettivi e

ansiosi, sulla probabilità di commissione di gesti aggressivi a breve termine,

sul rischio suicidario o di comportamenti autolesivi in generale e infine sul

rapporto più o meno problematico con le sostanze psicoattive. E’ inoltre

fondamentale che gli strumenti utilizzati siano standardizzati, validi e

attendibili (Wasserman, 2003; American Academy of Child and Adolescent

Psychiatry, 2005), pena la riduzione dell’attività di screening ad uno spreco

di tempo e risorse. Nonostante l’accordo comune sull’importanza di

un’attività di screening sistematica, programmatica e standardizzata per il

momento questi aspetti spesso mancano all’interno dei Servizi (Bailey,

Trabuck, 2006).

L’assessment – In opposizione allo screening, l’assessment si pone come

obiettivo la descrizione più comprensiva e individualizzata del

funzionamento del minore. Se lo screening consente all’operatore di

rispondere a domande a breve termine come ad esempio – è probabile un

aggressione fisica durante la permanenza del minore in CPA? È necessario

prendere precauzioni per quanto riguarda possibili agiti autolesivi? –

l’assessment è maggiormente rivolto alla raccolta delle informazioni

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

108

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

necessarie alla stesura di un progetto terapeutico individuale a lungo

termine (Grisso et al., 2005).

Una seconda differenza rispetto allo screening è la natura selettiva del

processo di assessment che non è previsto per tutti gli adolescenti

antisociali in entrata nei Servizi, bensì per coloro i quali è ritenuto

necessario, in base a tre possibili obiettivi (Grisso et al., 2005): un

approfondimento dei risultati dello screening, una risposta a quesiti specifici

posti dal percorso penale o infine la creazione di un progetto

individualizzato a lungo termine da proporre al minore. In sintesi, è il

processo di assessment che consente la comprensione delle modalità di

funzionamento psichico di un individuo, delle sua capacità di adattarsi al

proprio contesto, del livello di sofferenza o di benessere e, nell’ambito

dell’antisocialità in età evolutiva, la comprensione del nesso tra

caratteristiche personali, elementi contestuali, criminogenic needs e bisogni

evolutivi.

Per ottemperare a questi obiettivi, sono tre le aree di indagine che un

assessment comprensivo orientato dal punto di vista evolutivo dovrebbe

prendere in considerazione in modo integrato ed equilibrato: una

valutazione delle caratteristiche di personalità del minore attraverso l’uso di

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

109

strumenti di assessment clinici, una valutazione del rischio di reato e di

recidiva attraverso la somministrazione di strumenti di tipo attuariale, e

infine una valutazione peritale che si concentra maggiormente su quesiti

riguardanti il contesto penale e non esclusivamente sul benessere psichico

del minore e pertanto necessita di appositi strumenti di assessment definiti

appunto “forensi” (Grisso, 1998; Grisso et al., 2003).

Infine, deve essere sottolineato come in ambito penale l’osservazione della

personalità del minore non venga realizzata da un singolo operatore, bensì

dall’istituzione, intesa come dispositivo che unisce obiettivi e competenze

differenti. La valutazione del minore pertanto prodotto di un gioco

dell’equipe (Centomani, Martino, 2008), che rappresenta un passaggio

fondamentale per integrare differenti punti di vista e differenti competenze in

un’unica narrazione che verrà riportata sulla relazione da sottoporre

all’autorità giudiziaria. Tale integrazione consente quindi di riunire una

pluralità di saperi delle professionalità riunite nell’equipe interdisciplinare

composta dalle figure di educatore, assistente sociale, psicologo, mediatore

culturale a cui possono aggiungersi il medico, l’agente di polizia

penitenziaria, l’operatore professionale, e permette di confrontarle.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and Treatm

ent

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

110

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Una proposta per la fase di screening: il Massachussetts Assess Youth

Symptoms Instrument-2 (MAYSI-2; Grisso, Barnum, 2003). Il MAYSI-2

(Grisso, Barnum, 2003) nasce come strumento self report breve, semplice,

somministrabile da operatori di diversa professionalità e senza necessità di

training clinici precedenti e rivolto in modo specifico agli adolescenti in

entrata nei Servizi di Giustizia Minorile. E’ stato creato quindi con l’intento di

rilevare nei minori in ingresso nel sistema penale esperienze cognitive,

affettive o comportamentali indicative di potenziali psicopatologie o di fasi di

acuto stress psicologico tali da richiedere un attenzione immediata (Grisso,

Quinlan, 2005). Come strumento di screening, indaga quei bisogni che

necessita di attenzioni immediate all’interno dei Servizi, come i gravi stati

depressivi, il rischio di gesti autolesivi o di aggressività rivolta verso gli altri,

o le conseguenze potenzialmente dannose di sintomi astinenziali allo scopo

di rilevare i minori che necessitano di una presa in carico psicologica

immediata (Borum, Wolpaw, 2008). Il MAYSI-2 è rivolto a minori di età

compresa tra i 12 e i 17 anni, può essere somministrato in tempi

relativamente brevi (10 – 15 minuti) e secondo le indicazioni degli autori

(Grisso, Barnum, 2003; Grisso, Quinlan, 2005) è stato ideato per un utilizzo

nelle 24 ore successive all’inserimento del minore. E’ composto da 52 item

dicotomici (vero – falso) suddivisi in sette scale cliniche: 1) uso di alcol e

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

111

droghe; 2) rabbia – irritabilità; 3) depressione – ansia; 4) lamentele

somatiche; 5) ideazione suicidaria; 6) disturbi del pensiero (valida solo per i

maschi); 7) esperienze traumatiche. Le ricerche condotte con il MAYSI-2

(Grisso et al., 2001) hanno riguardato unicamente campioni di adolescenti

delinquenti e sottoposti a procedimenti penali e hanno confermato la

validità, l’attendibilità e la struttura fattoriale dello strumento (Archer,

Stredny, Mason, 2004; Cruise, Dandreaux, Marsee, 2004). Ulteriori studi

(Wasserman, 2004) hanno dimostrato correlazioni significative tra i

punteggi delle scale MAYSI-2 e i criteri clinici rilevati attraverso la

Diagnostic Interview Schedule for Children – Version 4 (DISC-IV) e una

buona capacità predittiva rispetto a comportamenti rilevanti all’interno

dell’iter penale quali l’isolamento durante la detenzione, la necessità di

presa in carico psichiatrica, la durata complessiva della pena e la necessità

di interventi di contenimento da parte degli operatori per far fronte a

comportamenti auto lesivi o violenti anche sessualmente. In sintesi, per il

contesto in cui è stato ideato e per le proprietà dimostrate, il MAYSI-2 può

rappresentare un valido strumento standardizzato di screening all’interno

dei servizi della giustizia minorile; non va tuttavia dimenticato che come

strumento di valutazione iniziale necessità di ulteriori approfondimenti

diagnostici qualora emergano risultati significativi (Borum, Wolpaw, 2008).

In particolare, date le associazioni significative delle scale MAYSI-2 con altri

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

112

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

inventari di personalità quali lo YSR (Grisso et al., 2001) e il MMPI

(Espelage et al., 2003), si può ipotizzare un utilizzo di uno di questi ultimi

come successivo strumento di assessment.

La valutazione delle caratteristiche di personalità del minore autore di

reato

La valutazione psicologica considera le modalità di funzionamento di un

individuo, la sua capacità di adattarsi al proprio contesto, il suo livello di

benessere e di sofferenza. Esistono diversi modelli di valutazione: alcuni si

focalizzano sui sintomi, sulla loro presenza e co-presenza, sulla durata e

l’intensità; altri riguardano invece la personalità nel suo insieme, la storia

individuale e la qualità dell’inserimento nell’ambiente familiare e

psicosociale. In adolescenza è difficile che la “normalità” coincida con

l’assenza di sintomi, piuttosto è in funzione dei compiti che questa fase

propone, dalla cui risoluzione dipende il successivo sviluppo. Valutare un

adolescente significa considerare il modo in cui affronta i compiti evolutivi

che lo impegnano nella sua costruzione dell’identità, nell’integrazione

psichica del corpo sessuato, nell’integrazione psichica del corpo sessuato,

nell’articolarsi del processo di separazione-individuazione, nella

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

113

riorganizzazione delle relazioni con gli oggetti interni, sia sull’asse

dell’immagine di sé e del proprio valore, sia su quello delle relazioni con gli

altri significativi.

La centralità della dimensione evolutiva in adolescenza rappresenta un

limite nell’utilizzo sia dei sistemi categoriali che di quelli dimensionali nella

valutazione delle caratteristiche di personalità dei minori autori di reato. Il

carattere fluido e mutevole della situazione psichica adolescenziale infatti

evidenzia tutti i limiti di una valutazione categoriale. Anche una valutazione

dimensionale di determinati tratti di personalità deve essere effettuata con

attenzione nella fase adolescenziale, dal momento che le costellazioni di

tratti sono soggette a continue modifiche a causa della riorganizzazione

dell’intera personalità. Una valutazione psicodinamica in adolescenza non

corrisponde quindi ad una diagnosi categoriale o dimensionale, bensì valuta

due distinti processi: si analizzano le diverse aree evolutive e si valuta la

competenza dell’adolescente nella costruzione di un’identità di Sé più o

meno adeguata. I principi generali della psicopatologia evolutiva

(equifinalità, multifinalità, contestualismo, costruttivismo) appaiono quindi

particolarmente adatti a descrivere e comprendere i disturbi del

comportamento in adolescenza (Cicchetti, Cohen, 1995; Cummings,

Davies, Campbell, 2000).

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

114

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

E’ quindi importante sia formulare ipotesi sul modo in cui l’adolescente sta

costruendo la propria personalità sia comprendere le dinamiche di

funzionamento del contesto relazionale in cui è inserito. Il concetto stesso di

“compito evolutivo” coniuga aspetti intrapsichici legati alla personalità

dell’adolescente e ad aspetti relazionali correlati al suo “contesto psichico

allargato”.

La valutazione all’’interno dell’istituzione penale necessita di una tale

prospettiva bifocale non circoscritta al setting clinico e non riguardante

unicamente il rapporto tra psicologo e paziente, bensì ogni figura

dell’equipe istituzionale che è chiamata a svolgere una funzione valutativa

per l’ambito che le compete. La presenza di tale equipe multidisciplinare

consente di osservare l’adolescente all’interno delle sue diverse

appartenenze, nello svolgimento dei suoi ruoli sociali, significanti di ruoli

affettivi spesso non integrati in un’unica rappresentazione di sé. In questa

prospettiva la valutazione non è primariamente orientata alla diagnosi di un

disturbo, ma alla comprensione del senso soggettivo delle scelte e dei

comportamenti del minore e della loro valenza espressiva e comunicativa

nei confronti dell’ambiente (Maggiolini, Riva, 1998). E’ infatti indispensabile

considerare, come componente centrale alla base del comportamento del

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

115

minore autore di reato, i suoi desideri, valori e modi di interpretare le

relazioni sullo sfondo della realizzazione dei suoi bisogni evolutivi. In una

prospettiva evolutiva i reati minorili possono essere espressione sia della

tendenza trasgressiva degli adolescenti, sia di disturbi del comportamento e

della personalità antisociale, sia di una più grave psicopatologia; è

importante considerare la combinazione di una predisposizione individuale,

basata su specifici tratti di temperamento - come problemi di autostima o

emotività negativa, difficoltà di controllo e insensibilità, e la costruzione di

schemi relazionali o sistemi di aspettative disfunzionali nelle relazioni

interpersonali, spesso caratterizzati soprattutto da una tendenza a

sopravvalutare l’ostilità nelle relazioni interpersonali, sia con persone

familiari sia e soprattutto con estranei, e ad attribuire ad altri la

responsabilità degli eventi più che a se stessi (Dodge, Laird, Lochman, Zelli

2001). Grisso e colleghi (2005) sottolineano come adottare una prospettiva

evolutiva abbia una notevole importanza, perché modifica la

concettualizzazione ma soprattutto le strategie di valutazione dei problemi

negli adolescenti, e ricordano alcuni punti chiave (p. 37): l’identificazione

delle caratteristiche di personalità in adolescenza è resa incredibilmente più

complessa a causa dei normali cambiamenti evolutivi in corso in questo

periodo del ciclo di vita; l’identificazione di queste caratteristiche richiede di

conseguenza metodologie e strumenti che sono state sviluppate

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

116

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

appositamente per gli adolescenti e/o i bambini, e non per gli adulti; le

informazioni riguardante lo stato psicologico degli adolescenti sono più

variabili nell’immediato rispetto a quanto avviene negli adulti, per cui è

possibile che se si sottopone un minore ad un percorso di assessment, gli

esiti non trovino riscontri a distanza di tempi anche relativamente brevi

come 12 mesi; la maggior parte dei gesti antisociali in adolescenza non è

causata da disturbi psichici, tuttavia questi ultimi possono aumentare il

rischio di comportamenti trasgressivi, aggressivi o propriamente antisociali.;

è necessario riflettere sulla valutazione della gravità delle singole situazioni.

Un adolescente antisociale può essere grave perché i suoi comportamenti

problematici sono allo stato attuale gravi e richiedono un’attenzione

immediata; un altro può essere grave perché i suoi problemi sono pervasivi,

e coinvolgono funzionamenti disadattivi che risultano presenti già in età

infantile e che possono persistere sino all’età adulta.

