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©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 12 4. IDRODINAMICA L'idrodinamica studia il moto dei liquidi. Si supponga una massa liquida che si muove entro un conduttore: quando una particella si sposta dalla posizione occupata al suo posto subentra subito quella che la segue, per cui la traiettoria descritta risulta materializzata da una successione continua di particelle che costituiscono un filetto fluido. Un fascio di filetti costituisce una corrente. Sezione trasversale di una corrente è la superficie che taglia perpendicolarmente tutti i filetti liquidi: quando i filetti sono paralleli la sezione risulterà piana. La portata è il volume di liquido che attraversa una data sezione nell'unità di tempo. I liquidi perfetti, ossia senza viscosità, non risentono durante il moto di resistenze di attrito al loro interno e alle pareti con le quali si trovano in contatto. L'acqua è un liquido reale anche se non risente di elevate resistenze durante il moto; essa si comporta in modo prossimo a quello di un liquido perfetto: tutte le volte che, come appunto nel caso dell'acqua, si possono ritenere piccole le resistenze di attrito, i liquidi si considerano come perfetti salvo poi tenere conto della semplificazione fatta con opportuni coefficienti correttivi sperimentali. Un'altra classificazione del moto tiene conto delle resistenze. Si chiama lento o laminare, o di Poiseuille, il moto di un liquido in cui le resistenze sono proporzionali alla velocità: V =τ con τ resistenza specifica riportata ad unità di superficie di contatto fra liquido e parete (si verifica quando le velocità sono molto piccole come nei mezzi filtranti delle falde acquifere sotterranee). Si chiama turbolento o di Venturi, il moto di un liquido in cui le resistenze variano col quadrato della velocità (τ = β V 2 ) ed i cui i valori puntuali di velocità oscillano intorno ad un valore medio: questo ultimo è il caso più comune di moto. La distinzione tra questi due tipi di moto è legata al numero di Reynolds (Re)della corrente. Alcuni principi e leggi fondamentali dell’idrodinamica sono: 1. Teorema di Bernoulli (valido per i fluidi) 2. Legge di Leonardo e Castelli o di conservazione della portata 3. Principio di conservazione della quantità di moto 4.1. Teorema di Bernoulli L’enunciato del teorema è il seguente:“Per un fluido perfetto e incomprimibile, in moto permanente, è costante in tutte le sezioni di un filetto la somma dell’altezza geometrica, dell’altezza piezometrica e dell’altezza cinematica”. (15) k g v p z = + + 2 γ 2

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©Dispense del corso di "Ingegneria Forestale"-A.A. 2003-2004, I edizione, 19/02/2004. 12

4. IDRODINAMICA L'idrodinamica studia il moto dei liquidi. Si supponga una massa liquida che si muove entro un conduttore: quando una particella si sposta dalla posizione occupata al suo posto subentra subito quella che la segue, per cui la traiettoria descritta risulta materializzata da una successione continua di particelle che costituiscono un filetto fluido. Un fascio di filetti costituisce una corrente. Sezione trasversale di una corrente è la superficie che taglia perpendicolarmente tutti i filetti liquidi: quando i filetti sono paralleli la sezione risulterà piana. La portata è il volume di liquido che attraversa una data sezione nell'unità di tempo. I liquidi perfetti, ossia senza viscosità, non risentono durante il moto di resistenze di attrito al loro interno e alle pareti con le quali si trovano in contatto. L'acqua è un liquido reale anche se non risente di elevate resistenze durante il moto; essa si comporta in modo prossimo a quello di un liquido perfetto: tutte le volte che, come appunto nel caso dell'acqua, si possono ritenere piccole le resistenze di attrito, i liquidi si considerano come perfetti salvo poi tenere conto della semplificazione fatta con opportuni coefficienti correttivi sperimentali. Un'altra classificazione del moto tiene conto delle resistenze. Si chiama lento o laminare, o di Poiseuille, il moto di un liquido in cui le resistenze sono proporzionali alla velocità: V=∝τ con τ resistenza specifica riportata ad unità di superficie di contatto fra liquido e parete (si verifica quando le velocità sono molto piccole come nei mezzi filtranti delle falde acquifere sotterranee). Si chiama turbolento o di Venturi, il moto di un liquido in cui le resistenze variano col quadrato della velocità (τ = β V2) ed i cui i valori puntuali di velocità oscillano intorno ad un valore medio: questo ultimo è il caso più comune di moto. La distinzione tra questi due tipi di moto è legata al numero di Reynolds (Re)della corrente. Alcuni principi e leggi fondamentali dell’idrodinamica sono:

1. Teorema di Bernoulli (valido per i fluidi) 2. Legge di Leonardo e Castelli o di conservazione della portata 3. Principio di conservazione della quantità di moto

4.1. Teorema di Bernoulli L’enunciato del teorema è il seguente:“Per un fluido perfetto e incomprimibile, in moto permanente, è costante in tutte le sezioni di un filetto la somma dell’altezza geometrica, dell’altezza piezometrica e dell’altezza cinematica”.

(15) kg

vpz =++2γ

2

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Per la dimostrazione si consideri la Fig. 5 nella quale è riportato un tronco di filetto liquido (corrente di sezione infinitesima] che in un certo istante è limitato dalle sezioni i e 2 di area dA1 e dA2. In un tempo dt il tronco si sposterà dalla posizione 1-2 alla posizione 1’-2’ e per esso sarà valido il teorema delle forze vive: lavoro delle forze esterne = variazione di energia cinetica. Il lavoro delle pressioni, agenti sulle sezioni estreme, è dato da:

222111 dsdApdsdApLp −=

Fig. 5

il lavoro della gravità (Lg) si calcola osservando che il movimento del tronco considerato è equiparabile allo spostamento di volume dA ds in, dA 2 da2 (il liquido è incomprimibile):

)( 2111 zzdsdALg −∗= γ La variazione di energia cinetica del tronco si calcola con lo stesso criterio.: v1 e v2 sono le velocità del filetto rispettivamente nelle sezioni 1 e 2. Per il teorema delle forze vive si ha che:

EcLgLp ∆=−

e risolvendo si ottiene la (15). Il risultato ottenuto ha validità generale poiché è stato ottenuto applicando il ragionamento a due sezioni qualsiasi. Il termine z +p/γ rappresenta l’energia potenziale del filetto (z = energia di posizione rispetto ad un orizzontale di riferimento, p/γ = h = energia di pressione dovuta all’affondamento del filetto) che è esprimibile tramite una linea detta piezometrica, mentre il termine v2/2g rappresenta l’energia cinetica. I tre termini hanno le dimensioni di una lunghezza per cui l’energia meccanica può essere rappresentata come una linea costituita dai tre termini e prende il nome di linea dei carichi totali. Quanto detto è riportato graficamente nella Fig. 6

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Fig. 6

La validità del teorema di Bernoulli si può facilmente estendere dai filetti liquidi alle correnti. Oltre alle ipotesi poste in precedenza bisogna supporre che la sezione della corrente (forma e area) subisca variazioni graduali. Posta tale condizione, la somma z + p/γ è la stessa per tutti punti di una medesima sezione e si può scrivere:

(16) kg

VpZ =++2γ

2

Ove Z è la quota del baricentro della sezione in esame rispetto al piano di riferimento, p la pressione nel baricentro e V la velocità media. Il teorema di Bernoulli è stato dedotto dal teorema delle forze vive, il quale può a sua volta considerarsi discendere dal Principio di conservazione dell’energia. Soffermiamoci ancora sul significato energetico del teorema di Bernoulli. La quota Z che compare nelle formule (15) e (16) può essere interpretata come energia di posizione per unità di peso (infatti moltiplicando Z per un peso otteniamo un energia potenziale) la quota piezometrica p/γ è l’energia che l’unità di peso di liquido possiede per il fatto di trovarsi sottoposto alla pressione p. Se disponiamo un piezometro come in fig. 16, l’acqua vi si eleva di un altezza p/γ: all’annullarsi dell’energia di pressione corrisponde un uguale incremento dell’energia di posizione. L’altezza cinetica V2/2g rappresenta l’energia cinetica della stessa unità di peso. Nella Fig. 7 essa resta evidenziata da un tubo di Pitot.

