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ilFRIULI BUSINESS 5 6 APRILE 2012 P erché non cominciamo a guardare al futuro in maniera discontinua dal passato? Perché non riu- sciamo a capire che possia- mo rimanere ancorati ad al- cuni valori, ma non a vecchi schemi fuori tempo, che non sono più sostenibili perché tutto attorno a noi è cambia- to? Propongo questa riflessio- ne sull’art.18 dello Statuto dei Lavoratori a partire dalla no- stra Costituzione: nell’art. 1 e nell’art. 35 si parla di una Re- pubblica fondata sul ‘lavoro’, non sul ‘posto di lavoro’. Non sta scritto da nessuna par- te, contrariamente a quanto qualcuno demagogicamente vuol farci credere, che il po- sto di lavoro è un diritto. Se il concetto è il lavoro, bisogna pensare a come preservare chi il lavoro lo può generare, ovvero le attività imprendito- riali quali imprese individua- li, artigianali, industriali e di servizio. SALIRE E SCENDERE Solo la sopravvivenza e la crescita di queste attività ga- rantirà nel tempo un numero adeguato di posti di lavoro. Come la gente di montagna sa, bisogna avere il giusto equipaggiamento e per sali- re, talvolta, bisogna scendere: anche le imprese, per stare sul mercato, talvolta devono cambiare il personale con altro che ha competenze di- Diritto al lavoro, non al posto fisso di ROBERTO SIAGRI sce alla durata finita dell’im- presa. Da studi fatti la vita media di un’impresa nazio- nale è di circa 13 anni, men- tre di una multinazionale di circa 45 anni; adesso forse si capisce perché parlavo di il- lusione del posto di lavoro per sempre: date le statistiche di vita media, ed essendovi più imprese nazionali che multi- nazionali, una persona dovrà cambiare impiego tra le tre e le quattro volte nella propria vita lavorativa. È molto pro- babile che la vita media si ri- duca ancora, portando anche al doppio i cambi di lavoro. SITUAZIONE PARADOSSALE La malsana, anche se in- dividualmente rassicurante, idea del congelamento del posto di lavoro, nata qualche decina d’anni fa, ha portato il Paese in questa situazione paradossale di crisi. Dico pa- radossale perché il nostro è un Paese con risorse umane incredibilmente valide, e non possiamo metterle in semi- letargo come gli abitanti del- la mega-astronave Axiom del film Wall-E. I migliori non trovano lavoro perché i po- sti sono occupati dai difen- sori del posto fisso; chi ha la sfortuna di uscire dal lavoro a cinquant’anni fatica a rien- travi proprio perché il merca- to del lavoro è troppo chiuso. Non possiamo e non dobbia- mo guardare all’art.18 come a un ammortizzatore socia- le: questa visione significa snaturare l’impresa, perché non può sostituirsi al welfa- re; piuttosto, si faccia un serio discorso sugli ammortizzato- ri sociali. Sarebbe bello vede- re cambiare in meglio l’Italia dal giorno dopo la vera aboli- zione dell’art.18: i migliori co- mincerebbero a trovare più facilmente lavoro, i giovani bravi e gli over 50 non avreb- bero più da temere di essere senza esperienza o troppo vecchi e a tutti, se l’economia funziona, verrebbe data una possibilità. Diventeremmo immediatamente un Paese più ricco e più attrattivo, per- ché se riusciamo a impiegare i migliori, forse, si potranno assumere anche quelli che lo sono un po’ di meno; il con- trario non funziona. SVOLTA A PORTATA DI MANO Talvolta basta poco per cambiare un Paese, basta ‘aiutare’ le persone a pensare un po’ di più ai doveri e un po’ di meno ai diritti, ai quali ci pensa già lo Stato democrati- co: tutti si metterebbero a fare un po’ di più, con un aumento della produttività e anche del- la convinzione che il futuro è nelle proprie mani. Sì, forse così potremmo rifare l’Italia. In altre parole, la mia lettura della Costituzione è che l’Ita- lia non può garantire un posto di lavoro per sempre, ma può e deve fare tutto quello che può affinché i cittadini volen- terosi siano sempre in grado di trovare un posto di lavoro. verse, o per crescere devono passare per una decrescita e riduzione di organico. Se non si agevola il processo di entrata, ma soprattutto di uscita da uno specifico posto di lavoro, allora il risultato è che nel medio periodo si perderanno ancora più posti di lavoro. Difesa del lavoro, quindi, non del posto di lavo- ro. Veniamo allora all’art. 18 su cui si basa il lavoro a tem- po indeterminato o, peggio, l’illusione di un posto di lavo- ro per sempre. Nella vita nor- male nulla è senza termine: anche le società, quando ven- gono costituite, nello statuto hanno l’anno di cessazione, dunque per correttezza an- drebbe almeno evidenziato che ‘indeterminato’ si riferi- Dobbiamo smettere di guardare all’articolo 18 come a un ammortizzatore sociale: l’impresa non può sostituirsi al welfare LA CASTA NASCOSTA L’ASSUNZIONE PER SEMPREÈ UNA CHIMERA: LA VITA MEDIA DI UNAZIENDA È DI 13 ANNI. LA COSTITUZIONE VA LETTA CON MAGGIORE CORRETTEZZA L’OPINIONE