La valutazione della personalità del minore autore di reato, e quindi un suo

bilancio evolutivo, passa attraverso una valutazione del rapporto con le

figure significative in modo particolare nelle aree dell’attaccamento (capire

se si sente legato a loro e se sente che loro si occupano di lui), del controllo

(capire se gli danno delle regole e se vi sono contrasti nella loro

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

117

applicazione), e della valorizzazione (capire ad esempio se i genitori sono

orgogliosi di lui, se si sente apprezzato da loro). E’ importante valutare il

funzionamento a scuola o sul posto di lavoro e gli interessi o gli hobby

sviluppati a livello personale, nel tentativo di capire se c’è nell’adolescente

un sufficiente senso di efficacia personale, la capacità di avere interessi e di

impegnarsi per raggiungere gli obiettivi che si prefigge. E’ importante

cercare di capire se vi siano problemi infantili di iperattività o opposività, e

un’idea di sé non troppo grandiosa che consenta di avere un rapporto

accettabile con le figure d’aturotià. E’ utile cercare di ricostruire l’immagine

che l’adolescente ha di sé, e l’ingresso in adolescenza con particolare

attenzione alle difficoltà durante la scuola media, che sono molto frequenti

in ragazzi con problemi di questo tipo, di profitto e di relazione, con i

compagni o con gli insegnanti. Spesso si tratta di ragazzi con deficit di

attenzione e carenze cognitive non riconosciute, perché mascherate dai

problemi di comportamento ed è utile vedere se nel passaggio al mondo del

lavoro queste difficoltà relazionali hanno subito un evoluzione positiva o

negativa. Indagare inoltre le modalità di divertirsi e di occupare il tempo

libero, eventuali hobby o interessi abbandonati e non sostituiti, è importante

valutare la presenza di un investimento sul proprio futuro, della percezione

di una propria identità sociale. E’ molto importante inoltre indagare lo stile

delle relazioni con gli amici e soprattutto capire se vi è un’autentica capacità

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

118

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

di legame anche in situazioni in cui le relazioni familiari sono compromesse,

se c’è isolamento o sovrainvestimento in un gruppo deviante, con relazioni

di dominanza o sottomissione. La capacità di legame può essere indagata

anche attraverso una valutazione delle relazioni con l’altro sesso, al fine di

verificare la possibilità nel minore di instaurare relazioni non manipolatorie e

di integrare sessualità e tenerezza. E’ anche importante avere informazioni

sulle modalità di regolazione degli impulsi e l’eventuale presenza di ansie in

relazione al corpo e all’immagine di sé, sulle abitudini alimentari e sul

sonno. E’ utile porre attenzione sull’umore prevalente, più o meno stabile

per valutare tendenze depressive o euforiche e la capacità di gestione delle

situazioni emotive. Molti adolescenti sottoposti a procedimenti penali hanno

comportamenti a rischio, ed è importante valutare la presenza di una forte

sensation seeking o di comportamenti impulsivi anche se non legati ad

aspetti delinquenziali, o di un’aggressività egosintonica, più o meno reattiva.

Infine, è utile indagare il rapporto tra grandiosità e la capacità di formulare

progetti per il futuro a medio o a lungo periodo.

Una valutazione delle caratteristiche di personalità del minore orientata in

tale prospettiva evolutiva, deve accompagnarsi necessariamente

all’individuazione delle rappresentazioni soggettive degli avvenimenti per i

quali è sottoposto a procedimento penale, per tentare di evidenziare delle

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

119

connessioni tra il comportamento antisociale e il percorso evolutivo di

crescita del singolo minore all’interno del quale è commesso il reato. E’

altresì importante individuare nel gesto antisociale un senso soggettivo, che

spesso è opaco all’adolescente stesso che proprio ai processi di

soggettivazione e di mentalizzazione ha sostituito un acting out

delinquenziale. La valutazione non va quindi intesa in senso nosografico e

classificatorio, ma come strumento in più per ricavare informazioni sulle

modalità di funzionamento psichico dell’adolescenze, in particolare sugli

aspetti che in quel singolo aspetto appaiono più correlati al comportamento

deviante (Riva et al., 2002).

La letteratura empirica mostra a livello unanime una significativa prevalenza

di problematiche psicopatologiche tra i minori coivolti nel circuito penale

(Atkins et al., 1999; Duclos et al., 1998; Randal et al., 1999; Boesky, 2002;

Teplin et al., 2002; Wasserman, McReynolds, Lucas, Fisher, Santos., 2002;

Vermerein, 2003; Kadzin, 2000; Vermeiren, Jesper, Moffit, 2006; Maggiolini

et al., 2008), pertanto è necessario, per i Servizi della Giustizia Minorile,

implementare le proprie procedure di valutazione per non correre il rischio

di sottostimare la relazione esistete tra problematiche psicologiche, utilizzo

di sostanze e comportamento criminale (Moffit et al., 2000). Una recente e

comprensiva review (Grisso, 2004) sottolinea come le problematiche più

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

120

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

comuni riguardino i disturbi dell’umore e d’ansia, i disturbi legati all’utilizzo

di sostanze psicoattive, i disturbi del comportamento e i disturbi del

pensiero. La prevalenza di questi problemi negli adolescenti sottoposti a

procedimenti penali è stimata tra il 60% e il 70%, circa 2 o 3 volte superiore

alla popolazione generale (Kadzin, 2000, Roberts, Attkinson, Rosenblatt,

1998). I sistemi di giustizia minorile devono di conseguenza essere in grado

di individuare i minori con specifici bisogni collegabili a problemi psicologici

nel momento del loro ingresso (o ritorno) all’interno del sistema stesso

(Grisso, Vincent, Seagrave, 2005). Senza dimenticare che: troppo spesso

nelle analisi presenti in letteratura non vengono incluse metodologie di

rilievo del ritardo mentale e del disturbo da deficit di attenzione e iperattività

(ADHD) sebbene siano significativamente più frequenti tra gli adolescenti

antisociali; i minori che soddisfano i criteri per una o più diagnosi

psichiatriche non necessariamente corrispondono alla proporzione di

giovani nei servizi di giustizia minorile che necessiterebbero di una presa in

carico psicologica e/o psichiatrica (Grisso, 2004); infine che una diagnosi

psichiatrica è solo uno dei modi di descrivere i bisogni psicologici degli

adolescenti sottoposti a procedimenti penali, differente rispetto ad esempio

ad un approccio focalizzato sui sintomi, o ad un approccio dimensionale o

ancora ad un approccio orientato al problema, ma soprattutto è una

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

121

modalità che non riesce a soddisfare le esigenze di una valutazione del

minore effettuata all’interno di un paradigma di psicopatologia evolutiva

(Cicchetti, Cohen, 1995).

Gli strumenti utilizzati per rilevare quantitativamente e qualitativamente tali

aspetti della personalità del minore autore di reato, siano essi condizioni

temporanee o stabili di funzionamento, normali o patologici non nascono

per effettuare una valutazione del rischio o una valutazione penale, e

l’operatore dovrebbe esserne consapevole. Ciononostante, indagare la

presenza di un disturbo psichiatrico o una conclamata psicopatologia, o

ancora di alcuni tratti disfunzionali e pervasivi di personalità può consentire

all’operatore di informazioni utili riguardo al possibile intervento da attuare

(Grisso et al., 2005).

Una proposta per la valutazione delle caratteristiche di personalità: il

sistema ASEBA (Achenbach, 2001). Una serie di strumenti non

specificamente orientati alla valutazione dei minori delinquenti, ma che è

apparso particolarmente versatile per la valutazione dei diversi problemi

degli adolescenti, anche in riferimento ai problemi di comportamento è

l’Achenbach System of Empirically Based Assessment (ASEBA;

Achenbach, 2001). Tra questa classe di strumenti, il questionario

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

122

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

autosomministrato principalmente utilizzato con gli adolescenti è lo Youth

Self Report (YSR; Achenbach, 2001). Si tratta di un questionario creato per

valutare un ampio spetto di caratteristiche del funzionamento di soggetti tra

gli 11 e i 18 anni. Numerose sottoscale organizzano i risultati del

questionario: dall’analisi di problematiche legate all’internalizzazione (ritiro,

problemi somatici, ansia-depressione) a problematiche miste (problemi

sociali, problemi del pensiero, problemi d’attenzione); a problematiche

legate all’esternalizzazione (comportamento delinquenziale e aggressivo).

Lo YSR è parte di un sistema di valutazione più complesso, l’ASEBA

(Achenbach System of Empirically Based Assessment) che permette una

valutazione sistemica attraverso versioni parallele del questionario

autocompilato dal minore, somministrate ai genitori (Child Behavior

Checklist; CBCL), agli educatori o compilate dal clinico (Teacher Form

Report; TFR). I confronti “cross-informant” vengono effettuati con facilità, e

sia l’accordo che il disaccordo sulle caratteristiche dell’adolescente

forniscono dati interessanti. Di notevole importanza nell’ambito della

valutazione dell’antisocialità in adolescenza è l’introduzione nel sistema

ASEBA di un Modulo di Scoring Multiculturale (2007). Achenbach e

Rescorla (2007) sostengono che per valutare in modo oggettivo adolescenti

di diverse culture d’origine, sia necessario per i clinici dotarsi di strumenti

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

123

validi e attendibili da un punto di vista psicometrico che tengano conto dei

fattori culturali e linguistici del paziente e le tre diverse forme dello

strumento (YSR; CBCL; TFR) hanno mostrano un equivalenza e una

stabilità interna transculturale. In letteratura sono presenti diverse ricerche

nell’ambito della delinquenza minorile in cui sono stati utilizzati gli inventari

del sistema ASEBA: alcune di queste sottolineano le associazioni

significative tra i punteggi allo YSR o alla CBCL e disturbi legati all’utilizzo di

sostanze, disturbi della condotta secondo il DSM e gesti auto lesivi

(Crowley, Mikulich, Ehlers,, Whitmore, MacDonald, 2001; Ruchkin, Schwab-

Stone, Koposov, Vermeiren, King, 2003); altri studi mostrano la capacità

predittiva a lungo termine degli inventari ASEBA rispetto a comportamento

delinquenziale e all’abuso di sostanze (Achenbach et al., 1995, 1998;

Ferdinand, Blum, Berhulst, 2001).

Inoltre, questi studi mostrano una capacità predittiva rispetto a numerosi

problemi che possono risultare di interesse nell’ambito della giustizia

minorile come i comportamenti suicidari, le gravidanze indesiderate, il drop-

out scolastico e l’incapacità di mantenere un’attività lavorativa (Achenbach,

2005). In sintesi, il sistema ASEBA mostra notevoli punti di forza che

favoriscono un suo utilizzo nella valutazione dell’antisocialità in

adolescenza: i questionario sono brevi, comprensibili e disponibili in diverse

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

124

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

lingue; le modalità di scoring e di interpretazione non sono eccessivamente

complesse; l’utilizzo parallelo delle tre forme di cui si compone l’ASEBA

(YSR; CBCL; TFR) consente un approccio sistemico che garantisce una

descrizione dell’adolescente a “360 gradi” effettuata dal ragazzo in

autonomia e dagli adulti significativi; infine le interpretazioni dei protocolli

risultano valide e sensibili a livello culturale, grazie all’introduzione di norme

di riferimento specifiche per diversi paesi.

La valutazione del rischio di violenza e di recidiv a

Poiché uno degli scopi importanti, anche se non il solo, dell’intervento

penale è di ridurre i rischi di recidiva, è indispensabile chiedersi quali

caratteristiche del minore e del suo contesto di vita consentano la

formulazione di una prognosi più favorevole e su quale sia il rapporto tra

obiettivi psicologici di responsabilizzazione e sviluppo da una parte, e

obiettivi più strettamente comportamentali. Un importante obiettivo

istituzionale è quindi la valutazione del rischio di recidiva, che è la stima

della probabilità che un individuo mantenga in futuro un comportamento

delinquenziale, uno degli elementi centrali ai fini della decisione sul tipo di

intervento penale da adottare. Solo una maggiore capacità di valutazione

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

125

consente di evitare un tipo d’intervento che si limiti a proporre un’unica

risposta, indifferenziata, per tutti gli utenti dei Servizi della giustizia minorile.

In una prospettiva di psicopatologia evolutiva, abbiamo visto, il processo di

valutazione deve necessariamente essere allargato al contesto. Nella

valutazione del rischio di recidiva e dei fattori di rischio del comportamento

delinquenziale, oltre alle caratteristiche del soggetto, quindi, è

indispensabile valutare quelle del contesto di sviluppo, che spesso sono

determinanti nella spiegazione dell’atto delinquenziale.

Gli strumenti di valutazione dei fattori di rischio di recidiva sono

principalmente basati sull’osservazione del comportamento

dell’adolescente, del suo contesto e della storia dei problemi di

comportamento, più che su una valutazione strettamente clinica.

E’ noto che gli adolescenti che tendono a persistere nel commettere reati

sono più probabilmente maschi, con problemi di comportamenti infantile,

con difficoltà scolastiche gravi, meno integrati socialmente e appartengono

a famiglie problematiche e disgregate; è anche noto che di norma hanno

anche altri problemi di comportamento e hanno incominciato prima degli

altri a manifestare tendenze trasgressive; meno significativo è il tipo di reato

commesso per la previsione dell’evoluzione successiva (Rutter, 1988). Le

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

126

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

ricerche mostrano inoltre che precedenti episodi di violenza e frequenti

episodi di violenza possono essere considerati indicatori relativamente

buoni di una futura violenza (Moffitt, 2003). Anche la Psicopatia può essere

un predittore della violenza (Forth & Burke, 1998; Salekin, Ziegler, Larrea,

Anthony & Bennett, 2003). Review e meta-analisi mostrano con evidenza

che la psicopatia è un importante elemento da prendere in considerazione

per la recidiva sia generale sia violenza negli adulti. La maggior parte dei

modelli di rischio incorporano la psicopatia nelle loro misure ed essa

sembra avere un forte potere predittivo. Sintetizzando, i predittori di rischio

che sono solitamente presi in considerazione nei vari strumenti di

valutazione della recidiva e della pericolosità sociale sono i seguenti:

� Età del primo reato.

� La presenza o il numero di recidive.

� Il tipo e la gravità del reato attuale e delle recidive.

� I precedenti collocamenti istituzionali (carcere, comunità, eccetera).

� L’abuso di alcool o di sostanze stupefacenti.

� La presenza di precedenti o attuali problemi scolastici.

� La frequentazione di pari con precedenti penali.

� I problemi familiari e di controllo educativo.

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

127

� La presenza in anamnesi di situazioni traumatiche di carattere

aggressivo o sessuale.

� La presenza e l’esito di precedenti interventi rieducativi.

� Il genere.

Valutare il rischio a breve e a lungo termine del ripetersi di comportamenti

antisociali è un obiettivo importante all’interno dell’assessment degli

adolescenti delinquenti (Hoge, 2002; Grisso et al., 2005).

Normalmente la valutazione del livello di rischio è svolta in modo non

formalizzato, sulla base dell’esperienza degli operatori, anche se sono stati

sviluppati diversi strumenti di valutazione in ambito internazionale, sia negli

Stati Uniti, dove più di tre quarti dei servizi della giustizia minorile utilizzano

procedure di valutazione del rischio standardizzate (Barton, Gorsuch,

1989), sia in Europa.

Sicuramente un approccio intuitivo nei confronti del rischio di recidiva e

della prognosi di un minore sottoposto a procedimenti penali può essere

d’aiuto, ma non sempre è accurato e attendibile. In realtà molte limitazioni

sono presenti anche in approcci esclusivamente basati su predizioni

statistiche. Se ad esempio in un particolare gruppo di soggetti, ad esempio

minori in ingresso in CPA, si riesca a stimare una percentuale di recidiva

pari al 30%, può voler dire che ogni adolescente ha un tale livello di rischio,

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

128

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

oppure che 3 minori su 10 hanno una probabilità di recidiva pari al 100%,

cioè certa, e gli altri 7 hanno una probabilità pari a 0%, cioè nulla. Questo

esempio è sicuramente estremo, ma rende bene l’idea di come sia

necessario individuare un livello di rischio soggettivo. L’obiettivo della

valutazione del rischio di recidiva è quindi quello di stimare il livello di

rischio di un particolare minore sulla base della sua unicità e del suo

percorso evolutivo.

