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Breve storia della pubblicità

Breve storia della pubblicità 1

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Una rapida storia della pubblicità dalle origini ai giorni nostri ideale per introdurre l'argomento agli studenti delle scuole superiori o di corsi post diploma (prima parte)

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Breve storia della pubblicità

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-Necessità di storicizzare il fenomeno. La pubblicità non è nata con l’uomo, anche se molti storici citano le scritte sulle mura di Babilonia o di Pompei.

«La pubblicità nasce con la stampa e con l’industria» e soprattutto «quando produttore e compratore non sono più in contatto diretto, quando i beni di consumo prodotti in migliaia (poi milioni) di esemplari, vengono fatti conoscere dai mezzi d’informazione» (Falabrino)

- Pubblicità comunicazione parassitaria, che sfrutta i moderni mass media, i canali attraverso cui circolano altre notizie e contenuti: il giornale, prima, poi, nel Novecento, la radio, la televisione, ed oggi internet. Oppure, nella lunga storia del manifesto, i luoghi di comunicazione e affollamento: vie urbane, piazze, omnibus, strade e autostrade, stazioni ferroviarie e aeroporti.

- Quindi la pubblicità è legata inestricabilmente non solo alla moderna economia di mercato, ma anche ai mezzi di comunicazione di massa e all’urbanizzazione

“Colui che per primo seppe trarre vantaggio dalla curiosità umana suscitata da un assedio o da una battaglia per insinuare a tradimento ai lettori di notizie l’informazione sul negozio in cui si trovano le migliori ciprie e belletti fu indubbiamente un uomo di grande acume e di profonda conoscenza della natura umana” (Samuel Johnson, The Tatler 1759).

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La Preistoria della pubblicità.

• Il primo annuncio pubblicitario riguarda un libro di preghiere, il Salisbury Pye, un volantino distribuito in chiesa dallo stampatore inglese William Caxton nel 1477 (circa 20 anni dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili);

• A Parigi nel 1633 Theophraste Renaudot crea il “Feuilles du bureau d'adresses”, il primo giornale di annunci a pagamento, con indirizzi di negozi e professionisti

• In Italia, invece, il primo esempio di pubblicità risale al 1691: nel “Protogiornale Veneto Perpetuo”, un foglio pubblicato nella Repubblica di Venezia, annuncio delle Virtù ammirabili dell’acqua della regina d’Ongaria, fabbricata dal profumiere del Duca d’Orleans in vendita nel Campo della Guerra da Girolamo Albizzi

• Nell’Inghilterra del XVII secolo i Mercuri, i primi giornali con notizie dal «mondo cristiano» presentavano annunci pubblicitari, per lo più di altre pubblicazioni, ma anche delle prime «patent medicines», con le quali si confondevano perfettamente i generi coloniali come il caffè e il tè;

• Attorno al 1730 Benjamin Franklin negli Stati Uniti evidenzia gli annunci pubblicitari nel General Magazine, il giornale da lui diretto, con un titolo in grassetto.

• Nel 1785 nasce il Times, il suo direttore paragona il giornale a una «locanda» aperta a tutti coloro che possono pagare per l’ospitalità (ossia gli inserzionisti);

• A cavallo fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento prime esemplari campagne pubblicitarie in Inghilterra: i rasoi Packwood e il lucido da scarpe Warren’s, con l’uso di filastrocche, rime, racconti, fiabe, dialoghi, ecc.

• Nel 1836 Emile de Girardin crea a Parigi il primo giornale “La Presse” il cui costo è in larga parte sostenuto dalle inserzioni commerciali. Il suo motto è “vendere a buon mercato per vendere parecchio, e viceversa”. Nel giro di tre decenni si arriva alla proporzione odierna (un terzo circa dello spazio sui giornali occupato dalla pubblicità, di solito la “Quarta pagina”)

• A Philadelphia Volney B. Palmer nel 1841 organizza la prima agenzia pubblicitaria: compravendita di spazi su giornali

• Dal 1860 la Ayer & Son è la prima agenzia a offrire il servizio completo (redazione degli annunci e ricerche di mercato)

• Fra il 1850 e il 1890 si colloca l’attività di Phineas Taylor Barnum, editore, giornalista, scrittore, impresario culturale, proprietario di un museo e di un teatro, uno dei padri della pubblicità moderna. Sensazionalismo ed esibizione di fenomeni da baraccone (il generale Tom Thumb, la nonna di George Washington, l’anello mancante fra l’uomo e la scimmia, ecc.).