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Fig. 7

In ultima analisi il trinomio che compare a primo membro delle (15)e (16) è l’energia dell’unità di peso di liquido posta alla quota Z soggetta alla pressione p è animata di velocità v o V. Le (15) e (16) affermano quindi nient’altro che il principio di conservazione dell’energia meccanica. E’semplice ora estendere il principio di Bernoulli ai liquidi reali. Abbiamo visto che alla viscosità è imputabile una dissipazione di energia meccanica in calore. Poiché il trinomio di Bernoulli è l’energia meccanica per unità di peso, è chiaro che, nel caso dei liquidi reali, il suo valore decresce nel senso del moto. Pertanto, considerate due sezioni 1 e 2, avremo:

(17) Yg

VPZg

VPZ +++=++2γ2γ

222

2

221

1

Y si chiama perdita di carico ed è la perdita d’energia meccanica subita dall’unità di peso di liquido durante il passaggio dalla sezione 1 alla sezione 2. In altre parole (Fig. 8) la linea dei carichi idraulici (retta od orizzontale nell’ipotesi di liquido perfetto (Fig. 7) è sempre decrescente nel senso del moto.

Fig. 8

Nel caso particolare di moto uniforme V1 = V2 la (C) diventa:

γγ2

21

1PZPZ +=+

La piezometrica (luogo dei punti di quota Z + P/γ) presenta una distanza costante, lungo la verticale, dalla linea dei carichi idraulici e quindi è sempre decrescente (Fig. 9). La perdita di carico fra due sezioni è data dal corrispondente abbassamento della piezometrica.

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Fig. 9

4.2. Principio di conservazione della portata (Leonardo e Castelli) Si indichi con V1 e V2 (Fig. 10) la velocità (media) delle sezioni liquide di area A1 e A2 di una corrente (canale, condotta, corso d’acqua, ecc.) continua, in cui non si abbiano vuoti. Per la incomprimibilità dei liquidi, il volume descritto dalla sezione 1 nello spostamento durante un piccolo intervallo di tempo dt, è uguale a quello descritto dalla sezione 2:

A1ds1 = A2ds2

dividendo ambo i membri per dt, ed osservando che ds/dt = Vsi ha:

(18) 2211 VAVA =

cioè AV = cost

Fig. 10

“In una corrente continua in moto permanente la portata è costante in ogni sezione” ossia è costante il prodotto della velocità per l'area della sezione; ciò significa, in altri termini, che all’aumentare dell'area della sezione del conduttore diminuisce la velocità e viceversa.

4.3. Principio di Torricelli

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Consideriamo un recipiente (Fig. 11) contenente un liquido perfetto ed applichiamo il teorema di Bernoulli alla sezione 1 (pelo libero del recipiente) ed alla sezione 23 (apertura o bocca).

Fig. 11

Rispetto al centro dello orifizio il carico vale h e il carico dinamico vale V1

2/2g mentre nella sezione 2 il carico piezometrico vale h2 e quello dinamico vale V2

2/2g.

gVh

gVh

22

22

2

21

1 +=+

Trascurando la pressione atmosferica che agisce su entrambe le sezioni con valore uguale (essendo h piccolo rispetto al gradiente barico) e considerando che il volume del serbatoio sia molto grande rispetto alla portata defluente (livello superiore costante) e che quindi l’acqua nel serbatoio sia in quiete, si ottiene:

(19) 12 2ghV =

che rappresenta il teorema di Torricelli (si chiama così perché enunciato dallo omonimo scienziato italiano prima che Bernoulli esprimesse il principio della conservazione dell’energia meccanica per i fluidi). Il termine h (Fig. 11) è detto carico idraulico, g è l'accelerazione di gravità (9,81 m/s2). La velocità acquistata dal liquido è uguale alla velocità assunta da un grave che cada nel vuoto da un’altezza pari a quella del carico idraulico.

4.4. Principio di conservazione della quantità di moto Si tratta di una relazione globale cioè non applicabile al singolo filetto fluido ma alla corrente nel suo insieme. Dal teorema dell’impulso in meccanica si ha che il “prodotto della risultante delle forze esterne per l’intervallo di tempo nel quale l’azione si esplica è uguale alla variazione della quantità di moto”:

( )∑ = mVdFdt

3 Vedremo meglio in seguito che se il liquido non è perfetto il teorema di Bernoulli è ancora applicabile a patto di considerare come sezione 2 quella “contratta” (è quella sezione nella quale i filetti fluidi tornano rettilinei e paralleli dopo la chiamata allo sbocco ed è caratterizzata dalla minima area della vena).

1

2

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Si consideri una corrente a portata costante (Fig. 10), fluente in un condotto, e si prendano in esame due sezioni qualsiasi, 1 e 2 di aree rispettivamente A1 e A2. Nella condotta si ha che per una massa m1, e quindi un volume V1 (essendo il liquido incomprimibile), spostatasi nell’intervallo infinitesimo dt, un analoga massa m2 si sposta lungo la corrente.

dsAVmdsAVm ∗===∗== 222111 ρρρρ e la variazione della quantità di moto (q)(da non confondere con la portata unitaria che vedremo in seguito), vale:

212212 ρρ VdsAVdsAqq ∗∗−∗∗∗=− dove V indica la velocità media. Essendo in generale ds/dt = V e AV = Q si può scrivere:

(20) ( )12 ρ VVQF −=∑

Le forze esterne applicate sono rappresentate in questo caso dalle spinte che agiscono sulle sezioni A1 e A2, dal peso proprio del fluido e dalla resistenza al moto offerta dalle pareti del condotto.

4.5. Idraulica delle correnti a pelo libero Nell’idraulica fluviale si studia un particolare flusso di acqua che viene detto corrente a pelo libero poiché una parte del perimetro della sezione liquida si trova a contatto con l’aria. La distinzione rispetto alle correnti in pressione è necessaria poiché le leggi che regolano il moto presentano peculiarità diverse. Gli elementi caratterizzanti una corrente a pelo libero si ricavano tracciando una sezione trasversale della corrente ed un profilo longitudinale della stessa (Fig. 12).

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Fig. 12, schema di sezione trasversale e profilo longitudinale di una corrente

Fig. 13, esempio di sezione trasversale

Fig. 14, esempio di profilo longitudinale con evidenziata la posizione delle opere in alveo

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Se la superficie laterale è determinata dal moto di una retta generatrice lungo una linea direttrice (rettangolare, trapezia, mistilinea) si parla di alveo cilindrico. La quota raggiunta dall’acqua rispetto al fondo viene detta tirante idrico h e la superficie occupata dall’acqua costituisce la sezione bagnata che è quindi una funzione di h: A = f(h). Ad ogni sezione bagnata corrisponde un preciso contorno o perimetro bagnato (P) anche esso quindi funzione del tirante idrico come del resto anche la parte libera del perimetro della sezione, quella cioè a contatto con l'aria (b). Il profilo longitudinale dell’insieme alveo - corrente identifica due linee:

• La linea del fondo, caratterizzata da una pendenza i e che costituisce la causa motrice della corrente

• La linea libera o profilo liquido che rappresenta i valori del tirante idrico nelle diverse sezioni.

Lo studio delle correnti a pelo libero si basa su due ipotesi fondamentali:

1. Condizioni di linearità della corrente, cioè le singole traiettorie delle particelle di acqua si possono considerare rettilinee e parallele e ne consegue che le sezioni trasversali possono essere considerate piane e con distribuzione idrostatica delle pressioni.

2. La pendenza della linea di fondo è molto piccola per cui le sezioni trasversali possono considerarsi verticali (in ogni sezione trasversale è costante la somma z + p/γ).