Per ovviare alla non sistematicità delle metodologie di indagine utilizzate a

riguardo sottolineata in letteratura (Baird, 1984; Towerman, 1992; Wiebush

et al., 1995), negli ultimi anni sono stati creati strumenti standardizzati per la

valutazione del rischio di recidiva e di violenza (Champion, 1994; Hoge,

1999, 2001; Hoge, Andrews, 1996; Wiebush et al., 1995); anche per

rispondere alle evidenze di ricerca secondo cui “per trovare l’adulto

antisociale di domani, è necessario cercare il bambino antisociale di oggi”

(Lynam, 1996; p.210) e che hanno mostrato come una piccola parte dei

minori che presentano precoci comportamenti delinquenziali diventino

antisociali cronici in adolescenza e nell’età adulta, commettendo il 50%

circa dei crimini (Farrington, 1995; Loebert, Farrington, Stouthamer-Loeber,

1998; Moffit, 1993).

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

129

Obiettivo di questi strumenti è individuare gli adolescenti a rischio allo

scopo di prevenire la cronicizzazione dei comportamenti violenti e

antisociali e quindi di ridurne il rischio di recidiva (Grisso et al., 2005).

L’approccio attuariale è stato per lungo tempo il gold standard

nell’assessment del rischio (Bonta, 1996; Hoge, 2002; Andrews, Bonta,

1998; Welsh et al., 2008; Wong et al., 2007; Andrews, Bonta, Wormith,

2006), producendo nel corso degli anni strumenti sempre più evoluti, vere e

proprie “generazioni” di strumenti (Bonta, 1996). Gli strumenti di prima

generazione si basavano per lo più su giudizi clinici scarsamente strutturati,

e nonostante numerosi riscontri positivi (Boothby, Clements, 2000), la loro

validità predittiva era al più marginale (Andrews, Bonta, Wormith, 2006). Gli

strumenti di seconda generazione hanno adottato un approccio più

empirico, analizzando tuttavia solamente fattori di rischio statici (Kraemer et

al., 1997) e dimostrando notevoli limitazioni tra cui la mancanza di un

paradigma teorico sottostante la creazione degli strumenti stessi,

l’impossibilità di valutare il cambiamento e la mancanza di indicazioni su

che intervento attuare. Gli strumenti di terza generazione hanno cercato di

porre rimedio a queste limitazioni introducendo variabili dinamiche e

soggette al cambiamento, e proponendo strumenti costruiti sulla base di

modelli teorici validati e per lo più provenienti dal paradigma della social

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

130

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

learning theory. Hanno quindi consentito di risolvere il limite imposto dalla

non rilevazione dei fattori di rischio dinamici ma sono stati criticati per una

scarsa sensibilità di genere e una predominanza di attenzione sulla

valutazione del rischio che ha inevitabilmente portato a tralasciare i punti di

forza e i fattori protettivi degli adolescenti. Più di recente, le critiche poste

agli strumenti di terza generazione e il tentativo di superare la diatriba tra

approccio attuariale e approccio clinico alla valutazione del rischio di

recidiva e violenza, ha portato alla creazione di strumenti di quarta

generazione (Wong et al., 2006; Andrews, Bonta, Wormith, 2006; Brennan

et al., 2009) per superare i limiti intrinseci ad entrambi gli approcci,

originandone un terzo definito “structured professional judgment” (Grisso et

al., 2005; p. 267). Questo approccio innovativo tenta di migliorare il giudizio

clinico fornendo una maggiore struttura e standardizzazione al processo

decisionale, migliorando contemporaneamente le decisioni attuariali

attraverso la rilevanza delle interpretazioni cliniche (Borum, 1996; Douglas,

2003).

Una proposta per la valutazione della recidiva e della pericolosità sociale: la

Psychopaty Check List – Youth Version (PCL:YV; Forth, Kosson, Hare,

2003). La psicopatia è un grave disturbo della personalità caratterizzato da

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

131

una costellazione di caratteristiche affettive (Blair, Coles, 2000), relazionali

e comportamentali Blonigen, Hicks, Grueger, Patrick, Gacono, 2006) alla

cui base sembra esserci una totale mancanza di capacità di provare senso

di colpa e una insensibile indifferenza nei confronti dei sentimenti, dei diritti

e del benessere degli altri (Cleckley, 1976; Hare, 1991). Nonostante la

maggior parte delle ricerche sulla psicopatia si siano concentrate sugli

adulti, l’interesse per la componente evolutiva di questo disturbo ha portato

ad evidenziare sia negli adolescenti (Forth, Mailloux,2000) sia ancor prima

nei bambini (Frick, Berry, Bodin, 2000; Cruise, 2000; Forth, Burke, 1998)

caratteristiche simili, e molti clinici e ricercatori concordano sulla precoce

manifestazione dei tratti psicopatici. Secondo Hare (1991) sebbene non tutti

gli adolescenti antisociali siano caratterizzati da questo tipo di personalità, è

importante differenziare gli adolescenti psicopatici dagli adolescenti

aggressivi perché un elevato livello di psicopatia è correlato con una

maggiore quantità di reati gravi ma è anche in relazione con maggiori

difficoltà di trattamento. La PCL:YV nasce come adattamento per

adolescenti della Psychopathy Checklist Revised (PCL-R; Hare, 2003)

considerata lo strumento di rilevazione della psicopatia in età adulta più

attendibile e valido (Fulero, 1995). Si tratta di una rating scale

somministrabile ad adolescenti di età compresa tra i 12 i 18 anni e consiste

in 20 item siglati dal clinico su una scala a 3 punti (2 = “item assolutamente

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

132

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

rappresentativo”; 1 = “item parzialmente rappresentativo”; 0 = “item non si

applica in nessun modo”) sulla base sia di quanto riportato dall’adolescente

sia da quanto appreso da numerose altre fonti di informazione necessarie al

completamento della scala.

Gli studi che hanno indagato la struttura fattoriale della PCL:YV (Forth,

1995) hanno replicato la stessa struttura a due fattori riscontrata nei

campioni adulti (Hare, 1991): un primo fattore legato al nacrisismo

aggressivo, caratterizzato da egocentrismo, insensibilità e mancanza di

rimorso e un secondo fattore legato allo stile di vita antisociale,

irresponsabile, non convenzionale e impulsivo, spesso correlato con il

comportamento criminale. I 20 item della PCL:YV forniscono un punteggio

totale che varia da 0 a 40 e in letteratura sono presenti numerose prove a

sostegno dell’utilizzo di una suddivisione in tre livelli di gravità: “alto” (>30),

“medio” (18-29), “basso” (<18). Gretton e colleghi (2001) hanno rilevato che

in un gruppo di adolescenti sex offender, quelli con punteggi nella PCL:YV

superiori a 30 riportavano maggiori percentuali di fughe, fallimenti di misure

alternative alla detenzione e probabilità di recidiva; Catchpole e Gretton

(2003) sottolineano che gli adolescenti con punteggi superiori al cut off ad

un anno di distanza commettevano recidive più frequentemente ed in

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

133

generale numerosi studi rilevano maggiori tassi di recidiva in adolescenti

con alti livelli di psicopatia (Gretton, Hare, Catchpole, 2004; Vincent,

Vitacco, Grisso, Corrado, 2003; Corrado, Vincent, Hart, Cohen, 2004;

Rowe, 2002), sebbene la PCL:YV sia risultata meno utile con campioni di

sesso femminile o molto eterogenei dal punti di vista culturale (Welsh et al.,

2008). E’ inoltre disponibile una scala autosomministrata, la Self-report

Psychopaty Scale (SPR-II; Hare, 1991) composta da 60 item siglati su una

scala a 7 punti da 1 = forte disaccordo a 7 = forte accordo e di cui

recentemente Benning e colleghi (2003) hanno ridotto il numero di item

(passato a 23) e indagato la struttura fattoriale ottenendo risultati concordi

al tradizionale modello a due fattori della psicopatia. Salekin (2008)

sottolinea come l’utilizzo congiunto della PCL:YV e della SRP-modified

possa rappresentare una batteria utile nel discriminare gli adolescenti

psicopatici a rischio di recidive violente. In sintesi i tentativi di applicare il

concetto di psicopatia all’età evolutiva e di rilevarla in fase di assessment

sono stati controversi (Hart, Watt, Vincent, 2002; Seagrave, Grisso, 2002;

Skeem, Petrila, 2004): i clinici infatti spesso sono reclutanti ad applicare la

PCL:YV perché le riflessioni sulla psicopatia potrebbero essere interpretate

come in opposizione ai modelli di psicopatologia evolutiva maggiormente

validati nel panorama scientifico internazionale; tuttavia le ricerche hanno

mostrato che la psicopatia infantile ha una prevalenza (Cruise, 2000; Forth,

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

134

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Burke, 1998), un funzionamento (Schrum, Salekin, 2006; Vincent, 2002) e

una struttura fattoriale simile a quella adulta, sono presenti infine studi che

suggeriscono una componente genetica per la psicopatia nei evidenziabile

già nei bambini di 7 anni (Viding, Blair, Moffitt, Plomin, 2004) e infine come

Decoene e Bjttebier (2008) fanno notare, rilevare aspetti patologici di

grandiosità, mancanza di empatia o egocentrismo non significa negare la

possibilità di diversi pathway evolutivi di cui solamente uno tra molti ha

effettivamente esito nello strutturarsi di un disturbo psicopatico.

La valutazione dell’immaturità

L’intendere è la capacità di comprendere il significato delle proprie azioni in

relazione ai possibili effetti sugli altri; il volere è la capacità di

autodeterminarsi nelle proprie azioni, in relazione a scopi consapevoli.

Normalmente si considera che per i minori sia proprio l’accertamento della

maturità a predominare su quello della conclamata psicopatologia (Fornari,

2004) proprio a causa della difficoltà di rilevare disturbi di personalità e/o

costellazioni sintomatiche in una fase di vita in cui la personalità è ancora in

evoluzione.

Le concezioni della capacità di intendere e di valore e dell’imputabilità nei

minori risentono non solo dei cambiamenti storici dei rapporti tra psichiatria

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

135

e legge, ma anche di differenze geografiche (Ceretti, Merzagora-Betson,

1994). In passato l’infermità mentale era limitata alle condizioni patologiche

classificate tra i disturbi di Asse I del DSM-IV-TR (APA, 2000), tuttavia una

sentenza della cassazione del 2005 ha riconosciuto che anche i disturbi di

personalità possono essere rilevanti ai fini della non imputabilità.

Ciononostante la capacità di stare in giudizio (CST: Competence to Stand

Trial) rimane un ambito di massima variabilità per quanto riguarda le

metodologie e gli strumenti d’indagine (Borum, Grisso, 1995).

Recentemente l’interesse si è concentrato maggiormente sulle capacità di

stare in giudizio dei minori imputati di reato (JCST: Juvenile Competence to

Stand Trial), poiché è nei Servizi della Giustizia minorile che la questione

riguardante la JCST diventa di assoluta rilevanza, e alcuni autori hanno

iniziato a sistematizzare le metodologie utilizzate in alcune linee guida

riguardanti le procedure di valutazione, le aree di interesse e le modalità di

conduzione di una valutazione della JCST (Barnum, 2000; Grisso, 1998).

Nel valutare la JCST è indispensabile valutare primariamente il livello

evolutivo del minore e sebbene sia indispensabile considerare eventuali

psicopatologie, ritardi cognitivi o di sviluppo psicosociale (Grisso, 1998) non

ci si può limitare ad indagare questi aspetti; piuttosto è necessario prendere

in considerazione aspetti quali il livello di maturità, lo sviluppo morale, lo

sviluppo emotivo, le capacità motorie e linguistiche e i disturbi psichici e

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

136

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

comportamentali ad esordio infantile (Barnum, 2000; Bonnie, Grisso, 2000;

Grisso, 1998; Oberlander, Goldstein, & Ho, 2001; Ryba, Cooper, Zapf,

2003).

Negli adolescenti è oltremodo difficile stabilire se un’incapacità sia

l’espressione di una normale immaturità compatibile con i ritardi tipici dello

sviluppo, o se sia l’esito di un disturbo psicopatologico, di un disturbo di

personalità, di un ritardo mentale di natura organica o di una grave

immaturità evolutiva. L’adolescente è “normalmente immaturo” (Faraglia,

Maggiolini, 2008) per diversi aspetti che influenzano la sua capacità di vere

un comportamento responsabile, per la ridotta capacità di prendere

decisioni tenendo conto delle conseguenze delle sue azioni, per la

maggiore dipendenza relazionale, che lo rende suscettibile di

condizionamenti esterni, e per una ancora incompleta formazione della

personalità (Steinberg, Scott, 2003).

Le più recenti ricerche di psicologia e neuropsicologia dello sviluppo sui

comportamenti antisociali (Paus, 2005; Raine, Lee, Yang, Coletti, 2010)

sottolineano la normale immaturità dell’adolescente e stanno influenzando

gli orientamenti della giustizia minorile (Bruber, Yurgelun-Todd. 2006). Ad

esempio negli Stati Uniti l’American Psychiatric Association, l’American

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

137

Academy of Child and Adolescent Psychiatry e l’American Society of

Adolescent Psychiatry hanno chiesto l’abolizione della pena di morte per gli

autori di reato minori di 18 anni, richiesta motivata proprio dal

riconoscimento empirico della normale immaturità dell’adolescente

(Miraglia, 2005).

Se quindi un adolescente in quanto tale ha diritto ad una valutazione dei

suoi comportamenti che tenga conto della sua immaturità evolutiva e a

risposte sanzionatorie mitigate, restano le difficoltà di indagare

sull’immaturità patologica, che può determinare un’incapacità di intendere e

di volere. Gli studi neuropsicologici sottolineano infatti l’immaturità del

cervello dell’adolescente tale per cui “è una specie di ingiustizia aspettarsi

che l’adolescente abbia lo stesso livello di organizzazione e decisione di un

adulto quando il suo cervello non ha ancora terminato di crescere” (Giedd,

2004). La capacità di intendere e di volere inoltre è influenzata dal livello di

dipendenza dell’adolescente dalla propria famiglia prima e dal gruppo dei

pari poi, che possono favorire sia l’assunzione che la diffusione della

responsabilità. Infine, le capacità cognitive del minore “a freddo” vanno

distinte da quelle “a caldo” dal momento che l’adolescente è

particolarmente sensibile al contesto in cui prende decisioni per quanto

riguarda i comportamenti a rischio e l’anticipazione delle conseguenze

delle proprie azioni.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

138

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Nel sistema penale minorile italiano, il giudice è invitato a determinare la

capacità di intendere e di volere in relazione a “lo sviluppo intellettivo e la

forza di carattere, la capacità di intendere certi valori etici, l’attitudine a

distinguere il bene dal male, il lecito dall’illecito, nonché a determinarsi nella

scelta dell’uno o dell’altro” tenendo conto “di una molteplicità di fattori

correlati agli aspetti psicologici e fisici dell’evoluzione del minore, alle sue

condizioni socio ambientali e familiari, al grado di istruzione e di

educazione, alla natura dei reati commessi, al comportamento

processuale”(Larizza, 2005).