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Primi esempi di pubblicità su giornali con semplici illustrazioni non fotografiche. Stati Uniti, anni 70-80 dell’Ottocento

Manifattura Babbitt di New York: sapone e caffè

Ma spesso prevalenza della scrittura: un esempio, un acrostico rimato sempre per Babbitt, frutto di un concorso a premi fra i lettori.

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Anni Ottanta dell’Ottocento. Una delle prime campagne di successo: Kodak, la prima macchina fotografica user friendly

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Gli ultimi due decenni dell’Ottocento negli Stati Uniti sono l’epoca dei Jingles: filastrocche infantili, ben memorizzabili, e delle prime pubblicità seriali. Tormentoni a puntate.

Due esempi la campagna Spotless Town del sapone Sapolio, copywriter James K. FrazerThe Road of Anthracite delle Ferrovie Lackawanna, creata da E. E. Calkins, protagonista la distinta Phoebe Snow il cui vestito resta sempre immacolato perché il treno non brucia volgare carbone ma

antracite

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Stati Uniti, 1870-1900: avvento dei primi prodotti confezionati con i primi marchi registrati.

Spesso si tratta di mascotte e personaggi.Figure tradizionali, bonarie che sostituiscono il contatto di fiducia con il venditore.

Aunt Jemima, dal 1885

Campbell’s soup boys dal 1904Nuova versione, dagli anni Trenta

Quaker mascotte dei cereali dal 1877

Il bambino con l’impermeabile giallo dei crackers Uneeda, prodotti dalla Nabisco, dagli anni Novanta dell’Ottocento

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Altro caso esemplare: Betty Crocker, il personaggio lanciato nel 1936 dalla General Mills, produttrice di preparati per dolci.

Il primo ritratto nel 1936 fu creato fondendo i tratti delle impiegate del servizio clienti. Crocker era il cognome di un dirigente in pensione. Betty il nome più familiare. Negli anni trenta era impersonata alla radio da trenta attrici diverse e secondo un sondaggio risultò la seconda donna più famosa d’America dopo la first lady Eleanore Roosevelt.

Immagine progressivamente modernizzata.

Per il semiologo Ugo Volli (2004) distinzione fra marchio (quasi sempre impersonale) e firma, griffe, che è invece fortemente personalizzata, spesso indice di uno stile individuale (soprattutto nella moda).

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Pubblicità italiane di fine Ottocento

Pubblicità di amari, digestivi, cordiali, pasticche, ecc. che ereditano la tradizione delle “patent medicines”: presentate come rimedi universali e miracolosi.

Un annuncio di impostazione più moderna.

Fra i primi prodotti reclamizzati con uno slogan: Pillole Pink: per persone pallide.

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I primi affiche d’autore in quadricromia:

Moulin Rouge, La goulue (1891) di Toulouse-Lautrec

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Jules Cheret è l’artista leader della prima stagione dell’affiche, l’inventore della “cherette”, la ragazza allegra, parigina, alla moda, protagonista di innumerevoli

manifesti alla fine dell’Ottocento

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Leonetto Cappiello (n. Livorno 1875), celebre autore di manifesti, con un passato da pittore post-macchiaiolo

Manifesto come “arabesco idea”, “atto di autorità sul passante” “ha il compito di gridare alto un nome”

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Il primo manifesto-marchio: Chocolat Klaus di Cappiello

(1903)

Immagine totalmente slegata dal prodotto. Che finirà per

soppiantarlo con una sorta di effetto parassita: “il

cioccolato del cavallo rosso”

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La stessa idea “aggressiva” del manifesto pubblicitario è sostenuta in

quegli anni in Italia da Giuseppe Magagnoli, fondatore della Maga, una

delle prime agenzie di pubblicità ad offrire il servizio creativo (creazione di

bozzetti, manifesti, marche, ecc.)

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Marcello Dudovich, Zenit (1911), Il primo manifesto-oggetto

Dudovich fu il più celebre cartellonista italiano dalla belle époque agli anni

trenta

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Dudovich come esempio di cartellonista eclettico, capace di interpretare gli stili in voga nelle varie epoche

Manifesto del 1930, in stile fra Art Deco e “Novecento” monumentale

Manifesto in stile liberty per i grandi magazzini Mele di Napoli (1908)

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Manifesti che non rappresentano il prodotto ma il contesto sociale,

raffinato ed elitario, in cui dovrebbe essere consumato

Dudovich, Cordial Campari, 1913

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In Italia. I manifesti si rivolgono a un pubblico ristretto di privilegiati, gli unici che hanno accesso a determinati consumi di lusso.