La seconda ipotesi permette di riferire l'altezza idrica alla verticale su un punto, considerata quindi coincidente con la normale al punto stesso. Con il verificarsi della condizione 2 si ha che le traiettorie interne alla sezione condividono la stessa linea piezometrica che coincide quindi con il profilo longitudinale del pelo libero. Si può allora definire il profilo liquido come linea piezometrica della corrente. Considerandone anche le caratteristiche energetiche, la corrente a pelo libero risulta caratterizzata da tre linee:

1. la linea del fondo a pendenza i 2. la linea piezometrica caratterizzata dalla cadente J (abbassamento della piezometrica per

unità di lunghezza orizzontale) 3. linea dei carichi totali (o linea dell’energia) e rispettiva cadente λ (pendenza della linea

dell’energia o pendenza motrice) Dalle definizioni di cui sopra e ponendo zf quota generica di un punto rispetto all'orizzontale di riferimento, h carico piezometrico, H carico totale (nelle due componenti: potenziale e cinetica) si ha:

(21) ds

dzi f−=

dsdhj −=

dsdH

−=λ

Lo studio delle correnti viene condotto in maniera monodimensionale, cioè la posizione di ogni sezione è identificata unicamente dalla sua distanza (s) da una prefissata origine misurata sul fondo (quasi coincidente con l’orizzontale per l’ipotesi di modesta pendenza fatta in precedenza). Definiamo:

v = velocità media del singola particella d'acqua e quindi del filetto fluido V = velocità media della corrente nella sezione

La v identifica una media temporale del valore reale e attuale di v rispetto ad un intervallo temporale, sufficientemente ampio da comprendere le fluttuazione del valore assoluto dovute alla

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turbolenza del moto, ma sufficientemente piccolo da escludere le variazioni dovute alla non stazionarietà del moto. V identifica invece una media (spaziale) ponderata, sulla sezione stessa, dei valori puntuali di v all'interno della sezione e rappresenta la velocità che tutti i filetti fluidi dovrebbero avere per fornire la portata data con la sezione data.

∫Α

= vdAA

V 1

(22) AQV =

La (21) afferma che le variazioni dei suddetti parametri sono esclusivamente funzione della posizione s (ascissa curvilinea) della sezione rispetto ad una fissata origine. Gli stessi parametri caratteristici della corrente possono variare però anche nel tempo. La prima condizione (esclusiva dipendenza da s e costanza nel tempo) è caratteristica del moto permanente detto anche stazionario mentre la seconda è propria del moto gradualmente vario. A queste denominazioni andrebbe aggiunto il termine "mediamente" ad indicare valori medi temporali riferiti ad intervalli come definiti sopra per v. Come particolare caso del moto permanente risulta importante il moto uniforme nel quale le caratteristiche della corrente sono indipendenti dalla ascissa curvilinea s. Ricapitolando abbiamo: moto vario: moto permanente: moto uniforme: dove si è indicato con G una generica caratteristica della corrente, con s la posizione della sezione nella quale G si verifica e con t il tempo. Considerando al posto di G la portata (Q) nel moto permanente, si ha:

(23) ue qqsQ

−=∂∂

dove qe e la portata entrante per unita di percorso e qu quella uscente. Se queste ultime sono entrambe nulle si verifica la costanza della portata per cui vale il principio di Leonardo e Castelli. Come esempio per i tre tipi si può citare nell’ordine:

• moto della corrente in un fiume in occasione del passaggio di un onda di piena, o in un canale in cui sia stata aperta una paratia e non si sia ancora stabilizzato il tirante idrico lungo tutto il canale.

• comportamento della corrente dello stesso canale in presenza di una variazione della sezione o di un ostacolo

• moto di una corrente in un canale a sezione costante

( )t,sfG =

( )sfG =

tetancosG =

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v

Dalle rispettive definizioni si ricavano gli andamenti del profilo liquido. Nel moto permanente si capisce che la linea piezometrica può essere ascendente o discendente in quanto, essendo costante la portata ma non le sezioni idriche con i rispettivi tiranti, saranno diversi i valori di velocità. Viceversa il moto uniforme, contemplando la costanza di portata e velocità, sarà caratterizzato da sezioni idriche e tiranti idrici costanti e quindi dalla linea piezometrica e del carico totale parallele al fondo (i = j = λ). Il moto vario ha linea piezometrica ad andamento variabile in funzione della variazione di portata ed è caratterizzato da un onda di traslazione che si propaga a monte o a valle. Come già detto (cfr. 4.1), per tutti i tipi di moto la linea dell’energia è discendente in quanto il moto stesso avviene a spese dell’energia potenziale dell’acqua. Poiché l’acqua non è un fluido perfetto gli attriti fanno si che non si possa avere moto uniformemente accelerato ma a velocità costante. Si è gia accennato al concetto di velocità media di una corrente e come questa rappresenti la velocità che dovrebbero avere tutti i filetti fluidi per fornire una data portata con una data sezione bagnata. In realtà le correnti a pelo libero sono caratterizzate da un gradiente di velocità dal fondo alla superficie e uno dalle sponde al centro. Le linee che uniscono punti della sezione caratterizzati da valori uguali di velocità sono dette isotachie.

Fig. 15, Distribuzione della velocità della corrente in alveo Il profilo dell'andamento delle velocità si differenzia a seconda del tipo di moto considerato. Per il moto laminare (cfr. 4) esso è di tipo parabolico mentre con moto turbolento (cioè tipo di moto nel quale bisogna sostituire al valore puntuale della velocità quello mediato in un intervallo di tempo) è di tipo logaritmico. Entrambe le forme prevedono un massimo in superficie. Qualora il rapporto tra la larghezza b della sezione ed il tirante idrico h sia < di 7 il massimo valore di v si verifica poco al di sotto della superficie ed assume l’aspetto della Fig. 15 . La distribuzione delle velocità su una sezione trasversale è di tipo parabolico con il massimo nel mezzo (Fig. 15). La porzione di corrente di massima velocità, si chiama filone. Il gradiente della velocità deriva dall'attrito lungo il contorno bagnato, dove si verifica, sul materiale a contatto, l'azione (sforzo) tangenziale della corrente che, come si vedrà in seguito, può determinare (a seconda della velocità media dell'acqua e della resistenza del materiale costituente l'alveo).

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4.6. Il moto uniforme Si tratta in realtà di un tipo di moto raro in natura (almeno nella sua accezione rigorosa) ma importante nella sistemazione idraulica del territorio. Tale moto infatti, è quello caratteristico dei canali artificiali e, seppur non rigorosamente rispettato, del corso pianeggiante dei fiumi (almeno per tratti non troppo lunghi). In Idraulica si chiama “canale” un conduttore d’acqua a pelo libero, ossia con la superficie a contatto con l’atmosfera, di caratteristiche geometriche e fisiche costanti. In genere ci si riferisce ad un conduttore artificiale, ma quando siano verificate determinate condizioni (andamento planimetrico rettilineo, sezione costante, pendenza uniforme e costante natura delle sponde e del fondo) anche un alveo naturale si considera equivalente ad un canale. Nei canali il moto è sempre turbolento e quindi le resistenze dipendono dal quadrato della velocità della corrente (τ = β V2); alle resistenze incontrate sulle sponde e sul fondo debbono aggiungersi quelle interne al liquido che, per semplicità, si riportano alle superfici al contorno e quindi rientrano nell’espressione precedente. Come già detto in questo tipo di moto si ha i = j = λ.

β

Fig. 16, canale a sezione trapezia con h = tirante idrico, b = base, n = tgβ = scarpa

I. Formula di Chézy. I canali artificiali sono caratterizzati da una sezione geometrica trasversale di forma regolare (rettangolare, trapezia ecc.) che si mantiene inalterata, anche nelle dimensioni, per lunghi tratti. Le correnti in moto negli alvei naturali non sono mai rigorosamente uniformi. Esse vengono trattate come uniformi perché, specie nei fiumi, si riscontrano frequentemente tronchi anche abbastanza lunghi, in cui la pendenza del pelo libero, la sezione idrica e la velocità sono soggette a variazioni trascurabili. In condizioni di moto uniforme la legge di resistenza è espressa dall’equazione di Chèzy ricavata mediante un bilancio tra la componente del peso proprio parallela alla direzione del moto e la risultante delle forze tangenziali di attrito che si verificano al contatto acqua - sponde:

(24) gRiC V0 = [ 1−⋅ sm ]

dove:

C = coefficiente adimensionale di Chezy definito come il rapporto tra la velocità media (V) e la

velocità al fondo V*:

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(25) ∗

=VVC

dove (Fig. 12) :

R o r = A/P = raggio idraulico o medio [m]

A = area della sezione liquida [m2]

P = contorno bagnato[m];

i = tgα = pendenza del fondo dell’alveo

α = inclinazione dell’alveo rispetto al piano orizzontale di riferimento [°].