Nella pratica dei tribunali per i minorenni le sentenze che giudicano i minori

incapaci di intendere e volere sono particolarmente ridotti, un dato che può

essere interpretato sia come indice di una difficoltà dell’accertamento sia

come riconoscimento dell’immaturità come tratto evolutivo. Anche per i

minori infatti la valutazione dell’incapacità di intendere e volere è giustificata

più spesso in relazione alla psicopatologia che all’immaturità. Nei dati dei

Ministero della Giustizia (2006) le decisioni di non imputabilità per

immaturità soono inferiri rispetto ad altre formule di proscioglimento, come il

perdono giudiziale. La percentuale di assoluzione per immaturità diminuisce

lungo il corso del procedimento passando dal 3.6% presso il GIP all’1.2%

in udienza preliminare fino allo 0.2% in dibattimento.

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

139

E’ quindi importante che la valutazione dei minori sottoposti a procedimenti

penali si ponga il quesito di quanto sia possibile una definizione, e quindi

una valutazione, empirica dell’immaturità. E’ difficile infatti indicare in modo

empirico i criteri che distuguano l’immaturità fisiologica da quella patologica.

La maturità è infatti un sistema complesso composto da una maturità

biologica, che può subire scostamenti dalla norma nello sviluppo fisico;

intellettiva, come livello cognitivo; affettiva, come capacità di controllo degli

impulsi e di gestione delle emozioni; sociale, come capacità di adattamento

e di convivenza sociale (Ceretti, 2002). Sarebbe quindi utile poter disporre

di una definizione operativa delle competenze che un adolescente deve

avere per essere giudicato maturo e responsabile, in quanto in grado di

considerare le alternative possibili alle proprie azioni e le loro ipotetiche

conseguenze sulla base dei propri ideali e tenendo conto dei valori etici

socialmente condivisi dalla legge.

Ewing (1990) afferma che la maturità è una delle informazioni più importanti

da riportare all’interno di una valutazione in ambito penale, soprattutto in

caso di minori. Per quanto riguarda il livello cognitivo, Ewing consiglia la

somministrazione di un test di livello (WISC-III, Wechsler, 1991). Tuttavia

anche la maturità emotiva è un’informazione da non tralasciare può essere

valutata in modo ottimale attraverso alcune misure self-report come lo

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

140

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Youth Self Report (YSR), il Thematic Apperception Test (TAT) o il

Rorschach. Se questi strumenti possono essere utilizzati, oltre che per la

pianificazione di un progetto terapeutico individualizzato all’interno dei

Servizi, anche in sede di giudizio penale in modo da consentire al giudice di

prendere decisioni che tengano conto per quanto possibile della situazione

soggettiva del minore (Maggiolini, Grassi, 2002), recentemente è emersa la

necessità di elaborare strumenti standardizzati che andassero oltre la

valutazione di caratteristiche di personalità e/o di psicopatologia riuscendo

ad esaminare la maturità da un punto di vista giuridico – legale.

Per una valutazione completa della maturità dovrebbero quindi essere

prese in considerazione l’autonomia (quindi il locus of control interno o

esterno, lo sviluppo del concetto di sé, la considerazione di sé e le capacità

riflessive), le capacità cognitive (non limitate all’indicazione del QI bensì

relative alla consapevolezza del reato, alla comprensione delle norme

comportamentali, alla capacità di identificare azioni alternative e di prendere

decisioni sulla base dell’anticipazione di eventuali conseguenze) e infine la

maturità emotiva, intesa come capacità di rinviare la gratificazione, di auto-

regolazione delle emozioni, di instaurare legami interpersonali positivi e di

mostrare un adeguato sviluppo morale.

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

141

Una proposta per la valutazione dell’immaturità: il Risk Sophistication

Treatment – Inventory (RST-I; Salekin, 2004). Il RST-I nasce come

strumento in grado di colmare il gap tra le caratteristiche di personalità e di

psicopatologia rilevabili attraverso un assessment clinic e le informazioni

rilevanti in ambito forense e giudiziario. E’ stato costruito con lo specifico

intento di aiutare i clinici e gli operatori dei Servizi della Giustizia minorile

nella valutazione degli adolescenti antisociali (Salekin, 2004), fornendo

informazioni sul livello di pericolosità dell’adolescente, il suo livello di

maturità e il grado in cui il minore è aperto al cambiamento e trattabile dal

punto di vista psicosociale. Dal punto di vista strutturale, il RST-I è

composto daun’intervista semistrutturata somministrabile in circa 60-90

minuti a soggetti di età comprese tra i 9 e i 18 anni e da una Rating Scale

compilata dal clinico sulla base di quanto emerso dall’intervista oppure sulla

base di precedenti colloqui clinici. Lo strumento consente di valutare gli

adolescenti che entrano nel sistema penale minorile per quanto riguarda tre

cluster indispensabili in questo ambito ma spesso tralasciati dagli strumenti

di valutazione clinica nati in altri ambiti e adattati a quello forense: 1) Cluster

R – pericolosità sociale (Risk for Dangerousness), 2) Cluster S - maturità

(Sophistication – Maturity) e 3) Cluster T – disponibilità al trattamento

(Treatment Amenability). Ognuno di questi tre cluster è a sua volta

suddiviso in tre sottoscale che contano 15 item ciascuna. Gli item sono

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and Treatm

ent

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

142

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

siglati su una scala a 3 punti (0 = assenza della caratteristica / abilità; 1 =

livello moderato / subclinico; 2 = presenza della caratteristica / abilità).

Il Cluster R raccoglie la necessità dei Servizi di sapere se, e quanto, un

dato ragazzo può risultare pericoloso per la comunità (Edwing, Grisso,

1998) esaminando la storia del comportamento violento dell’adolescente sia

in frequenza, sia per quanto riguarda la gravità e il significato criminale dei

gesti commessi. E’ suddiviso in 3 sottoscale: R1 – Tendenze aggressive e

violente (R-VAT); R2 – Criminalità pianificata ed intensa (R-PEX); R3 –

Caratteristiche psicopatiche (R-PPF). Il Cluster S valuta il concetto di

maturità, una delle informazioni più importanti per il clinico forense (Edwing,

1990) in relazione ad alcuni concetti chiave quali l’autonomia, la

comprensione delle norme comportamentali e l’abilità di identificare azioni

alternative a quelle compiute. E’ suddiviso in 3 sottoscale: S1 – Autonomia

(S-AUT); S2 – Capacità cognitive (S-COG); S3 – Maturità emozionale (S-

EMO). Infine, il Cluster T, valuta la predisposizione a breve termine

dell’adolescente a lasciarsi aiutare e ad impegnarsi in un progetto condiviso

con i Servizi sulla base delle proprie caratteristiche di personalità. E’

suddiviso in 3 sottoscale: T1 – Psicopatologia, tipo e gravità (T-PAT); T2 –

Responsabilità e motivazione al cambiamento (T-RES); T3 –

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

143

Considerazione e tolleranza nei confronti degli altri (T-CAT). Una peculiarità

distintiva del RST-I è la possibilità di distinguere, all’interno del Cluster S,

tra tre diversi utilizzi delle capacità e delle risorse intellettive (Stenberg,

2000): pro-sociale, a-sociale e anti-sociale. Il RST-I fornisce una

classificazione del rischio per ogni cluster e per ogni sottoscala suddiviso in

tre livelli, “High – Middle – Low”, sulla base di un confronto con un

campione normativo costituito esclusivamente adolescenti delinquenti,

valutati in seguito al loro ingresso nel circuito penale. Le ricerche condotte

(Leistico, Salekin, 2003; Salekin, 2000; Zalot, 2002a, 2002b) mostrano

correlazioni significative tra il Cluster R e il disturbo della condotta e tratti

psicopatici, tra il Cluster S e i risultati ottenuti in test di misurazione delle

capacità cognitive e confermano la validità di criterio del Cluster T e in

generale la capacità predittiva dello strumento rispetto alla recidiva fino a 3

anni di distanza dal momento della valutazione (Salekin, 2004).

La valutazione della disponibilità all’intervento

Il processo e le risposte dei Servizi della Giustizia minorile italiana, emanate

con il D.P.R. 448/88 si pongono come interventi connotati da una forte

componente educativa. Ciò significa che la vicenda penale non deve

“chiudere”, ma al contrario “aprire” delle porte, favorire la presa di coscienza

e la consapevolezza, offrire delle opportunità, indicare percorsi di crescita e

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

144

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

maturazione, allontanare il pericolo di un ulteriore coinvolgimento del

minore nel circuito dell’antisocialità (Losana, 2008).

L’intervento sugli adolescenti con comportamenti antisociali e che

commettono reati si realizza in genere attraverso un controllo del loro

comportamento all’interno del sistema della Giustizia, civile o penale. Il

sistema penale interviene attraverso la limitazione del comportamento con

la detenzione o il collocamento in comunità oppure mettendo in atto misure

come la permanenza a casa o prescrizioni comportamentali alternative. In

quest’ottica l’intervento ha scopo evolutivo, rieducativo e ripartivo nei

confronti sia del singolo minore, che nei confronti della società, ed

inevitabilmente costituisce una forma di trattamento. Attraverso il lavoro

psicosociale, che trova applicazione non solo nella detenzione, ma

soprattutto con misure alternative, si realizzano diversi tipi d’interventi, che

implicano un trattamento del minore e del suo contesto di vita, attraverso

una presa in carico e l’offerta di un supporto psicologico, sociale o

educativo.

La complessità dell’intervento rende difficile una valutazione dei risultati.

L’efficacia dell’intervento penale è spesso misurata in base al criterio della

riduzione delle recidive, un punto di vista necessario, ma insufficiente,

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

145

perché evidentemente gli adolescenti possono ben smettere di commettere

reati, pur restando antisociali o sviluppando un comportamento asociale,

più che antisociale, con marginalità, uso di sostanze, ecc.

In parte, la scarsa attenzione alla verifica dell’intervento è anche dovuta al

diffuso pessimismo sui risultati che caratterizza sia l’intervento penale, sia la

psicoterapia dei disturbi antisociali.

Fino agli anni ‘70/80, infatti, vi era un diffuso pessimismo sull’efficacia del

trattamento della delinquenza minorile, a partire da una verifica dei risultati

dei diversi tipi di trattamento. A seguito di un’approfondita analisi della

letteratura sugli interventi con i delinquenti Martinson negli anni ’70 arrivava

a questa sintetica conclusione: “I migliori interventi educativi o la migliore

psicoterapia non possono aver ragione e nemmeno ridurre in modo

apprezzabile la potente tendenza dei delinquenti di continuare nel loro

comportamento delinquenziale” (1974, p. 49).

Questo pessimismo si è ora ridotto, sia a seguito dei risultati più

incoraggianti delle nuove analisi dei dati sugli esiti dei diversi tipi di

trattamento, che sono sempre più complete e sofisticate, sia come

conseguenza di un miglioramento progressivo delle forme d’intervento (Mc

Guire, 1995).

Anche se si riconosce che il comportamento antisociale è persistente, oggi

si tende sempre più a ritenere che sia comunque modificabile. La sua

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment an

d Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

146

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

trasformazione, d’altra parte, avviene spesso spontaneamente, poiché

anche nei casi più difficili la metà dei ragazzi che commettono reati non

persiste nel comportamento antisociale. Poiché nel determinare questo

cambiamento è spesso importante il contesto, sia familiare sia sociale, in

cui il comportamento è inserito, ci si può legittimamente chiedere in che

modo anche l’intervento istituzionale del sistema penale possa costituire un

fattore protettivo e non di rischio per l’evoluzione successiva (come spesso

è stato rilevato, attraverso il riconoscimento degli effetti iatrogeni della

detenzione e in generale del trattamento penale).

Un’analisi degli studi pubblicati, in lingua inglese, su riviste internazionali,

raccogliendo e mettendo a confronto i più diversi tipi di trattamento della

delinquenza minorile, purché realizzati su basi scientificamente attendibili, è

arrivata a stimare che l’effetto del trattamento è in media collocabile intorno

al 10% (Mc Guire, 1995). Questo risultato indica che un intervento sulla

delinquenza minorile, confrontato con un non intervento, riduce del 10% le

probabilità di recidiva. Un cambiamento del 10%, pur positivo, può apparire

particolarmente scoraggiante, in quanto troppo ridotto, anche se è

confrontabile con molti interventi in altri campi che non vanno oltre questi

risultati, come le terapie per alcune gravi malattie, che pure beneficiano di

molte risorse di intervento.

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

147

Per quanto riguarda le diverse forme di intervento, le conclusioni alle quali

portano le meta-analisi tendono ad indicare che i risultati degli interventi

classici di psicoterapia non sono incoraggianti, così come quelli degli

interventi farmacologici, se sono effettuati in assenza di un’associazione

con paralleli interventi psicosociali. Il counseling psicologico

complessivamente ha effetti trascurabili, anche se in trattamenti

psicologicamente appropriati si ha una riduzione fino al 50% delle recidive,

confrontate con i gruppi di controllo. D’altra parte, è accertato che gli

interventi a carattere punitivo dimostrano d’avere un effetto sostanzialmente

negativo, perché peggiorano le percentuali di recidivismo. In realtà,

scorporando l’analisi dei risultati si può vedere che la scarsa efficacia degli

interventi sulla delinquenza minorile è, in gran parte, dovuta proprio agli

effetti negativi della detenzione. Bisogna comunque ricordare che,

ovviamente, negli studi sui trattamenti carcerari e comunitari i delinquenti

hanno in genere disturbi antisociali più gravi e che queste metaanalisi

spesso non distinguono bene le caratteristiche dei minori all’inizio

dell’intervento (Mc Guire, 1995).

Le ricerche meta-analitiche tendono complessivamente a dimostrare che i

programmi d’intervento più efficaci sono multimodali (progetti che agiscono

su diversi contesti e con diverse strategie), soprattutto orientati a sostenere

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

148

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

l’acquisizione d’abilità cognitive e comportamentali. Bisogna tener presente

che almeno in parte, comunque, questi risultati, come quelli d’altri interventi

psicoterapeutici, risentono inevitabilmente del fatto che alcuni orientamenti,

come quello psicoanalitico, risentono di un minor investimento in progetti di

ricerca sull’efficacia e si ritrovano, quindi, oggettivamente penalizzati dal

confronto con modelli cognitivi e comportamentali (Roth, Fonagy, 1996).