Esemplare dal punto di vista sociologico questo manifesto di Aldo Mazza per i grandi magazzini Mele (c. 1915).

Distanza abissale fra i nobili eleganti e i borghesi caricaturali sullo sfondo

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Proprio per il carattere elitario e ristretto del suo pubblico, la pubblicità dell’inizio del Novecento si può permettere di essere “artistica”, ma anche di trattare in modo spiritoso e ironico il consumo. Due esempi: Aleardro Terzi (1914), G. Manca, Citroen (c. 1920)

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Cosmetici e prodotti di bellezza fra i primi generi ampiamente

pubblicizzati.

Incertezza nella strategia. Lusso, nobilitazione estetica oppure salute, igiene e pulizia. Soft sell o hard

sell

Esemplare l’opuscolo Fascino muliebre commissionato alla scrittrice e giornalista Matilde Serao, che

alterna l’autorità di medici e igienisti e quella degli scrittori e dei poeti che in ogni epoca hanno

lodato la bellezza femminile.

Nell’Età giolittiana piccola borghesia lontana dal consumo, morigerata e risparmiatrice. La piccola

pubblicità destinata a questo ceto, ad esempio quella presente sulla «Domenica del Corriere»

riguardava per lo più prodotti che toglievano tare o risolvevano problemi: busti, rimedi medicinali,

lozioni per capelli, contro l’eccessiva sudorazione, il rossore delle guance o il seno piatto, ecc.

Nessuna traccia di edonismo.

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Pubblicità e arte: 1896, Un dipinto di John Everett Millais “Bubbles”, acquistato dall’industriale William Ingram diviene il manifesto del sapone Pears

«il primo effetto del trionfo del capitalista (se gli permetteremo di trionfare)» sarà la sparizione della «linea ben chiara [che] separava la pubblicità dall’arte. Non ci sarà arte che non possa anche essere pubblicità» J.K. Chesterton, Utopia of Userers (1912)

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Un dipinto del pittore Francis Barreaud (1896-1900) per commemorare il fratello diviene il marchio, duraturo e ben riconoscibile, dell’azienda Pathé Marconi. Nell’episodio ritratto il cane del defunto riconosce il grammofono appartenuto al padrone.

Negli anni Sessanta Villemot lo modifica quando l’azienda comincia a produrre televisori

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Improvvisazione e casualità spesso alle origini dei primi marchi famosi. Il Bibendum Michelin

André Michelin dopo un collaudo dei suoi pneumatici aveva esclamato «il pneu beve gli ostacoli». Poi assieme al fratello Eduard, osservando una pila di gomme si era accorto che aggiungendo le braccia poteva assomigliare a un uomo. Ne venne fuori il primo manifesto in assoluto della Michelin, nel quale l’omino (con lo stesso pince-nez che portava André) brinda con un calice pieno di ostacoli esclamando l’oraziano «nunc est bibendum».

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La pubblicità invade ogni spazio: la città e il paesaggio

Parigi 1865

Parigi, 1900

New York 1913

Una vignetta del 1890

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Un ponte ferroviario nel Delaware, 1913

Petersbourg, 1911

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Un altro annuncio della stessa campagna (1925) Listerine:

Uso dell’exemplum:

Testo della body copy: Spesso la damigella ma mai la sposa. Il caso di Edna era davvero patetico. Come per tutte le donne, la sua primaria ambizione era di sposarsi. La maggior parte delle ragazze del suo giro era sposata – o sul punto di esserlo. Eppure nessuna possedeva più grazia, fascino e amabilità di lei.E, mentre i suoi compleanni si avvicinavano inesorabilmente al fatidico trentesimo, il matrimonio sembrava più lontano che mai dalla sua vita. Era stata spesso la damigella, la sposa mai.

L’insidia dell’alitosi (alito cattivo) è questa. Voi stessi raramente vi accorgete di averla. E nemmeno i vostri amici più intimi ve lo dicono. (ecc.)

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La stessa strategia “colpevolizzante” è adottata

in Italia poco più tardi.