La velocità al fondo è uguale a:

(26) ρτ

=∗0 V

dove τ0 (tensione tangenziale):

(27) Ri 0 γ=τ

La formula più corretta per il calcolo di C è quella di Colebrook che considera il numero di Reynolds (Re), R, un coefficiente di forma per la sezione f, la scabrezza omogenea equivalente ε. Tale formula può essere espressa in maniera semplificata nella forma esponenziale detta di Gauckler - Strickler:

(28) ( )g

fRksg

C6

1

=

χ = coefficiente dimensionale di Chèzy [ 121

−⋅ sm ], correlato alla scabrezza dell’alveo;

Considerando la (25) e la (28) si può scrivere:

(29) Ri V0 χ=

La (29) rappresenta la forma più usata dell'espressione del moto uniforme e ad essa si farà riferimento nel proseguo. Il coefficiente dimensionale di Chèzy ( χ ) si ricava tramite le seguenti formule che possono essere impiegate alternativamente: secondo Bazin:

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(30)

r

χγ

+=

1

87

secondo Kutter:

(31)

r

m+

=χ1

100

secondo Gauckler-Strickler4:

(32)

= 61

rkχ

secondo Manning:

(17)

= 611 r

dove

γ, m, k, sono i rispettivi coefficienti di scabrezza (vedi Tabella 1,Tabella 2).

I valori di questi coefficienti, in relazione al tipo e allo stato delle sponde e del fondo, sono tabulati nei manuali professionali e allegati in seguito. Le formule indicate sono da ritenersi sostanzialmente equivalenti e la scelta su una o sull’altra deve essere condotta ricercando il coefficiente di scabrezza che più si adatta alla situazione reale. Tutte le formule riportate, infatti, sono abbastanza sensibili alla scelta del coefficiente di scabrezza. L’espressione di Manning (17), è un altro modo di indicare la formula di Strickler in ambiente

anglosassone. Si evidenzia infatti che k

n 1= .

Molto interessante è l’espressione di Strickler, perché introducendola in quella di Chèzy si ottiene un’espressione monomia di facile impiego:

= 21

32

0 irkV

4 Il segno davanti all’esponente non è un meno ma è riferito ad r (raggio idraulico)

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Tipo di canale

Bazin

γ (m1/2)

Kutter

m (m1/2) Pareti di cemento perfettamente lisciato. Pareti di legno piallato. Pareti metalliche, senza risalti nei giunti.

0.06

0.12

Stessi materiali ma in presenza di curve. 0.10 0.18 Pareti di cemento non perfettamente lisciato. Muratura di mattoni molto regolare. Pareti metalliche con chiodatura ordinaria.

0.16

0.20-0.25

Pareti di cemento in non perfette condizioni. Muratura ordinaria più o meno accurata. Pareti di legno grezzo eventualmente con fessure.

0.23-0.36

0.35-0.55

Pareti di cemento solo in parte intonacate. Muratura irregolare o di pietrame. Terra regolarissima senza vegetazione.

0.46

0.55-0.75

Terra abbastanza regolare. Muratura vecchia, in condizioni non buone, con depositi di limo al fondo. 0.60-0.85 0.75-1.25

Terra con erba sul fondo. Corsi d’acqua naturali regolari. 1.30 1.50

Terra in cattive condizioni. Corsi d’acqua naturali con ciottoli e ghiaia. 1.75 2.00 Canali in abbandono con grande vegetazione. Corsi d’acqua con alveo in ghiaia e movimento di materiale sul fondo oppure scavati in roccia con sporgenze.

2.00-2.30

3.00

Tabella 1, valori dei coefficienti di scabrezza di Bazin e Kutter.

Tipo di canale massimo normale minimo

Canali artificiali Canali in terra lisciata e uniforme Pulita, scavata di recente Pulita, dopo prolungata esposizione Ghiaia, sezione uniforme, pulita Erba corta, pochi cespugli

62 56 45 45

56 45 40 37

50 40 33 30

Canali in terra con ondulazioni o irregolari Senza vegetazione Con erba e pochi cespugli Cespugli o piante acquatiche in canali profondi fondo in terra e sponde in pietrisco fondo in pietrame e sponde in cespugli fondo in ciottoli e sponde pulite

43 40 33 36 40 33

40 33 29 33 29 25

3 30 25 29 25 20

Canali scavati o dragati Senza vegetazione Cespugli sparsi sulle sponde

40 29

36 20

30 17

Canali in roccia lisci e uniformi frastagliati e irregolari

40 29

29 25

25 20

Canali senza manutenzione, sterpaglia e cespugli Sterpaglia densa, alta quanto il tirante idrico Fondo pulito, cespugli sulle sponde Fondo pulito, cespugli sulle sponde, in piena cespugli densi e acque profonde

20 25 22 12

12 20 14 10

8 12 9 7

Corsi d’acqua naturali

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Corsi d’acqua minori (tirante inferiore a 3.5 m) Corsi d’acqua di pianura Puliti, rettilinei, in piena senza scavi localizzati Puliti, rettilinei, in piena senza scavi localizzati, con sassi e sterpaglia Puliti, ondulati, con alcune buche e banchi Puliti, ondulati, con alcune buche e banchi, con cespugli e pietre Puliti, ondulati, con alcune buche e banchi,in magra Puliti, ondulati, con alcune buche e banchi, con cespugli e più pietrame Tratti lenti, sterpaglia e buche profondeTratti molto erbosi, buche profonde e grossi arbusti e cespugli

40 33 30 29 25 22

33 29 25 22 21 20

30 35 22 20 18 17

Corsi d’acqua montani, senza vegetazione in alveo, sponde ripide, alberi e cespugli lungo le sponde sommergibili durante le piene

Fondo: ghiaia, ciottoli e massi sparsiFondo: ciottoli e massi grossi

33 25

25 20

20 14

Tabella 2, valori del coefficiente di scabrezza di Strickler Si può dunque osservare che, in condizioni di moto uniforme, la velocità media (V0

5) è legata alle caratteristiche dell’alveo (pendenza, scabrezza, forma della sezione trasversale) e della corrente (altezza idrica (h0), area della sezione liquida (A), raggio idraulico R). Un discorso a parte merita il calcolo di P e A per sezioni composte o con scabrezza differente lungo il perimetro bagnato. Nel caso delle sezioni composte, il calcolo normale di P comporta che, al passaggio dalla sezione incisa a quella larga, si hanno piccolissime variazioni di A e notevole aumento di P con complessiva riduzione della portata. Poiché questo è un fatto puramente matematico ma non rispecchia l'andamento reale del fenomeno, (che mostra un aumento di portata), si è soliti suddividere la sezione totale in sottosezioni o sezioni parziali, delle quali si calcolano i parametri Pi e Ai escludendo dal computo di Pi le linee di confine tra le sezioni (quelle tratteggiate). Si effettua quindi la somma dei contributi parziali. La suddivisione rigorosa dell'area totale in sottosezioni dovrebbe avvenire con linee separanti zone tra le quali è nulla la forza tangenziale, ma essendo questa suddivisione non priva di problematiche, nella pratica si divide la sezione (con un errore trascurabile) come indicato in Fig. 17.

Fig. 17, sezione composta (alveo inciso più golene e argini)

5 Il pedice 0 identifica di solito (e anche nel presente testo) i valori di una grandezza idraulica relativa al moto uniforme.

argine dx

alveo inciso

golena dx

argine sx

golena sx

livello di piena

livello di magra

sezioni parziali

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Per sezioni a scabrezza disomogenea nel contorno bagnato, il calcolo di ks equivalente può avvenire mediante una media ponderata:

PP

PP

m2

21

1 χ+χ=χ

oppure in modo più rigoroso con Gauckler - Strickler (ipotizzando che la velocità media sia la stessa su tutte le sottosezioni) :

32

1 23

=

∑=

N

i i

i

k

p

Pk

I due problemi illustrati sopra possono manifestarsi contemporaneamente in sezioni composte con scabrezza differente (es. alveo inciso libero da vegetazione e golene con vegetazione arborea). La soluzione consiste nello scomporre in sottosezioni, calcolare P, A applicando a ciascuna il coefficiente di scabrezza che le compete, sommando infine le singole portate.