Anche da un punto di vista teorico si sostiene che per i disturbi di

comportamento è particolarmente indicato un intervento psicologico e

educativo che sia orientato non solo al miglioramento sintomatico, ma a

supportare le competenze e la capacità di instaurare relazioni stabili e

significative (Paris, 1996). Anche altri autori sostengono che per i disturbi

antisociali, l’offerta di colloqui psicologici è utile se abbinata ad interventi

socioeducativi, mentre l’intervento penale isolato tende ad avere effetto

iatrogeno; più efficace è un intervento che combini insight e trattamento del

comportamento, e in cui il lavoro psicologico svolga la funzione di

comprensione del significato dei reati, in stretta integrazione con l’intervento

socioeducativo (Masters, 1994). Anche da un punto di vista psicoanalitico si

ritiene che la terapia indicata per pazienti caratterizzati da bassa forza

dell’Io, come gli adolescenti antisociali, non sia né quella puramente

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

149

supportiva né la psicoanalisi classica, ma piuttosto la combinazione di un

approccio espressivo e di un intervento istituzionale (Kernberg, Clarkin,

1994).

Spesso nelle ricerche effettuate non si tiene sufficientemente conto delle

caratteristiche differenziali dei delinquenti, al di là del genere, dell’età, del

tipo di reato, dell’alto o basso rischio, caratteristiche che spiegano solo una

minima parte dell’entità dell’effetto, che è più a carico del metodo, del tipo di

trattamento e soprattutto delle caratteristiche di personalità del minore. E’

per questo motivo che per raggiungere risultati più attendibili bisognerebbe

considerare meglio le caratteristiche evolutive del comportamento, lo stile di

vita, la situazione del reato, i sentimenti e i pensieri correlati, le

caratteristiche dell’ambiente, ecc.

In genere, un intervento istituzionale standard nei servizi della giustizia

minorile non evita che due terzi dei minori presi in carico possano

commettere altri reati. E’ considerato ottimo un intervento che arrivi invece a

ridurre le recidiva limitandole ad un terzo dei minori presi in carico.

L’obiettivo nei Servizi della giustizia minorile è di adottare una logica che,

pensando all’intervento come ad un trattamento, arrivi a verificare l’efficacia

dell’intervento stesso, sia in termini di recidiva, sia per quanto riguarda

l’evoluzione degli adolescenti presi in carico anche da un punto di vista

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

150

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

psicosociale. In questa prospettiva è fondamentale una raccolta e analisi di

dati che consenta di differenziare le caratteristiche dei minori sottoposti a

procedimenti penali, in modo da poter proporre un intervento che sia

effettivamente commisurato alle loro caratteristiche e per questo efficace,

riducendo la probabilità che l’intervento sia effettuato sulla base delle

esigenze istituzioanli, più che su quelle del minore. L’attuale codice di

procedura penale minorile, in realtà consente questa flessibilità, poiché

considera l’autore di reato un soggetto in età evolutiva ed è quindi orientato

a sostenerlo nello sviluppo, rimuovendo le cause che possono impedirgli

l’assunzione di un’identità sociale.

La maggior parte degli interventi rivolti ai minori che commettono reati

avviene al di fuori del carcere, in regime di libertà, con misure alternative

alla detenzione, che sono gestite dall’USSM o dai Servizi territoriali. Tra

questi, la messa alla prova è il più importante strumento previsto dal Codice

di procedura penale minorile italiano (Scardaccione, Merlini, 1996). La

messa alla prova è centrata sull’idea di “responsabilizzazione”

dell’adolescente che commette reati, in una prospettiva in base alla quale la

responsabilità non è più la condizione necessaria alla pena, ma un punto

d’arrivo del percorso penale (De Leo, 1998). Questa finalità generale si

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

151

traduce in obiettivi più specifici: l’impegno ad astenersi dal commettere

ulteriori reati; l’accettazione della dimensione dell’impegno nella scuola o

nel lavoro; la disponibilità ad attività di tempo libero organizzate; l’apertura

alla dimensione di solidarietà sociale, in attività socialmente utili e alla

riconciliazione con la vittima; l’accettazione come interlocutore di un’autorità

extrafamiliare con funzione di aiuto e di controllo per la realizzazione del

programma concordato e così via.

Nel corso della fase di osservazione e valutazione del minore autore di

reato è quindi importante capire le capacità di assunzione di responsabilità,

intese come ammissione del reato, riconoscimento del suo senso e della

sua gravità, capacità di formulare un progetto, disponibilità ad impegnar

visi, soprattutto in funzione della formulazione di un progetto condiviso, che

possa essere presentato e discusso di fronte ai giudici. Per una

formulazione il più possibile soggettiva ed una possibile evoluzione positiva

del progetto di messa alla prova è quindi importante la valutazione del

minore, nella fase iniziale dell’intervento dei servizi. Data la centralità del

processo di assunzione di responsabilità dell’adolescente sottoposto alla

messa alla prova è di fondamentale importanza chiedersi in che modo sia

possibile valutarne la presenza come presupposto necessario per

l’intervento.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

152

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Presupposto soggettivo della messa alla prova non è esclusivamente

l’ammissione del reato, dal momento che è importante distinguere il fatto

dalla sua simbolizzazione o valutazione soggettiva. Più importante è quindi

l’assunzione di responsabilità in rapporto ai fatti per i quali il minore

potrebbe essere giudicato unita alla sua dichiarazione di impegno nel

progetto concordato. La valutazione della motivazione non si limita, quindi,

ad un accertamento della sincerità, ma piuttosto alla valutazione della

capacità di riconoscere il senso della relazione con un interlocutore

(l’operatore dei servizi e il magistrato) e di assumere un impegno.

La formulazione di un intervento proposto all’autorità giudiziaria avviene

sulla base della conoscenza del minore e del suo contesto e della

costruzione di una relazione con gli operatori che possa costituire il terreno

di un successivo lavoro comune. Pertanto, la valutazione della disponibilità

del minore ad impegnarsi in tale progetto può essere vista come la sintesi

del percorso di conoscenza e di osservazione effettuato all’interno dei

Servizi; in essa rientrano per forza di cose quanto emerso dall’osservazione

delle caratteristiche di personalità del minore, dal momento che un

intervento efficace si basa sulla rilevazione dei bisogni evolutivi soggettivi e

sulla possibilità di risimbolizzare il gesto deviante; rientrano le valutazioni

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

153

effettuate sul rischio di recidiva e di violenza, dal momento che uno dei

presupposti ad esempio della messa alla prova è l’astensione da ulteriori

reati; rientrano le osservazioni sul livello di maturità del minore, dato che è

richiesta un assunzione soggettiva di responsabilità e di impegno nei

confronti del progetto stesso.

Come per la valutazione della maturità, è quindi importante che la

valutazione dei minori sottoposti a procedimenti penali si ponga il quesito di

quanto e come sia possibile valutare in modo condiviso e oggettivo, la

disponibilità al trattamento degli adolescenti antisociali. E’ difficile infatti

indicare in modo empirico criteri che confermino un adeguato sviluppo ed

una adeguata assunzione di responsabilità. Ai fini della valutazione del

minore sottoposto a procedimento penale, attualmente non si riscontra un

accordo di massima sulla definizione operativa delle competenze cognitive,

emotive, di decision-making e relazionali che un adolescente deve

dimostrare per essere giudicato maturo e responsabile, cioè in grado di

prendere in considerazione possibile alternative ad una propria scelta

comportamentale collegando ciascuna di esse ad ipotetiche conseguenze e

valutandole in base a ideali soggettivi e a valori etici condivisi socialmente.

Il secondo cluster del RST-I (Salekin, 2004) fornisce importanti indicazioni

sui fattori principali da prendere in considerazione nella valutazione della

disponibilità all’intervento di un minore.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

154

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Nella fase di osservazione quindi si cerca di capire quanto, per un ragazzo,

un certo comportamento abbia un valore trasgressivo e quanto gliene sia

chiara l’illegalità. Accertata la disponibilità alla messa alla prova, si valutano

le condizioni concrete della sua realizzazione. E’ inoltre utile tenere in

considerazione alcuni aspetti riguardanti le problematiche psicologiche

presenti dal minore in relazione a tipologia e gravità, presenza di

consapevolezza rispetto alle proprie difficoltà e/o capacità riflessive rispetto

ad esse. In quanto sintesi della più complessiva conoscenza del minore, la

valutazione della disponibilità al trattamento tiene conto della “carriera

criminale” del minore, intesa come precedenti contatti con i Servizi penali

e/o come età di commissione del primo reato, dal momento che risultano

essere fattori significativamente e positivamente associati alla recidiva.

Come accennato, è importante valutare la responsabilità soggettiva del

minore, intesa come motivazione ad impegnarsi in un progetto

individualizzato, capacità di assumersi la responsabilità delle proprie

azioni,ma anche come aspettativa positiva di cambiamento ed apertura nei

confronti di possibili percorsi individuali. Infine, importanti ai fini di valutare

la possibilità di un minore di usufruire di un progetto di intervento risultano

essere le sue capacità relazionali, intese come capacità di provare

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

155

sentimenti di colpa o di rimorso per gli errori commessi, le capacità di

empatia e di prendersi cura degli altri, la capacità di sviluppare attaccamenti

positivi nei confronti di figure di riferimento (operatori dei servizi, coetanei,

insegnanti etc) e in generale la presenza di fattori protettivi tra cui in primo

luogo risulta fondamentale il coinvolgimento positivo dei genitori all’interno

del percorso del minore.

La valutazione multiculturale

Le difficoltà insite nella valutazione dei minori autori di reato si moltiplicano

ulteriormente nel caso di adolescenti immigrati. In questi casi, quando ha

inizio la valutazione, l’interesse è centrato sulla comprensione delle sue

identificazioni culturali: si cerca di capire in quali aspetti l’adolescente senta

di appartenere alla propria cultura, come la consideri, come consideri

invece quella italiana, che genere di contatti abbia avuto con essa e quale

sia il suo grado di fiducia nei confronti di quelli che per lui rimangono

“stranieri” (Trionfi, 2002).

E’ poi indispensabile cercare di cogliere i vissuti che hanno accompagnato il

percorso migratorio, iniziando dalla partenza dal paese d’origine fino

all’ingresso in Italia, oltre alle motivazioni e alle aspettative rispetto alla

attuale vita nel nuovo paese. E’ molto importante valutare se il ragazzo

parla spontaneamente del proprio percorso e che rapporti vuole mantenere

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

156

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

con la cultura d’origine, dal momento che alcuni di questi adolescenti hanno

vissuto esperienze di guerra e di separazioni prolungate, o veri e propri

abbandoni (Maggiolini, 2002). Può essere infine utile capire insieme

all’adolescente quale sia il “mandato”, familiare o personale, che

accompagna il percorso di immigrazione, quali siano i vissuti rispetto a ciò

che si ha “lasciato indietro” e rispetto alla vita all’interno di un paese che

conosce poco.

Per raggiungere questi obiettivi e aiutare l’adolescente immigrato da un

punto di vista psicologico, è perciò importante aumentare la nostra capacità

di valutazione, che non coincide con l’abilità di formulare una diagnosi, ma

che implica una comprensione triangolare tra l’adolescente, il contesto di

sviluppo nel suo paese d’origine e il contesto di sviluppo in Italia. Non si

tratta quindi di discriminare tra normalità e patologia, bensì di comprendere

come valutare e sostenere il processo evolutivo del minore, quali siano gli

ostacoli ai suoi compiti evolutivi, siano essi conflitti adolescenziali, patologie

del carattere o della personalità o vere e proprie psicopatologie. Per farlo è

d’obbligo, per il clinico, dotarsi di strumenti di valutazione della personalità

che siano somministrabili in culture diverse da quelle per cui sono stati

progettati.

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

157

Il rischio di una valutazione dell’adolescente immigrato effettuata attraverso

strumenti tradizionali, spesso non sensibili da un punto di vista

multiculturale, è che i fantasmi di intrusione e di giudizio siano percepiti

come effettivamente reali.

Una valutazione clinica effettuata attraverso strumenti e reattivi incapaci di

cogliere le sfumature multiculturali della personalità può essere considerata

una concretizzazione dei timori di critica e giudizio vissuti dall’adolescente

straniero. Inoltre, una valutazione effettuata attraverso strumenti, costrutti e

categorie concettuali del tutto estranee all’adolescente straniero, anche se

restituita e filtrata al termine di un lavoro condiviso, può risultare di difficile

utilizzo per il ragazzo, aumentando i vissuti di estraneità e di persecuzione.

Il Multicultural Assessment Intervention Process (MAIP; Dana, 2000) nasce

per fornire un contesto su cui basare una valutazione della personalità e

dell’eventuale psicopatologia che sia sensibile alle diversità culturali.

Il MAIP si articola sulle risposte a una serie di quesiti sequenziali. Un’iniziale

premessa riguarda la disponibilità di strumenti non affetti da bias culturali:

date le controversie sull’assenza di convincenti dimostrazioni di equivalenza

cross-culturale infatti, alcuni strumenti devono essere utilizzati con molta

cautela (Dana, 2000, 2005). Il clinico deve inoltre riflettere sulla situazione

culturale del soggetto: il MAIP considera quattro possibili orientamenti

culturali:

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

158

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

1) tradizionalismo: caratterizzato dal rifiuto completo della cultura acquisita;

2) assimilazione: rigetto della cultura di origine in favore di quella acquisita;

3) Orientamento “marginale”: si rifiutano aspetti sia della cultura di

appartenenza sia di quella acquisita;

4) orientamento “transizionale”: vengono messi in discussione valori e norme

tradizionali in favore della cultura acquisita.

Gran parte degli adolescenti immigrati che si incontrano presso i servizi

infatti provengono da paesi in cui si verifica un abbandono progressivo delle

tradizioni in funzione di un processo di omogeneizzazione che sostituisce

alla credenze dalla comunità di origine, i moderni modelli globali e mediali.

Questa doppia appartenenza può portare l’adolescente verso nuovi spazi di

identificazione, oppure portare ad un’impossibile elaborazione della propria

collocazione, innescando un conflitto tra diversi aspetti della propria

identità. In ogni caso, la relazione con le proprie origini porta inevitabilmente

ad un lavoro psichico in cui l’adolescente cerca di ricomporre le forme del

proprio mondo (Maggiolini, 2002). Analizzare l’orientamento culturale

dell’adolescente consente di evitare le possibili confusioni tra psicopatologia

e aspetti culturali o tra psicopatologia e identità culturale. E’ necessario

considerare caso per caso la storia di vita dell’adolescente per non rischiare

6. La valutazione del comportamento antisociale in una prospettiva evolutiva

159

di interpretare come problematiche ppsicoligoche gli stress derivanti da un

processo di integrazione culturale che può essere ancora in corso.