Una pubblicità a fumetti per Colgate, 1940

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Una delle prime campagne moderne e integrate: 5000 lire per un sorriso

ideata da Dino Villani, dal 1939 per la Carlo Erba, gruppo Giviemme

Concorso a premi che nel dopoguerra darà vita a Miss Italia.

Testimonia come anche durante il fascismo si fossero diffusi i valori estetici del cinema hollywoodiano:

divismo di massa e culto della bellezza (al contrario, il fascismo

aveva sostenuto l’ideale contadino della donna madre di famiglia e aveva denigrato il materialismo americano e

l’estetismo borghese)

Dino Villani (n. 1898) figura chiave nella storia della pub. italiana: non creativo, né artista, ma stratega

pubblicitario (ideatore della Colomba, creatore di campagne istituzionali per

Motta e Giviemme, sostenitore del mecenatismo indusastriale, fondatore del GAR insieme a Adriano Olivetti)

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Schema di una pubblicità a stampa:

Visual

Headline

Bodycopy Packshot

LogotipoTrademark

Payoff

• Visual: l’immagine principale

• Headline: titolo o slogan

• bodycopy Il testo di accompagnamento

• packshot: immagine del prodotto

• logotipo: nome dell’azienda

• trademark: simbolo del marchio aziendale

• payoff o baseline: frase conclusiva, riassuntiva del posizionamento della marca

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Pubblicità e avanguardie. Cubismo, Futurismo, Bauhaus

Marcello Nizzoli, Cordial Campari, 1936

Collaborazione fra Majakovskij e Rodcenko in Russia fra 1923 e 1926.

Testo dell’annuncio: Non esistono e non sono mai esistiti succhiotti migliori. Potrai succhiarli finché non sarai vecchio. Venduti ovunque

Arte applicata e utopia rivoluzionaria: “le strade sono i nostri pennelli, le piazze sono le nostre tavolozze”

“non bisogna gridare ai mali e alle brutture della pubblicità, ma piuttosto spingere verso di essa artisti e scrittori, perché la pubblicità, come la guerra per Marinetti, è l’igiene del mondo”

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Un artista futurista, Fortunato Depero designer e pubblicitario per Campari (1926-1932)

Depero, Squisito al Selz, 1926, olio su tela

F. Depero, Numero unico futurista Campari (1931)

«L’arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria tale audace insegnamento ed inoppugnabile constatazione l’ho avuta dai musei, dalle grandi opere del passato. tutta l’arte dei secoli scorsi è improntata a scopo pubblicitario: esaltazione del guerresco, del religioso; documentazione di fatti, cerimonie e personaggi nelle loro vittorie, nei loro simboli»

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Le forme geometriche e meccaniche delle avanguardie influenzano anche i cartellonisti di professione: un esempio Dubonnet di Cassandre (1932)

«l’influenza dello stile futurista in tutte le applicazioni e creazioni pubblicitarie è evidente, decisiva, categorica - / io stesso mi vedo ad ogni angolo di strada, ad ogni spazio riservato alla pubblicità, più o meno plagiato o derubato, con più o meno intelligenza, con più o meno gusto - / i miei vivaci colori, il mio stile cristallino e meccanico, la mia flora, fauna e umanità metallica, geometrica e fantastica è molto imitata e sfruttata» (Depero, Numero unico futurista Campari)

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Dal Bauhaus…

Ordine, “economia dell’espressione” (Moholy-Nagy), chiarezza.

Meno è meglio. Reazione all’horror vacui e alla violenza coloristica della precedente pubblicità.

Max Burchartz e Werberbau, prospetto per aspiratore Orion, 1924 Robert Michel, Pubblicità murale per la compagnia petrolifera Dapolin, Francoforte 1926-1927

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… allo stile Olivetti

In Italia le innovazioni del Bauhaus nel campo della grafica arrivano grazie alla mediazione della Studio Boggeri di Milano (dove lavorano Bob Noorda, Max Huber e Xanty Schawinsky). Troveranno un’esemplare realizzazione all’ufficio

pubblicità e propaganda della Olivetti che dalla fine degli anni trenta attira i migliori grafici e intellettuali del Paese.

Olivetti Lexicon, Marcello Nizzoli 1949Giovanni Pintori, Olivetti Diaspron (1953)

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Altri esempi del nuovo gusto grafico in Italia, incoraggiato dalle influenze Bauhaus.Dino Villani “sprovincializza” l’immagine della Motta facendo realizzare manifesti ai grafici più

aggiornati: Sepo e Cassandre (1934)