(33) 32

1

32

1iRkAQQ

N

iiii

N

ii ∑∑

==

==

4.7. Problemi sui canali Unitamente alla relazione Q = A V, la formula di Chèzy permette di risolvere i diversi problemi che si presentano nel campo dei canali o degli alvei. Ad esempio: rilevata con i metodi topografici la sezione e la pendenza di un canale (o di alveo sufficientemente regolare) ed assunto il coefficiente di scabrezza del caso, calcolati R e χ si ricava la portata:

(34) RiA Q χ=

L’equazione (34) si presta alla risoluzione di una categoria di problemi, denominati di verifica, che consistono nel controllare il funzionamento idraulico di un assegnato canale:

1) Data la forma e le dimensioni della sezione trasversale di un alveo di nota scabrezza e pendenza i, determinare il valore della portata Q corrispondente ad un assegnato valore del tirante idrico di moto uniforme h0.

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2) Data la forma e le dimensioni della sezione trasversale di un alveo di nota scabrezza e pendenza i, determinare il valore di h0 relativo alla corrente di moto uniforme di nota portata Q.

La risoluzione del problema di verifica tipo 1) necessita il ricorso alla (34) specificando la particolare sezione geometrica dell’alveo (di solito rettangolare o trapezia ma anche semicircolare) e il coefficiente di Chèzy in relazione all’indice di scabrezza adottato. Per esempio, nel caso di sezione rettangolare ed utilizzando la formula di Bazin, la (34) si scrive:

(35) ihb

bh

hbbh

bhQ2

2

1

87+

+

γ+

=

L’alveo si dice rettangolare molto largo quando la quantità 2h può essere trascurata rispetto alla larghezza L. In altri termini, il contorno bagnato si assimila alla larghezza L della sezione dato che la resistenza al moto causata dalle pareti può essere trascurata rispetto a quella imputabile al fondo. Per un alveo rettangolare molto largo il raggio idraulico coincide con il tirante idrico e la (35) assume la seguente forma:

(36) hi

h

bhQγ

+=

1

87

L’impiego del coefficiente k di Strickler conduce, sempre nel caso di alveo rettangolare molto largo, alla seguente espressione della (34):

(37) 21

35

21

32

ibkhibhkhQ ==

Per la risoluzione del problema di verifica 2) deve essere utilizzata ancora l’equazione (34) che non può essere però esplicitata rispetto al tirante idrico di moto uniforme h0 dato che questa ultima variabile compare simultaneamente, in forma non semplice, nella sezione idrica, nel coefficiente di Chèzy e nel raggio idraulico. Si può procedere per tentativi, ricercando il valore di h che consente di calcolare mediante la (34) il valore di Q noto, oppure costruire nel piano cartesiano (Q; h) il grafico della funzione espressa dalla (34). In questo ultimo caso il suddetto grafico si costruisce per punti assegnando i valori di h e ricavando i corrispondenti valori di Q; congiungendo i punti rappresentati dalle coppie (Q, h) si ottiene una curva denominata scala delle portate di moto uniforme o scala di deflusso6. Per determinare il tirante idrico di moto uniforme corrispondente alla portata nota, si usa in senso inverso la scala così tracciata; si individua sull’asse delle ascisse il valore di portata richiesto e si ricerca sulla curva il corrispondente valore del tirante idrico. 6 Il termine scala di deflusso è preferibilmente usato per indicare la relazione (Q; h) in un a sezione fluviale reale dotata di idrometro

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Es. Sia da dimensionare un canale in terra (con sponde con erba e pochi cespugli) del quale sia nota la portata da smaltire, la pendenza, la scarpa7, la base minore (b). Consultando la Tabella 2 possiamo completare la Tabella 3

Q = 33 m3s-1

i 2% n = 3:2 k 37 b = 4 m

Tabella 3

h = 0,16Q 0,58

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

1,2

1,4

0 5 10 15 20 25 30 35 40Q [m3s-1]

h [m

]

Grafico 1, scala della portate di moto uniforme relativa all’esempio

Si vede chiaramente dalla curva che la verifica idraulica si ha con altezza pari a 1.2 m. A questa altezza andrà aggiunto un franco di 30 - 60 cm. Si noti vicino al grafico la relazione empirica (Q; h). Anche per il problema di progetto il ricorso all’equazione (34) rende il problema analiticamente indeterminato dato che il numero delle incognite è almeno pari a due (le due dimensioni della sezione). Si tratta di stabilire le dimensioni da assegnare alla sezione trasversale del canale affinché sia in grado di convogliare, per noti valori della pendenza e della scabrezza, la corrente di assegnata portata. L’indeterminatezza del problema di progetto può essere risolta utilizzando l’equazione (34), riscritta, per isolare le variabili note, nella seguente forma:

RχAi

Q=

e un’altra condizione suggerita da uno dei seguenti criteri di natura tecnica:

7 Nella pratica delle sistemazioni idrauliche la scarpa (n) indica il rapporto tra il cateto orizzontale e quello verticale di un triangolo rettangolo ossia la tangente dell'angolo formato dall'ipotenusa con la direzione verticale. La pendenza quindi (tangente dell'angolo d'inclinazione dell'ipotenusa rispetto all'orizzontale) è uguale a 1/n.

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1) Si fissa l’altezza h o la larghezza della sezione per l’esistenza di particolari vincoli pratici (profondità di scavo, compenso tra scavi e rientri, esistenza di particolari vincoli territoriali sulle fasce rivierasche, presenza d’insediamenti ecc.);

2) Si fissa la relazione tra le due dimensioni della sezione sulla base di considerazioni economiche (limitare gli espropri o la profondità di scavo, minima resistenza idraulica);

3) Si fissa il valore massimo della velocità media della corrente che si ritiene compatibile con il materiale presente in alveo.

Riguardo al punto 2 è opportuno spendere qualche parola circa il criterio della minima resistenza idraulica. Osservando la formula di Chezy si intuisce che esiste un valore di R che massimizza il valore della velocità. Essendo R = A/C è evidente che fissata A, questo cresce al diminuire di C. La figura che a parità di area minimizza il perimetro è la circonferenza e quindi nell’applicazione pratica la semicirconferenza. Per la altre figure la sezione di minima resistenza si ottiene derivando la funzione di C rispetto ad h ed annullandola. Per la sezione rettangolare si ottiene che la minima resistenza si verifica con h = b/2 (b = base del rettangolo); quella trapezia invece deve rispettare la condizione che la base maggiore valga 2 volte il lato inclinato. La sezione di minima resistenza è quindi quella sezione che a parità di superficie bagnata massimizza la velocità e quindi la portata. Nell’applicare il criterio della minima resistenza Nel caso 3 si ha infatti:

(38) aAVQ =

(39) 21

32

ikRVa =

che possono essere esplicitate in funzione della forma della sezione e messe a sistema. Una raccomandazione importante riguarda la scelta del coefficiente dimensionale di Chezy in sede di progetto. Poiché infatti la portata è abbastanza sensibile a questo parametro, la scelta deve optare per un valore dello stesso che rispecchi le caratteristiche del canale quali saranno a regime, dopo quindi un certo periodo di funzionamento e non quelle a canale "nuovo". Spesso la relazione biunivoca che lega le portate all'altezza idrica nel moto uniforme (vedi equazione della scala di deflusso) viene usata (ipotizzando formule monomie per la resistenza e assumendo che la relazione biunivoca Q - h persista in ogni tipo di moto) anche per il moto permanente o gradualmente variato esprimendola con una forma del tipo (cfr. Grafico 1):

(40) mkhQ =

spesso ricavate direttamente da misure sperimentali (es. sezioni con idrometro del Servizio Idrografico). Le costanti empiriche della formula, k, m, dipendono rispettivamente dalla pendenza media e scabrezza del tronco fluviale, e dalla geometria della sezione. m di solito è compreso tra 4/3 e 5/3 con valori più alti nelle sezioni con più alto rapporto larghezza/profondità.