Il MAIP non solo consente di effettuare una valutazione sensibile da un

punto di vista culturale, ma ha molti punti in contatto con un approccio

evolutivo alle problematiche adolescenziali. Utilizzando questo modello di

valutazione è infatti possibile organizzare le osservazioni in riferimento alle

strategie con cui l’adolescente si adatta ai compiti evolutivi attuali,

esimendosi da una valutazione categoriale ed utilizzando invece un

approccio mirato alla comprensione da un lato del funzionamento

individuale in relazione al contesto e al percorso di crescita e dall’altro del

senso soggettivo, delle scelte e dei comportamenti (in primis la scelta

migratoria) in relazione alla loro valenza espressiva e comunicativa nei

confronti dell’ambiente (Maggiolini, Riva, 1998).

Si sottolinea infine che l’utilizzo dei test psicodiagnostici all’interno di questo

modello è subordinato a quattro capisaldi:

1) gli strumenti utilizzabili dovrebbero essere “empirically based” in modo da

consentire interrpetazioni basate su dati normativi e ricerche empiriche;

2) questi strumenti, prima di essere utilizzati, devono aver mostrato di

possedere un’equivalenza culturale e devono prevedere norme di

riferimento per gruppi minoritari;

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

160

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

3) gli strumenti proiettivi solitamente caratterizzati da diversi approcci di

somministrazione ed interpretazione dovrebbero essere utilizzati solo in

caso siano disponibili sistemi oggettivi di scoring e raccolte di dati normativi

che facilitino interpretazioni valide e attendibili;

4) è necessario investire sulla creazione di linee guida, sul training e sulla

pratica psicodiagnostica in modo che la validità delle interpretazioni

derivanti dal loro utilizzo possa migliorare anche nella valutazione

multiculturale.

Attualmente, le ricerche presenti in letteratura consentono di selezionare

alcuni strumenti in grado di soddisfare questi criteri e garantire la

necessaria sensibilità culturale alla valutazione clinica, andando a creare

una “batteria multiculturale di valutazione della personalità”.

7. Conclusioni e prospettive

161

Il progetto ha favorito un importante confronto sul tema della valutazione e

dell’intervento con gli adolescenti sottoposti procedimenti penali tra

psicologi e operatori sociali e educativi dei Servizi della giustizia minorile

italiani.

La valutazione è un tema centrale nell’intervento professionale degli

operatori, assistenti sociali, educatori e psicologi, che lavorano nei Servizi

della giustizia minorile e sul quale non è frequente un confronto

interprofessionale. I rappresentanti dei Servizi italiani hanno avuto la

possibilità di sviluppare riflessioni su obiettivi e metodi della valutazione

nell’incontro con gli adolescenti che commettono reati. In particolare è stato

possibile approfondire il punto di vista degli psicologi nel processo di

valutazione e intervento, nella pratica di lavoro, negli strumenti e nei modelli

teorici adottati.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

162

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

I seminari che si sono realizzati anche con il contributo di esperti europei

hanno inoltre consentito un primo confronto allargato su questo tema, con

uno sguardo all’Europa.

Il progetto ha avuto una particolare rilevanza perché si è inserito in un

momento di trasformazione istituzionale importante nell’organizzazione dei

Servizi della giustizia minorile in Italia. Dal 1 gennaio 2010, infatti, gli

psicologi che operano nei servizi della giustizia minorile sono passati dalle

dipendenze del Ministero della giustizia. In questa fase di trasformazione

istituzionale, il progetto ha portato un contributo di riflessione

particolarmente utile per affrontare questioni centrali di questo passaggio.

La questione, d’altra parte, non è limitata alla situazione italiana. A Roma si

è svolto nel novembre 2010 il convegno internazionale organizzato

dall’Osservatorio internazionale della giustizia minorile che ha trattato il

tema dei mental health e delle droghe nei young offenders, all’interno del

quale è stato anche portato il contributo del gruppo di lavoro.

Gli interventi al convegno hanno complessivamente sostenuto l’importanza

di un approccio mental health nella giustizia minorile, rilevando l’alta

percentuale di minori che entrano nel circuito penale che presentano

problemi di rilievo clinico.

7. Conclusioni e prospettive

163

Questi dati confermano in primo luogo la centralità del tema della

valutazione nei Servizi della giustizia minorile, ma dall’altra pongono il

problema dei suoi obiettivi specifici, degli strumenti con i quali è effettuata,

della relazione tra diversi ruoli professionali (psicologi, psichiatri, assistenti

sociali e educatori) e infine del rapporto tra valutazione psicosociale e

decisioni della magistratura.

Il confronto che si è svolto tra operatori ed esperti all’interno del progetto ha

complessivamente rilevato una cultura della valutazione orientata

all’integrazione interprofessionale, ma poco definita negli obiettivi e

soprattutto scarsa di strumenti e di modelli di riferimento specifici e

condivisi.

E’ scarsa l’attenzione all’aspetto attuariale della valutazione, che tenga in

considerazione i fattori di rischio di recidiva, in particolare quelli dinamici,

suscettibili di trasformazione.

Non appare nemmeno particolarmente diffusa nella pratica una valutazione

clinica effettuata con obiettivi di screening o diagnostici e l’uso di strumenti

testistici standardizzati.

Prevale invece una valutazione socioeducativa, che si basa in buona parte,

oltre che sul recupero di informazioni su dati oggettivi, anagrafici o sociali,

sulla percezione degli operatori della relazione interpersonale che si

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

164

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

instaura con il minore, con qualche diffidenza, in realtà, nei confronti sia di

strumenti standardizzati sia di giudizi troppo definiti. Questa diffidenza, che

si giustifica con l’esigenza di evitare un effetto stigmatizzante nei confronti

del minore, rischia tuttavia di non arrivare a comporre un quadro

sufficientemente definito e articolato.

Nel corso dei seminari c’è stato un confronto tra una logica attenta ai

mental health in senso diagnostico, che vede il comportamento antisociale

come effetto di un disagio psicopatologico, e una logica socio educativa, più

incline ad interpretare il comportamento del minore come effetto di un

contesto, famigliare e sociale, spesso fortemente carente e deprivato.

Il dibattito ha mostrato come una prospettiva di psicologia dello sviluppo e

di psicopatologia evolutiva può essere utile perché consente da una parte di

evitare effetti troppo stigmatizzanti o il rischio di una psicopatologizzazione

della devianza minorile, ma d’altra parte consente di mantenere la

necessaria attenzione alla dimensione soggettiva e intenzionale del

comportamento antisociale.

E’ apparso chiaro in questa prospettiva che la valutazione non coincide con

la diagnosi, effettuata per discriminare i soggetti da punire da quelli da

7. Conclusioni e prospettive

165

curare, con una ridotta capacità di intendere e volere. Il riconoscimento

della diffusione dei problemi mentali tra i minori sottoposti a procedimenti

penali non significa, infatti, che il sistema penale deve assumere obiettivi

sanitari di cura, ma che può porsi in una prospettiva di supporto allo

sviluppo, all’acquisizione di responsabilità e di un’identità sociale, obiettivi

che sono compatibili con quelli del sistema penale minorile, così come sono

esposti nel Codice di procedura penale minorile italiano.

Una prospettiva evolutiva integra l’attenzione al minore e al contesto

famigliare e sociale di sviluppo, e consente di considerare la relazione tra

reato e bisogni di recupero maturativo.

La valutazione in questa prospettiva ha necessità di prendere in

considerazione sia il minore sia il suo contesto famigliare e di mettere in

relazione le caratteristiche di personalità del minore con il reato per il quale

è imputato.In Italia questa attenzione ai significati soggettivi ha da sempre

caratterizzato l’intervento degli psicologi che hanno collaborato con i Servizi

della giustizia minorile negli ultimi cinquant’anni. Autorevoli psicoanalisti

dell’adolescenza, come Arnaldo Novelletto, Tommaso Senise, Gustavo

Pietropolli Charmet, hanno collaborato in Italia con i Servizi della giustizia

minorile, mantenendo una particolare attenzione ai significati anche non

consapevoli del gesto deviante. La cultura degli psicologi che attualmente

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

166

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

collaborano con i Servizi è più differenziata, psicoanalitica, cognitivo-

comportamentale, sistemico-famigliare, con una maggiore ricchezza di

prospettive, al prezzo tuttavia di una maggiore dispersione.

Una prospettiva evolutiva può avere una forte capacità di integrazione, in

quanto consente immediatamente di tenere conto di alcuni aspetti forensi

della valutazione come la capacità di intendere e volere, che può essere

indagata sullo sfondo dell’immaturità nello sviluppo e non solo in funzione di

una psicopatologia invalidante.

Una valutazione orientata da una prospettiva evolutiva, infine, orienta

l’intervento non nella direzione della punizione, della cura, della

rieducazione o della riparazione sociale, ma della rimozione dei fattori di

rischio dinamici, nel minore e nel contesto, che costituiscono un blocco per

lo sviluppo e che sono correlati con l’azione deviante.

Il progetto ha consentito, in particolare, di realizzare una rete degli psicologi

italiani che operano nei servizi della giustizia minorile, attraverso un gruppo

mail che continua ad essere utilizzato per scambiare informazioni e

strumenti. Questo gruppo potrà costituire la base per un confronto allargato

ad altri Paesi europei.

7. Conclusioni e prospettive

167

Al momento due direzioni di approfondimento sono emerse.

In primo luogo la possibilità di collaborare a livello nazionale per una

raccolta di dati sistematica e una sperimentazione sul tema della relazione

tra valutazione dei minori in ingresso nel circuito penale e recidiva.

In secondo luogo appare interessante la prospettiva di allargare il punto di

vista evolutivo oltre i 18 anni di età, per comprendere la valutazione e

l’intervento con i giovani adulti, non in una prospettiva di estensione dei

diritti dei minori oltre i 18 anni, ma in un’ottica di psicologia del ciclo di vita,

in cui la valutazione e l’intervento sono messi in relazione alle specifiche

caratteristiche di ogni fase dello sviluppo.

Italian Netw

ork for Young Offenders A

ssessment and

Treatment

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

168

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Bibliografia

Achenbach T. (2001), Manual for the Youth Self Report 2001. University of

Vermont, Department of Psychiatry, Burligton.

Achenbach, T.M., Howell, C.T., McCounaghy, S.H., Stranger, C. (1995). Six-

year predictors of problems in a national sample of children and youth: II.

Signs of disturbance. Journal of the American Academy of Child and

Adolescent Psychiatry, 34, 488-498.

Achenbach, T.M., Howell, C.T., McCounaghy, S.H., Stranger, C. (1998). Six-

year predictors of problems in a national sample of children and youth: IV.

Young adults sings of disturbance. Journal of the American Academy of

Child and Adolescent Psychiatry, 37, 718-727

Achenbach T., Rescorla L. (2007), Multicultural Understanding of Child and

Adolescent Psychopathology. New York: The Guilford Press.

169

Aliprandi, M., Bassetti, A., Riva, E. (2001). L'adolescente fra realtà e

fantasma. Il TAT come prova del funzionamento psichico. Franco Angeli:

Milano.

American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (2005). Practice

parameter for the assessment and treatment of youth in juvenile detention

and correctional facilities (AACAP Official Action). Journal of American

Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 44,1085–1098

American Psychological Association (2000), Manuale diagnostico e

statistico dei disturbi mentali. Text Revision (DSM-IV-TR). Tr.It. Masson,

Milano, 2002.

Andrews D.A., Bonta J. (1998), The Psychology of Criminal Conduct,

Cincinnati, OH: Anderson Publishing Co.

Andrews, D., Bonta, J., Hoge, R. D. (1990). Classification for effective

rehabilitation: Rediscovering psychology. Criminal Justice & Behavior, 17,

19–52

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

170

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Andrews, D. A., Bonta, J., Wormith, J. S. (2006). The recent past and near

future of risk and/or need assessment. Crime and Delinquency, 52, 7–22

Andrews D.A., Dowden C. (2005), Managing correctional treatment for

reduced recidivism: A meta-analytic review of program integrity. Legal and

Criminological Psychology, 10, 173-187.

Andrews D.A., Zinger R.D., Hoge R.D., Bonta J., Gendreau P., Cullen F.T.

(1990), Does correctional treatment work? A clinically relevant and

psychologically informed meta-analysis. Criminology, 28, 369-404.

Archer R.P., Stredny R.V., Mason J.A., Arnau R.C. (2004), An examination

and replication of the psychometric properties of the Massachusetts Youth

Screening Instrument--second edition (MAYSI-2) among adolescents in

detention settings. Assessement, 11, 4, 290-302.

Ashford, J. B. Sales, B. D. and Reid, W. H. (2001). “Political, legal and

professional challenges to treating offenders with special needs”. In:

Ashford, J. B., Sales, B. D. and Reid, W. H. (Eds.), Treating Adult and

171

Juvenile Offenders with Special Needs. American Psychological

Association, Washington, DC, pp. 31–49.

Associated Marine Institutes (1999), “Recidivism study”, cit. in Fonagy P.,

Target M., Cottrell D., Phillips J., Kurtz Z. (2002), What works for whom? A

critical review of treatements for children and adolescents. New York: The

Guilford Press.

Atkins D.L., Pumariega A.J., Rogers K. (1999), Mental health and

incarcerated youth. Prevalence and nature of psychopathology. Journal of

Child and Family Studies, 8: 193-204.

Baird, S. C. (1984). Classification of juveniles in corrections: A model

systems approach.Washington, DC: Arthur D. Little.

Barnoski R. (2003), Washington State Juvenile Court Assessment. Version

2.1. Washington State Institute for Public Policy,

www.wsipp.wa.gov/rptfiles/JCAmanual2-1.pdf

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

172

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Barnum, R. (2000). “Clinical and forensic evaluation of competence to stand

trial in juvenile defendants”. In T. Grisso, R. G. Schwartz (Eds.), Youth on

trial (pp. 193–223). Chicago: University of Chicago Press.

Barton, W., Gorsuch, K. (1989). Risk assessment and classification in

juvenile justice. Paper presented at the annual meeting of the American

Society of Criminology. Reno, NV.

Bayley S., Dolan B. (2004), (eds.) Adolescent forensic psychiatry. London:

Arnold.

Bayley, S. Trabuk, P. (2006). Recent advances in the development of

screening tools for mental health in young offenders. Current Opinion in

Psychiatry, 19:373–377

Boesky M. (2002), Juvenile Offenders with mental disorders. Lanham:

American Correctional Association.