Opinione: L’assunzione ‘per sempre’ è una chimera

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ilFRIULI BUSINESS 56 a p r i l e 2 0 1 2

Perché non cominciamo a guardare al futuro in maniera discontinua

dal passato? Perché non riu-sciamo a capire che possia-mo rimanere ancorati ad al-cuni valori, ma non a vecchi schemi fuori tempo, che non sono più sostenibili perché tutto attorno a noi è cambia-to? Propongo questa riflessio-ne sull’art.18 dello Statuto dei Lavoratori a partire dalla no-stra Costituzione: nell’art. 1 e nell’art. 35 si parla di una Re-pubblica fondata sul ‘lavoro’, non sul ‘posto di lavoro’. Non sta scritto da nessuna par-te, contrariamente a quanto qualcuno demagogicamente vuol farci credere, che il po-sto di lavoro è un diritto. Se il concetto è il lavoro, bisogna pensare a come preservare chi il lavoro lo può generare, ovvero le attività imprendito-riali quali imprese individua-li, artigianali, industriali e di servizio.

salire e scendere

Solo la sopravvivenza e la crescita di queste attività ga-rantirà nel tempo un numero adeguato di posti di lavoro. Come la gente di montagna sa, bisogna avere il giusto equipaggiamento e per sali-re, talvolta, bisogna scendere: anche le imprese, per stare sul mercato, talvolta devono cambiare il personale con altro che ha competenze di-

Diritto al lavoro, non al posto fissodi roberto siagri sce alla durata finita dell’im-

presa. Da studi fatti la vita media di un’impresa nazio-nale è di circa 13 anni, men-tre di una multinazionale di circa 45 anni; adesso forse si capisce perché parlavo di il-lusione del posto di lavoro per sempre: date le statistiche di vita media, ed essendovi più imprese nazionali che multi-nazionali, una persona dovrà cambiare impiego tra le tre e le quattro volte nella propria vita lavorativa. È molto pro-babile che la vita media si ri-duca ancora, portando anche al doppio i cambi di lavoro.

situazione paradossale

La malsana, anche se in-dividualmente rassicurante, idea del congelamento del posto di lavoro, nata qualche decina d’anni fa, ha portato il Paese in questa situazione paradossale di crisi. Dico pa-radossale perché il nostro è un Paese con risorse umane incredibilmente valide, e non possiamo metterle in semi-letargo come gli abitanti del-la mega-astronave Axiom del film Wall-E. I migliori non trovano lavoro perché i po-sti sono occupati dai difen-sori del posto fisso; chi ha la sfortuna di uscire dal lavoro a cinquant’anni fatica a rien-travi proprio perché il merca-to del lavoro è troppo chiuso. Non possiamo e non dobbia-mo guardare all’art.18 come a un ammortizzatore socia-le: questa visione significa

snaturare l’impresa, perché non può sostituirsi al welfa-re; piuttosto, si faccia un serio discorso sugli ammortizzato-ri sociali. Sarebbe bello vede-re cambiare in meglio l’Italia dal giorno dopo la vera aboli-zione dell’art.18: i migliori co-mincerebbero a trovare più facilmente lavoro, i giovani bravi e gli over 50 non avreb-bero più da temere di essere senza esperienza o troppo vecchi e a tutti, se l’economia funziona, verrebbe data una possibilità. Diventeremmo immediatamente un Paese più ricco e più attrattivo, per-ché se riusciamo a impiegare i migliori, forse, si potranno assumere anche quelli che lo sono un po’ di meno; il con-trario non funziona.

svolta a portata di mano

Talvolta basta poco per cambiare un Paese, basta ‘aiutare’ le persone a pensare un po’ di più ai doveri e un po’ di meno ai diritti, ai quali ci pensa già lo Stato democrati-co: tutti si metterebbero a fare un po’ di più, con un aumento della produttività e anche del-la convinzione che il futuro è nelle proprie mani. Sì, forse così potremmo rifare l’Italia. In altre parole, la mia lettura della Costituzione è che l’Ita-lia non può garantire un posto di lavoro per sempre, ma può e deve fare tutto quello che può affinché i cittadini volen-terosi siano sempre in grado di trovare un posto di lavoro.

verse, o per crescere devono passare per una decrescita e riduzione di organico. Se non si agevola il processo di entrata, ma soprattutto di uscita da uno specifico posto di lavoro, allora il risultato è che nel medio periodo si perderanno ancora più posti di lavoro. Difesa del lavoro, quindi, non del posto di lavo-ro. Veniamo allora all’art. 18 su cui si basa il lavoro a tem-po indeterminato o, peggio, l’illusione di un posto di lavo-ro per sempre. Nella vita nor-male nulla è senza termine: anche le società, quando ven-gono costituite, nello statuto hanno l’anno di cessazione, dunque per correttezza an-drebbe almeno evidenziato che ‘indeterminato’ si riferi-

Dobbiamo smettere di guardare all’articolo 18 come a un ammortizzatore sociale: l’impresa non può sostituirsi al welfare

La casta nascosta L’assunzione ‘per sempre’ è una chimera: La vita media di un’azienda è di 13 anni. La costituzione va Letta con maggiore correttezza

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