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Nelle sezioni idrometriche spesso sa fa riferimento allo zero idrometrico (h0)(non necessariamente coincidente con la quota del fondo) e la relazione diventa:

( ) 201

ahhaQ −= con a1 e a2 costanti empiriche. Le relazioni empiriche vengono costruite misurando la velocità media della corrente in molti punti della sezione e attribuendovi un area di competenza, sommando quindi i contributi parziali della portata.

4.8. Caratteristiche energetiche in una sezione. Come già detto in precedenza il teorema di Bernoulli esprime per i fluidi perfetti il principio di conservazione dell’energia meccanica. L’energia meccanica rappresenta la somma dell’energia potenziale e di quella cinetica. Per un fluido l’energia potenziale è.

hz E fp += a sua volta distinta in una componente di quota zf e in una di pressione h che identificano nel complesso la linea piezometrica. Quella cinetica vale:

2gV E 2

c =

per cui:

(41) 2gV hz E 2

ft ++=

dove Et indica l’energia meccanica totale. Se si prende come quota di riferimento il fondo dell’alveo (zf = 0) si ha:

(42) )(22g

2

22

hgAQhVhe +=+=

dove e indica l’energia specifica.

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Per un fissato valore di Q ≥ 0 si può qualitativamente tracciare la e(h). Quando h tende a zero il secondo termine tende all’infinito. Viceversa, con h che tende all’infinito il secondo termine tende a zero. e quindi tenderà asintoticamente agli estremi rispettivamente ad infinito ed ad h.

Fig. 18, grafico della funzione e = f(h). (Ferro, 2002)

La funzione e(h) positiva per il suo significato positivo avrà un massimo per un certo valore di h. Annullando la derivata prima di e rispetto ad h si ha:

dhdA

gAQ

dhdE

3

2

1−=

Ma si riconosce facilmente che la dA /dh rappresenta la larghezza b (Fig. 19) della sezione liquida in sommità, la quale pure deve ritenersi funzione nota di h. Il minimo di E si ha dunque per quel valore di h per cui risulta:

(43) g

QbA 23

=

Questo particolare valore di h si indica tradizionalmente con la lettera k e si dice altezza critica.

Si può ora definire l'altezza critica come: altezza k di una corrente a pelo libero (gradualmente variata) di assegnata portata Q, per la quale risulta minima l’energia specifica e rispetto al fondo dell’alveo (Fig. 18).

Diremo conseguentemente stato critico della corrente quella particolare condizione in cui essa viene a trovarsi quando la sua altezza assume il valore critico; velocità critica Vc la velocità media corrispondente allo stato critico. Si ha subito dalla (42):

(44) bAgVc =

Il rapporto A/b rappresenta genericamente la profondità media della corrente, che designeremo

hm (Fig. 19); se poi con km indichiamo il valore che hm assume in corrispondenza dello stato critico, la (44) potrà anche scriversi:

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(45) mc gkV =

dove Vc diventa la velocità critica per una data altezza media km. Pertanto il minimo di e vale:

(46) ( )

22

2mm

minkk

ggk

ke +=+=

che per le sezioni rettangolari vale 3/2 k. Un parametro importante per caratterizzare le correnti a pelo libero (nelle quali la forza motrice è la gravità) è il numero di Froude :

(47) mgk

VFr =

Fig. 19, (Ferro, 2002)

La Fig. 18 mostra la curva e(h) con il punto più basso emin. Per un dato valore di portata l’energia totale può essere maggiore o uguale a quella minima richiesta: se è maggiore la corrente può essere caratterizzata da valori di tirante idrico maggiori o minori di k. Se h > k si parla di corrente lenta (ramo destro della curva) mentre se h < k si parla di corrente veloce (ramo sinistro della curva). Lo stesso ragionamento può essere condotto mantenendo costante la portata e facendo variare l’altezza della linea dei carichi totali e. Risolvendo la (42) rispetto a Q si ottiene:

(48) ( )heghAQ - 2)(=

Esaminando la (48) si vede che al tendere a zero di h, Q vale 0 mentre per h che tende ad e (acqua ferma) Q tende ancora a zero. Sostituendo l’espressione di emin sopra ricavata oppure annullando la derivata prima della (48) si ottiene:

(49) gkkAQ )(=

per cui si può dire che “l’altezza critica rappresenta il valore del tirante idrico che per un dato valore di carico totale massimizza la portata”.

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Fig. 20

Per sezioni rettangolari si ha:

mke23

=

ekm 32

=

Per quanto detto finora una corrente in moto permanente può essere:

1. lenta (subcritica) 2. critica 3. veloce (o supercritica)

La condizione 1 si verifica quando:

Fr < 1, V < Vc, h > k La seconda con:

Fr = 1, V = Vc, h = k La terza infine con:

Fr > 1, V > Vc, h < k Un'altra caratteristica importante nello studio delle correnti riguarda la loro capacità di propagare una perturbazione che interessa una sezione. Si dimostra che se la perturbazione (identificata da un onda di propagazione) ha un altezza piccola rispetto alla profondità della corrente, si propaga nella corrente con una velocità relativa (celerità relativa) a quella della corrente uguale a:

(50) 0hgc =

detta formula di Lagrange dove: c = celerità relativa ciò velocità di propagazione rispetto alla corrente (ossia quella che avrebbe un osservatore solidale con l'onda di propagazione) h0 = tirante idrico di moto uniforme

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Celerità relativa, assoluta (a) e velocità della corrente sono legate tra loro dalla seguente relazione algebrica:

(51) cVa += 0

La formula di Lagrange è applicabile anche al moto permanente sostituendo h0 con hm. Se h = k si verifica che la velocità della corrente è uguale alla celerità relativa. Questo significa che le possibilità di propagazione di un onda sono legate alla velocità della corrente e quindi alla sua altezza. Assumendo infatti a come positiva verso valle, se c è positiva, la propagazione si muove a valle con velocità pari a V0 + c; viceversa se c è negativa si evidenziano tre possibilità:

1. a negativa, la propagazione risale la corrente 2. a nulla, la propagazione si arresta in quella sezione dove V0 = c 3. a positiva, la propagazione non riesce a risalire la corrente che è più veloce e si propaga solo

verso valle Dalla formula di Chezy sappiamo che ad ogni valore di pendenza corrisponde un valore di velocità di moto uniforme V0. Fissati forma, scabrezza della sezione e portata, la pendenza critica è quella per la quale si verifica una velocità di moto uniforme pari alla celerità c. Uguagliando la formula di Chezy con quella di Lagrange si ottiene:

(52) R

hgic 20

χ=

Si possono quindi classificare gli alvei in tre categorie:

1. alvei a debole pendenza (i < ic) 2. alvei a pendenza critica (i = ic) 3. alvei a elevata pendenza (i > ic)

In alvei a debole pendenza la velocità di moto uniforme è inferiore alla celerità e quindi il tirante idrico di moto uniforme h0 è maggiore di k. Viceversa nella terza condizione il tirante idrico è minore di k. Con i = ic il tirante idrico di moto uniforme è uguale a k. Osserviamo il profilo della corrente di moto permanente riportato in Fig. 21:

Fig. 21, (Ferro, 2002)

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Ricordando la (21) abbiamo che l'abbassamento della quota del fondo in un tronco di lunghezza ds è pari a i ds mentre la linea dei carichi totali si abbassa di λ ds. Consideriamo una corrente lineare, a portata costante, in moto permanente in un alveo cilindrico avente una valore contenuto della pendenza i (alveo poco pendente). La Fig. 21 mostra un tronco infinitesimo di lunghezza ds, avendo indicato con s l’ascissa curvilinea misurata, a partire da un’origine arbitraria, in direzione orizzontale e con verso positivo coincidente con quello del moto. Lungo il suddetto tronco il fondo e la linea dei carichi totali si abbassano, rispettivamente, di i ds e di λ ds, avendo indicato con λ la cadente della linea dei carichi totali (cioè la dissipazione energetica per unità di percorso imputabile alle resistenze continue). Dalla Fig. 21 con elementari considerazioni geometriche si ottiene l’equazione (53) e quindi, con semplici passaggi, si ottiene la (54) (equazione differenziale del moto permanente non uniforme di una corrente a pelo libero).