173

Bonnie, R. J., Grisso, T. (2000). “Adjudicative competence and youthful

offenders”. In T. Grisso, R. G. Schwartz (Eds.), Youth on trial (pp. 73–103).

Chicago: University of Chicago Press.

Bonta, J. (1996). “Risk–need assessment and treatment”. In A. T. Harland

(Ed.), Choosingcorrectional options that work: Defining the demand and

evaluating the supply (pp. 18–32). Thousand Oaks, CA: Sage.

Bonta J. (2002) Offender Risk Assessment: Guidelines for Selection and

Use. Criminal Justice and Behavior, 29; 355-379.

Boothby, J. L.,Clements, C. B. (2000).Anational survey of correctional

psychologists. CriminalJustice and Behavior, 27, 715-731.

Borum R., Bartel P., Forth A. (2003), Manual for the Structured Assessment

of Violence Risk in Youth (SAVRY). Version 1.1. University of South Florida.

Borum, R., Grisso, T. (1995). Psychological test use in criminal

forensicevaluations. Professional Psychology: Research and Practice, 26,

465– 473.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

174

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Borum, R., Verhaagen, D. (2006). Assessing and managing violence risk in

juveniles. New York: Guilford.

Brennan, T., Dieterich, W., & Ehret, B. (2009). Evaluating the predictive

validity of the COMPAS risk and needs assessment. Criminal Justice and

Behavior, 36, 21-40.

Catchpole, R.E.H., Gretton, H.M. (2003). The predictive validity of risk

assessment with violent sex offenders. A 1 year examination of criminal

outcome. Criminal Justice and Behavior, 30, 688-708.

Centomani, G., Martino, E. (2008). Verso un cambiamento di paradigma

nell’osservazione della personalià in ambito penale minorile,

Minori&Giustizia, 4, 31-45.

Ceretti, A. (2002). Il concetto di maturità del minore. Alcune proposte per la

sua valutazione dal punto di vista dello scienziato dell'uomo, Minori &

Giustizia, 1, 53-94.

175

Ceretti, A., Merzagora, I.(1994). QUESTIONI SULLA IMPUTABILITÀ,

Cedam: Padova

Cicchetti, D., Cohen, D.J. (2006). Developmental Psychopathology, 2nd

Edition. Wiley and sons.

Champion, D. J. (1994). Measuring offender risk: A criminal justice

sourcebook.Westport, CT: Greenwood.

Corrado, R.R., Vincent, G.M., Hart, S.D., Cohen, I.M. (2004). Predictive

validity of the Psychopathic Checklist: Youth Version for general and violent

recidivism. Behavioral Sciences and the Law, 22, 5-22.

Crowey, t.J., Mikulich, S.K., Ehlers, K.M., Whittmore, E.A., MacDonald, M.J.

(2001). Validity of structured clinical evaluation in adolescents with conduct

and substance problems. Journal of the Academy of Child and Adolescent

Psychiatry, 36, 1269-1277.

Cruise, K.R., Dandreaux, D., Marsee, M. (2004). “Reliability and validity of

Massachusetts youth Screening Instrument – Version 2 (MAYSI-2) in

incarcerated youths: a focus on critical items”. In C.Vincent (Chair), The

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

176

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Massachusetts youth Screening Instrument – Version 2 (MAYSI-2): Utility

and practical application in juvenile justice. Symposium conducted at the

meeting of the American Psychology – Law Society, Scottdale, AZ.

Cummings, E. M. , Davies, P.T., Campbell, S.B. (2000) Developmental

psychopathology and family process: Theory, research, and clinical

implications. New York, NY, US: Guilford Press.

Dana, R.H. (2000). Handbook of cross cultural and multicultural personality

assessment, Lawrence Erlbaum Associates, Mahwah.

De Leo G. (1998). Psicologia della responsabilità. Laterza, Bari.

Dodge, K.A., Laird, R., Lochman, J.E., Zelli, A. (2002) Multidimensional

latent-construct analysis of children's social information processing patterns:

Correlations with aggressive behavior problems. Psychological

Assessment, 14(1), 60-73

Dowden C., Andrews D.A. (1999), What works in young offender treatment:

A meta-analysis, Department of Psychology, Carleton University.

177

Dowden C., Andrews D.A. (2006), Risk Principle of Case Classification in

Correctional Treatment. A Meta-Analytic Investigation. International Journal

of Offender Therapy and Comparative Criminology, 50, 1: 88-100.

Duclos C.W., Beals J., Novins D.K., Martin C., Jewett C.S., Manson S.M.

(1998), Prevalence of common psychiatric disorders among American

Indian adolescent detainees. Journal of the American Academy of Child and

Adolescent Psychiatry, 37, 866-873.

Emler, N., Reicher, S. (1995), Adolescenti e devianza. Tr.It. Il Mulino,

Bologna, 2000.

Espelage, D.L., Cauffman, E., Broidy, L., Piquero, A.R., Mazerolle, P., &

Steiner, H. (2003). A cluster analytic investigation of MMPI profiles of

serious male and female juvenile offendes. Journal of the American

Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 2(7):770-7

Ewing, C.P. (1990). Juvenile or adults? Forensic assessment of juvenile

considered for trial in criminal court. Forensic Reports, 3, 3-13.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

178

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Faraglia, B., Maggiolini, A. (2008). Immaturità e riduzione della

responsabilità negli adolescenti. Minori & Giustizia, 4, 78-88.

Farrington D.P., Loeber R. (2000), Epidemiology of Juvenile Violence, Child

and Adolescent Psychiatric Clinics of North America. 9, 4.

Farrington, D. (1995), The Development of Offending and Antisocial

Behaviour from Childhood: Key Findings from the Cambridge Study in

Delinquent Development. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 360.

Ferdinand, R.F., Blum, M., Verhust, F.C. (2001). Psychopathology in

adolescence predicts substance use in young adulthood. Addiction, 96,

861-870.

Frick, P. J., Barry, C.T., Bodin, S.D.(2000). “Applying the concept of

psychopathy to children: Implications for the assessment of antisocial

youth”. In Gacono, C.B. (ed). The clinical and forensic assessment of

psychopathy: A practitioner's guide. The LEA series in personality and

clinical psychology. (pp. 3-24). Mahwah, NJ, US: Lawrence Erlbaum

Associates Publishers.

179

Flores A.W., Lowenkamp C.T., Holsinger A.M., Latessa E.J. (2006)

Predicting outcome with the Level of Service Inventory-Revised: The

importance of implementation integrity. Journal of Criminal Justice 34, 523 –

529

Fonagy P., Target M., Cottrell D., Phillips J., Kurtz Z. (2002), What works for

whom? A critical review of treatements for children and adolescents. New

York: The Guilford Press.

Fornari, U. (2004). Trattato di psichiatria forense. Utet: Torino

Forth, A. E. & Burke H. C. (1998) Psychopathy in adolescence:

assessment, violence and developmental precursors. In Psychopathy:

Theory, Research and Implications for Society (eds D. Cooke, A. Forth & R.

Hare), pp. 205–230. Dordrecht: Kluwer.

Forth, A.R., Mailloux, D.L. (2000), “Psychopathy in youth: what do we

know?”, in Gacono, C.B. (ed.) The clinical and forensic assessment of

psychopathy. Erlbaum, Hillsdalle.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

180

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Fulero, S.M. (1995). “Review of the Hare Psychopathy Checklist –

Revised”. In J.C. Conoley, J.C. Impara (Eds.). Twelfth mental

measurements yearbook (453-453). Lincoln, Ne: Buros Institute.

Gatti, Fossa, Lagazzi, Verde (1988) Adolescenti in prigione. Una ricerca

sulla carcerazione minorile a Milano negli anni 1976-1985, Rassegna di

Criminologia, vol. XIX, 1988

Garland, D. (2001). The Culture of Control: Crime and Social Order in

Contemporary Society. University of Chicago Press, Chicago, Ill.

Gendreau P., & Andrews D.A. (1990), Tertiary prevention: What the meta-

analysis of the offender treatment literature tells us about “what works”.

Canadian Journal of Criminology, 32, 173-184.

Gendreau P., Goggin C., Cullen F.T. (1999), The effects of prison sentences

on recidivism. Ottawa: Solicitor General Canada.

Giedd, J. N. (2004). Structural magnetic resonance imaging of the

adolescent brain. Annals of the New York Academy of Science, 102, 77–85.

181

Granic I., Lamey A.V. (2002) Combining Dynamic Systems and Multivariate

Analyses to Compare the Mother–Child Interactions of Externalizing

Subtypes. Journal of Abnormal Child Psychology, Vol. 30, No. 3, pp. 265–

283.

Gretton, H.M., Hare, R.D., Catchpole, R.E.H. (2004). Psychopathy and

offending from adolescence to adulthood: a ten year follow-up. Journal of

consulting and clinical Psychology, 72, 636, 645.

Gretton, H.M., McBride, M., Hare, R.D., O’Shaughnessy, R., Kmka, G.

(2001). Psychopathy and recidivism in adolescent sex offenders. Criminal

Justice and Behavior, 28, 427-449.

Grisso, T. (1998). Forensic evaluation of juveniles. Sarasota, FL.

Professional Resource Press.

Grisso, T. (2004). Double jeopardy: Adolescent offenders with mental

disorders. Chicago: University of Chicago Press.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

182

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Grisso T., Barnum R. (2000), Massachusetts Youth Screening Instrument 2.

User’s Manual and Technical Report. Worchester, MA.

Grisso, T., Barnum, R. (2003). Massachussetts Youth Screening Instrument

– Version 2: User’s manual and technical report. Sarasota, FL: Professional

Resource Press.

Grisso, T., Barnum, R., Fletcher, K.E., Cauffman, E., Peuscholf, D. (2001).

Massacchussetts Youth Screening Instrument for mental health needs of

juvenile justice youths. Journal of the American Academy of Child and

Adolescent Psychiatry, 40(5), 541 – 548.

Grisso T., Schwartz R.G. (2000) (eds.), Youth on trial. Chicago: The

University of Chicago Press.

Grisso, T., Strinberg, L., Woolard, j., Cauffman, E., Scott, E., Grham, S. et al

(2003). Juveniles competence to stand trial. A comparison of adolescents’

and adults’ capacities as trial defendants. Law and Human Behavior, 27,

333-363.

183

Grisso, T., Vincent, G., Seagrave, D. (2005). Mental health screening and

assessment in juvenile justice. Guildford press

Grove, W.M., Zald, D.H., Hallberg, A.M., Lebow, B., Snitz, E., & Nelson, C.

(2000). Clinical versus mechanical prediction: A meta-

analysis. Psychological Assessment, 12, 19–30.

Gruber, S.A., Yutgelun-Todd, D.A. (2006). Neurobiology and the Law: A

Role in Juvenile Justice? Ohio State Journal of Criminal Law, 3, 321.

Hagell A. (2002), The mental health of young offenders – bright futures:

working with vulnerable young people. London: Mental Health Foundation.

Hare, R. D. (1970). Psychopathy: Theory and research. New York: Wiley.

Hare, R.D. (2003). Manual for the revised Psychopathy Checklist. Toronto,

ON: Multi-Health Systems.

Hart S.D., Cox D.N., Hare R.D. (1995), The Hare Psychopathy Cheklist:

Screening Version. Toronto: Multi-Health System.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

184

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Henggeler S.W., Schenwald S.K., Borduin C. M., Rowland M.D.,

Cunningham P.B. (1998), Multisystemic treatment of antisocial behavior in

children and adolescents. New York: The Guilford Press.

Hoge, R. D. (2001). A case management instrument for use in juvenile

justice systems. Juvenile and Family Court Journal, 52, 25−32.

Hoge, R. D. (2002). Standardized instruments for assessing risk and need

in youthful offenders. Criminal Justice and Behavior, 29, 380−396.

Hoge, R. D., & Andrews, D. A. (2001). The youth level of service/case

management inventory (YLS/CMI): intake manual and item scoring key.

Carleton University.

Hollin, C.R. (1995), The Meaning and Implications of ‘Programme

Integrity’,in McGuire, J. (ed.) What Works: Reducing Reoffending.

Guidelines from Research and Practice (pp33–4). Chichester, Wiley.

185

Hollin, C.R. (1999), Treatment Programs for Offenders. Meta-Analysis,

‘What Works’ and Beyond. International Journal of Law and Psychiatry. 22:

361–72.

Howell J.C., Krisberg B., Hawkins J.D., Wilson J. (1995), Serious, Violent &

Chronic Juvenile Offenders, SAGE Publication.

Jones, M., Westen, D. (2010), Diagnoses and subtypes of adolescent

antisocial personality disorder, Journal of Personality Disorders, 24(2), 217-

243.

Kazdin A. (2000) Adolescent Development, Mental Disorders, and Decision

Making of Delinquent Youths, in Grisso T., Schwartz R., Youth on Trial: A

Developmental Perspective on Juvenile Justice. Chicago: University of

Chicago Press, pp. 33–65.

Kernberg, O. (1999), “Psicodinamica e gestione psicoterapeutica dei

transfert paranoide, psicopatico e narcisistico”, Adolescenza, 10.

Kernberg O.F. Clarkin J.F. (1992). Treatment of personality disorders.

International Journal of Mental Health, XXI, 2: 53-76 (trad. it.: La

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

186

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

valutazione della terapia dei disturbi di personalità. Psicoterapia e Scienze

Umane, 1994, XXVIII, 3: 41-61).

Koppelman J. (2005), Mental Health and Juvenile Justice: Moving Toward

More Effective Systems of Care in National Helath Policy Forum, n.805.

Kraemer, H. C., Kazdin, A. E., Offord, D. R., Kessler, R. C., Jensen, P. S., &

Kupfer, D. J. (1997). Coming to terms with the terms of risk. Archives of

General Psychiatry, 54, 337–343.

Kroll L., Bailey S., Myatt T., McCarthy K., Shuttleworth J., Rothwell J.,

Harrington R.C. (2003), Mental Health Screening Tool: SIFA. www.youth-

justiceboard.gov.uk/nr/rdonlyres/f1eda350-70db-437c-8f3f-

5d19fd57e533/0/sifa.pdf.

Lahey B.B., Moffitt T.E., Caspi A. (2003), (eds) Causes of conduct disorders

and juvenile delinquency. New York: The Guilford press.

Lahey, B.B., Waldman, I. D. (2003) “A developmental propensity model of

the origins of conduct problems during childhood and adolescence”. In

187

Lahey, B. B., Moffitt, T.E., Caspi, A. (eds). Causes of conduct disorder and

juvenile delinquency. (pp. 76-117). New York, NY, US: Guilford Press.