.

(53) dsdsdsdeedsi λ+=+*

(54)

dhde

jidsdh −

=

L’integrale generale h = h(s) della (54) definisce l’andamento del profilo di corrente ed è denominato profilo di rigurgito.

La prima integrazione della (54) è stata effettuata dal francese Bresse per il caso di sezione rettangolare molto larga e coefficiente di Chezy costante, ipotesi questa ultima accettabile solo se le escursioni del tirante idrico possono ritenersi contenute. Altre soluzioni, disponibili sempre per il caso di coefficiente χ costante, sono quella di Masoni per il caso di sezione rettangolare ristretta, di Puppini per la sezione triangolare e di Tolkmitt per una sezione parabolica con asse verticale e vertice nel punto più basso.

Per la sezione rettangolare molto larga e per quella triangolare l’integrazione è stata effettuata anche per il caso di coefficiente di Chezy variabile con il tirante idrico.

Nonostante siano stati proposti numerosi metodi per il tracciamento dei profili di rigurgito, il procedimento più applicato rimane il metodo alle differenze finite(Fig. 258). In termini finiti la (54) può essere riscritta nella seguente forma:

m

jj

iee

1

−=∆ +

avendo indicato con ej il carico totale nella sezione di coordinata sj, con ej+1 quello nella sezione

8 Nella figura l’energia è indicata con E anziché e. Di solito con lettera minuscola si indica in idraulica una grandezza fisica specifica cioè unitaria mentre con lettera maiuscola il valore totale della stessa grandezza.

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di coordinata sj+1 distante ∆s da quella di coordinata sj (∆s = sj+1 - sj) e con λm la cadente della linea dei carichi totali corrispondente al tirante idrico medio hm pari alla media delle due altezze d’acqua hj e hj+1 che si verificano nelle sezioni trasversali di coordinata sj e sj+1.

Se è noto un punto del profilo di coordinate (sj, hj) si può calcolare il carico totale ej = hj + Q2/(2gAj

2), in cui Aj è la sezione idrica corrispondente al tirante hj, si fissa quindi un tirante idrico hj+1 e si calcola il corrispondente carico ej+1.

Noti i due tiranti hj e hj+1, si può determinare il tirante medio hm = (hj+1+hj)/2 e quindi la corrispondente cadente della linea dei carichi totali 222 χλ mmmm ARQ= , in cui il pedice m identifica i valori medi della grandezze corrispondenti al tirante idrico medio hm.

Applicando questa procedura si può trovare la distanza ∆s nella quale si verifica il tirante idrico hj+1.

L’andamento qualitativo dei profili di rigurgito è deducibile, nelle condizioni idrauliche corrispondenti all’alveo a debole pendenza, a forte pendenza e a pendenza critica, dalla discussione diretta dell’equazione differenziale (54). La suddetta discussione può essere sviluppata in maniera agevole ammettendo seguenti proposizioni:

1) i profili di rigurgito non ammettono flessi e ogni profilo ricade in uno dei tre campi definiti dalla linea di fondo, dalla retta parallela e distante da esso h0, dalla retta parallela al fondo e distante da esso k.

2) l’altezza h0 può verificarsi come condizione asintotica di monte o di valle; 3) Ogni profilo è tutto ascendente rispetto all’orizzontale (dh/ds > i) o tutto discendente (dh/ds <

i), la condizione di tangente orizzontale è asintotica (o a valle o a monte). Sulla base delle suddette proposizioni, la discussione dell’equazione (54) consente di stabilire per un alveo a debole (D) pendenza, o a forte (F) pendenza o a pendenza critica (C) se il profilo è di una corrente lenta de/dh > 0 (L), o di una corrente veloce de/dh < 0 (V), e se la suddetta corrente è accelerata (A, dh/ds < 0) o ritardata ( dh/ds > 0).

Per un alveo a debole pendenza si possono presentare tre differenti tipi di profilo in relazione ai valori che assume il tirante idrico h rispetto a quello di moto uniforme h0 e all’altezza critica k.

Per h > h0, si ricade nel ramo delle correnti lente della curva e(h) e pertanto risulta de/dh > 0 (Figura xxx). La corrente di moto permanente, essendo anima da una velocità media inferiore a quella di moto uniforme (poiché h > h0), dissipa meno energia della corrente uniforme, per cui risulta λ < i. Dalla (2.41), essendo de/dh >0 e i-λ >0, risulta dh/ds >0 cioè la corrente di moto permanente è lenta e con tiranti che crescono nel verso del moto, quindi ritardata (profilo DLR).

Fig. 22, andamento dell’energia specifica e dei profili di rigurgito in alveo con i < ic. (Ferro, 2002) Per k < h < h0, si ricade ancora nel ramo delle correnti lente della curva e(h) e pertanto risulta de/dh > 0 (Figura 2.14). La corrente di moto permanente, essendo animata da una velocità media superiore a quella di moto uniforme (poiché h < h0), è caratterizzata da maggiori dissipazioni energetiche rispetto alla corrente uniforme, per cui risulta λ > i. Dalla (2.4 1), essendo de/dh > 0 e i - λ < 0, risulta dh/ds < 0 cioè la corrente di moto permanente è lenta e con tiranti che decrescono nel verso del moto, quindi accelerata (profilo DLA).

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Per h < k si realizza l’unico caso di corrente veloce in un alveo a debole pendenza e pertanto risulta de/dh < 0 (Figura 2.14). La corrente di moto permanente, essendo animata da una velocità media superiore a quella di moto uniforme (poiché h < h0), è caratterizzata da maggiori dissipazioni energetiche rispetto alla corrente uniforme, per cui risulta λ > i. Dalla (54), essendo de/dh < 0 e i - λ <0, risulta dh/ds > 0 cioè la corrente di moto permanente è veloce e con tiranti che crescono nel verso del moto, quindi ritardata (profilo DVR). Anche per un alveo a forte pendenza si possono presentare tre differenti tipi di profilo.

Fig. 23, andamento dell’energia specifica e dei profili di rigurgito in alveo con i > ic. (Ferro, 2002)

Per h > k, si ricade nel ramo delle correnti lente della curva e(h) e pertanto risulta de/dh > 0 (Fig. 23). La corrente di moto permanente, essendo animata da una velocità media minore di quella di moto uniforme (poiché h > h0), dissipa meno energia della corrente uniforme, per cui risulta λ < i. Dalla (54), essendo de/dh > 0 e i -λ > 0, risulta dh/ds > 0 cioè la corrente di moto permanente è lenta e con tiranti che crescono nel verso del moto, quindi ritardata (profilo FLR). Per h0 < h < k si ricade nel ramo delle correnti veloci della curva e(h) e pertanto risulta de/dh < 0 (Fig. 23). La corrente di moto permanente, essendo animata da una velocità media minore di quella di moto uniforme (poiché h > h0), è caratterizzata da minori dissipazioni energetiche rispetto alla corrente uniforme per cui risulta dh/ds < 0 cioè la corrente di moto permanente è veloce e con tiranti che decrescono nel verso del moto, quindi accelerata (profilo FVA). Per h < h0 si ricade ancora nel ramo delle correnti veloci delle curva e(h) e pertanto risulta de/dh < 0 (Fig. 23). La corrente di moto permanente, essendo animata da una velocità media superiore a quella di moto uniforme (poiché h < h0), è caratterizzata da maggiori dissipazioni energetiche rispetto alla corrente uniforme, per cui risulta λ > i. Dalla (54), essendo de/dh < 0 e i− λ < 0, risulta dh/ds > 0 cioè la corrente di moto permanente è veloce e con tiranti che crescono nel verso del moto, quindi ritardata (profilo FVR). Per un alveo a pendenza critica, la coincidenza dell’altezza di moto uniforme con quella critica determina il verificarsi di due soli tipi di profilo.

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Fig. 24, andamento dell’energia specifica e dei profili di rigurgito in alveo con i = ic. Per h > h0 = k, si ricade nel ramo delle correnti lente della curva e(h) e pertanto risulta de/dh > 0 (Fig. 24). La corrente di moto permanente, essendo animata da una velocità media minore di quella di moto uniforme (poiché h > h0), dissipa meno della corrente uniforme, per cui risulta λ < i. Dalla (54), essendo de/dh > 0 e i - λ > 0, risulta dh/ds > 0 cioè la corrente di moto permanente è lenta e con tiranti che crescono nel verso del moto, quindi ritardata (profilo CLR). Per h < h0 = k, si ricade nel ramo delle correnti veloci della curva e(h), pertanto risulta de/dh < 0 (Fig. 24). La corrente di moto permanente, essendo animata da una velocità media maggiore di quella di moto uniforme (poiché h < h0), dissipa di più della corrente uniforme, per cui risulta λ > i. Dalla (54), essendo de/dh < 0 e i - λ < 0, risulta dh/ds > 0 cioè la corrente di moto permanente è veloce e con tiranti che crescono nel verso del moto, quindi ritardata (profilo CVR). I profili DLA, DVR, FLR e FVA ammettono in corrispondenza di un tirante idrico pari all’altezza critica k una tangente verticale. In realtà questo è solo un risultato a valenza analitica dato che in prossimità dello stato critico le curvature diventano così sensibili che viene meno l’ipotesi, fondamentale per la trattazione delle correnti a superficie libera, di corrente lineare.

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Fig. 25, tracciamento dei profili di rigurgito con il metodo delle differenze finite. (Da Citrini, Noseda, 1983)

4.9. Il risalto idraulico Questo particolare tipo di fenomeno dissipativo si verifica nel passaggio di una corrente dallo stato veloce a quello lento. Questo si manifesta con un brusco sopraelevamento della superficie libera e con formazione di un vortice ad asse orizzontale.

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Fig. 26, profilo longitudinale del risalto e andamento della curva dell’energia. (Ferro, 2002) Se l’altezza h1/h2 ≤ 2 il risalto si presenta come ondulato (tipico dei torrenti), mentre se tale rapporto è maggiore di 2 si presenta come un innalzamento progressivo della superficie libera. Lo studio del fenomeno dal punto di vista fisico esclude l’applicabilità del teorema di Bernoulli in quanto trattasi di fenomeno dissipativo (il livello di energia nella sezione 1 è pari a quello della sezione 2 più una certa aliquota andata persa nel vortice), ma permette invece di applicare la conservazione della portata, la conservazione della quantità di moto e quindi in sostanza la legge dell’equilibrio dinamico globale, ossia nelle due sezioni 1 e 2 è costante la somma della spinta idrostatica e la quantità di moto:

2211 qSqS +=+ Le due sezioni e le rispettive altezze nelle quali è rispettata questa condizione sono dette coniugate. Considerando una larghezza unitaria nelle sezioni 1 ed 2 si ha:

(55) 2211 VhVhq −=

(56) ( )2121

22 2

121 VVqhh −=− ργγ

Mettendo a sistema le (55) e (56) e risolvendo rispetto ad h1 o h2 si ottengono:

(57) gVhhhh

211

211

22

42++−=

(58) gVhhhh

222

222

12

42++−=

Poiché il fenomeno del risalto è turbolento e quindi dissipativo si ha una perdita di energia. Tale perdita è quantificabile con la seguente:

(59) ( )

12

312

4 hhhhH −

=∆

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4.10. Singolarità Fra tutte le singolarità che possono presentarsi in un corso d'acqua i richiami saranno limitati ad un paio di casi caratterizzati da dissipazioni localizzate di energia che possono ritenersi trascurabili.

I. Passaggio della corrente attraverso una sezione ristretta

Consideriamo per semplicità una corrente, di portata Q ed energia specifica E, che defluisce in condizioni di moto uniforme in un alveo rettangolare largo B (Fig. 27a). Nel restringimento (dovuto ad esempio alla presenza delle pile di un ponte od all’apertura di una briglia di trattenuta) la larghezza della sezione si riduce a b<B e la portata per unità di larghezza dell'alveo q si incrementa da Q/B a Q/b. Il grafico q = q(h; E = cost) di Fig. 27b mostra che nel restringimento, se la corrente iniziale di moto uniforme di altezza h0' è lenta (cioè se l'alveo è a debole pendenza, si ha un abbassamento del profilo (altezza h1’); se, invece, la corrente uniforme è veloce (altezza h0", alveo a forte pendenza) nel restringimento si ha un innalzamento del livello idrico (altezza h1''). I corrispondenti andamenti dei profili sono riportati entrambi nella Fig. 27a. Se il restringimento della sezione è notevole, l'energia posseduta dalla corrente in arrivo può non essere sufficiente a superare l'ostacolo. Ciò che succede in questi casi è illustrato nelle figg. Fig. 28 e Fig. 29, che si riferiscono rispettivamente ad un alveo a debole ed ad un alveo a forte pendenza. Nella Fig. 28b si vede che il valore Q/b risulta superiore al valore qmax che compete alla curva q(h; E = E0). Affinché la corrente passi attraverso il restringimento è necessario che risparmi energia a monte (ciò può avvenire solo aumentando la propria altezza e, quindi, diminuendo la propria velocità) in misura tale da poter passare attraverso il restringimento stesso con il minimo di energia necessaria (cioè in condizioni di stato critico):

32

2

1 23

23

gbQkEt α==

II valore dell'altezza d'acqua h1, che si instaura a monte del restringimento, si trova sulla curva q(h; E = E1) nel ramo delle correnti lente (h>k1). Sulla stessa curva, ma sul ramo delle correnti veloci (h < k1), si trova l'altezza h2 che, nell'ipotesi di dissipazioni trascurabili, si presenta a valle del restringimento. Quindi, la corrente parte da un'altezza h1, passa attraverso lo stato critico k1 nel restringimento e continua poi ad accelerare fino a raggiungere a valle dello stesso un'altezza h2.

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Fig. 27, passaggio di una corrente con energia sufficiente attraverso una sezione ristretta, in un alveo a debole/forte pendenza. (Da Citrini, Noseda, 1983) A monte della sezione di altezza h1 si sviluppa un profilo di rigurgito D1 che tende asintoticamente al moto uniforme. A valle della sezione di altezza h2si sviluppa un profilo di corrente veloce D3. Un risalto, che avviene nella sezione in cui le spinte totali della corrente veloce di monte e di quella lenta di valle si eguagliano, porta la corrente a muoversi a valle in condizioni di moto uniforme h0 (corrente lenta non influenzata da monte). Considerazioni analoghe portano al tracciamento del pelo libero nel caso di alveo a forte pendenza (Fig. 29).

II. Passaggio di una corrente sopra una soglia

Se una soglia di altezza a è posta in un alveo cilindrico indefinito, gli andamenti del pelo libero

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Fig. 28, passaggio di una corrente con energia insufficiente attraverso una sezione ristretta in un alveo a debole pendenza. (Da Citrini, Noseda, 1983)

Fig. 29, passaggio di una corrente con energia insufficiente attraverso una sezione ristretta in un alveo a forte pendenza. (Da Citrini, Noseda, 1983)

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che si verificano in corrispondenza della stessa presentano gli stessi casi possibili che sono stati già visti per una corrente che passa attraverso un restringimento. Le Fig. 30, Fig. 31, Fig. 32 mostrano questi andamenti (parte a) e l’impiego dei diagrammi E =E(h; Q = cost) per la determinazione delle varie altezze. Non sembra il caso di dilungarsi su queste determinazioni; o, tuttavia, necessario sottolineare che in questi casi si fa ricorso ai diagrammi E = E(h;Q = cost) in quanto la presenza della soglia provoca una variazione dell'energia specifica rispetto al fondo, mentre la portata si mantiene costante.

Fig. 30, passaggio di una corrente con energia sufficiente sopra una soglia, in un alveo a debole/forte pendenza. (Da Citrini, Noseda, 1983)

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Fig. 31, passaggio di una corrente con energia insufficiente sopra una soglia, in un alveo a debole pendenza. (Da Citrini, Noseda, 1983)

Fig. 32, passaggio di una corrente con energia insufficiente sopra una soglia, in un alveo a forte pendenza. (Da Citrini, Noseda, 1983)

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