Langan P. A., Levin D. J. (2002), Recidivism of prisoners released in 1994.

Bureau of Justice Statistics Special Report, NCJ 193427193427).

Washington, D.C.: U.S. Department of Justice.

Latessa E. J. (1999), What Works and What Doesn’t in Reducing

Recidivism:

The Principles of Effective Intervention. Center for Criminal Justice

Research, www.uc.edu/criminaljustice.

Latessa, E.J., Lowenkamp, C.T. (2005), The role of offender risk

assessment tools. For the Record 4th Quarter, 18-20.

Latessa, E.J., Lowenkamp, C.T. (2005), What are Criminogenic Needs and

Why are They Important. For the Record 4th Quarter, 15-16.

Latessa, E.J., Lowenkamp, C.T. (2006), What works in reducing recidivism.

University of St. Thomas Law Journal Vol3:3 2006, 521-535.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

188

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Leistico, A.R., Salekin, R.T. (2003). Testing the reliability and validity of the

Risk, Sophistication-Maturity and Treatment Amenability Inventory (RST-I):

An assessment tool for juvenile offenders. International Journal of Forensic

Mental Heath, 2, 101-117.

Lewis D.O., Yeager C.A., Lovely R., Stein A., Cobham-Porterreal C.S.

(1994), A clinical follow-up of delinquent males: ignored variables, unmet

needs and the perpetuation of violence. Journal of the American academy

of child and adolescent psychiatry, 33: 518-28.

Lipsey M.W. (1995), What do we learn from 400 research studies on the

effectiveness of treatment with juvenile delinquents, in McGuire J. (ed.)

(1995), What works: reducing reoffending. Guidelines from research and

practice. John Wiley and Sons. Chichester.

Loeber R., Farrington D.P., Stouthamer- Loeber M., Van Kammen W.B.

(1998), Antisocial Behavior and mental health problems. Explanatory factors

in childhood and adolescence. London: Lawrence Erlbaum Associates.

189

Losana, C. (2008), L’ascolto del minore nell’osservazione sulla personalità,

Minori & Giustizia, 4, 22-30

Lowemcamp C. T., Latessa E. J. (2006), The risk principle in action: What

we learned from 13,676 offenders and 97 correctional programs? Crime &

Delinquency, 51, 1, 1-17.

Lynam, D.R. (2002). Fledging psychopathy: a view from personality theory.

Law and Human Behavior, 26, 255-269.

Madeddu F., Dazzi S. (2009), Devianza e Antisocialità. Le prospettive

scientifiche e cliniche contemporanee. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Maggiolini A. (2002), Adolescenti delinquenti. L’intervento psicologico nei

Servizi della Giustizia minorile. Milano: Franco Angeli.

Maggiolini A. (2005), Preadolescenza e antisocialità. Milano: Franco Angeli.

Maggiolini A., Ciceri A., Macchi F., Pisa C., Marchesi M. (2009), La

valutazione del rischio di recidiva nei servizi della giustizia minorile.

Rassegna italiana di criminologia, II, 3, 1-15.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

190

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Maggiolini A., Pietropolli Charmet G. (2004), (a cura di) Manuale di

psicologia dell’adolescenza: compiti e conflitti. Milano: Franco Angeli.

Maggiolini A., Riva E. (1998), Adolescenti trasgressivi. Il significato delle

azioni devianti e le risposte degli adulti. Milano: Franco Angeli.

Martinson, R. (1974). What works?Questions and answers about prison

reform. Public Interest, 35, 22-54.

Maxwell G. (2003), Achieving effective outcomes in youth justice:

implications of new research for principles, policy and practice. Crime and

Justice Research Centre, Victoria University of Wellington.

McGuire J. (ed.) (1995), What works: reducing reoffending. Guidelines from

research and practice. John Wiley and Sons. Chichester.

MELTON, G. B., Petrila, J., Poythress, N. G., Slobogin, C. (1997).

Psychological evaluations for the courts (2nd ed.). New York: Guilford

press.

191

Miraglia, M. (2005). Usa: i minori non muoiono più di giustizia. Cassazione

penale, 45, 3552-3560.

Moffit T.E., Arsenault L., Caspi A., Taylor P., Silva P.A. (2000), Mental

Disorders and Violence in a Total Birth Cohort, Result from the Dunedine

Study. Arch Gen Psychiatry, 57, 979-986.

Moffit T.E., Lahey B., Caspi A., (2003), Causes of conduct disorder and

juvenile delinquency. New York: The Guilford Press.

Moffitt A. (2003), Life-course persistent and adlescent-limited antisocial

behavior: a 10-year research review and a research agenda, in Lahey B.B.,

Moffitt T.E., Caspi A. (Eds.) The causes of conduct disorder and serious

juvenile delinquency. New York: Guildord Press

Moffitt, T.E., Caspi, A., Rutter, M., Silva, P.A. (2001), Sex Differences in

Antisocial Behavior: Conduct Disorder, Delinquency, and Violence in the

Dunedin Longitudinal Study. Cambridge, UK: Cambridge University Press.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

192

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Murrie, D.C., Cornell, D.G., Kaplan, S., McConville, D., Levy-Elfkon, A.

(2004). Psychopathy scores and violence among juvenile offenders: a

multimeasure study. Behavioral Sciences and Law, 22, 40-67.

Novelletto A., Biondo D., Monniello G. (2000), L’adolescente violento.

Riconoscere e prevenire l’evoluzione criminale. F. Angeli, Milano.

Oberlander, L. B., Goldstein, N. E., & Ho, C. N. (2001). Preadolescent

adjudicative competence: Methodological consideration and

recommendations for practice standards. Behavioral Sciences and the Law,

19, 545–563.

Paus, T. (2005). Mapping brain development and aggression. The Canadian

Child and Adolescent Psychiatric Review, 14, 10-15.

Raine, A., Lee, L., Yang, Y., Colletti, P. (2010). Neurodevelopmental marker

for limbic maldevelopment in antisocial personality disorder and

psychopathy. British Journal of Psychiatry, 197, 3, 186-192.

193

Randall, J., Henggeler, S.W., Pickrel, S.G., and Brondino, M.J. (1999),

Psychiatric comorbidity and the 16-month trajectory of substance-abusing

and substance-dependent juvenile offenders. Journal of the American

Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 38: 1118–1124.

Redondo Illescas S., Sánchez-Meca J., Genovés G.V. (2001), Treatment of

offenders and recidivism; assessment of the effectiveness of programmes

applied in Europe. Psychology in Spain, 5, 1, 47-62.

Retz W., Junginger-Retz P., Hengesh G., Schneider M., Thome J., Pajonk

F.G., Salahi-Disfan A., Rees O., Wender P.H., Rosler M. (2004),

Psychometric and Psychopathological characterizazion of young male

prison inmates with and without attention deficit/hyperactivity disorder.

European Archive of Clin. Neurisc., 254: 201-208.

Roberts, R., Attkinson, C., Rosenblatt, A. (1998). Prevalence of

psychopathology among children and adolescents. American Journal of

Psychiatry, 155, 715-725.

Rice M.E., Harris G.T. (1997), The Treatment of mentally disordered

offenders. Psychology, Public Policy and Law, 3, 1,126-183.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

194

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Roth, A., Fonagy, P. (1996). What Works for Whom? A Critical Review of

Psychotherapy Research. New York: Guilford Press.

Rutter, M. (1988), Approcci epidemiologici alla psicopatologia evolutiva,

Adolescenza, 5(2), 124-138

Rutter M., Giller H., Hagell A. (1998), Antisocial behavior by young people.

Cambridge University Press.

Schumacher M., Kurz G.A. (2000), The 8% solution: preventing serious,

repeat juvenile crime. Thousand Oaks, CA: Sage.

Ryba, N. L., Cooper, V. G., & Zapf, P. A. (2003). Assessment of maturity in

juvenile competency to stand trial evaluations: A survey of practitioners.

Journal of Forensic Psychology Practice, 3, 23–46.

Salekin, R.T. (2000) Tuscaloosa Juvenile Detention Center Project.

Unpublished raw data.

195

Salekin, R.T. (2004). Risk-Sophistication-Treatment Inventory: Professional

Manual. Lutz, FL: Psychological Assessment Resources.

Salekin, R.T., Worley, C., Grimes, R.D. (2010). Treatment of psychopathy: a

review and brief introduction to the Mental Model Approach for

Psychopathy. Behavior Sciences and the Law, 28: 235-266.

Salekin, R.T., Ziegler, T.A., Larrea, M.A., Anthony, V.L., Bennet, A.D. (2003).

Predicting dangerousness with two Millon Adolescent Clinical psychopathy

scales. The importance of egocentric and callous traits. Journal of

Personality Assessment, 80, 154-163.

Scardaccione G., Merlini F. (1996) Minori, famiglia giustizia. L’esperienza

della “messa alla prova” nel processo penale minorile. Edizioni Unicopli,

Milano.

Schwalbe, C.S. (2007). Risk Assessment for Juvenile Justice: A Meta-

Analysis, Law and Human Behavior, 31:449–462

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

196

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Schwalbe, C.S. (2008). Strengthening the integration of actuarial risk

assessment with clinical judgment in an evidence based practice

framework, Children and Youth Services Review, 30, 1458–1464

Shlonsky, A., Wagner, D. (2005). The next step: Integrating actuarial risk

assessment and clinical judgment into an evidence-based practice

framework in CPS case management. Children and Youth Services Review,

27, 409−427

Skodol A.E. (1998), Psicopatologia e crimini violenti. Torino: Centro

scientifico editore.

Snyder, J., Reid, J., Patterson, G. (2003) A social learning model of child

and adolescent antisocial behavior. In Lahey, B. B., Moffitt, T.E., Caspi, A.

(eds). Causes of conduct disorder and juvenile delinquency. (pp. 27-48).

New York, NY, US: Guilford Press.

Steinberg, R.J. (2000). Implicit Theories of intelligence as exemplar stories

of success. Why intelligence test validity is in the eye of the beholder.

Psychology, Public, Policy and Law, 6,159.167.

197

Steinberg, L., Scott, E. (2003). Less guilty by reason of adolescence:

Developmental immaturity, diminished responsibility, and the juvenile death

penalty. AMERICAN PSYCHOLOGIST, 58, 1009-1018

Steiner H., Garcia I.G., Matthews Z. (1997), Post-traumatic stress disorder

in incarcerated juvenile delinquents, Journal of American Academy of Child

and Adolescent Psychiatry, 36: 357-365.

Teplin L.A., Abram K.M., McClelland G.M., Dulcan M.K., Mericle A.A.

(2002), Psychiatric disorder in youth in juvenile detention. Archives of

General Psychiatry, 59:1133-1143.

Thomas J.M., Guskin K.A. (2008), Il comportamento dirompente nei

bambini piccoli: cosa significa? Infanzia e adolescenza, 7, 1.

Towberman, D. B. (1992). National survey of juvenile needs assessment.

Crime&Delinquency, 38, 230-238.

Tremblay R. E., Hartup W.W., Archer J. (2005) (eds.) Developmental origins

of aggression. New York: The Guilford Press.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

198

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Vermeiren R. (2003), Psychopathology and delinquency in adolescents: a

descriptive and developmental perspective. Clinical Psychology Review.,

23: 277-318.

Vermeiren R., De Clippele A., Deboutte D., (2000) Eight-month follow-up of

delinquent adolescents: predictors of short-term outcome. European

Archives of Psychiatry and Clinical Neurosciences 250, 133-138.

Vermeiren R., Jespers I., Moffitt T. (2006), Mental Health Problems in

Juvenile Justice Populations. Child Adolescent-Psychiatric Clinic of North

America., 15, 333-351.

Vermeiren R., Ruchkin V., Koposov R., Schwab-Stone M. (2003),

Psychopathology and Age at Onset of Conduct Problems in Juvenile

Delinquency. Journal of Clinical Psychiatry. 64;8.

Vermerein R. (2003), Psychopathology and delinquency in adolescents: a

descriptive and developmental perspective. Clinical Psychology Review, 23,

277-318.

199

Vincent, G.M., Vitacco, M.J., Grisso, T., Corrado, R.R. (2003). Subtypes of

adolescent offenders: affective traits and antisocial behavior patterns.

Behavioral sciences and the law, 21, 695-712.

Vreugdenihl C., Doreleijers T., Wermeiren R., Wouters L., Wim Van Den

Brink (2004), Psychiatric Disorders in a Representative Sample of

Incarcerated Boys in The Netherlands, Multnomah County Department of

Community Justice. Journal of the American Academy of Child and

Adolescent Psychiatry, 43.

Ward, T., Stewart, C. (2003). Criminogenic needs and human needs: A

theoretical model. Psychology, Crime & Law, 9(2), 125-14.

Wasserman, G.A., McReynolds, L.S., Ko, S.J., Katz, L.M., Cauffmman, E.,

Haxton, W. et al. (2004). Screening for emergent risk and service needs

among incarcerated youths: Comparing MAYSI-2 and Voice DISC-IV.

Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 43,

629-639.

1 dicembre 2010 Valutare per decidere - The assessment of young offenders in juvenile justice services

200

Prevention and Fight Against Crime 2007

With financial support from the Prevention of and Fight Against Crime Programme

European Commission – Directorate-General Justice, Freedom And Security

Wasserman G., McReynolds L., Lucas C., Fisher P., Santos L. (2002), The

Voice DISC-IV With Incarcerated Male Youths: Prevalence of Disorder,

Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 41,

314-321.

Wasserman G.A., Ko S.J., McReynolds L.S. (2004), Assessing the Mental

Health Status of Youth in Juvenile Justice Settings. Ojjpd,

http://www.ncjrs.gov/html/ojjdp/202713, recuperato 1 sett 2008.

Wiebush, R. G., Baird, C., Krisberg, B., & Onek, D. (1995). Risk

assessment and classification for serious, violent, and chronic juvenile

offenders. In J. C. Howell, B. F. Krisberg, J. D. Hawkins,&J. J.Wilson (Eds.),

A sourcebook: Serious, violent, and chronic juvenile offenders. (pp. 171-

212). Thousand Oaks, CA: Sage.

Wikström, P.H., Sampson, R. J. (2003) “Social mechanisms of community

influences on crime and pathways in criminality”. In Lahey, B. B., Moffitt,

T.E., Caspi, A. (eds). Causes of conduct disorder and juvenile delinquency

(pp. 118-148). New York, NY, US: Guilford Press.

201

Wong, S. C. P., Gordon, A., & Gu, D. (2007). Assessment and treatment of

violence prone forensic clients: An integrated approach. British Journal of

Psychiatry., 190, 66-74.

Zalot, A.A. (2002). Taylor Hardin Secure Medical Facility Project.

Unpublished raw data.